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p. 312 CANADA HONDURAS GUYANA BRIT. RIO DE ORO MAROCCO ALGERIA AFRICA OCCID. FRANCESE NIGERIA GAMBIA GUINEA PORT. SIERRA LEONE LIBERIA COSTA D’ORO TOGO LIBIA GIORDANIA LIBANO IRAQ GIORDANIA QATAR PAKISTAN COSTA DEI PIRATI HADRAMAUT SOMALIA FR. UGANDA ANGOLA FEDERAZIONE D. RHODESIA E NIASSA BECIUANIA MOZAMBICO UNIONE SUDAFRICANA AFRICA DEL SUD-OVEST GUINEA SP. KENYA TANGANICA MADAGASCAR SOMALIA BR. OMAN INDIA BIRMANIA CAMBOGIA MALESIA INDONESIA AUSTRALIA NUOVA ZELANDA VIETNAM FILIPPINE DEL SUD DEL NORD LAOS GUYANA OL. GUYANA FR. REGNO UNITO FRANCIA PORTOGALLO SPAGNA PAESI BASSI STATI UNITI A F RIC A E Q U A T . F R AN CE S E Gran Bretagna Francia Stati Uniti Spagna Portogallo Olanda VIETNAM La decolonizzazione 12.1 I popoli coloniali verso la libertà Significato e importanza della «decolonizzazione» Negli anni Venti e Trenta del Novecento molte tensioni minarono la stabilità degli imperi coloniali. Nei popoli di Asia e Africa crebbe l’insofferenza verso la sottomissio- ne politica e lo sfruttamento economico di cui erano vittime. E aumentò il desiderio di liberarsi dal giogo delle potenze europee e creare nuovi Stati nazionali. Lo scoppio della Seconda guerra mon- diale accelerò enormemente questo proces- so. Dopo la sua conclusione ebbe così inizio un lungo cammino che portò alla dissolu- zione degli imperi e all’indipendenza delle colonie. Questo cammino si completò, per la gran parte di Asia e Africa, tra 1945 e 1975. Si svolse pacificamente in numerose oc- casioni, ma terribili spargimenti di sangue non furono risparmiati. Nell’insieme esso prese il nome di «decolonizzazione», ter- mine che appunto indica la trasformazione in Stati indipendenti dei territori coloniali assoggettati dalle potenze europee tra il XVI secolo e i primi decenni del XX secolo. Per la sua vastità e le conseguenze politiche, so- ciali ed economiche, la decolonizzazione è considerata uno degli elementi fondamen- tali della storia mondiale del Novecento. La Seconda guerra mondiale e il risveglio delle colonie Durante la Seconda guerra mondiale, le po- tenze europee impegnate nel conflitto mo- bilitarono i popoli assoggettati. Molti giova- ni dei paesi coloniali furono infatti reclutati negli eserciti europei (in particolare Francia e Inghilterra); e chi non venne arruolato fu costretto a uno sforzo eccezionale per pro- durre grandi quantità di materie prime e merci indispensabili allo sforzo bellico della potenza coloniale. Un aiuto determinan- te che permise al Regno Unito di resistere all’assalto nazista. Anche il Giappone ebbe involontaria- mente un ruolo fondamentale nell’avviare il processo di decolonizzazione. Durante la guerra, al motto: «L’Asia agli asiatici», sottrasse alle potenze coloniali europee l’intero sud-est asiatico: questo slogan e la creazione della cosiddetta «sfera di copro- sperità asiatica» erano tuttavia puramente strumentali. Il Giappone infatti sottomise e sfruttò brutalmente ai fini bellici le ricchez- ze della regione e i suoi abitanti. Ma il domi- nio nipponico ebbe l’effetto di risvegliare il desiderio di indipendenza dei politici, degli intellettuali e dei borghesi locali, che videro la possibilità di autogovernarsi. Terminata la guerra, i popoli coloniali pretesero un riconoscimento per il ruolo svolto e non accettarono di restare in con- dizione di sottomissione. Erano soprattutto i funzionari amministrativi educati all’occi- dentale e le nascenti borghesie e classi im- prenditrici locali a volere un deciso cambia- mento della situazione e la conquista della piena indipendenza per la loro nazione. I domini coloniali nel 1945 La debolezza degli imperi e la forza di USA e URSS Nell’avvio del processo di decolonizzazione pesò molto anche un terzo fattore, legato alle stesse potenze coloniali. Francia, Re- gno Unito, Olanda, Belgio, Italia si trova- vano alla fine della guerra in uno stato di profonda debolezza: vincitori e vinti erano accomunati da gravi difficoltà economiche e politiche. Bisognava ricostruire l’Europa e mancavano le risorse necessarie al controllo e alla gestione delle colonie: mantenere un impero coloniale, sfruttandone direttamen- te le ricchezze andava ormai oltre le capaci- tà anche di paesi grandi e forti come Francia e Regno Unito. Vi fu infine un ultimo elemento, forse il più importante di tutti. Dalla Seconda guer- ra mondiale emersero due nuove super- potenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Né l’una né l’altra avevano imperi coloniali da difendere. Inoltre, da sempre gli Stati Uniti sostenevano il principio dell’autodetermi- nazione dei popoli, ribadito anche nella Carta Atlantica del 1941 e sottoscritto da Churchill per stringere a sé il gigante demo- cratico americano. Le potenze coloniali non trovarono quin- di nei due nuovi protagonisti politici e mi- litari del pianeta un sostegno alle loro pre- tese imperiali. Anzi, come abbiamo visto a riguardo delle guerre di Corea e Vietnam, fu proprio nei territori sottoposti in passato al controllo coloniale che Stati Uniti e Unione Sovietica giocarono la loro rivalità per il do- minio del mondo, e lo fecero appoggiando forze politiche locali. sfera di coprosperità: progetto, elaborato dal Giappone, che prevedeva la costituzione di un’unione di paesi asiatici al fine di espellere le potenze occidentali dall’Asia. Fu in realtà uno strumento atto ad affermare gli interessi dell’imperialismo giapponese. Indù e Musulmani festeggiano l’indipendenza dell’India, 21 agosto 1947, Bombay. 242 1945 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio © Loescher Editore – Torino 243 1990 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl © Loescher Editore – Torino

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CANADA

HONDURAS

GUYANA BRIT.

RIO DE ORO

MAROCCO

ALGERIA

AFRICA OCCID. FRANCESE

NIGERIA

GAMBIAGUINEA PORT.

SIERRA LEONELIBERIA

COSTAD’ORO

TOG

O

LIBIA

GIORDANIALIBANO IRAQ

GIORDANIA QATAR

PAKI

STAN

COSTA DEIPIRATI

HADRAMAUTSOMALIA FR.

UGANDA

ANGOLAFEDERAZIONED. RHODESIA

E NIASSA

BECIUANIA

MO

ZAM

BICO

UNIONESUDAFRICANA

AFRICA DELSUD-OVEST

GUINEA SP. KENYA

TANGANICA

MADAGASCAR

SOMALIA BR.

OMANINDIA

BIRMANIA

CAMBOGIA

MALESIA

INDONESIA

AUSTRALIA

NUOVA ZELANDA

VIETNAM FILIPPINEDEL SUD

DEL NORD

LAOS

GUYANA OL.

GUYANA FR.

