os’è l’estetia

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Cos’è l’estetica Estetica come teoria della sensibilità Estetica come filosofia dell’arte Estetica come teoria della bellezza Estetica come filosofia dell’esperienza Da Paolo D’Angelo, Tre modi (più uno) d’intendere l’estetica, Aesthetica Preprint Suppl 25 (2010), pp. 25-49 e (dove specificato) da Tiziana Andina, Filosofie dell’arte, da Hegel a Danto (Carocci, 2012)

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Cos’è l’estetica

• Estetica come teoria della sensibilità

• Estetica come filosofia dell’arte

• Estetica come teoria della bellezza

• Estetica come filosofia dell’esperienza

Da Paolo D’Angelo, Tre modi (più uno) d’intendere l’estetica,

Aesthetica Preprint Suppl 25 (2010), pp. 25-49 e (dove specificato) da Tiziana Andina, Filosofie dell’arte, da Hegel a Danto (Carocci, 2012)

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Estetica come teoria della sensibilità riferimenti storico-teorici

• Estetica come scienza della conoscenza sensibile (gnoseologia inferior rispetto alla logica), che studia le sensazioni, e a partire da ciò fornisce principi allo studi delle arti liberali; da Baumgarten, Estetica (1750-58)

• Estetica come filosofia del senso, ovvero di condizione sentita e non appresa intellettualmente (senso è qui inteso sia come organo dell’esperienza sensibile, sia come significato o valore); da Garroni, Senso e paradosso, 1986.

• Estetica come “percettologia”, ovvero come teoria dell’apparire, della conformazione sensibile di un oggetto percettivo ( da Martin Seel), o “atmosferologia”, ovvero come studio delle sensazioni e degli stati affettivi che si provano, sono avvertiti, quando facciamo certe esperienza, quotidiane o della natura più che dell’arte (da Gernot Böhme)

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Estetica come teoria della sensibilità problematiche

• Della sensazione e della percezione si occupano già la psicologia e le scienze cognitive: che contributo può dare la riflessione filosofica?

• Se anche tale contributo vi fosse, perché non estenderlo allo studio dei fenomeni artistici o del bello naturale?

• Non tutte le sensazioni o percezioni di atmosfere sono esperienze estetiche: udire un fruscio nel buio non è come ascoltare una sinfonia, vedere fiumi o alberi non è come vedere un paesaggio

• Non tutte le esperienze estetiche sono sensibili o percettive: la lettura di una poesia o di un romanzo ha più a che fare con l’immaginazione, con il rappresentarsi cose assenti (ovvero, non presenti ai sensi); opere come i ready-made sono arte pur condividendo le proprietà percettive con oggetti comuni, mentre oggetti comuni come quelli della Apple non sono arte, pur avendo un aspetto che colpisce l’occhio per la sua eleganza (v. Andina, pp. 20-21)

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Estetica come filosofia dell’arte riferimenti storico-teorici

• Estetica come filosofia dell’arte: disciplina specialistica, in quanto diretta a un ambito circoscritto – le opere d’arte – di cui si vogliono determinare i confini rispondendo a domande come “che cos’è l’arte? Che differenza passa tra un oggetto comune e un’opera d’arte?”, attraverso l’elaborazione di una definizione che ne individui le proprietà condivise, le condizioni necessarie e sufficienti di appartenenza a quella classe; a partire da Batteux, Le belle arti ricondotte ad unico principio (1746) e successivamente da Hegel (Lezioni di estetica; cfr. Andina, pp. 12-9)

• Estetica come filosofia della critica d’arte, che cerca di risolvere i problemi filosofici (non solo relativi alla definizione) attraverso l’analisi e la chiarificazione linguistica dei discorsi critici (formalizzati o ordinari, esplicativi o descrittivi) sull’arte; a partire da Beardsley, Aesthetics: Problems in the Philosophy of Criticism (1958)

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Estetica come filosofia dell’arte problematiche

• Restringendo l’orizzonte alle sole opere d’arte, non si affrontano problemi tradizionali della riflessione estetologica come il bello naturale, l’esperienza estetica

• Cercando di definire l’ambito delle arti belle, o della arti alte o d’avanguardia, si escludono dall’orizzonte le arti popolari, di massa, il kitsch, fenomeni sempre più importanti

• Nella realtà, sembra si possa distinguere cosa è arte da cosa non lo è senza l’ausilio di una definizione (cfr. Andina, ibid.)

