OTTOBRE 2019 ANNO XIII - N. 59 SESTA … · 2020-03-13 · Endocrinologia: l’ambulatorio virtuale...

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OTTOBRE 2019 ANNO XIII - N. 59 Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 – DCB Milano SESTA STAGIONE SESTA STAGIONE BENI E SERVIZI PER RESIDENZE ASSISTENZIALI IN PRIMO PIANO Prendersi cura dei bisogni dell’anziano: da problema a opportunità PROTAGONISTI Fondazione Sospiro, un modello efficiente di Centro multiservizi in Lombardia GESTIONE Alzheimer: a chi spetta il pagamento della retta? Servono più geriatri, ma non solo… PRODOTTI E SERVIZI Nutri Age: il nuovo servizio di nutrizione per la terza età

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OTTOBRE 2019ANNO XIII - N. 59

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1 –

DCB

Mila

no

SESTA STAGIONESESTA STAGIONEBENI E SERVIZI PER RESIDENZE ASSISTENZIALI

IN PRIMO PIANO

Prendersi cura dei bisogni dell’anziano: da problema a opportunità

PROTAGONISTI

Fondazione Sospiro, un modello efficiente di Centro multiservizi in Lombardia

GESTIONE

Alzheimer: a chi spetta il pagamento della retta?

Servono più geriatri, ma non solo…

PRODOTTI E SERVIZI

Nutri Age: il nuovo serviziodi nutrizione per la terza età

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1SESTA STAGIONE - ottobre 2019 SEST

A STA

GION

E

Edilizia innovativa per le RSAComplici le normative per la sicurezza delle strutture

sociosanitarie (antisismica, antiesondazione, anticiclone, ecc.),

varrebbe la pena, per quanto concerne la costruzione delle nuove

RSA, ipotizzare un format innovativo sia per quanto riguarda la

planimetria edilizia, sia i materiali da costruzione, e l'insieme

dei servizi da erogare a seconda delle esigenze e del benessere

degli ospiti.

Una RSA sviluppata su area orizzontale sul modello dei villaggi

vacanze, offrirebbe spazi di accoglienza più personalizzati

e suddivisibili in funzione delle diverse patologie: nucleo

Alzheimer, area allettati, disabili o altro; così facendo i

degenti potrebbero fruire, a scelta, o di uno spazio autonomo,

o condividere i servizi in comune: colazione, pranzo, terapie,

attività ludiche.

Per quanto riguarda i materiali, una opportunità potrebbe essere

riservata al legno, per quella parte della struttura che può meglio

rispondere a certi requisiti: criteri antisismici, coibentazione,

arredo di interni sia per le parti comuni che private.

Non ultimo, una particolare attenzione riguarda l'area giardino

che, oltre l'offerta di servizi di garden-terapia, consentirebbe

la possibilità di intrattenimento anche per familiari o amici

in visita, offrendo un'immagine più simile ad una struttura

alberghiera piuttosto che sanitaria.

EDITORIALE

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3SESTA STAGIONE - ottobre 2019

sommarioPRODOTTI E SERVIZI SOSTENIBILI

Anno XIII - Numero 59 - Ottobre 2019

Registrazione al Tribunale di Milano n. 783 del 18 ottobre 2005

Gestione editoriale:Tecnezia srl - Via M. Melloni 24 - 20129 Milanotel. [email protected] - [email protected]

direttore responsabile: Luigi Vacchelli

Comitato teCniCo: Paolo Pipere - Simone RicottaRaffaele Tarchiani

Hanno Collaborato: Benedetta BertaniCecilia CiotolaRoberto De FilippisClara FrattiniSusanna MessaggioFrancesca PavesiLetizia Rossi

stampa: Bonazzi Grafica srl, Sondrio

Questo numero è stato chiuso il 4 ottobre 2019Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1, comma 1, DCB Milano - 45%

L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati in possesso - legge 675/96 - (Tutela Dati Personali) che sono utilizzati al solo scopo di inviare il periodico “Appalti Verdi”, nonché la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione.

Lettere e articoli firmati impegnano tutta e sola la responsabilità degli autori.

IN PRIMO PIANOPrendersi cura dei bisogni dell’anziano: da problema a opportunità 4

Tecnologie non invasive per il trattamento precoce dell’Alzheimer 6

Insieme per cambiare l’immagine della demenza 8

L’educatore nelle RSA: lavoro e prospettive 10

Servono più geriatri, ma non solo… 12

Endocrinologia: l’ambulatorio virtuale è realtà 14

Malattie renali nell’anziano: il lavoro della SIN 16

PROTAGONISTIFondazione Sospiro, un modello efficiente di Centro multiservizi in Lombardia 18

Fermata Alzheimer: fermiamoci a riflettere!!! 21

All’Oglio Po il Reparto di Oncologia si rifà il look 22

Iniziative nel mese mondiale dell’Alzheimer 24

Domotica, ecosostenibilità, risparmio energetico: le soluzioni all’avanguardia di Sereni Orizzonti 26

Il geriatra, una figura di riferimento per le Rsa 28

GESTIONEDisfagia: la dieta va personalizzata 31

Alzheimer: a chi spetta il pagamento della retta? 34

La continuità assistenziale e le dimissioni protette 36

Osteopatia, un’alleata contro i problemi cronici 38

PRODOTTI E SERVIZINutri Age: il nuovo servizio di nutrizione per la terza età 40

Softwareuno lancia Cartella Utente 4.0 42

Il futuro è la cura a distanza 44

I criteri per la progettazione del verde per le RSA 46

Arredi su misura e di qualità per tutte le esigenze 50

Sfruttare al meglio le potenzialità dalla cartella clinica informatizzata 52

Arredamento innovativo in RSA 54

HANNO COLLABORATO:

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IN PRIMO PIANO

4 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Francesca Pavesi

Prendersi cura dei bisogni dell’anziano: da problema a opportunità

Sono questi i temi principali su cui si è incentrata la due giorni di Convegno Nazionale di Uneba dal titolo “L’invecchiamento:

sfide e opportunità per la società di domani”, che si è svolto a Rimini il 25 e il 26 settembre. Una società che diven-ta più longeva è una società che cambia. Quindi è necessario che cambino anche i servizi sociosanitari, così come il cam-biamento coinvolge e coinvolgerà gli scenari tecnologici, sanitari, economici, sociali e normativi. Il Convegno, promos-so da Uneba Nazionale in collaborazione con Uneba Emilia Romagna, Fondazione Don Carlo Gnocchi, Scuola Superiore di Scienze dell’Educazione San Giovanni

Bosco di Firenze e Scuola di Psicote-rapia Integrata di Massa, ha focalizzato l’attenzione sugli scenari elaborati dalla più recente ricerca scientifica, che nei prossimi cinque-dieci anni trasforme-ranno e caratterizzeranno il mondo degli ultra settantacinquenni: bisogni di salu-te, stili di vita, impegni occupazionali, modelli di servizi sanitari, socio-sanitari, educativi e buone pratiche. Questi cam-biamenti richiederanno iniziative per at-tivare appropriate innovazioni culturali, organizzative e tecnologiche dei modelli d’intervento attuali, per ripensare e ade-guare i servizi residenziali, semiresiden-ziali e domiciliari e renderli accessibili e sostenibili. L’impatto sociale, sanitario ed economico dell’invecchiamento in Italia è stato al centro delle relazioni della ses-sione plenaria di apertura del convegno, che ha visto, tra l’altro, i saluti del vesco-vo di Rimini mons. Francesco Lambiasi e del Presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Si sono poi analizzate le evoluzioni possibili dei ser-vizi agli anziani, tra tecnologia, esigenze di sostenibilità e prospettive demogra-fiche. Senza dimenticare il ruolo fonda-mentale del fattore umano: professionisti e operatori ogni giorno al fianco degli anziani. Gli workshop del secondo giorno hanno invece approfondito tematiche se-lezionate su alcuni dei principali proble-mi che caratterizzano l’attuale situazione dell’assistenza e delle cure agli anziani fragili e non autosufficienti, analizzando

Come devono cambiare i servizi sociosanitari in una società che invecchia? Come trasformare l’invecchiamento dell’Italia in un’opportunità?

Marco Trabucchi durante il suo intervento.

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5SESTA STAGIONE - ottobre 2019

e valutando le diverse situazioni regiona-li. Nella chiusura in plenaria, l’interven-to, di don Massimo Angelelli, Direttore della Pastorale della Salute della Cei; la presentazione di progetti su benessere la-vorativo e riduzione degli infortuni nelle strutture per anziani, in collaborazione con Inail; un confronto quanti-qualitativo tra modelli residenziali (RSA, residenze sanitarie assistite) di diverse regioni.

Gli interventi“Le sfide per la società di domani – ha detto il Presidente di Uneba Franco Massi – riguardano le istituzioni pubbli-che; riguardano gli enti che hanno biso-gno ogni tanto di fermarsi e pensare al futuro; riguardano gli operatori, perché senza di loro che garantiscono la quali-tà del servizio, non si fa nulla. Le sfide, a livello territoriale, stanno nel costruire servizi sempre più in rete. E introdurre novità che meglio si adattino alle esigen-ze delle persone”. “Non siamo qui per chiederci come sia-mo, ma per cercare risposte alle sfide del futuro”, ha spiegato Fabio Cavicchi Presidente di Uneba Emilia Romagna. “Noi enti dobbiamo essere capaci di in-tercettare i bisogni del territorio, anche quelli che restano inespressi, diversifi-cando i servizi che offriamo”, ha sottoli-neato don Vincenzo Barbante, Presi-dente della Fondazione Don Gnocchi.“Dobbiamo declinare la parola cura se-condo 4 prospettive: verso l’ospite; verso l’operatore, che non è solo strumento per il fine, ma anche protagonista di un per-corso, e deve essere messo in condizione di poterlo fare; verso le famiglie; e verso i volontari”. Marco Trabucchi, Presidente dell’As-sociazione Italiana di Psicogeriatria, ha sottolineato l’importanza della convivali-tà e dello stare insieme nel garantire una vita di qualità e salute, mentre la soli-tudine aumenta la mortalità e il rischio demenza. Ha poi evidenziato alcuni mi-glioramenti nella condizione generale

dell’anziano: la condizione economica mediamente soddisfacente, l’attenzione solidaristica con sviluppo di cohousing in varie forme, la riduzione del 30% negli ultimi 20 anni dei sucidi degli anziani.Giovanni Di Bari, presidente di Une-ba Marche, ha indicato alcuni possibili modelli di innovazione per i servizi agli anziani, ed in particolare di quanti vivo-no nelle aree interne, lontano dalle città, in particolare attraverso nuovi modelli di sviluppo dell’abitare che reintroducano il senso di comunità e di appartenenza. Sullo stesso tema, Fabio Cavicchi, pre-sidente di Uneba Emilia Romagna, ha in-sistito sulla necessità di “andare verso” gli anziani, interventi anche a domicilio e nei paesi più piccoli. Molti, infatti, sono gli anziani che non conoscono i servizi cui avrebbero diritto, o non possono ac-cedervi. Con la concretezza dei numeri, Antonio Sebastiano dell’Osservatorio Rsa del-la Liuc ha dipinto un quadro non roseo nel quale, ad esempio, è destinato a di-minuire il numero di caregiver informali (donne e uomini che si prendono cura dei loro genitori anziani, dei loro fratelli con disabilità…) E si rischiano situazioni di pesanti difficoltà delle famiglie nel soste-nere le spese per la compartecipazione ai servizi, specie quelli residenziali. “Dobbiamo garantire che si possa vi-vere più a lungo senza che la vecchiaia diventi un dramma, anziché un’oppor-tunità. Dobbiamo estendere la quantità dei servizi che offriamo, perché i biso-gni aumentano, ma senza abbassare la qualità”. Questo l’obiettivo per la sanità e il sociosanitario del domani delinea-to dal presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, ospite al convegno Uneba. “Il pubblico in fu-turo potrà gestire di meno e controllare di più. E possiamo pensare di rivedere il sistema di accreditamento per garantire che la verifica non sia coercitiva, ma una misurazione della qualità, e che dove c’è qualità la si vada a premiare”. n

Fabio Cavicchi.

Dobbiamo garantire che si possa vivere

più a lungo senza che la vecchiaia diventi un dramma, anziché

un’opportunità. Dobbiamo estendere la quantità dei servizi che offriamo, perché i bisogni aumentano, ma senza abbassare

la qualitàStefano Bonaccini

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IN PRIMO PIANO

6 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Roberto De Filippis

Tecnologie non invasive per il trattamento precoce dell’Alzheimer

All’Alzheimer Fest, svoltosi a Treviso dal 13 al 15 settembre, ha partecipato anche Airalzh Onlus. Durante l’iniziativa,

l’associazione ha presentato tre importan-ti studi dei ricercatori della propria rete. “L'Alzheimer è una malattia neurodege-nerativa che progredisce gradualmente, iniziando con una lunga fase silenziosa prima che compaiano i sintomi. Perfe-zionare le metodiche di diagnosi precoce diventa quindi fondamentale per distin-guere correttamente l’Alzheimer dalle al-tre forme di demenza e sottoporre i pa-zienti alle cure più adeguate quando i sintomi sono ancora lievi”, afferma la dottoressa Alessandra Mocali, biologa ricercatrice e professoressa aggregata in Patologia Generale, sez. Patologia e On-cologia Sperimentali dell’Università de-gli Studi di Firenze, nonché presidente Airalzh.

Presto nuovi marker cognitivi?I ricercatori Airalzh si sono concentrati sulla messa a punto di nuove tecnologie non invasive per la diagnosi e il tratta-mento delle fasi precoci dell’Alzheimer. Per esempio, la dottoressa Virginia M. Borsa, ricercatrice Airalzh alla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, ha sviluppato nuovi test, due di linguaggio e uno di cognizione sociale, che potreb-bero rappresentare possibili marker cognitivi utili a valutare pazienti so-prattutto nelle fasi prodromiche di una patologia neurodegenerativa, come nel caso del Deficit Cognitivo Lieve di tipo amnesico (Amnestic Mild Cogniti-ve Impairment, in sigla aMCI). Per quel che concerne il linguaggio, i pa-zienti con Alzheimer mostrano in genere un deterioramento maggiore per i concetti animati rispetto a quelli ina-nimati e per i concetti astratti, ma non per le emozioni. Nell’ambito della cogni-zione sociale, processi decisionali in cui è prevista una valutazione dei costi e dei benefici appaiono alterati in pazienti af-fetti da variante comportamentale di de-menza frontotemporale (bvFTD), ma non in pazienti con demenza di Alzheimer (AD). Nonostante non vi siano evidenze di un’alterazione di questi processi de-cisionali in pazienti aMCI, è noto che le abilità di controllo e i sottostanti network cerebrali possono essere compromessi e, quindi, modulare anche i meccanismi alla base di decisioni complesse.

Tre studi condotti dai ricercatori Airalzh aprono nuove prospettive nei confronti della malattia

La dottoressa Virginia M. Borsa, ricercatrice alla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia.

La dottoressa Valentina Cantoni, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università di Brescia.

Il training multimodale consente di

identificare i soggetti a rischio decenni

prima della comparsa del declino cognitivo

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7SESTA STAGIONE - ottobre 2019

L’importanza della TMSÈ stata invece la dottoressa Valentina Cantoni, ricercatrice Airalzh del Diparti-mento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università di Brescia, a dimostrare l’utilità clinica di un metodo la cui vali-dità analitica era stata già comprovata in precedenza da diversi studi: la Stimola-zione Magnetica Transcranica (TMS). La TMS è infatti un metodo convalidato per discriminare le varie forme di demenza anche nelle fasi precoci della malattia e i dati dimostrano che, in aggiunta alla valutazione clinica e neuropsicologi-ca, permette una diagnosi accurata superiore al 90%. I risultati di questo nuovo studio evidenziano l’utilità clinica concreta della TMS, che si conferma uno strumento utile e non invasivo da aggiun-gere al controllo clinico perché ha un ef-fetto significativo sulla diagnosi e sull’ac-curatezza diagnostica. La Stimolazione Magnetica Transcranica supera i limiti delle metodiche di diagno-si utilizzate fino a ora perché permet-te di indagare i circuiti del sistema nervoso colpiti precocemente dalla malattia, aiutando a comprendere meglio i meccanismi alla base della patologia e, quindi, a trovare bersagli terapeutici spe-cifici per la malattia di Alzheimer.

In arrivo nuovi protocolli?Infine, la dottoressa Alessandra Mosca, del Dipartimento di Neuroscienze, Ima-ging e Scienze Cliniche dell’Università G. d’Annunzio Chieti-Pescara, ha ese-guito uno studio sugli effetti del training multimodale come possibile trattamento dei pazienti affetti da declino cognitivo. La ricercatrice ha dimostrato che un uso precoce dell’imaging, insieme a indica-tori biologici (detti omici), permette di identificare i soggetti a rischio decenni prima della comparsa del declino cogni-tivo. Ecco perché è fondamentale agi-re in questa fase pre-clinica, quando ancora è possibile stimolare a livello endogeno il cervello grazie ad attività

PIÙ DI 10 MILIONI DI MALATI IN EUROPANel Vecchio Continente, si stima che 10,5 milioni di persone vivano con demenza e si prevede che questo numero aumenterà a 18,7 milioni nel 2050. L'Alzheimer è la causa di fondo nel 70% delle persone con demenza. Se è vero che per sconfiggere l’Alzheimer un trattamento definitivo ancora non esiste, è altrettanto vero che agendo precocemente sui primi sintomi della malattia è possibile rallentare il suo progresso, aumentare l’aspettativa e migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.

