ORGANO DELLA FORZA FEDERALISTA PIEMONTESE È … · goli Stati membri che diventano de-bitori...

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ANNO XXXV - N. 4 - DICEMBRE 2010 Spedizione in A.P. - 70% - FILIALE DI TORINO ORGANO DELLA FORZA FEDERALISTA PIEMONTESE È iniziata la battaglia per il bilancio federale europeo Forum europeo Attività europea del Consiglio regionale Diventiamo cittadini europei Consulta regionale europea a proposta di emettere “Union Bonds” europei, portata avanti da molti anni dai federalisti è oggi al centro del dibattito politico europeo. Come era accaduto per la moneta europea la proposta fede- ralista accolta all’inizio dal più tota- le scetticismo non solo dalla classe politica ma anche da economisti e giornalisti diventa dopo la crisi il pro- blema da affrontare. Creare con il Trattato di Roma un mercato comune con una unica ta- riffa doganale esterna non è basta- to ed fu necessario, prima che il si- stema implodesse, darsi regole co- muni all’interno da cui il progetto di Delors del mercato unico adottato con l’Atto Unico del 1986; si è poi tentato di aggirare le regole comuni con le svalutazioni monetarie ma dopo numerose crisi valutarie si è arrivati al Trattato di Maastricht ed all’euro introdotto nel 1999. L’euro senza una politica economica unifi- cata sostenuta da un bilancio fede- rale non può reggere a lungo e la crisi greca dello scorso anno ha messo a nudo il punto di debolezza della costruzione comunitaria. Tommaso Padoa-Schioppa. Un padre dell’euro, scomparso il 18 dicembre 2010 In tutti i passaggi di potere nella co- struzione delle istituzioni europee, la resistenza degli Stati nazionali ha im- pedito di prendere la decisione di avanzare verso nuovi poteri federali sino a quando un susseguirsi di crisi sempre più difficili da controllare non a messo in discussione il processo di integrazione: oggi è il turno dell’euro. La moneta europea, e con essa lo stes- so processo di integrazione, non si sal- vano con la dichiarazione che l’euro è solido ed indispensabile per il be- nessere degli europei ma cedendo potere ad istituzioni federali comuni. L’Europa è più solida economicamen- te e finanziariamente degli Stati Uniti che soffrono di enormi deficit sia di bilancio pubblico che della bilancia dei pagamenti ed hanno un più elevato indebitamente privato ma il mercato attacca l’Europa perché ritiene che essa si possa nuovamente dividere e cadere così in crisi. Il progetto di emissione di “Union Bonds” riguarda tre diverse tipolo- gie di emissione: - titoli “europei” in sostituzione al- meno parziale di titoli emessi dai sin- goli Stati membri che diventano de- bitori dell’agenzia federale del de- bito, mentre i possessori di tali “Union Bonds” sono garantiti dal- l’agenzia europea, secondo lo sche- ma introdotto negli Stati Uniti, subi- to dopo la creazione della federa- zione americana dal Segretario del Tesoro Alexander Hamilton; -titoli per finanziare infrastrutture ed altri investimenti di interesse comu- ne europeo, come potrebbe essere il programma Galileo, di cui l’agen- zia federale emittente ne diverrebbe proprietaria al fine di poter rimbor- sare i titoli emessi, con il reddito del- le opere realizzate, sia pure in un lungo arco di tempo; -titoli garantiti dal bilancio del- l’Unione Europea, istituendo risorse proprie dell’Unione ed in particola- re la “carbon tax” per finanziare la ricerca e la riconversione ecologica dell’economia europea. Tale propo- sta era un aspetto essenziale del pia- no sul rilancio dello sviluppo econo- mico proposto da Delors all’indoma- ni della creazione dell’euro. L L

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PiemontEuropa 1ANNO XXXV - N. 4 - DICEMBRE 2010 Spedizione in A.P. - 70% - FILIALE DI TORINO

O R G A N O D E L L A F O R Z A F E D E R A L I S T A P I E M O N T E S E

È iniziata la battagliaper il bilancio federale europeo

Forum europeo

Attività europea del Consiglio regionale

Diventiamo cittadini europei

Consulta regionale europea

a proposta di emettere “UnionBonds” europei, portata avantida molti anni dai federalisti è

oggi al centro del dibattito politicoeuropeo. Come era accaduto per lamoneta europea la proposta fede-ralista accolta all’inizio dal più tota-le scetticismo non solo dalla classepolitica ma anche da economisti egiornalisti diventa dopo la crisi il pro-blema da affrontare.Creare con il Trattato di Roma unmercato comune con una unica ta-riffa doganale esterna non è basta-to ed fu necessario, prima che il si-stema implodesse, darsi regole co-muni all’interno da cui il progetto diDelors del mercato unico adottatocon l’Atto Unico del 1986; si è poitentato di aggirare le regole comunicon le svalutazioni monetarie madopo numerose crisi valutarie si èarrivati al Trattato di Maastricht edall’euro introdotto nel 1999. L’eurosenza una politica economica unifi-cata sostenuta da un bilancio fede-rale non può reggere a lungo e lacrisi greca dello scorso anno hamesso a nudo il punto di debolezzadella costruzione comunitaria.

Tommaso Padoa-Schioppa. Un padre dell’euro, scomparso il 18 dicembre 2010

In tutti i passaggi di potere nella co-struzione delle istituzioni europee, laresistenza degli Stati nazionali ha im-pedito di prendere la decisione diavanzare verso nuovi poteri federalisino a quando un susseguirsi di crisisempre più difficili da controllare nona messo in discussione il processo diintegrazione: oggi è il turno dell’euro.La moneta europea, e con essa lo stes-so processo di integrazione, non si sal-vano con la dichiarazione che l’euroè solido ed indispensabile per il be-nessere degli europei ma cedendopotere ad istituzioni federali comuni.L’Europa è più solida economicamen-te e finanziariamente degli Stati Unitiche soffrono di enormi deficit sia dibilancio pubblico che della bilancia deipagamenti ed hanno un più elevatoindebitamente privato ma il mercatoattacca l’Europa perché ritiene cheessa si possa nuovamente dividere ecadere così in crisi.Il progetto di emissione di “UnionBonds” riguarda tre diverse tipolo-gie di emissione:

- titoli “europei” in sostituzione al-meno parziale di titoli emessi dai sin-

goli Stati membri che diventano de-bitori dell’agenzia federale del de-bito, mentre i possessori di tali“Union Bonds” sono garantiti dal-l’agenzia europea, secondo lo sche-ma introdotto negli Stati Uniti, subi-to dopo la creazione della federa-zione americana dal Segretario delTesoro Alexander Hamilton;

-titoli per finanziare infrastrutture edaltri investimenti di interesse comu-ne europeo, come potrebbe essereil programma Galileo, di cui l’agen-zia federale emittente ne diverrebbeproprietaria al fine di poter rimbor-sare i titoli emessi, con il reddito del-le opere realizzate, sia pure in unlungo arco di tempo;

-titoli garantiti dal bilancio del-l’Unione Europea, istituendo risorseproprie dell’Unione ed in particola-re la “carbon tax” per finanziare laricerca e la riconversione ecologicadell’economia europea. Tale propo-sta era un aspetto essenziale del pia-no sul rilancio dello sviluppo econo-mico proposto da Delors all’indoma-ni della creazione dell’euro.

LL

Dicembre 20102

SOMMARIO1 È iniziata la battaglia per il bilancio federale europeo di Alfonso Iozzo3 Il Comitato centrale MFE apre il dibattito congressuale3 Il Comitato federale UEF per una fiscalità federale europea4 Il Consiglio Italiano del Movimento Europeo5 Il lancio ufficiale del Gruppo Spinelli6 Emma Bonino per una Federazione europea7 È scomparso Dacirio Ghizzi Ghidorzi8 Ricordo di Filadelfio Basile8 Ci ha lasciato Tommaso Padoa-Schioppa9 Obiettivi e priorità dopo Cancùn di Monica Frassoni10 L’Europa vista dall’America di Emilio Cornagliotti13 L’Europa in un mondo sottosopra di Giorgio S. Frankel15 Migrazioni e politiche di inclusione nel mondo globalizzato di Grazia Borgna18 Riflessioni sul 150° anniversario dell’Unità d’Italia di Ottorino Bartolini19 Caso Fiat e scelte produttive per l’Italia di Alfonso Sabatino22 Il contributo di Francesco Rossolillo alla cultura federalista di Sergio Pistone28 Consiglio regionale del Piemonte

• Forum europeo L’Europa ha bisogno di un’anima di Gianna Pentenero • Attività europea del Consiglio regionale Insediata la Consulta europea Valerio Cattaneo eletto Presidente dell’AICCRE Piemonte • Diventiamo cittadini europei Il seminario di aggiornamento per insegnanti Trecento studenti a lezione di federalismo e cittadinanza Strasburgo: cuore e radice dell’Europa di Gianni Giordano

33 Proposte in vista della Conferenza dell’ONU sul clima di Cancùn di Liliana Digiacomo35 Il contributo di Mario Albertini al pensiero federalista di Massimo Malcovati37 Dio, rischio della società globalizzata di Ulrich Beck38 Nasce a Torino il Movimento dei Movimenti39 Il Direttivo regionale AICCRE39 Un caso esemplare di cooperazione decentrata40 Altre attività43 Libri

Con il “Fondo Europeo di Stabilità Fi-nanziaria”, varato dai paesi dell’euronel momento più acuto della crisi gre-ca, si sono poste le basi per un’azioneeuropea sul debito pubblico. Il Fondoha enormi limiti, molto simili a quelliprevisti dagli accordi istitutivi del Si-stema Monetario Europeo ma ha lapotenzialità, come accadde per lo SMEe sotto le pressioni delle crisi, di evol-vere da una struttura sostanzialmenteintergovernativa ad “agenzia federa-le del debito pubblico”. Nel corso del-la battaglia per realizzare tale evolu-zione si dovranno però trovare, comenel caso della moneta, le garanzie dadare, in particolare alla Germania,che il Fondo servirà a mettere sottocontrollo la politica fiscale degli Statimembri, che dovranno rinunciare allaloro sovranità in materia, e non esse-re uno strumento che facilita il lassi-smo finanziario. Tali garanzie dovran-no avere valenza costituzionale. Saràpertanto necessario affrontare la ri-chiesta avanzata dal Cancelliere te-

desco Merkel di riformare il Trattatodi Lisbona . Se si riapre il cantiere co-stituzionale europeo sarà però impos-sibile raggiungere un accordo che noncomprenda anche l’evoluzione nelcampo della sicurezza affrontando ilnodo dell’unione politica rifiutato aMaastricht dalla Francia.Se l’obiettivo di stabilizzare le finanzedegli Stati membri sarà perseguitonei prossimi mesi - e non potrà es-sere altrimenti pena attacchi sem-pre più forti dal mercato internazio-nale - verrà impedita ogni politicadissennata di indebitamento da par-te degli Stati ma sarà indispensabileche il livello europeo si faccia caricodel rilancio dell’economia europeacon l’attivazione della seconda e ter-za tipologia di “Union Bonds”.Le discussioni in corso sulla stabiliz-zazione finanziaria hanno quindi unlegame diretto con lo scontro che siè aperto tra Parlamento europeo eConsiglio sul bilancio. La posizioneassunta dal Parlamento europeo,

sotto l’impulso del Gruppo Spinelliguidato da Verhofstadt e Cohn Ben-dit, nel rigettare il bilancio per il 2011è corretta. Non si tratta di concede-re al Parlamento un aumento sim-bolico di pochi miliardi di euro madi affrontare il problema delle “ri-sorse proprie” e quindi della “car-bon tax” per rilanciare lo sviluppo.Per aprire la discussione in Europa èopportuno sostenere l’idea, più vol-te richiamata dal Presidente dellaCommissione bilancio del PE, La-massoure, di convocare - per deci-dere sul futuro del bilancio comuni-tario - una riunione congiunta delPE e dei parlamenti nazionali: il Par-lamento italiano dovrebbe sostene-re con forza la proposta come ac-cadde già nel 1990 quando furonoconvocate a Roma le “Assise euro-pee” tappa importante nel cammi-no verso Maastricht.La Federazione europea leggera dicui parla nuovamente Emma Boni-no avrà nei prossimi mesi l’occasio-ne di compiere un passo rilevantecon il dibattito sul “bilancio federa-le” chiesto con insistenza per fron-teggiare la crisi dal Presidente dellaBanca Centrale Europea, Trichet.Ai federalisti non può bastare la sod-disfazione di vedere le proprie propo-ste al centro del dibattito europeo: essidevono proseguire l’azione di mobili-tazione dei cittadini, delle forze dellasocietà civile, dei partiti, dei sindacati,degli Enti locali per sfruttare l’occasio-ne della crisi per forzare il Parlamentoeuropeo e gli Stati più sensibili per ri-proporre la ripresa del cammino ver-so la federazione europea. La crisi del-l’euro si supererà solo se il mercatointernazionale capirà che l’Europa haripreso la marcia verso l’unità accan-tonando le velleità nazionalistiche chenegli ultimi anni avevano fatto brec-cia anche nei paesi più profondamen-te ancorati alla scelta europea.Resta una constatazione: gli Stati na-zionali sono ostacolo all’unificazioneeuropea ma ne diventano strumentosolo sotto la pressione delle crisi delprocesso di integrazione. Se, all’indo-mani dell’entrata in vigore del Tratta-to di Lisbona, la Francia avesse pro-posto alla Germania ed agli altri pae-si disponibili di attuare la cooperazio-ne strutturata in materia di difesa pre-vista dall’art. 42, accompagnata dal-la disponibilità di gestire in comunecon gli altri Stati partecipanti il seggionel Consiglio di Sicurezza dell’ONU,il mondo avrebbe percepito che l’Eu-ropa aveva ripreso la marcia versol’unità ed il mercato internazionale sisarebbe diretto verso altri obiettivi esarebbe stata evitata all’Europa unadifficile e dura sfida.

Alfonso Iozzo

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La lotta federalista

Sabato 20 novembre il Comitatocentrale del MFE si è aperto a Romacon la relazione del Presidente Lu-cio Levi al quale ha fatto seguito larelazione del Segretario nazionaleGiorgio Anselmi. Levi ha sottolinea-to la redistribuzione del potere mon-diale a favore dei BRIC con l’affer-mazione del G20 e la parziale rifor-ma delle quote nel FMI. Il poteremilitare degli USA è incapace di as-sicurare la pace in Iraq e Afghani-stan e tra Washington e Pechino è incorso un confronto monetario chepotrà essere superato solo con il pro-getto federalista della moneta mon-diale. Di qui l’importanza della con-ferenza mondiale che si terrà in Cinanel 2011 su iniziativa del Presidentefrancese Nicolas Sarkozy e del Pre-sidente cinese Hu Jintao. Dopo ave-re denunciato la pericolosità dell’in-gresso dell’India nel Consiglio di Si-curezza ONU, proposta dal Presiden-te Obama, in quanto riconoscereb-be a New Dehli un ruolo di gendar-

Il Comitato centrale MFEapre il dibattito congressuale

me regionale non condiviso da altripaesi dell’Asia meridionale, il Presi-dente Levi ha sottolineato i limiti delnuovo Patto di stabilità negoziato daipaesi europei. Patto che insiste sulrigore fiscale, sul coordinamentodelle politiche di bilancio nazionalementre tralascia la possibilità di av-viare una nuova politica di svilupposostenibile per l’Unione, non affrontail problema delle risorse proprie peril bilancio UE e delle procedure de-mocratiche di approvazione. Il Trat-tato di Lisbona non permette di af-frontare questi problemi. Ha saluto in-fine con favore l’accordo tra l’Inter-gruppo federalista al Parlamentoeuropeo e il Gruppo Spinelli. Affron-tando la preparazione del prossimoCongresso nazionale del MFE il Pre-sidente ha spronato i giovani a unmaggiore impegno federalista per po-tere realizzare il necessario ricambiogenerazionale alla guida del Movi-mento. Anche il Segretario naziona-le Anselmi si è soffermato sui cambia-

menti in atto a livello internazionalee sull’adozione del nuovo paradig-ma strategico da parte della NATOche ha consentito di allentare la cre-scente tensione USA-Russia a seguitodella nuova dislocazione dello scu-do antimissilistico. Per quanto riguar-da il ruolo del Parlamento europeoe la strategia federalista, Anselmi, harilevato l’ancora insufficiente capa-cità di incidenza politica delle istitu-zioni europee nella guida del pro-cesso di unificazione e la necessitàdi contare ancora sulla condivisionedelle istanze federaliste da parte dialcuni governi, in primis quello fran-cese e tedesco. Infine il Segretarionazionale si è espresso a favore diGorizia per lo svolgimento del XXVCongresso nazionale MFE nei giorni11,12 e 13 marzo 2011.Dopo un intenso dibattito, la riunionesi è chiusa con l’approvazione dellamozione sulla situazione europea emondiale e della Dichiarazione sullacrisi dell’euro e dell’Italia (www.mfe.it).

Il Comitato federale UEFper una fiscalità federale europeaIl Comitato Federale (CF) dell’UEFdel 30-31 ottobre, a Bruxelles, èstato preceduto, venerdì 29 otto-bre, da una riunione dei rappre-sentanti delle sezioni nazionali cheha fatto il punto sull’azione comu-ne dell’UEF. Philipp Agathonos hapresentato una rassegna minuzio-sa dello stato dell’organizzazionein ogni sezione nazionale e la di-scussione generale sulla campa-gna ha fatto registrare l’esistenzadi una significativa differenza diapproccio tra le varie sezioni na-zionali nonostante il “Frameworkof action” approvato nel CF di mar-zo. Occorre quindi prendere attodi queste divergenze e fare unosforzo per avvicinare ulteriormen-te i punti di vista prima del Con-gresso UEF del 2011.La discussione con il Commissarioal Bilancio Janusz Lewandowski hafatto, poi, emergere le difficoltà

che sta incontrando la Commissio-ne con i governi nazionali, in mag-gioranza ostili a un rafforzamentoe a una autonomia di bilancio del-l’UE. Lewandowski ha riconosciu-to la fondatezza dell’orientamen-to federalista: per un bilancio piùconsistente e finanziato con risor-se proprie, per una maggiore co-esione dell’Unione Economica eMonetaria, per garantire una cre-scita autonoma dell’economia eu-ropea. Sabato 30 ottobre Dome-nico Moro ha presentato, nellaCommissione sulla politica esteradell’UE, una relazione sulla coo-perazione strutturata nella difesa;Guido Montani, nella Commissio-ne economica, ha introdotto la di-scussione sul problema della fisca-lità europea. Questa Commissio-ne ha anche presentato una mo-zione al CF che l’ha approvata amaggioranza. Nella mozione si af-

ferma che il CF dell’UEF si “ram-marica che la Commissione euro-pea consideri ancora la dimensio-ne del bilancio come un tabù”,sostiene inoltre le proposte del Pre-sidente della Commissione bilan-cio del Parlamento europeo, La-massoure, che in una situazione digrave crisi economica fa rilevarecome “consistenti risparmi si possa-no ottenere dall’accorpamento dialcune spese nazionali - come la ri-cerca scientifica, gli aiuti allo svilup-po e la difesa – nel bilancio euro-peo” e chiede al Parlamento euro-peo “di sfruttare tutti i nuovi poteria lui conferiti dal Trattato di Lisbo-na” per coinvolgere i cittadini euro-pei e i loro rappresentanti in una ri-forma che li riguarda direttamente.Infine, il presidente della JEF, Philip-pe Adriaenssens, ha presentato leproposte d’azione della JEF per l’Ini-ziativa dei cittadini europei.

