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NOTEBOOKS ON MEDIEVAL TOPOGRAPHY (Documentary and field research) Edited by Stefano Del Lungo No 7 ITALIA - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale Orte (Viterbo) e il suo territorio Scavi e ricerche in Etruria Meridionale fra Antichità e Medioevo a cura di Patrizia Aureli, Maria Anna De Lucia Brolli, Stefano Del Lungo BAR International Series 1545 2006

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NOTEBOOKS ON MEDIEVAL TOPOGRAPHY

(Documentary and field research) Edited by Stefano Del Lungo

No 7

ITALIA - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale

Orte (Viterbo) e il suo territorio Scavi e ricerche in Etruria Meridionale

fra Antichità e Medioevo

a cura di

Patrizia Aureli, Maria Anna De Lucia Brolli, Stefano Del Lungo

BAR International Series 1545 2006

This volume of British Archaeological Reports has been published by: John and Erica Hedges Ltd. British Archaeological Reports 7 Longworth Road Oxford OX2 6RA England Tel/Fax +44(0)1865 511560 E-mail: [email protected] www.barhedges.com Enquiries regarding the submission of manuscripts for future publication may be sent to the above address. BAR S1545 Orte (Viterbo) e il suo terriorio: Scavi e Ricerche in Etruria Meridionale fra Antichità e Medioevo © Individual contributors 2006. Printed in England by Alden Digital ISBN 1 84171 758 4 All BAR titles available from: Hadrian Books 122 Banbury Road Oxford OX2 7BP England Tel +44 (0) 1865 310431 Fax +44 (0) 1865 316916 E-mail: [email protected] www.hadrianbooks.co.uk The current BAR catalogue with details of all titles in print, prices and means of payment, is available free from Hadrian Books or use their web site All volumes are distributed by Hadrian Books Ltd.

CAPITOLO II

L’ABITATO DI ORTE: IL SISTEMA IDRAULICO IPOGEO

Marina Marcelli, Angela Napoletano

II.1 – Le indagini archeologiche Nel 1991, durante i lavori per il risanamento idrico-sanitario della rupe di Orte, sono stati casualmente intercettati alcuni cunicoli scavati nel sottosuolo1. L’esigenza di conoscere l’effettiva estensione delle cavità sotterranee e, contemporaneamente, di tutelare eventuali presistenze antiche ha portato ad esplorare e rilevare la rete di gallerie, che è risultata estesa a diversi settori della città. Il lavoro, finalizzato a restituire la planimetria delle strutture sotterranee alla topografia urbana attuale, ha richiesto l’impiego di diverse figure specialistiche (topografi, archeologi, speleologi e geologi)2 ed ha portato alla realizzazione di una planimetria generale in scala 1:500. Il rilievo, ottenuto in seguito all’esplorazione speleologica dei cunicoli, si sovrappone ad un preciso impianto topografico superficiale ed è corredato dall’analisi delle strutture rilevate e dalle sezioni prospettiche degli elementi di maggior interesse (Figg. II.1-4). Per i tratti non esplorabili si è provveduto ad effettuare delle prospezioni georadar3. A causa dell’urgenza dell’intervento richiesto non è stato possibile indagare e rilevare l’intera rete di cunicoli ma esclusivamente le cavità comprese nell’area interessata dai lavori di bonifica, limitandosi così ad una ricostruzione grafica solo parziale dell’impianto sotterraneo. Sarebbero pertanto auspicabili una ripresa ed un approfondimento delle ricerche, per una maggiore e più completa conoscenza del sottosuolo della città, così ricco di testimonianze storiche ancora da studiare. La situazione ipogea di Orte ricalca quella di numerosi centri dell’Etruria interna4 che presentano analoghe caratteristiche

geomorfologiche e strutturali. La piattaforma rocciosa, sulla quale s’impianta la città, costituisce il risultato di una formazione piroclastica pleistocenica dell’apparato Vicano5, soggetta a forte erosione, all’interno della valle del Tevere, in un punto in cui questa si presenta ampia e piuttosto piatta ed è caratterizzata da tre ordini di alluvioni terrazzate (stratificazioni ciottolose alternate a sabbie, che poggiano sulla serie argillosa-sabbiosa plio-calabriana), cui si sovrappongono, ai fianchi della valle, alture costituite da formazioni di travertini recenti. Oggi il colle, isolato da scoscese scarpate, si presenta come un masso di tufo litoide rosso, omogeneo e compatto, di forma allungata, isolato a nord-est dal fiume Tevere e a sud dal suo affluente Rio Paranza, che progressivamente va restringendosi verso ovest, terminando nella stretta propaggine della Bastia.

1 I lavori sono stati effettuati per il Comune di Orte dall’impresa C.M.B. di Carpi. In seguito alle interessanti scoperte effettuate in quell’occasione l’amministrazione comunale ha mostrato interesse verso un progetto, realizzato in collaborazione con lo studio Architetti S. Patrignani e G. Morelli, che prevede la valorizzazione e l’apertura al pubblico di almeno una parte della rete ipogea; ci auguriamo che il presente lavoro, per quanto parziale e suscettibile di ulteriori approfondimenti, possa fornire uno stimolo e un contributo alla realizzazione di questo progetto. Cogliamo l’occasione per ringraziare Abbondio Zuppante, direttore del Centro di Studi per il Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, per la continua disponibilità mostrataci e per alcune preziosissime indicazioni. 2 Le indagini archeologiche sui cunicoli sono state eseguite, sotto la direzione scientifica della dott.ssa Maria Anna De Lucia Brolli, della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, dalla Cooperativa L.AT.E.R.E.S. Arc. Ter. e coordinato da chi scrive, con la collaborazione di Sabina Pratesi. L’esplorazione speleologica dei condotti ed il rilevamento degli stessi sono stati eseguiti con il supporto di Marco Topani e Tullio Bernabei dell’Associazione Culturale Esplorazioni Geografiche “La Venta – Exploring Team”. La base topografica del centro storico di Orte è stata realizzata dallo Studio Tecnico ing. Paolo Paolessi. La rielaborazione delle planimetrie per quest’articolo è stata effettuata con l’aiuto dell’amico Gianluca Schingo, che ringraziamo. Le fotografie sono di Marco Topani, Tullio Bernabei e di chi scrive. 3 Al fine di verificare l’eventuale presenza di cavità e cunicoli al di sotto della pavimentazione stradale nella zona compresa tra piazza della Libertà e via Gramsci (tratto lungo la cattedrale) sono stati effettuati cinque profili georadar con strumentazione “Subsurface Interface Radar System – 8” dalla GeoTevere s.n.c. di Roma. 4 In particolare, caratteristiche orografiche e insediative simili si ritrovano ad Orvieto.

Le pareti a picco, erose e modellate dagli agenti atmosferici e fluviali, ne hanno fatto un’imprendibile roccaforte nei secoli, nel corso dei quali i vari insediamenti si sono avvicendati insistendo sempre sulle stesse aree e spesso cancellando ciò che le precedeva. Ne consegue che delle fasi più antiche (etrusca e romana) restano solo poche testimonianze, sparse nel tessuto medievale, rinascimentale e moderno. La costituzione morfologica del colle ha fatto sì che, nel corso del tempo, venisse utilizzato il sottosuolo dell’abitato, per ricavarne ambienti di forma e caratteristiche varie, situati a diversi livelli e spesso comunicanti con le abitazioni superiori, la cui funzione e cronologia non sono ancora state indagate a fondo6. Il risultato di questa continua azione di scavo è ben visibile lungo le pareti settentrionale, orientale e meridionale del colle, sulle quali si affacciano numerosi vani, parzialmente distrutti, di forma regolare, utilizzati, in alcuni casi, per l’allevamento di colombi, come dimostra la presenza di nicchiette tagliate nelle pareti7, mentre in altri casi è ipotizzabile un utilizzo connesso ad installazioni di tipo artigianale, documentate da fonti d’archivio8. Nella maggior parte dei casi, successive trasformazioni e ampliamenti, legati al riutilizzo come cantine9, rendono oggi particolarmente

5 Si tratta di una roccia pomiceo-cineritica, di colore rossiccio, caratterizzata dalla presenza di pomici nere e abbondati cristalli di leucite (Ignimbrite III), tipica dei plateaux rocciosi. Per la geologia della regione e in particolare della valle del Tevere: Servizio Geologico d’Italia, Carta Geologica d’Italia, f. 137, Bergamo 1970, tavoletta II NE (Orte), 1:25.000; AA.VV., Note illustrative della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000, Foglio 137 Viterbo, Roma 1971, pp. 29-35, 71-73 e 84; AA.VV. Guide Geologiche Regionali, vol. V, Lazio, a cura della Società Geologica Italiana, Roma 2004, pp. 301-308. 6 La Nardi (Nardi 1980, p. 32) li riteneva in prevalenza di età moderna, pur non escludendo che potesse trattarsi, in alcuni casi, di trasformazioni di ambienti realizzati in antico. Sulla possibile presenza di abitazioni rupestri altomedievali si rimanda a J. Raspi Serra, B. Laganara Fabiano, Economia e territorio, Il Patrimonium beati Petri in Tuscia, Napoli 1977, p. 87. 7 Questo utilizzo sembrerebbe risalire al medioevo. A titolo d’esempio si cita una domus cum palometia cui fa riferimento un atto notarile tardomedievale, ubicandola in contrata sancti Sebastiani, presso la ripa (Frale 1995, p. 38). 8 Si tratta in prevalenza d’installazioni per la lavorazione e tintura di tessuti. Si veda infra p. 85. 9 Le gruptae (cantine scavate nel tufo per la conservazione di generi alimentari), citate nei documenti notarili a partire dai secoli XIV-XV (Frale 1995, p. 38).

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Orte (Viterbo) e il suo territorio problematica l’individuazione di eventuali fasi e destinazioni d’uso antiche. La rete ipogea di cunicoli, che in alcuni casi si è rivelata in connessione con questi ambienti, è stata esplorata per una lunghezza complessiva di 1.000 metri circa ed è interamente scavata nel tufo. La sua disposizione risulta fortemente condizionata dalla morfologia del colle, di forma allungata, tendente a rastremarsi verso ovest, come si è detto, e digradante dall’area della Rocca, dove raggiunge la massima altezza, con progressivi salti di quota verso est. La rete è articolata, infatti, secondo una galleria principale che attraversa la rupe nel senso della lunghezza, con orientamento est-ovest (fig. II.1), ubicata in corrispondenza dei principali assi viari moderni (via Matteotti - via Gramsci)10 ed esplorabile dalla Rocca fino a piazza del Popolo. L’asse principale era collegato ad un sistema di pozzi e cisterne sotterranee tramite condotti trasversali, di molti dei quali non è stato possibile individuare il tracciato a causa di ostruzioni, crolli o interri. La descrizione delle strutture ipogee rilevate, articolata per settori, procederà dal condotto che costituisce l’asse principale del sistema, con inizio dalla fontana di piazza della Libertà, da cui si accede ad esso, e si soffermerà sulle strutture maggiormente significative che saranno indicate in planimetria secondo una numerazione progressiva. Successivamente verranno descritti i cunicoli e i complessi ipogei non collegati al condotto principale.