ALTI COSTI PER L’ASSISTENZACome dimostrato dall'European Brain Council (EBC), in Europa il costo totale delle malattie del cervello su base annua ammonta a 798 miliardi di euro; solo per la demenza, il costo è di 22mila euro per paziente all'anno. L’ottimizzazione dei metodi di diagnosi precoce e l’uso di trattamenti non farmacologici o training permetteranno quindi di offrire cure più adeguate e tempestive e di ridurre i costi totali di assistenza a 12.406 euro all'anno per malato. “Un trattamento che ritardi il tasso di progressione della malattia del 50% comporterebbe una diminuzione dei malati negli stadi avanzati della patologia, con conseguente miglioramento del livello di vita per molti malati, sia quantitativamente sia qualitativamente. In particolare, un trattamento nelle prime fasi della malattia potrebbe dimezzare i costi totali dell’assistenza per la patologia”, sottolinea la professoressa Monica Di Luca, Ordinario di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano, Presidente di European Brain Council (EBC) nonché Vice Presidente di Airalzh Onlus.

di arricchimento cognitivo o attività fisi-ca, che riducono l’incidenza della malat-tia di Alzheimer. Il progetto propone l’uso di una serie di attività di training altamente stan-dardizzate che combinano attività aerobica e stimolazione cognitiva per valutarne gli effetti sui pazienti. Si potranno creare protocolli standardizzati da attuare durante sedute riabilitative o per uso domestico e i dati registrati auto-maticamente per ogni paziente potranno fornire linee guida sulla soglia di attivi-tà necessaria per ottenere una resilienza cognitiva. Se queste attività risulteranno essere efficaci, potranno essere proposte come protocollo nazionale. n

La dottoressa Alessandra Mosca, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche dell’Università G. d’Annunzio Chieti-Pescara.

La Stimolazione Magnetica Transcranica è un metodo

convalidato per discriminare le varie forme di demenza anche nelle fasi precoci della malattia

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IN PRIMO PIANO

8 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Cecilia Ciotola

Insieme per cambiare l’immagine della demenza

“Oggi diamo il via alle ce-lebrazioni per la 26ª Giornata Mondiale Alzheimer e, insieme,

festeggiamo i 20 anni dalla nascita del-la Carta dei diritti della persona con de-menza”. Sono state queste le parole pro-nunciate da Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, all’apertura dell’annuale convegno che quest’anno si è tenuto l’11 settembre nella splendida cornice di Palazzo Mari-no, a Milano.

Stigma a 360 gradiIl titolo del convegno di quest’anno era “Oltre lo stigma per cambiare l’immagi-ne della demenza”. Salvini Porro ha poi sottolineato come la lotta allo stigma si combatta partendo dal rispetto dei di-ritti e delle parole, ricordando la re-

cente diffusione della guida “Demenza: le parole contano”.Sotto l’aspetto scientifico, il tema dello stigma è stato affrontato dal professor Stefano Govoni, ordinario di Farmaco-logia all’Università degli Studi di Pavia, che ha sottolineato una diffusa sfiducia sia nel pubblico sia nei medici causata dai risultati ancora limitati dei farma-ci usati per il trattamento della malattia di Alzheimer. Ciò ha creato uno “stigma verso il farmaco”, negativo tanto quanto quello verso i pazienti. Il professor Go-voni ha quindi rimarcato che per pato-logie così complesse, intersecate con i fattori di invecchiamento e lo stile di vita, è necessario cooperare a livello di competenze diversificate ed estese a livello internazionale.L’uso di un linguaggio sbagliato, la scarsa attenzione ai comportamenti del pazien-te, l’importanza data alla malattia più che alla persona sono esempi di rischio del-lo stigma nella pratica clinica. Potrebbe essere sintetizzato così l’intervento della dottoressa Silvia Vitali, geriatra e diretto-re medico dell’Istituto Geriatrico Camillo Golgi di Abbiategrasso (Mi), che ha ap-profondito il tema dell’accesso al Pron-

Il tema dello stigma al centro del convegno organizzato da Federazione Alzheimer Italia

Non c’è solo uno stigma nei confronti dei pazienti malati di demenza, ma anche uno verso i farmaci

usati per curarli

In Italia oggi ci sono 24 Comunità Amiche

delle Persone con Demenza

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9SESTA STAGIONE - ottobre 2019

to Soccorso della persona con demenza e della corretta diagnosi di “delirium” sovrapposto a demenza. I due concetti sono distinti ma collegati: la presenza di demenza in un paziente aumenta infatti di circa cinque volte la possi-bilità di sviluppare delirium, mentre il mancato riconoscimento di esso porta a un aumento dei tempi di ospedalizzazio-ne, a un maggior rischio di istituzionaliz-zazione e all’aumento della mortalità.I due interventi conclusivi del convegno hanno visto protagonisti Mario Possenti e la dottoressa Francesca Arosio, rispet-tivamente segretario generale e psicolo-ga della Federazione Alzheimer Italia. Possenti ha spiegato come sia possibile, a prescindere dalle dimensioni della co-munità in cui si opera, mettere in campo iniziative e progetti per vincere lo stig-ma. È proprio questa la forza, nonché la ragion d’essere, delle Comunità Amiche delle Persone con Demenza, che a oggi sono ben 24 nel nostro Paese. Federa-zione Alzheimer Italia, che guida e co-ordina il progetto, sottolinea l’importanza di misurare i progressi nel percorso per diventare dementia friendly al fine di di-mostrare l’efficacia dell’impatto del-le Comunità Amiche sulla vita delle persone con demenza e dei loro fa-miliari.Infine, la dottoressa Arosio ha raccontato l’esperienza del gruppo di persone con demenza in fase iniziale-lieve che da due anni si ritrovano periodicamente alla sede della Federazione per un supporto e un confronto reciproco. Seguito da una tera-pista occupazionale, il gruppo è una reale voce e un reale aiuto per sfatare quei miti che ancora oggi la diagnosi porta con sé. Un componente del gruppo, Luigi, ha re-galato alla platea del convegno una breve video intervista in cui racconta, insieme alla moglie Anna, la quotidianità della loro vita. Per dimostrare che, nonostan-te la demenza, la persona continua ad avere una personalità ed emozio-ni da condividere. n

C’È MOLTA DISINFORMAZIONEÈ stato redatto da ADI (Alzheimer’s Disease International) e diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer il Rapporto Mondiale 2019 “L’atteggiamento verso la demenza”. Da tale rapporto emerge che: • 2 persone su 3 pensano che la demenza sia conseguenza

del normale invecchiamento;• 1 persona su 4 pensa che non si possa fare nulla per

prevenire la demenza;• circa il 50% delle persone con demenza si sente ignorato

dal personale sanitario;• ogni 3 secondi una persona nel mondo sviluppa una forma

di demenza.Dall’indagine emerge dunque come lo stigma verso la demenza impedisca alle persone di chiedere informazioni, supporto e assistenza medica che potrebbero migliorare la durata e la qualità della vita per quella che è, a livello globale, una delle cause di morte a più rapida diffusione.

GIOVANI IN PRIMA LINEAAl convegno, il dottor Antonio Guaita, geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci, ha raccontato l’esperienza degli studenti dell’Istituto superiore Bachelet di Abbiategrasso (Mi), la prima Comunità Amica delle Persone con Demenza in Italia, che rivolge grande attenzione ai giovani, educandoli a essere cittadini attivi al servizio della comunità. Dopo alcuni incontri formativi sulla demenza, i ragazzi si sono trasformati in protagonisti organizzando un flash mob di sensibilizzazione in vari punti della città e intervistando al mercato gli anziani per stilare una mappa dei loro percorsi, da condividere con il Comune con l’obiettivo di semplificarli.

Da sinistra: Francesca Arosio, Mario Possenti, Antonio Guaita, Gabriella Salvini Porro, Cristina Carpinelli, Stefano Govoni, Wendy Weidner, Silvia Vitali.

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IN PRIMO PIANO

10 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Letizia Rossi

L’educatore nelle RSA: lavoro e prospettive

La figura dell’educatore professionale è pre-sente ormai da alcuni decenni all’interno delle strutture che si occupano della terza età. In risposta a mutate esigenze e all’e-

volversi dei servizi, anche il suo ruolo e le attività sono in parte cambiate. ANEP, l’associazione di ri-ferimento in Italia per gli educatori, spiega qual è il loro lavoro all’interno delle RSA e allo stesso tempo quali prospettive si auspicano per i prossimi anni e quali impegni riguardano l’associazione, uno su tutti il riconoscimento professionale.Rispetto al passato, quando l’educatore interveniva prevalentemente nel “tempo libero” con attività di animazione, ludiche, teatrali, laboratoriali e occu-pazionali, oggi, spiega il consigliere nazionale Davide Ceron, impegnato come educatore profes-sionale in strutture dedicate agli anziani, “è specifi-co dell’educatore occuparsi dei bisogni di socializ-zazione e di relazione, del recupero della memoria e della storia individuale e famigliare, del mante-nimento e potenziamento delle capacità cognitive ed espressive, del coinvolgimento del territorio. Inoltre, in un contesto di persone che sempre più

presentano problemi di demenza, l’attività di edu-cazione e riabilitazione consiste in progetti di man-tenimento delle abilità e di contrasto alla degenera-zione della patologia, con funzioni di stimolazione cognitiva, senso-motoria e sociale, all’interno di una progettualità che tocca gli ambiti assistenziale, edu-cativo e riabilitativo, definita con l’équipe di lavoro, lavorando con piccoli e grandi gruppi, o individual-mente, a seconda delle esigenze”.Per esempio, un’attenzione particolare viene dedi-cata alla delicata fase dell’accoglienza e dell’inseri-mento della persona nella residenza, per contrastare i sentimenti di smarrimento, delusione, rinuncia, mostrando accoglienza e comprensione, e promuo-vendo una “nuova età” ricca di stimoli, significati e valori oppure, se questo non è possibile per la patologia e la naturale evoluzione della vita, allora l’obiettivo si sposterà sulla dignità, sul significato dell’esistenza e sul recupero autobiografico.Il punto di partenza, per le attività nelle RSA, spie-ga Ceron, è “trasformare la perdita di alcune capa-cità in una nuova possibilità di rimettersi in gioco. Solo così l’invecchiare può diventare un modo per crescere, anche all’interno delle Residenze Sanita-

rie Assistenziali”.“Molte attività educative sono impronta-te a ricreare un clima familiare ed acco-gliente, stimolante e non opprimente, che valorizzi le attitudini, i saperi, le capacità della persona anziana e che sia adegua-to ai tempi e all’età. L’ottica è quella del mantenimento e, quando possibile, del potenziamento delle capacità, attraver-so attività legate alla vita quotidiana. Il momento della lettura del giornale, per esempio, è un modo per rimanere in con-tatto con quello che succede nel mondo in maniera critica e partecipata (funzio-ne educativa), ma è anche un modo per mantenere le abilità cognitive raggiunte (funzione riabilitativa)”.Così i laboratori, le attività creative e i

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momenti ludici o di festa hanno tutti l’intento di mantenere viva l’attenzione, la manualità, il gusto per il bello e l’utile, dare un senso al tempo per un benessere generale, ma al contempo propongono percorsi terapeutici per chi perde pezzi di cono-scenza e vitalità, come le persone con Alzheimer.“È la potenza del fare e del fare insieme che ha una funzione terapeutico-riabilitativa molto importante, poiché fa leva sulla motivazione, sulla partecipazio-ne, accrescendo l’autostima e il protagonismo della persona”, aggiunge Davide Ceron.Le uscite diventano non solo occasione di conoscen-za ed esperienza, ma un modo per “riappropriarsi” del territorio, allontanando il concetto di residenza come “alienazione dalla società”. Sempre più spes-so gli educatori propongono attività che aiutano l’an-ziano a recuperare la propria biografia, per restituire un senso all’esistenza, alle abilità e al sapere, anche per trasmetterlo alle nuove generazioni.E a proposito, un ruolo sempre più importante han-no oggi anche le nuove tecnologie, che permettono nuove possibilità di conoscenza e di relazioni.“Operare come educatore significa quindi essere ‘agente di cambiamento’, porsi al ‘servizio’ del sog-getto e non fornire solo una prestazione. Elaborare nuovi percorsi, esplorare orizzonti senza mettere li-miti alle possibilità. In questa ricerca non va mai trascurata la qualità della relazione interpersona-le, che è elemento costitutivo della professionalità dell’educatore”. Ed è fondamentale anche nella fase di accompagnamento alla morte, a sostegno della persona ma anche dei suoi caregiver.“Tutto questo importante lavoro educativo e riabi-litativo è possibile in collaborazione con gli altri professionisti presenti nei Servizi: solo attraverso il lavoro d’équipe si riesce ad offrire risposte concrete ed il più possibile esaustive ai diversi bisogni della persona anziana. In un ambiente che richiama con-tinuamente la fase terminale della vita, l’educatore deve essere aiutato a riempire di significati e di va-lori ciò che sembra vuoto di significato e valore per la società”.Da una parte dunque una corretta formazione, con corsi di laurea e di aggiornamento centrati non solo su tecniche e teorie ma anche sugli strumenti per un professionista capace di far fronte ai cambiamenti e all’evoluzione dei servizi, in un lavoro di équipe sul-la base di specifiche competenze. Tra le criticità che spesso si riscontrano infatti ANEP indica il cor-

retto inserimento nelle funzioni educative e riabilitative (“troppo spesso l’educatore è relegato a svolgere solo compiti animativi”), e il coinvolgi-mento nelle progettualità con gli altri profes-sionisti presenti. “Una riflessione importante – continua Ceron – va poi fatta sull’etica e sulla deontologia professiona-le. Non è sufficiente lavorare sugli aspetti sanitari ed assistenziali secondo procedure predefinite, ma vanno messi in comune significati e valori che cia-scuno attribuisce al proprio operare con persone alle soglie della morte”. ANEP è impegnata fin dalla sua nascita (nel 1992) anche per il raggiungimento del ricono-scimento giuridico della figura professionale e su un riordino dei percorsi formativi per acce-dervi. Questi aspetti hanno importanti conseguenze per gli operatori, come un corretto inquadramento contrattuale, ma anche per i cittadini, a contrasto per esempio dell’abuso della professione.“Un ultimo elemento a sostegno della professiona-lità dell’educatore va identificato nella dimensione della ricerca. In particolare occorre promuovere esperienze che creino inclusione e coesione sociale nelle comunità in cui sono inserite le strutture per anziani”, conclude Ceron. A tal proposito, l’associa-zione promuove seminari, convegni e iniziative per la definizione, anche a livello internazionale, del la-voro dell’educatore professionale con la Terza Età. Significativa la collaborazione maturata con AIP (Associazione italiana di Psicogeriatria) che ha pro-mosso nel 2016 la “Carta delle Professioni: un patto per la cura e assistenza dell’anziano con problema-tiche psicogeriatriche” tra le associazioni professio-nali. Dopo il Seminario dello scorso aprile a Firenze, ANEP intende produrre un documento di posiziona-mento sul lavoro dell'Educatore professionale nella terza età e con persone affette da demenza. ANEP conta un migliaio di educatori iscritti; è com-posta da un consiglio direttivo nazionale ed è orga-nizzata in 18 sezioni regionali. Per informazioni si può consultare il sito www.anep.it. n

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IN PRIMO PIANO

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di Roberto De FilippisCon la consulenza del dottor Lorenzo Palleschi, vice presidente della SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedaliera Territoriale) e direttore del Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni-Addolorata di Roma

Servono più geriatri, ma non solo…

Nel nostro Paese oggi si contano circa 13,8 milioni di persone con più di 65 anni; questo va-lore è destinato a salire e si sti-

ma che nel 2050 possa raggiungere i 20 milioni. Alla luce della situazione attuale e delle prospettive per il futuro è lecito domandarsi se il numero degli speciali-sti che dovrebbe prendersi cura di tali individui, ossia i geriatri, sia sufficiente o meno.

Situazione non uniformeIn realtà, la questione è più complessa e il numero dei geriatri non è l’unico fat-tore da considerare. “In primo luogo, è difficile sapere esattamente quanti medi-ci di una specialità ci siano in Italia. Ciò è valido non soltanto per la geriatria. A

ogni modo, si può affermare che oggi nel nostro Paese lavorino tra i duemila e i tremila geriatri”, premette il dottor Lorenzo Palleschi, vice presidente del-la SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedaliera Territoriale) e direttore del Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni-Addolorata di Roma. “Per esempio, in alcune Regioni, come l’Emilia Romagna e il Veneto, dove sono diffuse capillarmente sul territorio Unità Operative Complesse di Geriatria, c’è un fabbisogno di geriatri superiore all’offer-ta attuale rappresentata dagli specialisti formati dalle Università. In altre Regioni, in particolare al Sud, sono invece poche le Unità Operative Complesse di Geria-tria, dunque il fabbisogno di tali specia-

Soprattutto alcune Regioni sono infatti carenti di Unità Operative Complesse di questa importante specialità

Il dott. Lorenzo Palleschi.

“Nelle Regioni dove sono diffuse capillarmente sul territorio Unità

Operative Complesse di Geriatria c’è un

fabbisogno di geriatri superiore all’offerta

attuale”

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listi è inferiore”, prosegue il dottor Palle-schi. Se dunque in certe zone d’Italia la carenza di geriatri è una realtà, in altre l’aumento del numero di tali specia-listi dovrebbe andare di pari passo con l’incremento di Unità Operati-ve Complesse dove possano svolgere il proprio lavoro.

Pazienti “difficili”Anche alla luce della crescita demografi-ca della popolazione over 65, oggi i geria-tri dovrebbero avere un ruolo più centrale nella gestione dei pazienti anziani fragili. “Attualmente, molti dei distretti che si occupano della cura di tali persone non sono diretti da specialisti in geriatria, ma da medici di altre specialità. Ancora più importante è il ruolo che il geriatra do-vrebbe avere all’interno di una Rsa. Oggi lo specialista di riferimento degli ospiti di queste strutture è il medico di medicina generale, ma siccome ha

LA SITUAZIONE NEGLI OSPEDALIRispetto agli scorsi decenni, gli anziani che accedono in ospedale sono in condizioni di salute più serie, perché nella maggior parte dei casi sono portatori di patologie acute che si aggiungono a malattie croniche di cui soffrono da tempo, aggravando il quadro clinico. “L’aumento dell’aspettativa di vita ha comportato che gli over 65 siano più esposti che in passato a patologie acute o alla riacutizzazione di patologie croniche. Infine, è cresciuta la percentuale di anziani che giunge in ospedale già con un certo grado di disabilità”, afferma il dottor Palleschi.

NECESSITÀ COMPLESSEUn altro dei problemi con cui si ritrovano a fare i conti molti degli anziani di oggi è la fragilità della rete sociofamiliare. “Dopo il ricovero in ospedale per curare la fase acuta della malattia, questi pazienti sono difficili da ricollocare perché hanno comunque complesse necessità assistenziali; per tale motivo, è difficile per loro tornare al proprio domicilio, dove nella maggior parte dei casi non c’è nessuno che possa fornire loro l’assistenza di cui hanno bisogno”, spiega il dottor Palleschi.

