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www.laltrasicilia.org 1 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007 « Chiù dugnu… chiù sugnu! Chiù dugnu… chiù sugnu! Chiù dugnu… chiù sugnu! Chiù dugnu… chiù sugnu! » Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n° 6 - 15/ 30 settembre 2007 Ed. Responsabile: Francesco Paolo Catania - Bvd. De Dixmude 40/bte 5 - (B) 1000 Bruxelles - Tel/Fax: 0032 2 2174831 - 0032 475810756 Favola che fa comprendere il mistero del denaro (Pagina 12 Editoriale Editoriale Editoriale Note di un'estate Note di un'estate Note di un'estate non più soltanto siciliana non più soltanto siciliana non più soltanto siciliana Pagina 2 Pagina 2 Pagina 2 A quando il voto A quando il voto A quando il voto dei Siciliani dei Siciliani dei Siciliani all’estero? all’estero? all’estero? Pagina 6 Pagina 6 Pagina 6 Le parole di Le parole di Le parole di Paolo Borsellino Paolo Borsellino Paolo Borsellino oggi oggi oggi Pagina 7 Pagina 7 Pagina 7 Siciliano ed italiano: Siciliano ed italiano: Siciliano ed italiano: quale dei due è il dialetto? quale dei due è il dialetto? quale dei due è il dialetto? Pagine 3 Pagine 3 Pagine 3 - 4 4 4 - 5 5 5

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S civola sulla pelle unta dall'ambra solare la nostra vacanza obbligata dal cuore in una stagione torrida, preda di violenze, di fuochi e di prevaricazioni istituzionalizzate.

Disordine afoso, incendi, piromani, violentatori, gommoni di disperati e politici in arroganza. Dopo la farsa del senatore che si fa accompagnare in ambulanza per partecipare ad una trasmissione televisiva e, scoperto, presenta le dimissioni e poi le ritira perchè sollecitato a gran voce dai suoi elettori... ( che ce ne citi uno solo, tanto più che, come tutti gli eletti, l'elezione la devono al posto in lista non alle preferenze degli elettori...); ♦ dopo il candidato leader Veltroni alle Maldive con famiglia,

perchè non si è nessuno se si frequentano le nostre spiagge; ♦ dopo la vergogna dell'acquisto con calmiere delle case di enti

derelitti da parte di tutta la classe politica, dai politici più blasonati alle ultime “new entry”;

♦ dopo la figuraccia di Lipari del ministro Mastella ospite nello yacht del calzolaio Della Valle che non puo' attraccare come semplice mortale nelle aree (poche in verità) riservate al pubblico, ma deve bloccare un molo del servizio dei pubblici traghetti, presidiati per di più dalla guardia di finanza e poi, dopo aver già cambiato posto per aver divelto una bitta da traghetto evidentemente troppo debole per il megayacht del calzolaio, nel bel mezzo della notte rischia di navigare verso casa grazie ad un improvvido cittadino che non ne puo' più delle prevaricazioni del potere e taglia gli ormeggi;

♦ dopo gli incontri di Telese che almeno servono a dimostrare chi sta veramente con chi, (vale a dire tutti per uno e uno per tutti),

♦ dopo i nostri Canadair mandati in Albania a spegnere gli incendi cosi' inusuali invece nei caldi paesi italiani;

♦ dopo la vergogna di una panda 4X4 e di un furgone con serbatoio di 400 litri, (Naso ore 17 del 22 agosto), uniche risorse della Protezione civile di Messina e della sua provincia, la più estesa del paese, per spegnere un incendio avviato non da autocombustione ma, come avviene purtroppo di regola, dalla mano di imbecilli, forestali delusi, pastori illusi e costruttori in cerca di spazi, cosa volete pensare delle autorità che dovrebbero intervenire o pianificare gli interventi ?

Questi politici che ci governano grazie ad un sistema elettorale che si sono costruiti su misura per blindare amici e parenti, che controllano i centri decisionali, che restringono le possibilità di un controllo esterno ai partiti, hanno chiuso il cerchio della rabbia del cittadino, e se forse hanno creato un sistema antidemocraticamente istituzionale, certamente hanno scavato un solco incolmabile tra classe politica eletta e la legittima rappresentanza che invece invoca la gente. A Duisburg entra in scena la «'ndrangheta»: la polizia tedesca è attonita, chiede lumi a quella italiana rincoglionita dagli eventi: ritorna l'equazione italiani/mafiosi, con buona pace di quei milioni di italiani in Germania che lavorano e con sofferenza si sono guadagnati il rispetto dei loro nuovi vicini. Ma come non indignarci e nello stesso tempo perchè indignarci se lo stesso Consiglio regionale della Calabria conta nel suo interno ben 33 indagati? ♦ Come definire il campione deficiente ( ma poi mica tanto!) che

evade il fisco? ♦ Come definire le 2000 persone che reclamano le mutande sotto

casa di Corona? ♦ Come difendere un governo che litiga su come dividere il

tesoretto e poi conta di tassare i risparmi con il 20 % di tassa sui BOT?

♦ Come definire un governatore (cosi’ ama farsi chiamare) importante come quello della Sicilia che passa l'estate p romet tendo aeropor t i , s t rade e imp ian t i d i desalinazione ovunque vada a schiticchiare?

♦ Come non indignarci se la Val di Noto, e la sua Cattedrale, diventeranno campi di prospezione petrolifera, grazie ad una concessione già ottenuta e miracolosamente bloccata da quasi due anni ?

La stessa Notte di San Lorenzo è evaporata nel fumo degli incendi, ed è stato impossibile seguire le stelle cadenti come disegnare desideri irrealizzabili. Il fuoco che ha bruciato migliaia di ettari insieme alle magie dell'estate. Sembra una metafora oggi la Sicilia: quella dei falo' e dei replicanti...

