Tesina Nicola Corti Freud Jung Assagioli

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 UNIVERSITÀ  DEGLI   STUDI   DI  FIRENZE Facoltà di Psicologia Corso di Laurea Magistrale in Psicologia (classe LM-51) Curriculum in Psicologia Sperimentale (LM-SP)  DEFINIZIONE E CONFRONTO TRA  PSICOANALISI E PSICOSINTESI CORSO DI STORIA DELLA PSICOLOGIA E DEI SISTEMI   P  ROF .  DUCCIO V  ANNI T  ESINA DI :  N  ICOLA C ORTI M  ATR. N . 4964145

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UNIVERSITÀ  DEGLI   STUDI   DI  FIRENZE 

Facoltà di Psicologia

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia (classe LM-51)Curriculum in Psicologia Sperimentale (LM-SP)

 DEFINIZIONE E CONFRONTOTRA

 PSICOANALISI E PSICOSINTESI 

CORSO DI STORIA DELLA PSICOLOGIA E DEI SISTEMI   P  ROF .  DUCCIO V  ANNI 

T  ESINA DI : N  ICOLA C ORTI 

M  ATR. N . 4964145

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 A NNO ACCADEMICO 2010-2011

LA PSIOCOANALISI DI SIGMUND FREUD(Freiberg, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939)

Fig.1 Fig.2 

Agli inizi del’900 Sigmund Freud ha dato origine alla psicoanalisi. Questa ha contribuito a creare da

allora fino a tutt’oggi una nuova visione dell’uomo, della società e della cultura. L’originalità di questa

teoria globale dell’essere uomano ha suscitato fin dall’inizio un distacco dalle altre grandi scuole di

 psicologia. Freud nasce nel 1856, a Freiberg (Cecoslovacchia), in una famiglia ebraica e trascorre

l'infanzia e la giovinezza a Vienna sotto l’impero Austro Ungarico prossimo alla decadenza. Qui si

iscrive alla facoltà di Medicina, dove si laurea nel 1881 in fisiologia, poi nel 1885 si specializza in

neurologia. In quegli anni vi era una profonda crisi e forti spinte a cambiamenti e rivoluzioni culturali

soprattutto nell’arte e nella cultura in genere. In particolar modo nei movimenti intellettuali e nella

letteratura vi fu un rinnovato interesse per la psiche per l’inconscio. Freud riuscì a soddisfare questeistanze, interpretando mirabilmente ed in modo originale i fermenti di questa cultura del dubbio, del

“sospetto” e della crisi. Spesso in contrasto con le vecchie concezioni, egli rappresentò una psicologia

dove ciò che era considerato normale e ciò che era considerato patologico, non era più definibile con

criteri riduttivi e semplicistici, ma solo attraverso una profonda analisi a carattere dinamico. Freud

aveva una solida formazione bio-medica, per la sua epoca, che utilizzò come impostazione concettuale

almeno fino al 1895 nel cercare di fornire un modello neuronale dei processi psichici. Dedicatosi dal

1886 alla professione privata come specialista in malattie nervose, Freud si trovò presto ad affrontare

casi patologici in cui l’organico e lo psichico risultavano l’uno contiguo dell’altro. Con Charcot a

Parigi (1885-86) osservò numerosi casi di isteria dove era evidente una relazione tra casualità psichica

e sintomatologia patologica. Freud e J.Breuer descrissero il famoso caso d’isteria di Anna O. Breuer 

attraverso sedute con ipnosi riusciva a liberare la paziente dai propri turbamenti di coscienza, quandoriusciva ad indurla a ricordare, esprimere e verbalizzare quelle fantasie affettive o situazioni

traumatiche che la dominavano e la turbavano e che erano la causa lontana della sua isteria. Questo

 processo fu chiamato metodo catartico, ma Freud se ne distaccò in quanto non permetteva di risolvere

le resistenze interne del paziente a ricordare coscientemente il proprio trauma, infatti il paziente

rimuoveva intenzionalmente dal suo cosciente quello che voleva dimenticare. Dopo l’abbandono del

metodo catartico Freud utilizzò il metodo delle associazioni libere. Freud arrivò a sostenere che la

causa dell’isteria erano traumi sessuali subiti nell’infanzia, spesso tentativi di seduzione da parte di

adulti. In seguito specificò che questi traumi sessuali potevano anche essere non realmente accaduti,

ma vissuti nella fantasia del paziente. Freud asserì l’esistenza di una “realtà psichica” (un modo

soggettivo di rappresentare la realtà, i ricordi, le esperienze, le fantasie) diversa dalla “realtà effettiva”.

Ciò che rappresentiamo nella psiche, non sono fatti reali, ma ricostruzioni di fatti o di fantasie che possono non essere mai accaduti. Dopo il 1897 Freud sviluppò ulteriormente le sue teorie attraverso

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una profonda autoanalisi in particolare sui suoi sogni. Di questo periodo è la scoperta del complesso di Edipo (odio per il genitore dello stesso sesso e amore nei confronti del genitore del sesso opposto),

dinamica vissuta dal bambino durante lo sviluppo psichico e necessaria (se correttamente risolta) per 

raggiungere un equilibrio psichico in età adulta. Con la pubblicazione del libro “ Interpretazione dei

 sogni” (1900) si arriva ad una prima formulazione sistematica della psicanalisi freudiana. Questo libro

viene da molti considerato l’atto di nascita della psicoanalisi, in esso Freud riassume criticamente laletteratura precedente in materia d’interpretazione dei sogni e loro natura ed evidenzia il fatto che i

sogni sono espressione (spesso apparentemente senza senso) di contenuti inconsci latenti. Il desiderio

nascosto e censurato trova un appagamento in forma mascherata, deformata ed alternativa (anche se

irreale) attraverso il sogno. Da poco prima del ‘900 ai primi anni ’20, Freud elaborò una teoria

generale della psiche e propose un modello terapeutico dei disturbi psichici attraverso molte opere e

  pubblicazioni dedicate ai fenomeni osservati nella vita psichica normale e patologica, soprattutto

rispetto a fenomeni come dimenticanze, lapsus e atti mancati. La psicoanalisi, per Freud, era una teoria

complessa della psiche che cercava di ricondurre a pochi concetti, vari fenomeni, una metodologia

d’indagine della psiche ed una tecnica terapeutica per il trattamento dei disturbi nevrotici. Ad esempio

