Orizzonte - Parrocchia San · PDF filedigerisco con l’anima. Finito di leggere, ......

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Ogni giovedì, ore 19.00—19.50 ADORAZIONE EUCARISTICA Vieni a tenere compagnia a Gesù e ottenere le sue grazie! CATECHESI PER ADULTI La Preghiera Tutti i lunedì, ore 21.00 Replica: tutti i mercoledì, ore 17.30 Le lezioni riprenderanno il 10 gennaio. Sabato, 8 gennaio 2010 GITA PELLEGRINAGGIO al Santuario della Madonna di Ceri Partenza pullman, ore 9,30 Pranzo in trattoria Prezzo 35 euro circa Forse ci sarà possibilità di pranzo al sacco Iscrizione in segreteria entro il 6 gennaio Foglio d’informazione redatto dai parrocchiani e aperto al contributo di tutti i lettori: [email protected] Orizzonte Parrocchia San J osemaría Escrivà Dicembre 2010 Anno V n. 10 Largo Josemaría Escrivà, 7 www.psanjosemaria.it tel. 065191933 Non è facile parlare della Terra Santa, non si sa da dove comincia- re, né cosa tralasciare, nell’impos- sibilità di trasmettere in poche ri- ghe tutte le esperienze culturali e spirituali che ognuno di noi si por- ta dietro una volta tornato a casa. Da Nazareth, alla Grotta di Bet- lemme, passando per il mare di Galilea, il monte delle Beatitudini, e il Giordano, sino alla Città Santa, Gerusalemme, col Cenacolo , il monte degli Ulivi, la via Dolorosa, il Calvario, il Santo Sepolcro… ciascuno di questi luoghi merite- rebbe un viaggio apposito. Ma tutti colpiscono per la mistica sem- plicità, che sembra aver attraversa- to indenne duemila anni di intensa e travagliata storia, di cui ancor oggi vediamo le tracce. (Continua a pagina 2) Sette giorni in Terra Santa E’nato Gesù Bambino, io l’ho visto! Mi trovo in una stanza buia con due lumini accesi. Ci sono io, Fe- derico, con in mano un libro, ma non un libro qualunque, un libro “magico”: la BIBBIA! Apro una pagina a caso e trovo il racconto della nascita di Gesù. Lo leggo e lo mangio con gli occhi, poi lo mastico con la memoria e lo digerisco con l’anima. Finito di leggere, chiudo gli occhi e immagi- no di essere un pastore, che sta nel deserto ad aspettare il giorno nuo- vo. Ad un certo punto, un forte ven- to viene contro di me e una luce, che circonda qualcuno: forse è un uomo, ma non ne sono sicuro. Provo tanta paura, ma lui la prima cosa che dice è: Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto (Continua a pagina 4) Fiction tendenziose Recentemente Rai Uno ha tra- smesso in prima serata due fiction, "Mia madre" e "Tutti i padri di Maria": molto impegnata la prima, una cosetta leggerina la seconda, ma accomunate dallo stesso preci- so intento di far credere che non solo l’omosessualità di per sé, ma addirittura la sua pratica siano la cosa più naturale del mondo. E in entrambe è ben evidente il subdolo tentativo di far passare questo mes- saggio distorto nel modo più dolce e accattivante possibile. (Continua a pagina 3) Facebook Decisi anch’io, un giorno, di aprire la mia finestra virtuale sul mondo e creai così il mio account su Facebook. Attraverso questa rete globale, raccoglievo ogni gior- no fugaci orme di gente, cercando di setacciare ciò che di utile potes- se derivarmi da quello che stava ormai divenendo un vero e proprio fenomeno sociale. Mi apparve davanti agli occhi tutto un brulicare di persone intente a lasciare traccia di sé, a crearsi un’immagine, un profilo (in gergo “avatar”) il più consono possibile ai modelli standardizzati di una massa che sembrava aver perso di vista i veri valori della persona. (Continua a pagina 4)

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Ogni giovedì, ore 19.00—19.50

ADORAZIONE EUCARISTICA Vieni a tenere compagnia a Gesù

e ottenere le sue grazie!

CATECHESI PER ADULTI La Preghiera

Tutti i lunedì, ore 21.00 Replica: tutti i mercoledì, ore 17.30

Le lezioni riprenderanno il 10 gennaio.