Eugenio PretaEugenio Preta

EDITORIALE

Note di un'estateNote di un'estateNote di un'estate non più soltanto siciliananon più soltanto siciliananon più soltanto siciliana

STORIA BREVESTORIA BREVESTORIA BREVE

U n vecchio arabo residente a Chicago da più o meno quarant'anni, vuole piantare delle patate nel suo giardino, ma arare la terra è diventato un lavoro troppo pesante per la sua veneranda età. Il suo unico figlio, Ahmed, sta studiando in

Francia. Il vecchio manda una e-mail a suo figlio, spiegandogli il problema: - Caro Ahmed, sono molto triste perché non posso piantare patate nel mio giardino quest'anno, sono troppo vecchio per arare la terra. Se tu fossi qui tutti i miei problemi sarebbero risolti. So che tu dissoderesti la terra e scaveresti per me. Ti voglio bene. Tuo padre. Il giorno dopo il vecchio riceve una e-mail di risposta da suo figlio: - Caro papà, per tutto l'oro del mondo non toccare la terra del giardino! Lì è dove ho nascosto ciò che tu sai... Ti voglio bene anch'io. Ahmed. Alle 4 del mattino seguente, a casa del vecchio arabo arrivano la polizia, gli agenti dell'FBI, della CIA, gli SWAT, i RANGERS, i MARINES, Silvester Stallone, Arnold Shwarzenegger ed i massimi esponenti del Pentagono, che rivoltano il giardino come un guanto, cercando antrace, materiale per costruire bombe o qualsiasi altra cosa pericolosa. Non avendo trovato nulla, se ne vanno con le pive nel sacco... Lo stesso giorno l'uomo riceve una e-mail da suo figlio: - Caro papà, sicuramente la terra adesso è pronta per piantare le patate. Questo è il meglio che ho potuto fare, date le circostanze. Ti voglio bene. Ahmed. ����

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“Al giorno d'oggi, in tempi – che si spera possano durare a lungo – di ricostruzioni del passato culturale prive di qualsiasi

pregiudizio o impulso di tipo romantico-nazionalista, il problema non si pone più”

(Storia della Letteratura Italiana diretta da Enrico Malato, Salerno Editrice srl)

IIII l problema delle origini della lingua e della letteratura italiana, nonché quello della classificazione del siciliano come lingua o come dialetto, sono avvolti in una specie di nube per districarsi

dalla quale si ricorre di solito a teorie che sembrano prese pari pari dalla cosmologia speculativa più ardita.

Secondo i luminari nostrani pare infatti che la lingua italiana (e la letteratura ad essa connessa) si sia formata a seguito dell'addensamento della nebulosa gassosa dei volgari regionali per merito della maestria toscana e grazie alla “piccola” spinta della scuola “siciliana”, con siciliana rigorosamente tra virgolette.

Il ruolo di guida dato dai “siciliani”, innegabile e noto da sempre, è rimasto però indigesto a molti centri di potere culturale tosco-padano che non sono riusciti a trafugarlo come hanno fatto con l'oro millenario delle nostre banche, ma che continuano a tenerlo in ostaggio. I tentativi di sabotaggio anche in questo caso sono stati parecchi, ma in fondo piuttosto maldestri, tanto che potrebbero aver ottenuto l'effetto opposto.

Dante Alighieri, nel De Vulgari Eloquentia, fu il primo a sostenere quella democratica ed improbabile teoria della koinè, secondo cui nell'italiano nessun volgare regionale prevarrebbe sugli altri. Egli comunque ammette che «in effetti questo volgare (il siciliano) sembra avocare a se una fama superiore agli altri, perchè tutto ciò che gli italiani fanno in poesia si può dire siciliano». A questo punto l'edizione dell'opera in mio possesso (Garzanti, 1991 con traduzione di Vittorio Coletti) inserisce una nota che recita così:

Alluderà alla fama del siciliano come lingua poetica; ma sarà anche legato al fatto che Dante (come mostrano gli esempi che

collega) leggeva i poeti siciliani in veste già toscanizzata. L'arrogante nota suggerisce che Dante teneva il siciliano in grande stima solo perchè non leggeva la versione originale delle poesie in questione, che se lo avesse fatto di certo non avrebbe potuto che deridere la rozzezza meridionale. Proprio su tale idea si basa uno dei tentativi più sudici di screditare la “Magna Curia”.

D'altronde, che le versioni giunte sino a noi di quelle poesie siano scritte in una lingua diversa dall'originale è certo. Quella che sembrerebbe la prova inconfutabile, è la versione originale di un'opera di Stefano Protonotaro, Pir meu cori alligrari, rintracciata nella cinquecentesca “Arte del rimare” di Giovanni Maria Barbieri:

La virtuti ch'ill'avi d'alcirim' e guariri,

a lingua dir nu l'ausu pir gran timanza c'aiu nu lli sdigni;

pirò precu suavi piatà chi mov'a giri e faza in lei ripausu

Guariri, sdigni, ripausu: non ci sono dubbi, questo è siciliano. Inoltre in tutte le poesie “toscanizzate” vi sono degli errori di rimatura che vengono risolti non appena al vocalismo toscano si sostituisca

quello siciliano.

A questo punto il problema dell'origine della letteratura e della lingua italiana si intreccia con quello della liceità o meno di classificare il siciliano come lingua o come dialetto.

Una delle critiche più plausibili verso la rivalutazione del siciliano a lingua riguarda proprio la mancanza di una letteratura siciliana in siciliano, di una organica sistemazione dell'idioma: la scoperta (forse non enfatizzata abbastanza) del sonetto sopra riportato dimostra il contrario, e cioè che esiste una letteratura “alta” in siciliano non modellata su esempi di importazione, ma che anzi ha mostrato la strada ai toscani per quella che sarà poi la “koinè” e la forma poetica di cui parla Dante (il sonetto fu invenzione di Jacopo da Lentini): la scuola poetica siciliana segna il passaggio del siciliano da dialetto popolare a lingua vera e propria.

Tutto ciò pone i rapporti tra italiano e siciliano sotto una luce totalmente diversa: non più nascita dell'italiano in Sicilia, ma nascita dell'italiano DAL siciliano, della letteratura italiana DALLA letteratura siciliana. A questo punto mi chiedo: come fa il siciliano (idioma rimasto pressoché immutato negli ultimi 800 anni) ad essere dialetto di una lingua che da esso deriva le sue forme espressive più pregnanti, la sua letteratura?

Ma si sa, in Italia è possibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, e così per la cultura ufficiale il siciliano rimane un dialetto e italiano e letteratura italiana sono nati in Toscana. Per ripetere una citazione di Sciascia che mi piace tanto, la Scuola Poetica Siciliana non sarebbe altro che “un sogno fatto in Sicilia”.