Freud rifiutò l’idea di Breuer secondo la quale l’origine dei sintomi isterici era in un blocco dei

  processi psichici, poi convertito in fenomeni somatici e introdusse il concetto di “meccanismi didifesa”, in sostanza sostituì un concetto di semplice conversione da energia psichica patologica a

somatizzazione con un concetto più articolato e più complesso della dinamica interna alla psiche con

sotto-sistemi interattivi. Nella teoria elaborata fino al 1920 circa, Freud collocava la dinamica degli

affetti all’interno di un “apparato psichico” diviso in regioni, “parti” della mente che si trovano in

relazione tra di loro e sono l’inconscio, il preconscio e il conscio, questa strutturazione viene chiamata

1° Topica. Viene utilizzata la metafora dell’iceberg: l’inconscio è la parte subacquea che sostiene la

  parte più superficiale (il conscio), ma non è visibile e per questo motivo può provocare gravi

“incidenti”. L’inconscio è l’insieme delle pulsioni di cui dispone ogni individuo e a pensieri e

sentimenti inconsci sconosciuti e non immediatamente accessibili alla coscienza. Il preconscio è la

linea di galleggiamento dell’iceberg, la linea di demarcazione tra conscio e inconscio. Può diventareconscio senza essere ostacolato dalla coscienza attraverso la formazione d’immagini mentali o con il

collegamento del linguaggio. Il conscio è quando una persona è consapevole in un determinato

momento, sono pensieri, emozioni e sentimenti presenti nell’individuo sui quali si agisce

volontariamente. Queste tre “zone” (inconscio, preconscio e conscio) subiscono modifiche durante lo

sviluppo. La mente di un bambino piccolo è quasi tutta inconscia: con lo sviluppo, preconscio e

conscio si estendono. Con questa divisione Freud ha tentato di individuare tre aspetti del

funzionamento mentale che però interagiscono continuamente. Dopo il 1920 propose un’altra teoria

dell’apparato psichico, la 2° Topica, basata sulla differenziazione tra Es, Io e Super-Io. Nella sua

ultima opera rimasta solo in piccola parte incompiuta, il “Compendio di psicoanalisi” (1938), Freud

descrive così le istanze della 2° topica: L’Es rappresenta per la psiche il patrimonio ereditario e la sede

di origine delle pulsioni che si generano dall’organizzazione corporea, questa istanza si basa sulprincipio di piacere. “Sotto l’influsso del mondo esterno reale che ci circonda una parte dell’Es ha

 subito un’evoluzione particolare – Questa regione della nostra vita psichica l’abbiamo chiamata Io”.

Il rapporto tra l’Es di un individuo e il mondo esterno è mediato appunto dall’Io che, ai fini

dell’autoconservazione dell’individuo stesso, svolge la funzione di conoscere e valutare gli stimoli

esterni e interni, questa istanza si basa sul principio di realtà teso all’autoconservazione  anche se

nella sua azione di mediazione e di equilibrio l’Io aspira al piacere e si sforza di eludere il dispiacere.

Dall’Io si sviluppa durante l’infanzia il Super-Io, nel quale si collocano le influenze “Etiche e

Morali” dei genitori, degli educatori e delle altre persone del proprio ambiente familiare e sociale. La

 pulsione si esprime in queste istanze: L’Es esprime il vero intento vitale dell’individuo nel soddisfare i

suoi innati bisogni, ma è l’Io che può trovare il modo più sicuro per ottenere il soddisfacimento, il

super-io censura ciò che è in contrasto con la norma indotta dalle figure educative di riferimento. Neisuoi ultimi anni Freud divise le pulsioni fondamentali in due grandi categorie, le pulsioni di vita o

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 pulsioni d’amore o Eros (la cui energia è denominata libido) e le pulsioni di distruzione o di morte o

Thanatos (con fine di portare il vivente al suo stato inorganico). Queste pulsioni interagiscono in

contrasto o in cooperazione tra loro nella dinamica psichica, dando origine ai molteplici fenomeni

dell’esistenza. Il concetto di pulsione era stato elaborato da Freud soprattutto nella sfera della vita

 psichica sessuale. Per Freud la sessualità si manifesta subito poco dopo la nascita e si sviluppa in varie

fasi che comprendono una vasta gamma di attività, dove il piacere sessuale può essere prodotto dazone del corpo non direttamente legate al coito e alla procreazione, queste sono in ordine (nel

 bambino): Fase orale (nei 18-24 mesi di vita); Fase sadico-anale (18-36 mesi); Fase fallica (3-6 anni

circa, manifestazione del complesso di Edipo o di Elettra). Il processo evolutivo è la base per la

comprensione dei processi involutivi che possono insorgere nella vita psichica adulta, sotto forma di

 perversioni sessuali o di disturbi psichici come le nevrosi. I processi psichici si qualificano in base al

grado di contenuto cosciente che possiedono per l’individuo. Pochi sono i processi psichici che

emergono a coscienza, la maggior parte rimane inconscia, soprattutto quelli che per loro natura

sconvolgerebbero l’equilibrio psicologico della persona. Questa “resistenza” all’emersione cosciente

del materiale inconscio è dovuta ai cosiddetti meccanismi di difesa, questo risulta particolarmente

evidente durante il processo terapeutico. Vi è una relazione dinamica tra le qualità psichiche della 1°

topica e i sistemi dell’apparato psichico della 2°. Le funzioni dell’Io e del Super-Io possono essereconsce, anche se più di frequente sono inconsce, l’inconscio invece è l’unica qualità che domina l’Es.