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Il 26 ottobre 2010 prima della riunio-ne ha avuto luogo un incontro pub-blico, convocato in occasione dellarecente uscita del volume Altiero Spi-nelli: il pensiero e l’azione per la Fe-derazione europea (a cura di Umber-to Morelli, Milano, Giuffrè 2010) a cuihanno partecipato Pier Virgilio Dastoli,Guy Verhofstadt, Sandro Gozi e Ser-gio Pistone.La concretezza di Altiero Spinelli e inotevoli risultati da lui raggiunti du-rante i suoi diversi incarichi presso leistituzioni europee hanno costituitol’elemento centrale dell’intervento diDastoli, che ha sottolineato come an-che oggi elementi essenziali del rilan-cio del processo di integrazione, at-traverso una nuova decisa azione delParlamento europeo, rimangano ladefinizione di un progetto preciso, diun’agenda e di un metodo di mobili-tazione, sempre tenendo presente chela Federazione europea deve esserepronta a costituirsi anche solamentetra coloro che ne sostengano sincera-mente le finalità, senza dover atten-dere la ricerca dell’unanimità.La modernità del pensiero spinellianoè invece stato il tema dominante del-l’intervento di Sandro Gozi, il quale hamesso in luce come tale pensiero indi-chi la strada più valida per una societàavviata verso una postglobalità checomporta nuove pericolose forme dichiusura delle classi politiche naziona-li. Questa strada è l’unica in grado dimettere palesemente in evidenza chela politica nazionale oggi non rappre-senta altro che una deleteria finzione,mentre è proprio la costruzione del-

l’unità federale europea l’unico stru-mento in grado di restituire identità esoggettività all’agire politico. Gozi haquindi invitato tutti coloro che oggiancora ritengono che l’interesse euro-peo vada sempre e comunque privile-giato rispetto a quello nazionale ad unadecisa e visibile battaglia sia dentro chefuori dalle istituzioni. Sergio Pistone haevidenziato che, come sempre, la leg-ge dell’autoconservazione del potereha di fatto impedito ai governi nazio-nali di realizzare il necessario salto diqualità nel processo di integrazioneeuropea, se non quando un soggettoesterno, evidenziando le contraddizioniinsite nelle soluzioni di tipo prevalen-temente intergovernativo, abbia dimo-strato la maggiore efficacia delle scel-te di tipo federale. Oggi il punto dimaggiore debolezza è rappresentan-do dalla mancanza dì un vero gover-no europeo, in grado di affrontare consuccesso le varie problematiche lega-te alla grave crisi economico-finanzia-ria. Tocca al Parlamento europeo rilan-ciare il progetto costituzionale, co-struendo intorno ad esso un ampioconsenso popolare ed un vero frontedemocratico europeo. Verhofstadt hacon molta convinzione ribadito che,malgrado l’opzione federalista in Eu-ropa sia oggi costretta a giocare in di-fensiva, sia sul fronte governativo chesu quello dei cittadini, essa rimanel’unica vera soluzione valida. Nellaquotidianità della politica servirebbe-ro costantemente soluzioni di tipo fe-derale e sono tantissimi gli esempi con-creti di come molto rapidamente l’Eu-ropa potrebbe acquisire un peso mon-

Il Consiglio Italianodel Movimento Europeo

diale ben maggiore, semplicementedecidendo di strutturarsi in modo piùunitario verso l’esterno. Verhofstadt hacitato come esempio l’auspicabile de-cisione da parte dei paesi dell’Euro-gruppo di unire i loro diritti di voto nelBoard del Fondo Monetario Interna-zionale. Il leader dell’ALDE ha poi spie-gato le ragioni della creazione delGruppo Spinelli, che ha l’ambiziosoobiettivo di chiamare a raccolta tutti ipro-europei, dando loro l’occasione dimobilitarsi e dì incidere politicamenteper costruire un’Europa postnazionaledei cittadini. Il progetto federalista avràun ruolo fondamentale nell’indicare ilcammino da percorrere. Verhofstadt,ricordando l’azione della presidenzaitaliana nel vertice del 1985, ritiene chequeste posizioni possano fare la diffe-renza. La prime occasioni da sfruttareper rilanciare a breve una mobilitazio-ne ampia a favore dell’Europa federa-le sono la questione dei bilancio euro-peo, che dovrà essere aumentato ereso più indipendente dai contributinazionali attraverso una tassazionediretta europea, nonché la creazionedi una lista elettorale transfrontalierada realizzarsi prima delle prossime ele-zioni nel 2014.Durante il Consiglio nazionale stra-ordinario del CIME, tenutosi al termi-ne del convegno, si è concluso il rin-novo degli organi con l’elezione delledue cariche rimaste ancora in sospe-so dopo il CN del mese di giugno. Irappresentanti delle organizzazioniassociate presenti hanno eletto peracclamazione Pier Virgilio Dastoli Pre-sidente del CIME e Stefano Milia Se-gretario generale.Un incarico speciale di Vice Presiden-te responsabile per il rafforzamentodell’azione europeista e federalista alivello interparlamentare è stato affi-dato all’on. Sandro Gozi. Sono statianche riconfermati come Vice Presi-denti Sergio Pistone e il Sen. Giaco-mo Santini, mentre sono stati designa-ti quali membri dei Consiglio di presi-denza Beatrice Rangoni Machiavelli,Leonardo Cesaretti, Silvano Marse-glia, Raffaele Vanni e Dario Velo.Completa l’organico CIME la riconfer-ma dì Amedeo Checcacci nel ruolo diTesoriere.Nella riunione del 16 dicembre suc-cessivo, il Consiglio nazionale ha elet-to come quarto presidente del CIMEl’ex Ambasciatore Rocco Cangelosi.

Il Consiglio nazionale straordinario del Consiglio Italiano del Movimento Europeo ha eletto Pier Virgilio Dastoli Presiden-te e Stefano Milia Segretario generale.

Da sinistra: Stefano Milia, Pier Virgilio Dastoli, Valerio Zanone

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Il lancio ufficialedel Gruppo SpinelliDi fronte a molti parlamentari eu-ropei intervenuti per l’occasione,tra cui anche il Presidente Buzek,il 10 novembre 2010 è stato pre-sentato ufficialmente al Parlamentoeuropeo il Gruppo Spinelli. Natonel dopo cena da una iniziativa diGuy Verhofstadt, Presidente delgruppo ALDE e convinto federali-sta, e Daniel Cohn-Bendit, Co-Pre-sidente dei Verdi, il Gruppo Spinellifunzionerà come un network tra iparlamentari europei per promuo-vere azioni, riflessioni ed interventidentro e fuori il Parlamento euro-peo con l’obiettivo di creare un’Eu-ropa federale.«Organizzeremo due volte l’announ Consiglio ombra per dar voce

alla visione federalista sull’integra-zione, metteremo in cantiere deidibattiti federalisti e in generale cischiereremo a favore degli interessieuropei: il federalismo non saràpiù un tabù. Non possiamo accet-tare un’Europa intergovernativacon il Consiglio europeo a scandi-re i tempi per l’integrazione», hadetto Verhofstadt.«La nostra missione è semplice: do-vremmo mettere l’Europa al primoposto e difendere il metodo comu-nitario», ha aggiunto.Andrew Duff e Sergio Cofferatisono stati incaricati di copresiede-re il gruppo.La prossima revisione dei Trattatioffrirà una possibilità che gli spi-

nelliani sono ansiosi di sfruttareper mettere sotto la lente ancorauna volta i temi istituzionali.Gianni Pittella, Vice-Presidente delParlamento europeo e membro delGruppo Spinelli, è andato ancorapiù lontano, proponendo una nuo-va Convenzione.Una sfida che dovrà affrontare il neo-nato Gruppo sarà la comunicazionecon il mondo esterno. Come ricorda-to dal presidente Buzek, le capitali na-zionali sono ancora per molti versi lepadrone dei Trattati. Il Gruppo dialo-gherà con i governi e i parlamenti na-zionali, con la Commissione europea,con i cittadini, le organizzazioni nongovernative e i centri di ricerca chevogliono più Europa.

Mercoledì 18 maggio

Ore 9,30 – I sessioneIl Risorgimento e l’unità europea

Federalismo e confederalismo

Ore 15,00 – II sessioneDall’affermazione del nazionalismoalla Resistenza

- L’Italia tra le due guerre- La Resistenza e l’unità europea

AUSE — Centro Studi sul Federalismo — Domus Mazziniana

Con la collaborazione della Consulta Europea del Consiglio Regionale del Piemontecon la collaborazione dell’Archivio di Stato di Torino

nell’ambito delle celebrazioni del Comitato nazionale per i 150 anni dell’unità d’Italiacon il patrocinio della Rappresentanza a Milano della Commissione europea

L’Italia e l’unità europea dal Risorgimento a oggiTorino, Archivio di Stato: 18 –19 maggio 2011

con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Programma

Giovedì 19 maggio

Ore 9,00 - III sessioneL’avvio del processo di unificazione europea

Ore 15,00 – IV sessioneDall’elezione diretta del Parlamento Europeoal Trattato di Lisbona

Verso l’Atto Unico Europeo

E’ prevista la partecipazione di numerosi e qualificati studiosi

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Emma Bonino per unaFederazione leggera

Caro direttore,in un clima da penultima spiaggia,i ministri delle Finanze dell’UE pre-parano il Consiglio del 16 dicem-bre che avrà all’ordine del giornovarie proposte di ingegneria finan-ziaria.Tutte alla ricerca dello stesso ef-fetto: calmare i mercati. Funzio-nerà? Servirà a toglierci dai guai?Eppure, se facessimo lo sforzo disollevare per qualche istante losguardo per osservarci da fuori,scopriremmo che l’area dove vi-viamo non solo è una delle più ric-che dei mondo, ma gode anchedi una discreta crescita post-crisi,distribuisce più equamente chealtrove il reddito che crea, non hacontratto debiti impossibili da ri-pagare e mantiene col resto delmondo conti in sostanziale equi-librio. Quest’area, l’area dove vi-viamo, è l’eurozona. Certo, laCina e l’India crescono a un rit-mo più serrato, ma ci vorrà anco-ra parecchio tempo prima che iltenore di vita dei loro cittadiniraggiunga il nostro. Non c’è nem-meno ragione d’invidiare il Giap-pone, la cui economia ristagna daquasi vent’anni e il cui debitopubblico è due volte il PIL. O gliStati Uniti, con i loro assai piùmarcati squilibri interni (distribu-

zione della ricchezza) ed esterni(bilancia dei pagamenti).Insomma, se solo riuscissimo a ve-derci come un tutto, come un in-sieme, la nostra percezione di noistessi, abitanti dell’Unione Europea- e dell’eurozona in particolare -sarebbe assai più serena. E ci sem-brerebbe assurdo che qualcunopossa mettere in discussione la so-pravvivenza della nostra moneta,l’euro. Ma, appunto, il problema èche non siamo un unico politico e imercati lo vedono bene: non si“calmano” per questo e non, comesi tende a credere, per la “troppa”diversità tra paesi europei che pureesiste. Ma se si guarda agli spreadsugli strumenti di assicurazione deititoli pubblici (credit default swaps),la California e l’Illinois sono più arischio di fallimento del Portogalloe della Spagna. Eppure i conti del-la California e dell’Illinois non mi-nacciano l’unione monetaria cuiappartengono, mentre quelli delPortogallo e della Spagna sì. E ilmotivo di questa situazione para-dossale, è solo e soltanto politico:nessuno si sogna di mettere in di-scussione l’unità politica degli StatiUniti, mentre l’unità politica del-l’eurozona e dell’Unione Europeaancora non c’è.Unità politica vuoi dire avere, ol-

tre a una banca centrale - quellal’abbiamo anche noi - anche un Te-soro che amministra un bilancio fe-derale di dimensioni sufficienti a sta-bilizzare il sistema quando c’è biso-gno, aiutando gli Stati in difficoltàcon la manovra fiscale - eventi or-dinari cui nessuno presta particola-re attenzione, diversamente dai no-stri continui vertici e dai nostri robo-anti annunci di questa o quella ma-novra di stabilizzazione che, aquanto pare, non stabilizza mainiente.Per uscire davvero da questa crisi,per stabilizzare davvero l’euro,l’Europa deve dunque affrettarsi aconvincere i mercati e il resto delmondo che la sua unità politicanon può essere messa in discus-sione. E l’unico modo per farlo èmuoversi subito per renderla piùcredibile, approfondendola.Come? Per esempio creando unbilancio federale al servizio di verefunzioni di governo, che finanzi lafornitura di beni pubblici impor-tanti, come la difesa, la diploma-zia, i grandi programmi di ricercascientifica, le reti infrastrutturalitranseuropee, la sicurezza dei traf-fici commerciali e delle persone sulmodello della home security ame-ricana. Non stiamo parlando delmostro che turba i sonni degli eu-roscettici britannici - il Superstatoeuropeo. Al contrario stiamo par-lando di una Federazione legge-ra, che assorba non più del 5% delPIL europeo per assolvere alle fun-zioni di governo cui abbiamo ac-cennato - contro il 20% circa delPIL che va al bilancio federale sta-tunitense e contro l’1% dell’attua-le bilancio comunitario che servesolo a distribuire sussidi a destra ea manca. Incidentalmente, il 5%del PIL europeo corrisponde a cir-ca 650 miliardi di euro, più o menol’ordine di grandezza dell’attualefondo di stabilizzazione.Lo sforzo di immaginazione richie-sto agli europei per creare unaFederazione leggera è quello delfederalismo di Spinelli, Monnet eAdenauer adattato al XXI Secolo,un approccio che prenda sempli-cemente atto della realtà: che glieserciti nazionali in Europa non

Il 17 dicembre “La Stampa” ha pubblicato una Lettera di Emma Bonino, Vicepresidente del Senato, che fin dal titoloindicava molto bene la vera ed unica soluzione dei problemi che affliggono oggi l’Unione Europea: “L’euro si salva seesiste anche l’Europa”. Visto l’interesse suscitato dall’intervento, anche al di fuori dei confini nazionali, ne pubblichia-mo integralmente il testo. Il MFE ha risposto ad Emma Bonino con una lettera del Presidente Lucio Levi.

Emma Bonino

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hanno più alcun senso, visto chenessuno minaccia alcuna integri-tà territoriale; che certa scienza habisogno di una scala che nessunoStato nazionale europeo può piùassicurare; che le reti infrastruttu-rali esistono già a supporto delmercato interno ma le finanziamomale, a pezzi e bocconi, ciascunoper conto suo; che l’unione doga-nale è già una competenza esclu-siva dell’Unione di oggi ed è ridi-colo affidarla a 27 diverse orga-nizzazioni nazionali distinte e se-parate.Un federazione, dunque, ma unaFederazione leggera. Se avessimoil coraggio di farla ora, subito, imercati e il mondo avrebbero nonsolo il segnale chiaro e forte chela nostra unità politica non è in di-scussione, ma saprebbero ancheche abbiamo finalmente un bilan-cio federale di dimensioni suffi-cienti a rendere la stabilizzazionemacroeconomica dell’Europa unafaccenda d’ordinaria amministra-zione.Poco dopo il lancio del progetto diJacques Delors sul mercato unico,il rapporto Cecchini documentò “icosti della non Europa”, quelli chederivavano dal persistente frazio-namento del mercato europeo lun-go linee nazionali. E poiché eranodavvero fatti, l’idea di Delors nericevette grande impulso.Oggi non c’è bisogno di un rap-porto di esperti. I costi della nonEuropa sono sotto gli occhi di tutti,nei gravissimi e perduranti sacrifi-ci richiesti ai nostri concittadini -un freno all’economia europea nelsuo complesso - e nell’inutile con-vivenza con gli angosciosi dubbi sulfuturo dell’euro e dell’intero pro-getto europeo. Fugarli è non solourgente. E’ anche pienamente nel-le nostre possibilità.

Emma Bonino

Onorevole Bonino,i federalisti condividono la sua ana-lisi, apparsa su La Stampa del 7 di-cembre, secondo la quale l’euro nonsi salva senza un bilancio federale esono d’accordo anche che l’ammon-tare del bilancio non debba supera-re il 5% del PIL europeo. La “Fede-razione leggera” risponde piena-mente alla sfida di dare un governoefficace all’economia e alla politicaestera e di sicurezza dell’Unione.Questo obiettivo è diventato oggipossibile. Ma come arrivarci?

Mi permetto di proporle alcuniorientamenti, che sono al centrodelle discussioni che si svolgononel MFE, sulle iniziative da intra-prendere per affrontare i nodi chel’aggravarsi della crisi impone disciogliere. Schematizzando, credosi possa dire che:- il rigore nei bilanci degli Stati, chea ragione esige il governo tedesco,non basta;- occorre promuovere lo sviluppo,ma secondo un nuovo modelloecologicamente e socialmente so-stenibile;- questa è la via maestra per ricu-perare il consenso dei cittadini ver-so il progetto europeo;- gli investimenti nei beni pubblicieuropei da lei indicati devono es-sere finanziati tramite risorse pro-prie (per esempio una carbon tax)e Union bonds rimborsabili nel cor-so del tempo;- il Fondo Europeo di Stabilizza-zione Finanziaria deve evolvereda mero meccanismo intergover-nativo, qual è ora, in Agenzia fe-derale del debito pubblico, pergarantire il rigore nella gestionedel debito;- il nuovo Patto di Stabilità e di Cre-scita deve avere rilievo costituzio-nale e ciò esige che si ponga manoalla revisione del Trattato di Lisbo-na, come chiede la Germania, e

per raggiungere questo obiettivo èsufficiente una procedura di revi-sione semplificata;- il dibattito sulla ripartizione del-le risorse fiscali tra l’UE e gli Statimembri (e quindi anche sull’incre-mento delle risorse proprie dell’UE)deve avvenire nell’ambito di Assi-se rappresentative del Parlamentoeuropeo e dei Parlamenti nazionali(sul modello delle Assise di Romadel 1990, che aprirono la via alTrattato di Maastricht), in confor-mità con il principio che il poteredi bilancio appartiene ai Parlamen-ti;- la decisione sugli assetti costitu-zionali dei poteri di bilancio del-l’UE deve essere presa da una Con-venzione costituente europea, laquale dovrà anche decidere suipoteri e sulle competenze relativeall’unificazione della politica este-ra e di sicurezza;- all’UE deve essere attribuito il po-tere di parlare a nome degli Statimembri nel Fondo Monetario In-ternazionale, nella Banca Mondialee nel Consiglio di Sicurezza del-l’ONU, come già avviene nell’Or-ganizzazione Mondiale del Com-mercio e nella FAO, e, in attesa chel’Unione Economica e Monetaria siestenda a tutti i membri dell’UE,ai paesi dell’Eurogruppo deve es-sere conferita una rappresentan-za unica in seno al Fondo Moneta-rio Internazionale.

Sono convinto che un’iniziativacongiunta del PR e del MFE sul ri-lancio del progetto federale euro-peo potrebbe dare maggior pesoalle nostre rivendicazioni.

Con viva cordialità.

Lucio Levi(Presidente del

Movimento Federalista Europo)

È scomparso Dacirio Ghizzi GhidorziNe l d i cembre 1953 Dac i r i oGhizzi Ghidorzi divenne segreta-rio della sezione di Mantova delMFE e successivamente Segreta-rio provinciale portando questasezione a diventare la più impor-tante d’ I tal ia con ol tre mil leiscritti. Dopo la caduta del Trat-tato per la Comunità Europea diDifesa, sostenne la necessità del-la creazione di un partito euro-peo, democratico e federalista.Nel 1959 fondò a Mantova, con

rappresentanti di varie nazionieuropee, il Partito DemocraticoFederalista Europeo, di cui fu Se-gretario generale e lo portò allafusione con l’Internazionale Fe-dera l i s ta del l ’aus t r iaco Ot toMolden al Congresso di Ginevradel 1974, dando origine al Par-tito Federalista Europeo. Il PFEprese parte nel 1979 alle elezio-ni per il primo Parlamento euro-peo a f ianco del l ’Union Val-dôtaine di Bruno Salvatori, man-

cò la nomina di un parlamenta-re per una manciata di voti. Nel1980 un giovane Umberto Bossivenne cooptato nel Consiglio delPFE, in rappresentanza di Auto-nomia Lombarda, e si stabilì traloro una forte amicizia. Succes-sivamente, le loro strade si divi-sero perché Bossi voleva l’indi-pendenza della Lombardia daRoma e nel 1982 a Novara si di-chiarò contrario a un governoeuropeo sopranazionale.

Dicembre 20108

Quando un uomo come TommasoPadoa-Schioppa (morto il 17 di-cembre 2010) se ne va, e così im-provvisamente, di colpo ci si rendeconto di chi l’Italia e l’Europa han-no perso. Grande economista eduomo delle istituzioni, rappresen-tava un’insolita combinazione ditecnico e di intellettuale dalle gran-di visioni, con l’approccio rigorosodi un filosofo.Passa alla storia per essere statouno dei padri fondatori dell’euro.Influenzato dal pensiero dei fede-ralisti europei, in un suo scritto dieconomia del 1982 disse che i pa-esi dell’allora CEE (in preda allesvalutazioni competitive delle mo-nete nazionali) non potevano ave-re contemporaneamente un libe-ro commercio estero, una mobili-tà di capitali, politiche monetarieindipendenti e tassi di cambio fis-si. Questi quattro obiettivi, ciascu-no dei quali auspicabile, non era-no in realtà perseguibili senzaavere una moneta unica, gestitada un’unica Banca centrale. Ed ilRapporto Delors del 1989 appog-giò questo punto di vista e propo-se la creazione dell’Unione Mone-taria Europea.

Ci ha lasciatoTommaso Padoa-Schioppa

Ma TPS (come veniva chiamatodagli amici) ebbe anche un ruoloimportante nel convincere Andre-otti, allora primo Ministro, ad im-pegnare l’Italia sulla via dellamoneta unica. E l’aspetto “poli-tico” della moneta lo mise subitoin evidenza, coniando per primola famosa espressione che l’euroera “una moneta senza Stato”.Solo oggi, di fronte alla crisi fi-nanziaria ed economica interna-zionale, i commentatori compren-dono che l’euro deve essere af-fiancato da una politica econo-mica europea, cioè da un gover-no federale, quindi da una for-ma di statualità europea. E pro-prio a questo obiettivo stava de-dicando le sue forze negli ultimianni, convinto che quest’ultimotraguardo poteva essere perse-guito solo mobilitando le forzepolitiche, sociali ed economiche.Non a caso, proprio nell’ottobrescorso, contribuì in modo decisi-vo alla fondazione del “GruppoSpinelli” che raduna diversi par-lamentari europei, politici, eco-nomis t i ed in te l le t tua l i , conl’obiettivo di rilanciare il disegnodi un’Europa federale.