Un xciuri nel deserto di SiciliaUn xciuri nel deserto di SiciliaUn xciuri nel deserto di Sicilia

UUUU n problema che spesso si pone di fronte a chi “osserva” la Magna Curia federiciana nel suo complesso è dato da quell'apparente essere cresciuta sotto vuoto, in un

ambiente cioè che i libri di storia patria ci dipingono totalmente asettico. Una sorta di nascita miracolosa (per virtù dello spirito italico) in un deserto assoluto. D'altronde è così che il regno normanno viene fatto apparire all'improvviso sui libri di storia scolastici tra il XII ed il XIII secolo: un fiore nel deserto le cui spore sono poi volate lontano senza più germinare sull'isola, un deus ex machina necessario al corretto prosieguo della commedia.

Purtroppo però ci sono prove inconfutabili che l'isola, tra la fine dell'impero romano e l'arrivo dei normanni non cessò di esistere ma, invece di subire i disordini e gli stupri che sommergevano il resto dell'Europa nel medioevo, continuò a fiorire come sempre (ovviamente escludendo le parentesi romane...) prima nell'orbita bizantina e poi nella forma di un califfato.

Malgrado questo, i boriosi cattedratici tricolori, facendo finta di non sapere che a sud di Roma nel XIII secolo esisteva uno stato nazionale moderno, uno dei meglio organizzati d'Europa, capace di scambi continui con tutti gli altri regni dell'epoca a nord delle Alpi, continuano a sostenere che il linguaggio giullaresco francese, da cui poi la scuola poetica siciliana avrebbe attinto, poteva giungere a sud solo attraverso la “Lombardia”.

Facendo a gara, novelli Virgilio, per cercare di dare una nobile (Segue a pagina 4)

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(Segue da pagina 3)

origine padana all'idioma nel quale compongono i loro sproloqui, si scomodano fantomatici canzonieri occitanici che una dinastia veneta avrebbe donato a Federico II e da cui ne conseguirebbe che la Scuola Siciliana nasce, almeno idealmente, nel Veneto (A. Roncaglia, 1983 in Per il 750° anniversario della Scuola Poetica Siciliana): un po' come se il presidente della Repubblica Italiana volesse donare un'edizione tascabile della bibbia alle biblioteche vaticane sostenendo poi l'origine partenopea del cristianesimo. Almeno idealmente.

Il fatto che quasi tutto quello che viene di solito propagandato come quintessenza dell'italianità, dalla pasta, al caffè, sino alle sequenze di Fibonacci (tanto per passare all'ambito scientifico) sia nato nel califfato (indipendente) della Sicilia islamica (e non araba, che i siciliani sempre siciliani erano) non consiglia loro prudenza! Come d'altronde la malcelata presenza di una importantissima scuola poetica di etnia araba in Sicilia non suggerisce a nessuno che un deserto vero e proprio quest'isola non doveva essere, nemmeno dal punto di vista letterario (si veda a tal proposito la Biblioteca Arabo-Sicula di M. Amari).

Un codice francese databile al secolo XI conserva i versi di un poemetto, in hoc anni circulo, che si apre con queste righe:

Mei amic e mei fiel laisat estar lo gazel! Aprendet u so noel de virgine Maria

Lasciate perdere il gazel: gazel è un termine arabo che indica un componimento erotico tipico della lirica classica araba. Questo viene a dire due cose (cito dalle storie patrie di letteratura): che la lirica araba spagnola era conosciuta in Francia e che, vista la somiglianza metrica tra il poemetto francese e le liriche arabe, forse queste ultime hanno anche influenzato la nascita della poesia “trobadorica” (da cui proverrebbe il fantomatico canzoniere veneto).

Guarda caso, in Sicilia il sostrato lirico arabo era presente in loco: non doveva arrivare da oltre i Pirenei come per la Francia. Quello che più colpisce in tutta questa storia è che la prosopopea di regime non ammette neanche lontanamente la possibilità di una origine totalmente autoctona (siciliana cioè) del sonetto: per assicurarsi nobili ascendenti meglio dare il merito ai francesi che ai terroni. Anche se poi, da Garibaldi in poi, sostengono di considerarci compatrioti.

Dialetto siciliano o linguaggio Dialetto siciliano o linguaggio Dialetto siciliano o linguaggio politico italiano?politico italiano?politico italiano?

NNNN el XIII secolo le liriche della Scuola Poetica di Federico II ci offrono un siciliano già abbastanza sviluppato da poter fornire la base per la nascita della forma letteraria più

raffinata di tutto il Mediterraneo sin dalla caduta dell'impero romano (parlare di Europa per quel periodo non avrebbe senso): il sonetto. Ciò pone un problema di non secondario rilievo riguardo all'origine stessa del siciliano, dai toscani considerato un volgare. Bisogna innanzitutto osservare (per rendersi conto di quanto angusto fosse l'orizzonte culturale dei tanto decantati comuni italiani) come Dante non riusciva nemmeno a capire che i sonetti siciliani da lui letti non erano quelli composti da Jacopo e dagli altri aedi facenti parte della Magna Curia, e che quindi la sua idea di “siciliano” fosse fortemente alterata.

Di più, nella Toscana del XIII secolo la lingua comune era diventata il latino da circa 1500 anni, mentre nella Sicilia “liberata” dai normanni esso era una lingua minoritaria, surclassata da arabo e greco per diffusione. E nemmeno si può credere che quella islamica sia stata solo una parentesi, poiché vi sono forti indizi a suggerire che anche la Sicilia imperiale parlasse greco (e secondo Apuleio anche fenicio, particolare questo di notevole interesse come vedremo tra poco) ed usasse il latino solo nell'ufficialità e per comunicare con i “padroni” romani, incentivi questi venuti meno alla caduta dell'impero ed al passaggio nell'orbita bizantina.

A dare sostegno alla tesi dell'immutato utilizzo del greco durante il buio periodo seguito alle guerre puniche vi è una importante traccia: in un ampia fascia della provincia di Reggio Calabria, la cosiddetta area grecanica, si parla ancora il greco dei coloni che fondarono la civiltà della Magna Grecia. Oggi ovviamente si tratta di una eccezione, ma non sarebbe scandaloso pensare che nella Calabria come nella Sicilia (e forse anche nella Puglia meridionale: le tre aree dove oggi si parla siciliano) del XIII secolo ciò fosse normale.

