P Piano POLITICA, A 50 anni dalla “Pacem in terris”...

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POLITICA, le ragioni della crisi e come riscoprirne il valore L e recenti elezioni poli- tiche hanno rilevato la presenza di un eletto- rato in molte parti sfibrato e disilluso, esposto a una deriva demagogica e ad im- bonimenti di ogni sorta, a prescindere dall’attuabili- tà delle proposte avanzate. Sullo sfondo un sistema so- ciale caratterizzato al con- tempo da un preoccupante spread finanziario e da uno spread del benessere sociale altrettanto gravoso. Il profit- to è assolutizzato a scapito del lavoro, la dignità del- la persona umana è spesso sacrificata all’illusione di un consumismo ormai ago- nizzante. Tutto si risolve in processi mediatici, l’indivi- dualismo contrasta ogni lo- gica di solidarietà, trionfa- no i privilegi di casta, specie quelli della classe politica , incapace di rappresentare le giuste esigenze popola- ri in termini d’uguaglianza delle opportunità. Sembra tramontare il primato del comunitarismo, è il mer- cato che crea i valori. Nel- lo scontro tra il paradigma individualista, che contrad- distingue una società carat- terizzata dalla competizio- ne ad oltranza, nella corsa sfrenata a perseguire esclu- sivamente i propri interessi e il paradigma personalista e solidale, è il secondo a cedere in una vana ricerca dell’inclusione e dell’armo- nia, nella condivisione di una progettualità di fondo. Non è però la collera, spe- cie quella giovanile, accesa da un umiliante precariato in termini occupazionali, che può costituire la via alla risoluzione dei problemi, né la fuga da un sano reali- smo. Il bene da perseguire è quello maggiore in riferi- mento ad un dato contesto, oltre gli ideologismi del se- colo scorso. La relazionali- tà, l’impegno comune devo- no essere le caratteristiche di una rinnovata convinzio- ne, che tutti ci coinvolga. Né vale da solo il pensiero unico dei tecnocrati. Il futu- ro è affidato a una speranza adulta, che non rifugge dalle difficoltà, ma rifiuta gli slo- gan. Livio Ghiringhelli A 50 anni dalla “Pacem in terris” 11 aprile 1963: all’uma- nità, divisa e peren- nemente minacciata dalla possibilità di un nuovo, disastroso conflitto mondiale, viene inviata l’enciclica “Pa- cem in terris”, ultimo dono di papa Giovanni XXIII. Il mon- do era a quel tempo domina- to dalla logica della divisione in blocchi contrapposti, che si rapportavano con la forza delle armi – specialmente nucleari – usata sostanzialmente come deterrente ma sempre incom- bente come una minaccia. Il muro di Berlino era da tempo una realtà, e pochi mesi prima gli uomini avevano trattenu- to il respiro nei giorni crucia- li della crisi di Cuba. Intanto nuove nazioni andavano affac- ciandosi nel panorama inter- nazionale, cercando spazi per affermare identità e legittime aspirazioni economiche, socia- li e culturali. In questo conte- sto il papa, già apprezzato e po- polare per la sua umanità e la sua tensione verso il dialogo e il rinnovamento, scrive questa sua ultima enciclica indirizzata non solo al mondo cattolico ma “a tutti gli uomini di buona vo- lontà”. E in ogni parte del mon- do gli uomini, specialmente se di buona volontà, apprezzaro- no il suo appello. Non di faci- le pacifismo si tratta, tuttavia, tutt’altro. L’enciclica propone un modello di convivenza ba- sato su un ordine che è niente di meno che l’ordine “stupen- do” stabilito da Dio nell’intero universo e nella natura uma- na, e che può reggere qualora ogni uomo venga considerato una “persona”, qualificata da diritti e correlativi doveri. Solo su questa base si può guardare alla costruzione del “bene co- mune”, che si realizza e si con- solida grazie al supporto di ele- menti ineliminabili che sono i valori della verità, giustizia, amore (solidarietà), libertà. E’ una visione che evidentemente supera le logiche correnti del- la politica e dell’economia, ma che papa Giovanni non ritene- va utopica bensì realistica, in quanto richiesta da “giustizia, saggezza ed umanità”; unica possibilità per operare il “di- sarmo integrale degli spiriti”, quello che consente di guarda- re all’altro (persona singola o popolo) con fiducia invece che con timore e di passare dalla forza delle armi a quella del ne- goziato e della collaborazione. Chi si interroga oggi sulla at- tualità della “Pacem in terris” non può che rilevare, prima di tutto, la diversità degli scenari mondiali in cui viviamo; e che l’allentamento dell’incubo nu- cleare realizzato negli scorsi decenni ha senz’altro ricevuto un significativo impulso pro- prio dalle parole di Giovanni XXIII. Dopodiché, i venti di guerra che ancora scuotono proprio questi nostri giorni stanno a dimostrare che l’uma- nità non ha finora assimilato lo spirito e la radicalità della “Pacem in terris”. A partire dai principi enunciati nell’intro- duzione, specialmente quelli riguardanti i diritti e i doveri, che spesso diamo per scontati. Quando non è salvaguardata la dignità della persona umana, in ogni condizione e ad ogni latitudine, è poi difficile che la parola “pace” non sia “suono vuoto senza fondamento”. Elisa Franzetti Addolorata 2013 N. 3 EDITORIALE PRIMO PIANO Festa dell’Addolorata Da Domenica 8 a venerdì 13 settembre Ogni sera un breve momento di preghiera mariana nei luoghi della Comunità dove sui muri o nei cortili vi sono affreschi che raffigurano la Madonna. Sabato 14 settembre, ore 21,00 Chiesa di San Pietro - CONCERTO con “Gruppo polifonico Josquin Després” In collaborazione con Amministrazione Comunale di Gemonio. Domenica 15 settembre ore 10,30 S. Messa con ricordo dei dieci anni di sacerdozio di don Rodolfo Olgiati. ore 15,00 Salone Oratorio Don Bosco PER RICORDARE DON ERIO Ricordi, testimonianze, … ed un libro per ricordate don ERIO Rossi, parroco di Gavello (FE), a dieci anni dalla scomparsa. ULTIMA PARTE ANNO PASTORALE 2012/13 C on Domenica 15 Set- tembre, festa di Maria Vergine Addolorata, si apre per la nostra Comunità l’ultima parte di questo anno pastorale 2012/13 che ha avuto come filo conduttore il tema della fede (proposto a tutte le comunità cristiane da Papa Benedetto XVI) e il tema della Eucaristia indica- to dal nostro Vescovo all’in- tera Diocesi. Il cammino fin qui realizza- to ha avuto un buon risulta- to sia per quanto riguarda i contenuti sviluppati attra- verso diversi momenti che attraverso molteplici propo- ste. Questi tre mese (Settem- bre - Ottobre - Novembre) intendono chiudere in modo assai positivo questo anno. Evidenzieremo alcune linee: 1. Un costante approfondi- mento nello sviluppare sempre al meglio i Mi- nisteri Fondamentali at- torno ai quali si sta lavo- rando come Comunità: Liturgia/Preghiera - Cate- chesi - Animazione/Servi- zio - Cultura /Formazione. 2. Grande impegno nell’ar- ricchire e consolidare i percorsi di formazione e di attività che riguardano i ragazzi di Elementari e Medie e gli adolescenti. All’interno del giornale alcuni di questi interventi vengono sviluppati. 3. Proseguire nell’esperienza di incontro con le coppie al Sabato sera presso le di- verse abitazioni; proposta avviata nei mesi scorsi che ha visto una risposta e un interesse davvero impor- tante. 4. Avviare un percorso di carattere culturale che accompagni il cammino squisitamente religioso che la Comunità sta vi- vendo; anche a questo proposito all’interno del giornale vi sono alcune de- lucidazioni in proposito. L’anno pastorale si chiude la Domenica 24 Novembre con la festa di Cristo Re dell’uni- verso. Manzù: disegno “Per la morte di Giovani XXIII”. Festa du re Madona Adulurada a Gìmon (ier e incoo) Ur 15 de setember trii mes bundant prima de Natal a Gimon ricùur la festa patrunàal, festa cristiana da secùl dedicada a re Madona Adulurada. Nel temp indré `na lunga campanada le visava la gent du la cuntrada che in gesa cuminciava un «Triduo de preghiera, cunfesiun e penitenza» par chi vureva fass perdunà i pecà e quistà “l’Indulgenza”. Ur paés de zendalin adubà, in strada, in piaza e sur sagrà, i campan a festa sunà a man dai cerighitt e dal sagrestan. A re dumeniga tucc in gesa a purtàa l’uferta e sentii mesa, dopo ul vespur, l’incant di canester par tanta gent l’eva un grand divertiment: “L’è a vuna, a dò, a do e meza e meza trè Ecu l’uferta, fora i danée!” La mudernità la fa perd i tradiziun, però la crea alter situaziun (pu paes adubà e campan sunà a festa cume prima), ma adess a mesa sona l’urchestrina! L’uferta di canester la se fa incamò e l’è lì in gesa in espusiziun, su ogni cest gh’è ur so prezi in visiun, ur cumprador l’è sicur du re so spesa, ma manca ur güst e l’emuziun du re cuntesa! Cara re mi gent, na roba l’è certa, la gesa la gh’ha bisogn du la nostra uferta, dunca l’è giust ufrìi cun generosità se vorum mantegn la nostra cristiana identità! Francesco Biasoli

