Padre maestro e amico - Don Bosco Torino-Valdocco Network · Il segreto della sua santità è...

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Nº 1 – 2013 ANNO XXXIV BIMESTRALE Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27-02-2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3 – CB-NO/TORINO gennaio-febbraio Padre maestro e amico pag. 38 “Ma perché non a me?” Luigi Accattoli ricorda Lina Sorrenti Biora pag. 44 A Lourdes accade ancora Il settimo miracolo a pellegrini italiani pag. 42 Dio chiama per nome Ho incontrato un prete (giovane) all'Università

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Nº 1 – 2013ANNO XXXIVBIMESTRALE

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Padre maestro e amico

pag. 38 “Ma perché non a me?” Luigi Accattoli ricorda Lina Sorrenti Biora

pag. 44 A Lourdes accade ancora Il settimo miracolo a pellegrini italiani

pag. 42 Dio chiama per nome Ho incontrato un prete (giovane) all'Università

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Il Calendario è inviato gratuitamente a chi si iscrive all’Associazione per l’anno 2013. Eventuali richieste di copie devono pervenire alla Redazione:

La luce oltre il buioEdizioni PIEMME incontripagine 182,euro € 14,00Data di pubblicazione ottobre 2012

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Carissimi amici,sicuramente abbiamo vissuto le festività natalizie con fede profonda, an-che se con preoccupazione per la difficile situazione sociale ed econo-mica che stiamo vivendo. Forse questo può essere stato un richiamo a badare alla sostanza più che all’apparenza, all’insegna della sobrietà e della condivisione. Ed eccoci all’inizio di un nuovo anno. Vogliamo affidarlo con fiducia alle mani della nostra Ausiliatrice. Don Bosco ce lo ripete con forza: «Abbiate fede in Maria Ausiliatrice e vedrete cosa sono i miracoli». Per la nostra Fa-miglia Salesiana gennaio è il mese di Don Bosco, al quale ci ispiriamo nel nostro cammino di crescita umana e cristiana. L’anno bicentenario della sua nascita (2015) si sta avvicinando e stanno già fervendo i preparativi. L’urna con una sua reliquia sta percorrendo le strade di tutto il mondo, con una partecipazione che supera le più rosee previsioni: Don Bosco continua ad affascinare con la sua simpatia ed umanità, espressioni di un segreto più profondo, la sua santità.Il segreto della sua santità è rivelato dal suo secondo successore, don Pa-olo Albera: Don Bosco era «sempre tranquillo, sempre eguale a sé, sempre imperturbabile, vuoi nelle gioie, vuoi nelle pene; perché, fin dal giorno in cui fu chiamato all’apostolato, si era gettato tutto in braccio a Dio!». Di qui il suo entusiasmo e il suo coraggio. Questa ricchezza umana e spiri-tuale si è incanalata con passione nel servizio ai giovani, specialmente i più poveri, una passione che ha trovato le sue radici in Dio ed è diventa-ta passione per il suo Regno, per la vita, per la Chiesa, per i giovani e la loro salvezza: «Vicino o lontano io penso sempre a voi. Un solo è il mio desiderio: quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità», così si esprime nella famosa lettera da Roma del 1884.Di qui la sua provocazione: i Santi non si accontentano di essere guar-dati con ammirazione o di essere invocati. Ci chiedono di essere modelli per la nostra vita. Don Bosco ci invita a riattivare la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità; a ritrovare le energie positive che sono in noi, a farle riemergere, a non chiuderci in un cristianesimo ad “uso privato”; con tutte le nostre forze dobbiamo essere pronti ad annunciare al mondo che Dio ci ama e vuole raggiungere tutti. Questa è autentica devozione a Don Bosco! Vi aspettiamo numerosi in Basilica il 31 gennaio, per far festa insieme.Come sempre, grazie per il vostro sostegno e la vostra simpatia, vi ricor-diamo tutti nella preghiera in Basilica.

Don Franco Lotto, [email protected]

«Abbiate fede nell’Ausiliatrice e vedrete cosa sono i miracoli»

Il saluto del RettoRe

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Il saluto del RettoRe 1 “AbbIATE fEdE NELL’AuSILIATRICE

E VEdRETE COSA SONO I mIRACOLI”

a tutto campo 4 OffRIRE AI gIOVANI IL VANgELO dELLA gIOIA

leggIamo I vangelI 6 CRISTO PAROLA LuCE E VITA

In cammIno con maRIa 8 mARIA LA PORTA fIdEI

amIcI dI dIo 10 dIO TI CHIEdE AmORE

gIovanI In cammIno 12 ECCO ORA IL mOmENTO fAVOREVOLE

mamme sulle oRme dI maRIa 14 CATALINA dEL SOPRAbITINO ROSSO

maRIa neI secolI 16 mARIA NELL’INSEgNAmENTO

dEL CuRATO d’ARS

18 SANTA mARIA dI CASTRO muRATO II bRICHETTO-mOROzzO

la paRola quI e oRa 20 IN TE mI SONO COmPIACIuTO

sfIde educatIve 22 LA dRAmmATICA AVVENTuRA

dI AmANdA TOdd

chIesa vIva 24 quANdO NON SAI PIù A CHE SANTO VOTARTI26 PAPA bENEdETTO:

«IL NO CRISTIANO» ALLA VIOLENzA28 dImmI COmE PREgHI33 PAdRE? NOSTRO?

Sommario

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46a Giornata Mondiale della Pace01 gennaio 2013

“Beati gli operatori di pace”

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I numeri precedenti...

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FotoFOTOLIA: Patrick Scheffer (22); OlgaLIS (33); Pavel Losevsky (60) SHUTTERSTOCK: Tomasz Trojanowski (23); FLICKR: peo pea (15); Michele Scala (26); Gio la Gamb (57); DEPOSIPHOTOS: Kuzma-foto (6); stas (7); Enrico Giuseppe Agostoni (7); Tyler Olson (7); gvictoria (12); Kirill Kedrinskiy (13); costasz (14); Melpomene (14); Elnur (20); Alice Day (21); Иван Кмить (24); Alice Day (24); Eduard Stelmakh (25); Sybille Yates (27); Catalin Petolea (28); Зоя Фёдорова (31); Alex Staroseltsev (34-35); Denis Pepin (36); eu-genesergeev (38); WWW.SHOCK.CO.BA (40); Laurentiu Iordache (41); Viorel Sima (42); elenathewise (43); Irina Silvestrova (58); SYNC-STUDIO: Paolo Siccardi (36).

segnI e valoRI 29 A SCuOLA dI fumETTO

CON ELENA PIANTA

l’avvocato RIsponde 34 ENERgIA ELETTRICA:

ATTENTI ALLE OffERTE COmmERCIALI INgANNEVOLI

espeRIenze 36 ETICA E fEdE, bINOmIO

INdISSOLubILE!38 “mA PERCHé NON A mE?”40 I “NON LuOgHI” dEL bENESSERE42 dIO HA uN NOmE E CHIAmA

PER NOmE44 A LOuRdES ACCAdE ANCORA

don bosco oggI 46 guARdARE AI POVERI

PER VEdERE dIO48 VIVIAmO CON mARIA

L’ANNO dELLA fEdE

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poster14

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E se Don Bosco oggi concedesse alla nostra (e sua) Rivista un’intervista esclusiva?

50 INTERVISTA A dON bOSCO. SI COmINCIA

52 dON gIuSEPPE quAdRIO E LA “SuA” fACOLTà dI TEOLOgIA

54 TuTTO è PIù SEmPLICE CON uNA mAdRE ACCANTO

56 uN SORPRENdENTE SAN fRANCESCO dI SALES

58 IL PANE dEL PELLEgRINO ATTRAVERSO I SACRI mONTI

letteRe a suoR manu 59 E L’AmOREVOLEzzA?

posteR dON bOSCO uN ALbERO

RIgOgLIOSO

Intervista a don bosco

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a tutto campo

La Strenna che il Rettor Maggiore Don Pascual Chávez Villanueva propone quest’anno intende approfondire e aggiornare la proposta educati-va di Don Bosco. Scrive: «Oggi, infatti, i contesti sociali, economici, culturali, politici, religiosi, nei quali ci troviamo a vivere la vocazione ed a svol-gere la missione salesiana, sono profondamente cambiati. D’altra parte, per una fedeltà carismati-ca al nostro Padre, è ugualmente necessario fare nostro il contenuto e il metodo della sua offerta educativa e pastorale. Nel contesto della società di oggi siamo chiamati ad essere santi educatori come lui, donando come lui la nostra vita, lavo-rando con e per i giovani».Ripensando all’esperienza educativa di Don Bo-sco, don Chávez constata che già nel primo Ora-torio erano presenti alcune importanti intuizioni: una struttura flessibile, quale opera di mediazione tra Chiesa, società urbana e fasce popolari gio-vanili; il rispetto e la valorizzazione dell’ambiente

offrire ai giovani il Vangelo della gioia

Nella Strenna 2013 il Rettor Maggiore riprende un versetto della Lettera di San Paolo

ai Filippesi per approfondire la propostaeducativa di Don Bosco. Eccone ampi stralci.

popolare; la religione posta a fondamento dell’e-ducazione; l’intreccio dinamico tra formazione religiosa e sviluppo umano, tra catechismo ed educazione; la convinzione che l’istruzione co-stituisce lo strumento essenziale per illuminare la mente; l’educazione, così come la catechesi, che si sviluppa in tutte le espressioni compati-bili con la ristrettezza del tempo e delle risorse; la piena occupazione e valorizzazione del tempo libero; l’amorevolezza come stile educativo e, più in generale, come stile di vita cristiana. Aggiunge don Chávez: «Una volta conosciuto correttamen-te il passato storico, occorre tradurre nell’oggi le grandi intuizioni e virtualità del Sistema Preventi-vo. Bisogna modernizzarne i principi, i concetti, gli orientamenti originari, reinterpretando sul piano teorico e pratico sia le grandi idee di fondo, sia i grandi orientamenti di metodo».In particolare, il Rettor Maggiore suggerisce tre prospettive. Innanzi tutto, il rilancio dell’“onesto

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cittadino” e del “buon cristiano”. «Non significa promuovere un attivismo ideologico, legato a par-ticolari scelte politiche di partito, ma formare ad una sensibilità sociale e politica, che porta comun-que ad investire la propria vita per il bene della comunità sociale, impegnando la vita come mis-sione, con un riferimento costante agli inalienabili valori umani e cristiani. Detto in altri termini, la riconsiderazione della qualità sociale dell’educa-zione dovrebbe incentivare la creazione di esplicite esperienze di impegno sociale nel senso più am-pio. E altrettanto si dovrebbe dire del rilancio del “buon cristiano”. (...) Si tratta di svelare e aiutare a vivere consapevolmente la vocazione di uomo, la verità della persona. E proprio in questo i creden-ti possono dare il loro contributo più prezioso».Il secondo aspetto riguarda “il ritorno ai giovani con maggior qualificazione”: «La fedeltà alla nostra missione, per essere incisiva, deve essere posta a contatto con i "nodi" della cultura di oggi, con le matrici della mentalità e dei comportamenti at-tuali. Siamo di fronte a sfide davvero grandi, che esigono serietà di analisi, pertinenza di osserva-zioni critiche, confronto culturale approfondito, capacità di condividere psicologicamente ed esi-stenzialmente la situazione».

Il terzo aspetto affrontato da don Chávez è “un’e-ducazione di cuore”: «In questi ultimi decenni forse le nuove generazioni salesiane provano un senso di smarrimento di fronte alle antiche formulazioni del Sistema Preventivo: o perché non sanno come applicarlo oggi, oppure perché inconsapevolmen-te lo immaginano come un “rapporto paternalisti-co” con i giovani». In conclusione, a partire dalla conoscenza della pedagogia di Don Bosco, il Rettor Maggiore in-dividua i grandi punti di riferimento e gli impe-gni della Strenna del 2013. Sono: «il “vangelo della gioia”, che caratterizza tutta la storia di Don Bo-sco ed è l’anima delle sue molteplici attività»; la pedagogia della bontà, perché «l’amorevolezza di Don Bosco è, senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto vali-do anche oggi»; il Sistema Preventivo, condensato della saggezza pedagogica del Santo; l’educazione è cosa del cuore, perché in questo «ecco la sua grandezza ed il segreto del suo successo come educatore»; la formazione dell’onesto cittadino e del buon cristiano, che per Don Bosco indica «tutto ciò di cui i giovani necessitano per vivere con pienezza la loro esistenza umana e cristiana. Quindi, la presenza educativa nel sociale com-prende queste realtà: la sensibilità educativa, le politiche educative, la qualità educativa del vivere sociale, la cultura»; l’umanesimo salesiano, perché Don Bosco sapeva «valo rizzare tutto il positivo ra-dicato nella vita delle persone, nelle realtà create, negli eventi della storia»; il Sistema Preventivo e i Diritti Umani, perché «la Congregazione non ha motivo di esistere se non per la salvezza integrale dei giovani».

Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore

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Il testo integrale della Strenna 2013 è disponibile su: www.sdb.org/it/Rettor_maggiore/Strenna.

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leggIamo I vangelI

come un’ondaUn inno dedicato a Cristo, «Parola» del Padre che si fa uomo, apre il racconto. Pagina rara e preziosa che funge da prefazione a tutta l’opera e ne an-ticipa i temi caratteristici: la vita, lo scontro tra la luce e le tenebre, la testimonianza, la gloria, la fede. Tutti conosciamo bene il moto di un’onda marina: si muove e dopo aver raggiunto il culmine si rove-scia su se stessa per poi lambire la riva. Ebbene ad un’onda può essere paragonato il modo di scrive-re di Giovanni: il tema della «Parola» che in Cristo si fa uomo ci viene infatti proposto in tre movi-menti successivi che approfondiscono sempre di più la nostra conoscenza di Gesù. Per ben legge-re questo inno suddividiamolo dunque secondo questo triplice movimento. Comprendiamo allora che dapprima l’Autore canta di Cristo come della «Parola» che diventa la luce del mondo (vv. 1-5), poi viene a dirci che la «Parola», che è luce e vita, diventa uomo (vv. 6-14), infine contempla ciò che costui ha da offrire a coloro che credono in lui (vv. 15-18). Nel Prologo tre strofe si susseguono così

Cristo parola luce e vita

Fin dalla prima pagina il vangelo di Giovanni deve essere letto con l’aiuto dello Spirito Santo. Solo in questo modo noi suoi lettori potremo entrare nel vivo di un messaggio che ci è dato come testimonianza di fede per la nostra salvezza.

l’una all’altra per condurci alla contemplazione del mistero di Dio fattosi uomo per noi.

cRIsto è la «paRola» del padReGiovanni subito ci porta in alto, presso Dio, per dirci che Cristo-«Parola» era là prima che ogni cosa fosse creata e che niente nella creazione è stato fatto senza di Lui. Gesù è Dio! L’Evangelista ci aiu-ta poi a capire quanto ciò sia di rilevante per noi, dato che la vita e la luce che Cristo-«Parola» è, non le tiene per sé, ma le dona, rendendoci vivi, col-mandoci di luce divina. Gesù nel corso della sua vita ha mostrato di non voler trattenere nulla di sé, ma di volersi dare come «pane di vita» (6,35); di risplendere come luce del mondo (8,12); di es-sere vita eterna (11,25); di essere via, verità e vita (14,6). E tutto ciò con l’unico scopo di farci vive-re per sempre! Un senso di profonda gratitudine deve scaturire in noi: Cristo è la «Parola» che il Padre ha da dire a tutta l’umanità. Grazie a Cristo siamo stati inseriti in un meraviglioso progetto il cui unico obiettivo è la nostra salvezza.

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cRIsto è la «paRola» fattasI uomoLa luce e la vita vera che Cristo-«Parola del Padre» è, presuppone che noi lo cerchiamo e lo ricono-sciamo come colui che solo ci offre la possibilità di capire chi siamo. Davanti a questa preziosa op-portunità ci si aspetterebbe un’accoglienza illimi-tata: sappiamo però che certuni rifiutano Cristo e che noi stessi a volte stentiamo a fargli spazio. Eppure è solo l’accoglienza di lui che ci fa diven-tare figli di Dio (v. 12)! La nostra figliolanza è un fatto reale, un dono già dato che invoca però la nostra risposta di collaborazione come forma di disponibilità e di docilità all’azione dello Spirito. Solo chi accoglie Cristo-«Parola» e crede diventa realmente ciò che è già, figlio di Dio. Di fronte ad una tale responsabilità dobbiamo chiederci che cosa fare per difendere e maturare la nostra digni-tà di figli di Dio. Si tratta di un dono grande perché grande è colui che ce lo offre, Cristo-«Parola»: lui la luce, la vita che era da sempre presso Dio, che è Dio, per non meno di questo si è fatto uomo, assumendo la fragilità e l’impotenza tipica di ogni creatura. Non vi è altro annuncio cui credere per essere salvati: «Ogni spirito che riconosce Cristo venuto nella carne, è da Dio; e ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio» (cfr. 1Gv 4,2-3). Gesù è Dio con noi: egli ha scelto di percorrere la strada della debolezza assumendo tutto di noi, fuorché il peccato! Di fronte a tale atto di amore

purissimo ci sia spazio per il silenzio e la contem-plazione, ad imitazione di quanto Giovanni e la propria comunità fecero.

cRIsto unIca vIa al padReA conclusione dell’inno Giovanni ci invita a ri-flettere sul fatto che prima della venuta di Cristo eravamo in una situazione senza via di uscita: era-vamo impossibilitati a conoscere veramente Dio. Ora però non è più così! Tra i doni recatici dal Figlio Unigenito ve n’è infatti ancora uno: egli è venuto a raccontarci Dio, a mostrarcelo. Chi altri potrebbe fare ciò? Nessuno. Solo lui può dirci ciò che ha visto e udito presso il Padre perché solo lui viene dal Padre, è sempre nel Padre, lui stesso è Dio: «Io ed il Padre siamo una cosa sola» (10,30). All’opera della rivelazione di Dio Gesù dedica tutto il tempo della sua vita in mezzo a noi. Egli ci dice tutto quello che ha udito dal Padre: questo crea un’intimità tanto profonda tra noi e lui da esse-re considerati suoi «amici» (15,15). Cristo Signore è via che conduce al Padre. Guardiamoci da tutti coloro che ci predicano vie più allettanti e facili: Cristo-«Parola» fattasi uomo è l’unica via. Certo egli è via stretta, porta stretta, cammino spesso in salita, ma la gioia dell’incontro che ci aspetta ci basta ad intraprendere questo cammino.

Marco [email protected]

In principio era il Verbo, il Verbo era presso dio e il Verbo era dio. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di dio.