E potremmo spingerci ancora più indietro nel tempo, facendo notare, ad esempio, la strana assonanza tra il nome dato dai greci al vulcano (Aitna, vocabolo dalle origini forse fenicie) e il nome siciliano della protettrice di Catania i cui atti miracolosi più importanti sono legati proprio alle ire di fuoco del monte, e cioè Sant'Aita: è Aita storpiatura del greco Agathos, o piuttosto è Agathos la versione greco-bizantina del culto del dio fenicio Aton?

Andare oltre nei nostri ragionamenti in questa sede sarebbe pretestuoso, che non abbiamo i mezzi per scavare in profondità nella materia. D'altronde chiunque esplorasse la possibilità che il siciliano del 1200 non sia stato un volgare, implicitamente ammetterebbe il suo status di lingua. E' interessante però chiedersi il perchè tali idee siano bocciate a priori dai cattedratici, i quali non si degnano neanche di discuterle dal punto di vista scientifico limitandosi a mostrare la stessa sdegnata noncuranza con cui di solito accantonano maghe e “mavari”.

La diatriba tra siciliano lingua e siciliano dialetto è in realtà inesistente, poiché per la comunità scientifica internazionale il siciliano è una lingua a tutti gli effetti (essendo riconosciuta come tale anche nella classificazione ISO con il codice scn), che gode addirittura di buona salute . Ma allora il problema sorge solo per italica ignoranza? E no. Aggrapparsi all'ignoranza sarebbe voler essere magnanimi con i colpevoli, e noi non lo saremo.

Esiste una eccezionale raccolta di articoli che può far luce sull'argomento: essa è stata pubblicata con il titolo “La fiera del Nigrò” da Sellerio e mette insieme gli scritti sul siciliano di Salvatore C. Trovato, professore di linguistica all'Università di Catania (si noti come sia l'autore che la casa editrice siano siciliani...). L'autore ci porta per mano attraverso la Sicilia linguistica schiudendo davanti ai nostri occhi i segreti di modi di dire e di vocaboli che inglobano millenni di stratificazioni. Scopriamo ad esempio (ed è un particolare importante) che un elevato numero di parole a radice latina esistenti nel siciliano non provengono direttamente dal latino ma dalle lingue romanze (francese, spagnolo, italiano). In questi cammei egli si dimostra oltremodo competente trasudando dal suo indagare un amore per la materia certamente fuori del comune. Dove però troviamo qualcosa di stonato non è tanto nel suo posizionarsi tra i sostenitori della teoria del dialetto, ma nella veemenza con la quale sembra proporci la sua tesi.

(Segue a pagina 5)

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A Nostra LinguaA Nostra LinguaA Nostra Lingua

Danti e a lingua sicilianaDanti e a lingua sicilianaDanti e a lingua siciliana

di Joe Frederick Privitera Traduzioni di Gaetano Cipolla

L ’annu scorsu a casa editrici Legas pubblicau u me studiu Sicilian: the Oldest Romance Language unni cugghìu provi ca u sicilianu apparsi cincu seculi prima di l’autri lingui rumanzi cioè u francisi, portughisi, spagnolu e talianu. Ma non

sulu fu u sicilianu a prima lingua romanza, iddu fu puru a prima lingua digna di essiri usata in puisia. Chistu lu dici u Patri dâ lingua taliana Danti Alighieri. E’ intirissanti nutari chiddu ca Danti dissi supra u sicilianu ntô so trattatu De vulgari eloquentia (ca 1302-1305). Citu stu branu picchí indica chiaramenti ca a puisia taliana fu prima scritta dî Siciliani:

“Tra ddi vulgari passati ô sitacciu (pi modu di diri) facennu paraguni tra chiddi ca ristarunu ntô sitacciu vulemu scegliri brevimenti u chiù onurevuli tra d’iddi. E primeramenti esaminamu lu geniu supra u sicilianu datu ca pari ca u vulgari sicilianu divintau cchiù famusu di l’autri tantu ca tutti i puisii ca sunnu scritti di l’italiani s’hannu a cunsiddirari scritti in sicilianu, comu nta ddi canzuni ca cumincianu cu “Anchor che l’aigua per lo focu lassi” e “Amor che lungiamenti m’hai menatu.” (di Guido delle Colonne, unu dî pueti chiù canusciuti dû gruppu canusciutu come “a Scola Siciliana”). Ma sta fama dâ terra di Sicilia si l’esaminamu currettamenti ristau sulu pi la vrigogna dî principi taliani picchí iddi non vivunu in manera eroica ma in manera barbarica assicutannu la superbia. Ma ddi illustri eroi Federicu Cesari e u so ben nasciutu figghiu Manfredi, dimustrannu a nobiltati e a drittizza dâ so forma, mentri ca a furtuna li accumpagnava, vissiru siguennu i cosi umani e sdignannu i cosi bestiali. E u pirchí di chissu era ca si sfurzarunu di aderiri a la maistati di principi accussì granni e fu accussì ca a ddu tempu tuttu chiddu ca li eccellenti Taliani cumpunevanu nisceva nta la curti di stu granni re. E datu ca u seggiu riali so era ntâ Sicilia, addivenni ca tuttu chiddu ca i nostri pridicissuri scrissiru in vulgari si chiama sicilianu. E chistu è chiddu ca pinsamu puru niautri e i posteri ca venunu doppu di niuatri non ponnu cangiarlu….Ora dicemu ca si vulemu pigghiari u vulgari sicilianu cioè si duvemu giudicari di chiddu ca nesci dâ bucca di midiocri paisani, allura avemu a conchiudiri ca iddu non è dignu di essiri misu avanti a l’autri, picchí havi assai ca non si pronunzianu versi comu a chistu “tragemi d’este focora se t’este a boluntate”. Ma si non vulemu pigghiari chistu ma chiddu chi nesci dâ bucca di Siciliani principali, comu chiddu nta li canzuni minziunati prima, si pò vidiri comu non è in nenti differenti di chiddu ca niautri cunsiddiramu laudibilissimu, comu emu ora a dimustrari cassutta.”

