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• Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele 10 Ottobre 2009 Anno 1 n.2 Ora bisogna ottenere gli 85 mln per il porto containers di Augusta Con una mobilitazione unitaria senza protagonismi per un consenso ampio e condiviso Il tempo a disposizione è breve. Le grandi compa- gnie di trasporto guarda- no con interesse al porto hub ma chiedono subito le infrastrutture necessa- rie. La nomina del dott. Aldo Garozzo è positiva, ma da sola non basta. Bi- sogna trovare convergenze unitarie ed efficaci per far diventare il problema del porto di Augusta una questione regionale che avrebbe ricadute positive su tutta la Sicilia sud-orientale. A PAG. 5 (S. Nicita) Il presidente del consorzio Salvo Baio: “Non c’è nessun problema di risorse. Sono già impegnate nel bilancio della provincia seppure non anco- ra trasferite al consorzio per motivi puramente tecnici e nemmeno problema di allievi e docenti”. A PAG.14 (De Michele) Chiusura dell’università “Non è stato per debiti” Polveri sottili, ormai si supera il limite per 312 giorni l’anno. In aumento Fabio Morreale, presidente di Natura Sicula: “Il livello di polveri sottili prima supe- rava il limite per 270 giorni l’anno, oggi, invece, lo su- pera 312 giorni. “Il territorio è mal gover- nato e la città è diventata eccessivamente caotica. I mezzi pubblici sono inesi- stenti e grave è l’assenza di piste ciclabili; è vero, una c’è, ma non raggiunge il centro, il percorso interessa solo un’area periferica. Tra l’altro, non è ancora stata collaudata e sono evidenti i suoi limiti dal punto di vista dell’illuminazione e della si- curezza A PAG.7 (Mainenti) PRIMO PIANO SANITA’ Maniscalco: “Tra poco il direttore sanitario” BLUE MAMBA “Il softair è uno sport sano” DI MARIA La politica è bella Un’utopia? 12 7 2 Il sindaco Visentin vuole affib- biare agli ex bidelli i servizi del- la mensa scolastica, che essi non possono svolgere. A PAG.3 (Gentile) Scuole Servizo mensa Da due anni il comune ha abban- donato la fascia di terra che va dalla Playa e dai Pantanelli fino al tempio di Zeus. A PAG.2 (Ciurcina) Olympeion Abbandono “Da ragazzo sognavo che da grande sarei vissuto a Siracusa per tutta la vita, poi ci sono ritor- nato. Che delusione!” A PAG.14 (Mainenti) Sognavo Vincenzo Consolo “C’è una moria di aziende agricole 1500 a rischio” PAG.16 (S. Perna) “La Sogeas fa pagare l’acqua agli esenti 2004” PAG.4 (Lanaia) “Se muore il commercio muore la città” PAG.6 NINO GOZZO TRAPANESE VENEZIANO Chiedono una grande moschea “In provincia di Siracusa siamo più di quattromila” A PAGINA 13 (Lanaia) MUSULMANI “Tanti i gay credenti ma la chiesa li isola” M. Perna pagg. 8-9 “Per la legge Ortigia è mancata la regia” Stefania Festa pag. 3

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• Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele 10 Ottobre 2009Anno 1 n.2

Ora bisogna ottenere gli 85 mlnper il porto containers di Augusta

Con una mobilitazione unitaria senza protagonismi per un consenso ampio e condiviso

Il tempo a disposizione è breve. Le grandi compa-gnie di trasporto guarda-no con interesse al porto hub ma chiedono subito le infrastrutture necessa-rie. La nomina del dott. Aldo Garozzo è positiva, ma da sola non basta. Bi-sogna trovare convergenze unitarie ed efficaci per far diventare il problema del porto di Augusta una questione regionale che avrebbe ricadute positive su tutta la Sicilia sud-orientale.

A PAG. 5 (S. Nicita)

Il presidente del consorzio Salvo Baio: “Non c’è nessun problema di risorse. Sono già impegnate nel bilancio della provincia seppure non anco-ra trasferite al consorzio per motivi puramente tecnici e nemmeno problema di allievi e docenti”.

A PAG.14 (De Michele)

Chiusura dell’università“Non è stato per debiti”

Polveri sottili, ormai si supera il limiteper 312 giorni l’anno. In aumento

Fabio Morreale, presidente di Natura Sicula: “Il livello di polveri sottili prima supe-rava il limite per 270 giorni l’anno, oggi, invece, lo su-pera 312 giorni. “Il territorio è mal gover-nato e la città è diventata eccessivamente caotica. I mezzi pubblici sono inesi-stenti e grave è l’assenza di piste ciclabili; è vero, una c’è, ma non raggiunge il centro, il percorso interessa solo un’area periferica. Tra l’altro, non è ancora stata collaudata e sono evidenti i suoi limiti dal punto di vista dell’illuminazione e della si-curezza

A PAG.7 (Mainenti)

PRIMO PIANO

SANITA’Maniscalco:“Tra pocoil direttoresanitario”

BLUE MAMBA “Il softair è uno sport sano”

DI MARIALa politicaè bellaUn’utopia?

12

7

2

Il sindaco Visentin vuole affib-biare agli ex bidelli i servizi del-la mensa scolastica, che essi non possono svolgere.

A PAG.3 (Gentile)

ScuoleServizo mensa

Da due anni il comune ha abban-donato la fascia di terra che va dalla Playa e dai Pantanelli fino al tempio di Zeus.

A PAG.2 (Ciurcina)

OlympeionAbbandono

“Da ragazzo sognavo che da grande sarei vissuto a Siracusa per tutta la vita, poi ci sono ritor-nato. Che delusione!”

A PAG.14 (Mainenti)

SognavoVincenzo Consolo

“C’è una moria di aziende agricole1500 a rischio”PAG.16 (S. Perna)

“La Sogeas fapagare l’acqua

agli esenti 2004”PAG.4 (Lanaia)

“Se muoreil commercio

muore la città”PAG.6

NINO GOZZO TRAPANESE VENEZIANO

Chiedono una grande moschea“In provincia di Siracusa siamo più di quattromila”

A PAGINA 13 (Lanaia)

MUSULMANI

“Tanti i gay credentima la chiesa li isola”

M. Perna pagg. 8-9

“Per la legge Ortigiaè mancata la regia”

Stefania Festa pag. 3

Page 2: PAG.16 (S. Perna) PAG.4 (Lanaia) PAG.6 Ora bisogna ottenere gli …€¦ · M. Perna pagg. 8-9 “Per la legge Ortigia è mancata la regia” Stefania Festa pag. 3 . 2 10 Ottobre

2 10 Ottobre 2009

“…la politica è bella”. Un’utopia?Bella sì, ma a Siracusa è sconosciuta. Il degrado della Borgata S. Lucia

di SEBASTIANO DI MARIA

Nell’ ultima opera del regi-sta Tornatore – BAARI’A - colpisce una battuta, appa-rentemente banale quanto spiazzante, per il contesto della sequenza. Un vec-chio bracciante, prossimo a spirare, sussurra al figlio, militante nel PCI: ”…la po-litica è bella”. Un vero e proprio testamento morale. Siamo negli anni quaranta-cinquanta, in una Sicilia arretrata dove l’analfabeti-smo supera il 70% della po-polazione e il lavoro, nono-stante il dettato della Carta costituzionale, è ancora una “concessione” dei latifondi-sti e degli sfruttatori di ma-nodopera. Le speranze per un riscatto sociale ed eco-nomico dell’Isola, nell’im-mediato dopoguerra, sono prontamente canalizzate dai due principali parti-ti politici: la Democrazia Cristiana e il PCI. La DC, sostenuta dalle parrocchie e dalle classi più abbienti, si impadronisce quasi subi-to del potere che manterrà sino agli anni novanta. Il PCI, partito monolitico e fortemente ideologizzato, più radicato nelle regioni centro-settentrionali, sarà il contraltare della DC e, a livello nazionale, peren-

nemente all’opposizione, tranne un breve periodo di “tregua”, negli anni settan-ta. La politica è bella, senten-zia nel film il moribondo bracciante, quasi ad indica-re la strada maestra per la risoluzione dei problemi sociali. E ha ragione. In qualsiasi tempo e luogo è la Politica preposta a per-seguire il bene comune in tutti i campi, primi fra tutti la scuola, la sanità e l’ambiente. Politica con la “P” maiuscola, però, non quella che, negli ulti-mi venticinque trent’anni, ha corrotto e umiliato nel nostro Paese le istituzioni repubblicane. E’ bella la Politica che affronta i pri-mari bisogni dei cittadini, quella che prescinde dalle beghe personali e di par-te. E’ bella la Politica che promuove l’istruzione pub-blica, debella precarie si-tuazioni igienico-sanitarie e salvaguarda il territorio. E’ bella la Politica che pro-tegge i cittadini meno for-tunati come i diversamente abili, gli anziani indigenti e i bambini indifesi. E’ bel-la la Politica che accoglie e assiste gli immigrati che fuggono da luoghi di guer-

ra e di estrema povertà. E’ bella la Politica che profes-sa l’esercizio dei “diritti” e non la pratica dei “favori”. Tutta utopia? Crediamo di no, basta crederci. E cre-diamo che un cambiamento sia possibile se ciascuno di

noi è disposto a dedicare un po’ del suo preziosissimo tempo alla realizzazione dell’alternanza al potere. Senza scomodare le vicen-de nazionali, soffermiamo-ci un attimo sulle annose questioni della nostra città, anzi, più da vicino, su una porzione di essa: la Bor-gata. E’ sotto gli occhi di tutti lo stato di degrado in cui versa il quartiere Santa Lucia. Elencare tutte le ca-renze impegnerebbe più di un foglio di giornale; limi-tiamoci, dunque, a conside-rarne alcune. Asili nido comunali: a fron-

te di una popolazione di circa dodicimila residenti, c’è la necessità di strut-ture per la prima infanzia per non meno di 300/400 bebè; invece l’offerta pub-blica è del tutto irrilevante e lasciata alla discutibile

iniziativa privata, prevalentemen-te gestita da enti religiosi. Anziani e diversamente abili: non risul-tano appropriate strutture pubbli-che di carattere sociale , ludico o culturale; questa particolare sezio-

ne della società dovrebbe costituire una delle priorità della Giunta e delle risorse comunali ma anche qui sop-periscono, solo in minima parte, i privati, per chi può permetterselo. Sanità: da tempo invochiamo un pre-sidio sanitario “leggero”, per un pronto intervento di prossimità, anche per non intasare, come sistemati-camente avviene, il Pron-to Soccorso dell’ospedale Umberto I°; basterebbe la turnazione di due medici in ore diurne ed altrettanti infermieri. Ambiente: evi-tiamo di distogliere l’atten-

zione dell’indaffaratissimo ministro - che tuttavia ha trovato il tempo per inau-gurare il nido al Tribunale - ma non possiamo tacere dell’obbrobrio della (di-smessa?) struttura fognaria a mare di Riviera Dionisio il Grande, pericolosa per la navigazione ed insul-to ad una città patrimonio dell’Umanità. La Politica è bella ma a Siracusa è un’il-lustre sconosciuta: solo un passatempo per i… soliti noti.

Il Governo dei brutti

A un generale che gli aveva detto: “Io sono più grande”, Napoleone rispo-se: “Più alto, caro generale, solo più alto”. Non so come si sente Berlusco-ni dinanzi a Stefania Prestigiacomo, lui con un metro e 64 e lei everest dei ministri. Ma immagino Renato Bru-netta che a stento le arriva alla vita. Stefania è la somma in elevazione di Tremonti, Brunetta e Berlusconi. Aristotele scrive: “Per la bellezza è indispensabile un’alta statura; le per-sone piccole possono avere grazia ed eleganza, ma non bellezza”. Ergo, questo è il governo dei brutti.

il francosauro

Alla maniera di “Le Monde” nella Francia degli anni ‘70

LETTERE AL DIRETTOREIl prof. Paolo Ciurcina sul “qui sto, non posso nient’altro”

Gentilissimo Direttore,La presentazione de “La civetta di Minerva”, con quell’editoria-le su Lutero: “Qui sto, non posso nient’altro”, rivanga nei miei ri-cordi il quotidiano “Le Monde” de Beuve Mery, ospite della nostra Alliance Française negli anni 70. In quell’occasione il direttore di quel giornale tenne a specificare la totale autonomia del quotidiano la cui proprietà era nelle mani esclu-sive dei 35 giornalisti la cui edu-cazione laica si rifaceva ai principi della Rivoluzione francese e parti-

colarmente a Lutero, Montaigne e Voltaire saltando a piè pari il tradi-zionale revanchismo della destra e l’altrettanto spirito rivoluzionario di Jean Paul Sartre.Si trattava quindi, come intende-rebbe fare “La Civetta di Miner-va”, di un’assoluta autonomia di giudizio che è stata bene espres-sa per quanto riguarda gli scopi dell’Associazione editrice del vo-stro (nostro giornale). Come vede mi sono anch’io appropriato della proprietà de “La Civetta” non de-legando a nessuno e perfino al mio stesso partito d’origine, il P.S.I., questioni che attengano alla veri-dicità dei fatti.La partecipazione ad un proget-to, anche in una piccola provincia come Siracusa, potrà avere dell’in-verosimile se si considera che la nostra educazione laica prescin-de dalle religioni, dai sofismi de-gli intellettuali di comodo, e direi persino dal “in media stat Virtus”, in quanto non è tanto la posizione mediana da difendere quanto quei principi, quei 19 principi che lei ha sintetizzato nell’associazione edi-trice.Auguri pertanto a quel primo grup-

po azionario di alcuni professio-nisti siracusani nella loro doppia veste di giornalisti e azionisti, ai quali va il riconoscimento dovero-so di tutti coloro che nell’ambito delle loro professionalità credono nella Politica e alla quale senza mai avere assunto posizioni di po-tere reale nei comuni, nella pro-vincia, regione e Stato continuano a considerare la Politica come il bene supremo a guisa di Lutero nei confronti dell’imperatore Carlo V “Qui sto, non posso nient’altro”.

Paolo Ciurcina

L’Olympeion abbandonato

Sindaco, se ci sei, batti un colpo

di PAOLO CIURCINA*

Si sostiene che marco Tullio Cicerone inerpicandosi lungo la balza del Ciane si sia sof-fermato ai piedi del Tempio di Giove profferendo quelle famo-se frasi: “Vi avranno detto spes-so che Siracusa è la più grande delle città greche e la più bella di tutte le città. Quello che vi hanno detto, o giudici, è vero; la sua posizione non è soltanto ben munita, ma vaga a mirarsi da qualsiasi parte vi si acceda, per mare o per terra”.Quello che era sublime per l’autore delle “Verrine” e del-le “Tusculanae Disputationes” non lo è sinora mai stato per l’intera classe politica siracu-sana che da due anni a questa parte non solo disdegna un monumento ad Archimede ma abbandona a un destino sem-pre più perverso quella fascia di terra che va dalla plaia e dai pantanelli sino alle alture dell’Olympeion, quel tempio di Zeus Olimpico che grida vendetta per lo scempio e l’ab-bandono della sua grande base incoltivata.Inutile gridare ai quattro venti per una salvaguardia di un fu-

turibile parco delle rimembran-ze storiche - scriveva Diodoro Siculo che Ippocrate, tiranno di Gela, non ordì rubare il tesoro e l’abbigliamento prezioso del-la statua di Zeus coperta d’oro – se non perorare la causa di quella moltitudine di cittadini indifesi e senza parola che au-spicano una tranquilla e quieta fascia di verde – Giardino del Lussemburgo, un ridotto Hyde Park in cui ci si possa disten-dere circondati dalla bellezza del tempio dorico e dal lento frusciare del canneto dell’Ana-po e del papiro del Ciane. Non occorre, signor sindaco, presi-dente della Provincia, assessori alla Cultura rivagare Von Pla-ten, Gottfrield, Seume, Grè-gorius, Dry, Milton, Schelley, Maupassant, Gide e tanti altri scrittori, viaggiatori francesi, inglesi e tedeschi che hanno lasciato pagine indelebili sui loro più o meno brevi soggior-ni nella città aretusea, ma solo testimoniare la vostra attuale presenza fisica per dar corso a un serio risveglio ambientale degno di questo nome.

*Pres. Alliance Francaise

BERLUSCONI E LE ESCORT

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310 Ottobre 2009

“Nell’attuazione della legge Ortigia è mancata una regiasugli interventi privati, le aree in degrado sono peggiorate”

I contributi sono serviti? Rispondono Salvatore Corallo, De Benedictis, Gallaro (Sunia)

di STEFANIA FESTA

Altri 2milioni di euro sono stati stanziati dalla Regione siciliana per la riqualificazio-ne del centro storico aretuseo, così come previsto dalla legge speciale per Ortigia, voluta e progettata nel ’76 dall’on.le Salvatore Corallo. Scopo della legge era quello di incentivare la residenzialità nell’Isola, ren-dendo il nostro centro storico decoroso e dignitoso, capace di accogliere quei beni, quali la vasca da bagno o il frigori-fero, che altrove denotavano la modernità e di cui era impos-sibile usufruire negli immobi-li ortigiani, se non a fronte di spese ingenti. “Io sono un ortigiano, nato e cresciuto in largo Ganci, – rac-contava l’on. Corallo lunedì scorso, poco prima della do-lorosa scomparsa della mo-glie – con la vista del mare e dell’ingresso del porto. A dieci anni fui brutalmente trasferito in Emilia, ma sognavo Ortigia tutte le notti. Sono ritornato a Siracusa negli anni ’60, e ho assistito alla progressiva deca-denza di questo quartiere, che si accentuò drammaticamente negli anni ’70. La gente fug-giva da Ortigia, nessuno vole-va più vivere lì, e per fondate

ragione. Ad esempio, pur ap-partenendo ad un ceto medio, a casa mia non c’era la vasca da bagno e dovevamo lavarci nelle tinozze. A casa di una mia parente c’era un soppalco con il piano cottura, il lavello e il water closed, tutto in un unico ambiente. Così comin-ciarono le bestemmie.” Ci fu, infatti, chi propose di demoli-re i ‘vecchi’ edifici di Ortigia per creare una città nuova, con case moderne e strade larghe che consentissero il passaggio delle automobili, come era sta-to fatto in epoca fascista con la realizzazione del corso Matte-otti. “L’opinione pubblica – con-tinuava l’on. Corallo – non capiva che Ortigia era un pa-trimonio storico e culturale ma anche economico perché, se utilizzato bene, avrebbe rap-presentato un forte richiamo turistico.” Per fortuna, parte dell’intellighenzia siracusa-na si oppose, capendo che, per evitare il fuggi fuggi de-gli ortigiani verso i quartieri più moderni, era necessario proporre una valida alternati-va. Merito dell’on. Corallo fu quello di ideare un progetto di legge “[…] che desse soldi alla

gente per portare quelle mo-dernità che erano umanamente doverose senza però stravol-gere il tessuto urbanistico”, un progetto senza precedenti, dedicato al recupero di una singola area della città e che diventò legge anche grazie alla collaborazione e al sostegno dell’on.le Santi Nicita. Eppure, dopo oltre trent’anni dall’approvazione di quella legge e nonostante l’erogazio-ne di ingenti somme di dena-ro, la popolazione residente in Ortigia ha subìto un drastico decremento, passando dalle 20mila unità degli anni ’60 ai 4mila residenti dei giorni no-stri. Il centro storico è diven-tato un business per i grandi gruppi immobiliari, i prezzi degli immobili sono pratica-mente inaccessibili ai più, e ad acquistare sono principalmen-te cittadini stranieri o del Nord Italia, che trovano più conve-niente comprare una casa va-canze in Ortigia che sul lago di Como. Cosa ha determinato questo sviluppo? Se per l’on. Roberto De Benedictis la responsabilità è da ricercarsi in una gestione inadeguata e carente da parte dell’amministrazione comu-