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In cammIno con maRIa

Con il motu proprio Porta fidei Be-nedetto XVI ha indetto l’Anno del-la fede, a partire dallo scorso 11 ot-tobre, cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e ventesimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattoli-ca. L’apertura della “Porta della fede” a molti cuori è un’immagine sugge-stiva usata da Luca per descrivere la rapida diffusione del Vangelo tra i pagani (At 14,27). Il Papa l’applica al nostro mondo, con la convinzione che questa porta «che introduce alla vita di comunione con Dio e permet-te l’ingresso nella sua Chiesa» (“Porta fidei” 1) è sempre aperta ed invitante anche ai nostri contemporanei.Lungo i secoli la Chiesa è stata be-

maria la Porta fidei

Nell’Annunciazione, la Madonna passa dall’interrogativo «Come avverrà?» all’esclamativo «Avvenga!». Il suo itinerario, dallo sconcerto alla ricerca per sfociare nella fede gioiosa, rimane per sempre come paradigma per ogni credente.

nedetta da una schiera di testimoni e missionari, i quali, dopo aver varcato questa porta, con ardore a creativi-tà, hanno aiutato altri a fare ingres-so nella fede. A capofila sta Maria, proclamata “beata” perché “ha cre-duto” (Lc 1,45), riconosciuta come il modello del credente, la prima evan-gelizzata e la prima evangelizzatrice.

a nazaRet la quotIdIanItà gIoIosaIniziamo con la scena dell’annun-ciazione a Nazaret. Maria fa la sua prima comparsa nel Vangelo in un contesto di ferialità, in uno spazio accogliente, in un atteggiamento di ascolto, di silenzio, come un campo buono, aperto e disposto all’arrivo

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del seme. «Entrando da lei», l’angelo le porta la Parola di Dio.All’annuncio inatteso dell’angelo Gabriele, la risposta di Maria non scatta in modo istantaneo. La sua prima reazione è quella del turba-mento, tipico di chi è consapevole di trovarsi di fronte a qualcosa che lo trascende infinitamente, ad una sor-presa insospettata di cui non riesce a cogliere immediatamente il senso. Non si tratta di un dubbio scaturi-to dall’incredulità, bensì del senso di stupore di fronte alla sproporzione tra la grandezza della proposta e la limitatezza effettiva della capacità di realizzazione. È l’atteggiamento della persona umile e riflessiva, di chi cioè è cosciente della propria piccolezza e si avvicina al mistero con timidezza e discrezione, attento a penetrarne il senso. È il sentimento del povero, che sa meravigliarsi di fronte ai doni gratuiti.La seconda reazione di Maria è un’obiezione. Maria invoca luce: «Quomodo fiet istud?» («Come av-verrà questo?»); e manifesta il di-lemma del suo voler acconsentire, ma non saper come. Ella domanda a Dio che cosa dovrà fare per esse-re in grado di obbedire. Lo spirito di Maria è come quello del salmista

quando prega Dio dicendo: «Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò le tue meraviglie [...]. Dam-mi intelligenza perché io custodisca la tua legge e la ossevi con tutto il cuore» (Sal 119,27.34).

a geRusalemme Il mutIsmo dell’IncRedulItàDopo che l’angelo le ha manifesta-to in che modo è resa protagonista, luogo e testimone di «grandi cose», Maria accetta con piena disponibili-tà, passando così dal quomodo fiet, «come avverrà», al fiat, «avvenga», da un segno interrogativo (?) ad un se-gno esclamativo (!). È l’impatto tra l’umano e il divino. Maria varca mi-steriosamente la soglia di una porta, passa dall’esistere per se stessa e per i propri piccoli piani di vita all’esistere per Dio e per i suoi grandi disegni. Il fiat di Maria, come quello insegna-toci da Gesù nel Padre nostro (Mt 6,10), è un abbandono fiducioso e un desiderio gioioso di realizzare la vo-lontà di Dio. Con il suo fiat ella rica-pitola tutta la schiera degli obbedienti nella fede nell’Antico Testamento e inaugura il nuovo popolo, pronto ad ascoltare la voce di Dio che ora parla per mezzo di suo Figlio.

La dinamica del cammino interiore di Maria risulta ancor più chiara se si considera il confronto intenzionale fatto da Luca tra due annunciazio-ni: a Zaccaria e a Maria. Zaccaria, anziano e stimato, sacerdote, uomo giusto, rappresentante ideale della religiosità anticotestamentaria, in-contra l’angelo in Gerusalemme, nel tempio, durante il culto ma Dio ca-povolge le posizioni. L’angelo entra «da lei», è Maria in realtà il tempio dell’Altissimo. Ella «ha trovato grazia presso Dio». Il dono divino giunge a lei gratuitamente, non per la sua osservanza della legge o in risposta alla sua preghiera di domanda, come è nel caso di Zaccaria. Anche la con-clusione dei racconti è diversa: Maria crede, si apre e diventa collaboratrice di Dio nel salvare il mondo, mentre Zaccaria si chiude nel suo mutismo, isolato. Chi non crede al disegno di Dio non può nemmeno parlarne.Lo stupore di Maria di Nazaret nell’impatto con il mistero, la sua gratitudine di fronte alla gratuità di Dio e l’itinerario che passa dal-lo sconcerto alla ricerca per sfocia-re nella fede gioiosa dovrà rimane-re per sempre come paradigma per ogni credente.

Maria Ko Ha [email protected]

maria crede e diventa collaboratrice di dio, mentre zaccaria si chiude nel suo mutismo, isolato. Chi non crede al disegno di dio non può nemmeno parlarne.

Barcellona, 7 novembre 2010: papa Benedetto XVI entra nella basilica della "Sagrada Familia".

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amIcI dI dIo

dio ti chiede amore

infatti un’istruzione di prim’ordine: Cesarea di Cappadocia (con Basilio), poi Cesarea di Palesti-na, quindi Alessandria, e infine Atene (di nuovo con Basilio).Suo padre, diventato vescovo dopo la conversio-ne, nel 361 lo volle con sé nel governo della Dio-cesi. Gregorio accettò contro voglia di essere or-dinato prete, ma appena gli fu possibile tornò al monastero. Salvo poi venire in soccorso del padre il quale, inesperto teologicamente, aveva firmato una formula ariana.Intanto Basilio era diventato vescovo di Cesarea e dietro sua insistenza (e di suo padre) si lasciò consacrare vescovo di Sasima, una cittadina vici-no a Nazianzo. Non ne prese mai possesso. Una Diocesi troppo piccola per lui o non aveva bi-sogno di un vescovo? Forse ambedue le ragioni. Morto il padre si ritirò di nuovo in un monastero, dando addio all’episcopato. Si sentiva fatto per lo studio e per la vita monastica non per la carriera ecclesiastica. Aveva scritto: «Niente mi sembra più meraviglioso che riuscire a far tacere tutti i sensi,

Ogni 2 gennaio celebriamo due amici santi Basilio e Gregorio Nazianzeno: ambedue vescovi e dot-tori della Chiesa. Grande amicizia tra loro ma an-che grande differenza. Basilio: un uomo “politico”, un organizzatore nato, uno coraggioso anche di fronte ai potenti. Oggi diremmo un vero “leader”. Gregorio invece aveva altre qualità, e con esse ha dato il proprio contributo alla Chiesa e alla società. Portato per natura alla contemplazione aveva una vera predisposizione alla speculazione e all’introversione. Fu anche poeta e cantore delle profondità umane.Di carattere emotivo Gregorio si mostrò qualche volta ingenuo e incerto, facile agli entusiasmi e talvolta fragile nelle difficoltà. Intelligente e prepa-rato, certo, e non lo negava: aveva studiato tanti anni, non solo sapeva ma sapeva di sapere. Un’ul-tima annotazione: gli psicologi diagnostichereb-bero in lui una componente narcisistica. Se parlava ad un uditorio importante e numeroso, Gregorio era raggiante! Comprensibile, no?

tRa la pace del monasteRo e la lotta peR la chIesaGregorio nacque presso Nazianzo, nella Cappa-docia nel 330. I genitori, di famiglia nobile, lo ac-colsero come un vero dono del Cielo. E la madre lo consacrò subito a Dio. Per la sua preparazione scolastica non badarono a spese, Gregorio ebbe

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Gregorio (330-390): grande amico di Basilio Magno e come lui dottore della chiesa. Una mente raffinata e profonda che nel Concilio di Costantinopoli (381) diede un valido contributo alle definizioni teologiche riguardanti la Trinità e la Cristologia, valide ancora oggi.

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e, rapito lontano da essi, dalla carne e dal mondo, rientrare in me stesso e restare in colloquio con Dio ben oltre le cose visibili». Questo ardentemen-te voleva e sognava Gregorio.

Il gRande salto: a costantInopolIMa la storia (o meglio lo Spirito Santo, che con-duce la Chiesa) bussò di nuovo alla sua porta. Questa volta attraverso una delegazione di cat-tolici di Costantinopoli disperatamente alla ricerca di un... vescovo. Poverini: era un piccolo gregge di cattolici galleggianti nel vasto mare di ariani. Pochi sì ma buoni e... tosti. Volevano una guida a tutti i costi. E nella top list c’era proprio... lui, Gregorio. Sognavano una personalità di alto profilo cultu-rale, e l’avevano trovato, grazie a Dio e a... Basilio. Con Gregorio gli ariani avrebbero avuto pane per i loro denti. E così fu.E la componente narcisistica? Qualcosa era rima-sto: sappiamo bene che non si diventa santi subi-to. Finalmente una sede degna della sua prepara-zione culturale. Altro che Sasima... Questa era la capitale, la seconda Roma. Siamo nell’anno 379.Ma il suo narcisismo ebbe uno smacco: di acco-glienza trionfale nemmeno l’ombra... per lui non S. Sofia, ma una piccola cappella che ribattezzò Anastasis, cioè Resurrezione. Qui i cattolici ave-vano finalmente un punto di riferimento spirituale e culturale. Fu qui che tenne i famosi 5 Sermoni sulla Trinità. Dottrina limpida, eloquenza travol-gente, entusiasmo tra i fedeli. La sua fama creb-be enormemente tanto da ribaltare la situazione. L’imperatore Teodosio, cattolico, lo accompagnò solennemente a S. Sofia, acclamato dal popolo. Le difficoltà finite? Non proprio.

dIo, Il sospIRo dI ognI cReatuRaNel Concilio a Costantinopoli (381) Gregorio, visto che alcuni dubitavano della sua elezione a vesco-vo, diede le dimissioni. Furono respinte all’unani-

mità , anzi fu eletto presidente dell’assemblea. E fu un trionfo per lui come teologo. Gregorio difese con energia sia la dottrina sulla Trinità, sia la dot-trina cristologica: Cristo vero Dio e vero uomo.Ma arrivarono altre difficoltà. Di nuovo l’accusa di dubbia elezione a vescovo di Costantinopoli. Gli autori? I nuovi arrivati: vescovi giovani e ... ‘politi-cizzati’, ma anche meno teologi (Gregorio disse: «I più giovani cinguettavano come uno stormo di gazze»). Il Nostro non sopportò il nuovo affron-to, disse addio all’assemblea e tornò a Nazianzo scoraggiato e invocante ‘sorella morte’. Scrisse: «C’è una sola via di uscita ai miei mali: la morte. Ma anche l’al di là mi fa paura, se devo giudicarlo dall’al di qua».In una sua poesia scrisse: «Sii, benigno, Tu, l’Al di là di tutto». E Dio accoglieva tra le sue braccia di Padre (nel 390) questo servo fedele che l’ave-va studiato, cantato e difeso con tanto amore e intelligenza.

Mario [email protected]

Riconosci, o uomo, l’origine della tua esistenza, del respiro, dell’intelligenza, della sapienza, ciò che più conta, della conoscenza di dio, della speranza del Regno dei cieli.

Tratto in forma ridotta da:Anche Dio ha i suoi campioni, Elledici 2011, 936 pagine, 29,00 Euro.

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gIovanI In cammIno

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«Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare... Un tempo per cercare e un tempo per perde-re, un tempo per conservare e un tempo per buttar via... Un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace» (Qo 3,1.4.6-8).

c’è un tempo peR daRsI a dIo?«Datevi per tempo a Dio», diceva Don Bosco ai suoi giovani. Occor-

Ecco ora il momento favorevole

2013: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno!». L’anno della fede corre velocemente: un anno da riempire di Lui, un anno per riprendere in mano il Concilio, un anno per realizzare una svolta nella nostra vita: come lo stiamo vivendo?

re un forte discernimento. «Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. E Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uo-mo non ha dove posare il capo”. A un altro disse: “Seguimi”. E costui ri-spose: “Signore, permettimi di anda-re prima a seppellire mio padre”. Gli replicò: “Lascia che i morti seppelli-scano i loro morti; tu invece va’ e an-nuncia il regno di Dio”. Un altro dis-se: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Ma Gesù gli rispose: “Nes-suno che mette mano all’aratro e poi

si volge indietro è adatto per il regno di Dio”» (Lc 9,57-62).Ogni anno è un cammino nuovo e ogni anno è «un tempo per», ogni anno una rilettura della Parola ma con le varianti di avere un anno in più e tante esperienze vissute. Ora, in questa stagione della tua vita, il tuo sì a Dio è fresco come la prima volta, ma nuovo di zecca, maturo dei tuoi anni per amarlo con la voglia di vivere in pienezza ogni minuto utile?

conveRtIRsI: lascIaRe le RetI subIto«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, procla-mando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Si-

C’è un tempo cronologico (crònos) da riempire di intenso contenuto (cairòs). Per questo, ogni anno e un cammino nuovo e ogni anno è “un tempo per”.

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mone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E su-bito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,14-18).«Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soc-corso. Ecco ora il momento favore-vole, ecco ora il giorno della salvez-za!» (2Cor 6,1-2).C’è un tempo cronologico (crònos) da riempire di intenso contenuto (cairòs). Cioè, passare un’ora con la propria ragazza e un’ora ad ascol-tare una lezione noiosa, cronologi-camente è sempre un’ora, ma quan-to a contenuto vuoi mettere?! Con Gesù il tempo cronologico acquista spessore e si riempie di sostanza e

non puoi più sprecarlo e devi deci-dere “subito” di viverlo in pienezza, di renderlo favorevole per le scelte che contano, in sintonia con l’invito a se-guirlo per diventare pescatore di uo-mini e riempire il mondo intorno a te di sapori nuovi che sanno di eterno.

conveRtIRsI: sveglIaRsI dal sonno«È questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di sve-gliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti... Comportia-moci onestamente, come in pieno giorno... Rivestitevi invece del Signo-re Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13,11.13-14).«E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentia-mo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione». (2Ts 3,10-11) «Comportarsi onestamente...Vivere ordinatamente». Non è facile. È un cammino continuo. Occorre pro-grammare la crescita della propria vita spirituale. Hai una guida spiri-tuale con la quale confrontarti? Par-ti dalla Parola. Rileggi la pagina dei consigli di Paolo in Romani 12 e sen-titi in compagnia con la sua fatica a compiere il bene che desidera, men-tre è spinto a compiere il male che non vuole (Rm 7,18-19).

conveRtIRsI: «vIveRe come se non»Il mercoledì delle ceneri viene po-sto sulla fronte un pizzico di cene-re come a dire che se le nostre idee non sono come quelle di Cristo noi corriamo il rischio di essere cenere.

Ma se ci convertiamo e crediamo al Vangelo allora è tutta un’altra storia e la nostra vita acquista una dimen-sione di eternità e tutto quello che facciamo non è cenere che vola via, ma è tutto «come se non», preoccu-pati di puntare all’essenziale, a ciò che non tramonta, eliminando tutta la zavorra che appesantisce l’andare privo di segnaletica efficiente.«Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non giois-sero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usa-no i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!» (1Cor 7,29-31).Se noi siamo come pensiamo o ciò che pensiamo, i nostri pensieri (le in-tenzioni) possono essere i peggiori nemici della nostra vita religiosa.

Giuliano [email protected]

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mamme sulle oRme dI maRIa

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Oggi Catalina è una bella e serena ragazza che frequenta le scuole superiori, ma la prima imma-gine che ho di lei è quella di una bambina con un soprabitino rosso, in lacrime, seduta nel banco di scuola , pronta ad iniziare la sua prima classe elementare.Le lacrime, in una giornata così importante sono assolutamente giustificate per tutte i bambini ma di certo per Catalina lo erano molto di più: aveva già sperimentato una separazione dalla mamma anni prima, in una maniera traumatica.Allora però io non lo sapevo, la sua storia me la raccontò la mamma, Ana, alcuni giorni dopo, su-

catalina del soprabitino rosso

La storia – a lieto fine – di una dei figli di donne straniere che vengono in Italia ad accudire i nostri anziani e i nostri bambini lasciando a casa i loro “orfani bianchi”.

perando la riservatezza nell’affrontare un argo-mento così personale.Ana faceva parte del folto gruppo di donne ru-mene che avevano lasciato il loro paese, la loro famiglia e gli affetti più cari per venire a lavorare in Italia. La povertà della sua terra avevano convinto Ana che quella fosse la scelta migliore, seppure molto sofferta, poiché in Romania aveva dovuto lasciare le sue due bambine di otto e cinque anni, Stephania e Catalina.L’aveva confortata l’idea che ad occuparsi di loro fossero i nonni ed il papà e che il denaro guada-gnato con il suo lavoro avrebbe permesso una qualità di vita migliore. Ricordo come il racconto di Ana, anche a distanza di anni trasudasse, pro-fonda sofferenza, come se stesse rivivendo tutte le emozioni scatenate da quella separazione e da quegli addii.

badante a toRInoGrazie all’aiuto di un’amica che si trovava in Italia già da alcuni anni, Ana era giunta a Torino per la-vorare come badante presso un anziano signore,

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al quale il passar degli anni aveva portato guai fisici ma donato un gioioso cuore di fanciullo, li-bero dai condizionamenti e dalle inibizioni che bloccano spesso quello degli adulti e perciò sin-cero e spontaneo.Per Ana divenne un nonno/bambino del quale oc-cuparsi, ricevendo affetto e comprensione: al “suo” vecchietto raccontava la vita in Romania, parlava delle sue bambine e nonostante la diversità della lingua riuscivano a capirsi, lavorava con impegno e aveva iniziato ad orientarsi sia nel quartiere dove abitava, sia con la lingua italiana.Ana imparava in fretta, a suo favore aveva una buona preparazione scolastica, infatti in Romania aveva conseguito un diploma che non le era ser-vito però a trovare un lavoro. I momenti più belli erano quelli in cui telefonava alle sue bambine e riceveva delle loro fotografie: una festa di bambi-ni, un momento di scuola o di gioco... il papà non mancava di fissare istanti felici per rassicurare la mamma lontana.

toRna la mamma! Tutto sembrava andare bene, Ana inviava quasi tutto ciò che guadagnava ai suoi cari, tanto lei aveva bisogno di poco ed il regalo migliore era il pensare che la sua famiglia potesse avere di più grazie al suo sacrificio. Per un anno non tornò in Romania, poi si concesse una breve vacanza e raggiunse la sua famiglia.Trovò le sue bambine cresciute, sane ed allegre e pronte ad accogliere festosamente la mamma ed i doni che aveva portato loro: furono giorni molto intensi ma... volarono e ben presto Ana dovette ripartire per l’Italia.Questa volta però era più serena, molte paure che la distanza aveva alimentato sembrarono smor-zarsi e durante il viaggio di ritorno fu consolata dal ricordo del sorriso sulle labbra di Stephania e Catalina alla stazione. Com’è facile illudersi.Dopo poche settimane dal suo rientro, Ana iniziò a ricevere telefonate dal marito e da sua madre, sempre più preoccupati per Catalina. La bimba

infatti, dopo la sua partenza aveva iniziato a chiu-dersi in se stessa, a rifiutare il cibo, a non voler frequentare la scuola materna, a non dormire e a non giocare.Ana parlò di ciò con un medico amico del suo “nonnino” il quale ipotizzò che Catalina fosse ca-duta in uno stato di profonda depressione e che la situazione non fosse da sottovalutare.

dove ho sbaglIato?Tutti i suoi sacrifici, il suo lavoro, il desiderio di dare di più alle sue bambine non erano serviti a nulla? Dove aveva sbagliato? Ana aveva avuto sempre fede e aveva pregato tanto la Madonna. L’aveva sentita amica e vicina ai suoi problemi: anche Maria aveva lasciato la sua casa e la sua terra per proteggere il suo bambino dall’odio di Erode ed aveva affrontato le difficoltà e le ansie di un lungo viaggio. Ana doveva ispi-rarsi alla Madre Celeste per trovare una soluzione.E Maria parlò al suo cuore e nella sua mente iniziò a farsi spazio l’idea che i bambini, prima di tutto hanno bisogno di amore più che di cose, che è difficile crescere senza il calore di una madre vicina tutti i giorni e che Stephania e Catalina non dove-vano essere annoverate nella schiera dei bambini detti “orfani bianchi”.Ana riorganizzò la sua vita e andò a riprendersi le sue bambine. Nel frattempo il suo “nonnino” morì e lei dovette cercare un alloggio ed un altro lavoro, anzi una serie di lavori che le permisero di occuparsi anche delle figlie. Non fu facile, ep-pure ricordo di aver sempre visto negli occhi di Ana, quando accompagnava a scuola le sue pic-cole una serenità ed una forza che sembravano un inno all’amore.