“Il geriatra dovrebbe diventare la figura di riferimento nelle

Rsa”

sempre più spesso a che fare con pazienti complessi dal punto di vista clinico e che necessitano di un inquadramento, di una valutazione e di controlli specialistici, la situazione andrebbe rivista e la figura di riferimento dovrebbe diventare il geria-tra”, osserva il dottor Palleschi. n

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IN PRIMO PIANO

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di Cecilia Ciotola

Endocrinologia: l’ambulatorio virtuale è realtà

La profonda trasformazione digi-tale che sta caratterizzando la nostra epoca sta cambiando le abitudini di qualsiasi cittadino.

L’atteggiamento dei professionisti della sanità nei confronti di questa “rivoluzio-ne” digitale è parecchio discordante.

Due velocità“C’è chi la subisce, chi la considera una perdita di tempo, chi ha un atteg-giamento rassegnato consapevole della fatica di rincorrere un mondo che cor-re veloce, c’è chi sa che il suo impatto è destinato a ridefinire il proprio modo di lavorare e chi invece ne comprende le molteplici opportunità e ne diventa un appassionato sostenitore”, osserva Edoardo Guastamacchia, presidente dell’AME (Associazione Medici En-docrinologi). “Nella realtà, si tratta di un cambiamento culturale: sentire la digital transformation alleata, pos-sibilmente amica, consente di fare un’esperienza impegnativa, capa-ce di portare qualità e innovazione nella sanità, senza i timori di qualche tempo fa. In questo contesto non aiuta invece la dicotomia tra ciò che succede nella vita reale – e nella relazione quo-tidiana tra medici e pazienti i cambia-menti avanzano in modo dirompente – e quello che accade nelle organizzazioni sanitarie, in cui il cambiamento è molto più lento e, chi governa le organizzazio-ni sanitarie (aziende, istituti eccetera) ha come priorità la messa in sicurezza del proprio sistema organizzativo, ma non quello dei professionisti”, commen-ta Guastamacchia.

Protetti a 360 gradiÈ da tempo che l’AME è in prima li-nea nel guidare la crescita culturale dei professionisti e delle organizzazioni che si occupano dell’assistenza endocrino-logica. Grazie a questo approccio, l’as-sociazione ha esplorato le potenzialità dell’innovazione digitale in sanità e ha sviluppato un progetto di ricerca di solu-zioni digitali in ambito assistenziale che risponde alla necessità di professio-nalizzare molte delle attività che il medico svolge a favore dei pazienti con l’obiettivo di migliorarne l’in-terazione nel rispetto delle disposi-zioni di sicurezza (cybersecurity) e di protezione dati (GDPR).“Con questo obiettivo”, prosegue Da-niela Agrimi, responsabile Sanità Digi-tale dell’AME, “nel giugno 2018 è stata avviata una collaborazione con Welco-medicine per realizzare un Ambulatorio Virtuale per l’Endocrinologia. Lavorare

Vincenzo Toscano, past president AME.

Daniela Agrimi, responsabile Sanità Digitale AME.

Edoardo Guastamacchia, presidente AME.

Diversamente da email e whatsApp, questo strumento rispetta la sicurezza e la protezione dei dati

Grazie alla piattaforma, il medico può accrescere le proprie competenze

digitali attraverso il networking

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con una start-up che guarda al futuro an-teriore è stata una stimolante esperienza di co-costruzione di processi di cura in-novativi. Questo Ambulatorio Virtuale consiste in una piattaforma web di telemedicina che abilita i pazienti alla fruizione e i professionisti all’erogazione di una serie di servizi di telemedicina, a partire dal-la televisita, in un ambiente di lavoro confortevole in termini di sicurez-za informatica, qualità delle tecno-logie e delle certificazioni adottate (firma elettronica avanzata; conformità dell’intera piattaforma alle norme sulla protezione dei dati, GDPR, trasmissio-ne e visualizzazione delle immagini in formato DICOM, web DICOM viewer di Neologica, un servizio di video-visita cer-tificato)”.A oggi, il SSN non presenta criteri di accreditamento e tariffazione dei servi-zi di telemedicina, mentre è avanzato, come sappiamo, l’impiego di strumenti di comunicazione (whatsApp, email) non destinati e adeguati alla comunicazione medico-paziente secondo le norme di si-curezza e protezione dei dati. Inoltre, si discute con quale metrica misurare l'e-sperienza degli utilizzatori (professioni-sti/operatori sanitari/pazienti/caregiver) e il valore aggiunto dell’Information and Communications Technology (ICT) nel processo di cura. “AME è certa dei be-nefici che possono derivare dall’impiego del laboratorio virtuale innanzitutto in termini di vantaggi per il paziente nel poter avere un’interazione flessibi-le, veloce ed efficace con il clinico. Per quanto riguarda il medico, i vantaggi sono quelli di poter offrire uno strumen-to che permetta di professionalizzare e organizzare in maniera trasparente le attività, nonché la crescita delle compe-tenze digitali attraverso il networking e la diffusione di conoscenza. L'esperienza dell'ambulatorio virtuale è appena inizia-ta ed è un processo che va implementato, guidato e misurato”, spiega Agrimi.

Sapere condiviso“Il progetto”, conclude Vincenzo Tosca-no, past president dell’AME, “prevede un ulteriore passo avanti rappresenta-to dall’adozione e dall’applicazione di tecnologie di intelligenza artificia-le, con l’obiettivo di integrare il setting assistenziale virtuale con il capitale di conoscenza di Endowiki: una Wikipedia multimediale di tutto il sapere endocri-nologico in continua revisione e aggior-namento secondo le linee guida e i più importanti uptodate che l’associazione degli endocrinologi ha ideato e realizzato già dal 2015”. n

I NUMERINel corso del 17esimo Congresso Nazionale AME dello scorso novembre è stato presentato ufficialmente il progetto dell’Ambulatorio Virtuale. A giugno, si contavano già 120 utenti clinici, 1.200 utenti pazienti e 1.500 consulti effettuati. “Ambulatorio Virtuale per l’Endocrinologia” è inoltre entrato nella rosa dei finalisti del premio “Innovazione Digitale in Sanità” del Politecnico di Milano, nella sezione "Supporto ai processi clinici e assistenziali.

I PROSSIMI PASSIIl prossimo obiettivo per migliorare l’Ambulatorio Virtuale Endocrinologico è inserire notifiche nel normale flusso dei contenuti che transitano attraverso la piattaforma, con il vantaggio di fornire al clinico, nella fase di consulto, un supporto alle decisioni in tempo reale, e al paziente suggerimenti e notizie di specifico interesse rispetto ai temi emersi nella comunicazione in remoto. “Si passerà così da una logica in cui medici e pazienti inseguono le informazioni a una in cui informazioni validate raggiungono automaticamente gli utilizzatori”, commenta Toscano.

L’Ambulatorio Virtuale Endocrinologico consiste in una piattaforma web che abilita i pazienti alla

fruizione e i professionisti all’erogazione di una serie di servizi di telemedicina, a partire dalla televisita

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IN PRIMO PIANO

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di Letizia Rossi

Malattie renali nell’anziano: il lavoro della SIN

La possibilità di eseguire la dia-lisi assistita direttamente nelle rsa e in altre strutture per evita-re trasporti periodici e ospeda-

lizzazione, la definizione di un percorso per la diagnosi delle nefropatie e più in generale la gestione della malattia rena-le nell’anziano: sono questi alcuni tra i maggiori impegni della Sin, la Società Italiana di Nefrologia, in ambito geria-trico. Se ne discuterà anche al sessante-simo congresso nazionale dell’asso-ciazione, in programma a Rimini dal 2 al 5 ottobre 2019.La SIN, Società Italiana di Nefrologia, è una associazione medico-scientifica li-bera, apartitica e senza fini di lucro, con sede in Roma, unica in Italia a rappre-sentare la disciplina di Nefrologia. Ha lo scopo di promuovere e valorizzare la cul-tura scientifica nefrologica, la ricerca e favorire la formazione e l’aggiornamento dei propri Soci e degli operatori sanitari del settore.

Pur non essendo in rapporto diretto con strutture di degenza e centri diurni per gli anziani, “in qualità di Società Scien-tifica, riconosciuta e accreditata dal Mi-nistero in base alla legge Gelli, la SIN ha legami di mutua e proficua collabo-razione con la SIGG, Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, con la quale ha condiviso percorsi educativi e scientifi-ci, e con cui ha da poco pubblicato sulla propria rivista, il Journal of Nephrology, un position paper condiviso”, spiega il dottor Filippo Aucella, segretario dell’associazione.Il lavoro, “Beyond chronic kidney dise-ase: the diagnosis of Renal Disease in the Elderly as an unmet need. A posi-tion paper endorsed by Italian Society of Nephrology (SIN) and Italian Society of Geriatrics and Gerontology (SIGG). Aucella F, Corsonello A, Leosco D, Bru-nori G, Gesualdo L, Antonelli-Incalzi R. J Nephrol. 2019 Apr; 32(2):165-176, è liberamente consultabile da pubmed. “La SIN – prosegue il dottor Aucella – attraverso le strutture regionali, favorisce l’individuazione di RSA o strutture simi-lari dedicate al trattamento degli anziani con malattia renale cronica e necessità di terapia sostitutiva dialitica, per offrire una terapia quanto più possibile vicina al domicilio ma senza ricorso a ospeda-lizzazioni prolungate. Vi sono ormai nu-merose esperienze e studi in tale ambito. Fa scuola la struttura di Trento, diretta dal dottor Giuliano Brunori, attuale Pre-sidente SIN, che in RSA dedicata tratta oltre 30 pazienti con dialisi peritoneale assistita da personale infermieristico op-portunamente addestrato”. Quali sono i servizi medici più frequen-temente offerte in queste strutture? “Dia-

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lisi assistita in loco, senza necessità di trasporti periodici in ospedale, nonché consulenza nefrologica”. Ricerche e studi dell’associazione si concentrano su alcuni ambiti di interes-se individuati in collaborazione con la SIGG, come l’appropriatezza dei tratta-menti farmacologici nell’anziano, studio già in fase avanzata di realizzazione, e quello per la definizione di un percorso definito per la diagnosi delle nefropatie e la gestione della malattia renale cronica nell’anziano. “Oltre alle ricerche già citate, la SIN sta

definendo e diffondendo la cultura di un approccio specifico al soggetto geriatrico con patologia renale, con la valutazione condivisa con il paziente e i suoi fami-liari della opportunità di intraprendere o meno una terapia sostitutiva dialitica ove necessario. Nello stesso tempo si cerca di individuare strategie dialitiche mirate atte alla migliore riabilitazione di questi pazienti, come citato nello studio Incre-mental hemodialysis, a valuable option for the frail elderly patient. Basile C, Ca-sino FG, Aucella F. J Nephrol. 2019 Apr 19”, conclude Aucella. n

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PROTAGONISTI

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di Francesca Pavesi

Fondazione Sospiro, un modello efficiente di Centro multiservizi in Lombardia

L’Istituto Ospedaliero di So-spiro Onlus (CR) nasce come ricovero nel 1897 per fornire assistenza ai malati cronici

poveri e successivamente si apre anche alle persone affette da demenza. Nato come IPAB e costituitosi in Ente Mo-rale nei primi anni del ‘900, si trasfor-ma in Fondazione di diritto privato nel 2004 e acquisisce la qualifica di ONLUS a fine 2009. Oggi la Fondazione Istitu-to Ospedaliero di Sospiro Onlus si pre-senta come un’azienda multiservizi che, nell’ambito della Regione Lombardia, offre servizi socio-sanitari residenziali, semiresidenziali e ambulatoriali a circa 1.000 persone, tra anziani e persone con disabilità.

Sono il Presidente Giovanni Scotti, il Direttore Generale Fabio Bertusi e il Direttore del Dipartimento Anziani Daniele Bellandi ad accoglierci nella splendida Villa Cattaneo, nel cuore di Sospiro, alle porte di Cremona, che ospi-ta la sede e gli uffici della Fondazione, e a raccontarci come questa azienda sia riuscita a evolversi e a porsi come attore proattivo sul territorio nel dare una ri-sposta sempre più efficace e specializza-ta a tutte le diverse esigenze e ai bisogni della popolazione.

Un HUB di servizi diversi in Lombardia“La storia della nostra Fondazione po-trebbe riassumersi in un percorso di tra-sformazione nel tempo dal classico Isti-

Diversificazione, delocalizzazione, progettualità e trasparenza nella gestione d’impresa sono le parole chiave per rispondere in modo sempre più efficace, puntuale e specializzato alle tante e diverse esigenze delle persone fragili

Giovanni Scotti.

Fabio Bertusi.

Daniele Bellandi.

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tuto ad un vero e proprio HUB di servizi multidisciplinari e dislocati su tutto il territorio circostante – racconta Bertusi. La mission è rimasta sempre la stessa: prendersi cura, occuparsi delle persone fragili a tutti i livelli, ma nel tempo ab-biamo lavorato per creare una rete di ser-vizi sul territorio diversificata per dare risposte in base alle diverse esigenze e necessità di una popolazione che sta in-vecchiando e dove l’aspetto prettamente clinico sta prendendo sempre più il so-pravvento rispetto a quello puramente assistenziale. Oggi la Fondazione è una realtà multiservizi che copre, con le sue attività, tutta la Lombardia con circa 700 posti residenziali disponibili suddivisi tra il Dipartimento Anziani e quello del-le Disabilità. Il primo si rivolge a perso-ne anziane con diversi gradi di bisogno sanitario, assistenziale e riabilitativo e ha a disposizione 240 posti nella RSA rivolti a anziani non autosufficienti – di-slocati per la maggior parte a Sospiro e 40 a Cremona presso l’Azienda Cremona Solidale – e dei quali una ventina sono riservati al Nucleo Alzheimer e altre de-menze senili; altri 20 sono invece per il Centro Diurno Alzheimer e altre forme di demenza, per offrire servizi in regi-me diurno, come alternativa al ricovero a tempo pieno offerto dalla RSA; infine 37 posti sono dedicati alle cure interme-die per persone anziane con riduzione dell’autosufficienza di recente insorgen-za, con interventi in regime residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale integra-ti a quelli della RSA e volti al recupero del livello preesistente di autosufficien-za o, comunque, all’ottimizzazione delle funzioni residue. Il Dipartimento delle Disabilità, invece, è suddiviso in due Poli: quello per la Di-sabilità intellettiva e autismo in età adul-ta e quello per la Disabilità intellettiva ed il disturbo dello spettro dell’autismo in età evolutiva. In tutto 408 posti artico-lati in un sistema di Residenze o Nuclei abitativi, nel territorio di Cremona, pres-

so Sospiro, e nel Bresciano, a Brescia e Bedizzole. Mentre presso il comune di Spinadesco (Cr) ha sede l’ambulatorio dedicato all’età evolutiva, dove offriamo un servizio di riabilitazione ambulatoria-le per minori (140 minori assistiti/anno) in condizioni di disabilità intellettiva e disturbo dello spettro autistico per i qua-li è necessario un intervento riabilitativo precoce.Le RSD offrono alle persone con presta-zioni integrate di tipo psicoeducativo, sanitario, riabilitativo, di mantenimento e di supporto socio-assistenziale. Ma l’attività non si ferma qui – prosegue il Presidente Scotti: nell’ottica di conti-nuare a diversificare e delocalizzare per rispondere sempre meglio alle tante e diverse esigenze che emergono, abbiamo appena acquisito un immobile a Milano dove creeremo un nuovo servizio dedi-cato alla disabilità. Fondazione Sospiro inoltre vanta un Centro di Formazione interno accreditato c/o la Regione Lom-bardia per l’erogazione di formazione continua in medicina (ECM). Abbiamo recentemente avviato una impresa socia-le grazie alla collaborazione i Bambini delle Fate, coinvolgendo 25 aziende del territorio. Il progetto, denominato Casci-

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PROTAGONISTI

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XIV CONVEGNO NAZIONALE SULLA QUALITÀ DELLA VITA PER LE DISABILITÀSi è svolta il 9/10 settembre presso l’Università Iulm di Milano la 14ª edizione del Convegno sulla qualità della vita per le disabilità promosso annualmente da Fondazione Sospiro

Un evento che rappresenta da anni un impegno costante sul terreno culturale e scientifico a favore della disabilità ed è ormai un punto di riferimento per la presenza di contributi di clinici e ricercatori riconosciuti come esperti a livello nazionale e internazionale. L’edizione del 2019 è stata dedicata al tema del dovere e della competenza.L’idea di fondo è che nel campo dei disturbi del neuro-sviluppo, così come in altre discipline, va decisamente archiviato il concetto “come si è sempre fatto” oppure “come sappiamo fare”. Esiste un diritto di tutti a ricevere il trattamento più efficace e il dovere

deontologico, da parte dei professionisti e dei servizi, di conoscere ciò che serve ed è clinicamente necessario. Se esiste il tema del diritto soggettivo a ricevere il trattamento più efficace esiste il dovere speculare dei professionisti di acquisire le competenze che consentano di rispondere a questo diritto. Per un professionista e per un servizio che operano nel campo del disturbo del neuro-sviluppo essere competenti significa essere autorevoli.

Il convegnoSi sono tenuti 3 seminari pre-convegno che hanno avviato i lavori il lunedì 9 settembre. Dal pomeriggio di lunedì alla sera di martedì 10, si sono svolte 3 sessioni plenarie con relazioni magistrali seguite da 9 simposi paralleli. A chiudere, un importante workshop, l’11 settembre, interamente dedicato all’applicazione delle scienze contestualiste al benessere lavorativo. Tra le principali aree trattate durante la due giorni di lavori si annoverano:1. Autismo e disabilità: quadri complessi2. Le difficoltà nei più piccoli: comprendere e intervenire

adeguatamente3. “Mi piacerebbe proprio sapere…”: sessione di domande

libere agli esperti4. La sofferenza psicologica: bussole nel caos5. Competenze in campo: casi clinici 6. Affrontare la complessità: il punto di vista dei caregiver7. Esperienze cliniche a confronto8. Analisi funzionale: nuove frontiere

na San Marco di Tidolo si occupa dell’in-clusione sociale e lavorativa di persone con disabilità attraverso la coltivazione, la raccolta e la trasformazione di piccoli frutti rossi con la produzione di squisite marmellate.

