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2 “I “I nemici debbono esser considerati sempre tali, anche quando recano do- ni, perché i loro doni celano l’in- ganno. Così diceva con ragione il saggio Laocoonte ai suoi stolti con- cittadini che si ostinavano nel vo- ler portare dentro le mura di Troia il cavallo di legno che avrebbe cau- sato la distruzione della città: «Timeo Danaos et dona ferentes» (Aen. II, 49). Se dunque chi ti è sta- to sempre nemico ti viene incon- tro, ad un tratto, con pretese di simpatia e con offerte di amicizia e di alleanza, diffida! Costui, forse, non cerca che il proprio utile col tuo disonore e col tuo danno, e le sue lusinghe ad altro non mirano che a farti commettere la più gra- ve infamia di cui l’uomo possa mac- chiarsi: un tradimento. Dante collocò le anime dei tradi- tori nell’ultima regione dell’Inferno, immerse in un lago ghiacciato, im- magine della durezza e freddezza del cuore di cui questi peccatori e del- l’infima degradazione della loro na- tura”. [Prima antologia greca, Angelo Signorelli Editore, Roma 1952]. Parto... ... da lontano per dire cose che come acqua scorreranno sulla roc- cia. Mi spinge a farlo il fatto che qualcuno a me molto vicino e a cui io voglio bene costantemente mi rimprovera una sorta di passività nell’accettare le conseguenze di una invalidante patologia della quale sa- rebbe affetta la comunità (in senso lato) alla quale appartengo, e che a un certo punto convenzionalmente si è accettato (obtorto collo) sia de- finita come “Destra Radicale” (vedi su questo tema anche l’articolo “Bisognerebbe rompere l’accerchia- mento” in “Orion” 260). Mi si rimprovera di essere ac- condiscendente, di non darmi da editoriale di Maurizio Murelli TRA LUPI E C TRA LUPI E C ANI ANI A A GONIA DELLA GONIA DELLA DESTRA RADIC DESTRA RADIC ALE ALE giugno 2006 - n. 261

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“I“Inemici debbono esserconsiderati sempre tali,anche quando recano do-

ni, perché i loro doni celano l’in-ganno. Così diceva con ragione ilsaggio Laocoonte ai suoi stolti con-cittadini che si ostinavano nel vo-ler portare dentro le mura di Troiail cavallo di legno che avrebbe cau-sato la distruzione della città:«Timeo Danaos et dona ferentes»(Aen. II, 49). Se dunque chi ti è sta-to sempre nemico ti viene incon-tro, ad un tratto, con pretese disimpatia e con offerte di amicizia e

di alleanza, diffida! Costui, forse,non cerca che il proprio utile coltuo disonore e col tuo danno, e lesue lusinghe ad altro non miranoche a farti commettere la più gra-

ve infamia di cui l’uomo possa mac-chiarsi: un tradimento.

Dante collocò le anime dei tradi-tori nell’ultima regione dell’Inferno,immerse in un lago ghiacciato, im-magine della durezza e freddezza delcuore di cui questi peccatori e del-l’infima degradazione della loro na-tura”.

[Prima antologia greca,Angelo Signorelli Editore, Roma 1952].

Parto...

... da lontano per dire cose checome acqua scorreranno sulla roc-cia. Mi spinge a farlo il fatto chequalcuno a me molto vicino e a cuiio voglio bene costantemente mirimprovera una sorta di passivitànell’accettare le conseguenze di unainvalidante patologia della quale sa-rebbe affetta la comunità (in sensolato) alla quale appartengo, e che aun certo punto convenzionalmentesi è accettato (obtorto collo) sia de-finita come “Destra Radicale” (vedisu questo tema anche l’articolo“Bisognerebbe rompere l’accerchia-mento” in “Orion” 260).

Mi si rimprovera di essere ac-condiscendente, di non darmi da

editorialedi Maurizio Murelli

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DESTRA RADICDESTRA RADICALEALE

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fare a sufficienza persanare ciò che an-drebbe sanato.