Le leggi che regolano i processi nell’inconscio o nell’Es rientrano nel “processo primario” basato sul

  principio di piacere, mentre quelle che guidano i processi nel preconscio-conscio o nell’Io

appartengono al “processo secondario” basato sul principio di realtà. Da un punto di vista della tecnica

 psicoanalitica e del trattamento analitico, la “regola fondamentale” è quella per la quale il paziente è

impegnato a comunicare liberamente all’analista tutto quanto gli viene in mente. Durante il processo di

emersione del rimosso dall’inconscio si produce un fenomeno, il transfert, “ per il quale il paziente

ravvisa nell’analista un ritorno di una persona importante del suo passato, e trasferisce su di lui

 sentimenti e reazioni che certamente erano destinati a quel modello”, dal “Compendio di psicoanalisi”

(1938). Il transfert è ambivalente, porta atteggiamenti sia positivi che negativi nei confrontidell’analista verso il quale il paziente si rapporta come si sarebbe rapportato con i genitori. In questa

fase si può innescare un “desiderio erotico”, un tempo diretto verso il genitore e ora trasferito

sull’analista. E’ un momento che inevitabilmente avviene, ma che deve essere assolutamente dominato

e bloccato per consentire il proseguimento verso un ”ampliamento della conoscenza di sé ” nel

 paziente, che presuppone il superamento resistenze opposte alle interpretazioni che l’analista dà dei

sogni, lapsus e atti mancati. In questa fase è come se l’analista prestasse il proprio preconscio al

 paziente.

LA PSIOCOLOGIA ANALITICA DI CARL GUSTAV JUNG(Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961)

Fig.3 Fig.4

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Una prima fase dell’attività di Jung può essere delimitata tra il 1895 e il 1900, periodo in cui era

studente di medicina a Basilea. Interessato ai fenomeni ed esperienze normalmente escluse dalla

 psicologia scientifica (spiritismo, parapsicologia, esperienze medianiche, ipnosi, sonnambulismo) e per 

ampliare il “concetto di realtà”, nel 1900, Presenta come tesi un saggio sui fenomeni medianici che

riguardavano una sua cugina, Helene Preiswerk, intitolato   Psicologia e patologia dei cosiddetti

 fenomeni occulti, che poi pubblicò nel 1902. Un secondo periodo comincia nel dicembre 1900, quandoJung si trasferì all’Ospedale psichiatrico di Zurigo Burghölzli sotto la direzione di Bleuler, ed arriva

fino al febbraio 1907, quando Jung incontra Freud. Questo incontro rivoluzionerà la sua prospettiva

d’indagine e terapia in psichiatria. In questi anni Jung sviluppò la tecnica delle associazioni libere e

delle associazioni verbali. Al soggetto in esame era presentata una lista di termini e si registravano le

 parole che egli vi associava. In base al tipo di risposta e al tempo impiegato per rispondere, si potevano

far emergere i “complessi” da cui era affetto il soggetto. Jung indicava con “complesso” quell’insieme

di rappresentazioni, ricordi e immagini a forte contenuto emotivo e affettivo che causava la reazione.

Questo reattivo permetteva di affrontare in modo oggettivo la dinamica psicopatologica. La psichiatria

del suo tempo era generalmente distaccata dalla personalità umana del paziente, dalla sua individualità,

da ciò che aveva da dire, ed era interessata solo alle diagnosi, all’analisi della sintomatologia ed alle

statistiche. La psicoanalisi invece permetteva di rapportarsi in maniera nuova e diversa alla malattiamentale, dove era centrale la dimensione psicologica e psicoterapeutica rispetto all’impostazione

classificatoria della psichiatria ufficiale. Jung abbandonò l’approccio sperimentale quando il suo

confronto con la teoria e la tecnica psicoanalitica divenne costante. Nel 1909 Jung lasciò l’ospedale di

Zurigo e si dedicò allo studio delle malattie mentali in una prospettiva che teneva conto delle

innovazioni teoriche della psicoanalisi, ma allo stesso tempo introduceva elementi ad essa estranei.

Questo periodo fu detto “psicoanalitico”, che si chiuse ufficialmente nel 1914 con la “secessione” da

Freud e dal suo movimento. Questa frattura iniziò a palesarsi nel 1912, quando Jung pubblicò

Trasformazioni e simboli della libido (1911-1912), dove Jung analizza ed interpreta il caso della

giovane Frank Miller, una studentessa di ricca di fantasie ed immaginazione auto-suggestive. Nella sua

interpretazione Jung collegò queste fantasie ed immagini a miti religiosi antichissimi e a simboliuniversali che sarebbero emersi dall’inconscio della Miller. I simboli erano per Jung espressioni o

trasformazioni di un’energia psichica in generale, chiamata “libido”, che non era più la libido intesa

come energia, istinto sessuale o pulsionalità sessuale. Jung proponeva così un’estensione del costrutto

teorico di “libido”, che veniva, in tal modo, a comprendere anche altri aspetti pulsionali, energie

suscettibili di trasmettersi a una sfera qualsiasi di attività (potenza, fame, odio, sessualità, religione,

ecc., senza essere istinti specifici) e che costituivano “l'energia psichica”. La sessualità, in tal modo,