REGNO UNITO

FRANCIA

PORTOGALLOSPAGNA

PAESIBASSI

STATI UNITI

AFRI

CA E

QU

AT. F

RAN

CES

E

Gran Bretagna Francia Stati Uniti Spagna Portogallo Olanda

VIETNAM

La decolonizzazione

12.1 I popoli coloniali verso la libertà

Significato e importanza della «decolonizzazione»

Negli anni Venti e Trenta del Novecento molte tensioni minarono la stabilità degli imperi coloniali. Nei popoli di Asia e Africa crebbe l’insofferenza verso la sottomissio-ne politica e lo sfruttamento economico di cui erano vittime. E aumentò il desiderio di liberarsi dal giogo delle potenze europee e creare nuovi Stati nazionali.

Lo scoppio della Seconda guerra mon-diale accelerò enormemente questo proces-

so. Dopo la sua conclusione ebbe così inizio un lungo cammino che portò alla dissolu-zione degli imperi e all’indipendenza delle colonie. Questo cammino si completò, per la gran parte di Asia e Africa, tra 1945 e 1975. Si svolse pacificamente in numerose oc-casioni, ma terribili spargimenti di sangue non furono risparmiati. Nell’insieme esso prese il nome di «decolonizzazione», ter-mine che appunto indica la trasformazione in Stati indipendenti dei territori coloniali assoggettati dalle potenze europee tra il XVI secolo e i primi decenni del XX secolo. Per la sua vastità e le conseguenze politiche, so-ciali ed economiche, la decolonizzazione è considerata uno degli elementi fondamen-tali della storia mondiale del Novecento.

La Seconda guerra mondiale e il risveglio delle colonie

Durante la Seconda guerra mondiale, le po-tenze europee impegnate nel conflitto mo-bilitarono i popoli assoggettati. Molti giova-ni dei paesi coloniali furono infatti reclutati negli eserciti europei (in particolare Francia e Inghilterra); e chi non venne arruolato fu costretto a uno sforzo eccezionale per pro-durre grandi quantità di materie prime e merci indispensabili allo sforzo bellico della potenza coloniale. Un aiuto determinan-te che permise al Regno Unito di resistere all’assalto nazista.

Anche il Giappone ebbe involontaria-mente un ruolo fondamentale nell’avviare il processo di decolonizzazione. Durante la guerra, al motto: «L’Asia agli asiatici», sottrasse alle potenze coloniali europee l’intero sud-est asiatico: questo slogan e la creazione della cosiddetta «sfera di copro-sperità asiatica» erano tuttavia puramente strumentali. Il Giappone infatti sottomise e sfruttò brutalmente ai fini bellici le ricchez-ze della regione e i suoi abitanti. Ma il domi-nio nipponico ebbe l’effetto di risvegliare il desiderio di indipendenza dei politici, degli intellettuali e dei borghesi locali, che videro la possibilità di autogovernarsi.

Terminata la guerra, i popoli coloniali pretesero un riconoscimento per il ruolo svolto e non accettarono di restare in con-dizione di sottomissione. Erano soprattutto i funzionari amministrativi educati all’occi-dentale e le nascenti borghesie e classi im-prenditrici locali a volere un deciso cambia-mento della situazione e la conquista della piena indipendenza per la loro nazione.

I domini coloniali nel 1945

La debolezza degli imperi e la forza di USA e URSS

Nell’avvio del processo di decolonizzazione pesò molto anche un terzo fattore, legato alle stesse potenze coloniali. Francia, Re-gno Unito, Olanda, Belgio, Italia si trova-vano alla fine della guerra in uno stato di profonda debolezza: vincitori e vinti erano accomunati da gravi difficoltà economiche e politiche. Bisognava ricostruire l’Europa e mancavano le risorse necessarie al controllo e alla gestione delle colonie: mantenere un impero coloniale, sfruttandone direttamen-te le ricchezze andava ormai oltre le capaci-tà anche di paesi grandi e forti come Francia e Regno Unito.

Vi fu infine un ultimo elemento, forse il più importante di tutti. Dalla Seconda guer-ra mondiale emersero due nuove super-potenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Né l’una né l’altra avevano imperi coloniali da difendere. Inoltre, da sempre gli Stati Uniti sostenevano il principio dell’autodetermi-nazione dei popoli, ribadito anche nella Carta Atlantica del 1941 e sottoscritto da Churchill per stringere a sé il gigante demo-cratico americano.

Le potenze coloniali non trovarono quin-di nei due nuovi protagonisti politici e mi-litari del pianeta un sostegno alle loro pre-tese imperiali. Anzi, come abbiamo visto a riguardo delle guerre di Corea e Vietnam, fu proprio nei territori sottoposti in passato al controllo coloniale che Stati Uniti e Unione Sovietica giocarono la loro rivalità per il do-minio del mondo, e lo fecero appoggiando forze politiche locali.

sfera di coprosperità: progetto, elaborato dal Giappone, che prevedeva la costituzione di un’unione di paesi asiatici al fine di espellere le potenze occidentali dall’Asia. Fu in realtà uno strumento atto ad affermare gli interessi dell’imperialismo giapponese.

Indù e Musulmani festeggiano l’indipendenza dell’India, 21 agosto 1947, Bombay.

242 1945 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio

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24319901969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl

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    Album p. 254

C I N A

Harbin

UNIONESOVIETICA

ManciuriaMONGOLIA

SeoulCO R EA

Tokio

GIAPPON EPechino

Tsinan

NanchinoHankow

C I N A

Wenchow

Taiwan

Hong KongMacao

Canton

UNIONESOVIETICA

Harbin

Manciur ia

SeoulCOREAPechino

Tsinan

ShanghaiNanchino

Hankow

Wenchow

Taiwan

Hong KongMacao

Canton

HainanINDOCINAFRANCESE

S I A M

BIRMANIA

PAKISTANORIENT.

I N D I A

BHUTANNEPAL

Tibet(Conquistato nel 1950)

Lanzhou

X i n s i a n g

Zone comuniste nel 1946

Zone comuniste nel luglio del 1948

Zone comuniste nel dicembre 1949

Zone comuniste agli inizi del 1950

Regioni rimaste sotto il controllonazionalista agli inizi del 1950

L’Impero giapponese nel 1905

Territori occupati tra il 1905 e il 1933

Territori occupati tra il 1937 e il 1941

3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12 La decolonizzazione

12.2 La decolonizzazione in Asia

L’indipendenza dell’India e del Pakistan

Durante gli anni Trenta, gli inglesi cercaro-no in India una difficile mediazione tra gli interessi dell’impero e il desiderio di auto-governo della popolazione locale. La con-cessione di maggiori autonomie alle provin-ce del subcontinente non soddisfece però il bisogno di indipendenza degli indiani. Essi parteciparono alla Seconda guerra mondia-le come fedeli alleati di Londra e al termine delle ostilità Gandhi, universalmente noto come Mahatma, cioè «Grande Anima», il Partito del congresso e l’opinione pubblica indiana ripresero con più vigore di prima la lotta per il distacco dal Regno Unito.