Ma qual è il segreto di tanto successo?“Credo che il segreto – riprende ancora Bertusi – sia quello di applicare innan-zitutto regole condivise e trasparenza, e poi darsi una progettualità: abbiamo pia-ni quinquennali, al termine dei quali ve-rifichiamo il raggiungimento degli obiet-tivi. A mio avviso servirebbe, cosa di cui si parla da tempo, un rating delle RSA che consenta di gestire più correttamen-te, sulla base dei risultati raggiunti e dei servizi offerti, i contributi della Regione, lavorando meglio, distinguendosi ancora di più per merito e diventando davvero un punto di riferimento sul territorio”.

Attività di formazione e ricerca“La Fondazione – conclude Bellandi – ha costituito da tempo un’Unità Ope-rativa di Formazione & Aggiorna-mento certificata da 10 anni con l’UNI EN ISO 9001 che garantisce attualmente la formazione ed il supporto tecnico-organizzativo per diverse RSA-RSD, ed è Provider accreditato dalla Regione Lombardia per l’erogazione di forma-zione al personale sanitario sia interno che esterno, nell’ambito del Program-ma Educazione Continua in Medicina (ECM). Da circa 5 anni è a disposizione degli operatori e delle strutture associate anche una piattaforma per la formazio-ne a distanza che ha un proprio catalogo di corsi su temi tecnico-professionali e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed è fruibile anche una biblioteca online su tematiche sanitarie e socio-assistenziali. Gestiamo e organizziamo, infine, eventi e convegni di media e grande dimensio-ne (vedi pagina successiva) e portiamo avanti progetti di ricerca con istituzioni e Università”. n

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21SESTA STAGIONE - ottobre 2019

PROTAGONISTIdi A.V.

Fermata Alzheimer: fermiamoci a riflettere!!!

Il 21 settembre è stata la giornata mondiale dell’Alzheimer. Una gior-nata indicativa che fa riflettere e serve per sensibilizzare l’opinione

pubblica verso questa malattia.Sono 1 milione e 200mila le persone solo in Italia a soffrirne, 50 milioni nel mondo. E la crescita in questi anni è vertigino-sa. Si stima che si triplicherà in 30 anni. Sono circa 3 milioni le persone in Italia coinvolte nell’assistenza dei loro cari, di cui oltre il 70% sono donne. 5.500 perso-ne con demenza assistite in un anno nelle 41 strutture e 7 Centri Diurni del grup-po Korian, grazie anche ad un nuovo metodo denominato Positive Care.

Il gruppo Korian, leader eu-ropeo nei servizi di assisten-za e cura, dispone di ben 17 centri specializzati dotati di un nucleo protetto e due centri Diurni Integrati appo-sitamente dedicati. In que-ste strutture vengono offerte le condizioni di tutela e gli stimoli riabilitativi adeguati alle compromesse capacità

cognitive e funzionali, attraverso proget-ti soggettivi di terapia non farmacologi-ca, con un nuovo metodo denominato, appunto, Positive Care (Cura Positiva). Soluzioni innovative architettoniche e di design studiate per migliorare la vita quo-tidiana, dichiara Aladar Bruno Ianes, Direttore Medico di Korian Italia. Il nuo-vo progetto di vita, favorisce le relazioni umane ed affettive, le attività, i pensieri e le emozioni ed anche le aspirazioni. La parola chiave è l’empatia. Ne è entusiasta Andrea Mecenero, Ceo Korian Italia , tanto che ha deciso per la campagna di sensibilizzazione di affrontare un tour in piazza, in tutta Italia, che permetterà agli italiani di conoscere l’Alzheimer, perché l’indifferenza non deve più esistere. Per-ché è la cosa che uccide di più. n

I NUMERI DELL’ALZHEIMER:Agitazione 40%Aggressività 20%Vagabondaggio senza scopo 25%Deliri 30-50%Disturbi del sonno 50%Depressione 40-50%

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PROTAGONISTI

22 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Roberto De Filippis

All’Oglio Po il Reparto di Oncologia si rifà il look

Chi trascorre molto tempo in ospedale, così come gli ospi-ti e gli operatori delle Rsa, lo sa perfettamente: il contesto è

molto importante. Non solo perché un ambiente accogliente contribuisce a mi-gliorare le condizioni psicofisiche, alle-viando le sofferenze, ma anche perché si risponde meglio alle terapie, a tutto van-taggio della salute.

Ambienti a misura d’uomoSi ispira a questi presupposti il pro-getto di ristrutturazione del Reparto di Day hospital oncologico dell’Ospedale Oglio Po di Casalmaggiore (Cr), per la realizzazione del quale il Rotary Club Casalmaggiore Oglio Po è capofila nella raccolta dei fondi, in cui sono coinvolti molti soggetti, tra cui Apindustria Cre-mona, Caldaie Melgari e la stessa Fon-dazione Rotary. L’ambizioso obiettivo del progetto consiste nel cambiamento del paradigma di cura fondato sulla “uma-nizzazione” degli spazi. Per raggiunger-lo, sono state seguite due strade.“In primo luogo, ci siamo ispirati ai principi dell’Healing garden, filosofia molto in voga negli Stati Uniti e nel Nord Europa, che usa il ‘verde passivo’ come supporto alle terapie. È infatti ormai provato che stare a stretto contatto con le piante non solo rilassa, ma favorisce una risposta più rapida alle cure”, spie-ga Paola Tagliavini, architetto di A+10 Architettura e Design, che ha progettato la ristrutturazione del reparto insieme all’architetto Daniel Damia, dello stesso

studio. “L’Healing garden pensato per il reparto e per l’intero ospedale è però an-che attivo, perché prevede la creazione di percorsi verdi inseriti in un giar-dino aromatico esterno alla strut-tura”, aggiunge Damia. In questa parte del progetto è stato coinvolto il profes-sor Riccardo Groppali, del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Pavia, in modo da avere durante tutto l’anno pian-te che non solo diano colore al giardino, ma che attirino anche farfalle e uccelli,

All’Ospedale di Casalmaggiore il verde avrà un ruolo centrale, per aumentare il benessere dei pazienti

Paola Daina, direttore di Apindustria Cremona.

Paola Tagliavini, architetto di A+10 Architettura e Design.

Daniel Damia, architetto di A+10 Architettura e Design.

Sonia Cantarelli, chief financial officer di Caldaie Melgari.

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23SESTA STAGIONE - ottobre 2019

così da rendere ancora più piacevole il tempo che si passa in tale luogo.

Parola d’ordine: comoditàGli spazi verdi potranno essere osser-vati anche dalle stanze in cui vengono somministrate le cure; a eccezione che in una camera, infatti, in tutte le altre invece che stando sdraiati su un letto i pazienti si sottoporranno alla tera-pia seduti su una comoda poltrona ergonomica, in modo da sentirsi mag-giormente a proprio agio. “La ristruttu-razione del reparto prevede anche l’am-pliamento e la valorizzazione degli spazi comuni con l’obiettivo di favorire la so-cializzazione non soltanto tra i pazienti, ma anche dei caregiver e del personale sanitario”, sottolinea Sonia Cantarelli, chief financial officer di Caldaie Melga-ri. Negli orari in cui non è prevista la somministrazione delle terapie, in que-sto ambiente si potranno svolgere anche attività ricreative, dedicate a pazien-

MASSIMA VERSATILITÀPer rendere quanto più “flessibili” gli spazi, in modo da poterli destinare ad attività diverse a seconda delle circostanze, tutti gli arredi, i cui colori sono stati studiati ad hoc, saranno non soltanto comodi, ma anche leggeri, facilmente spostabili e impilabili. Inoltre, negli spazi interni così come nel giardino l’illuminazione sarà più “gentile” rispetto a quella tipica degli ambienti ospedalieri. “La nostra Associazione ha fin da subito creduto nell’importanza di questo progetto, che ha già visto il sostegno da parte di molti nostri associati”, conclude Paola Daina, direttore di Apindustria Cremona.

La valorizzazione degli spazi comuni ha l’obiettivo di favorire la socializzazione

ti, familiari e non solo, per esempio lo yoga, la lettura di testi o la proiezione di filmati. Così, il paziente identificherà il reparto come un punto di supporto per qualsiasi tipo di difficoltà. n

Gli spazi comuni sono stati concepiti per svolgervi diverse

attività

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PROTAGONISTI

24 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Benedetta Bertani

Iniziative nel mese mondiale dell’Alzheimer

Nell’ottica di informare e sen-sibilizzare le persone e le fa-miglie su una delle patologie più invalidanti e drammatiche

che possono colpire l’uomo, nel corso del mese di settembre – mese mondiale dell’Alzheimer – sono state moltissime le iniziative organizzate nelle RSA con la collaborazione di diversi enti ed istitu-zioni sul tema: incontri formativi e a ca-rattere psico-educativo con esperti medi-ci e psicologi, distribuzione di materiale informativo, ma anche momenti culturali e di aggregazione. La conoscenza, l’infor-mazione e il sapere, infatti, rappresenta-no ancora una volta l’arma vincente per cercare di vivere bene e per costruirsi, a partire da oggi ed indipendentemente dall’età, un buon invecchiamento.In due RSA lombarde del Gruppo iSe-nior si sono svolti due interessanti in-contri dedicati alle famiglie e alla citta-dinanza. “Un familiare affetto da demenza...che fare?” Questo il titolo della serata-dibattito organizzata presso la RSA I La-ghi a Montorfano (CO) durante la quale Luca Croci, Direttore della struttura Il Palio a Legnano (MI) e Responsabile

dell’Ufficio di Pubblica Tutela dell’ATS Insubria, ha indagato le tematiche rela-tive all’amministrazione di sostegno e ai supporti burocratici e sanitari a disposi-zione dei caregivers, dando indicazioni e pratici consigli su cosa deve fare chi si trova a dover gestire un parente con demenza, sia da un punto di vista giuri-dico che sanitario. In particolare, Croci ha spiegato che la nomina di un ammi-nistratore di sostegno è un procedimento molto snello che si attua tramite decreto del giudice tutelare (è lui, infatti, che può decidere, sulla base di una certificazio-ne medica, dell’incapacità di intendere e volere di un paziente) che consente di tutelare sia le relazioni che il patrimonio. Nella decisione su un eventuale ammini-stratore di sostegno è necessario rispetta-re l’esigenza di “non mortificare” la per-sona, da realizzare evitando o riducendo, quanto più possibile, la limitazione della capacità di agire dell’interessato così da

month

La conoscenza, l’informazione e il sapere, infatti, rappresentano

ancora una volta l’arma vincente per cercare di vivere

bene e per costruirsi, a partire da oggi ed indipendentemente

dall’età, un buon invecchiamento

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non intaccare la dignità personale del beneficiario, conservandogli il più pos-sibile la capacità di agire. In Lombardia la Fondazione Cariplo in collaborazione con l’ASL già diversi anni fa aveva aper-to dei punti di informazione con volonta-ri formati per rispondere ad una serie di domande e aiutare a compilare i moduli di richiesta da presentare al tribunale ci-vile corredata da una marca da bollo da € 27,00. L’interdizione, invece, ha spiegato ancora Croci, si attua a seguito di un pro-cesso, con una sentenza che decide della tutela del paziente interdetto. Per la pro-cura generale, infine è necessario un atto notarile e deve essere l’anziano ad attri-buire ad altro soggetto il potere di agire in suo nome e per suo conto. La procura, che deve essere rilasciata per iscritto, può concernere uno o più affari, che van-no specificamente indicati, ma riguarda sempre l’aspetto patrimoniale, non quello della salute, che resta un diritto assoluta-mente personale.Presso la RSA Il Palio di Legnano, inve-ce, si è tenuto l’incontro “La memoria e la salute: nei cervelli, negli indivi-dui, nei gruppi e nelle comunità” in compagnia del Prof. Alessandro Meluzzi. L’incontro, aperto a ospiti, parenti e citta-

dinanza, si è focalizzato sugli aspetti etici e filosofici legati alla persona affetta da demenza.Le iniziative rientrano nel più ampio progetto L’Arte di vivere bene, che vede coinvolte le due RSA in una propo-sta di attività ricreative e esperienziali avente come tema conduttore l’arte, in-tesa sia come capacità/possibilità esi-stenziale sia come espressione artistica ed estetica. Il progetto è costituito da un percorso multidisciplinare di appunta-menti diversi, che spaziano dal cinema alla musica, dalla pittura alla danza, e che si dipana per tutto l’arco dell’anno, in parte rivolti ai soli ospiti, in parte aperti a ospiti, parenti e cittadinanza con l’obiettivo quello di accrescere il benessere della persona. n

“La memoria e la salute: nei cervelli, negli individui,

nei gruppi e nelle comunità”Serata-dibattito in compagnia del Prof. Alessandro Meluzzi

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer

giovedì 19 Settembre 2019ore 20.45

RSA Il Palio di Legnanovia Papa Pio XI, 14

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer,il Prof. Alessandro Meluzzi sarà presente nell’auditorium di struttura

per incontrare la cittadinanza e discutere di aspetti etici e filosofici legati alla persona affetta da demenza.

L’iniziativa rientra nel progetto

L’Arte diVivere Bene

APERTO A OSPITI, PARENTI E CITTADINANZA

Le iniziative rientrano nel più ampio

progetto L’Arte di vivere bene, che

vede coinvolte le due RSA in una proposta di attività ricreative

e esperienziali avente come tema conduttore l’arte, intesa sia come

capacità/possibilità esistenziale sia come espressione artistica

ed estetica

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PROTAGONISTI

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di Francesca Pavesi

Domotica, ecosostenibilità, risparmio energetico: le soluzioni all’avanguardia di Sereni Orizzonti

5.600 posti letto e quasi 3mila dipendenti in 80 RSA. Questi i numeri di Sereni Orizzonti, la Holding friulana prima in as-

soluto in Italia per tasso di crescita nel settore socio-sanitario, che attualmente costruisce una media di dieci nuove re-sidenze all’anno e che punta ad arrivare a 10.000 posti letto complessivi entro il 2021. Gli edifici firmati Sereni Orizzonti ospitano in media dai 90 ai 120 anziani non autosufficienti in camere singole o

doppie, sono attrezzati con ambulatori medici e palestre riabilitative per affron-tare al meglio le disabilità fisiche e psi-chiche e presentano soluzioni all’avan-guardia e a basso impatto ambientale.

Una svolta green e tecnologica Le strutture realizzate dal Gruppo pre-sentano, infatti, caratteristiche innovati-ve per quanto riguarda la domotica degli interni, l’ecosostenibilità e il risparmio energetico. Tutte le stanze sono dotate di letti motorizzati, serramenti con tap-parelle domotiche, sistema di chiamata e sensori antincendio. I locali dispongono di una ventilazione meccanica controlla-ta (VMC), che consente un ricambio di aria pulita e asciutta senza dover aprire le finestre ma recuperando dall’aria il ca-lore che viene espulso. La climatizzazio-ne è stata studiata per offrire agli ospiti il massimo del comfort e della sicurezza: quella invernale è assicurata da un im-pianto di riscaldamento a pavimento (e quindi priva di caloriferi) mentre quella estiva viene realizzata con un innovativo sistema a trave fredda che rinfresca gli ambienti senza fastidiose correnti d’aria. I nuovi edifici vengono realizzati in clas-se energetica A3 e producono autono-mamente circa 250.000 kWh di energia (pari al 60% del loro intero fabbisogno), con una riduzione complessiva dell’e-missione in atmosfera di oltre 100.000 Kg all’anno di anidride carbonica. Un

Il Gruppo friulano, guidato da Massimo Blasoni, sta investendo molto, sia in Italia sia all’estero, nella costruzione e gestione di RSA per anziani, in stretta collaborazione con fondi di private equity nel settore immobiliare.

Massimo Blasoni - Presidente Sereni Orizzonti.

Gli edifici firmati Sereni Orizzonti

ospitano in media dai 90 ai 120 anziani non autosufficienti in camere singole

o doppie, sono attrezzati con

ambulatori medici e palestre riabilitative

per affrontare al meglio le disabilità

fisiche e psichiche e presentano soluzioni

all’avanguardia e a basso impatto

ambientale

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risultato notevole ottenuto grazie all’im-pianto fotovoltaico sul tetto, all’impianto solare termico per uso sanitario e riscal-damento, al recuperatore termodinamico del calore contenuto nell’aria espulsa e alla pompa di calore ad alta efficienza che in gran parte utilizza energia rinno-vabile.

Il verde terapeuticoIntorno a ciascuna nuova RSA non man-cano spazi verdi attrezzati, nei quali svolgere anche attività di giardinaggio e orticoltura. In alcuni casi viene anche progettato un “giardino della memoria” capace di sollecitare i sensi e le capacità cognitive degli ospiti malati di Alzhei-mer grazie a una selezione di piante con una naturale distribuzione cromatica così come ad aree aromatiche che emet-tono profumazioni intense al solo tatto. Da questi investimenti privati trae bene-ficio anche il verde gestito dal Comune, che in sede di compensazione degli oneri urbanistici spesso richiede all’azienda il ripristino di giardini pubblici ormai de-gradati.“Si tratta di opere importanti, a basso

impatto ambientale, che vanno a soddi-sfare un bisogno di welfare alla persona sempre più sentito dalle stesse Ammi-nistrazioni locali e che, tra l’altro, ga-rantiscono nuova occupazione a diverse figure professionali: Direttori di struttu-ra, personale amministrativo, medici ge-riatri, infermieri, fisioterapisti, operatori sociosanitari, assistenti sociali, psicolo-gi, educatori, podologi, cuochi e perso-nale ausiliario” osserva Simone Bressan, AD della Holding. n

www.sereniorizzonti.it

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PROTAGONISTI

28 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Roberto De FilippisCon la consulenza del dottor Marco Masina, presidente del 33esimo Congresso Nazionale SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedaliera Territoriale) e direttore dell’Unità di Geriatria dell’Ospedale di Bentivoglio (Bo)

Il geriatra, una figura di riferimento per le Rsa

All’interno delle Rsa viene ospi-tato un numero sempre cre-scente di anziani con fragilità e afflitti da problemi clinici. In

queste strutture, la presenza di un geria-tra sarebbe più che auspicabile, poiché contribuirebbe notevolmente a migliora-re la qualità della vita di tali persone.