II.2 – Il condotto principale L’accesso alla galleria è situato posteriormente alla fontana di piazza, al livello della vasca (fig. II.2, n. 1). Il cunicolo, alto mediamente m 1,80 e largo m 0,90, procede in lieve pendenza da ovest verso est con andamento sinuoso dettato probabilmente dall’esigenza di rallentare la velocità dell’acqua, oltre che da mutamenti di consistenza incontrati nel banco di roccia. Attualmente è utilizzato per l’alloggiamento della conduttura moderna che convoglia l’acqua alla fontana (fig. II.5). Solo in alcuni tratti è ancora visibile sul fondo il canale, profondo circa m 0,20, per lo scorrimento dell’acqua, scavato al centro o lateralmente, per consentire l’ispezione del condotto11. A m 12 circa dall’imbocco è visibile, attraverso una piccola apertura sulla parete meridionale (fig. II.2, n. 2), un condotto parzialmente interrato e non praticabile, parallelo a quello principale12. Poco oltre si notano due aperture laterali, successivamente tamponate (fig. II.2, nn. 3-4). Più avanti, in corrispondenza di un cambio di direzione del cunicolo verso nord-ovest, si apre, sul lato settentrionale, l’accesso ad una diramazione che conduce ad un complesso

articolato (fig. II.2, n. 5). Il condotto, perfettamente conservato, immette, attraverso un’apertura inquadrata da rozze colonnine scolpite nel tufo (fig. II.6), in un ambiente a pianta quadrangolare (fig. II.2, n. 6), interamente scavato nel vergine, sulle cui pareti sono state ricavate alcune nicchie13. L’ambiente, in gran parte interrato e riempito di rifiuti moderni, ha obliterato un precedente cunicolo (largh. m 0,65) che oggi risulta attraversarlo in diagonale, murato in direzione ovest dopo circa m 5 ed impraticabile verso est per l’accumulo di detriti. Non è stato possibile determinare, dai pochi elementi noti, l’originaria funzione del vano, successivamente adibito ad uso di cantina14, e in collegamento con una cisterna quadrangolare (fig. II.7), alta circa m 8, con copertura a crociera in cui si apre un pozzo a sezione quadrata con cortina in laterizi (fig. II.2, n. 7). Le pareti sono rivestite di intonaco idraulico su cui successivamente è stato inciso un graffito datato al 1898; alla base del muro si notano due scalini in mattoni, anch’essi in origine intonacati. Al momento dell’ispezione l’ambiente era parzialmente riempito d’acqua. In alcuni punti lungo questo tratto (fig. II.2, n. 8), la volta del cunicolo principale è stata ribassata con lastre di tufo e tegole disposte a doppio spiovente o in piano e sovrastante muratura in blocchi di tufo e malta (fig. II.8).

10 L’impianto della viabilità odierna, risalente ad età medievale, sembrerebbe ricalcare quello di epoca antica, con una persistenza nella struttura degli isolati e degli assi viari e con il mantenimento delle funzioni di centro della vita urbana nell’area di piazza della Libertà. 11 Nella maggior parte dei casi il pavimento originario non è più visibile, a causa di successivi interri e depositi minerali lasciati dall’acqua. 12 Una struttura a cunicoli paralleli, interpretata come sistema per aumentare la capacità di captazione del condotto principale, è attestata ad Orvieto, nella cavità n. 779, descritta da Bizzarri 1992, p. 198.

Superato l’imbocco murato (largh. m 0,60, alt. m 2,20) del condotto rilevato dalle cantine del civico 57 di via Gramsci e descritto più avanti (fig. II.2, n. 9), il cunicolo effettua una deviazione in direzione nord-ovest. Subito dopo questa è possibile accedere, attraverso una piccola apertura sulla parete sud (fig. II.2, n. 10), ad un breve tratto di cunicolo che conduce in una piccola cisterna a pianta circolare (diam. m 3), interamente scavata nel tufo (fig. II.9), le cui pareti conservano uno strato di argilla di impermeabilizzazione (fig. II.2, n. 11). Su un’apertura rettangolare praticata al centro della volta si innesta il pozzo di immissione a profilo circolare, costruito con blocchi irregolari di travertino (fig. II.10). La cisterna risulta parzialmente interrata e conserva, sulle pareti e sul fondo, consistenti resti di depositi calcarei. Da essa un cunicolo, probabilmente realizzato in un secondo momento, consente oggi l’accesso in direzione sud-est ad un ambiente utilizzato come cantina, in corrispondenza del n. civ. 53 di via Gramsci. Pochi metri oltre, superata un’apertura sulla parete nord chiusa da una tamponatura (fig. II.2, n. 12), sulla volta del condotto principale si aprono in successione due pozzi ascensionali, realizzati al momento dello scavo (fig. II.2, nn. 13-14). Entrambi sono a sezione quadrangolare, muniti di pedarole tagliate nelle pareti opposte e si sviluppano in altezza dalla volta del condotto per circa m 4, chiusi, alla sommità, da lastre di tufo disposte a doppio spiovente (fig. II.11). In questo tratto, il cunicolo, ben conservato nella sua fase originaria, è scavato interamente nel tufo con profilo rettangolare e presenta sul fondo la cunetta per il deflusso dell’acqua (fig. II.12).

13 Sono frequentemente attestate negli ambienti ipogei piccole nicchie per l’alloggiamento di lucerne. Nel nostro caso le dimensioni sono maggiori rispetto alla norma. Per una casistica di confronto si rimanda a Utilitas necessaria, p. 201. 14 In esso accede una scala moderna in mattoni che mette in comunicazione con i piani bassi dell’edificio in piazza Federico Fratini, n. civ. 8.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo Il tratto successivo (fig. II.2, n. 15) mostra numerose alterazioni risalenti ad epoche diverse: in più punti la volta è stata ribassata già in epoca antica con lastre di tufo disposte a doppio spiovente (fig. II.13), probabilmente per risarcire crolli o aperture nella volta, mentre sulle pareti sono visibili tamponature in muratura, realizzate in tempi recenti, per chiudere gli originali accessi laterali (fig. II.3, nn. 16-17). Una di queste aperture verso nord è solo parzialmente chiusa da una muratura fino all’altezza di m 1,30 dal piano di calpestio. Il cunicolo cui si accede da essa (fig. II.3, n. 18) è percorribile per m 5 circa, quindi risulta ostruito. Dopo circa m 4 si entra, superata una vaschetta intonacata probabilmente realizzata per far decantare l’acqua prima dell’immissione nella cisterna, in una serie di ambienti situati su più livelli (fig. II.3, n. 19). Una scala scavata nel tufo conduce al primo dei vani, a pianta quadrangolare (m 4,34 x 6,75), con pareti formate da un alto zoccolo di tufo, cui si sovrappone una muratura in grossi blocchi irregolari di tufo legati con malta (fig. II.3, n. 20). La volta a botte di copertura, pertinente ad una fase successiva a quella originaria, risulta realizzata con lo stesso tipo di muratura. L’ambiente è stato gravemente rimaneggiato e la parete orientale ricostruita in tempi successivi. Sulla parete nord-ovest si apre un largo passaggio che immette in un secondo vano, anch’esso di forma quadrangolare (m 7 x 3,40), con le pareti originariamente costruite con una muratura analoga in blocchi di tufo (fig. II.3, n. 21). In età più recente l’ambiente è stato profondamente alterato: lungo la parete settentrionale è stata realizzata una scala in mattoni per l’accesso ad una cantina ubicata al piano superiore. Un’altra scala, situata nell’angolo sud-est, è oggi interrata dopo soli cinque gradini. Probabilmente nella stessa occasione è stato realizzato (o forse ampliato) nella parete nord un passaggio, sormontato da un archetto in mattoni, che immette, per mezzo di un’altra scala, ad un vano situato ad una quota inferiore, che risulta pertinente alle fasi più antiche di utilizzo del sottosuolo (fig. II.3, n. 22). Per le sue caratteristiche, l’ambiente, di forma cilindrica (diam. m 3,56), interamente scavato nel tufo e rivestito di uno strato d’argilla impermeabilizzante, è interpretabile come cisterna15. Sulla volta, all’imposta della quale è inciso un profondo solco riempito da argilla, si aprono due pozzi circolari (diam. m 1,20): il primo, in posizione centrale rispetto all’asse della cisterna, è realizzato in blocchi irregolari di travertino (alt. m 2 ca.)16 e profondamente alterato da interventi successivi, l’altro, decentrato e forse pertinente ad una fase successiva, è costruito in muratura a blocchetti regolari di tufo con inserite sporadiche lastre di travertino (fig. II.14). I profondi rimaneggiamenti subiti nel corso del tempo rendono oggi particolarmente arduo individuare le fasi originarie del complesso: è probabile che ad una prima fase17 risalgano la cisterna cilindrica e il cunicolo d’adduzione ad essa e che solo successivamente, probabilmente già in età

antica, siano stati realizzati gli altri due ambienti, poi riutilizzati come cantine.

15 La cisterna è morfologicamente affine a quella precedentemente descritta a p. 76 ( tav. II, n. 11). 16 Questo pozzo ha le stesse caratteristiche costruttive di quello della cisterna di cui alla nota 15. 17 Per una definizione cronologica delle fasi generali di vita del sistema idrico vedi oltre p. 78 ss.

Proseguendo lungo il condotto principale, s’incontra un cunicolo (largh. m 0,60) trasversale ad esso, chiuso su entrambi i lati (fig. II.3, n. 23) e successivamente una tamponatura chiude un accesso sulla parete meridionale (fig. II.3, n. 24). Alcuni metri più avanti è visibile, sulla volta del cunicolo, un’apertura chiusa da una botola (fig. II.3, n. 25). In corrispondenza di questa, sul lato sud, una grata metallica impedisce l’accesso ad una diramazione laterale (fig. II.3, n. 26). Circa m 30 oltre, per una lunghezza di m 8, si nota un abbassamento della volta, realizzato in calcestruzzo rivestito da lastre di calcare disposte in piano. Oltrepassato sulla parete meridionale l’ingresso ad un cunicolo praticabile per m 5 (fig. II.3, n. 27) s’incontra un altro pozzo di scavo ascensionale scavato nel tufo (fig. II.3, n. 28), del tutto simile ai due precedentemente descritti (fig. II.15), a sezione quadrangolare con pedarole di accesso sulle pareti. Sul lato nord del condotto si nota una diramazione in parte interrata e chiusa, dopo alcuni metri, da una porta moderna (fig. II.3, n. 29). Proseguendo per circa m 15, il cunicolo principale si allarga in un ampio ambiente (fig. II.3, n. 30), quasi completamente interrato, di forma trilobata (lungh. m 3,60), interamente scavato nel tufo (fig. II.16). Dai dati disponibili al momento delle indagini e in mancanza di uno scavo archeologico non è stato possibile stabilire con certezza la funzione di questo vano nell’ambito del sistema idrico ipogeo. Da un’apertura situata sulla parete nord sono visibili due ambienti in successione, non praticabili, con strutture in blocchi di tufo all’interno (fig. II.3, n. 31). Sulla volta del condotto principale, è visibile un’apertura circolare (diametro m 0,60) che immette in un ampio ambiente a pianta rettangolare. Poco oltre, sulla parete sud del cunicolo una piccola apertura immette in una stanza moderna ricavata in una delle arcate visibili dall’esterno sulla parete meridionale della rupe (fig. II.3, n. 32). Da questo punto il condotto principale è reso impraticabile da un abbassamento progressivo della copertura con una muratura che lo ostruisce quasi interamente (fig. II.3, n. 33).

II.3 – Il condotto al numero civico 57 di via Gramsci Dagli ambienti adibiti a cantina sotto l’edificio in via Gramsci n. 5718, è possibile accedere (fig. II.17), tramite un’apertura chiusa da una grata (fig. II.2, n. 35) ad un cunicolo completamente scavato nel tufo, a sezione rettangolare (alt. m 1,30; largh. m 0,60), il cui collegamento originario al condotto principale risulta chiuso da una tamponatura (fig. II.2, n. 37). Dopo circa m 12 la volta del cunicolo diventa a tutto sesto e la sua altezza aumenta gradualmente fino a raggiungere m 2,50. Poco dopo, sulla parete orientale, una tamponatura in muratura (fig. II.2, n. 36) chiude l’accesso ad una diramazione laterale.

18 Grazie alla disponibilità del sig. Piero Pieri, proprietario della cantina ove sono situate le strutture, è stato possibile rilevare e studiare il complesso, molto ben conservato.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio Il condotto convogliava l’acqua dal cunicolo principale ad una cisterna a pianta quadrata, ben conservata, anche se attualmente non accessibile, ad un livello inferiore rispetto alle cantine dell’edificio. Sulle pareti, alla base delle quali rimane il cordolo per evitare ristagni negli angoli, si conservano tracce di depositi calcarei. Sul pavimento del condotto, lateralmente, è scavata una canaletta (profonda circa 20 cm) in cui doveva essere alloggiata una conduttura in cotto, parzialmente conservata nel tratto di cunicolo comunicante con la cisterna (fig. II.18). La costruzione della cantina ha alterato l’aspetto originario della struttura, eliminando il punto di contatto fra il cunicolo e la cisterna. L’acqua poteva essere attinta direttamente dalle abitazioni per mezzo di un profondo pozzo a sezione quadrata (fig. II.2, n. 34), scavato nel tufo e accessibile, tramite una carrucola per sollevare i secchi, da un’apertura situata all’ingresso del palazzo (fig. II.19).