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POLITICA,le ragioni della crisi e come riscoprirneil valore

Le recenti elezioni poli-tiche hanno rilevato la presenza di un eletto-

rato in molte parti sfibrato e disilluso, esposto a una deriva demagogica e ad im-bonimenti di ogni sorta, a prescindere dall’attuabili-tà delle proposte avanzate. Sullo sfondo un sistema so-ciale caratterizzato al con-tempo da un preoccupante spread finanziario e da uno spread del benessere sociale altrettanto gravoso. Il profit-to è assolutizzato a scapito del lavoro, la dignità del-la persona umana è spesso sacrificata all’illusione di un consumismo ormai ago-nizzante. Tutto si risolve in processi mediatici, l’indivi-dualismo contrasta ogni lo-gica di solidarietà, trionfa-no i privilegi di casta, specie quelli della classe politica , incapace di rappresentare le giuste esigenze popola-ri in termini d’uguaglianza delle opportunità. Sembra tramontare il primato del

comunitarismo, è il mer-cato che crea i valori. Nel-lo scontro tra il paradigma individualista, che contrad-distingue una società carat-terizzata dalla competizio-ne ad oltranza, nella corsa sfrenata a perseguire esclu-sivamente i propri interessi e il paradigma personalista e solidale, è il secondo a cedere in una vana ricerca dell’inclusione e dell’armo-nia, nella condivisione di una progettualità di fondo.Non è però la collera, spe-cie quella giovanile, accesa da un umiliante precariato in termini occupazionali, che può costituire la via alla risoluzione dei problemi, né la fuga da un sano reali-smo. Il bene da perseguire è quello maggiore in riferi-mento ad un dato contesto, oltre gli ideologismi del se-colo scorso. La relazionali-tà, l’impegno comune devo-no essere le caratteristiche di una rinnovata convinzio-ne, che tutti ci coinvolga. Né vale da solo il pensiero unico dei tecnocrati. Il futu-ro è affidato a una speranza adulta, che non rifugge dalle difficoltà, ma rifiuta gli slo-gan.

Livio Ghiringhelli

A 50 anni dalla “Pacem in terris”

11 aprile 1963: all’uma-nità, divisa e peren-nemente minacciata

dalla possibilità di un nuovo, disastroso conflitto mondiale, viene inviata l’enciclica “Pa-cem in terris”, ultimo dono di papa Giovanni XXIII. Il mon-do era a quel tempo domina-to dalla logica della divisione in blocchi contrapposti, che si rapportavano con la forza delle armi – specialmente nucleari – usata sostanzialmente come deterrente ma sempre incom-bente come una minaccia. Il muro di Berlino era da tempo una realtà, e pochi mesi prima gli uomini avevano trattenu-to il respiro nei giorni crucia-li della crisi di Cuba. Intanto nuove nazioni andavano affac-ciandosi nel panorama inter-nazionale, cercando spazi per affermare identità e legittime aspirazioni economiche, socia-li e culturali. In questo conte-sto il papa, già apprezzato e po-polare per la sua umanità e la sua tensione verso il dialogo e il rinnovamento, scrive questa sua ultima enciclica indirizzata non solo al mondo cattolico ma “a tutti gli uomini di buona vo-lontà”. E in ogni parte del mon-do gli uomini, specialmente se di buona volontà, apprezzaro-no il suo appello. Non di faci-le pacifismo si tratta, tuttavia, tutt’altro. L’enciclica propone

un modello di convivenza ba-sato su un ordine che è niente di meno che l’ordine “stupen-do” stabilito da Dio nell’intero universo e nella natura uma-na, e che può reggere qualora ogni uomo venga considerato una “persona”, qualificata da diritti e correlativi doveri. Solo su questa base si può guardare alla costruzione del “bene co-mune”, che si realizza e si con-solida grazie al supporto di ele-menti ineliminabili che sono i valori della verità, giustizia, amore (solidarietà), libertà. E’ una visione che evidentemente supera le logiche correnti del-la politica e dell’economia, ma che papa Giovanni non ritene-va utopica bensì realistica, in quanto richiesta da “giustizia, saggezza ed umanità”; unica possibilità per operare il “di-sarmo integrale degli spiriti”, quello che consente di guarda-re all’altro (persona singola o popolo) con fiducia invece che con timore e di passare dalla forza delle armi a quella del ne-goziato e della collaborazione.Chi si interroga oggi sulla at-tualità della “Pacem in terris” non può che rilevare, prima di tutto, la diversità degli scenari mondiali in cui viviamo; e che l’allentamento dell’incubo nu-cleare realizzato negli scorsi decenni ha senz’altro ricevuto un significativo impulso pro-

prio dalle parole di Giovanni XXIII. Dopodiché, i venti di guerra che ancora scuotono proprio questi nostri giorni stanno a dimostrare che l’uma-nità non ha finora assimilato lo spirito e la radicalità della “Pacem in terris”. A partire dai principi enunciati nell’intro-duzione, specialmente quelli riguardanti i diritti e i doveri, che spesso diamo per scontati. Quando non è salvaguardata la dignità della persona umana, in ogni condizione e ad ogni latitudine, è poi difficile che la parola “pace” non sia “suono vuoto senza fondamento”.

Elisa Franzetti

Addolorata 2013 • N. 3

EditorialE Primo Piano

Festa dell’AddolorataDa Domenica 8 avenerdì 13 settembreOgni sera un breve momento di preghiera mariana nei luoghi della Comunità dove sui muri o nei cortili vi sono affreschi che raffigurano la Madonna.

Sabato 14 settembre, ore 21,00Chiesa di San Pietro - CONCERTO con “Gruppo polifonico Josquin Després”In collaborazione con AmministrazioneComunale di Gemonio.

Domenica 15 settembreore 10,30 S. Messa con ricordo dei dieci anni disacerdozio di don Rodolfo Olgiati.

ore 15,00Salone Oratorio Don BoscoPER RICORDARE DON ERIORicordi, testimonianze, … ed un libro perricordate don ERIO Rossi, parroco diGavello (FE), a dieci anni dalla scomparsa.

ULTIMA PARTE ANNO PASTORALE 2012/13

Con Domenica 15 Set-tembre, festa di Maria Vergine Addolorata, si

apre per la nostra Comunità l’ultima parte di questo anno pastorale 2012/13 che ha avuto come filo conduttore il tema della fede (proposto a tutte le comunità cristiane da Papa Benedetto XVI) e il tema della Eucaristia indica-to dal nostro Vescovo all’in-tera Diocesi.Il cammino fin qui realizza-to ha avuto un buon risulta-to sia per quanto riguarda i contenuti sviluppati attra-verso diversi momenti che attraverso molteplici propo-ste. Questi tre mese (Settem-bre - Ottobre - Novembre) intendono chiudere in modo assai positivo questo anno.

Evidenzieremo alcune linee:

1. Un costante approfondi-mento nello sviluppare sempre al meglio i Mi-nisteri Fondamentali at-torno ai quali si sta lavo-rando come Comunità: Liturgia/Preghiera - Cate-

chesi - Animazione/Servi-zio - Cultura /Formazione.

2. Grande impegno nell’ar-ricchire e consolidare i percorsi di formazione e di attività che riguardano i ragazzi di Elementari e Medie e gli adolescenti. All’interno del giornale alcuni di questi interventi vengono sviluppati.

3. Proseguire nell’esperienza di incontro con le coppie al Sabato sera presso le di-verse abitazioni; proposta avviata nei mesi scorsi che ha visto una risposta e un interesse davvero impor-tante.

4. Avviare un percorso di carattere culturale che accompagni il cammino squisitamente religioso che la Comunità sta vi-vendo; anche a questo proposito all’interno del giornale vi sono alcune de-lucidazioni in proposito.

