Oswald Spengler. Il Tramonto dell'Occidente, Guanda, pp. 969-971.pdf

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Discussione: Oswald Spengler Visualizza Messaggio Singolo Oggi, 15:25 #5 (permalink) Aristocle Guerrilla Santa Data Reg: 31 Mar 2009 Località: BERLVSCONIA Messaggi: 2.968 Influenza: 8 Rif: Oswald Spengler Citazione: La metafisica speculativa, dimostrata o ritenuta dimostrata, è mera filosofia o erudizione. Noi qui intendiamo invece una metafisica vissuta, l'inconcepibile come certezza, il sovrannaturale come avvenimento reale, il vivere in un mondo non tangibile eppure vero. Non è in modo diverso che Gesù visse, in ogni istante. Egli non era un predicatore moralizzante. Veder nella dottrina morale lo scopo ultimo della religione significa non conoscere che cosa essa sia: ciò è da diciottesimo secolo, è "illuminismo", è filisteismo umanistico. E' blasfemo attribuire a Gesù intenzioni sociali. I suoi detti propriamente morali, quelli che non gli sono stati semplicemente attribuiti, mirano soltanto all'edificazione spirituale. Non contengono nessuna dottrina nuova. Fra di essi si trovano proverbi che allora ognuno conosceva. La sua dottrina era esclusivamente l'annuncio delle cose supreme, l'imagine delle quali riempiva di continuo il suo spirito: l'imminenza dell'èra nuova, l'avvento dell'inviato celeste, il giudizio alla fine dei tempi, un nuovo cielo e una nuova terra. Egli della religione non aveva altro concetto, né può averlo ogni epoca che abbia una vera vita interiore. La religione è in tutto e per tutto metafisica, trascendenza, esser desti in un mondo in cui la testimonianza dei sensi illumina soltanto l'esteriorità; religione è vivere in e col sovrasensibile, e ove la forza necessaria per un tale esser desti o, almeno, quella necessaria per credere in esso manchi, la vera religione finisce. Il mio regno non è di questo mondo - solo chi sa misurare tutto il peso di un tale concetto può capire i detti più profondi di Gesù. Solo le epoche tarde, cittadine, non più capaci di simili orizzonti, adattano una religiosità residuale al dominio della vita esteriore sostituendo alla religione vera sentimenti e inclinazioni umanitarie, ponendo la predica moralistica e l'etica sociale al posto della metafisica. In Gesù si trova esattamente il contrario: "Date a Cesare ciò che è di Cesare" - vuol dire: conformatevi alle potenze che reggono il mondo della realtà, subitele e non domandatevi se esse siano "giuste". Ciò che importa è solo la salute dell'anima. "Guardate i gigli della valle" - vuol dire: non curatevi della ricchezza né della povertà. L'una vincola quanto l'altra l'anima alle cure di questo mondo. "Non si può servire Dio e Mammona" - con Mammona s'intende tutta la realtà. E' banale e vile interpretare tali esigenze così che ne vada perduta tutta la grandezza Gesù non avrebbe fatto differenza di sorta fra il lavorare per il proprio arricchimento e il lavorare per le comodità sociali di "tutti". Se egli ebbe un terrore per la ricchezza e se la comunità cristiana originaria di Gerusalemme, che era un severo ordine ascetico e non un club socialista, condannò la proprietà, in ciò devesi vedere quanto vi è di più opposto ad ogni "sentire sociale": tali attitudini non procedevano dall'idea che la situazione in cui ci si trova nella vita esteriore è tutto, ma da quella che essa è nulla, non dall'apprezzare esclusivamente la vita comoda nell'aldiqua, ma dall'assoluto disprezzarla. Senonché deve pur esservi qualcosa di fronte a cui ogni felicità terrena diviene un nulla. E', di nuovo, la differenza che corre tra Tolstoi e Dostoevskij. Tolstoi, spirito cittadino occidentalizzante, in Gesù ha visto soltanto un banditore dell'etica sociale e come tutto l'Occidente "civilizzato" il quale può sì ammettere una ripartizione dei beni ma non la rinuncia ad essi, ha ridotto il cristianesimo ad un movimento di rivoluzione sociale, per mancanza di sensibilità metafisica. Dostoevskij, che era povero, ma che in alcuni momenti fu quasi un santo, non ha mai pensato a riforme sociali - che avrebbe guadagnato l'anima dall'abolizione della proprietà privata? Oswald Spengler, Il Tramonto dell'Occidente, Guanda, pp. 969-971 __________________ «La libertà costa cara. Molto più cara della schiavitù. E non si paga né con l'oro, né col sangue, né con i più nobili sacrifici: ma con la vigliaccheria, la prostituzione, il tradimento, con tutto il marciume dell'animo umano».