La piena autonomia venne finalmente raggiunta il 15 agosto 1947, quando il go-verno inglese, guidato dal laburista Clement Attlee, stabilì con l’Indian Independence Act la divisione del subcontinente indiano in due nuovi e distinti Stati indipendenti. Il primo era l’Unione Indiana, che copriva la parte maggiore del territorio del subconti-nente ed era abitato da una popolazione a maggioranza induista. Il secondo era il Pa-kistan, a maggioranza musulmana. La gioia

M a r

A r a b i c o

O c e a n o I n d i a n o

Golfo del

Bengala

Lahore

PAKISTAN

AFGHANISTANC I N A

Karachi

Delhi

Ahmadabad

Varanasi

U N ION E I N DIANA

BombayHyderabad

MadrasBangalore

CEYLON

NEPAL BHUTAN

Bangla Desh(Indipendente dal 1971)

BIRMANIA

Unione indiana nel 1947

Pakistan nel 1947

La divisione dell’India

La lotta antigiapponese e la rivoluzione comunista cinesedi Gandhi e di tutto il popolo indiano per l’ottenimento dell’indipendenza fu però macchiata in quei giorni da terribili fatti di sangue. Le tensioni e le violenze religiose, una costante della millenaria convivenza tra etnie spesso diversissime tra loro, origi-narono imponenti migrazioni. Milioni di in-duisti si spostarono verso l’Unione Indiana e milioni di musulmani emigrarono verso il Pakistan: i morti di questi movimenti furo-no circa 200.000. Lo stesso Gandhi, che ave-va fatto della non violenza il centro della sua battaglia politica e che si era detto contrario alla divisione del subcontinente in Stati di-versi, morì per mano di un estremista indù, il 30 gennaio 1948. Il compito di guidare l’Unione Indiana spettò da quel giorno a Jawaharlal Nehru, capo del Partito del con-gresso e convinto sostenitore della necessità di modernizzare il più rapidamente possibi-le il paese.

La vittoria di Mao e dei comunisti cinesi

Dal 1912 la Cina era una Repubblica con un ordinamento simile a quello degli Stati occidentali, ma i dissidi tra nazionalisti e comunisti, che nei primi anni Venti aveva-no stretto un’alleanza anticoloniale, rende-vano altamente instabile il quadro politico cinese. Nel 1925 la guida del Kuomintang (il Partito nazionale del popolo) e dello Stato cinese era stata assunta da Chiang Kai-shek, fiero oppositore del comunismo, e nel giro di due anni i contrasti tra i nazionalisti e i comunisti di Mao Tse-tung si erano tramu-tati in una sanguinosa guerra civile.

Tuttavia, a partire dal 1937 la necessità di affrontare l’invasione giapponese costrinse i cinesi a unire le forze: il Kuomintang e il Partito comunista si allearono dunque per combattere il comune nemico. Al termine della Seconda guerra mondiale, dopo che i giapponesi furono cacciati, le ostilità tra Chiang Kai-shek e Mao Tse-tung ripresero. Il primo godeva del sostegno degli Stati Uni-ti, voleva costruire uno Stato di tipo capita-lista, e contava su un esercito molto forte. Mao era invece appoggiato dall’Unione So-vietica, lottava per l’edificazione di uno Sta-to socialista e appariva favorito dalla stretta alleanza con la parte più numerosa della popolazione cinese: i contadini.

La nuova guerra civile fu combattuta con

ferocia e non si contarono massacri e vio-lenze indiscriminate a danno della popola-zione, sull’uno e sull’altro fronte. A prevale-re furono i comunisti di Mao, proprio grazie al sostegno ottenuto nelle campagne. Occu-pate l’una dopo l’altra la Manciuria, la Cina centro-settentrionale e l’importante città di Nanchino, i comunisti accerchiarono e sconfissero i nazionalisti, fino ad annun-ciare a Pechino la nascita della Repubblica popolare cinese. Era il 1o ottobre 1949, e il passaggio al comunismo dell’immenso pa-ese asiatico colpì in maniera straordinaria l’opinione pubblica mondiale. Mao stabilì subito stretti legami con Mosca e avviò uno straordinario sforzo di modernizzazione del

paese, prima di tutto attraverso la riforma agraria, che premiava le masse contadine e le sottraeva, mediante l’esproprio e la redi-stribuzione delle terre, al peso di un feuda-lesimo millenario. A

Chiang Kai-shek e il suo esercito si rifu-giarono sull’isola di Taiwan dove procla-marono la nascita della Repubblica nazio-nalista cinese, posta sotto la protezione statunitense. Per volere degli Stati Uniti, al nuovo e piccolo Stato venne anche assegna-to il seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (seggio riservato alla Cina in quanto potenza vincitrice della Seconda guerra mondiale). La divisione tra le due Cine dura ancora oggi.

Manifesto di propaganda maoista con l’effigie di Mao e sotto lavoratori, contadini, militari, con il Libretto Rosso in un’atmosfera festosa.

Il Generale cinese Chiang Kai-shek accanto a Mao Tse-tung, 27 settembre 1945.

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3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12 La decolonizzazione

L’espulsione dei francesi dall’Indocina

Al termine della guerra mondiale, sconfitto il Giappone, la Francia tentò di recuperare la proprie colonie in Indocina. Qui si trovò però di fronte un ostacolo inaspettato. Nel settembre 1945, al ritiro dei giapponesi, il capo comunista Ho Chi Minh proclamò nel Nord del Vietnam la Repubblica democra-tica vietnamita, con capitale Hanoi. Con-

tando sulla propria superiorità negli armamenti, i francesi tentarono immediatamente di riprendere il controllo del-le regioni perdute. Ma Ho Chi Minh e il generale Vo Ngujen Giap lanciarono la «guerra di tutto il popolo», allo sco-po di coinvolgere i vietnamiti nella lotta contro la potenza coloniale. I successi europei durarono poco: i comunisti guadagnarono rapidamente consensi nelle campagne e nelle città e diventò sempre più difficile per i francesi sta-nare dalla giungla un nemico che si affidava alla guerriglia.

La guerra si protrasse per diversi anni e divenne sempre più dura, mentre sulla sce-na internazionale cresceva l’opposizione tra comunismo e capitalismo. Niente riuscì a salvare i possedimenti francesi. Nel mag-gio 1954 cadde la guarnigione di Dien Bien Phu, l’ultima delle piazzeforti conservate nel Nord del Vietnam da Parigi. La notizia della disfatta si diffuse immediatamente tra tutti i popoli di Asia e Africa: era infatti la prima volta che un movimento indipen-dentista sconfiggeva in battaglia un esercito europeo.

I colloqui di pace tra i francesi e Ho Chi Minh si tennero a Ginevra. Nel luglio 1954, i popoli dell’Indocina raggiunsero la libertà. Nacquero quattro nuovi Stati: la Cambogia, il Laos, il Vietnam del Nord (comunista) e il Vietnam del Sud (conservatore), appoggia-to dagli Stati Uniti. La mancata unificazione dei due Vietnam, divisi dalla linea dell’ar-mistizio all’altezza del 17° parallelo, portava con sé l’annuncio di nuove guerre, che sa-rebbero poi puntualmente arrivate.