II.4 – Il condotto a sud della fontana di piazza della Libertà Un condotto scavato nel tufo, orientato nord-sud, in pendenza costante verso sud, portava l’acqua dalla fontana di piazza della Libertà ad un sistema di particolare interesse, costituito da alcuni ambienti disposti su più livelli, tagliati da cunicoli e pozzi e occupati da fontane rinascimentali (fig. II.2, n. 38). L’accesso al condotto (fig. II.2, n. 39) è oggi possibile dai locali dove sono situate le suddette fontane19, al secondo livello ipogeo al di sotto di un giardino privato in via del Belvedere; pertanto la descrizione procederà in senso inverso, a partire da questi ambienti in direzione nord. Il cunicolo (alt. m 1,50; largh. m 0,70) presenta, nel tratto inferiore, una volta a sezione ogivale (fig. II.20), quindi si allarga fino a m 1,50 (fig. II.2, n. 40), con copertura a volta ribassata realizzata in tufi a secco, per restringersi nuovamente alle dimensioni originarie dopo alcuni metri (fig. II.2, n. 41). In corrispondenza di una curva verso ovest (fig. II.2, n. 42) il condotto si restringe fino a diventare impercorribile, per terminare dopo circa m 4. Sul fondo scorre tuttora l’acqua di deflusso dalla fontana, proveniente da una conduttura moderna alloggiata nella parte terminale del cunicolo, con forte pendenza da nord a sud. In un momento successivo sulla parete occidentale del condotto è stato ricavato l’alloggiamento per una canaletta che doveva addurre l’acqua al sistema di vasche e fontane cinquecentesche. Il cunicolo, tramite una diramazione secondaria, alimentava una grande cisterna ipogea di forma rettangolare, coperta da volta a botte ribassata, caratterizzata dalla presenza di un pilastro interno20 (fig. II.2, n. 53). La struttura, rivestita d’intonaco impermeabilizzante, mostra evidente il segno del livello dell’acqua poco al di sotto dell’imposta della volta (fig. II.21). II.5 – Il condotto a nord della fontana di piazza della Libertà Dall’imbocco del condotto principale si dirama in direzione nord un cunicolo con volta a tutto sesto (fig. II.2, n. 43) che

costeggia il lato settentrionale della fontana21. Poco dopo l’inizio si nota, sulla parete sud, una tamponatura larga circa m 3 (fig. II.2, n. 44). Dopo m 20 il cunicolo immette in un ambiente allungato (fig. II.2, n. 45) di forma irregolare (lungh. m 8; largh. m 2), parzialmente occupato, nella parte meridionale, da un crollo. All’estremità orientale di questo il cunicolo, che si restringe e abbassa progressivamente (alt. m 1,50; largh. m 0,65), prosegue in direzione nord-est con una copertura formata da lastre di tufo disposte a doppio spiovente (figg. II.2, n. 46, e II.22), per interrompersi, dopo alcuni metri, a causa di una tamponatura (fig. II.2, n. 47).

19 Questi ambienti saranno descritti più approfonditamente infra pp. 85-86. 20 La cisterna non è stata rilevata perché non compresa nell’area indagata.

II.6 – Il condotto sotto via Matteotti Da un tombino fognario moderno situato in via Matteotti (fig. II.4, n. 48), in corrispondenza di piazza del Plebiscito, è possibile l’accesso ad un cunicolo piuttosto superficiale che corre sotto la strada in direzione ovest. Il cunicolo (alt. m 1,50-1,70; largh. m 0,80) si presenta differente da quello esplorato sotto via Gramsci. Interamente costruito, ha le pareti in blocchi di tufo con l’inserimento di blocchetti di calcare e la copertura realizzata in lastre di tufo disposte a cappuccina (fig. II.23). Sul fondo, al centro, è scavata una canaletta profonda m 0,20. Proseguendo verso ovest, dopo 9 m, sulla parete settentrionale s’innestano due brevi tratti di cunicoli, in uno dei quali è alloggiata una tubatura moderna (fig. II.4, n. 49-50). Nel tratto seguente il condotto è di aspetto completamente diverso (fig. II.24): aumenta l’altezza (m 1,80) e scompare la canaletta sul fondo, mentre la copertura è costituita da una volta a botte in mattoncini (fig. II.4, n. 51). Queste trasformazioni sono da connettersi agli interventi di età moderna, che vedono il riutilizzo dei condotti antichi. Il cunicolo s’interrompe biforcandosi (fig. II.4, n. 52) in due strette diramazioni occupate da tubi di cemento. In origine il condotto doveva proseguire verso est ma, durante i lavori di risanamento della rete fognaria urbana, è stato parzialmente distrutto, impedendo così un’analisi strutturale di questo tratto. La conservazione del piano di calpestio e di un lacerto di parete ha comunque reso possibile l’esecuzione del rilievo del condotto da cui si distaccavano alcune diramazioni ostruite dai materiali di demolizione (fig. II.4, n. 53). Subito dopo l’esecuzione del rilievo, al termine dei lavori di risanamento, il cunicolo è stato interrato.

II.7 - Inquadramento cronologico: l’età antica Nonostante la varietà di strutture ipogee che caratterizzano il sottosuolo di Orte nel corso dei secoli, risulta ben individuabile la presenza di un complesso sistema idraulico sotterraneo, articolato in una fitta rete di cunicoli, cisterne e pozzi. Sfruttato e riutilizzato nei secoli, esso ha subito numerosi e consistenti rimaneggiamenti che rendono difficile sia una ricostruzione delle varie fasi dell’impianto, sia una

21 Informazioni più complete su questo settore sottostante piazza della Libertà sono oggi disponibili in seguito ai saggi di scavo effettuati nell’area successivamente alla realizzazione di questo studio, durante i lavori per la riqualificazione della sede stradale e per il restauro della fontana. Al riguardo vedasi, in questo stesso volume, il Capitolo I, pp. 3-4.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo datazione precisa. Tali cavità, infatti, in mancanza di strutture murarie che le caratterizzino, di un eventuale collegamento con manufatti specifici o di dati di scavo, mostrano uniformità morfologica e strutturale anche in epoca post antica e, pertanto, possono essere state eseguite in diversi periodi e con finalità differenti22. Inoltre il riutilizzo continuo di queste strutture (alcune delle quali ancora oggi adibite a cantine, taverne, depositi, ecc.), ha profondamente alterato l’aspetto del sistema originario concepito con una funzione ben precisa. Anche se la tipologia dei cunicoli non fornisce dati cronologici certi, un’attenta lettura ed analisi delle strutture esistenti ed il confronto con situazioni ipogee simili in altri centri dell’Etruria interna, inducono a ritenere che l’impianto originario della rete idraulica sotterranea risalga ad epoca etrusca23, in stretta connessione con il primo insediamento abitativo sul colle e con le conseguenti esigenze di captazione e adduzione delle acque. Tra i diversi sistemi idrici documentati nell’antichità, oltre a quello più diffuso di sfruttamento delle falde acquifere mediante lo scavo di pozzi, talvolta anche molto profondi, sono infatti attestati la raccolta di acqua piovana in cisterne e lo scavo di cunicoli per convogliare le acque in percolazione verso un punto centrale di raccolta24. Adolfo Cozza in un suo studio sui cunicoli di Orvieto, rimasto inedito e pubblicato recentemente25, scrive: «se per mezzo di raccolte di acqua piovana si giungeva ad avere una o più origini comuni di alimentazione, allora veniva istituita al di sotto del piano abitato una rete di cunicoli corrispondenti a quelle delle vie pubbliche con il suo tronco principale e le sue diramazioni che da questo mettevano a tutti i punti della periferia urbana, tutto con pendenza dolce e uniforme verso le varie vie di deflusso». La situazione di Orte sembra adattarsi perfettamente a questa descrizione. Infatti, nella prima fase, il sistema era probabilmente costituito da una rete indipendente di cunicoli ipogei26, scavati in corrispondenza degli assi viari, in grado di

captare e convogliare l’acqua piovana o in percolazione nelle rocce verso conserve d’acqua ubicate sotto le abitazioni, in modo da rifornire tutti i punti dell’insediamento. I cunicoli venivano scavati generalmente in corrispondenza dei livelli di maggiore circolazione idrica di falda, nel punto di contatto tra il conglomerato sommitale ad alta permeabilità ed i sottostanti limi argillosi meno permeabili, per catturare ogni minima infiltrazione nella roccia e raggiungere la falda formatasi tra lo strato permeabile e quello impermeabile27.

22 Una situazione analoga, caratterizzata da complessità di fasi e riutilizzi è attestata, fra le altre, nello stesso ambito geografico, a Perugia (Cenciaioli 1991b, p. 99), Narni (Utilitas Necessaria, pp. 213-14), Todi (Bergamini 1991, pp. 143 ss.) e Orvieto (Bizzarri 1992, p. 195 ss.). 23 In particolare ad Orvieto, dove l’impianto ipogeo presenta caratteristiche molto simili a quello di Orte, lo scavo scientifico degli strati di riempimento di alcuni cunicoli ha fornito dati cronologici di maggiore certezza, che consentono l’attribuzione del sistema idraulico ad età etrusca (Cenciaioli 1991, p. 169). Complessi sistemi di captazione e distribuzione delle acque, scavati nel tufo, sono attestati nell’area di Veii e tradizionalmente attribuiti all’età etrusca, anteriormente al 396 a. C., data della presa della città da parte dei Romani (I. Von Kampen, I cunicoli di Veio, in I. Von Kampen (a cura di), Formello sotterranea, Catalogo della mostra (Formello 15-30 aprile 2005), pp. 12-18). 24 Vitruvio (De Architectura, VIII, 1, 6) consiglia, là dove si è riscontrata la presenza d’acqua, “tum deprimendus est puteus in eo loco, et si erit caput aquae inventum, plures circa sunt fodiendi et per specus in unum locum omnes conducendi“ (allora si dovrà scavare un pozzo e se verrà individuata una vena d’acqua se ne aggiungeranno altri là intorno convogliando tutto in un unico punto per mezzo di canali sotterranei). 25 A. Cozza, Architettura preromana, in Satolli 1984, p. 146. 26 Sempre a proposito dei cunicoli di Orvieto scrive il Cozza (Ibidem, p. 145) «in mancanza di sorgenti ben determinate o per l’ampliamento delle medesime ne venivano praticati a seconda la buona arte dei cunicoli collettori dai quali veniva per una grandissima estensione tagliato lo strato permeabile. Queste opere di raccolta raggiungono qualche volta centinaia di

metri e anche qualche chilometro quando la scarsità delle sorgenti lo imponeva».