nale, che ha affidato quasi in-teramente la riqualificazione di Ortigia all’iniziativa dei privati, per l’avvocato Miche-le Gallaro, responsabile del Sunia-Cgil l’attuale situazione è stata determinata da un vuoto normativo e dalla mancanza di vincoli rigidi per la vendita de-gli immobili soggetti a finan-ziamenti. “L’insieme degli interventi che sono stati finanziati – spiega l’on.le De Benedictis – han-no riguardato sostanzialmente due ambiti. Il primo è quel-lo degli interventi pubblici, in particolare edifici pubbli-ci ed in misura minore spazi all’aperto, opere di urbanizza-zione e servizi. L’altro capitolo importante è stato quello dei contributi ai privati per il re-cupero dei propri alloggi. Ma tutto questo ha finito per non essere gestito attentamente da parte dell’amministrazione co-munale, determinando pochi interventi pubblici e affidando il recupero del centro storico quasi esclusivamente all’ini-ziativa privata.” La mancata o parziale riquali-ficazione di intere aree o com-parti ha fatto sì che chi posse-deva un edificio in zone non

degradate, come sul passaggio Adorno o in via Roma, ha tro-vato conveniente accedere ai contributi pubblici per ristrut-turare, consapevole del fatto che un immobile sito in una zona già qualificata avrebbe acquisito un valore aggiunto, mentre chi aveva un immobi-le attorniato da case diroccate o disabitate ha preferito non investire per la ristrutturazio-ne e trasferirsi in altri quartie-ri della città. “È mancata una politica di riqualificazione del contesto – continua l’on. De Benedictis - e un’azione da parte dell’amministrazione co-munale che fungesse da regia degli interventi privati, che

invece sono stati lasciati alla loro esclusiva discrezione. Il risultato è che le aree più ri-qualificate si sono recuperate, mentre quelle più degradate sono peggiorate perché non è intervenuto nessuno. Quin-di oggi, rispetto all’Ortigia di vent’anni fa, le differenze fra aree ‘buone’ e ‘cattive’ sono aumentate. Con un aggravio: tutto il valore immobiliare del quartiere è schizzato, anche nelle aree più degradate, e c’è un mercato ad opera di investi-tori non locali disposti a paga-re cifre fuori dalla logica del mercato locale. I prezzi sal-gono e gli ortigiani fuggono, non senza conseguenze, come

la sofferenza di tutte quelle at-tività commerciali legate alla residenzialità. Nonostante il fallimento del principale obiet-tivo della legge speciale per Ortigia, frenare l’esodo e mi-gliorare la qualità della vita nel centro storico, non c’è un solo atto dell’amministrazione per correggere questi errori. Tutto si riduce ad un meccanismo di spesa che ha solo peggiorato il problema. Con questo non vo-glio disegnare un quadro tutto nero, perché parte del tessuto edilizio privato e pubblico è stato ristrutturato, ma si tratta di aspetti positivi di un quadro in chiaroscuro.” Quadro chia-roscuro che vede ancora 450 pratiche in attesa di finanzia-menti bloccati dal 1999, per un ammontare di 45/50milioni di euro di contributi. “Dopo die-ci anni l’amministrazione non ha il coraggio di immaginare un’idea alternativa nella ge-stione di questo processo che oggi è impraticabile – conclu-de l’on. De Benedictis. - Nelle aree degradate deve interveni-re il Comune, riqualificando gli spazi comuni e intervenen-do per comparti, come si era cominciato a fare con la giunta Fatuzzo, e come non si è fat-to più. Quello che è peggio è che lo schema di massima del futuro PPO non prevede più i diradamenti che rendevano possibili quegli interventi.”Per l’avvocato Gallaro, invece, la responsabilità non è tanto dell’amministrazione, quan-to di un vuoto normativo che vieti ai proprietari di immobili beneficiari di contributi pub-blici di vendere prima di un certo lasso di tempo. “La legge – spiega l’avvocato Gallaro - ha messo il privato cittadino in condizione di essere libero di trattare con terzi per un’even-tuale vendita, non ponendo vincoli, come invece succe-de per l’edilizia dell’IACP.” Nell’edilizia popolare, infatti, chi riscatta un immobile di-ventandone proprietario non può vendere l’alloggio ac-quistato prima di cinque anni dalla data dell’acquisto. Senza un vincolo del genere, secon-do il responsabile della Sunia, ad aver fatto affari ad Ortigia generando questa speculazione immobiliare non sono soltanto i grandi gruppi immobiliari o i cittadini di altre regioni, ma anche e soprattutto gli ex orti-giani che hanno venduto perfi-no in fase di ristrutturazione.

di GIUSEPPE GENTILE

Il sindaco di Siracusa Roberto Visentinnon vuole servizio mensa nelle scuole

E’ di questi giorni la presa di posizione dell’attuale sindaco di Siracusa in merito alla gestione della mensa scolastica. Egli ritiene, erroneamente, che il Comune debba garantire la sola fornitura dei pasti mentre il resto della gestione sia a carico delle scuole, leggasi collaboratori scolastici (ex bidelli).Il nostro sindaco dimentica che la normativa vigente, il DPR 24 luglio 1977 n. 616 e seguenti attribuisce tutta la gestio-ne della mensa scolastica agli Enti Locali, ai comuni per le scuole dell’obbligo e l’infanzia e alla Provincia per le scuole superiori. In sostanza vorrebbe trasferire le competenze del comune ai collaboratori scolastici della scuola, già fortemen-te penalizzati dai tagli degli organici e dall’aumento scon-siderato delle mansioni del ministro Gelmini. Non riesce a capire che anche se detto personale volesse offrire al comune il proprio lavoro non potrebbe farlo in quanto dipendente del-lo Stato e pagato dallo stesso. Se lo facesse commetterebbe atto illegittimo.L’unica possibilità che consentirebbe agli stessi di effettua-re il servizio mensa è quello di attivare l’intesa che il MPI, l’UPI e l’ANCI, di cui il comune di Siracusa è socio, e le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e SNALS hanno stipulato il 12.9.2000. Per cui se il nostro sindaco volesse utilizzare i collaboratori scolastici per il servizio mensa do-vrebbe avviare l’intesa citata invece di disattenderla.L’intesa prevede che gli Enti Locali, se vogliono e se le scuole e quindi i collaboratori scolastici accettano, possono

trasferire alle scuole alcune delle proprie competenze quali: ricevimento dei pasti, predisposizione del refettorio, prepa-razione dei tavoli per i pasti, scodellamento (che altro non è che lo spacchettamento dei pacchetti contenente i pasti) e distribuzione dei pasti, pulizia e riordino dei tavoli dopo i pasti, lavaggio e riordino delle stoviglie, e gestione dei rifiuti; tutto ciò, come già detto, se i collaboratori scolastici fossero disposti a farlo e dopo aver individuato il numero degli ad-detti necessario, dietro trasferimento da parte del Comune di 1.850.000 delle vecchie lire (euro 955,45) per addetto e per anno in due tranches entro febbraio ed agosto di ogni anno scolastico.Tutto è molto semplice, basta leggere e ben interpretare la normativa vigente senza tentare di prevaricare i più deboli.Si ricorda che il Comune non ha ancora trasferito quanto dovuto alle scuole e quindi ai collaboratori scolastici per il servizio mensa dell’anno 2008/09. I collaboratori scolastici hanno mantenuto il loro impegno mentre il Comune non lo ha fatto.Il signor sindaco farebbe meglio ad occuparsi dei numerosi disservizi del comune quali: la continua interruzione della fornitura dell’acqua, imbevibile, ai cittadini che la pagano profumatamente, la gestione carente dello smaltimento dei rifiuti a fronte di una tarsu che è fra le più alte in Italia e gli interventi a favore dei bambini in situazione di gravità delle scuole del siracusano.

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4 10 Ottobre 2009

Il difensore civico: “Ad alcuni cittadini esenti nel 2004Sogeas ha chiesto il pagamento delle bollette dell’acqua”

Domenico Trapanese: “I siracusani spesso ritengono illegittimi i tributi comunali”

di MONICA LANAIA

Forse non tutti sanno che esi-ste un rimedio ai casi di irre-golarità e inefficienze che af-fliggono il sistema comunale. Tutti i cittadini, anche i mi-norenni e i residenti con una cittadinanza diversa da quella italiana, possono presentare reclami e segnalazioni al di-fensore civico comunale. E vi è di più. Il difensore civico comunale in questione ha an-che il compito, come specifi-cato dallo statuto del nostro Comune, di richiedere, di propria iniziativa, informa-zioni e chiarimenti agli uffici del Municipio che si macchi-no di disfunzioni e abusi; ha, inoltre, il diritto di visionare documenti cui sia interessa-to, senza che possa essergli opposto il segreto d’ufficio, e ha, addirittura, la possibi-lità di far modificare atti e provvedimenti comunali per sanare le violazioni riscon-trate. Va da sé, infine, che il difensore civico agisce in difesa degli individui a titolo gratuito, spettandogli, peral-tro, come precisa lo statuto, un’indennità pari a quella de-gli Assessori comunali.Già nel lontano 494 a.C. i plebei di Roma accettarono di interrompere la secessione dai patrizi solo a condizione che venisse istituita la pri-ma carica pubblica a tutela del popolo, la carica di tri-buno della plebe. L’intuizio-ne romana della necessità di un tramite istituzionale tra i cittadini e le autorità pubbli-che ebbe successo nei secoli seguenti: sono circa novanta, oggi, i Paesi che hanno isti-tuito la figura del difensore civico, erede di quegli antichi tribuni del popolo. Il difensore civico o Om-budsman, che in svedese si-gnifica letteralmente “uomo che funge da tramite”, crea un dialogo tra i cittadini e la pubblica amministrazione, al fine di evitare che quest’ulti-ma divenga un’autorità forte e difficilmente contestabile da parte dei singoli. Il di-fensore civico comunale è qualsiasi cittadino che, pre-sentando riconosciute doti morali, una laurea e compro-vate conoscenze giuridico-amministrative, viene eletto dal Consiglio Comunale. Si tratta di un organo indipen-dente dall’amministrazione comunale che agisce in piena autonomia e che non deve di-pendere gerarchicamente né dal Consiglio né dal Sindaco. Nel nostro ordinamento la legge 142 del 1990 prevede che siano gli statuti provin-ciali e comunali a disciplina-re l’istituto del difensore ci-vico, il quale svolge il ruolo di garante dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, principi richiamati già dalla nostra Costituzione.Il nostro difensore civico comunale di Siracusa è l’av-vocato Domenico Trapanese,

il quale, nel novembre del 2008, ha prestato giuramento dinanzi al Sindaco e al Con-siglio Comunale dando inizio al proprio mandato.

Avvocato Trapanese, può spiegare ai nostri lettori come si fa a rivolgersi al di-fensore civico?

“Attualmente esistono diver-si modi: i cittadini possono inviare il reclamo o la segna-lazione tramite posta elettro-nica o tramite fax agli uffici del Comune; possono inoltre effettuare una segnalazione telefonica o prenotare un ap-puntamento e avere, dunque, un colloquio con il difensore civico”.

Durante il suo incarico quante azioni segnalate dai cittadini ha portato avanti?

“Circa quaranta. Sono state affrontate due tipologie di problemi: innanzitutto i pro-blemi collettivi, tra cui, ad esempio, la famosa vicenda dei dati catastali richiesti dal Comune; invece, i problemi individuali dei singoli cit-tadini attengono sostanzial-mente a tre punti di criticità frequenti: rifiuti, tributi loca-li ed erogazione dell’acqua. Molti problemi sono, inoltre, sorti in correlazione alla crisi economica: la gente spesso ritiene che quanto deve paga-re al Comune sia illegittimo”.

E cosa può fare un cittadino che abbia questa percezio-ne?

“Innanzitutto deve chiedere a me una consulenza; nel caso in cui si accertino degli errori si porta avanti un’azione per avere una rettifica delle som-me dovute. L’ultimo caso che sto trattando concerne Sai8 e il sistema di tariffazione; con Sai8 abbiamo avviato un dia-logo per definire una moda-lità operativa nel caso in cui i cittadini segnalino anomalie relative alla tariffazione”.

Ci narri un suo intervento particolarmente significati-vo contro l’amministrazio-ne comunale e a favore dei cittadini.

“Un problema spinoso che dovrò affrontare nel più bre-ve tempo possibile riguarda i servizi di solidarietà so-ciale: si è verificato che ad alcuni cittadini, che fino al 2004 erano esentati dai paga-menti alla Sogeas, sono state ora richieste le somme per le quali, in realtà, avevano l’esenzione. Sono stato, inol-tre, convocato per valutare l’ammissibilità del referen-dum consultivo che era stato proposto al quartiere Neapo-lis in relazione a un villaggio turistico; circa tale problema mi è stata anche inoltrata una lettera scritta da un’associa-

zione ambientalista”.

Lei comunica i suoi inter-venti all’opinione pubblica?

“Alla fine del primo anno di mandato, a novembre, dovrò stilare ed esporre al Consiglio Comunale una relazione rela-tiva al mio operato, alla mia attività. La relazione rimarrà poi fra gli atti del Consiglio Comunale e sarà disponibile

per tutti i cittadini; forse ver-rà pure pubblicata online sul sito del Comune”

Ha mai segnalato di propria iniziativa delle disfunzioni, delle carenze della pubblica amministrazione?

“Sì, essenzialmente l’ho fatto per dei casi relativi alla rete stradale; ricordo un caso di una grata divelta in via Forla-nini: la prima segnalazione al comando dei vigili l’ho fatta da privato cittadino; tuttavia, dato che una settimana dopo il problema non era stato an-cora risolto poiché era sorto un problema di competenza concorrente tra Genio civile e Comune di Siracusa, ho agito nella mia veste di difensore civico”.

È a conoscenza del sito in-ternet, ancora in fase di aggiornamento, dei difen-

abbia potuto risolvere la que-stione: si tratta di un proble-ma molto complesso. Inoltre non esiste una prassi spe-cifica che il difensore deve seguire quando un cittadino presenta un reclamo e, dun-que, non è detto che avvisino chi invia le pratiche circa gli sviluppi delle stesse; perciò sono venuta ad informarmi ”.La nostra concittadina prose-gue: “Sono passata dal Muni-cipio stamattina e mi hanno detto che il difensore riceve il mercoledì e il venerdì dalle 10 alle 12 (peraltro nel sito internet del Comune non è dato avere questa informa-zione né è pubblicato alcun recapito telefonico dell’uffi-cio del difensore civico sic-ché l’unico modo per sperare di contattare quest’ultimo è quello di effettuare ripetute telefonate al centralino co-munale, n.d.a.). Mi è stato anche detto che di solito il difensore arriva verso le die-ci e mezza”.Purtroppo i tempi di attesa sono ben più lunghi. Sono quasi le undici quando la no-stra concittadina si rivolge all’usciere per avere notizie dell’avvocato Trapanese. L’usciere spiega che “di soli-to quando l’avvocato ha dei contrattempi avvisa telefoni-camente. Almeno questo…”. Passano ancora i minuti e l’usciere, di fronte alla fila che si è creata nell’anticame-ra della stanza del Sindaco, si prodiga per cercare una so-luzione. Dopo poco informa la nostra sempre più stanca e frustrata concittadina che il Sindaco, che nella stan-za adiacente è impegnato in una riunione con la Giunta Comunale, sta cercando di contattare il difensore civico telefonicamente. Sfortunata-mente non risponde. Chiediamo alla nostra con-cittadina se è la prima volta che si rivolge al difensore

civico per una segnalazione e ci spiega che si era rivolta, diversi anni fa, all’avvocato Sallicano e che il suo recla-mo ebbe un esito positivo e la situazione si risolse. “E’ una fortuna che esista un difen-sore civico a Siracusa, anche se passa molto tempo prima che le pratiche vengano ana-lizzate. Riflettevo, tuttavia, sulla strana circostanza che il nostro difensore civico non abbia un ufficio distaccato da quello del Sindaco; insomma, lavorano a stretto contatto e questo non dovrebbe accade-re visto che il difensore ci-vico dovrebbe interessarsi a questioni amministrative ed eventualmente agire contro la stessa amministrazione co-munale”.Continua a passare il tempo, la sala d’aspetto è un viavai di persone e la nostra concit-tadina, sempre più amareg-giata, continua a sollecitare l’usciere affinché si informi circa le intenzioni dell’avvo-cato e ironizza “Sicuramen-te sarà in tribunale; ma due ore di attesa sono veramente troppe”. Considerando, per inciso, che le ore di ricevi-mento sono solo 4 durante un’intera settimana.Finalmente alle 11:15 l’uscie-re comunica: “l’avvocato ha risposto: sta per arrivare”. Voci di corridoio, tuttavia, sussurrano che arriva, sì, ma partendo da Catania.L’orologio segna le 12:20 quando il nostro difenso-re civico varca la soglia del Municipio scusandosi del ritardo. Purtroppo la nostra concittadina aveva un impe-gno in ospedale ed era andata via quando la campana della cattedrale aveva suonato il mezzogiorno, borbottando “un’intera mattinata persa; sarà meglio che telefoni allo studio legale dell’avvocato; volevo fare le cose ufficial-mente, ma pazienza”.

sori civici italiani nel quale possono essere inseriti dei documenti consultabili dai cittadini e dagli altri difen-sori civici?“È un sito un po’ vetusto e non viene aggiornato spes-so. Se dovessero aggiornarlo conto di pubblicare qualche documento relativo alla città di Siracusa”. Se questo è quanto afferma-

to dal difensore civico, è in-teressante ascoltare anche cosa ne pensano i cittadini, i quali sono, in ultima analisi, coloro che devono giudicare l’efficienza dell’operato del neo-insediato avvocato Tra-panese. Una nostra concitta-dina, che si trova in coda per un colloquio con il difensore civico, chiede di non essere menzionata “perché, ironiz-za, “già mi odiano nella pub-blica amministrazione; mi conoscono molto bene e in questo momento non è il caso che rilasci interviste”. Ci spiega di aver inoltrato una pratica protocollata agli uffici del Comune una deci-na di giorni fa. “Sono venuta per sapere che fine ha fatto la mia pratica. Non è una fac-cenda personale, ma riguarda più persone, perciò ho voluto agire ufficialmente, inviando una raccomandata. Non so ancora se il difensore civico

Sono state affrontate due tipologie di problemi: innanzitutto i problemi

collettivi, tra cui, ad esempio, la famosa vicenda dei dati catastali richiesti dal

Comune; invece, i problemi individuali dei singoli cittadini attengono sostanzial-

mente a tre punti di criticità frequenti: rifiuti, tributi locali

ed erogazione dell’acqua.