Sabato, 8 gennaio 2010

GITA PELLEGRINAGGIO

al Santuario della Madonna di Ceri

Partenza pullman, ore 9,30

Pranzo in trattoria

Prezzo 35 euro circa Forse ci sarà possibilità di pranzo al sacco

Iscrizione in segreteria entro il 6 gennaio

Foglio d’informazione redatto dai parrocchiani e aperto al contributo di tutti i lettori: [email protected]

Orizzonte

Parrocchia San J osemaría Escrivà Dicembre 2010 Anno V n. 10

Largo Josemaría Escrivà, 7 www.psanjosemaria.it tel. 065191933

Non è facile parlare della Terra Santa, non si sa da dove comincia-re, né cosa tralasciare, nell’impos-sibilità di trasmettere in poche ri-ghe tutte le esperienze culturali e spirituali che ognuno di noi si por-ta dietro una volta tornato a casa.

Da Nazareth, alla Grotta di Bet-lemme, passando per il mare di Galilea, il monte delle Beatitudini, e il Giordano, sino alla Città Santa, Gerusalemme, col Cenacolo , il monte degli Ulivi, la via Dolorosa, il Calvario, il Santo Sepolcro…ciascuno di questi luoghi merite-rebbe un viaggio apposito. Ma tutti colpiscono per la mistica sem-plicità, che sembra aver attraversa-to indenne duemila anni di intensa e travagliata storia, di cui ancor oggi vediamo le tracce.

(Continua a pagina 2)

Sette giorni in Terra Santa E’nato Gesù Bambino,

io l’ho visto!

Mi trovo in una stanza buia con due lumini accesi. Ci sono io, Fe-derico, con in mano un libro, ma non un libro qualunque, un libro “magico”: la BIBBIA! Apro una pagina a caso e trovo il

racconto della nascita di Gesù. Lo leggo e lo mangio con gli occhi, poi lo mastico con la memoria e lo digerisco con l’anima. Finito di leggere, chiudo gli occhi e immagi-no di essere un pastore, che sta nel deserto ad aspettare il giorno nuo-vo. Ad un certo punto, un forte ven-

to viene contro di me e una luce, che circonda qualcuno: forse è un uomo, ma non ne sono sicuro. Provo tanta paura, ma lui la prima cosa che dice è: “Non temete, ecco, vi annunzio

una grande gioia, che sarà di tutto

(Continua a pagina 4)

Fiction tendenziose

Recentemente Rai Uno ha tra-smesso in prima serata due fiction, "Mia madre" e "Tutti i padri di Maria": molto impegnata la prima, una cosetta leggerina la seconda, ma accomunate dallo stesso preci-so intento di far credere che non solo l’omosessualità di per sé, ma addirittura la sua pratica siano la cosa più naturale del mondo. E in entrambe è ben evidente il subdolo tentativo di far passare questo mes-saggio distorto nel modo più dolce e accattivante possibile.

(Continua a pagina 3)

Facebook

Decisi anch’io, un giorno, di aprire la mia finestra virtuale sul mondo e creai così il mio account su Facebook. Attraverso questa rete globale, raccoglievo ogni gior-no fugaci orme di gente, cercando di setacciare ciò che di utile potes-se derivarmi da quello che stava ormai divenendo un vero e proprio fenomeno sociale. Mi apparve davanti agli occhi

tutto un brulicare di persone intente a lasciare traccia di sé, a crearsi un’immagine, un profilo (in gergo “avatar”) il più consono possibile ai modelli standardizzati di una massa che sembrava aver perso di vista i veri valori della persona.

(Continua a pagina 4)

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Non si può spiegare cosa si prova in quei momenti, se non augurare a tutti di poterli vivere direttamente, almeno una volta nella vita . Un racconto, per quanto accurato che sia, non può che essere un pallido rifles-so delle emozioni vissute ricalcando le orme di Gesù. Puoi partire da Betlemme, e vedi il luogo dove è nato il Bambino, una stella ne rammenta l’esatta posi-zione all’interno della Grotta, lì accanto la Mangia-toia, e la tua immaginazione ti porta a duemila anni fa, a Maria e Giuseppe che accolgono fra le loro braccia il Figlio di Dio, ai pastori accorsi dal campo vicino e ai Magi giunti da Oriente, mentre l’odore di incenso ancora pervade l’interno della Grotta. Ma quando esci da lì, il frastuono della popolazione locale quasi ti stordisce e ti impedisce di meditare come vorresti il mistero del Natale. Finisci il viaggio a Gerusalemme, ripercorrendo la strada più santa del mondo, la via Dolorosa, con lo stesso animo con cui segui la via crucis del Venerdì Santo. Ma il percorso si snoda tra stradine strette e affolla-te e ti scontri con i commercianti locali, le loro spezie, il loro artigianato; ti imbatti in chi, ignorando il tuo stato d’animo, insiste per venderti qualcosa, mentre tu guardi la cima del Calvario, sempre più vicina, e ti immagini il Volto di Dio, che incrocia lo sguardo di sua Madre tra una folla che non sa comprendere il suo dolore e rimane indifferente al passaggio di Gesù, ieri come oggi, in quella stessa strada. Una volta in cima al Golgota la tua mano può toc-care i sassi del Calvario, e poco accanto il Sepolcro Vuoto. Oggi a venti secoli di distanza nel luogo del Santo Sepolcro, spartito fra ortodossi, cattolici, copti - ma in fondo tutti seguaci del Dio Cristo - la Pietra è ancora rotolata e il sangue dei martiri, uccisi per testi-moniare la Resurrezione di Cristo scorre ancora: pro-prio in quel giorno infatti ci giunge notizia dell’atten-tato a Baghdad contro i fedeli cristiani riuniti a cele-brare l’Eucaristia. Ci ricordiamo anche di loro quando ci accingiamo a baciare la Pietra del Sepolcro vuoto.