L’anno pastorale si chiude la Domenica 24 Novembre con la festa di Cristo Re dell’uni-verso.

Manzù: disegno“Per la morte di Giovani XXIII”.

Festa du re Madona Aduluradaa Gìmon (ier e incoo)Ur 15 de setember trii mes bundant prima de Natala Gimon ricùur la festa patrunàal,festa cristiana da secùl dedicada a re Madona Adulurada.Nel temp indré `na lunga campanadale visava la gent du la cuntradache in gesa cuminciava un «Triduo de preghiera, cunfesiun e penitenza»par chi vureva fass perdunà i pecà e quistà “l’Indulgenza”.Ur paés de zendalin adubà,in strada, in piaza e sur sagrà, i campan a festa sunà a man dai cerighitt e dal sagrestan. A re dumeniga tucc in gesaa purtàa l’uferta e sentii mesa,dopo ul vespur, l’incant di canester par tanta gentl’eva un grand divertiment:“L’è a vuna, a dò, a do e meza e meza trèEcu l’uferta, fora i danée!”La mudernità la fa perd i tradiziun,però la crea alter situaziun(pu paes adubà e campan sunà a festa cume prima),ma adess a mesa sona l’urchestrina!L’uferta di canester la se fa incamò e l’è lì in gesa in espusiziun,su ogni cest gh’è ur so prezi in visiun,ur cumprador l’è sicur du re so spesa,ma manca ur güst e l’emuziun du re cuntesa!Cara re mi gent, na roba l’è certa,la gesa la gh’ha bisogn du la nostra uferta,dunca l’è giust ufrìi cun generositàse vorum mantegn la nostra cristiana identità!

Francesco Biasoli

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ORATORIO APERTO “PROGETTO ADOLESCENTI”Linee fondamentali per l’animazione - Gruppo Adolescenti e preadolescenti di 3a Media

Riparte con il mese di Settembre il cammino formativo e di attività per gli Adolescenti e il gruppo di preadole-

scenti di 3a Media; un cammino che ha visto nei due anni trascorsi una risposta impor-tante e ha permesso di sperimentare alcune linee di intervento significative.Con questo mese si intende compiere un passo in avanti.

Punto di partenzaSABATO 21 SETTEMBRE, ore 20,30

1. Il calendario degli interventi riguarda l’in-tero anno che abbiamo davanti Settembre 2013/Maggio 2014.

2. Desidero proporre due incontri al mese ravvicinati per garantire una maggiore con-tinuità. (Sabato ore 20,30-22,30)Il primo incontro di carattere formativo mantiene lo schema e lo stile fin qui speri-mentato ma con un filo conduttore costitui-to da tematiche che mi piacerebbe venissero sviluppate (non necessariamente nell’ordine indicato) con grande creatività attraverso esperienze, storie di vita, testimonianze, in-contri anche esterni all’oratorio, spazi si so-cializzazione.Il secondo incontro di carattere operativo; la costruzione di una serata di intrattenimento/spettacolo creato in proprio dagli adolescen-ti da proporre a tutta la comunità al termine del cammino.

3. In parallelo a questo percorso- desidero dare vita (un incontro al mese di

domenica dopo la Messa delle 10,30) ad un gruppo di Animatori che intervengano du-rante l’anno nel cammino dei ragazzi e in estate,

- intendo curare anche un intervento liturgi-co di animazione di una S. Messa domeni-cale assieme ai ragazzi.

Queste le tematiche che si intende sviluppa-re durante la serata formativa

Il dono del coraggioPersone vere cercansi Il coraggio è prontezza d’animo, è capacità di compiere scelte difficili con la tranquillità di chi sa di avere le carte in regola per non sbagliare. Nella mentalità comune, il corag-gio è spesso sinonimo di incoscienza: chi ha coraggio viene associato al pazzo, a colui che ha voglia di rischiare e lo fa senza criterio.

Il dono della testimonianzaIl lieto annuncio Chiunque ha in sé una buona notizia si strugge dal desiderio di farne partecipi gli altri. È questa l’esperienza vissuta dalla pri-ma comunità cristiana che dopo Pentecoste, mossa dallo Spirito Santo, esce dal cenacolo per comunicare a tutti un evento straordina-rio: Gesù è risorto.

Il perdonoRestituiamo la vita Oggi siamo chiamati a riflettere sul per-dono: un dono «super» dello Spirito di cui abbiamo bisogno per vivere e per far vivere in modo autentico e profondo. Il perdono è quel gesto che è capace di restituire vita a chi già si sente preso dalla morte, è un dono im-meritato che bisogna imparare a chiedere e a do nare con umiltà e con coraggio.

Il dono di conoscere GesùAlla ricerca dell’essenzialeIn ciascuno di noi c’è una gran voglia di co-noscere e capire. La curiosità e le domande ci aiutano a crescere, perché ci spingono a trovare risposte per dare un senso alla storia che viviamo. C’è da non crederci, ma noi sia-mo fatti così! Fatti per conoscere. Il Signore ci ha creato incapaci di accontentarci o di puntare al ribasso, persino quando parliamo di lui.

Il dono della sinceritàNuovi, veri, «trasparenti»Essere cristiani sinceri è dono dello Spi-rito e ci permette di gu stare fino in fondo la grazia di Dio, coinvolgendo anche altri nella gioia di vivere in perfetta autenticità.Chi accoglie e custodisce i doni dello Spiri-to, non può fare a meno di cercare di elimi-nare gli ostacoli che complicano l’a zione di Dio, per costruire con gli altri una coerente comunità di credenti.

II dono della fraternità e dell’amiciziaCittadini del mondoLe esperienze di comunione, di rapporti di fraternità e amicizia che viviamo nella comunità cristiana nascono da Gesù che ha lasciato ai suoi discepoli il mandato di amarsi gli uni gli altri. Questo dono è accolto da noi non senza difficoltà: siamo unici. Ognuno con un carattere diverso, con le sue ricchezze e i suoi limiti.

Il dono della solidarietàDiversi e similiViviamo in una società in cui l’aspetto più importante per l’uomo è il proprio benesse-re; poi vengono anche le altre per sone; poi ci si può dedicare anche agli altri. L’uomo contempo raneo è abituato, forse troppo, a guardare al proprio mondo, senza aver la capacità di alzare lo sguardo e di prestare atten zione a chi gli vive accanto.

Il dono della gioiaCome una danza Tutta la nostra vita è tesa alla ricerca di una gioia piena che ricolmi il nostro cuo-re. Dove cerchiamo la nostra felicità? Cia-scuno ha la sua ricerca da affrontare. C’è chi ha bisogno di piccole gioie quotidiane e chi cerca grandi emozioni che scuotano l’animo. E la ricerca continua.

GROSSO ABBAGLIO“La filosofia del miliardo, è più

malefica del tarlo”: leggo la scritta su di uno striscione, tenu-to ben teso, durante una recente manife stazione tenutasi a Milano. Sorrido.La provocazione suona come per-fetta sintesi tra saggezza e iro nia, nascondendo grandi verità e preoc-cupazioni.Il pensiero dominante, cullato da molti italiani pare proprio questo: azzeccare i numeri giusti, incassare senza chiasso e ciao bella: vita risol-ta, fastidi veri o creati ad arte siste-mati, futuro garantito.Dolce chimera.E’ innegabile che i mezzi di comu-nicazione sociale stanno offrendo una rampa di lancio ideale a questa frenesia collettiva e se da un lato illustrano per filo e per segno i gio-chetti poco puliti che perso naggi senza scrupolo, da tempo, mettono in atto nell’intento di accaparrarsi il malloppo, dall’altro non perdono occasione per dedicare ampi spazi agli ipotetici vincitori, alle quote che salgono vertiginosamente e alle possibili tecniche per dare solidità al so gno: basti pensare che, da di-verso tempo, interventi riguardan-ti la frenesia collettiva, stazionano oramai sistematicamente nei tele-giornali di ogni rete e sulle prime pagine di quotidiani e settima nali, in barba a situazioni che meritereb-bero ben altra attenzione: basti pen-sare al moltiplicarsi di trasmissioni televisive in orari di grande ascolto e di pubblicazioni, costruite speci-ficamente sul tema. Naturalmente la “filosofia del miliardo”, a parte qualche spruzzo di ironia o presa di distanza, è diventata tabù: non vale la pena parlarne. non opportu-no parlarne, non interessa parlarne, non è di moda parlarne.Un poco la stessa situazione che si è creata nei confronti dei morti sulle strade nei fine settimana o nei pe-riodi di vacanza: ormai ci si limita laconicamente a proferire una cifra, centotrentasette sono state le vitti-me. Punto e basta. L’importante è non turbare quell’at-timo dorato che può cambiare la vita ma che, in molti casi, volendo essere schietti, la devasta. Perdita di valori? Mancanza di misura nell’agire e nel-lo scegliere? Carenza di precisi orien-tamenti? Libero sfogo a bisogni da tempo repressi? Fragilità interiore?Perché scomodare concetti tanto importanti e mettere in campo altra ipocrisia?Semplicemente ci si ritrova ad es-sere persone troppo sicure di sé: ri-teniamo di possedere la capacità di dire “basta” in qualsiasi momento, di riprendere in qualsiasi momen-to, di riuscire a con trollare qualsia-si “filosofia”che attraversa la nostra esistenza, di buttare a mare chi, ogni giorno, cerca di comprarci in mille modi e attraverso mille richia-mi, di sapere come gira la vita.Grosso abbaglio. E lo sappiamo.A volte il ritenerci troppo sicuri e troppo intelligenti rispetto agli altri induce, chi ci sta accanto, alla per-nacchia.

d. B.S.