Libertà per il Sud-est dell’Asia

Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, l’intero Sud-est asiatico fu teatro di scontri tra i popoli delle colonie e le trup-pe inviate dalle potenze imperiali. Abbiamo detto di India, Pakistan, Cambogia, Laos e Vietnam. Oltre a questi Stati conquistaro-no l’indipendenza le Filippine nel 1946, la Birmania nel 1948, l’Indonesia nel 1949 e la Malesia nel 1957. In tutti questi paesi, alla battaglia per la libertà si intrecciarono e fecero seguito sanguinose lotte interne tra nazionalisti e comunisti, che però – con-trariamente a quanto avvenuto in Cina, Vietnam del Nord e Corea del Nord – furono sconfitti e poi repressi con durezza. Partico-larmente grave fu quanto si verificò nel 1965 in Indonesia, dove un collaboratore del pre-sidente Sukarno, il generale Suharto, ordinò l’eliminazione di circa 500.000 comunisti, o presunti tali, accusandoli di essere respon-sabili di un tentato colpo di Stato.

In questi paesi si affermarono dunque governi conservatori o addirittura guidati dai militari, che in nome della pacificazio-ne civile limitarono grandemente le libertà dei cittadini. Lo stesso accadde in Thailan-dia, l’unico fra gli Stati della regione ad aver sempre mantenuto l’indipendenza.

12.3 Il groviglio del Medio Oriente

La nascita dello Stato d’Israele

Al termine della Seconda guerra mondiale crebbe l’emigrazione ebraica verso la Pale-stina, già incoraggiata dal Regno Unito negli anni Venti e Trenta prendendo spunto dalla cosiddetta «dichiarazione Balfour» del no-vembre 1917. Il ministro degli Esteri britan-nico Arthur Balfour aveva infatti espresso verso la fine della Prima guerra mondiale il consenso del suo governo alla creazione di una comunità ebraica in Palestina, salvo il rispetto dovuto alle popolazioni non ebrai-che che già vi erano insediate. Inoltre, que-sto territorio, già facente parte dell’Impero ottomano, al termine della Grande guerra era stato affidato a Londra con la formula del mandato.

A favore del processo migratorio giocaro-no dopo il 1945 soprattutto due elementi. Da un lato, lo sterminio di milioni di ebrei per mano dei nazisti persuase l’opinione pub-blica internazionale della necessità di dare agli ebrei di tutto il mondo un territorio su

Hanoi

VIETNAMDEL NORD

1954

C I N A

BIRMANIALAOS1954

Vientiane

S I A M

CAMBOGIA1954

Phnom PenhSaigon

VIETNAMDEL SUD

1954

Manila

F I LI PPI N E1946

M A L E S I A

I N D O N E S I A1949

Batavia

Rangoon

1948

1957Kuala Lumpur

Mar

Cinese

Meridionale

O c e a n o

P a c i f i c o

O c e a n o

I n d i a n o

DamascoLIBANO

S I R I A

Haifa

Tel Aviv-Giaffa Nablus

Pa

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GerusalemmeAshqelon

Gaza

Amman

Hebron

Be’er Sheva

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Mare

Mediterraneo

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MarMorto

Stato arabo

Divisione ONU della Palestina nel 1947

Stato ebraico

Territorio internazionale

Damasco

LIBANO

Tiro

S I R I A

Haifa

Gerusalemme

Tel Aviv-Giaffa

ISRAE LEAshqelon

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Be’er Sheva

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Amman

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E G I T T O

ElatAqaba

Nablus

Gio

rdan

o

MarMorto

Mare

Mediterraneo

Israele dopo la guerra del 1948

Occupazione giordanadella Cisgiordania

L’Indocina e il Sud-est asiatico

Lo Stato di Israele (1947-1949)

cui fondare un proprio Stato. Dall’altro, gli Stati Uniti si schierarono apertamente per la creazione di uno Stato ebraico, fortemente interessati ad avere un forte alleato in una regione estremamente ricca di petrolio.

Il problema non era tuttavia di facile so-luzione. Nella seconda metà degli anni Qua-ranta vivevano in Palestina circa 500.000 ebrei e 1,2 milioni di arabi. Il Regno Uni-to era favorevole alla creazione di un solo Stato, abitato insieme da ebrei e arabi, ma un accordo per la convivenza pacifica tra i due popoli sembrò impossibile da ottenere all’ONU; nel novembre 1947 proprio le Na-zioni Unite proposero allora la fondazione in terra palestinese di due Stati distinti, uno arabo e uno ebraico. Non si arrivò però ad alcuna soluzione diplomatica e il destino della regione venne deciso dalle armi.

Nella primavera 1948 il mandato di Lon-dra sull’area terminò. Il 14 maggio, alla vi-gilia del ritiro dei soldati britannici, David Ben Gurion, leader ebraico, proclamò uni-lateralmente la nascita dello Stato d’Israele. [Testimonianze documento 5, p. 318] I pa-esi arabi vicini reagirono mobilitando gli eserciti: si mossero insieme Egitto, Giorda-nia, Libano, Siria e Iraq. Scoppiò allora una

Prima pagina di «Paris Match», 1-8 maggio 1954, dedicata alla disfatta francese a Dien Bien Phu, nel Vietnam del Nord.

David Ben Gurion legge la proclamazione dello Stato di Israele,14 maggio 1948, Tel Aviv.

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3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12 La decolonizzazione

guerra che durò fino al principio del 1949 e si concluse con il netto successo di Israele, accerchiato da ogni lato ma militarmente meglio addestrato ed equipaggiato. Il nuo-vo Stato ebraico si impossessò non solo del territorio previsto per esso dal piano ONU, ma anche di parte dei territori riservati agli arabi, annettendo inoltre metà della città di Gerusalemme, città santa per ebrei e arabi. Circa 700.000 palestinesi furono costretti ad abbandonare le proprie case e rifugiarsi nei campi profughi di Gaza, Giordania e Libano. Era l’inizio di un drammatico scontro tra po-poli destinato a protrarsi fino ai nostri giorni.

Indipendenza e nazionalismi dei popoli mediorientali

Alla dissoluzione dell’Impero ottomano, dopo la Prima guerra mondiale, il Medio Oriente era stato affidato a Francia e Regno Unito con il sistema dei mandati. Qui il processo di de-colonizzazione prese avvio più rapidamente che in altre aree del mondo. Londra concesse

l’indipendenza all’Arabia Saudita e all’Iraq già negli anni Trenta. Al termine della

Seconda guerra mondiale, anche la Giordania divenne uno Stato auto-nomo. E contemporaneamente la Francia lasciò la Siria e il Libano.

Già nel 1945 questi paesi si asso-ciarono, a difesa degli interessi dei popoli islamici della regione, nella nuova Lega Araba. Erano tuttavia governati per lo più da monarchie autoritarie, soffrivano di povertà e arretratezza sociale, di una forte

Mar Mediterraneo

Tigri

Eufrate

Alessandretta

T U R C H I A

S I R I A(Indipendente dal 1946)

Cipro(R.U.)

LIBANO(Ind. dal 1946)

Beirut

Damasco

PALESTINA(Mandato britannico)

GerusalemmeAmman

TRANSGIORDANIA(Indipendente dal 1946)

Il Cairo

E G I T T OA R A B I A

Baghdad

I R A Q(Indipendente dal 1932)

P E R S I A

KUWAIT(Protettorato britannico)

Il Medio Oriente

instabilità politica, ed erano percorsi da un acceso sentimento di appartenenza alla na-zionalità araba. Questi regimi si ponevano principalmente due obiettivi: il primo era la modernizzazione dell’economia e della so-cietà; il secondo era proprio l’affermazione della identità e degli interessi arabi, spinti da un nazionalismo fomentato oltre misura dalla sconfitta subita contro Israele. Lo Sta-to ebraico aveva infatti travolto una coali-zione di egiziani, siriani, iracheni, giordani e libanesi, per i quali l’inaspettata sconfitta costituì un autentico trauma.