I cunicoli pertinenti all’impianto originario, di cui restano inalterati alcuni tratti nonostante le numerose trasformazioni subite, si estendono su più livelli e a profondità variabili, e testimoniano una realtà molto più complessa rispetto a quanto documentato nel presente studio, finalizzato ad indagare una porzione limitata del sottosuolo. Anche le prospezioni georadar effettuate, al momento dei lavori, in piazza della Libertà hanno registrato, infatti, anomalie dovute probabilmente alla presenza di cavità nel sottosuolo, delle quali, in questa circostanza, non è stato possibile verificare la natura e l’entità per l’urgenza dell’intervento richiesto28. Il sistema idrico esplorato è costituito, per la parte più antica, da un tronco principale, probabilmente ubicato già in antico in corrispondenza della viabilità primaria, da cui si dipartono, su entrambi i lati, una serie di diramazioni ortogonali, in comunicazione con pozzi o cisterne accessibili dalla superficie29. I cunicoli relativi a questa prima fase appartengono in prevalenza al tipo semplicemente scavato nel tufo, maggiormente idoneo a captare le acque in percolazione a causa della mancanza di un rivestimento impermeabilizzante30, presente nelle varianti a sezione ogivale, a tutto sesto e a sezione rettangolare. I cunicoli a sezione ogivale trovano ampia attestazione in ambito etrusco31 e ricordano analoghe strutture presenti a

27 Una situazione analoga è riscontrabile a Todi (Mariani 1991, p. 139 e Bergamini 1991, p. 144). 28 Mentre i profili 1 e 2, effettuati nel tratto di via Gramsci che costeggia il Duomo, non hanno riscontrato anomalie, i profili 3 (che attraversa la piazza da nord a sud), 4 (trasversale a questo) e 5 (all’imbocco di via Matteotti) hanno evidenziato in diversi punti ampie zone d’anomalia. 29 Un impianto simile di cunicoli è documentato ad Orvieto dove però è noto anche un secondo sistema costituito da un condotto verticale, in comunicazione con la superficie, che presenta, ad una certa altezza, una serie di cunicoli radiali dal limitato sviluppo planimetrico (A. Cozza, Architettura preromana, in Satolli 1984, pp. 145-147; Bizzarri 1991, pp. 165 ss.; Idem 1992, pp. 197 ss.). L’esistenza di cunicoli del tipo semplicemente scavato nel tufo a quote differenti da quella dell’impianto principale potrebbe far ipotizzare anche per Orte la presenza di questo secondo sistema di distribuzione dell’acqua. 30 Et si tofus erit aut saxum, in suo sibi canalis excidatur (e se il terreno è di natura tufacea o roccioso, basterà semplicemente scavare un canale). Così Vitruvio (De Architectura, VIII, 6, 3) parla della tecnica di adduzione apparentemente più antica e più semplice, che consiste nell’aprire i cunicoli direttamente nel banco naturale, senza dotarli di alcun rivestimento, tecnica questa che rappresenta la soluzione più economica e funzionale alla cattura delle acque in percolazione. L’assenza di rivestimento interno non fornisce di per sé elementi di sicura cronologia: acquedotti direttamente scavati nella roccia e privi d’impermeabilizzazione sono attestati in ambito etrusco per l’età romana a Narni e a Todi (Utilitas Necessaria, pp. 213-216). 31 Per un’analisi generale delle tipologie e tecniche costruttive dei cunicoli di drenaggio nel Lazio si fa riferimento a S. Judson, A. Kahane, Underground drainageways in southern Etruria and northern Latium, in Papers of the

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Orte (Viterbo) e il suo territorio Perugia32 e Todi33, mentre ad Orvieto sono documentati nell’ambito del medesimo impianto idrico sia il tipo a sezione ogivale che quello a tutto sesto34. Secondo la tipologia redatta da Adolfo Cozza sulla base dei cunicoli di Orvieto35, i due tipi più comuni ad Orte (a sezione ogivale e a tutto sesto) corrisponderebbero, nella loro forma originaria, ai tipi 1A e 1B, datati dallo studioso rispettivamente al periodo arcaico36 ed ellenistico. In alcuni tratti il condotto principale presenta una copertura in lastre di tufo disposte a doppio spiovente, mentre il corpo, a sezione rettangolare, è scavato nel tufo (tipo 3A del Cozza)37. In assenza di dati di scavo, si può genericamente attribuire il primo impianto di distribuzione delle acque al periodo di vita del centro urbano etrusco. Il cunicolo sotto via Matteotti, di cui si parlerà in seguito, è stato realizzato utilizzando una tecnica costruttiva più elaborata, con spallette in blocchi di tufo, copertura con lastre disposte a doppio spiovente e canaletta scavata sul fondo (tipo 3B del Cozza), in genere attribuita ad un periodo posteriore, anche se non è da escludere che la scelta di questa tipologia sia legata a diverse condizioni del suolo in questa zona 38. Il condotto principale, come si è detto, è interrotto da una serie di pozzi scavati direttamente nel tufo, a sezione rettangolare (m 1,20 x 0,80), innestati sulla volta del cunicolo, chiusi alla sommità da lastroni in tufo disposti a doppio spiovente (figg. II.11 e II.15). Questi pozzi, dotati di intacche scavate a distanza regolare sui lati opposti per consentirne l’accesso (comunemente dette “pedarole”), erano stati realizzati sia per lo scavo dei condotti che per la loro aerazione e manutenzione39 ed appartengono alla fase originaria dell’impianto40.

British School al Rome, XXXI (1963), pp. 74-99, con un’ampia casistica di confronti . 32 Cenciaioli 1991b, pp. 99-102; V. Piro, I cunicoli di drenaggio a Perugia, in Etruschi maestri di idraulica, pp. 105-113. 33 M. Tascio, Todi. Forma e Urbanistica, Città antiche in Italia, 2, Roma 1989, pp. 85-86. 34 Bizzarri 1991, pp. 163-165. Si segnala inoltre un cunicolo con volta a botte collegato ad una conserva d’acqua del tipo “a bottiglia” nella zona di Sutri, dove è anche attestato il tipo ogivale (Utilitas Necessaria, p. 453). 35 Bizzarri 1991, pp. 163-165. 36 Lo scavo del riempimento di un cunicolo a sezione ogivale effettuato ad Orvieto (Cenciaioli 1991, p. 169), caratterizzato dalla presenza di reperti ceramici di fine VI-V secolo a.C., e di altri per i quali i materiali indicano una continuità d’utilizzo dalla fine del VI al III secolo a.C., sembrerebbe confermare l’attribuzione di questo tipo al periodo arcaico. 37 Bizzarri 1991, pp. 163 ss. Oltre ad Orvieto il tipo è attestato nell’acquedotto della Formina di Narni, d’età romana (Utilitas Necessaria, p. 222). 38 In relazione ad Orvieto spiega Adolfo Cozza “I metodi di condotta variavano secondo le epoche e le condizioni del suolo. Nel tufo poco permeabile e quando le sorgenti erano copiose le acque scorrevano a fondo libero, quando il terreno era meno saldo e più povera la portata allora veniva condotta entro cunette di tufo od altra pietra” (A. Cozza, Architettura preromana, in Satolli 1984, p. 145-146). 39 Vitruvio (De Architectura, VIII, 6,3) fornisce anche la misura della distanza ottimale fra essi: “puteique ita sint facti, uti inter duos sit actus” (si creino inoltre dei pozzi d’aerazione ad intervalli di centoventi piedi l’uno dall’altro). Plinio parla invece di una distanza di due actus, pari a 72 m (P. Pace, Tecniche di conduzione e distribuzione dell’acqua in epoca romana, in AA. VV., Il Trionfo dell’Acqua. Acque e Acquedotti a Roma, IV sec. a.C.-XX sec., Roma 1986, p. 141). In ambito veiente la distanza varia fra i 28 e i 36 m (Judson-Kahane, Underground drainageways in southern Etruria, cit., p.

80). Gli esemplari conservatisi ad Orte non sembrerebbero rispettare questa distribuzione modulare.

Direttamente collegate all’impianto originario dei cunicoli sono anche le due cisterne (figg. II.2, n. 11 e II.3, n. 22), affini per caratteristiche morfologiche e parzialmente interrate, di forma cilindrica (diam. m 3 e 3,50), con le pareti rivestite da uno strato d’argilla impermeabilizzante, quasi interamente conservato (fig. II.9). Sulla volta si aprono i pozzi per attingere l’acqua, realizzati in lastre di calcare scalpellate rozzamente o in blocchetti di tufo (fig. II.10). Cisterne di questa tipologia sono attestate ad Orvieto41, dove è documentato anche un’altro tipo morfologicamente simile, ma caratterizzato da un rivestimento interno in conci lapidei; entrambi i tipi vengono attribuiti al periodo etrusco42. Oltre ai cunicoli rilevati in occasione dei lavori del 1991, è stato possibile riscontrare la presenza di numerosi altri condotti scavati nel tufo, all’apparenza molto simili a quelli sopra citati, visibili in sezione in alcune cantine di abitazioni e sotto le taverne delle contrade di S. Gregorio e S. Sebastiano, che probabilmente mettevano in comunicazione il cunicolo principale con le conserve d’acqua presenti negli ipogei delle taverne43. L’attribuzione ipotetica di questi al più antico sistema di drenaggio idrico del colle non è al momento suffragata da dati e richiederebbe uno studio più esteso e approfondito. L’impianto idrico etrusco rimane probabilmente in uso, senza sostanziali modifiche, per alcuni secoli, subendo esclusivamente interventi di manutenzione e ripristino. È probabile che una radicale ristrutturazione del sistema sia stata realizzata solo in età romana, in relazione alle mutate condizioni insediative e all’aumento della popolazione. La rete idrica, che sfruttava le acque presenti nel sottosuolo della città, ormai divenuta insufficiente al nuovo fabbisogno, viene ora sostituita da un acquedotto alimentato da sorgenti esterne44.

40 Anche per queste strutture, ampiamente diffuse in ambito etrusco, il confronto più vicino è con analoghi manufatti presenti ad Orvieto in connessione con il primo sistema di distribuzione delle acque, articolato su un asse principale e diramazioni secondarie ortogonali, e datati all’età etrusca (Bizzarri 1991, p. 165). 41 Sono attestate diverse tipologie indicate, a seconda del loro profilo, come “a bottiglia”, “a fiasco”, “ad otre” (S. Stopponi, La cisterna di S. Domenico ad Orvieto, in Gli Etruschi maestri di idraulica, pp. 211). Pericle Perali chiamava questo tipo di cisterne “pozzi con argilla” (P. Perali, Saggio di pianta archeologica del ripiano tufaceo di Orvieto, in Orvieto etrusca, Roma 1928, pp. 34 e 80; Bizzarri 1992, p. 202). Si veda anche C. Bizzarri,Orvieto ipogea. Primo inquadramento tipologico delle principali emergenze storico-archeologiche, in Orvieto ipogea, pp. 49 sgg. 42 Secondo Cozza il tipo con cortina muraria sarebbe cronologicamente anteriore a quello intonacato; entrambi sono documentati in età etrusca, come proverebbe lo scavo del riempimento di una cavità priva di cortina presso S. Domenico (S. Stopponi, La cisterna di S. Domenico, cit., p. 211; Bizzarri 1992, p. 202). 43 Ben conservato e percorribile fino all’imbocco della cisterna, nonostante le alterazioni subite successivamente, è il cunicolo sotto la taverna di S. Sebastiano, mentre quello sotto la taverna di S. Gregorio, orientato trasversalmente al condotto principale, non è attualmente esplorabile. Si ricordano anche alcuni cunicoli di difficile percorribilità nei pressi della cisterna dell’ospedale e altri, occlusi e tagliati dagli ambienti sottostanti l’orto pensile in via del Belvedere. Inoltre esplorando le pareti del colle si nota l’imbocco di numerosi condotti, dei quali non è possibile, in mancanza di un’analisi più approfondita, fornire un’ipotesi interpretativa. 44 Come è stato giustamente rilevato (G. Pisani Sartorio, Gli antichi acquedotti di Roma (IV sec. a.C.-VI sec. d.C.): dai pozzi ai condotti, in AA. VV., Il Trionfo dell’Acqua, cit., p. 28), l’acquedotto, come strumento di trasporto di grandi quantitativi d’acqua diviene effettivamente necessario allorchè la comunità supera una certa soglia numerica.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo L’acquedotto quattrocentesco, di cui rimangono alcune arcate ancora oggi visibili all’estremità occidentale della rupe, potrebbe aver sostituito una struttura più antica, di cui al momento non sono state rinvenute tracce45, caratterizzata però dallo stesso tracciato. Un’epigrafe monumentale trascritta dal Fontanini e da lui attribuita all’età di Domiziano è stata ipoteticamente messa in relazione46 all’edificazione di un acquedotto sotto questo imperatore. Si può ipotizzare che, come documentato per il periodo rinascimentale, l’acquedotto, prese le acque dalle sorgenti situate sul Colle delle Grazie, scendesse, attraversando la valletta tra questo e lo sperone roccioso della Bastia, per poi risalire a pressione sulla sua sommità47 proseguendo su arcate fino alla rupe d’Orte, dove si collegava ai condotti ipogei fino alla fontana di piazza48. Non è da escludere che la propaggine, oggi nota col nome di Bastia, e per la quale è documentato un progressivo processo erosivo almeno a partire dal XV secolo49, si ricongiungesse in origine al colle di Orte e potesse essere stata utilizzata come tramite naturale per mantenere le acque in quota fino all’abitato. La Nardi cita un pozzetto e una struttura in opera quadrata di tufo e travertino, documentati da fonti manoscritte sulla parte superiore della propaggine, ipotizzando una possibile relazione con un acquedotto antico50. La mancanza di indagini scientifiche lungo il limite occidentale del colle e nella valletta tra questo e la Bastia non consente allo stato dei fatti di risolvere, se non come ipotesi, il reale percorso del tratto iniziale dell’acquedotto in età antica. È probabile che risalgano a questa fase la chiusura, almeno in parte, di alcune delle diramazioni laterali del condotto ipogeo, per evitare la dispersione dell’acqua, e la sostituzione della volta, nei tratti danneggiati o crollati, con muratura in blocchetti di tufo e malta sorretta da lastre di tufo o travertino disposte in piano o a doppio spiovente. Dato il carattere parziale delle indagini è al momento particolarmente difficoltoso determinare quali delle conserve d’acqua, documentate ad Orte e citate in seguito, fossero connesse al primo impianto dell’acquedotto. Le indagini archeologiche, effettuate in piazza della Libertà nel 200351, hanno portato alla luce importanti testimonianze

