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Origini culturali del simbolismo in Freud e Jung Bianca Jaccarino, Napoli 1) Giustificazione del lavoro. La concezione del simbolo svolge un ruolo cen- trale nella psicologia analitica di Jung, non solo in quanto intorno ad essa ruotano nozioni come ar- chetipo, funzione trascendente ecc, ma soprattutto perché in Jung è tutta la psiche che si configura come un sistema simbolizzante, il cui funzionamen- to è direttamente legato a quelle trasformazioni energetiche attraverso le quali prendono corpo le immagini simboliche. Nella « Libido: simboli e trasformazioni » già si pro- filano le direttive culturali e metodologiche della futura ricerca junghiana: sulla base di questa vi- sione allargata, infatti, non solo la coscienza e la comprensione del mondo nascono dalla funzione simbolica, ma anche la religione, l'arte, il mito, la favola, il rito ecc, i quali vengono così ad essere 361

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Origini culturalidel simbolismo inFreud e JungBianca Jaccarino, Napoli

1) Giustificazione del lavoro.

La concezione del simbolo svolge un ruolo cen-trale nella psicologia analitica di Jung, non solo inquanto intorno ad essa ruotano nozioni come ar-chetipo, funzione trascendente ecc, ma soprattuttoperché in Jung è tutta la psiche che si configuracome un sistema simbolizzante, il cui funzionamen-to è direttamente legato a quelle trasformazionienergetiche attraverso le quali prendono corpo leimmagini simboliche.Nella « Libido: simboli e trasformazioni » già si pro-filano le direttive culturali e metodologiche dellafutura ricerca junghiana: sulla base di questa vi-sione allargata, infatti, non solo la coscienza e lacomprensione del mondo nascono dalla funzionesimbolica, ma anche la religione, l'arte, il mito, lafavola, il rito ecc, i quali vengono così ad essere

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concepiti come ssfere di espressione simbolica dellopsichismo inconscio.D'altra parte anche Freud, partito dall'analisi deisogni, e da una concezione della psiche basata sulsuo potere di rappresentazione, in un secondo mo-mento aveva rivolto i suoi interessi verso l'etno-logia e l'antropologia, affrontando però il problemada un punto di vista più strettamente clinico, pos-siamo dire. In seguito il contributo di Melanie Klein,assimilato nella teoria freudiana, ha portato unamaggiore enfasi sulla vita fantasmatica infantile esull'elaborazione di un simbolismo parallelo alla co-stituzione del mondo degli oggetti. Inoltre, semprein Europa, Lacan nella sua « lettura » strutturale diFreud ha fatto del simbolismo la chiave di tutta lasua interpretazione del freudismo: in tal modo siadal punto di vista clinico che teoretico, il problemadel simbolismo è diventato estremamente attualeanche in campo freudiano.L'importanza dell'argomento ci spiega perché, neglianni passati, la polemica tra i discepoli di Jung equelli di Freud si sia accentrata proprio sul sim-bolo: ed è probabilmente da questo problema chesi sono enucleate le critiche di misticismo e di ri-duzionismo positivistico che junghiani e freudianiamano spesso scambiarsi senza, purtroppo, andareal di là di una polemica puramente verbale e vuotadi ogni approfondimento sostanziale dei testi. Que-sto lavoro è nato appunto dal desiderio di sostan-ziare questa polemica, di un contenuto culturale escientifico, di « fondare », per così dire, un con-fronto critico che possa risolversi in un contributoalla comprensione delle teorie dinamiche in psico-logia.

2) II simbolismo in Jung.

La caratteristica dominante della concezione jun-ghiana del simbolo consiste nell'incapacità dell'in-telletto di esaurirne la totalità significante, nell'ina-deguatezza espressiva dell'immagine simbolica, lacui funzione è quella di fare allusione ad un di-verso ordine di realtà.

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(1) Citato da E. H. Gom-brich, Freud e la psicolo-gia dell'arte. Einaudi, To-rino 1967, pag. 102.

(2) Ibid.

L'inadeguatezza tra il simbolo e la cosa simboliz-zata rimane essenziale, in quanto fa parte della pe-culiarità del simbolo quello di essere, come direb-be Ricoeur «aurora di senso»; e l'inadeguatezzasi accentua in rapporto alla maggiore significazio-ne che si vuole raggiungere: ciò è evidente nelsimbolo religioso, che raggiunge il culmine dellasproporzione tra espressione e contenuto, ma an-che il culmine della sua funzione, che è quella dicondensazione di tempi e significati, reintegrazionedi un'armonia spezzata.La vastità della concezione del simbolo junghianomette capo alla tradizione più rigorosa del simbo-lismo, che risale al romanticismo tedesco e fran-cese, convinto della inesauribilità intellettuale delsuo significato, di cui viene accentuato l'aspettoreligioso.Per Creuzer, per esempio, il simbolo diventa « si-gnificativo e suscitatore per quell'incongruenza dellasostanza con la forma, e per l'esuberanza delcontenuto nei confronti della espressione» (1). Nellostesso periodo Goethe consentiva pienamente conle analisi di Creuzer, quando affermava: « IIsimbolismo trasforma il fenomeno in idea e l'ideain immagine; nell'immagine l'idea rimane effettivaed inattingibile e, perfino quando viene espressa intutti i linguaggi rimane inesprimibile » (2). Notiamo,quindi, una tendenza comune ad accentuare ilsenso verticale, di profondità, del simbolo, insistendosul suo significato ineffabile. E' a questa tradizioneche si rifà Jung, il quale accentua appunto il sensoverticale, profondo dei simbolo e la sua ambiguità.Infatti un simbolo, secondo Jung, non è maiinterpretabile secondo moduli fissi: il serpente peres. può rappresentare di volta in volta, il genitalemaschile, il tempo, la trasformazione dellapersonalità, ma questi significati variano sempresecondo il contesto in cui appaiono. Infattil'interpretazione junghiana del simbolismo èessenzialmente ambigua: un simbolo lo si puòinterpretare da molti punti di vista, a secondadell'accentuazione di uno o di un altro aspet-

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to del sogno in questione. Ambiguità significa ric-chezza significativa, plasticità interpretativa; ed in-fatti il simbolo onirico è un veicolo di scambio e dicomunicazione nel lavoro comune che si inizia traanalista ed analizzando. Solo nell'ambito di questorapporto il simbolo diventa un messaggio evidente.In questo senso il simbolo non descrive chiara-mente e non fa un discorso logico, ma allude, su-scita emozioni ed impressioni che riportano all'im-magine in questione.Questo è uno dei punti di contatto tra Jung e Ba-chofen, lo studioso del mondo mitologico e sim-bolico classico, teorico del matriarcato, come pri-ma forma di organizzazione sociale. Bachofen, in-fatti, studiando il simbolismo funerario degli antichi,ci da la sua definizione di simbolo: « II simbolosuscita allusioni: il linguaggio, invece, può solo da-re spiegazioni. Il simbolo suona all'unisono tuttele corde dell'animo umano; mentre il linguaggio ècostretto ad esprimere un solo pensiero alla volta.Il simbolo affonda le sue radici nelle più segreteprofondità dell'anima; il linguaggio sfiora solo lasuperficie della comprensione come una dolcebrezza. Solo il simbolo può unire insieme i più di-sparati elementi in una sola impronta... Alludendoall'ineffabile, essi sono misteriosi per natura, comeogni fatto religioso; un silenzioso discorso appro-priato alla quiete della morte... » (3). E' evidente, inqueste definizioni, la rassomiglianza con il concettodi simbolo junghiano. Infatti, ciò che accomunaentrambi è un comune interesse per la globalitàdell'esperienza in tutte le sue forme, totalità che nonpuò venire scissa in apprensione intellettuale edemotiva, ma che viene sempre vissuta in formereciprocamente complementari. Ma, in effetti, nelcaso di Jung, parlare di simbolismo, significaparlare di inconscio, di libido, di modalità espressivadella psiche tutta intera; la psiche, infatti, siconfigura come un sistema dinamico dipotenzialità espressive dell'archetipo di cui isimboli, in quanto interazioni tra un determinatomondo psichico e la sua sfera di esperienza, ne

(3) J. J. Bachofen, Myth,Religion and Mother Right.Princeton, New York 1967,pag. 49.