Come spesso capita ai grandi uo-mini era più noto ed apprezzatoall’estero che in Italia (nemo pro-feta in patria). Forse solo ora qual-cuno comincerà a capire il signifi-cato reale di una sua frase famo-sa (“le tasse sono belle perché con-sentono di pagare servizi pubbliciessenziali: la sicurezza, la sanità,l’istruzione, ecc.”). Passa anchealla storia recente del Paese peraver contribuito a risanare i contidello Stato con il secondo gover-no Prodi, opera che non ha maiattirato consenso politico nell’Ita-lia degli sprechi e delle clientelefameliche.TPS non alzava mai la voce. Cipiace ricordare il suo pensieropulito e preciso, il suo eloquio so-brio ed essenziale, le sue analisiche andavano direttamente alcuore del problema. Forse la pa-rola che più lo definisce è quellache lui stesso utilizzò per defini-re l’Europa nel titolo di un suolibro (“Europa, forza gentile”).Disse che “gentile” è parola daimolteplici significati: “di stirpenobile, magnanimo, sagace, ci-vilmente progredito, generoso,virtuoso, elegante”.

Ricordo di Filadelfio BasileE’ immaturamente scomparto aCatania l’amico Filadelfio Basile,docente di Economia ed Estimorurale nella locale Universitàpresso la quale aveva anche te-nuto, per vari anni, i corsi dellaCattedra “Jean Monnet”.Ci piace ricordare, tra le multi-formi attività espresse, il suo im-pegno di federalista convinto sindal 1982 quando ancora fre-quentava l’Università di Lovanio,in qualità di borsista, ma contem-poraneamente era impegnatonelle attività della Sezione di Ca-tania.Nelle due legislature all’Assem-blea Regionale Siciliana (1991 –2001) si dedicò con grande en-tusiasmo, tra l’altro, alla guidadell’Intergruppo Federalista perl’Unione Europea, promovendoqualificate attività seminariali diapprofondimento sulle tematichedell’integrazione europea e diformazione in favore degli stu-denti, nonché promovendo i qua-

derni dell’Intergruppo e l’Antolo-gia dei Pensatori Federalisti Sici-liani (pubblicata nel 2000 comeQuaderno n. 3).

Eletto nel 2001 al Senato dellaRepubblica continuò a persegui-re il suo impegno europeista e fe-deralista, sia nelle Commissioniparlamentari riguardanti l’Unio-ne Europea sia dando vita all’In-tergruppo Federalista. Un parti-colare ricordo del suo qualifica-to impegno è collegato all’azio-ne di sprone e consulenza svoltaquale unico componente sicilia-no della Convenzione Europea.Concluso il mandato parlamen-tare nel 2006, diminuiti gli im-pegni istituzionali e politici, sidedicò, con maggior tempo a di-sposiz ione, al l ’ insegnamentouniversitario ed alla ricerca scien-tifica, non trascurando minima-mente le Organizzazioni europei-ste (C.I.M.E. – A.U.S.E.), nellequali ha ricoperto cariche di diri-gente nazionale, nonché l’MFEsia a livello nazionale (compo-nente del Comitato Centrale) siaa livello locale (Presidente dellaSezione di Catania).

Emma Bonino

Filadelfio Basile

PiemontEuropa 9

Il dibattito federalista

Obiettivi e prioritàdopo Cancúndi Monica Frassoni

L’inizio di un nuovo anno è il mo-mento perfetto per proporsi obiet-tivi e disegnare le priorità di azio-ne per i prossimi 12 mesi. Per il2011, almeno due temi sono as-solutamente da inserire nella toplist. Fare in modo che la COP17 aDurban in Sudafrica sia un succes-so ed arrivi a finalmente fare piaz-za pulita di tutti i se e i ma chehanno contraddistinto gli ultimidue anni di negoziati globali sulclima. E dimostrare concretamen-te che combattere i cambiamenticlimatici significa puntare su unnuovo modello di sviluppo menointenso in risorse ed emissioni eche alla fine questa sarà la stradapiù efficace per farci uscire dall’at-tuale crisi economica e sociale.Mai come in questo momento è ne-cessario legare la priorità di ridur-re in modo sostanziale le emissio-ni climalteranti con la propostapositiva e possibile di un nuovomodello di sviluppo “verde” , quel-lo che le Nazioni unite hanno de-finito il Green New Deal.A un mese esatto dalla conclusionedella COP16 a Cancùn, dunque,non possiamo che dire che il lavorofatto in Messico si rivelerà utile soloed esclusivamente se Durban si con-cluderà con un accordo vincolantesu riduzione delle emissioni sufficientia limitare il riscaldamento del pia-neta entro i 2 gradi nei prossimi de-cenni e se denaro e tecnologia sa-ranno messi a disposizione per ri-convertire l’economia e permettereai paesi e ai settori più poveri di usci-re dalla loro indigenza puntando sunuovi settori di attività economica“ecologica” . E a Cancùn si sono vi-sti dei chiari segnali che il mondoeconomico più avanzato è perfetta-mente cosciente di questa realtà.C’è chi dice che Cancùn abbia rap-presentato più un salvataggio delprocesso negoziale dell’ONU che delclima. E’ vero, ma è anche vero che

senza cornice ONU è impossibilecoordinare su scala planetaria gli in-terventi necessari per abbattere leemissioni e contenere l’aumentodella temperatura entro i 2 gradi.Era probabilmente poco realistaaspettarsi un accordo con obiettivivincolanti già in questa occasione,visto come era andata a Copena-ghen e viste le premesse: Giapponee Russia indisponibili a discutere im-pegni post-Kyoto, Cina, Usa e Indiain lite sul carattere vincolante degliobiettivi e su come controllarne il ri-spetto. Per il momento possiamo co-munque registrare almeno tre fattipositivi. In primo luogo, il meccani-smo di finanziamento per i paesipoveri perché conservino le loro fo-reste, noto come REDD+, Riduzio-ne delle Emissioni da Deforestazio-ne e Degrado delle foreste. Consi-derato che la deforestazione è re-sponsabile per il 15-20% delle emis-sioni non è poco, anche se non èancora chiaro su quale base questomeccanismo opererà, cioè se paeseper paese o progetto per progetto:ovviamente nel secondo caso i con-trolli saranno più difficili e non si puòescludere il rischio di derive. In se-condo luogo, la promessa dell’isti-tuzione di un fondo di aiuti ai paesipoveri per ridurre le emissioni e, so-prattutto, per interventi di adatta-mento ai cambiamenti climatici. Ipaesi destinatari degli aiuti registra-no positivamente il fatto che essi sa-ranno la maggioranza nel comitatoper l’istituzione del fondo. Non sonostate date cifre, anche se i paesi in-dustrializzati hanno confermato gliimpegni presi l’anno scorso: 30 mi-liardi di dollari da qui fino al 2012(il cosiddetto “fast-track”, cui l’Ita-lia si guarda bene dal contribuirenonostante le promesse di Berlusco-ni...) e dal 2012 fino al 2020 100miliardi di dollari all’anno: ma sitratta di cifre che non figurano nel-l’accordo di Cancùn. I fondi dovreb-

bero essere gestiti dalla Banca mon-diale: una scelta che non registral’unanimità dei consensi, soprattut-to tra le ONG. In terzo luogo, unaccordo di massima sul principio chei tagli alle emissioni dei singoli pae-si possano essere verificati tramiteispezioni (importante, da questopunto di vista, il cambio di atteggia-mento della Cina, inizialmente con-traria a ciò che vedeva come unalimitazione della propria sovranità)e la volontà di creare un comitatoche studi come trasferire tecnologieper la riduzione delle emissioni daipaesi industrializzati a quelli in viadi sviluppo o meno avanzati. Man-cano però, su entrambi i fronti, det-tagli su come in concreto debbanoavvenire ispezioni e trasferimenti.Parzialmente positivo è il fatto chegli impegni volontari presi l’annoscorso dai paesi industrializzati perla riduzione delle emissioni, ma chenon rientravano nei documenti uffi-ciali degli accordi di Copenaghen,ora siano nel testo di Cancùn e che,implicitamente, rappresentino un ri-conoscimento della validità degliobiettivi fissati dall’IPCC, cioè ridur-re le emissioni del 25-40% (rispettoai livelli del 1990) entro il 2020 neipaesi industrializzati se si vuole con-tenere l’aumento della temperaturaentro i 2 gradi centigradi. Negativo,naturalmente, è il fatto che questiimpegni non siano vincolanti, oltrea essere insufficienti per il raggiun-gimento degli obiettivi fissati dalIPCC: secondo gli esperti con questiimpegni unilaterali la temperaturaaumenterebbe comunque di 3,2gradi centigradi. Manca, infine, unatempistica chiara su come giungerea un accordo post-Kyoto in tempoper la COP17 l’anno prossimo aDurban, la conferenza che tutti con-siderano come il vero banco di pro-va della volontà dei paesi, soprat-tutto dei grandi “emettitori”, di im-pegnarsi davvero per la salvaguar-

“PiemontEuropa” è lieto di pubblicare un contributo al dibattito sui temi ambientali mondiali di Monica Frassoni, Co-Presidente del Partito Verde Europeo. Monica Frassoni è stata Presidente della JEF, l’organizzazione europea deigiovani federalisti, e parlamentare europea durante la V (1999-2004) e la VI (2004-09) legislatura. A dicembre 2010 èstata inserita tra i 100 “top global thinkers” (unica presenza italiana) dal periodico “Foreign Policy” di Washington peraver fatto crescere il peso delle tematiche ambientali nel mondo politico ed economico.

Dicembre 201010

L’Europa vistadall’Americadi Emilio CornagliottiLa venerazione che gli studiosi ame-ricani riservano alle conquiste intel-lettuali che l’Europa ha espresso neimillenni è sempre stata altissima,come è giusto che sia. Ricorderò, perlimitarci ad una disciplina tra le tan-te, come il diritto, che provengonodalle Università americane due pro-fonde riflessioni recenti. La prima èche non era affatto ineluttabile, qua-si necessità storica, che un popolo, iRomani, potessero aver genialmen-te creato la scienza del diritto, tra-guardo che i Cinesi, ad esempio, nonfurono in grado di raggiungere; ela seconda, emozionante, è che ladistinzione tra forma della legge uni-versale ed eterna, e sostanza dei casiaccidentali e specifici ad essa sotto-posti, chiarissima nel diritto di Roma,si sia trasmessa e trasfusa nell’altradistinzione, tra leggi della natura insenso galileiano e incessante fluiredei fenomeni che a quelle ubbidi-

scono, formante la base della scien-za moderna, che sola dunque nac-que in Europa, e non altrove.La stessa venerazione non si rinvie-ne in politica, e le opere di moltiautori, sia pure con diversa intensi-tà, stanno a testimoniarlo, da Ro-bert Kagan a Joseph Nye, da Sa-muel Huntington a CharlesKupchan, da Zbigniew Brzezinski aJeremy Rabkin, da Henry Kissingera Rockwell Schnabel, da Hans Mor-genthau a John Ikenberry. Solo dapochi spiriti imparziali ed aperti,come in passato furono il futurolo-go Herbert Kahn (The Year2000,1967) e il sociologo azienda-lista James Burnham (The Manage-rial Revolution e The War We Are In,1967), appassionanti letture dei no-stri anni giovanili, e sopratutto inepoca attuale lo storico Paul Ken-nedy e l’economista Jeremy Rifkin,sono pervenute considerazioni lu-

minose e ottimistiche sul futuro del-l’Europa. Si deve infine a GiovanniBorgognone e al suo SuperpowerEurope? Interpretazioni statunitensidel “sogno europeo” (Milano, Giuf-fré, 2010) la panoramica più com-pleta, la disamina più accurata, lecitazioni e i riferimenti più analiticioggi a disposizione su questa mate-ria così complessa e affascinante, edai quali abbiamo in parte attintoper compilare queste note.La pretesa superiorità di civiltà poli-tica nei confronti dell’Europa, d’al-tronde, è costante nella storia ame-ricana sin da quando i Padri Fonda-tori intrapresero la costruzione del-la prima grande federazione moder-na. Questa posizione era chiara inAlexander Hamilton, figura chiave inquella formidabile operazione poli-tica che oggi l’Europa tenta, muta-tis mutandis, di riprodurre. Benia-mino Franklin osservava che il po-polo americano “ non fa spendere”come le monarchie europee, con leloro corti e burocrazie, mentre JohnAdams dipingeva l’artificiosità del-l’aristocrazia europea contrappostaall’aristocrazia “naturale” di quel po-polo. Per Thomas Jefferson, senzamezzi termini, se l’Europa era la di-mora del dispotismo, “ il nostro emi-sfero deve essere la dimora della li-bertà”, mentre James Madison vati-cinava che gli Stati Uniti, presidiodella libertà, potessero “rigenerareil Vecchio Mondo”. Persino la dot-trina Monroe, emblema dell’isola-zionismo americano, veniva presen-tata come difesa dalla naturale ag-gressività europea.Venendo a tempi a noi più vicini, dopola prima guerra mondiale, i quattor-dici punti del programma di pace diWoodrow Wilson auspicavano chel’Europa si unisse, ponendo le basi diquell’internazionalismo, che avrebbein seguito caratterizzato la politica delpartito democratico americano.

dia non del pianeta, ma della possi-bilità per la nostra specie di conti-nuare a viverci, soprattutto nellezone più povere, ma anche nel no-stro paese. Michel Jarraud, il segre-tario generale dell’organizzazionemondiale dei meteorologi (WMO), aCancùn è stato chiaro: il 2010 è statol’anno più caldo dal 1850 (si pensiall’estate russa, con 33 giorni con-

secutivi con temperature di 7 gradisopra la media), ed anche se la ten-denza al rialzo delle temperaturepuò sembrare meno evidente per viadi fluttuazioni caratterizzate da fortipiogge e freddo, l’Italia è uno deipaesi destinati ad avere estati sem-pre più bollenti. Insomma, il compi-to di raggiungere un risultato posi-tivo a Durban dovrà davvero essere

in cima alla lista dei “must” del2011. Se si pensa che i primi studisulle conseguenze dell’attività uma-na sul cambiamento del clima risal-gono all’Ottocento e che il primorapporto fatto a un Presidente ame-ricano sulla necessità di agire sulleemissioni climalteranti risale al1962, è più che evidente che nonabbiamo più un minuto da perdere.

Henry Kissinger

PiemontEuropa 11

Franklin Delano Roosevelt, nel corsodella seconda guerra mondiale, asse-gnò agli Stati Uniti, “faro del mondo”,il compito di diffondere “il vangelodella democrazia “. E mentre Roose-velt era ancora collocato nell’otticache vedeva l’URSS come unica poten-za egemone in Europa, i suoi succes-sori (Truman, Eisenhower, Kennedy)percepivano nettamente l’URSS comeil nemico e dunque l’Europa come fat-tore decisivo per arginare l’espansio-ne comunista. Inoltre, il modello ame-ricano essendo universale, non solo lademocrazia politica e il libero merca-to dovevano essere esportati, ma an-che la forma istituzionale, e cioè il fe-deralismo.Durante la presidenza Truman, il se-natore Fullbright ed altri proposero cheil Congresso favorisse gli Stati Unitid’Europa nel contesto dell’ONU. Il pia-no Marshall era nell’ottica di rifarel’Europa in modo americano, e dun-que era coerente a un mercato mon-diale senza bardature protezionistiche,e all’integrazione europea per avereun alleato forte, purché impegnato ne-gli stessi valori di fondo. Truman die-de ampio appoggio a Piano Schumane Comunità europea del carbone edell’acciaio, che furono adottati, men-tre Eisenhower appoggiò la Comuni-tà europea di difesa, che fu respintaper l’opposizione della Francia di Men-dès-France. In seguito la RepubblicaFederale di Germania fu ammessanella NATO, e l’interesse americanoad una federazione europea comin-ciò ad affievolirsi.Kennedy era inizialmente ben dispo-sto verso l’Europa ma l’atteggiamen-to di de Gaulle che creava problemia non finire, lo indusse a spingere ilRegno Unito nella CEE. La Francia visi oppose nel ‘63, e nel ‘66 si misefuori dalle strutture militari della NATO,contemporaneamente all’acuirsi del-le ostilità URSS-Cina. Indubbiamentele iniziative di de Gaulle in funzioneantiamericana hanno offerto unagrande occasione per far nascere unasistematica ostilità dell’America neiconfronti dell’integrazione europea,ma essa si sarebbe avuta comunquee ineluttabilmente, per ragioni geopo-litiche di fondo.Tale ostilità va tuttavia inquadratanella radicale svolta , generalmentepoco ricordata da tutti, che Nixon eKissinger impressero alla politicaestera americana nei primi anni set-tanta. In sostanza essi si rivolsero almondo comunista e dissero: noi vo-gliamo dominare da questa parte delglobo, voi dalla vostra parte; mettia-moci d’accordo. Tanto URSS quantoCina accettarono, anche perché ilsogno di Krusciov di superare l’Ame-rica era svanito da tempo. Gli USA

raggiunsero due obiettivi: comandaree prosperare nella propria zona diinfluenza e perpetuare sistemi eco-nomici non efficienti sia nel più este-so e ricco paese del mondo, sia inquello più popoloso, subcontinentientrambi rivali geopolitici naturali delgigante nordamericano, ma, inoltre,rivali anche tra di loro. La caduta delcomunismo è stata la più grandesciagura che potesse capitare al-l’America, perché da allora il capita-lismo si è progressivamente espansoin tutti i paesi del mondo, soprattut-to in quelli ex comunisti, e l’Americaè entrata inconfutabilmente in deca-denza relativa come oggi tutti or-mai percepiscono.Quanto all’Europa essa doveva ri-manere soggetta agli Stati Uniti intutti gli anni della coesistenza paci-fica, e anche dopo. Il governo chenel 71 aveva unilateralmente strac-ciato Bretton Woods, disse per boc-ca di Kissinger nel 73 che alla CEEera riconosciuta una vocazione re-gionale economica, e agli Usa re-sponsabilità mondiali e politiche ge-nerali. In sostanza si voleva indebo-lire la Comunità europea annegan-dola nell’Alleanza atlantica, secon-do un principio strategico costantedalla fine degli anni Sessanta adoggi . Più elegantemente Hans Mor-genthau, teorico del realismo politi-co conservatore, in The United Sta-tes and Europe in a Decade ofDétente, parlò di un mantenimentodel balance of power in Europa, percui l’America sarebbe intervenutasolo quando tale equilibrio tra glieuropei fosse stato alterato, come inoccasione delle due guerre mondiali.Nel quadriennio del democraticoCarter sembrò che le cose cambias-sero in funzione del trilateralismo diUSA, Europa e Giappone, inquadra-to nella teoria del Peaceful Engage-ment, visione grandiosa e profeticadi Zbigniew Brzezinski che giunse apensare a una società globale, checontemplasse una europeizzazionedell’America accompagnata ad unaamericanizzazione dell’Europa. Erala concezione di un sistema interna-zionale nuovo e diversificato. In ge-nerale la differenza tra l’approccioverso l’Europa conservatore-difen-sivo (che non coincide sempre conquello repubblicano), e quello pro-gressista-offensivo (che non coinci-de sempre con quello democratico),si riprodurrà in seguito e in millemodi. Il primo è molto semplice:l’Europa unita è una minaccia. Ilsecondo è più articolato: l’Americatrasforma il mondo, e l’Europa deveessere costruita a somiglianza delmodello americano e in totale sin-tonia con esso.