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510 Ottobre 2009

Rada di Augusta, ora una mobilitazione unitaria di alto profiloper la costruzione del porto containers e per le opere di bonifica

Evitando qualsiasi personalizzazione dell’iniziativa per un consenso diffuso

di SANTI NICITA

La nomina del dottor Aldo Garozzo a responsabi-le dell’Autorità Portuale di Augusta è stata accolta dall’opinione pubblica pro-vinciale positivamente sia per le qualità della persona che per il fatto che si è scon-giurato il permanere di una gestione commissariale che faceva temere che la sua du-rata si sarebbe protratta fino ad una eventuale modifica dell’attuale legge, per arriva-re all’unificazione delle due Autorità di Catania e Augu-sta auspicata dagli ambienti catanesi. Con l’insediamento del dot-tor Aldo Garozzo si apre una nuova fase che potrebbe por-tare alla funzionalità della struttura megarese, sia quale porto industriale che come porto commerciale, ai livelli che merita: inserirsi autore-volmente nel trasporto marit-timo internazionale avendone le necessarie potenzialità.Il tempo a disposizione, pur-troppo, è breve. Le grandi compagnie di trasporto han-no guardato e guardano con grande attensione al ruolo di hub del porto di Augusta per la sua posizione strategica, ma richiedono la tempestiva attuazione delle infrastruttu-re necessarie, in particolare la costruzione del porto con-tainers e la soluzione delle necessarie opere di bonifica. Da tempo è stato affrontato il problema della bonifica della rada di Augusta ed è stato stipulato l’accordo di programma Stato – Regione e sono state assegnate signi-ficative risorse finanziarie dal Ministro dell’Ambiente, on. Stefania Prestigiacomo. E’ auspicabile che le diver-se difficoltà ancora esisten-ti vengano superate, ossia i rapporti finanziari e la va-lutazione fatta dall’autorità giudiziaria. Due aspetti deli-cati e importanti che debbono essere affrontati con decisio-ne e tempestività in quanto, se si perde ancora tempo, le potenzialità del Porto di Au-gusta potrebbero cessare la loro importanza ove si realiz-zassero altri equilibri e altre scelte ubicazionali da parte delle più significative socie-tà di trasporto marittimo, che hanno premura a razionaliz-zare i rapporti commerciali tra la Cina, l’India e il Medi-terraneo.Augusta rappresenta un pun-to strategico tra Gibilterra e Suez ma anche una base im-portante per i collegamenti con la Grecia, con lo Stretto dei Dardanelli e quindi col mar Caspio e con i Paesi che vi si affacciano. Tutte cose che si conoscono benisssimo ma che abbisognano delle ne-cessarie infrastrutture, com-preso il porto containers per il quale esiste già un progetto definitivo e un primo stralcio di progetto esecutivo propor-zionato ai fondi disponibili,

a suo tempo predisposto dal Consorzio ASI ed oggi nella disponibilità dell’Autorità Portuale. Tale progetto, ap-provato a suo tempo dal Mi-nistero delle Infrastrutture con prescrizioni e con il rila-scio del nulla osta di impatto ambientale, non può essere appaltato per il mancato nulla osta del Ministero della Dife-sa per la utilizzazione di una modesta area di pertinenza della Marina Militare. L’inte-ro progetto prevede un costo di 110 milioni di euro mentre

se ne ha un finanziamento di 25 milioni, per cui è necessa-ria la relativa integrazione.Se è vero che l’Italia, nel suo insieme, può considerarsi una piattaforma logistica per il trasporto di merci all’interno del bacino del Mediterraneo e nel rapporto con l’estremo oriente, è anche vero che Au-gusta rappresenta un punto di forza universalmente rico-nosciuto ma che può perdere questa sua caratteristica se i tempi di attuazione delle in-frastrutture diventeranno ab-

bastanza lunghi.Queste considerazioni e que-ste preoccupazioni richiedo-no una mobilitazione politi-ca provinciale unitaria e di alto profilo, per fare il punto della situazione e concorda-re precise iniziative al fine di affrontare positivamente i vari problemi settoriali in un condiviso quadro d’insieme. La presenza di un valido Pre-sidente dell’Autorità Portuale come il dottor Aldo Garozzo, la significativa presenza del Ministro dell’Ambiente, on.

Stefania Prestigiacomo, e la doverosa disponibilità del Sindaco di Augusta Massimo Carrubba sono una garanzia per elaborare una strategia d’attacco, ma sono convinto che attorno alle problemati-che del Porto di Augusta oc-corre una vera mobilitazione di tutte le istituzioni locali e delle forze sociali.Occorre avere la consapevo-lezza che il Porto di Augusta può rappresentare l’occasio-ne per uno sviluppo organico dell’intera area sud-orientale

della Sicilia e in particola-re della nostra provincia. Un’occasione più unica che rara che può far riprendere quota all’attuale fragile si-tuazione economica e socia-le della provincia. Bisogna bandire qualsiasi tentazione paternalistica di-retta a personalizzare l’ini-ziativa e privilegiare invece le iniziative che puntano alla coesione e al consenso diffuso. Per questo è neces-sario impegnare il governo regionale e in particolare il Presidente Raffaele Lombar-do per fare diventare il pro-blema del rilancio del Porto di Augusta una questione re-gionale. Solo così i vari osta-coli ancora esistenti possono essere superati.Peraltro, in Parlamento è sta-to approvato un ordine del giorno con il quale si impe-gna il governo a far diventa-re Palermo la sede del Forum per la strategia commerciale dei paesi rivieraschi del Me-diterraneo, promossa dal presidente francese Sarkozy, in alternativa alla proposta avanzata a favore di Mila-no. Scegliere Palermo quale sede del crocevia dello svi-luppo del trasporto maritti-mo significherebbe porre la Sicilia all’attenzione delle attività economiche e com-merciali che vanno maturan-do per il sempre crescente ruolo dell’economia del Me-dio e dell’Estremo Oriente, con ricadute positive per l’intera Sicilia.

Le porte automatiche di banche e gioielleriequell’orribile sensazione di essere chiuse in vetrina

Ogni tanto tocca di dover an-dare in banca o in gioielleria. Di solito quando ci si appre-sta ad andare nella prima il cuore diventa piccolo piccolo perché quasi sicuramente c’è qualcosa da pagare. Quando si entra nella seconda invece è sempre una festa, se siete esponenti del gentil sesso. Gli altri, pazienza! Ma qual è la cosa che accomuna questi luoghi così diversi? Quella specie di tortura psicologica che sono le porte automa-tiche che, in gioielleria, si limitano a sezionarci vir-tualmente da capo a piedi, e in banca ci costringono pure ad abbandonare oggetti vitali come le chiavi della macchi-na e quelle di casa, e a volte perfino il cellulare. Ormai le banche sono quasi tutte do-tate di cassette di sicurezza all’ingresso in cui le donne dovrebbero, secondo loro, abbandonare le loro borse. Ma avete ben guardato con che taglia di borse vanno in giro oggi le signore? Roba che una valigia in confron-to sembra una pochette da

sera. Roba che non entrereb-be in una di quelle cassette a meno che non fosse in grado di affrontare un carico ecce-zionale. E allora come si fa? Finisce semplicemente che la gentil donna passa un quarto d’ora a svuotare il contenuto della borsa nella cassetta e poi entra in banca con la bor-sa vuota… e poi riesce perché nella cassetta ha infilato pure il portafogli che le necessita-va. Questo è l’inconveniente a cui vanno incontro le don-ne, ma quello che accomuna

entrambi i sessi è l’orribile sensazione, sebbene duri sì e no dieci secondi, di essere rinchiusi in vetrina. Siamo là, all’interno di quella gabbia trasparente, mentre magari una voce ci ricorda di abban-donare gli oggetti metallici, ma quando la prima porta si è già richiusa alle nostre spalle. E la seconda non ne vuole sapere di aprirsi. E così restiamo bloccati, sorriden-ti come degli ebeti perché naturalmente tutti quei for-tunati che sono già dentro si

godono la scena con sadico gusto, pensando già che sia-mo dei pericolosi malfattori o, peggio, dei poveracci che non sono mai entrati in una banca prima. Incapaci di an-dare avanti o indietro, in ba-lia di una stupidissima porta che blatera cose senza senso: “attenzione, deporre gli og-getti metallici nell’apposita cassetta”, vorremmo tanto es-sere da un’altra parte, magari nella gabbia di un leone, dove certamente ci troveremmo più a nostro agio. Perché noi

ci abbiamo già lasciato tutto nell’apposita cassetta: chiavi, cellulare, CD, una pen drive, penne di tutte le forme e co-lori, un braccialetto con tan-te ciancianelle che pendono, l’orologio e pure gli orecchi-ni, che giusto giusto oggi era-no ad anelli di 15 centimetri di diametro! E queste stupide porte non solo non vi liberano ma sono del tipo che voglio-no pure che appoggiate il dito nell’apposito spazio! Pure le impronte vogliono! Basta, quando siete ormai certi che in realtà sia tutto un trucco per clonarvi e vendervi al miglior offerente per esperimenti ge-netici extraterrestri, perché in realtà quelle non sono porte automatiche ma un teletra-sporto trans galattico che vi proietterà sul pianeta Clonax, un’illuminazione vi colpisce come un fulmine e come la scarica di adrenalina che se-gue al pensiero che finalmen-te potrete entrare: oggi, oltre agli orecchini di Moira Orfei, avete pure messo la sua fibbia che pesa mezzo chilo: mezzo chilo… di metallo!

di GIUSY SCARCELLA

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6 10 Ottobre 2009

Linguanti: “La grande distribuzione venda i prodotti locali”Veneziano: “Se muore il piccolo commercio muore la città”

Da gennaio ad agosto duecento persone hanno perso il lavoro nelle imprese del settore

di MONICA LANAIACrisi economica, tasso di di-soccupazione, cassa integra-zione, ammortizzatori socia-li. Queste solo alcune delle parole che accompagnano la vita di ogni (o quasi) indivi-duo da un anno a questa par-te. E i pareri, in merito, sono discordanti; i grandi della BCE, della Federal Reserve, Tremonti e i suoi colleghi di altre nazioni sostengono che “ormai il peggio è passato e il 2010 darà avvio alla ripre-sa” (salvo regalarci un tasso di disoccupazione del 10% come fio da pagare). Ma la gente comune, quella che non ha a che fare con nume-ri e leggi economiche e si confronta giornalmente con i rincari, con i licenziamenti e con l’accensione di prestiti, forse ritiene che il capolinea, il fondo, non sia stato anco-ra raggiunto e se il princi-pio della crisi è stato arduo, l’epilogo non si prospetta, di certo, migliore.“La crisi economica c’è e non si può nascondere, checché ne dica il Governo”, accusa Francesco Veneziano, pro-prietario di una nota gioielle-ria siracusana e presidente del Ce.Na.Co. (acronimo che sta per Centri Naturali Commer-ciali). “Il commercio e l’arti-gianato”, prosegue Venezia-no, “sono in una fase critica: i consumi sono troppo lenti”. La denuncia del nostro inter-vistato è amara: “I negozi in città sono sparsi a macchia di leopardo e, per tale moti-vo, quando chiude un’attivi-tà commerciale, licenziando due o tre dipendenti, le forze politiche nemmeno si inte-ressano a questa situazione e la notizia non fa scalpore come accadrebbe, invece, se fallisse una grande impresa metalmeccanica nella quale

lavorano 30 operai; ma due, tre lavoratori per dieci attivi-tà commerciali che chiudono significano 20-30 persone disoccupate! Cosa si trova in risposta a questo avveni-mento? Il silenzio totale di chi dovrebbe essere, invece, attento a questi problemi”.“Il 55% delle famiglie sira-cusane è monoreddito”, ci informa Arturo Linguanti, presidente della Confeser-centi e componente della giunta camerale della Came-ra di Commercio. “Il 45% di questo reddito è riversato, necessariamente, nel mutuo o nell’affitto e nelle uten-ze: luce, acqua, telefono; le restanti risorse detenute dai cittadini siracusani? Vanno a finire nelle casse dei grandi ipermercati”. Questo della grande distribu-zione è un problema del qua-le parlano a lungo i nostri in-tervistati; si trovano entrambi d’accordo sul fatto che le piccole e medie imprese, so-prattutto quelle cittadine, sof-frano la crisi molto più delle grandi imprese.Ci illustra Linguanti: “Il 90% della forza lavoro è impiega-to nelle piccole e medie im-prese; peccato però che tali negozi di vicinato detengano solo il 30% della quota di generi alimentari e abbiglia-mento contro il restante 70% che va alla grande distribu-zione organizzata. E vi è di più: la grande distribuzione non avverte la crisi ed ha a disposizione una notevole liquidità poiché ha un facile accesso al credito e poiché paga la fornitura ricevuta solo quando ha venduto le precedenti sette forniture!”. Linguanti prosegue: “La Con-fesercenti di Siracusa ha da tempo denunciato gli scom-

pensi creati dalla grande di-stribuzione; basti pensare che la nostra città è al primo po-sto per il rapporto tra nume-ro di abitanti e grandi centri commerciali. Sarebbe neces-sario, al contrario, un piano urbanistico che consenta una razionalizzazione del territo-rio perché, intendiamoci, un pensionato di Mazzarrona o della Pizzuta, magari senza auto, come raggiunge il ne-gozio ben fornito più vicino o magari il grande ipermercato che distano chilometri?”. Pe-raltro la grande distribuzione, che schiaccia le piccola atti-vità commerciali, ottiene dei guadagni che non vengono reinvestiti nella nostra città, bensì trasferiti all’estero. Per quanto concerne la di-soccupazione, le cifre di cui parla il presidente della Con-fesercenti sono preoccupan-ti: da gennaio ad agosto di quest’anno, a seguito della chiusura di molte piccole e medie imprese, 200 persone hanno perso il lavoro. Re-centemente, inoltre, la ces-sazione dell’attività di Ro-mano Legno Mercato, presso l’Auchan, ha comportato il licenziamento di 18 dipen-denti. Secondo Linguanti “è difficile che il 2010 porti un miglioramento e la situazione si fa sempre più pesante”. Veneziano ci informa, invece, circa l’accesso al credito, che “il Governo aveva invitato le banche ad aiutare le fami-glie e le imprese ma ciò non è accaduto; le banche hanno chiuso i cordoni della borsa proprio in questo momento di crisi. È assurdo che dei com-mercianti, di certa affidabi-lità morale, abbiano visto fallire le loro attività per la irrisoria somma di 10-15 mila euro non pagata alle banche.

Il Ce.Na.Co ha stipulato del-le convenzioni con le banche regionali e saranno previsti dei finanziamenti con un fon-do perduto del 50% utili a riqualificare le attività com-merciali. Ma questo non ba-sta: è necessario un impegno politico regionale e provin-ciale; a volte si dimentica che se muore il commercio, muo-re pure la città: una città sen-za vetrine, senza le luci dei negozi, è triste, vuota, priva di benessere e di sicurezza”.Sia Veneziano che Linguan-ti concordano sul fatto che grandi nemiche dei negozi di vicinato siano le condizioni della città: se la città ha una scarsa illuminazione, se si passeggia in mezzo alle car-tacce, se è più facile vincere alla lotteria che trovare un parcheggio, se il servizio di autobus è un optional… i cit-tadini concluderanno inevita-bilmente che è più proficuo recarsi in un ipermercato!“I nostri prezzi sono concor-renziali al massimo”, lamenta Veneziano, “i nostri prodotti hanno di sicuro una miglio-re qualità, da noi il rapporto con la clientela è più diretto; eppure se non si migliora la città, se non la si rende più vivibile, la battaglia con la grande distribuzione è persa in partenza”. Il nostro inter-vistato prosegue: “Il Ce.Na.Co. conta 100 attività com-merciali iscritte; per noi è stata una vittoria decisiva che l’amministrazione comunale abbia sposato questo proget-to: a giorni il Consiglio Co-munale approverà il decreto legge che riconosce i centri commerciali naturali e lo tra-sferirà a livello regionale. Il Ce.Na.Co. è nato per indurre i commercianti non solamente a difendersi dalla crisi, ben-

sì ad “attaccare”: è in questo momento di recessione che dobbiamo unirci solidalmen-te poiché l’unione fa la for-za e aderire a questo gruppo comporta vantaggi e rispar-mi. Per Natale, ad esempio, stiamo organizzando una lotteria; per il parcheggio distribuiremo dei biglietti di “sosta-cortesia”. Dobbiamo reagire, non isolati ma con-giunti, e augurarci che la si-tuazione nel 2010 migliori”. Anche Linguanti conviene in tal senso: “Lo stato d’animo peggiore che un commer-ciante possa avere è la rasse-gnazione; tale stato d’animo, purtroppo, si riscontra in tan-ti nostri concittadini”.Due ultime “chicche” rac-contateci da Linguanti e che dovrebbero, forse, farci ri-flettere sulla situazione sira-cusana. La prima concerne gli – ahi-noi – lavori nel porto di Orti-gia: pare, infatti, che da marzo a settembre di quest’anno vi siano stati importanti scambi commerciali e turistici, via mare, tra la Sicilia e Malta; questa boccata di ossigeno per il commercio cittadino è stata interrotta dall’inagibili-tà del porto che ha reso altret-tanto inagibile e impossibile questo traghettamento. Ora, fa notare Linguanti, la ban-china di attracco per la Capi-taneria di porto è stata man-tenuta in vita: non si poteva

adottare lo stesso escamotage per il traghetto maltese dato che il commercio in questio-ne non avrebbe certo nuociu-to alla nostra città? La seconda storia il presiden-te della Confesercenti ce la racconta con il sorriso sulle labbra. “Qualche tempo fa avevo fatto distribuire del-le fascette, da attaccare alle vetrine dei negozi, con su scritto “in questo negozio si parla il…” e a seguire diverse lingue straniere. In fondo era sufficiente che nell’attività commerciale anche un solo commesso fosse in grado di parlare una lingua estera. Purtroppo le targhette non sono state attaccate in nes-sun negozio. Siamo in una città turistica: è ipotizzabile che commercianti e tassisti non conoscano almeno i ru-dimenti delle altre lingue? I vocabolari commerciali, con frasi pronte ad uso turistico, costano 5-7 euro: si tratta, allora, di mancanza di buona volontà dei commercianti si-racusani?”. I vari interrogativi rimango-no aperti così come, del re-sto, la crisi economica rima-ne in corso e, nonostante le congetture e le affermazioni politiche, continua a mietere le sue vittime tra consuma-tori e lavoratori di ogni tipo: l’epopea continua, vi terremo aggiornati.

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Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009

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710 Ottobre 2009

Fabio Morreale: “Il livello di polveri sottili prima sforavaper 270 giorni l’anno, oggi supera il limite per 312 giorni”

I soci di Natura Sicula continuano a protestare con grandi striscioni ai balconi

di ISABELLA MAINENTISì, lo sappiamo; la notizia è sta-ta pubblicata ma brucia ancora. Centotreesimi… siamo caduti davvero in basso! L’ultimo po-sto è il nostro, è di quella perla di città che in epoca antica era considerata il cuore del Medi-terraneo, la patria della cultu-ra, un passaggio necessario dei commerci, la culla di importanti filosofie. Oggi Siracusa non è più il centro del mondo, è una piccola cittadina di Sicilia con un passato illustre, certo, e un patrimonio storico, culturale e monumentale parimenti straor-dinario, ma in cui si vive trop-po, decisamente troppo, male. A renderci questa situazione ben chiara ed evidente ci ha pensato Il Sole 24 Ore che, basandosi su 8 parametri (condizioni di vita materiale, salute, istruzione, at-tività personali, partecipazione alla vita politica, rapporti socia-li, ambiente, insicurezza econo-mica e fisica) ha stilato una lista delle città-benessere assegnan-do proprio alla nostra quel 103° posto tanto umiliante. È vero, la classifica ha reso nota questa situazione, ma non ce n’era bi-sogno per rendersi conto che a Siracusa si vive davvero male. Eppure i turisti dicono “che bella città!”: tutta apparenza. Qui è di benessere che si parla ed è il benessere che ci manca. Diventa inutile pararsi dietro ai soliti “ma come può essere?”, “la classifica non è veritiera”, “a Siracusa si vive bene”, copren-dosi gli occhi e convincendosi di vivere in una sorta di patria ammirata e ammirabile, perché la realtà è ben diversa.