Proprio a questo nazionalismo cercarono di appoggiarsi, in competizione reciproca, Stati Uniti e Unione Sovietica. Gli Stati Uni-ti riuscirono a condurre nella propria sfera d’influenza l’Arabia Saudita, la Giordania e l’Iran. In quest’ultimo paese l’intromissio-ne straniera fu particolarmente evidente: nel 1953, infatti, i servizi segreti statunitensi organizzarono un colpo di Stato che rove-sciò il governo legittimo, colpevole di aver nazionalizzato le attività estrattive a svan-taggio delle compagnie petrolifere occiden-tali, e portò al potere lo scià Reza Pahlavi. Nell’area d’influenza dell’Unione Sovietica entrarono invece l’Iraq, la Siria e soprattut-to l’Egitto, le cui vicende furono al centro di una nuova e pericolosa crisi internazionale.

La crisi di Suez e il tramonto della potenza europea

L’Egitto era formalmente indipendente dal 1922, ma appariva ancora sottoposto all’in-fluenza del Regno Unito, che manteneva strettamente il controllo del Canale di Suez. La situazione cambiò nel 1952, quando il potere fu assunto con un colpo di Stato dal generale Gamal Abdel Nasser, che impose un regime di tipo socialista. Nasser distri-buì le terre ai contadini, nazionalizzò le at-tività economiche più rilevanti, promosse la modernizzazione del paese e adottò una politica estera equidistante tra blocco occi-dentale e blocco orientale.

I rapporti già tesi tra il nuovo Egitto e Lon-dra precipitarono nel 1956. Nasser si vide ri-fiutare da Stati Uniti e Unione Sovietica i pre-stiti necessari alla costruzione della grande diga di Assuan, indispensabile per accresce-re la produzione egiziana di energia elettrica e incrementare l’area agricola nel meridione del paese. Reagì allora nazionalizzando il

scià: dall’antico persiano shah che significa «imperatore». Nei millenni passati, lo scià esercitava sul popolo il potere di un monarca assoluto e quello di capo religioso e guida spirituale.

pieds noirs: l’espressione «piedi neri» veniva usata dall’esercito francese, dopo la Seconda guerra mondiale, per indicare le reclute nate in Algeria del Nord. Dopo il conflitto d’Algeria, diventò il soprannome di tutti i francesi che rimpatriavano dalle ex colonie di Algeria, Marocco e Tunisia.

12.4 La decolonizzazione in Africa

La guerra d’Algeria

Le lotte per l’indipendenza si svilupparono in Africa più tardi che in Asia. Ebbero però anche qui un carattere impetuoso e nel giro di pochi anni portarono alla libertà l’intero continente, che ancora nel 1945 appariva quasi completamente in mano agli europei.

Nell’Africa mediterranea, abitata da po-poli arabi di religione islamica, si svolsero gli eventi più drammatici. L’ex colonia ita-liana di Libia divenne indipendente nel 1951, sotto la guida del re Idris, mentre i domini francesi di Marocco e Tunisia otten-nero l’autogoverno nel 1956 senza eccessive difficoltà perché erano semplici protetto-rati. Assai più contrastate furono invece le vicende dell’Algeria che era una vera e pro-pria colonia francese. Questo paese era as-soggettato a Parigi dal 1830 e veniva sentito da molti francesi come parte integrante del territorio nazionale. Qui vivevano e lavora-vano un milione di francesi, i pieds noirs , decisi – in difesa di interessi economici e po-sizioni sociali consolidate – a resistere a ogni costo alla volontà di indipendenza degli otto milioni di arabi.

canale al fine di reperire dal suo sfruttamen-to le risorse necessarie alla costruzione della diga. Il Regno Unito non poteva tollerare la perdita di una via commerciale così impor-tante e rispose militarmente, in accordo con Francia e Israele. Alla fine di ottobre truppe di Tel Aviv occuparono la penisola del Sinai, mentre soldati francesi e inglesi venivano paracadutati nella zona del Canale. L’attac-co aveva per obiettivo la sconfitta e la caduta di Nasser, ma dovette essere bruscamente interrotto per l’opposizione dell’Unione So-vietica, che minacciò di intervenire a fianco dell’Egitto. Anche gli Stati Uniti si mostra-rono di conseguenza contrari all’impresa. Londra e Parigi, isolate internazionalmente, dovettero ritirare i loro uomini.

Il fallimento dell’impresa anglo-francese diede al mondo il segnale del definitivo tra-monto della potenza di Regno Unito e Fran-cia e rese evidente che i destini della politica internazionale erano decisi da Washington e Mosca. Inoltre fece di Nasser l’uomo più popolare e il paladino dell’intero mondo arabo: fu egli infatti, da allora e per parec-chi anni, a incarnarne con il suo carisma le rivendicazioni. L’Egitto nasseriano divenne inoltre da quel momento un fedele alleato dell’Unione Sovietica. La crisi di Suez diede infine un nuovo e decisivo impulso alla de-colonizzazione di Asia e Africa.

Gamal Abdel Nasser.

Ad Algeri si celebra la vittoria contro la Francia, 3 Luglio 1962.

Re Idris.

248 1945 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio

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24919901969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl

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3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12 La decolonizzazione

nie. Mantenerle appariva troppo costoso, in termini economici e umani. Molti popoli dell’Africa subsahariana ottennero quindi la libertà senza doversi impegnare in san-guinose guerre. La prima colonia britannica della regione ad affrancarsi fu il Ghana, nel 1957. La prima delle colonie francesi a otte-nere l’indipendenza fu la Guinea, nel 1958. Nel 1960 nacquero ben 17 nuovi Stati, fra cui la Nigeria, il Congo, la Mauritania e la So-malia, che si trovava sotto mandato dell’Ita-lia dalla fine del conflitto mondiale. Nel 1962 fu la volta dell’Uganda e nel 1964 della Tanzania. L’Etiopia, dal canto suo, era in-dipendente dal 1941, quando gli occupanti italiani erano stati cacciati dagli inglesi, e ad Addis Abeba fu federata l’Eritrea, anch’essa ex colonia di Roma.