Francesca [email protected]

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maRIa neI secolI

«Mi trovo in una piccola parrocchia, piena di spi-rito religioso, che serve il buon Dio con tutto il suo cuore». Con queste parole, pieno di grati-tudine verso il Signore, San Giovanni Maria Vi-anney registrava il cambiamento di vita dei suoi parrocchiani di Ars, il villaggio francese ove eser-citò il suo ministero sacerdotale fino alla morte. Quando vi arrivò, nel 1818, la gente disertava la pratica religiosa. La strategia del Parroco, però, risultò straordinariamente efficace: pregava mol-to per i suoi parrocchiani, celebrava i Sacramenti con grande pietà, si interessava di ognuno con premura e bontà, viveva povero e casto. In po-che parole, con il suo esempio attirò tante ani-me a Cristo. Per ottenere la conversione dei suoi fedeli, alla Madonna consacrò la sua parrocchia

maria nell’insegnamento del Curato d’ArsPatrono dei parroci, è stato un efficacissimo pastore d’anime: le sapeva capire, istruire e trascinare alla conversione attraverso la preghiera e l’esempio. Catechista semplice ed efficace anche quando parlava di Maria.

durante un pellegrinaggio al santuario mariano di Fourvière.Pellegrini e penitenti cominciarono a giungere ad Ars da tutta la Francia ed il suo confessionale era sempre affollato. Nel 1929, nell’anno di beatifi-cazione di Don Bosco, il Papa Pio XI proclamò San Giovanni Maria Vianney patrono di tutti i par-roci del mondo.

un catechIsta semplIce ed effIcaceQuesto parroco “universale” ha predicato tanto e ha rivolto ai fedeli lezioni di catechismo tanto semplici quanto sode. In esse parla spesso e vo-lentieri della Vergine Maria. Anzitutto, è un nar-ratore piacevole e convincente. Non disdegna di

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ricorrere a racconti edificanti, anche se storica-mente non accertati, pur di sollecitare l’amore per la Madonna. In uno dei suoi sermoni, per esem-pio, racconta la storia di Teofilo, un sacerdote del-la chiesa antica, che, pur di vendicarsi di un torto subito, vendette la sua anima al demonio. Penti-tosi amaramente del gesto compiuto, ottenne la grazia della riconciliazione con Dio pregando per quaranta giorni la Madonna al termine dei quali la santa Vergine gli apparve per dirgli che aveva otte-nuto il perdono. Il santo Curato d’Ars ne trae una lezione di spiritualità validissima e dice: «Facciamo anche noi allo stesso modo. Se ci sentiamo trop-po colpevoli per chiedere perdono al buon Dio, rivolgiamoci alla Vergine santa e saremo sicuri del perdono». Il racconto del prete Teofilo è un ottimo commento, popolare e piacevole, alla preghiera più diffusa al mondo, l’Ave Maria, in cui diciamo alla Madre di Dio: “prega per noi peccatori”.San Giovanni Maria Vianney, comunque, non so-lamente proponeva esempi ed aneddoti. A volte, aveva delle intuizioni degne di un grande teologo, che sa esporre con semplicità e immediatezza, in modo che tutti potessero comprendere bene. Per esempio, ai fedeli spiega che per partecipare bene alla Santa Messa bisogna riprodurre in sé i sen-timenti della Madonna sotto la Croce, in quanto «si tratta del medesimo Dio e del medesimo sa-crificio». Anni dopo, per gli stessi motivi, il beato Giovanni Paolo II in una sua enciclica, Ecclesia de Eucharistia avrebbe parlato di Maria come Donna Eucaristica. Anche San Pio da Pietrelcina rivelò alla sua figlia spirituale prediletta, Cleonice Morcaldi, che nella Messa si rivive il Sacrificio della Croce e che per parteciparvi in modo fruttuoso occorre assumere le disposizioni di Maria: fede incrollabile ed offerta di sé in unione a Cristo.

conoscenza vItale della paRola dI dIoPur non essendo un biblista in senso scientifico, San Giovanni Maria Vianney conosceva in modo vitale le pagine della Sacra Scrittura. A proposito di Maria, nota con grande finezza che, nei Vangeli la Madonna parla raramente, all’Annunciazione, in

visita ad Elisabetta, nel Tempio di Gerusalemme in occasione del ritrovamento di Gesù dodicenne, e a Cana di Galilea per sollecitare il primo miracolo del Figlio. La conclusione che ricava è degna di un Santo come lui: «il Vangelo ci mostra come Ella non abbia parlato che solamente quattro volte, quando lo richiedano la gloria di Dio e la salvez-za del prossimo».A contatto con moltissime anime, direttore spiri-tuale ricercatissimo, confessore prudente ed illu-minato, San Giovanni Maria Vianney conosceva bene le debolezze della natura umana e l’inclina-zione verso il male. Per questo motivo, non esita a suggerire un rimedio, valido sempre, ai suoi tempi come ai nostri: «quando sarete tentati, gettatevi prontamente fra le braccia della Madre di Dio. Al-lora sarete sicuri di riuscire vittoriosi sopra i vostri nemici». Ed i nemici dell’anima sono le nostre pas-sioni cattive e il demonio: la Madonna ci aiuta a controllare e meglio orientare le prime, sconfigge con la sua grazia le insidie dell’altro.

Roberto [email protected]

Tutti i santi hanno una grande devozione per la Santa Vergine: nessuna grazia viene dal cielo senza passare per le sue mani (San giovanni m. Vianney).

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maRIa neI secolI

Su uno dei numerosi poggi che circondano la cit-tadina di Morozzo, immerso nel verde della lussu-reggiante vegetazione, incontriamo il Santuario di Santa Maria di Castro Murato, comunemente chiamato Madonna del Brichetto. Il nome deriva dal fatto di trovarsi su un picco-lo colle, detto in dialetto bric. Nei tempi antichi il Santuario era circondato dalla cinta muraria di un castello, da cui deriva la denominazione di Castro Murato. Sotto il suo portico venne stipulato nel 1173, l’atto di fondazione della Certosa di Pesio, con importanti donazioni di terre da parte dei si-

Santa maria di Castro muratoIl brichetto-morozzo

Dono di Biagio Fauzone in onore dell’Assunzione della Vergine Maria Dipinto da Giovanni Mazzucchi il 30 luglio 1491.

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gnori di Morozzo, con le parole «Sub porticu ec-clesiae sanctae Mariae de Castro Murato».

glI affReschI del 1400L’interno del Santuario è decorato dagli affreschi, realizzati nel 1491 da Giovanni Mazzucchi; essi compongono uno dei più completi cicli sulla vita della Madonna, illustrata in diciotto riquadri sulle pareti laterali e sulla volta del presbiterio. Si susse-guono gli episodi dell’incontro di Sant’Anna e di San Gioachino, la nascita di Maria, la sua presen-tazione al Tempio, l’Annunciazione, lo sposalizio

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Il nome deriva dal fatto di trovarsi su un piccolo colle, in dialetto bric. un tempo, il santuario era dentro la cinta di un castello.

santuario santa maria di castro muratoVia Santuario12040 morozzo CN

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con Giuseppe, la nascita di Gesù, l’adorazione dei Magi e la fuga in Egitto, in uno stile popolare a volte impreciso, ma efficace nella ricerca dei volti e dei gesti. «Ingenuità, candore e religiosa pietà vibrano nei temi mariani, ispirati all’arte giottesca con un sa-pore nordico nei lineamenti delle figure e negli atteggiamenti» (Raineri).Sulla parete di fondo, al centro, una bella Madon-na con in mano una rosa tiene ritto sul braccio il Bambino che gioca con un uccellino. Le fanno co-rona i Santi: il domenicano Pietro da Verona, con il coltello che gli spacca la testa, San Bartolomeo, con il coltello con cui è stato scuoiato, Sant’Agata, con le tenaglie che le strapparono il seno, e San Fiorenzo, elegante cavaliere con spada e giglio. Alla sinistra del riquadro l’Arcangelo Gabriele e alla destra la Vergine Annunziata. Nella lunetta sovrastante, è raffigurata l’Incoro-nazione di Maria da parte della SS. Trinità tra un coro di Angeli e Santi festanti, alla presenza dei Ss. Pietro e Paolo, a destra, e di S. Giovanni Battista ed Evangelista alla sinistra.

I santI del paRadIso e la vIta dI ognI gIoRnoNumerosissimi altri Santi sono raffigurati in fit-te schiere, ordinate e compatte, che occupano lo

spazio della volta a botte. San Michele guida la processione dei Santi ecclesiastici, religiosi, vescovi e diaconi innalzando un lungo vessillo rosso cro-ciato; sull’altra parte della volta una vergine apre il corteo delle Sante e del popolo di Dio. Sulle pareti laterali si trovano raffigurazioni ancora di altri Santi: Sant’Antonio Abate con la Tau e la campanella; San Sebastiano, trafitto da numero-se frecce. Interessante è la raffigurazione, tra due Madonne con Bambino dagli atteggiamenti qua-si del tutto uguali, del Beato Guglielmo Fenoglio, certosino di Casotto che impugna la zampa del suo asino per difendersi dall’assalto dei malviventi.Originali sono alcune rappresentazioni curiose: la scimmietta sul cavallo nella visita dei Magi, due uova portate a Sant’Anna nella nascita della Ver-gine, la cesta di vimini in cui è deposto il bambino Gesù nella Natività e un interessante spaccato di vita pastorale nella scena della preghiera di San Gioachino; si osservano dei grossi cani con col-lari di ferro, la mungitura e lavorazione del latte di capra.Nel 2003, a cento anni esatti dalla prima Incoro-nazione, sono state rinnovate e impreziosite da pietre di valore e elementi in oro le Corone, be-nedette solennemente dal Vescovo di Mondovì, Mons. Luciano Pacomio.

Mario [email protected]

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la paRola quI e oRa

Certo i due cugini non si possono di-stinguere per il rapporto che instau-rano con i poteri costituiti. Giovanni si farà tagliare la testa da quell’Ero-de il cui antenato aveva ordinato la strage degli innocenti per vedere di liberarsi di Gesù; e Gesù stesso fi-nirà in croce grazie all’azione con-giunta dei Romani e dei capi giudaici. La “libertà di parola” che Giovanni e Gesù rivendicano fino alla morte è il valore che li fa riconoscere anche di fronte alle attese del popolo. L’at-tesa è nel tempo, non nell’eternità. È qui che avviene la salvezza, non in qualche lontana dimensione so-vrannaturale; è nei gesti e nelle cose quotidiane che abbiamo bisogno di

In te mi sono compiaciutoÈ qui e ora che avviene la salvezza, non in qualche lontana dimensione sovrannaturale; è nei gesti e nelle cose quotidiane che abbiamo bisogno di “liberazione”, non in qualche miracolo improvviso.

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

(Lc 3,15-16.21-22)

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“liberazione”, non in qualche miraco-lo improvviso. Giovanni e Gesù sono uomini; i segni che distribuiscono e praticano – l’acqua, la preghiera – sono alla nostra portata. Quel che si chiede a noi è il rinnovamento del cuore: e non sempre qui siamo in grado di fare la nostra parte.Per questo anche l’attesa fa parte del mistero: la venuta di Giovanni e poi di Gesù è “provocata” dalle aspetta-tive del popolo, dal bisogno di “libe-razione” che attraversa Israele. Pro-feti ce ne sono sempre stati, infatti: ma non a tutti il Signore ha dato il mandato di annunciare la salvezza e la liberazione dai peccati. Giovan-ni appare quando il popolo è pron-to; e Gesù viene «nella pienezza dei tempi».Quando oggi ci diciamo che non aspettiamo più niente, quando ci lasciamo accusare di vivere “appiat-titi sul presente”, non stiamo forse dicendo proprio questo, che non vo-gliamo più cambiare, che vogliamo solo aspettare la morte divertendoci quanto più è possibile con la nostra “civiltà”? Come i civilissimi Ateniesi andiamo in piazza a sentire le novità: ma quando arriva un Ebreo ad an-nunciare la risurrezione dalla morte, il miracolo dei miracoli, gli ridiamo in faccia, e gli diciamo di tornare un altro giorno.

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sfIde educatIve

la stoRIa dI un'adolescenteVancouver è una città costiera della provincia ca-nadese della British Columbia, sull’Oceano Pacifi-co. La sua operosità assicura ai cittadini un diffuso benessere. Tra le scintillanti pieghe di una società opulenta si è consumata la breve esistenza di una quindicenne, balzata alla ribalta della cronaca in seguito al suo “scandaloso” suicidio. Tutto comin-cia quando Amanda ha 12 anni. Una volta era l’età della spensieratezza. Ora non più. La modernità ha accorciato i tempi dell’adolescenza. Così, per

La drammatica avventura di Amanda ToddIl caso di Amanda è paradigmatico della fragilità e del cinismo spietato che caratterizzano il vivere di molti adolescenti moderni.

lei, a quell’età, la vita sa già di noia, di solitudine, di mancanza di senso. Frequenta la chiesa, ma non vi trova motivazioni fondanti od esempi significa-tivi. Tutto sa di routine, di freddo tradizionalismo. Nessuno riesce a spiegarle dove sia la verità, dove trovare la speranza, o come lenire l’inquietudine che non le dà tregua. Constatato che le istituzio-ni deputate all’educazione dei ragazzi (famiglia, scuola, chiesa...) sono poco significative e la delu-dono nelle aspettative più profonde, la ragazzina “sbarca” nel mondo di Facebook.

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Il mondo doRato deI socIalnetwoRkPresa dall’entusiasmo, dà amicizia a coloro che la richiedono. Tutti sono simpatici, amici e soli-dali. Pian piano l’anonimato della relazione vir-tuale l’affascina e la irretisce. Un amico, molto più grande di lei, la convince ad inviargli una sua foto che la ritrae a seno nudo. Lei, dodicenne, non sa opporsi alla viscida richiesta. Anzi, la riempie di un tacito orgoglio che il suo corpo ancora acerbo su-sciti l’interesse di un adulto. Dopo quasi un anno dall’invio della foto compromettente, Amanda si rende conto che l’atteggiamento dei compagni di classe e dei professori, nei suoi riguardi, cambia quasi all’improvviso. Così scopre che la storia del-la sua foto “osé” è diventata di dominio pubblico. Tutti l’hanno ricevuta sui propri computer. Ormai è lo zimbello della scuola. I compagni la irridono, i professori la fulminano con occhiatacce, i geni-tori la additano come poco di buono. Soltanto un coetaneo le confessa di essersi innamorato di lei. Sembra un’ancora di salvezza. Ma non è così. Il ragazzino “approfitta” di lei, le tende una trappola e la “sputtana” davanti a tutti. Perde de-finitivamente la faccia. Cade in una profonda de-pressione. È ricoverata in una clinica dove tenta il suicidio, fallito grazie al pronto intervento dei medici. La vita è salva, ma la disperazione le rag-gela il cuore. Non riesce a staccarsi da Facebook, così gli “amici” continuano a perseguitarla. Ormai è diventata una bella quindicenne, il mondo di internet le scatena contro un’ondata di crudeltà

inqualificabile. Agli immancabili insul-ti si aggiungono perfidi consigli

su quali strumenti usare per mettere fine, in modo cer-

to e sicuro, all’esistenza. Amanda segue i sugge-rimenti. A quindici anni, dà l’addio definitivo alla sua esistenza. La noti-zia si propaga subito, in un’ondata di gelati-

noso moralismo.

un moRalIsmo InutIle ed IpocRItaI mass media chiamano in causa la famiglia, la scuola, i compagni, i social network. La famiglia ri-sulta essere assente, distratta e lontana. La scuola si arrocca in un’ipocrita autodifesa: la responsa-bilità di quanto accaduto è solo dell’ingenuità e della irresponsabilità di Amanda e non dei profes-sori, professionali nell’insegnare. I compagni sono tutti bravi ragazzi, provenienti da ottime famiglie: un po’ esuberanti, ma fondamentalmente buoni e studiosi. Tutti ne escono giustificati. Nessuno si sente responsabile. Per fortuna, entra in gio-co un gruppo di cattivi ragazzi, che di professio-ne fanno gli hacker, famosi sotto lo pseudonimo di Anonymous. Questi bad boys, profondamente colpiti dalla drammatica storia di Amanda, con le loro competenze tecniche si mettono sulle tracce dell’ignoto individuo che ne aveva carpito la fi-ducia e poi l’ha data in pasto al famelico popolo del web. Riescono nell’intento e ne divulgano l’i-dentità permettendo così alla polizia canadese di acciuffarlo e denunciarlo.Quali reazioni, questa triste storia, produce in noi chiamati da Don Bosco ad educare i giovani? Pro-babilmente tra di noi ci sono decine di adolescenti che corrono gli stessi rischi della giovane ragazza canadese. Attivare la politica dello struzzo del-l’“occhio che non vede, cuore non duole” non è decisamente salesiano. Ma di concreto che cosa siamo disposti a fare? È un interrogativo al quale nessun appartenente alla grande Famiglia Sale-siana può sottrarsi a cuor leggero.

Ermete [email protected]

facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita

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Ci sono giorni in cui – in sincronia perfetta con lo squillo della sveglia – problemi cominciano a sommarsi a problemi. A volte si tratta di imprevisti di poco conto, bazzecole che si risolvo-no in un attimo; a volte di drammi che provocano sgomento, irritazione e sofferenza e rischiano di trasformare la vita in un deserto arido e senz’acqua. Stress, rabbia e paura innescano poco a poco una miscela esplosiva: il cuore sembra sul punto di scoppiare mentre la mente passa in rassegna il calendario alla ricerca di un santo cui affidare l’ennesima “missione im-possibile” per non soccombere.

la fede non è una foRmula magIcaNumerose ricerche realizzate da équipe di psicologi sembrano dimostrare che la fede è una delle “medicine” migliori per af-frontare stress, rabbia e paure provocate dalle piccole e grandi

quando non sai più a che Santo votarti

I cristiani sanno distinguere la differenza tra fede e superstizione, soprattutto nei momenti di sofferenza, quando la vita pare trasformarsi in un deserto arido e senz’acqua.

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avversità che punteggiano ogni vita. La fede – però – non è una formula magica, un “abbracadabra” che neu-tralizza i guai colorando di tinte pa-stello la realtà.I cristiani sono molto attenti a se-parare fede e superstizione. E sanno che la superstizione è parente stretta della magia, una «scorciatoia» illuso-ria che fa credere alle persone di po-ter dominare e tenere sotto controllo entità astratte e difficili da imbrigliare come la fortuna, la sorte, il gioco o l’amore.I rituali superstiziosi presentano ca-ratteristiche comuni che nulla hanno a che fare con la fede: pratiche strane e per lo più segrete e la garanzia – del tutto teorica – che siano efficaci.Chi, per esempio, smarrisce le chiavi di casa e si rivolge a Sant’Antonio perché la vicina di casa gli ha “rivela-to” che è il Santo che aiuta a ritrova-re le cose perdute, confonde fede e superstizione se pensa di “costringe-re” Sant’Antonio a fargli rintracciare le chiavi pronunciando determinate invocazioni o recitando sequenze di preghiere.Capita, a volte, che nel rapporto con Dio i cristiani siano tentati di percor-rere la strada della superstizione: è uno dei motivi per cui a volte sem-brano frustrati e si lamentano del fatto che Dio non li ascolta. Ma Dio non si sottomette alla superstizione e alla magia e, nella Bibbia, le con-danna senza appello.

I santI, IRRInuncIabIlI compagnI dI vIaggIoUna fede pura, limpida e libera dal-le “incrostazioni” della superstizione è per i cristiani un gancio in mezzo al cielo e un sostegno irrinunciabi-le, soprattutto quando si trovano a

fare i conti con problemi o emozio-ni negative. Sapere che c’è un Dio – onnipotente e buono – che li ama e che vigila su di loro, li aiuta a non cedere alla disperazione e a trovare la pace anche quando fatiche, diffi-coltà e risparmi che sembrano non bastare mai ne minacciano da vicino la serenità.I cristiani scommettono la propria vita sul fatto che Dio ha garantito che nulla che sia “veramente male” potrà mai accadere a chi crede in Lui. E “veramente male”, per i cristia-ni, non è perdere la borsa o la vita – dal momento che le cose passano e che, prima o poi, tutti si muore – ma perdere Dio.Per incoraggiarli a non dubitare della promessa di Dio, la Chiesa propone loro l’esempio dei Santi: Sant’Anto-nio, Santa Rita, San Giovanni Bosco, San Pio da Pietrelcina sono testi-monial al di sopra di ogni sospetto del fatto che Dio mantiene la parola data. Leggendo le loro biografie e immedesimandosi nelle mille diffi-coltà che hanno dovuto superare è impossibile non rendersi conto di quanta importanza abbia avuto, nella loro vita, la promessa di Dio.Il loro esempio è come una voce amica che accompagna e rincuora, che dice a tutti e a ciascuno: «Co-raggio, non disperare! Dio è padre buono: guarda che cosa ha fatto per me, quante volte è venuto a salvarmi, quanto mi ha aiutato...». Intermediari tra Dio e l’umanità, esortano i cristia-ni ad aver fiducia in loro che hanno avuto fiducia nella promessa di Dio.

maRIa, medIatRIce e madReAncor più dei Santi, Maria è per i cristiani testimonial autorevole delle

promesse di Dio. La sua intera vita, tutto ciò che ha vissuto, gioito e pati-to testimonia una fiducia incondizio-nata nell’amore e nella provvidenza di Dio.Oltre che essere madre di Dio, Maria è anche madre dei cristiani. E il suo essere «piena di grazia» è l’attributo più elevato della sua maternità.La mamma, nella vita di ciascuno, è una figura di riferimento importan-tissima, non solo nel periodo dell’in-fanzia ma per la vita intera. Diversi studi sulla vita di coppia dimostrano che il rapporto tra marito e moglie o tra fidanzato e fidanzata riproduce il tipo di attaccamento nei confronti della mamma. Quando lo riproduce in modo sano, la coppia sta bene; quando lo riproduce in modo non equilibrato la coppia magari non si separa, ma sta male.Maria, con il suo essere testimone e madre, invita i cristiani a fidarsi di lei, ad accettare come dono prezioso il consiglio di non confidare in altri che in Dio e a non respingere il suo incoraggiamento ad affidarsi sempre più a Lui.