Parliamo con Fabio Morreale, presidente di Natura Sicula, as-sociazione naturalistica e cultu-rale regionale, e gli chiediamo la sua opinione sulla condizione siracusana. “Sono assolutamen-te d’accordo con la classifica stilata da Il Sole 24 Ore, a Si-racusa davvero si vive male, il benessere è realmente inesisten-te. Siracusa è una terra in cui si semina e raccoglie morte, il pe-trolchimico danneggia troppo la qualità della vita, il numero dei malati di tumore va ben oltre la soglia prevista dall’Organiz-zazione Mondiale della Sanità. Pensiamo poi alla nascita di bambini con malformazioni. Non si tratta di episodi ristretti alla sola area di Augusta, come generalmente si crede, ma a tut-ta la provincia. Il livello di pol-veri sottili prima superava il li-mite per 270 giorni l’anno, oggi, invece, lo supera 312 giorni. “Il territorio è mal governato e la città è diventata eccessiva-mente caotica. I mezzi pubblici sono inesistenti e grave è l’as-

senza di piste ciclabili; è vero, una c’è, ma non raggiunge il centro, il percorso interessa solo un’area periferica. Tra l’altro, non è ancora stata collaudata e sono evidenti i suoi limiti dal punto di vista dell’illuminazio-ne e della sicurezza (l’accesso ai motorini è vietato solo a pa-role, la palizzata è troppo bassa, i vecchi pali della ferrovia sono stati mantenuti anche in condi-zioni di pericolo). Proprio a tale riguardo uno degli slogan che più spesso utilizziamo è “meno polveri sottili più piste ciclabi-li”. A volte vengono organizzate giornate contro le polveri sottili, ma in definitiva non se ne parla, c’è una sorta di censura nei con-fronti di queste iniziative. E poi, prima venivano promosse le domeniche ecologiche, che non risolvevano certo il problema ma offrivano quantomeno una parvenza di impegno. Ora non ci sono più nemmeno quelle”. E quando gli chiediamo che cosa l’associazione Natura Si-cula si propone di fare in rispo-

sta a una situazione del genere incalza: “Noi non possiamo e non vogliamo sostituirci agli amministratori. Loro sono sta-ti eletti e loro devono ricopri-re questo ruolo. È però nostro dovere criticarli per spingerli a fare ciò che non fanno o a fare ciò che già fanno in modo mi-gliore. Spesso gli amministra-tori non rispondono alle nostre critiche e non alimentano il di-battito, apportando per lo più cambiamenti minimi che ser-vono a tacitare la situazione. E poi bisogna sempre puntare sull’informazione. La nostra po-litica ambientale si volge verso due direzioni: la prima è quella dell’educazione ambientale nel-le scuole, attraverso escursioni e riunioni pomeridiane tenute nella nostra sede; la seconda è quella delle manifestazioni e dei city-in con i quali ci proponia-mo di raggiungere obiettivi a breve termine”. Proprio in relazione alla secon-da direzione chiediamo infor-mazioni sugli striscioni che da

tempo troviamo appesi a balco-ni di privati nelle più trafficate strade di Siracusa, da via Malta a viale Zecchino, da viale Tica al Pantheon. “Si tratta, in realtà, di striscioni risalenti a sei mesi fa, esposti in occasione del G8 Ambiente, quando la situazio-ne di Siracusa era grave, non gravissima come oggi”. Gli striscioni fanno riferimento alla costruzione insostenibile dei villaggi turistici, alla raccolta differenziata, al raddoppio, a fronte di un uguale numero di abitanti, della cubatura su cui edificare, da 12 a 25,5 milioni di metri cubi, alla precedente classifica del benessere stilata tempo fa sempre da Il Sole 24 Ore in cui Siracusa era (anco-ra!) al 97° posto e soprattutto al problema dello scarico fognario illegale e abusivo di Targia. “Da tempo stimoliamo l’ammi-nistrazione a regolare la que-stione servendoci non solo degli striscioni, ma anche di denunce e solleciti. Se lei oggi chiedesse al sindaco Visentin quando in-

tende dare inizio ai lavori per il collegamento dello scarico al depuratore lui risponderebbe: ‘Domani avvio il cantiere’. Ma è una promessa che fa ormai da troppo tempo. All’inizio del viale Scala Greca è stato posto il cartellone del cantiere, ma, purtroppo, non è stata indicata né la data di inizio dei lavori né quella di fine”. Gli striscio-ni sono stati esposti da soci dell’Associazione o da amici che, solidali con la battaglia di Natura Sicula, hanno prestato volontariamente i propri balco-ni. Non sempre è facile vederli, specialmente perché le strade in cui sono posti sono luogo di ingorghi e confusione costanti, ma rappresentano comunque un tentativo di reagire alla de-cadenza in cui il nostro centro urbano sta cadendo. Tentativo che, evidentemente, non viene fatto dagli amministratori che, forse dimentichi dei loro ruoli o delle grandi possibilità che Siracusa offre, non riescono a sfruttarne doti e meraviglie, pensando che l’immagine di una bella città possa creare da sé il benessere. Ma bisogna considerare che Siracusa pos-siede, oltre alla straordinarietà dal punto di vista monumen-tale e paesaggistico, anche il più importante polo industriale di Sicilia. E per quanto questo possa avere la sua rilevanza dal punto di vista economico e produttivo, tanti, troppi sono i danni che provoca, le malattie e le morti che genera e pochi, po-chissimi, i mezzi utilizzati per far fronte a questa situazione.

I fratelli Palumbo (Blue Mamba): “Il Softair rifiuta ogni forma di violenza e l’ideologia della guerra”

LETTERE AL DIRETTORE

Salve, siamo l’ASD Blue Mamba di Siracusa. La nostra è un’Associazione Sportiva Dilettantistica che pratica la disciplina del Softair. Abbiamo letto l’articolo pub-blicato dal vostro settimanale in data 03/10/2009 riguardan-te il Softair. Purtroppo ab-biamo constatato che questo sport non è ancora ben cono-sciuto, vuoi per ingannevole pubblicità, vuoi per mancanza di vere informazioni. Tenia-mo a precisare che esiste un codice etico per questo sport, che è stato accettato e omolo-gato dal Centro Sportivo Edu-cativo Nazionale (CSEN). Il Softair è una disciplina sportiva sia di squadra che individuale, ed ha la finalità di incentivare il benessere, lo sviluppo e la tutela sia fisica che culturale degli atleti che lo svolgono.I principi fondamentali di questa disciplina sono l’ami-cizia e la solidarietà, senza distinzioni di sesso, razza, religione, nazionalità e ceto socio-culturale, parimenti

accogliendo il pieno rispet-to delle norme dell’Ordina-mento Generale dello Stato Italiano e degli Stati da esso riconosciuti. Il Softair rifiuta ogni forma e tipo di violenza, nonché l’ide-ologia della guerra mai intesa come primaria fonte ispira-trice bensì solo come circo-stanza storica e dimensione tecnologica. In questo senso il Softair assume una asso-luta autonomia di immagine rifiutando di caratterizzarsi con simboli e denominazioni identificativi di reparti, grup-pi, associazioni e formazioni militari, para-militari e/o po-litiche reali, siano esse attuali che del passato.Questo sport viene svolto pre-valentemente all’aria aperta comprendendo come valore primario la tutela della salute e dell’integrità fisica dell’in-dividuo e della collettività. Il Softair può praticarsi an-che in forma competitiva non agonistica, attraverso manife-stazioni, eventi, tornei e cam-pionati.

La nostra Associazione è affi-liata allo CSEN ed al C.O.N.I. e, per garantire la migliore tu-tela dell’integrità fisica degli sportivi, i praticanti hanno l’obbligo di stipulare polizze assicurative che garantisco-no loro e i terzi da eventuali danni alla persona ed alla pro-prietà che si dovessero verifi-care sia durante la pratica del Softair che nel contesto dove esso possa trovare regolare collocazione.Le nostre ASG sono al di sot-to del joule e sono a norma di sicurezza. Il loro funziona-mento è con batterie elettri-che ricaricabili ma esistono anche modelli con funziona-mento a gas. Non sono armi da fuoco perché appunto non contengono polvere da spa-ro. Nel caso in cui qualcuno utilizzasse pallini di metallo, si devono chiamare immedia-tamente le forze dell’ordine perché il loro uso è assoluta-mente illegale (vedi trafiletto vostro giornale).Noi giochiamo con pallini di plastica e non di gomma,

assolutamente innocui. Se per caso un pallino acciden-talmente dovesse riuscire a colpire il viso, l’unico se-gno potrebbe essere un lieve arrossamento momentaneo della pelle. Durante le parti-te non c’è mai scontro fisico e nemmeno dolore, infatti a Softair giocano anche le don-ne in squadra con gli uomini. Riguardo all’accenno fatto dalla vostra giornalista sulle gang e la microdelinquenza, ci teniamo a precisare che questi non sono un’esclusiva del Softair ma sono purtroppo la realtà della vita di oggi.Gli accessori che occorrono per il gioco sono comunissimi accessori posseduti anche da chi non pratica questo sport (orologio, bussola, torcia, binocolo). I costi non sono eccessivamente elevati; basti pensare che un semplice com-pletino di calcio per un bam-bino di 6 anni viene a costare 150,00 euro, senza poi conta-re tutto il resto. Inoltre, lo sport del Softair può essere praticato esclusi-

vamente con equipaggiamenti e attrezzature che non siano contrari alla legge e che non turbino l’Ordine Pubblico.Le divise sportive servono esclusivamente per confon-dersi e/o mimetizzarsi tra i vari tipi di vegetazione che abbiamo nel nostro territorio.L’abbigliamento viene acqui-stato in specifici negozi che trattano questo tipo di artico-li sportivi, ed i costi variano a seconda degli articoli (ad esempio: da un minimo di 40 euro ad un massimo di 150 euro per un paio di anfibi); del resto la stessa cosa accade quando si acquista una rac-chetta da tennis (ad esempio: si può partire da un minimo di 40,00 euro per arrivare poi alla cifra di ben 170,00 euro).Con la speranza che questa nostra lettera possa esser-vi di chiarimento, vi lascia-mo con il motto del nostro team: “Gens sana in ambiente sano”.Il Presidente (Sebastiano Pa-lumbo) – Il Vice Presidente (Andrea Palumbo)

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8 10 Ottobre 2009

Ci sono epoche storiche che si somigliano spaventosa-mente e che, con qualche distinguo, ripropongono le stesse concezioni, gli stessi presupposti, le identiche pau-re. Sessant’anni fa, nazismo e fascismo identificarono il “nemico” da combattere, cacciandolo via dalla socie-tà, sottoponendolo ad un re-gime discriminatorio che poi avrebbe prodotto l’orrore dell’Olocausto, la più grande tragedia dell’era contempora-nea. Si dimentica spesso che non furono solo gli ebrei ad esser condannati a simbolo della “alterità”: infatti, anche i Rom e gli omosessuali subi-rono sulla propria pelle la lo-gica dello sterminio. Nell’Ita-lia di oggi, in cui governano forze che basano il proprio successo elettorale sull’esal-tazione identitaria e maschi-lista (vedi la Lega nord o al-cune forze di estrema destra che sostengono il Pdl), è pos-

sibile riscontrare un’agghiac-ciante coincidenza: all’iden-tificazione del “nemico”, che oggi è l’immigrato (compreso quello di etnia Rom), ritenuto inferiore per la condizione di povertà, difficoltà o svantag-gio da cui proviene, è seguita la recrudescenza dell’intol-leranza nei confronti degli omosessuali. Non è un caso, infatti, che in un clima basa-to su identità e forza, in cui si esperisce un minaccioso restringimento dello spazio democratico, tutte le presunte diversità diventano “fastidio-se” o peggio ancora “perico-lose” e, quindi, vanno assolu-tamente combattute. In questo Paese c’è chi ha deciso di mostrare gli artigli, di colpire chiunque viva al di fuori degli schemi conven-zionali imposti dal pensiero dominante. Se qualcuno si li-mita alla derisione, che già di per sé è esecrabile, c’è anche chi va oltre, commettendo atti

di violenza, aggressioni nei confronti di individui ritenu-ti “diversi”. I recenti episodi di violenza omofoba hanno mostrato all’Italia la condi-zione di difficoltà in cui sono costrette a vivere delle perso-ne “colpevoli” solo di amare un’altra persona del proprio sesso. Nel 2009, c’è ancora chi crede di poter giudicare e perfino punire qualcuno per la sua scelta affettiva e ses-suale. Siamo davanti ad una irrefrenabile regressione del-la società italiana, una società in cui un uomo che va con più donne è guardato con rispet-to, mentre una donna libera, un omosessuale o una lesbi-ca sono addirittura puniti dal giudizio sociale e da alcune improvvisate “ronde della presunta moralità”. Il problema non è solo la vio-lenza, ma soprattutto la cultu-ra alla base di quella violen-za, che attraversa la mentalità e le abitudini degli italiani,

indicando modelli, schemi di pensiero, convenzioni indis-solubili. Ed è su questo che bisognerebbe intervenire pri-mariamente, come ci dice Ti-ziana Biondi, vice-presidente di Stonewall, associazione di iniziativa GLBT (Gay, Lesbi-che, Bisessuali e Transessua-li) fondata lo scorso anno a Siracusa: “Bisognerebbe fare un lavoro di alfabetizzazione. Se si partisse già da scuola sa-rebbe meglio, perché è inutile cercare di cambiare gente che ha più di sessant’anni, con una mentalità già radicata. I bam-bini, i ragazzi sono puri, pu-liti, non hanno preconcetti in testa. Per loro due donne che si baciano sono due persone che si vogliono bene. Sono le famiglie che inculcano in loro certe mentalità, certi schemi. Io ho una famiglia fantastica, non mi sono mai nascosta. Mio nipote, riguardo a me e alla mia compagna, dice sem-plicemente che ci vogliamo bene, senza alcuna difficoltà o remora. Le giovani genera-zioni sono più libere, aperte, meno intolleranti, soprattutto le ragazze”. Tiziana è originaria di Agri-gento, ha 36 anni, è laureata in Scienze Motorie, si occupa di psicomotricità e collabora con diverse scuole elementa-ri e medie. Vive da 16 anni a Siracusa e così può spiegarci, sulla base della sua esperien-za, come vivono un omoses-suale o una lesbica in questa città, quali difficoltà incon-trano quando camminano per la strada ma anche in ambito lavorativo: “Penso che Sira-cusa non sia stata mai parti-colarmente omofoba rispetto, ad esempio, a Catania o Pa-lermo, in cui ci sono più loca-li e più spazi di aggregazione ma c’è un atteggiamento più discriminatorio. Qui si vive meglio. Si è passati da periodi più pesanti, in cui si respirava un maggiore fastidio nei no-stri confronti, a periodi meno pesanti. Io cammino tranquil-lamente mano nella mano con la mia compagna e la gente non ci fa molto caso. Solo una volta, l’anno scorso, un tizio ci ha insultato, ma per il resto viviamo tranquillamen-te. Nei paesi della provincia, invece, gli omosessuali e le lesbiche vivono situazioni terribili, sottoposti a sfottò e ad atti di violenza. Riguardo al mondo del lavoro ci sono ancora grandi difficoltà. Non puoi permetterti di dichiarar-ti, a meno che non hai una posizione socialmente rile-

vante o sei una persona nota e facoltosa oppure se fai parte dell’associazionismo. Io sono un’educatrice e a scuola non mi dichiaro apertamente. Por-to al dito una fede che per me ha un grande valore, ma se mi chiedono se sono sposata ri-spondo di no, perché non mi va di mentire. L’ho detto solo ad uno dei dirigenti scolasti-ci con cui collaboro, perché sapevo che era una persona impegnata socialmente e con una mentalità più aperta. Agli altri non lo dico, anche per-ché per i genitori o gli inse-gnanti (specie di religione) questo potrebbe rappresenta-re un problema”. Sugli ultimi episodi di vio-lenza commessi da persone vicine alla destra estremi-sta, Tiziana commenta così: “Purtroppo è il risultato del clima di rifiuto verso ogni di-versità. Quelli di estrema de-stra hanno nella loro matrice il disprezzo della diversità, che è ciò che mette a repen-taglio le proprie certezze, le convenzioni. Vale per tutto. Così dicono che l’immigrato ti toglie il lavoro, l’omoses-suale distrugge la famiglia ed è un pervertito, ecc. E se non si risolve la cosa con le buo-ne, si fa con le cattive. Questa recrudescenza dipende da al-cuni fattori: oltre all’odio del diverso fomentato da alcune componenti del governo na-zionale, ci sono il bullismo, l’emulazione e gli attacchi continui della Chiesa. L’omo-fobia della Chiesa e la paura di ciò che non è convenzio-nale sono alla base della di-scriminazione nei nostri con-fronti. Ci sono molti gay che sono credenti, ma la Chiesa li fa sentire isolati, li emargina, creando loro grossissimi pro-blemi”. Dall’isolamento si esce spes-so grazie alla propria forza interiore, ma anche grazie al sostegno delle associazioni. Stonewall rappresenta, in tal senso, una grande novità, a Siracusa e non solo: “È nata un anno fa dall’unione di un insieme di persone, omoses-suali ed eterosessuali, e di as-sociazioni che si occupano di omosessualità, violenza sulle donne, minori, di psicologia e pedagogia, tutte riunite nel-la lotta alla discriminazione. Abbiamo attuato un progetto di indagine nelle scuole, sfo-ciato poi in un convegno sul tema. Dobbiamo ringraziare il sostegno del preside Alo-scari dell’istituto ‘Rizza’ che ci ha dato spazio. Altre scuole

Tiziana Biondi, omoaffettiva: “Siracusa è più aperta di Catania o Palermo. Si vive meglio”

“Ci sono molti gay che credono in Dio, ma la Chiesa li fa sentire isolati creando loro grossissimi problemi”

invece ci hanno rifiutato. Le isti-tuzioni non ci hanno nemmeno risposto. La stampa locale, poi, tranne qualche giornalista illumi-nato, ci ignora totalmente. Abbia-mo anche un telefono amico per ragazzi e genitori, il 3294344880, oltre ad uno sportello di ascolto e accoglienza per minori GLBT e lesbiche. Di chiamate ne arrivano tante, da parte di ragazzi e genito-ri. Soprattutto ci chiamano i tran-sessuali, che vivono la condizione peggiore, perché sono prigionieri

di un corpo che non è il loro. Han-no difficoltà per il lavoro e per la vita quotidiana. Sono derisi e spes-so finiscono per strada proprio a causa di questa solitudine”. Infine, Tiziana ci mostra quanto possa essere importante un intel-ligente utilizzo del linguaggio e una nuova strategia del movimen-to GLBT: “A me piace parlare di omoaffettività, poiché penso che siamo prima di tutto persone che ci innamoriamo, che instauria-mo rapporti affettivi. Prima viene

“I bambini sono puri. Per loro due donne che si baciano si vogliono soltanto bene”

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910 Ottobre 2009

Trionfano i giochi paramilitari nella nostra provinciaI ragazzi: “Lasciateci fare la guerra in santa pace”“Non c’è tolleranza, non c’è educazione culturale, visiva e psicologica”

Un gay: “Mi insultavano tanto e mi sentivo escluso e insicuroArrivavo al punto, non accettandomi, di sputarmi addosso”

Lo chiameremo Alberto. È un giovane di 25 anni, nato e cre-sciuto in provincia di Siracusa, il quale da qualche anno vive a Roma. È omosessuale e ci ha raccontato la sua esperienza, le sue angosce, le tante difficoltà incontrate nella sua giovane vita e le paure per un clima che diventa sempre più pesante nei confronti di chi ha un orien-tamento affettivo diverso da quello che la società definisce, senza appello e con molta ipo-crisia, “normale”.

Come hai vissuto personal-mente queste ultime vicende contro gli omosessuali? Quali sono le tue sensazioni?

“Sono veramente sconvolto da tutto quello che è succes-so. Dovremmo vivere in una libera democrazia ed invece ci ritroviamo ancora nel 2009 in queste misere condizioni. Pen-so che non siamo dei diversi, ma delle persone normali, che amano, sono attratte dagli uo-mini, o dalle donne nel caso delle lesbiche, e questo non dovrebbe essere elemento di discriminazione e diversità”.

Come ti spieghi questo recen-te aumento di violenza omo-foba?“Secondo me non c’è tolle-ranza. Questi atti sono sta-ti commessi perché non c’è un’educazione culturale, visiva

di MASSIMILIANO PERNA

di un corpo che non è il loro. Han-no difficoltà per il lavoro e per la vita quotidiana. Sono derisi e spes-so finiscono per strada proprio a causa di questa solitudine”. Infine, Tiziana ci mostra quanto possa essere importante un intel-ligente utilizzo del linguaggio e una nuova strategia del movimen-to GLBT: “A me piace parlare di omoaffettività, poiché penso che siamo prima di tutto persone che ci innamoriamo, che instauria-mo rapporti affettivi. Prima viene

l’affetto e poi la sessualità come naturale conseguenza. Con il ter-mine omosessualità, invece, si pone sempre l’accento sui rapporti sessuali, escludendo l’affetto. E’ questo che la società deve capire. E per facilitare la comprensione bisogna andare tra la gente, orga-nizzando iniziative per avvicinar-la. Dobbiamo uscire dall’autorefe-renzialità e smettere di rivolgerci solo a noi stessi. Attraverso la co-noscenza diretta è più facile aprire la mentalità delle persone”.

perché non avevo neanche un ragazzo all’epoca e non pas-seggiavo mano nella mano con un uomo. Mi chiedo: se fosse successa una cosa del genere allora che facevano? Mi spa-ravano? Mi davano fuoco? Mi lapidavano? C’era un tipo che quando mi vedeva mi in-seguiva per insultarmi e farmi paura”.

