Pagine aperte 2015

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In preparazione alla Giornata delle comunicazioni sociali (17 maggio 2015) il numero speciale di Pagine Aperte offre spunti e riflessioni sul tema voluto da papa Francesco: "Comunicare la famiglia, ambiente privilegiato dell'incontro nella gratuità dell'amore". E' stato il Concilio Vaticano II ha indire tale Giornata giunta ormai alla 49° edizione.

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Mensile Bibliograficon. 3/2015 – Aprile 2015

Direttore responsabile: Nicola Baroni

Numero specialea cura di Cristina Beffa

CopertinaMarco Zanchi

EditoreDISP Diffusione San PaoloPiazza Soncino, 520092 Cinisello Balsamo (MI)Tel. 02.660.75.410E-mail: [email protected]

Grafica e stampaArti Grafiche Cuneo Madonna dell’Olmo (CN)

FotografieArchivio San PaoloArchivio Agam © Fotolia

Aut. Trib. di Alba n. 449 11-12-86IVA corrisposta a cura dell’Editore.Art. 74/c D.P.R. 633 del 26.10.72 e successive modifiche e integrazioni

Avviso ai lettoriGrazie ai lettori che ci segnalano eventuali errori o doppioni di indirizzo e ci rimandano l’etichetta con la quale ricevono la rivista, debitamente corretta.

Paoline e Paolini a sostegno della famiglia di Dolores Melis e Vincenzo Marras

Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amoredi papa Francesco

L’emozionante storia attorno a un albumdi Domenico Pompili

Una fiamma del Signoredi Patrizio Rota Scalabrini

Il matrimonio non è una fictiondi Stefano Stimamiglio

Non oscuriamo la bellezza della vita coniugaledi Paolo Gentili

Il circuito del dono in famiglia e tra famigliedi Francesco Belletti

Non si può giocare al passamanodi Luigi Guarisco

La bellezza della normalitàdi Antonio Sciortino

I modelli imposti dall’audience Tvdi Marco Deriu

Chagall: l’incanto dell’amore che tutto trasfiguradi Andrea Dall’Asta

La poesia della vita quotidiana di Paola Lazzarini

Lo “stare vicino” che colpisce l’infanziadi Domenico Barrilà

Essere un dono e non un tribunaledi Simona Borello Un legame viaggia su un binarioche non incrocia altri binaridi Domenico Barrilà

Grazie a te, donna, dimora della vita!di Anna Pappalardo Un target privilegiato dell’editoria paolinadi Simone Bruno

Uno stile pastorale ed esistenzialedi Beatrice Salvioni

Oltre le sbarredi Fernanda Di Monte

Una pastorale attenta ai giovani e all’artedi Angela Altomare, Debora Ruffolo, Fabio Mandato e Roberto De Cicco

Festival della Comunicazione – Programma

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Editoriale

Paoline e Paolini a sostegno della famiglia

All’inizio del suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che la Chiesa celebra il 17 maggio 2015, papa Francesco mette a fuoco la relazione che esiste tra famiglia e comunicazione: «La famiglia è il primo luogo dove impariamo a comunicare». Per

cui «tornare a questo momento originario ci può aiutare a rendere la comunicazione più autentica e umana».

Come Paoline e Paolini accogliamo con gioia l’invito del Papa di porre la famiglia al centro delle varie iniziative della Settimana della comunicazione (10-17 maggio 2015) e del Festival della comunicazione, che si celebra negli stessi giorni a Cosenza-Bisignano, in collaborazione con la comunità ecclesiale diocesana. Infatti, il beato don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia paolina, ha voluto che la famiglia avesse uno spazio privilegiato nell’opera di evangelizzazione dei Paolini e Paoline, che ne hanno sempre cercato la promozione e la valorizzazione attraverso molteplici scelte editoriali, a cominciare dal settimanale Famiglia Cristiana e il bimestrale di studi e approfondimento Famiglia Oggi.

Con papa Francesco crediamo che la famiglia è «una grande risorsa e non solo un problema o una istituzione in crisi, un modello astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare», come sovente la presentano i media. È una realtà da amare, da custodire e di cui avere cura perché diventi «un luogo privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore». Principalmente in famiglia impariamo ad accogliere la forza di vita che viene da un incontro vero, autentico, in cui la comunicazione si fa prossimità, accoglienza, inclusione, capacità di ridurre le distanze e di uscire verso l’altro.

Puntando sull’incontro, ancora una volta il Papa sottolinea la centralità antropologica, prima an-cora che tecnologica, per una feconda riflessione sulla comunicazione. E con l’icona della Visitazione ci fa capire meglio la profonda relazione che esiste tra questi due ambiti esistenziali: la famiglia e la comunicazione. Tuttavia, non tralascia di parlare dei “media più moderni” e della loro influenza sulla comunicazione in famiglia e tra le famiglie perché possono ostacolarla o aiutarla. Stimolante l’indicazione offerta da papa Francesco: se quotidianamente riscopriamo e viviamo l’incontro, dentro la famiglia e fuori, come capacità di raccontare e condividere, di ringraziare e chiedere perdono «sapremo orientare il nostro rapporto con le tecnologie, invece che farci guidare da esse».

L’obiettivo è quello di trasformare la possibilità di connessione in un invito alla prossimità, all’accoglienza delle differenze e alla valorizzazione della diversità. In sintesi, alla testimonianza dell’amore, per costruire negli ambienti che abitiamo, e quindi anche nella rete, un futuro di so-lidarietà e di pace.

don Vincenzo MarrasSuperiore provinciale

Società San Paolo – Italia

sr Dolores MelisSuperiora provinciale

Figlie di San Paolo – Italia

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ta mondiale delle comunicazioni sociali avesse come punto di riferimento la fa-miglia. La famiglia è del resto il primo luogo dove impariamo a comunicare. Tornare a questo momento originario ci può aiutare sia a rendere la comunicazio-ne più autentica e umana, sia a guardare la famiglia da un nuovo punto di vista.

Il tema della famiglia è al centro di un’approfondita riflessione eccle-siale e di un processo sinodale che

prevede due Sinodi, uno straordinario – appena celebrato – ed uno ordina-rio, convocato per il prossimo ottobre. In tale contesto, ho ritenuto opportu-no che il tema della prossima Giorna-

Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore

Il messaggio per la xlix Giornatadi papa Francesco

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esiste un vincolo. E più largo è il venta-glio di queste relazioni, più sono diverse le età, e più ricco è il nostro ambiente di vita. È il legame che sta a fondamento della parola, che a sua volta rinsalda il legame. Le parole non le inventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo rice-vute. È in famiglia che si impara a parla-re nella “lingua materna”, cioè la lingua dei nostri antenati (cfr 2Mac 7,25.27). In famiglia si percepisce che altri ci hanno preceduto, ci hanno messo nella con-dizione di esistere e di potere a nostra volta generare vita e fare qualcosa di buono e di bello. Possiamo dare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito vir-tuoso sta al cuore della capacità della

famiglia di comunicarsi e di comunicare; e, più in generale, è il para-digma di ogni comuni-cazione.

L’esperienza del le-game che ci “precede” fa sì che la famiglia sia anche il contesto in cui si trasmette quella for-

ma fondamentale di comunicazione che è la preghiera. Quando la mamma e il papà fanno addormentare i loro bambi-ni appena nati, molto spesso li affidano a Dio, perché vegli su di essi; e quando sono un po’ più grandi recitano insieme con loro semplici preghiere, ricordando con affetto anche altre persone, i nonni, altri parenti, i malati e i sofferenti, tutti coloro che hanno più bisogno dell’aiu-to di Dio. Così, in famiglia, la maggior parte di noi ha imparato la dimensio-ne religiosa della comunicazione, che nel cristianesimo è tutta impregnata di amore, l’amore di Dio che si dona a noi e che noi offriamo agli altri.

Nella famiglia è soprattutto la capacità di abbracciarsi, sostenersi, accompagnarsi, decifrare gli sguardi e

Possiamo lasciarci ispirare dall’icona evangelica della visita di Maria ad Elisa-betta (Lc 1,39-56). «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”» (vv. 41-42).

Anzitutto, questo episodio ci mostra la comunicazione come un dialogo che si intreccia con il linguaggio del corpo. La prima risposta al saluto di Maria la dà infatti il bambino, sussultando gioio- samente nel grembo di Elisabetta. Esultare per la gioia dell’incontro è in un certo senso l’archetipo e il simbolo di ogni altra comunica-zione, che impariamo ancora prima di veni-re al mondo. Il grembo che ci ospita è la prima “scuola” di comunicazio-ne, fatta di ascolto e di contatto corporeo, dove cominciamo a familiariz-zare col mondo ester-no in un ambiente protetto e al suono rassicurante del battito del cuore della mamma. Questo incontro tra due esseri insieme così intimi e ancora così estra-nei l’uno all’altra, un incontro pieno di promesse, è la nostra prima esperienza di comunicazione. Ed è un’esperienza che ci accomuna tutti, perché ciascuno di noi è nato da una madre.

Anche dopo essere venuti al mondo restiamo in un certo senso in un “grem-bo”, che è la famiglia. Un grembo fat-to di persone diverse, in relazione: la famiglia è il «luogo dove si impara a convivere nella differenza» (Esortazio-ne apostolica Evangelii gaudium, 66). Differenze di generi e di generazioni, che comunicano prima di tutto perché si accolgono a vicenda, perché tra loro

La famiglia è il luogodove si impara a parlarea pregare, a conviverenella differenza e a fare esperienza del legame

e delle relazioni

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costruttiva. Per questo la famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una scuola di perdono. Il perdono è una dinamica di comunica-zione, una comunicazione che si logora, che si spezza e che, attraverso il penti-mento espresso e accolto, si può rianno-dare e far crescere. Un bambino che in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un co-struttore di dialogo e di riconciliazione.

A proposito di limiti e comunicazione, hanno tanto da insegnarci le famiglie con figli segnati da una o più disabilità. Il deficit motorio, sensoriale o intelletti-vo è sempre una tentazione a chiudersi; ma può diventare, grazie all’amore dei genitori, dei fratelli e di altre persone amiche, uno stimolo ad aprirsi, a condi-videre, a comunicare in modo inclusivo; e può aiutare la scuola, la parrocchia, le associazioni a diventare più accoglienti verso tutti, a non escludere nessuno.

In un mondo, poi, dove così spesso si maledice, si parla male, si semina zizza-nia, si inquina con le chiacchiere il nostro ambiente umano, la famiglia può esse-re una scuola di comunicazione come benedizione. E questo anche là dove sembra prevalere l’inevitabilità dell’o-dio e della violenza, quando le famiglie sono separate tra loro da muri di pietra o dai muri non meno impenetrabili del pregiudizio e del risentimento, quando sembrano esserci buone ragioni per dire “adesso basta”; in realtà, benedi-re anziché maledire, visitare anziché re-spingere, accogliere anziché combatte-re è l’unico modo per spezzare la spirale del male, per testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza.

Oggi i media più moderni, che so-prattutto per i più giovani sono ormai

i silenzi, ridere e piangere insieme, tra persone che non si sono scelte e tutta-via sono così importanti l’una per l’al-tra, a farci capire che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e co-struzione di prossimità. Ridurre le di-stanze, venendosi incontro a vicenda e accogliendosi, è motivo di gratitudine e gioia: dal saluto di Maria e dal sussulto del bambino scaturisce la benedizione di Elisabetta, a cui segue il bellissimo cantico del Magnificat, nel quale Maria loda il disegno d’amore di Dio su di lei e sul suo popolo. Da un “sì” pronunciato con fede scaturiscono conseguenze che vanno ben oltre noi stessi e si espan-dono nel mondo. “Visitare” comporta aprire le porte, non rinchiudersi nei pro-pri appartamenti, uscire, andare verso l’altro. Anche la famiglia è viva se respira aprendosi oltre sé stessa, e le famiglie che fanno questo possono comunicare il loro messaggio di vita e di comunio-ne, possono dare conforto e speranza alle famiglie più ferite, e far crescere la Chiesa stessa, che è famiglia di famiglie.

La famiglia è più di ogni altro il luo-go in cui, vivendo insieme nella quoti-dianità, si sperimentano i limiti propri e altrui, i piccoli e grandi problemi della coesistenza, dell’andare d’accordo. Non esiste la famiglia perfetta, ma non biso-gna avere paura dell’imperfezione, del-la fragilità, nemmeno dei conflitti; biso-gna imparare ad affrontarli in maniera

Hanno tanto da insegnarcile famiglie con figli

segnati da disabilità...In una società dove spesso

si semina zizzaniail contesto familiare può essere una scuola di comunicazione

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Anche la famiglia, in conclusione, non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche, ma un ambiente in cui si impara a comuni-care nella prossimità e un soggetto che comunica, una “comunità comunicante”. Una comunità che sa accompagnare, fe-steggiare e fruttificare. In questo senso è possibile ripristinare uno sguardo ca-pace di riconoscere che la famiglia conti-nua ad essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in cri-si. I media tendono a volte a presenta-re la famiglia come se fosse un modello astratto da accettare o rifiutare, da di-

fendere o attaccare, invece che una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’i-deologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa co-municare nell’amore

ricevuto e donato. Raccontare significa invece comprendere che le nostre vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono molteplici e ciascuna è insostituibile.