(Dante, De Vulgari Eloquentia, edited and translated by Steve Botterill, Cambridge University Press,1996, p.29)

Ntô paragrafu ca segui, Danti sâ pigghia cû vulgari tuscanu dicennu ca iddi sunu nsinsati e arruganti attribuennu ô toscanu u titulu di vulgari illustri.Iddu cunnanna tutti i vulgari parrati ntê città dâ Toscana cunsiddirannu pero’ ca ci sunnu certi pueti ca usanu un linguaggiu cchiù dignu comu a Lapo Gianni e Cinu di Pistoia. Infini conchiudi ca a lingua ca iddu cerca comu u vulgari illustri dignu di essiri usatu pi scriviri puisia non esisti ntâ Toscana. E’ importanti sapiri sti cosi cunsiddirannu chiddu ca si dici dû nostru sicilianu. E’ importanti ca Danti, e puru Petrarca dopu di iddu, appiru palori di lodi pû sicilianu. A raggiuni pi cui u sicilianu cissau di essiri usatu comu lingua nta tutta l’Ialia fu na raggiuni politica. L’impurtanza dû sicilianu dicadìu dopu a morti di Federicu II ntô 1250 e dî so figghi Manfredi e Curradu l’urtimu ntô 1266. Siguennu sta linea di raggiunamentu si putissi pinsari ca si a putenza dû partitu ghibellinu, cioè chiddi a favuri di l’impiraturi, non avissiru persu a guerra contru i forzi alliati dû papa e di Carru d’Angiò, cu sapi comu eva a finiri dû puntu di vista linguisticu. Unu putissi pinsari, siguennu stu raggiunamentu, ca si Federicu II e u so partitu non avissiru statu distrutti oggi in Italia forsi a genti parrassi talianu cu l’accentu sicilianu. Nta nautra parti dû libru De vulgari eloquentia, Danti minziona di passaggiu u sunettu ca divintau a forma puetica principali (a parti a Divina Cummedia unni usa a terza rima) di iddu e di l’autri pueti toscani inclusu Petrarca. Danti certamenti sapeva ca u sunettu fu usatu pâ prima vota dâ Scola Siciliana a Palermu e ca fu ‘nvintatu a curti di Federicu. Cu sapi picchí non ci desi creditu ê Siciliani pi st’autru primatu. Forsi pi orgogliu riggiunali? Io mû dumannu! �

Quando questi articoli apparivano saltuariamente su riviste dalla periodicità dilatata la cosa forse non saltava all'occhio, ma ora che vengono riproposti tutti assieme l'insistenza del professore riguardo alla cosa diventa ossessiva, quasi tentasse di inculcarci una qualche ideologia. Si va dal fantasioso uso della definizione di “dialetto regionale” (inapplicabile per un idioma dalla diffusione tanto vasta quanto quella del siciliano, parlato anche in Calabria ed in Puglia) sino allo scomposto sbeffeggiamento del famoso studioso Giovanni Ragusa (“un insegnante di Modica...”) colpevole di aver proposto la tesi di una origine diversa dalla neo-latina per la lingua siciliana.

E' tanto preso il nostro da questa rabbia inquisitiva da non accorgersi, nel corso degli anni attraverso i quali scrive i suoi articoli, di aver fatto due errori clamorosi, i quali in fondo spiegano tutto quello che c'è da spiegare sulla storia ufficiale della cultura italiana. Il primo è una strana omissione comune a tutti coloro i quali discettano in termini simili ai suoi di siciliano: costoro partono dal presupposto che il siciliano non sia una lingua senza sentire il bisogno di dirci come mai siano giunti a tale conclusione. Nella Fiera del Nigrò codesta conclusione viene urlata, gli oppositori repressi, la semplice pretesa derisa senza alcuna giustificazione. In base a quali dati incontrovertibili il siciliano dovrebbe essere classificato come dialetto? Quale sarebbe la definizione di lingua e quale quella di dialetto? Diteci cosa sfugge a noi comuni mortali, così potremo metterci il cuore in pace con questa stupidata della “nazione siciliana”. Niente: omertà assoluta!

Il secondo è poi la spiegazione del primo: al capitolo XXXVII la koinè siciliana viene sbrigativamente definita un miraggio. La motivazione dietro questo accanimento non ha nulla di scientifico, ed infatti lo studioso candidamente (ed incredibilmente) ammette che «Nè va sottaciuto il fatto che il concetto di koinè si trascina dietro il pregiudizio che il dialetto regionale sia una lingua e non un dialetto. Conseguenza innocua, se dietro al concetto di lingua non stia spesso (o non sia stato) quello di nazione».

Commentare sarebbe superfluo. Tranne che per sottolineare sino a che livello possa essere lottizzata la cultura siciliana “ufficiale”.

E pensare che credevamo di essere capitati dal lato giusto del muro di Berlino. Ma sarà poi mai esistito questo “lato giusto”?

Il consiglio dell’Abate Vella http://ilconsiglio.blogspot.com

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6666 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

D a tempo, da quando nel lontano 1998, lanciammo insieme

all’Unione Siciliana Svizzera una campagna per il voto dei Siciliani all’estero, nessuno, ma proprio nessuno, dei nostri cosidetti politicanti ha v o l u t o p r e n d e r e i n considerazione questa nostra

proposta a favore della numerosa comunità siciliana che vive e lavora all’estero. Ricordiamo a tutti l’importanza della richiesta che questa nostra comunità rivolge alla patria lontana, ma ricordiamo pure che questa patria lontana si cura così poco dei suoi figli, ... La tematica del voto dei siciliani all’estero che ieri L’Altra Sicilia, associazione al servizio della Sicilia e dei Siciliani, ed oggi L'Altra Sicilia-Antudo, il movimento politico dei Siciliani "al di qua e al di là del Faro", porta avanti non è stata minimamente affrontata da alcun partito forse perché non esiste un vero partito siciliano in quanto i partiti presenti in Sicilia rappresentano le rispettive segreterie romane dove si decide tutto. Purtroppo, ancora una volta, scende l’oblio su quel diritto negato, nonostante le comunità all’estero abbiano dimostrato di essere determinanti nell’assegnazione dei seggi. Citiamo, ad esempio, il caso di un eletto CCD, oggi leader di un movimento cosidetto a u t o n o m i s t a , c h e s i guadagnò il seggio di Strasburgo, alle ultime elezioni europee, con i voti determinanti della comunità sic i l iana a l l ’estero, e continuiamo a chiederci: "forse proprio in questo si puo’ identificare la scarsa