Altrove non mancarono tensioni e mo-menti di acuta crisi, soprattutto dove i co-loni bianchi apparivano decisi a resistere e conservare i propri privilegi. Accadde per esempio in Kenya, dove la società segreta dei Mau Mau condusse a partire dal 1952 una lunga battaglia contro gli occupanti britannici: il paese ottenne l’indipendenza solo nel 1963. Il Portogallo non concesse la libertà ad Angola e Mozambico fino al 1975. In Rhodesia, staccatasi dalla corona britannica nel 1965, il governo dei bianchi introdusse la segregazione razziale ai danni della popolazione di colore, che riuscì ad as-sumere il controllo dello Stato solo nel 1980. Al termine di questa dura lotta, la Rhodesia

TUNISIA1956

ALGERIA1962

MAROCCO1956

SAHARA SPAGNOLOdivisa tra Maroccoe Mauritania 1975

CAPOVERDE

1975MAURITANIA

1960SENEGAL

1960

MALI1960

LIBIA1951

EGITTO1922

NIGER1960 CIAD

1960 SUDAN1956

GIBUTI1977

ETIOPIA1941

SOMALIA1960

KENYA1963

UGANDA1962

RUANDA1962

SEICELLE1976

BURUNDI1962

TANGANICA1961

TANZANIA1964

COMORE1975

MADAGASCAR1960

MAURIZIO1968

MALAWI1964

MOZAMBICO1975

ZIMBABWE1980

SWAZILAND1968

LESOTHO1966

REP. SUDAFRICANA1961

BOTSWANA1966NAMIBIA

1989

ZAMBIA1964

ANGOLA1975

KATANGAsecessionedallo Zaire

1960-63

ZAIRE(ex Congo Belga)

1960

REP. CENTRAFRICANA1960CAMERUN

1960

CONGO1960GABON

1960

NIGERIA1960

ALTO VOLTA1960

GUINEA EQUAT.1968

SAO TOMÉ E PRINCIPE1975

BENIN 1960

GHANA 1957

TOGO 1960

COSTA D’AVORIO 1960

LIBERIA 1822

GUINEA 1958

GUINEA BISSAU 1974GAMBIA 1965

L’Africa subsahariana

venne ribattezzata Zimbabwe. Caso a sé fu infine quello dell’Unione

Sudafricana, ex possedimento inglese auto-nomo dal 1910 per concessione di Londra. Il paese si proclamò pienamente indipen-dente dalla corona britannica nel 1961 con il nome di Repubblica Sudafricana o Suda-frica. Ma il potere era nelle mani di 5 milioni di bianchi, discendenti degli antichi coloni europei, che imposero l’apartheid a oltre 20 milioni di neri, escludendoli dalla vita politica, impedendo loro di spostarsi libera-mente, vietando loro qualsiasi rapporto so-ciale o economico con i bianchi. Il regime di dura segregazione razziale, discriminazione e persecuzione cui fu sottoposta la maggio-ranza di colore del paese diede origine a un conflitto interno che si sarebbe risolto solo all’inizio degli anni Novanta.

La difficile libertà delle ex colonie africane

Nel corso di questo processo emersero mol-ti leader di rilievo, preparati culturalmente, politicamente abili e capaci di dedicarsi con passione al proprio paese. Tra essi, notevo-li furono Mohammed Ben Bella in Algeria, Sekou Touré in Guinea, Jomo Kenyatta in Kenya, Patrice Lumumba in Congo. Nessu-no di loro riuscì però a portare a termine il disegno politico intrapreso.

Emblematica è la vicenda di Lumumba. Il Congo, ribattezzato Zaire, fu abbandonato dai belgi nel 1960 in condizioni di povertà disperate. Il paese possedeva – e possiede tuttora – straordinarie risorse minerarie. L’esistenza del nuovo Stato fu quindi im-mediatamente minacciata dalla secessione

Il conflitto era inevitabile. Scoppiato nel 1954, vide contrapposte le truppe inviate dall’Europa e il Fronte di liberazione na-zionale algerino, che praticava la guerri-glia. Lo scontro fu feroce, entrambe le parti si macchiarono di terribili atrocità contro i civili inermi. I morti furono 35.000 da parte francese e ben 400.000 da parte algerina. La guerra ebbe pesanti ripercussioni in Fran-cia, dove una notevole parte dell’opinione pubblica era ormai nettamente contraria alla conservazione del possedimento d’ol-tremare: le tensioni politiche innescate dal conflitto causarono addirittura la caduta nel 1958 della Quarta Repubblica e la na-scita della Quinta Repubblica, guidata da Charles De Gaulle. Fu proprio lui, chiamato al potere per conservare con tutti i mezzi la colonia, a rendersi conto dell’impossibilità di stroncare la rivolta. Nel luglio 1962, un referendum sancì in Francia a larga mag-gioranza la concessione dell’indipendenza all’Algeria, che ebbe così finalmente la tanto attesa indipendenza.

La fine del colonialismo nell’Africa subsahariana

Dopo la metà degli anni Cinquanta, i movi-menti indipendentisti fecero valere le pro-prie richieste anche nell’Africa subsaharia-na. A quell’epoca, i governi dei paesi europei avevano ormai decisamente imboccato la via che portava all’abbandono delle colo-

apartheid: termine inglese che significa «segregazione razziale». Si tratta della separazione forzata tra due popoli, imposta per il colore della pelle, per la cultura e la storia di un popolo. I segregazionisti negarono alle vittime i più elementari diritti civili e politici e li confinarono in zone apposite, in modo che non vi fosse alcuna mescolanza tra i popoli.

prima del 1957

Indipendenzadegli stati africani

1958-1960

1961-1970

1971-1976

dopo il 1976

Baldovino, re del Belgio, in visita in Congo ancora colonia nel 1960, ormai alla fine del predominio europeo in Africa.

250 1945 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio

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25119901969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl

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1945-1975Decolonizzazione

1947Indipendenza dell’India e del Pakistan

1952Nasser sale al potere in Egitto

1954Indipendenza dell’Indocina

1948Nascita di Israele

1949Mao Tse-tung fonda la Repubblica popolare cinese

1950-1994Apartheid in Sudafrica

1956Nazionalizzazione del Canale di Suez

1962Indipendenza dell’Algeria

3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda

253

12 La decolonizzazione

della ricca provincia del Katanga, fomenta-ta da mercenari al soldo delle compagnie estrattive occidentali. Lumumba fu cattu-rato e ucciso dai ribelli; la pace tornò nello Zaire solo grazie all’intervento delle truppe inviate dall’ONU. Ma il potere venne con-quistato dai militari, e la nascente demo-crazia dovette soccombere alla dittatura, appoggiata dalle potenze occidentali, del generale Mobutu, responsabile della morte di Lumumba.

Un cammino simile toccò ad altri paesi africani. E in ciò essi furono accomunati a parecchi dei nuovi Stati asiatici. La decolo-nizzazione consegnò insomma ai popoli di questi due continenti la libertà, ma essa non significò automaticamente democrazia, svi-luppo e benessere, perché si partiva da con-dizioni di arretratezza politica, sociale ed economica troppo gravi. Vedremo in seguito per quali complessi motivi l’indipendenza fu solo il primo passo di un lungo cammino oggi ancora da completare. [ I NODI DELLA STORIA p. 252]

I NODI DELLA STORIAQuali furono i risultati della decolonizzazione in Africa?