La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comu-nicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli. Non lottiamo per difendere il pas-sato, ma lavoriamo con pazienza e fidu-cia, in tutti gli ambienti che quotidiana-mente abitiamo, per costruire il futuro.

Dal Vaticano, 23 gennaio 2015Vigilia della festa di san Francesco di Sales

irrinunciabili, possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione in famiglia e tra famiglie. La possono ostacolare se diventano un modo di sottrarsi all’ascol-to, di isolarsi dalla compresenza fisica, con la saturazione di ogni momento di silenzio e di attesa disimparando che «il silenzio è parte integrante della comu-nicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto» (Benedet-to XVI, Messaggio per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24.1.2012). La possono favorire se aiu-tano a raccontare e condividere, a resta-re in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l’incontro. Risco-prendo quotidiana-mente questo centro vitale che è l’incontro, questo “inizio vivo”, noi sapremo orienta-re il nostro rapporto con le tecnologie, in-vece che farci guidare da esse. Anche in questo campo, i geni-tori sono i primi educatori. Ma non van-no lasciati soli; la comunità cristiana è chiamata ad affiancarli perché sappiano insegnare ai figli a vivere nell’ambiente comunicativo secondo i criteri della di-gnità della persona umana e del bene comune.

La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consuma-re informazione. È questa la direzione verso cui ci spingono i potenti e preziosi mezzi della comunicazione contempo-ranea. L’informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso sem-plifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo d’insieme.

I media tendono a presentarela famiglia come se fosseun’ideologia di qualcuno

contro qualcun altro, un modello astratto

da difendere o attaccare

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di Domenico Pompili, direttore Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali

La comunicazione tra generazioni di famiglie

L’emozionante storia attorno a un album

Una famiglia di famiglie capace di raccontarsi, perché il racconto non contrappone (come troppo

spesso fa l’informazione) ma favorisce uno sguardo d’insieme.

Avevo tra le mani il messaggio di papa Francesco per la prossima Giorna-ta mondiale per le comunicazioni socia-li, e continuavano a inseguirsi nella mia mente i molti spunti che esso offre, nel-le sue contenute ma provocanti pagine. L’icona della Visitazione, la preghiera come forma più alta di comunicazione, la scoperta della prossimità e l’accet-tazione del limite, l’invito a orientare il nostro rapporto con i media e non a esserne succubi: tra tutte le suggestioni offerte dalla scelta della famiglia come tema portante, tra un Sinodo straordi-nario e uno ordinario a ciò dedicati, a un certo punto in me si è fatta largo un’immagine.

Mi è tornato alla mente il vecchio album di famiglia, che mia madre cu-stodisce gelosamente e che con orgo-glio mostra ai suoi visitatori più intimi. Quello con le foto dei nonni e dei miei genitori, in bianco e nero, di me e dei miei fratelli da piccoli, dei battesimi e delle prime comunioni, delle pochissi-me vacanze al mare e delle maschere di carnevale. Quello con le foto della

scuola e del seminario, della mia prima Messa…

Nell’epoca dei selfie e delle foto digitali stiamo perdendo l’abitudine a custodire e tenere aggiornati gli album di famiglia. Eppure quelle foto un po’ ingiallite dal tempo, con le pagine che fanno rumore quando vengono voltate, hanno ancora una capacità comunicati-va e di racconto formidabile.

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sperdersi e senza sentirsi in balia di for-ze a noi superiori. Una Chiesa famiglia di famiglie è coesa intorno a un’unica certezza: le nostre foto sono indelebili, nonostante la memoria sempre più fra-gile dei nostri contemporanei.

Tutte lo sono, nessuna esclusa. Che siano state scattate con la vecchia Po-laroid, con una macchina digitale o con uno smartphone di ultima generazione, le nostre foto raccolte insieme hanno tanto da raccontare al nostro tempo. Ma la condizione ineludibile è che as-sumiamo la stessa postura di Maria nei confronti di Elisabetta: «aprire le por-te, non rinchiudersi nei propri apparta-menti, uscire, andare verso l’altro». Ri-spolveriamolo, allora, il vecchio album di famiglia: farà bene al cuore! n

Tra quelle pagine «le differenze di generi e generazioni, che comunica-no prima di tutto perché si accolgono a vicenda» prendono quasi una forma tangibile e sono capaci di trasmettere un bagaglio di emozioni potentissimo, perché intriso del nostro vissuto. Tra le pagine di quei libri con le copertine rilegate non ce n’è nessuna da strap-pare; perfino l’immagine di quei cugini con cui si sono persi i contatti, di quella vecchia zia che non senti da una vita… tutte nel loro insieme trovano un senso

e una collocazione, perché davvero la famiglia è una “scuola di perdono”.

Questo suggerisce la capacità di racconto alla quale siamo chiamati. La famiglia è per definizione un grande spazio di racconto che tiene unite le generazioni e consente di attraversare la storia e la cronaca spicciola senza di-

Tutte le nostre foto,nessuna esclusa, sono indelebili

nonostante la memoria sempre più fragile

dei nostri contemporanei

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restituisce lo splendore della relazione sponsale. Questo non significa che la Scrittura ignori le ombre, le povertà, le contraddizioni che molto spesso appe-santiscono i vissuti della coppia e, più in generale, della famiglia. Tutto ciò potrebbe portare alla rassegnazione e allo sconforto, ma in realtà la forza del sogno di Dio prevale.

Come non ricordare, allora, le mera-vigliose pagine del Cantico dei Cantici?

Tutta una serie di luoghi comuni, peraltro spesso suffragati da in-terpretazioni ideologiche, ten-

dono a svilire la bellezza dell’amore che approda al patto sponsale. L’amore è sentito come mortificato dall’istituzio-ne matrimoniale, perché questa gli fa-rebbe perdere la sua spontaneità e la sua libertà.

Antidoto efficace a questa tenden-za è ritornare alla parola biblica, che ci

Lo splendore della relazione sponsale nella Bibbiadi Patrizio Rota Scalabrini, biblista

Una fiamma del Signore

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In un crescendo emozionante giungono al vertice sublime del canto d’amore, dove lo slancio della passione e la solidità dell’istituzione si incontrano e si fondono:

«Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio;perché forte come la morte è l’amore,tenace come il regno dei morti è la passione:le sue vampe sono vampe di fuoco,una fiamma del Signore!Le grandi acque non possono spegnere l’amorené i fiumi travolgerlo.Se uno desse tutte le ricchezze della sua casain cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo» (Ct 8,6-7).

La giovane chiede al suo amato di porla come sigillo sul suo cuore e sul suo braccio, il che significa che ella chiede di riconoscere il loro amore pubblicamente, istituzionalmente, pro-prio come indica il “sigillo” che, oltre ad essere oggetto prezioso, era in quel tempo lo strumento di autenticazione degli atti giuridici redatti per iscritto.

In secondo luogo, ella ribadisce come il loro amore pretenda un’as-solutezza tale da sfidare la morte, da presentarsi come capace di attraver-sare la prova del tempo, vestendosi di fedeltà, di perseveranza.

Infine, il suo inno all’amore sfocia nell’esaltazione della misteriosa fonte da cui esso procede e che consente, al loro progetto di un legame “per sem-pre” e totalizzante, di non essere un delirio di potere dell’uno sull’altro.

Ebbene la fonte misteriosa da cui l’amore dei due in-

namorati proviene, e che costituisce il suo vero Dna, è Dio stesso, che si dona senza pretese in un amore che si lascia per-

sino ferire, rifiutare, che accetta pazientemente di

essere riconosciuto attra-verso mille incomprensioni e

resistenze. Per questo l’amore dei due avrà la

capacità di attraversare la prova del

tempo e gli ostacoli che si frapporran-no: perché è una fiamma del più gran-de fuoco, del fuoco di quel Dio che si è rivelato come Signore presso il roveto ardente. Egli è un fuoco d’amore che rimane acceso eternamente e che non teme di rivelarsi anche in mezzo alle spine, cioè nelle tribolazioni e nelle prove che l’umanità necessariamente attraversa. n

L’amore dei due avrà la capacità di attraversare

la prova del tempo e gli ostacoli che si frappongono

perché è una fiamma del più grande fuoco

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scarto e la crisi del-la famiglia, anche talvolta esageran-do tale emergenza.

E la Chiesa come comunica la fami-glia? Qui il model-lo adottato viene catalogato come “realismo natura-listico” e si muove

in modo parallelo, quando non conflit-tuale, con quello della stampa laica.

Questo modello, che investe soprat-tutto la comunicazione del vasto mondo dell’associazionismo familiare, tende a valorizzare la natura autentica della famiglia “tradizionale” e l’esperienza, quotidiana e spesso poco visibile, del-la maggioranza delle famiglie. Emerge così una sorta di “naturalismo rappre-sentativo”, il tentativo di privilegiare ciò che la famiglia è come dato antropolo-gico basilare: fondata, cioè, sulla diffe-renza sessuale e sulla fecondità.

La ricerca pare mostrare, dunque, diversi piani di rappresentazione me-diatica del contesto familiare. È però innegabile che, quando parla la Chiesa ufficiale, emerge talvolta un certo tono apologetico, difensivo, a volte persino vittimista. Il gesuita Bartolomeo Sorge

Èfacile “dire” f a m i g l i a , argomento

evergreen, buono per tutti i luoghi e contesti. Più diffi-cile è “parlarne” in modo serio, so-prattutto quando è la Chiesa a farlo.

Una ricerca del 2007 dell’Osscom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Univer-sità cattolica di Milano, ha analizzato i modelli di riferimento che si adottano nei vari contesti mediatici quando si par-la di famiglia. Si va così da un “realismo convenzionale” – proprio del discorso pubblicitario, che presenta il quadret-to familiare facilmente riconoscibile e fortemente idealizzato (la famiglia del Mulino bianco) – a un “realismo senti-mentale”, tipico delle fiction televisive, il cui fine pratico è di tipo sostanzialmente emotivo. Fino a un “realismo riflessivo”, anche questo proprio della fiction, che si propone invece come occasione per riflettere sul mutamento sociale o per agire come momento di denuncia.

Per la stampa laica si parla piuttosto di un “realismo fenomenologico”, che tende a privilegiare la discontinuità, lo

Come la Chiesa comunica la famiglia?di Stefano Stimamiglio, vicecaporedattore di Credere

Il matrimonio non è una fiction

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cano due indirizzi, che possiamo fare nostri e sviluppare. Innanzitutto la for-mazione cristiana degli sposi, che inizia molto prima dei cosiddetti “corsi pre-matrimoniali”. Com’è possibile, infatti, che un ingegnere, un avvocato o un medico impieghino anni a entrare nella professione e a due sposi, che vivranno insieme per sempre, basti qualche le-zione, magari pure noiosa? Le catechesi di Giovanni Paolo II sull’amore sponsale potranno fornire qui molto materiale.

L’altra indicazione riguarda i modi di comunicare, tipica di papa France-sco. Empatia, accoglienza, entusiasmo, esemplarità non dovrebbero mai man-care nei nostri discorsi, anche quando si parla di famiglia. Sempre con quella dolcezza e pacatezza, che escono da un cuore pieno di gioia. La gioia di appar-tenere al Signore. n

sostiene che, quando cambia in modo repentino e sostanziale la cultura, mu-tano di conseguenza e in modo altret-tanto fulmineo, oltre che le strutture sociali e politiche, anche il modo stesso di comunicare.

Questo vale, evidentemente, anche per la fede e per ciò che essa dice sul-la famiglia. L’enorme mutamento cul-turale in atto, i cui segni più evidenti sono dati dalla secolarizzazione e dalla comunicazione, ha sinora spiazzato la Chiesa quanto alla sua efficacia nell’e-sprimere la bellezza dell’amore coniu-gale. La pervasività e contraddittorietà dei modelli familiari proposti nei diversi ambiti comunicativi incidono in modo pesante anche all’interno della comu-nità cristiana.