Credo — per unverso — si sopravva-lutino le mie poten-zialità operative e lamia ascendenza sul-l’ambiente e per l’al-tro verso credo checontinui una letturaun po’ semplicistica diquella composita eanche disomogenearealtà detta “DestraRadicale”, contenito-re molto ampio, pocoselettivo dal qualeprovengono tante vo-ci per dire cose anchediverse.

Ciò nondimeno ioposso dire la mia sen-za aspettarmi né di suscitare dibat-titi né di essere preso sul serio. Mibasta sapere che qualcuno ci riflet-terà sopra.

Dato per premessa scontata chealla Destra Radicale è riconducibileun immenso patrimonio ideale e cul-turale molto poco valorizzato (sia-mo tutti incapaci, per un motivo oper l’altro, di rielaborare e riattua-lizzare l’essenza dei lasciti e ci ag-grappiamo all’accessorio esteticofatto di simboli e gratificanti sugge-stioni), il “male” peggiore che ci af-fligge è quello di non riuscire ad es-sere un vero movimento all’altezzadei tempi, capace cioè di tradurre inpolitica il riferimento metapolitico.Le cause sono tante ma una tra letante è la seguente. Premesso chequando si parla di “Destra Radicale”si intende già una aggregazione al-meno minimamente organizzata(quanto meno attraverso una cor-relazione tra persone che implicaselezione e discriminazione), vale a

dire che non si è certamente sulpiano delle individualità separate edautonome — premesso questo quelche appare evidente (dando perscontato che l’essenza di una tale“destra” è data dai richiami ai valo-ri della Tradizione) è l’incapacità ol’impossibilità di far giocare i valoripiù autentici e originari. Valori che,si tengono l’un l’altro per cui, peresempio, non si può parlare di “ono-re” o “fedeltà” facendo finta chenon esista “gerarchia”. Da ciò poidiscende una certa incapacità ad es-sre rigorosi sul piano etico per cuisi tollerano presenze poco consoneche magari si sono rivelate tali nelcorso del tempo, non da subito.Non è infatti affatto semplice “sco-municare” (porre fuori dalla comu-nità) chi ha trasgredito sul piano eti-co. Spesso si tratta di persone conle quali abbiamo avuto confidenza eassidua frequentazione per anni. Eallora non riusciamo ad esser seve-ri. Ci si scomunica più facilmente a

partire magari dalle scelte operati-ve fatte e non condivise. C’è unaestrema litigiosità su questo piano.Il fatto è che la gran parte delle ini-ziative poste in essere sono estem-poranee, individualistiche. Si pren-dono decisioni sulla scorta di facilientusiasmi e poi si pretende che tut-ti seguano e partecipino di quelladecisione.

Per contro, operando nel socialee necessariamente venendo a con-tatto con individui che non parte-cipano della comunità si pretende daqueste persone quel rigore spesssonon preteso da noi stessi o dai no-stri “consanguinei”. Così a noi ven-gono meno tutti quegli agganci neivari settori pubblici, dal mondo deimedia a quello intellettuale, da quel-lo dello spettacolo a quello scola-stico. In altre parole ci alieniamo lapossibilità di espanderci, di pro-muovere aggregazione e di far gio-care le nostre idee nei ring che il so-ciale mette a disposizione.

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Questa, per la “Destra radicale”è la peggiore maledizione! Che de-riva dalla intrinseca debolezza che,oggi, la caratterizza. Tolleranza ver-so l’interno (là dove si dovrebbe es-ser molto più severi) e facile intol-leranza verso l’esterno (là dove giu-dizi di merito sulle persone non do-vrebbero quasi esser neppureespressi). Da qui tutta una serie dicortocircuiti e di accartocciamentiche certe volte diventano un po’surreali. È obbiettivamente difficiliesser duri, crudi (cioè rivolti all’es-senzialità e col cuore non bollito...crudo, appunto, con il sangue cheancora gli passa dentro) verso séstessi e i propri fratelli e al con-tempo “rilassati” e tolleranti versochi appartiene all’“altro mondo”.