Il processo di decolonizzazione dell’Africa subsahariana sembrò essere, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, la grande promessa per un mondo uscito da non molto dal terribile se-condo conflitto mondiale. Un continente per secoli dimenticato e, dalla fine dell’Ottocento, diventato terreno di conquista per le potenze imperiali europee, conosceva un nuovo inizio carico di aspettative positive. La realtà, invece, fu decisamente differente. I nuovi Stati afri-cani nati dal dissolvimento dei vecchi imperi coloniali, con-servarono quasi sempre confini ed estensioni innaturali, nate fondamentalmente dalla spartizione diplomatica di qualche de-cennio prima. Non si era tenuto conto delle particolarità etniche e delle matrici culturali differenti. Le nuove élites africane si erano formate, per lo meno in parte, negli anni tra le due guerre mondiali; alcuni dei loro esponenti avevano servito nell’esercito inglese e in quello della Francia libera in lotta con la Germania nazista. Avevano maturato un’idea positiva – ma un po’ astratta – della democrazia occidentale e la fiducia che il premio per il loro impegno sarebbe stato la libertà e l’indipendenza. Ma questa tardò ad arrivare e, quando finalmente fu concessa, la delusione cominciava già a essere molto significativa qua-si quanto l’indifferenza della fascia più povera e meno istruita della popolazione.Le risorse economiche locali, cospicue soprattutto nel campo

minerario e in quello petrolifero, finirono per divenire merce di scambio per sempre più numerose forniture militari destinate ad alimentare guerre civili feroci, come quella che in Nigeria, nel 1967-1970, causò la morte di un numero altissimo (forse più di un milione) di persone. Le vecchie leadership, sempre più corrotte e necessitate a mantenere il proprio consenso con mezzi autoritari o comprando i capi tribali, alimentarono, oltre al conflitto ideologico, quello etnico. Nel 1994, la tragedia del Ruanda, dove in poco più di tre mesi circa un milione di appar-tenenti all’etnia tutsi fu assassinato da parte di membri della maggioranza hutu (ma anche molti «moderati» di quest’ultimo gruppo furono massacrati) avvenne, come in tanti altri conflitti africani, nella sostanziale indifferenza del mondo.L’Africa subsahariana, insomma, è l’unico continente del mondo a non avere conosciuto i miglioramenti economici della golden age successiva alla Seconda guerra mondiale. In compenso ha conosciuto direttamente gli effetti nefasti delle crisi più recenti. Il tenore di vita della maggioranza dei suoi abitanti è addirittura peggiorato dagli anni del colonialismo ad oggi. Alcuni timidi se-gnali di cambiamento (democratizzazione di alcune nazioni con l’introduzione del pluralismo politico, politiche di conciliazione etniche, segnali di dinamismo economico) pur se incoraggianti non sembrano in grado ancora di far parlare di un rinascimen-to africano.

Patrice Lumumba.

1 A partire dal 1945 si avvia la decolonizzazione, vale a dire la conquista dell’indipendenza da parte dei popoli fino ad allora sottomessi al dominio

coloniale occidentale. Dopo la Seconda guerra mondiale, prese avvio il processo di decolonizzazione: la liberazione dei popoli sottomessi al dominio delle potenze occidentali. Queste le cause maggiori: il desiderio ormai invincibile di indipendenza che animava africani e asiatici; la rottura del sistema di potere coloniale operata in Asia dal Giappone, che durante la guerra spazzò via gli europei da tutto il Sud-est del continente; la debolezza di Francia, Regno Unito e delle altre potenze imperiali, ormai incapaci di mantenere domini tanto vasti del mondo; l’emergere delle superpotenze USA e URSS, contrarie al mantenimento delle colonie da parte degli europei e capaci di imporre il proprio punto di vista ad alleati e avversari.

2 In Asia, India, penisola indocinese e Indonesia ottengono la libertà, men-tre in Cina trionfa la rivoluzione comunista guidata da Mao Tse-tung.

I movimenti indipendentisti attecchirono in Asia prima che altrove. L’Unione India-na, induista, e il Pakistan, musulmano, ottennero la libertà dagli inglesi nell’agosto 1947. In Indocina, dopo un’aspra lotta contro la Francia, nacquero nel 1954 Laos, Cambogia, Vietnam del Nord, comunista e alleato di URSS e Cina, e Vietnam del Sud, capitalista e alleato degli USA. L’Indonesia si svincolò dall’Olanda nel 1949. E indipendenti divennero anche Malesia, Birmania e Filippine. In Cina riprese la guerra civile tra nazionalisti e comunisti. Furono questi ultimi, guidati da Mao Tse-tung, a trionfare e creare nel 1949 la Repubblica popolare cinese, mentre i seguaci di Chiang Kai-shek fondarono sull’isola di Taiwan la Repubblica nazionalista cinese.

3 In Medio Oriente conquistano l’indipendenza molti popoli arabi, ma la na-scita di Israele e l’esodo dei palestinesi creano una frattura ancora oggi

non rimarginata. Particolarmente complicata apparve subito la situazione del Me-dio Oriente. Negli anni successivi alla guerra ottennero l’indipendenza la Siria, l’Iraq, la Giordania, l’Arabia Saudita e il Libano. In essi, come in Egitto, prese piede un forte movimento nazionalista arabo, che trovò subito un nemico mortale nel nuovo Stato d’Israele. Creato in Palestina da ebrei emigrati da tutto il mondo, Israele fu attaccato alla sua nascita nel 1948. L’esercito ebraico vinse, ma le divisioni che nacquero da quegli eventi durano ancora oggi. In particolare, ebbe allora origine il problema degli arabi palestinesi, costretti a fuggire dalla guerra e desiderosi a propria volta di una patria in cui vivere. Ulteriori tensioni sorsero nel 1956 alla nazionalizzazione del Ca-nale di Suez da parte dell’Egitto, guidato dal regime socialista di Nasser: la nuova crisi si risolse con uno scacco bruciante per Regno Unito e Francia.

4 In Africa, la maggior parte dei popoli ottiene la libertà pacificamente, con l’eccezione degli algerini, mentre in Sudafrica si afferma il regime segre-

gazionista dell’apartheid. In Africa le lotte per la liberazione dei popoli scoppiaro-no più tardi che in Asia, ma approdarono rapidamente agli stessi risultati. Furono le capitali imperiali a favorire spontaneamente la nascita di molti nuovi Stati, sia nell’Africa mediterranea che nell’Africa subsahariana. In alcuni casi il raggiungimen-to dell’indipendenza fu lungo e travagliato. Ricordiamo per esempio la sanguinosa guerra che oppose gli algerini alla Francia tra 1954 e 1962: provocò centinaia di migliaia di vittime e fu risolta infine dal ritiro dei francesi. Ricordiamo anche gli scontri tra coloni bianchi e maggioranza di colore in Kenya e Rhodesia: qui, solo dopo molti anni i popoli africani assunsero il governo del loro paese. In Sudafrica i bianchi impo-sero ai neri il duro regime della segregazione razziale, discriminandoli in ogni settore della vita sociale, politica ed economica.

252 © Loescher Editore – Torino© Loescher Editore – Torino

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3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda 12 La decolonizzazione

Nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo il 1945, i più importanti processi rivoluzionari si spostarono dall’Europa al cosiddetto Terzo Mondo. Queste rivoluzioni, che furono ispirate, come loro più lontano modello, dalla Rivoluzione bolscevica del 1917, intrecciavano la lotta di emancipazione anticoloniale con l’aspirazione a un nuovo ordine politico-sociale, il nazionalismo con il socialismo. Tuttavia, le rivoluzioni cinese e cuba-na, algerina e vietnamita, riguardarono per certi aspetti anche l’Europa. Infatti, a queste rivoluzioni esotiche guardarono con passione le giovani generazioni europee occidentali protagoniste dei movimenti degli anni Sessanta e Settanta. Mao, «Che» Guevara e Fidel Castro, Ho Chi Minh divennero le icone del radicalismo giovanile, affascinato dalla lotta armata contro le potenze «capitaliste» e «imperialiste».