ORATORIO APERTORAGAZZI ELEMENTARI E MEDIE

Dopo la parentesi dell’estate riparte il cammino riguardante i ragazzi delle Elementari e Medie.

Incontri di catechesi - SABATO 21 SETTEMBREDomeniche insieme - DOMENICA 22 SETTEMBRE

Con Settembre apriamo un nuovo spazio di intervento durante la settimana permettendo ai ragazzi di poter ritrovarsi in orato-rio nella sala giochi e nel campetto dalle 14,30 alle 16,30 tutti i VENERDI’ con la presenza di adulti che seguono lo sviluppo del pomeriggio.

QUESTO IL CALENDARIO

Ultima parte anno pastorale 2012/13Venerdì 27 Settembre, Venerdì 4 Ottobre,Venerdì 11 Ottobre, Venerdì 18 Ottobre, Venerdì 25 Ottobre,Venerdì 8 Novembre, Venerdì 15 Novembre, Venerdì 22 Novembre

prima parte anno pastorale 2013/14Venerdì 29 Novembre, Venerdì 6 Dicembre, Venerdì 13 Dicembre, Venerdì 20 Dicembre.

Il cammino della nostra comunità

Ministero Cultura/Formazione

“Insieme di conoscenze che concorrono a formare la perso-nalità e ad affinare le capacità cognitive di un individuo”:

questa è una delle tante definizioni disponibili per il termine “cultura”…e probabilmente ciascuno di noi le darebbe una defi-nizione differente.Del resto cultura è dialogo, è incontro, è scambio….In tale ottica, parallelamente ad un percorso di carattere pretta-mente religioso (Ministero fondamentale “Liturgia/Preghiera”), in questi ultimi mesi, si sta sviluppando un progetto culturale (Ministero fondamentale “Cultura/Formazione”) da parte della nostra parrocchia: uno spazio d’incontro e dialogo che si orga-nizza (struttura) sotto forma di eventi (non molti ma importanti) su varie tematiche. Un dialogo che vuole tentare di essere anche un incontro tra credenti e non credenti… una finestra nel mondo della cultura contemporanea che vuole mettersi in ascolto delle voci che vi risuonano.Un impegno non semplice, che, prima di tutto non vuol preva-ricare quello che già nel nostro territorio si sviluppa e cresce in tante splendide associazioni, ma che anzi vuole gettare nuovi semi per raccogliere sempre maggior “raccolto”.E proprio per questo motivo ci vuole tempo, pazienza e passione per organizzare al meglio questi appuntamenti.A questo punto, in attesa di poter presentare nei prossimi mesi gli eventi previsti, buon cammino e buona conoscenza a tutti.

R.R.

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Le vacanze dei nostri ragazzi in parole e immaginiUn’esperienza per imparare a stare insieme

Anche quest’anno abbia-mo potuto vivere l’espe-rienza del campeggio.

Per 10 giorni un bel gruppo (25 ragazzi, 4 animatori e 4 adulti) ha animato il simpatico paesino di Pianazzo.Durante questo periodo abbia-mo cercato di imparare a vive-re insieme aiutandoci e rispet-tandoci vicendevolmente.Ogni giorno abbiamo analiz-

zato, se pur in modo molto semplice, i valori che devono stare alla base della vita civile e comunitaria, condividendo pareri e pensieri personali, per arrivare a capire che è in-dispensabile volersi bene ed accettare con tolleranza e ri-spetto tutti, anche se diversi da noi.Così, anche se le nostre età erano differenti (dalla 3a ele-

mentare alla 3a media), ab-biamo formato un gruppo omogeneo, possiamo dire una grande famiglia.Certamente, a rotazione, ognuno aveva i propri compiti (turni per la pulizia degli am-bienti, apparecchiare e lavare i piatti, ecc.) e, con il suppor-to degli animatori, abbiamo vissuto tantissimi momenti di divertimento, lontani da televi-

sione, telefonini ed elettronica varia.Un grazie a Mario, che ci gui-dava nelle passeggiate, dando-ci la possibilità di ammirare i meravigliosi paesaggi montani e a Rosa, Sabrina e Rita che, al nostro ritorno ci accoglievano con strepitosi pranzetti!A Beatrice, Petra, Marco e Si-mone, che ci hanno aiutato a crescere in questo cammino,

diciamo un enorme grazie, perché resterà in noi il ricordo di un’esperienza indimentica-bile, legato particolarmente alle serate in compagnia pas-sate a cantare, giocare e bal-lare.Ci auguriamo che anche in futuro, tutti i ragazzi possano avere la possibilità di vivere una vacanza così.

Marta - Silvia

Pianazzo

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INNOCENTE SALVINI, “Oltre lo sguardo”Gemonio con il mulino

Salvini ed il Museo Bo-dini, Arcumeggia e Cas-

sano Valcuvia durante questa estate sono stati interessati da una mostra dal titolo “Oltre lo sguardo. Il colore e il segno di Innocente Salvini nelle collezio-ni private”. A Gemonio e Cas-sano la mostra è visitabile fino al 3 novembre e ad Arcumeggia fino al 29 novembre. Si tratta di ottanta opere in mostra fornite da ben quindici collezionisti, opere realizzate dal pittore per i suoi committenti ed estimato-ri; in esposizione opere inedite (quasi tutte) oppure nascoste e sconosciute da decenni nelle collezioni private, alcune anche di gemoniesi, con l’intento di re-stituire al pubblico alcuni capo-lavori di uno dei pittori più noti del territorio. Al Museo Bodini di Gemonio sono esposte opere grafiche e disegni con raffronti con alcuni dipinti (“Dall’idea al disegno”, fino al 3 novembre) a Cassano Valcuvia presso il Centro documentale Frontie-ra Nord “Linea Cadorna” sono esposti quadri ad olio ed è an-che visibile in forma mediatica una serie di fotografie illustranti la vita e l’opera dell’artista (“Il colore e il segno”, fino al 3 no-vembre). Alla Bottega del Pittore e alla Sangalleria di Arcumeggia vengono mostrate l’opera reli-giosa e la produzione bozzetti-stica (“Il sentimento del sacro. Alla ricerca del colore”, fino al 29 settembre). Il progetto è accom-pagnato da un catalogo a cura di Serena Contini e Daniele Cassi-nelli (lo si può consultare in bi-blioteca comunale di Gemonio) con contributi di Daniele Astro-logo ed Anna Visconti rispet-tivamente direttore del Museo Bodini e del Museo Salvini, di don Andrea Straffi, direttore dell’ufficio arte sacra della dioce-si di Como – diacono a Gemonio qualche tempo fa – Angela Viola, e altri. L’obiettivo delle mostre, oltre che approfondire Innocen-te Salvini, è quello di promuove-re la rete di Musei del territorio ed infatti il progetto organizzato da Comunità montana Valli del Verbano è stato cofinanziato da Fondazione Cariplo e realizzato grazie anche alla collaborazione della Provincia di Varese, dei Co-muni di Casalzuigno, Cassano Valcuvia e Gemonio, in collabo-razione con le diverse sedi espo-sitive, dei conservatori e delle associazioni che vi fanno capo.Un ruolo importante ha avuto anche la parrocchia di Gemo-