Come vivevi queste cose?

“Con terrore e tanta paura. Mi ricordo che una sera di mag-gio, durante la festa patrona-le, un’amica mi ha difeso da questo tizio, il quale reagì e la scaraventò per terra, dicendo-gli che doveva farsi i fatti suoi. Rivivo ancora questo ricordo e mi fa tanto male”.

In famiglia, con gli amici, a scuola come hai vissuto?

“Molto male. Arrivavo an-che a sputarmi addosso, per-ché mi sentivo solo, escluso. Non è bello sentirsi dire sem-pre le stesse parole. Mi porto un’enorme insicurezza dentro. Non mi accetto come persona, sia dentro che fuori”.

Ancora oggi?

“Sì, anche se oggi sto meglio, poiché vivo a Roma e diciamo che sono sicuramente libero, ma c’è dentro di me un velo di malinconia e di angoscia. Una sera, in Sicilia, davanti al cinema è successo che un altro tipo mi ha puntato la pi-stola sul fianco, volendo dei soldi da me. In quel momen-to ho visto la morte nella mia anima. Ho sentito che io ero di troppo, che c’era qualcosa

che non andava. Forse quello voleva farmi solo paura, ma in me questo episodio ha creato molte incertezze. Non è bello. Io credo che siamo tutti ugua-li. Vorrei sapere chi è diverso e in base a cosa. Io non sono diverso. È la società che lo stabilisce e la società è fatta male”.

Che differenze ci sono tra qui e Roma per un omosessuale?

“Non sto da anni in Sicilia, ma vedo che Catania è molto più aperta. È logico che vivere in un paesino sarebbe terrifican-te. Roma, al di là degli episodi, accoglie la nostra libertà, ma penso che i pregiudizi alla fine siano dovunque”.

Quanta solitudine c’è attor-no a voi? Conoscerai sicura-mente altre storie di solitudi-ne e di dolore.

“Sì. Soprattutto ci sono persone che si nascondono invece di su-perare il problema. Tipo il mio ex. La sua famiglia era e forse tuttora è all’oscuro di tutto”.

Per un ragazzo omosessuale bastano le associazioni per avere sostegno, aiuto, tutela?

“No! Sono le istituzioni che dovrebbero dare il buon esempio, tipo una legge con-tro l’omofobia, e ci vorrebbe un’operazione culturale vera. I politici dovrebbero esporsi, dire la loro, e invece?”

Un’ultima domanda: sei cre-dente?

“Ero praticante, ma a modo mio credo”.

e psicologica. Forse il popolo italiano deve fare ancora molti passi avanti per accettarci”.

Tu vieni da un paese del Sud, hai vissuto qui. Come si vive l’omosessualità in provincia di Siracusa? Quali problemi si incontrano?

“Nei miei 19 anni vissuti in Si-cilia ne ho incontrate tante di difficoltà. Non è bello cammi-nare per strada ed essere insul-tato. Le classiche “parolucce” che si dicono sempre. Sincera-mente a me dava molto fastidio

“I bambini sono puri. Per loro due donne che si baciano si vogliono soltanto bene”

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10 10 Ottobre 2009

Nel PD si eleggono i delegati per i congressiE in provincia nascono nuove convergenze

Entro lunedì la presentazione delle liste per le primarie. Il 22 Franceschini a Siracusa

di CONCETTA LA LEGGIA

Certo che questa settima-na che sfuma via è stata agli occhi del premier Berlusconi una delle più intense e fero-ci per la sua vita! Da un lato la sentenza relativa al lodo Mondatori, che ha condanna-to Fininvest al risarcimento di 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, l’altra sul giudizio negativo che la Corte Costituzionale ha espresso in merito al lodo Alfano e allo “scudo processuale” per le quattro cariche istituzionali dello Stato. La decisione del-la Corte ha attirato gli strali di Berlusconi e dell’intero centro destra perchè di fatto riapre i processi a carico del premier. La maggioranza e lo stesso Fini hanno già dichia-rato che il premier continuerà a governare perché legittima-to dai voti degli italiani e che se dovesse cadere Berlusconi non ci saranno alternative e si tornerà alle urne. Ma nessuno crede al voto anticipato: né Bossi, che non ha ancora po-sto termine ai suoi tentativi di frammentare l’Italia, né il centro sinistra con il Pd, teso per le diatribe interne acuitesi per la scelta a breve del nuo-vo segretario, nè l’UDC che sogna sempre il grande centro mentre l’IDV appare l’unica forza ad auspicare quanto pri-ma nuove elezioni. E mentre De Mita, Buttiglione e Ge-rardo Bianco si incontrano a Catania in un confronto a tre per discutere l’attualità delle idee di don Sturzo e lanciano l’ipotesi di un nuovo partito per i cattolici, il Presidente Napolitano, dinnanzi alla tra-gedia che ha colpito i comuni

messinesi, bacchetta il Gover-no nazionale insipiente verso il Sud e gli amministratori del mezzogiorno, incapaci di lavorare concretamente per il bene del proprio territorio. In questo marasma politico e sociale, il PD è proiettato verso le primarie del 25 Ot-tobre e i tre candidati di pun-ta, Franceschini (che sarà a Siracusa giorno 22), Bersani e Marino continuano ad in-contrare gli iscritti del partito e cercano di lanciare le ri-spettive proposte. La vittoria dell’uno o dell’altro non è, per la sopravvivenza del PD stesso, di poca importanza: gli elettori infatti dovranno scegliere tra un esponente del centro (Franceschini), con idee di sinistra, simbolo della continuità della linea politica veltroniana che ha tentato, in questi mesi, di dar corpo ad un partito ancora aleatorio e che vuole conquistare l’elet-torato di centro senza perdere consensi a sinistra, e tra un uomo di sinistra riformista (Bersani) capace di parlare al cuore degli ex DS, che vuo-le un partito più di sinistra, rischiando però di trascurare l’anima cattolica che, in caso di sua elezione, potrebbe non sentirsi più a casa per un ec-cessivo sbilanciamento e op-tare per partiti più centristi, come l’UDC. Chissà che a sorpresa, nel segreto dell’ur-na, non si voti per Marino, candidato di bandiera e che sta invece riscuotendo larghi consensi. Chiunque risulterà eletto do-vrà comunque misurarsi su temi di non poca rilevanza,

Roberto De Benedictis: “Con nuove elezioni regionali la Sicilia potrebbe perdere 9mld di fondi UE”

“Nel nostro gruppo la scelta di votare Lumia o Lupo indicache siamo l’unica area non militarizzata del Partito Democratico”

Roberto De Benedictis è categorico: “In questo momento politico nuove elezioni regionali non gioverebbero di certo né ai siciliani né al Pd. L’esperienza nega-tiva e il cattivo governo Cuffaro hanno trascinato la regione nuovamente alle urne causando alla Sicilia due anni di ritardo nella spesa dei fondi dell’Unione Europea: un altro momento politico così infelice rischierebbe di non fare accede-re la regione a tale volano di sviluppo che potrebbe andare a vantaggio di al-tri Paesi europei. Ciò mentre le imprese siciliane aspettano l’apertura dei bandi dell’Ue e di poter fruire dei 9 miliardi di euro, fermi appunto dalla caduta del governo Cuffaro. Dunque nuove elezio-ni probabilmente non garantirebbero una maggioranza più stabile ma di certo massacrerebbero l’economia nostrana. Peraltro si tratta di una decisione as-sunta dal partito regionale mentre una mozione di sfiducia, da noi presentata, non solo non avrebbe la giusta incidenza ma rischierebbe di spingere la maggio-ranza a ricompattarsi. Per di più il Pd è in questo momento impegnato in una fase congressuale sia a livello nazionale che regionale.

“La scelta di appoggiare Lumia come segretario regionale nasce dalla consa-pevolezza che egli sarebbe in grado di sottrarre il partito alle correnti naziona-li e potrebbe ridare autonomia al pro-getto politico e di crescita della Sicilia. D’altronde, nei circoli finora le consul-tazioni sono state interne coinvolgendo gli iscritti mentre il 25 Ottobre tutti e tre i candidati alla segreteria regionale potranno essere votati anche dai non tesserati e probabilmente l’esito delle primarie “aperte” sarà diverso dalle in-dicazioni finora consegnate dagli iscritti, anche per la popolarità e la stima di cui Lumia gode presso l’opinione pubblica. “Internamente ci siamo confrontati sul sostegno a Lumia e abbiamo mostrato, per la scelta di alcuni esponenti di vo-tare il candidato Lupo, di essere l’unica area non militarizzata del Pd e ciò è un pregio poiché il pluralismo è ricchezza di idee e il partito nel quale credo è un soggetto politico nel quale, sommando le differenze, si sommano le idee. Ritengo inoltre che se oggi non ci fossimo im-barcati in questo congresso e se Fran-ceschini fosse rimasto segretario, il Pd ne avrebbe tratto giovamento e il par-

tito avrebbe un segretario autorevole e solido, proprio come ha dimostrato di essere quello attuale tenendo un profilo fermo sulla laicità del Pd, dandogli iden-tità e realizzando un’opposizione non di slogan ma di contenuti: dunque, tutti elementi positivi che spingono verso una sua riconferma pur restando fermo che Bersani e Marino risultano due eccel-lenti candidature e personalità di alto livello. “Si tenga però conto che, così come le indicazioni nazionali sono sganciate dal livello nazionale, altrettanto separati ri-sultano i livelli provinciale e comunale. E’ chiaro che una valutazione e una scel-ta su come operare sul nostro territorio sarà solo successiva e legata al momen-to congressuale provinciale, ma vi è da constatare che, mentre sul territorio lo-cale si assiste a un forte impegno e lavo-ro degli eletti, siano essi consiglieri che deputati, si nota un’assenza totale del partito in quanto tale e ciò riguarda sia l’organizzazione interna che la rappre-sentanza di una linea politica. La verità è che mancano dirigenti capaci di diri-gere il Pd a prescindere dall’età e dalla novità”.

a partire dal nuovo assetto interno del partito: struttu-rato, con sezioni e luoghi di incontro, o “ leggero”, poco articolato e basato sulla co-municazione informatica? E poi l’eterno tema della laici-tà. Il PD, nato dalla fusione dell’area cattolica con quella socialdemocratica, di fatto questa fusione non l’ha mai raggiunta e il neo segretario dovrà decidere se spingere il partito verso posizioni esclu-sivamente imperniate sul cat-tolicesimo o propendere per un partito capace di rispettare le tradizioni cristiane ma au-tonomo e laico nelle scelte. Speriamo che comunque non sia il partito alla Binetti… E poi il tema alleanze. Sinora l’unica azione che abbiamo visto da parte del PD è stata quella di scagliarsi contro Di

Pietro, questo ex magistrato senza peli sulla lingua che ba-stona tutti con le sue idee e i suoi moniti. Dunque, forse il PD pensa di vincere da solo (alquanto im-probabile) e tornare a gover-nare o aprirà la discussione con tutte le forze del centro sinistra? Tutto sta adesso nel-le mani di chi andrà a votare il 25 Ottobre e da lì capiremo se questo incerto soggetto politico sarà in grado di met-tere le ali o se si spezzerà in più tronconi. Ma non si di-mentichi che il regolamento del PD è un gioco di scatole cinesi poiché si tratta di un congresso diviso in due fasi: nella prima hanno già votato i circoli per indicare i can-didati che andranno alle pri-marie, mentre il 25 Ottobre (nei gazebo) si voterà per il

segretario che dovrà essere eletto con il 50+1 per cento dei voti. Se nessuno arrivasse all’obiettivo, due settimane dopo un’assemblea, con voto segreto, voterà tra i primi due arrivati e possiamo immagi-nare in quale clima! Finora, soprattutto nella nostra Si-cilia, i voti nei circoli hanno consentito il prevalere dell’ex linea veltroniana ma il quadro regionale ha presentato un’al-tra figura di grande rilievo: quella di Beppe Lumia, già Presidente della commissio-ne antimafia, che è sceso in campo come candidato alla segreteria regionale da libe-ro battitore in opposizione al candidato Bernardo Mattarel-la (deputato regionale), soste-nuto da Bersani, e all’altro, Giuseppe Lupo (deputato re-gionale), esponente dell’area

Franceschini. Ma anche qui è tutto ancora da decidere come nella realtà aretusea: a Siracusa la linea Bersani-Mattarella è stata sostenuta dall’On. Marziano mentre l’area Foti-Nicita, assieme ad alcuni esponenti dell’area De Benedictis, hanno optato per Franceschini-Lupo; invece lo stesso deputato regionale De Benedictis, con la maggioran-za della sua area, ha suppor-tato la candidatura Lumia alla segreteria regionale e France-schini al nazionale. Sarà solo una coincidenza la separazio-ne Marziano-Foti o si tratta degli albori dei futuri assetti per il congresso provinciale che si terrà fra pochi mesi? Ci pare di capire che Giovanni Cafeo potrebbe non essere più il candidato della maggioran-za ma ogni area potrebbe sce-gliere di presentare un pro-prio referente collegandolo alle liste nazionali. Staremo a vedere.Nel frattempo il partito di Di Pietro comincia a strutturarsi e a riscuotere consenso nella nostra provincia presso l’opi-nione pubblica, come si è vi-sto nella conferenza tenutasi nel salone del Santuario, ed affida all’on. Raffaele Gentile l’incarico di responsabile na-zionale politiche per il Mez-zogiorno. L’ex sottosegreta-rio ai trasporti del governo Prodi che lamenta a Siracusa l’assenza di opposizione e la mancata convocazione del ta-volo del centro sinistra. Per fare un quadro della situazio-ne abbiamo intervistato vari attori del centrosinistra sira-cusano.

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1110 Ottobre 2009

“La maggioranza è formata da Foti-Nicita e Marziano-Consiglio Ribadisco che noi resteremo fedeli agli accordi finora raggiunti”

“Il coordinatore provinciale Giovanni Cafeo è un punto indiscutibile per ogni discorso”

On. Gino Foti, ex sottose-gretario al Tesoro, leader dell’area moderata del PD

Marziano: “E’ possibile che per il livello provinciale si possapresentare propri rappresentanti, al congresso poi si vedrà”

“L’importante è che chi si afferma nel territorio avvii poi una gestione unitaria del partito”

“Alla Regione i segnali di im-plosione e di dissolvimento sono evidenti e il centro de-stra ha mostrato di essere forte nella competizione elettorale ma assolutamente incapace di governare e di avere posi-zioni unitarie sul tema sanità, acqua, rifiuti. Abbiamo scelto, come forza politica in questo anno e mezzo di legislatura, di non essere né stampella del governo né però pregiudizia-li. Ciò vuol dire che quando il governo presenta proposte innovative e riformatrici il Pd sostiene tali idee, vice-versa se le proposte appaiono conservatrici e retrive come forza politica attacchiamo il governo. Ed è proprio il pro-filo tenuto dal Pd e il compor-tamento invece ambiguo del governatore Lombardo che hanno acuito la spaccatura nel

centro destra. “Intanto ci prepariamo, come Pd, al congresso nazionale e regionale e personalmente ho scelto di sostenere Pierluigi Bersani poiché egli è espres-sione del filone riformista, di un riformismo concreto ap-plicato al governo del Paese. Bersani è colui che ha preso provvedimenti forti contro gli interessi lobbystici: vedi sul tema delle farmacie e sulla li-beralizzazione della mobilità nelle città. E’ la figura poli-tica attorno alla quale si può dare una nuova identità al Pd e le sue idee sono rispondenti alle reali istanze del partito: ne condivido l’idea di ridare peso agli iscritti e di creare un partito strutturato, capace di fornire progetti e risposte concrete al territorio. Matta-rella in Sicilia è ovviamente la

scelta consequenziale a quan-to accennato: in sintonia con le idee di Bersani è anche una candidatura prestigiosa. Det-to questo comunque mi pare corretto che per l’elezione dei segretari si mantenga ovunque un profilo di serenità e di con-fronto senza eccessi, proprio come è accaduto sul territorio aretuseo, dove le votazioni per i candidati non hanno cre-ato tensioni o scontri ma si è trattato di momenti di crescita collettiva. “E’ chiaramente possibile dun-que che, sulla scia delle scelte seguite nei livelli superiori, si potranno, per il livello provin-ciale, proporre propri rappre-sentanti politici e creare liste collegate allo scenario nazio-nale di modo che chi si can-dida potrà essere riconoscibile per proposte e idee. Come dire

che al congresso provinciale si vedrà. L’importante è che anche nella nostra realtà, qua-lunque linea politica riesca ad affermarsi avvii una gestione unitaria nel rispetto di tutte le componenti poiché solo in tal modo il Pd potrà porsi come forza del centro sinistra per tornare a vincere e governa-re. Vi è comunque da rilevare che nella nostra realtà, tutti gli eletti, tanto i consiglieri quan-to i deputati, hanno costruito un’opposizione seria e forte creando momenti di unità tra-mite iniziative comuni. Certa-mente dobbiamo però recupe-rare l’attività complessiva di partito con proposte e progetti concreti e tornare a far funzio-nare gli organismi di partito affinché tutti si sentano real-mente coinvolti nei processi di decisione.

“La scelta di sostenere a se-gretario nazionale Franceschi-ni era ovviamente l’unica per quale la mia area potesse opta-re e noi moderati, che crediamo nel Pd, partito nato dalla fusio-ne di diverse anime, riteniamo che questo sia il soggetto po-litico per i cattolici moderati e che non vi siano altri partiti di collocazione. Franceschini è un esponente del centro che ha lavorato, in questi mesi, per creare un partito in cui tutte le componenti si riconoscano e per conquistare l’elettorato di centro senza perdere consensi a sinistra. L’elezione di Bersani sposterebbe l’asse del Pd verso

sinistra e molti dei cattolici mo-derati potrebbero non sentirsi più parte di un soggetto trop-po spostato dal centro. E’ vero comunque che il Pd affonda le sue radici proprio nelle diversi-tà di opinioni e pensieri mentre il Pdl ha un comandante unico, Berlusconi. Quando l’attuale premier non si occuperà più della coalizione, assisteremo a uno sfilacciamento della stessa e a prese di posizioni che sa-ranno diverse in base a chi le pronuncerà. Per ora Berlusco-ni governi e impari a misurarsi, come cittadino paritetico agli altri, con i problemi concreti della gente.

“Tutto il mese di ottobre sarà caratterizzato dal congresso nazionale e regionale del Pd; poi, a dicembre, si assisterà a quello provinciale. Chiarisco subito che l’area di maggio-ranza dell’attuale Pd aretuseo nasce dalla collaborazione tra due esperienze: quella Foti-Nicita e quella Marziano-Consiglio e ribadisco che noi resteremo fedeli agli accordi fi-nora raggiunti. Se poi l’area De Benedictis volesse avvicinarsi non vi è da parte mia alcuna pregiudiziale e vi è la massima disponibilità, pur nel rispetto delle precedenti alleanze. Ma una cosa è certa: il coordinato-

re provinciale Giovanni Cafeo è un punto indiscutibile e qua-lunque discorso passa dalla sua riconferma poiché egli ha tenu-to il Pd in un momento delicato della vita stessa del partito e di ciò è giusto dargli atto. “Inoltre non credo che Ma-rio Bonomo, che è stato da noi sostenuto, abbia scelto un allontanamento dalla nostra area anche perché non credo si debbano affrontare i problemi, che a mio avviso non esistono e sono stati mal interpretati, attraverso la stampa. Anche se è vero che non sento Bonomo da tre mesi, immagino che sia perché ognuno di noi si affida

alle scelte dell’altro. Non è poi possibile, in questo momento, incontrare le altre forze della coalizione proprio perché per il Pd è un momento delicato e congressuale e inoltre non mi pare assolutamente che l’oppo-sizione non sia attiva contro le attuali amministrazioni comu-nale e provinciale; al contrario gli organismi dirigenti del Pd parlano attraverso i consiglieri e i deputati e il loro impegno è costante. Il punto è un altro: a cosa serve opporsi dinnanzi ad amministrazioni di centro de-stra che da 15 anni non presen-tano proposte né trovano solu-zioni concrete ai problemi?”