L’instrumentum laboris del Sinodo sulla famiglia e papa Francesco indi-

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La cura pastorale della famiglia, dono grande della Chiesadi Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio per la pastorale della famiglia della Cei

quartieri delle nostre città. Papa Fran-cesco ha indicato tre atteggiamenti con cui vivere in questo anno il cammino si-nodale: accogliere il dono dell’ascolto, rendersi disponibili a un confronto since-ro, mantenere fisso lo sguardo su Cristo.

Ascoltare è l’atteggiamento fonda-mentale per chi si lascia condurre dallo Spirito. Il Papa ha però precisato che si tratta di un «ascolto di Dio, fino a sen-tire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama» (Papa Francesco, Veglia di preghiera in preparazione al

Siamo in vero tempo di grazia, in cui l’accompagnamento della fa-miglia è divenuto lo sguardo di

tutta la Chiesa, che, come un faro, illu-mina chi naviga nella notte.

Con l’apertura del Sinodo straordina-rio, la sera del 4 ottobre si sono acce-se tante fiaccole, non solo in piazza San Pietro, ma anche sulle finestre di mol-ti italiani e in una miriade di parrocchie e associazioni. Erano un segno visibile delle tante belle famiglie, “piccole chie-se domestiche in uscita”, che abitano i condomini, le piazze dei nostri paesi e i

Non oscuriamo la bellezzadella vita coniugale

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Sinodo sulla famiglia, Roma, piazza San Pietro, 4.10.2014).

C’è un legame da far rinascere, che è quello fra il sacerdozio nel sacramento dell’Ordine e il sacerdozio battesima-le dei laici, in particolare degli sposi. Questo legame può rivivere anche con chi, trovandosi infranto il sogno della vita nuziale, resta comunque in virtù del Battesimo un figlio di Dio e della Chie-sa. È un ascolto di ogni figlio, ma in par-ticolare di colui che è più nella prova.

Siamo in una società che non sostie-ne il matrimonio. Nella prassi comincia a emergere un preoccupante fenome-no: alcuni vivono l’affetto sponsale sen-za arrivare al matrimonio o fanno figli senza aver fatto famiglia. La questione è che abbiamo oscurato la bellezza del-la vita coniugale, presentandola solo come una serie di obblighi e divieti. Occorre far scoprire che, per la grazia di Cristo, il sacramento del Matrimonio guarisce la nostra incapacità di amare: questa è la buona notizia da diffondere.

C’è ancora molta solitudine nei fidan-zati, paralizzati dalla paura del per sem-pre, o in chi dopo il matrimonio deve custodire la fedeltà sponsale e la cura dei figli, coniugando la tachicardia dei ritmi lavorativi con gli affetti familiari. Per spezzare questa cultura del prov-visorio occorre ricostruire, attraverso una comunità cristiana viva, la vera cul-tura dell’incontro. Ce lo hanno indicato i Padri sinodali: «Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno» (Messaggio della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi, 18.10.2014).

Sono le famiglie dei credenti quella porta aperta dove la povertà di Cristo sta bussando, come quella mamma di Vicenza, che con suo marito ha fatto un gesto bellissimo: badando in alcuni

momenti ai figli piccoli di una giovane coppia del condominio, ha permesso che superassero una crisi matrimoniale.

Ecco, quando una famiglia adotta una famiglia, essa vive in pienezza la propria soggettività sociale ed eccle-siale. Si tratta di avere nei legami fami-liari il modello, ma anche il metodo, per costruire la comunità. Possiamo sogna-re un consiglio pastorale parrocchiale che profumi di famiglia? Quello può essere il luogo dove, in un confronto fraterno, elaborare una vera pastorale delle ferite. Il confronto non sarà scevro da rotture e avrà necessità di dialoghi risananti, di momenti di preghiera, di molto Vangelo, come nel rapporto fra i coniugi o con i figli.

Tempo fa fu chiesto in un convegno se le nuove situazioni che si stanno pre-sentando (divorziati con nuova unione, conviventi, unioni omossessuali) fossero da descrivere come i nuovi pubblicani. La risposta è che occorre innanzitutto chiedersi se noi rischiamo di diventare i nuovi farisei. Certamente ci sono dei peccati pubblici, ma tutti noi siamo pec-catori redenti da Cristo.

Una volta una bimba di otto anni fece notare che la parabola del figliol prodi-go sembra non concludersi; fu allora in-vitata a sognare una bella conclusione. Lei ha quindi immaginato che il figlio più giovane uscisse fuori dalla festa e abbracciando il fratello gli dicesse di tornare in casa, perché senza lui non era festa piena.

Si tratta di aiutare le persone che ci sono più vicine in parrocchia ad ave-re questo atteggiamento. A passare dall’essere figlio che si crede fedele, a fratello che ha scoperto il perdono del Padre, capace di restituire a chi sof-fre l’abbraccio paterno. Questa è la famiglia dei figli di Dio e questa è la famiglia che vogliamo costruire. n

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Cicerone definiva la fa-miglia “seminarium rei publicae”, palestra di

educazione al bene comune e di responsabilità nella vita pubblica. In particolare la fa-miglia rigenera la società per-ché è il primo luogo in cui si impara l’accoglienza dell’al-tro, la valorizzazione e il rico-noscimento della “diversità buona”, e soprattutto delle differenze radicali dell’umano: la differenza ses-suale e la differenza tra le generazioni.

La prima sfida educativa all’accoglienza e alla gratui-tà è amare l’altro in quanto diverso da sé, anzi, “proprio perché” è diverso da sé. In-fatti, le diversità non genera-no inevitabilmente ed auto-maticamente legami buoni, ma occorre un costante lavo-ro di “conversione al bene” delle relazioni (familiari e so-

ciali). In questo senso, la famiglia può essere definita il “laboratorio culturale naturale” più efficace per poter ricon-

di Francesco Belletti, direttore Centro internazionale studi famiglia

Gli effetti positivi dell’associazionismo

Il circuito del donoin famiglia e tra famiglie

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ciliare queste differenze radicali dell’u-mano. Nella famiglia la diversità viene trattata, diventa buona, è riconciliata, perché e in quanto sa costruire un le-game buono, una connessione solidale tra le persone.

Solo famiglie capaci di riconoscere e valorizzare la diversità delle persone al proprio interno sapranno educare cittadini capaci di apprezzare ed ac-cogliere la diversità come valore da promuovere, e non come minaccia da cui difendersi. Questo vale per la multiculturalità, per l’accoglienza dei disabili, per l’inserimento sociale degli emarginati, per l’accoglienza dei bam-bini abbandonati attraverso affido e adozione, e per tutte quelle diversità che oggi vengono spesso escluse o scartate, anziché integrate.

È però necessaria, per questo, anche la costruzione di un soggetto sociale aggregativo (associazionismo, famiglie insieme…), sinteticamente definibile “fare famiglia insieme ad altre fami-glie, per fare meglio la propria famiglia, per fare più famiglia nella società”. Le famiglie associate possono infatti di-ventare soggetti sociali collettivi, che cominciano ad avere voce, che si met-tono insieme per “produrre più fami-glia” e per aiutarsi vicendevolmente e gratuitamente, ma anche per contare di più, per organizzarsi, per fare azione politica, rappresentazione, pressione, protesta.

In effetti la solidarietà e la gratuità nella famiglia e tra famiglie non sono come qualsiasi bene di consumo ma-teriale, che finisce con l’uso, ma, para-dossalmente, “più la si usa, più cresce”: «C’è una sorta di legge sociale che fa sì che quel che non circola muore, come è per il Mar Morto e per il Lago di Ti-beriade, che pur formati dallo stesso fiume, il Giordano, sono l’uno morto

e l’altro vivo, perché il primo conserva tutta l’acqua per sé, il secondo la dà ad altri fiumi» (J. Godbout, Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, Torino 1993, p. 215). Così il dono gratuito circola nelle relazioni in famiglia e tra famiglie, rigenerando le famiglie stesse.

Occorre allora coinvolgere nel circui- to del dono la stragrande maggioran-za delle famiglie, che rimangono senza connessioni con l’esterno, spesso iso-late, sole, abbandonate e quindi fragili e vulnerabili. Perché nessuna famiglia è più fragile di quella che non riesce nem-meno a pensare di poter trovare aiuto, collaborazione e sostegno all’esterno. Le famiglie associate hanno invece ca-pito che stare insieme è un tesoro pre-zioso: come fare a rendere accessibile questo tesoro al maggior numero pos-sibile di famiglie? n

Il circuito del donoin famiglia e tra famiglie

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Se si sente forte l’esigenza di ri-flettere su famiglia, matrimonio e dintorni è perché in questi ultimi

decenni la sfera familiare ha intercettato una serie di elementi che obbligano le istituzioni interessate a rivedere diverse posizioni.

Nel recente passato non ci si inter-rogava, per esempio, sulla definizione di famiglia e matrimonio: così è scritto nel Diritto Canonico per il credente e così è scritto nella Costituzione per il lai-co. Nemmeno ci si poneva il dubbio di estendere tali definizioni ad altre forme di convivenza. Separazione e divorzio creavano scalpore, oggi rientrano nella sfera del senso comune.

Si è verificato il fenomeno cosiddetto della pluralizzazione delle famiglie, mol-teplici forme di convivenza.

Di fronte a queste trasformazioni che producono anche una pluralità di concetti e posizioni diverse dall’osser-vatorio politico, la situazione si complica ancora di più: mentre le trasformazioni avanzano, la politica è ferma.

Il tema famiglia nelle forze politiche il più delle volte è richiamato solo indiret-tamente su altre tematiche di emergen-za: assistenza sociale, devianze minorili, povertà eccetera.

Difficile trovare nelle politiche sociali familiari l’offerta di strumenti che vada-no a supporto dei valori, della vita di coppia, della capacità di comunicare,

della gestione dei conflitti. La vita fami-liare è considerata un semplice luogo di consumo: là dove la famiglia non arriva con la propria economia, lo Stato offre contributi e/o agevolazioni.

Gli stessi servizi come asili nido, scuo-le materne, centri di assistenza e ricrea-tivi, non hanno cercato la collaborazio-ne con la famiglia ma si sono posti come alternativa ad essa.

Ciò ha comportato la deresponsa-bilizzazione dei genitori per quanto riguarda la loro funzione educativa, delegandola ai professionisti dell’edu-cazione.

Lo Stato si è assunto il compito di pro-grammare e progettare l’educazione in ambienti extradomestici: per esempio ha preferito istituire strutture pubbliche per l’assistenza e l’educazione dei mino-ri, anziché avvalorare la famiglia come luogo primario di cura-educazione.

Anche nell’ambito scolastico si respi-ra forte la delega educativa ai profes-

Politica e pedagogia devono sostenere la famigliadi Luigi Guarisco, assessore alla Coesione sociale, docente Irc

Non si può giocare al passamano

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sionisti dell’insegnamento che, spesso, al di là della loro competenza discipli-nare, non sono in grado di porsi come educatori.

Questo fa correre il rischio di giocare al passamano: tocca alla famiglia, toc-ca alla scuola, tocca allo Stato… Con la conseguenza disastrosa che gli alunni non si sentono appartenere a nessuno. Così, trovandosi essi in un’età molto delicata e fragile, si imbattono a livello educativo e di crescita con tante figure adulte molto diverse senza sapere più a chi affidarsi.

Se poi tiriamo in ballo gli input edu-cativi che provengono dai mezzi di comunicazione sociale che sono alla portata di tutti e sui quali gran parte di responsabilità è attribuibile a scelte politiche, i nostri ragazzi crescono tirati in tante direzioni con il rischio di essere spezzati.

Detto tutto ciò, partendo dal dato di fatto che la famiglia è lo spazio re-lazionale in cui l’uomo nasce, cresce, acquista modalità di comportamento, la famiglia diventa centro di raccordo educativo tra le varie generazioni con una forte influenza sull’assetto sociale.

Nell’odierna situazione di acuta crisi dei modelli tradizionali di convivenza, il discorso pedagogico che abbia come

oggetto la famiglia, è chiamato a far sentire la propria voce.

La politica familiare deve saper ela-borare, con l’aiuto della pedagogia, in-dicazioni che facilitino il recupero del forte valore esistenziale della famiglia, per cui non può ridursi a elencare stra-tegie settoriali di intervento: il com-plesso di iniziative, che i pubblici poteri sono chiamati ad assumere per tutelare e avvalorare la famiglia, va misurato con una riflessione pedagogica.

Se è vero che lo Stato democratico non può imporre un modello di fami-glia, per non limitare la libertà delle singole persone, è anche vero che non può rinunciare a indicare e a difendere un modello di organizzazione familiare meglio rispondente al bene dell’uomo e della società: questo lo può fare solo in collaborazione con la pedagogia.