• [esistono risposte a tutte e tre le obiezioni; cfr. infra]

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Estetica come teoria della bellezza riferimenti storico-teorici

• Nell’antichità, le riflessioni sulla bellezza, pur diffuse, sono inizialmente indipendenti dall’arte, legate piuttosto al bene, alla sfera dell’agire; vedi Platone e Aristotele.

• Progressivamente, da Cicerone, Plotino, si afferma una nozione di bellezza ideale, in quanto perfezionamento della realtà (di cui si selezionano le parti migliori e si eliminano le imperfezioni) guidato dalla elaborazione mentale del genio o dalla contemplazione delle forme ideali. Questo tipo di bellezza si realizza nelle arti: la riflessione sulla bellezza, connettendosi con la costituzione del sistema delle belle arti, è alla base del battesimo settecentesco dell’estetica; in questo secolo proliferano saggi sul bello (Crousaz, André, Hutcheson, Winckelmann).

• Dopo una lunga fase di appannamento (Ottocento e prima metà Novecento), in cui la bellezza è affiancata e superata da altre categorie (tra cui, il brutto), l’idea dell’estetica come comprensione filosofica delle bellezza è tornata prepotentemente alla ribalta in tempi recenti, in area analitica (Danto, Mothersill, Zangwill, Sartwell) e continentale (Zecchi, Julien, ecc.), e nella neuroestetica (Zeki, Ramachandran), la quale mira a fondare, a livello neurologico, alcuni principi tradizionali della bellezza.

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Estetica come teoria della bellezza problematiche

• Affermare l’importanza della bellezza in quanto concetto normativo e non solo descrittivo, equivale a riaffermare la centralità del valore estetico nell’esperienza dell’arte: tuttavia si rischia di offuscare gli altri valore che l’arte possiede.

• Se ad essere sostenuto è anche un concetto descrittivo di bellezza, in quanto armonia e proporzione, si ricade nel vagheggiamento di ideali classici e nel rifiuto moralistico di molta arte contemporanea. La maggior parte dell’arte contemporanea e del Novecento non ha a che fare con perfezione e bellezza (Guernica di Picasso, ad es., non è bella, perlomeno non in senso tradizionale: cfr. Andina, p. 25)

• I principi che le indagini neurologiche di per sé ottengono, corroborano principi già conosciuti (simmetria, bilanciamento, ordine) senza riuscire a spiegare come essi possano accordarsi tra loro (ad es., con l’iperbole, l’esagerazione, ecc.), il che può essere fatto dall’estetica, quando però non elevi a norma universale del gusto un criterio particolare (quale può essere considerato la bellezza).

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Estetica come filosofia dell’esperienza riferimenti storico-teorici

• Estetica come filosofia dell’esperienza estetica, in quanto raddoppiamento dell’esperienza ordinaria, i cui caratteri sono insieme attenutati (in virtù del disinteresse e del distacco) e intensificati (nel loro aspetto qualitativo, svincolato da scopi conoscitivi o pratici). Tale esperienza è peculiare, ma non esclusiva, dell’arte, in quanto capace di reduplicare i contenuti e le forme , dando loro una nuova organizzazione e finalizzazione e creando così un mondo di finzione, in cui non si hanno vere conoscenze ed emozioni, ma si accumula una riserva di esperienze possibili.

• Antecedenti storici: Aristotele (per la concezione della mimesis non come copia, ma come diretta al verosimile), Bacone/Vico (per il collegamento tra arte e immaginazione o fantasia), Cartesio (per la centralità del soggetto nel rapporto col mondo), Kant (per i concetti di disinteresse e libero gioco), Schiller (per la dimensione ludica dell’esperienza estetica), Dewey (per la continuità tra esperienza estetica ed esperienza ordinaria), Jauss (per la sua difesa dell’esperienza estetica in quanto fonte di godimenti e di valore).

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Estetica come filosofia dell’esperienza problematiche

• Secondo alcuni (es., Dickie, Danto) non esiste qualcosa come un’esperienza distintamente estetica, ma solo una diversa forma di attenzione (più concentrata) in quanto riservata alle opere d’arte o alla natura. Se si afferma la centralità dell’esperienza estetica dell’arte, come dar conto di quelle arti (ad es., concettuali o performative) che sembrano farne a meno? [il vantaggio è invece di dar conto dell’importanza dell’arte nella vita dell’uomo]

• La separazione dell’estetico dal mondo comune risponde a una volontà tipicamente occidentale di imposizione di potere culturale [tuttavia, si possono avere esperienze estetiche anche in assenza di un repertorio concettuale e linguistico che così le definisca; inoltre, tale repertorio è naturalmente diffuso e utilizzato, anche in settori non artistici]

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Filosofia dell’arte: le origini settecentesche

• Esigenze originarie

• Il sistema dell’estetica

• La prima definizione dell’arte

Da Charles Batteux, Le belle arti ricondotte ad unico principio

(1746), Aesthetica (Palermo, 1992), pp. 7-50, e Andina, Filosofie dell’arte, da Hegel a Danto (Carocci, 2012), pp. 45-9.