d’età romana e medievale, contribuendo a chiarire anche alcune trasformazioni del sistema idrico sotterraneo in questo settore. L’intervento di maggior rilievo sembrerebbe consistere nella costruzione, come terminale e punto di distribuzione del nuovo acquedotto, di una vasca forse a cielo aperto, scavata nel tufo52, e di un condotto a nord di essa, funzionale alla manutenzione e pulizia dell’impianto, da collocarsi in età augustea, contestualmente ad una ristrutturazione generale dell’area del foro (attuale piazza della Libertà) 53.

45 Alla base dei piloni dell’acquedotto sono visibili resti di muratura in pezzame di tufo, legata con una malta incoerente grigiastra e foderata con una cortina in blocchetti di calcare, forse attribuibile ad una fase precedente anche se lo stato attuale di conservazione e visibilità della struttura non ne consente una più precisa definizione cronologica. Potrebbe semplicemente trattarsi della muratura a sacco di fondazione dei piloni dell’acquedotto. 46 Paglialunga 1963, p. 59. 47 In questa tipologia di acquedotti, documentata in età preromana e romana, l’acqua, per superare eventuali dislivelli, veniva convogliata a pressione in tubature a sifone, realizzate in piombo o pietra forata (T. Bovi, W. Di Palma, La scienza idraulica nel mondo antico, in Il Trionfo dell’Acqua, cit. pp. 136-138). 48 Il cunicolo principale è perfettamente in asse con l’acquedotto 49 Si confronti infra p. 82. 50 Il pozzetto era in asse con l’acquedotto rinascimentale (Nardi 1980, pp. 31-32). 51 Gli scavi sono stati condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, in collaborazione con il Comune di Orte in occasione del consolidamento statico della fontana ipogea e della ripavimentazione di piazza della Libertà; per un’analisi approfondita dei risultati e per un inquadramento storico di Orte in età romana si rimanda al Capitolo I, nel presente volume, e alla sua Appendice.

Anche il tratto di cunicolo sotto via Matteotti, costruito in blocchi di tufo con l’inserimento di frammenti di calcare, a differenza di quelli etruschi, scavati nel banco, sembrerebbe risalire al periodo romano54. Nel processo di risistemazione della rete idrica, i Romani riutilizzano e regolarizzano i cunicoli del periodo precedente, sostituendone alcuni tratti, probabilmente danneggiati, con condotti in muratura, formati da spallette in blocchi di tufo ben squadrati, disposti in filari orizzontali regolari o in blocchetti di tufo, e copertura in lastre di tufo o calcare disposte a doppio spiovente. Non è chiaro, dai dati a disposizione, il collegamento tra il tratto di cunicolo sotto via Matteotti e quello proveniente dall’attuale via Gramsci. È ipotizzabile che esso, piegando verso nord, si raccordasse con la diramazione a nord-est della fontana ipogea (fig. II.2, n. 47), che presenta caratteristiche costruttive simili, sotto l’attuale palazzo comunale. In direzione est il condotto è documentato fino a piazza del Popolo, quindi doveva proseguire fino al limite della rupe, in prossimità della chiesa di S. Agostino. In età medievale è infatti documentata ai piedi della scarpata, presso la Porta Romana, una fonte detta “acqua di S. Paolo” dalla prossimità ad una chiesa, oggi scomparsa, dedicata al Santo55. La fonte, di cui sono stati recentemente visti i resti nell’orto della chiesa di S. Agostino56, doveva essere stata costruita presso il termine dell’antico acquedotto, ancora utilizzato nel XVII secolo, come si può dedurre dalla descrizione che ne dà il Leoncini: «V’è anco nella città nativa detta di S. Paolo che mai manca et esce per sotterraneo acquedotto fuori la città»57. II.8 - L’età medievale e moderna Per tutta l’età altomedievale si è carenti d’informazioni circa l’approvvigionamento idrico di Orte; è priva di fondamento

52 La vasca costituisce il primo impianto della fontana di piazza della Libertà. 53 A questo periodo vengono attribuite la pavimentazione del Foro e relativa rete fognaria, la fondazione del Capitolium sotto l’odierna cattedrale di S. Maria, del sacello di Ercole dove poi sorgerà il palazzo Vescovile e di un probabile impianto termale nell’area del palazzo dell’Orologio (si veda il Capitolo I, pp. 8, 12 e nn. 76, 20). 54 Una simile tipologia di cunicolo, con muratura laterale e tegole disposte alla cappuccina, è documentata a Todi in età imperiale (Cenciaioli 1991, p. 102). 55 La chiesa di S. Paolo è attestata in tre atti notarili del 1345, 1361 e 1372 e risulta già distrutta ai tempi del Leoncini (Camilli 1962, p. 50 e Gioacchini 2001, p. 183). 56 Gioacchini 2001, p. 183. 57 Leoncini vol. IV, f. 51. Leoncini ne parla inoltre in altro luogo, definendola “uno bono capo d’acqua che serve al tempo de’ bisogni et il cuniccio et acquedotto si vede fuori della città, potendose di dentro altresì pigliare detta acqua”(Leoncini, vol. II, parte I, f. 216).

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Orte (Viterbo) e il suo territorio storico la notizia, riportata da Vitali e citata da altri autori58, relativa alla distruzione dell’acquedotto romano ad opera di Belisario. Il taglio dell’acquedotto sarebbe avvenuto, secondo il Vitali59, durante l’assedio per riprendere la città occupata dai Goti e, nella stessa occasione, sarebbe andato distrutto anche un Fons Podianus, situato sotto le mura urbiche. Al termine dell’assedio, riconquistata Orte, Belisario avrebbe fatto restaurare anche la fontana insieme alle mura della città60. Probabilmente la mancata manutenzione del sistema idrico romano in questo periodo determina invece, come hanno dimostrato i recenti scavi sopra menzionati, il parziale cedimento delle strutture pavimentali del foro lungo il lato sud della fontana di piazza; nel VII secolo, la fondazione del nuovo battistero di S. Giovanni in Fonte nell’area a nord di questa, in corrispondenza della diramazione che si distacca dall’acquedotto ipogeo in direzione nord-est, sembra presupporre l’effettuato ripristino dei condotti presso la fontana. Forse in quest’occasione le sue vasche, anch’esse restaurate, sono state dotate di copertura. In realtà non si hanno notizie dirette circa la sopravvivenza e l’uso dei condotti antichi perlomeno fino al IX secolo, periodo cui probabilmente risalgono le condutture in peperino di cui si conservano due elementi rettilinei ed un gomito all’antiquarium comunale61. È probabile che in questo periodo, in coincidenza con una serie di interventi architettonici in ambito urbano, venisse rinnovato anche il sistema idraulico. Purtroppo s’ignora la provenienza di questi elementi per i quali si può ritenere ipoteticamente che servissero a raccordare le sorgenti con l’imbocco dei condotti ipogei, ruolo svolto in età più recente da un acquedotto ligneo62. Nella prima metà del XIV secolo è ancora attestato il perfetto funzionamento del sistema idrico. Un documento del 1327 testimonia, infatti, l’esistenza di un magister incaricato di curare e mantenere aquam et cursum aque et conductus fontis platee comunis Orti ubicumque necesse fuerit intus et extra civitatem ortanam ita quod aqua predicti fontis libere fugat et fugere possit per conductum predictum ad dictum fontem adfruire posse sine aliquo impedimento legaliter et solleciter ita quod homines et persones civitatis ortanae de aqua fruente ad dictum fontem habeant63, documentando l’efficienza e la manutenzione dei condotti “dentro e fuori la

città” fino alla fontana di piazza, la fontis platee più volte citata negli atti notarili trecenteschi64.

58 Paglialunga 1963, p. 100 s.; Nardi 1980, p. 31; Frale 1995, p. 26. Per un’analisi delle fonti altomedievali in cui è citata Orte si rimanda a J. Raspi Serra, B. Laganara Fabiano, Economia e territorio, cit., pp. 86-88. 59 Storia di Orte, cap. V. 60 Per le problematiche connesse ad una cinta muraria di età bizantina vedasi il Capitolo I, pp. 14-16. 61 Si ringrazia Stefano del Lungo, autore della schedatura dei materiali archeologici per la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, per avercene segnalato l’esistenza. Gli elementi (invv. 129955-129957) a parallelepipedo scavato internamente (diam. interno cm 13-14) si disponevano ad incastro uno nell’altro e conservano al loro interno consistenti depositi calcarei. Fra gli altri Gioacchini parla di un acquedotto di IX-X secolo (Gioacchini 2001, p. 240). 62 Potrebbe essere relativo a questi elementi lapidei il riferimento a lapides de conductaria veteri che i Priori di Orte si impegnano a cavare facere a spese del Comune, contenuto nelle Riformanze del Comune di Orte, (Registro n. 1, c. 272r (54r), p. 86, del 7 maggio 1463). 63 A.S. VT, prot. 154, c. 1r; Frale 1995, p. 32. Il riutilizzo, almeno parziale, di acquedotti ipogei antichi in età medievale è attestato a Todi, Fermo, Corneto Tarquinia (Bergamini 1991, pp. 158 e 162, n. 47).