Ezio RisattiPreside della SSF Rebaudengo

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Era accaduto al Cairo, il 16 ottobre 2011 (è solo un caso fra i tanti). In una scuola statale frequentata da ragazzi musulmani e qualche cristiano copto, c’è Ayman Nabil Labib, sedici anni, che è cristiano e ha una croce tatuata sul polso. Il professore gli dice di coprirla, lui si rifiuta. Il professore lo afferra per la gola e quasi lo soffoca. Alcuni studenti si uniscono a lui nel pestaggio, e tutti insieme lo ammazzano di botte. Dell’intolleranza legata al fondamentalismo religioso Papa Be-nedetto XVI in Libano ha detto: «Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della reli-gione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo» (...) «La libertà religiosa è diritto fondamentale. Professare e vive-re liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà, dev’essere possibile a chiunque».

la vIolenza esIste, dIlagaIl martirio del giovane Ayman si perde nella quotidianità delle infinite violenze che accadono dappertutto. La violenza esiste,

Papa benedetto: il «no cristiano» alla violenza

Di fronte alla violenza che oggi dilaga, il Papa nella sua visita al Libano ha suggerito il comportamento corretto dei cristiani, indicando alcuni verbi da coniugare. Compito dei capi di stato e movimenti religiosi, ma anche di genitori e educatori e di tutti.

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dilaga. È esercitata con la forza fisi-ca, e non meno in guanti gialli. Per esempio... Da sempre i popoli sono contro i

popoli, in guerre fratricide. Un rac-conto biblico su Davide cominciava dicendo: «All’inizio dell’anno, succes-sivo al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra...» (2Sam 11,1). Fare la guerra era una regolare attività di stagione, come andare in ferie. Certe ideologie: marxismo e libera-

lismo economico ritengono lo stato e il capitale al di sopra della persona, e sfruttano l’uomo. I ceti sociali si scontrano e si so-

praffanno (in Italia e un po’ dovun-que la cosiddetta casta della finanza si arricchisce a spese dei poveri). C’è il mobbing sul lavoro. C’è violenza contro le donne, vio-

lenza nelle famiglie, perfino tra i ra-gazzi (il bullismo).E via elencando... Il Papa nel viaggio in Libano (14-16 settembre 2012) è stato esplicito: «La violenza non ri-solve mai un problema» (...) «Essa è sempre un oltraggio alla dignità umana, sia dell’autore della violenza, sia della vittima».

veRbI da conIugaReCome dire il «no cristiano» alla vio-lenza? Il Papa in una decina fra di-scorsi, omelie, interviste tenute in Li-bano, ha suggerito i verbi che i cri-stiani dovrebbero coniugare. Verbi proposti tanto alle autorità che go-vernano il mondo, quanto all’uomo della strada che litiga in ufficio, con i vicini di casa e in famiglia. Eccoli.Operare per il disarmo. È evidente: «Purtroppo, il fragore delle armi – ha detto il Papa – continua a farsi senti-re, come pure il grido delle vedove e degli orfani! La violenza e l’odio in-vadono la vita, e le donne e i bambini

vertà, la corruzione, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta, e il terrorismo, implicano – assieme alla sofferen-za inaccettabile di quanti ne sono vittime – un indebolimento del po-tenziale umano» (...) «Noi dobbiamo rispettare nell’altro la reale essenza comune di essere immagine di Dio, e trattare l’altro come un’immagine di Dio». Perdonare. «...e infine di perdonare. Perché solo il perdono dato e ricevu-to pone le fondamenta durevoli della riconciliazione e della pace per tutti».

Il cedRo, un sImbolo Il cedro del Libano, pianta solida, tenace, capace di fronteggiare ogni sorta di intemperie, è raffigurato nella bandiera nazionale. Il Presi-dente del Libano ha invitato il Papa a piantare un cedro nella sua resi-denza. Nel compiere il gesto, Bene-detto XVI ha indicato il cedro come simbolo e modello. E ha aggiunto: «Il Libano è chiamato, ora più che mai, a essere un esempio. Politici, di-plomatici, religiosi, uomini e donne del mondo della cultura, vi invito a testimoniare con coraggio intorno a voi, a tempo opportuno e inoppor-tuno, che Dio vuole la pace, che Dio ci affida la pace».

Enzo [email protected]

ne sono le prime vittime. Perché tanti orrori? Perché tanti morti?».«Deve cessare l’importazione di armi: senza l’importazione di armi la guer-ra non potrebbe continuare. Invece di importare le armi, che è un pecca-to grave, dovremmo importare idee di pace, creatività...».Accettare le differenze. «Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuo-vo tipo di fraternità, dove ciò che unisce è il senso comune della gran-dezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità» (...) «In Libano la Cristianità e l’Islam abitano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vedere nella stessa famiglia entrambe le religioni. Se in una stessa famiglia questo è possi-bile, perché non dovrebbe esserlo a livello dell’intera società?».Dialogare. «Una società plurale esi-ste solo per effetto del rispetto re-ciproco, del desiderio di conoscere l’altro e del dialogo continuo» (...) «È bello vedere le azioni di collabora-zione e di vero dialogo che costrui-scono una nuova maniera di vivere insieme» (...) «Questo dialogo tra gli uomini è possibile solo nella con-sapevolezza che esistono valori co-muni a tutte le grandi culture, per-ché sono radicate nella natura della persona umana». Educare alla pace. «Volendo aprire alle generazioni di domani un futuro di pace, il primo compito è quello di educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia e a scuola, dev’essere anzi-tutto educazione ai valori spirituali».Valorizzare la persona umana. «La logica economica e finanzia-ria vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere. La disoccupazione, la po-

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«A Messa mi annoio: non riesco a pregare...». «Non ho voglia di imparare a memoria le preghiere del libro di catechismo». «Quando prego penso ad altro: come si fa a pregare bene?». «Prego soltan-to quando ho bisogno di aiuto». «Dio si arrabbia di più se non preghiamo o se preghiamo male?».Ecco alcune domande significative del mio grup-po di catechismo.All’ultima, onestamente, non saprei rispondere se Monica non mi fornisse un appiglio: «Scusa, ma tu ti arrabbi di più se i tuoi alunni non fanno i compiti o se li fanno male?». «Certamente se NON fanno i compiti, perché sull’errore si può intervenire, mentre sul NULLA non si costruisce». «Forse allora il buon Dio ra-giona anche così»... Credo proprio di sì, credo che preferisca un contatto un po’ distratto, superficia-le, interessato, alla mancanza assoluta di contatto. Quando gli rivolgiamo una preghiera fredda o in-teressata non ci comportiamo da figli riconoscenti, ma forse, Lui che è un Padre SUPER sa comunque apprezzare il tentativo di connetterci, anche se la connessione risulta lenta e difettosa. Attenzione però a non rifugiarci dietro queste attenuanti e a non generalizzare. La preghiera deve essere un sincero desiderio di parlare con Lui, non una spe-cie di rimedio superstizioso ai nostri guai!«Ma come si fa? Lui è così lontano» sbotta Gian Luca. «Non così tanto: Devi cercarlo nell’interno del tuo cuore; chiudendo gli occhi per non ve-dere e sentire altro; concentrandoti come quan-do ti rivolgi ad un amico. Ecco, per pregare bene occorre parlare intensamente con una Persona che ascolta; parlare anche con formule imparate a memoria o con parole che nascono dal cuore, raccontandoci, ringraziando, chiedendo perdono». Nel corso della settimana proviamo a fare un sem-plice esercizio: ripetere più volte nella giornata le espressioni Ave Maria e Padre nostro pensando intensamente al significato di quello che dicia-

dìmmi come preghimo: al valore del saluto angelico, al senso della parola Padre, con la carica di affetto e di emozio-ne sottintese, e ancora, al numero di persone cui si riferisce l’aggettivo nostro. «Soltanto questo? È facile!» esclama Valentina. «Non come sembra, se meditiamo davvero!».Entriamo in Chiesa in silenzio, per iniziare l’eser-cizio. Sostiamo davanti all’altare, ad occhi chiusi. «Signore, se ho fatto qualche pasticcio, rimedia Tu! E aiutami ad amarli con il tuo cuore». Riapriamo gli occhi, sorridendo. Oggi abbiamo pregato davvero.

Anna Maria Musso [email protected]

chIesa vIva

«Non riesco a pregare... quando prego penso ad altro... E poi, come si fa a pregare dio, che è così lontano?».

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A scuola di fumetto con elena pianta

La voglia di scoprire come nasce un fumetto e quali valori esso possa veicolare ci porta ad Asti. Ad accoglierci nel suo colorato spazio vitale e creativo è la giovane illustratrice e fumettista Elena Pianta. Dietro al tratto di Nathan Never, di don Camillo e di molti altri personaggi di fantascienza c’è la sua mano. Mancina, due occhi attraverso i quali traspare gioia di vivere, Elena è un fiume in piena mentre racconta le avventure dei suoi personaggi. Benvenuti nel suo studio, entrate pure, qui anche le pareti raccontano storie...

www.elenapianta.it fotografie di Renzo bussio

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Come e quando nasce in te l’amore per il di-segno e come è avvenuto il passaggio dalla passione alla professione?«La mia passione nasce presto: già da piccola amavo disegnare... Così dopo le scuole magistrali mi sono messa subito in gioco e ho spedito alcuni miei disegni per una storia a fumetti, partecipando a un concorso a Prato. Sono stata selezionata. È stato il primo segno in grado di darmi coraggio per quella che è poi diventata la mia attività pro-fessionale».

Anche se giovanissima non hai mai avuto ti-more di essere giudicata e magari ricevere un riscontro negativo, cosa consiglieresti ad un giovane dotato di qualità oggi?«A un giovane che abbia una passione credo con-venga assecondarla ma soprattutto mettersi in gioco, provare, e non limitarsi a essere i “più bravi della classe”. Se vuoi fare di una passione molto di più devi essere al di sopra della media e, sebbene possa inizialmente risultare antipatico, conviene confrontarsi con un pubblico molto esigente: il mercato per esempio».

Mettersi in gioco, passare sotto la lente della critica e quindi degli addetti ai lavori, senza paura. Potrebbe sintetizzarsi così il tuo mes-saggio?«In questo ambiente professionale, nessuno ha interesse a lasciarti perdere, se tu hai qualcosa da dire... Se il tuo lavoro funziona, un riscontro c’è. Sempre».

Un approccio stimolante e vincente nel tuo caso. Tu ti definisci creativa?«Il mio apporto creativo riguarda l’immagine, nel racconto ci sono poche possibilità di interagire solitamente; personalmente ho avuto spesso la fortuna di lavorare con professionisti che hanno preso in considerazione le mie idee ma nella mia attività specifica di illustratrice e fumettista, la sce-neggiatura resta una parte del lavoro che viene portata avanti da altri».

Esistono suggestioni o ricordi della tua in-fanzia, magari legati alla natura, che ti porti dietro anche nella fase creativa?«La mia infanzia è stata ricca di suggestioni: dalla natura ai colori, sperimentati da momenti semplici come osservare le foglie, i fiori. Come sensazioni ricordo la gioia di giocare, leggere, insomma la dimensione allegra del tempo libero. Non sono

sulla pIantaClasse 1973, Elena Pianta è nata ad

Asti dove vive e lavora. dopo l’istituto magistrale e il diploma allo Ied di Torino

ha iniziato l’attività di fumettista e illustratrice come libera professionista. Tra i suoi committenti spiccano: Sergio

bonelli editore (Nathan Never), gregory Hunter, Agenzia Alfa, Asteroide Argo,

Renoir (don Camillo), giorgio mondadori (Clarissa), Elledici (I libri del fare), Walt

disney (Kylion e High School musical) la lista è ancora lunga. Inoltre ha lavorato per la pubblicità e ha fatto l’insegnante alla Scuola Internazionale di Comics di

Torino e alla Scuola del fumetto di Asti. Nel 2002 ha vinto il Premio Coccobill come

miglior Promessa del fumetto Italiano.

Immagino che dio sia un grande umorista.

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Nel libro della Genesi troviamo un bel dialogo tra Dio ed il suo amico Abramo, prima di concludere la loro alleanza: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle; e soggiunse: tale sarà la tua discendenza. Egli credette al Signore» (Gen 15,5-6). Fatte le debite proporzioni, naturalmente, possia-mo applicare queste parole anche a Don Bosco. Anche lui fu un grande amico di Dio, un vero uomo di Dio, anche lui si fidò e credette. E Dio l’ha ricompensato con una grande discendenza, che è quella comunemente chiamata la Famiglia Sale-siana. Una grande famiglia, complessa, variegata, multi nazionale, multi carismatica, multi funzionale spiritualmente e socialmente, presente in più di 135 nazioni del mondo. Con un unico obiettivo: lavorare per il Regno di Dio, e in particolare per quella porzione così delicata e importante che è la gioventù di ogni paese, avendo sempre come stella polare la santità ed il carisma di Don Bosco, sancito dalla Chiesa prima con la sua canonizza-zione (1934) e in seguito anche con il titolo quali-ficante di “Padre e Maestro della Gioventù” (1988).La fecondità del carisma di Don Bosco è infat-ti impressionante, in termini proprio di ordini o famiglie religiose che si ispirano a lui (sono ben 30!). Anche lui è come gli altri grandi fondatori di famiglie religiose. Ha detto il Card. I. Schuster (be-nedettino e Beato): «Per rintracciare un’altra figura delle stesse proporzioni di Don Bosco occorre andare indietro secoli nella storia della Chiesa». È quindi tra i grandi con Benedetto, Francesco, Domenico, Ignazio.Il IX Successore di Don Bosco, don Pascual Chávez Villanueva, proprio nella “Carta d’Identità della Fa-miglia Salesiana” afferma: «Per la sua statura di “grande uomo carismatico” e di santo, Don Bosco si colloca con originalità tra i Fondatori di Istituti di vita consacrata, religiosi e secolari e di Associa-

zioni laicali apostoliche nella Chiesa. Con stupore e riconoscenza, il seme iniziale è cresciuto fino a diventare un albero rigoglioso» (art. 2). Un albero che cresce forte e robusto nel campo del-la Chiesa al servizio dell’umanità, che dà ombra e conforto, istruzione e formazione, coraggio e speranza, presente e futuro a migliaia di giovani...di oggi. Come Don Bosco ha fatto con i ragazzi della Torino di allora con tutti i problemi sociali e giovanili presenti. Ancora don Pascual: «La Fa-miglia Salesiana di Don Bosco è una comunità carismatica e spirituale formata da diversi Gruppi istituiti e riconosciuti ufficialmente, legati da rap-porti di parentela spirituale e di affiliazione apo-stolica» (art. 4). Ci auguriamo che cresca sempre di più al servizio dei giovani del mondo.

Mario [email protected]

don bosco un albero rigoglioso

La famiglia apostolica di don bosco è prima di tutto e soprattutto una famiglia carismatica, vale a dire un dono dello Spirito alla Chiesa in vista d’una missione.

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Padre e Maestro della gioventù,San Giovanni Bosco,docile ai doni dello Spiritoe aperto alle realtà del tuo temposei stato per i giovani,soprattutto per i piccoli e i poveri,segno dell’amore e della predilezione di Dio.

Sii nostra guida nel cammino di amiciziacon il Signore Gesù,in modo che scopriamo in Lui e nel suo Vangeloil senso della nostra vitae la fonte della vera felicità.

Aiutaci a rispondere con generositàalla vocazione che abbiamo ricevuto da Dio,per essere nella vita quotidianacostruttori di comunione,e collaborare con entusiasmo,in comunione con tutta la Chiesa,all’edificazione della civiltà dell’amore.

Ottienici la grazia della perseveranzanel vivere una misura alta di vita cristiana,secondo lo spirito delle Beatitudini;e fa’ che, guidati da Maria Ausiliatrice,possiamo trovarci un giorno con tenella grande famiglia del cielo. Amen.

Pascual Chávez Villanueva

Poster n.1-2013

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cose scontate. Se penso all’infanzia, penso a un mondo pieno di colori e positività...».

Quali sono i valori che riesci a far passare attraverso i tuoi disegni?«Visto che questo mestiere nasce da una passio-ne, per me è sempre stato piuttosto spontaneo desiderare una maggior aderenza possibile tra quello che mi “muove”, quello in cui credo e il mio lavoro».

Come è cambiato negli anni il mondo dei co-mics nei suoi messaggi, contenuti e nei suoi doppi sensi?«Nel mercato di oggi ci sono molte novità rispetto a vent’anni fa. Un tempo il fumetto era principal-mente didascalico, anche eccessivamente direi. In questo c’era anche un aspetto di limite che oggi non c’è più in molti casi. Ma quello che secon-do me oggi manca più di tutto è l’aspetto ludico: quel divertimento, sicuro, dove puoi incamminarti e proporre un’avventura o produrre l’immedesi-mazione ad un pubblico giovane – si tratta di una mia considerazione personale che non è condivisa nell’ambiente – a me piacerebbe scrivere avven-ture per un pubblico giovane in cui non si deb-bano temere doppi sensi sessuali, violenti oppure un suggerimento di contenuti ambigui anche dal punto di vista “buono e cattivo” intesi come ruoli e volutamente non sempre chiari e distinti. Anche l’aspetto critico non viene sfruttato pienamente: esiste la missione didattica ma esiste anche un suggerimento più realistico e meno stereotipato in cui la realtà si può leggere e mettere in discus-sione attraverso il disegno, invece tante volte noi riproponiamo all’infinito quello che è il messaggio commerciale».

Politica, vendette, omicidi, scene di sesso e fatti cruenti possono rappresentare i valori rincorsi da alcune testate, anche nel mondo del disegno che ai più sembra edulcorato. Hai mai rifiutato un lavoro perché non coinciden-te con le tue idee?«Sì. Certi argomenti non rappresentano i temi per i quali sono disposta a lavorare. Portare avanti dei valori è prima di tutto un problema persona-le. Per coerenza anche professionale mi è capi-

tato di rifiutare dei lavori. Ad esempio il mercato erotico non è il genere per cui voglio impiegare il mio tempo, e lo dico senza voler giudicare. Una testata per cui ho lavorato, aveva intrapreso una linea editoriale in aperto contrasto con i miei va-lori, e ho chiuso la collaborazione. Chiaro che ci sono compromessi perché l’aderenza perfetta non esiste ma su certi aspetti sono categorica, nella mia visione delle cose esiste qualcos’altro. Dietro ciò che vediamo disegnato ci sono molti aspetti che possono passare inosservati ad un’occhiata veloce, ma che alla fine portano a un elemento di verità».

Come hai fatto ad arrivare a collaborazioni importanti come Bonelli, Disney...«Non mi sono mai tirata indietro: “Io faccio questo, interessa a qualcuno?”... Questo è sempre stato il mio primo biglietto da visita, fin da giovanissima. Quando ero piccola leggevo qualsiasi tipo di fu-metto, compresi Manga e fumetti rosa, un gior-no – avrò avuto 13-14 anni – ho preso coraggio e mi sono decisa a inviare alcuni miei disegni alla redazione di un importante giornalino per ragaz-zi. Mi hanno risposto e invitata a Milano... È stato

Non mi sono mai tirata indietro e mi sono sempre proposta sul mercato.

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un importante riscontro iniziale e, insieme ai primi premi e riconoscimenti, mi ha dato il coraggio di proseguire. Ritengo importante mettersi alla pro-va, anche ricevendo bocciature o critiche, ma è una tappa necessaria. Con Renoir, editore di don Camillo (il quinto libro della serie è appena usci-to) avevo visto una produzione e mi sono propo-sta... Nel caso della Disney invece sono stati loro a contattarmi attraverso altri canali ma in ogni caso, lentamente, il nome comincia inevitabilmente a girare e i contatti arrivano».