Chi ha letto fin qui rifletta atten-tamente su quel che ha letto. Si ren-derà conto di essere in grado di da-re nomi e cognomi e circoscriverefatti. Io mi ci metto per primo... per-ché almeno una volta con me ha vin-to il sentimento sulle ragioni dell’e-tica e poco importa il prezzo paga-to... Siamo umani e quindi qualche

debolezza ci può esser consentita.Ma questa concessione alla debo-lezza (che deve comunque essereuna eccezione e non una consuetu-dine) non può essere bilanciata conla mancanza di ragionevolezza edelasticità verso l’altro da noi. Nonpuò essere che ci debba sempre es-sere tolleranza tra noi e intransi-genza verso il mondo altro da noi.

Cerchiamo tutti di essere un po’ piùequilibrati.

Ci si potrebbe domandare: maperché questo atteggiamento pocoequilibrato è consuetudine che nonindigna? Ho la mia risposta. È che il complesso di valori che noievochiamo nella nostra specificità necontempla uno che dovrebbe esse-re l’asse portante di tutti gli altri.

È il valore base che fa la diffe-renza, che pone chi lo assume e vi-ve fuori dal mondo moderno, cioèdalla cosiddetta “democrazia”, li-vella per eccellenza di ogni ardi-mento valoriale trascendente: è lagerarchia.

Anni e anni di stucchevole ge-rarchismo spesso di essenza ge-rontocratica o, peggio ancora, plu-tocratica (quanti capi abbiamo avu-to che sono stati tali, anche solonel promuovere iniziative e picco-li progetti, magari elettorali, per ilsolo fatto che avevano quattrini daspendere?) ci hanno alienato il sen-so e la sostanza del concetto di ge-rarchia. Siamo diventati tutti as-semblearisti, spesso militanti dallavaga inclinazione psicanalitica dove

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non riconosciamo autorità di sor-ta e ci sentiamo tutti allo stesso li-vello, padroni di ogni sapere in di-ritto di avere opinioni e soluzioni.Il risultato è che ognuno ritiene dinon sacrificarsi e di operare per lacomunità nella errata convinzioneche così facendo si possa comun-que addestrare la propria anima al-la rettitudine.

Questo atteggiamento determinala deambulazione di tutti i valori inuna sorta di limbo indefinito.Ecco allora mille individualità fat-te di mille ragioni, mille opinio-ni tutte di pari dignità centrifu-gate da un ambiente (quello del-la “Destra Radicale”) sempre piùprivo di forma..

Ovviamente...

... un ambiente del genere nonpuò generare strategia e tattica.Intanto non esiste (quasi) nulladi pensato per una lunga marcia.Ci si eccita per eventi che altrimettono in campo. Per esempiole elezioni. Non importa quelche io penso delle elezioni e del-la partecipazione a questo even-to. Il punto è un altro. È che noncapita mai di partecipare ad unatornata elettorale per la quale cisi è preparati per tempo e la siè messa in conto come fattorestrategico. È tutt’altro che igno-bile essere dell’idea che una comu-nità abbia una sua rappresentanzanelle istituzioni per potersi difende-re e ricavare dei vantaggi. Ma ciò de-ve corrispondere ad una scelta pon-derata, fatta a freddo. E deve esse-re una scelta ponderata anche quel-la della persona, del candidato chesi vuole sostenere. Non può essereche si decida sempre tutto all’ulti-mo istante... Anche perché poi nonsolo non si colgono risultati, ma si

sperperano inutilmente un sacco dienergie per poi raccogliere mortifi-cazioni. E questo quando, invece, cisarebbe bisogno assoluto di risulta-ti gratificanti, cioè di intraprendereiniziative atte a conseguire risultaticapaci di galvanizzare i più giovaniche necessitano non solo di impe-gno ma anche di vittorie. E le vitto-rie, tanto per scomodare il solitoSun Tzu, sono conseguite “prima chele lame incrocino”. È la giusta strate-

gia, la giusta tattica a fare la vittoria.E oggi le armi (le “lame”) sono i lin-guaggi, la comunicazione, il messag-gio, la soluzione ad un problema ve-ro e sentito da chi si va a chiedereconsenso. Come ho già avuto mo-do di dire, invece, in questo camposi punta su linguaggi e messaggi au-toreferenziali, dall’alto impattoemotivo e simbolico per chi è sog-getto militante e, come se non ba-stasse, si tenta di raccogliere senza

prima aver zappato, dissodato, con-cimato. Si punta troppo (e all’ultimoistante) sulla mietitrebbia. Che fa-talmente va a trebbiare nel deserto.