A partire dal XV secolo abbiamo notizie più dettagliate che si riferiscono all’acquedotto e all’utilizzo della rete di cunicoli antichi per l’adduzione di acqua dall’esterno della città. Risale infatti con tutta probabilità alla metà del secolo la costruzione del grandioso acquedotto di cui restano ancora quattro alte arcate (fig. II.25) immediatamente ad ovest dell’area della Rocca65; i piloni sono realizzati in muratura con paramento in blocchi diseguali di calcare locale, mentre gli archi, a tutto sesto, forse appartenenti ad un successivo restauro66, mostrano le fodere interne in blocchetti di tufo e le spallette del condotto in calcare, con diverse risarciture realizzate in momenti diversi e in tecniche differenti. Alla base dei piloni sono visibili resti di muratura in pezzame di tufo, legata con una malta incoerente grigiastra e foderata con una cortina in blocchetti di calcare, forse attribuibile ad una precedente fase (fig. II.26). Lo stato attuale di conservazione e visibilità della struttura non ne consente una più precisa definizione cronologica. Il percorso dell’acquedotto è ben noto grazie ad un disegno acquerellato del 1781 conservato nell’Archivio della Curia di Orte67 e relativo all’istituzione della Parrocchia di S. Michele Arcangelo (fig. II.27). Il disegno, una planimetria a volo d’uccello della zona ad ovest della Rocca, fra il Tevere e il Colle delle Grazie, riproduce l’aspetto dell’acquedotto, in condotte lignee, nel primo tratto, e quindi su archi in muratura fino alla città. Una sommaria descrizione si trova anche nei manoscritti del Leoncini, a testimonianza del fatto che il medesimo sistema idraulico fosse utilizzato fra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo68. L’acquedotto prendeva le acque, come in antico, dalle sorgenti situate sul Colle delle Grazie, dove si conserva il manufatto per l’adduzione delle acque dalla fonte, e scendeva attraversando la valletta fra questo e lo sperone roccioso noto come la Bastia, risalendo in condotte forzate a pressione sulla sommità di essa. Soggetto ad una lenta erosione, attestata fin dal 1613 69, il colle della Bastia crollò quasi interamente nel 1950, anche in seguito ai bombardamenti

64 Si tratta di documenti rogati presso l’arcus fontis platee, conservati all’Archivio Storico di Viterbo; si veda a questo proposito Frale 1995, pp. 26 e 31-32. 65 Nelle Riformanze del Comune di Orte, (Reg. 1, parte II, p. 64) in data 23 novembre 1462, si parla della necessità di ricostruire, egere reparatione et de novo fieri, la fontana esistente sulla strada per Viterbo presso l’acquedotto che portava l’acqua alla Fontana di piazza del Comune, già quindi esistente a quella data. Gli archi sono citati per il 1462 anche in Leoncini, vol. III, f. 257. Senza fondamento l’attribuzione dell’acquedotto ad età flavia in Paglialunga 1963, p. 58. 66 Sugli archi è murata un’epigrafe attestante un restauro dell’acquedotto effettuato nel 1635 a spese pubbliche, in seguito ai danni riportati da una piena del Tevere. 67 Ecclesiasticorum, 33, tra le cc. 207 e 208. 68 «la sua fonte sotterranea, scendendosi per alcuni gradili (sic) in essa, e l’acqua della quale viene per l’acquedotto di legno, che sale alla Bastia et viensi per mezzo la città, danno (sic) a molti cittadini comodità di poterla pigliare passando sotto le lor case, è l’acqua in somma perfectione (?) nascendo nel sasso sotto la Madonna delle Grazie, ch’ è leggiera e dolce» (Leoncini, vol. IV, f. 51). 69 Già il Leoncini annota che la Bastia «ben presto va dirupando hor da una hor dall’altra banda” e che “un giorno, il che Iddio non voglia, diruperà e caderà tutta» (Gioacchini 2001, p. 240).

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo subiti durante l’ultima guerra. Alcune fotografie degli inizi del ’900 (fig. II.28) ne documentano l’aspetto prima dell’evento rovinoso. Per superare il dislivello fra la Bastia e la rupe d’Orte fu realizzato un tratto d’acquedotto in muratura, riprodotto in dettaglio in un disegno del XVIII secolo70, realizzato per documentare alcuni “abusi edilizi” del tempo (fig. II.29): sono ben visibili le alte arcate ancora oggi conservate, in parte occluse da una struttura addossatavi in seguito71, ed altre d’altezza minore, probabilmente crollate nei dissesti geologici di cui si è detto sopra, che si addossavano alle propaggini del pianoro roccioso. Di lato all’acquedotto passava la strada d’accesso alla città, sulla quale si aprivano tre porte, la prima addossata alla Bastia, la seconda, a metà altezza, al termine degli archi, e la terza all’ingresso della città, presso la Rocca72. Nell’area della Rocca, l’acqua penetrava nei condotti sotterranei per la distribuzione nell’area urbana, utilizzando la rete di cunicoli esistente che scendeva con lieve pendenza fino alla Fontana Grande, dove era possibile rifornirsi d’acqua73. Notizie indirette sull’epoca della costruzione e sulla tecnica con cui fu realizzato l’acquedotto provengono dagli Atti del Consiglio Comunale di Soriano nel Cimino del 1565, nei quali, in relazione al progetto d’edificazione di un acquedotto per il paese, si registra la proposta di fare come ad Orte, de fonte quod agetur uti in Orto de lignamine et lapide perforato74: le condutture lignee erano realizzate probabilmente, come in altri casi simili75 de medullis quercuum, cioè in tronchi di quercia scavati all’interno, mentre i giunti in questo caso erano costituiti da elementi cubici in pietra calcarea, ricavati dalla giunzione di quattro blocchi scalpellati per contenere le tubature lignee; alcuni di questi blocchi sono ancora visibili, probabilmente utilizzati in successivi reimpieghi, alla base delle arcate dell’acquedotto (fig. II.30). Una volta raggiunta la Rocca l’acqua probabilmente veniva convogliata direttamente nel condotto principale, dopo aver murato l’imboccatura di alcune delle diramazioni laterali, per impedirne la dispersione. Il terminale dell’acquedotto era ancora in questo periodo alla fontana di piazza, la fontis platee comunis Ortis sopra menzionata, ubicata a livello ipogeo, per consentire la giusta pressione e garantire l’afflusso continuo delle acque, in stretta connessione con la chiesa di S. Giovanni in Fonte in piazza S. Maria, oggi piazza della Libertà. Un atto notarile del 1461 c’informa sulla precisa ubicazione della chiesa di S. Giovanni: «essa confina

per due lati con le strade pubbliche, per un lato con il loggiato della chiesa stessa, posto sopra la fontana del comune» 76. Presso la chiesa si trovava il fonte battesimale ipogeo, che doveva utilizzare l’acqua proveniente dall’acquedotto77, forse proprio per mezzo di una piccola diramazione che si stacca verso N dalla vasca della fontana (fig. II.22).

70 Una copia ne è conservata presso l’Archivio della Curia di Orte. Si ringrazia Abbondio Zuppante per avercene segnalata l’esistenza. 71 La didascalia relativa fa riferimento ad un «Appoggio sopra l’Archi, che conducono l’acqua, essendo prima liberi». 72 I resti della prima e della terza porta sono tuttora visibili, mentre di quella intermedia non vi è altra documentazione. 73 Leoncini, vol. IV, f. 51. 74 F.T. Fagliari Zeni Buchicchio, Barnaba di Pietro d’Asti, l’artefice dell’acquedotto ligneo di Gallese nel 1480, in A. Zuppante (a cura di) Atti delle giornate di studio per la storia della Tuscia, II, Fonti per la storia della Tuscia (Orte 12 settembre 1987), Orte 1993, p. 31. 75 Oltre a quello di Soriano già citato si ricorda l’acquedotto ligneo di Capranica e quello di Gallese, realizzato da Barnaba di Pietro d’Asti nel 1480 (F.T. Fagliari Zeni Buchicchio, Barnaba di Pietro d’Asti, cit., pp. 27-29).

La fontana di piazza rimase l’unica fonte pubblica del centro storico fino agli inizi del ’900, quando, contestualmente alle nuove condutture idriche, furono installate fontanelle nelle diverse zone. I lavori, iniziati nel 1912, erano compiuti nel 192578. La fontana, nonostante i numerosi rimaneggiamenti e i pesanti interventi di restauro subiti recentemente, mantiene ancora il suo gradevole aspetto originario (fig. II.31); è costituita da un ampio ambiente quadrangolare ipogeo, occupato per la maggior parte da una grande vasca a ferro di cavallo, separata dalla parte riservata all’accesso per mezzo di balaustre sormontate da lastre marmoree, sulle quali sono visibili gli incavi per appoggiare le brocche. Due colonnine marmoree, sorreggenti una volta a crociera, inquadrano la fronte della fontana, costituita da un archetto su lesene all’interno del quale sgorga l’acqua. Sopra la bocchetta è murata un’epigrafe frammentaria recante lo stemma della città79 e sotto il nome di Iulius de Rob[---], probabilmente un membro della famiglia dei Roberteschi, esecutore di lavori di restauro all’acquedotto e alla fontana eseguiti nel 152080. La custodia e manutenzione dell’acquedotto (e quindi della fontana) erano affidate nel XV secolo a due aqueductores nominati dai priori annualmente, citati negli atti pubblici a partire dal 146381. Nel capitolo 90 del libro IV degli Statuti cittadini, posteriori di circa un secolo82, il compito di revisionare, riadattare, restaurare le fontane dentro la città, gli acquedotti e le fontane fuori della città viene attribuito ai Maestri dei viali e delle fontane. Gli Statuti cittadini decretavano inoltre83 che l’acqua potesse essere attinta, solo

76 Le pergamene medievali di Orte, n. 200, p. 106. Vedasi Gioacchini 2001, p. 77. La più antica menzione della «fonte di piazza del Comune» nelle Riformanze del Comune di Orte (p. 64) risale al novembre 1462. 77 La chiesa fu distrutta nel 1602 per consentire l’edificazione del Palazzo del Podestà, dopo che già una prima volta nel 1528 sotto Clemente VII ne era stato decretato l’abbattimento «per far la fonte più capace e più grande» (Leoncini, vol. II, parte I, f. 61). Probabilmente proprio in seguito alla distruzione fu realizzato anche l’ampliamento della fontana che assunse in quell’occasione l’aspetto attuale. Le strutture del Battistero, a pianta rettangolare con abside sul lato ovest e vasca battesimale in apposito spazio con semicolonne lungo le pareti sono state riportate alla luce nel corso degli scavi effettuati nel 2003 (si veda il Capitolo I, pp. 17, 20, 22, 45-54). 78 Gioacchini 1961, p. 11 s. 79 Il ponte sul Tevere sormontato dalle chiavi pontificie, privilegio concesso come munus fidelitatis Sanctae Romanae Ecclesiae (C. Ralli, Cenni storici di Orte, Subiaco 1923, p. 27). 80 La data è nota da un’iscrizione frammentaria trascritta dal Leoncini in cui si fa riferimento a un tal Iulius il quale aquam sanctam eduxit (Leoncini, vol. II, parte I, f. 58), probabilmente lo stesso Iulius de Rob[erteschis] citato nel frammento murato sulla fontana, pertinente forse alla stessa epigrafe. 81 Riformanze, pp. 79, 86, 153, 282; sulla continuità fra XIV e XV secolo nella nomina degli addetti alla manutenzione del fons platee si veda B. Frale, Alcune carte dagli statuti ortani del 1380, in Rivista Storica del Lazio, anno III, 3, 1995, p. 53; Frale 1995, p. 26. 82 La redazione completa degli Statuti conservatasi è databile al 1584. 83 Libro IV, cap. 13: «Nessuna persona raccoglierà l’acqua della detta fontana in alcun luogo se non nella fontana della piazza alla pena di 20 soldi e il condotto attraverso cui fluisce l’acqua vicino alla cisterna dei frati minori sarà murato e riparato a spese del detto comune. E il podestà di detto comune e gli altri ufficiali saranno tenuti e dovranno far riparare e chiudere la fonte predetta e la conduttura della stessa fonte dovunque sarà opportuno, meno

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Orte (Viterbo) e il suo territorio nella fontana di piazza, nella fontana di S. Gregorio o nelle cisterne dei Frati Minori. Fissavano inoltre le sanzioni pecuniarie e l’obbligo di ripristinare la situazione originaria per chi deviasse l’acqua dalla fontana e dal condotto ipogeo o danneggiasse in qualche modo l’acquedotto e le fontane per prelevarne acqua abusivamente84. In realtà queste norme non dovevano essere rispettate così scrupolosamente, dato che sono numerose le conserve d’acqua attribuibili a questo periodo, documentate all’interno della città; per molte di esse è stato successivamente, in un momento imprecisato, murato il cunicolo di adduzione dal condotto principale. Si può supporre che in alcuni casi venisse concesso il privilegio di disporre di una fonte d’approvvigionamento “privata”, mentre per gli altri si rientra nei casi d’abuso perseguiti dagli statuti. Numerose case di Orte conservano ancora presso le cucine o l’ingresso dell’abitazione, o comunque in zone di uso comune, i pozzi in muratura per attingere l’acqua. Questi immettono talvolta direttamente nei condotti, ma prevalentemente sono connessi a conserve d’acqua ubicate nei sotterranei delle case e alimentate da condutture o cunicoli collegati al sistema centrale di distribuzione delle acque, anche se probabilmente in molti casi venivano utilizzate anche per la raccolta delle acque piovane convogliate tramite un sistema di pluviali e scolatoi85. Talvolta i pozzi raggiungono i piani superiori delle abitazioni, da cui era possibile, attraverso apposite finestre, issare l’acqua per mezzo di funi tirate a mano o tramite carrucole. In alcuni casi alle strutture idrauliche sono connessi impianti artigianali dotati di vasche, ubicati nelle cantine o nelle grotte che si aprono lungo le pareti della rupe,

dove era relativamente semplice far affluire l’acqua necessaria senza l’esigenza di sistemi di sollevamento86.