“Aver condiviso la linea di Rutelli non significa che mi allontanodai miei amici a livello locale. E’ con loro che voglio far politica”

“In questo anno e mezzo di legislature ho capito che quello attuale non è il Pd che immaginavo”

“Partiamo dalla regione: in questo momento ci si sta muovendo per il riassetto dei conti pubblici che risultano disastrati e non è casuale che le riforme messe in atto sulla sanità, formazione professionale e lavori pubblici, dovessero mi-rare ad evitare gli inutili sprechi economici a cui abbiamo assistito durante gli anni. Il presidente Lom-bardo sembra aver dato un segnale di svolta e pare proseguire sul sen-tiero di un bilanciamento tra entra-te e uscite e avviare un percorso di moralizzazione: dunque il Pd per quelle iniziative che ritiene valide, innovative e che possono creare ricchezza per la Sicilia, non avver-serà il governatore; viceversa, se tutto cioè dovesse trasformarsi in paralisi, spingeremmo sul ritorno

alle urne. D’altronde, pur volen-do, Lombardo è stato fortemente legittimato dal consenso popolare, la minoranza è composta da soli 29 deputati su 60 ed è ipotizzabile un’azione reale di sfiducia solo con l’apporto dell’Udc. Comunque vada, di certo in questo anno e mezzo di legislatura mi sono reso conto che quello attuale non è il Pd che immaginavo, spesso il gruppo dei parlamentari si muove in modo compatto e più attento ri-spetto al partito nel suo complesso e noi deputati dobbiamo supplire alla mancanza di proposte concre-te e di idee innovative per questa regione a causa di un’involuzione che, a mio avviso, il Pd sta suben-do. Quest’ultimo periodo non è sta-to per niente positivo e mi auspico

che si concluda presto con l’elezio-ne di Franceschini, che rappresenta meglio i moderati di origine cattoli-ca ed evita uno schiacciamento del partito a sinistra. “Ho dichiarato in questi giorni di ritrovarmi sulle posizioni di Rutel-li poiché questi immagina di dare nuovi contenuti al Pd; per essere realmente “nuovi” bisogna dare un contenuto “democratico” all’ame-ricana e dunque non socialista, mentre non ho sostenuto Lumia perché avverso il suo sistema giu-stizialista. L’essermi trovato sulle linee di Rutelli non ha significato un allontanamento dai miei amici qui a livello locale poiché è proprio con loro che intendo portare avan-ti proposte e contenuti e ritengo che il coordinatore uscente, Cafeo,

vada riconfermato per il mirabile lavoro compiuto finora. Che poi si possano presentare più candidati, seguendo le linee del nazionale e regionale, non mi preoccupa: l’im-portante è però che si raggiunga una sintesi e che realmente si lavori per la risoluzione concreta dei pro-blemi del territorio, cosa che il Pd non fa a nessun livello pensando solo ad auto referenziarsi tramite i propri iscritti. A tutti i livelli, compreso il locale, bisogna aprire una parentesi rifles-siva e organizzare un’opposizione forte e vera contro due amministra-zioni che non solo non rispondono ai problemi reali ma che pensano solo ai posti di sottogoverno. Dun-que se ne vadano a casa sindaco, presidente e tutta la squadra!

MARIO BONOMO deputato regionale all’Ars per il Pd

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12 10 Ottobre 2009

Maniscalco: “Il medico scelto come direttore sanitarionon ha i requisiti. La nuova nomina sarà una sorpresa”

Il direttore generale dell’ASP: “Nei distretti la rimodulazione ospedaliera è ancora possibile”

di PINO BRUNO

“Un nuovo corso è iniziato, voglio chiudere con il passato”. Inizia così l’intervista che ci ha concesso il direttore generale dell’ASP, dott. Franco Maniscalco. Parole che ripeterà più volte durante il colloquio, per convincerci e convincersi. Non tutto dipende da lui, le inter-ferenze, le pressioni clientelari, le richieste dei politici, non mancheranno certamente e l’uo-mo, più che di resistenza, è dotato di capacità di mediazione. Diciamo subito che lo spunto per la conversa-zione è la conseguenza di un nostro precedente articolo sulle consulenze e le collaborazioni esterne che l’ASL 8 ha conferito negli anni precedenti ed in particolare nel 2008. “Io sono dell’idea – dice - che qualsiasi necessità ab-bia l’azienda debba essere risolta, per quanto possibile, con personale interno. Magari dopo un’adeguata formazione, dopo un adeguato aggiornamento, senza ricorrere a consulenti o collaboratori esterni”.

Negli anni passati non si può dire che questo sia avvenuto, c’è quindi la volontà di inter-rompere questa “consuetudine”?

“Chi mi ha preceduto non conosceva bene il personale, probabilmente ha ritenuto più sem-plice rivolgersi all’esterno. In ogni caso ho già risolto alcune collaborazioni laddove i rapporti contrattuali lo permettevano. La mia intenzio-ne è, come già detto, di avvalermi di persona-le interno e qualora non sia fattibile di cercare professionalità nell’ambito della nostra pro-vincia. Voglio dare un’impronta nuova al mio mandato”.

La legge di riforma impone una serie di cam-biamenti, alcuni hanno prodotto polemiche e probabilmente continueranno a produrle. Come pensa di gestire le pressioni che ven-gono dai territori, dai Comuni che si vedono sopprimere o trasferire questo o quell’altro reparto ospedaliero?

“Intanto, sono convinto che questa riforma vada nella direzione giusta. Una svolta era ne-cessaria. Nello specifico degli ospedali, non c’è dubbio che non poteva continuarsi con doppioni di reparti o con posti letto poco o mal utilizzati. Detto questo, nulla è definitivo. In base a quelle che saranno le necessità, i bisogni effettivamente documentati, il direttore gene-rale potrà proporre delle modifiche, potrà an-che rimodulare gli assetti organizzativi all’in-terno dei distretti ospedalieri. Certamente non può bloccarsi perché quel tal medico non vuole spostarsi (il riferimento è al reparto di gineco-logia di Lentini, n.d.r.)”.

L’organizzazione in base alle esigenze reali dei cittadini quindi? Tra queste esigenze vi è anche quella di strutture adeguate, non pen-sa che vi siano ancora troppe “incompiute”, troppi servizi fatiscenti?

“Certamente, prima di tutto vanno date rispo-ste alle esigenze dei cittadini, che significa programmare in base ai bisogni reali, che vuol dire non sprecare risorse mantenendo struttu-re e servizi poco utili per investire in quelli più adeguati ad una medicina moderna. Credo sia questo lo spirito della riforma e non solo l’esigenza di far quadrare i bilanci. Per quan-to riguarda strutture e servizi fatiscenti, col-go l’occasione per rispondere alla chiosa del suo precedente articolo. Lei si domandava se con la costituzione dell’ASP qualcosa sarebbe cambiato, sottolineando che il restyling era co-minciato solo dai locali della direzione gene-rale. In effetti, è tutto il palazzo cosiddetto ex INAM oggetto di lavori, la direzione generale senz’altro perché trascurata da troppo tempo, ma anche tutti i locali del distretto di Siracusa, il poliambulatorio, parte degli esterni dove è stato necessario mettere in sicurezza cornicioni e intonaci per non rischiare di essere chiamati

in causa per danni arrecati ai passanti. Come lei sicuramente saprà, l’edificio non è più di pro-prietà dell’azienda, per questo ho già interessa-to la società che gestisce il fondo immobiliare siciliano in cui sono confluiti alcuni immobili dell’ex ASL affinchè effettui lavori più consi-stenti. Quello che ho cercato di fare è di rende-re più accoglienti, e più puliti, i locali di primo impatto con il pubblico.”

Conosciamo perfettamente la vicenda del fondo immobiliare siciliano per essercene occupati in precedenti articoli, “un’opera-zione non conveniente ed assai criticabile” fu definita dal procuratore della Corte dei Conti nella relazione n° 99 del novembre 2008. Ma questa è un’altra storia. Tornia-mo al restyling, la nostra preoccupazione era quella che tutto si fermi a questo palaz-zo perché sede della direzione, mentre non mancano certo strutture soprattutto in peri-feria che avrebbero necessità di una rinfre-scata e magari di qualcosa di più. Su questo può prendere un impegno?

“Per la verità ho già iniziato ad “impegnar-mi”. Nei mesi in cui ho svolto la mia attività come commissario ho iniziato ad occuparmi di quest’aspetto. Visitando le varie strutture della provincia ho individuato quelle che avevano necessità più urgenti, ad esempio i locali del distretto di Lentini mi sono sembrati veramente inadeguati per una struttura sanitaria ed ho già disposto per una loro ristrutturazione. In fon-do il tempo avuto a disposizione è ancora bre-ve, ma ho intenzione, anche su sollecitazione dell’assessore alla sanità, di provvedere a ren-dere più accoglienti i servizi di primo impatto per il cittadino. Per questo ho pensato che una delle priorità è quella dei pronto soccorso. Per alcuni è già stato fatto un discreto lavoro, altri hanno urgenza di miglioramenti. Le esigenze sono molte, cercherò di non trascurarne nessu-na compatibilmente con le risorse a disposizio-ne. Un altro esempio voglio però sottolinearlo perché si tratta di un risultato a cui tengo par-ticolarmente.”

Indovino, l’hospice?

“Proprio l’hospice. Dopo tante discussioni e polemiche, finalmente possiamo dire che sia-mo riusciti ad aprirlo effettivamente. Una strut-tura inaugurata più volte ma mai avviata. Non è stato semplice, perché dopo le inaugurazioni i locali sono tornati ad essere di fatto inutilizza-bili. Senza arredi e senza materiale alberghiero. Oggi, grazie anche all’apporto del dott. Mo-ruzzi, oncologo che vi presta servizio, è stata consegnata alla cittadinanza una struttura mo-dello. Ci siamo preoccupati, considerato il tipo di utenza, di offrire un servizio quanto più ac-cogliente. Abbiamo cercato anche di utilizzare materiale non anonimo, lontano dall’aspetto francamente un po’ squallido che spesso hanno le strutture sanitarie. Anche i colori usati non sono casuali. Lo vada a visitare, mi conceda di esprimere la soddisfazione.”

Lo faremo sicuramente. Un’ultima doman-da. L’assetto della direzione aziendale non è ancora completo, il direttore sanitario non si è ancora insediato, quando avverrà la no-mina definitiva?

“Vi sono stati dei problemi nella scelta del di-rettore sanitario, il medico che avevo indivi-duato in un primo momento è risultato non ave-re i requisiti richiesti dalla legge. In settimana farò comunque la nomina e l’organigramma sarà completo.”

Qualche sorpresa?

“Sì, qualche sorpresa.”

Si conclude così questo breve colloquio con il

nuovo direttore dell’ASP, dott. Franco Mani-scalco. Come promesso siamo andati a visita-re l’hospice all’ospedale Rizza. L’unico com-mento che possiamo fare è che vorremmo che tutte le strutture sanitarie fossero come questo piccolo gioiello, a dimostrazione che quando si vuole si possono fare le cose per bene. Speria-

mo sia veramente l’inizio di un nuovo corso. Per questo fra le domande che abbiamo fatto, e le tante altre che avremmo voluto fare, è ri-masta in sospeso quella sulle “incompiute”. Ri-mandiamo alla prossima volta perché vogliamo sapere cosa succederà per la “madre di tutte le battaglie”: il nuovo ospedale di Siracusa.

“Visitando le varie strutture della provincia ho indi-viduato quelle che avevano necessità più urgenti, ad esempio i locali del distretto di Lentini mi sono sem-brati veramente inadeguati per una struttura sanita-ria ed ho già disposto per una loro ristrutturazione. In fondo il tempo avuto a disposizione è ancora bre-ve, ma ho intenzione, anche su sollecitazione dell’as-sessore alla sanità, di provvedere a rendere più acco-glienti i servizi di primo impatto per il cittadino”

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1310 Ottobre 2009

La notizia è apparsa su “Il messaggero” di qualche gior-no fa: a Udine una parte del cimitero è stata riservata alle salme, finora 200, di defun-ti di religione musulmana. Caratteristica delle tombe in questione è quella di essere orientate verso La Mecca e la città friulana è la prima, e unica, città italiana ad aprir-si alla multiculturalità in tal senso ed a rendersi piena-mente conto che la presenza di esponenti di religioni di-verse da quella cattolica ha ormai dimensioni così vaste da non poter essere sottova-lutata. Purtroppo, se gli udinesi compiono un gesto che meri-ta le lodi per la lungimiran-za e la larghezza di vedute dimostrata, i siracusani non possono altrettanto vantarsi poiché – di cimiteri nemme-no a parlarne – nella nostra città manca un vero e proprio luogo di culto musulmano. Ciò comporta che non è raro incontrare gente che stende uno stuoino sui marciapiedi delle vie cittadine, si rannic-chia con le braccia in avanti e orientate verso La Mecca, pregando, sotto lo sguardo attonito, incuriosito, divertito forse, dei passanti. In realtà apprendiamo che secondo la religione islamica la preghiera è un fatto mera-mente personale, un’azione che non deve essere svolta necessariamente in un luogo di culto; Ramzi Harrabi, tu-nisino islamico ma non prati-cante, ci spiega che “si prega con il cuore e lo si può fare ovunque, anche su un tappe-tino lungo un marciapiede. Questo, tuttavia, non giusti-fica”, prosegue Ramzi, “la mancanza di appositi luoghi di culto islamici”. “L’Italia si dichiara un pa-ese laico”, commenta amara-mente il nostro intervistato, “eppure la mia religione è ap-pena tollerata; probabilmente parte della colpa è imputabi-le alla paura che la gente ha di questo culto grazie a va-rie esagerazioni e menzogne mediatiche sul mondo isla-mico”. Ramzi è consapevole che sarebbe ingenuo, dopo il triste avvenimento dell’11 settembre 2001, illudersi che non esista un diffuso clima di paura nei confronti degli ara-bi in generale ma suggerisce: “riunendo i musulmani in un luogo di preghiera, una mo-schea, le autorità potrebbero addirittura monitorarli. La maggior parte di loro è brava gente, che le autorità faccia-no i controlli dovuti è auspi-cabile, non abbiamo niente da nascondere; ma avere un luogo dedicato a questa re-ligione sarebbe una grande conquista per noi, conferme-rebbe la laicità di questo Sta-to, riconoscerebbe la dignità del nostro culto”. Peraltro, secondo Ramzi, si

tratta anche di una questione di “parità”: negli Stati in cui la religione più professata è quella islamica esistono co-munque delle chiese catto-liche e dei centri in cui ope-rano suore e preti. “Questo spesso viene dimenticato, ma in Tunisia ed anche in altre zone del mondo islamico, pur essendo la comunità cristiana esigua, si trovano dei luoghi di culto ad essa riservati. For-se solo in Arabia Saudita non ve ne sono ma, d’altronde, neanche noi pretendiamo di avere una moschea all’inter-no del territorio di Città del Vaticano!”. “La paura del prossimo di-laga ancora, soprattutto quan-do il prossimo in questione professa il culto islamico; eppure nella nostra provincia vivono 4 mila persone di re-ligione musulmana: è adesso il momento in cui esse do-vrebbero agire per affermare la loro dignità, per trasforma-re le “moschee-fai-da-te” in veri e propri luoghi sacri. Ma la colpa non è solo dell’iner-zia degli arabi; dovrebbe es-sere il Comune a farsi carico della costruzione di un luogo di culto adatto”. Ramzi de-scrive, con una metafora, il rapporto tra la comunità ara-ba e l’amministrazione del nostro Comune: “Non sono i figli che decidono cosa chie-dere al padre; è, viceversa, il padre che, con i suoi atteg-giamenti, fa capire ai figli fin dove possono spingere le loro richieste. Finora non è stato ancora raggiunto lo step sociale adatto, quello in cui i musulmani potranno chiedere la costruzione della moschea e il Comune darà il via libe-ra”. Sarebbe stato interessante sapere cosa ne pensa in pro-posito l’assessore alle poli-tiche sociali Salvatore Ca-stagnino e lo stesso Ramzi Harrabi ha cercato di metterci in contatto con lui, ma inva-no: su tale argomento l’am-ministrazione comunale non è ancora, forse, interessata al confronto e al dialogo. Ramzi ci istruisce: “Il ter-mine moschea non è stretta-mente legato alla religione islamica; in arabo tale parola significa “luogo in cui ci si inchina a Dio”; questa defini-zione si adatta tanto alle chie-se quanto alle sinagoghe, ri-corda i nobili obiettivi di ogni religione. Avere una moschea a Siracusa significa conferire anche alle persone musulma-ne un luogo in cui inchinarsi dinanzi a Dio: è una questio-ne che ha importanza sociale prima ancora che religiosa”. Al momento il luoghi in cui i musulmani si inchinano per pregare, ove non si tratti di marciapiedi, sono dei bassi, dei garage . Una saracinesca sollevata a metà consente di leggere, in arabo e in italia-no, “moschea” ma questo ter-

“Costruire una grande moschea a Siracusaper noi islamici sarebbe una grande conquista”

“Nella nostra provincia vivono più di quattromila musulmani”

di MONICA LANAIA

mine evocativo non cancella l’impressione di squallore del luogo. Da notare, en passant, che la moschea in questione, che si trova alla fine di via Pasubio, sorge accanto ad una bottega di falegname e ad una di meccanico: l’ambiente è davvero poco mistico. Esiste inoltre un luogo, all’ingresso di Cassibile, che lascia davvero allibito chi osi avventurarvisi: si tratta di una moschea o, almeno, tale è il termine teorico poiché, in re-altà, si tratta di vecchi ruderi che si affacciano sulla strada provinciale. Un’indicazione – ma anche in tal caso occor-re molta fantasia per definire “indicazione” questo residuo di cartello – apre la strada a uno spiazzo che nulla ha da invidiare ad una baraccopoli. Muri diroccati contornati da ammassi di rottami e spazza-tura costituiscono dei luoghi di ritrovo, delle abitazioni anche, di povera gente, per lo più extracomunitaria. Da qui vengono prelevati i nuovi “schiavi” delle campagne: gli stranieri, magari clandestini, sfruttati in condizioni misere e disumane nei campi limi-trofi. Una delle porte arrugginite

è la moschea: ai lati degli sti-piti sono allineate delle scar-pe poiché vi si accede scalzi; l’odore di souk, di spezie e aromi aleggia tutto intorno mentre il silenzio irreale del luogo è interrotto, di tanto in tanto, da una cantilena araba, una preghiera. Incontriamo Nazhik Mo-hammed che ci mostra or-goglioso la sua casa e le sue piantine disposte sui davan-zali di finestre chiuse con assi di legno. “Sì, c’è una moschea ma è molto piccola, per 30-40 persone al massi-mo”, ci informa Mohammed, “Questo terreno è di proprie-tà del marchese di Cassibile che gentilmente ci consente di usarlo per pregare; ovvia-mente noi” commenta “siamo stranieri sul territorio italiano e le chiavi del luogo non ce le consegnano: viene un respon-sabile ad aprire la moschea e poi la richiude”. Gli chiedia-mo se i musulmani si siano mai organizzati per creare una moschea vera e propria che sostituisse questi magaz-zini adibiti a luogo di culto e Mohammed sospira: “Ab-biamo fatto tante “domandi-ne” ma nessuno ci aiuta: il Comune ci ha risposto che ci

sono troppi debiti e manca-no i fondi per la costruzione della moschea. Per ora siamo qui grazie alla bontà del Mar-chese, ma cosa succederà in futuro? Dove andremo a pre-gare?”. Mohammed ci spiega che i musulmani non si sono rivolti solo all’amministrazione co-munale, ma anche ai privati, proprietari di magazzini e garage, chiedendo che affit-tassero o regalassero loro un luogo più confortevole in cui professare il culto. “Prefe-riscono tenerli chiusi e vuo-ti piuttosto che darli a noi”, afferma, “Hanno paura che creiamo confusione e tensio-ni, ma noi siamo solo in cer-ca di un luogo per pregare, di un luogo da rendere sacro, nient’altro”. Mohammed è amareggiato che “nessuno faccia passi verso l’Islam. Sarebbe un bel regalo per noi avere una moschea e invece siamo i soli stranieri che non vengono aiutati e, al contra-rio, guardati con diffidenza. Altri giornalisti sono venu-ti qua a farci delle domande e poi hanno scritto in modo negativo su di noi ” asserisce l’uomo e inarca un sopracci-glio, sospettoso.