appare essere il costrutto unico e centrale nella metapsicologia freudiana, mentre si trasforma in un

costrutto importante ma non unico della vita psichica nella teoria junghiana. Tra il 1913 e il 1919 fu

cruciale l’autoanalisi che Jung compì sistematicamente ogni giorno annotando i propri sogni e le

 proprie fantasie, un viaggio nel profondo dell’inconscio simile alla discesa di Ulisse agli Inferi. Così,

dal 1913, per sei anni, Jung si avventurò nel territorio rischioso dell’inconscio, come un viaggiatoreche si lascia assorbire da un luogo ignoto come in un’immersione. Il metodo era quello di lasciare che i

contenuti venissero liberamente a lui e lo possedessero, annegando nel mare dell’irrazionale,

sacrificando le resistenze dell’Io per confrontarsi con le immagini sfolgoranti e sorprendenti

dell’inconscio, abbandonando la sponda sicura della coscienza, col rischio costante di cadere nella

  psicosi. E’ il grande periodo dell’immaginazione attiva (tecnica di confronto pseudo meditativo,

estatico-creativo tra Io ed inconscio da usarsi, secondo Jung, con molta cautela in ambito terapeutico

 per facilitare il raggiungimento dell’individuazione -vedi più avanti-), in cui proietta le sue fantasie

dipingendo le personificazioni e i simboli spontanei. Questi sei anni sono stati il periodo più

importante della sua vita. Nel 1921 Jung pubblica l’opera, “Tipi psicologici”. In essa vi è una

rappresentazione strutturale della psiche, articolata in quattro funzioni (pensiero, sentimento,

sensazione e intuizione Fig.5) e in due atteggiamenti fondamentali (l’introversione el’estroversione). Nell’individuo domina sia un atteggiamento sull’altro, sia una funzione sulle altre

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tre. Il tipo complementare non dominante e le funzioni non dominanti rimangono comunque attive a

livello inconscio. Jung, accanto al concetto fondamentale dell’inconscio freudiano da lui ridefinito

inconscio personale (dove si trovano i “materiali” individuali), aggiunse l’inconscio collettivo (dove

si trovano i “materiali” impersonali). Sempre in “Tipi psicologici” (1921) Jung scriveva: “ L’inconscio

 personale comprende in sé tutte le acquisizioni dell’esperienza personale, dunque cose dimenticate,

rimosse, percepite, pensate e sentite al di sotto della soglia di coscienza. Accanto a questi esistonoaltri contenuti che non provengono da acquisizioni personali, ma dalla possibilità di funzionamento

che la psiche ha ereditato, cioè dalla struttura cerebrale ereditata. Queste sono le trame mitologiche, imotivi e le immagini che in ogni tempo e luogo possono riformarsi indipendentemente da ogni

tradizione e migrazione storica: questi contenuti io li denomino collettivamente inconsci ”.

L’espressione tipica dell’inconscio collettivo avviene attraverso immagini primordiali o “archetipi”.

Si tratta d’immagini a carattere arcaico, proprie di un’epoca o di tutta l’umanità, che si manifestano a

livello individuale nei sogni, nell’immaginazione provocata e nei disegni liberi e, a livello collettivo, si

concretizzano nei miti, nelle fiabe e nelle opere d’arte. Jung ha evidenziato che gli archetipi non sono

contenuti o rappresentazioni inconsce, ma “forme” che strutturano l’inconscio collettivo.

Fig.5 Fug.6

 Fig.5; La circonferenza rappresenterebbe secondo Jung, il confine tra l'io e il mondo, e ai capi dei suoi diametri si collocano le seguenticoppie di funzioni: Pensiero e Sentimento, e Intuizione e Sensazione. Il pensiero e il sentimento sono denominati funzioni razionali,

 poiché fanno uso del ragionamento. La sensazione e l'intuizione sono funzioni irrazionali, perché basate sulla percezione.

 Fig.6; Alcuni dei principali simboli religiosi. Da in alto a sinistra: croce latina (Cristianesimo), stella di David (Ebraismo), omkar (Induismo), stella a nove punte (Bahaismo), mezzaluna (Islam), croce del sole (Neopaganesimo), yin e yang (Taoismo), torii

(Shintoismo), ruota del Dharma (Buddhismo), khanda (Sikhismo), svastica (Giainismo), mano (Ahimsa), fiore di loto con fiamma(Ayyavalismo), tre lune della Dea triplice, cross pattée (Ordine Teutonico), mani di Dio (Slavismo)

Secondo Jung la psiche è quindi composta dall’inconscio personale, dal collettivo e dall’Io che

rappresenta la parte cosciente. La dinamica tra componenti consce e inconsce della psiche è vista da

Jung come un percorso difficile dove si attua il processo di “individuazione”, di differenziazione della

 personalità individuale, di realizzazione della propria personalità in una compiuta totalità-unità,

denominata Sé. L’Io (conscio) si scontra con organizzazioni archetipiche (inconsce) della personalità:

la  Persona (in latino “maschera teatrale”), ovvero la personalità pubblica; l’Ombra, cioè i

comportamenti negativi, istintuali che l’individuo rifiuta e nasconde; l’ Anima e l’ Animus,

rispettivamente, la personificazione della natura femminile nell’uomo e della natura maschile nella

donna. Per Jung “l’uomo ha sempre portato in sé l’immagine della donna, di un determinato tipo di

donna. Questa immagine è un insieme ereditario inconscio d’origine molto remota, un archetipo. Ciò

vale anche per la donna verso l’uomo. Quest’immagine viene inconsciamente proiettata sulla persona

amata causa principale dell’attrazione passionale o della repulsione”. Il Sé è l’archetipo fondamentaledella psiche; è la meta, non sempre raggiunta, cui aspira la psiche individuale. Il processo di

individuazione di Jung si differenzia inoltre dalla teoria freudiana, perché mette in risalto l’idea di una

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crescita psichica proiettata verso un futuro creativo e soggettivo con spazzi ed orizzonti indeterminati.