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Batteux: esigenze / sistema

• Esigenza di autonomia (a partire dal Rinascimento): separazione del dominio delle arti da quello delle scienze, delle arti liberali (rivolte al piacere: tali sono musica, poesia, pittura, scultura, danza) da quelle meccaniche (abilità pratiche, artigianali volte all’utile – secondo il significato originario di ars -, al soddisfacimento dei bisogni dell’uomo)

• Esigenza di sistematicità: costituzione del sistema delle arti (con metodo scientifico), riconducendone i principi particolari (sin troppi) a un unico principio (del bello e di questioni simili si parla molto, ma si conosce poco), a una “definizione esatta” (pp 31-36) che catturi le proprietà comuni alle arti.

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Batteux: la definizione mimetica delle arti

• L’arte (pittura, scultura, danza, musica, poesia) è imitazione della bella natura espressa con i colori, i rilievi, gli atteggiamenti, i suoni, il discorso misurato

• Scopo delle arti è di procurare un nuovo ordine di piacere (v. DuBos)

• Il genio non deve copiare servilmente, non deve imitare la natura “tale e quale essa è”, ma deve perfezionarla, selezionandone le parti migliori (p.37), per un creare un mondo verosimile, fittizio ma che possiede i caratteri della realtà (v. Aristotele)

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Pregi e difetti della definizione mimetica

• Data la particolare concezione di mimesis elaborata, la definizione di B. chiama in causa concezioni come l’elaborazione formale, l’immaginazione, la rappresentazione, l’espressione (pp. 41-43),che la rendono adattabile a catturare un gran numero di opere, e a darne conto del rispettivo valore

• Anche in questa interpretazione allargata, ad essa sfuggono molte opere contemporanee (in cui è la realtà a invadere lo spazio delle opere, e non viceversa: v. Andina, pp.48-9)

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Filosofia della (critica dell’) arte: l’estetica analitica

• Visione filosofica: cosa significa fare analisi

• Stile filosofico

• Principali problemi affrontati

• Prospettive attuali

Da Simona Chiodo, Che cosa è arte, pp.XV-XXXII; Paolo D’Angelo,

Elementi di estetica analitica, pp. 7-23; F. Focosi, pp. 25-7.

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Estetica analitica: visione filosofica

• Punto di partenza: separazione tra linguaggio che ha verità (scientifico) e linguaggio che non ha verità (poetico): da Frege, Russell

• Sviluppo successivo: fare filosofia significa fare analisi del linguaggio, ovvero: a) sostituire i concetti e le forme del discorso comune (laddove manchevoli) con un linguaggio / uso dei concetti / modello di discorso ideale, artificiale, ad hoc, che permetta una descrizione esatta della realtà (da Carnap), ma il cui criterio di correttezza è la coerenza logica interna, non la corrispondenza al mondo; b) descrivere, cercare di comprendere e sciogliere gli enigmi dei giochi linguistici che caratterizzano il linguaggio ordinario, l’uso comune delle parole; riformulandolo e traducendolo, se ne coglie il significato, e con esso il mondo, che nel linguaggio si specchia (da Wittgenstein)

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• Nascita dell’estetica analitica: analisi/chiarificazione del linguaggio

critico (specialistico e non) relativo all’arte, laddove vago e confuso (dunque, metacritica), i problemi estetici essendo relativi al modo in cui le parole vengono usate, (al modo in cui) i concetti vengono impiegati per creare e pensare l’arte.

• Da una iniziale sfiducia nella capacità di assolvere a tale compito (Passmore, in un’antologia del 1954, parla di squallore dell’estetica), si passa a un rinnovato ottimismo (Margolis, nel 1962, elogerà la forza sorprendente delle posizioni che si stavano sviluppando), attestato dalla straordinaria densità di monografie, introduzioni e antologie pubblicate in area anglosassone negli anni Ottanta e Novanta, e dalla qualità e continuità del dibattito che animano tuttora le principali riviste di studi di estetica analitica (la rivista americana Journal of Aesthetics and Art Criticism, fondata nel 1942, e la rivista inglese British Journal of Aesthetics, fondata nel 1960).