La stampa americana come in tuttoil mondo è legata a questo o quelpotere politico, ma con un certo ri-spetto per i fatti in sé, non sempreriscontrabile altrove. I politologi,normalmente di livello accademico,sono in maggioranza fatalmentedi parte. Dove si riscontra un veroapproccio scientifico quasi semprecoerentemente perseguito, è tra glieconomisti e i sociologi. A questoproposito, e facendo un passo in-dietro, mi piace qui ricordare che giànel 1967 il grande Herbert Kahn,preso atto che il pericolo URSS do-vesse diminuire, si prospettava chesi desse soluzione al problema te-desco in uno scenario di autonomiadifensiva dell’Europa occidentale (lecui riserve auree avevano superatoquelle americane), ed in sincroniacon una autonomia difensiva del-l’Europa orientale dall’URSS. Anco-ra più intrigante era la posizione, nel1962, di James Burnham, che nel-l’ultima edizione di The ManagerialRevolution rilevava che la sua cele-bre previsione, di vent’anni prima,della presa di potere della classemanageriale (vista come classemarxista) si esprimeva più compiu-tamente in un mondo di superstati,e nel concreto, per l’Europa, pro-spettava la federazione come unicasalvezza, in alternativa alla costru-zione di una serie di fragili avam-posti militari degli Stati Uniti in uncontinente disaggregato.Gli anni 80 furono tra i peggiori nellerelazioni tra Europa e America. Erainiziata nel 79 l’invasione sovieticadell’Afganistan, mentre riprendevavigore l’integrazione in Europa , conl’entrata di Spagna, Portogallo eGrecia, il che fece dire agli ameri-cani che era nata la “fortezza Euro-pa” nel momento in cui proprio Re-agan estendeva il protezionismo.Nell’80 Saddam Hussein, allora fe-dele alleato degli USA, attaccòl’Iran: la guerra durò otto anni, fece2.600.000 morti, e i confini tra i duepaesi rimasero gli stessi. L’Europafu perplessa. Walter Laqueur, il piùaggressivo dei politologi americani,giunse a dire che l’Europa accetta-va il predominio militare sovietico, eche gli Europei andavano verso il co-munismo (pochi anni prima dellasua caduta), o quantomeno verso lalevantinizzazione, mentre Earl Rave-nal parlava di finlandizzazione.Nell’età postbipolare si era consolida-ta la convinzione che il Mec, come ilGATT, l’Uruguay Round e il WTO fos-sero utili per gli interessi americani, maBush padre a Roma nel 91, disse contono minaccioso: “se quel che voleteè l’indipendenza è venuto il momentodi dircelo”. Si deprecava in sostanza

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che l’unione monetaria europea infieri si rendesse indipendente daldollaro. Clinton introdusse la distin-zione tra approfondimento e allar-gamento dell’integrazione, privile-giando il secondo, sia perché espan-deva l’occidente rafforzando il cor-done sanitario attorno alla Russia,sia per ragioni commerciali, sia per-ché diluiva la compattezza dell’Unio-ne Europea. Tuttavia sul piano eco-nomico stavano per moltiplicarsi icontrasti per i problemi agricoli, letelecomunicazioni, le quote cinema-tografiche e televisive, i servizi finan-ziari, le armi.John Peterson nel 93, in Europe andAmerica in the 1990’ vide i rapportiUSA-UE configurarsi sotto 4 possi-bili modelli. 1) Il neorealismo euro-peo era quello in cui gli Stati eranoisolati tra loro e dunque il primatodegli interessi nazionali avrebbeostacolato la collaborazione conl’America (naturalmente non diceche gli interessi americani avrebbe-ro comunque ostacolato la collabo-razione europea); 2) L’istituzionali-smo che si concentrava sulle istitu-zioni e i canali internazionali; 3) Illiberalismo in senso classico che trat-tava dell’aspetto economico dellerelazioni internazionali, le quali sa-pientemente estese avrebbero esclu-so la guerra; 4) Il riformismo infine,importante per il suo carattere criti-co prescrittivo, che, priorizzando iproblemi ambientali, etnici e socia-li, esprimeva una critica radicale alleorganizzazioni internazionali, con-siderandole in deficit di democraziapolitica e liberalismo economico.Quando cadde il muro di Berlino imedia americani osservarono chel’Amministrazione non giubilavaper questo. Per quanto detto noici saremmo stupiti del contrario.Apparentemente l’America rimane-va padrona del campo, ma in re-altà la storia cambiò drasticamen-te. Un fiume di fosche previsionie acrimoniose accuse cominciò ascorrere, presto accompagnate daifatti. Mentre sul caso iugoslavo gliUsa si imposero brutalmente esclu-dendo l’Europa, sulla rivista “Na-tional Interest” Owen Harries dis-se che la futura moneta avrebbereso l’UE “più indipendente e in-solente”. La riunificazione tedescavide Kohl indirizzare il nazionali-smo potenzialmente pericolosoverso l’europeismo. Fu un capola-voro politico. Ma i giornali ameri-cani ironizzavano su tutto: sul’unificazione, su Maastricht, sugliaiuti a Yeltsin, sul governatore del-la BCE, sui diversi pesi tra gli Stati.Condoleeza Rice affermò che laCasa Comune Europea intendeva

far rivivere l’URSS come superpo-tenza.Secondo Kim Holmes (in ReshapingEurope, titolo significativo) l’Ame-rica doveva devolvere grandi risor-se all’Europa dell’est, non a quel-la dell’ovest, e successivamentecostituire una Comunità economi-ca nordatlantica, espressione diuna Casa comune democratica daSan Francisco a Varsavia, e possi-bilmente fino alla Russia, scaval-cando l’UE. Il grande pericolo erache l’Europa voltasse le spalle allibero mercato e alla leale concor-renza, come avvenne per l’Airbus.Noi sappiamo piuttosto quel cheè avvenuto nell’industria informa-tica per la quale la divisione in-ternazionale del lavoro aveva sta-bilito che il dominio del softwarefosse esclusivamente americano, equello dell’hardware prevalente-mente asiatico. E ciò avvenne.Kissinger affermava nel 2001 chenel mondo postbipolare convivo-no 4 sistemi: 1° quello occidentalecreato dall’America (pace, demo-crazia, mercato), 2° quello asiati-co (equilibrio di potenza) derivatodall’Europa, 3° quello medio-orientale (elevata conflittualità)somigliante all’Europa post-we-stfaliana, 4° quello africano, falli-mentare come fallimentare è statala decolonizzazione europea.Chi scrive deve per forza conden-sare le infinite accuse all’Europalanciate in America negli ultimivent’anni e soprattutto negli annidell’ultimo Bush : lo statalismo, ilburocratismo, la sussidiarietà, ladecristianizzazione, l’antisemiti-smo, l’europatriottimo di Haber-mas, il corporativismo come pinkfascism, il sogno imperiale, l’Eu-

ropa non atlantica ma europea, lasuperpotenza culturale, l’opposi-zione alla guerra in Irak, persinola difesa del francese contro l’in-vasione dell’inglese etc etc. Il vo-lume di Borgognone ne offre uncampionario infinito che può la-sciare davvero sgomenti solo co-loro che non conoscono a fondol’America.In mezzo a tanto livore antieuro-peo comandato dall’alto è vera-mente in una fresca oasi di intelli-genza che si ascolta la voce diPaul Kennedy e Jeremy Rifkin. Ilprimo è lo storico che recentemen-te ha elogiato sul New York Timesl’italiano Antonio Mosconi che dadieci anni, con Alfonso Iozzo, pro-getta la moneta mondiale, e qua-ranta anni fa, sempre con Iozzo,progettò quella europea. Kenne-dy in The Rise and Fall of the Gre-at Powers del 1987, sulla base dimolti esempi storici, afferma chenon è mai stato dato a nessunasocietà di restare sempre al di so-pra delle altre, e prevede il decli-no Usa come potenza imperiale.Il secondo, economista, in The Eu-ropean Dream: How Europe’ Visionof the Future is Quietly Eclipsingthe American Dream del 2004, af-ferma che il sogno del benessereindividuale è destinato a cedere alsogno del benessere universale,perché “nell’era della postmoder-nità, del crollo delle ideologie, an-che il fondamentalismo protestan-te, con l’idea di un continuo pro-gresso materiale, deve crollare. Ilpopolo eletto, i nuovi israeliti, ave-vano coltivato una visione mani-chea del mondo, come campo dibattaglia tra bene e male, mentrel’Europa sperimentava istituzionipolitiche e forme culturali compa-tibili con l’integrazione planetaria.Lo Stato nazione americano è il ve-icolo legislativo su cui si erano rettila proprietà privata e il progettodi progresso materiale infinito. Ilsogno europeo si compone di di-ritti umani universali, di forme digoverno multilivello, e dell’appog-gio di organizzazioni della societàcivile che trascendono i confinigeografici. E se gli americani de-vono imparare dagli europei a su-perare il proprio egoismo, gli eu-ropei devono imparare dagli ame-ricani ad avere una speranza datradurre in realtà”.Sulla stessa lunghezza d’onda pro-fonda e pacata, si affaccia il contri-buto di Joseph Nye, in “ Il Parados-so del Potere Americano”, del 2002,il quale, pur dissentendo dal con-cetto di decadenza introdotto daKennedy, parla tuttavia di neces-

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sario adattamento per mezzo di isti-tuzioni che gestiscano l’interdipen-denza attraverso un uso appropria-to del soft power, cioè in pratica delconsenso. L’ostilità ai progetti euro-pei è del tutto controproducente. Ilnuovo ordine mondiale ha 5 teori-che alternative. Il ritorno alla bi-polarità. Una stabile multipolari-tà. Un sistema a blocchi. L’egemo-nia multipolare. Infine una strut-tura a più livelli, che Nye (acutostudioso, tra l’altro delle autono-mie regionali) preferisce, e in cuicomunicazioni, variabili istituzio-nali e organizzative, e interdipen-denza diventino fattori decisivi.Sembrerebbe che per Nye Europae Stati Uniti siano su un piano diparità, invece egli afferma che aisecondi, per la loro maggiore so-lidità spetta il ruolo guida. Ciò nonpuò sorprendere, non tanto per iconsueti reiterati meccanismi , maperché Nye ha introdotto il princi-pio del consenso, che è il principiostesso dell’impero. I grandi imperi,stabili e duraturi, poggiano su prin-cipi in qualche modo condivisi da

strati non minimi della popolazio-ne, come fu per l’impero cinese,quello romano, e quello britannico.Parlare di impero americano nei ter-mini in cui si parla dei grandi impe-ri della storia appare improprio, per-ché l’impero che sembra oggi sor-gere vuole essere certamente espan-sivo, ma non in termini territoriali,bensì gestendo un potere trasversalecon identità ibride, gerarchie flessi-bili, e reti di comando modulari. Masoprattutto esso è transnazionale,non propriamente americano. Ap-paiono dunque fragili le astrazionicostruite dopo la caduta del comu-nismo, produttrici di grande confu-sione intellettuale e tese unicamen-te a perpetuare un dominio mon-diale. Mentre infatti Niall Ferguson,in Colossus. The Price of America’Empire (2004), vede nell’Americal’impero, quale erede della GranBretagna, e nell’Europa l’antitesidell’impero, intrappolata nelle vec-chie divisioni statali-nazionali,Jeremy Rabkin, in Law without Na-tions? (2005), vede negli Usa la fe-deltà alla sovranità nazionale, e nel-

l’Europa il sogno proibito imperialedella unità dell’umanità, riprodu-cendo Roma per tanti aspetti, an-che per la burocrazia di energiciamministratori, mentre l’America sirichiamerebbe ad Atene per la con-sapevolezza delle differenze e perla loro composizione. Più convin-cente appare l’analisi di Robert Ka-gan in Of Paradise and Power del2003, che riprende, per corregger-la profondamente, l’antitesi Marte-Venere, diffusa in America, tra glieuropei vili e remissivi protetti dal-l’ombrello americano, venusiani va-canzieri attenti alla qualità dellavita, e il serio impegno americanocome locomotiva dell’economia egendarme del mondo. Kagan vedepiuttosto l’Europa entrare in un pa-radiso post-storico di pace kantia-no, mentre gli americani restanoimpigliati in un mondo anarchico ehobbesiano in cui prevale l’uso del-la forza. E questo è un altro mododi spiegare l’antitesi tra unilaterali-smo e multilateralismo, e tra hardpower e soft power, su cui abbiamogià riflettuto in queste note.

A metà gennaio, quando i tunisinisono scesi in strada contro il regimeoppressivo e corrotto del presidenteBen Ali, l’unica voce venuta dall’Eu-ropa è stata quella della Francia perbocca del ministro degli Esteri signoraMichèle Alliot-Marie, che parlando al-l’Assemblée Nationale ha offerto unaiuto francese alla polizia tunisina, equesto quando Ben Ali già stava or-mai per fuggire dal paese. È compren-sibile che, in Europa, sia stata la Fran-cia a parlare, visti i suoi stretti legamicon la Tunisia. Eppure, Parigi è statacolta di sorpresa dagli eventi, ha tar-dato a capire cosa stesse succedendoe cosa si dovesse fare, e la Alliot-Ma-rie non ha trovato di meglio che offri-re il «savoir-faire sécuritaire» dellaFrancia come antidoto ai fermenti tu-nisini. Una gaffe, questa, che a modosuo ha dato una misura del vuoto diidee innovative in Europa di fronte adun mondo in rapido mutamento.L’Europa non ha poi saputo che diree che fare neanche quando i fattitunisini sono diventati i prodromi diuna rivolta araba che poteva cam-biare l’intero Medio Oriente, a co-minciare dall’Egitto. Tutto ciò ha se-

L’Europa in un mondosottosopradi Giorgio S. Frankel

gnato il fallimento, forse definitivo,della strategia dell’UE nell’area delMediterraneo, basata sul «processodi Barcellona» avviato nel 1995 e sulpiù recente programma di Unioneper il Mediterraneo, nato proprio periniziativa della Francia.

Anche ammesso che la crisi tunisinacon quel che ne è seguito sia statadavvero imprevedibile (il che è discu-tibile), resta il fatto che già prima diquella crisi vi erano chiari segni che ilMedio Oriente inteso in senso lato (dalNord Africa alla Turchia e al Golfo Per-

Disordini popolari al Cairo

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sico, comprendendo anche l’Iran e ilPakistan) stava comunque avviandosiad una fase di cambiamenti profondi,radicali e in certi casi turbinosi. L’Egit-to, ad esempio, era già da fin troppotempo in palese declino, e il regimeormai fossilizzato del presidente Mu-barak era ormai alla fine. Tra i moltifattori di cambiamento vi erano i nuovisuccessi della Turchia, che contribui-vano a trasformare la geo-politica re-gionale, e soprattutto la prospettiva diuna «cooperazione strategica» tra laTurchia e la Cina che preannunciavasviluppi di ancor più vasta portata.Tutto ciò va visto sullo sfondo dei cam-biamenti davvero storici da tempo incorso a livello globale. Si tratta, perprima cosa, del processo di trasferi-mento di potere da Occidente a Orien-te, per cui il baricentro del mondo sisposta verso l’Asia, e verosimilmenteandrà a collocarsi in Cina. L’altro gran-de cambiamento è il declino della po-tenza globale degli Stati Uniti. Si trat-ta di fenomeni, soprattutto il primo,su cui si è già accumulata una note-vole letteratura, e ormai non sono piùteorie per il futuro ma aspetti chiara-mente visibili della realtà di oggi. Non-dimeno, in Occidente, l’opinione pub-blica e le classi politiche mostrano av-versione a riconoscere e interiorizzarequesta realtà in divenire.Come nei romanzi d’un tempo, in cui ilnobile terriero decaduto e quasi spian-tato continua ad ostentare un’alterigiaormai fuori di luogo, così i leader occi-dentali, in particolare quelli americani,continuano a muoversi e parlare comese fossero ancora i padroni incontra-stati del mondo. Essi credono di poterdire alla Cina cosa deve fare per il tas-so di cambio del remninbi e come devecondurre la sua politica asiatica. Impon-gono obblighi e limitazioni ai palesti-nesi, conducono una guerra devastan-te in Afghanistan, e altro ancora. Nel-l’ultimo anno, intanto, il declino degliStati Uniti sembra essersi fatto ancor piùrapido. L’economia è in condizioni pre-carie. Il ruolo del dollaro quale monetainternazionale (e simbolo della poten-za americana) è avviato al tramonto.Le guerre in Iraq e in Afghanistan pro-spettano un fallimento clamoroso. GliStati Uniti hanno perso posizioni in Asia,nel Medio Oriente, in America Latina.All’inizio del 2011 la prospettiva di unaRivolta araba in gran parte del MedioOriente sembrava implicare il collassodell’influenza «imperiale» americananella regione.In questo contesto di cambiamenti glo-bali, l’Europa sembra poco incline adaccettare la nuova realtà e a muoversidi conseguenza. Il caso del negoziatocon la Turchia è emblematico. La Tur-chia ha un’economia moderna, di buonlivello tecnologico, in forte crescita, e si

prospetta come un partner di impor-tanza cruciale per i futuri approvvigio-namenti energetici dell’UE e, più in ge-nerale, per la politica estera e commer-ciale dell’UE nel Medio Oriente e in Asiacentrale. Eppure, l’UE continua a tene-re la Turchia a distanza, in molti casitrattandola in modo decisamente umi-liante. Lo scorso autunno, durante lavisita a Berlino del premier Recep TayyipErdogan, il ministro presidente della Ba-viera ha fatto pesanti dichiarazioni anti-islamiche, che sembravano dirette allaTurchia, per l’appunto un paese islami-co. In quegli stessi giorni, la cancellieraAngela Merkel ha ritenuto di affermareche, in Germania, l’esperienza del «plu-ralismo culturale» è stata un fallimen-to. Poco tempo prima, la Merkel avevapreso parte alla cerimonia organizzatada un istituto culturale per conferire unaonorificenza al disegnatore danese au-tore delle vignette anti-islamiche che asuo tempo avevano fatto scandalo esuscitato tumulti in numerosi paesi mu-sulmani. Un modo, questo, di dire aiturchi che le loro probabilità di entrarea pieno titolo nell’UE sono quasi nulle.Alcuni anni fa sembrava che la que-stione islamica non sarebbe stata unostacolo insormontabile. Da allora, gliatteggiamenti anti-islamici si sono dif-fusi in buona parte dell’Europa, insie-me a nuove forme di xenofobia e raz-zismo, per esempio contro i rom. Il lea-der politico olandese Geert Wilders,uno dei più noti esponenti della nuo-va islamofobia europea, è regolarmen-te invitato a parlare in università e al-tre istituzioni culturali in Israele, ed èdiventato una «star» politica negli StatiUniti (ha qualche fan anche in Italia).L’anti-islamismo, e il pregiudizio raz-zista anti-arabo, non sono solo fattorirelativi alla situazione socio-demogra-fica interna in Europa. In tema di po-litica estera, la linea di parte dei paesieuropei, nonchè l’atteggiamento deimedia e di parte dell’intellighenziapolitica, ha forti accenti anti-arabi e,più in generale, anti-islamici. L’ideadelle «guerre di civiltà», che ha fornitoalle potenze occidentali un nuovo ne-mico mortale da temere e combatteredopo la caduta del comunismo, è statafacilmente interiorizzata dai media eda vasti strati dell’opinione pubblica.Tuttavia, queste risorgenti istanze anti-arabe e anti-islamiche, oltre ad esse-re deprecabili sul piano morale, sonoanche in totale contraddizione conmolti interessi vitali dell’Europa di oggi,che al di là della pomposa retorica delpartenariato euro-mediterraneo, devestabilire rapporti di effettiva collabo-razione, e senza complessi di supe-riorità (alla francese) col nuovo MedioOriente oggi in fase di gestazione.Intanto, la geo-politica del globo cam-bia rapidamente. Pochi giorni dopo

l’umiliazione della visita a Bonn di Er-dogan, la Turchia ha avviato nuovi rap-porti con la Cina che dovrebbero pre-sto dar vita ad una vera «partnershipstrategica». E questo è solo un episodiodel processo di formazione di una nuo-va, immensa area di cooperazioneeuro-asiatica, che comprenderà tuttal’Asia, i paesi dell’Asia centrale, partedel Medio Oriente, tra cui l’Iran, i paesiarabi del Golfo Persico, e infine la Tur-chia coi paesi arabi che ad essa si van-no collegando. Si tratta di una sorta di«blocco» continentale, con contiguitàterritoriale, dotato di enormi risorse. Adesso si collegherà anche la Russia, checon la Cina, l’India e il Brasile fa partedel gruppo BRIC delle nuove potenzeeconomiche emergenti. Ai BRIC ha, nelfrattempo, aderito anche il Sudafrica. Epresto potrebbe essere la volta della Tur-chia.Dunque, là fuori c’è un nuovo mondoin formazione, i cui membri aspiranoa crescere, a cooperare sempre più traloro senza dover più sottostare ad al-cuna egemonia occidentale. L’Europa,e gli stessi Stati Uniti, in declino, si tro-vano parzialmente emarginati (bastaguardare la carta geografica) rispettoa questa nuova, nascente realtà.Dunque, l’Europa deve dotarsi deglistrumenti per adeguarsi a questonuovo processo e non esserne travol-ta. Ciò implica anche un cambiamen-to di cultura politica e soprattutto l’ab-bandono definitivo dei residui com-plessi di superiorità coloniale e dellamentalità di potenza. L’Europa non èpiù una grande potenza, o comun-que lo è sempre meno, e non lo è piùsul piano della capacità militare. Lepotenze occidentali, nonostante l’im-minente débâcle in Afghanistan, pos-sono essere tentate di continuare apensare come prima e di contrastarel’allargamento della sfera di influen-za cinese nel mondo con una strate-gia di controffensive basata su azionipolitiche locali e il dispiegamento diimponenti forze militari. Nel 2010, gliStati Uniti hanno provato una vastaoperazione in tal senso in Asia, masenza risultati significativi. Se pensia-mo di poter andare ad uno scontrofrontale con l’emergente potenzaasiatica è bene che rivediamo la no-stra cultura strategica. Il pensiero oc-cidentale si basa sempre su una ver-sione distorta e perversa delle teorieclausewitziane e continua ad averecome obiettivo della sua azione stra-tegica l’annientamento, in un modo onell’altro, dell’avversario. Ma in questocaso ci si trova a che fare con un avver-sario che probabilmente segue il pen-siero strategico di Sun Tzu, che moltisecoli fa insegnava che si può vincereun conflitto senza scontri frontali e sen-za neanche dare battaglia.