considerazione in cui sono tenuti i siciliani all’estero dalla classe politica che ancora non permette alla nostra comunita’ di scegliere nel suo ambito i propri rappresentanti?" Quei voti sarebbero certamente andati al candidato della circoscrizione estera se soltanto questa fosse esistita. L’Altra Sicilia-Antudo torna a chiedere alla classe politica di ripensare al concetto di rappresentanza che deve avere oggi, come punto di riferimento, l’intero corpo sociale nazionale, quello residente in patria e quello che fuori dei suoi confini opera e vive. Per questa ragione, i Siciliani che vivono all’estero, devono poter essere coinvolti nella massima partecipazione politica che si esprime con l’esercizio del voto di candidati residenti all’estero e votati in una circoscrizione estero. Se la classe politica siciliana avrà capito ciò, la comunità residente all’estero potrà riacquistare quella dignità e quell’ orgoglio di appartenenza finora ostacolati sia dalle ovvie difficoltà di poter ritornare in patria in occasione degli appuntamenti elettorali, sia soprattutto dal disinteresse causato dal fatto di dover votare qualcuno che non si conosce e che non conosce i bisogni e le esigenze di chi deve rappresentare. L’Altra Sicilia-Antudo invita pertanto l’Assemblea regionale siciliana a mettere in opera urgentemente tutti gli strumenti legislativi per istituire le circoscrizioni estere e concedere all’altra sicilia l’esercizio di quel diritto di voto, cosi’ lungamente negato che moralmente le spetta. Se poi i responsabili del governo regionale non arrivassero a questo grado di maturità, allora non avrebbero più alcun titolo per affermare di essere i maggiori responsabili di una Regione a Statuto Speciale, proprio perchè altre Regioni hanno dimostrato di aver saputo utilizzare al meglio il loro semplice statuto ordinario.

L’ALTRA SICILIA - Antudo

A quando il voto dei Siciliani all’estero?A quando il voto dei Siciliani all’estero?A quando il voto dei Siciliani all’estero?

Raffaele Lombardo

I nostri sacri simboli:

la TRINACRIA e l'AQUILA DI SICILIA;

i nostri sacri colori:

il GIALLO e il ROSSO del VESPRO

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7777 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

Le parole di Paolo Borsellino oggi

"L' equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico

è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del

genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati."

26/01/1989 - Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa

Lezione di Paolo Borsellino tre anni prima di saltare per aria

“Quando i “ politici” dicono che nel Sud lo Stato è assente, sanno benissimo di mentire, in quanto esso è presente appunto nei panni delle stesse cosche mafiose. Tale coincidenza è spiegata dal fatto che lo Stato non fa nulla di decisivo per combattere la criminalità organizzata. Lo Stato - eccettuati naturalmente alcuni

suoi singoli esponenti o organismi - non solo è complice di questa criminalità, ma ha addirittura delegato ad essa molte sue funzioni. In un territorio ove la criminalità domina incontrastata, le funzioni dello Stato o non

esistono (ovvero sono ridotte al minimo) oppure sono quelle stesse della mafia (...)”

«LA MA«LA MA«LA MAFIA NON È LA VERGOGNA DELLA SICILIA, FIA NON È LA VERGOGNA DELLA SICILIA, FIA NON È LA VERGOGNA DELLA SICILIA,

MA DEL GOVERNO CHE LA MANTIENE...»MA DEL GOVERNO CHE LA MANTIENE...»MA DEL GOVERNO CHE LA MANTIENE...»

Giuseppe de Felice Giuseppe de Felice Giuseppe de Felice (23 novembre 1899)

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8888 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

TURI LIMATURI LIMATURI LIMA

V ero nome Venero Maccarrone, nato a Catenanuova il 18/08/1925, e morto a Catania il

10/12/1996. Poeta civile sicilianista, catanese d'adozione. Ha lottato tutta la vita, con dibattiti, conferenze ed infine con la poesia, per dare alla Sicilia una maggiore autonomia politica e ai Siciliani un concetto più alto della loro storia. Nel 1970 insieme allo storiografo avv. Natale Turco ed altri, fonda il " Centro Studi Storico Sociali Siciliani ", ricoprendo la carica di Segretario Generale sino alla sua morte avvenuta nel dicembre del 1996. Nel 1978 ha fondato con altri l'emittente radiofonica " R. T. Trinacria " poi denominata Antenna Trinacria, che ha come preciso programma, quello di far conoscere la Sicilia ai siciliani, nel campo della cultura e della poesia in perticolare. Nel biennio 1982-1983 ha ottenuto quindici primi premi in concorsi letterari di grande importanza. Turi lima ha pubblicato due raccolte di poesie siciliane: "Ju peddi scura" e "Fora".

SuliSuliSuli

Suli, ca supra st'isula sfruttata di centu razzi, tu passi vasciu cu li raggi ardenti e nfochi petri e ciumi e duni vita a mennuli e frumentu;

c'abbruci li ramigni e li ristucci e la nivi ti porti nfinu a mari;

suli, ca fai sbucciari li zagari d'aranci e di lumei,

e di spiranza tingi lu celu cilistrinu;

suli, c'alluminasti lu caminu di lu granni Duceziu e di li Vespri;

suli, c'ha' vistu nasciri pueti, scienti e analfabeti,

c'ha vistu curaggiusi e tradituri c'hannu fattu la storia

di sta terra azziccata nta lu mari; suli ca po' parrari

ppi diri li turmenti e li duluri e la putenti carrica d'amuri

ca ci avi la me genti ca sapi stari povera e cuntenti;

tu ca nascisti cu la terra mia, fermati 'n-celu ppi tri jorna sani e nfocacci lu sangu ntra li vini

a lu populu miu, ch'è nta li spini.

dacci curaggiu e forza, e jinculu di luci nta la menti,

pi truvari la strata, tuttu unitu, pi conquistari paci e libirtà.