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Estetica analitica: stile

• Argomentazione chiara, standardizzata e aperta:

• dichiarazione degli obiettivi / esposizione della tesi centrale

• definizione ed esemplificazione dei termini adoperati

• esame delle confutazioni ed eventuale escogitazione di controesempi o rimodulazioni della teoria proposta all’inizio

• L’oggetto di analisi è circoscritto a questioni specifiche (ad es., alle singole arti)

• L’interesse è analitico e descrittivo, non storico e biografico: si mira ai problemi e si lasciano da parte gli autori (quasi come in un lavoro di laboratorio, che analizza oggetti estratti dalle loro procedure genetiche)

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Estetica analitica: problemi rilevanti

• Definizione dell’arte, identificabilità degli oggetti artistici

• Rapporto tra esteticità e artisticità

• Ontologia dell’arte / modi di esistenza delle opere d’arte

• Temi (interconnessi) della rappresentazione, dell’esemplificazione e dell’espressione

• Natura delle proprietà estetiche (e conseguente validità dei predicati che le contengono) in quanto qualità terziarie

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Estetica analitica: pregi, difetti e prospettive

• Difetti: il chiudersi nella propria tradizione (autori analitici di lingua inglese), la mancanza di una prospettiva storica che guardi oltre, fa correre il rischio della fallacia della ignoratio elenchi e attribuisce al capostipite della discussione un peso che non sempre è in grado di sostenere

• Pregi:

• il circoscrivere il dibattito a un numero limitato di autori (recenti e omogenei) gli dona una intensità altrimenti difficilmente ottenibile (si pensi alla ripresa e all’approfondimento dei medesimi temi)

• Lo stile argomentativo “scientifico” favorisce la dimensione di sforzo collettivo e costruttivo delle discussioni di volta in volta intraprese (si pensi alla fitta rete di obiezioni e repliche che circonda le teorie più interessanti)

• Prospettive: la distanza tra analitici e continentali si sta gradualmente riducendo: da un lato, gli analitici sono tradotti e studiati e i loro problemi (solitamente estranei all’estetica continentale, soprattutto il primo e il quinto) affrontati; dall’altro, gli analitici contemporanei si stanno sempre più aprendo ad autori e tematiche che fuoriescono dalla loro orbita originaria

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Il problema della definizione dell’arte nel Novecento

• Ragioni generali

• Esigenze particolari

Da Warburton, pp.IX-XXIII; Andina, pp. 16-7, 48-9, 52-5;

Beardsley, An aesthetic definition of art, 1983, pp.15-17;

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Definizione dell’arte: ragioni generali

• Ragioni teoretiche: ogni filosofia dell’arte dovrebbe conoscere la natura dell’oggetto di cui si occupa, e a quali oggetti la teoria in questione potrà applicarsi

• Ragioni culturali: per capire a fondo una cultura, è necessario conoscere la caratteristiche distintive delle attività perseguite dai loro membri, come pure le ragioni che li motivano a perseguirle

• Ragioni pratiche: tanto i critici (esperti e non) e gli storici dell’arte, quanto i legislatori e operatori del settore, hanno bisogno di criteri che permettano di identificare le opere d’arte, di strategie per apprezzarle, di motivi per finanziarle

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Definizione dell’arte: esigenze particolari

• Diversificazione delle pratiche artistiche nel Novecento, che mettono in crisi il paradigma imitativo

• Comparsa delle arti concettuali, ready-made, performance, che mettono in crisi ogni paradigma artistico precedente (comprese le Avanguardie), dal momento che non solo le opere non imitano più la realtà, ma è quest’ultima (gli oggetti comuni) a invadere il campo dell’arte (da Duchamp a Hirst, da Capote a Saviano)

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Immagini di riferimento

• Opere paradigmatiche del passato: Piero della Francesca, Flagellazione di Cristo, 1444-1470; Botticelli, Primavera, 1482; Michelangelo, David, 1501-4; Raffaello, Madonna della seggiola, 1513-4; Vermeer, La lattaia, 1660; Canaletto, Piazza San Marco, 1735.

• Avanguardie di primo Novecento: Cezanne, Lac d’Annecy, 1896, La montagna Sainte-Victoire, 1905; Picasso, Les Demoiselles d'Avignon ,1907; Kandinskij, Giallo rosso e blu, 1925; Mondrian, Composizione, 1921

• Oggetti ansiosi: Duchamp, Fountain, 1917; Mark Wallinger, A Real Work of Art, 1993; Andy Warhol, Brillo Box, 1964; Tracey Emin, My Bed, 1999.