La famiglia, che in questi ultimi de-cenni non è stata aiutata a gestire il cambiamento di vari modelli sociali, è stata lasciata sola, ed è rimasta vittima del tracollo che il cambiamento ha ap-portato: in questo senso pedagogia e politica devono rimettere al centro la famiglia per offrirle, oltre ai tradizionali servizi, anche strumenti adeguati a na-vigare nell’agitato mare sociale nel qua-le ci troviamo a vivere. n

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La bellezza della normalitàche si vogliono equiparare alla famiglia, con riconoscimento pubblico da parte dello Stato.

Gli stessi mass media ci raccontano una “famiglia mediatica”, allargata e disinibita, che nulla ha a che fare con quella reale e i modelli consolidati, per lo più ignorati, ma spesso anche irrisi e svillaneggiati. È raro veder rappresen-tata in Tv la “bellezza” della normalità

La famiglia, oggi, ha molti proble-mi, fa fatica a vivere e a garantire un futuro ai figli, né l’aiutano la

cultura dominante o le politiche familia-ri delle istituzioni. Molti la considerano finita, un’eredità del passato che non si addice alla modernità dei nostri giorni. A conferma ci sono i dati in aumento di separazioni e divorzi, ma anche l’avven-to di nuove unioni, etero e omosessuali,

La famiglia tradizionale è in cima ai desideri dei giovanidi Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana

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o che cosa significa davvero “fare fa-miglia”, dove le relazioni sono qualco-sa di serio. Più facile mettere in scena un’“allegra famiglia”, come quella del-le fiction e degli sceneggiati televisivi, modello “Grande fratello”. Nell’odierna “modernità liquida” (vedi Bauman), se-gnata da un esasperato individualismo, si è portati a banalizzare tutto: dal ma-trimonio alla vita, dalla sessualità all’a-more. E gli impegni duraturi e stabili sono considerati impossibili.

Nonostante le sue “fragilità”, la fa-miglia cosiddetta “tradizionale” tiene ancora bene. È in cima ai desideri e alle aspirazioni di tutti i giovani, come rilevano diverse inchieste e sondaggi. È un patrimonio per tutti, da salvaguar-dare, indispensabile oggi più che mai. Più che delegittimarla, come avviene continuamente, la famiglia va rivalu-tata e rimessa al centro della società. Ma anche della stessa Chiesa, “famiglia di famiglie”, come ha inteso fare papa Francesco dedicandole ben due Sinodi.

La famiglia non è un problema, ma una risorsa primaria, con una vocazione “politica” (da polis) e pubblica. Anzi, è la principale risorsa di cui disponiamo, se vogliamo rimettere in sesto il Paese e guardare al futuro con un briciolo di speranza. In tempi di crisi, s’è rivelata il migliore “ammortizzatore sociale” di tante carenze e inefficienze istituzionali: dall’assistenza alle persone bisognose di cura (bambini, anziani, portatori di handicap) al grave problema dei giova-ni senza lavoro.

La famiglia è un “bene comune”, un vero capitale umano, sociale ed eco-nomico, che produce relazioni, beni e servizi. Non è solo consumatrice. È nella famiglia che si fa la prima esperienza sociale, è lì dove si impara il rispetto per l’altro, la solidarietà verso i più deboli, l’equità nella ripartizione delle risorse.

L’educazione in famiglia ha un riverbe-ro sociale non indifferente. Se si stabili-scono rapporti di fiducia, se si educa a cooperare e collaborare, questa stessa logica sarà poi messa, più facilmente, a servizio del “bene comune”.

In famiglia, infine, si costruisce “pros-simità”, come ricorda papa Francesco nel messaggio per la Giornata del-le comunicazioni. Che vuol dire “apri-re le porte”, andare incontro all’altro, portando «conforto e speranza alle fa-miglie più ferite». Ma vuol anche dire ridurre le distanze con chi ha una prove-nienza e un credo differenti dal nostro, in una società sempre più multietnica. In un mondo lacerato dall’odio e dal-la violenza, le famiglie sono chiamate a “bene-dire” dell’altro, educando i gio-vani alla fratellanza: tutti siamo figli di Dio, e il mondo è una sola famiglia uma-na. Agli operatori della comunicazione il Papa chiede di non “seminare zizza-nia”, ma di “bene-dire” della famiglia. Come, da più di ottant’anni, opera Fa-miglia Cristiana, assieme a tutte le altre attività paoline, nello spirito del beato Alberione, apostolo dei mass media. n

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Il piccolo schermo nostrano rappresen-ta una famiglia ad assetto variabile, mediamente lontana da quella tradi-

zionale o “naturale”. Se nella comunica-zione commerciale la distinzione dei ruoli e dei rapporti fra generazioni resta chiara-mente definita, nella fiction le carte si rime-scolano assai.

È lontano il tempo della Famiglia Benve-nuti in onda sulla Rai a fine anni Sessanta, fondata sulla rassicurante ordinarietà delle dinamiche intergenerazionali medio-bor-ghesi del tempo. I (pur simpatici) protago-nisti delle produzioni attuali come Un me-dico in famiglia (Rai1) si trovano al centro

di Marco Deriu, docente di Teoria e tecnica delle comunicazioni, Università Cattolica

La trasgressione prevale sulla famiglia tradizionale

I modelli imposti dall’audience Tv

Quando le testate giornalistiche parlano della famiglia, generalmente lo fanno in riferimento a casi di cronaca nera e giudiziaria, oppure per raccontare vicende drammatiche di segno negativo. La locuzione “strage familiare” è tristemente diventata abituale, come pure le defi-nizioni che insistono sui delitti consumati fra le mura di casa da parte di mariti contro mogli (e figli), o – più raramente – viceversa. Nei tempi più recenti, l’informazione d’attualità ha inquadrato la famiglia anche come oggetto del dibattito politico, in particolare riguardo ai diritti delle coppie di fatto o alla possibilità che anche le unioni omosessuali possano avere un riconoscimento giuridico paritario a livello di diritti civili e sociali.Pochi sono gli spazi che raccontano la famiglia in positivo, salvo qualche sporadica inchiesta che rende conto della sua funzione di ammortizzatore sociale in tempi di crisi ancora tanto difficili. Le famiglie normali non fanno notizia, quelle “rotte” sì. Evidentemente anche nell’in-formazione valgono le note parole di Dostoevskij: «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo». E questo determina le priorità giornalistiche quando se ne parla.

Il mostro è sempre in prima pagina

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La famiglia rappresentata dal cinema ha assunto nel corso degli anni forme mute-voli, a seconda del periodo storico e dell’e-ra cinematografica attraversati. Restando dentro i confini italiani, la connotazione del nucleo familiare è stata fortemente plasmata dall’approccio realista, che ne ha evidenziato da un lato la sofferenza nella crisi e dall’altro la possibilità di farcela co-munque, grazie alla tenacia dell’azione e alla forza dei legami affettivi.Se nelle produzioni cinematografiche degli anni Cinquanta la famiglia si è confermata come l’unico vero ammortizzatore sociale e culturale di fronte alla crisi, nei Sessanta lo sguardo cinico e disincantato dei registi ha fortemente criticato la sacralità dell’isti-tuzione-famiglia, accentuando la tendenza alla ribellione dei figli verso i genitori e la contrapposizione fra le generazioni.Negli anni Settanta e Ottanta, il ritratto fa-miliare di stampo borghese è tornato a es-sere al centro di molte narrazioni filmiche, in cui si sono insinuati i temi del tradimento sentimentale come pure le certezze legate alla possibilità di ricucire i legami con te-nacia e abnegazione.La frammentazione del nucleo familiare ha segnato la “liquidità” sociale e cinemato-grafica degli anni Novanta, ridefinendosi nel nuovo millennio sempre più lontano dall’idea di benessere e dall’ottimismo ostinato dei decenni precedenti.Oggi – in piena crisi non soltanto econo-mica ma anche, forse soprattutto, cultura-le – la famiglia cinematografica, pur nella sua multiformità, è spesso connotata come l’unico approdo sicuro, nonché il punto di forza per ribaltare le cattive sorti lavorative o sociali, ancor più efficace quando si pre-senta nella forma tradizionale costituita da marito, moglie ed eventuali figli.

L’approdo sicuro sul grande schermo

di relazioni trasversali e navigano nell’am-biente della famiglia allargata. Quest’ulti-ma si articola ulteriormente in serie come I Cesaroni (Canale 5), basate sull’incontro fra i nuclei di un “lui” vedovo e di una “lei” divorziata, che insieme ai rispettivi figli si ri-uniscono sotto lo stesso tetto in un nuovo assetto affettivo-relazionale.

Nelle produzioni televisive, le situazioni domestiche e le vicende dei personaggi tendono spesso a sconfinare verso la farsa di costume; per non impegnare troppo il pubblico gli autori scelgono di non appro-fondire gli aspetti psicologici e sentimentali puntando su stereotipi di facile lettura.

In generale, si conferma l’atteggiamen-to ambivalente nei confronti della famiglia da parte del piccolo schermo, che predi-lige la messa in scena di situazioni sem-pre meno “naturali”, con una produzione complessivamente avara di esempi positivi a tutto tondo.

I dati statistici, peraltro, attestano che nell’attuale panorama sociale il modello familiare di gran lunga più diffuso è an-cora quello definito come “tradizionale”. Eppure, nella televisione italiana di questo periodo raramente si trova la rappresenta-zione di una famiglia saldamente fondata sull’amore sponsale profondo fra marito e moglie, capace di costruire un rapporto saldo e vero, orientato alla procreazione e all’educazione dei figli, impegnata ad acco-gliere l’altro (chiunque egli sia) con le pro-prie debolezze e qualità. Evidentemente l’audience impone di privilegiare i modelli familiari più trasgressivi e meno scontati. Siamo sicuri che siano quelli “vincenti”? n

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Se il tema della famiglia è stato sempre al centro delle rappre-sentazioni dell’Occidente, nel

Novecento appare più in secondo pia-no rispetto ai grandi temi della guer-ra, del ritratto, del paesaggio, della na-tura morta. Il XX secolo vede infatti il superamento dei grandi temi della tra-dizione, con la nascita di numerosi mo-vimenti artistici europei e americani che compiono percorsi inediti, aprendosi a nuove ricerche estetiche come l’astrat-tismo.

Dalla nascita del cristianesimo in poi, la rappresentazione della famiglia è vi-sta attraverso quella della Sacra Fami-glia. Sia nelle scene della Natività, che in quelle dell’Adorazione dei Magi, le figure di Maria, di Gesù bambino e di Giuseppe costituiscono infatti i modelli che ogni famiglia è chiamata a imitare.

Tuttavia, con il passare dei secoli, in concomitanza con un processo di secolarizzazione che investe il mondo europeo, il tema della Sacra Famiglia è sempre più relegato al mondo devozio-nale, per lasciare spazio, dal XIX secolo sino ai giorni nostri, a rappresentazioni della quotidianità della vita borghese. Che siano scene all’aperto o di interni, la famiglia, come nell’impressionismo, è raffigurata in momenti di distensione

e di riposo, mostrando in questo modo la ricchezza del ceto sociale alla quale essa appartiene.

Altre volte, le immagini si soffermano sul tema del dolore, della fatica che la famiglia, povera e indigente, deve su-perare in una società sempre più com-plessa e contraddittoria. È questo un aspetto analizzato soprattutto dal ci-nema, come nel caso del neorealismo italiano. Oggi, è ancora il cinema a met-tere sempre più in rilievo drammatiche problematiche familiari, come quelle della separazione, dell’aborto, della violenza, della sterilità…

di Andrea Dall’Asta, sj, direttore Galleria San Fedele di Milano e Raccolta Lercaro di Bologna

La famiglia nella pittura del Novecento

Chagall: l’incanto dell’amore che tutto trasfigura

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Nel campo delle arti, nel Novecen-to, alcuni artisti, da Georges Rouault a Pablo Picasso, da Marc Chagall a Re-nato Guttuso, da Umberto Boccioni a Michelangelo Pistoletto, rappresentano la famiglia, ciascuno secondo la perso-nale poetica.

Così, Rouault fa emergere la malinco-nia di una famiglia che si scontra con i drammi e i disagi di una società ipocrita e violenta. Nell’incisione La Famille Sal-timbanques esprime la dura condizio-ne dell’esistenza umana. È il ritratto di un’umanità abbattuta, ferita, che deve affrontare le dure prove dell’esistere umano. Nessun sorriso si legge nei vol-ti. Nessuna bellezza è esibita. È la rap-presentazione di un’umanità che invoca una salvezza, una redenzione.