Dietro a personaggi come Nathan Never e don Camillo, c’è la tua mano. Cosa ti trasmet-tono i protagonisti delle avventure che esco-no dalla tua penna?«Don Camillo è il progetto più recente, in que-sto lavoro mi piace l’aspetto non didascalico, né pedagogico. Guareschi, essendo un genio, non necessita di presentazioni e il suo don Camillo ri-esce a rendere in maniera efficace le contraddizio-ni dell’uomo... Quante volte risulta migliore “Pep-

pone”? Poi c’è Gesù che è di un’estrema attualità. Immagino che Dio sia un grande umorista, questo aspetto Guareschi lo esprime benissimo, senza bi-sogno di “prediche” e personalmente mi permette anche di poter approfondire il tema dell’Italia. In altre testate ho sempre ricercato aspetti positivi e stimoli: ad esempio di Les Huivre mi piaceva la parte più divertente e ironica, con Asteroide Argo e Gregory Hunter mi sono divertita molto a im-maginare scenari di fantasia; un giorno dovevo rappresentare uno strano pianeta, combinazione ha voluto che quel mattino stessi cucinando dei peperoni e così, tagliandone uno, mi ha colpito la sua forma strana, e l’aspetto della sua sezione con tutti i semini e le sue sfumature è diventata lo spunto per il mio pianeta fantastico. È molto bello inventare senza troppi legami con la realtà. Per quanto riguarda le illustrazioni, mi piace molto scegliere le sfumature e trovare i metodi più adatti per rappresentare la natura».

Cosa ascolti quando disegni?«Premetto che sono una pessima consumatrice di musica. Ascolto la radio, qualche disco consigliato dagli amici. Non mi piace il rock ma apprezzo la musica che esprime calore, ad esempio un disco di Norah Jones di cui non ricordo il nome».

Secondo te i bambini sono un target al quale il mercato si rivolge senza proposte variega-te. Hai progetti nel cassetto in merito?«Uno sì. Ribadisco che mi piacerebbe disegnare storie divertenti per bambini. Il progetto che ho in mente da tempo è un’avventura semplice, niente di più, con sfumature fantastiche e se ci riuscissi, allegre».

Emanuele [email protected]

E sbirciando dentro il suo studio, siamo certi che il risultato sarà ammirevole.

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chIesa vIva

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Sì, con gli interrogativi. Invitati a ripetere duran-te il giorno le semplici espressioni Padre nostro e Ave Maria per entrare nel clima della preghiera, i bambini hanno dato risposte singolari. La ripeti-zione del saluto angelico ha fatto sentire un po’ più concreta la presenza di Maria nella loro vita. Ma l’invocazione Padre nostro, con l’invito a ri-flettere sul senso della paternità, ha disorientato.Chi vive in una famiglia allargata non sa a quale padre fare riferimento: quello naturale o quello acquisito? Con molta circospezione suggerisco qualche risposta. «Il vero papà è quello dal quale ti senti più amato, quello che si interessa di te, della scuola, del gioco, conosce i tuoi amici, intuisce i tuoi problemi».Tagliente e categorico l’intervento di Alessia: «Il vero papà è quello che ogni tanto ti dice NO e non cerca di comprarti con regali e coccole».Le discussioni si accendono oltre il lecito e il pro-blema resta aperto. La riflessione sull’aggettivo “nostro” crea maggiore caos.Nostro...di chi? Delle persone care e vicine, ovvia-mente, ma non di chi ci è antipatico e ci fa i dispet-

ti. Spiego che il bello del cristianesimo consiste proprio nel condividere gli affetti con i potenziali nemici, che Gesù ci ha ordinato di amare come noi stessi. Leggiamo, sceneggiandola, la parabola del buon samaritano, ma è molto difficile far com-prendere che il comportamento dell’uomo di Sa-maria non è un optional e che non si può pregare con amore il padre di tutti se non si è disposti ad amare tutti come fratelli.Sulla seconda parte del Padre nostro dovremo la-vorare molto... Ma il goloso Matteo, appassionato collezionista, ha precorso i tempi, proponendone una sua versione: «Dacci oggi il nostro pane quo-tidiano. Dacci anche la cioccolata e mandami una bella macchinina nuova».Il resto della preghiera va bene così.

Anna Maria Musso [email protected]

padre? nostro?

dio è davvero padre? E poi, nostro... di chi? Anche di chi è antipatico o dispettoso?

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Innanzitutto – avverte l’avvocato Castellarin – prima di farci convin-cere a cambiare gestore (perché le offerte sul mercato che ci arrivano attraverso le telefonate dei call cen-ter o il passa parola di amici, ci pa-iono più convenienti) occorre capi-re bene l’offerta: facciamoci consi-gliare da qualche amico o parente che conosce la materia. «Dopo la completa liberalizzazione del mer-cato dell’energia elettrica entrata in vigore il 1° luglio 2007 in Italia e nel resto dell’UE (Unione Europea), tut-ti i clienti possono scegliere libera-mente il fornitore di energia elettri-ca – ricorda l’avvocato Castellarin –. Questo provvedimento, se da una parte garantisce all’utente la facol-tà di decidere attivamente il servizio, dall’altra lascia spazio a gestori im-provvisati ed agguerriti poiché l’at-tività di vendita è diventata libera e, pertanto, chiunque può operare nel mercato dell’energia elettrica in qua-lità di venditore». Che fare allora per orientarsi in un sistema di liberaliz-zazione e salvaguardarsi da offerte vantaggiose solo all’apparenza?«Prima di scegliere una nuova offer-ta – prosegue l’avvocato – è bene

Energia elettrica: attenti alle offerte commerciali ingannevoliA partire da questo numero, inizia una rubrica di servizio che speriamo sia di utilità per i nostri lettori. Grazie alla disponibilità di un amico della nostra Rivista, l’avvocato torinese Marco Castellarin, proporremo risposte ad alcune problematiche – anche segnalate dai lettori – che ogni giorno le nostre famiglie si trovano ad affrontare.

sapere che con la bolletta dell’ener-gia elettrica si pagano: un prezzo di mercato per l’acquisto dell’energia al quale si aggiungono il costo per consegnare l’energia nelle case e mi-surare i consumi, gli oneri generali di sistema previsti per legge e le im-poste. Poi occorre sapere le nostre necessità e i nostri consumi e con-frontarli con le caratteristiche detta-gliate delle offerte».Saper leggere le bollette è un altro requisito fondamentale per non farsi abbindolare. La bolletta solitamente consta di tre fogli; quello che inte-ressa il consumatore è per lo più il dettaglio contabile della bolletta. «Per le bollette dell’energia elettrica – pro-segue l’avvocato – vi è un’unica tarif-fa nazionale regolamentata: tuttavia, dopo la liberalizzazione del mercato, molte società hanno iniziato a fare sconti e piani tariffari differenti. Fin qui sembra facile ma come mai il numero dei reclami – stando ai dati delle associazioni dei consumatori – nel 2010-11 è raddoppiato? E quali sono i vantaggi del mercato libero? È bene comprendere che il mercato si divide in due: il primo è il mercato protetto ovvero in “Regime di mag-

l'avvocato RIsponde

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gior tutela”, nel quale le bollette sono aggiornate trimestralmente e sono calcolate in ottemperanza alle tariffe stabilite dall’AEEG (Autorità garante per l’Energia Elettrica e il Gas) mentre nel caso del mercato libero la que-stione è più complessa. Qui le nuove società – che possono soltanto ri-vendere l’energia acquistata – sti-pulano contratti con tariffe all’ap-parenza più vantaggiose poten-do rivenderla autonomamente ma, poiché non hanno accesso diretto ai contatori degli utenti – le cui verifiche sono invece gestite di-rettamente dalle società distributrici dell’erogazione del servizio – si ve-dono costrette ad emettere bollette basate su un consumo stimato – e non effettivo – rischiando così poi di comunicare un conguaglio con cifre spropositate. Ma vi è di più: il rischio da parte degli utenti di perce-pire come veri i falsi consumi stimati riportati nelle bollette – fintantoché non arriva la sorpresa della bolletta di conguaglio “impazzita” – con la conseguenza che le famiglie ritarda-no ad adottare i provvedimenti e le cautele per risparmiare.«Le tariffe in “Regime di maggior Tute-

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la” – precisa Castellarin – non risento-no del prezzo del mercato libero, ma trimestralmente possono cambiare e risentire sia degli aumenti che delle diminuzioni del prezzo dell’energia fissato dall’AEEG. Le tariffe del libero mercato prevedono generalmente un prezzo bloccato per due anni e nella misura in cui il prezzo delle tariffe in “Regime di maggior Tutela” dovesse aumentare trimestralmente, si rivele-rebbero in questo caso più vantag-giose per il consumatore. stare elettrodomestici che ci aiuti-

no a risparmiare. Quando si rompe la vecchia lavatrice o il frigorifero è bene sapere prima di fare acquisti che l’uso di un elettrodomestico di nuova generazione può comporta-re risparmi economici anche signi-ficativi. Il frigorifero è tra gli elettro-domestici che fanno lievitare di più la nostra bolletta anche perché re-sta acceso 24 ore su 24. «Dunque – conclude l’avvocato – risparmiare sull’acquisto di un elettrodomestico alla lunga non è per nulla conve-niente: per risparmiare sulla bollet-ta è consigliabile orientarsi su appa-recchi di classe: A+, A++ e A+++, sigle riportare nell’etichetta energe-

tica ormai già in atto negli ultimi anni in tutta Europa».

Marina [email protected]

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Qualora si riscontrassero degli errori nella bolletta o dei costi spropositati rispetto al contratto stipulato cosa consiglia di fare? «Prima regola ge-nerale: mai aderire ad un contratto se non si è convinti del proprio con-tenuto e della trasparenza dell’offer-ta. Se poi si riscontrano irregolarità o cifre da capogiro bisogna inoltrare al più presto un reclamo al gestore mediante raccomandata con ricevu-ta di ritorno con copia della bolletta, codice identificativo del cliente, foto-copia del documento di identità. En-tro 40 giorni il gestore ha l’obbligo di rispondere e se questo non avvie-ne ci si può rivolgere alle associazio-ni dei consumatori o ad un profes-sionista di fiducia che indicheranno

la strada da percorrere per adire l’azione giudiziaria davanti al

giudice competente».Infine un piccolo ma

concreto consi-glio è quello

di acqui-

Dopo la completa liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica tutti i clienti possono scegliere il fornitore di energia elettrica.

Chi desiderasse porre domande all’avvocato Marco Castellarin del Foro di Torino può segnalarlo a: redazione.rivista@ ausiliatrice.net specificando nell’oggetto:per L’Avvocato risponde

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Mestiere delicato e non sempli-ce. Con chi ti relazioni principal-mente?Tiziana: «Ovviamente con i referen-ti degli enti pubblici per cui lavoro, anche se spesso mi capita di inter-loquire con i politici: non sono sim-patizzante di nessun partito o am-ministratore pubblico, spesso sono critica e in maniera trasversale, ma-nifesto insofferenza per certi tipi di comportamenti. Mi sento di fare il mio dovere di cittadina criticando chi ritengo stia sbagliando, sia di perso-na che sui social network».

lavoRo e polItIca, quale etIca?Don Ermis, cosa pensi dei nostri politici e pubblici amministratori?Don Ermis: «Non mi pronuncio sul loro operato. Osservo però che i po-litici di oggi sono costretti maggior-mente a comunicare rispetto al pas-sato: la cosa potrà favorire in futuro una maggiore trasparenza sulle loro

Etica e fede, binomio indissolubile!

È da poco iniziato l’Anno della fede, un percorso con cui la Chiesa ci invita a meditare sull’essenza del nostro Credo. In questa rubrica svilupperò un percorso di catechesi orientato a scoprire la presenza e la ricerca di Gesù Cristo tramite un colloquio. Mi aiuteranno don Ermis Segatti, teologo e docente universitario di Storia del cristianesimo, e un personaggio che sceglieremo di volta in volta. In questa puntata incontriamo Tiziana Allegra, imprenditrice torinese e mamma.

attività e sugli enti che sono chiamati a gestire».

Ma i politici sono davvero tutti uguali?

Tiziana: «No, non sono tutti uguali, personalmente conosco politici one-sti ed etici, per fortuna! Quello che è certo però, è che la corruzione è le-gata al potere e quindi è trasversa-le: non ci sono formazioni politiche “immacolate” per definizione!».Don Ermis: «Concordo con que-sta analisi. Spesso quando una re-altà politica crea “cordate” non può prevedere chi si aggancerà a questo o quel gruppo, correndo così il ri-schio di alterarne gli obiettivi positivi prefissati. Mi spiego meglio con un esempio esterno alla politica. In pas-sato, alcuni parroci avevano una cer-ta rilevanza sociale, dato che erano un’autorità nei loro paesi e le chiese erano sempre piene: bene, in quel tempo non si riusciva a distinguere il cittadino che andava in chiesa per

Cominciamo con Tiziana... di che cosa ti occupi nella vita?

Tiziana: «Sono un’imprenditrice e mi occupo di pubblica amministra-zione, più specificamente della defi-nizione dei sistemi informativi degli enti pubblici e della progettazione di software specifici, nell’ambito della sanità e dei trasporti».

espeRIenze

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fede o solo per appartenenza sociale o mero interesse personale».Tiziana: «Beh, questo parroco sareb-be diventato, utilizzando un termine in voga, un vero e proprio “grande elettore”, magari spostando centi-naia di voti! Una caratteristica non strettamente inerente al suo mini-stero...».Don Ermis: «Ora le cose sono pro-fondamente cambiate. Andare a messa oggi è un atto di coraggio perché non si segue la massa: una volta magari si andava in chiesa se-guendo il gregge, la maggioranza. Ora è quasi una sfida al pensiero do-minante, al consenso. Bisogna rom-pere un muro, gli schemi, soprattutto se si è giovani, per seguire percor-si di fede “visibili” e “riconoscibili”. In parole povere, se si sceglie di essere cristiani lo si fa per una profonda convinzione personale, non certo per trarne vantaggio».

testImonIaRe “etIcamente” cRIstoMa trovare valori cristiani testi-moniati coerentemente in politi-ca e fra i politici è davvero così difficile? Una chimera?Tiziana: «Io non mi sento così forte-mente legata alla religione ma penso che una persona che lavora in po-litica debba essere legata ad aspetti etici: secondo me, se un politico agi-

sce secondo etica non è necessario che debba appartenere a un credo religioso. Dovrà essere coerente con i propri princìpi e valori, stop».Don Ermis: «Questo approccio non sempre coerente può accadere an-che in ambito religioso: un sacerdote infatti non solo deve annunciare la Parola, ma deve tradurre la fede in “moneta di vita”. Quando si dice che il comportamento etico non è tutto nella fede, posso essere d’accordo, ma certamente è una base di garan-zia per far sì che anche il discorso di fede non sia fasullo. Guai se man-ca l’etica nei nostri comportamenti. Un uomo eticamente scorretto non può dirsi uomo di fede: la corret-tezza non è un orpello, la fede non può prescindere da questo aspetto».

Tiziana, ma tu cerchi Dio... maga-ri a tuo modo?Tiziana: «Non proprio: io non so se sto cercando qualcosa o qualcuno. Io sono “moralista” e “bacchettona” e spesso critico chi ritengo non si comporti bene. Sto cercando, per-sonalmente, di seguire un percorso etico in tutte le fasi del mio lavoro: voglio fare in modo che ciò che fac-

cio non sia solo orientato al profitto ma anche al benessere sociale e alla ricerca del bene comune».

I valoRI non sono una zavoRRaAlcuni pensano che vivere con dei valori e seguendo comporta-menti etici possa essere una za-vorra. Secondo te?Tiziana: «Non penso proprio. È fa-cile pensare che essi possano rap-presentare una zavorra, ma se si ha il coraggio di fare autocritica, ciò non rappresenta assolutamente un peso, bensì uno stimolo a fare meglio, se-guendo coerentemente la nostra co-scienza».

Trasmetterai questi valori a tuo figlio?Tiziana: «Lo sto facendo e lo farò ancora, certamente. Sono una mam-ma affettuosa ma esigente, voglio che mio figlio impari a vivere one-stamente e con sani princìpi di ri-ferimento: non è certo facile ma ci sto provando con grande impegno!».

Alberto [email protected]

Sacerdote della diocesi di Tori-no, docente da vari anni di Storia del Cristianesimo e di Teologie Extraeuropee presso la facoltà teologica dell’Italia settentriona-le - sezione parallela di Torino.è stato responsabile per la pa-storale diocesana della cultura.

48 anni, imprenditrice nel campo dell’information and communi-cation technology (ICT), lavora da anni a stretto contatto con enti pubblici.

don ermis segatti tiziana allegra

un uomo eticamente scorretto non può dirsi uomo di fede: la correttezza non è un orpello, la fede non può prescindere da questo aspetto.

twitter.com/tizianaallegrawww.facebook.com/tiziana.allegra

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Una cristiana da me conosciuta quasi casualmente, Lina Sor-renti Biora, torinese, è morta santamente il 13 giugno 2012 a 65 anni. Era colpita da tumore. Riporto qualcosa dei messaggi email scambiati dall’aprile del 2009 al maggio del 2012. La so-stanza della nostra corrispondenza è nella ricerca del giusto atteggiamento del cristiano nella malattia.Il primo accenno al male è dell’11 gennaio 2009: «È questa una fase molto speciale della mia vita, che ha aperto nuovi orizzonti e che al momento riesco a vivere, nonostante tutto, come una benedizione». Tre mesi più tardi mi scrive le parole che ritengo centrali della sua vicenda con i medici e con il Signore: «Sto vivendo tutto con serenità, dopo aver superato le varie fasi ed essere arrivata all’accettazione, senza rassegnazione» [12.04.09]. Accettazione senza rassegnazione mi pare un buon motto, lo leggo nello spirito di Paolo, 2 Cor 6, 10: «Afflitti ma sempre lieti».L’8 agosto 2009: «La recidiva della mia malattia è stata per il momento neutralizzata, questo vuol dire che nell’immediato futuro non ci sarà più chemio. E il resto sarà... vita, da vivere con gioia e in rendimento di grazie». Lina fa consistere il ren-dimento di grazie nell’onorare la vita, nel goderla.Torna presto la chemio e torna la parola “accettazione”: «Sono fiduciosa di poter superare ancora questo passaggio accet-

«Ma perché non a me?»Così rispondeva Lina Sorrenti Biora, torinese, morta di tumore lo scorso giugno 2012, a chi le diceva: «Perché proprio a te?».

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tandolo e vivendolo, cercando di trarne insegna-mento» [12.11.09].Con incredibile libertà mi regala libri che parlano di malattie e io la ricambio con la stessa libertà e lei così reagisce: «Che bello e che gioia legger-ti! Sto bene, nonostante tutto! Il problema non è ancora risolto ma sono tranquilla. Tanti sono i motivi e le circostanze che mi spronano ad ac-cettare pienamente e a vivere al meglio quanto accade» [14.09.10].Il male si aggrava. Le chiedo se posso vederla in occasione di una mia puntata a Torino per la Fiera del Libro e lei – gioiosa – organizza il nostro ulti-mo incontro: «Io purtroppo da due mesi a questa parte non guido più e sono limitata nei miei mo-vimenti. È felice però di fare la tua conoscenza e di accompagnarmi in questo giro, mia figlia Gra-zia. Quindi veniamo a prenderti in albergo per le 8,15...» [09.05.12].Rientrato a Roma le ho inviato in ringraziamento questa email: «Lina cara è stato bello incontrarci ancora una volta pur nella tua fatica. Hai rievo-cato il nostro primo incontro a Torino Spirituali-tà nel 2005 e come ti eri decisa – con l’aiuto di un’amica – a presentarti e a salutarmi. Un poco ti appoggiavi a Grazia e un poco a me.” Con l’aiuto di tutti vado avanti” dicevi. Ti avevo portato i due libri che nella giornata avrei presentato al Salone. “Ho pensato di trattarti come se tu stessi bene”, ho detto e ti sei fatta una bella risata dicendo “ma sì, anche in queste situazioni è bene ridere un po’ di noi stessi”. Infine il Lingotto dove hai detto: “Lu-

igi io non scendo, ti saluto da qui”. E mi spiegavi come avrei dovuto fare al ritorno, con i taxi o con la metropolitana».Rispose festosa al mio messaggio narrativo: «Luigi caro, riassumo il tuo scritto, che mi ha lasciata let-teralmente senza fiato e con grande commozione, con le parole: “Ho pensato di trattarti come se tu stessi bene”. Grazie Luigi per questa tua sapiente scelta che ho messo accanto alla tua mano che stringeva la mia, già al momento del canto d’inizio della messa» [15.05.12].Le scrivo ancora il 21 maggio per dirle che il gior-no prima, l’avevamo ricordata a messa, Isa ed io. Risponde il 22 che anche lei a messa ci ha ricordati «rinnovando in me, gli stessi sentimenti di gioia, di partecipazione e di gratitudine al buon Dio». Sono le ultime parole che mi ha donato.Il marito Beppe, i figli Grazia e Gabriele, l’amico p. Amigoni mi hanno narrato altre sue parole, a par-tire da queste, dette a Grazia in risposta a una sua protesta per le sofferenze della mamma: «Perché proprio a te?» Lina le risponde: «Ma perché non a me?» Come a dire: chi sono io per non condivi-dere le sofferenze di tutti, per non essere degna di patire per il Signore?Infine l’ultima parola, nella difficoltà del respiro, poco prima del trapasso: «Aiutami». Le tenevano la mano e le regolavano l’ossigeno Beppe e Grazia ma la loro impressione è che quella parola avesse altro destinatario. Le aggiustano il cuscino e lei ripete «aiutami»: «Il suo sguardo però, assai pro-vato, era rivolto non a noi che stavamo ai lati del letto, ma un po’ verso l’alto davanti a sé. Il tono della voce era dolce ma fermo allo stesso tempo».