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Migrazioni e politiche di inclusionenel mondo globalizzatodi Grazia Borgna

La società americana ma soprattut-to quella europea è oggi percorsada nuove tensioni e da massicce on-date migratorie di soggetti che fug-gono dalla povertà e/o dalle perse-cuzioni e che ambiscono stabilirsinelle società occidentali. In questipaesi la società si sta, di conseguen-za, profondamente modificando. Stanascendo una nuova e complessasocietà composta da molteplici at-tori con caratteristiche linguistiche,religiose, culturali diverse. Acquistadi conseguenza sempre maggioreimportanza la questione di qualinuove regole e opportunità debba-no presiedere al buon funzionamen-to della comunità.Ho letto recentemente un libro diGiovanni Sartori del 2007 dal titolo:Pluralismo, multiculturalismo e estra-nei. Saggio sulla società multietni-ca. Si tratta della revisione e del-l’ampliamento di un saggio scrittopoco prima dell’attentato alle torrigemelle di New York da parte deiterroristi islamici di Al Qaeda. Pur es-sendo per certi versi “datato” que-sto controverso saggio mi è parso diattualità in quanto pone il proble-ma di quali politiche siano più ap-propriate a consentire l’integrazio-ne dei migranti nelle società occi-dentali liberal-democratiche e a evi-tare effetti sociali disgreganti. Le te-matiche che Sartori affronta in que-st’opera sono importanti in quantoil problema dell’inclusione dei mi-granti non è stato ancora affrontatoin modo soddisfacente e raramentesi è pienamente realizzato. Se pren-diamo ad esempio l’Unione Euro-pea, che è stata fino a poco tempofa terra di emigrazione e che è oggimeta massiccia di immigrazione,dobbiamo constatare che essa nonha, fino ad oggi, messo in atto unaseria, concordata e coordinata poli-tica continentale dei flussi migrato-ri, lasciando che siano gli Stati mem-bri ad assumersi le relative respon-sabilità. Ma gli Stati membri dell’UEnon sono più in grado di affrontareda soli questo problema. Il passo ne-cessario da compiere è quello didare all’Unione i poteri e le risorseper far fronte alle nuove necessità equindi di adeguare le istituzioni ri-guardo alla politica estera, econo-mica e fiscale.Oggi, con l’entrata in vigore delTrattato di Lisbona che ha reso giu-

ridicamente vincolante la Carta deidiritti fondamentali dell’Unione eu-ropea, le cose potrebbero cambia-re. L’art 21 della Carta vieta qualsi-asi discriminazione in base alla na-zionalità. L’art 9 del Trattato istitui-sce la cittadinanza europea, anchese subordinata alla cittadinanza na-zionale. Il Trattato attribuisce al-l’Unione le competenze sulle politi-che dell’immigrazione, dell’asilo edell’accoglienza. Verranno emessedelle direttive europee rispetto allequali gli Stati membri dovranno ade-guare le proprie leggi.E’ dunque più che mai attuale il temadi quali possano essere le miglioripolitiche per l’inclusione e per la re-golamentazione dell’immigrazione.

Giovanni Sartori nel saggio citato,si pone appunto il quesito di qualidebbano essere le caratteristiche del“buon governo” e le politiche adat-te a mantenere la pace e la coesio-ne sociale e di quali debbano esse-re i limiti qualitativi e quantitativi del-l’accoglienza. Si tratta di un proble-ma spinoso, di difficile gestione per-chè si riferisce ai valori, coinvolge lasfera emotiva e suscita reazionispesso irrazionali. E’ tuttavia un pro-blema cruciale che riguarda il desti-no dell’umanità e al quale deve es-sere data una risposta soddisfacen-te e condivisa.Il “buon governo”, secondo l’auto-

re, deve essere capace di conciliare latutela dei valori della società nel suocomplesso, con la tutela, altrettantoimportante, delle “diversità” culturalie valoriali delle sue componenti.L’equilibrio, a suo parere, sarà rag-giunto accettando le differenze, maopponendosi alla frammentazionedella società che ne metterebbe in pe-ricolo l’unità e che, alimentando laconflittualità, la potrebbe portare alladisgregazione.Il governo democratico e liberale èil solo che, secondo Sartori, può riu-scire a garantire il pluralismo, unasocietà aperta, pacifica e “tolleran-te”.I due modelli ai quali generalmentesi ispirano le politiche dell’immigra-zione sono, secondo l’autore, quel-lo pluralista o quello multiculturale.Quest’ultimo non solo non deve es-sere inteso, afferma, come un’evo-luzione del primo, ma ne è l’antitesiin quanto, perseguendo obiettivi di-vergenti, porta a risultati opposti. In-vece di promuovere una “diversità in-tegrata” si muove verso una “identi-tà separata”.Il pluralismo persegue un modello disocietà che realizza “l’unità nella di-versità” cioè prende atto che la so-cietà è appunto plurale, ma non pro-muove la frammentazione bensì larelazione fra le sue componenti, allequali richiede però il mutuo ricono-scimento, la reciprocità. Reciprocità

Manifestaziome di immigrati per la concessione del permesso di soggiorno

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che non può essere un semplice rico-noscimento unilaterale, ma deve es-sere, appunto, reciproco, di entram-be le parti. L’obiettivo primario del plu-ralismo è quello di assicurare la paceinterculturale. Si adopera di conse-guenza per far sì che le relazioni so-ciali siano improntate a tolleranza enon a competizione. In democrazia,afferma Sartori, la sicurezza e l’equitàsono assicurate dalla legge, che es-sendo uguale per tutti, tutela tutti e diconseguenza anche gli immigrati. Lasoluzione dei conflitti è assicurata daitribunali e le decisioni vengono, salvoeccezioni, assunte seguendo la rego-la della maggioranza. Il pluralismoconsente quel tanto di assimilazioneche è necessario per creare integra-zione, ma rifiuta l’omologazione.Il problema del “buon governo” èdunque per Sartori quello di metterein atto le “migliori” politiche volte al-l’inclusione degli immigrati, ma senzapenalizzare i nativi e turbare la coe-sione sociale.Al pluralismo Sartori contrapponeun certo tipo di ” multiculturalismo”ideologico che, non solo sottovalu-ta la validità del principio di recipro-cità, ma che valorizza e accentua ledifferenze culturali coltivando laframmentazione. Egli boccia sia levisioni velleitarie di gruppi che o peringenuità o per superficialità perse-guono politiche di integrazione se-guendo la morale dell’intenzione inluogo di una ferma morale della re-sponsabilità. Agire con responsabi-lità, afferma, vuol dire valutare leconseguenze effettive delle politicheche si propongono. Critica le politi-che dell’immigrazione proposte siada alcuni gruppi occidentali “vete-ro-marxisti”, sia da gruppi di fedeislamica che rifiutano l’integrazione,I primi vengono respinti perché, ere-di di un socialismo fallito, ripropon-gono una specie di lotta di classecome lotta delle etnie contro “il po-tere”. I secondi perché, a giudiziodell’autore, giudicando i valori e iprincipi occidentali come frutto diuna cultura ostile al Corano, sosten-gono una visione teocratica delloStato, non sono integrabili e costi-tuiscono un elemento antagonistadella coesione sociale. “L’occidenteè laico”, “l’Islam è religioso”.Le diversità (lingua, religione, istruzio-ne, vita comunitaria, vita familiareecc.), se portano a considerare gli al-tri come estranei e a vivere in contrap-posizione invece che in collaborazio-ne, si possono trasformare in chiusu-ra. La chiusura, essendo separante,può portare all’intolleranza che è pa-rente stretta dell’aggressività. L’isola-mento ostacola il confronto con la co-munità più ampia, impedisce la con-

divisione. L’isolamento può portare aconsiderare gli altri “altri” cioè diversiin senso negativo e quindi può mette-re in discussione il valore dell’unitàdella comunità. Secondo l’autore, an-che l’iniziale aiuto fornito ai nuovi im-migrati da gruppi di connazionali giàinsediati o da alcune Associazioni, segenera separatezza, è negativo. Nelcaso dell’integralismo islamico poi,sul quale Sartori è molto critico e sisofferma a lungo, la separatezza èaccentuata dal fatto che, secondol’autore, gli “altri” sono vissuti comegli “infedeli”.

Molti autori, hanno messo in lucecome il modo in cui è stata fin quicondotta la globalizzazione, privile-giando l’economia sulla politica eminando i poteri degli Stati e delleistituzioni, abbia anche privato po-poli ed individui del senso di appar-tenenza, di identità nazionale e ab-bia indotto ad una ricerca identita-ria delle “radici” a volte contrasse-gnata da tentazioni micronazionali-ste e/o secessioniste, associate ad at-teggiamenti xenofobi.Sartori afferma che molto spesso ditratta di un’operazione artificiosa dirivalutazione di appartenenze cheerano state superate o dimenticate.Sostiene che l’appartenenza dovreb-be essere frutto di una conquista,l’acquisizione di uno stato legato piùad una scelta che non alla culturadel luogo di nascita. Scelta che spes-so negli immigrati è frutto del supe-ramento di situazioni fortemente li-mitanti, improntate a chiusura e aseparatezza. Scelta che non deve es-sere ostacolata ma dovrebbe esserevalorizzata e protetta.Per realizzare il “buon governo”, Sar-tori afferma che, non si possono mi-surare le culture tutte con lo stessometro. Così come gli individui nonsono tutti uguali così non lo sono leculture e gli immigrati. Distinguereè necessario. Ed è necessario anda-re oltre la logica delle buone inten-zioni, che ha spesso condotto non al-l’inclusione, ma alla ghettizzazione,alla formazione di bidonville nellequali la qualità della vita e il degra-do sono ancora peggiori di quelli deipaesi di origine e che, nei nativi, daspazio a manifestazioni xenofobe,fenomeni oggi in aumento.Le preoccupazioni espresse da Sar-tori, sono presenti anche in alcunecomponenti della società europea enon possono, per questa ragione,essere sottovalutate.

Il fenomeno migratorio ha subitonegli ultimi decenni una forte acce-lerazione.La globalizzazione ha forzato l’aper-

tura dei mercati, il crollo delle frontie-re. La diffusione delle nuove tecnolo-gie della comunicazione e dell’infor-mazione, ha intensificato e accelera-to le relazioni economiche, politiche esociali.Ma l’attuale crisi economico-finan-ziaria globale ne ha frenato l’evolu-zione e ha reso i governi, più poveridi risorse e meno disponibili a man-tenere una spesa pubblica elevata,inducendoli a ridurre la spesa socia-le. Nei Paesi a industrializzazioneavanzata la crisi sta avendo riflessimolto gravi sull’occupazione. La di-soccupazione e la sottoccupazionesono in forte aumento e stanno col-pendo soprattutto le giovani gene-razioni. Il prossimo anno nell’Unio-ne europea è previsto un ulterioretaglio di circa 5 milioni di posti dilavoro. Non può essere sottovaluta-to il pericolo che la competizione perl’accesso ad una risorsa scarsa comeil lavoro possa provocare tensioni tradisoccupati autoctoni e immigrati.Questa situazione riflettendosi su tut-ti i settori, da quello economico aquelli politico e sociale, condizionale politiche dell’immigrazione. Datala delicatezza del problema è di con-seguenza necessario che la ricercadelle soluzioni sia ampiamente con-divisa e coinvolga, oltre ai decisoripolitici, anche gli attori economici ela società civile. Dalle Associazionidella società civile europea, adesempio, sono state avanzate al-l’Unione molte proposte sul temadell’immigrazione. Fra queste la con-cessione di una cittadinanza euro-pea di residenza.Le politiche volte a regolamentarel’immigrazione per avere un ampioconsenso dovranno scaturire dalcompromesso tra le aspirazioni pro-gressiste volte ad un’accoglienzasenza condizioni e le resistenze con-servatrici pronte a chiudere le fron-tiere e a ripiegare sul protezionismo.Un compromesso che salvi la coe-sione sociale e metta in atto politi-che rispettose dei diritti umani e dicontrasto alle tendenze xenofobe.

Sartori fa scaturire le proposte daun’analisi che evidenzia alcune con-traddizioni. Per contribuire ad ali-mentare il dibattito può essere utilecercare di confutarle e di aggiunge-re alle sue, ulteriori argomentazionie riflessioni.Si può innanzi tutto osservare che imodelli illustrati, quello pluralista equello multiculturale, hanno nel lin-guaggio comune un altro significa-to. Il multiculturalismo, ad esempio,non viene comunemente intesocome modello che privilegia la fram-mentazione, ma che si batte per l’in-

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clusione piuttosto che per l’integrazio-ne dei migranti.. L’autore, quando entra nel meritodella divaricazione tra politiche voltea garantire una società pluralista o ainstaurare il multiculturalismo, lasciail ragionamento a metà perché, dopoaver proposto la propria analisi nonsi addentra nel terreno ben più scivo-loso delle soluzioni. Non chiarisce, adesempio, quale ritiene sia il sistemaistituzionale più adatto a realizzare ilpluralismo e a impedire la disgrega-zione sociale. Non indica se non ge-nericamente nella “legge” il regola-tore dei rapporti tra gli individui e trai gruppi.In secondo luogo si può osservareche Sartori presenta il mondo isla-mico come uno statico monolite,contrapposto ad un mondo occiden-tale praticamente senza difetti.Se si può essere d’accordo nella cri-tica a tutti i fondamentalismi religio-si, oscurantisti e aggressivi, non èrealistico presentare il mondo isla-mico come un blocco indifferenzia-to. Si tratta di un mondo variegato,dinamico e in evoluzione, le cui com-ponenti moderate accettano le rego-le democratiche e si contrappongo-no al fondamentalismo. Le politichedevono dunque valorizzare questecomponenti e ostacolare le altre.D’altra parte il mondo occidentalepuò essere a sua volta criticato perle distorsioni consumistiche e edo-nistiche.Una terza obiezione riguarda il fattoche Sartori da una parte propone ecaldeggia una società aperta e libe-rale, ma dall’altra parte afferma chele frontiere sono irrinunciabili e rap-presentano una protezione inelimi-nabile. Sostiene inoltre che la gover-nance globale è un’impossibile uto-pia e arriva a dire nel suo libro “Lademocrazia in 30 lezioni”, che nonè vero che vi siano valori universali,ma solo valori preferibili.Per prima cosa è da osservare chel’Unione europea è la dimostrazio-ne evidente che le frontiere possonoessere felicemente superate. Inoltrela sua trasformazione in una fede-razione permetterebbe di affrontaremeglio le sfide del mondo globaliz-zato, di godere dei vantaggi econo-mico-sociali derivanti dalle grandidimensioni e di mantenere e valo-rizzare le diversità culturali delle suemolteplici componenti. E’ altrettan-to evidente che i grandi problemi chel’umanità deve oggi affrontare han-no acquisito una dimensione mon-diale e che possono essere risolti solosu questa scala. Il governo democra-tico del mondo non è quindi un’uto-pia, ma un’urgente necessità. Sar-tori non tiene conto di una tendenza

inoppugnabile anche se ancora nonconsolidata: in tutte le grandi regio-ni stanno nascendo forme di integra-zione tra gli Stati che preludono allaformazione di istituzioni comuni si-mili a quelle dell’Unione Europea. Ilche dimostra che la via verso una de-mocrazia mondiale è aperta anchese non ancora realizzata.Una quarta osservazione riguarda lepolitiche europee di inclusione degliimmigrati. Egli critica ad esempio le“leggi speciali” di tutela dei singoligruppi di immigrati. Certamente lepolitiche dell’immigrazione, se nonvogliono essere limitate e contingen-ti, devono essere inquadrate in unprogetto che abbia l’obiettivo di faravanzare le condizioni di vita dell’in-tero genere umano. Questo non vuoldire che non si debbano realizzarepolitiche mirate a sanare problemi ediscriminazioni specifiche.Di fronte alla crisi mondiale, un pro-getto di “buon governo” deve esse-re il frutto di una “rivoluzioneculturale”capace di imprimere unadecisiva svolta all’attuale modello disviluppo verso una società più giu-sta. I principali settori di interventonon possono tralasciare né l’assettopolitico-istituzionale, nè il modelloeconomico e sociale.Sul piano politico-istituzionale si deveprendere atto che la crisi dello statonazionale dimostra come la sua di-mensione sia troppo piccola per af-frontare le sfide globali, ma nello stes-so tempo sia troppo grande per sod-disfare le aspirazioni alla partecipa-zione democratica della società civilee per rispondere in modo adeguatoalle istanze che emergono a livelloregionale e locale. Se le dimensioni ot-

timali dello Stato sono attualmente quel-le continentali e tendenzialmente mon-diali, le istituzioni che possono assicu-rare il massimo di partecipazione de-mocratica e di distribuzione del poteresono le istituzioni federali.Né uno Stato nazionale accentrato, néStati di piccole dimensioni possonoaffrontare le attuali emergenze am-bientali e sociali. Il modello istituzio-nale che meglio può conciliare l’unitàcon la diversità e le grandi dimensionicon le esigenze nazionali, regionali elocali è quello federale.Ma l’idea di fondare uno Stato fede-rale in Europa non è nata solo dal-l’esigenza democratica di distribuiremeglio i poteri e le competenze a li-vello territoriale, ma come modelloistituzionale efficace nella salvaguar-dia dei valori di libertà, democraziae giustizia sociale che sono alla basedella storia dell’integrazione euro-pea dal II°dopoguerra ad oggi.La poca considerazione verso le so-luzioni istituzionali stupisce ancor dipiù in un autore che vive negli StatiUniti, il Paese dove è nato il federa-lismo. Anche considerando che unafutura federazione europea sarà cer-tamente diversa dagli USA l’esem-pio che ancora oggi questi rappre-sentano è reale e attuale. E se Sar-tori ci fa riflettere sull’importanzadella divisione dei poteri non solo tralegislativo, esecutivo e giudiziario,ma soprattutto tra potere politico epotere religioso trascura la divisio-ne delle competenze tra potere fe-derale e poteri nazionali, regionalie locali, che permette di avvicinare icittadini alle istituzioni e di tutelare idiritti delle minoranze Sartori osser-va che sono occorsi 2000 anni perestendere la democrazia da quellaassembleare delle città greche,adatta alle piccole dimensioni, aquella dello Stato nazionale, ma nonriesce ad allargare la sua riflessioneal problema che si pone oggi con laglobalizzazione, l’estensione dellademocrazia a livello internazionale.Anche sull’aspetto economico è ne-cessario andare più a fondo. Questosaggio è stato scritto prima dello scop-pio della crisi economico-finanziariaglobale che ha messo in evidenza ilfallimento del modello di svilupponeoliberista e la sua cieca fiducia nelpotere di autoregolamentazione delmercato del quale Sartori era un mo-derato sostenitore. Oggi è più chiaroche è necessaria una svolta verso unnuovo e diverso modello di sviluppo.Una drastica inversione di tendenzaverso un modello di sviluppo ecologi-camente e socialmente sostenibile,capace di sanare le distorsioni e letroppo stridenti differenze di redditoe di sviluppo tra le grandi regioni del

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mondo e all’interno di esse. Capace diassicurare ad un numero crescente diuomini condizioni di vita dignitose eeguali opportunità, di superare discri-minazioni, povertà e ignoranza.Sartori in uno scritto del 2008 am-mette che i disastri della globalizza-zione erano largamente prevedibili eche non si sono contabilizzati i disa-stri provocati dalla deforestazione,dall’uso indiscriminato di risorseesauribili, di beni pubblici come l’ac-qua e da un incremento demografi-co fuori controllo.Infine anche sul piano sociale proble-mi nuovi richiedono una risposta in-novativa. Per sanare l’emergenza so-ciale, è necessario che la politica riac-quisti la capacità di guidare l’econo-mia, di indirizzare i vantaggi creati dalprogresso tecnologico verso il soddi-sfacimento dei bisogni collettivi e latutela dei beni pubblici globali.La quinta osservazione riguarda iltema della centralità della legge, che

Sartori considera l’elemento portan-te della democrazia liberale. Eminen-te costituzionalista, egli non fa cen-no al fatto che la mancanza di unavera Costituzione europea ha crea-to, fino ad oggi, un ostacolo ancheall’attuazione di una efficace politi-ca migratoria europea. Il suo ragio-namento circa la necessità di condi-zionare l’inserimento degli immigratiall’accettazione reciproca delle di-versità, resta incompleto. La recipro-cità, se non si fonda su una base diregole certe, che fondi la conviven-za civile su principi irrinunciabili, unpatrimonio condiviso, come quellocostituito costituzionali, non è reale.Non può fondarsi su un generico ri-spetto reciproco, che non pone di-vieto alcuno a pratiche discrimina-torie e non viene collegato all’acqui-sizione della cittadinanza.Jean Paul Pougala, esponente delMovimento federalista africano, haspesso fatto notare che se si vuole far

avanzare l’Africa, è necessario chie-dere innanzi tutto agli africani di checosa necessitino e non paracadutareaiuti basati sulla presunzione di inter-pretare le loro esigenze.Con la stessa logica le politiche diinclusione dei migranti devono sol-lecitare la condivisione invece cheessere improntate alla imposizio-ne di regole vissute come estranee.All’opinione di Sartori che ci diceche la concessione della cittadi-nanza non è uno strumento ade-guato a facilitare l’inclusione sipuò obiettare che senza cittadi-nanza è impossibile mettere le basidi una partecipazione attiva e diuna proficua condivisione. Solo laconcessione della cittadinanza eu-ropea di residenza può dare ac-cesso ai diritti civili e politici. E’vero che la legge è uguale per tuttie quindi tutela anche gli immigra-ti, ma senza cittadinanza questidiritti vengono di fatto, negati.