Una presenza irrinunciabile“Il supporto di questo specialista in una Rsa è importantissimo per non dire fon-damentale”, conferma il dottor Marco Ma-sina, presidente del 33esimo Congresso Nazionale SIGOT (Società Italiana di Ge-riatria Ospedaliera Territoriale) e diretto-re dell’Unità di Geriatria dell’Ospedale di Bentivoglio (Bo). “Infatti, è utile per evitare errori di due generi. Da un lato, quelli conseguenti alla considerazione, sbagliata seppur diffusa, che i problemi da cui sono afflitti gli anziani siano qua-si ineluttabili in quanto collegati all’età avanzata. Dall’altro lato, quelli che deri-vano da un approccio nei confronti dell’ospite centrato sulla malattia (o sulle malattie) invece che sulla persona valutata nella sua globalità poiché in pre-senza di più patologie si corre il rischio di un eccessivo e pericoloso ricorso ai medicinali. La geriatria ha sviluppato un

Insieme agli altri professionisti che operano in tali strutture, questo specialista deve offrire il proprio contributo con l'obiettivo di migliorare il benessere degli ospiti

“NATURALMENTE” FRAGILINell’anziano, la fragilità è una condizione parafisiologica: anche quando è in eccellenti condizioni di salute è comunque più fragile di una persona giovane. Con il passare degli anni si acquisisce una fragilità da intendere come una superiore vulnerabilità nei confronti degli agenti esterni dovuta alla ridotta capacità dell’organismo di mantenere l’equilibrio omeostatico, che è precario anche negli over 65 sani. “La fragilità non è dunque soltanto l’effetto della malattia, ma è quel fattore che espone l’anziano a danni conseguenti a una patologia superiori a quelli che si verificano nei giovani e negli adulti”, commenta il dottor Masina.

“Non bisogna credere che i problemi da cui sono

afflitti gli anziani siano quasi ineluttabili in quanto collegati all’età avanzata”

Il dott. Marco Masina.

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modello clinico-assistenziale chiamato ‘Comprehensive Geriatric Assessment’ che ha dimostrato di ridurre la mortalità e la istituzionalizzazione dopo un evento acuto, ma che è applicabile e porta bene-fici anche in tutti i setting assistenziali. La conoscenza geriatrica è dunque fon-damentale all’interno di una casa di ripo-so. Qualora non fosse possibile disporre di uno specialista in geriatria, si potrebbe supplire a tale carenza attraverso un me-dico internista con formazione in ambito geriatrico acquisita, per esempio, attra-verso un Master in Geriatria”, suggerisce il dottor Masina.

Va creato il giusto climaÈ abbastanza raro che in strutture come le Rsa entrino anziani autosufficienti. Al contrario, la maggior parte degli ospiti del-le case di riposo è costituita da over 65 non autosufficienti che soffrono di una o più malattie. La notevole fragilità di un ospite è quasi sempre conseguente a una malattia che ha limitato l’autosufficienza del sog-getto (vedi box “Naturalmente fragili”). “Nelle Rsa è fondamentale che gli sfor-zi siano indirizzati alla creazione di un ambiente positivo per gli anziani. Per-

UN CONGRESSO MOLTO INTERESSANTEAl Congresso Nazionale della SIGOT è stato valutato l’anziano sotto diversi punti di vista. Tra i temi più importanti trattati vi sono stati la trasformazione della persona (perdita di massa muscolare, riduzione della densità ossea eccetera) durante l’invecchiamento, la gestione dell’ictus cerebrale e della frattura del femore nelle quali il geriatria opera a fianco allo specialista d’organo (neurologo e ortopedico) con modelli assistenziali multidisciplinari ben definiti dalla letteratura, le patologie cardiache (soprattutto scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e trombo embolia polmonare), le demenze, il diabete, le infezioni (con attenzione ai germi multi-resistenti), la prevenzione delle ulcere cutanee e il dolore nell’anziano.

Si possono curare gli anziani con scompenso cardiaco modificando anche ogni giorno la

terapia diuretica

ché questo si realizzi il geriatra ha però bisogno della stretta collaborazione de-gli altri professionisti (fisioterapisti oc-cupazionali, infermieri, Oss, animatori) che operano nella struttura. Infatti, è soltanto grazie al lavoro di squadra che è possibile creare un ambiente di recupero inteso in senso più ampio rispetto alla classica riabilitazione degli ospedali, il quale preveda anche la partecipazione dell’ospite, laddove possibile, a progetti che lo gratifica-no e fanno aumentare la sua autostima”, sottolinea il dottor Masina.

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PROTAGONISTI

30 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

Non solo farmaciSoprattutto all’interno delle Rsa i geriatri hanno a che fare con anziani colpiti da patologie croniche progressive, in parti-colare demenze e malattia di Parkinson, ma anche scompenso cardiaco e Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva). In presenza di tali problemi, spesso la te-rapia non consente di guarire, ma soltan-to di alleviare i sintomi. Soprattutto nei confronti di questi pazienti l’approccio alla malattia (o alle malattie) deve essere personalizzato. Per esempio, le demenze possono mani-festarsi in modi molto diversi tra loro, con modificazione dell’umore e disturbi del comportamento. “In quest’ultimo caso, l’anziano agitato è spesso gestito con

UNA RETE CONNESSANel corso del recente Congresso Nazionale della SIGOT (Società Italiana di Geriatria Ospedaliera Territoriale) è emersa soprattutto la necessità della creazione di una rete sul territorio che assista gli over 65. Tale rete deve essere composta da strutture fra loro integrate. Tra tutti i soggetti pubblici e privati che ne fanno parte deve esservi collaborazione e comunicazione. Con le loro competenze, i geriatri possono contribuire non solo alla risoluzione dei problemi sanitari, ma anche a migliorare a 360 gradi la qualità di vita degli anziani.

farmaci antipsicotici, che però, più che tranquillizzarlo, spesso lo bloccano nei processi di ideazione, nel comportamen-to e nella mobilità, determinando una sofferenza fisica e aumentando i rischi di caduta. Approcci non farmacologici pos-sono essere spesso ugualmente efficaci senza presentare questi effetti indeside-rati. Un esempio, già testato in tante Rsa, è rappresentato dall’utilizzo di particolari bambole che tranquilliz-zano l’anziano demente con disturbi del comportamento, stimolando l’i-stinto innato della cura dei cuccio-li”, spiega il dottor Masina.Negli ospiti con la malattia di Par-kinson va prestata molta attenzione ai fenomeni di disfagia, scegliendo cibi adeguati e, nelle fasi non ancora troppo avanzate, facendo svolgere loro un’at-tività fisica mirata a contrastare i danni motori meglio dei farmaci. Per quel che concerne lo scompenso cardiaco un approccio basato sul monitoraggio del peso, l’idonea idratazione e l’adeguamen-to della terapia diuretica, modificandola anche quotidianamente in base alle esi-genze del singolo ospite, può ridurre le ri-ospedalizzazioni, a tutto vantaggio del-la qualità di vita dell’anziano. n

“Il modello clinico-assistenziale

‘Comprehensive Geriatric Assessment’ ha dimostrato di ridurre la mortalità e la istituzionalizzazione dopo un evento acuto, ma porta

benefici anche in tutti i setting assistenziali”

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31SESTA STAGIONE - ottobre 2019

Disfagia: la dieta va personalizzataÈ questa la soluzione migliore per far fronte a tale disturbo, che interessa una percentuale elevata degli ospiti delle Rsa

La disfagia può essere definita come qualsiasi anomalia del pro-cesso di deglutizione intesa come sensazione di difficile o ostruito

passaggio del cibo attraverso la bocca, la faringe oppure l'esofago. Di questo pro-blema soffrono molti degli ospiti delle Rsa (vedi box “Dove è diffusa”).

Difficoltà a deglutireLa disfagia si può manifestare attraver-so la mancanza di capacità da parte del soggetto di preparare il bolo alimentare e/o di farlo procedere lungo il cavo orale oppure in un individuo in cui risultano compromesse una o più fasi della deglutizione (vedi box “Come avviene la deglutizione”); queste difficoltà pos-sono presentarsi per la deglutizione dei cibi solidi, dei cibi liquidi (saliva com-

presa) o di entrambi.Le cause della disfagia possono essere molteplici. Può infatti essere dovuta a un'alterazione fisiologica della degluti-zione, che si manifesta nell'anziano sano e che si instaura in seguito ai cambia-menti a carico della cinetica dell'atto di deglutizione e alla riduzione della massa e della forza dei muscoli coin-volti in quest'azione. Ciò si verifica in circa il 20% degli over 50. Inoltre, un soggetto può diventare disfagico a segui-to di eventi patologici che determinano l'insorgenza di tale disturbo.

Serie conseguenzeIn caso di disfagia, le conseguenze pos-sono essere molteplici e tutte pericolose per la salute. Può verificarsi l’aspirazio-ne del cibo, che può arrivare alle vie ae-

di Roberto De FilippisCon la consulenza della professoressa Mariangela Rondanelli, associato in Scienze e Tecniche Dietetiche dell’Università di Pavia e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Riabilitazione a Indirizzo Metabolico dell’Istituto di Riabilitazione Santa Margherita di Pavia

La prof.ssa Mariangela Rondanelli.

“Va fornita la migliore dieta non solo dal punto di

vista dei fabbisogni nutrizionali, ma anche sotto l’aspetto della

sicurezza e della palatabilità degli

alimenti”

GESTIONE

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32 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

GESTIONE

ree provocando un aumento degli episo-di broncoinfettivi, tra cui la polmonite ab ingestis, e aumentare la mortalità dell'anziano. Può inoltre essere causa di una ridotta introduzione alimentare (ipo-fagia), che porta verso un quadro di mal-nutrizione proteico-calorica (MPC) che, se non riconosciuto e corretto, conduce verso stati carenziali conclamati, fino alla cachessia grave. Può manifestarsi anche un ridotto introito di liquidi, che può provocare disidratazione e carenze di minerali e vitamine. “Un paziente disfagico è quindi un sog-getto in cui si ha un abbassamento della qualità della vita che compor-ta anche un'involuzione di tutte le attività fisiche e psichiche”, osserva la professoressa Mariangela Rondanelli, associato in Scienze e Tecniche Dieteti-che dell’Università di Pavia e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ria-

bilitazione a Indirizzo Metabolico dell’I-stituto di Riabilitazione Santa Margheri-ta di Pavia. La letteratura scientifica ha dimostrato che nelle Rsa la percentuale degli ospiti affetti da disfagia malnutriti va dal 12% al 60%.

Diete mirateLe persone disfagiche devono seguire una specifica dieta con una consistenza reologica stabilita, che dipende dall’en-tità della disfagia. “L’indicazione degli alimenti e delle loro caratteristiche deve essere personalizzata sulla base delle problematiche specifiche del soggetto. Nella scelta dei cibi da somministrare al paziente disfagico è quindi necessa-rio prestare molta attenzione ad al-cune caratteristiche degli alimenti, al fine di fornire la migliore dieta non solo dal punto di vista dei fabbisogni nutrizionali, ma anche sotto l’aspetto della sicurezza e della palatabilità degli alimenti”, spiega la professoressa Ron-danelli.

Tipo 1La dieta per disfagia di tipo 1 (soggetti con una severa compromissione nella deglutizione dei liquidi) prevede ali-menti dalla consistenza elevata (semi-solidi), mentre vanno evitati quelli poco compatti, che si frammentano in picco-li pezzi quali pane, riso, carne tritata; quelli con consistenza diversa, come il minestrone; quelli che si sciolgo-no velocemente in bocca, come gelati, frappè, miele, marmellata e cioccolato. È sconsigliata l'assunzione di qualsiasi liquido tal quale; tutti i liquidi (com-presa l'acqua), semiliquidi e soluzioni liquide devono essere addizionati con addensanti naturali o preparati indu-striali per far assumere loro una consi-stenza semisolida. Se il soggetto assume farmaci, questi possono essere aggiunti alle puree di frutta o somministrati per via parenterale.Gli alimenti raccomandati in questo caso

COME AVVIENE LA DEGLUTIZIONELa deglutizione è un'azione complessa volta a trasferire il cibo e i liquidi ingeriti dalla bocca allo stomaco, proteggendo le vie aeree. La sequenza di azioni che compongono la deglutizione inizia in modo volontario ma, una volta innescata, procede spontaneamente. Durante questo processo si possono identificare tre fasi, che sono sincronizzate, coordinate, sequenziali, simmetriche e specifiche in ogni individuo: • fase orale o buccale (volontaria), che inizia con la

preparazione del bolo e poi la spinta del bolo contro il palato duro;

• fase faringea (involontaria), che comincia quando il bolo viene a contatto con gli archi palatali o con la parete posteriore della faringe o con entrambi;

• fase esofagea (involontaria), che inizia con l'apertura dello sfintere esofageo superiore; una volta avvenuto il passaggio del bolo, questo viene spinto dai movimenti peristaltici fino allo sfintere esofageo inferiore.

DOVE È DIFFUSALa prevalenza della disfagia è evidente nelle persone istituzionalizzate o affidate a cure domiciliari (60%) ed è frequente nei soggetti che presentano un quadro clinico con patologie neurologiche, come nei pazienti affetti dal morbo di Parkinson (20-40%); infine, aumenta significativamente dopo i 75 anni (45%).

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33SESTA STAGIONE - ottobre 2019

I CONSIGLI DELL’ADAUn’altra impostazione dietetica è quella che è stata codificata dall’ADA (Academy of Nutrition and Dietetics)DISFAGIA LIEVE (caratterizzata da modesta ritenzione di cibo in bocca o faringe eliminabile spontaneamente e aspirazione nelle vie aeree solo dei liquidi con tosse). Va seguita una dieta di transizione che richiede capacità di masticare e deglutire; consistenze differenti e liquidi sono tollerati; non sono tollerati solo cibi di consistenza dura.DISFAGIA LIEVE-MODERATA (contraddistinta da ritenzione di cibo in bocca o faringe eliminabile con una deglutizione e aspirazione nelle vie aeree con tosse). La dieta richiede capacità di masticare, consistenze differenti possono essere tollerate. Tollerati cibi di consistenza soffice o tritati con pezzi non superiori a circa mezzo centimetro; è preferibile amalgamare. I liquidi possono essere tollerati.DISFAGIA MODERATA-GRAVE (caratterizzata da ritenzione di cibo in bocca o faringe eliminabile con più deglutizioni e aspirazione nelle vie aeree senza tosse). La dieta deve essere costituita da alimenti finemente tritati, omogenei, ben amalgamati (consistenza purea/budino). I liquidi non sono tollerati: è richiesto addensante.

sono: carne e pesce frullati o omoge-neizzati; formaggi morbidi (formaggini, robiola, mascarpone); purea di verdura senza residui e succhi di verdura densi; creme di frumento o di riso; purea o frul-lato denso di frutta senza buccia e sen-za semi, succhi di frutta densi, banane schiacciate; creme al cucchiaio, sorbet-ti, budini, bavarese, panna cotta; yogurt senza frutta, latte intero addensato.

Tipo 2La dieta per disfagia di tipo 2 (soggetti meno compromessi o con problemi a livel-lo faringeo) è indicata nei seguenti casi: • parziale incapacità nella preparazione

del cibo;• difetto nel transito faringeo (disfunzio-

ne faringea, rallentamento del transito faringeo).

Gli alimenti che fanno parte di questa dieta devono avere una consistenza mor-bida, mentre vanno evitati quelli poco compatti, secchi e croccanti; la frutta deve essere sbucciata. I liquidi sono suf-ficientemente tollerati, ma prestando at-tenzione all'inizio dell’assunzione. I far-maci possono essere assunti sotto forma di gocce aggiunte agli alimenti o come sciroppi addensati.I cibi raccomandati per questa dieta sono gli stessi della dieta per la disfagia di tipo 1, a cui si può aggiungere pane morbido, cereali sciolti nel latte caldo, riso, pasta di piccolo formato molto cotta, crespelle, lasagne, purea di riso o cere-ali; carne in piccoli pezzi, carne tritata e pesce cucinati al vapore o col sugo di pomodoro senza grassi; uova alla coque, in camicia o strapazzate; verdura cotta, avendo cura di evitare le parti fibrose, quali coste o gambi; zuppe di verdura con piccoli pezzi o passati di verdura o purea di verdura; frutta sotto forma di omogeneizzato, purea, spremuta o frul-lata, frutta cotta o in scatola senza buc-cia. Possono essere assunte acqua e altre bevande (facendo attenzione all'inizio) e integratori nutrizionali addensati.