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(4) I. Eibl Eibesfeldt, Amo-re e Odio. Adelphi, Mila-no 1971, pag. 25.

costituiscono le unità funzionali, per così dire: fun-zionali e non semplicemente espressive, poichéogni simbolo ha sia una capacità espressiva, siaun'efficacia impressiva sulla libido, in quanto lasua integrazione alla coscienza imprime ad essaun nuovo corso.E' importante sottolineare questo concetto dell'inte-razione con l'ambiente per evitare di cadere nell'er-rore più frequente e più banale che sì riscontra trai critici e gli interpreti del pensiero junghiano: isimboli non sono gli archetipi, e gli archetipi nonsono dei contenuti innati nella psiche individuale,ma delle predisposizioni ad agire certi particolariatteggiamenti e comportamenti, in risposta a deter-minati stimoli-segnale.Tutta la moderna etologia biologica si trova, d'al-tra parte, su questa linea ed è riuscita a dimostrareanche nei mammiferi delle coordinazioni ereditarie.Dice per esempio, I. Eibl-Eibesfeldt: «A rigore, nonviene ereditato il modulo motorio vero e proprio,ma solo la « ricetta » in base alla quale si svilup-pano quelle strutture e connessioni nervose chestanno a fondamento di quel comportamento ».« Non è detto che la coordinazione ereditaria siasempre pronta all'istante della nascita o dellaschiusa dell'uovo: alcuni moduli comportamentalimaturano solo a poco a poco, come si è dimostratosperimentalmente » (4).Lo stesso discorso vale per i simboli junghiani, iquali non sono delle emergenze pure di contenutigià costituiti all'interno della psiche, ma interazionidinamiche tra determinate predisposizioni psichichee determinate esperienze. Nulla è quindi immuta-bile o prefissato, ma tutto può accadere. Se la vitapsichica, come ci dice Jung, è il prodotto di unatrasformazione di energia, i simboli sono le unitàfunzionali che permettono tale trasformazione equindi rappresentano dei fenomeni psichici di vitaleimportanza. Con l'articolo sull'energetica psichicaJung ha scritto qualcosa di fondamentale su questoargomento: le sue osservazioni partono dallaconstatazione che gli esseri umani

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non sembrano appagati dalla soddisfazione degliistinti cosiddetti primari: in ogni essere umano siriscontra anche un'esigenza di creatività che siestrinseca in varie forme culturali, dalla mitologiaalla tecnologia; gli uomini, insomma, agiscono co-me se avessero un surplus di energia libidica daapplicare in attività creative.Né tali attività si possono spiegare, in base al mo-dello freudiano, in quanto sublimazioni di pulsioniistintuali, perché Jung rifiuta l'assunto di Freud diuna specificazione sessuale della energia psichica.Mi sembra che ciò concordi con le più modernevedute nel campo della neurofisiologia, emerse alcongresso internazionale di psicologia tenutosi aMosca nel 1966: citiamo un brano tratto dalla«Neuropsicologia» di Gaetano Benedetti: «Primasi considerava il sistema nervoso come un organoprevalentemente riflettente - sensoriale - cenestesico -motorio, essenzialmente dipendente dalla stimola-zione dell'ambiente interno ed esterno, oggi si ri-conosce in esso anche un'attività cosiddetta « in-trinseca », documentata da ritmi cerebrali autocto-ni, dal tono biolettrico in cui si trova ogni cellulanervosa, e dalla presenza di particolari strutture« intrinseche ». Oltre ai bisogni omeostatici si rico-nosce nel sistema nervoso la presenza di bisogniche emanano dalla sua stessa complessità struttu-rale ed attività interneuronica. Trasposto in campopsicologico ciò equivale a dire che la persona habisogni creativi e non semplicemente prodotti diistinti e di manipolazioni sociali, e che essa tendenelle sue comunicazioni a realizzare interessi in-trinseci, come il senso di competenza, di autoiden-tità, l'espressione di se stessa: bisogni che nonvanno interpretati solo come sublimazioni di altripiù elementari, ma come manifestazioni autonomedella complessità dell'Io.L'apprendimento assicurerebbe l'omeostasi della at-tività intrinseca del sistema nervoso centrale (Bene-detti, op. cit., pag. 88). E cosi, parallelamente, a li-vello della teoria degli istinti, sempre secondo Be-nedetti, non è più sostenibile una derivazione ses-

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suale delle più varie attività psichiche, mentre siain neurofisiologia che in psicologia del profondo sifa avanti il concetto di interazione dinamica deivari istinti.Secondo il modello junghiano solo una piccola partedella energia totale può essere fatta deviare dalcorso naturale della libido, in quanto tutto il restoserve a mantenere il corso normale delle funzionipsichiche. Ciò spiega l'enorme complessità dellecerimonie rituali con tutto il loro polivalente appa-rato simbolico, in quanto la libido, per natura, ten-de a fluire nei vecchi canali e solo con difficoltàsi immette in nuovi circuiti: tutto ciò si desume conuna certa evidenza dal modello energetico cheJung ha della psiche in quanto nel concetto dienergia è implicita l'idea di un decorso a direzionedeterminata in cui il deflusso si effettua sempre daun livello di tensione maggiore ad uno minore. L'at-tività culturale, nel senso più largo del termine, ri-chiede quindi sempre un andare contro natura, percosi dire, come il risalire la corrente di un fiume.Ciò che sembra interessante e nuovo nella teoriajunghiana è proprio questa considerazione dell'at-tività culturale concepita come una necessità: in-fatti ciò che caratterizza l'uomo nei confronti dellealtre forme viventi è proprio questa esigenza dicreatività, che, non soddisfatta, porta a varie formedi disagio esistenziale.Il simbolo, secondo Jung, interviene in questo pro-cesso di trasformazione della libido nel momentoin cui la tensione polare all'interno del sistema psi-chico raggiunge una certa intensità e l'energia cer-ca nuovi canali di sbocco: per opera del simbolonessuno dei due termini in conflitto viene negatoo represso, (altrimenti si produce ciò che Jungchiama un sintomo) nessuno dei due soffoca l'al-tro, ma ambedue, fusi in un nuovo significato, crea-no una nuova situazione della coscienza, un nuovoequilibrio di integrazione dell'Io. Per Jung, l'originedel simbolo non sta né nella coscienza, né nell'in-conscio, ma è l'atto psichico in cui entrambe que-ste sfere raggiungono un equilibrio di coesione.