nio che ha fornito le quattordici stazioni della Via Crucis, nor-malmente esposte nella chiesa parrocchiale, accanto a due al-tre grandi opere di Salvini.Quelle stazioni, esposte in ma-niera che ha suscitato in taluni – io sono tra quelli – qualche per-plessità, sono servite ad illustra-re il soggetto religioso, sogget-to non usuale in Salvini anche perché si può affermare che la sua pittura sia sempre perva-sa da <<una religiosità diffusa ed immanente, tanto più forte e vitale perché percepibile anche in quadri non esplicitamente di argomento sacro. I personaggi, gli animali, i paesaggi, persino le luci e le ombre, l’intero universo pennellato sulla tela dalle lun-ghe mani di Salvini sono, prima di tutto e prima di ogni altra ri-flessione critica, un atto d’amore per il creato e per il suo Creatore. Dunque anche il semplice pae-saggio in Salvini ha qualcosa di sacro.>> come ha giustamente scritto la curatrice della mostra, S. Contini.La Via Crucis è datata al 1955 e venne voluta dal milanese con-te Angelo Cicogna a seguito di un voto fatto quando, nel pe-riodo burrascoso degli anni ’40, si sentiva in pericolo di vita. Le cronache ci raccontano poi che quelle quattordici tele vennero realizzate per essere collocate nel bosco del convento dei Padri Passionisti di Caravate. Per non perderle, essendo esposte alle intemperie, vennero in seguito rimosse e sostituite da affreschi dello stesso artista. Le tele poi, ritornate nello studio dell’arti-sta presso il suo mulino, venne-ro notate durante una visita nel 1967, da mons. Pasquale Mac-chi (Varese 1923 - Milano 2006), allora segretario di papa Paolo VI. Acquistate dal sacerdote ar-rivarono ad essere conservate, per sua decisione, nella sede dell’Associazione Arte e Spiri-tualità presso l’Istituto Paolo VI di Brescia. Vennero donate dal sacerdote varesino, nel 1992, per interessamento di Floriano Bo-dini e dell’allora sindaco Fran-zetti alla parrocchia di Gemonio per ricordare il centenario della nascita di Salvini, avvenuta per altro nel 1889. La consegna uf-ficiale avvenne con una messa solenne, celebrata proprio da Mons. Macchi, a Gemonio, pre-senti molte autorità il giorno 6 giugno 1992, festa di Pentecoste. Nell’omelia il sacerdote ha detto tra l’altro: “Devo confessare che l’invito a presiedere a questa li-

turgia cor risponde ad un mio profondo desiderio e anche ad un mio dovere. Io purtroppo non ebbi la possibilità nel 1979, l’anno della morte di Innocente Salvini di partecipare ai solenni funerali che sono stati qui cele-brati da sua E. Mons. Citterio, quindi ora sono felice di assol-vere questo mio dovere di gran-de gratitudine verso il pittore Salvini che è stato con me sem-pre sommamente gentile e gene-roso e soprattutto è stato amico devoto e sensibilissimo verso il Papa Paolo VI. Anche Paolo VI ebbe per lui sentimenti di alta stima e di profon da benevolenza non solo per le sue eminenti qualità di artista ma anche per la sua stupenda professione di vita cristiana. Noi tutti celebriamo con intima gioia l’artista che dopo la mor-te ha ricevuto riconoscimenti sempre più convinti e sempre più qua lificati anche al di là del nostro ambito culturale varesi-no; an che a Milano quest’anno è stata presentata una mostra molto si gnificativa. Noi siamo fieri di essere con-cittadini e conterranei di un arti sta di così grande valore e cercheremo di favorire la co-noscenza della sua arte che può offrire anche alle nuove generazioni valo ri primari per l’avvenire della nostra società, valori della na tura, valori della famiglia, della sensibilità uma-na, della con templazione e della solidarietà.Ma noi qui stasera siamo felici di poter celebrare anche l’uo-mo di fede profonda l’uomo che nella sua fede cristiana ha trovato le risorse necessarie per rendere sapiente e buona la sua vita e anche per nutrire la sua arte, per renderla più luminosa e più benefica. Del resto noi celebriamo questa eucaristia in questa chiesa dove il pittore Salvini ha sempre par-tecipato alla celebrazione dei divini misteri portandovi anche il suo prezioso contributo come organista e dove ha lasciato an-che due dipinti espressivi della sua religiosità…”. Tributo im-portante all’arte ed alla coeren-za religiosa di Salvini di questo importante sacerdote varesino che, dopo la morte di Paolo VI, torna nella natia Varese come arciprete del Sacro Monte – qui

porterà artisti di fama come Guttuso ed il nostro Bodini a re-alizzare opere d’arte e sarà l’ar-tefice della storica visita di papa Wojtila – poi sarà arcivescovo di Loreto dal 1988 al 1996, anno del suo ritiro in un monastero nei pressi di Lecco; qui muore nel 2006.

Gianni Pozzi

LA NOSTRA STORIAIl grande filosofo Imma-

nuel Kant conclude la sua fondamentale opera

sulla “ragione pratica” con una frase più poetica che fi-losofica. “Due cose riempio-no l’animo di ammirazione e venerazione sempre cre-scente quanto più ci occu-piamo di esse: la legge mo-rale dentro di me e il cielo stellato sopra di me”.Tutti noi, abitanti di questo piccolo pianeta terra, quasi mai solleviamo lo sguardo o il pensiero verso quella minuscola porzione dell’in-finito universo che siamo in grado di vedere. Dai più vi-cini pianeti alle galassie più lontane, questi corpi celesti che ci sovrastano, apparen-temente immutabili, rego-lati eternamente dall’equili-brio gravitazionale, rivelano il respiro divino della peren-ne armonia.La purezza del cielo non ap-pare mai offuscata da que-sti silenti, distanti spettato-ri della vicenda umana, la quale, al contrario, incontra luce e ombra, gioia e soffe-renza, calma e inquietudi-ne, esaltazione e crisi.L’arcano senso dell’infinito è spesso estraneo all’uma-nità, come se i miliardi di stelle e gli sterminati spazi siderali appartenessero ad una realtà virtuale e non invece ad una immane con-cretezza, collegata al miste-ro di Dio per i credenti o all’assurdità di un tenebroso nulla per gli atei.Tuttavia, anche se raramen-te, una sensazione di equili-brio interiore contribuisce a rischiarare il cammino delle nostre vite, fatto di contra-sti, di incomprensioni, di malintesi che complicano i rapporti e ostacolano gli affetti. E mentre le costel-lazioni e i pianeti vanno e ritornano regolarmente sul-le proprie orme, il nostro vivere segue il fluttuare del destino, talvolta però ri-schiarato da brevi momenti di luce.Così può accadere che, dopo un giorno cupo, portatore di un diffuso sconforto, qual-cuno di noi, quella stessa notte, abbia poi scoperto dalla finestra la luminosità delle stelle, la limpidezza del cielo, l’incanto del silenzio notturno ed abbia capito di essere più contento del soli-to di essere al mondo, senza sapere perché.

Gio Barabino

Storia e Arte locale

Estratti da:IL CAMPANILE DI GEMONIO e altri giornali “minori”

Il nostro giornale ha sempre seguito con attenzione ed af-

fetto la vita artistica di Salvini. Addirittura nel primo numero, Dicembre 1948 (Anno I, N. 1) il parroco don Stefano Tunesi scriveva, nella rubrica PICCOLA CRONACA: “Nel mese di ottobre è stata fatta a Milano, alla Galle-ria dell’Annunciata una mostra di quadri e bozzetti del nostro pittore Salvini. La mostra ha avuto un favorevole giudizio per parte della stampa e di valenti critici d’arte. Congratulazioni all’amico Salvi-ni”. Poi due anni dopo informava (Dicembre 1950 - Anno III, N. 1), nelle rubrica delle cronache, ma intitolate “Attività Comunale e Beneficenza”): “IL NOSTRO PIT-TORE SALVINI DALL’OMBRA DI GEMONIO ALLA LUCE DI VENEZIA. - Quest’anno il nostro caro pittore Innocente Salvini ha figurato con un suo quadro per la prima volta alla Biennale di Vene-zia. Si tratta di una meritata glo-rificazione che corona decenni di intenso ed appassionato lavoro di questo valoroso autodidatta. Con questo riconoscimento, che gli è venuto da una commissione se-verissima, Innocente Salvini esce dalla schiera di pittori regionali e balza ad un livello nazionale.Dopo la mostra del 1944 fatta a Varese in omaggio alla madre, gli estimatori ne organizzarono un’al-tra a Rovereto dall’8 al 18 genna-io dello scorso anno e quest’anno alla Galleria S. Fedele di Milano dal 13 al 26 maggio. Ora il mode-sto e schivo quanto valoroso per-sonalissimo mago della luce esce dall’ombra. Ci congratuliamo ben volentieri, in quanto cattolici, col caro amico perché egli non na-sconde la sua fede grande ed ama ricevere alla mattina nel Sacra-mento il Divino Ispiratore.