Per Freud la vita psichica è predeterminata nei suoi stadi e nelle sue manifestazioni, è schiacciata tra le

forze dell’Es e quelle del Super-Io, una psicologia che dipende in primo luogo dalla “psicologia

 personale” dell’autore. Secondo Jung non si può assolutizzare e rendere deterministico il prodotto

relativo di un singolo autore ma occorre relativizzare il proprio teorizzare, rende “indeterminato” il

 proprio oggetto d’indagine. Jung concepisce lo scienziato come oggetto egli stesso appartenente edimmerso in un sistema più ampio in cui pure lui si modifica nell’atto d’indagare. Per quel che riguarda

la teoria ed il rapporto terapeutico, Jung criticava la contrapposizione tra l’analista, immutabile nel suo

operare, fermo nelle sue competenze concezioni e tecniche ormai acquisite, ed il paziente, oggetto di

  potenziali mutazioni. Nel sistema terapeutico junghiano si prospettava invece una continua

modificazione reciproca ed interattiva tra analista e paziente. L’influenza di Jung sulla psicologia del

 primo ‘900 è stata forse minore rispetto a quella avuta in altre aree di ricerca, quali l’antropologia,

l’etnologia e gli studi di storia delle religioni.

LA PSIOCOSINTESI DI ROBERTO ASSAGIOLI

(Venezia, 27 febbraio 1888 – Capolona, 23 agosto 1974)

Fig.7 Fig.8 

 Fig.8: 1) Inconscio inferiore; 2) Incoscio medio; 3) Ioconscio superiore; 4) Campo della coscieza; 5) Sé persohale o “Io”; 6) Sé 

transpetsonale; 7) Inconscio collettivo.

Roberto Marco Grego (questo è il suo primo nome: quello di Assagioli lo acquisterà dopo morto il

 padre, nelle seconde nozze della madre) è figlio unico di famiglia ebraica benestante. Si laurea in

medicina a Firenze nel 1910 con una tesi su la Psicoanalisi preparata all’Ospedale Psichiatrico

Burghölzli di Zurigo dove conoscerà Jung e ne rimarrà amico per tutta la vita, poi si specializza inPsichiatria con l’intenzione di dedicarsi alla pratica della psicoterapia. Poco dopo aver completato il

training psicoanalitico, ed essere stato considerato da Freud e da Jung il rappresentante della

 psicoanalisi in Italia nel 1910, Assagioli si staccò dalla ortodossia freudiana e gradualmente creò il sue

 proprio punto di vista. Nel 1926 fondò a Roma l’Istituto di psicosintesi. Alcuni anni dopo, l’ostilità del

regime fascista obbligò l’istituto a chiudete. Le persecuzioni, prima dei fascisti e poi dei nazisti,

impedirono ad Assagioli di continuare il suo lavoro. Alla fine della guerra, egli iniziò un nuovo ciclo

di lezioni, pubblicò dei lavori ed incoraggiò l’apertura di nuovi centri di psicosintesi nel mondo. I suoi

due libri principali “ La psicosintesi” e “ L’atto di volontà” vennero pubblicati rispettivamente nel 1965

e nel 1973. Per Assagioli la sofferenza psichica è originata da uno squilibrio, una disarmonia, una

conflittualità, una mancanza di significato tra le diverse parti che compongono la psiche. All’opposto

se vi è unità interna ed una fusione armonica con unità sempre più grandi, la psiche prova uno statovitale elevato, maggior soddisfazione, senso della propria vita, energia e benessere. La vita

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tendenzialmente favorisce il verificarsi di questo processo negli esseri umani, ma sovente questo viene

anche bloccato. Per facilitare l’esito positivo dell’esperienza psichica, Assagioli ricercò, sviluppò ed

ideò vari espedienti chiamandoli nel suo complesso "psicosintesi". Il suo “diagramma ad uovo”

schematizza e rappresenta la psiche umana secondo la sua concezione (Vedi Fig.8) che rappresenta la

nostra intera psiche. Le tre divisioni orizzontali dell’ovale indicano il nostro passato, presente e futuro.

Tutte e tre queste dimensioni temporali sono contemporaneamente attive in noi, anche se in modidiversi. L’inconscio inferiore (1) rappresenta soprattutto il nostro passato psichico personale in forma

di contenuti repressi o dimenticati. Se desideriamo incoraggiare la nostra crescita psicologica è

necessario esplorare il nostro inconscio inferiore. In caso contrario esso può essere causa di difficoltà

accumulare energia repressa, che può indurre somatizzazioni e disturbi o controllare il nostro

comportamento, imbrigliando così la nostra vita e la nostra libertà. L’inconscio medio (2) è il livello

in cui esistono tutte le nozioni e dove le capacità e gli stati della mente che possono essere

volontariamente riportati nel campo della coscienza (4). Il superconscio (3) invece è il nostro futuro

evolutivo, che comprende gli stati dell’essere, del sapere e del sentire. Secondo Assagioli l'inconscio

superiore è la regione psichica da cui “ provengono le intuizioni e le aspirazioni superiori, artistiche,

 filosofiche e scientifiche; le creazioni geniali; gli “imperativi” etici; gli slanci all’azione altruistica;

 gli stati d’illuminazione, contemplazione, estasi” (da “Principi e metodi di psicosintesi terapeutica”1973). L’esplorazione dell’inconscio superiore è uno dei nostri compiti più importanti. La distinzione

fra inconscio “inferiore” o “superiore”, o superconscio, si riferisce allo sviluppo e non ad una

valutazione d’ordine morale. L'inconscio inferiore è semplicemente la parte più primitiva di noi; non é