Luigi [email protected]

Luigi Accattoli è giornalista (ha lavora-to alla Repubblica e al Corriere della Sera; oggi collabora a varie testate), scrittore e conferenziere. Nato a Reca-nati (macerata) nel 1943, vive a Roma. Sposato, ha cinque figli e due nipotini.

luigi accattoli

www.luigiaccattoli.it

Il testo è un adattamento dell’articolo pubblicato sul quindicinale cattolico Il Regno n° 18-2012, pag. 647, Edizioni dehoniane bologna.Il Regno è un quindicinale di attualità e documentazione, che offre uno sguardo analitico sulla cultura religiosa, la politica, la società e la Chiesa in Italia e nel mondo.

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Un tempo, nemmeno troppo lonta-no, piazze e parchi erano gli spa-zi dove scorreva la vita di un paese. Dove le persone si ritrovavano a di-scutere di sport e politica, filosofia e arte, o dei fatti del vicino. Magari con le mani appesantite dalle buste della spesa. Ma in un mondo in cui tutto è destinato a cambiare, anche le piaz-ze non sono più quelle di una volta. Oggi, la vita sociale ruota attorno a supermercati e gallerie commerciali.

tRa outlet e centRI commeRcIalIIl più grande centro commerciale d’Italia si trova a Roma e copre una superficie espositiva di circa 150.000 mq, con 220 negozi – tra cui i grandi distributori di elettronica, bricolage, mobili componibili – e più di 7.000 posti auto. È solo uno dei templi del popolo dei consumatori. Nel Belpa-ese i centri di questo tipo sono più di mille, e quasi altrettanti sono gli ipermercati. Altri ne arriveranno, an-che se la crisi ha rallentato i progetti in attesa di essere realizzati.E poi ci sono gli outlet, che offrono

Per la prima volta in migliaia d’anni, il cuore

della vita cittadina si è spostato dalle piazze ai centri commerciali,

dai luoghi dell’incontro ai templi del consumo.

Una visione spettrale per alcuni, ma per altri

una nuova sfida sul senso dell’umano.

I “non luoghi”

un microcosmo di negozi, sconti e scenografie ricostruite ad arte, che riprendono le architetture, le vie e perfino le piazze di un paese vero. In Italia ce ne sono almeno tren-ta. Nomi diversi, stesso schema: un enorme contenitore in periferia, co-modo da raggiungere, dotato di at-tività (soprattutto abbigliamento e wellness), maxistore, ristorazione, ci-nema, locali, parking, aperto 24 ore su 24, anche la domenica.

una deRIva...Una macchina studiata per intratte-nere il popolo dei consumatori con spettacoli, concerti, eventi e quanto

di meglio riesce ad offrire l’industria dell’entertainment. Cosa che non ri-esce più a fare la città, in preda a una lotta di trincea contro la crisi econo-mica e priva dei mezzi di cui dispon-gono le major del super consumo. La scelta si è rivelata vincente: un numero crescente di famiglie – ma anche di persone sole – tende a tra-scorrere il tempo libero tra gli scaf-fali del market o seduto a un tavolo, sempre comunque al chiuso: là, ra-gazzini e adulti si danno appunta-mento per passare il pomeriggio o le giornate di festa. Gli esperti gli hanno dato anche un nome: “non luoghi”, come li ha defi-

del benessere

espeRIenze

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niti fin dalla fine degli anni ’90 l’an-tropologo francese Marc Augé. Spa-zi in cui la folla quasi si tocca, ma senza mai incontrarsi davvero. Per il noto sociologo Zygmunt Bauman, si tratta di location co struite per fare circolare la gente ma non per fer-marsi a fare due chiacchiere, e co-munque non per parlare d’altro che non siano i beni esposti in vetrina.

...o una sfIda?C’è però chi vede questa nuova re-altà come una scommessa: «Il loro mestiere è fare commercio, ma non è incompatibile con una dimensio-ne più umana. Non siamo miglio-

ri o peggiori, comprando», spiega Giovanni Bagna, fondatore di In-contrinsieme, un movimento parti-to da Chieri, in provincia di Torino, per parlare di fede nei nuovi conte-sti urbani, outlet e centri commercia-li di un territorio senza confini. Un esempio della loro opera di dialogo è l’evento svoltosi lo scorso 22 set-tembre a Il Gialdo di Chieri. Titolo: Incontriamolo.«Chi ha detto che lì dentro non si possa pregare? Che Dio non sia pre-sente in quei luoghi? Nell’esperienza di Chieri, molta gente si è fermata e ha chiesto: perché lo fate? Hanno colto la nostra provocazione, la loro sorpresa si è mutata in curiosità e abbiamo iniziato a interagire», osser-va Bagna. I centri commerciali diven-tano così l’occasione per riscoprire una nuova umanità, per riprendere il dialogo da quelle piazze dove s’e-ra interrotto.Non è l’unico caso di iniziative del genere. Con la stessa organizzazio-ne, vengono curati corsi prematri-moniali non più solo in parrocchia ma anche in altri luoghi, sottoline-ando i vari aspetti della vita insieme: l’accoglienza (convivialità) al risto-rante, il secondo appuntamento (la “casa giusta” per la coppia) al mobili-ficio e così via. «La scenografia urba-na aiuta a creare il contesto adatto», dicono da Incontrinsieme. E per par-lare del mondo maschile e femmini-

le, ci si affida al parrucchiere: «Impe-gnati nel farsi sistemare acconciatu-ra, oppure barba e capelli, è più facile discutere anche di temi complicati».È più facile nelle gallerie commer-ciali che non fra le corsie dei super-mercati. Ma dove viene applicato, il “gioco” ha sempre esito positivo: ro-vescia l’equazione persona = consu-matore e stimola la gente a parlarsi, anche a riflettere.Non c’è il rischio di sottrarre clienti alla fabbrica del business? «Durante le iniziative organizzate, pare siano aumentati anche gli incassi dei cen-tri commerciali che ci ospitavano – dice Bagna – certo, il nostro scopo è un altro, ma scopriamo che, rea-lizzandolo, alla fine sono più con-tenti tutti».Bisogna saper leggere i segni dei tempi: nel lungo termine, non è il “non luogo” a condizionare l’uomo, ma è quest’ultimo a dare un senso ai posti che frequenta. A fare la dif-ferenza è la ritrovata consapevolezza della propria identità. Basta accende-re il cuore e il cervello, insomma, e ricordarsi che è il sabato “a servizio dell’uomo”. Quando diventa il con-trario, forse è il momento di fermarsi e di riflettere, con le borse da shop-ping appese al chiodo.

Luca [email protected]

www.incontrinsieme.it

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Ho incontrato un prete tra le aule della mia vecchia Facoltà. Don Luca è un prete vero, con l’abito grigio del sacerdote e il collarino bianco. Tut-te quelle certezze che credevo d’aver trovato sugli scaffali della bibliote-ca, ai tempi degli studi in Lettere e Filosofia, mi fecero venir voglia di confrontarmi con quella novità. Im-maginavo che saremmo caduti nella trappola di una lunga e complessa “disputa” teologica, se avessi posto al centro della nostra breve e improv-visata discussione il tema della fede, ma non è andata così.

“se dIo non esIste...”Quando ancora ero studente ricordo di aver letto con entusiasmo le paro-le che Dostoevskij ha messo in boc-ca ad Ivan Karamazov sull’esistenza di Dio e la possibilità di una rinno-vata “libertà” umana. Quell’opinione, fatta mia, rendeva brillanti le prese di posizione con gli altri colleghi di uni-versità, ma sembrava aver interrotto una naturale ricerca della fede. «Se-condo me, non c’è nulla da distrug-gere, fuorché l’idea di Dio nell’uma-nità; ecco di dove occorre comincia-re! È di qui, di qui che si deve partire, o ciechi, che non capite nulla! Una volta che l’umanità intera abbia rin-negato Dio [...] tutto si rinnoverà. Gli uomini si uniranno per prendere alla

dio ha un nome e chiama per nomeHo incontrato un prete tra le aule della mia vecchia facoltà. Un confronto imprevisto su come credere in Dio e nello stesso momento agire da uomo, secondo i costumi e i “miti” del proprio tempo.

vita tutto ciò che essa può dare, ma unicamente per la gioia e la felicità di questo mondo. L’uomo si esalte-rà in un orgoglio divino, titanico, e apparirà l’uomo dio». Parole, queste, che mi fecero pensa-re, come a molti, di potermi sentire individualista e sicuro di me. Ora, che circolava all’università un volantino, una brochure, dal titolo “Pensare con lode”, era venuto il momento per confrontare il mio “sapere” con chi dalla propria fede ha fatto nascere

una nuova pastorale, simboleggiata da un sorriso che unisce una croce e uno studente laureando dalle origini comuni, sullo sfondo la Mole, sotto lo sguardo di un sole azzurro o ce-leste, un colore “mariano”.

la fede è un dono?Cosa c’entra quella croce con i miei studi, con la voglia di affermarmi nella vita, nel lavoro, nella profes-sione che amo e per la quale sono pronto a dirmi “umanista”, ad esem-

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pio, pur arrivando talvolta ad esclu-dere l’essere umano che mi è ac-canto al banco o in aula a lezione? Come posso pensare di credere in Dio e allo stesso momento agire da uomo del proprio tempo, secondo i costumi e i “miti” del proprio tempo?«Credere è una responsabilità e cre-dere significa rendersi conto che sia-mo stati generati, che abbiamo ad-dosso gli occhi di un padre e quel padre vogliamo renderlo orgoglioso, perché quell’orgoglio di padre disu-manizza il peccato, nel momento in cui io faccio bene il mio lavoro fino in fondo, ad esempio». Mi torna al-lora in mente un Salmo, che mi han-no suggerito di recente. «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quan-do seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie; la mia parola non è ancora sulla lingua e

tu, Signore, già la conosci tutta». Che quello sguardo non è giudicante mi aiuta a capirlo meglio un passo da Giovanni (3, 16-21). Resta la mia li-bertà, quella di illudermi di potermi nascondere a quello sguardo o di rifiutarlo? «La luce è venuta nel mon-do, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque in-fatti fa il male, odia la luce e non vie-ne alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché ap-paia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Il cRIstIano non è IsolatoComprendo razionalmente il con-cetto di paternità “originaria e origi-nante”, ma non basta ancora. «Che tu possa accettarla o rifiutarla, con-tinua ad esserci». Il punto interroga-tivo torna, quando mi chiedo come io possa credere senza il dono della fede. «Bisogna smetterla di conside-rare la fede un dono». Mi fido, ma non confido ancora che tutto possa risolversi così. Ed è ancora una do-manda, un’altra domanda a cerca-re di mettere in discussione quella “scelta” che nell’altro sembra sem-plice, ma richiede la consapevolez-za di un amore che è “eccedenza ed è in Cristo” capace di guarire “l’uomo ferito dal peccato originale”. Questa eccedenza si intravede nei Vangeli, dove è “noi” il pronome personale più usato e non il suo corrispettivo singolare.«Quando preghiamo diciamo Padre nostro non a caso: la resurrezione di Gesù spiega con efficacia che un cristiano non può essere isolato, non può pensare di realizzare qualcosa

da solo. Gesù torna quando i suoi discepoli sono riuniti, solo allora si può manifestare lo Spirito Santo. È stato lui a volerli riuniti di nuovo. Il nostro tempo ci vuole tutti “primi della classe” e soli: questa è la cifra del postmoderno, dove è comoda anche una concezione di Dio come “gommista”, da contattare in caso di foratura. Questo sembra renderci più freddi, più analitici e calcolato-ri». Attenzione, dunque, meritano le parole dell’Apocalisse, recentemente riprese da Benedetto XVI. «La bestia è il numero e trasforma in numeri. Dio, invece, ha un nome e chiama per nome». È quindi quel nome il se-gno della nostra individualità, ma è nel non riconoscerci figli di Dio che corriamo il rischio di un individua-lismo che ci isola e ci rende deboli. Un individualismo che, in assenza di fede o anche di un concetto più laico di fiducia, può condurre ad una vi-sione nichilista dell’esistenza, specie tra i più giovani.

Enrico [email protected]

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a lourdes accade ancora

Lo scorso 11 ottobre, il Vescovo di Casale Monferrato ha

annunciato che la guarigione della suora salesiana Luigina

Traverso, avvenuta nel 1965, «è da attribuirsi esclusivamente

ad uno straordinario intervento di Dio, ottenuto grazie

all’intercessione della Beata Vergine Maria».

Dopo quarantasette anni, la Chiesa si è pronunciata. La gua-rigione inspiegabile della Figlia di Maria Ausiliatrice Luigina Traverso, avvenuta a Lourdes il 23 luglio 1965, fu un miraco-lo. Arrivò al santuario nascosto tra i Pirenei in barella con la gamba sinistra atrofizzata e una diagnosi che non lasciava spe-ranze: lombosciatica paralizzante in meningocele; tornò a casa camminando. Il vescovo di Casale Monferrato Alceste Catella ha atteso lo scorso 11 ottobre, apertura dell’Anno della fede e cinquantesimo del Concilio Vaticano II, per dare l’annuncio pubblico: «È da attribuirsi esclusivamente ad uno straordinario intervento di Dio ottenuto grazie all’intercessione della Beata Vergine Maria». Analogo annuncio è stato dato da monsignor Martino Canessa, vescovo di Tortona, la diocesi d’origine della miracolata. È infatti di Novi Ligure la settantottenne suora sa-lesiana da quasi quarant’anni economa alla casa di riposo per religiose “San Giuseppe” a San Salvatore Monferrato.

eRo In baRella. mI mIsI In gInocchIo«Da tempo non riuscivo più a camminare – racconta oggi suor Luigina, sessantottesima miracolata di Lourdes –. Così, nel lu-

d’improvviso cominciò a muoversi. Chiese una benedizione al delegato vescovile. Lui replicò: «Se vuole riceverla, venga a mettersi in ginocchio a pregare». Lei ubbidì.

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glio 1965, a 31 anni, decisi di partecipare a un pel-legrinaggio con l’Oftal di Tortona. Ero in barella. Il giorno del miracolo, durante la processione eu-caristica sull’”esplanade”, al passaggio del Santis-simo, sentii un forte calore entrarmi in corpo e il desiderio di “mettermi in piedi”». Una cosa che non mi era mai successa: lì per lì mi sono detta: “Cosa mi capita? Guarirò mica? Il Signore ha davvero ascoltato le mie preghiere?”. Ho iniziato a muove-re il piede, il dolore era scomparso. Chiesi subito alla volontaria che mi accompagnava di andare al “Bureau medical” per le pratiche del caso: bi-sognava dimostrare che la paresi alla mia gamba non era dovuta a un fatto neurologico ma a un nervo schiacciato». Riportata nella propria camera d’albergo alla presenza del medico responsabile del pellegrinaggio Danilo Cebrelli e del delegato vescovile monsignor Lorenzo Ferrarazzo, suor Lu-igina si mise seduta sul letto. Chiese di poter rice-vere la benedizione da parte di monsignor Ferra-razzo, che replicò: «Se vuol ricevere la benedizione, si alzi e venga a mettersi in ginocchio a pregare». Suor Luigina prontamente ubbidì, scese dal letto e si inginocchiò. Al rientro in Italia, i medici che l’avevano in cura constatarono la guarigione. Da allora questa religiosa ricca di umiltà non ha più accusato alcuna manifestazione della invalidante pregressa patologia. «Per molti anni non successe nulla, io continuavo a fare la mia vita, tanto che nella mia Ispettoria in poche sapevano della mia storia. Intanto da Tortona passai a fare l’economa qui a San Salvatore Monferrato, e nell’84 arrivò la chiamata del “Bureau Medical” per nuove visite. Poi di nuovo nulla, io intanto ogni anno mi reca-vo, come faccio ancora oggi, a Lourdes: vado a rendere un po’ di quello che ho ricevuto».

Il settImo mIRacolo a pellegRInI ItalIanINel luglio 2010, in occasione di un nuovo pellegri-naggio dell’Oftal di Tortona, il caso di suor Luigina viene nuovamente presentato e valutato. Soltanto il 10 febbraio 2011, vigilia del 154o anniversario della prima apparizione lourdiana, il vescovo di Lourdes ha trasmesso al vescovo di Casale Mon-ferrato una comunicazione inerente la guarigio-ne della salesiana, che un certificato del Comitato Medico Internazionale giudicava non spiegabile allo stato attuale delle conoscenze. Nel novem-bre dello stesso anno il dottor Franco Balzaretti ha relazionato circa la guarigione straordinaria di suor Luigina al Comitato Medico Internazionale di Lourdes, che ha sede a Parigi ed è composto da venti luminari della scienza che esaminano i casi di guarigione segnalati spontaneamente all’Uffi-cio del Santuario. A larghissima maggioranza, il Comitato ha votato a favore della straordinarietà dell’evento. È il settimo miracolo riconosciuto a pellegrini italiani dopo quelli accaduti a Madda-lena Carini, Evasio Ganora, Vittorio Micheli, Elisa Aloi, Delizia Cirolli e Anna Santaniello. “Guarigio-ne completa e permanente”. «Tante volte mi sono chiesta, vedendo gente di ogni nazionalità recar-si a Lourdes in cerca di una grazia: perché a me sì? – racconta suor Luigina –. L’unica risposta che mi sono data è: perché il Signore ha voluto così, ha ascoltato le mie preghiere e quelle della mia comunità. Certe risposte sono segreti che solo Lui conosce».

Andrea [email protected]

Il “bureau medical” raccoglie la documentazione medica delle guarigioni che avvengono nel santuario. Conserva i dossier di circa 7000 casi “inspiegabili”.