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« Quando invece sussiste una qualche inferiorità diuna delle due parti, il simbolo sarà prevalentementeil prodotto dell'altra e sarà anche nella stessa mi-sura più un sintomo che un simbolo, il sintomo cioèdi una antitesi soppressa » (Tipi psicologici, Borin-ghieri, 1969, pag. 489).Per Jung, cioè, il simbolo svolge una funzione com-pensatrice sia sul conscio che sull'inconscio e sicostituisce non come un contenuto, ma come unatto psichico, e come tale non è afferrabile da unadescrizione che tenti di esaurirne il significato. E'in definitiva, l'atteggiamento della coscienza, che indeterminate situazioni esistenziali, si costituisce co-me coscienza simbolizzante e rivela la sua naturaintimamente dialettica.Da questa « energetica » si rilevano subito alcunecaratteristiche piuttosto importanti; da una parte,per esempio, vi è una interpretazione dei fenomenipsichici in termini puramente quantitativi e maiqualitativi: da ciò nasce la definizione che Jung dadella libido come energia psichica, togliendole laspecificazione sessuale che era e rimaneva cosiimportante per Freud. Non si trattava di un'anti-patia di Jung per la sessualità, (connessa implici-tamente ad un'altrettanto spiccata simpatia per lareligione), né di un tentativo di desessualizzare lalibido ai fini di un'accettazione sociale della psico-analisi, ma di una convinzione metodologica e diun'osservazione empirica.Dall'altra, si nota subito l'assenza, nella teoria jun-ghiana, di qualsiasi principio determinante, esternoalla psiche, il rifiuto cioè, in linea di principio, diun condizionamento legato alle pulsioni. « Ciò vuoidire allora che l'uomo è tale in quanto realizza isignificati simbolici, e poiché è ancora lui che creai simboli, come sua attitudine specifica, egli portain sé stesso la giustificazione della propria esi-stenza... (secondo Freud) la necessità di repri-mere le pulsioni non nasce dal soggetto, come esi-genza del medesimo di difendere la propria libertànei confronti delle pulsioni stesse, ma si presentagià oggettivata nella volontà del padre primordiale...

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(5) S. Montefoschi: «Al dilà del principio di autorità». Si trova in « Psico-terapia e scienze umane »n. 8-9, Mliano 1969.

(5 bis) J. P. Sartre, L'esse-re e il nulla. Il Saggiatore,Milano 1958, pag. 686.

l'istinto, non scaturisce dalla dialettica uomo na-tura come modalità di reagire a stimolazioni am-bientali, ma è già dato nell'uomo, sin dalla nascita,come un deposito di materiale esplosivo. Viene cosisancita biologicamente l'incapacità dell'essere uma-no di essere padrone della propria esistenza » (5).Da questa disamina la Montefoschi trae quindi l'ìn-terpretazione della teoria freudiana come scienzache avalla l'autoritarismo in campo sociale e quindianche nel rapporto medico-paziente. Da questainterpretazione della funzione simbolica cometrasformatrice di energia libidica nasce un nuovotipo di ermeneutica che si presenta in manieradecisamente contrapposta a quella freudiana. Non sitratta, in realtà, di una interpretazione che l'analista «da » al paziente, ma di una presa di coscienzaattraverso e con il paziente della realtà globale diquest'ultimo, del suo modo di porsi di fronteall'esistenza, di quel complesso di atteggiamenti,disposizioni e abitudini che danno una improntacaratterizzante ad ogni individuo. Cioè, per Jung,termine ultimo dell'indagine psicoanalitica edell'interpretazione del simbolo non sono gli istintie le loro prime vicissitudini che costituiscono pursempre un residuo biologico, scisso dalla esperien-za psichica, ma la realtà umana e individuale che,essendo sempre mutevole e contingente, situazio-nale, contraddice chiaramente un lessico simbolicogenerale. E' interessante verificare come questo di-scorso verrà ripreso ne « l'Essere e il Nulla » diSartre: « Se l'essere è una totalità, non è concepi-bile in realtà che possano esistere dei rapporti eie-mentali di simbolizzazione (feci = oro, cuscinettodi spilli = seno) che conservano in ogni caso unsignificato costante...; cosi la psicoanalisi dovrà es-sere interamente flessibile e ricalcarsi sui minimicambiamenti che si possono osservare nel sog-getto: si tratta di capire l'individuale... » (5 bis). Lebasi dell'analisi esistenziale di Sartre, si trovanoproprio in Jung e nella sua teoria dell'in-terpretazione, dalla quale discende, con tutta evi-denza, il rifiuto della nosografia e la problematiz-

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zazione del concetto di malattia mentale che tantafortuna,incontra oggi nella sociologia più avanzatae nell'anti-psichiatria.Per Jung, infatti, esiste un solo criterio di interpre-tazione: quello di far parlare l'individuo, di lasciareche sia lui a dare dei significati al proprio mondosimbolico dal quale scaturirà non solo il segno diun sintomo, ma anche e soprattutto un progetto divita, il dinamismo di un archetipo. L'interpretazionejunghiana tende quindi ad essere più che altro undisvelamento di qualcosa di implicito, (non unosmascheramento), l'esplicitazione di un nodo disignificati rivolti al passato come al futuro: lasproporzione già notata nel simbolo tra il veicolosegnico e il significato, vale anche al livellodell'interpretazione la quale, per questo motivo,non potrà essere chiara e netta, esauriente delcontenuto simbolico, ma ambigua e polivalente.Questa ambiguità, oltre ad essere intrinseca al con-tenuto simbolico è anche una garanzia di libertàper il soggetto perché sarà il sognatore a scegliere,in base alla propria rispondenza interiore il significatoa lui più consono: è il sognatore che decide diaccettare o di rifiutare l'interpretazione. Tutto ciò èmolto importante perché responsabilizza inmaniera nuova il paziente in analisi e sposta il poloterapeutico della terapia dall'analista (che invecesolitamente « da » le interpretazioni) all'analizzatoche da fruitore della terapia è costretto a diventareegli stesso medico di sé. Da un punto di vista dellastoria della cultura le concezioni di Jung richiamanoimmediatamente alla mente il romanticismo tedescoche vedeva essenzialmente nel sogno e nell'indaginedelle oscurità interiori l'esperienza privilegiata dellacreazione poetica, l'accostamento a quella partedell'essere umano che gli è più intima edindividuale. Da Lichtemberg a Novalis a Jung vi èuna continuità tematica: già Lichtemberg avevascorto le connessioni tra lo stato onirico e lamentalità dei primitivi e si era addentrato nellefigurazioni che emergevano dalla sua turbolentafantasia con l'ani-

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(6) Albert Béguin, L'Ani-ma romantica e il sogno.Il Saggiatore, Milano 1967,pag. 160.

mo di chi intende andare alla ricerca di sé stesso.Per Hamann tutta la natura ha un significato sim-bolico, emanazione e rivelazione di Dio, di cui soloil poeta si può fare reale interprete come colui cheriesce a ritrovare la perfetta consonanza tra il sim-bolismo della natura ed il linguaggio dell'inconscio.Non sono rari nel Romanticismo tedesco questi re-cuperi neoplatonici collegati all'interpretazione deifatti della natura, ed anzi è proprio su questa baseche si edificherà l'estetica romantica. E' soprattut-to in Gotthilf H. von Schubert e in Cari Gustav Ca-rus che si riscontrano delle notevoli anticipazionidella teoria junghiana.Nella « Simbolica del sogno » Schubert cerca ditrovare una consonanza tra il linguaggio del sognoe quello della natura e vede il punto di fusione dientrambi nella capacità che ha il vero poeta dimettersi in contatto con il mondo interno e quelloesterno. Da questa corrispondenza tra le immaginidel sogno e l'universo visibile, Schubert trae la tesidi un linguaggio simbolico universale che è il verolinguaggio dell'uomo, quello che emerge quando sisopiscono le preoccupazioni distraenti della vitadiurna. Il simbolo è cosi il vero e più autenticolinguaggio dell'uomo.« Si nota qui, meglio che altrove, l'opposizione chesepara la concezione romantica da quella raziona-listica: l'accordo che, secondo gli associazionisti,esisteva tra la logica umana e la necessità natu-rale, è eliminato, vi si sostituisce una nuova corri-spondenza, tra il nesso delle immagini negli statidi passività incontrollata, e il collegarsi dei fattiesterni... Il linguaggio del sogno non si compone disegni astratti, convenzionalmente adottati dagli uominiper comodità di relazioni sociali » (6). Sempre nellastessa opera Schubert fa riferimento a due tipi disogni: i sogni « superiori » e quelli « comuni »anticipando una distinzione caratteristica dellateoria junghiana. In tutta l'opera di Schubert vi èuna accentuazione del carattere creativo della vitaonirica, specialmente là dove egli insiste