Nicola

Pregare a Nazareth Sette giorni in Terra Santa

Un mese fa mi trovavo a Nazareth insieme ad una cinquantina di persone della nostra parrocchia. Era la seconda giornata del nostro pellegrinaggio ed era stata particolarmente intensa, fitta di appuntamenti, dopo esserci svegliati prestissimo per poter raggiungere i diversi luoghi santi previsti nella nostra tabella di marcia. Dopo la cena molti erano stanchi morti e tutti si ritiravano discretamente in camera per il meritato riposo.

Approfittando della tranquillità io invece scelsi di recarmi a pregare ancora per un po’ nella vicina Basi-lica dell’Annunciazione – dove si trova la casa della Santa Famiglia – poiché sapevo che rimaneva aperta fino alle undici di sera. Pensavo che sarei stato l’uni-co ma, con grande sorpresa, trovai in Basilica quasi tutti gli altri miei compagni di viaggio: malgrado la stanchezza avevano preferito tornare a pregare in quel posto meraviglioso.

Questo episodio nella sua semplicità mi ha confer-mato una verità fondamentale: pregare non è solo un “dovere” - e quando è così significa che qualcosa non sta funzionando – è soprattutto un’esigenza interiore!

Pregare bene, senza fretta, fiduciosi di essere dinan-zi a Dio, è sicuramente un momento suggestivo e gra-tificante della giornata. Chi riesce a pregare così ha trovato un tesoro, come dice il Vangelo, e malgrado la stanchezza, i mille impegni e tanti altri ostacoli, saprà sempre trovare uno spazio per la preghie-ra, non perché più bravo degli altri, ma semplicemente perché ha scoperto che pre-gare … è molto bello!

don Alvaro Granados

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Domenica 28 novembre il nostro "laboratorio tea-trale" dedicato ai giovani "under 15" ha ripreso le sue attività. Un po' tardi? Il nostro Maurizio si è giustificato sostenendo che è stato preso dalle attività della Compagnia "seniores", quella degli "Attrezzi di scena", dove anche qualcuno di noi juniores ha reci-tato, impegnata a mettere in scena un drammone sulla vicenda dei Cavalieri Templari.

Nessuno vuole fare polemiche, anche se ci siamo sentiti un po' trascurati; la cosa importante è avere ricominciato il lavoro, e che lavoro! Due atti unici (uno comico, l'altro un po' meno) che richiederanno sicuramente un grande impegno.

Ci chiediamo se saremo capaci di venirne a capo, ma il nostro regista, nascondendosi dietro barba e baffi, sorride sornione e dice che gli autori e le opere che lui ha scelto sono alla nostra portata.

Noi siamo un po’ scettici, eppure alla fine della prima prova è partito da lui (ed è una cosa rara) un complimento nei confronti degli attori "vecchi" (si fa per dire!) e l'apprezzamento per due nuove immissio-ni che, secondo lui, hanno "la stoffa".

Qualcuno di noi, tornato a casa, ha visto ancora una volta il CD della nostra ultima rappresentazione, ha controllato che sull'attestato che ci è stato rilascia-to a fine corso dall'Accademia Romana delle Arti era scritto veramente il nostro nome e, insomma, ci sia-mo tutti dovuti arrendere davanti all'evidenza: siamo proprio attori!

La nostra porta è sempre aperta e le iscrizioni al laboratorio, assolutamente gratuite, sono libere. L'ap-puntamento è ogni domenica, dopo la Santa Messa delle ore 10,00. Vi aspettiamo!