� � �

L’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAPOESIA No al declassamento della No al declassamento della No al declassamento della Sicilia e dei suoi aeroportiSicilia e dei suoi aeroportiSicilia e dei suoi aeroporti

E' davvero l'ennesima (e a dir il vero per nulla necessaria) comprova della pervicace volontà del Governo Prodi di

isolare, de facto, la Sicilia e i Siciliani.

Ci riferiamo al Disegno di Legge delega predisposto dal Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi che intenderebbe riclassificare nell'ambito del nuovo Piano di Trasporto Aereo, gli Aeroporti Siciliani privandoli,in concreto, dei voli low cost.

Si tratterebbe di un salto indietro nel tempo e che avrebbe l'unico, evidente scopo di ricacciare i Siciliani e la loro economia ai margini di qualsivoglia processo di rinascita o rilancio.

Una simile ipotesi si spiega solo con il tentativo surrettizio di ridare in una sorta di "monopolio" le rotta da e per la Sicilia alla macilenta ex compagnia di bandiera, Alitalia.

Per Focus Trinakria, sodalizio culturale e THINK TANK dell'indipendentismo siciliano progressista, pacifista e democratico, si tratta di un gravissimo attacco alla Sicilia e ai Siciliani.

E' il momento di contrapporre a questa ipotesi la mobilitazione degli uomini e delle donne di Sicilia,che già stanno assistendo, preoccupati ed offesi, in questi mesi, al progressivo disimpegno, di fatto, delle Ferrovie dalla Sicilia.

E' chia ro i l tenta t ivo in a t to : ISOLARE ECONOMICAMENTE E CULTURALMENTE LA SICILIA. Si tratta di una evidente follia politica e di una pacchiana sottovalutazione del ruolo della Sicilia nel Mediterraneo.

Focus Trinakria protesta e continuerà ad opporsi democraticamente perché quest'ennesima offesa ai diritti e all'intelligenza dei Siciliani non riesca!

Palermo, 27 agosto 2007

FOCUS TRINAKRIA

pri la kultura siciliana 'nto munnu

«« L’ISOLAL’ISOLA »»

la voglia di scoprirela voglia di scoprire

L’ALTRA SICILIAL’ALTRA SICILIA

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9999 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

Acireale (CT) - Piazza Duomo

Lampedusa – Isola dei Conigli

Vieni in Sicilia...Vieni in Sicilia...Vieni in Sicilia...

Trapani, veduta panoramica con le Isole Egadi, foto Arturo Safina - fonte APT Trapani

...te ne...te ne...te ne

innamorerai !innamorerai !innamorerai !

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10101010 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

MALARAZZA

Dedico il testo della canzone "Malarazza" a tutti quei siciliani che si lamentano, ma all'atto di

prendere iniziativa, dicono "tengo famiglia" o "loro hanno il cortello dalla parte del manico", quelli

che delegano sempre gli altri, ecc.

Un servu tempu fa d'intra na piazza Prigava a Cristu in cruci e ci dicia Cristu lu mi padroni mi strapazza Mi tratta comu un cani pi la via

Si pigghia tuttu cu la sua manazza Mancu la vita mia dici che è mia Distruggila Gesù sta malarazza Distruggila Gesù fallu pi mmia

Tu ti lamenti ma che ti lamenti, pigghia nu bastoni e tira fora li renti

E Cristu m'arrispunni dalla cruci Forsi si so spizzati li to vrazza Cu voli la giustizia si la fazza

Nisciuni ormai chiù la farà pi ttia

Si tu si un uomo e nun si testa pazza Ascolta beni sta sentenzia mia

Ca iu 'nchiodatu in cruci nun saria S'avissi fattu ciò ca dicu a ttia

Ca iù 'inchiadatu in cruci nun saria

Tu ti lamenti ma che ti lamenti, pigghia nu bastoni e tira fora li renti

Se na stu munnu ce la malarazza... cu voli la giustizia si la fazza...

Marcello RussoMarcello RussoMarcello RussoMarcello Russo

Lettere in libertà...Lettere in libertà...Lettere in libertà...Lettere in libertà...

Page Page Page Page 10101010

“ Le autorità siciliane spendono miliardi per fare conoscere i nostri prodotti all’estero

dimenticando che le comunità siciliane all’estero conoscono i

prodotti tipici siciliani, li cercano, li trovano, li mangiano, li amano.

Questi prodotti rappresentano uno dei ricordi più potenti, insieme al paesaggio di Sicilia, che le nostre comunità si sono lasciate dietro le

spalle con nostalgia.

COMPRA SICILIANO !COMPRA SICILIANO !COMPRA SICILIANO !

ACCATTA SICILIANU !ACCATTA SICILIANU !ACCATTA SICILIANU !

L’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLA Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana

Editore: L’ALTRA SICILIA Bvd.de Dixmude 40/bte 5 - (B) 1000 Bruxelles

Direttore responsabile

Francesco Paolo Catania

0032 (0) 475 8107560032 (0) 475 8107560032 (0) 475 810756 [email protected]@[email protected]

Aforismi

di Ezra Pound

Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non

valgono nulla o è lui che non vale nulla

� � �

Gli indifferenti non hanno mai fatto la storia, non hanno mai neanche capito la storia.

� � �

Lo schiavo è quello che aspetta qualcuno a liberarlo

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11111111 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

PIERO CARBONEPIERO CARBONEPIERO CARBONE, Il giardino della discordia , Il giardino della discordia , Il giardino della discordia --- Racalmuto nella Racalmuto nella Racalmuto nella Sicilia dei WhitakerSicilia dei WhitakerSicilia dei Whitaker Presentazione di Rosario Lentini, 2006, f.to 17 - 24 cm, 8 °, pp. 176, €uro 18,00

