Osservazioni sul manoscritto della Canzone del Boscaiolo

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Archivio del sito http://www.trio-lescano.it/ Paolo Piccardo Osservazioni sul manoscritto dell’arrangiamento orchestrale della Canzone del Boscaiolo di Barzizza-Morbelli Conservato nella Coll. del M° Gianfranco Iuzzolino Copertina, frontespizio e prima pagina del manoscritto. 1° Febbraio 2017

Transcript of Osservazioni sul manoscritto della Canzone del Boscaiolo

Archivio del sito

http://www.trio-lescano.it/

Paolo Piccardo

Osservazioni sul manoscritto dell’arrangiamento orchestrale della

Canzone del Boscaiolo di Barzizza-Morbelli

Conservato nella

Coll. del M° Gianfranco Iuzzolino

Copertina, frontespizio e prima pagina del manoscritto.

1° Febbraio 2017

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La partitura orchestrale presa in analisi presenta numerosi spunti interessanti.

Innanzi tutto essa appartiene all’archivio EIAR di Firenze e, trattandosi di un manoscritto originale, fu elaborato quasi certamente a Torino e poi trasferito durante la guerra dopo i bombardamenti sulla città.

Vi si legge infatti abbastanza bene “TORINO”, e il numero è quello di archivio.

La copertina invece riporta “FIRENZE”.

Un altro indizio che ci rimanda a Torino è la casa editrice dei fogli da musica:

Si tratta della “Massimo Boario”, tuttora esistente, che oggi si occupa di musica per Complessi Bandistici, ed è diretta dal figlio dell’editore M° Massimo Boario, con il quale ho avuto il piacere di collaborare nel passato.

Si noti anche il numero progressivo dello spartito

significa che l’Orchestra aveva un patrimonio di circa 500 canzoni in archivio, e probabilmente molte di più.

E consideriamo subito una cosa interessante: la data di composizione. Bene, questo dato non è chiaramente riportato, ma troviamo un appunto scritto in tono perentorio a mano, quasi certamente di Barzizza, in matita blu, tipica dei maestri e dei correttori di compiti in classe (!):

È indirizzato al copista (colui che estraeva le parti dei singoli strumenti dalla partitura generale, ricopiandole in bella grafia). Le parti devono essere pronte il giorno 25 gennaio 1940, “alle ore 16”. Evidentemente per quella data si prevedeva una

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sessione di prove del pezzo. Questo accade un anno prima della registrazione che conosciamo, la quale avverrà il 26 febbraio 1941 a Torino (Cetra DC 4030b, matrice 50731).

Il copista è una figura importante, giacché deve essere un musicista competente e deve a volte poter decifrare sgorbi e cancellature lasciate dal compositore in pieno estro artistico. Questi professionisti erano regolarmente iscritti alla Siae, ed alcuni erano in grado di produrre spartiti veramente belli a vedersi. Ecco un esempio della scrittura di Harry Wuest per Benny Goodman:

Tornando alla Canzone del Boscaiolo, il copista – mi sembra di leggere “Reali” – trova qualcosa che lo lascia perplesso:

Una delle note per i tromboni è un Mi Bemolle grave. E il copista scrive: “fare notare a Pippo questo mi b del trombone”. E qui bisogna aprire una parentesi: la sezione di tromboni di Barzizza prevedeva a quel tempo tre strumentisti, ovvero Beppe e Luigi Mojetta, e Clinio Bergamini. Essi utilizzavano dei tromboni tenori:

Trombone tenore.

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Tali strumenti sono, per loro natura, limitati nell’estensione al Mi naturale grave. In questo caso si sarebbe potuto ovviare al problema utilizzando un trombone basso:

Trombone basso.

Come si vede, esso è dotato di un canneggio supplementare che gli permette di scendere alle note più gravi (oltre ad altri particolari costruttivi che ora non ci interessano). Ora, ammesso che i musicisti ne avessero uno in dotazione, non era il caso di portarlo solo per eseguire una o due note in tutto il pezzo. Barzizza prende nota,ed emana la sentenza:

“Il II° Trombone sposta il corista in LA” .