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Ci sono incontri che cambiano la vita. Amicizie che innescano circoli virtuosi che possono condurre alla santità. Come quella che lega Don Bosco e Anna Maria Rubatto, nata grazie al desiderio co-mune di spalancare le porte del cuore a chiunque si trovi nel bisogno, soprattutto ai giovani e a chi deve fare i conti con la fatica e con la paura di vivere.

una pRofezIa che sI avveRaQuando si conoscono – tra il 1865 e il 1870 – Don Bosco è sulla cinquantina ed è impegnato a dare forma e solidità al proprio sogno: la So-cietà salesiana e la Basilica di Maria Ausiliatrice. Anna Maria, poco più che ventenne, è orfana e si è da poco trasferita dalla natia Carmagnola a Torino. Innamorata di Dio, lo cerca negli occhi di chi vive ai margini: insegna catechismo ai ragaz-zi dell’oratorio di Don Bosco, visita i malati della Piccola casa della Divina Provvidenza fondata da san Giuseppe Benedetto Cottolengo e sostiene i

La vita e l’opera di Anna Maria Rubatto, cui Don Bosco predisse che sarebbe diventata suora e che avrebbe fondato un ordine religioso.

poveri che gravitano intorno alla Conferenza di san Vincenzo De’ Paoli.Il rapporto tra Don Bosco e Anna Maria diventa di anno in anno più solido: lei lo consulta su tutto e lui, un giorno, le predice che si dedicherà alla vita religiosa e fonderà un ordine.Nell’estate 1883 Anna Maria è a Loano, sulla ri-viera ligure. Convinta che la solidarietà non va mai in vacanza, non perde occasione per aiutare i malati e i bambini abbandonati e collabora con i padri cappuccini. Un giorno, uscendo dalla chiesa di Santa Maria Immacolata, viene investita dai la-menti di un giovane manovale colpito alla testa da una pietra caduta da un’impalcatura. Anna Maria lo soccorre e gli offre un po’ di denaro affinché si curi e si riprenda dall’incidente. La costruzione cui quel manovale stava lavorando era destinata a ospitare una comunità femminile che avrebbe dovuto nascere di lì a poco e per la quale i cap-puccini stavano cercando una direttrice. Dopo

guardare ai poveri per vedere dio

foto tratte da www.scmrubatto.org

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quell’episodio, colpito dalla sua generosità e dal suo buon cuore, padre Angelico Martini intu-isce che Anna Maria potrebbe essere la persona giusta per guidare la comunità e glielo propone.

da loano aI confInI del mondoAnna Maria non risponde subito. Per un anno prega e riflette, ascoltando gli slanci e i timori del proprio cuore. Alla fine, accetta la proposta di padre Martini e il 23 gennaio 1885, con cinque compagne, indossa l’abito francescano. Poco più di un anno e mezzo dopo – il 17 settembre 1886 – prende i voti, cambia il proprio nome in madre Maria Francesca di Gesù e diventa la prima su-periora dell’Ordine e dell’Istituto delle suore ter-ziarie cappuccine di Loano.Missione della neonata comunità non è solo as-sistere a domicilio gli infermi ma anche educare i bambini che non frequentano la scuola e offrire sostegno ai pescatori e agli emarginati. Il suo ca-risma e il suo operato non rimangono circoscritti alla cittadina di Loano ma, nel giro di pochi mesi, si estendono a Voltri, Genova, Sanremo, Porto Maurizio e Levanto.Per offrire un porto sicuro alle centinaia di migran-ti che abbandonano l’Italia per cercare un futuro migliore in Sud America, a partire dal 1892 madre Maria Francesca apre case in Uruguay, Argentina

e Brasile. E proprio in Brasile, nel 1901, le suore, i frati e la piccola comunità di laici che vivono nel-la missione vengono massacrati da alcuni indi-geni della tribù Guajajara, istigati dai proprietari terrieri della zona. Il 6 agosto 1904, in Uruguay, madre Maria Francesca muore e, per sua volontà, è sepolta tra i poveri del quartiere di Belvedere, a Montevideo.Il suo esempio e le sue virtù vengono riconosciu-te e apprezzate dalla Chiesa e, il 10 ottobre 1993, papa Giovanni Paolo II la proclama beata.

una stoRIa che contInuaLa presenza dell’Ordine – che nel 1973 ha modifi-cato la propria denominazione in “suore cappuc-cine di madre Rubatto” – continua a espandersi, anche dopo la morte di madre Maria Francesca, per farsi lievito evangelico tra i poveri e i bisognosi di ogni latitudine.Le suore cappuccine di madre Rubatto sono at-tualmente presenti in Italia, Romania, Israele, Etio-pia, Eritrea, Camerun, Kenya, Ecuador, Perù, Bra-sile, Argentina e Uruguay.In Italia, in particolare, assistono gli infermi attra-verso la Casa di cura San Francesco di Bergamo e l’Opera dei poveri San Francesco di Milano. Nelle Residenze di Bergamo, Loano e Varese si pren-dono cura delle pazienti ricoverate. Si impegnano inoltre nella catechesi dei giovani, nelle parrocchie, negli oratori, nelle missioni popolari e nell’inse-gnamento scolastico. In prima linea nel servizio ai poveri e non indifferenti alle emergenze sociali, operano nelle carceri minorili e – in collabora-zione con la Caritas – in favore dei poveri e degli immigrati.Sulle orme di madre Maria Francesca non si stan-cano di ripetere al mondo, con le parole e con l’a-zione: «Ama molto Gesù, amalo tanto. Ama tutti i tuoi fratelli con amore puro, senza lasciare in disparte nessuno».

Innamorata di dio, Anna maria Rubatto lo cerca negli occhi di chi vive ai margini.

Carlo [email protected]

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Come Associazione di Maria Ausi-liatrice sentiamo che Maria ci chia-ma a vivere questo Anno della fede in modo tutto speciale, sapendo che Don Bosco ha fondato l’Associazio-ne con lo scopo di difendere e dif-fondere la fede tra il popolo di Dio, attraverso la devozione all’Ausilia-trice. È un tempo di grazia da vive-re sotto il suo sguardo, in profonda comunione d’anima con Lei per es-sere, sotto la sua guida, missionari dell’amore di Dio. È chiamata ad una missione speciale per la quale Ella ci rende forti, ci riempie delle sue gra-zie, ci protegge dallo spirito del male, ci consola nei momenti difficili. «Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio

Viviamo con maria l’Anno della fede

venezuela XXIII Assemblea e XXIV Incontro NazionaleDal 31 agosto al 2 settembre si è celebrata la XXIII Assemblea e il XXIV Incontro Nazionale dell’ADMA del Venezuela: di par-ticolare interesse alcune proposte per la formazione dell’ADMA giovanile.

fIlIppIne sud Primo congresso dal tema “ADMA ieri e oggi: continuando la grande devozione di San Giovanni Bosco a Maria Ausiliatrice”.

ecuadoR 1VIII Congresso Nazionale nella città di Olmedo, con la par-tecipazione di 135 soci. Furono sviluppati due temi: “Maria Au-siliatrice nella vita di Don Bosco” e “Maria discepola e missio-naria”. È bello vedere che l’Associazione conta la presenza di giovani disposti a continuare questa devozione e relazionarsi

che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfr Lc 1,38). Visitando Elisabetta in-nalzò il suo canto di lode all’Altissi-mo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55). Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mante-nendo intatta la verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo spo-so, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt 2,13-15). Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e ri-mase con Lui fin sul Golgota (cfr Gv 19,25-27). Con fede Maria assapo-rò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc 2,19.51), lo trasmise ai

Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4)» (Benedetto XVI Porta Fi-dei, 13).Oggi più che mai vogliamo lasciar-ci guidare da Maria, nostra madre e nostro aiuto, nel cammino della san-tità e della grazia, per combattere l’a-stuzia del maligno che seduce i cuo-ri con il peccato, volendo la perdi-zione degli uomini. Maria ci chiama ad essere apostoli e portatori della luce della fede e dell’amore di Dio per coloro che vivono nelle tenebre e nell’ombra della morte. Con Lei tutti possiamo vedere suo Figlio, adorarlo e vivere nell’amore e nella pace.

Pierluigi Cameroni SDBAnimatore spirituale

[email protected]

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con i centri ADMA, per scambiare esperienze e apprendere da ognuno. Nell’eucaristia di chiusura 12 persone fecero l’impegno di adesione.

aRgentIna 2Primo Congresso Nazionale di Maria AusiliatriceDal 21 al 23 settembre presso il santuario nazio-nale di Nostra Signora de Lujan, si è svolto il Pri-mo Congresso di Maria Ausiliatrice dell’Argentina. Oltre 400 membri della Famiglia Salesiana hanno condiviso una forte esperienza di fede e di frater-nità, meditando e sperimentando come Maria Au-siliatrice è stata presente nella vita di Don Bosco.

honduRas 3IV Congresso ADMA del Centro AmericaDal 26 al 30 settembre 2012, presso il centro “Tres Rosas” (Valle de Angeles – Honduras), si è svolto il IV Congresso ADMA del Centro America, con la partecipazione di circa 200 soci provenien-ti da Panama, Honduras, Guatemala, Costa Rica, El Salvador, Nicaragua. Il lavoro delle giornate è stato incentrato sulla presentazione dell’identità dell’ADMA e sulle linee di rinnovamento dell’As-sociazione, ponendo attenzione al coinvolgimento e alla formazione delle famiglie giovani e ai gruppi dell’ADMA giovanile.

toRIno 4Valdocco XXII Giornata Mariana Domenica 13 ottobre 2012, con la partecipazione di oltre 300 persone si è celebrata la XXII Giornata

Mariana, incentrata sulla presentazione della Carta d’Identità carismatica della Famiglia Salesiana. Ha fatto seguito una carrellata di testimonianze ed esperienze proposte in forma giovanile e vivace. Nel pomeriggio, nel Santuario di Maria Ausilia-trice, si è svolta la solenne concelebrazione eu-caristica durante la quale 42 persone dell’ADMA Primaria, di Mornese, di Ivrea, di Nave (Brescia) e della comunità Shalom di Palazzolo S/O (Brescia), sono entrate a far parte dell’Associazione. In que-sta celebrazione si è voluto aprire solennemente, come ADMA, l’Anno della fede.

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

www.donboscoadma.org

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Mi tocca attendere solo qualche mi-nuto, che ne vorrei invece di più per prepararmi, visto che sono un po-chetto emozionato. Non è che capiti tutti i giorni infatti, che Lui conceda interviste. Oh. Non perché non sap-pia usarli bene i media, Lui. È che quassù, in Paradiso sono tutti occu-pati a fare cose ben più importanti che parlare con i giornalisti, abitu-dine che forse qualche ecclesiastico

Intervista a don bosco. Si comincia.E se Don Bosco oggi concedesse alla nostra (e sua) Rivista un’intervista esclusiva? Quasi come un sogno ad occhi aperti, un microfono lo mettiamo nel suo ufficio, in paradiso...

dovrebbe imparare anche sulla terra.Ecco che l’angelo segretario mi fa entrare. La porta dell’ufficio è splen-dente, come tutte quelle del grande corridoio dove hanno il loro stu-dio i grandi Santi che qui ricevono i visitatori. Appena entrato però mi trovo dentro un bugigattolo grande quanto... un piccolo confessionale. C’è un tavolino di legno con... un te-schio sopra. Due libri tra cui rico-nosco un vecchio breviario e due semplici sedie. Alle spalle una pic-cola panca con due bottiglie di vino e una cesta coperta da uno straccio da cui esce un profumo di pane che mi sveglia lo stomaco. Al centro della piccola stanza c’è Lui, in piedi, con le braccia aperte, proprio come cer-te immagini votive ce lo mostrano. Solo il sorriso è molto più luminoso e coinvolgente.- Buongiorno – balbetto avanzando un poco –.- Cereia, mi risponde in piemonte-se, ma poi si corregge subito – oh,

scusa, buongiorno a te, prego accomo-dati subito. Ah, il piemontese... è appena stata qui la mia mam-ma, mi ha porta-to il suo pane e il vino delle nostre parti – indica gli

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oggetti sulla panca – è un’abitudine per lei che è dura a... morire... anche qui in Paradiso.- Il profumo di pane è fantastico – dico per rompere l’emozione che provo nel trovarmi davanti questo pezzo da 90 della santità.- Certo, certo. Altro che le vo-stre merendine di oggi. Ne vuoi una fetta? Accomodati intanto. Mentre mi siedo Lui prende una pa-gnotta e la spezza in due.- Tieni. Mi piace fare tutto a metà, con i miei ragazzi. Tu sei stato ex-allievo... quindi...- Sì, in due scuole.- Come stanno i miei figli in terra? Come li hai trovati?Ecco... io pensavo di farle io le do-mande ma l’emozione mi ha fatto dimenticare quasi tutto quello per cui sono venuto.- I Salesiani? Stanno bene, direi. In-somma. Li vedo molto attivi. In Italia vanno nei posti dove la Chiesa si è ritirata, in missione sono in prima fila in tutto il mondo.- Ah, bene, bene – annuisce soddi-sfatto –.- Ma, scusi, Lei non vede di... sotto... da qui?Il suo sorriso si allarga ancora di più.- Oh, noi da qui vediamo tutta la sto-ria al completo, non solo il piccolo tragitto che un’anima percepisce nel breve tratto di una vita. E siamo tal-

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- Di vita insieme e preghiera – lo in-calzo.- Oggi i ragazzi perdono tanto tem-po in maniera individuale. A casa appena arrivano accendono quelle scatole colorate con la macchina da scrivere collegata... come si chiama-no...- Ehm, computer?- Eh sì, quelli. Passano ore a scriver-si a distanza. E sono convinti così di comunicare. Invece stancano solo la mente, tolgono tempo allo studio, ammazzano la loro creatività co-piando e incollando – si dice così, vero? – le cose che trovano in giro e fatte da altri, spesso cose molto volgari. Ah, che nostalgia.- Nostalgia?- Dei miei tempi. Noi stavamo in-sieme davvero. Alla loro età mi inventavo di tutto, ho fatto anche il mago, con qual-che pezzo di corda e qual-che uovo per far divertire i

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miei coetanei. Ma l’importante era il gruppo, si cresceva insieme, non ognuno a casa propria a mandarsi messaggini. Staccateli da quei cosi...- Eh, dobbiamo dirlo ai genitori. E casa di preghiera, diceva, ehm, di-cevi...- Ci arrivo subito. Un bicchiere di vino?- Di Castelnuovo?- Ovvio!- Certo!(continua...)

Diego [email protected]

mente attratti dal bellissimo finale di Dio che vince, che qualche dettaglio lo perdiamo.- Quindi finisce bene la storia dell’uomo? Mi autorizza a dirlo ai miei lettori?- Certo che finisce bene. Cosa credi? Non sarà facile, il Male si accanirà fino all’impossibile, ma finisce bene. Dovete essere ottimisti. – Raccoglie per un attimo i pensieri – Ah, ma sei venuto per un’intervista, non per farti fare domande da me. Allora iniziamo e per favore, dammi del tu.- A Lei? Del tu?- Quando vieni a pregarmi sulla mia tomba a Valdocco e tocchi quel vetro già lo fai, non vedo perché qui dob-biamo essere formali. E tra padre e figlio, poi...- Ok. Grazie.Prendo il taccuino dal borsello. Vedo le domande che avevo preparato. Sparo la prima, diretto.- Se dovesse, ehm, se dovessi aprire un nuovo oratorio, oggi, come lo faresti? È ancora più rapido Lui nella rispo-sta.- Casa accogliente. Di vita insieme e preghiera.- Ehm, spiegati.- Casa. Anzitutto. Devono venirci vo-lentieri i ragazzi, devono essere spinti a forza ad andare via. Bisogna avere difficoltà a chiudere, la sera. Questo avviene solo se si accorgono che chi sta con loro non è lì solo a fare il vigi-le dell’ordine, ma davvero ci tiene alla loro compagnia e alla loro libertà, an-che se qualche sbaglio lo scommetto-no. È l’adolescenza, amico mio. Non serve solo volergli bene. L’adolescente deve capirlo, deve sapere che lo ami. Fatto questo poi ti rispetterà e lo farà anche per le tue regole, qualche sci-volata permettendo, intesi.

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don bosco oggI

Lo scorso 10 novembre la Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Sale-siana ha festeggiato il 75° anniversario della pro-pria fondazione con un convegno dedicato a una delle personalità più significative che hanno ope-rato in essa: il venerabile don Giuseppe Quadrio. Il convegno, che si è svolto nell’Aula Magna della Facoltà, in via Caboto 27, ha visto la partecipa-zione del Segretario di Stato Card. Tarcisio Ber-tone, che al termine della mattinata ha benedetto il nuovo sepolcro dove ora riposano le spoglie del Venerabile, nella chiesa pubblica dell’Istituto Internazionale Don Bosco.Giuseppe Quadrio nacque a Vervio, in provin-cia di Sondrio, il 28 novembre 1921 da Agosti-no e Giacomina Robustelli: una famiglia conta-dina, ricca di vita cristiana. La grazia di Dio aveva preso possesso del suo cuore sin da fanciullo, tanto che già a otto anni si era dato un serio re-golamento di vita, che terminava con le paro-le: «Cercherò di farmi santo». Leggendo la Vita di Don Bosco prestatagli dal parroco, sentì che quella salesiana sarebbe stata la sua famiglia. Nel 1933 entrò nell’Istituto missionario d’Ivrea, eccellendovi per intelligenza, ma soprattutto per bontà. Nel 1937 divenne salesiano e fu scelto per frequentare la Facoltà di filosofia presso la presti-giosa Università Gregoriana di Roma. Conseguito la Licenza in filosofia a pieni voti, a soli 20 anni iniziò ad insegnare filosofia a Foglizzo, tra i sale-siani studenti, con chiarezza e profondità.

daI RagazzI dI stRada al dogma dell’assunzIoneNel 1943, sempre alla Gregoriana, iniziò i corsi di teologia, alloggiando nella comunità salesiana del Sacro Cuore di Roma. Giuseppe è salesiano e imita lo studente Giovanni Bosco: dedica tutto il suo tempo libero alla cura degli “sciuscià”, i ragazzi di strada, orfani della seconda guerra mondiale. La sua interiorità e la sua amorevolezza salesiana

don giuseppe quadrio e la “sua” facoltà di Teologia

La Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia

Salesiana è stata fondata 75 anni fa. Tra le personalità più importanti che

vi hanno operato c’è il Venerabile don Quadrio. Il suo nuovo sepolcro è stato

benedetto dal Segretario di Stato Card. Tarcisio Bertone.

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© Nino Musio

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andarono crescendo e manifestan-dosi sempre più. Nel 1946, alla pre-senza di nove Cardinali, compreso il futuro Paolo VI, difende in una so-lenne disputa teologica la definibilità dogmatica dell’Assunzione di Maria in cielo. Ottiene un successo che lo rende famoso nella Chiesa e in Con-gregazione. Pio XII si appoggerà an-che ai suoi studi per definire solen-nemente il dogma di fede, nel 1950. I successi nello studio e la superiorità intellettuale non diminuirono la sua giovialità umile e servizievole, priva di qualsiasi manifestazione d’orgo-glio. Ordinato sacerdote nel 1947, si laureò in teologia nel 1949.Lo stesso anno iniziò l’insegnamen-to nello Studentato Teologico di To-rino Crocetta. Chiaro e incisivo, la-sciò un segno profondo nei suoi nu-merosi alunni del Pontificio Ateneo Salesiano. La sua unione con Dio lo portò a raggiungere le vette della mi-stica. Si dirà di lui che quando sali-va in cattedra il suo insegnamento era così accorato e profondo, che sembrava che la teologia prendesse fuoco. Accettava ben volentieri an-che di svolgere conferenze e conver-sazioni negli ambienti dell’oratorio o di qualche scuola. Se come teologo volava con le aquile, come uomo sa-peva camminare con il passo di chi aveva a fianco. Nella predicazione o nelle lezioni all’università offriva

concetti sublimi in forma semplice e cercava di giungere al cuore per suscitare propositi di vita migliore.

Il male IncuRabIle e le novItà del concIlIoNel 1954 venne nominato Decano della Facoltà di Teologia. Nel 1960 si manifestò però un male incurabi-le: linfogranuloma maligno. Piena-mente consapevole, continuò finché poté l’insegnamento e la partecipa-zione alla vita comunitaria. Anche all’ospedale manifestò il calore del-la sua bontà verso tutti. «Il grande miracolo che don Rua mi ha fatto – scrive pochi mesi prima della fine – è una pace immeritata e soavissi-ma, che rende questi giorni di attesa prolungata i più belli e felici della mia vita». È interessante annotare come, poche ore prima di entrare in coma e iniziare l’agonia, parlò del Concilio. Disse: «Vedo le idee innovatrici del Concilio, gli impegni dell’apostola-to... Sono sicuro che mai come oggi lo Spirito Santo muove le acque della Chiesa». Si spense il 23 ottobre 1963.La sua spiritualità è bene riassunta dal motto che ha guidato l’intera sua esistenza: docibilis a Spiritu Sancto. Egli ha preso questo motto come suo nuovo nome nella Pentecoste del 28 maggio 1944, consegnando-si totalmente all’azione dello Spirito Santo, come guida e maestro interio-

re. Ciò l’ha reso capace di irradiare intorno a sé gioia, fiducia e speranza e di divenire come un sorriso di Dio per tutti coloro che lo avvicinavano, dai ragazzi di strada con cui aveva lavorato a Roma ai chierici salesiani a cui dedicò la parte migliore delle sue energie. In questo “Anno della fede”, la sua vita totalmente dedicata al servizio del Vangelo e a quella riflessione ri-gorosa sulla fede che è la teologia, costituisce una splendida testimo-nianza a cui guardare. All’interces-sione del Venerabile, in particolare, affidiamo la formazione dei sacerdo-ti, dei religiosi e di tutti i laici impe-gnati nell’opera della nuova evange-lizzazione, perché possano diventare segni vivi di Cristo maestro e pastore come lo è stato lui.