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sulla possibilità di presentire l'avvenire attraverso isogni, specialmente quelli di carattere superiore.In Carus si trovano anticipazioni di tutti i tipi del-l'opera junghiana, specialmente in riferimento allanozione di inconscio e psicoide (distinzione tra uninconscio assoluto, inaccessibile alla coscienza einconscio relativo prodotto dai riflussi delle espe-rienze della coscienza).Per i romantici il linguaggio del sogno, il linguag-gio simbolico si configura sempre come un sistemadi relazioni che agganciano, in una tensione po-lare l'universo individuale con quello trascendente.Per Maeterlinck il simbolo è una vera e propriaforza della natura e compito del vero poeta (cioèdel vero conoscitore del linguaggio dell'universosia interiore che trascendente) è quello di lasciarparlare il simbolo: ossia ammutolire se stessi, se-dare il proprio tumulto interiore e abbandonarsi al-le evidenze della immagine: infatti il linguaggiosimbolico è rivelatore della verità umana più auten-tica, cioè del suo soggettivo essere un uomo im-merso nella natura. E' cosi che il poeta, decifratoredi simboli, diventa il vero filosofo della conoscenza,conoscitore dei misteri ultimi.Tutta l'estetica romantica si basa sull'assunto chel'arte è simbolica e richiama alla mente le teorieneoplatoniche sulla conoscenza: si può supporreche queste teorie, filtrate attraverso l'umanesimo eil rinascimento, abbiano fatto attivamente sentire laloro eco nell'estetica romantica. Di ciò si trova di-mostrazione sia nei numerosi erbari, lapidari e be-stiari medioevali, tutti egualmente basati sull'assun-to che gli elementi della natura sono veicoli di unaverità spirituale, sia nell'interesse degli artisti rina-scimentali per l'espressione simbolica della natura(né bisogna dimenticare Francesco Colonna ed An-drea Alciati, autori che avevano concentrato i lorointeressi sul simbolismo).Per quanto riguarda la concezione più ristretta erigorosa del termine simbolo, quella che sarà allabase della teoria junghiana, Austin ci offre dei cen-ni storici nella sua indagine sui rapporti tra Baude-

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(7) Lloyd James Austin,L'universe poetique deBaudelaire. Symbolisme etsymbolique. Paris, 1956.Si trova in Gombrich:Freud e la psicologia del-l'arte. Einaudi, Torino1967.

laire e il simbolismo. Il termine non compare finoal 1600: infatti nel Medio Evo, pur essendo diffusauna concezione simbolica della vita e della religio-ne, il termine veniva impiegato prevalentemente perun uso particolare, ad indicare un credo di fede(per esempio: simbolo Niceno). Nel sedicesimosecolo la parola simbolo entra nell'uso, ma in modoindifferenziato: e ne troviamo esempi in Calvino.E' con la comparsa di un'opera di interpretazionedei geroglifici egiziani nel 1618 (La saggezza sim-bolica degli egiziani), dovuta ad un gesuita, confes-sore di Luigi XII, il padre Nicola Caussin, che iltermine simbolo acquista il significato che poi man-terrà costante nel romanticismo tedesco. « II y avaitune certaine vertu qui presidoit à la science desHierogliphiques et qui iliuminoit les esprits deceux qui y éstodoient, pour chasser toutel'ombre des ténébres qui se rencontroient dansl'embrouillis et les destours de tant de choses pourles conduire à une subtiie et véritable con-goissancede leurs caractères... ». Più avanti riprende la teoriadella natura come teofania, insieme di simboliche manifestano Dio: « Mais dans cettesignification dont nous traitons, les symboles sont,au sens propre, les signes d'une chose cachée... onappelle symboles ceux qui ésprimentfigurativement une chose dans laquelle il y aquelque obscurité... » (7). Attraverso la mediazionedell'umanista Robert Estienne, il termine, in taleaccezione, passerà nella tradizione di studiumanistici.A questo punto si situa il pensiero di Descartesche si rivela per molti aspetti importantissimo perl'evoluzione della teoria del simbolismo. E' conCartesio che si separano e prendono il loro indi-rizzo le due correnti che porteranno da una parteall'estetica romantica, dall'altra alla moderna logicasimbolica; posto di fronte alla tradizione simbolicache vedeva nella natura i segni della creazione di-vina e profondamente convinto del meccanicismo diGalileo che vedeva invece la natura come espres-

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sione di leggi puramente meccaniche, Cartesionon esita a virare decisamente la comprensionesimbolica del soprannaturale nell'ambito circoscrit-to della fede e ad assegnare invece la causa ditutti gli errori dell'uomo alle prime esperienze in-fantili che danno luogo ad una apprensione di-storta della realtà, che mai potrà mutare. L'infanziaviene ad essere così una sorta di peccato originalein quanto è una fase completamente dominata da-gli istinti: e qui istinto significa « sensazione » (nel-l'accezione che verrà ad assumere più tardi, nel ra-zionalismo sensistico) non controllata dall'intellet-to. L'infanzia è quindi il luogo del pregiudizio edella conoscenza attraverso i moduli irrazionali del-la sensazione: per questa ragione Descartes arri-verà alla sua conclusione sull'infelicità della condi-zione umana, legata ad un modulo di pensiero sim-bolico che lo tiene in sospeso tra il sensibile e ilrazionale, l'animalità e la ragione. Compito e de-stino dell'uomo sarà quello di purificare, lungo ilcorso della sua vita, le immagini residue dell'infan-zia attraverso l'uso della ragione adulta. E' facile per-cepire in questo tipo di teoria uno schema che su-scita delle rispondenze di tipo freudiano, sia perciò che riguarda la dinamica inconscio-coscienza(necessità di portare alla coscienza i contenuti in-fantili rimossi) sia per l'equivalenza operata tra lalogica dei primitivi e la logica dell'infanzia, tutte edue assimilate ad una pre- logica di ordine, percosì dire, inferiore.In questa teoria del simbolismo è chiara ed espli-cita la svalutazione della categoria del simbolico,che viene automaticamente contrapposta ad una ra-gione di stampo illuminista. E' qui che nasce la se-parazione, tipica del mondo moderno, tra la scienzae la magia, tra l'astrazione generalizzante del di-scorso logico (premessa alla predominante visionerazionalistica del mondo) e la sfera della verità in-dividuale, carica di emotività e quindi di errore. Nonci si dovrebbe mai stancare di rilevare e porre nellagiusta considerazione l'enorme influenza che il me-todo cartesiano e la sua interpretazione della na-