La visione dell’artista francese è mol-to diversa da quella del pittore italiano Mario Sironi. Nel celebre dipinto: La famiglia del pastore (1929), raffigura una donna mentre sta per abbraccia-re un bambino. Sulla sinistra, un uomo, separato da un ruscello e da un albero spoglio, tiene tra le mani un bastone da rabdomante. Tutto appare immerso in un’atmosfera senza tempo. Attraverso i solidi volumi dei corpi, dell’albero e delle montagne sullo sfondo, la famiglia è qui rappresentata nella sua solidità, forza, fermezza. Esprime la condivisio-ne di un destino.

L’artista russo Chagall è tra i pochi a sottolineare invece la sconvolgente forza dell’amore, capace di fare toccare allo sposo e alla sposa le altezze favo-lose dei cieli. Un esempio celeberrimo tra gli altri è il dipinto: La passeggiata (1917-1918), in cui Chagall rappresenta sé stesso con la sua amata. Con straor-dinaria semplicità e dolcezza, la coppia, raffigurata alla fine di un pic-nic, spri-giona tutta la forza e la gioia di vive-re, irradiando l’incanto dell’amore che

tutto trasfigura. Al centro della scena, l’artista tiene in mano la sua splendida Bella, che volteggia leggera nell’aria, come senza peso. Chagall, con un pic-colo uccellino in mano, saldo sulla terra come un tronco, sorride felice. L’armo-nia tra lui e la sua amata si diffonde nel-la natura circostante.

Tuttavia, malgrado alcuni casi, come quello dell’artista russo appena accen-nato, la bellezza e l’armonia della Sacra Famiglia appaiono perdute. Occorre-ranno tempi nuovi perché la famiglia ri-scopra nell’arte quella gioia di un vivere insieme, nella fecondità dell’amore? n

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Cosa dice questo proliferare di blog, gestiti da mamme, che trattano fonda-mentalmente argomenti legati alla pri-ma infanzia, ma più ancora raccontano il quotidiano?

L’analisi che ne fanno i giornali di so-lito li riduce ad un tentativo di rompere la solitudine delle neomamme, che non hanno più intorno a sé la comunità di donne tipica delle famiglie patriarcali

Si calcola che in Italia siano circa tremila le mamme blogger, don-ne che – trovandosi ad affrontare

il tempo sorprendente e a tratti sover-chiante della maternità – sentono il de-siderio di scriverne utilizzando la Rete per condividere con sconosciuti (nor-malmente altre donne nella stessa si-tuazione) gioie, affanni, notti insonni e pannolini.

La famiglia si racconta nel mommy bloggingdi Paola Lazzarini, mamma e sociologa, collabora con il settimanale Il Portico

La poesiadella vita quotidiana

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re la gratitudine per la possibilità di ac-compagnare la vita nel suo fiorire, ogni uomo ed ogni donna che vivono questa esperienza possono testimoniarne la grandezza e questo è già un atteggia-mento spirituale.

Ed è bello “sentire” questo coro di “cyber-voci”, ognuna con la sua parti-colarità, cantare la gioia di fare famiglia, fare figli, fare una vita vera. n

e quindi devono affrontare da sole le sfide che la maternità porta, ma io inve-ce credo che, molto più profondamen-te, nel momento in cui la vita irrompe e la coppia si scopre a far da tramite a questo miracolo, scoppi nel cuore il desiderio di parlarne, raccontarlo, gri-darlo quasi… e allora si cerchi il modo più universale per farlo!

Il quotidiano, con le piccole grandi conquiste dei bambini, i sentimenti del-le mamme (e dei papà, che spesso re-stano sullo sfondo, ma poi trovano i loro spazi) viene raccontato con semplicità, spesso con ironia, e in questo modo si mostra meglio di tanti discorsi quanto è bella la vita in famiglia ed è proprio questo a rendere significativo il mondo del mommy blogging.

La concreta vita quotidiana è rara-mente considerata degna di narrazione, ma qui le prime parole di un bambino, i primi passi, le pareti imbrattate di pa-stelli a cera trovano spazio e il quadro che emerge mostra la normalità e insie-me la poesia della vita, nella quale non mancano anche i momenti drammatici: il dolore per una gravidanza interrotta, la malattia, la vedovanza… e allora il cyberspazio diventa una riserva di af-fetto, solidarietà, vicinanza.

I maestri della vita spirituale inse-gnano a tornare più volte su ciò che si è vissuto per rendere grazie a Dio dei doni ricevuti e comprenderne il senso, per andare oltre la stessa narrazione ed imparare una rilettura sapienziale della vita.

In qualche modo l’esercizio di rifles-sione, che nei blog si traduce in una pa-gina scritta che diventa un post condi-viso, favorisce questo atteggiamento… certo non per tutte c’è la consapevo-lezza della titolarità di Dio nei confronti del dono del figlio/a e della famiglia, ma anche i non credenti sanno coltiva-

“A piccoli passi” è un portale sull’educazione, la maternità

e genitorialità e si avvale della collaborazione di diverse figure, professionali e non, proponendo

varie rubriche tra le quali il “Diario di una mamma”.

“A piccoli passi”

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Ai bambini non interessano trop-po le parole che usiamo per descrivere il buono della realtà

familiare di cui fanno parte, per loro val-gono solo i fatti. Inutile però inscenare edificanti rappresentazioni di “buona famiglia”, giacché i bambini sono in gra-do di distinguere il vero dal falso meglio di noi adulti.

Ciò che ci fa dubitare della consa-

pevolezza dei piccoli, è la povertà del loro vocabolario, insufficiente a espri-mere quanto riescono a incamerare con il loro acuto armamentario percettivo, fatto di occhi, di sentimenti e soprattut-to di impressioni. I bambini sanno bene che la famiglia non è quella dei racconti e delle parole, che valgono davvero poco, ma quella della vita quotidiana, dei gesti sinceri.

Lo “stare vicino” che colpisce l’infanzia

di Domenico Barrilà, analista e scrittore

Come dire ai bambini che “famiglia è bello”

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Quando quella bambina aveva la febbre molto alta e non riusciva a dor-mire, papà era rimasto tutta la notte sveglio a leggerle storie. Incuriosito le chiesi se ricordava, a distanza di tanti anni, le storie che il genitore le ave-va raccontato. Rispose che non aveva conservato memoria dei racconti, ma ricordava con molto piacere che papà era “stato” vicino a lei. La voce del ver-bo “stare” interessa molto ai bambini, perché loro non possiedono strumenti autonomi per misurare il loro valore. Possono desumerlo solo osservando dalla qualità delle attenzioni che gli adulti dedicano loro.

Per un figlio è questa la prova regina del proprio valore. Solo questa. Se si occupano di me significa che valgo.

“Famiglia è bello”, dunque, solo se tutti si sentono importanti all’interno dei suoi confini, perché se accade in famiglia ci sono ottime probabilità che accada anche fuori. Lo stile di vita, il modo in cui staremo nel mondo, si for-ma presto, proprio negli anni che tra-scorriamo quasi per intero in famiglia, per questo famiglia non può che essere

bello. Quando non lo è, individuo e so-cietà diventano brutto.

Già, perché quando un bambino si convince – senza che vi sia un minimo indizio a sostegno della sua tesi – di non essere in grado di ritagliarsi un posto onorevole all’interno del grup-po umano di cui fa parte, comincerà a emettere una serie di comportamenti antisociali. Incrementerà le tenden-ze astensionistiche, perché questo gli garantisce minore rischio. Tenderà a barare nel gioco della vita sociale, per-ché questo gli procura vantaggi facili. Punterà a danneggiare gli altri, perché questo rende meno evidente la sua ina-deguatezza.

Dietro a tale contegno c’è una logi-ca, elementare ma spietata, che varrà anche per le fasi successive della vita, se non ci saranno eventi riparatori. Il bambino, frustrato e sofferente dalla presa d’atto del proprio insuccesso (presunto o reale che sia), smetterà di cooperare alla costruzione del bene collettivo, giacché sarà oramai convinto di non poterne beneficiare, sentendosi ai margini. n

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la notizia e la sofferenza che abbiamo ascoltato dai loro racconti. Tocchiamo con mano la nostra difficoltà di essere amici, consapevoli che le nostre parole e i nostri gesti poco potranno conforta-re una sofferenza dolorosa da vivere e da ammettere.

Vogliamo provare ad abitare il con-flitto tra il desiderio di annunciare la bellezza della famiglia e l’empatia ver-

Ciascuno di noi ha nella mente e nel cuore cosa succede quando i componenti di una famiglia si

maledicono, si respingono, si combat-tono. Vediamo volti conosciuti e ama-ti: giovani innamorati da morire, padri e madri amorevoli di bambini piccoli e grandi, sposi maturi che hanno diviso una vita di gioie e di fatiche. Ritroviamo lo stupore di quando abbiamo appreso

La gratuità dell’amore secondo Etty Hillesum e Maria di Nazareth di Simona Borello, consulente di comunicazione

Essere un donoe non un tribunale

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so la sofferenza delle separazioni gra-zie all’aiuto di due figure femminili. La prima è Etty Hillesum, della quale ri-prendiamo un’appassionata frase: «Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite», che è l’augurio di un atteggia-mento di fondo umile e accogliente. Essere un dono per l’altro e non un tri-bunale dove è necessario difendere le proprie scelte; una presenza in grado di lenire il dolore e di non acutizzarlo; un balsamo, appunto, che placa senza guarire. E poi da lei vorremmo prendere l’attitudine all’ascolto e alla riflessione nei confronti del dolore delle persone e dei loro affanni.

La seconda è Maria di Nazareth, vi-sta proprio nell’episodio della visita a Elisabetta, ricordato nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno (2015). Maria condivide la propria gioia con Elisabetta e fa nascere sulle sue labbra una preghiera di bene-dizione. Per compiere questo gesto si mette in cammino, in un momento mol-to delicato della sua vita. Testimoniare la bellezza, perché questa possa rin-cuorare e ispirare anche chi in quel mo-mento non riesce a coglierla appieno; e mettersi in cammino, anche se questo costa qualche sforzo, per superare la solitudine e l’oppressione dell’altro.

Due icone, per cercare di essere an-nunciatori credibili della gratuità dell’a-more. n

Nella “Relatio Synodi” si legge: «Il Sinodo dei Vescovi riunito intorno al Papa rivolge il suo pensiero a tutte le famiglie del mondo con le loro gioie, le loro fatiche, le loro spe-ranze. In particolare sente il dovere di rin-graziare il Signore per la generosa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono alla loro vocazione e missione. Lo fanno con gioia e con fede anche quando il cam-mino familiare le pone dinanzi a ostacoli, incomprensioni e sofferenze. A queste fa-miglie va l’apprezzamento, il ringraziamen-to e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa e di questo Sinodo» (Introduzione). «Spesso le famiglie si sentono abbandona-te per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle Istituzioni» (n. 6).«Ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune socie-tà vige ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetu-dine del “matrimonio per tappe”. In altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati» (n. 7).(da Le sfide pastorali sulla famiglia nel con-testo dell’evangelizzazione, Roma 5-19 ot-tobre 2014, III Assemblea generale straor- dinaria del Sinodo dei Vescovi).

La Chiesa ringrazia e incoraggia

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vincolo: «Ricordati che hai un anello al dito e che hai fatto una promessa da-vanti a un sacerdote». Non una parola su quella potente divaricazione senti-mentale che per dieci anni li aveva resi quasi estranei.

Alla caduta dei sentimenti è diffici-le porre rimedio. Questo aspetto delle relazioni è decisamente fuori dalla por-tata di un qualsiasi intervento terapeu-tico, trattandosi di disposizioni interiori spontanee, soggette a mutamenti che spesso dipendono da fattori non gover-nabili o irrazionali. Una situazione analo-ga, verrebbe da dire, a quella dell’omo-sessualità, frutto di spinte interiori cui è impossibile opporsi, una premessa di cui dovrebbero tenere conto i tifosi più fanatici del famigerato ri-orientamento. Non si può dire a una persona come do-

Tendiamo a coltivare pensieri confusi sul destino delle relazio-ni sentimentali, sopravvalutando

per giunta le nostre competenze nell’ar-te di “ripararle”. Dimentichiamo, il più delle volte, che esse si nutrono di in-gredienti non programmabili, impossi-bili da inventare o cancellare a tavolino, e che in genere sono proprio questi ele-menti a metterle in ginocchio.

Le relazioni si possono analizzare, scomporre, rendere leggibili, su di esse si possono scrivere trattati. Operazio-ni importanti, che mettono gli attori in condizione di limitare certi errori. Tut-tavia c’è uno snodo difficile da supera-re e riguarda proprio l’essenza stessa del legame, il livello di attrazione tra i partner.