Affresco in piazza, Gemonio.

Salvini Confratello - Processione anni ʽ60.

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Dalla Russia con stupore: appunti di viaggio

L’incontro più significati-vo di questa estate 2013 non è avvenuto con una

persona, ma con un Paese, con le sue città, con la sua storia e quindi anche con gli uomi-ni che l’hanno “costruito” ieri come oggi: la Russia. Ho par-tecipato ad un viaggio, anzi ad un pellegrinaggio (come dicevano spesso don Bruno e la nostra guida) da San Pie-troburgo alle città dell’Anello

d’oro fino a Mosca. Mi è capi-tato poi di incontrare di nuovo la Russia al Meeting di Rimini con la mostra sui Martiri della Chiesa ortodossa russa e ascol-tando l’intervento del Rettore dell’Università ortodossa di S. Tichon, Padre Vorob’ev, sullo stesso tema.Lo stupore che suscita un viag-gio in Russia deriva da tante cose: l’immensità dello spazio nelle città come nelle campa-

gne, il chiarore delle notti di San Pietroburgo, i colori dei pa-lazzi settecenteschi e dei mona-steri, lo splendore delle cupole blu e oro delle chiese ortodos-se, i simboli residui del potere sovietico (stelle rosse, falce e martello, mosaici della metro-politana di Mosca), i cantieri aperti segnalati dalle innume-revoli gru presenti tra i nuovi grattacieli e gli antichi edifici (già restaurati o in procinto di esserlo), la struttura dei mona-steri (o lavre) più simili a dei vil-laggi che ai nostri conventi, ecc.Ma lo stupore più grande sca-turisce dal contatto con i nostri

“fratelli” ortodossi. Abbiamo visto da vicino la collaborazio-ne tra Chiesa cattolica e Chie-sa ortodossa nella Parrocchia del Sacro Cuore di San Pietro-burgo, dove un frate france-scano italiano ci ha descritto le opere educative e di carità che insieme svolgono a favore dei ragazzi di strada. Abbiamo ascoltato da padre Stefano la storia di questa parrocchia che nel 1917 contava 15000 fedeli, ridotti oggi a 150, più gli stra-nieri di passaggio per turismo e per lavoro. I racconti delle persecuzioni dei cristiani (cat-tolici e ortodossi) che lui stesso

ha sentito dai diretti testimoni sopravvissuti sono usciti dai li-bri di storia per diventare nomi, volti, fatti concreti. Soprattut-to tra il 1917 e il 1938, nel pe-riodo del Grande Terrore, si scatenò la furia del potere bol-scevico che voleva sradicare la componente religiosa dalla vita dell’uomo. Sembrò avere gioco facile all’inizio, subito dopo la Rivoluzione d’ottobre, perché era semplice accomunare la rivolta contro il potere politi-co degli zar a quella contro la “complice” Chiesa ortodossa e da lì allargarsi a qualsiasi tipo di comunità religiosa, ebrea, cattolica o altro. Anche i nume-ri, documentati nella mostra di Rimini, sembrano testimoniar-ci la “riuscita” del metodo: da 500000 a un milione di credenti vittime delle repressioni. “Solo nei primi 20 anni di governo sovietico furono fucilati più di 100 presuli e decine di migliaia di monaci e di laici” .Invece quello che si è visto in Russia ci spinge ad affermare che la fede è sopravvissuta: nel-le chiese ricostruite, nelle ico-ne conservate e venerate, nei

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RETROSPETTIVAImmagini di un’estate

Dall’ultimo numero del giornale parrocchiale sono trascorsi i mesi esti-

vi, ciascuno di noi conserverà delle immagini personali, o del-le vacanze, o di una gita, o di normale quotidianità. Allargan-do un po’ l’orizzonte, senz’altro si possono ricordare soggetti che si stagliano per la forza evocativa o per la drammatici-tà di ciò che viene raffigurato. Ci si può riferire in particolare all’immagine di Papa France-sco, mentre in un giorno di lu-glio gettava nel tratto di mare, cimitero di uomini che avevano cercato disperatamente di veni-re in Europa con la speranza di una vita migliore, una corona di fiori in ricordo di tante vittime. O anche ricordiamo il Suo non essere circondato da autorità politiche, ma solo dalla gente di Lampedusa e dai sacerdoti, mentre nella piana assolata e su uno spoglio altare celebrava la Messa. La questione dei mi-granti per tutta l’estate non ci ha abbandonato mai. Gli sbar-chi sono continuati ed è pur-troppo dei primi di agosto un’ immagine tragica che strideva con la normalità di una spiag-gia durante le vacanze, imma-gine che nessuno avrebbe mai voluto vedere tra gli ombrelloni in un qualsiasi sabato estivo: sei poveri corpi senza vita, corpi di uomini che non sono riusciti a raggiungere la salvezza. I quo-tidiani riportano che il viaggio, su una rotta insolita, si è tra-sformato in tragedia a pochi metri dalla riva, da quella ter-ra di libertà tanto sognata nei loro Paesi in guerra. I migranti provenivano da Siria ed Egitto e la loro imbarcazione si è in-cagliata su una secca davanti all’arenile, a poca distanza dal lido. Alcuni esuli si sono gettati in acqua,ma non sono riusciti a raggiungere la riva perché il fondale è diventato improvvi-

samente profondo e sei giova-ni, che non sapevano nuotare, sono morti annegati. Quante immagini tragiche ci ha restitu-ito il Mediterraneo e i paesi che su di esso si affacciano durante l’estate! Come non ricordare le stragi in Egitto , in Siria,i mor-ti abbandonati nelle strade, gli assalti alle Chiese, le moschee che diventano, da luoghi di cul-to e di preghiera. ospedali ed obitori. Gli appelli alla ragione e alla pace che pur provengono da voci autorevoli non vengono ascoltati e gli scontri sono con-tinuati per giorni e giorni, men-tre i mezzi di comunicazione ci restituivano immagini terribili davanti alle quali ogni parola diventa superflua e non ci resta che la preghiera. Tra tanto dolo-re e insofferenza, resta impres-sa anche la bella immagine dei villeggianti che su una spiaggia soccorrevano, formando una catena umana, dei migranti in cerca di un approdo sicuro sulle nostre coste.Il Meeting di Rimini, che si è svolto recentemente, visitato quest’anno da circa 800.000 persone,ha portato nelle nostre case, oltre ai temi degli incontri, dei dibattiti e delle mostre, l’im-magine dei volontari, uomini e donne, giovani e più avanti ne-gli anni, che sono il punto di ri-ferimento della manifestazione. Magliette bianche per la ristora-zione, blu per l’ordine, la pulizia e le mostre, rosse per i dibattiti e gli incontri, questi operatori volontari hanno svolto un’in-finità di mansioni prima e nel proseguo della manifestazione, riuscendo ad essere punti di riferimento per coloro che var-cavano l’ingresso dei padiglioni fieristici di Rimini. Le ferie e le vacanze, per ottenere questi obiettivi, sono state sacrificate in parte o completamente dal popolo dei volontari, testimoni visibili e concreti della fedeltà ad un ideale e della parte mi-gliore che esiste in ogni genera-zione. “Emergenza uomo” era il titolo del Meeting di quest’an-no, niente però di drammatico o di tragico,in quanto dagli in-contri, dalle mostre, dalle testi-monianze si coglievano sempre segni di speranza. Dalla stessa radice della parola emergenza (la vera crisi è quella dell’uo-mo come ha ricordato il Papa), ecco il termine emergere, cioè l’uomo che ritrova il suo volto, la sua identità, per svolgere il suo compito di responsabilità nel mondo.

M.T. Arioli

GrandangoloIO VI MANDO

E’ con emozione che mol-ti di noi hanno saputo o apprenderanno in

questi giorni che finalmente un prete di Gemonio partirà per l’Africa, non solamente per co-noscere e dare una mano nel quotidiano, ma per vivere e in-carnare altrove la sua vocazione sacerdotale: è don Filippo Mac-chi. Una punta di egoismo farà dire ad alcuni: perché proprio lui, giovane, capace, ben inseri-to e ben necessario nella realtà della diocesi comasca?Una delle tante risposte potreb-be essere: perché è un dono e i doni si offrono e si ricevono senza curarsi del luogo dove andranno a fruttificare, spe-cialmente se sono doni di fede e, quindi, di Cristo. Un’altra risposta, come giustamente ha suggerito don Filippo, è che un prete è a servizio della Chiesa che è una e tale rimane a qual-siasi latitudine.“Io vi mando” dice Gesù agli Apostoli, ma non precisa né dove né quando: a don Filippo è stato chiesto di andare nel pieno vigore della giovinezza, quando si ha ancora tanto spi-rito di avventura, tanto da dare, da scoprire e da imparare. Sarà in compagnia di altri missiona-ri, consacrati e laici e, soprat-tutto, di quel Cristo che ha po-sto a fondamento della sua vita e della sua vocazione.