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tura hanno avuto su tutta la riflessione europea alui posteriore, perché, in realtà, è con Cartesio cheviene compiuto con successo il primo grandiosotentativo di sostituire l'aristotelismo, da sempre im-perante, con una nuova interpretazione della na-tura.E' con Cartesio che si inaugura il dualismo psico-fisico che ritroveremo alla base dell'associazioni-smo psicologico del XIX secolo: il corpo non è piùsubordinato all'anima ma a pure leggi meccaniche dicui bisogna indagare scientificamente le connessio-ni, e l'anima non è altro che la coscienza, dotatadi leggi e processi che vanno sottoposti ad analisiper arrivare a scoprire gli ultimi e più semplici costi-tuenti: le sensazioni elementari. Se è evidente che,in questo modo, si spazza via ogni pretesametafisica e si può arrivare, in linea di principio,ad una psicologia scientifica, costituita su basiempiriche, è vero anche che, su questa base vieneenormemente ristretto il valore dell'esperienzaumana sul piano psicologico: se, infatti, le miepercezioni possono essere analizzate e ridotte adun sapiente intrico di sensazioni e rappresentazioniinterne o esterne collegate da leggi di associazio-ne ben definite e limitate, automaticamente la miapercezione viene anche ad essere spogliata del va-lore storico prima di tutto, e poi morale, emotivoecc..., che soprattutto le compete. E non è suquesta strada che si giunge alla necessità dicostruire un manicomio per coloro i qualifalliscono proprio nella costituzione di questi nessiassociativi delle percezioni e si rendonoincomprensibili al livello del linguaggio e del com-portamento? Quando si restringe il concetto di ra-gione in limiti così angusti, ipostatizzando quelleche dovrebbero essere solo delle regole operative,si arriva ad una « ragione intollerante ». Così per quelche riguarda più strettamente il simbolismo, vediamocome da Cartesio fino ad Husserl, l'immagineverrà ad essere concepita come una cosacorporea, un oggetto che coincide con un contenuto,sia esso esterno o interno alla psiche: e

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la scienza psicologica sarà assimilata allo studio del-le sensazioni, mentre la logica si occuperà delleleggi dell'intelletto.Nell'esposizione delle idee di Cartesio sul simbo-lismo è possibile individuare una posizione com-pletamente antitetica a quella dei romantici e allainterpretazione junghiana della psiche come produt-trice di simboli.Il precursore più diretto di questo tipo di posizionesembra essere il Vico che, in tutta la sua operadispiegò il proprio ingegno nel tentativo di contrap-porre alla « ragione » cartesiana la sua fantasiacreatrice.Nell'età infantile, per esempio, Vico non vede i se-gni di una distorta apprensione della realtà, ma laorigine genetica della facoltà della fantasia poichénei fanciulli « vigorosissima è la memoria, quindivivida all'eccesso la fantasia che altro non è chela memoria dilatata o composta » (citato da PaoloRossi, in Umanesimo e Simbolismo pag. 162, Pa-dova 1958). Come è impossibile applicare, secondoVico, alle scienze che riguardano l'uomo, il me-todo geometrico-matematico di Cartesio, così allaragione cartesiana deputata al ritrovamento delleevidenze intellettuali chiare e distinte, Vico opponel'ingegno che tramite la produttività della fantasia,opera non ritrovamenti, ma invenzioni. Da questopunto di vista, l'età infantile non è più vista inmaniera dispregiativa come fonte di errori, ma alcontrario come la fase di massima spontaneità diquella fantasia che, creando le immagini, crea an-che la storia e la cultura. Ciò che importa rilevareè che, secondo noi, in tutti e due i pensatori lafanciullezza non deve essere intesa in senso con-creto, ma in senso simbolico, cioè come il periododella vita psicologica in cui l'uomo è totalmenteimmerso nell'inconscio e non ha ancora realizzatoun valido temenos egoico. Intesa in questo senso,fanciullezza diventa sinonimo di abbandono almondo dell'inconscio e delle sue immagini. Sullastessa base il Vico da grande valore alla poesiaintesa come attività autonoma, diretta espres-

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sione di quella fantasia creatrice di immagini, mitie linguaggio, che costituisce e fonda la storia degliuomini. Cartesio e Vico adottano quindi due puntidi vista diametralmente opposti: per l'uno la faseinconscia è fonte di errore, di pregiudizio ed è regnodelle sensazioni e degli appetiti sensibili che devonoessere depurati dalla ragione in idee intellettualichiare e distinte; per l'altro, invece, la fase inconsciaè fonte di ricchezza immaginativa e creazione spon-tanea di una fantasia mitopoietica. E' fin troppo fa-cile presentire in queste due posizioni, il contrastosul modo di intendere la funzione della psiche cheritroveremo in Freud e Jung. Ma per rimanere neltema di questo paragrafo, è preferibile attenersi alleconsonanze concettuali che legano Jung alle sueradici anti-cartesiane. Secondo noi, esiste una con-tinuità ideale e di metodo che, raffinando via via isuoi strumenti, parte dal neoplatonismo rinascimen-tale e attraverso Vico e tutto il dibattito filosoficodel '600, 700 sul concetto di ragione e sul linguag-gio, mette capo alla estetica romantica sulla qualesi formerà poi Jung. L'esposizione delle idee deiromantici tedeschi, fatta più sopra, rende ragionein maniera chiara della continuità che lega la tra-dizione neoplatonica all'estetica romantica con lasua rivolta contro la ragione logica in favore di unaragione simbolica e poetica.

3) II simbolismo in Freud.

Se, parlando di Jung, abbiamo parlato di una psi-che intesa principalmente come organo di simboliz-zazione, nel caso di Freud è molto più esatto par-lare invece di una psiche come sistema di rappre-sentazione di immagini simboliche. Mi sembra unadistinzione fondamentale per poter andare a fondoalla distinzione più particolare tra simbolo freu-diano e junghiano.La prima proposizione che colpisce l'attenzione èla ormai famosa affermazione che il sogno costi-tuisce l'appagamento di un desiderio che l'individuoè stato costretto a rimuovere sotto la pressione di

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forze che non poteva controllare. Questa afferma-zione fa virare immediatamente il problema dellainterpretazione verso l'età in cui si operò la rimo-zione, ossia verso quel periodo dell'infanzia in cuiavvennero le prime percezioni che si dimostranopoi decisive per l'evoluzione della personalità. Daun'analisi dell'interpretazione dei sogni emerge laconclusione che per Freud « la simbolizzazionenon costituisce problema, giacché nella simbolica,il lavoro è già compiuto altrove; il sogno si servedella simbolica, non la elabora... ». Freud stessoammette questa concezione quando afferma: « nonoccorre ammettere alcuna particolare attività disimbolizzazione da parte della psiche, nel lavoroonirico; il sogno si serve delle simbolizzazioni giàpronte nel pensiero inconscio, perché meglio ri-spondono, per la loro raffigurabilità e per lo più,anche perché esenti da censura, alle esigenze del-la creazione onirica. » (Citato da Ricoeur, Dell'inter-pretazione - Saggio su Freud, Milano 1966, pag.117). (Detto ciò, rimane un mistero il fatto che certeaccuse di contenutismo, che vengono anche daparte di Lévi -Strauss, si siano rivolte proprio aJung che invece teneva a sottolineare la necessitàdi non confondere gli archetipi con i simboli, cioècon i contenuti!).L'intento di Freud è quello di dimostrare il carat-tere regressivo del sogno, mostrandone la strut-tura espressiva prelogica e mettendolo a paragonecon il linguaggio per simboli dei bambini e deiprimitivi.Secondo Ricoeur, con questa teoria, Freud si èaddentrato in un vicolo cieco, cercando di far coin-cidere la costituzione regressiva del sogno con ilmeccanismo delle lingue primitive, operazione cheviene compiuta specialmente nell'articolo « II con-trosenso delle parole primarie ». Tutto il lavoroonirico consiste nella messa in moto di meccanismitipici come lo spostamento, la condensazione, ladistorsione, ecc. che hanno la funzione di permetterea determinati contenuti simbolici rappresentativi, dioltrepassare la censura oni-