“cattivo”, é semplicemente più antico. Il superconscio è tutto ciò che possiamo raggiungere nel corso

della nostra evoluzione. Non è solo una possibilità astratta, ma una realtà vivente, con una sua

esistenza ed autonomia. La nostra psiche non e isolata, é immersa in quel mare che Jung ha chiamato

inconscio collettivo (7). Secondo Jung l’inconscio collettivo rappresenta “il presupposto di ogni

 psiche individuale, al modo stesso in cui il mare è il presupposto e l’alveo delle sue onde” (da “ La

 psicologia del Transfert ”, 1974). Nel diagramma le linee sono ovunque tratteggiate per indicare che

non vi sono schemi e comportamenti rigidi che impediscono le interazioni tra i vari livelli, fra i qualianzi ha luogo una continua interazione. Il Sé sperimenta tutti questi livelli. Negli stadi precoci dello

sviluppo umano non esiste una consapevolezza del Sé. Per molti di noi esso esiste più tardi in un modo

 più o meno velato e confuso. Per noi è auspicabile che esso possa essere sperimentato nel suo stato

 puro come ”Io” o Sé personale (5). A mano a mano che questa consapevolezza s’intensifica, subisce

un ampliamento; questo processo culmina nel raggiungimento del Sè transpersonale (6). Esso vive a

livello dell’individualità, dove però può imparare a regolare e dirigere i vari elementi della personalità

in senso armonico, virtuoso e altruistico. La consapevolezza del Sè personale è la condizione di

 partenza per ottenere il benessere psicologico. L'identificazione con il Sé transpersonale è più difficile

da ottenere, per alcuni è la vetta più alta che si raggiunge dopo anni di disciplina; per altri è

un’esperienza spontanea straordinaria. Molti individui nel corso della storia dell’umanità hanno

testimoniato l’esperienza del Sé transpersonale, definendolo nelle varie epoche, tradizioni e culture:“la coscienza di diamante”, “il gioiello del loto”, “la scintilla dell’anima”, ecc. Plotino lo descrive

così: “  Le sue dimensioni sono al di la di ogni misura, non è circoscritto da limiti di una qualsiasi

  forma, ne può essere aumentato in grandezza, perché è senza confini (…) è totalmenteincommensurabile” (da “ Enneadi”, 6). Questa condizione é stata descritta nei tempi antichi anche con

le parole sanscrite " set-chit-ananda": essere-coscienza-beatitudine. La realizzazione del Sè

transpersonale segna la pienezza spirituale. Il Sé personale è un riflesso del Sé tranpersonale, ma non

ci sono due Sé, vi è solo un'unica realtà percepita a livelli diversi: la nostra vera essenza al di la di ogni

maschera e condizionamento. Invece il diagramma a stella, (Fig.9) rappresenta quella che Assagioli

definisce la fisiologia della psiche, rappresenta le funzioni psicologiche e serve per chiarire la relazione

delle varie funzioni psichiche con il Sé personale e la volontà. Nel processo psicosintetico un

individuo, da un’accozzaglia disorganizzata di tendenze spesso in conflitto, passa all’armonizzazionedei suoi vari elementi attorno ad un centro: il Sè. In una personalità integrata il Se, mediante l’azione

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di volontà, è in grado di coordinare le varie funzioni dell’organismo psico-fisico (Ferrucci P. 1981). In

questo modo si evita di subire in maniera deterministica e di riprodurre meccanicamente, il passato.

L’approccio della psicosintesi è principalmente pragmatico e spesso ha carattere educativo, non si

rivolge solo all’ambito clinico, ma anche tutti coloro che intendono perseguire uno sviluppo personale

teso al valorizzare la propria vita.

Fig.9 Fig.10

 Fig.9: 1) Sensazione; 2)Emozione, Sentimento; 3)Impulso, Desiderio; 4) Immaginazione; 5) Pensiero; 6) Intuizione; 7 )Volontà; 8) Io oSè personale.

La Psicosintesi, in questo senso, utilizza una serie di tecniche che possono essere raggruppate nelle

seguenti categorie: Tecniche analitiche. Servono a valutare i blocchi e le potenzialità della persona,

 permettono l'esplorazione dell’inconscio per arrivare alla radice dei complessi psicologici. Vengono

esercitate attraverso strumenti come: disegno, scrittura, immagini, analisi critica, espressione artistica

in genere e lavoro sulla sottopersonalità. Tecniche di padronanza. Forniscono una consapevolezza ecomprensione delle immagini e dei complessi dannosi per aiutare a dissolverli, che non porta

necessariamente ad un cambiamento positivo permanente. Il lavoro cognitivo deve essere

accompagnato da un esercizio graduale ed attivo di tutte le funzioni psicologiche (sensazione,

desiderio, impulso, sentimento, immaginazione, pensiero, intuizione e volontà -vedi Fig.5). In tal

modo possiamo preparare e sviluppare gli elementi arcaici e immaturi del nostro essere. Questa è una

fase di particolare scoperta dell’Io e di cultura della volontà tesa a regolare e coordinare

armoniosamente i vari aspetti della personalità. Tecniche di trasformazione. Il passo che segue la

comprensione e la padronanza e quello di far fiorire in pieno i semi del cambiamento. Questa fase,

spesso la più spettacolare, può portare ad un rovesciamento dei valori e ad altri sviluppi profondi. In

questo stadio la visualizzazione é particolarmente importante, dato che ha il potere di far scattare

cambiamenti psicologici e comportamentali significativi. Obbiettivo finale é la ricostruzione della personalità intorno ad un nuovo centro. Tecniche di meditazione. Vengono usate come strumenti per 

ottenere consapevolezza e per sbloccare i complessi dannosi, ma anche come tecniche specifiche per 

esplorare il superconscio. Varie forme di meditazione spesso prese a prestito anche da altre culture e/o

discipline, aiutano l'individuo a risvegliare l’intuizione, a stimolare l'immaginazione e la creatività, a

liberare i sentimenti più alti e a facilitare una più ampia integrazione psichica. Tecniche di grounding.