Quelli de "Il Siparietto"

Una domenica fredda di dicembre, la casa calda, il profumo intenso e dolce della prima colazione, e poi qualcosa che non va. Pensi passerà…..e se poi non passa? Forse è bene fare un salto in ospedale. Così comincia una giornata lunga e inaspettata. Trascorrere dodici ore dentro un pronto soccorso è

come fare un salto nell’anticamera dell’inferno dove, in una sarabanda vorticosa, tutti si affannano per cercare di risolvere nel più breve tempo possibile il problema di ogni paziente: medici, infermieri, barel-lieri “sfornano” persone con un ritmo vertiginoso, sopra lettini che sono smistati a un padiglione o ad un altro secondo la gravità e il tipo di patologia. Mentre guardavo questa giostra, per fortuna come

spettatrice perché le mie condizioni andavano mi-gliorando, ebbi modo di notare sul lettino di fronte al mio, una anziana donna che mi fissava negli occhi, una russa – seppi dopo - fuggita dai campi di stermi-nio nazisti , provata nel corpo e nell’anima. Stava aspettando con ansia una risposta che la

tranquillizzasse e invece arrivò il medico con la ri-chiesta di ricovero urgente. Ma lei non voleva e, prima con impertinenza, poi con maleducazione, si ribellò al medico che cercava di convincerla. Mentre i suoi occhi mi continuavano a guardare,

presi coraggio e le andai vicino: la libertà, le dissi, che stava rivendicando, nessuno ormai gliela avrebbe più tolta. Ma, aggiunsi, si è veramente liberi se nel-l’affrontare con fermezza gli imprevisti che ci riserva la vita, siamo anche consapevoli dei nostri limiti e della necessità di fidarci di chi viene in nostro aiuto. Ti prego, proseguii, stasera fammi dormire tran-

quilla e non pensarti moribonda per strada. Quegli occhi quasi vitrei si ammorbidirono, mi guardò e mi sorrise: solo tu, disse, sei riuscita a convincermi. Ma in quell’istante un infermiere arrivò con una

cartella in mano ed una penna: “Hai chiesto, urlando al medico, di voler firmare per non essere ricoverata, adesso firma!”. Lei con rabbia firmò e, dopo avermi abbracciata, sparì. Era scappata di nuovo. Nella sua vita aveva lotta-

to sempre, aveva imparato cinque lingue perché per sopravvivere aveva attraversato molti paesi, ma nes-suno era riuscito a incatenarla. In pochi minuti tra noi si era creata un’intesa.

Anche con la richiesta accorata di un aiuto divino, ero riuscita a trasmetterle un po’ d’amore, e lei aveva avvertito quel messaggio di affetto, come un soffio vitale, un aiuto inaspettato, una piccola ancora alla quale si stava quasi aggrappando. Il nostro incontro si è concretizzato ed è svanito

come un battito d’ali, lasciandomi un brivido nel cuore. Ovunque tu sia, altera e fragile donna, col pensiero

ti sono vicina e prego Nostro Signore che ti dia un po’ di pace: Santo Natale.

Laura

Un incontro Il “Siparietto” riapre!

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Qualche mese fa è andata in onda su Rai 1 la fiction ispirata alla vita di San Filippo Neri.

E’ questa una delle figure più belle della Chiesa: con la sua allegria e la sua gioia è riuscito ad aiutare molti giovani, raccogliendoli dalle strade e istituendo l’Oratorio, dove giocavano, pregavano e cantavano.

Non è stato tutto semplice: il Santo ha incontrato molte difficoltà dovute alle sue idee ritenute quasi “rivoluzionarie” dalla Chiesa. Sintomatiche in tal senso le parole del cardinale Capurso, suo antagoni-sta: come possono degli orfani di strada entrare in Paradiso?

San Filippo Neri insistette molto su questo: il Pa-radiso è anche per i meno fortunati, tutti vi possono entrare e “conquistare” il loro posto, Dio non dà la precedenza al ricco o al bello ma a chi se lo merita veramente.

Celebri figure nella miniserie sono Mezzapagnot-ta, il quale rappresenta il figliol prodigo che ritorna pentito da Filippo, il principe Camillo (che poi di-venterà seguace del Santo), il superbo Aurelio che dopo molto tempo si renderà conto di aver ottenuto veramente poco allontanandosi dal Santo.

Filippo era anche molto umile, egli voleva essere chiamato “il buffone di Dio”, perché tutto ciò di be-ne che aveva compiuto in vita era opera del Signore, che continuamente lo aveva sorretto, aiutato e guida-to. E il suo anticonformismo si manifestava anche nell’assegnare penitenze assai bizzarre, come quella, data ad una donna che aveva il vizio di sparlare degli altri, di spennare per strada una gallina morta e poi di raccoglierne tutte le penne volate via; le parole infat-ti sono come le penne, volano e non è più possibile raccoglierle.

La sintesi della particolarissima santità del perso-naggio la troviamo nella scena in cui deve annuncia-re e spiegare, alla presenza del Papa, la regola del suo ordine.