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(8) Laplanche e Pontalis,Vocabulaire de la psycha-nalyse. P. U. F., Paris1967, pag. 475. (Trad. ita-liana, Laterza 1968).

rica. In senso più generale, per Freud, possiamochiamare simbolica ogni relazione che unisce ilcontenuto manifesto di un sogno o di un sintomoal suo contenuto latente. Nell'ambito della psicoana-lisi clinica, quindi, il simbolo acquista un caratteredi indeterminazione, poiché, secondo Laplanche ePontalis « on peut tenir pour symbolique toute forma-tion substitutive » (8).D'altra parte, secondo Freud, « bisogna chiedersise molti di questi simboli non si presentano come i« segni » della stenografia, con un significato fis-sato una volta per sempre, e ci si sente tentati diabbozzare un nuovo « libro dei sogni », secondoil metodo cifrato ». (L'interpretazione dei sogni,pag. 323, Torino 1966). Segue tutta un'interpreta-zione di significati simbolici piuttosto comuni, basatisul dualismo sessuale: per esempio bastoni, pu-gnali, sciabole ecc, come simboli del membromaschile e la bocca, la stanza, la nave ecc, comesimboli del genitale femminile. Tutto ciò avvaloral'affermazione di Ricoeur che vede nel simbolo freu-diano una cifra stereotipata, una sigla stenograficacon una significazione univoca, nell'interpretazioneuna decodificazione.Un'altra caratteristica che Freud addita come parti-colarmente interessante nel sogno, è la cosiddettasovradeterminazione, che consiste in una stratifi-cazione molteplice di significati in rapporto ad undeterminato simbolo. E Freud, sempre nella « In-terpretazione dei sogni », in una nota aggiunta nel1914, cioè dopo la comparsa della « Libido » diJung, ne accentua l'importanza e lamenta il fattoche su questo argomento siano state fatte troppopoche indagini.A proposito della sovradeterminazione emerge unacerta contraddizione (molto feconda, del resto) del-la teoria freudiana del simbolo, il quale, possiamodire, oscilla tra decifrazione e sovrainterpretazione.Ciò che importa rilevare è che per Freud non esi-ste un meccanismo di simbolizzazione parallelo aglialtri meccanismi del lavoro onirico, come la defor-mazione o lo spostamento. Nelle « Lezioni introdut-

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tive alla psicoanalisi » Freud metterà poi in ri-lievo il fatto che, mentre il numero dei contenutisimbolizzati è molto ristretto ed ha a che fare congli organi genitali e la sessualità in genere, le rap-presentazioni, invece, di questi contenuti sono in-numerevoli. Questa sproporzione, per Freud, èindizio del fatto che il sogno non produce deisimboli, ma li rappresenta. Freud insiste propriosulla funzione rappresentativa del sogno e non sipone il problema della simbolizzazione come unafunzione inerente alla psiche: tutta « L'interpretazionedei sogni » è costruita su questa prospettiva ed in-fatti noi ci imbattiamo continuamente in espressionicome « la rappresentazione per simboli », « i mezzidi rappresentazione del sogno » ecc. Questo ci sem-bra un carattere di netta distinzione con la psicolo-gia junghiana che pone l'accento proprio sullafunzione simbolizzante della psiche. Non bisognadimenticare che Freud ha avuto tra i suoi maestrianche Brentano, il quale aveva appunto impostato ilproblema della costituzione di una psicologiaempirica (e non più metafisica) sul concetto dirappresentazione: ogni fatto psichico è per Brentano,una rappresentazione, intesa come pre-sentificazionedi un contenuto di coscienza, e la psiche è tale inquanto possiede questa caratteristica funzionerappresentativa. Il tema centrale della psicologia è lostudio dell'attività percettiva, cioè di quellafunzione che permette che un oggetto della realtàassuma, tramite la percezione, anche un'esistenzamentale. Oggetto dell'attività psichica può essereanche un contenuto interno a se stessi, ossia vi puòessere anche una percezione cosiddetta interna: ed èsu quest'ultima che si può basare una indagine ditipo psicoanalitico. Su queste tesi, comuni a tutta lapsicologia scientifica del suo tempo che si preparavaad abbandonare l'associazionismo legato alpostulato delle sensazioni elementari, Freud basòla sua concezione dell'apparato psichico comeorgano percettivo-riflettente. (Ed è al concetto dirappresentazione in quanto percezione immediatadi se stessi, che probabilmente, Freud si ispirò

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per la sua distinzione tra rappresentazione e rap-presentanza dell'istinto).Un altro concetto importante per ciò che riguardail simbolismo, è quello della sublimazione, che su-bisce una strana sorte: infatti Freud, pur consideran-dolo un processo fondamentale della vita psichica,sia dal punto di vista teorico che dal punto di vistaclinico, non ha mai dedicato a questo argomentouno scritto a sé e si è mostrato, anzi, molto am-biguo nell'esplicitazione dei meccanismi e delle fina-lità di questo processo. In realtà la sublimazione èrimasta un problema insoluto, o, come afferma Ri-coeur, un concetto vuoto.In breve, per Freud, (e ciò specialmente nei « Tresaggi sulla teoria sessuale ») la sublimazione vieneconcepita come un'alternativa alla nevrosi, la rinun-zia agli scopi pregenitali della libido e più precisa-mente è un effetto dell'investimento energetico dicariche libidiche eccedenti in scopi extra-sessuali:in questo senso la sublimazione viene strettamenteassimilata alla creatività. Freud non spiega cometutto ciò avvenga.Ma è certo che tutto ciò avvenga tramite la simbo-lizzazione, che, secondo l'ipotesi più attendibile, do-vrebbe appropiarsi dell'energia libidica inerente al-l'oggetto e trasmutarla in energia desessualizzata e,in ultima analisi, adatta ai lavoro della cultura. Intutto ciò rimane sempre lo scarto tra una istintualitàche preme dall'interno, ancorata alla base fisiolo-gica dell'istinto, ed un'altra necessità che premedall'esterno e che è diretta emanazione del socia-le. L'uomo, preso tra queste due istanze che lostringono da ambedue le parti, può scegliere in de-finitiva solo la seconda alternativa, perché nel ce-dimento all'istinto è implicita la condanna morale esociale. E' qui che ha il suo cardine il pessimismosociale di Freud.Da questa breve indagine sul simbolismo in Jung eFreud, mi sembra che emergano delle concordanzesostanziali su ciò che sono i fatti psichici, mentrele differenze mi sembrano non altrettanto sostan-ziali, legate, cioè, piuttosto a strumenti di interpre-