«Che» Guevara e Fidel CastroAltri due emblemi della rivoluzione nel Terzo Mondo che si conquista-rono vasta popolarità tra le giovani generazioni europee del Sessan-totto furono i capi della Rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto «Che» Guevara. In particolare, Guevara, dopo aver contribuito a or-ganizzare la rivolta armata contro il regime filoamericano di Batista a Cuba, si impegnò in altri movimenti armati in Africa centrale e Ameri-ca Latina, soprattutto in Bolivia, dove fu ucciso il 9 ottobre 1967.La sua morte violenta proiettò il «Che» nella dimensione della leggen-da «rivoluzionaria», tuttora perdurante.

Il fascino della lotta armataI movimenti radicali del Terzo Mondo furono composti soprattutto da guerriglieri, armati di kalashnikov, il fucile sovietico che all’epoca si diffuse ampiamente e divenne l’emblema del combattente per la libertà. Al-gerini, vietnamiti, palestinesi erano accomunati dalla scelta della violenza per combattere francesi, ameri-cani e israeliani. Molti giovani occidentali, soprattutto intellettuali ma non solo, furono sedotti dal fascino della lotta armata, che non di rado li spinse negli anni Settanta a sostenere la causa del terrorismo o ad abbracciarne la pratica in Europa occidentale, dall’Irlanda del Nord ai Paesi Baschi, dall’Italia alla Repubblica Federale Tedesca.

MaoLa più importante di tutte, per dimensioni e conseguenze, fu la Rivoluzione cinese del 1949, che trovò un fondamentale seguito nella Rivoluzione culturale tra 1966 e 1969. In quell’epoca in cui l’Unione Sovietica aveva perduto in larga parte la sua capacità di rappresentare la rivoluzione agli occhi delle giovani generazioni, il leader cinese Mao divenne l’immagine di un nuovo e più radicale movimento rivoluzionario. Chi guardava al modello cinese sperava in una rivoluzione non di operai, ma di contadini, che coinvolgesse non le fabbriche, ma le campagne. Il simbolo della Rivoluzione culturale fu il Libretto Rosso, antologia degli scritti e dei discorsi di Mao, largamente diffusa anche in Occidente.

Poster di propaganda della Rivoluzione culturale cinese: Mao cammina nei campi circondato da un gruppo di felici contadini.

Manifesto di propaganda maoista con studenti cinesi che agitano il famoso Libretto Rosso.

Manifesto di esaltazione del popolo cubano e dei suoi eroi.

Emblema dell’ETA, l’organizzazione terroristica basca.

Ernesto «Che» Guevara e Fidel Castro negli anni Sessanta a L’Avana.

Le icone «rivoluzionarie» del Terzo Mondo in Europa

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ATTI

VITÀ

12 La decolonizzazione3 Il mondo diviso dalla Guerra fredda

Mostra quello che sai

7 Osserva l’immagine a p. 245 (a sinistra): qual è il suo valore simbolico?

Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato

Osserva, rifletti e rispondi alle domande

1 Osserva la cartina a p. 251 e ricava da essa (eventualmente aiutandoti anche con il testo) la cronologia della decolonizzazione dell’Africa; poi, servendoti della cartina a p. 242, ricava la cronologia in riferimento alle singole potenze imperialiste.

2 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili all’Asia, quelli che riguardano il Medio Oriente e quelli che si riferiscono all’Africa. Infine scrivi tra parentesi, dove richiesto, il paese occupante e la modalità di decolonizzazione (pacifica o combattuta).

1 Nel Marocco e Tunisia conquistano l’indipendenza ( )2 Il 15 agosto il governo inglese stabilisce con l’Indian Independence Act la divisione del subcontinente

indiano in due nuovi e distinti Stati indipendenti: l’Unione Indiana (a maggioranza induista) e il Pakistan (a maggioranza islamica) ( )

3 Nel la Libia diventa indipendente ( )4 Nel il capo di Stato egiziano Nasser decide di nazionalizzare il canale di Suez; non potendo tollerare la

perdita di una via commerciale così importante, il Regno Unito risponde militarmente, in accordo con Francia e Israele5 Nel il Ghana ottiene l’indipendenza ( )6 Nel i popoli dell’Indocina raggiungono la libertà; nascono quattro nuovi Stati: la Cambogia, il Laos, il Vietnam

del Nord (comunista) e il Vietnam del Sud (conservatore), appoggiato dagli Stati Uniti7 Nella primavera del , allo scadere del mandato di Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama

unilateralmente la nascita dello Stato d’Israele8 Nel il Sudafrica si proclama indipendente dalla corona britannica; tuttavia il potere è detenuto da 5 milioni di

bianchi, che impongono l’apartheid a oltre 20 milioni di neri9 Il 1° ottobre nasce la Repubblica popolare cinese, guidata dal partito comunista di Mao Tse-tung

10 Il 30 gennaio Gandhi, il capo del movimento d’indipendenza indiana, è assassinato da un estremista indù11 Nel settembre il capo comunista Ho Chi Minh proclama nel Nord del Vietnam la Repubblica democratica

vietnamita, con capitale Hanoi12 Nel l’Algeria ottiene l’indipendenza, dopo un sanguinoso conflitto tra le truppe inviate dall’Europa e il Fronte

di liberazione nazionale algerino ( )

3 Completa il testo.

I problemi principali del Medio Oriente sono riconducibili alla questione palestinese che prende il via alla fine della Seconda guerra mondiale.Al termine del conflitto, infatti, cresce l’emigrazione ebraica verso la Palestina. A favore del processo migratorio, già incoraggiato dalla cosiddetta «dichiarazione (1) », giocano soprattutto due elementi: lo sterminio di milioni di ebrei per mano dei (2) , che persuade l’opinione pubblica internazionale della necessità di dare loro un (3) su cui fondare un proprio Stato; la volontà degli Stati Uniti di creare uno Stato ebraico, che avrebbe permesso di avere un forte alleato in una regione ricca di petrolio.Tuttavia il problema non è di facile soluzione, dal momento che nella seconda metà degli anni Quaranta in (4) vivono circa 500.000 ebrei e 1,2 milioni di arabi. Nel 1948, al termine del mandato di Londra, il leader ebraico David Ben Gurion proclama unilateralmente la nascita dello (5) d’Israele; i paesi arabi vicini (Egitto, Giordania, Libano, Siria e Iraq) reagiscono mobilitando gli eserciti. La guerra si conclude con il netto successo di (6) , che si impossessa anche di territori riservati agli arabi e costringe circa 700.000 palestinesi a rifugiarsi nei campi profughi di Gaza, Giordania e Libano. È l’inizio di un drammatico scontro destinato a protrarsi fino ai nostri giorni.

4 Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della decolonizzazione.

1 Strumentale 2 Induista 3 Modernizzazione 4 Federare

5 Prova a riflettere sul significato di «Quarta Repubblica» e «Quinta Repubblica» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega che cosa sancisce il passaggio dall’una all’altra.

6 Osserva la mappa concettuale relativa alla decolonizzazione. Poi rispondi alle domande.

I fattori che portano alla decolonizzazione

Esplora il macrotema

1 Perché USA e URSS appoggiano i processi di decolonizzazione?2 Quali sono le rivendicazioni dei popoli colonizzati?

256 © Loescher Editore – Torino 257© Loescher Editore – Torino