Riflessioni sul 150° anniversariodell’Unità d’Italiadi Ottorino Bartolini

Il procedere molto discutibile del 150°dell’Unità d’Italia nel corso del 2010 hasostanzialmente confermato con certez-za che l’Italia mantiene ferma la suavolontà di voler essere anacronistica-mente divisa in due.L’Italia delle 20 Regioni è sancita dall’Art.31 della nostra Costituzione che però conil suo precedente Art. 116 stabilisce che“Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e allaValle d’Aosta sono attribuite forme e con-dizioni particolari di autonomia, secon-do Statuti Speciali adottati con leggi co-stituzionali”.Decisione ritenuta valida dall’AssembleaCostituente il 22 dicembre 1947 e en-trata in vigore dal 1 Gennaio 1948 conla nostra Costituzione, decisione incom-prensibile oggi per “quelle forme e con-dizioni particolari di autonomia, secon-do Statuti Speciali...” che forse eranomotivate ieri, ma che appare molto di-scutibile continuare a mantenerle in vitaoggi.Di fatto l’Italia delle 20 Regioni rimanedivisa in due, con 5 Regioni di Serie A aStatuto Speciale e 15 Regioni si Serie Ba Statuto ordinario.Come federalista continuo a non capi-re perché la Regione Emilia-Romagna

e il Piemonte, ad esempio, debbano es-sere considerate di Serie B rispetto alla Si-cilia e alla Valle d’Aosta, al Trentino-AltoAdige, alla Sardegna e al Friuli-VeneziaGiulia.Quali motivazioni ci sono oggi per man-tenere a quelle 5 Regioni di Serie A “for-me e condizioni particolari di autono-mia”?Il 150° dell’Unità d’Italia credevo fosse unabuona occasione, una buona ricorrenzaper proporre e possibilmente anche deci-dere di rendere le 20 Regioni tutte a Sta-tuto Speciale, oppure tutte a Statuto ordi-nario. Evidentemente mi sono sbagliato.L’altra considerazione che ho ritenuto im-portante e continuo a porre in evidenzanegli incontri e nei confronti che sono chia-mato a svolgere nel corso di questo 150°dell’Unità d’Italia, riguarda l’Inno di Gof-fredo Mameli, adottato dal primo Gover-no De Gasperi nel febbraio 1946, noninserito nella nostra Costituzione dall’As-semblea Costituente che, entrata in vigo-re il 1 gennaio 1948, cioè due anni dopo,all’Art. 12 recita “La Bandiera della Re-pubblica è il Tricolore italiano; verde, bian-co e rosso, a tre bande verticali di ugualidimensioni”.Dell’Inno nessuna traccia e per oltre 60anni è rimasto “provvisorio” e tale rimar-

rà anche dopo il 150° dell’Unità d’Italia.L’Inno di Mameli per quel suo “Stringia-moci a coorte, siam pronti alla morte, siampronti alla morte, Italia chiamò” cantatodagli scolari, inconsapevoli, nelle scuoleelementari fa rabbrividire e balbettato dagliatleti negli incontri sportivi dimostra di es-sere fuori luogo e senza senso.Se nel 150° l’Inno di Mameli non è consi-derato fuori tempo e in contraddizione conla nostra Costituzione che all’Art. 11 reci-ta “L’Italia ripudia la guerra come stru-mento di offesa alla libertà degli altri po-poli e come mezzo di risoluzione delle con-troversie internazionali.., opera per la pacefra le Nazioni... “, è giusto che sia inseritonella nostra Costituzione all’Art. 12 a fian-co della nostra Bandiera Tricolore.Altrimenti non si imponga di cantare unInno provvisorio in manifestazioni scola-stiche e sportive dove anziché “Siam prontialla morte” sarebbe più opportuno can-tare “Siam pronti alla vita”.Io infatti, come iscritto al MovimentoFederalista Europeo, continuerò acantare “Siam pronti alla vita” e convero piacere nelle pubbliche manife-stazioni ascolterò 1' “Inno alla gioia”di Ludwig van Beethoven che è l’Innoufficiale e non provvisorio dell’UnioneEuropea.

Di seguito le riflessioni inviateci da Ottorino Bartolini, già Presidente del Consiglio della Regione Emilia Romagna e Presidente delComitato regionale MFE dell’Emilia-Romagna

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L’intera discussione sullo stabilimentoCarrozzerie di Mirafiori è solo un ca-pitolo dei nuovi rapporti che si potran-no stabilire tra l’industria motoristicanazionale, da un lato, e la città di To-rino, l’economia italiana in generalee il mondo del lavoro, dall’altro lato.

1. Il Gruppo FIAT, che ha caratteriz-zato per oltre cento anni una parterilevante del sistema produttivo, socia-le e culturale di Torino e dell’Italia, èad una svolta decisiva con lo spinn offe la quotazione separata in borsa diFiat SpA e Fiat Industrial, due gruppisocietari che, molto probabilmente,sono destinati a prendere strade dif-ferenti.Il primo, focalizzato nella costruzionedi auto, è attratto nell’orbita di ungruppo internazionale Chrysler-Fiat,con centri nevralgici direzionali pre-valentemente concentrati a Detroit estabilimenti di produzione distribuiti nelmondo, in America del Nord, in Ame-rica del Sud e in Europa, di cui partein Italia. Gli assetti societari finali ditale gruppo sono ancora da definire,la partita è aperta e certamente con-diziona le scelte di politica aziendaleperseguite in Italia.Il secondo, specializzato in veicoli in-dustriali, macchine movimento terrae relativi sistemi di trazione, dovrebberimanere nel portafoglio di investimen-ti dell’azionista di riferimento con unapropria individualità. Sono state, peril momento, smentite le voci che lo in-dicavano come destinato alla cessio-ne per procurare cassa necessaria al-l’ascesa di FIAT nel controllo di Chry-sler.In entrambi i casi, le prospettive pro-duttive e occupazionali future di im-portanti realtà territoriali italiane inPiemonte, Emilia-Romagna, Abruzzo,Campania, Puglia e Basilicata, vannoattentamente valutate e impongonouna presa di coscienza da parte di Cit-tà, Regioni e governo. Gli attori pub-blici non possono rimanere inattivi edebbono varare strategie di sviluppodel territorio di medio-lungo terminefondate sulla valorizzazione delle at-tuali destinazioni dei siti produttivi,oppure sulla promozione delle neces-sarie alternative. Non può essere tra-lasciato l’impatto dell’assemblaggiofinale di autoveicoli sulla filiera pro-duttiva (R&S, progettazione, impianti-stica, componenti) che l’alimenta, a

Caso Fiat e scelte produttiveper l’Italiadi Alfonso Sabatino

monte, e sul settore servizi che l’assi-ste, a valle (reti commerciali, manu-tenzioni, servizi assicurativi, infrastrut-ture).

2. Il quadro generale entro cui si inse-riscono le scelte dell’azionista di riferi-mento è quello della globalizzazionee del superamento del modello di pro-duzione e di consumo che si è affer-mato dopo la seconda guerra mon-diale. Certamente la globalizzazioneha aperto le frontiere della concorren-za internazionale, dato accesso ai pro-cessi di produzione industriale a unaparte considerevole del mondo chepuò sfruttare la risorsa lavoro dispo-nibile a basso costo e, soprattutto, hafavorito l’apertura di nuovi mercati inespansione. Allo stesso tempo, ancheper la stessa diffusione dell’industria-lizzazione, sono emersi i limiti del mo-dello di sviluppo che non ha fatto iconti con le risorse limitate della terra.Di conseguenza si sono affermate leemergenze ambientali e la necessitàdi diffondere le tecnologie non inqui-nanti ed energy saving.1 Di qui la ri-chiesta diffusa di riorganizzare il terri-torio e l’urbanizzazione, introdurreuna mobilità sostenibile, razionalizzarela circolazione delle auto private e deiveicoli industriali, affidare la mobilitàalle reti di trasporto di massa e allalogistica. In questo quadro di riferi-mento si colloca un eccesso mondiale

di capacità produttiva installata per imezzi di trasporto su gomma, auto eveicoli industriali, che alimenta unaconcorrenza accesa e spinge all’elimi-nazione dei concorrenti marginali. Pos-sono sopravvivere, in questo contesto,solo i produttori di grandi volumi ca-paci di sostenere investimenti rilevantiin ricerca e progettazione in modo dafornire al mercato prodotti attraenti intermini di affidabilità, confort, sicurez-za, controllo consumi ed emissioni no-cive, prezzo. La partita è aperta al-l’interno dell’oligopolio mondialedominato da alcuni produttori tede-schi, giapponesi e statunitensi, maacquista un peso crescente l’appor-to produttivo della Cina dove giàoggi GM e Volkswagen realizzanoo hanno piani di investimento pervolumi superiori a quelli domestici.

3. Il Gruppo Fiat nel corso dell’ultimodecennio ha ridotto le sue produzioniin Italia e ha puntato sull’espansionedelle attività produttive in Polonia, inTurchia, in Brasile, in India e Cina, di-rettamente o tramite alleanze. Più re-centemente ha inserito nei suoi pianila creazione di siti produttivi in Serbiae in Russia. Tuttavia la sua presenzasul mercato europeo è fortemente ca-lata negli ultimi anni ed è valutata oggial 6,7% del totale. Rimontare le posi-zioni perse è certamente un’opera ti-tanica e il rilancio dell’attività negli sta-

Operai alla catena di montaggio

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bilimenti italiani è vitale per la credi-bilità stessa del Gruppo nell’alleanzastrategica con il partner americano.Presenta, però, difficoltà che non ri-guardano solo le relazioni industriali.Il riordino delle produzioni negli sta-bilimenti italiani, al fine di utilizzaremeglio le singole capacità produttiveinstallate, riguarda modelli di vetturegià sul mercato da tempo e destinate,in taluni casi, a uscirne. Una nuovagamma di prodotti dovrebbe affer-marsi solo nel corso del 2012 e del2013. L’offerta per le Carrozzerie diMirafiori, al centro del dibattito tori-nese, interessa la produzione di jeepe di un Suv Alfa Romeo, entrambi diprogettazione Chrysler, con piattafor-me, motori e trasmissioni di provenien-za statunitense. Ciò assicura certa-mente la sopravvivenza dello stabili-mento e il mantenimento di certi livellioccupazionali nell’area torinese perqualche tempo, ovviamente nel casoche tali vetture trovino il favore del mer-cato, ma ha un impatto limitato sul-l’indotto. Ben altra cosa, bisogna sot-tolinearlo, sarebbe stata l’introduzio-ne di un modello innovativo Fiat in-terprete dei nuovi bisogni dell’automo-bilista e dei vincoli ambientali. Siamoperciò di fronte ad un’umiliazione perla fabbrica simbolo di Torino.Finora il piano “Fabbrica Italia” da 20miliardi di euro si è manifestato conl’apertura di negoziati di riorganizza-zione per singoli siti produttivi, Melfi,Pomigliano d’Arco e Mirafiori, e conla decisione di chiudere l’impianto diTermini Imerese alla fine del 2011. Gliinvestimenti di riqualificazione am-montano, al momento, a 700 milionidi euro per Pomigliano e a 1 miliardoper Mirafiori. In entrambi i casi, sonostati negoziati un contratto di lavoroaziendale da sottoporre all’adesionereferendaria dei lavoratori e la cre-azione di una nuova compagnia(newco) non aderente a Confindu-stria per non sottostare ai vincoli delcontratto collettivo nazionale di la-voro (ccnl).Va aggiunto, per completare il qua-dro, che l’accordo per le Carrozze-rie del 23 dicembre 2010 non inve-ste altre attività produttive ancoraallocate nello stabilimento di Mira-fiori o nell’area torinese – vedi FiatPowertrain (motori e cambi), Comau(sistemi di produzione), Rivalta (exBertone) e Centro ricerche Fiat diOrbassano. Allo stesso modo, le in-tese per Pomigliano e Mirafiori pre-cedono l’apertura di nuovi negoziatiper il futuro di altri siti produttivi,quali Melfi, Cassino, Val di Sangro,Pratola Serra e restano in ombra idestini delle attività raggruppate inFiat Industrial.

4. In tale contesto di scelte aziendali

non interamente esplicitate si è aper-to un acceso dibattito sul modello direlazioni industriali imposto nel nego-ziato dall’attore industriale. A frontedella garanzia dell’occupazione è sta-to chiesto ai lavoratori di accettare tur-ni di lavoro più intensi, una riduzionedelle pause, prolungamenti degli oraridi lavoro per straordinari, riduzionedell’assenteismo entro limiti fisiologi-ci. Inoltre gli accordi restringono lerappresentanze aziendali dei lavora-tori ai soli esponenti dei sindacati fir-matari dell’accordo con richiamo al-l’art. 19 dello Statuto dei lavoratori eil superamento dell’intesa del 1993sulle rappresentanze sindacali unita-rie. E’ noto che il fronte sindacale, giàdiviso a livello di confederazioni na-zionali, si è spezzato con il rifiuto diFiom di aderire all’accordo. Va sotto-lineato, in ogni modo, che a Pomiglia-no e a Mirafiori l’accordo aziendalein deroga al ccnl, concluso con unaparte sola delle organizzazioni sinda-cali, ha ricevuto una sua legittimazio-ne dal risultato delle consultazioni re-ferendarie di stabilimento.Sull’esito del negoziato occorreavanzare, comunque, alcune consi-derazioni:a) le relazioni industriali in Italia scon-tano un vuoto strategico di fronte almodello negoziale tedesco2 o a quel-lo statunitense3 dove il rapporto im-presa-lavoratore trova un mediatoreattivo nell’intervento pubblico di poli-tica industriale. E’ evidente che senzal’intervento pubblico la parte soccom-bente della trattativa è in genere laforza lavoro soggetta all’alternativaprendere-lasciare;b) il silenzio del governo italiano è inparte intenzionale e in parte dovutoal confronto impari degli strumenti diintervento nazionali con le logiche pro-duttive globali. D’altra parte, il conte-sto più corretto per impostare unapolitica di settore e delle relazioni in-dustriali conseguenti sarebbe quelloeuropeo ma oggi la natura intergo-vernativa dell’UE impone un confron-to perdente del produttore italiano congli interessi dell’industria dell’auto te-desca che ha già superato da tempo iproblemi di riorganizzazione in giocoin Italia ed oggi è tesa a rafforzareuna leadership continentale costruitanel tempo e con impegno;c) alle posizioni docili e miopi di unaparte del fronte sindacale, condizio-nato dalla promessa occupazionale(Fim, Uilm, Fismic, Ugl), ha fatto ri-scontro l’arroccamento radicale diFiom e dei Cobas con la conseguen-za di lasciare senza rappresentanzaaziendale i propri lavoratori aderenti.Fiom non ha considerato che la forzacontrattuale può essere dalla partedell’impresa al momento del negozia-

to ma passa dalla parte del sindacatonella fase applicativa dell’accordo,purché esso lo sappia gestire con ri-gore;d) nessuno ha sollevato, almeno sullabase delle informazioni circolate sulnuovo modello di organizzazione dellavoro in fabbrica World Class Mana-gement, una discussione adeguatasulla riorganizzazione delle linee dimontaggio, sulla loro alimentazio-ne, sulle fasi produttive e le mansio-ni eseguibili, temi decisivi ai fini direlazioni industriali cooperative eper una valutazione corretta delladurata delle pause e del riordino deiturni di produzione e quindi del-l’onerosità del lavoro.

5. Il caso Fiat in Italia è difficile da ge-stire dato il peso, in termini di occu-pazione e di valore aggiunto, di tuttoil sistema motoristico, del suo indottoe dei servizi attivati. Il tema è già statodiscusso in passato, anche su questecolonne4 . Si tratta di continuare e ap-profondire il dibattito e orientare lescelte sui seguenti punti:

a) Torino è stata una città industrialed’avanguardia e una capitale mon-diale dell’auto. La “città operaia” è,però, scomparsa da tempo e non èsostenibile un rilancio in questa dire-zione. Tra l’altro un punto debole del-lo stabilimento simbolo di Torino è rap-presentato dall’età media elevata deidipendenti che si aggira sui 48 anni.Non solo sarà una criticità ottenere datali lavoratori un intensificazione deiritmi produttivi senza ripercussioni sul-la loro salute e le possibili invalidità,ma sarà difficile trovare mano d’ope-ra locale sostitutiva nel corso dei pros-simi anni. Analoghe criticità si riscon-trano in altre aree produttive non qua-lificate. Ovviamente un rilancio pro-duttivo ed occupazionale, condizionidi mercato permettendo, potrebbe av-venire solo con il ricorso all’immigra-zione extracomunitaria, con gravi pro-blemi di accoglienza, anche se è va-lutabile che i flussi non acquistereb-bero la stessa dimensione della migra-zione storica dalle campagne dell’Ita-lia meridionale avvenuta mezzo secoloaddietro. Le soluzioni oggi in campoper Mirafiori non possono, pertanto,che essere transitorie e debbono di-ventare un punto di riflessione dal qua-le partire per organizzare il futuro;b) l’Unione Europea ha un interessestrategico a mantenere su posizionitecnologicamente avanzate e di lea-dership mondiale il suo sistema indu-striale, compreso quello motoristico.Sia pure in ritardo rispetto ad Ameri-ca ed Asia, ha tracciato alcune lineeguida per favorire le tecnologie di tra-sporto non inquinanti. In questo am-

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bito Torino dovrebbe puntare a diven-tare la capitale europea della mobili-tà sostenibile e della mobilità urbanasenza auto;c) da tempo la Città ha compreso chedeve individuare nuove vocazioni so-pratutto nei campi della scienza e dellatecnologia, settori nei quali ha accu-mulato posizioni di eccellenza propriograzie al passato industriale. Oltre laveicolistica vanno ricordati il settore ICTe l’aerospaziale. Ciò significa che, an-che con l’ausilio di necessarie politi-che di settore europee, occorre miglio-rare le condizioni di ambiente relativeper attrarre nell’area torinese investi-menti qualificanti ed espandere l’oc-cupazione di livello, come è avvenutocon il Centro ricerche di GM Power-train Europe, in cooperazione con ilPolitecnico, e con l’ingresso diVolkswagen in Italdesign. Va aggiun-to che la parte migliore dell’industriacomponentistica locale già si è inseri-ta nel mercato delle forniture interna-zionali;d) per i siti produttivi allocati in altreregioni italiane, vedi il Centro-Sud,dove si pongono ancora problemi diespansione dell’occupazione operaiae di consolidamento delle esperienzeindustriali in evoluzione, le autoritànazionali e locali potrebbero chiedereall’Unione Europea una sorta di Pia-no Davignon per l’industria motoristi-ca, come avvenne per la siderurgianegli anni ottanta. Oggi il mercato ita-liano presenta una capacità di assor-bimento ampiamente superiore alla

produzione interna e si delinea l’inte-resse di altri produttori (vedi Volkswa-gen per Alfa e Daimler per Fiat Indu-strial). Governo e autorità locali do-vrebbero garantire agli investitori con-dizioni di ordine pubblico e di qualifi-cazione della forza lavoro. E’ una scel-ta industriale già compiuta in Spagnae in Gran Bretagna, paesi che oggiesprimono volumi produttivi più chedoppi rispetto a quelli italiani. In al-ternativa l’Italia potrebbe chiedere al-l’UE un piano di aiuti per la riconver-sione produttiva delle aree interessateda possibili chiusure di stabilimenti5.

NOTE:1 Cfr. Domenico Moro, Crisi dell’industriadell’auto o di un modello di sviluppo?, in“PiemontEuropa”, settembre 2009.2 Le relazioni industriali in Germania se-guono, com’è noto, un modello coopera-tivo e la negoziazione dei contratti di la-voro, anche quelli aziendali in deroga delcontratto nazionale, avviene entro i mar-gini di manovra offerti da due sponderappresentate dalla concertazione gover-no, forze produttive e sociali sulla politi-ca economica nazionale, da un lato, edalla partecipazione dei rappresentantisindacali nei consigli di sorveglianza del-le grandi imprese (codecisione). I lavora-tori tedeschi nello scorso decennio hannoconcordato ritmi di lavoro più intensi, ri-duzioni di orario e di retribuzioni (Kur-zarbeit) per salvaguardare l’occupazionee favorire le ristrutturazioni produttive.3 Negli Stati Uniti, la crisi di GM e Chry-sler ha visto entrare nel 2009 il sindacato

United Auto Workers (UAW) nella proprie-tà dei due colossi automobilistici in crisi enei loro consigli di amministrazione at-traverso il proprio fondo pensioni grazieall’intervento dell’Amministrazione Oba-ma che ha varato un piano di 82 miliardidi dollari. Il sindacato ha sottoscritto l’im-pegno a non scioperare fino al 2015, dinon rivendicare aumenti salariali fino al2013, di accettare ridimensionamenti oc-cupazionali e nuove assunzioni con pagaoraria di 14 dollari l’ora contro lo stan-dard di Detroit di 28 dollari. Il Fondo pen-sioni ha adottato riduzioni nelle sue pre-stazioni assistenziali. Con il risanamentoe il ritorno alla quotazione di Borsa diGM, il sindacato ha realizzato un guada-gno consistente e si attende un altro ri-sultato positivo dal risanamento di Chry-sler. Oggi l’UAW, che aveva visto un calodi adesioni da 1,5 milioni di lavoratori a400 mila, progetta una sua penetrazionenegli stabilimenti giapponesi, coreani etedeschi operanti negli Stati Uniti meri-dionali (Alabama, Tennessee) dove sonoin vigore condizioni di lavoro e di retri-buzione più arretrate rispetto a Detroit.4 Cfr. Domenico Moro e Alfonso Sabati-no, La città, la Regione e l’Europa. Contri-buti ed idee per lo sviluppo di Torino e delPiemonte nella prospettiva dell’unificazio-ne europea (1980-2005), Celid, Torino2005; Domenico Moro e Alfonso Sabati-no, Torino e il suo futuro. Verso la societàdella conoscenza, in “PiemontEuropa”,giugno 2006; e Domenico Moro, Crisi del-l’industria dell’auto o di un modello di svi-luppo? op. cit.5 Cfr: Riccardo Perissich, Crisi dell’ auto, l’UE riscopre Davignon. Meno produzionepiù aiuti: così il commissario belga salvò l’acciaio. Ora Bruxelles può tentare il bis, in“Corriere della Sera”, 12 gennaio 2009.