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tazione diversi che all'osservazione di fatti e pro-cessi del tutto differenti.Per ambedue il simbolo è il prodotto di un con-flitto: per Freud il conflitto si svolge tra le forzerimoventi ed il rimosso, per Jung da questo con-flitto nascerebbe solo un sintomo, cioè il segno diun'antitesi repressa, mentre il vero simbolo ha ori-gine da un conflitto tra lo ed inconscio senza lasoppressione di nessuno dei due termini, ma conla presenza di ambedue, fusi in una sintesi piùconfacente alla realtà attuale del soggetto simbo-lizzante.Al livello dell'interpretazione, poi, anche Freud ri-conosce che non è possibile una decifrazione uni-voca delle immagini simboliche, pur rimanendo con-traddittoriamente fedele all'assunto di base del si-gnificato istintuale della maggior parte dei simbolionirici. Del resto sono proprio le contraddizioni edi problemi insoluti dell'« Interpretazione dei sogni »,che si rivelano teoricamente più fecondi. Date lesuccessive riedizioni di questa opera non sapremomai con assoluta certezza quali e quante di questerevisioni siano state stimolate dallo scambiointellettuale con Jung e dalla pubblicazione delle sueopere. D'altro canto, la sublimazione freudianasembra avere molte cose in comune con la funzionetrascendente di Jung. Questa è anche l'opinione diRicoeur quando afferma (pag. 542-543): « ...la famosafunzione della sublimazione non è un procedimentosupplementare... Non è un meccanismo che si possamettere sullo stesso piano delle altre « sorti » del-l'istinto... La sublimazione, potremmo dire, è lafunzione simbolica stessa... ». Infatti, tutto il processodella sublimazione si fonda sulla simbolizzazione, ela restituita possibilità di operare delle sublimazioniè il segno della liberazione della libido dallefissazioni alle fasi pregenitali. Così, anche per Jung,la funzione trascendente, riferita al simbolo, èstrettamente collegata con l'individuazione, cioè con ilreperimento di quei traccianti energetici individualiche costituiscono la premessa di una veraintegrazione psichica. Per ambedue,

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cioè, sublimazione e funzione trascendente signifi-cano la messa in moto di un processo risolutivodella nevrosi.Altre concordanze di fatto si potrebbero facilmentereperire in una attenta disamina dei testi, ma credoche ciò sia sufficiente a dimostrare che, in realtà, iprocessi osservati da Freud e Jung non differisconoin maniera sostanziale e che, se è legittimo, sullabase delle discordanze, operare una separazionedi scuole, con metodi, finalità e insegnamenti dif-ferenti, il chiudersi completamente e reciprocamentenon può essere spiegabile con motivi di ordinescientifico.Uno di questi motivi, tra i tanti che si potrebberoaddurre, è costituito dalla formazione medica e psi-chiatrica prevalente in campo freudiano: questa èanche l'opinione di Rapaport, che vede in questotipo di formazione uno dei maggiori ostacoli al pro-gresso della teoria psicoanalitica. Infatti,l'orientamento esclusivamente clinico dellaformazione medica, sollecita il terapeuta solo versol'esattezza della diagnosi e la riuscita della terapiae, siccome gli effetti terapeutici esistono sempre oquasi, non vi è stimolo all'approfondimento dei pro-blemi teorici connessi con altre metodiche. Tornandoall'argomento delle discordanze, è interessanteconstatare come l'accentuazione quasi e-sclusivamente sessuale della interpretazione freu-diana, abbia delle radici profonde nella tradizioneebraica cui Freud partecipava. Il rapporto che Freudebbe con le sue origini ebraiche fu moltocombattuto per cause di ordine soprattutto sociale:eppure, mentre Freud « negava » la sua ebraicità alivello ufficiale, cercando una integrazione nellasocietà viennese e nella cultura accademica, d'altraparte, nell'intimo di sé, era convinto che questafosse l'origine e la forza della sua creatività.D. Bakan ha compiuto uno studio molto interessantesulla matrice ebraica del pensiero freudiano e dellateoria psicoanalitica, che costituisce, potremmo di-re, il negativo della biografia di Jones. In effetti i

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concetti-chiave del simbolismo freudiano sono giàin gran parte teoretizzati e applicati nei grandi testidella mistica ebraica. La distinzione, tipicamentefreudiana, di un senso manifesto e di un senso la-tente del sogno e alla quale Jung si oppose conestrema decisione, si trova già tematizzata e messain pratica nello Zohar che commenta e interpreta laThora, in quanto i misteri divini non possono in-carnarsi in un linguaggio umano senza rivestirsidi un velo che li protegga dagli sguardi dei profani.D'altra parte, l'interpretazione freudiana si basaessenzialmente sulla frammentazione del sogno indettagli che vengono poi presi in esame singolar-mente, e trova un'esatta rispondenza nel metodoadoperato dallo Zohar.Le somiglianze più straordinarie si trovano, secondoBakan, nel trattato Berakoth che fa parte del Tal-mud: « ...nel Berakoth viene chiaramente espressal'opinione che i sogni sono il soddisfacimento di undesiderio, che possono essere interpretati con loaiuto di giochi di parole, che hanno un significatosessuale, che sono fondamentalmente simbolici, cheimplicano un conflitto tra impulsi « buoni » e « cat-tivi ». (9).Il posto particolarmente privilegiato che la sessua-lità assume nell'interpretazione freudiana, trova quin-di dei precedenti e non è il portato di un rozzo ma-terialismo ateo: infatti, nell'unione sessuale, la mi-stica ebraica vedeva l'unione simbolica di Dio edella sua Shehinah. Vi sono pagine e pagine pienedi descrizioni erotiche riferite a Dio. E non è tutto:infatti, secondo Bakan, la Bibbia adopera la stessaparola per designare la conoscenza e il rapportosessuale e la stessa conoscenza assume degli aspettie dei toni profondamente erotici. Tutto lo Zohar èimpregnato dell'aspirazione dell'anima umana checerca la sua unione con Dio e il tutto viene espres-so in termini sessuali. Possiamo quindi affermare chenella cultura mistica ebraica, l'esperienza sessualeè un'esperienza privilegiata, e ciò viene anche con-fermato dal fatto che, a differenza di altre religionicome ad esempio quella cattolica, l'uomo di Dio, sia

(9) David Bakan, Freud etla tradition mystique jui-ve. Payot, Paris 1964, pag207.

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esso il rabbino, lo zaddik o il capo spirituale dellacomunità non abbandona il mondo ma si forma unafamiglia come tutti gli altri.Le correlazioni tra il Berakoth e la teoria freudianasono troppe e troppo precise per non testimoniarein Freud una consapevolezza, sia pure a livelliinconsci, delle derivazioni ebraiche della sua teoriadel simbolismo: ciò che stupisce, in effetti, è pro-prio la mancanza di accenni da parte di Freud aquesto riguardo, e quelli che possono reperirsi nella« Interpretazione dei sogni » sono scarsissimi e ingran parte aggiunti nelle edizioni successive. Unaltro fatto che stupisce è la mancanza di com-prensione, da parte di Jung, del valore individualeche si nascondeva nella teoria della sessualità diFreud: eppure non si può dire che gli mancasserol'erudizione o gli strumenti psicologici per farlo! Inrealtà, tutta la polemica sul simbolo tra Freud eJung è pervasa di toni profondamente emotivi edaccesi, dai quali si ricava l'impressione che ci fos-sero in gioco problemi più sostanziali e, soprattuttodi ordine personale.L'ipotesi più attendibile che si possa avanzare è cheFreud, dopo aver « negato » l'origine ebraica dellasua teoria del simbolismo, ne abbia cercato invecee per le stesse ragioni, una legittimazione scienti-fica nella cultura psicologica ufficiale del suo tem-po: ma, in tal modo, fu anche costretto a restringeree a limitare la portata delle sue intuizioni e dellesue ricerche.« Nel campo della psicoanalisi, infine, non si puòparlare più di un simbolismo termine a termine; nel-l'opera di Freud; questa è evidentemente la partemorta: non è più possibile concepire un lessico psi-coanalitico. Tutto questo ha generato il discreditodella parola " simbolo ", perché questo terminefino ad oggi ha sempre lasciato supporre che larelazione significante si imperniava sul significato ».Invece il simbolismo, secondo Barthes, « deve esse-re definito essenzialmente come il mondo dei si-gnificati, delle correlazioni che non si possono mai