Infine sorride “Dio benedi-rà chi ci aiuterà regalandoci una vera e propria moschea perché farà del bene nei no-stri confronti”. La multiculturalità non è più una evenienza remota, un mero argomento di discus-sione salottiera: è, ormai, un fatto e occorre iniziare a fare i conti con essa nelle scuole, nei luoghi di culto, nei cimi-teri e ovunque si incontrino individui che, pur avendo di-versi vissuti, godono di pari dignità; occorre superare ciò che Ramzi ha definito “pi-grizia culturale” ossia quel disinteresse e mancanza di curiosità nei confronti di cul-ture diverse che si alimenta di pregiudizi e preconcetti. È possibile che parte dell’opinione pubblica, trau-matizzata dagli avvenimenti degli ultimi anni, nutra anco-ra dei timori nei confronti del mondo islamico, ma è indi-spensabile discernere accura-tamente la sparuta minoranza di terroristi dall’ampia fetta di gente onesta che, come Nazhik Mohammed ci ha ri-petuto a lungo, “cerca solo un po’ di aiuto e un luogo digni-toso per pregare”.

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14 10 Ottobre 2009

A bocce al momento ferme, in attesa che il consiglio comunale e quello provinciale si pronun-cino per la parte di loro compe-tenza – con quale autonomia dai rispettivi massimi rappresen-tanti della coalizione di appar-tenenza, sindaco e presidente, sarà tutta da vedere –, il futuro universitario di Siracusa appare perlomeno fosco. Una riduzione sostanziale del numero dei cor-si - dagli otto dell’ultimo anno accademico alle due proposte formative ipotizzate, tra le quali solo una, quella quinquennale di architettura, certa… per ora: “È stato inspiegabilmente sop-presso anche il corso triennale in Scienza dell’architettura e ingegneria edile, eppure totaliz-zava il massimo delle iscrizioni: un non senso”, commenta Salvo Baio; una diminuzione netta di circa mille studenti – da 2.220 a 1.200 -; un’offerta formativa privata “di una sua parte parti-colarmente qualificante e radi-cata nel territorio”, così l’onore-vole Bruno Marziano in difesa del corso di beni culturali, uno scippo non condiviso neanche dagli esponenti di destra del cda del Consorzio Archimede: “È pressoché certo che tra un anno verrà riattivato a Catania – com-menta Baio -, il taglio risponde a dinamiche accademiche, non a un confronto sul merito”. Questo è dunque quanto hanno “tesaurizzato”, allo stato dei fatti, Roberto Visentin e Nicola Bono. Rimane per altro solo una pia intenzione, una dichiarazio-ne di intenti, l’attivazione del percorso di studio interfacoltà di Scienze della pianificazione

territoriale.Nel protocollo di intesa, sotto-scritto il 15 settembre scorso dal professore Antonino Rec-ca, rettore dell’Ateneo catane-se, e i massimi rappresentanti degli enti locali siracusani, si concorda di “istituire”, a parti-re dall’anno accademico 2010-2011, il nuovo corso di studi, ma rimane la nebbia più fitta sui tempi necessari alla sua re-ale attivazione “che è ben altra cosa rispetto all’istituzione” come evidenziano i più com-petenti. Eppure le decisioni assunte sono state offerte alla pubblica opinione come si trat-tasse dell’eccezionale vittoria di sedicenti salvatori della facoltà di architettura, promotori di un radioso futuro per gli studenti tutti.Si è partiti, già dalla primavera, con un’incredibile bagarre sul destino universitario di Sira-cusa e tutto sembrava vertere su aspetti economici, sul rien-tro di un debito pregresso nei confronti dell’ateneo catanese di ben 11 milioni di euro, per i quali si chiedeva un piano di rientro successivamente con-venuto. Si è poi spostato l’asse della discussione sulla utilità di corsi costosi ma dalla limitata produttività. Oltre 60 milioni di euro impiegati in un decen-nio per raggiungere un tasso di occupazione, tra gli 800 neolau-reati, pari al 5%. Si è contestato in particolare la disoccupazione degli studenti in Beni Culturali e in Tecnologie applicate, quasi che si trattasse di un fenomeno locale anzichè nazionale, se non dalle dimensioni ancora più am-

pie, o quasi che i neo architetti d’Italia non siano anche loro condannati a un duro, e forse vano, impegno per riuscire a conquistare la dignità di lavo-ratori.Quindi la soluzione, indivi-duata nell’ambito di incontri ristretti che hanno visto anche l’esclusione dell’ancora in ca-rica presidente del Consorzio Archimede Salvo Baio (eviden-temente non compatibile per appartenenza politica), ricercata senza un pubblico dibattito, pre-clusa a una verifica con le forze intellettuali della città: il corso di Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesag-gistica e ambientale, presentato come “unico nel Mezzogiorno e l’unico assoluto in Sicilia, “im-perdibile occasione per il rilan-cio qualitativo dell’offerta for-mativa siracusana”: così Nicola Bono. E l’università di Napoli, quella della Calabria, di Paler-mo, di Messina? Tamquam non essent direbbero i latini.Ma nessuno studio è stato ela-borato per valutare le effettive possibilità occupazionali dei futuri ingegneri specialisti. Nessuna analisi di sistema è stata condotta per verificare se proprio di queste figure profes-sionali si avverta la penuria o se possano essere la vera risposta a una crisi occupazionale che nel meridione trova le punte più alte dell’intero Paese. Aleggia così il sospetto che tutta l’operazione fin qui condotta, in piena sinto-nia con quanto accade a livello centrale con il disegno riformi-stico del ministro Gelmini, non sia che mera strategia ragionie-

Salvo Baio: “Lo smantellamento dell’Università non è dipeso dai debiti, dai docenti e dagli allievi”

“Scienze della pianificazione territoriale unico nel Sud”. Ma c’è in Calabria, a Palermo e Messina…

di MARINA DE MICHELE

ristica, un modo per far tornare i conti e chiudere il rubinetto di un’erogazione di risorse, in re-altà nel passato non sempre sa-pientemente utilizzate.Sebbene il quasi ex presidente Salvo Baio dichiari con l’asso-luta certezza di non poter essere smentito: “Non c’è nessun pro-blema di risorse, come tutti san-no bene. Sono già impegnate nel bilancio della Provincia seppure non ancora trasferite al Con-sorzio per meri motivi tecnici connessi al rispetto del patto di stabilità. 11 milioni di debiti, se si esclude circa un altro oggetto di contestazioni, per i quali si è deciso un piano di rientro in 4 anni” -, più volte dalle parole del presidente della Provincia sono emerse preoccupazioni sulla sostenibilità economica del sogno universitario della cit-tà aretusea. “Non di svendita si tratta come sostiene l’opposizione, ma di un accordo che costituisce un oggettivo miglioramento ri-spetto al passato, sia in termini di qualificazione dell’offerta

formativa che di spesa soste-nibile anche in una prospettiva decennale. Realizziamo in que-sto modo un congelamento della spesa laddove il mantenimento dei corsi attuali l’avrebbe fatta levitare a 18milioni di euro per effetto dei decreti Mussi e Gel-mini che, imponendo almeno il 50% dei docenti di ruolo e non più a contratto, portano il costo di ogni singolo corso di laurea ad almeno 3milioni di euro. Così, con 4 milioni, senza al-cun aggravio di spesa, abbiamo mantenuto la facoltà di architet-tura e rilanciato l’offerta con un nuovo corso unico in Sicilia”. Un’affermazione decisamen-te discutibile e da verificare se anche risponde a verità quanto chiarito da Baio: “I corsi attivati a Siracusa avevano sia i requi-siti di numerosità degli allievi sia quelli di docenza con i 14 docenti “strutturati” a beni cul-turali, i 12 a tecnologie, i 36 di architettura. Non per altro il cor-so di tecnologie è potuto partire a Catania con un anno di antici-po. La nostra proposta era stata

di unificare i due corsi, non di sopprimerli”. Solo una scelta di caratte-re finanziario quindi, quella dell’amministrazione in carica, una logica che sembra mira-re a un risparmio sostanzioso ottenuto anche con il previsto cofinanziamento da realizzare, secondo l’accordo di settembre, con una quota-parte delle iscri-zioni degli studenti a Siracusa. D’altra parte che le scelte non siano dettate da un profondo convincimento di ordine cul-turale è sotteso anche nei tanti interventi sui media dei princi-pali attori della controversia e nei non detti di chi è più dentro le segrete cose. Si evince infat-ti con sostenibile certezza che la proposta relativa alla nuova offerta formativa non nasce da un’intuizione del rettore di Catania attenta alle esigenze del territorio, dalla volontà re-ale di fare del polo siracusano “la quarta università siciliana”, come si è scritto, quanto piut-tosto da precisi imput dei nostri amministratori.In diverse occasioni il professo-re Antonino Recca è sembrato dissociarsi dalla opzione emersa anche dichiarandosi favorevole a eventuali proposte alternati-ve, a un’abolizione “tranquilla” del corso di laurea sulla piani-ficazione, mentre dal sindaco Visentin e dal presidente Bono è venuto il più entusiastico sostegno alla scelta operata: “Il corso di laurea unico nel Me-ridione!” (sic!), non dopo aver tuonato però, nei primi mesi della diatriba, “al tradimento”.

Vincenzo Consolo: “Avevo giurato a me stesso che da grandesarei vissuto per sempre a Siracusa, ma poi… che delusione!”

di ISABELLA MAINENTI“Ero stato a Siracusa, la prima volta, nel 1950. (…) Si davano quell’anno le Baccanti di Euri-pide e I Persiani di Eschilo. Ri-cordo che la mia attenzione, la mia emozione non fu per le tra-gedie, ma per Siracusa: mi parve una città bellissima. E non per le sue antichità greche, o almeno non solo per quelle, ma per i monumenti medievali e baroc-chi, per i palazzi moderni, per la sua vita, la sua atmosfera, la sua particolare grazia, la sua civiltà. (…) Ricordo che, per quei desi-deri che hanno spesso gli ado-lescenti, enunciati come fermi proponimenti di realizzazioni possibili, dissi solennemente a me stesso che appena ‘grande’, mi sarei trasferito a Siracusa, in quella città sarei vissuto tutta la vita”. Questo il quadro che Vincen-zo Consolo nel suo Le pietre di Pantalica fa della città di Si-racusa. Un luogo magico il cui fascino irresistibile per lo scrit-tore potrebbe essere paragonato a quello che oggi attira tutto il mondo in città più grandi, più

importanti, nelle metropoli e megalopoli. Certo Siracusa era ed è qualcosa di assolutamente diverso: una cittadina piccola, con nessun grande ruolo nelle questioni di attualità sia politica che economica, nessun avve-nimento eccezionale e una vita serena. Ma la cultura ha però sempre rivestito un ruolo fonda-mentale nell’esistenza di questo agglomerato urbano di modeste dimensioni: dagli scavi archeo-logici ai monumenti di eccezio-nale bellezza, ai resti barocchi, alle spettacolari rappresentazio-ni classiche. Tutto a Siracusa ha sempre ruotato intorno al suo passato, alla sua storia, alla bel-lezza che la sua antichità offre. Una bellezza che si ripropone sempre in maniera originale e nuova, sia al cittadino abituato a passare davanti alla tomba di Archimede o a passeggiare in Piazza Duomo, sia al turista che per la prima volta si trovi a visi-tare il teatro greco o l’orecchio di Dionisio. E’ evidente che si tratta di una città piena di risorse che se sfrut-

tate al meglio possono creare in-torno a sé un clima di benessere per chi ci vive quotidianamente, e accoglienza per chi la respira per breve tempo. E’ questa pro-babilmente la sensazione che Consolo vuole trasmettere nella sua opera dandoci il ritratto di una città di cui probabilmente noi neanche ci ricordiamo più. E non perché non siamo capaci di notare ancora oggi le bellezze monumentali e storiche che ci circondano, quanto perché non siamo assolutamente in grado di dar loro frutto, di dar loro un si-gnificato, oscurandole con l’in-competenza nella gestione del territorio e con la conseguente presenza di problemi che rendo-no la vita in città davvero este-nuante. Continua Consolo: “Sono tor-nato a Siracusa dopo più di trent’anni (…), nel teatro di Si-racusa era tutto un clamore di clacson di automobili, trombe di camion, fischi di treni, scoppiet-tio di motorette, sgommate, stri-dori di freni, grattate di marce, un sibilare acuto di sirene anti-

furto, un gracchiare d’altopar-lante di un vicino luna park… Attorno al teatro (…) il pae-saggio sonoro di Siracusa era orribile, inquinato, selvaggio, barbarico (…), il paesaggio visi-vo era ancora peggio: strade, su-perstrade, tralicci, ciminiere ser-rano la città, sono a ridosso del teatro. E, usciti dal teatro, che cosa si vede? La distruzione e lo squallore: un paesaggio di ferro e di fuoco, di maligni vapori, di pesanti caligini. Le raffinerie di petrolio e le industrie chimiche di Melilli e Priolo, alle porte di Siracusa, hanno corroso, avvele-nato la città. (…) la Siracusa che avevo visto trent’anni prima, quella in cui avevo pensato di andare a vivere, non esiste più”. Si rimane davvero così delusi nel vedere il cambiamento di una città? Il passaggio da luogo del sogno, del futuro, a luogo di cemento e inquinamento, può davvero creare questa amarez-za? Probabilmente i turisti e visitatori che oggi vengono a Si-racusa non si accorgono di tutto questo, già abituati come sono al

rumore delle grandi città, al traf-fico, agli ingorghi, alla confu-sione. Forse l’unica cosa su cui pongono la loro attenzione è la grave assenza di mezzi pubblici e la necessità di girare per la cit-tà a piedi, ma non è certo questo che fa pensare loro di trovarsi nella città col più basso livello di benessere in Italia. Anzi, proba-bilmente, Siracusa appare loro quasi alla stregua di un’isola felice, soprattutto se paragonata alle grandi città da cui maga-ri gli stessi turisti provengono. In fondo, anche quando c’è un traffico per noi esagerato, la città si riesce ad attraversare nel giro di mezz’ora: e questo, per chi è abituato a fare altrove ore e ore di fila, può apparire senz’altro positivo. Ma, per chi ci vive a Siracusa, la realtà è molto di-versa: date le sue dimensioni, la città potrebbe essere attra-versata in molto meno tempo e immettendo sulle strade un mi-nor numero di mezzi privati, se solo quelli pubblici esistessero, fossero funzionanti e dotati di corsie preferenziali che ne im-

pediscano il blocco nel traffico. E poi l’aria: inquinata e malata. Non c’è neanche l’accortezza di provvedere a un po’ di verde che possa quantomeno depurar-la un po’. Dove sono i parchi, gli alberi, i giardini pubblici? Perché si lascia che l’aria mal-sana arrivi direttamente e senza impedimenti sulla nostra città e nei nostri polmoni senza fare nulla? Aumentano le dimensioni della zona industriale, aumenta-no i malati, aumentano i casi di tumore, aumentano le morti, au-mentano i bambini con malfor-mazioni, aumenta il malessere. Non si vuole qui proporre un ritorno alla Siracusa di cin-quant’anni fa. Semplicemente, ci si augura qui un ritorno al buonsenso, un risveglio delle menti di coloro che questo terri-torio sono stati chiamati ad am-ministrarlo e gestirlo, una scrol-lata da quell’opacità che non fa vedere quanto attorno, in questa città, ci sia da fare. D’altra parte un visitatore lo abbiamo già per-so: Consolo. Evitiamo di perde-re anche tutti gli altri.

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1510 Ottobre 2009

Giansiracusa: “Grave non è la fine dei corsi di laureama l’avere stravolto il nuovo progetto di sviluppo”

De Benedictis: “Bono e Visentin si sono chiusi nella loro presunzione di autosufficienza”

di MARINA DE MICHELE

Il documento sottoscritto dai membri del Consorzio Archi-mede (con l’esclusione del direttore Luca Cannata che ha detto di condividere l’ipote-si del nuovo corso e l’assente Mario Cavallaro), tutti critici nei confronti degli accordi sot-toscritti con il rettore dell’ate-neo catanese dal sindaco Ro-berto Visentin e dal presidente della provincia Nicola Bono, data la cancellazione dei corsi di beni culturali e tecnologie, si impernia su un’idea di fondo: quella di rispondere proprio at-traverso le scelte universitarie per la città alla complessa sfida del turismo culturale. “Se si parte dall’assunto che è, che deve essere, il turismo cul-turale l’elemento propulsivo dell’economia di un territorio come il nostro, allora sorge la necessità di formare specifiche figure professionali in grado di gestire, restaurare, valorizzare i beni culturali. Dobbiamo guar-dare non alle città del nord ma alla realtà del nostro Mediterra-neo. È forse un progetto troppo ambizioso pensare a Siracusa come al fulcro di quel continu-um di ricchezze archeologiche e culturali che caratterizzano il nostro mare, tutte le terre che lo circondano? È possibile pen-sare a un salto di qualità, ela-borare progetti, programmare un futuro diverso per le nuove generazioni o dobbiamo accon-tentarci di quello che c’è, non essere protagonisti della nostra storia?” commenta Salvo Baio.E egualmente il professore Pa-olo Giansiracusa: “Nessuno tra quanti hanno deciso l’azzera-mento dei corsi già attivati ha pensato che, da oltre quindici anni, questa città ha cercato di riconvertire una parte del proprio sistema economico. Molti privati ad esempio han-no investito nell’adeguamento di strutture e servizi finalizza-ti all’accoglienza. La gravità del fatto non è costituita dai corsi di laurea che verranno a mancare, ma dal progetto di sviluppo del territorio che vie-ne violato. In merito poi a ciò che si dovrà fare, ritengo che i

vecchi interlocutori, ormai noti nei loro interessi debbano es-sere tenuti distanti. E’ ora che la città e tutti i comuni del ter-ritorio aretuseo, con i loro enti di punta che si sono distinti per l’impegno e il rigore, si interro-ghino sul da farsi. “Le linee sono già chiare, tutto è scritto nella storia e nel pre-sente di questa città. Contraria-mente alle vacue offerte fin qui proposte, dobbiamo proget-tare nuovi corsi di laurea che tengano conto della presen-za dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico e quindi della possibile fondazione dell’Ac-cademia d’Arte Drammatica, dell’Accademia di Belle Arti “Rosario Gagliardi” - che chie-de da quindici anni la statiz-zazione - e di una prestigiosa Scuola di Musica che attende di diventare Conservatorio, di Archimede e del papiro, del mare e del suo ruolo come au-tostrada del Mediterraneo, del più grande parco archeologico del mondo, esteso quanto tut-to il territorio provinciale. Da Leontinoi a Eloro, da Akrai alla Neapolis, da Megara ai complessi catacombali aretu-sei: un museo a cielo aperto attende di essere studiato e va-lorizzato. E’ ora di finirla con le proposte di clonazione, che scimmiottano questo e l’altro, e che distribuiscono attestati accademici deboli. Si chiuda definitivamente l’attenzione verso il modello di Enna con il quale non abbiamo nulla da spartire. Nell’ennese la funzio-ne dell’Università, eccellente, è stata altra. Lì, in una sacca di territorio ancora mantenuta a livelli medievali, è stata saluta-re la presenza di una Universi-tà che facesse formazione e che distribuisse largamente, in ogni ramo dell’esperienza umana, scienza e conoscenza. Ma Sira-cusa è altra cosa, è patrimonio Unesco, è sede di una delle più antiche Soprintendenze d’Italia come di due Musei Regionali, è dotata del più grande por-to naturale dell’Isola. Non ho dubbi: il futuro passa attraver-so la valorizzazione delle risor-