Andrea [email protected]

Università Pontificia SalesianaIstituto Internazionale CrocettaVia Caboto 27-10129 Torinoteologia.torino@ups.crocetta.orgwww.unisaltorino.itwww.facebook.com/salesianitorinocrocetta

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© Mario Notario

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don bosco oggI

una gRave malattIaÈ la prima domenica di luglio del 1846. Un’afa sof-focante. Don Bosco arriva a sera stremato dalla fatica e dal caldo opprimente. A stento raggiunge la stanzetta che la marchesa Barolo continua a ri-servargli presso il Rifugio. All’improvviso crolla a terra svenuto. La diagnosi è drammatica: pleurite con febbre alta ed emottisi. Malattie che all’epo-ca portano alla morte. In un lampo la notizia si diffonde, gettando i suoi ragazzi nella costerna-zione. La marchesa Barolo mette a disposizione dell’infermo un medico e un infermiere che non abbandona mai il suo capezzale. I ragazzi assedia-no la stanza, a cui è fatto loro divieto di accedere. La situazione è disperata. A Don Bosco è portato il Viatico e somministrato il sacramento dell’Un-zione degli infermi. Nel tentativo di salvarlo, i ragazzi pregano con la forza della disperazione e si impegnano in pro-positi più grandi di loro. Promettono a Dio ed alla Madonna le cose più strampalate. Nonostante tutto la situazione precipita e gli sbocchi di san-gue sono sempre più devastanti. Nella dramma-tica notte di un sabato di fine luglio 1846, mentre i medici curanti sono convinti che l’infermo non vedrà la nuova alba, Don Bosco cade in un son-no profondo. Così egli ricorda quei drammatici momenti nelle Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales: «A tarda notte mi sentii la tendenza a dormire. Presi sonno, mi svegliai fuori di pericolo. Il dottor Caffasso e il dottor Botta al mattino nel visitar-mi dissero che andassi a ringraziare la Madonna

Tutto è più semplice con una madre accantoA partire dal 1846 la presenza e le premure di mamma Margherita e di altre donne rendono familiare il clima educativo di Valdocco arricchendolo di accoglienza, amore ed attenzioni che solo il cuore di una mamma sa garantire.

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della Consolata per la grazia ricevuta». Scampato il pericolo, su insistenza dei medici, dell’Arcive-scovo e di don Cafasso, da agosto a novembre si reca in famiglia per completare la convalescenza. Ai Becchi si ritrova circondato dall’affetto di nove nipoti, figli dei fratelli Antonio e Giuseppe. Tut-tavia la migliore medicina è l’affetto di mamma Margherita, che non lascia nulla di intentato per favorire la sua completa guarigione. Nel frattempo, l’Oratorio continua l’attività grazie all’impegno di don Borel e di altri sacerdoti ami-ci: don Pacchiotti, don Bosio, il teologo Vola, don Trivero. Ma l’assenza di Don Bosco si fa sentire. Alcuni giovani più coraggiosi, a piedi, cominciano ad andarlo a trovare. L’affetto dei familiari, la vici-nanza dei ragazzi, l’aria salubre, il riposo e la cu-

cina di mamma Margherita, giorno dopo giorno, lo rinfrancano e gli ridanno le forze. Comincia a fare passeggiate. Durante le sue camminate, il suo pensiero corre sempre a Valdocco. Appena sa che due stanze della casa Pinardi sono tornate libere, le blocca. Nella sua mente prende vita il progetto di ospitare i ragazzi che non hanno fissa dimora. Comincia a cullare l’idea di invitare la mamma a seguirlo a Torino. Ma dove trovare il coraggio per azzardare una simile proposta?

la pResenza dI mamma maRgheRItaMamma Margherita ai Becchi è una regina. Non le manca nulla. Il figlio Giuseppe, le nuore ed i nipoti l’adorano. Inoltre, va per i 58 anni. Con il cuore ingolfato e la voce tremula, il figlio prete trova il coraggio di renderla partecipe dei suoi progetti. La risposta lo lascia di sasso. Così la riassume nelle sue Memorie: «Se ti pare tal cosa piacere al Signo-re, io sono pronta a partire in sul momento». Così, al mattino presto del 3 novembre 1846, mamma Margherita, accompagnata da Don Bosco, lascia per sempre i Becchi con destinazione Valdocco. Il viaggio è fatto a piedi portando soltanto alcu-ni utensili da cucina ed un cesto di biancheria. All’imbrunire giungono, stanchi, a destinazione. L’ambiente è ben lontano dalla tranquillità e dal silenzio dei Becchi. Anche per Don Bosco la poesia del ritorno dura poco. I problemi cominciano ad assediarlo. Così egli li descrive: «Ma come vivere, come mangiare, come pagare i fitti e provvedere a molti fanciulli, che ad ogni momento doman-davano pane, calzamenta, abiti o camicie, senza cui non potevano recarsi al lavoro? Avevamo fatto venire da casa un po’ di vino, di meliga, fagiuoli, grano e simili. Per fare fronte alle prime spese ave-va venduto qualche pezzo di campo ed una vigna. Mamma Margherita non perde tempo e si tuffa subito nel caos dell’Oratorio, lasciandosi prende-re completamente da quei ragazzi che lo stesso Don Bosco non esita a definire “fior di monelli”. La sua presenza materna, ben presto aiutata da altre mamme, trasforma il caos in una famiglia.

Ermete [email protected]

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Mus

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un sorprendente San francesco di Sales

Un libro appena pubblicato esamina la spiritualità del Santo attraverso le sue lettere. E a lui, proclamato patrono anche dei giornalisti, s’è ispirato Don Bosco per fondare la sua Famiglia.

È un Santo a dir poco sorprendente san Francesco di Sales. È patrono dei giornalisti, degli scrittori, dei sordi, del Terz’Ordine dei Minimi (di cui entrò a far parte nel 1617), di vari Seminari (uno per tutti: Torino). Non solo: la sua spiritualità e attività missionaria hanno ispirato i fondatori di varie congre-gazioni e famiglie religiose, la più nota delle quali è, appunto, la Famiglia Salesiana fondata da san Giovanni Bosco. Non c’è da stupirsi, quindi, se ora arriva un’altra “sorpresa”: il libro appena scritto dal salesiano don Gian-ni Ghiglione.

l’amoRe dI dIo è peR tuttIFrancesco di Sales, ricordiamolo, è nato il 21 agosto 1567, nel castello di Sa-les, presso Thorens-Gliéres, in Alta Savoia, primogenito del signore di Boisy. Dopo la laurea giuridica a Padova, è ordinato sacerdote (1593) ed è mandato nel Chiablese, una parte del ducato di Savoia dominata dal calvinismo. Poi, si stabilì a Ginevra, dove a soli trentadue anni è nominato vescovo coadiu-tore. Dopo altri tre anni, divenne vescovo a pieno titolo e si impegnò per

La corrispondenza di San Francesco di Sales è la storia

più completa della sua vita e quella più fedele.

È là e soltanto là che il santo si manifesta completamen-

te; a sua insaputa, egli permette di contemplare facilmen-

te e di studiare sotto tutti gli aspetti la sua personalità co-

sì ricca di fascino. C’è soprattutto l’uomo, dotato della

natura più squisita che si possa immaginare.

La tenerezza dell’amicizia e della pietà filiale, l’ardore

patriottico, la dedizione al principe, l’attaccamento alla

Chiesa, il culto per il papato, lo zelo per le anime e il suo

immenso amore per Dio; tutti i sentimenti più nobili, più

puri, più elevati sgorgano dal suo cuore e vengono river-

sati nelle sue Lettere.

Inoltre non solo in un certo periodo il santo si manifesta

in tal modo, ma in tutti quelli della sua vita. Si possono

addirittura constatare i progressi, i cambiamenti succes-

sivi che la grazia di Dio anzitutto e poi l’esperienza, il suo

lavoro personale e quello degli anni operano in lui. Assi-

stiamo allo sviluppo di tutte le sue qualità naturali. SAN

FRAN

CESCO

DI SALE

S

€ 14,00

ISBN 978-88-01-05214-5

Don Gianni Ghiglione, nato nel 1946 e sacer-

dote salesiano dal 1974, si è sempre occupato

di pastorale giovanile, lavorando tra i giovani e

in particolare nel mondo universitario.

Nel 2005-2006 ha soggiornato per parecchi

mesi nella città di Annecy, visitando i luoghi di

Francesco di Sales e studiando le opere del San-

to. È apprezzato come guida “sui passi del Ve-

scovo di Ginevra” e come studioso della spiritua-

lità “salesiana”.

Il presente volume ne è una conferma.

Gianni Ghiglione

San Francesco di Salespadre, maestro e amico

La spiritualità salesiana

nelle LetterePrima parte: dal 1593 al 1610

edizioni Elledici 2012, pagine 200 , euro 14,00

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© Mario Notario

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introdurre in Diocesi le riforme decise dal Conci-lio di Trento. A Ginevra, inventò i “manifesti” per rivolgersi anche ai fedeli più lontani. Celebre è la sua frase: «Se sbaglio, voglio sbagliare piuttosto per troppa bontà che per troppo rigore». La città, però, rimase soprattutto in mano ai riformati e così Francesco di Sales trasferì la sua sede ad An-necy, cittadina sulle rive del lago omonimo. È stato direttore spirituale di nobili e persone semplici, di san Vincenzo de’ Paoli e di santa Giovanna Fran-cesca de Chantal, con la quale fondò l’Ordine del-la Visitazione. Morì a Lione il 28 dicembre 1622, esattamente 390 anni fa. È proclamato santo nel 1665 da papa Alessandro VII, dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII, e patrono dei giornalisti nel 1923, da papa Pio XI. Il suo corpo è venera-to nella basilica della Visitation, ad Annecy, ma il suo cuore incorrotto è a Treviso, nel monastero della Visitazione.

la caRItà non fa dIffeRenze dI RuolICome per ogni persona storicamente importante e a maggior ragione per un santo, anche per Fran-cesco di Sales la corrispondenza è lo strumento migliore per capirne la vita. Nelle sue oltre 2100 lettere, infatti, il Santo si manifesta in modo traspa-rente, e permette a noi di ammirarne la personalità affascinante, e cercare di imitarlo. In questo vo-lume, don Ghiglione pone particolare attenzione alla Spiritualità Salesiana, esaminando le lettere dal 1593 al 1610. È previsto un altro volume sulle let-tere scritte nei successivi 12 anni di vita del Santo.Il libro appena pubblicato è destinato innanzi tut-

66 anni, cuneese di Saluz-zo (Cuneo), frequenta il liceo classico e al tempo stesso il Conservatorio, in organo e composizione. diventa prete salesiano a 28 anni. In seguito, consegue la laurea in Scienze dell’Educazione all’università

Pontificia Salesiana di Roma. Poi, ricopre vari incarichi nella Pastorale giovanile dell’Ispet-toria. da alcuni anni, è cappel-lano degli studenti della Scuo-la Superiore di formazione di Psicologia della Comunica-zione, al “Rebaudengo”, dove

è anche responsabile del Col-legio universitario. Nel 2005-2006, ad Annecy, in francia, ha studiato gli scritti di san fran-cesco di Sales. In questo volu-me propone ampi stralci delle lettere scritte dal Santo.

don gianni ghiglione

to, e come ben si comprende, a tutti coloro che si ispirano a san Francesco di Sales come padre, mo-dello, patrono: le Suore della Visitazione (sparse in circa 30 monasteri italiani), i Salesiani, le suore Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e gli al-tri componenti della Famiglia Salesiana. Tuttavia, poiché le lettere erano destinate di volta in volta, a preti e al papa, ai nobili e al duca, a donne sposate ed a uomini comuni, ogni lettore trova indicazioni utili per vivere qui e ora le proprie “piccole virtù” con libertà, serenità e gioia. Per qualcuno, forse, sarà un’ulteriore sorpresa vedere che il Santo ha scritto gli stessi concetti e talora le stesse frasi a badesse e a mogli, a vescovi e a semplici artigia-ni. La spiegazione è chiara: per lui la carità non fa differenze se non nelle modalità espressive ed at-tuative, e va vissuta con impegno da parte di tutti. E come diceva, «in questo, consiste la divozione, cioè la santità».

Lorenzo [email protected]

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Il pellegrinaggio ai luoghi santi della cristianità, pratica diffusa nel Medioevo, aveva subito un calo notevole all’inizio del XIII secolo, in seguito all’e-spansione dei Turchi. Dopo il 1453, con la conqui-sta di Costantinopoli da parte di Maometto II e la conseguente fine dell’Impero Romano d’Oriente, i pellegrinaggi verso l’Asia subirono una battuta d’arresto e la deviazione verso altre mete signifi-cative, come Roma e Santiago di Compostela. Un eremita francescano vissuto a lungo in Oriente, Bernardino Caimi, tornato in Europa verso la fine del XV secolo, ebbe l’ispirazione di ricostruire per i fedeli alcuni brandelli di Terra Santa, edificando sulle alture ossolane complessi architettonici sacri che ricordassero momenti significativi della vita e della passione di Cristo. Creò quindi a Varallo il primo Sacro Monte.L’idea venne ripresa e potenziata nella seconda metà del XVI e nel XVII secolo, quando la neces-sità di contrastare il dilagare della Riforma prote-stante imponeva una catechesi spicciola e popo-lare. Lungo l’arco alpino italiano fu edificata una serie di Sacri monti che fungessero da confine e da baluardo contro la diffusione del luteranesimo e del Calvinismo dai territori dell’Europa centrale. I complessi sacri, oggi dichiarati dall’UNESCO pa-trimonio culturale dell’umanità, sono costituiti da un santuario centrale, dedicato alla Madonna o ad un Santo, e da una serie di cappelle sparse nei dintorni, nelle quali gruppi di statue in grandezza

Il pane del pellegrino attraverso i sacri monti

naturale riproducono, con lo stile della sacra rap-presentazione medioevale, episodi del Vangelo o misteri del Rosario. Il pellegrinaggio dell’età mo-derna, dopo il Concilio di Trento, prese quindi la via delle Alpi, conservando immutate le intenzioni e il bagaglio minimale del pellegrino, con la bisac-cia contenente il pane non lievitato, che induriva nel viaggio e poteva essere ammorbidito nell’ac-qua, facilmente reperibile in qualunque tappa del cammino. Eccone la ricetta:Impastare 200 grammi di farina con un uovo, mezzo bicchiere di latte, un cucchiaio di miele, una manciata di uva passa, una di pinoli e qual-che fico secco tritato. Formare un pane allungato e cuocere in forno a 200 gradi per 30 minuti.

Anna Maria Musso [email protected]

• 200 gr di farina• 1 uovo• ½ bicchiere di latte• 1 cucchiaio di miele• 1 manciata di uva passa, pinoli• Qualche fico seccoInfornare a 200 gradi per 30 minuti

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letteRe a suoR manu

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Non so se questa lettera verrà pub-blicata, ma voglio provarci.Sono papà di tre bambini che fre-quentano tutti e tre una scuola cat-tolica. Il secondo ha quattro anni e se mai salirà agli onori degli altari, sarà il santo protettore dei bimbi birbi.... Ma è proprio questa etichetta che inizia a pesare sulla sua schie-na. Dopo essere stato sgridato tre giorni di seguito, ieri a scuola ha fatto ben quattro passi di corsa ver-so la mamma per andare a salutar-la prima dell’inizio della giornata e.... tac! Accalappiato al volo, preso per un braccio, redarguito e mes-so a sedere, sempre trattenuto per il braccio, perché “nel salone non si corre”. Il tutto davanti agli occhi at-toniti di mia moglie e di altre mam-me presenti. Quando mia moglie si è avvicinata e ha sfilato via mio fi-glio da quella presa, le è stato detto

In una scuola dell’infanzia, un bimbo di quattro anni è redarguito e messo a sedere, perché «nel salone non si corre». L’episodio aiuta a riflettere sull’“arte” di essere bravi genitori ed educatori. Ogni azione dell’adulto è un esempio per il bambino.

E l’amorevolezza?

che lì «si fa così con tutti, perché nel salone non si corre».Oggi l’ho accompagnato io e l’ho salutato dicendogli: «Papà non vuo-le che tu corra». Confesso che mi sono sentito un po’ ridicolo: chiede-re a un bambino di quattro anni di non correre, si commenta da solo. Però, è una regola, improntata alla prudenza e alla sicurezza di tutti, e lui deve imparare a rispettare la re-gola.C’è una parola, però, che è manca-ta in questa vicenda: amorevolez-za. «Non con le percosse, ma con la mansuetudine potrai farti amici quei ragazzi». Lo dice la Madonna a Giovannino Bosco nel sogno dei nove anni! Noi mandiamo i nostri figli in una scuola cattolica perché abbiamo un ideale alto di educazio-ne. Io ritengo sia sbagliato che una suora “fa così con tutti”, cioè strat-

tona un bambino e lo immobilizza, e soprattutto sia in controtendenza con tutto ciò che faticosamente cer-chiamo di vivere in casa nostra, an-che quando siamo stanchi, rimpro-verandoci a vicenda se abbiamo ot-tenuto il risultato “con le percosse”.Mi permetto riportare un passo del libro I vostri figli hanno soltanto Voi! di Bruno Ferrero: “Una gran-de percentuale di persone è ancora convinta che le sberle siano una pu-nizione accettabile. Dicono “i miei genitori mi hanno dato qualche schiaffo e ha funzionato benissi-mo”. La sculacciata è un sistema che serve a scaricare le frustrazioni e la rabbia e a mascherare il fatto che l’educatore non riesce ad affronta-re la situazione. Dopo tutto non è difficile strattonare un bambino. È molto più difficile spiegargli le cose, un’operazione, però che porta ri-

Non è difficile strattonare un bambino. è più difficile spiegargli le cose, ma questa operazione porta risultati decisamente migliori.

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sultati decisamente migliori. Ogni azione dell’educatore è un esempio per il bambino. Se tenete il bron-cio, anche il vostro bambino lo farà; se vi mettete a urlare quando siete stanchi e frustrati, i bambini reagi-ranno di conseguenza; se li prendete a schiaffi quando siete fuori di voi dalla rabbia, adotteranno un com-portamento in tono con il vostro... Le sberle durano poco, quindi induco-no i bambini a dimenticare in fretta la ragione per cui le hanno prese e, in ultima analisi, risultano assolu-tamente inutili».Sono comunque sicuro che nono-stante tutto prepareremo insieme tre buoni cristiani e tre onesti citta-dini e che gli incidenti di percorso saranno uno sprone per pregare di più, aiutarci di più e, infine, essere sempre più orgogliosi della nostra comune appartenenza alla Famiglia Salesiana!

Grazie per l’ascolto. (lettera firmata)

Sono molto dispiaciuta per quanto lei scrive. E non giustifi-co l’operato di quella suora. L’unica cosa che mi è spontaneo fare è chiedervi scusa a nome suo, se può servire. Non fatico neppure a immaginare la situazione della maggior parte del-le nostre scuole dell’infanzia: le suore che fanno assistenza la mattina, quando ci sono, hanno spesso tra i 70 e gli 80 anni, ed abituate forse ad aver a che fare con schiere di bambini che appena dicevano “seduti”, si sedevano e basta. Oggi si ritrovano a faticare per mettersi al livello dei piccoli, con poca voce, con parole non più adeguate ai tempi e con bambini vivaci, se non iperattivi, che vorrebbero sempre giocare e non possono capire che quella “vecchietta” non sta scherzando, ma vuole veramente che non si corra in salone. Sono anche quasi sicura che la sera, nel suo esame di coscienza, quella suora ha chiesto perdono a Dio per aver perso la pazienza. Non posso pensare che non ci sia amorevolezza, ma comprendo il suo disappunto per non vederla messa in pratica. Pubblichiamo la sua lettera quasi per intero, perché possa essere letta anche da molte suore. Lei non esiti a far presente alla responsabile l’eventuale ripetersi di que-sti episodi. Sono certa che servirà.

Manuela [email protected]

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al numero 320.2043437Pubblicheremo gli sms più significativi e a tutti assicuriamo

il ricordo in Basilica.

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RETTIfIca offERTa DIsTRIBuzIonE DEl DVD

sI RETTIfIca l’offerta di distribuzione della coPIa del DVD

al prezzo speciale di Euro 5,00 e così anche la “offERTa 3x2” a soli Euro 10,00 poiché inserite per mero

errore di stampa nel precedente numERo 6-2012 anno XXXIII.

REsTa invariata, invece, la possibilità ai lettori abbonati di ricevere la coPIa omaggIo del DVD

unitamente allegata alla rivista, sino ad EsauRImEnTo scorte.

“Grazie a Maria per questo piccolo grande dono!”

Trovato a chi rivolgersi per le cose complicate e difficili: Maria Aux

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altre CelebraziOni in baSiliCa

Giorni Feriali: 16.30 Rosario, Santa messaSabato e Vigilia feste 16.30 Rosario - Adorazione Eucaristica 18.55 Primi VespriGiorni Festivi: 16.30 Vespri, Adorazione Eucaristica

Santuario Basilica di Maria Ausiliatrice

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