“L’unica regola è la carità”: con queste parole il Santo ottiene la stima del pontefice che gli porge il copricapo tipico dei cardinali. Ma Filippo lo lancia in aria affermando “Preferisco il paradiso”, dando prova ancora una prova della sua incredibile umiltà.

Dopo la sua morte le campane suonarono a festa: il Santo era in Paradiso, ma il suo spirito restava tra i suoi ragazzi; ed ancor’oggi egli è presente in mezzo ai giovani, all’umanità, negli oratori, tra le famiglie con la sua gioia, il suo sorriso e buonumore.

Chiara Chiessi

Redazione “Orizzonte” Il Santo della gioia

Servire l’altare del Signore

Tutti gli aspiranti “redattori” (giovani e meno gio-vani) del nostro periodico sono invitati a partecipare alle riunioni settimanali in cui saranno stabiliti i cri-teri e le modalità da seguire nella stesura degli arti-coli destinati alla pubblicazione su “Orizzonte”.

Il primo incontro è avvenuto mercoledì 15 scorso e il prossimo si terrà il 22, dalle ore 18 alle 19.

Per partecipare, rivolgersi a Carlo, Laura oppure a Don Enrico.

Orizzonte

Grazie a Dio, ogni anno arrivano nuovi bambini che vogliono “fare il chierichetto” per servire l’altare durante la Santa Messa. Da quando sono arrivato in questa parrocchia ne ho visto tanti pieni di entusia-smo.

È un vero piacere vedere come i nostri ministranti prestano il loro servizio con gioia, con puntualità. Molti di loro lo fanno per molti anni, con un impe-gno fedele, aiutando Carlo a seguire i più piccoli, ed svolgendo i diversi ruoli con serietà e competenza. Penso che Gesù sia fiero di loro.

E non si limitano soltanto alla Messa: è un gruppo pieno d’iniziative ludiche e formative e insieme ai loro familiari sono sempre molto uniti e disponibili in attività come il concorso di presepi o gli incontri per famiglie.

don Enrico

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C’è da chiedersi se gli autori e gli interpreti siano pienamente con-sapevoli della responsabilità che si assumono nel contrabbandare co-me "normali" inclinazioni e com-portamenti contro natura. Specialmente nei confronti degli

adolescenti che, come è notorio, si trovano ad affrontare un momento esistenziale estremamente delicato, in cui si sta delineando l'orienta-mento sessuale naturale. Andare ad insistere, attraverso martellamenti continui, con messaggi fuorvianti, può alimentare quelle incertezze che spesso sussistono a quell'età e che agevolmente verrebbero invece superate per approdare alla pienez-za di una sana e feconda sessualità. A meno che non si persegua il

preciso scopo di far crescere un'in-tera generazione di omosessuali, col geniale risultato di far estingue-re l'umanità, e non solo in senso letterale biologico, per la mancanza di procreazione, ma anche in senso antropologico ed etico, per la totale deformazione della verità sulla persona. Il problema dell’omosessualità

esige massima attenzione, grande studio, delicatezza e cautela nel suo approccio corretto, e comunque sempre improntato al rispetto più assoluto e doveroso per ogni perso-na. Non può essere gettato in mo-do così semplicistico in pasto al pubblico da dei mass-media che, sulla linea dell’ideologia corrente relativista e permissiva, cercano di farlo accettare per quello che non è. Anni fa, in preparazione ad un

dibattito televisivo in merito, mi fu richiesto da uno dei partecipanti di stilare alcuni suggerimenti sul te-ma: “Se mio figlio fosse gay”. Ed ecco quanto scrissi. « Tre cose. In primo luogo, l’amore. E’ la

prima risposta che susciterebbe in me lo scoprirlo. L’amore è sempre la chiave di tutto. Siamo tutti asse-tati d’amore e tutti i problemi del-

l’umanità sono problemi d’amore, o meglio, di mancanza d’amore. Comincerei perciò col rivedere

che rapporto ho avuto io con lui, sin da piccino; quanta fiducia gli ho dato o non gli ho dato; quanto mi sono sforzata di rispettarlo nel suo essere sin da prima che impa-rasse a parlare; quanto ho cercato di ascoltarlo, di capirlo, di gratifi-carlo, di dargli non ciò che io ave-vo bisogno di dare ma ciò che lui aveva bisogno di ricevere, a comin-ciare dal non derubarlo della figura paterna avvolgendolo con un amo-re viscerale invadente e possessivo.