che nel fonte di S. Gregorio e le cisterne dei frati minori nei luoghi che non saranno chiusi né saranno toccati, e negli stessi luoghi sarà lecito a ciascuno raccogliere acqua senza pena»; sull’argomento si veda anche D. Gioacchini, La comunità ortana nei secoli XV-XVI, con particolare riferimento agli statuti del 1584, Orte 1982, p. 77. 84 Il problema di limitare gli abusi nell’approvvigionamento dell’acqua ritorna più volte negli Statuti: Libro IV, cap. 13: «se alcuno avrà deviato l’acqua della fontana della piazza del Comune o dirottato l’acqua stessa della fontana dagli acquedotti o dalla cisterna della medesima sorgente senza licenza dei signori priori e del consiglio generale pagherà una multa nominale di 10 libbre simili per ciascuno e per ogni volta e sarà obbligato a riportare l’acqua stessa nel suo corso»; Libro IV, cap. 92: «nessuno oserà o presumerà nel corso o acquedotto dell’acqua della fontana di piazza di detta città fare o far fare qualche foro o qualche altra innovazione a causa della quale l’acqua o l’acquedotto avrà o potrà avere qualche impedimento o danno»; Libro IV, cap. 120: «nessuno oserà o presumerà distruggere, occupare o una volta occupata tenere alcune fontane o fontane sotterranee o gallerie tanto del comune quanto di persone private e fuori detta città, distruggere le vie, la strada e i mezzi per andare alle stesse fontane costruite, edificate ab antiquo dallo stesso Comune, nonché in qualche modo occupare, distruggere l’acquedotto o l’acqua delle stesse fontane o di qualcuna di esse o fare qualche innovazione o anche impedire o frapporre qualche impedimento a quelli che vanno e ritornano a dette o da dette fontane, alla pena di 100 libbre per ciascuno e per ogni volta». Sull’argomento si veda anche Gioacchini 1961, p. 14 e D. Gioacchini, La comunità ortana, cit., p. 77. 85 Un capillare sistema di distribuzione delle acque in ambito urbano a partire dal XII secolo è documentato a Siena (P. Barone, Siena città dell’acqua, in Binos actos lumina, Rivista di Studi e Ricerche sull’Idraulica Storica, I, 2002, pp. 365-382); ad Orvieto l’acquedotto di XIII secolo sfrutta ed amplia la rete di cunicoli antica, cui si aggiunge, dopo il decadimento dell’acquedotto medievale, un diffuso sistema di pozzi e cisterne che sfruttano la raccolta di acque meteoriche (C. Bizzarri, Orvieto ipogea. Primo inquadramento tipologico, cit. e L. Riccetti, Orvieto ipogea. Il periodo medievale, in Orvieto ipogea, pp. 29 sgg.).

All’inizio del tragitto urbano dell’acquedotto, nell’area della Rocca, è parzialmente conservata una cisterna quadrangolare, intonacata internamente e, a poca distanza da essa, va segnalata un’altra conserva d’acqua nei sotterranei di palazzo Alberti, oggi non più visibile, essendo il palazzo chiuso in attesa di restauri87. Una terza cisterna in muratura, non accessibile, ma parzialmente visibile dal pozzo di attingimento, è ubicata nei sotterranei sotto la cucina della Taverna di S. Gregorio; nella stessa taverna è visibile un cunicolo orientato nord-sud, che forse serviva a connettere la conserva al condotto principale (fig. II.32). È suggestivo ipotizzare che ad una di queste tre cisterne, tutte comprese nella contrada di S. Gregorio, possa essere ricollegato il fons Sancti Gregorii, citato negli Statuti ortani come luogo di pubblico approvvigionamento. Numerose piccole conserve d’acqua, collegate da cunicoli all’acquedotto ipogeo e messe in connessione con i piani superiori degli edifici da pozzi in muratura, sono documentate sotto i palazzi storici di via Gramsci o della viabilità contigua. Un caso esemplare è quello del complesso idrico rilevato presso il civ. 5788: dal condotto sotto via Gramsci l’acqua veniva convogliata in una canaletta alloggiata alla base della parete di un cunicolo scavato nel tufo, forse preesistente, e tramite un pozzetto di decantazione e condutture in cotto era immessa in una piccola cisterna quadrangolare in muratura, ubicata ad un livello ipogeo rispetto alle cantine del palazzo. Sulla volta della cisterna si apre il pozzo a pianta quadrata che serviva ad attingere l’acqua, mediante una carrucola, da una finestra situata nell’ingresso del palazzo (figg. II.17-19). Un’altra cisterna, di forma rettangolare e di notevoli dimensioni, è visibile sotto la taverna della contrada di S. Sebastiano: in questo caso, la struttura, inaccessibile, sembrerebbe sfruttare ed ampliare un sistema di cunicoli preesistente, probabilmente antico, collegandolo ai piani bassi della casa tramite un profondo pozzo in muratura. Oggi è possibile accedere dalle cantine della taverna al cunicolo che, seguendo un percorso serpeggiante89, collegava l’acquedotto ipogeo alla cisterna, nella parete del quale è ben visibile l’alloggiamento, forse realizzato in un secondo momento, per la canaletta. Il Leoncini ci informa che «al Vescovado vi era il Pozzo presso la via che se andava alla Chiesa di S. Lorenzo” e che “ove è la porta vi era una strada per la quale s’entrava alla Chiesa di S. Lorenzo per una porta piccola et ivi era il Pozzo

86 Negli Statuti cittadini (libro IV, capp. 46 e 60) vengono dettate le norme per i proprietari di tali impianti. 87 Entrambe ci sono state segnalata da Abbondio Zuppante, che ringraziamo. Di queste, come di molte altre, non è stato possibile, allo stato attuale dei lavori, eseguire rilievi e documentazione dettagliata; ci limitiamo quindi in questa sede a segnalarne l’esistenza, rimandando ulteriori approfondimenti ad altra sede. 88 Già descritto precedentemente, p. 77 s. 89 La tipologia del condotto, interamente scavato nel tufo e con andamento sinuoso, sembrerebbe adattarsi ad un tipo relativo al primo impianto, che doveva captare e convogliare le acque in percolazione nella roccia.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo dell’acqua»90. La chiesa di S. Lorenzo de Episcopio, di origini altomedievali e sede episcopale forse già alla fine del VI secolo91, sorgeva dove oggi sono i locali dell’Archivio Storico Comunale su piazza Fratini e fu demolita e in parte inglobata nel palazzo vescovile fra il 1582 e il 1587. Alle spalle del palazzo vescovile, presso piazza Fratini, è stata esplorata e rilevata una cisterna (fig. II.7) sulla cui volta si apre un pozzo per attingere l’acqua (fig. II.2, n. 7) che, dall’aspetto e dalla tecnica, sembrerebbe coeva all’acquedotto. Si potrebbe in via ipotetica proporne l’identificazione con il “pozzo o cisterna” che, a quanto riferisce il Leoncini stesso92, «era ripiena e che il sig. Andrea Longo, vescovo di Orte, anno 1590 del mese di luglio l’ha fatto rivoltare et risarcire». Già un atto notarile del 1416, riferendosi ad un’abitazione ubicata nei pressi della chiesa di S. Lorenzo93 la poneva iuxta puteum prope viam. Il pozzo, situato nel piccolo cortile retrostante il palazzo vescovile, è riprodotto nel Catasto Gregoriano del 1819 (fig. II.33)94. È suggestivo immaginare, per la sede vescovile, una deroga alle normative vigenti, anche se non ve n’è altra traccia nella documentazione d’archivio. Un caso a sé è costituito dalla grande cisterna, ancora oggi utilizzata per le esigenze dell’ospedale, visibile da un pozzo d’ispezione negli ambienti al livello stradale di via Manin civ. 30 e profondamente alterata da moderni lavori di adeguamento e ampliamento. Ad essa era probabilmente in origine connessa una rete di cunicoli, accessibile da un ambiente adiacente ma non percorribile interamente a causa di numerosi crolli e ostruzioni. Sembrerebbe comunque probabile, anche se non documentata, l’esistenza di una più antica raccolta d’acqua a servizio della Confraternita dei Raccomandati che aveva il suo ospedale nell’area. Più difficile è definire il percorso dell’acqua dopo la fontana di piazza: sicuramente parte delle acque venivano convogliate nel cunicolo diretto verso sud che alimentava un grossa conserva d’acqua nei pressi di via del Belvedere, presso la quale viene realizzato, agli inizi del’500, un complesso sistema di fontane aperte sulle pareti della rupe e alcuni impianti artigianali dotati di vasche, di cui si parlerà oltre. Quindi l’acqua, abbandonando il colle, veniva probabilmente indirizzata alla Fontana dell’Acqua Matta, costruita nel 149295. Un altro cunicolo, d’età antica, staccandosi dalla fontana si dirige verso nord-est, risultando murato dopo alcuni metri di percorso (fig. II.2, nn. 45-47): solo ipoteticamente si può pensare che in questo periodo esso servisse al deflusso delle

acque, con funzione analoga a quello diretto verso sud, forse in direzione del convento di S. Francesco, per alimentare il pozzo cisterna situato nel chiostro della chiesa (fig. II.34). Il chiostro risale probabilmente ad età anteriore il XIII secolo, quando la preesistente chiesa di S. Angelo, con case chiostro e orto, passa di proprietà ai francescani per l‘edificazione del nuovo complesso96. Questo condotto doveva comunque in qualche modo connettersi, come si è detto in precedenza, al cunicolo d’età romana sotto via Matteotti, sicuramente ancora in funzione almeno fino al XVII secolo, come prova la testimonianza del Leoncini già citata97, relativa all’«acqua di S. Paolo», proveniente da «sotterraneo acquedotto», che sgorgava alla base della scarpata orientale del pianoro, sotto la chiesa di S. Agostino.

90 Leoncini, vol. III, f. (35) 257 e vol. II, parte I, f. 39. 91 Per maggiori dettagli su questa chiesa vedasi il Capitolo I, pp. 19-21. 92 Leoncini vol. II, parte I, f. 39. 93 Ibidem. 94 La parte superiore del pozzo e resti della strada sono stati rinvenuti durante i lavori di ristrutturazione del palazzo nel 1995 (vedasi il Capitolo I, p. 21 e n. 157) 95 Anche se il Leoncini indica una diversa origine per le acque di detta fontana, «insipide, tra quali una se ne dice l’Acqua Matta, riuscendo uno piacevole da furioso ch’era tenuto» che era «leggera assai, uscendo detta acqua dal tufo della città», cioè dalle sorgenti ubicate sul versante meridionale del Colle delle Grazie (Leoncini vol. II, parte II, ff. 408-409 e vol. IV f. (15) 51). Si veda inoltre Gioacchini 2001, p. 242.