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Oggi, 15:25 #5 (permalink)

AristocleGuerrilla Santa

Data Reg: 31 Mar 2009

Località: BERLVSCONIA

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Influenza: 8

Rif: Oswald Spengler

Citazione:

La metafisica speculativa, dimostrata o ritenuta dimostrata, è mera filosofia o erudizione.

Noi qui intendiamo invece una metafisica vissuta, l'inconcepibile come certezza, il

sovrannaturale come avvenimento reale, il vivere in un mondo non tangibile eppure vero.

Non è in modo diverso che Gesù visse, in ogni istante. Egli non era un predicatore

moralizzante. Veder nella dottrina morale lo scopo ultimo della religione significa non

conoscere che cosa essa sia: ciò è da diciottesimo secolo, è "illuminismo", è filisteismo

umanistico. E' blasfemo attribuire a Gesù intenzioni sociali. I suoi detti propriamente morali,

quelli che non gli sono stati semplicemente attribuiti, mirano soltanto all'edificazione

spirituale. Non contengono nessuna dottrina nuova. Fra di essi si trovano proverbi che allora

ognuno conosceva. La sua dottrina era esclusivamente l'annuncio delle cose supreme,

l'imagine delle quali riempiva di continuo il suo spirito: l'imminenza dell'èra nuova, l'avvento

dell'inviato celeste, il giudizio alla fine dei tempi, un nuovo cielo e una nuova terra. Egli della

religione non aveva altro concetto, né può averlo ogni epoca che abbia una vera vita

interiore. La religione è in tutto e per tutto metafisica, trascendenza, esser desti in un mondo

in cui la testimonianza dei sensi illumina soltanto l'esteriorità; religione è vivere in e col

sovrasensibile, e ove la forza necessaria per un tale esser desti o, almeno, quella necessaria

per credere in esso manchi, la vera religione finisce. Il mio regno non è di questo mondo -

solo chi sa misurare tutto il peso di un tale concetto può capire i detti più profondi di Gesù.

Solo le epoche tarde, cittadine, non più capaci di simili orizzonti, adattano una religiosità

residuale al dominio della vita esteriore sostituendo alla religione vera sentimenti e

inclinazioni umanitarie, ponendo la predica moralistica e l'etica sociale al posto della

metafisica. In Gesù si trova esattamente il contrario: "Date a Cesare ciò che è di Cesare" -

vuol dire: conformatevi alle potenze che reggono il mondo della realtà, subitele e non

domandatevi se esse siano "giuste". Ciò che importa è solo la salute dell'anima. "Guardate i

gigli della valle" - vuol dire: non curatevi della ricchezza né della povertà. L'una vincola

quanto l'altra l'anima alle cure di questo mondo. "Non si può servire Dio e Mammona" - con

Mammona s'intende tutta la realtà. E' banale e vile interpretare tali esigenze così che ne vada

perduta tutta la grandezza Gesù non avrebbe fatto differenza di sorta fra il lavorare per il

proprio arricchimento e il lavorare per le comodità sociali di "tutti". Se egli ebbe un terrore

per la ricchezza e se la comunità cristiana originaria di Gerusalemme, che era un severo

ordine ascetico e non un club socialista, condannò la proprietà, in ciò devesi vedere quanto

vi è di più opposto ad ogni "sentire sociale": tali attitudini non procedevano dall'idea che la

situazione in cui ci si trova nella vita esteriore è tutto, ma da quella che essa è nulla, non

dall'apprezzare esclusivamente la vita comoda nell'aldiqua, ma dall'assoluto disprezzarla.

Senonché deve pur esservi qualcosa di fronte a cui ogni felicità terrena diviene un nulla. E',

di nuovo, la differenza che corre tra Tolstoi e Dostoevskij. Tolstoi, spirito cittadino

occidentalizzante, in Gesù ha visto soltanto un banditore dell'etica sociale e come tutto

l'Occidente "civilizzato" il quale può sì ammettere una ripartizione dei beni ma non la

rinuncia ad essi, ha ridotto il cristianesimo ad un movimento di rivoluzione sociale, per

mancanza di sensibilità metafisica. Dostoevskij, che era povero, ma che in alcuni momenti

fu quasi un santo, non ha mai pensato a riforme sociali - che avrebbe guadagnato l'anima

dall'abolizione della proprietà privata?

Oswald Spengler, Il Tramonto dell'Occidente, Guanda, pp. 969-971

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«La libertà costa cara. Molto più cara della schiavitù. E non si paga né con l'oro, né col sangue, né

con i più nobili sacrifici: ma con la vigliaccheria, la prostituzione, il tradimento, con tutto il

marciume dell'animo umano».