Un uomo sta per essere lasciato da una moglie. Si sono sposati in chiesa venti anni prima. Con il tempo si ma-nifestano segni di logoramento ma la coppia continua ad esistere, in parte per abitudine, in parte per senso del dovere verso i figli, sebbene anche la vita intima sia quasi del tutto sparita. La moglie chiedeva da anni e con in-sistenza di valutare la strada della se-parazione. Il marito, che continuava a dichiararsi innamorato, si opponeva con una disperata e inefficace difesa del

Rispetto e sostegno alle relazioni feritedi Domenico Barrilà, analista e scrittore

Un legame viaggia su un binarioche non incrocia altri binari

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Un legame viaggia su un binarioche non incrocia altri binari

vrebbe essere e come dovrebbe amare, poiché essa è ciò che sente di essere, e questo non è terreno di interventi tera-peutici, a meno di manifestazioni lesive.

Agire su una relazione malata signifi-ca innanzi tutto evitare di ostinarsi ideo-logicamente in favore di ipotesi affini al proprio modo di sentire, perché la vita dell’osservatore non è la stessa dell’os-servato.

Significa entrare nella storia dei membri della coppia e poi in quella del legame nella sua interezza, senza verità preventive, perché un legame viaggia su un binario che non incrocia mai altri binari, e dunque è lì che va fotografato e interpretato, nella sua sede naturale. Quando si viola questo principio, si fa una discussione generale, sociologica, ma non si coglie lo spettacolo concreto e singolare che abbiamo di fronte.

Significa infine cercare di discrimi-nare gli aspetti sentimentali da quelli comportamentali, ricordando che solo questi ultimi, quando i sentimenti sono ancora attivi, rappresentano il terreno su cui è possibile intervenire, renden-do palesi le loro finalità, talvolta ignote anche alla persona stessa che li agisce.

Le ragioni per le quali due persone si mettono insieme spesso sono scono-

sciute agli stessi protagonisti, per que-sto un buon accompagnamento profes-sionale o anche spirituale deve tenersi lontano dal dilettantismo, nascosto nel-le esortazioni e nei buoni consigli. Ci si deve preoccupare invece di allargare l’ombrello delle consapevolezze, per-ché solo questo può creare condizioni migliori per operare scelte responsabili.

Il labirinto delle buone intenzioni può fare incagliare anche il bastimento più solido, meglio prepararsi con coscienza prima di mettere mano in congegni de-licatissimi, quali sono le relazioni. Ago-stino diceva all’amico Alipio che quan-do si vuole chiudere una ferita è meglio stare accorti, perché se ne potrebbero aprire due. Un consiglio che vale so-prattutto oggi. n

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un seme e che diverrà realtà negli anni futuri, quando sarà madre a pieno tito-lo. È il grande dono della maternità, sia essa fisica che spirituale. È una capaci-tà che nessuno può usurparle. Senza di lei la speranza esce di scena, la vita non fiorisce, futuro e progettazione lasciano il posto a una umanità inaridita.

La donna richiama la sua capacità di amare, il rispetto verso ogni forma

La donna è uno dei pilastri dell’u-manità, nel cui Dna sono inscritti gli elementi essenziali che deli-

neano la grandezza e la bellezza del-la sua esistenza: essere madre, essere dono. Sin dal suo formarsi nel grembo materno il suo corpo esprime la capa-cità di accogliere, custodire, alimentare la vita. Una capacità in fieri, che sboc-cerà come un fiore, che crescerà come

Il genio femminile emblema di gratuitàdi Anna Pappalardo, paolina

Grazie a te, donna, dimora della vita!

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di vita, il prodigarsi a favore degli al-tri, in particolare verso i deboli e gli esclusi, il donarsi con gra-tuità giorno dopo giorno, 24 ore al giorno. Nel donarsi ella sperimenta la sua vocazione profonda. La donna conserva la capacità e l’input a donare vita in modo gratui- to sempre, anche quando sembra che non possa più tessere fili di dialogo e di impegno sociale, civile e religioso per l’avanzare degli anni e la diminuzione delle forze, quando «ogni ruga del suo volto è una storia vissuta con orgoglio, sorriso, pianto, amore… come le parole di un libro sfogliato davanti agli occhi del mondo» (Alda Merini, Omaggio alle donne, Vides, 7 marzo 2014).

La donna è dimora che la vita sceglie per il suo ingresso nell’universo. È mae- stra di dedizione e di amore. È l’emble-ma della gratuità. A lei il nostro gra-zie: «Grazie a te, donna-madre, che ti

fai grembo dell’essere umano... che viene

alla luce. Grazie a te, donna-sposa , che unisci irrevo-cabilmente il tuo destino a quello di

un uomo, in un rapporto di reci-

proco dono, a servizio della comunione e della vita. Gra-

zie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchez-ze della tua sensibilità… Grazie a te, donna-lavoratrice per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura… Grazie a te, donna-consa-crata, che… ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio… Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna!» (Gio-vanni Paolo II).

E grazie a te, donna apostola pao-lina, che accogli e penetri nel mondo mediale per l’annuncio del Vangelo di Cristo al mondo intero. n

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La famiglia dice chi siamo. È al cuo-re della nostra identità: indirizza lo sviluppo, struttura le relazioni inti-

me e favorisce l’inserimento nell’ambien-te sociale. Affetto, fiducia, rispetto e re-sponsabilità sono dimensioni vitali che si sperimentano nascendo in un luogo acco-gliente e vivendo legami significativi con i genitori e i parenti. Per questi motivi, sia le scienze umane sia il magistero della Chiesa (che affonda le sue radici nell’an-tropologia biblica) sono concordi nel de-

finire la famiglia la cellula fondamentale della società.

Partendo da questa certezza, il Grup-po editoriale San Paolo ha sempre avuto a cuore la sua promozione e valorizzazione. A partire dall’area Periodici e New Media, il Gruppo editoriale San Paolo mette al centro la famiglia come suo target pri-vilegiato. È il caso di Famiglia Cristiana, uno dei settimanali più longevi e diffusi in Italia. Suo fiore all’occhiello è il com-plesso connubio tra la scelta dei temi e

di Simone Bruno, direttore editoriale Gruppo San Paolo

Libri, riviste e siti web del Gruppo San Paolo a favore della famiglia

Un target privilegiatodell’editoria paolina

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il linguaggio ad hoc per presentarli ai let-tori. Attenzione all’at-tualità, al costume e ai temi etici più scottanti. Allo stesso tempo uno sguardo mirato a tutto ciò che tocca la famiglia: storie vere, problemi quotidia-ni, salute e benessere, fisco, vita in casa, rapporti tra la coppia e i genitori e i fi-gli. Uno stile comunicativo limpido e mai banale, basato sulla chiarezza espositiva e sintonizzato sui bisogni di chi legge, distingue questo strumento da molti suoi concorrenti. La strategia vincente? Parlare di tutto con il filtro della fede, della spe-ranza e della carità cristiana.

Dal 2010, accogliendo i principi della cross-mediali-tà, la versione cartacea della rivista è accompagnata da un sito e da una fanpage di Facebook. I curatori del sito propongono con accuratez-za temi di grande attualità e, attraverso apposite ca-mere di discussione, coin-volgono gli utenti, specie tra i più giovani, invitandoli a esprimere la propria opinione. L’obiettivo è quello di favorire un percorso di informazione consapevole, costruito con il supporto degli articoli e il confronto libero con al-tri utenti. La pagina social tende a posta-re servizi apparsi sul sito con lo scopo di agganciare nuovi utenti e incrementare le discussioni. Il traffico segnala il gradi-mento delle proposte e la propensione a commentare.

Famiglia Oggi, il bimestrale di appro-fondimento di Famiglia Cristiana, studia la famiglia da un osservatorio privilegia-to. Si avvale di numerosi esperti che ela-borano riflessioni serie e approfondite sugli aspetti e le problematiche attuali

riguardanti la famiglia, la coppia, lo sviluppo dei figli e la comunità sociale. Suoi interlocu-tori privilegiati sono gli operatori professionali,

ovvero coloro che svolgono un servizio pastorale, ma anche consulenti familiari, psicologi, terapeuti, educatori, peda-gogisti, assistenti sociali, operatori dei consultori familiari. Per il suo ambizioso obiettivo, ovvero comunicare in modo autorevole e discorsivo fenomeni strut-turalmente complessi, conserva una po-

sizione privilegiata difficile da imitare.

Anche l’articolata Area Ragazzi mostra la sua atten-zione globale alla famiglia. Soprattutto proponendo ri-viste specifiche per età: per la fascia 3-6 anni annovera il mensile GBaby e i quadrime-strali GBaby giochi e GBaby direfaregiocare, che, oltre a presentare filastrocche, sto-rie, disegni e giochi adatti ai piccoli, accompagnano i geni-tori (con l’indicazione A GBa-

by piace); per la fascia 7-11 anni persiste Il Giornalino, il settimanale storico (90 anni nel 2014), orientato a intercettare gli interessi e le esigenze di crescita dei bambini attraverso rubriche interattive, fumetti, servizi su misura sempre in pro-spettiva educativa cristiana (la proposta si arricchisce anche del mensile I love En-glish Junior, del Diario G annuale e dei fascicoli per Avvento e Quaresima); per la fascia dai 12 anni in su, l’offerta ingloba il mensile Super G, un’allettante raccolta di fumetti di vario genere che intende dialo-gare con gli adolescenti in modo creativo e intelligente.

Il mensile BenEssere (rivolto a coloro che sono interessati ai temi della salute,

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riletti in prospettiva cristiana), inoltre, con-tiene un’apposita ru-brica intitolata Noi e gli altri, capace di accogliere aspetti connessi ai legami fa-miliari e sociali. Non da ulti-me, ricordiamo le storie e le testimonianze raccontate dal settimanale Credere. Interes-sate a far conoscere la gioia della fede, si riferiscono, in una buona parte dei casi, a episodi e/o vicende riguardanti nuclei familiari o alcuni membri delle stesse.

Anche l’Area Libri del Gruppo San Paolo tiene in ampia considerazione il tema famiglia. Lo dimostra l’accuratezza delle collane e la pregnanza dei conte-nuti, sempre in linea con gli scenari so-ciali contemporanei e le indicazioni ma-gisteriali della Chiesa. Tra i progetti più noti e ricchi di titoli, spiccano le collane Progetto famiglia, Piccola enciclopedia della famiglia (diretta da Gilberto Gillini e Stefano Dell’Orto) e Famiglia duemila (curata dal Cisf). Sono nate per offrire una variegata panoramica sul ciclo di vita e sulle stagioni della famiglia, oltre che per affrontare le problematiche più importan-ti che interessano le coppie e i genitori.

Lo sfondo teori-co delle collane è multidisciplinare: si avvale dei contributi

dell’antropologia biblica, della teologia morale e sacramenta-le e dell’apporto delle scienze umane (sociologia, psicologia e pedagogia). In modo parti-colare, i numerosi volumi che compongono le collane han-no lo scopo di accompagnare i fidanzati, gli sposi e i geni-

tori (e, molto spesso, anche gli operato-ri) a cogliere l’avvicendarsi delle tappe evolutive di una famiglia, costellate da eventi normativi (attesi) e non normativi (inattesi e improvvisi). Vi sono alcuni testi che entrano nel vivo dei legami di coppia, puntando la lente sul senso del “noi”, sul progetto che Dio ha affidato a ogni uomo e donna nel matrimonio, sui conflitti, sulle strategie efficaci per entrare in rapporto e sui meccanismi comunicativi. Una par-te della produzione si concentra sul rap-porto genitori-figli, sulle sfide che ogni età comporta per gli adulti e i bambini e sull’emergenza di educare in modo re-sponsabile. Non sono trascurati i legami intergenerazionali e la dimensione della fede e del trascendente.

Negli ultimi anni si è accresciuta l’at-tenzione all’utilizzo corretto dei media,

valida ragione per realizzare progetti di sostegno destinati ai genitori attraver-so volumi agili e mirati, il cui obiettivo è quello di accompagnarli nella com-prensione e nell’impostazione di un uso regolare e sereno da parte dei propri figli. Noti e competenti gli autori coin-volti: dai coniugi Zattoni-Gillini a Enrico Solmi e Giorgio Campanini.