Ora, non ti tratta ovviamente di gettare un cantante giù dal palco, ma di trovare un escamotage tecnico, che tra parentesi ci fa capire quanto Barzizza fosse esperto di strumenti e strumentazione. In pratica il Maestro chiede al trombonista di “stonare” leggermente il suo strumento in modo da aumentare la lunghezza totale del tubo che compone il trombone, permettendogli così di estendere il suo suono verso il grave di mezzo tono. E ciò si realizza spostando la cosiddetta “pompa generale”, che regola l’intonazione dello strumento. Il “corista” per definizione è una specie di fischietto che viene usato per dare ad un coro la nota di intonazione

Corista a 6 note.

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Il trombone tenore, normalmente intonato in Si bemolle, diventa così di fatto uno strumento intonato in La.

In questa immagine si capisce che la parte “C” detta tuning slide andava estratta in parte dal suo alloggiamento nella parte “D”. Questa operazione mi è stata confermata da alcuni professori di trombone che ho consultato. Mi piace dunque ringraziare i Maestri Williams Caruso, Valerio Civano, Ian Veronese ed Andrea Calcagno per la loro gentile spiegazione.

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E veniamo alla musica propriamente detta. Innanzi tutto osserviamo che Barzizza usa dei termini appartenenti al linguaggio del jazz. Ricordiamo che storicamente ogni annotazione su uno spartita, qualunque sia la nazionalità del compositore, viene fatta in lingua italiana. Fa però eccezione il jazz, che adopera termini anglosassoni. Ecco ad esempio ciò che scriva il nostro Pippo:

Ciò significa che gli ottoni devono suonare “in hat” ovvero “nel cappello”. Ogni strumento in ottone usa particolari artifici per ampliare la sua gamma timbrica, principalmente mediante l’introduzione di vari tipi di “filtri”, detti “sordine”, composte di materiali vari, dal metallo al cartone, dalla stoffa alla fibra. “Suonare “in hat” indica indirizzare il suono verso un oggetto che ha la forma di un cappello a bombetta in modo da smorzare leggermente il timbro squillante tipico di trombe e tromboni.

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Nell’immagine precedente vediamo le trombe ed i tromboni dell’Orchestra di Artie Shaw suonare “in hat”.

E qui invece in maniera aperta:

Ecco altre diciture anglofone che troviamo in altre aree della partitura:

Indica l’uso di una sordina.

Iindica che la sordina deve essere rimossa.

Ttipi di sordine per trombe e tromboni.

Iindica che il rigo comprende le parti di 4 trombe (trpts sta per trumpets). Continuando a scorrere la partitura si nota un taglio di circa una cinquantina di battute di “Slow”, omesse per ragioni di spazio disponibile sul disco. La registrazione definitiva è di 3:05 minuti. Probabilmente in versione da concerto il pezzo veniva eseguito integralmente. Del resto in incisioni più recenti Barzizza ha proposto la canzone con parentesi di tempi lenti e grandiosi.

L’ultima pagina é un finale lento “à la Glenn Miller”, mai inciso.

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Va ancora detto che Barzizza scrive le parti per i suoi quattro violinisti che eseguono quattro voci diverse, e presenta un quintetto di saxofoni. Tre di questi (probabilmente Mancini, Quercioli ed Estill) imbracciano a volte i clarinetti, come in questa canzone. In effetti, all’ascolto del disco DC 4030b, i clarinetti si percepiscono chiaramente sotto al canto delle Lescano, raddoppiando il tema come era nello stile del Maestro.

Da ultimo la notazione più interessante. Quasi alla fine della canzone, mentre Rabagliati pronuncia la frase del tema, la partitura riporta:

“ad lib Lescano”.

Ad ib sta per “ad libitum”, che su uno spartito indica “a piacere”. Ecco quindi che Barzizza lasciava alle Lescano la possibilità di “svisare” a loro piacimento, per concludere la canzone, oppure che il loro intervento poteva essere omesso da quel punto in avanti. Preferisco la prima soluzione, anche se la registrazione finale mi sconfessa.