Piero Carbone è nato nel 1958 a Racalmuto in provincia di Agrigento. Vive a Palermo dove insegna nelle scuole pubbliche. Tra il 1985 e il 1987 ha ideato e realizzato Zmaragdos e Nivuretta, due spettacoli di cultura etnografica. Ha curato una serie di mostre di artisti siciliani e suoi testi figurano in numerose edizioni d’arte. Collabora saltuariamente con giornali e riviste. Nel 1996 a Pierrefeu du Var, in Provenza, è stata realizzata la mostra fotografica Lune

sicilienne, ispirata al suo libro di poesie La

luna. Nell’ambito del “Festival Italia 1997” ha tenuto a Stuttgart un recital di brani tratti dalle sue opere. Nel gennaio del 2002 è stato rappresentato il suo dramma in versi Dialogo nel bosco nello spazio teatrale della Libreria Tikkun a Milano. Il libro trae spunto dall’eccezionale ritrovamento di alcune carte d’archivio il cui racconto fa parte integrante del libro stesso. Venuto a sapere casualmente che alcune carte storiche, provenienti probabilmente da un’antica abitazione racalmutese, erano state buttate in una discarica, l'autore, corso a raccoglierle, tra i vari documenti si è imbattuto nella corrispondenza della “Ingham & Whitaker” di Palermo indirizzata al notaio loro procuratore. La prima lettera era del 1877, l’ultima del 1922. Le circa duecento lettere si distendono lungo quarantacinque anni: dal governo della Sinistra storica all’avvento del fascismo; esse sono state aggregate intorno ad un’unica vicenda burocratico-amministrativa da far risalire addirittura al 1826 quando Benjamin Ingham, a saldo di un debito, aveva ottenuto dal Principe di Pantelleria don Michele Requisenz e Bonanno il Giardino grande della Fontana di Racalmuto con la relativa rendita annuale derivante dalla concessione in gabella. Numerose riproduzioni e cartoline d'epoca corredano il testo.

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ALBA ALLOTTAALBA ALLOTTAALBA ALLOTTA, I sapori del mareI sapori del mareI sapori del mare, , , Cuscus e ricetteCuscus e ricetteCuscus e ricette siciliane siciliane siciliane di pescedi pescedi pesce, , , 2004, f.to: 12,5 x 15,5, pp. 96, €uro 7.50

S icilia e mare, un binomio indissolubile. Si parla dell’isola del sole e si fantastica: mare

pulito e pescoso, spiagge dorate, scogliere selvagge. Promesse mantenute che non lasciano spazio a nessun rimpianto. La Sicilia è esattamente quello che ci si aspetta. È la tavola più di ogni altro luogo a rivelare la sua essenza mediterranea: una cucina semplice che anche quando cede alle tentazioni di assomigliare ad una delle civiltà che

l’hanno occupata, lo fa sempre con uno stile suo, un sigillo che ha adattato e modificato la gastronomia che appartiene alla sua storia. La cucina di mare è la più fedele alla identità di questa terra. Cento e più ricette di cucina marinara sullo sfondo di una Sicilia ricca di tradizioni gastronomiche legate alla sua più importante risorsa: la pesca. Ricette col tonno, col pesce spada, il cuscus, lo stoccafisso, la pasta con le sarde, le zuppe di pesce e tante altre prelibatezze siciliane. �

L’ISOLAL’ISOLAL’ISOLALIBRILIBRILIBRI

COPPOLA EDITORE COPPOLA EDITORE COPPOLA EDITORE - Via Giudecca, 15 - 91100 Trapani [email protected] - [email protected] - Tel: 0039 3497874143

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12121212 L’ISOLA - Quindicinale di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno IX - n°6 – 15/30 settembre 2007

6. Il dio della civiltà ---- "Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull'Isola. Vi occuperete solamente dello nostro denaro." - "Io me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchiere, di stimolare la prosperità comune." - "Signor Martin, vi costruiremo una dimora

degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell'edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche?" - "Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molta cura." Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente. - "Questo barile, dichiara Martin, è un tesoro senza pari. È pieno d'oro!" Pieno d'oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell'Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, di cui la presenza o l'assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni! - "Dell'oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà." - "Dell'oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l'oro che deve circolare. Bisogna nascondere l'oro: l'oro è l'anima di tutto il denaro sano. L'anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto ciò quando vi darò il denaro."

7. Un seppellimento senza testimoni

PPPP rima di separarsi per la notte, Martin gli rivolge un'ultima domanda: "Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull'Isola, per facilitare i vostri scambi?" Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo

banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s'addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato d'oro cogli occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d'erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nasconderne ogni traccia. Poi egli mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso: - "Come sono facili a fare questi biglietti! Essi tirano il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a ciò. Essi credono che è l'oro che garantisce i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!" Arrivata la sera, i cinque arrivano correndo presso Martin.

8. A chi il denaro fatto di fresco?

CCCC inque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola. — "Prima di distribuirvi questo denaro, disse il banchiere, bisogna intendersi." "Il denaro è basato sull'oro. L'oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio ... Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l'userete a vostro

piacere. In attesa, io non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull'Isola, essendo che non ce n'è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell'otto per cento." — "In effetti, Signor Martin, voi siete molto generoso."

- "Un ultimo punto, miei amici. Gli affari sono gli affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il suo denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c'è l'impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di confisca delle proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro." - "È pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d'ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto." - "Va bene. E rivenite a vedermi ogni qual volta che avete dei problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari." Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.

9. Un problema d'aritmetica

IIII l denaro di Martin ha circolato nell'Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine. Frattanto, Tommaso, l'ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto la terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere? Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema

individuale, Tommaso considera questo socialmente: "Considerando la popolazione dell'Isola tutta intera, pensa, siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni ? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Persino se prendessimo insieme tutto il denaro dell'Isola per portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha-fatto i $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l'Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi. "Quelli che sono capaci rimborsano per loro stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti cadranno subito, altri sopravvivranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque meglio vale mettersi insieme immediatamente e regolare quest'affare socialmente." Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento presso il banchiere.

10. Benevolenza del banchiere

MMMM artin indovina il loro stato d'animo, ma fa buona faccia. L'impetuoso Francesco presenta il caso:

- "Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n'è che $1,000 in tutta l'Isola?"

- "È l'interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?" - "Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c'è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!" - "Aspettate, miei amici. I banchieri si adattano sempre alle condizioni per il più gran bene del pubblico... Io non vi domanderò che l'interesse. Niente che $80. Voi continuerete a tenere il capitale."

- "Voi ci abolite i nostri debiti?" — "No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l'interesse. Se voi siete assidui a pagare l'interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Qualcuno di voi può divenire incapace di pagare persino il proprio interesse, poiché il denaro va da una persona all'altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. Purché voi mi portiate collettivamente il totale dell'interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene." I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.

Louis Even ( 2. - Continua )

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Favola che fa comprendere il mistero del denaro