Più recenti e sintonizzate con il mondo in continua evoluzione, le collane Geni-tori, no problem!, e Alla scoperta della coppia. La prima (composta da 12 volu-

La FamigliaPaolina verso

il futuro

1

I primi cento anni di vita

N.1

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E inoltre:

ASSOCIAZIONEDON ZILLI ECISF: MISSIONENELLA STORIA

VIOLENZAIN FAMIGLIA

AFFETTIE SESSUALITÀTRA GLIADOLESCENTI

L’ITALIAE IL WELFAREIN DIFFICOLTÀ

SOS VILLAGGIDEI BAMBINI

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Nato negli anni Settanta del secolo scorso come centro culturale del settimanale Famiglia Cristiana, il Centro internazionale studi famiglia (Cisf) promuove la cultura della famiglia e l’approfondimento scienti-fico dei temi e problemi che la attraversano. Alla base della sua mis-sione vi è l’idea che la famiglia sia la risorsa primaria per la società, che resiste con determinazione nonostante il costante mutamento degli scenari storici contemporanei. Per portare avanti i suoi obiettivi di salvaguardia del sistema familiare, si avvale di più strumenti: primo tra tutti un Centro di documentazione informatizzato e specializzato sulla letteratura nazionale e internazionale sulla famiglia, composto da oltre 50mila riferi-menti, tra volumi e serie complete di riviste specializzate (con un’ottica multidisciplinare). Costituisce un punto di riferimento per quanti studiano la famiglia, siano essi operatori, professionisti e ricercatori, oggi accessibile a titolo gratuito, anche in remoto, con sistemi di ricerca on line sulla banca dati. In seconda battuta, il Cisf è noto a livello nazionale per la pubblicazione (a partire dal 1989) del Rapporto sulla famiglia in Italia a cadenza biennale, che rappresenta un impor-tante punto di riferimento per qualsiasi analisi sulla condizione delle famiglie nel Paese. Il rapporto è affidato a centri di ricerca specializzati e a esperti in varie discipline. Tra i suoi intenti, emerge quello di fotografare lo stato della famiglia in rapporto alla realtà in cui essa è immersa selezionando un campione statisticamente rappresentativo su cui condurre lo studio. L’ultimo rapporto (Le famiglie di fronte alle sfide dell’immigrazione, Erickson), pubblicato nel 2014 e sostenuto dalla collaborazione della Caritas italiana, è dedicato alla spinosa questione dei movimenti migratori.

Un centro studi e i suoi rapporti

metti) mette a tema e sviluppa le princi-pali domande dei genitori sulla crescita dei figli (Cosa succede quando arriva un fratellino?, Come mai non mi parla?, Per-ché si veste così?, Perché non fa i com-piti? etc): utilizza un linguaggio sensibile, coinvolgente e accattivante, e molteplici esempi concreti, tratti dalla vita quotidia-na e dall’esperienza degli autori.

La seconda collana (costruita su 5 volumi) nasce dalla constatazione della crisi della coppia nella società contem-poranea. Il suo obiettivo è osservare la vita a due, farne emergere gli aspetti di potenzialità, inquadrarla come snodo tra le generazioni, sostenerla e formarla alla relazione reciproca, non sminuendo le dif-ficoltà e, tanto meno, ignorando le risorse da valorizzare. Entrambi i progetti hanno

coinvolto autori nuovi, precettati tra liberi professionisti, esperti di processi forma-tivi e docenti universitari. Segnaliamo: Dolores Rollo, Margherita Lanz, Saverio Abbruzzese, Michele Aglieri, Alessandra Carenzio.

Per gli inizi di settembre, prenderà cor-po un progetto importante il cui intento è accompagnare il Sinodo ordinario della famiglia 2015. Sono in preparazione 12 vo-lumi che tratteranno gli aspetti peculiari emersi dal Sinodo straordinario del 2014. Tra essi: la prospettiva biblica e il magi-stero; gli aspetti giuridici del matrimonio; la bellezza del maschile e del femminile; le famiglie ferite, l’emergenza educativa; l’accoglienza della vita e l’immigrazione.

Tutti i media del Gruppo San Paolo, dunque, attivi per la famiglia! n

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Le linee editoriali delle Paolinedi Beatrice Salvioni, fsp

nulla scontato; non di rado le notizie e i modelli di famiglia che i media diffon-dono accentuano la fatica di questo im-pegno.

Da sempre i nostri Fondatori hanno indicato nella famiglia un ambito privile-giato che nel tempo ha assunto la carat-teristica di vere e proprie linee editoriali prioritarie, caratterizzate dall’impegno per uno stile pastorale ed esistenziale,

La 49a Giornata mondiale delle co-municazioni sociali ha per tema la famiglia, definita ambiente pri-

vilegiato per la crescita della persona nella gratuità; luogo di comunicazione dei valori che costruiscono gli individui e la società. Mai si è parlato tanto di fa-miglia come in questi ultimi anni e mai come adesso la famiglia sembra denun-ciare tutte le fatiche di un percorso per

Uno stile pastoraleed esistenziale

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che non sacrifica la scientificità, ma pre-dilige uno stile piano, concreto e, per-ché no, sereno!

Le edizioni Paoline multimediali uti-lizzano da sempre i diversi linguaggi della comunicazione per approfondire i temi più importanti: la formazione dei giovanissimi alla scoperta di sé e dell’a-more; il rapporto di coppia, il rapporto genitori-figli, l’incidenza dei media nel-la formazione delle giovani generazioni e la necessità di offrire a genitori ed educatori strumenti adeguati; a que-sti si sono aggiunti temi emergenti: la pedofilia e altre forme di violenza sui minori, l’omosessualità, la separazione, il divorzio, le convivenze e altre proble-matiche connesse.

In questa epoca di grandi e conti-nui cambiamenti sociali e culturali, la famiglia è chiamata a gestire situazioni inedite che richiedono saperi congrui per offrire chiavi di lettura e percorsi possibili.

Comunicare la famiglia, le sue risor-se, i suoi valori, le sue ambiguità, ma anche le sue positività è un servizio ur-gente per la persona e per la comunità civile ed ecclesiale, e permette di non lasciare che modelli stereotipati o ne-gativi inquinino la crescita di molte fa-miglie che hanno scelto la coerenza e l’impegno. n

Dalla Parola alla vitaLa famiglia parla al suo Signoredi Francesca Dossi

Il volume risponde all’urgenza di propor-re alle famiglie di oggi l’occasione di un momento di sosta per pregare insieme, leggere la Sacra Scrittura, riflettere sul dono della vita. La Parola di Dio è fatta per ciascun componente e per tutta la famiglia e ancora oggi può regalare parole illumi-nanti. Il testo propone alcune riflessioni seguendo i ritmi dell’anno: inizio o termi-ne dell’anno scolastico, Natale, primavera e via di seguito. Il linguaggio è semplice, alla portata di tutti. L’Autrice conosce per esperienza come la vita di famiglia, nel suo procedere abbia bisogno di soste per riflet-tere e far emergere il vissuto talvolta som-merso. Francesca Dossi, infatti, è sposata, ha 4 figli, è insegnante di Religione nelle scuole superiori. Insieme al marito Alfonso Colzani, è stata responsabile del Servizio per la famiglia della Diocesi di Milano.(Edizioni Paoline – € 5,00)

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Oltre le sbarreper questa 49ª Giornata mondiale del-le comunicazioni sociali mette in risalto che non esiste la «famiglia perfetta» e «non bisogna avere paura dell’imperfe-zione, della fragilità, nemmeno dei con-flitti»: dietro ad ogni persona in carce-re c’è una famiglia, e ciò ci sollecita a costruire nuovi rapporti, a costruire un nuovo tessuto umano.

Il carcere, pur non essendo un posto “normale” è comunque parte dei no-stri territori e ha bisogno di attenzione come ogni altro luogo dove si consuma

APalermo, Perugia, Verona, solo per citare alcune sedi, l’asso-ciazione Comunicazione e Cul-

tura Paoline Onlus, ha avviato alcuni progetti legati al mondo del carcere. Paoline Onlus, è nata come associazio-ne, proprio per contribuire alla crescita della persona che si trova anche in si-tuazione di disagio. È facile capire chi dà un pezzo di pane, un vestito, ma è più difficile capire chi cerca di aiutare a riscoprire la propria dignità, interiorità. Anche il messaggio di papa Francesco

Non avere paura dell’imperfezionedi Fernanda Di Monte, presidente dell’associazione “Comunicazione e Cultura Paoline Onlus”

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l’esistenza. Per questo a Perugia, Paoli-ne Onlus, ha organizzato presso il car-cere di Capanne, un ciclo di cineforum dal titolo: Sfide e rischi di un Incontro. Tre film: Salvatore questa è la vita, Il figlio dell’altra, Il solitario, che metto-no in evidenza, con sfumature diverse, l’importanza di un incontro e la scoper-ta che, insieme, la vita riacquista senso.

L’affermazione che “Non esistono ra-gazzi cattivi, delinquenti non si nasce, si diventa”, ha sollecitato Paoline Onlus di Palermo, a un progetto di educazione alla legalità nelle scuole, attraverso la-boratori di lettura e video produzione. In particolare partendo da un libro del-le edizioni Paoline intitolato Riscatto, di Melo Freni.

Nel romanzo si racconta di Gianni, un giovane siciliano, coinvolto, involon-tariamente, in una storia di violenza e di morte e che si ritrova a dovere scontare la pena dell’ergastolo. Durante gli anni della sua permanenza in carcere, pri-ma di ottenere la grazia dal presidente della Repubblica, Gianni, aiutato dalla benevolenza di vari personaggi (il su-periore delle guardie e sua moglie, il

cappellano, l’assistente sociale), matu-ra il desiderio di riscattare la sua vita. Libero dal carcere, si avvierà su un sentiero di riscatto morale e ancor più spirituale…

È importante far notare che diver-si progetti, spesso nascono dalla pro-duzione editoriale delle Paoline e della San Paolo che pubblicano libri di storie vere, legate “alle periferie esistenziali” di cui parla spesso papa Francesco. n

Sfide e rischi di un incontro

...novembre 2014

CiClo di Cineforum

Con alCuni ospiti della sezione

penale masChile della Casa

CirCondariale di Capanne

perugia

AccompAgnAno il percorso e conducono il dibAttito:dtt. alessandro BeCCarini delia di santolaura CastriCo (pAoline pg)

paolinenlusocomunicazione

e cultura

PERUGIA

MARZO 2015

L’associazione Comunicazione e Cultura Paoline Onlus, è un’organizzazione senza fine di lucro, nata il 22 aprile 2009 per promuovere la cresci-ta integrale della persona, attraverso attività di educazione e formazione nei settori della comu-nicazione e dei media, in una prospettiva solidale, aperta al dialogo, fedele al patrimonio di valori che caratterizza da sempre la storia delle Paoline.In questi primi anni di attività Paoline Onlus, ha realizzato campagne di sensibilizzazione sulla donna: FemminilMENTE, in collaborazione con la RAI; Laboratori sulla legalità e intercultura-lità nelle scuole, cineforum nelle carceri, convegni sulla tratta degli esseri umani, formazione alla comunicazione, attenzione alla problematica legata all’immigrazione. Grazie alle socie e ai soci, opera in Italia e all’estero, collaborando anche con altre associazioni.

L’associazione Comunicazione e Cultura

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Beato Angelo d’Acri e tante altre figure di santità.

Accanto a questi, grandi figure e te-stimoni di fede hanno illuminato la spiri-tualità della diocesi nel corso dei secoli: l’abate Gioacchino da Fiore, citato an-che nella Divina Commedia da Dante.

L’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, attualmente guidata dall’arcivescovo Salvatore Nunnari, presidente della Conferenza episcopale calabra (Cec), è una realtà attiva in diversi ambiti: dal-

L’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano nasce nel 1986 dall’incorpora-mento di due delle più antiche

diocesi della Calabria: quella di Cosenza e quella di Bisignano. La diocesi di Bisi-gnano fu eretta probabilmente tra il VII e l’VIII secolo, mentre quella di Cosenza risale intorno al V secolo.

Da sempre la diocesi è stata grembo di santità. Qui sono nati San Francesco di Paola, Sant’Umile da Bisignano, San Nicola Saggio, la Beata Elena Aiello, il

Il Festival della Comunicazione a Cosenzadi Angela Altomare, Debora Ruffolo, Fabio Mandato e Roberto De Cicco

Una pastorale attenta ai giovani e all’arte

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la pastorale familiare, con i week end formativi di spiritualità coniugale rivolti alle coppie e la pastorale giovanile, con le Giornate diocesane della gioventù alla pastorale delle comunicazioni so-ciali che si esprime nel forte impegno del settimanale d’informazione Parola di Vita. Questo si configura come un’espe-rienza viva che vede coinvolti in prima linea numerosi giovani.

Fondato nel 1925, 90 anni dopo è

diventato anche quotidiano online con il lancio del nuovo sito Internet www.paroladivita.org e del canale You Tube grazie alla sinergia con gli uffici e le strutture Cei e Fisc.