Il temine grounding, (dall’inglese ground terreno) sta per indicare una tecnica che permette di

mantenere ben salde le fondamenta dell’individuo. L’esperienze superconsce possono essere bellissime

e soddisfacenti, ma possono rimanere fini a se stesse, senza avere una ricaduta positiva su

atteggiamenti e comportamenti concreti. Gli stati elevati di coscienza non sono, da soli, garanzia d’un

efficace funzionamento psicologico e se usati male, possono causare molti problemi, fino a una vera e

 propria patologia del sublime. La psicosintesi, perciò, tenta di armonizzare nell’essere umano il regno

 personale con quello del superconscio in modo da permettergli di raggiungere una sua libertà ed una

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efficace e concreta espressione psicologica a tutti i livelli. Tecniche relazionali. Le relazioni

interpersonali sono l’aspetto più importante della crescita individuale. L’individuo può imparare ad

affrontare gli ostacoli comuni delle relazioni umane, può imparare a coltivare le qualità interpersonali

come l’apertura, l’amore, l’empatia e l’altruismo; può acquisire nuove capacità di comunicazione e

 può sviluppare la consapevolezza di appartenere ad un tutto più grande e diversificato nelle sue parti.

Se osservata da una prospettiva storica, la psicosintesi, per la sua enfasi sulle potenzialità creative diogni essere umano, può venire considerata come una psicologia transpersonale e umanistica, insieme ai

lavori di altri pionieri quali A.H. Maslow, R. May, V. Frankl e C. Rogers. Tuttavia altri fattori, il

tentativo di collegare la prospettiva orientale con la ricerca occidentale, la varietà delle tecniche, la

ricchezza delle applicazioni possibili e la completezza della sua visione rendono l’opera di Assagioli

un contributo unico alla psicologia contemporanea (Lamb H., Mecacci L. 1986).

UNA SINTETICA CONCLUSIONE

Questi tre illustri Maestri e ricercatori presentano aspetti comuni e diversità, ad esempio si sono

formati tutti in ambito psichiatrico, anche se poi hanno mosso e sviluppato percorsi diversi. Freud e

Assagioli, avevano origini ebraiche e per questo hanno subito maggiormente le persecuzioni naziste ei

disagi della guerra, tutti e tre hanno subito influssi dalle culture e religioni orientali anche attraverso

filosofi come Schopenhauer e Nietzeche. Hanno avuto rapporti diretti e personali anche se non

 propriamente tra Freud e Assagioli ed hanno condiviso in maniera ravvicinata lo stesso periodo storico

europeo. Si sono prodigati verso obbiettivi di pace, partendo dall’analisi del profondo del singolo

individuo, cercando di dipanare i conflitti interni per portare la persona ad una condizione psichica

migliore per se e per l’ambiente sociale in cui vive. Hanno sviluppato in questo senso tecniche e

  percorsi diversi, ma sempre utilizzando speculazione, rigore e criterio scientifico attingendo

 probabilmente dalla comune formazione medica e ognuno dei tre ha prodotto correnti che ancora oggi

si stanno evolvendo e sviluppando in un’interazione reciproca. Dopo un primo periodo di indifferenza

e difficoltà ad essere riconosciuta da altre scuole e dal mondo accademico, la psicoanalisi divenne nel primo decennio del ‘900 un’istituzione scientifica autonoma e fu recepita di fatto come una nuova

“visione del mondo” e per questo motivo fu accolta entusiasticamente ma anche respinta duramente.

Le critiche andarono da quelle di stampo moralista a quelle di carattere più teorico, come quelle

relative alla forte componente biologica della concezione freudiana su le pulsioni. Freud nell’ultima

lezione di “Introduzione alla psicoanalisi”, si chiedeva se la psicoanalisi poteva essere concepita come

una nuova “visione del mondo”, e si rispondeva che era solo una scienza particolare, che nell’ambito

del suo oggetto di indagine, la psiche, contribuiva alla visione scientifica del mondo, una visione non

esaustiva e totalizzante. Ma quando, nel 1911 Adler e nel 1913 Jung manifestarono i primi dissensi

rispetto alle teorie di Freud, la condanna degli “eretici” fu immediata. Freud rifiutò le elaborazioni

teoriche proposte da Adler e Jung, e suggerì la possibilità d’interpretare queste nuove posizioni, in

chiave psicoanalitica ma l’impossibile conciliazione portò inevitabilmente ad un distacco che costòmolto a Freud in termini umani, soprattutto nel caso di Jung. La scuola freudiana si caratterizzò presto

rispetto ad altre correnti di psicologia della prima metà del secolo non solo per la propria specificità,

ma anche per una rigidità associativa e strutturale dove spesso i propri membri erano stati analisti gli

uni degli altri. Inoltre la psicoanalisi non mostrò grande sensibilità ed interesse per quanto veniva

acquisito dalla psicologia contemporanea. Nel 1907 Assagioli e Jung, erano uniti da un comune

interesse per le culture orientali, per i fenomeni paranormali, per l'alchimia e l'astrologia. Jung si

distaccò da Freud a causa del suo diverso modo di interpretare la libido con teorie basate su simboli ed

archetipi, esulando da quello che Jung stesso definiva “pansessualismo freudiano”. Anche Assagioli, se

ne discostò ben presto, perché, come Jung, riteneva che Freud desse troppa importanza al lato più

 basso ed istintivo della sessualità umana, e soprattutto alle sue forme aberranti. Freud era interessato

esclusivamente al vissuto interiore e pensava che l'uomo fosse in gran parte determinato da processiinconsci che occorreva decifrare e rendere consci. Secondo Assagioli, Freud aveva un'immagine

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dell'uomo negativa e pessimista, perché si occupava soprattutto di processi psichici morbosi, senza

notare gli aspetti positivi (pessimismo freudiano) come l'autorealizzazione, la creatività, la crescita.