Tipo 3La dieta per disfagia di tipo 3 (sog-getti con una disfagia per i solidi e che non hanno problemi nell'as-sunzione di liquidi) è raccomanda-ta nei seguenti casi:• normale capacità di formare il

bolo;• difetto nel transito esofageo o fa-

ringeo a causa di ostruzione;• diminuita capacità di masticazione.I pazienti che seguono questa dieta ma-sticano i cibi triturati, ma li devono di-luire. Perciò, sono proposti alimenti di consistenza liquida o semiliquida, men-tre sono sconsigliati gli alimenti crudi, secchi, croccanti e poco compatti. I li-quidi sono tutti ben tollerati e sono mol-to importanti gli integratori nutrizionali. Gli alimenti consigliati sono pane morbi-do o appena tostato, pancarrè, crackers e cereali sciolti nel latte caldo; semolino; latte e derivati; yogurt; carne frullata; creme e purea di verdure; purea di legu-mi; purea di frutta, dolci morbidi, creme e budini; tutti i condimenti graditi al pa-ziente e tutte le bevande. n

Nelle Rsa la percentuale degli ospiti affetti da

disfagia malnutriti va dal 12% al 60%

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34 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

GESTIONE di Clara Frattini Avvocato

La vicenda A chi spetta il pagamento della retta, rec-tius, della quota alberghiera della retta, per il ricovero nelle R.S.A. di una per-sona malata di Alzheimer? La vicenda giudiziaria che trattiamo in questo arti-colo costituisce l’occasione per delinea-re, seppure in maniera molto sommaria, il complesso e controverso tema inerente la questione di chi sia tenuto a farsi ca-rico della spesa di degenza di un malato di Alzheimer, a seguito del principio giu-ridico emesso dalla Corte di Cassazione, in primo luogo con le sentenze 4558/12 e n. 22776/16. In particolare, il caso ha ad oggetto la causa di opposizione a decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dall’Ente Gestore di una R.S.A. lombarda – da me legalmente assistita - con posti letto accreditati con la Regione e contrattualizzati. Il Tribunale di Milano, con tale pronun-cia, ha respinto l’opposizione proposta dalla figlia dell’Ospite, parte attrice, de-cidendo, così, in modo favorevole per la R.S.A., convenuta in giudizio per con-testare il credito vantato dalla Struttura sociosanitaria, chiedendo al contempo la restituzione di quanto già versato come retta. L’Ospite, infatti, dopo un iniziale rego-lare pagamento della retta, ad un certo punto lo aveva interrotto, in forza del principio di diritto enunciato dalle ci-tate sentenze della Corte di Cassazione,

secondo il quale anche la quota alber-ghiera dovrebbe essere posta totalmente a carico del S.S.R. in quanto per i malati di Alzheimer, ad uno stadio grave, non sarebbe possibile scindere le prestazioni alberghiere-socioassistenziali da quelle sanitarie.La R.S.A. otteneva il rigetto di tutte le domande giudiziali proposte dalla fami-liare e la condanna di quest’ultima a pa-gare quanto dovuto per la degenza, oltre alle spese legali di controparte.In tale modo, l’Autorità Giudiziaria ha accolto integralmente la tesi della difesa della R.S.A., ritenendo del tutto valido il contratto di ingresso stipulato tra la R.S.A. e l’Ospite e dichiarando la fami-liare dell’ospite tenuta a pagare quanto richiesto dalla R.S.A. per la degenza.La vicenda - come le altre per simili casi - ha importanti risvolti economici. Sono gli enti gestori, infatti, che devono interfacciarsi quotidianamente con le fa-miglie che magari conoscono da anni, gli enti gestori che devono investire risorse economiche per recuperare i propri cre-diti spesso nei confronti di chi fino a quel momento ha puntualmente ottemperato ai propri obblighi e sono sempre gli enti gestori che devono affrontare l’alea, os-sia il rischio di un contenzioso. La giurisprudenza allo stato ha fornito solo risposte parziali e spesso discor-danti agli interrogativi che gravano sugli erogatori.

Per il Tribunale di Milano la quota alberghiera rimane a carico dell’Ospite (o del Comune di residenza, ove sussistano le condizioni di reddito)

Alzheimer: a chi spetta il pagamento della retta?

Clara Frattini - AvvocatoSocio A.G.I.(Avvocati Giuslavoristi Italiani), si occupa di diritto del lavoro e di diritto civile, collaborando con primario studio legale milanese. È anche docente per enti di formazione (Master Giuristi d’Impresa), nonché redattrice della rivista online Il Giornale delle PMI.

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35SESTA STAGIONE - ottobre 2019

Il quadro normativo La retta nelle R.S.A., secondo la norma-tiva regionale e nazionale vigente in ma-teria, è costituita da due parti distinte: la quota sanitaria e quella alberghiera. In Lombardia, la quota sanitaria, stabilita per legge pari al 50% della retta totale, è a carico del Servizio Sanitario Nazio-nale/Fondo sanitario Regionale ed è cor-risposta dalla Regione agli enti gestori delle R.S.A..Tale quota è determinata in funzione delle condizioni sanitarie dell’utente. La quota alberghiera, inve-ce, è a carico dell’Utente e/o del Comune di residenza, nel caso sussistano le con-dizioni di reddito.

La giurisprudenza Il panorama giurisprudenziale sul tema della competenza al pagamento delle ret-te dei malati di Alzheimer ricoverati in R.S.A. è contrastante.In particolare, due sono gli orientamen-ti contrapposti in materia: da un lato, vi sono sentenze (tra le più recenti si segna-lano quelle del Tribunale di Monza, Mi-lano e Brescia) che hanno condannato le R.S.A. a restituire ai familiari di persone affette dal morbo di Alzheimer la spesa sostenuta per la retta, dall’altro lato, in-vece, sentenze che hanno riconosciuto la legittimità della richiesta dei pagamenti da parte delle R.S.A.. Il contrasto da tempo ha aperto la strada ad una serie di interrogativi e di ricadute pratiche, sia per le strutture sociosani-tarie ospitanti, sia a livello generale di sistema.Orbene, la già citata sentenza del Tri-bunale di Milano si è espressa a favore della R.S.A., chiamata in causa dal fami-liare di un Ospite poi deceduto. Di seguito alcuni punti fondamentali della decisione. Il Tribunale di Milano, in sostanza, ha ritenuto la figlia dell’Ospite affetto dal morbo di Alzheimer, nella sua qualità di erede, tenuta a pagare quanto dovuto per la degenza del padre, oltre a rifondere le

spese di lite in favore della R.S.A., con-siderando che in quel caso le prestazioni erogate dalla R.S.A. fossero da ricondur-si nell’ambito delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, i cui costi attualmen-te si ripartiscono, come previsto dalla normativa vigente, per il 50% a carico del SSN/R ed il restante 50% a carico dell’Utente/Comune di residenza.Secondo detta sentenza, infatti, la malat-tia di Alzheimer, “... va inquadrata tra le patologie degenerative tipiche dell’anzia-no…. non ha una fase post acuta o, co-munque, di breve durata e definita, nella quale intervenire in modo intensivo, ma richiede lunga assistenza presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limitazioni di autonomia non assistibili a domicilio... omississ... in generale nelle R.S.A. le prestazioni di na-tura sanitaria (esami, diagnostica, etc. ) sono erogate solo saltuariamente e sempre in strutture esterne (ospedali e poliambu-latori)...”.

Considerazioni finali La recente sentenza del Tribunale di Milano ha, dunque, posto l’attenzione ancora una volta su problematiche di fondamentale importanza per le persone malate di Alzheimer e i loro familiari, in un quadro normativo che vede la riparti-zione della spesa delle RSA tra il sociale e il sanitario e il conseguente livello di compartecipazione privata al costo dei servizi dipendere dalle scelte politiche regionali sul livello di equità nell’ero-gazione del servizio che si vuole deter-minare, dalla dimensione del bisogno e dalle risorse a disposizione. n

Il Tribunale di Milano, in sostanza, ha ritenuto la figlia

dell’Ospite affetto dal morbo di Alzheimer,

nella sua qualità di erede, tenuta a

pagare quanto dovuto per la degenza

del padre, oltre a rifondere le spese

di lite in favore della R.S.A. considerando che in quel caso le prestazioni erogate dalla R.S.A. fossero

da ricondursi nell’ambito delle

prestazioni sociali a rilevanza sanitaria

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GESTIONE

36 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di Benedetta Bertani

La dimissione protetta è la dimis-sione da un reparto di degenza di un paziente che ha proble-mi sanitari o sociosanitari per

il quale è necessario definire una serie di interventi terapeutico-assistenziali al fine di garantire la continuità assisten-ziale. Lo scopo di questa pratica è quello di offrire risposte assistenziali appro-priate a seconda del singolo paziente e diminuire in conseguenza il numero e la durata delle degenze ospedaliere, evi-tando di trattenere inutilmente pazienti che non necessitano di interventi tera-peutici particolari. Non sempre però le dimissioni risultano in realtà di così semplice soluzione, so-prattutto in alcuni casi particolari, come ci spiega Luca Croci, Direttore della RSA Il Palio a Legnano (MI) e Respon-sabile dell’Ufficio di Pubblica Tutela dell’ATS Insubria. “Sono generalmente riconducibili a tre le situazioni critiche quando si parla di dimissioni protette: quando i pazienti vengono dimessi da reparti di cure intermedie dove è possibile rimanere, di norma, per un massimo di 60 giorni a carico del SSR, prorogabili per altri 30 (dopo i quali non è più possibile restare in struttura, pena l’occupazione illecita di un posto letto); quando le dimissioni – in questo caso si tratta solitamente di ospiti anziani di RSA – sono dettate da situazioni di morosità e quando si in-terrompe il rapporto di fiducia tra paziente/famiglia e la struttura, ossia quando l’equipe medico-assistenziale si scontra con i famigliari sulla gestione e

la cura del loro caro. Quando ci si tro-va di fronte a una di queste situazioni, i problemi da affrontare sono di diverso ordine. In primis quello di dove colloca-re l’anziano una volta dimesso forzata-mente dalla RSA o dal reparto di cura; in secondo luogo per l’ente gestore vi è il problema di interruzione del pubblico servizio e di abbandono di incapace, ol-tre ad un contratto di ospitalità da rispet-tare” spiega Luca Croci. “Le famiglie spesso si rivolgono ad Asso-ciazioni per la difesa dei diritti degli as-sistiti per opporsi alle dimissioni forzate, adducendo proprio le motivazioni sopra citate. Spesso, gli Enti non conoscen-do la normativa, forniscono indicazioni fuorvianti. Inoltre, a favore delle fami-glie di malati affetti da demenza, ci sono oggi alcune sentenze, tra cui quella del Tribunale di Monza del 2015 che ha dato

Dimissioni protette di un paziente anziano o affetto da demenza: una questione di grande attualità

La continuità assistenziale e le dimissioni protette

Luca Croci.

Sono generalmente riconducibili a tre le situazioni critiche quando si parla di dimissioni protette

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37SESTA STAGIONE - ottobre 2019

ragione alla famiglia di un ospite malato di Alzheimer dimesso per morosità e che è risultato, invece, completamente a ca-rico della Regione Lombardia. Regione Lombardia ha poi chiarito con la DGR 1046 del 2018 dal titolo “Precisazioni in merito agli oneri di ricovero in RSA per ospiti malati di Alzheimer” che le persone affette da Alzheimer o da altre forme di demenza ricoverate in RSA la cui tipologia di ricovero, per durata e tipo di prestazioni, risulta riconducibile al regime di lungo assistenza sociosani-taria, rientrano nella tipologia di persone non autosufficienti per le quali l’onere del ricovero non grava interamente sul FSR. È prevista pertanto la comparte-cipazione al costo del servizio da parte della persona ricoverata nella misura del 50% in conformità al principio di cui al DPCM 29.011.2001. Nel caso la stessa non possa sostenere l’onere della retta, è previsto un intervento economico da parte del Comune di residenza, il quale definisce la soglia di accesso alla presta-zione agevolata, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159. Il problema richiede spesso un approfondi-mento da parte della struttura, andando a capire – e qui risulta fondamentale la figura dell’Amministratore di sostegno –

perché la famiglia non paga la retta. Ci troviamo, infatti, in un momento storico in cui molte famiglie possono avere seri problemi nel poter mantenere il proprio genitore malato cronico e non autosuffi-ciente in una casa di riposo se la pen-sione, o gli averi, di quest’ultimo non sono sufficienti per pagare la retta. Altra situazione da chiarire è capire se l’ospi-te /il paziente dimesso abbia bisogno di un altro percorso di assistenza/cura e, in caso, in quale tipo di struttura. Ma-gari, infatti, l’ospite dimesso da un RSA avrebbe avuto comunque bisogno di un ricovero di tipo ospedaliero, quindi non si tratta di abbandono della persona ma di cambiare il tipo di assistenza. Come ci tengo a sottolineare comunque – con-clude Croci – bisogna tenere sempre in considerazione il fatto che il diritto alla salute e alla cura è e resta della persona (che sia paziente, ospite..) e dunque, fin-ché ne è in grado, deve potersi autode-terminare”. n

Residenza I Laghi Via Molino, 12/C- Montorfano (CO)

martedì 17 settembre 2019ore 20.45

“Un familiare affetto dademenza...che fare?”

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, Luca Croci introdurrà unaserata-dibattito indagando le tematiche relative all’amministrazione di sostegnoe ai supporti burocratici e sanitari a disposizione dei caregivers.

Un'iniziativa per la Giornata Mondiale dell'Alzheimer

INGRESSO LIBERO

bisogna tenere sempre in

considerazione il fatto che il diritto alla salute e alla

cura è e resta della persona (che sia

paziente, ospite..) e dunque, finché ne è

in grado, deve potersi autodeterminare

Una pagina Facebook dedicata all'argonento e un gruppo dedicato agli Amministratori di Sostegno dove gli utenti possono scrivere se hanno bisogno di un confronto o di un suggerimento.Pagina Facebook: https://www.facebook.com/civilMENTEsocialMENTEdegnaMENTE/Gruppo Amministratori di Sostegno: https://www.facebook.com/groups/amministrazionedisostegno/

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GESTIONE

Osteopatia, un’alleata contro i problemi croniciQuesta disciplina può essere molto utile nel trattare numerose malattie che affliggono gli anziani

Attualmente, circa il 25% de-gli italiani soffre di una o più malattie croniche. Anche alla luce del progressivo aumento

dell’età media della popolazione, que-sta percentuale è destinata a crescere in futuro. Per far fronte alla comparsa di tali patologie, in base al recente focus dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane elaborato dall’U-niversità Cattolica di Roma, è necessario un profondo cambiamento che incida sia sulle abitudini di vita sia sulle forme di prevenzione.

Inquadramento “multipiano”Già oggi, l’osteopatia può offrire un pre-zioso contributo nella gestione dei pa-zienti con disturbi cronici, in particola-re quelli molto fragili, come molti degli ospiti delle Rsa. “L’osteopatia è una di-sciplina che realizza, attraverso la pal-pazione percettiva e la manipolazione, il suo intervento su un ragionamento clini-

co basato non sulla malattia, ma rivolto alla persona. L’obiettivo è di inquadrare e aiutare il paziente che, in relazione al motivo di consulto, attua con difficoltà strategie compensative collegate al so-vraccarico già adattativo locale e genera-le acquisito con l’età”, premette il dottor Marco Castioni, fisioterapista e osteo-pata all’Irccs Istituto Ortopedico Gale-azzi di Milano. “Il paziente anziano, in particolare con un quadro disfunzionale cronico, è un soggetto fragile perché ha perso, in parte o del tutto, la capacità di sopperire con processi di autoguarigione alle disfunzioni del proprio organismo. L’intervento dell’osteopata consiste nella gestione delle problematiche del pazien-te in base alle caratteristiche specifiche e uniche del suo organismo”. In altre pa-role, il corpo di ciascun individuo, an-ziani compresi, dispone di meccanismi di autoregolazione e il lavoro di tale pro-fessionista consiste proprio nell’aiutare i pazienti nell’agevolare i propri percorsi

Il dott. Marco Castioni.

di Cecilia CiotolaCon la consulenza del dottor Marco Castioni, fisioterapista e osteopata all’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.

L’intervento dell’osteopata può migliorare a 360 gradi la mobilità

dell’anziano

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di autoguarigione che, a causa della fra-gilità (comorbilità) tipica degli over 65, sono difficili da “trovare” e “innescare”. Per esempio, nel caso in cui un pazien-te avverta un dolore, ciò comporta l’at-tuazione di una strategia che obbliga il soggetto a tenere una postura che glielo attenui il più possibile; spesso, ciò porta a muoversi sempre di meno, con i rischi, sociali e fisici, che questa abitudine o necessità comporta. In tali circostanze, l’intervento dell’osteopata consiste pro-prio nel favorire tramite la manipolazio-ne la messa in atto da parte dell’anziano di correzioni specifiche e finalizzate che gli consentano di ridurre il dolore, con effetti positivi non solo sul suo corpo, ma anche sulla sua vita di relazione.

Efficace per vari disturbiL’osteopatia può essere d’aiuto al pa-ziente anziano nel trattare numerose patologie croniche. Per esempio, il fi-siologico invecchiamento dell’organi-smo può accompagnarsi a problemi di tipo artrosico. L’intervento dell’osteopata contribuisce ad alleviare il più possibi-le il dolore conseguente a tali problemi, migliorando a 360 gradi la mobilità e la

motilità dell’individuo over 65. “Questo, però, non è l’unico ambito di intervento dell’osteopatia, che è efficace anche nel miglioramento della capacità di autore-golazione oltre che del sistema biomec-canico, anche dei sistemi circolatorio, respiratorio, neurologico, energetico me-tabolico e, di conseguenza, biopsicoso-ciale, aumentando la qualità di vita per riduzione dei sintomi grazie al processo di cura osteopatico attuato ”, conclude il dottor Castioni. n

LAVORO DI SQUADRAEssendo quello dell’osteopatia un approccio olistico nei confronti del paziente, è fondamentale che l’osteopata operi sempre a stretto contatto e quindi in sinergia con altre figure professionali. “Come qualsiasi altro soggetto, anche l’anziano deve essere analizzato in un quadro d’equipe multiprofessionale. Grazie alla stretta collaborazione con medici specialisti, medici curanti, fisioterapisti, infermieri, psicologi e assistenti sociali, l’osteopata è in grado di individuare le tecniche migliori per intervenire su un paziente anziano, anche quando è in condizioni di seria fragilità, senza metterne a repentaglio la sua salute”, osserva il dottor Castioni. È importante la diagnosi differenziale osteopatica, perché consente dunque di inquadrare il paziente, garantendo l’attuazione del miglior percorso di cura, privilegiando l’intervento del professionista specifico più appropriato, tutelando quindi il soggetto dagli eventuali eventi avversi dovuti dall’attività dello stesso osteopata, qualora non indicata dalla situazione specifica del caso concreto.

L’osteopata aiuta i pazienti a “riscoprire” i percorsi di

autoguarigione

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PRODOTTI E SERVIZI

40 SESTA STAGIONE - ottobre 2019

di A.V.

Nutri Age: il nuovo serviziodi nutrizione per la terza età

L’alimentazione è uno straor-dinario fattore di salute che si inserisce a pieno titolo nei percorsi di diagnosi e cura.

Per questo motivo Elior, leader in Italia nella ristorazione collettiva, ha pensa-to alla soluzione NutriAge, un concept studiato sulle esigenze specifiche delle Residenze Sanitarie Assistenziali. Con NutriAge, Elior crea un nuovo stan-dard nella prevenzione e nel trat-tamento della malnutrizione e delle patologie correlate, migliora la quali-tà della vita degli ospiti più fragili e per-mette di riscoprire il piacere del cibo e della convivialità.NutriAge è stato ideato per le strutture che esternalizzano al 100% il proprio servizio di nutrizione e ristorazione (ge-stione in outsourcing), affidandosi così ad un partner altamente affidabile e pro-fessionale, capace di fornire un pacchet-to personalizzato in base alle specifiche esigenze di ogni singolo centro. Questo sistema innovativo è strutturato in 3 moduli interconnessi tra loro, ma in-dipendenti: NutriScreen, NutriPlan e NutriFood.