Sui giovani punta anche la pastorale del lavoro che grazie al Progetto Poli-coro, ha avviato segni concreti quali “Il Seminatore”, un’iniziativa di microcre-dito realizzato con la Banca di Credito Cooperativo Mediocrati e alcuni Comu-

L’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano si estende per una superficie di 2.537 km2, per una popola-zione di oltre 383.000 abitanti. Le parrocchie sul territorio diocesano sono 132, distribuite in 66 comuni e 7 foranie. L’estensione della diocesi le fa toccare zone diverse del territorio cosentino, come il mar Tirreno o le montagne della Sila o del Cocuzzo e fino all’area del Savuto, lambendo la provincia di Catanzaro. Dovunque, le fonti storiche attestano la fede e la devozione del popo-lo cristiano cosentino verso Dio, la Vergine e i santi e prova ne sono i diversi santuari presenti su tutto il territorio. A Paola, centro di spiritualità cosentino e calabrese, sorge il santuario di San Francesco, patrono dell’arcidiocesi e dell’intera Calabria, un luogo di pellegrinaggio e di pietà che ogni giorno registra la visita di migliaia di fedeli.Oltre alla basilica paolana, nell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano si contano 11 santuari de-dicati alla Madre di Gesù o alle figure di testimoni calabresi che nel corso dei secoli hanno espresso la propria santità illustrando la terra di Calabria. Sono 8 invece i santuari mariani, anch’essi ben distribuiti su tutto il vasto territorio diocesano.157 i sacerdoti diocesani, alcuni dei quali si sono formati nel nuovo seminario teologico cosentino “Redemptoris Custos” a Rende. Una presenza significativa in diocesi è quella del seminario “Redemptoris Mater” del Cammino neocatecumenale.Le religiose sono circa 300, i religiosi un centinaio, quasi tutti sono sacerdoti. Attivamente impegnati e integrati nella pastorale e negli uffici di Curia, costituiscono una presenza feconda per la Chiesa cosentina.Nel territorio dell’arcidiocesi è stato costituito anche il seminario maggiore eparchiale italo-greco-albanese soggetto all’autorità dell’eparca di Lungro ed è presente una parrocchia per-sonale per gli italo-albanesi di rito greco-bizantino.Accanto ai presbiteri e ai ministri istituiti, l’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano annovera realtà laicali e movimenti attivamente impegnati, segno di una vita diocesana a più voci, che tocca le diverse realtà del territorio, secondo il desiderio e l’insegnamento dell’arcivescovo metropolita, monsignor Salvatore Nunnari.L’importanza di Cosenza nel periodo dell’impero romano lascia supporre che essa sia stata evangelizzata fin dal primo secolo dopo Cristo. Tuttavia le notizie sui nomi dei suoi vescovi sono scarne e incerte e il primo nome documentato appare nel 598, con il vescovo Palumbo. Alcune recenti scoperte archeologiche sotto la cattedrale testimoniano la presenza cristiana sin dal IV secolo d.C. È stata infatti rinvenuta una vasca battesimale nel luogo ove oggi sorge l’attuale cattedrale riedificata nel 1222.

I numeri, la storia e il territorio

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ni della provincia. Obiettivo: contrasta-re la disoccupazione, una delle proble-matiche più sentite sul territorio e dare speranza a coloro che vogliono fare im-presa attraverso un fondo di rotazione.

Diverse anche le iniziative organizza-te nell’ambito della pastorale dei beni culturali e dell’arte sacra come il pro-getto “Chiese Aperte”, alla sua seconda edizione, che in partenariato con un’as-sociazione di volontariato ha l’obiettivo di formare un gruppo di volontari per la promozione dei beni culturali e l’acco-glienza essendo tutto il territorio molto ricco di cultura e arte.

Da pochi mesi, inoltre, sono stati inaugurati l’Archivio e il Museo dioce-sano. Nelle sale del Museo sono custo-dite alcune preziose opere d’arte, tra queste i gioielli donati dai devoti alla Vergine del Pilerio, patrona della città

di Cosenza, durante il corso dei secoli e alcune statuette lignee, ma anche le tele di Luca Giordano. È qui che è espo-sta la Stauroteca, il reliquiario a forma di croce che secondo la tradizione sa-rebbe stato donato alla città di Cosenza dall’imperatore Federico II in occasione della consacrazione della cattedrale, nel lontano 1222.

L’arcidiocesi conta 500 edifici religiosi tra chiese, monasteri, conventi, santuari e antiche abbazie. Tra questi segnalia-mo, il Santuario di San Francesco di Pao- la, l’Abbazia Florense a San Giovanni in Fiore, risalente al 1100 che insieme al monastero fu fondata dall’abate Gioac-chino da Fiore e l’Abbazia della Sambu-cina di Luzzi, il cui monastero, nel quale dimorò lo stesso Gioacchino, fu il primo a esser fondato in Italia dall’Ordine ci-stercense. n

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Il saluto di mons. NunnariCome Chiesa diocesana siamo ben lieti di accogliere il Festival della Comunicazione in terra calabra. Sarà un’occasione per coinvol-gere le nostre comunità e l’intero territorio aprendolo a una dimensione nazionale grazie a questa iniziativa pensata e voluta da Paolini e Paoline, giunta alla sua decima edizione. Per noi sarà anche l’occasione per vivere l’anni-versario dei 90 anni del nostro settimanale diocesano Parola di Vita, rinato grazie all’im-pegno di una redazione giovane. Alla luce del messaggio del Papa i media, sempre di più, sono quel continente nuovo dove con passio-ne annunciare la buona notizia del Vangelo e recuperare la centralità della famiglia come luogo di incontro privilegiato con Cristo e il Vangelo. Speriamo di poter accogliere anche tanti che parteciperanno alle giornate conclusive, i di-rettori delle testate e dei settimanali diocesani, in un momento in cui la piccola editoria soffre e non è sempre colta nella sua dimensione sociale, culturale e tipologica. I settimanali diocesani non sono infatti solo avamposti missionari nel nuovo continente della comunica-zione ma sono pagine reali di territorio, di vita dove tanta gente si ritrova nella sua storia, nella piccola cronaca, nelle iniziative che sembrano fare poco notizia.Per la nostra Chiesa sarà anche l’occasione per metterci in ascolto, per osservare la fami-glia e coglierne fatiche e speranze, gioie e sofferenze e ricollocarla nella sua meravigliosa dimensione di cellula della società e piccola chiesa.Papa Francesco, nel suo messaggio per la 49ª Giornata della comunicazione, ci ha ricordato che la Chiesa in atteggiamento sinodale sta facendo una approfondita riflessione sull’iden-tità della famiglia, sulle nuove sfide e le nuove prospettive “come luogo dove impariamo a comunicare” e luogo delle tante esperienze di vita e di fede. Essa è “grembo” – ha detto il Papa – nel quale si vive la quotidianità e la ferialità ed in essa si deve reimparare a raccontare. “In questo i potenti e preziosi mezzi della comunicazione” possono aiutare tanto le famiglie nelle loro dinamiche per essere “comunità comunicante” che sappia ac-compagnare, festeggiare e fruttificare.Maria, la regina della famiglia e la stella dell’evangelizzazione, ci sostenga in questa bella esperienza di Chiesa che vedrà protagoniste tante realtà ecclesiali e laiche e ci faccia co-gliere quanto è bello “far famiglia oggi” e soprattutto sentirsi famiglia anche come Chiesa che si apre al dialogo e all’incontro con l’altro.

✠ Salvatore Nunnariarcivescovo di Cosenza-Bisignano

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PROGRAMMAIl programma che qui presentiamo potrebbe essere soggetto a variazioni. Per maggiori informazioni scrivere a: [email protected] oppure consultare il sito www.festivaldellacomunicazione.org

VENERDÌ 1 MAGGIO – #Versoilfestivalore 18.00 Cosenza – Salone degli Stemmi, Palazzo arcivescovile/Museo diocesano

• Inaugurazione della mostra sui 90 anni del settimanale diocesano Parola di Vita e presentazione del Quaderno storico di PdV • Presentazione di Chiese Aperte (2ª edizione)

LUNEDÌ 4 – GIOVEDÌ 7 MAGGIO – #socialore 10.00 Libreria Paoline – Cosenza • Happy book con gli studenti

VENERDÌ 8 MAGGIO – #comunicazioneore 11.00 Cosenza – Salone degli Stemmi, Palazzo arcivescovile • Conferenza stampa di presentazione del Festival della Comunicazione 2015

SABATO 9 MAGGIO – #messaggioore 18.00 Cosenza – Salone degli Stemmi, Palazzo arcivescovile • Tavola rotonda inaugurale con l’Arcivescovo • Confronto sui temi del messaggio di papa Francesco a cura degli uffici pastorali • Visione del corto Playing domino

A Cosenza, dal 10 al 17 maggio 2015

Comunicare la famiglia

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DOMENICA 10 MAGGIO – #preghieraore 11.00 Mendicino (Cosenza) – Chiesa di Cristo Salvatore • Celebrazione dell’Eucaristiaore 18.30 San Giovanni in Fiore (Cosenza) • Rassegna delle Corali Parrocchiali presso l’Abbazia Florense

LUNEDÌ 11 MAGGIO – #testimonianzaore 17.00 Cosenza – Centro eucaristico diocesano per le famiglie • Momento di preghiera a cura dei religiosiore 18.00 Cosenza – Cinema parrocchiale di San Nicola • La presenza paolina a Cosenza. “Il Ricordo di don Giacomo Alberione”ore 19.00 Incontro: “Storie ed esperienze familiari: dalla famiglia con figli disabili alla famiglia allargata” ore 21.00 Proiezione Film Arcangela Filippelli, martire della purezza

MARTEDÌ 12 MAGGIO – #limitiore 11.00 Rende – BccMediocrati – Sala De Cardona • Comunicare la speranza. Progetto Policoro, una presenza al servizio del territorio da vent’anni ore 18.00 Università della Calabria – Rende • La famiglia compromessa. Incontro su “’Ndrangheta e famiglia”

MERCOLEDÌ 13 MAGGIO – #solidarietàore 10.30 Rogliano (Cosenza) • La famiglia incontra la sanità: culla della vita e della sofferenzaore 12.00 Ospedale civile di Rogliano • Collocazione di un segno mariano presso la struttura ospedalieraore 16.00 Cosenza • “Lo sport come esperienza di famiglia”. Giornata con la partecipazione di atleti noti del panorama italiano • In campo per la solidarietà. Quadrangolare di calcio e partita “Piccoli in campo” a cura del Csi Cosenzaore 21.00 Castrolibero (Cosenza) • Rosario multimediale presso la parrocchia Santa Famiglia

GIOVEDÌ 14 MAGGIO – #dialogoore 10.00 Rende – in Seminario • Incontro con il clero su: “La famiglia luogo privilegiato dell’annuncio cristiano”ore 17.00 Auditorium Giovanni Paolo II • Incontro con le diverse realtà ecclesiali: “Aspettando Philadelphia: verso l’VIII Meeting mondiale delle famiglie”

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VENERDÌ 15 MAGGIO – #formazioneore 10.00 Paola (Cosenza) • Visita guidata al santuario di San Francesco di Paola e alla mostra “Famiglia grembo di santità”ore 16.00 Seminario di formazione a cura della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), dell’Ordine dei giornalisti della Calabria e del Circolo della stampa di Cosenza.ore 22.00 Rende (Cosenza) • Come nasce un giornale: dalla redazione alla stampa con visita notturna in tipografia

SABATO 16 MAGGIO – #messaggioore 10.00 Cosenza • Sui passi di Alarico e di Federico II. Visita guidataore 17.00 l’Auditorium Guarasci • Convegno con i direttori delle testate nazionali e con gli esperti della comunicazioneore 21.00 Teatro comunale Alfonso Rendano • Gran galà ed evento musicale

DOMENICA 17 MAGGIO – #festivalore 11.00 Cosenza Cattedrale • Celebrazione dell’Eucaristia (con diretta Tv su Rai1)ore 17.00 Flash Mob per famiglie a cura di Acr e Agesciore 18.00 Stage di disegno per bambini e genitori all’insegna dell’arte e della creatività • Iniziativa “Il dado della pace” a cura dei Focolarini

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Il Festival della Comunicazione (10-17 maggio 2015) è promosso da:

Figlie di San Paolo • Società San Paolo • Diocesi di Cosenza-Bisignano

La Settimana della Comunicazione (10-17 maggio 2015)ha il patrocinio di:

Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali Pontificium Consilium de CulturaPontificia Universitas Lateranensis

Pontificia Universitas Sanctae CrucisLumsa – Libera Università Maria Santissima AssuntaUfficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali – CEIServizio Nazionale per il Progetto Culturale – CEI

Copercom – Coordinamento delle Associazioni per la ComunicazioneACEC – Associazione Cattolica Esercenti Cinema

MED – Associazione Italiana per l’educazione ai media e alla comunicazioneGruppo di Servizio per la Letteratura GiovanileFISC – Federazione italiana settimanali cattolici

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Si ringrazia

Media partner

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