Come si è accennato, da piazza della Libertà si stacca un ampio cunicolo diretto verso sud, destinato ad alimentare una cisterna ubicata presso l’odierna piazza di Pietralata e quindi un complesso sistema di vasche e fontane, articolato su due piani e aperto sulla parete della rupe. Attualmente si accede al complesso da un giardino privato su via del Belvedere98, mediante una scala parzialmente rimaneggiata in tempi moderni. Il piccolo giardino è quanto rimane oggi dell’orto pensile che si estendeva intorno alla chiesetta di S. Sebastiano in piazza Belvedere e che faceva parte delle proprietà del monastero di clausura femminile di S. Giorgio fino al 1518, quando fu aperta la via a Platea Sancti Sebastiani ad alteram usque ad Petralatam pro commoditate populi, exstructo muro de horto pensili adiacentis praedictis mansionibus99, oggi via Belvedere. Il piano superiore è costituito da un ampio ambiente interamente ricavato nel tufo, diviso da pilastri e in origine collegato a pozzi e cunicoli, poi murati. In seguito alle alterazioni subite dall’ambiente nel corso dei secoli, è oggi difficile ricostruire la sua destinazione originaria, forse quella di una piccola conserva d’acqua destinata alle esigenze del giardino sovrastante100. In un periodo imprecisabile, sono state aggiunte all’ambiente, probabilmente ampliato, alcune vasche in mattoni (fig. II.35) da attribuire con tutta probabilità ad impianti artigianali, forse tessili, attestati anche in altre parti della città101. Ampie aperture, contraffortate da muri moderni, danno oggi luce all’ambiente. Mediante la scala o, in alternativa, tramite un corridoio in ripida pendenza, si scende ad un secondo livello ipogeo, di maggior complessità, articolato in numerosi vani direttamente

96 Camilli 1962, p. 34. Il pozzo è raffigurato anche nel Catasto Gregoriano del 1819. 97 A p. 81 nota 57. 98 Si ringrazia Francesco Zuppante, proprietario del giardino, per avercene consentito l’accesso. 99 A.C.V., Miscellanea Ecclesiastica, Tomo V 1718-1807, f. 107; Atti Ecclesiastici 1805-1816, f. 349; Si confronti anche Camilli 1962, p. 51 e Gioacchini 2001, p. 218. 100 Sulla volta dell’ambiente si apre un pozzo, in seguito chiuso, così come sono stati murati gli accessi ad un cunicolo che originariamente attraversava il vano in direzione est-ovest. Va rilevato che questo cunicolo è situato ad una quota superiore di alcuni metri rispetto a quello che porta l’acqua in questo settore dalla fontana di piazza. 101 Un articolo dello Statuto (Libro IV, cap. 46) detta le norme per coloro che hanno una vasca per la lavorazione della canapa sopra le grotte altrui.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio scavati nella roccia, tutti occupati da impianti idraulici alimentati dal cunicolo proveniente dalla fontana di piazza. Nonostante interventi e alterazioni subite dal complesso nei secoli, le strutture si presentano in ottimo stato di conservazione. Gli ambienti di questo livello, pur di destinazione utilitaria, costituiscono un unicum in Orte per la quantità e qualità di decorazioni ornamentali ed elementi architettonici realizzati, per impreziosire le strutture, agli inizi del ‘500 e scavati direttamente nella roccia. Per le molte fasi di vita e trasformazioni subite dagli ambienti è oggi difficile ricostruire la loro originaria funzione, comunque connessa all’utilizzo dell’acqua; numerose le vasche ricavate in ogni vano, alcune delle quali probabilmente destinate ad attività artigianali, altre usate come lavatoi. Il primo vano che s’incontra, quasi completamente occupato da vasche, sembrerebbe essere stato utilizzato, in un’epoca imprecisata, come colombario, come indicano le nicchie su due livelli ricavate nelle pareti (fig. II.36). Alcuni elementi ornamentali ingentiliscono l’ambiente: si tratta di un pilastro quadrangolare con capitello corinzio, interamente ricavato nel tufo, e di un mascherone utilizzato come bocca di fontana (fig. II.37). Una decorazione di maggiore organicità caratterizza il secondo ambiente, di forma allungata e disposto parallelamente alla parete della rupe, la cui parete lunga è interamente occupata da una sorta di ninfeo ornamentale, al centro del quale è collocata la vasca di un lavatoio (fig. II.38). Due colonne con soprastante architrave inquadrano una nicchia nella quale, da finte rocce scende l’acqua in una vasca rettangolare, caratterizzata dagli scivoli per lavare i panni. Ai lati due aperture simmetriche immettono in un vano retrostante: i passaggi sono incorniciati da archetti ricavati nella parete di tufo (fig. II.39) e poggianti su coppie di colonnine con capitelli ad ornati floreali, su uno dei quali è incisa la data di costruzione del complesso: 1511. Le pareti corte sono occupate da due vasche circolari disposte simmetricamente all’interno di nicchie scavate nel tufo. L’ambiente prende luce da due ampi finestroni ad ogiva (fig. II.41), inquadrati da colonne rustiche, che si affacciano sulla vallata a sud di Orte; attraverso una di esse scende una scala che s’interrompe, oggi, dopo pochi gradini102. Il vano retrostante è occupato da una finta grotta scavata nel tufo che si conclude in due gallerie cieche (fig. II.40); da qui si torna verso il cunicolo utilizzato per l’adduzione dell’acqua, mediante una canaletta ricavata, come in molti altri casi, nella parete. Una derivazione conduce da questo cunicolo ad un’ampia cisterna rettangolare intonacata103. Le caratteristiche del complesso come si è detto non trovano confronti in Orte, ma nemmeno, a nostra conoscenza, in altri centri dell’Etruria meridionale dove pure non mancano varie tipologie di ambienti interamente ricavati nel tufo104. Qui il tema dominante è quello dell’acqua, sfruttata, attraverso un’elaborata rete di vasche e condotti, per

realizzare una struttura la cui destinazione primaria è certamente utilitaria, ma alla quale si accompagna l’esigenza di rendere gradevole uno spazio probabilmente molto frequentato105. È immediato il collegamento con il monastero di clausura di S. Giorgio trasferitosi nel 1233 nella platea Sancti Sebastiani dove rimase fino al 1518, quando privo di monache, fu definitivamente chiuso e i suoi beni dati in vendita106, e al quale, come si è detto doveva appartenere l’orto pensile sovrastante gli ambienti ipogei. Le caratteristiche del complesso, fresco, ben illuminato e reso ameno da ornamentazioni artistiche, ben si prestano alle esigenze di vita comune e operosa, al riparo da occhi indiscreti, di una comunità monastica di clausura.

102 Forse la scala originariamente metteva in collegamento con una zona di orti, sempre di proprietà del monastero. 103 Per la descrizione di questa si veda supra p. 78, fig. II.21. 104 Per alcuni elementi ornamentali, come il mascherone nel primo ambiente, il riferimento immediato è con le sculture decorative del giardino di Bomarzo.

Ulteriori ricerche ed approfondimenti potranno contribuire ad una migliore comprensione delle fasi di vita e del funzionamento del complesso, nell’ambito del sistema idraulico di Orte.

105 Un confronto per quanto concerne un ninfeo rinascimentale ipogeo e completamente scavato nella roccia, con le dovute differenze per ambito culturale e funzione specifica, si può trovare nel cinquecentesco ninfeo di Fulgenzio, annesso a villa Della Monica (Lecce). Ringraziamo l’amico Alessandro Cremona per alcuni preziosi suggerimenti circa l’interpretazione del complesso. 106 La data di realizzazione della fontana-lavatoio (1511) sembrerebbe stonare con una fase di decadenza della comunità monastica agli inizi del ’500, tale da portare alla chiusura definitiva del convento. Sulle vicende del monastero si veda Gioacchini 2001, pp. 214-218.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.1 – Orte: pianta generale della città con l’indicazione del sistema idraulico ipogeo esplorato.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.2 – Orte: pianta del sistema idraulico ipogeo (settore centrale).

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.2a – Orte: sistema idraulico ipogeo (settore centrale), sezioni dei condotti.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.3 – Orte: pianta del sistema idraulico ipogeo (settore occidentale) e sezioni dei condotti.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.4 – Orte: pianta del sistema idraulico ipogeo (settore orientale) e sezioni dei condotti.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.5 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): il condotto principale sotto il Palazzo Vescovile.

Fig. II.6 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): ambiente n. 6 ricavato nel tufo, in prossimità di piazza Fratini. Particolare dell’apertura di accesso inquadrata da colonnine.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.7 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cisterna quadrangolare n. 7, sotto piazza Fratini.

Fig. II.8 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cunicolo principale (tratto sotto via Cavour). Ribassamento della volta con lastre di calcare in piano e muratura di rincalzo.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.9 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): sezione S-N della cisterna circolare n. 11, sotto via Gramsci, e del suo cunicolo d’adduzione.

Fig. II.10 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): pozzo sulla volta della cisterna n. 11, sotto via Gramsci.

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L’abitato di Orte (Viterbo): il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.11 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): particolare del pozzo ascensionale n. 13 lungo il condotto principale, nel tratto sotto via Gramsci.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.12 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cunicolo principale, nel tratto sotto via Gramsci. Sul fondo è visibile la canaletta per deflusso dell’acqua scavata nel tufo.

Fig. II.13 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cunicolo principale, nel tratto sotto via Gramsci. La copertura è realizzata con lastre di tufo disposte a doppio spiovente.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.14 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cisterna a pianta circolare n. 22, pozzo di immissione in blocchetti di tufo.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.15 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): sezione del pozzo ascensionale n. 28 lungo il condotto principale (tratto sotto via Gramsci).

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.16 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): ambiente n. 30 presso piazza della Rocca. Al momento dell’ispezione risultava quasi completamente riempito di terra.

Fig. II.17 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cantina dell’edificio di via Gramsci n. 57 da cui si accede al cunicolo n. 35.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.18 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): resti di conduttura in cotto sul fondo del cunicolo sotto via Gramsci n. 57.

Fig. II.19 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): il pozzo situato all’ingresso del palazzo in via Gramsci n. 57 visto dalla sottostante cisterna.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.20 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cunicolo a sud della fontana di piazza della Libertà.

Fig. II.21 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cisterna n. 53 presso piazza di Pietralata.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.22 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): diramazione a nord della fontana di piazza della Libertà. Sul fondo del condotto sono visibili concrezioni di calcare.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.23 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): cunicolo con pareti in blocchi di tufo e copertura a cappuccina sotto via Matteotti.

Fig. II.24 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): condotto con volta a botte in mattoni sotto via Matteotti.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.25 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): gli archi dell’acquedotto rinascimentale conservatisi presso la Bastia.

Fig. II.26 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): l’acquedotto rinascimentale. Particolare dei resti di muratura visibili alla base dei piloni.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.27 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): disegno acquarellato relativo all’istituzione, nel 1781, della parrocchia di S. Michele Arcangelo (Archivio della Curia di Orte, Ecclesiasticorum, 33, tra le cc. 207 e 208).

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.28 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): la Bastia in una immagine di inizi ‘900 (da D. Gioacchini, La comunità ortana nei secoli XV-XVI, con particolare riferimento agli statuti del 1584, Orte 1982, figura allegata).

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.29 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): l’acquedotto di Orte in una veduta inedita di un autore anonimo (XVIII secolo).

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.30 – Sistema idraulico ipogeo (Orte). Acquedotto rinascimentale: uno dei blocchi di travertino dell’acquedotto ligneo.

Fig. II.31 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): la fontana ipogea di piazza della Libertà dopo i recenti restauri.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.32 – Sistema idraulico ipogeo (Orte). Taverna di S. Gregorio, imbocco del cunicolo.

Fig. II.33 – Sistema idraulico ipogeo (Orte). Particolare della zona del duomo (A), del palazzo vescovile (B) e della fontana di piazza (F) in uno stralcio della Mappa originale di Orte. Sez. III di Orte del 1819 (Catasto Gregoriano).

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.34 – Sistema idraulico ipogeo (Orte): la vera del pozzo nel chiostro della chiesa di S. Francesco.

Fig. II.35 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): fornace per attività artigianali.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.36 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): pilastro con capitello intagliato nel tufo nell’ambiente utilizzato come colombario al secondo livello ipogeo.

Fig. II.37 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): particolare del mascherone utilizzato come bocca di fontana.

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Orte (Viterbo) e il suo territorio

Fig. II.38 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): fontana-lavatoio cinquecentesca.

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L’abitato di Orte: il sistema idraulico ipogeo

Fig. II.39 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): particolare degli archetti ai lati della fontana.

Fig. II.40 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): strutture retrostanti al ninfeo.

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Fig. II.41 – Ambienti ipogei sotto l’orto pensile di via del Belvedere (Orte): particolare del finestrone da cui prende luce l’ambiente della fontana-lavatoio.

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