NUTRISCREEN: identificare e valutareQuesto modulo consente di avere un quadro completo della situazione nutri-zionale di ogni singolo paziente, attra-verso screening e mappatura delle esi-genze nutritive e anamnesi alimentare. Il medico o dietista Elior ha così la pos-sibilità di conoscere lo stato di salute e nutrizione dei pazienti per costruire dei menu personalizzati e adatti al miglio-

L’innovativa soluzione Elior per le RSA che mette la nutrizione al cuore della strategia di cura

ramento di salute del singolo individuo. Elior, attraverso partnership con specia-listi di settore, diventa un punto di rife-rimento anche nello screening nutrizio-nale e completa la sua gamma di servizi a supporto delle esigenze delle strutture socio sanitarie.

NUTRIPLAN: progettareNutriPlan è un programma alimentare appositamente studiato sulle esigenze dell’anziano (diete speciali, diete per patologie, diete rinforzate, ecc.) che ha la finalità di diminuire la malnutrizione presso le strutture sanitarie. Questo mo-dulo si pone molteplici obiettivi: ridurre l’utilizzo degli integratori, garantire un apporto certo di nutrienti, assicurare un corretto trattamento di diete e patologie e offrire un pasto ridotto in volume, ma arricchito in nutrienti. Grazie a questo modulo, gli ospiti hanno constatato un miglioramento nello stato di salute, oltre ad una riscoperta del piacere del cibo, possibile grazie a ricette speciali che esaltano i sapori e che stimolano la me-moria alimentare.

NUTRIFOOD: attuareÈ l’attuazione del piano nutrizionale secondo il modello operativo Elior. A seconda delle esigenze della struttura è possibile offrire diversi livelli di ser-vizio, sempre garantendo varietà dell’of-ferta, efficienza produttiva, igiene, qua-lità, equilibrio sul piano nutrizionale e riduzione degli investimenti e dei costi di gestione. NutriAge nasce da uno studio fatto sul

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campo, attraverso interviste e indagini per scoprire le reali esigente delle RSA e delle strutture sanitarie. Il risultato è un servizio snello ed efficiente che garanti-sce una migliore gestione delle spese e una riduzione dei costi. Ad esempio, tra gli elementi che incidono maggiormente sui costi delle RSA ci sono gli integratori alimentari. NutriAge prevede un’offerta food dove il cibo diventa un sostituto de-gli integratori, riducendo così il consu-mo di queste sostanze nutritive aggiunte. L’innovazione continua e la ricerca di nuove soluzioni è supportata dalla Food Academy Elior, dove si effettuano con-tinui test per capire come fortificare il pasto con elementi naturali e studiare nuove diete arricchite. E per le RSA che optano per l’autoge-stione? Chi gestisce con servizio di ri-storazione internalizzata può contare su “Nutriage Service Platforme”, la

suite di servizi a pacchetti ad alta com-petenza professionale (nutrizionali, di gestione intelligente delle derrate, di prevenzione, formazione e sicurezza) che garantiscono un innalzamento del livello di servizio e una maggior efficienza dei processi e delle risorse (vedi Sesta Sta-gione numero 57 - aprile 2019). n

www.elior.it/ristorazione/sanita

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PRODOTTI E SERVIZI

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di A.V.

Softwareuno lancia Cartella Utente 4.0

Cartella Utente 4.0 è la piat-taforma digitale dedicata alle strutture socio-sanitarie che desiderano gestire in maniera

ottimale il percorso di cura dell’utente, fin dalla presa in carico. L’applicativo è l’ultimo nato nella suite Softwareuno e si integra in un’offerta completa che sod-disfa le esigenze gestionali di strutture ed organizzazioni del mondo dei servizi alla persona. Paolo Galfione, Amministratore di Softwareuno: “Cartella Utente 4.0 è la soluzione unica per gestire presa in carico, contratto e profilazione utente, completamente integrata con il dossier socio-sanitario elettronico e la suite Softwareuno. Grazie ad un lavoro con-

Il nuovo strumento per la gestione digitale del percorso di cura è da oggi disponibile nella suite gestionale Softwareuno

giunto tra il reparto Ricerca e Sviluppo ed i nostri clienti, abbiamo ridisegnato completamente l’esperienza dell’utente e rivoluzionato l’architettura del sistema per creare una piattaforma che risponda alle nuove esigenze del settore: presa in carico e profilazione, scalabilità del si-stema e gestione multi-offerta. Un’espe-rienza di utilizzo semplice e immediata, che impiega percorsi guidati e workflow per snellire le procedure e facilitare la supervisione. Il primo passo nel percorso verso i servizi alla persona 4.0. è stato fatto”.Cartella Utente 4.0 è la risposta alle esi-genze di organizzazioni multi-servizio e multi-struttura e di tutte le realtà che operano sul territorio attraverso servizi

Il nuovo software integra inoltre il

dossier socio-sanitario elettronico, un vero e proprio workspace

digitale per la gestione di informazioni ed

attività relative all’utente e alla sua

gestione

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Grazie a soluzioni modulari e scalabili,

Softwareuno accompagna da oltre 25 anni con

successo le strutture clienti in un percorso

di digitalizzazione graduale, ma continuo,

rispondendo alle esigenze di un settore

in evoluzione

domiciliari diffusi (ADI/SAD). L’archi-tettura strategica della suite semplifica la gestione aziendale a favore di una maggiore efficienza, dematerializzando i

processi e riducendo il rischio correlato a trascrizioni ed interpretazioni errate o ridondanti.Il nuovo software integra inoltre il dos-sier socio-sanitario elettronico, un vero e proprio workspace digitale per la ge-stione di informazioni ed attività relative all’utente e alla sua gestione. Uno spa-zio di lavoro virtuale che aiuta il coor-dinamento dell’equipe e che favorisce la collaborazione e la condivisione dei dati e delle informazioni, snellendo le proce-dure e i processi e garantendo al contem-po sicurezza e tracciabilità.Grazie a soluzioni modulari e scalabi-li, Softwareuno accompagna da oltre 25 anni con successo le strutture clienti in un percorso di digitalizzazione graduale, ma continuo, rispondendo alle esigenze di un settore in evoluzione. Cartella Utente 4.0 rappresenta il primo passo del percorso verso i servizi alla persona 4.0. È possibile richiedere una demo del sof-tware al sito www.softwareuno.it. n

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PRODOTTI E SERVIZI

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di Roberto De Filippis

Il futuro è la cura a distanza

Grazie soprattutto ai notevo-li progressi tecnologici che si sono verificati negli ultimi anni, la telemedicina è una

realtà sempre più diffusa. I suoi vantaggi sono infatti molteplici: da un lato con-sente di monitorare lo stato di salute del paziente senza la necessità che quest’ul-timo si sposti dal proprio domicilio, mentre dall’altro permette al personale medico e infermieristico di “vigilare” a distanza, intervenendo di persona solo quando è realmente indispensabile, ri-sparmiando sui costi sanitari.

Referti in 15 minutiTelbios è un’azien-da che offre servizi di telemedicina che possono esse-re molto utili alle Rsa. Tra i più inte-ressanti vi è senza dubbio quello di

I servizi di telemedicina offerti da Telbios sono preziosi sia per le Rsa sia per i loro ospiti

telecardiologia, già in uso in alcune di queste strutture. “Grazie a tale servizio, è possibile eseguire un elettrocardio-gramma e inviarlo al centro servizi del-la nostra azienda, attivo 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno e composto da medici, infermieri e operatori spe-cializzati. Un operatore fornisce un pri-mo giudizio sulla refertabilità del trac-ciato e il cardiologo di turno si occuperà poi della stesura del referto, inviandolo alla Rsa, se necessario, in soli 15 minuti dalla ricezione dello stesso e comunque non oltre le 24 ore. Inoltre, in caso di ne-cessità è possibile parlare direttamente con lo specialista che ha refertato l’Ecg”, spiega Oreste Fasano, service center manager di Telbios. “Il tutto avviene nel pieno rispetto della privacy e garanten-do la sicurezza dei dati: nulla viaggia via email e le informazioni sono caricate su una piattaforma riservata”, aggiunge Ma-ria Romano, direttore ricerca&sviluppo e marketing dell’azienda. Il servizio di telecardiologia si rivela prezioso soprattutto nei momenti in cui nella Rsa non è presente il medico, per-ché permette di ovviare a questa assenza. Telbios può mettere a disposizione delle case di riposo sia l’elettrocardiografo sia il servizio di refertazione, ma anche solo quest’ultimo qualora la struttura dispon-ga già dell’apparecchio. Se si sceglie la soluzione completa (elettrocardiografo più refertazione), Telbios si occupa inol-tre della formazione sull’uso dell’ap-parecchio, di cui cura anche la manu-tenzione e l’assistenza tecnica.

UN’OFFERTA A 360 GRADIL’offerta di Telbios prevede sia la piattaforma informatica certificata, dispositivo medico di classe IIA, grazie a cui è possibile erogare e modificare une terapia farmacologica e su cui tutto è tracciato e storicizzato, sia il servizio di assistenza. La piattaforma evidenzia i trend chiaramente; così, per il medico non è difficile capire quando sia opportuno modificare la terapia farmacologica o effettuare ulteriori indagini, riducendo in questo modo gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri. Nel caso della teleassistenza, la Rsa potrebbe fornire tale servizio in solvenza ai singoli, garantendo ai caregiver la tranquillità di un intervento professionale h24.

Tutte le informazioni sono caricate su una piattaforma

riservata, assicurando il rispetto della privacy e la

sicurezza dei dati

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Il futuro è la cura a distanza

Assistenza continuaSoprattutto (ma non solo) per le Rsa che dispongono per alcuni dei loro ospiti di appartamenti protetti può rivelarsi pre-zioso un altro servizio offerto da Telbios: la teleassistenza. Il servizio teleas-sistenziale si avvale di uno strumento compatto e dalle dimensioni ridotte che si può agilmente indossare al collo; sem-plicemente premendo il pulsante del de-vice che l’assistito deve portare con sé, attraverso un dispositivo collegato alla linea telefonica fissa si invia un segna-le d’allarme alla centrale operativa. Ricevuto l’allarme, l’operatore parla, tra-mite telefono, con la persona per infor-marsi delle sue necessità. Inoltre, anche in assenza di allarmi ogni settimana dalla stessa centrale operativa si effettua una telefonata di cortesia per capire le necessità della persona. Utilizzando questo servizio sulla linea mobile, sarà possibile anche geolocaliz-zare l’individuo; tale servizio può essere d’aiuto, per esempio, per “controllare” gli ospiti con demenza non molto accen-tuata nelle Rsa con ampi giardini e spazi aperti.Anche il servizio di telemonitoraggio domiciliare può essere utile in una Rsa. Grazie a esso, che si basa su un hub da collegare alla presa elettrica e che comu-nica con i dispositivi tramite bluetooth, si possono infatti monitorare determi-nati parametri molto importanti per chi soffre di malattie croniche quali scompenso cardiaco, ipertensione, diabete e broncopneumopatia cro-nico ostruttiva (BPCO), informando il personale sanitario quando tali para-metri non rientrano nell’intervallo che il medico ha indicato come “normale” per il paziente in questione. Quindi, alla persona o agli operatori delle Rsa non è richiesto altro che effettuare le misura-zioni (glicemia, pressione eccetera). Se i valori non rientrano nel range indicato, allora si attiva subito un servizio infer-mieristico che, attuato un protocollo di

I servizi di telemedicina offerti da Telbios sono preziosi sia per le Rsa sia per i loro ospiti

PAROLA D’ORDINE: SEMPLICITÀTelbios è una società di servizi e soluzioni innovative per la cura della persona che fa parte del gruppo ab medica, azienda leader nella produzione e distribuzione di tecnologie medicali; in Italia, è stata tra le prime a occuparsi di telemedicina. Tutti i servizi della società sono progettati con criteri di usabilità, per cui per fruirne non è necessario disporre di una connessione a internet. Telbios gestisce e coordina i seguenti servizi e attività: • il telemonitoraggio, la telecardiologia e la televisita

specialistica per assicurare continuità tra ospedale e territorio; • la teleassistenza a supporto dell’area della fragilità sociale; •  la teleriabilitazione domiciliare; • il teleconsulto intra-ospedaliero e tra ospedali in un modello

hub&spoke.    

Con il telemonitoraggio, se i valori misurati non rientrano

nell’intervallo stabilito dal medico interviene subito un

infermiere

triage, se necessario richiede l’interven-to di un medico.Compresa nel servizio, è prevista pe-riodicamente una visita domiciliare da parte di un infermiere, mentre un medico visita il paziente a distanza uti-lizzando un dispositivo certificato per la televisita medica (vedi box “Un’offerta a 360 gradi”), a cui si possono collegare un elettrocardiografo e altri apparecchi. n

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PRODOTTI E SERVIZI

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di Letizia Rossi

I criteri per la progettazione del verde per le RSA

In che modo la progettazione del ver-de risponde ai bisogni di una struttu-ra dedicata all’anziano e quali sono le caratteristiche di un giardino a

misura di RSA? Partendo dall’evidenza scientifica che gli ospiti che hanno un ac-cesso fisico alla natura mostrano una se-rie di miglioramenti in molti aspetti del-la loro vita, a livello fisico e psicologico, Giulio Senes – docente di Progettazione del Paesaggio presso la Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari dell’Università degli Studi di Milano – spiega quali sono le ca-ratteristiche di uno spazio verde destinato alla terza età, e non solo.«È dimostrato che alcuni accorgimenti progettuali modificano la quantità di tem-po che un anziano decide di trascorrere in giardino. Obiettivo generale della pro-gettazione degli healing gardens, i giar-dini terapeutici, è dunque favorire il più possibile il contatto delle persone con gli elementi naturali. Un esempio banalissi-mo: la soglia della porta di passaggio tra l’edificio e il giardino, può rappresentare un ostacolo (anche di pochi centimetri), e portare ad una riduzione fino al 50% del numero degli anziani che escono».Il contatto con il giardino può avvenire a diversi livelli e modalità, su una scala che

va dal passivo (l’essere seduti sulla soglia) all’attivo (le attività di manipolazione de-gli elementi naturali, come l’ortoterapia).«Tutto deve essere pensato in funzione delle persone, in modo da incentivare l’utilizzo del giardino nei diversi momen-ti della giornata, della vita, nelle diverse condizioni atmosferiche. Un giardino ben progettato è quello che mette sempre l’u-tente nella condizione di scegliere come fruire di quel giardino (un principio che vale per la progettazione di ogni giardino) – dice Senes – Le attività che vi si pos-sono fare devono essere “sfidanti”, ovvia-mente in modo commisurato alle capacità di ognuno, per favorire l’indipendenza, che significa anche poter uscire da soli».«Una delle più frequenti sensazioni pro-vate dall’anziano in una RSA è quella di sentirsi isolato, di percepire che la “vita vera” scorre fuori, e la conseguenza è spesso uno stato depressivo. Un impor-tante criterio per la progettazione di un giardino in una RSA è contrastare l’iso-lamento, favorendo il contatto con l’e-sterno». Giardini che consentano da una parte la privacy, dall’altra l’accesso al mondo: vedere il postino, i passanti, la possibilità di interagire con la vita reale. «In questo caso si possono utilizzare spazi

Le caratteristiche dei giardini più apprezzate nelle RSA americane (modificata da Susan Rodiek)

È dimostrato che alcuni accorgimenti

progettuali modificano la

quantità di tempo che un anziano decide di trascorrere in

giardino

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diversi, per esempio il retro di un edificio per zone più riservate, oppure non deli-mitare, come spesso accade, tutta l’area della struttura con una alta siepe», spie-ga il professor Senes. Allo stesso modo il giardino deve offrire un compromesso tra privacy e possibilità di socializzazione tra i suoi frequentatori. «Devono esserci luo-ghi dove poter incontrare in tranquillità i parenti, dove anche poter piangere, senza che tutti guardino, e parimenti dove poter fare attività insieme, dove chiacchierare e fare amicizia».Il giardino deve naturalmente tener conto, nella scelta dei materiali, delle penden-ze, delle larghezze dei passaggi, di tutte le indicazioni in materia di sicurezza e più nello specifico delle esigenze dei suoi frequentatori. «Se un ospite ha paura di cadere e si sente insicuro infatti difficil-mente andrà fuori da solo».Quindi lo studio del microclima. «L’an-ziano – aggiunge Senes – tendenzialmen-te soffre più il freddo che il caldo, per cui spesso cerca il sole ma ha maggiori pro-blemi di disidratazione. Per questo serve un giusto mix tra sole e ombra, che con-senta anche nello stesso giorno di stare sia al sole sia all’ombra. È preferibile che questo risultato si ottenga con le piante, più che con strutture, per favorire il con-tatto con la natura».Un aspetto che riguarda in particolare chi soffre di demenze è invece l’inserimento di elementi che riportano al passato, che contribuiscono a stimolare la memoria: «Essenze che fanno sentire “a casa”, ar-

redi, oggetti che ri-chiamano il passa-to, come un aratro, o un piccolo lavato-io, contribuiscono a far riconoscere quel luogo come parte della propria vita».Ancora: il giardino deve permettere e in-vogliare all’attività fisica. «Il concetto di base prevede la realizzazione di percorsi diversificati e di lunghezze diverse che però abbiano sempre lo stesso punto di partenza e arrivo; in questo modo, l’utente può scegliere ogni volta il percorso a lui più consono in funzione dello sforzo che ha modo e voglia di fare. All’interno di questo percorso bisogna inserire elemen-ti attrattivi (qualcosa da fare o da vede-re) che stimolino l’utente a proseguire. In questo modo, allenamento e fisioterapia si “camuffano” da passeggiata nel ver-de: si fa volentieri e con ottimi risultati. Possiamo così inserire piccole salite e discese, cambi di superficie, gradini. Tutto questo rende anche vario il per-corso. Cerchiamo, inoltre, di inserire i mancorrenti solo da un lato del per-corso, in modo da non rendere im-possibile l’accesso fisico al verde e non impattare trop-po sul paesaggio.