L’ITALIA E L’UNITA’ EUROPEACorso 2010-2011 dell’UNITRE di Torino

Coordinatori: Prof. Lucio Levi, docente di Politica comparata nell’Università di Torino e Presidente del Movi-mento Federalista Europeo; Prof. Sergio Pistone, docente di Storia dell’integrazione europea e vice-presidentedell’Ufficio esecutivo dell’Union of European Federalists; Alfonso Sabatino, Direttore editoriale di “Piemonteuro-pa” e Segretario piemontese del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa. Gli incontri si svolgeranno dalleore 16 alle ore 18, in Via Schina 26, e sono aperti alla partecipazione degli iscritti e simpatizzanti del MFE.

PROGRAMMADal Risorgimento alla Resistenza antifascista

15/11/2010 Introduzione29/11/2010 Come si è realizzata l’unificazione italiana13/12/2010 Il tema dell’unità europea nei protagonisti dell’unificazione italiana (Giuseppe Mazzini, Vin

cenzo Gioberti, Camillo Cavour, Carlo Cattaneo, Giuseppe Garibaldi)10/01/2011 L’affermarsi del nazionalismo dopo l’unificazione italiana24/01/2011 Il tema dell’unità europea dalla prima alla seconda guerra mondiale (Luigi Einaudi, Carlo

Rosselli, Il Manifesto di Ventotene).07/02/2011 Il dibattito sull’unità europea nella Resistenza

I principali protagonisti italiani del processo di unificazione europea21/02/2011 Carlo Sforza e Alcide De Gasperi07/02/2011 Gaetano Martino e Giulio Andreotti21/03/2011 Altiero Spinelli04/04/2011 Mario Albertini e Giuseppe Petrilli18/04/2011 Tommaso Padoa-Schioppa, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi09/05/2011 Giuliano Amato e Giorgio Napolitano

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Il contributo di Francesco Rossolilloalla cultura federalistadi Sergio PistoneI due volumi in cui Giovanni Vigo haraccolto gli scritti fondamentali diFrancesco Rossolillo1, che ci ha lasciatiil 24 febbraio 2005 all’età di 67 anni,testimoniano l’eccezionale valore delsuo contributo alla cultura federalista,integrata da un impareggiabile impe-gno militante nella lotta per la fede-razione europea. I temi che lo hannomaggiormente coinvolto sono: il sen-so della storia e il suo rapporto conl’azione politica, la rivoluzione, il si-gnificato della sovranità popolare, ilpolo comunitario del federalismo e isuoi rapporti con la pianificazione ter-ritoriale, la strategia della lotta perl’Europa unita e il ruolo dei federalisti,l’analisi e l’interpretazione dei grandifatti politici e culturali con i quali unmilitante federalista deve misurarsi persostituire il punto di vista nazionale conquello federalistico. La lettura di que-sti scritti, apparsi fra il 1960 e il 2005,è un sussidio essenziale per compren-dere a fondo la straordinaria esperien-

I saggi

za intellettuale e politica, che è tutto-ra pienamente vitale, dei federalistiaventi in Mario Albertini il loro mae-stro. Per offrire un assaggio di que-st’opera, cercherò in queste pagine dievidenziare, in termini necessariamen-te schematici, quello che mi pare es-sere uno dei contributi essenziali datoda Rossolillo al pensiero federalista.Per far ciò, debbo partire da una pun-tualizzazione degli aspetti più qualifi-canti della riflessione federalista svi-luppata da Altiero Spinelli e da MarioAlbertini, per poi dare un’idea del pas-so avanti che io ritengo più significati-vo compiuto da Rossolillo.

* * *

Spinelli è il padre fondatore del fede-ralismo come pensiero politico attivo,vale a dire come teoria che si traducein impegno politico concreto diretto acambiare la realtà. Con l’autore delManifesto di Ventotene l’idea della fe-

derazione europea compie un saltoqualitativo, si trasforma cioè in un veroe proprio programma politico. In al-tre parole si istituisce un nesso orga-nico fra una chiarificazione teorica,estremamente lucida e di grande re-spiro, delle ragioni per cui si deve re-alizzare la federazione europea e iprincipi politico-strategici e anche or-ganizzativi che devono guidare un mo-vimento politico che si pone comecompito la realizzazione del federali-smo sopranazionale2.Per quanto riguarda l’aspetto teoricodel discorso di Spinelli, la sua essenzaè riassumibile nella tesi della prioritàdella costruzione della federazioneeuropea rispetto alle lotte per la tra-sformazione in senso liberale, demo-cratico e della giustizia sociale degliStati nazionali, nella convinzione cioèche la costruzione della pace attraver-so la federazione europea – vistacome prima tappa storica e forza trai-nante in direzione dell’obiettivo dellafederazione mondiale – rappresenti lavia imprescindibile del progresso sto-rico. In sostanza, Spinelli porta a con-clusione il discorso, avviato da LuigiEinaudi e dai federalisti britannici nel-l’epoca delle guerre mondiali, chevede nella crisi storica del sistema de-gli Stati nazionali sovrani la radice pro-fonda dei mali del mondo contempo-raneo. E giunge a formulare una nuo-va dicotomia fra le forze del progres-so e quelle della conservazione. Essanon si identifica più con la linea tradi-zionale della maggiore o minore liber-tà, uguaglianza, giustizia sociale darealizzare all’interno degli Stati nazio-nali, bensì con la linea che divide i di-fensori della sovranità nazionale as-soluta dai sostenitori del suo supera-mento attraverso il federalismo sopra-nazionale, che è cioè l’unico sistemain grado di gestire in modo democra-tico e pacifico l’interdipendenza pro-dotta dall’avanzamento della rivolu-zione industriale e dalla transizioneverso quella postindustriale.Questo discorso sulla priorità del-l’obiettivo del federalismo sopranazio-nale rispetto a quelli indicati dallegrandi ideologie emancipatrici delmondo moderno (che partendo dal-l’Illuminismo hanno indicato la via delFrancesco Rossolillo

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progresso dell’umanità e di cui Spi-nelli ha ben chiara la convergenza sto-rica nello Stato democratico moder-no, che deve essere nello stesso tem-po liberale e sociale) viene integrato,da un discorso politico-strategico-or-ganizzativo che chiarisce le condizio-ni necessarie perché la lotta per la fe-derazione europea possa essere con-dotta in modo non velleitario (supe-rando cioè l’approccio essenzialmen-te utopistico prevalente prima dellasvolta impressa da Spinelli).Quattro sono i punti da sottolineare aquesto riguardo.- La crisi strutturale degli Stati nazio-nali, che è sboccata nel crollo del si-stema europeo degli Stati ha fattoemergere l’alternativa “unirsi o peri-re” e quindi una spinta profondamen-te radicata nei governi democraticinazionali ad attuare una politica diunificazione sopranazionale per po-ter progredire sul piano economico-sociale, civile e politico. Questa spin-ta, in mancanza della quale non cisarebbe alcuna possibilità di lottareconcretamente per l’unificazione eu-ropea, trova d’altra parte un ostacolodecisivo nella tendenza strutturale (giàchiarita da Machiavelli) del potere al-l’autoconservazione. Ne consegue chele classi detentrici del potere naziona-le si orientino pervicamente verso unainadeguata cooperazione internazio-nale su base confederale piuttosto cheverso il federalismo sopranazionale.- Per superare questo ostacolo strut-turale deve attivarsi una forza federa-lista autonoma dai governi e dai par-titi nazionali, che abbia come unicoobiettivo l’unificazione federale sopra-nazionale, che persegua l’unione sulpiano sopranazionale di tutti coloroche sono favorevoli a questo obiettivoindipendentemente dai loro orienta-menti politici (purché appartenenti al-l’arco delle ideologie emancipatrici) eche sappia, tramite un lavoro di con-sulenza e di mobilitazione popolare,spingere i governi nazionali a fare ciòche spontaneamente non possonofare, cioè a superare i limiti interna-zionalistico-confederali della loro po-litica europeista.- I federalisti devono saper imporrecome procedura per realizzare l’unitàeuropea un metodo costituente demo-cratico (che si ispiri al modello dellaConvenzione di Filadelfia del 1787 dacui nacque la costituzione degli StatiUniti d’America, cioè il primo Statofederale della storia) che, a differenzadelle conferenze intergovernative, af-fidi ai rappresentanti dei cittadini l’ela-borazione con delibere a maggioran-za e trasparenti dei progetti di unifi-cazione europea e che preveda la loroentrata in vigore fra gli Stati ratificantianche in mancanza dell’unanimità.

- Infine la strategia federalista devecostantemente sforzarsi di sfruttare lecontraddizioni che emergono nell’in-tegrazione europea in conseguenzadelle inadeguate scelte funzionalisti-co-confederali e del rinvio dell’unifi-cazione federale. Si tratta del deficitdi efficienza, dovuto alle decisioni una-nimi sulle questioni fondamentali, e deldeficit di democrazia, legato al fattoche, in assenza di istituzioni autenti-camente federali, si ha il trasferimen-to di decisioni di importanza crucialea livello sopranazionale senza che atale livello venga realizzato un siste-ma compiutamente democratico. Lesituazioni critiche che queste contrad-dizioni inevitabilmente produconosono l’occasione per strappare unaprocedura costituente democratica.Abbiamo visto l’essenza del discorsofederalista di Spinelli, la cui solidità –va sottolineato – ha permesso di co-struire un movimento politico (il Movi-mento Federalista Europeo) capace dipresentarsi con una fisionomia e unruolo autonomi rispetto alle organiz-zazioni politiche tradizionali e di eser-citare, guidando uno schieramentoeuropeista sopranazionale, un’influen-za effettiva sul processo di unificazio-ne europea. Vediamo ora le integra-zioni e gli approfondimenti di impor-tanza fondamentale che sono stati in-trodotti da Mario Albertini rispetto alleacquisizioni di Spinelli e che hannofornito un contributo decisivo allo svi-luppo della lotta federalista. Riassu-mendo in termini estremamente sche-matici questo contributo3, si può direche esso coincide con l’impegno acostruire una forza politica federalistarealmente e permanentemente auto-noma e perciò in grado di guidare l’in-sieme delle organizzazioni europeisti-

che e anche gli europeisti presenti neipartiti, nelle organizzazioni economi-co-sociali, nella società civile e nelmondo della cultura verso una lottaefficace per la costituente europea. Al-bertini, che all’inizio degli anni 1960sostituì Spinelli alla guida del MFE, fuil principale animatore di questo im-pegno per l’autonomia federalista.Essa si è tradotta in termini pratici nellaapplicazione di tre principi: autono-mia politica (rifiuto da parte del nu-cleo di militanti che hanno assicuratola direzione e la gestione del MFE diidentificarsi con un qualsiasi partitonazionale), il militante a mezzo tem-po (rifiuto del sistema dei dirigenti pa-gati, onde evitare un apparato am-ministrativo pesante e costoso, dipen-dente perciò inevitabilmente, per lasua sopravvivenza, essenzialmente dafinanziamenti esterni), l’autofinanzia-mento (in modo che, pur non esclu-dendo finanziamenti esterni, la strut-tura permanente dell’organizzazionepotesse funzionare grazie alle sue “ri-sorse proprie”).Al di là di tutto ciò, il fondamento ba-silare dell’autonomia del MFE, che Al-bertini è riuscito a realizzare come ac-quisizione permanente, è rappresen-tato dall’autonomia culturale. Solouna forte motivazione culturale (oltreovviamente a quella morale), cioè laconvinzione che la dottrina federali-sta avesse qualcosa di realmente nuo-vo da dire, in termini di valori e di com-prensione della situazione storica, ri-spetto al pensiero politico dominante,poteva in effetti alimentare un impe-gno a lungo termine, spesso faticosoe difficile, e che rinunciava alle moti-vazioni del potere e del denaro, in unnumero di militanti sufficiente per co-stituire una forza federalista in gradodi incidere sulla realtà. Ebbene, Alber-tini ha svolto precisamente un gran-dioso lavoro di approfondimento teo-rico del federalismo che ha fatto emer-gere questa motivazione ed ha altresìarricchito in modo grandioso il pen-siero federalista. Il risultato più signifi-cativo di questo approfondimento è laconcezione del federalismo come ideo-logia, che costituisce il superamentodi un limite del discorso di Spinelli.Come si è visto, il contributo teorico pri-mario di Spinelli coincide con la tesi dellapriorità della lotta per il federalismo so-pranazionale rispetto alle lotte per latrasformazione interna in senso libera-le, democratico e della giustizia socialedegli Stati nazionali. Ciò significa che ilfederalismo contiene la risposta alle sfi-de cruciali emergenti dal processo sto-rico trainato dalla rivoluzione industrialeavanzata, indica quindi la strada delprogresso storico nel momento in cui sistanno esaurendo le spinte provenientidalle grandi ideologie emancipatrici di

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origine illuministica. A questa visione siaccompagna, d’altro canto, una con-cezione troppo angusta della dottrinafederalista, che è intesa essenzialmen-te come la teoria dello Stato federale,cioè come una tecnica costituzionale ingrado di consentire la coesistenza pa-cifica di un insieme di governi indipen-denti e coordinati. Una simile imposta-zione è chiaramente non all’altezzadella convinzione che il federalismotracci la strada del progresso storico.Perché questa affermazione sia solida-mente fondata, nel corpo della dottri-na federalista deve necessariamenterientrare la definizione della specificitàdel valore guida dell’impegno federali-sta e del suo rapporto con i valori delleideologie emancipatrici di cui il federa-lismo è l’erede, e vi deve rientrare al-tresì una visione chiara e rigorosa delprocesso storico che rende politicamen-te attuale il federalismo come rispostavalida alle sfide cruciali della nostra epo-ca e, quindi, l’indicazione degli stru-menti concettuali con cui affrontare ri-gorosamente il problema della com-prensione del processo storico. Qui in-terviene in modo grandiosamente chia-rificatore Albertini con il discorso secon-do cui il federalismo, lungi dall’esseresemplicemente la teoria dello Stato fe-derale, è un’ideologia politica in sensopieno. Esso è cioè paragonabile al libe-ralismo, alla democrazia e al sociali-smo ed è in grado di recepire nel pro-prio corpo dottrinale i contributi fonda-mentali proposti dalle grandi ideologieemancipatrici del mondo moderno e,nello stesso tempo, di superarne i limitie di ottenere una comprensione piùadeguata dei fondamentali problemidella nostra epoca.Secondo questa visione il federalismoè, al pari delle altre ideologie, carat-terizzato in primo luogo da un aspet-to di valore. Se per il liberalismo il fineultimo è la libertà, per la democrazial’uguaglianza e per il socialismo lagiustizia sociale, per il federalismo èla pace. Essa non è alternativa rispet-to a questi valori, ma li ricomprendein sé a un livello più alto, in quantol’eliminazione dell’anarchia internazio-nale (implicante la subordinazione diogni altro valore all’esigenza della si-curezza dello Stato) è la condizioneimprescindibile del pieno spiegamen-to della libertà, dell’uguaglianza edella giustizia sociale e, quindi, dellapossibilità di eliminare ogni forma disubordinazione della persona umanada parte dei suoi simili. In questa pro-spettiva Albertini recupera le fonda-mentali tesi politiche, giuridiche e sto-rico-filosofiche di Kant (il culmine del-l’Illuminismo), la cui attualità è statamessa all’ordine del giorno dalla crisidegli Stati nazionali e dalla crescenteinterdipendenza dell’azione umana al

di là delle frontiere nazionali, di cuil’integrazione europea è la manifesta-zione più avanzata.Il federalismo è, in secondo luogo, ca-ratterizzato da un aspetto di strutturae cioè dall’indicazione dello Stato fe-derale come la forma di organizza-zione del potere che permette di su-perare le strutture chiuse e accentratedello Stato nazionale verso il bassocon la formazione di vere e proprieautonomie regionali e locali e versol’alto con la realizzazione di effettiveforme di solidarietà politiche e socialial di sopra degli Stati nazionali. In ter-zo luogo il federalismo è caratterizza-to da un aspetto storico-sociale cioèdall’individuazione del contesto stori-co nel quale è possibile realizzare unvalore attraverso una struttura ade-guata del potere. Questo aspetto èindicato nel superamento della divi-sione del genere umano in classi e innazioni antagonistiche, che rende pos-sibile sviluppare il pluralismo tipicodella società federale, espresso dalprincipio dell’unità nella diversità. In-fatti nelle società federali il lealismoverso la società complessiva coesistecon quello verso le comunità territo-riali più piccole (regioni, province, cit-tà, quartieri) in un rapporto non ge-rarchico. Però quest’equilibrio socialesi è sviluppato solo parzialmente nellesocietà federali esistite finora, perchéda una parte, la lotta di classe (chepotrà essere superata solo con il pie-no sviluppo della rivoluzione scientifi-ca implicante il superamento dellacondizione proletaria) ha fatto preva-lere il senso di appartenenza alla clas-se su ogni altra forma di solidarietàsociale e ha impedito che si radicas-sero forti legami di solidarietà nellecomunità regionali e locali e, d’altraparte, la lotta tra gli Stati sul pianointernazionale (che potrà essere sra-dicata solo con il processo di unifica-zione del mondo intero, che avrà nel-la federazione europea il suo puntodi partenza) ha determinato il raffor-zamento del potere centrale a scapitodei poteri locali.Nel quadro della concezione del fe-deralismo come ideologia, va ancoraaggiunto, Albertini fornisce una perio-dizzazione molto convincente delle fasidi sviluppo del pensiero federalistico.La prima fase, che va dalla Rivoluzio-ne francese alla prima guerra mon-diale, è caratterizzata dall’affermazio-ne, sia pure soltanto sul piano deiprincipi, della componente comunita-ria e cosmopolitica del federalismocontro gli aspetti autoritari e bellicosidello Stato nazionale. Nella secondafase, che va dalla prima alla secondaguerra mondiale, i criteri del federali-smo furono impiegati per interpretarela crisi dello Stato nazionale e del si-

stema europeo delle potenze. Nellaterza fase, cominciata dopo la secon-da guerra mondiale e tuttora in cor-so, l’impiego degli schemi concettualie degli strumenti politici e istituzionalidel federalismo serve a risolvere la crisidell’Europa.La costruzione della federazione eu-ropea si presenta dunque comel’evento cruciale della nostra epoca,ossia come la prima affermazione delcorso federalistico della storia, checulminerà con la realizzazione dellapace attraverso la federazione mon-diale. Il federalismo ha dunque nelnostro tempo un ruolo analogo aquello svolto in passato dalle ideolo-gie liberale, democratica e socialista:attraverso l’elaborazione e l’afferma-zione della cultura della pace, propo-ne un progetto di società capace didare una risposta ai maggiori proble-mi della nostra epoca (da quelli postidall’interdipendenza globale, a quellidella sicurezza, a quelli ambientali,che necessitano sia una riconversionein senso ecologico del modello eco-nomico che una pianificazione artico-lata del governo del territorio) e ria-pre la possibilità di pensare l’avveni-re, che si era offuscata nell’ambitodelle ideologie tradizionali a causadell’esaurimento della loro spinta ri-voluzionaria4.