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chiudere in un senso pieno, in un senso ultimo » (10).Tutto ciò non sminuisce per nulla il valore di Freudin quanto uomo e scienziato, ma scaturisce invecedal desiderio di comprendere le ragioni profondeche hanno limitato la sua ricerca nel campo delsimbolismo.Non bisogna dimenticare che Freud, ne! 1882, fuescluso dalla carriera accademica e ciò avvenne inconcomitanza con un'ondata di forte antisemitismoin Europa: processi contro ebrei accusati di assas-sinii rituali, giornali antisemiti, libri e opuscoli cheaccusavano gli ebrei di cose innominabili, costitui-vano lo sfondo al « paterno » discorso di Bruckeche sconsigliava caldamente a Freud la continua-zione della carriera accademica. Questo clima cosìostile agli ebrei non fu, chiaramente, un episodio mo-mentaneo, ma continuò praticamente fino a culmi-nare nella strumentalizzazione politica del nazismo.Tutti questi fatti ci aiutano a comprendere lo statod'animo di una persona che, rifiutata dalla culturaufficiale per motivi razziali, si trova, in seguito, avoler pubblicare un libro che, per il suo contenutoe il suo metodo di ricerca, rivoluzionava comple-tamente la psichiatria corrente. E' facilmenteintuibile che se Freud avesse pubblicato le sueprime opere facendo chiaro ed esplicito riferimentoalla mistica ebraica, non avrebbe fatto altro cheprocurarsi lo scherno di tutto il mondo accademico, eforse non soltanto lo scherno. La necessità delladissimulazione, quindi, si imponeva e non solo permotivi di ordine personale, ma proprio per renderemeno assurda una accettazione sia pur parziale ecombattuta della sua teoria della ne-vrosi.Del resto questa sarà l'accusa che Freud rivolgeràa Jung al momento del distacco: cioè quella di averdesessualizzato la libido per rendere più accettala teoria psicoanalitica, e fino alla fine Freud ri-marrà tenacemente attaccato ad un postulato chela moderna neuropsicologia e l'etologia non hannoinvece verificato: e cioè il carattere fondamental-mente sessuale della libido. Freud, insomma, non

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(10) Roland Barthes, cita-te dalla pag. 12 della ri-vista Op Cit., sett. 1967,n. 6.

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potè intravvedere né integrare alla coscienza il va-lore " simbolico " della sua teoria sessuale, e conessa tutta la sua ebraicità, proprio a causa dellanecessità di rimuovere le radici giudaiche della suadottrina, ma rivolse le sue energie verso la legitti-mazione ufficiale delle sue tesi. Diviene alloracomprensibile la scelta di metodo adoperata daFreud: egli si rivolse, cioè, alla tradizione più «scientifica » e più sicuramente accreditata delsimbolismo, a quel filone di lontana ascendenzacartesiana che aveva condotto, attraverso lo studiodelle sensazioni, immagini elementari, impressioniecc, al tentativo di costituzione di una psicologiaempirica, positiva.Ritroviamo cosi la nostra tesi che cioè ie originidella teoria freudiana del simbolismo fossero daritrovare in quel filone che fa capo a Cartesio, aHobbes e che sfocia, tramite l'illuminismo sette-centesco, nell'associazionismo del XIX secolo. Giàabbiamo esaminato la svalutazione operata daCartesio nei confronti di quella che, con terminemoderno, potremmo chiamare « la vita fantasmaticainfantile » e della facoltà immaginativa che piùpropriamente le appartiene.Da un altro punto di vista, ma sostanzialmente sullastessa linea, Hobbes restringerà il concetto di sim-bolo a quello di puro segno definendolo « l'antece-dente evidente del conseguente» (Leviathan, 3): eda questa concezione del segno come fatto arbi-trario e convenzionale, farà scaturire la sua defini-zione delia ragione intesa come capacità di creareproprio questi segni artificiali (le parole, cioè) inbase ad una logica di tipo nominalistico. In se-guito, attraverso Leibnitz, Locke, Hume si arriveràad un progressivo depotenziamento dell'infallibilitàe della invadenza della ragione cartesiana a van-taggio dell'esperienza concreta e dei dati ultimiche essa fornisce, le sensazioni elementari. Hume, inparticolare, risolverà il problema della differentecostituzione delle immagini mentali distinguendole inforti e deboli: le impressioni ricavate dall'esperienzadaranno origine, mediante l'associa-

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zione fornita dall'abitudine, alle idee composte, ilpensiero. Il segno avrà la funzione, esclusivamen-te strumentale, di collegare l'una impressione conl'altra. Cosi, in tutto l'ottocento, per la psicologiapositiva, l'immagine, anche se variamente conside-rata, conserverà la caratteristica di essere una ri-manenza « in mente » della cosa esterna. Il lavorodella psiche sarà il lavoro di una funzione attivasu un dato passivo ed inerte. Ritroviamo a questopunto le concezioni dell'« Inter-pretazione dei sogni »:la psiche non possiede un meccanismo disimbolizzazione al pari degli altri che costituisconoil lavoro onirico, ma esercita una funzione dirappresentazione nei confronti delle immaginisimboliche che appartengono alla sfera delrimosso.Il simbolismo junghiano, invece, risente di un'atmo-sfera culturale completamente diversa, tra i cui espo-nenti troviamo soprattutto Cassirer e, in seguito, glistudi fenomenologici di Sartre sull'immaginazione.Infatti mentre, nella scuola di Marburgo, Cassirerpassava dall'analisi del simbolo matematico a quelladel simbolo mitologico assumendo la categoria delsimbolico come forma strutturante del conoscere,Husserl poneva le basi di una nuova psicologia ei-detica, dalla quale scaturiranno, nel 1936, le affer-mazioni di Sartre: « Non ci sono, non potrebberoesserci, immagini nella coscienza. Ma l'immagine èun certo tipo di coscienza. L'immagine è un attonon una cosa ». (L'immaginazione, Milano 1962,pag. 140).In definitiva tutti gli studi moderni, dalla filosofiadella percezione, all'antropologia di Lévi-Strauss, allaneurofisiologia, concordano con queste affermazioni:il simbolo non è un contenuto, ma un atto chestruttura uno stato di coscienza. Ed è interessanteconstatare, a questo proposito, la conclusione cuiarriva Benedetti riportando i risultati di alcuneesperienze neurofisiologiche: « Si riteneva un tempoche la trasmutazione (simbolica) fosse sempremotivata da una « censura », a sua voltacorrispondente ai parametri superegoici della

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(11) Gaetano Benedetti,Segno, simbolo e linguag-gio, Torino 1971, pag.97-98.

personalità. Il processo è probabilmente più com-plesso. Un certo grado di trasformazione simbolicasembra inerente alla struttura stessa della psiche.Almeno in tal senso parlano quei reperti moderni,che ci mostrano trasformazioni simboliche di datianche emotivamente neutrali... Sembra quindi che ilsistema della psiche conosca anche durante lo statodi veglia gli stessi meccanismi simbolici di cui siinteresse il simbolismo onirico (11).

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