E tutto questo, per cercare di correggere, a cominciare da subito, quello che di sbagliato io posso avere fatto nei suoi confronti. Per-ché si può sempre migliorare, se si vuole. Anzi, se si vuole aiutare gli altri, l’unica cosa da fare inizial-mente è proprio cercare di miglio-rare sé stessi: migliorerà il rapporto e forse anche l’altra persona. Ciò vale sia nel caso che l’omosessuali-tà di mio figlio fosse un disturbo reale e profondo, sia nel caso che fosse qualcosa di fittizio, di super-ficiale, ricercata solo per curiosità, per moda, per gusto trasgressivo o altro, ma senza un’esigenza pro-fonda a sostenerla. Infatti sarebbe comunque sintomo di un disagio, anche se di spessore ben diverso. In secondo luogo, la verità. Non

l’ingannerei mai dicendogli che va bene così. Mi metterei dalla sua parte, disposta a soffrire con lui.

“Compatire” viene da cum-patire – soffrire con – che non significa né disconoscere, né banalizzare, né mentire, né adeguarsi al costume corrente, ma farsi pienamente cari-co del peso di una realtà ricono-scendola per quello che è; e aiutare così l’altro a fare altrettanto. Ogni genitore desidera la felicità per i propri figli. Ma è un dato di fatto che la felicità non sta nell’appaga-mento tout court degli istinti, qual-siasi essi siano, ma nel cercare, sia pure con grande sforzo e sofferen-za, di governarli. L’omosessualità invece, sul pia-

no della natura umana, è qualcosa di profondamente sbagliato, di dis-sonante e pertanto il praticarla po-trà sì procurare piacere, ma mai la felicità. In terzo luogo, la speranza. Co-

me biologa so che l’omosessualità non sembra avere radici organiche, né genetiche né ormonali, ma che è un disturbo di natura prevalente-mente psicologica e pertanto poten-zialmente curabile con opportuni trattamenti specialistici. Purché ovviamente venga riconosciuta come tale e l’interessato voglia farsi curare. Pertanto, senza sottrarmi alla

responsabilità di un mio aiuto per-sonale, ma anche senza la presun-zione di farcela da sola, cercherei di persuaderlo a rivolgersi ad un terapeuta qualificato. Quando ci si sente amati e si sente la propria sofferenza compresa e condivisa, è più facile che si voglia scegliere la strada giusta. E se pure un giorno si dovesse, per assurdo, arrivare a scoprire un improbabile gene a sostegno dell’omosessualità, non si deve mai dimenticare che, a diffe-renza degli animali, l’uomo non viene mai determinato totalmente in modo categorico dai suoi geni: per lui infatti, a differenza che per quelli, va sempre fatto un discorso di libertà.»

Leda Fiorillo

Fiction tendenziose

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il popolo: oggi vi è nato nella città di

Davide un salvatore, che è il Cristo Signo-

re. Questo per voi il segno: troverete un

bambino avvolto in fasce, che giace in una

mangiatoia.” (Lc 2, 10-12) Chiamo subito gli altri pastori , alcuni mi

seguono, altri restano a dormire... .Allora mi metto a correre fino a Betlemme, per adorare il Messia Salvatore Gesù Cristo. Vedo una luce provenire dalla grotta,

anzi ora la vedo meglio, proviene da una mangiatoia . Mi avvicino di più, quasi entro... e vedo Giuseppe, Maria, un asino, un bue e un bambino biondo come sua madre. Mi giro e vedo una folla immensa . Al-

lora mi commuovo: un’infinità di persone, che ha seguito una stella solo per vedere un bambino speciale che dorme dentro una mangiatoia. Solo per lui hanno fatto tutta questa strada! Allora mi domando: come hanno potuto

fidarsi di una persona qualunque piena di una strana luce, che fluttua nell’aria dicen-do: “è nato il Messia!”? Questo è proprio un grande mistero. Ma è questo che cam-biò il mondo, la venuta di Gesù,figlio di Dio e la fede di questa folla... la mia. Una pecora si avvicina alla mangiatoia

incuriosita dalla luce e io la mando via, potrebbe svegliare il Bambinello. Ma la Madonna mi guarda e mi fa cenno di la-sciare la pecora lì accanto a suo figlio, anche lei ha fatto tanta strada per conosce-re questa piccola meravigliosa creatura. Poi vedo l’orologio, non ho ancora tanto

tempo per restare qui. Saluto Gesù con un bacio, Giuseppe e

poi Maria, che mi abbraccia e mi ringrazia di essere corso da loro. Poi sparisco nel nulla per ritrovarmi seduto nella stanza buia con la mia BIBBIA in mano. Mentre sparivo, ho sentito una canzone

cantata da un coro dolcissimo: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”! Non dimenticherò mai questa splendida

avventura fuori dal tempo e dallo spazio. La mia anima ha digerito e custodito un grande mistero d’amore che ha cambiato la storia.