E se manca una strategia della co-municazione manca anche una stra-tegia culturale volta a definire la spe-cificità, a fare e costruire l’identità.Tema già affrontato nell’“Orion” de-dicato alle avanguardie ma sul qua-le occorre essere pedanti.

Ho già detto sulla necessità dirompere l’assedio al quale la no-stra parte, comunque la si vogliachiamare, è sottoposta. Ma at-tenzione. L’assedio non è deter-minato semplicemente da vo-lontà ostili incarnate in personeche fanno girare la macchina me-diatica. Il sistema che esclude,isola le componenti autentica-mente antagoniste spesso si au-togenera, è un mostro melmosoche non necessita di input.Intanto bastano già l’indifferenzae il silenzio. E allora per rompe-re silenzio e indifferenza si devepensare all’evento CHE NON

PUÒ ESSERE PASSATO SOTTO

SILENZIO. A questo punto è evi-dente che molto facilmente il si-lenzio può trasformarsi in chias-so delegittimante e denigratorio.Ma l’effetto delegittimante e de-nigratorio può essere neutraliz-zato e ritorto contro se la qua-lità del “prodotto” evento è in-

corruttibile, refrattaria alla critica fa-ziosa e perniciosa.

Sono quasi 70 anni che il fasci-smo non c’è più, ma l’interesse suscala mondiale a quel periodo è co-stante e non c’è giorno che non sipubblichino libri e DVD o si tra-smettano documentari. Le varie ri-viste ogni tre per due sbattono incopertina o il Duce o qualche suopresunto figlio illegittimo. Potrem-mo stare qui fino alla settimana dei

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sette giovedì a discettare sul per-ché e percome, ma a me pare dinon esser troppo lontano dal verose dico che quanto più il sistemacerca di esorcizzare le immagini cheil fascismo ha lasciato di sé, tantopiù queste rinvigoriscono l’idea po-sitiva del fascismo stesso. Se guar-date le immagini degli uomini cheoggi appaiono in TV vi rendete con-to che altro non si tratta che di“vuoti a perdere”. Ci sono sguardied espressioni insignificanti, cadave-

riche o bovine. Si ha ben altra per-cezione quando si vedono le imma-gini del Ventennio. Affascinano ecoinvolgono così da risultare sem-pre vincenti. Così si determina uncortocircuito interessante. Si fa ve-dere il “fascismo per immagini” alsolo scopo di vendere: la visione diquelle immagini affascina e smenti-sce il commento fuori campo, per-ché sono quelle immagini ad avereforza intrinseca; allora le si ritra-smette ricommentandole e per far

crescere il disprezzo. Ma l’effetto ècontrario. Nel frattempo, essendosalito l’interesse collettivo sale an-che l’interesse commerciale chespinge alla riproposta con nuovocommento... Tutto questo per di-re che quando un “prodotto” haforza (come può esserlo un bel qua-dro, un bel film, un bel libro, unabella avventura, una bella iniziativasocio-politica) tale “prodotto” s’im-pone contro ogni possibile denigra-zione.

Allora il famoso accerchiamen-to non lo si rompe perché: 1) man-ca un’azione organizzata; 2) man-cano tattiche e strategie; 3) man-cano i “prodotti” idonei; 4) il sog-getto promotore (“Destra Radica-le”) è in stato confusionale; 5) facomodo a molti che l’assedio con-tinui... E in questo quadro a dir po-co desolante troppo facilmente siaccettano caramelle da... fin trop-po conosciuti. Parlo dei doni di cuial cappello in apertura. Così l’ago-nia continua. \

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