se archeologiche e culturali del territorio”. Una concreta possibilità sup-portata dalla disponibilità di risorse secondo l’onorevole Roberto De Benedictis che stigmatizza, senza mezzi ter-mini, quanto fin qui fatto da Bono e Visentin “chiusi nella loro presunzione di autosuffi-cienza”: “Bisogna puntare sulla ricerca e alla ricerca applicata sono riservati 660 milioni dei fondi europei spendibili in Si-cilia nei prossimi 6 anni. Essa, a sua volta, può essere svolta a supporto di tutte le attività di valorizzazione per le quali è prevista una spesa di 4,4 mi-liardi di euro da sommare agli altri fondi destinati alla ricerca e all’istruzione. Le opportunità non mancano, piangersi addos-so o giocare in difesa è incon-cepibile. Serve un progetto”. Queste le prospettive, chiare, nella sostanza da tutti condivi-sibili, ma quali le responsabili-tà per un’esperienza che, fino a questo momento, ha presentato anche molte ombre? Ovvia-mente, su questo versante, per ottenere risposte soddisfacenti, per capire veramente quale sia la nuova strada da percorrere, per almeno imparare dagli er-rori commessi, le risposte di-ventano più criptiche. Si afferma: “Non è questo il momento per indicare con nome e cognome chi ha fatto e chi non ha fatto” (Paolo Gian-siracusa) e si glissa “Preferisco non dare la stura al sensaziona-lismo, accendere le polveri per un confronto sicuramente steri-le, non costruttivo, inutilmente polemico”.Un’impostazione che rende più difficile l’analisi di quanto fin qui accaduto, che costringe a leggere tra le righe, a intuire fra il non detto, a interpretazioni che sicuramente sarebbe gioco facile, troppo facile, confutare, o almeno tentare di farlo. Oc-corre scavare, non consentire che si svicoli.Dichiara il professore Paolo Giansiracusa: “Ritengo che l’esperienza dell’Università a Siracusa debba considerarsi

una prova di trasmissione, un esercizio nel corso del quale si è potuto comprendere chi ha riposto basi serie al progetto e chi invece non ha effettuato alcun tentativo di collabora-zione, anzi si è distinto per avere sfruttato la disponibilità del territorio verso un proget-to di regolarizzazione interna (e restiamo a bocca asciutta nell’attesa di ulteriori appro-fondimenti, ndr). È sotto gli oc-chi di tutti la disponibilità del Comune nell’assegnazione di immobili tra i più prestigiosi e importanti della città ai fini del-la didattica, così come è ammi-revole l’impegno della Provin-cia nell’amministrazione delle risorse, e del Consorzio univer-sitario nella supervisione e nel raccordo tra le varie parti de-putate all’impegno. Degli altri enti e delle altre istituzioni pre-senti nel territorio non sappia-mo nulla, mai una proposta è stata avanzata, mai una nota di disponibilità è stata dichiarata. Non rileviamo impegni concre-ti che abbiano potuto diventare sostanza spendibile per labora-tori e biblioteche, per convitti e attività sportive. In tal senso, se si esclude l’intervento del-lo IACP, tutto il resto è noia, parlarsi addosso, progettare nuvole e fumo, per non dire altro. Prove di trasmissione, dunque, alle quali ora deve se-

guire il progetto definitivo. Se gli Atenei presenti nel nostro territorio avessero compreso che questa città non ha biso-gno della clonazione di corsi di laurea già esistenti nell’isola, e che da oltre venti anni Siracusa si è dotata di un Piano Parti-colareggiato del centro stori-co (legge dello Stato), quasi esclusivamente orientato a fare di Ortigia una cittadella univer-sitaria, i corsi di laurea fin qui attuati non avrebbero subito alcuna interruzione. Potevano semmai essere rimodulati o riconvertiti in altre offerte for-mative”. Si può integrare con le parole di Salvo Baio: “Finché ho opera-to con Bufardeci e Marziano la sintonia è stata perfetta e devo dire che anche con l’onorevole Gianni, allora come in questi giorni, ho trovato un pieno ac-cordo, una totale condivisione, collaborazioni che in passato si sono rivelate preziose, alta-mente significative, con rica-dute tangibili sul territorio. An-che la Soprintendenza ha fatto la sua parte, sebbene l’esempio di Caltanissetta dimostri che si può fare di più, che sarebbe stato possibile coinvolgere di-rettamente gli studenti in stage sul campo. Il problema però è che c’è stata una risposta insuf-ficiente della politica”. Quale politica, di chi, di cosa

stiamo parlando? “Tutti: dagli enti locali a quelli regionali e poi nazionali! Spetta alla po-litica dare sbocchi occupazio-nali, individuare le risorse per creare poli museali o mettere in rete le biblioteche, riconoscere da un punto di vista legislativo la figura dell’esperto in beni culturali. Non solo: le forze che sono risultate del tutto assenti sono state quelle della grande industria. L’Assindustria ha proposto solo ultimamente di partecipare al Consorzio ma con la somma di 20 mila euro: 20mila rispetto ai milioni che sono necessari!”.Alcune indicazioni in più che aiutano a capire quindi, ma non sufficienti a definire il quadro preciso delle responsabilità per prospettive che restano asfit-tiche, che appaiono destinate, anche con le modifiche in atto, a un corto respiro. E che l’analisi richieda ulte-riori approfondimenti, che il dibattito debba essere quanto più ampio e rigoroso possibile, lo dicono alcune discordi valu-tazioni. Se Giansiracusa denuncia una insoddisfacente integrazio-ne tra l’università e il territo-rio “Che dire dell’impegno dell’Ateneo nei confronti del Piano Regolatore Generale? Mai un dibattito, mai un con-fronto”, di diverso avviso appa-re Baio: “L’università ha signi-ficato arricchimento culturale per il territorio, la possibilità di un confronto di alto livello, una collaborazione proficua.”.Ma se ancora appare neces-sario approfondire le analisi, chiamare in causa, come invita De Benedictis, “le risorse intel-lettuali di cui la città dispone, i migliori tecnici ed esperti, per dare il proprio contribu-to”, unire le forze per rilancia-re il sogno in cui ancora crede Baio di un politecnico con sede a Siracusa, sull’altro versan-te non può che lasciare mille perplessità irrisolte il percorso intrapreso e sperare che dal consesso cittadino e da quello provinciale giungano indica-zioni di più alto profilo.

“Bisogna puntare sulla ricerca e alla ricerca applicata sono riservati 660 milioni dei fondi europei spen-dibili in Sicilia nei prossimi 6 anni. Essa, a sua volta, può essere svolta a supporto di tutte le attività di va-lorizzazione per le quali è prevista

una spesa di 4,4 miliardi di euro da sommare agli altri fondi destinati

alla ricerca e all’istruzione. Le op-portunità non mancano, piangersi

addosso o giocare in difesa è incon-cepibile. Serve un progetto”

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16 10 Ottobre 2009

Gozzo (Federcoltivatori): “C’è una moria di aziendeLe cantine non hanno venduto il vino dell’anno scorso”

Crisi nera in ortofrutta, vitivinicoltura e zootecnia. 1500 addetti rischiano il posto

di SALVATORE PERNA

I pesanti effetti della crisi fi-nanziaria stanno assestando duri colpi all’economia agri-cola isolana, acuendo le dif-ficoltà dei produttori e dei la-voratori agricoli. I dati generali indicano una consistente per-dita di reddito, un incremento dei costi di produzione che non compensano e in molti casi superano il prezzo di vendita all’origine dei prodotti, un forte indebitamento a cui fa da con-traltare una crescente difficoltà di accesso al credito bancario. Tutti elementi che stanno esa-sperando la situazione, come dimostrano le azioni di prote-sta degli agricoltori che sono in atto, ormai da molte settimane, in tutto il territorio siciliano. Uno stato di sofferenza che coinvolge tutti i comparti della produzione agricola (vitivini-cola, ortofrutticola, olearia, ce-realicola, ecc.) e i settori della produzione del latte e dell’alle-vamento, che fanno aumentare le difficoltà anche delle grandi aziende agrarie e che mette soprattutto alle corde l’esteso tessuto delle piccole imprese (in gran parte individuali), che costituiscono oltre l’85% del sistema produttivo siciliano. Una tempesta che coinvolge in Sicilia circa 260.000 imprese e 600.000 addetti e le cui cause appaiono comuni, al di là del-le specificità dei diversi settori agricoli. Una prima ricognizione sullo stato dell’agricoltura nella pro-vincia di Siracusa mette in evi-denza l’esistenza di forti rischi di arretramento di questa im-portante parte dell’economia provinciale che coinvolge circa 18.000 imprese e oltre 15.000 addetti (dati Istat 2007); quote di reddito e di attività lavorati-ve non meno rilevanti in termi-ni sociali dell’apporto fornito dalle attività industriali. Dal lungo colloquio con il presi-dente provinciale della Feder-coltivatori, dott. Nino Gozzo, è emerso un quadro preoccupan-te delle turbolenze che sono in atto nella realtà agraria della nostra provincia e dei dissesti che stanno provocando; nello stesso tempo è stato possibile cogliere l’importanza di alcune scelte concrete ed immediate per bloccare conseguenze più devastanti, che possono mette-re a rischio anche la sopravvi-venza di centinaia di imprese. “La nostra agricoltura – sostie-ne Nino Gozzo – sta subendo in modo pesante la fase di con-giuntura internazionale anche perché i nostri produttori sono oberati da costi crescenti e in-sostenibili (gasolio, energia elettrica, ecc) molto più alti di quelli sostenuti dagli agricol-tori degli altri stati membri. La grande distribuzione, che guarda solo ai ricavi e agli uti-li, inoltre, si rivolge ad un mer-cato aperto (per effetto della globalizzazione), introducendo nel proprio circuito commer-ciale prodotti anche di mode-sta qualità (e a costi d’acquisto

più bassi) di provenienza co-munitaria o extracomunitaria, dei quali non si conoscono le regole applicate nelle fasi di coltivazione e di conservazio-ne. Una scelta che non tiene in nessun conto né la qualità delle produzioni né le esigenze del territorio. In questo modo si offre un presunto vantaggio ai consumatori sul prezzo del prodotto (ma poche garanzie sulla sua bontà), con grave pregiudizio però dei produttori locali che invece sono in grado di fornire prodotti comunque garantiti”. Così il valore aggiunto di tante produzioni di qualità, con par-ticolari caratteristiche organo-lettiche (come olio degli iblei, il pomodorino di Pachino, gli ortaggi, le arance moro e taroc-co, l’uva da mosto per il nero d’Avola, le eccellenti produ-zioni del settore zootecnico, come il latte e le carni degli al-levamenti della zona montana) non appare in grado di garan-tire continuità di reddito e di sviluppo, a causa della forte in-cidenza dei costi di produzione e delle politiche utilitaristiche delle grandi multinazionali del settore alimentare, che conti-nuano ad invadere in modo in-discriminato ogni angolo della Sicilia. “E’ vero - riprende il dott. Goz-zo - abbiamo produzioni eccel-lenti e prezzi di vendita all’ori-gine scadenti. In campagna i prodotti vengono acquistati a prezzi internazionali e poi ri-venduti nella rete di vendita al dettaglio a prezzi esorbitanti rispetto a quello di acquisto”. Bastano alcuni esempi: l’uva viene acquistata dal produttore a € 0,15 e sui banchi dei su-permercati rivenduta a € 0,90 o a € 1,40; o il pomodorino di Pachino “acquistato a 0,40 o 0,45 o 0,65 euro, in relazione ai diversi periodi dell’anno, e rivenduto a € 1,40 o addirit-tura anche a € 2,40. Tutto ciò avviene nell’ambito del nostro territorio, pur non essendoci costi aggiuntivi di conservazio-ne o di sensibile incidenza del costo del trasporto. Una pura e sconcertante speculazione che penalizza solo i produttori”.Questo insieme di condizioni sfavorevoli e di processi dege-nerativi del mercato, pur non essendo i soli elementi che alimentano la crisi in agricol-tura, trovano però un evidente riscontro nella situazione delle produzioni delle diverse zone agrarie della nostra provincia. Nel settore vitivinicolo, come ci conferma il presidente del-la Federcoltivatori, il basso prezzo di acquisto dell’uva sta penalizzando i produttori di Pachino e dell’area sud orien-tale della provincia, che nei giorni scorsi hanno minacciato di lasciare i grappoli nelle viti; un anno di lavoro e di sacrifici che non consentono neanche di recuperare le spese. Un altro elemento negativo che obbliga i produttori a prezzi straccia-

ti è determinato dal fatto che le cantine sociali sono ancora piene del vino della precedente annata e quindi l’impossibilità di adeguati stoccaggi accelera la necessità di vendere. Quasi un ritorno agli anni ’60 e ’70, quando invece per mancanza di cantine dove conservare il mosto i commercianti del Nord Italia e del Nord Europa riusci-vano a “rapinare” a prezzi mo-desti il robusto mosto della no-stra area. Problemi ulteriori che investono anche il problema di un’adeguata rete di commer-cializzazione del prodotto (un problema dell’intera regione). “Abbiamo un prodotto di gran-de qualità – sottolinea Gozzo – ma una non adeguata capacità di penetrazione nel mercato. Sono la conseguenza di una carente programmazione e di una scarsa valorizzazione del valore delle nostre produzioni. Il nero d’Avola, come il Mo-scato di Siracusa e di Noto, pur essendo prodotti di alta qualità non trovano neanche adeguata promozione nella stessa risto-razione locale. C’è bisogno, insieme alle scelte di sostegno alle produzioni agricole, di un’attività di marketing nel ter-ritorio, che coinvolga le agen-zie di viaggio, i centri locali di promozione turistica, gli enti locali, la provincia regionale”. Il settore agrumicolo subisce analoghe condizioni. “L’aran-cia navalina, prodotta in mo-deste quantità nell’area nord, ma anch’essa di ottima quali-tà, mantiene prezzi di vendita all’origine bassi e poco remu-nerativi. C’è una sorta di attesa per far diventare i prezzi più congrui, ma la fase di stallo sarà sicuramente superata nelle prossime settimane per l’eccel-lente qualità delle produzioni di tarocco e di moro, che altri non possono avere”.Anche le altre importanti pro-duzioni, come le coltivazioni in serra, le produzioni di or-taggi, che interessano le aree di pianura di Siracusa, vivono questo lungo momento di dif-ficoltà che intacca il reddito dei produttori, aumenta le difficol-tà degli investimenti da realiz-zare. Allarmante è la situazione del settore zootecnico che inte-

ressa l’intera area montana e parte del restante territorio siracusano, come Rosolini e Canicattini. “Aziende che nel passato erano autosufficienti, sono state costrette all’indebi-tamento. Il calo del prezzo del latte, determinato dalla impor-tazione massiccia di latte da al-tri paesi, ha messo in ginocchio il settore, che rischia di essere travolto. Si sta verificando una vera e propria moria di impre-se, passate in pochi anni da circa 10.000 a appena 3.000, con una drastica scomparsa di lavoro e di reddito”- chiarisce Nino Gozzo. Una situazione in generale d’emergenza che costringe i produttori a misurarsi quotidia-namente in una vera e propria lotta di resistenza e i lavoratori del settore a vedere crescere i rischi di un più accentuato stato di precarietà; uno stato di cose reso più difficile dalle scarse possibilità di accesso al credito bancario. “Il costo del denaro è molto alto – ricorda Gozzo - . Per stimolare le banche ad una maggiore disponibilità verso i produttori i consorzi fidi si sono fatti carico di fornire le garanzie (con i fondi rischi), ma ciò non è servito ad abbas-sare il costo del denaro né ad aumentare i flussi di credito. Le banche applicano le rigide re-gole di Basilea 2 e le regole del rating”. In pratica con tali rego-le un produttore che ha pagato una rata in ritardo magari come conseguenza di un rimborso tardivo di contributi per danni atmosferici subiti viene taglia-to fuori .Il rischio che centinaia di im-prese cessino l’attività è reale - circa 2.000 aziende avrebbero una situazione di dissesto - ed in ogni caso se il mercato non viene riequilibrato da fattori correttivi sono circa 1.500 i la-voratori che rischiano di rima-nere disoccupati. Gozzo, sul fronte delle impre-se non esclude che l’elevato indebitamento e la rigidità del sistema bancario possano favo-rire per disperazione, per non perdere il lavoro di una vita, il ricorso agli strozzini. Sem-bra che ci sia una crescita del-la vendita all’asta di proprietà fondiaria e che tale fenomeno

non escluda anche l’azione di gruppi di interesse non ada-mantini. Il presidente della Federcolti-vatori è consapevole che per fronteggiare questa situazione occorre sviluppare la mobilita-zione e che, oltre alle iniziative già in atto, la Confagricoltura insieme alla Confederazione italiana agricoltori ha pro-grammato un sit-in a Palermo per il prossimo 19 ottobre per sollecitare il governo regionale ad intervenire. Tra i punti che stanno alla base della richie-sta avanzata dalle associazioni (fondo di solidarietà regionale, rispetto dei protocolli d’intesa con l’Abi sulla moratoria dei debiti e per favorire condizioni creditizie per le aziende, ecc.) Nino Gozzo considera decisivo l’intervento dell’Europa. Il superamento del “De mini-mis”, cioè il tetto degli incenti-vi, fissato dall’Unione europea, che gli stati membri non posso-no superare per interventi a so-stegno della produzione (pena la procedura d’infrazione), è l’unico strumento che può dare realmente ossigeno alle impre-se. Occorre che l’Unione europea decida per un superamento del tetto per consentire di far fronte a questa difficile fase congiunturale: è una richie-sta degli agricoltori di tutta Europa. Ma per i produttori italiani, se l’Europa deciderà positivamente, sarà necessario un intervento diretto della co-munità, considerato che l’Italia

per l’elevato debito pubblico potrebbe non essere in grado di garantirlo. Sul piano territoriale il dott. Gozzo annuncia due importanti iniziative di vendita diretta dei prodotti agricoli ai consumato-ri, che partiranno nei prossimi giorni. Dal mese di novembre nell’area dell’Antico Mercato di Siracusa i produttori vende-ranno direttamente, senza in-termediazioni, i prodotti delle loro coltivazioni . Lo stesso è previsto a breve nei comuni di Rosolini, Noto, Lentini. Un’altra iniziativa per dare sbocchi ai prodotti della nostra zootecnia è la creazione di un punto di distribuzione a Siracu-sa di latte fresco di alta qualità al costo di 1 euro al litro. Con l’adesione del comune di Sira-cusa (ancora quasi simbolico) verranno avviati dei progetti pilota anche nelle scuole della città, come strumento pedago-gico di rapporto dei bambini e dei ragazzi con il territorio e con i suoi prodotti.Sono molti i fronti caldi aperti nella nostra provincia e forse ciò di cui si avverte l’assenza è una capacità di regia e selezio-ne degli obiettivi su cui far con-vergere le esigenze delle forze produttive e sociali. L’agricol-tura è un grande comparto che ha bisogno di grande iniziativa, perché rappresenta un elemen-to non rinunciabile della lotta per uno sviluppo sostenibile e in grado di favorire importanti innovazioni e nuovi spazi di la-voro e di sperimentazione.

Il presidente Federcoltivatori, dott. Nino Gozzo