Federico Marangi

Facebook

Perché - bisogna dirlo - Face-book non è altro che una bella vetrina e tutti, o quasi tutti, prima o poi, cedono alla tentazione di mettere la propria immagine su uno schermo, per poi compiacersi del fatto di poter essere ammirati da una cerchia di “amici” che si cerca di rendere sempre più larga. E così trovi continuamente nella tua posta diverse “richieste di amicizia”.

Ma l’amicizia vera richiede impegno, rispetto e intimità. Perché comunicare, secondo il suo significato etimologico, vuol dire partecipare, condividere, mettere in comune. E questo lo si può fare soltanto ascoltando l’al-tro, sentendone la voce e il tono, vedendo la felicità o la tristezza nei suoi occhi e gioendo con lui o tendendogli una mano, senza che ci sia nemmeno bisogno che te lo chieda, perché lo percepisci da come si muove, da come ti parla.

L’amicizia è legata ai senti-menti, non alla possibilità di met-tersi in mostra; l’amicizia è disin-teressata e non subordinata alla concessione di accesso ai conte-nuti, tra l’altro revocabili in ogni momento; l’amicizia è un legame privato e non pubblico.

Certamente Facebook ha avuto il grande pregio di indurre alla scrittura anche a chi non aveva mai prima fatto ricorso ad essa per esprimersi. Ma non tutti sono in grado di formulare corretta-mente ed educatamente i propri pensieri e spesso scivolano in un linguaggio scurrile, poco rispetto-so degli altri e a volte vuoto.

Sembra quasi che Facebook vada di pari passo con trasmissio-ni televisive prive di contenuto, come se si abbia l’esigenza di spegnere il cervello e di allonta-narsi dalla vita reale e dai suoi problemi. Il che può avere anche effetti positivi, purché se ne abbia coscienza. E invece a volte si scambia il mondo virtuale per il mondo reale: l’elemento immagi-

nario acquista una portata spropo-sitata rispetto alla realtà della vita e si finisce per scambiare il pro-prio io reale con qualcosa di vir-tuale. Rischio particolarmente concreto per i tanti adolescenti che passano giornate intere da-vanti ad una tastiera, ricamando frasi insignificanti su uno scher-mo freddo, dimenticandosi di quanto il rapporto fra le persone sia insostituibile.

Ma, come di solito accade, criticabili non sono gli strumenti, ma l’uso che se ne fa. Dio dà all’uomo la possibilità di evolver-si, di usare ogni mezzo lecito che permetta di migliorare la propria vita, ma sta poi al singolo indivi-duo utilizzarlo nella maniera più consona, nel rispetto di quei valo-ri assoluti che sempre devono accompagnare la nostra esistenza.

E Facebook, oltre ad essere un modo per autocelebrarsi, è anche un mezzo di comunicazione insu-perabile, capace di mettere in contatto persone distanti migliaia di chilometri o persone che non si vedono da una vita. Ben venga quindi se viene utilizzato per mantenere e gestire il collega-mento con chi già conosciamo o sentiamo spesso, via telefono, cellulare, mail, skype,, perché ci offre un’opportunità in più di contatto e di dialogo, di raccon-tare e raccontarci con parole, immagini, musica, perché di-verse sono le forme della co-municazione.

Dico no, invece, a un uso di Facebook che si riduca al piace-re di spiare, che non tenga con-to del rispetto delle persone, che diventi il luogo privilegiato dell’immaginario collettivo, che falsifichi la propria intima per-sonalità, che rappresenti un mezzo per diffondere una ses-sualità usa e getta e che metta in pericolo i rapporti veri tra le persone.

Stefania Lupi

E’nato Gesù Bambino,

io l’ho visto!

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Domenica 28 novembre 2010

“Ricordati: non è Natale se nulla cambia!”. Oggi dalle pagine della mia agenda è scivolato via questo foglietto. Avevo quasi dimenticato di averlo scritto lo scorso anno, avvilita e abbattuta perché, come ogni anno, era arrivato Natale ed io non me ne ero nemmeno accorta. Ma ora sono contenta di averlo ritrovato giusto in tempo per prepararci al Natale con l’impegno di cambiare qualcosa: - se il Natale è amore, faremo con amore qualcosa per gli altri: biscotti, soprattutto a chi ci sta meno simpa-tico; - se il Natale è speranza, ci impe-gneremo a donare speranza offrendo qualcosa a cui teniamo per darlo a chi non ha; - se il Natale è un dono prezioso, doneremo qualcosa di prezioso: il nostro tempo; - se il Natale è gioia, faremo qual-cosa che porti gioia: allegri biglietti di auguri fatti a mano. Lunedì 29 novembre 2010