Lungo questa linea invece si mosse Assagioli che, alle concezioni freudiane della “rimozione”

(tendenza a mantenere inconsci i ricordi e i pensieri condannati dal Super-Io) contrapponeva le

manifestazioni superiori dell'amore e considerava maggiormente il processo di “sublimazione”,

 permettendo la trasformazione delle forze istintive in energie emozionali e spirituali elevate e chesecondo lui avrebbe promulgato un risveglio interiore dell’uomo. A differenza di Freud, Assagioli

riteneva necessario considerare non soltanto i conflitti ed i complessi, ma soprattutto le potenzialità

sane e creative della psiche. Su questo si basava la sua “psicologia della salute”, che anticipò molti

aspetti della “psicologia transpersonale”. Infatti, essa si occupava anche di stati di coscienza che

vanno oltre la normale percezione dell’Io, come, per esempio, le esperienze di tipo spirituale, religioso,

intuitivo, estatico, così determinanti per l'evoluzione umana. Per questo la grande considerazione di

Assagioli per lo studio delle religioni e delle filosofie orientali, e l'apertura alla dimensione spirituale.

Questi sono intrinseci nella psicosintesi; il termine "sintesi", viene inteso in senso alchemico, come

trasformazione, armonizzazione, sublimazione a livello individuale e collettivo, ma anche, a livello

culturale, come fusione tra Oriente e Occidente. In una intervista concessa da Assagioli a Sam Keen,

redattore di Psychology Today, dove gli chiede quali rapporti avesse con Freud e Jung, lui rispose:« Non ho mai incontrato Freud personalmente, ma fui in corrispondenza con lui, e lui scrisse a Jung esprimendo la speranza che io potessi favorire la causa della psicanalisi in Italia. Ben presto però

diventai un eretico. Con Jung ebbi un rapporto più cordiale. Ci incontrammo molte volte attraverso

 gli anni, e abbiamo avuto delle piacevolissime conversazioni. Di tutti gli psicoterapeuti moderni, Jung è, nella teoria e nella pratica, il più vicino alla psicosintesi ». Incalzato dallo stesso Keen su quali

fossero somiglianze e differenze con il pensiero di Jung, Assagioli precisa: « Nella pratica dellaterapia entrambi siamo d’accordo nel rifiutare il “patologismo” cioè la concentrazione sulle

manifestazioni morbose e i sintomi di supposti “disturbi” psichici. Concepiamo l’essere umano come

un organismo fondamentalmente sano in cui ci può essere una temporanea disfunzione. La natura

cerca sempre di riportare nuovamente l’armonia, e nella psiche agisce il  principio della sintesi . Nonesistono opposti che non si possono conciliare. Il compito della terapia è di aiutare l’individuo atrasformare la personalità e a integrare apparenti condizioni. Tanto Jung quanto io abbiamo messo in

rilievo il bisogno, in una persona, di sviluppare le funzioni psichiche superiori, la dimensione

 spirituale». Il termine “ psicosintesi ” si diffuse a partire dall'opera di Assagioli, ma già da tempo era

oggetto di polemica tra Freud e Jung. In una lettera a Freud dell'aprile 1909, Jung sosteneva che “ se

esiste una psicoanalisi, deve esserci anche una psicosintesi", orientata al futuro e non al passato della

  psiche. Freud invece riteneva il problema inesistente pensava che durante l’analisi, attraverso

l’eliminazione delle resistenze e la reintegrazione della psiche, l’Io ricomponesse in sé tutti gli impulsi

istintuali precedentemente scissi e dunque la psicosintesi si attua automaticamente e inevitabilmente

durante il trattamento analitico, senza l’intervento diretto dell’analista. Secondo Jung, invece, dopo una

fase analitica, al momento che il trattamento giunge ad un punto morto, la “cura dell'anima” deveorientarsi ad una fase “psicosintetica”. In questa prospettiva si muove il geniale lavoro di Jung: "Ciò

che io ho da dire inizia dove la cura finisce e inizia lo sviluppo" (Jung G. Scopi della psicoterapia,

1931). Anche Assagioli ha più volte detto che la “volontà” (tema a lui molto caro e sul quale ha scritto

uno dei suoi lavori fondamentali “The act of will ” nel 1973 e tradotto in italiano“L'atto di volontà” nel

1977) è la Cenerentola della psicanalisi, mentre l'Io doveva essere, al contrario, considerato un

centro di consapevolezza e volontà. Quest’idea fu poi sviluppata da Assagioli nella sua «Psicosintesi»,

termine da lui ufficializzato nel 1933, (in precedenza, Assagioli usava il termine «psica-gogia»).

Pertanto, il termine «psicosintesi», anche se riferito ad Assagioli, può rappresentare un approccio

anche di molte altre correnti e scuole unite nello scopo comune di ricercare le leggi d’evoluzione

interiore e i metodi d’auto-sviluppo dell'uomo, leggi e metodi che comunque sono trasversali alle

culture e alle epoche.

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BIBLIOGRAFIA

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Anno XIII n°85 Giugnio 2003 <http://issuu.com/tacco180/docs/85_2>