Le caratteristiche da migliorare nei giardini nelle RSA americane (modificata da Susan Rodiek)

Rilievo della qualità di un giardino di una RSA utilizzando il Senior Outdoor Survey (nella foto: Cristina Ferrara e Antonio Giornelli; foto di Susan Rodiek)

Percorso con doppi mancorrenti nel giardino di una RSA (foto di Antonio Giornelli)

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PRODOTTI E SERVIZI

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Se ci sono diversi percorsi si può anche pensare di non inserire i mancorrenti in determinati punti», prosegue Giulio Se-nes. Da ultimo, il giardino deve proporre un contatto stimolante con la natura, per-ciò meglio favorire una ampia varietà di vegetazione (erba, arbusti, fiori e alberi), di colori (fiori a fioritura continua), diver-sità di forme e odori (che si devono poter toccare).Ma in che modo si comincia e come si de-finiscono le esigenze dei frequentatori e quindi le caratteristiche del giardino? «La progettazione avviene per prima cosa ca-pendo per chi progettiamo. Il target sono anziani, operatori e familiari. Per questo da anni abbiamo sviluppato un questio-nario, a base scientifica, in tre versioni. I benefici del verde interessano infatti anche gli operatori: un giardino loro dedi-cato, confinato e separato, contribuisce a prevenire lo stress e il burnout negli ope-

ratori. Il giardino poi rappresenta, se ben progettato, un luogo ideale per consentire ai familiari degli ospiti di gestire il rap-porto e il tempo che trascorrono con i pro-pri cari nelle strutture, nonché affrontare la sofferenza e la frustrazione che spesso accompagna scelte sofferte. Inoltre è un modo per pensare al “cliente” (che, molto spesso, è più il familiare che l’ospite)», spiega Senes.La fase preliminare prevede innanzitutto il dialogo con gli ospiti, i destinatari più fragili della progettazione. Poi si passa ad ascoltare i familiari e gli operatori (medi-ci, infermieri, educatori), che fungono in-nanzitutto da “interpreti” delle esigenze degli ospiti, ma anche da portatori di loro specifiche esigenze. In questo processo di coinvolgimento degli attori trova necessa-riamente spazio il confronto con i gestori della struttura.Una volta individuato il target occorre tener conto anche delle caratteristiche della RSA: ambiente fisico (come è fatto lo spazio verde, gli accessi, le visuali, i dislivelli, il giardino che già c’è). «In que-sto modo – conclude il docente – siamo in grado di mettere insieme le cose e fare un progetto che segua i criteri dell’healing garden. L’ultima fase, che purtroppo non viene quasi mai prevista, è la post occu-pacy evaluation: una volta che il giardino è progettato, realizzato e usato, occorre-rebbe, infatti, verificare se i benefici atte-si si sono realizzati». Il giardino “di tutti” che fa bene all’anziano. Le frontiere della ricerca milaneseUn giardino condiviso, frequentato da di-verse realtà e associazioni locali, in cui misurare il valore del verde per il benes-sere dell’anziano. È questo uno dei più recenti progetti su cui sono al lavoro i ri-cercatori dell’Università di Milano. Studi di ricerca applicata e coordinata con le competenze di professionisti di altre di-scipline, come la psicologia e la fisiologia, per mostrare reali riscontri sul campo.

Numero di giardini per classe dimensionale nelle RSA a Milano (Giulio Senes, Natalia Fumagalli, Cristina Ferrara, Antonio Giornelli)

Incremento del tempo speso nei giardini delle RSA americane (modificata da Susan Rodiek)

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In particolare, in questo caso, lo spazio verde protagonista della ricerca si trova nel quar-tiere milanese dell’Ortica, è di proprietà dell’Università che lo ha affidato in comodato d’uso al Comune di Milano. Da questa partnership è nata, con i cittadini del quartiere, l’idea di affidarlo a diverse associazioni locali come luo-go condiviso di ritrovo. «La ri-cerca, per cui la collega Prof.ssa Natalia Fumagalli ha ottenuto un finanziamento da Fondazione Cariplo all’inter-no del Bando Ricerca Sociale 2018, si inserisce in questo contesto».Il giardino è infatti incastonato tra due RSA, Anni Azzurri e Polo Geriatrico, che sono state perciò coinvolte nel progetto, che prevede di attrezzare parte dello spa-zio specificatamente per la terza età.“Stiamo facendo uno studio incrocia-to in cui mettiamo valutiamo i benefici del giardino, valutando alcuni parametri psicologici e fisiologici, come il cortiso-lo salivare che è un indicatore di stress – spiega Giulio Senes – Sarà operato un confronto tra anziani che rimangono all’interno della struttura, anziani che vengono accompagnati in questo giardino ancora non attrezzato e infine anziani che frequenteranno il nuovo giardino”.Al momento è infatti iniziata la progetta-zione dello spazio verde, attraverso diversi focus group che hanno coinvolto i diretto-ri e il personale delle strutture, gli stessi ospiti assieme agli anziani del quartiere e alle associazioni che già vi operano. Dopo la realizzazione degli interventi, per la prossima primavera è prevista la nuova fase in cui verranno misurati i parametri degli anziani frequentatori del giardino creato ad hoc.L’intento è di capire se un giardino cor-rettamente progettato fa meglio di un giardino qualsiasi. “Lo misureremo negli ospiti delle RSA – prosegue Senes – ma

anche negli anziani del quartiere che lo frequenteranno e si sono resi disponibili a far parte del campione”.La ricerca è tra quelle che potrebbero rientrare – come parte pratica – nella prossima edizione, prevista in autunno, del corso di approfondimento in Healing Gardens erogato all’interno dell’Universi-tà degli Studi di Milano e da quest’anno aperto non solo ai professionisti che già lavorano e vogliono acquisire nuove e ag-giornate competenze sulla progettazione del verde per le strutture di cura, ma an-che agli studenti.Tra gli studi pubblicati alcuni hanno ri-guardato proprio l’analisi del verde (e le sue ricadute, tramite un lavoro coordinato con psicologi e fisiologi) di RSA milane-si. Non solo: “Siamo in contatto – spiega Senes – anche con un network internazio-nale con il quale abbiamo realizzato un lavoro pubblicato sulla rivista americana The Gereontologist: uno studio comparato sulla qualità del verde nelle RSA di Mila-no a confronto con quelle statunitensi. La collega Susan Rodiek, della Texas A&M University ha infatti messo a punto uno strumento di valutazione della qualità del verde con l’obiettivo di dire alle RSA quali sono i punti di forza e quali da mi-gliorare nei loro giardini, nel caso in cui volessero investire su tale aspetto”. n

La scarsa manutenzione del verde rende difficile la fruizione del giardino (foto di Susan Rodiek)

Dimensione dei giardini delle RSA a Milano (Giulio Senes, Natalia Fumagalli, Cristina Ferrara, Antonio Giornelli)

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PRODOTTI E SERVIZI

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di Benedetta Bertani

Arredi su misura e di qualità per tutte le esigenze

Arredala è il nuovo marchio di A.R.G. Arredamenti S.r.l, azienda a conduzione fami-liare nata nel 1970 a Corsico,

alle porte di Milano, e che si distingue oggi sul mercato dell’arredamento per l’esperienza artigianale come filosofia aziendale.Passare dalla Progettazione alla Realiz-zazione: è questa l’innovazione che ha conferito all’azienda un valore aggiunto tale da distinguerla nell’ambito del mer-cato tradizionale, offrendo ai clienti la possibilità di sviluppare il concetto di “su misura” non come idealmente fatti-bile, ma concretamente realizzabile. “Il nostro modo di lavorare ci ha per-messo di distinguerci dal tradizionale mercato “a catalogo”, sviluppando pro-getti “su misura” e personalizzato sul-le esigenze di ciascun cliente – spiega l’Architetto Stefano Rotella. “Si parte per avere la soluzione da una tavola da disegno che mette sulla carta le idee, che poi vengono rielaborate in chiave tecnica

Questa la filosofia dell’azienda nata quasi 40 anni fa e oggi guidata con successo dai due fratelli Rotella, definiti, per la passione con cui trasmettono alle nuove generazioni il mestiere di artigiani, “architetti delle emozioni”

da esperti architetti e da artigiani spe-cialisti così che ogni progetto sia davvero “tailor made” ossia fatto appositamente perché sia unico per il cliente”. Funzionalità, innovazione, tecnologie si abbinano a creatività e stile per realiz-zare arredi unici. La scelta dei materiali deriva dai disegni realizzati a seconda delle esigenze: un’abitazione, un’azien-da, un Hotel, una palestra o i diversi am-bienti di una RSA, dove ogni arredo deve rispondere in modo efficiente e preciso ad una serie di esigenze e caratteristi-che legate agli ospiti che vi soggiorne-ranno. Rilievi sul posto, pianificazioni, interventi di recupero e ristrutturazione esterni e interni vengono curati nei det-tagli, così come la produzione e i mon-taggi. “Il lavoro artigianale è ancora mol-to richiesto – prosegue Matteo Rotel-la, fratello dell’architetto, Direttore di Produzione e “artista del legno”, che guida la falegnameria, il vero cuore pul-sante dell’azienda, dove prendono vita gli arredi disegnati su misura per ogni cliente. Tecnologica e super attrezza-ta, la falegnameria è allo stesso tempo adibita anche ad attività di formazione e educazione per le scuole, dove si ri-escono a produrre vari tipi di arredo e opere artistico-creative dettate dall’estro di più generazioni: dai bambini in età scolare alle persone più mature che aiu-tano nella didattica e nella formazione le giovani menti creative. Un’attività molto apprezzata come testimonia il numero di appuntamenti, in continua crescita, che

I fratelli Matteo e Stefano Rotella, titolari di Arredala.

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vengono negli spazi dell’azienda e che hanno fatto guadagnare ai fratelli Rotel-la l’appellativo di “architetti delle emo-zioni”. “Si tratta di un vero e proprio spazio educativo per le scuole, dove si impara-no le professioni artigianali, si rispettano le biodiversità e si lavora per la natura dei giardini, degli “arredi verdi”, con materiali naturali come il legno, in col-laborazione con le varie Università per stage mirati, così come per la “manualità fine” dei bambini delle scuole e con la saggezza delle persone più mature che nel lavoro manuale esprimono il desi-derio di trasferire le qualità e i mestieri della vita, affinché il lavoro artigianale e la creatività non vada mai persa, ma tramandata e trasferita verso menti più giovani, in grado di rielaborare i progetti, a braccetto con l’innovazione e il contri-buto tecnologico”. n

http://www.arredala.com

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PRODOTTI E SERVIZI

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di Francesca Pavesi

Sfruttare al meglio le potenzialità dalla cartella clinica informatizzata

Una cartella clinica informatiz-zata – soprattutto se gestita con un applicativo innovativo e studiato ad hoc per le RSA

– permette una gestione efficiente di tut-te le attività e i flussi di lavoro. Se poi riesce a essere sfruttata in tutte le sue potenzialità, essa è in grado di portare alla RSA ulteriori vantaggi in termini non solo di organizzazione del lavoro, ma anche di ottimizzazione di tutto il model-lo organizzativo, così da performare an-che in termini di costi e risparmi. Come ci spiega Maurizio Sassi, consulente strategico e direzionale del team Netpo-laris e Direttore Operativo della Fonda-zione Giovanni Carlo Rota Onlus di Almenno San Salvatore (BG), dove l’u-tilizzo della cartella in modo completo in tutti i suoi aspetti, sta dando risultati importanti. “Da gennaio 2019, quando ho assunto il ruolo di Direttore Operativo di questa

Se ben utilizzato, il software gestionale della cartella clinica informatizzata per le RSApuò portare notevoli vantaggi alle strutture anche in termini organizzativi ed economici

RSA, ho deciso di provare a implemen-tare l’utilizzo del software gestionale al fine di sfruttarne al 100% tutte le po-tenzialità così da tracciare da un lato ancor meglio le attività e gli elementi a disposizione degli operatori nella gestio-ne dell’ospite, e aumentare dall’altro il senso di responsabilità e di motivazione del personale. Il software consente, in-fatti, di effettuare una rendicontazione precisa e puntuale di tutte le attività da-gli operatori: quelle “al bisogno” il pri-ma possibile, mentre per quanto riguar-da la pianificazione, essa è fatta sui 30 minuti, cosa che consente di creare dei momenti di micro-rendicontazione per aggiornare i diari, al massimo, appunto, ogni 30 minuti. Questo porta molteplici vantaggi: innanzitutto la presa in carico delle criticità è immediata, perché rile-vata in tempo reale e non a fine turno, a fine giornata o nei momenti di pausa; con questo sistema si uniformano inol-tre i comportamenti di tutti gli operatori, che vengono guidati tutti verso le stesse procedure e le stesse tempistiche, neu-tralizzando così i giudizi degli ospiti sul-le singole persone; e ancora, seguendo sempre le stesse tempistiche, si possono favorire i ritmi biologici negli ospiti e si facilitano le situazioni di turn over e so-stituzione del personale che, in cartella, trova sempre tutte le informazioni sul paziente, anche se lo vede per la prima volta. Questo modello di rendicontazione porta quindi beneficio a tutta l’organiz-zazione e al flusso di lavoro, perché ogni

Maurizio Sassi.

La Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus di Almenno San Salvatore (BG).

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criticità o cambiamento nella routine quotidiana, essendo segnalato immedia-tamente, consente di essere gestito, anti-cipando, posticipando o modificando le successive attività e le pianificazioni di quella giornata. Quotidianamente come Direzione abbiamo in mano dati ogget-tivi su ogni paziente e possiamo quindi valutare in tempo reale se l’organizzazio-ne del flusso di lavoro funziona ed è effi-ciente o, invece, va modificata. Dal punto di vista degli operatori – prosegue Sassi – la possibilità di rendicontare immedia-tamente ogni attività favorisce un minor carico di stress e fatica psicologica nel doversi ricordare ogni elemento da ripor-tare nel diario una volta finito il turno, diminuendo così sensibilmente il rischio di commettere errori o dimenticanze. La reperibilità immediata e la condivisione delle informazioni relative a ogni pazien-te consente, infine, anche una migliore gestione del tempo di operatori e pro-fessionisti, perché, trovando in cartella tutte le informazioni su un ospite, non ha bisogno di doversi confrontare fisica-mente con i colleghi, dovendoli quindi aspettare, sottraendoli ad altre attività o interrompendone il lavoro per spiega-

re quanto hanno fatto. In cartella c’è già tutto. Oggi questo modello organizzativo è stato implementato anche nel software in modo che possa essere adottato anche in altre realtà. Un altro step di svilup-po – conclude Sassi – potrebbe essere quello di implementare ulteriormente le funzioni inserendo una serie di tools, sia di programmazione sia di controllo, che possano aiutare l’operatore a utilizzare ancor meglio tutte le possibilità che la cartella offre”. n

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PRODOTTI E SERVIZI

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di Benedetta Bertani

Arredamento innovativo in RSA

Evoluzione tecnologica e mo-dernizzazione di una struttura di accoglienza per anziani si possono percepire anche dalle

soluzioni scelte per l’arredamento. An-che in questo ambito, infatti, sono sta-ti fatti molti progressi per rendere ogni elemento d’arredo non solo più bello da un punto di visto estetico ma anche e soprattutto più funzionale, al fine di ga-rantire all’ospite il massimo comfort, la sicurezza e un ulteriore supporto per il personale. Ecco allora che anche la trave testaletto può trasformarsi da semplice parte dell’arredo a complemento elegan-te e funzionale, dotato di un’ampia gam-ma di servizi diversi e accessori utili.Le testate di ultima generazione pos-sono, infatti, contenere al loro interno l’alloggiamento per diversi dispositi-vi e comandi che possono spaziare dai più semplici – sistemi di illuminazione di diverso tipo (si va dalle luci led alla retroilluminazione, dalla luce diretta a quella indiretta), sistema di chiamata in-fermiera e/ o segnalazione – ai più com-plessi, con lo spazio per tutte le prese e le componenti elettriche o per impianti gas medicinali. Possono essere modulari e combinarsi tra loro, per unire funzio-nalità differenti, essere montate a parete o a soffitto e ulteriormente accessoriate con barre portastrumenti o ulteriori pre-se elettriche, a seconda delle esigenze e delle necessità.Alcune testate sono vere e proprie pareti attrezzate dal design più o meno sempli-ce o accattivante. Le finiture sono soli-tamente in policarbonato o metalcrilato colorato – materiali facili da pulire e disinfettare, ignifughi, antibatterici, con superfici lisce e regolari che non offro-no spigoli – oppure ricoperte da pannel-

Anche una semplice trave testaletto può diventare un complemento d’arredo funzionale per semplificare la vita dell’ospite, senza trascurare eleganza e design

li frontali in laminato effetto legno, che possono essere anche stampati con im-magini. Una soluzione, questa, ideale da integrare con la tendenza di molte case di riposo a caratterizzare ogni piano e ambiente con un tema dominante – un colore, un movimento artistico, un pae-saggio naturale… – in modo da rendere più facile il riconoscimento degli am-bient agli ospiti. Caratterizzando con lo stesso richiamo tematico anche il posto letto, si supporta ulteriormente l’ospite nel ritrovare il suo posto e il suo spazio, con notevole vantaggio, ad esempio, per coloro che sono affetti da demenza senile o Alzheimer. Alcuni modelli di testata sono dotati an-che di una tenda telescopica estraibile per la privacy, da utilizzare nelle came-re doppie, e di cassetti per contenere gli oggetti personali e possono essere abbi-nate anche ad altri oggetti d’arredo come i comodini.Un arredamento di questo tipo, conforte-vole, di qualità nei materiali e gradevole o addirittura ricercato nel design, combi-nato con un’alta funzionalità, risulta non solo un valido supporto nella cura e l’as-sistenza degli ospiti ma contribuisce an-che, per le sue molteplici possibilità di soluzioni, alla realizzazione di ambienti personalizzati e dunque più confortevoli, familiari e ospitali. n

Nelle foto dell'articolo, alcune proposte di Medes srl realizzate in collaborazione con LM Medical Division

Le testate di ultima generazione possono,

infatti, contenere al loro interno

l’alloggiamento per diversi dispositivi e

comandi

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