Cediamo la parola a don Filip-po, il diretto interessato.

“Qualcuno ha saputo una noti-zia che mi riguarda da un ango-lo del Settimanale della diocesi, più persone lo avranno saputo dal tam tam vocale che, si sa, in questi casi è più efficace. E’ bene che lo faccia sapere anche attra-verso il giornale parrocchiale: mi preparo a partire per la missione diocesana in Africa!E’ il frutto della mia disponibili-tà a partire, fin da quando sono prete, e della necessità che si è creata in un luogo che la diocesi di Como segue da più di vent’an-ni in Camerun.Serenamente mi sono guardato intorno, mi son guardato den-tro e mi sono detto che se non lo faccio ora, non lo farò mai più, probabilmente. Potevano chiamare qualcun altro di più adatto? Sicuramente sì, si vede che altri non potevano! Qual-cuno in questi giorni ha detto che così vengono a maturazione tanti “semi missionari” pianta-ti nella mia vita: io, pensando a esperienze gemoniesi, ricordo la bacheca fittissima di lettere che arrivavano da ogni parte del mondo, posizionata in una cap-pella della chiesa. L’ho letta poco, riconosco: ma c’era, e già questo era un segno! Poi tante figure di missionari “classici” come pa-dre Adriano Pelosin, padre Italo o padre Edo, e altri missionari nel cuore anche se non sono mai usciti dai nostri confini: ricordo tra tutti don Giovanni Valassi-na, don Ulderico di Comacchio e don Erio, magnifico e inossida-bile parroco di Gavello. Uomini che hanno dato la vita per porta-re Cristo e costruire la Chiesa nei luoghi dove Dio li aveva posti, preti che in parte hanno formato in me un cuore missionario. Ne ho conosciuti altri negli anni di seminario e in questi primi anni da prete, li ammiravo ma crede-vo che questa vita non fosse per me. Ora, questo spirito mi viene richiesto per un’esperienza che

durerà diversi anni (non in eter-no; per un fidei donum, per così dire, il biglietto d’aereo è di anda-ta e ritorno) e che potrà allargare l’orizzonte mio e delle persone che incontrerò, nei villaggi del nord del Camerun nella diocesi di Maroua - Mokolo.Ora mi aspetta un tempo di pre-parazione, in cui io sono e resto vicario di Maccio. I corsi di lin-gua, un’esplorazione in Came-run… Nel frattempo, continuo a servire la mia gente come e più di prima, si spera con l’aiuto e la responsabilità di tutti. Nell’estate 2014 si parte, lasciando il posto a un altro prete capace quanto e più di me. L’unico dispiacere è appunto per la parrocchia, i ra-gazzi, le famiglie, che non aveva-no bisogno di altri travagli. Non scappo dalla parrocchia o da una Chiesa occidentale che vedo ma-lata o altre cose, mi apro a un’av-ventura più grande, a servizio di un’altra chiesa che ha tante ne-cessità e ricchezze con sé.Pensando al tempo successivo, all’annuncio dato alla gente il 14 luglio, devo ringraziare tanti che mi hanno cercato e si sono complimentati; tanti che hanno commentato:”sono contento per te, mi dispiace però …”; gli amici che sanno, o non sanno, o prega-no, o sperano ogni bene per me. Nei prossimi mesi, con decisio-ne, prepariamoci a volare. Sono certo che “per uno che parte, ci sono tanti altri che spingono”! E tra questi, ci siete voi gemoniesi.

– Noi ti accompagneremo in questo tuo andare – ha promes-so don Silvio.E’ un impegno che ci assumia-mo perché la tua presenza in un luogo diverso e lontano di una stessa Chiesa ci renda partecipi di questa tua novità di vita che avrà senz’altro bisogno della no-stra condivisione e della nostra preghiera. E tu, qualche volta, scrivi: in quella affollata bache-ca che ti è rimasta in mente, c’è posto anche per te.

Enrica Pezzoli

SPazio miSSioni

“Il silenzio di chi deve annunciare la verità può mandare in rovina il mondo intero” , ma …“la luce splende nelle tenebre”Monastero della Trinità a Serghiev Possad.

Don Filippo.

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Segue: Dalla Russia con stupore: appunti di viaggio

monasteri che si ripopolano, nei canti tradi-zionali, nelle liturgie intense (per noi cattolici interminabili), nel cuore degli uomini e delle donne che abbiamo visto pregare e con cui con-dividiamo l’essenziale del cristianesimo.Infatti, che cosa divide noi cattolici dagli orto-dossi? Oltre ad alcune sottolineature teologiche, il loro mancato riconoscimento dell’autorità del Papa. Sui fondamentali della fede siamo vera-mente fratelli e il cammino di avvicinamento si sta compiendo con buoni risultati, più sul ter-reno della vita pratica che su quello della diplo-mazia. Ne sono testimoni padre Stefano e altri sacerdoti e suore incontrati durante il viaggio.Una domanda ci accompagnava spesso davanti alla bellezza e alla cura delle chiese e alla parte-cipazione numerosa dei fedeli: “Come ha potu-to rinascere o sopravvivere in questo modo una fede, dopo 70 anni di ideologia atea e di dura repressione?”Non sono in grado di fare analisi sociologiche

e quindi so che la risposta apparirà a qualcuno riduttiva. Ma, visto che viene da un russo, sacer-dote e studioso, Padre Vorob’ev, credo che abbia una certa validità: “C’è stato un piccolo santo re-sto di pastori e laici che hanno trasmesso la fede alle nuove generazioni, di nascosto, nelle chiese domestiche, nelle grotte, nei rifugi sotterranei, nei campi di deportazione.”Inoltre il santo Patriarca Tichon, nel 1925, esor-tava i fedeli: “Presto calerà una notte lunga e oscura. Ma se solo la fede fosse salda, se il popo-lo russo non la perdesse, allora tutto gli sarebbe ridato e si rialzerebbe come Giobbe.”Così è avvenuto!

Pinuccia Bodini

“In Egitto si muore, ma io devo andare in vacan-za”: è il titolo di un bre-

ve articolo online che descrive la situazione di caos in numero-si aeroporti dove ci sono turisti in partenza per l’Egitto. La crisi egiziana è precipitata nel corso delle settimane esti-ve: Mohamed Morsi, al governo dallo scorso anno dopo le dimis-sioni di Hosni Mubarak, è stato destituito il 3 luglio scorso, a seguito di altre proteste popo-lari; gli scontri si susseguono in maniera crescente e la violenza si manifesta non solo contro le chiese di fede cattolica, orto-dossa e protestante, ma anche contro le istituzioni. Dopo i “travel warning” emanati dai Paesi europei a metà agosto, chi pensava di passare le vacan-ze in una delle località turisti-che egiziane deve fare un po’ marcia indietro e ripiegare su altro. Ci sono i temerari o gli in-differenti che non prestano più di tanto attenzione ai richiami internazionali ad evitare viaggi in Egitto e che sono intenzio-nati a farsi le vacanze proprio là dove avevano deciso perché sarà anche vero che “in Egitto si muore, ma io devo andare in vacanza”. Nessuna polemica sulle decisio-ni di andare o meno in località “sconsigliate”. Le aree del mon-do che vivono periodi, anche prolungati, di forte crisi, di in-stabilità sono purtroppo nume-rosi; penso solo in questo perio-do anche alla Siria, ad alcuni Paesi centrafricani. Prendo ad esempio la situazione egiziana solo per far notare che, spesso, ci capita di prestare davvero at-tenzione alle notizie e più in ge-nerale alle vicende di popoli più o meno vicini solo se queste in qualche modo ci impediscono di fare qualcosa, ci “scombina-no i piani”, non ci permettono di fare qualcosa che avevamo in mente e per la quale ci eravamo già organizzati; altrimenti le no-tizie ci scivolano via così in fret-ta, come se ci fossimo abituati a sapere che ci sono realtà pro-blematiche, in cui, per diversi motivi, ci sono persone, a volte interi popoli, in gravi difficoltà. “La cultura del benessere, che

ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globaliz-zazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizza-zione siamo caduti nella globa-lizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare no-stro!”. Sono queste le parole che Papa Francesco rivolge a tutti noi dalla sua visita a Lampedu-sa lo scorso 8 luglio. Nel corso dell’estate, gli sbar-chi di immigrati a Lampedusa e in genere in gran parte della Sicilia, specialmente nelle pro-vince di Catania e Siracusa, si sono intensificati e con questi, purtroppo, è salito anche il nu-mero delle vittime di chi – sem-pre citando il Papa – “cercava di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace”, di chi vedeva in quel-le barche una “via di speran-za” per sé e per i propri cari. Il fenomeno dell’immigrazione clandestina – strumentalizzato più volte a fini di proselitismo politico – dura da decenni. E se ci siamo un po’ abituati anche a questo, forse vale la pena pen-sare a qualche numero: si stima che, negli ultimi vent’anni, nei cosiddetti “viaggi della speran-za” dall’Africa all’Italia abbiano perso la vita circa 25.000 perso-ne. Lampedusa, al di là delle diffi-coltà e dei disagi, è un esempio di accoglienza, di vicinanza con-creta della popolazione locale ai “migrantes”; è l’accoglienza di chi, al di là delle differenze di razza, di lingua, di religione e di cultura, vede “soltanto” uomini e donne che hanno bisogno di aiuto. E questo aiuto prova a darlo. Propongo questi veloci spunti di lettura di alcuni “segni dei tem-pi” con l’invito a guardarli non come le “solite brutte notizie”, ma come segni di una creazione che “geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm, 8, 22-27), di un’umanità che cerca di costruire qualcosa di più au-tentico, di più vero, di più giu-sto. Di un’umanità che, per fare questo, ha inevitabilmente biso-gno di Dio, della sua Parola, del suo messaggio di amore. “Tu ci sei necessario o Cristo!”: è l’in-vocazione più nota e più cara a Paolo VI, del quale abbiamo appena ricordato il 35° anniver-sario della scomparsa.

Luisella

SEgni dEi tEmPi

Rubriche

La visione della chiesa di papa Francesco

A fondamento della visio-ne della chiesa di Papa Francesco non c’è alter-

nativa o contrapposizione tra pastori e pecorelle, ma un rilan-cio di ciò che è alla base della Comunione del Popolo di Dio.L’istanza di una maggiore col-legialità nell’ambito dell’epi-scopato e di una più qualificata responsabilità dei laici cristiani e del ruolo della donna nella famiglia e nella chiesa sono fre-quenti negli interventi di papa Francesco. Senza mettere in discussione il Primato di Pietro, Egli sta cercando di rivedere le forme del suo esercizio.Nel mondo globalizzato nes-sun Papa può essere in grado di guidare la chiesa senza l’a-iuto di uno strumento univer-sale ed autorevole. Le tracce del suo progetto pastorale appaio-no chiare: camminare alla luce del Signore, edificare la chiesa, confessare Gesù Cristo.Egli ha confidato di desiderare una chiesa povera e al servizio dei più poveri. Nel primo An-gelus ha invitato a non dimen-ticare mai che il volto di Dio è

quello di un Padre misericor-dioso che sempre ha pazienza. In questo contesto è pressante il richiamo della condizione dei giovani che vivono un disagio esistenziale ed occupazionale che rischia di escludere una ge-nerazione dal ciclo produttivo della società, privandoli della loro dignità costitutiva. In una intervista Papa Francesco ha af-fermato che l’attività ordinaria della chiesa è impostata in vista della Missione che implica una tensione tra centro e periferia, tra parrocchia e quartiere. Da qui l’attenzione per tutte le for-me di marginalizzazione, dagli ammalati ai tossico-dipendenti, evitando il rischio di una chie-sa rinchiusa in se stessa che ri-schia di ammalarsi.La sua prima uscita da Roma è per rendere omaggio alle vittime del mare annegate nel canale di Sicilia nel tentativo di raggiun-gere le coste europee. A Lam-pedusa Papa Francesco chiede perdono per responsabilità ed omissioni dei cristiani nel per-petrarsi di questo dramma uma-nitario. Allo stesso tempo ha ri-

chiamato la cura pastorale della chiesa per quanto concerne la condizione dei divorziati rispo-sati e degli omosessuali: nell’u-no e nell’altro caso ha invitato i cristiani ad un atteggiamento di misericordia e di rispetto per le persone, nonché la possibilità di una revisione delle norme di diritto canonico circa la possibi-lità di accesso ai sacramenti di queste persone, fermi rimanen-do i principi non negoziabili del-la morale cristiana.

Salvatore La Sala

“LA SINDACA”

All’inizio del periodo estivo quest’anno i giornali e i tg delle principali reti televi-

sive italiane sono stati inondati dai particolari di una vicenda di cronaca che ha colpito la nostra provincia: il ferimento, trasforma-tosi poi in omicidio, del Sindaco di Cardano al Campo, la Sig.ra Laura Prati.Il suo aggressore, un ex agente della polizia locale, allontana-to dal servizio per una truffa che coinvolgeva anche altri dipendenti comunali, era stato condannato dal tribunale per truffa e pecula-to. Quest’uomo, con lucida follia, ha deciso di vendicarsi di coloro che considerava colpevoli di aver “partecipato” alla sua espulsio-ne dopo la condanna. Sindacali-sti, politici, giudici, finanzieri, la stampa e in primis il sindaco del suo Comune. Presentatosi alla sede del Comune ha chiesto un colloquio, direttosi all’ufficio del sindaco le ha sparato un colpo di pistola all’addome e al braccio esclamando: “Ho regolato i conti”.

E’ sconvolgente la freddezza e sfrontatezza di quest’uomo che, pur avendo indossato la divisa ed essersi fatto quindi rappresentante pubblico della giustizia nei con-fronti dei cittadini, si è considerato superiore ad essa e, pur condanna-to per il reato commesso, ha de-ciso di farsi una “giustizia priva-ta”, non si è considerato lui stesso sottoposto alla legge/giustizia e ha voluto vendicarsi di chi invece l’ha ricondotto ad essa.La Sig.ra Prati ha lottato per supe-rare la gravità delle ferite subite, ma dopo 20 gg. di interventi e ri-animazione si è dovuta arrendere, è morta lunedì 22 luglio e come estremo dono alla vita ha donato i suoi organi.I media hanno sottolineato il suo ruolo di rappresentante delle isti-tuzioni, di donna che ha portato avanti correttamente il senso di giustizia e di rispetto della legge e a lei hanno reso omaggio le prin-cipali cariche politiche dello Stato (Napolitano, Boldrini, …), ma an-che della Chiesa (il cardinal Scola).A me di lei ha però colpito un al-tro aspetto, il suo attaccamento al ruolo di madre nonostante tutto: portata via in ambulanza dopo il

ferimento: «Va a casa e pensa ai bambini» ha detto al marito ac-corso sul posto, quindi più che alla gravità della sua condizione ha su-bito pensato alla famiglia.E proprio cercando di conciliare la sua famiglia con il ruolo di pubbli-co funzionario era stata in grado di ottenere un piccolo grande cam-biamento: niente più consigli co-munali fino a tarda notte o riunio-ni di giunta a orari improbabili.A questa madre erano legati mol-to i figli e mi ha fatto una grande tenerezza sapere che il figlio Mas-simo, quando Laura è caduta nel buio del coma, comunicava con lei interpretando il battito delle sue palpebre e nella notte tra domeni-ca e lunedì le ha letto il libro che lei non è mai riuscita a terminare, «Il buio oltre la siepe», in segno di addio. E’ come se si fossero invertiti i ruoli: la mamma, quando il figlio è piccolo, legge, accostandosi al lettino, le favole per farlo addor-mentare, ed ora invece è il figlio, accostandosi al letto d’ospedale, che legge alla madre il libro per accompagnarla nel cammino ver-so l’aldilà con la sua voce.

Monica Campanerut

ritratto

PARROCCHIA di S. PIETROPiazza Vittoria, 3 - GEMONIO (VA)

Tel/Fax 0332 [email protected]

Papa Francesco durante la S. Messaa Lampedusa.

L’inferno è l’assenza degli altri.L’inferno è la chiusura all’altro.Io nasco abitato dagli altri. Poi una educazione mutilante di occidentale mi riduce a essere solo e ad avere l’illusione di essere la sorgente di tutto il resto.«Io penso, dunque io sono». E’ una delle più belle perle della stupidità occidentale. Quattro postulati fatti scom parire in cinque parole.

Roger Garaudy

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