Ho parlato ai bambini del mio pro-getto per la preparazione al Natale e a quanto pare l’idea ha avuto suc-cesso. Nel giro di dieci minuti ave-vano già programmato tutto. Dedi-cheranno due pomeriggi per le pros-sime quattro settimane a mettere in pratica la nostra idea. Martedì 30 novembre 2010

Abbiamo cominciato con grande entusiasmo. Dopo i compiti i bam-bini e io abbiamo scelto una ricetta facile per fare tanti biscotti e ne abbiamo sfornati un bel po’. E’ stato divertente, ma la parte più im-portante sarà donarli: dedicheremo il pomeriggio di giovedì alle visite per regalare i nostri biscotti e comince-remo con la signora brontolona del piano di sotto. Giovedì 2 dicembre 2010

Pensavo che sarebbe stato dram-matico convincere Sara e Davide a far visita alla signora Bruni, ma evidentemente erano così entusiasti dei loro biscotti che non hanno op-posto alcuna resistenza. Ma la vera sorpresa è stata la reazione della signora, che, invece di accoglierci con la freddezza e l’indifferenza che mi aspettavo, è stata gentile e visi-bilmente contenta di questo nostro

gesto. Incredibile! Martedì 7 dicembre 2010

Il programma prevede per questa settimana speranza per chi ha meno di noi. Qualche piccolo problema lo ab-biamo incontrato. Sara sembrava non desiderare altro che donare più cose possibili; ho voluto ricordarle che il numero dei regali che avrebbe ricevuto a Natale non sarebbe au-mentato se avesse dato via più roba, ma la notizia non le ha fatto cambia-re idea e ha continuato a riempire il suo sacco. Al contrario Davide ha a malapena e con grande sforzo infilato un paio di giochi nel sacco, ma non ho volu-to forzarlo. Io invece, pensando inizialmente che avrei fatto un’offerta diretta-mente giovedì, non avevo raccolto proprio nulla, ma un’osservazione di Davide mi ha gelato il cuore: ”Mamma, allora sono i soldi la cosa a cui tieni di più?”. No! Non voglio che sia così e ho trovato anche io, non senza fatica, qualcosa di mio di veramente bello da dare; in fondo posso rinunciare al mio vaso di cri-stallo preferito e finalmente userò quello di vetro che piace tanto ai bambini.

Giovedì 9 dicembre 2010

Con i bambini abbiamo portato i nostri regali alla casa-famiglia. Sa-ranno conservati fino a Natale, ma Sara e Davide sono rimasti davvero colpiti e contenti. Lunedì 13 dicembre 2010

Sono senza parole! Ogni anno così! Un progetto imprevisto da consegnare con urgenza prima delle feste e tutti i miei programmi devo-no saltare! I bambini ci rimarranno male. Martedì 14 dicembre 2010

Non ci posso credere: Sara e Davi-de sono riusciti di nuovo a farmi vedere le cose da un diverso punto di vista. Mi hanno ricordato lo sfor-zo dello scorso anno, inutile perché alla fine è venuto fuori che quel progetto non era poi davvero così urgente come sembrava, e, cosa ancora più penosa, mi hanno fatto notare che questa settimana doveva essere dedicata proprio al dono del tempo. Così ho promesso loro che avrei continuato a dedicare al nostro pro-gramma il giusto peso e il giusto tempo. Non sarà facile, ma vale la pena di tentare perché non voglio rischiare di rovinare tutto. Giovedì 16 dicembre 2010

Oggi siamo andati tutti insieme a trovare la zia di papà, che ormai da un paio di mesi è purtroppo a letto malata. I bambini hanno dissimula-to davvero bene la noia e credo che siano veramente riusciti a portare alla zia un po’ di allegria: non me lo aspettavo, ne è valsa la pena! Martedì 21 dicembre 2010

Ci siamo Natale è vicino e si sente. Oggi per prima cosa Sara, Davide e io abbiamo raccolto per casa tutto quello che poteva esserci utile per fare fantasiosi biglietti di auguri e poi abbiamo cominciato a confezio-narne in gran quantità. E’ stato dav-vero divertente. Ora siamo veramente pronti per il Natale. Sabato 25 dicembre 2010

Questo Natale è stato splendido. Come ogni anno abbiamo scartato con gioia tanti regali (soprattutto i bambini!), ma la parte veramente bella e divertente è stata quando a tavola abbiamo raccontato a tutta la famiglia le esperienze di questo specialissimo Avvento. Un Natale che è andato al di là di ogni mia aspettativa e la ragione credo che sia proprio nell’averlo non solo atteso ma preparato. Ne siamo stati protagonisti e tutto è cambiato!

Vania Amitrano

Quattro passi verso il Natale