* * *

La convinzione raggiunta da Albertiniche il federalismo sia, nel senso cheabbiamo visto, un’ideologia apre uncampo enorme di riflessione teorica edi sforzo analitico necessari per fon-dare su basi solide e rigorose questaconvinzione. Qui si colloca l’impegnointellettuale di Francesco Rossolillo, quic’è in sostanza il filo conduttore deisuoi scritti, che hanno in effetti fornitoun contributo di valore straordinarioal chiarimento della concezione del fe-deralismo come ideologia. L’aspetto amio parere più importante di questocontributo e sul quale in questa sedeintendo richiamare l’attenzione è rap-presentato in particolare dallo sforzodi sviluppare un discorso sulla questio-ne del senso della storia e del suo rap-porto con l’azione politica che coinci-de con il titolo del saggio più impor-tante di Rossolillo e che è ripreso cometitolo della raccolta dei suoi scritti5.Va sottolineato anzitutto che la conce-zione del federalismo come ideologianon può non affrontare la questione delsenso della storia e del suo rapportocon l’azione politica. Se si è convinti cheil federalismo è l’orientamento teorico-pratico che indica la via del progresso,dell’avanzamento cioè verso un mon-do migliore, si deve avere un criterioper giudicare ciò che è meglio e ciò che

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è peggio, in modo da poter stabilirecos’è il progresso. Questo implica in-nanzitutto il rifiuto del relativismo e lanecessità di fare riferimento all’esisten-za di valori assoluti, che trovano il pro-prio fondamento nell’essenza della per-sona umana. L’idea del progresso com-porta quindi che la storia abbia un sen-so dato dalla progressiva (ancorchéasintotica e interrotta da momenti di ar-retramento) realizzazione dei valori incui si esprime l’essenza della personaumana. Se ciò è chiaro, l’impegno cru-ciale consiste nell’affrontare in modoconvincente e rigoroso questo discorsoche si colloca nel contesto prettamentefilosofico. Con le sue riflessioni Rossolil-lo ha fornito al riguardo un contributodi cui i federalisti non possono non te-nere conto e che cerco di presentarequi nei suoi aspetti essenziali.Comincio citando un brano del sag-gio Federalismo ed emancipazioneumana, che è stato scritto nel 1990,ma che contiene la professione di fedeche sta alla base della riflessione filo-sofica condotta da Rossolillo a partiredal 1966. “Chiunque decida di impe-gnarsi in politica per un mondo mi-gliore – e non nell’intento di illustrarese stesso o di acquistare potere – faperciò stesso una duplice professionedi fede, quale ne sia il suo grado diconsapevolezza. Egli deve credere chela parola “migliore” abbia, almenovirtualmente, lo stesso contenuto se-mantico per tutti gli uomini, sia per icontemporanei che per coloro cheverranno, cioè si applichi a situazionipiù vicine di quella attuale ad un mo-dello di convivenza fondato su valoricondivisi da tutti. Ciò significa che eglideve credere all’esistenza di valori as-soluti. Ed egli deve insieme credere chequesti valori tendano a realizzarsi pro-gressivamente nella storia, perché chisi batte per trasformare le condizionidella convivenza non può non pensa-re che i risultati dei suoi sforzi, nel con-catenarsi degli eventi, potranno esse-re a loro volta la causa di irreversibiliinvoluzioni o ritorni indietro nel cam-mino dell’emancipazione umana, ilche accadrebbe se la storia fosse unsuccedersi tumultuoso e casuale dieventi contraddittori, cioè fosse privadi senso”6.La base su cui, secondo Rossolillo (chesviluppa e approfondisce a questo ri-guardo spunti presenti nell’insegna-mento di Albertini), si può costruire inmodo convincente il discorso sul sensodella storia è la filosofia della storia diKant che diventa un elemento integran-te fondamentale della concezione delfederalismo come ideologia. Dalle ri-flessioni di Kant7 emerge in sostanza cheil senso della storia – dominata dallatensione fra ragione ed istinto – consi-ste nella costruzione. attraverso un pro-

gresso infinito di un mondo fondatosulla ragione e sull’autonomia morale.I momenti fondamentali del progressostorico sono: la formazione dello Statoche, superando la libertà selvaggia de-gli uomini propria dello Stato di natu-ra, elimina al proprio interno la violen-za nelle relazioni tra gli uomini; la tra-sformazione in direzione repubblicanadello Stato, che significa concretamen-te il progresso in direzione liberale e de-mocratica; la pace, e cioè l’eliminazio-ne della violenza nelle relazioni inter-nazionali, attraverso il superamento,con la federazione, della libertà selvag-gia (cioè della sovranità assoluta) degliStati: questo progresso renderà possi-bile la piena realizzazione del regimerepubblicano, in quanto supererà allaradice il primato della sicurezza (la leg-ge della ragion di Stato imposta dal-l’anarchia internazionale) e aprirà lastrada al regno dei fini, vale a dire allacomunità in cui tutti gli uomini tratte-ranno i loro simili sempre come fini, emai come mezzi, a una condizione incui si spiegherà quindi pienamente l’es-senza dell’uomo fondata sulla ragionee sulla autonomia morale.Il progresso storico così inteso ha la suaforza propulsiva nella tensione fra ra-gione ed istinto: nel linguaggio kantia-no esso è il frutto di un “disegno dellanatura” animato dal fattore oggettivodella “insocievole socievolezza”. In so-stanza, gli uomini sono costretti per so-pravvivere come specie, ad entrare in

rapporti sempre più stretti ed intensi fradi loro, fatto che produce inevitabilmenteconflittualità e, allo stesso tempo, lanecessità di superarla, sempre per po-ter sopravvivere. Da qui la spinta al pro-gresso nelle sue tappe successive finoal traguardo della pace perpetua.Kant fornisce anche due indicazioniconcrete e veramente illuminanti sul-la spinta oggettiva verso la pace deri-vante dall’insocievole socievolezzadegli uomini. Si tratta dello spiritocommerciale - che comporta una in-terdipendenza crescente (contenentevantaggi e conflitti) che si estende gra-dualmente al mondo intero - e dellacrescente distruttività delle guerre, le-gata all’incessante progresso scienti-fico e tecnico, che alla lunga apre lastrada all’autodistruzione dell’umani-tà e pone il problema di realizzare unsistema generale ed efficace di solu-zione pacifica dei conflitti.Se la filosofia della storia di Kant forni-sce, come chiarisce Albertini, la struttu-ra essenziale su cui poggia la visionedel processo storico che è alla base dellaconcezione del federalismo come ideo-logia, occorre d’altra parte, secondoRossolillo, individuare e mettere in lucei fondamenti teorici della costruzionekantiana della storia intesa come pro-gresso. A questo scopo Rossolillo ana-lizza e chiarisce il nesso fra la filosofiadella storia di Kant e la sua filosofiamorale.L’assunto basilare della filosofia mo-

Biblioteca Universitaria di Pavia, Salone Teresiano, 28 maggio 2009.Presentazione degli scritti di Francesco Rossolillo “Senso della storia e azione

politica. Da sinistra: Sergio Pistone, Elio Cannillo e Arturo Colombo

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rale di Kant consiste nella tesi secon-do cui, se il fondamento insostituibiledella conoscenza è dato dalle cate-gorie a priori (trascendentali) della ra-gione pura, il fondamento indispen-sabile dell’impegno morale (della ra-gion pratica) è dato dall’imperativocategorico, cioè dal dovere per se stes-so che è il contenuto della coscienza– un fatto non dimostrabile, ma sen-za cui non ha senso parlare di impe-gno morale e di moralità. Sull’impe-rativo categorico – che si traduce nel-le tre massime della morale: l’univer-salità della norma, il dovere di tratta-re ogni persona sempre come fine emai come mezzo, l’impegno a realiz-zare l’universale regno dei fini – si fon-da la teoria del primato della ragionpratica, partendo dalla quale Kant in-dividua nella Critica della ragion pra-tica i suoi tre noti postulati: l’immor-talità dell’anima, la libertà del volere,l’esistenza di Dio (va precisato che Kantpensa al teismo razionalistico dell’Il-luminismo non al Dio persona dellareligione cristiana).Ebbene, secondo Rossolillo, questomodo di procedere trova una suaestensione nella parte finale dellaCritica del giudizio in cui si legge:“Quello di fine ultimo è soltanto unconcetto della nostra ragion prati-ca, e non può essere ricavato dadati dell’esperienza in vista di ungiudizio teoretico sulla natura néessere riferito alla conoscenza dellastessa. Non vi è alcun uso possibiledi questo concetto se non per la ra-gion pratica secondo leggi morali;e il fine ultimo della creazione èquella costituzione del mondo checoincide con ciò che noi possiamoindicare come determinato secondoleggi, cioè con il fine ultimo dellanostra ragion pura pratica, nellamisura in cui è pratica. Ora, noi ab-biamo, grazie alla legge morale, che

ci impone tale fine ultimo, e ciò daun punto di vista pratico, e cioè perapplicare le nostre forze alla sua re-alizzazione, un fondamento perammettere la possibilità, la realiz-zabilità di tale fine ultimo e quindianche….una natura delle cose chesi accordi con tutto ciò”8.In sostanza, Kant sostiene che esiste unatendenziale coincidenza fra la moralitàe la natura (ossia tra moralità e storia,intesa come il processo nel corso delquale si costruiscono le condizioni perl’emergere della moralità). SecondoRossolillo c’è dunque un quarto postu-lato, benché non esplicito, della ragionpratica, che coincide con l’idea dellastoria come progresso infinito verso lacostituzione di un mondo in cui la mo-ralità si spieghi pienamente: se così nonfosse, verrebbe a cadere la stessa ra-gion d’essere dell’impegno morale, chesarebbe destinato a naufragare nell’in-sensatezza di un mondo privo di signi-ficato e di prospettive.Rossolillo, inoltre, si propone di inte-grare il discorso di Kant con una vi-sione più adeguata del ruolo svoltodall’azione consapevole degli uomininel processo storico. In effetti, nellavisione kantiana, la coincidenza ten-denziale fra storia e moralità vienedescritta come determinata da un di-segno della natura (che si serve del-l’insocievole socievolezza degli uomi-ni) e il momento dell’intervento attivodella persona umana guidata dall’im-perativo morale non viene adeguata-mente chiarito. Qui c’è un limite con-dizionato dalla situazione storica. Nel-l’epoca in cui Kant elabora la sua fi-losofia della storia il ruolo attivo del-l’uomo, e quindi del suo impegnomorale, nel processo storico cominciaappena a manifestarsi (la rivoluzionefrancese ne è il primo esempio). L’espe-rienza dello sforzo deliberato di cam-biare il mondo, di farlo progredire ap-

plicando alla realtà sociale un pen-siero politico - vale a dire le ideologieliberale e democratica (ed embrional-mente quella socialista) che emergo-no dall’Illuminismo – non è ancora dif-fusa; la base materiale di tale espe-rienza si trova infatti nell’avvio dellarivoluzione industriale, ancora agli al-bori ai tempi di Kant. Perciò nella suafilosofia della storia c’è uno scarto pro-fondo fra l’impegno morale e il pro-cesso storico. L’impegno morale è con-cepito solo come morale assoluta(l’imperativo categorico) e non si indi-vidua il modo in cui la moralità (attra-verso l’azione consapevole degli indi-vidui) può diventare agente del dive-nire storico.Il superamento di questo limite di Kantè realizzabile, secondo Rossolillo, inte-grando la filosofia kantiana della storiacon la teoria della morale di Max We-ber, che introduce la distinzione fra eti-ca assoluta o dei principi ed etica dellaresponsabilità9. Quest’ultima, a diffe-renza della prima (che significa obbe-dienza al comando della coscienza in-dipendentemente dalle conseguenzedell’azione comandata), prescrive il rag-giungimento di un fine, e quindi la ne-cessità, in vista del fine, di tenere contodelle conseguenze possibili e prevedi-bili. Essa rispecchia il fatto che con larivoluzione l’uomo acquista una possi-bilità (che non esisteva nel quadro deiprecedenti modi di produzione) di pa-droneggiare la realtà, e quindi di cer-care di determinarla.L’etica della responsabilità rappresen-ta pertanto la modalità attraverso laquale l’impegno morale diventa unagente della storia e, in quanto tale,strumento consapevole del suo svilup-po progressivo.Come già la morale della convinzio-ne, essa postula – anche se in Weber,che aveva una Weltanschauung rela-tivista, ciò non emerge – una conce-

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zione della storia come progresso in-finito verso una condizione migliore:proprio per il fatto di affermare che(entro limiti comunque definiti) il finegiustifica i mezzi, essa pone innanzi-tutto il problema delle basi su cui fon-dare la giustificazione dei fini cui sisacrifica la purezza dell’imperativocategorico10, e pertanto non può nonaccompagnarsi ad una visione rigo-rosa del processo storico inteso comeprogresso infinito verso una condizio-ne migliore: “Infatti noi sappiamo chele conseguenze delle nostre azioni pro-vocheranno a loro volta altre conse-guenze che sfuggiranno al nostro con-trollo: e se fosse pensabile che questeulteriori conseguenze saranno dege-nerative (quanto meno definitivamen-te degenerative), cioè che la storia fos-se casuale, noi non potremmo maiessere moralmente legittimati a tra-sgredire agli imperativi dell’etica deiprincipi, a dire una sola menzogna,in nome di un fine che, nella catenadello sviluppo storico, potrebbe dive-nire a sua volta la causa di catastrofi,di guerre e di dolori” 11.Questo discorso, di cui ho cercato dipresentare l’essenza, sul nesso fra lafilosofia della storia di Kant e la suafilosofia morale – in particolare sullaconcezione progressiva della storiacome quarto postulato (implicito) del-la ragion pratica – e sull’integrazionedelle tesi kantiane con la distinzioneweberiana fra l’etica dei principi el’etica della responsabilità costituisce,a mio avviso, il contributo più impor-tante dato da Rossolillo al chiarimen-to della concezione del federalismocome ideologia. Si tratta di un appro-fondimento del pensiero federalista,intorno a cui si deve ulteriormente la-vorare – essendo il federalismo, comedice Rossolillo, un pensiero in diveni-re, un compito assai più che un risul-tato12 -, ma che rappresenta una baseimprescindibile per chi si sforza di es-sere pienamente consapevole dellacentralità del federalismo come rispo-sta alle sfide della nostra epoca.Un’ultima osservazione. Un discorsocome quello federalista della scuola al-bertiniana che rifiuta il relativismo e cre-de quindi nell’esistenza di un’essenzadella persona umana (il fondamento deivalori assoluti), nella ricerca della verità(di cui nessuno ovviamente ha il mo-nopolio), nella storia come progressoinfinito verso un mondo migliore (chenon implica né determinismo, né sem-plicistico ottimismo), è in contrasto stri-dente con le tendenze oggi molto dif-fuse orientate al relativismo, allo scetti-cismo, al “pensiero debole”, che vedo-no implicazioni totalitarie in ogni ten-tativo di comprensione storico-socialeglobale e,quindi, in ogni visione dellastoria come progresso. Queste tenden-

ze sono, a ben vedere, un riflesso pas-sivo della crisi delle grandi ideologieemancipatrici, dell’incapacità di capireche, di fronte all’esaurimento della lorospinta rivoluzionaria, il progresso puòessere pensato e perseguito concreta-mente con un’ideologia che superi que-sto esaurimento indicando la pacecome l’obiettivo supremo della politicanella nostra epoca13.

NOTE:1 Francesco Rossolillo, Senso della storia eazione politica (vol. I, Il senso della storia,vol. II, La battaglia per la Federazione eu-ropea), a cura di Giovanni Vigo, Il Muli-no, Bologna, 2009.2 Si veda Altiero Spinelli: il pensiero e l’azio-ne per la federazione europea (Atti del con-vegno Aspetti fondamentali del pensiero edell’azione federalista di Altiero Spinelli, or-ganizzato dal Centro Studi sul Federali-smo, Torino, 6-7 dicembre 2007), a curadi Umberto Morelli, Milano, Giuffrè, 2010.3 Di Mario Albertini sono apparsi fra il2006 e il 2010 Tutti gli scritti in nove volu-mi a cura di Nicoletta Mosconi, Il Mulino,Bologna. Sempre Nicoletta Mosconi hacurato i due volumi Una rivoluzione paci-fica. Dalle nazioni all’Europa e Nazionali-smo e federalismo, Il Mulino, Bologna,1999, che raccolgono molti fra i più im-portanti scritti di Albertini.4 Cfr. Lucio Levi, Il pensiero federalista,Bari, Laterza, 2002. Qui si chiarisce, tral’altro, come Albertini ha realizzato unarielaborazione della teoria marxiana delmaterialismo storico e della teoria dellaragion di Stato, proponendo in partico-lare una sintesi di grande valore euristicofra i due approcci.5 Il saggio di Rossolillo, Senso della storiae azione politica, Giuffré, Milano, 1972 èripubblicato nella raccolta di scritti cura-ta da Vigo. Il tema affrontato in questosaggio viene sviluppato in numerosi altri

scritti raccolti da Vigo, fra i quali ricor-diamo in particolare: Considérations surl’essai sur Lénine de Lukacs (1966); Quel-ques considérations sur le concept de sensde l’histoire (1968); Note sulla coscienzarivoluzionaria (1970); Il federalismo nellasocietà industriale (1984); Il federalismo ele grandi ideologie (1989); Federalismo edemancipazione umana (1990); Appuntisulla sovranità (2001); Il rivoluzionario(2005).6 Senso della storia e azione politica, I vol.,p. 657.7 I saggi fondamentali di Kant al riguardosono: Idea di una storia universale dal pun-to di vista cosmopolitico; Risposta alla do-manda: che cos’è l’illuminismo?; Conget-ture sull’origine della storia; Sopra il dettocomune: «Questo può essere giusto in re-altà, ma non vale per la pratica»; Per la paceperpetua. Progetto filosofico; Se il genereumano sia in costante progresso verso ilmeglio. Essi sono raccolti in ImmanuelKant, La pace, la ragione e la storia, a curadi Mario Albertini, Bologna, Il Mulino,1985.8 Senso della storia e azione politica, I vol.,pp. 45-46. Sulla coincidenza in Kant frail concetto di regno universale dei fini e ilconcetto di comunità si veda Alberto Pir-ni, Kant filosofo della comunità, EdizioniETS, Pisa, 2006.9 Cfr. Max Weber, Politik als Beruf, confe-renza tenuta nel 1919 e pubblicata nellaraccolta edita da Johannes Winckelmann,Gesammelte politische Schriften, J.C.B.Mohr (Paul Siebeck), Tübingen, 1958. Nel-l’edizione italiana di Politik als Beruf (LaPolitica come professione in Il lavoro intel-lettuale come professione, Einaudi, Tori-no, 1948) il traduttore Antonio Giolittirende l’espressione Gesinnungsethik (chefa il paio con Verantwortungsethik: eticadella responsabilità) con quella di «eticadella convinzione». Rossolillo preferisce«etica dei principi» pur rendendosi contoche anche questa traduzione è imperfet-ta perché la espressione Gesinnung nondenota i principi considerati indipenden-temente dagli uomini che credono in essi,bensì i principi di qualcuno. D’altro can-to l’espressione «etica dei principi» è ingrado di denotare con più chiarezza unatteggiamento che è guidato dall’obbe-dienza incondizionata a un principio e nonmette in conto le conseguenze dell’azio-ne; mentre l’elemento soggettivo dellaconvinzione è presente anche nell’eticadella responsabilità.10 Su questo punto si trovano considera-zioni molto valide in Lev Trockij, La loromorale e la nostra, scritto nel 1938 e pub-blicato in traduzione italiana da De Do-nato, Bari, 1967.11 Senso della storia e azione politica, vol.I, p. 49.12 Senso della storia e azione politica, vol.I, p. 655.13 Per la critica delle concezioni relativisti-che, e che vedono implicazioni totalitariein ogni sistema di pensiero aspirante auna visione e ad una emancipazione glo-bale, è di grande interesse il libro di Sla-voj Zizek, In difesa delle cause perse. Ma-teriali per la rivoluzione globale, Ponte alleGrazie, Milano, 2009.

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Gianna Pentenero

“L’Europa ha bisognodi un’anima”: lo scor-so ottobre, in occasio-ne delle celebrazioniper i primi vent’annidella riunificazione te-desca, l’ex presidentedella Commissione Eu-ropea Jacques Delorsha affermato chiara-mente l’opportunità diuna vera comprensio-ne reciproca tra gli eu-ropei, un’associazioneche vada al di là degliinteressi comuni. Il ri-ferimento all’anima,laicamente intesa, sot-tende la necessità diuna nuova fase perl’Europa. Esaurita laspinta dell’integrazio-ne “funzionalista”, cul-minata con l’adozionedella moneta unica,emerge l’esigenza disostenere l’integrazio-ne della coscienza ci-vile, consolidando“l’anima” a cui fa rife-rimento Delors.L’Europa di oggi è scos-sa da inquietudini e per-plessità ulteriormenteaccentuati dalla crisi cheil nostro continente sitrova ad affrontare.L’emergenza economica e i limiti delmercato globalizzato stanno risve-gliando i nazionalismi, con la ripresadi un regionalismo diffuso. A questosi accompagna un nuovo slancio del-l’individualismo che va a scapito del-le istituzioni, sia nazionali che euro-pee.In questo contesto difficile e compli-cato a far la voce grossa sono gli eu-roscettici, che trovano facili risposteaddossando le responsabilità deiproblemi economici e sociali all’isti-tuzione Europa, dipinta come unmoloch costoso e poco vicino ai cit-tadini europei. Invece di contribuirea superare i limiti dell’agire comu-nitario, gli euroscettici cavalcano aproprio piacimento una lettura evi-dentemente sbagliata della realtà,un metodo controproducente che

provoca solamente un’arroccamen-to delle posizioni e un niet a ogniiniziativa che potrebbe rendere piùefficace la definizione di una nuovagovernance europea.Non a caso l’euroscettismo è un at-teggiamento proprio delle forze po-puliste di destra che usano l’argo-mento Europa puramente cometema da campagna elettorale e noncome possibile risposta per usciredalla crisi economica mondiale.O ci decidiamo a sostenere con for-za e decisione la via dell’integrazio-ne politica, sociale ed economica,oppure sarà sempre più concreto ilrischio di una progressiva margina-lità politica accompagnata da unabrutale disgregazione economica.Il Partito Democratico guarda allaprospettiva europea come alla strada

L’Europa ha bisogno di un’animadi Gianna Pentenero, Consigliera regionale del Piemonte

più efficace per offrireun futuro di unità e diprogresso al nostro pa-ese, che a centocin-quant’anni dall’Unitàd’Italia è sottoposto atensioni sempre più la-ceranti e pericolose.L’interesse nazionale el’interesse europeocoincidono e concorro-no insieme per realiz-zare la stabilità, la cre-scita economica e lacoesione sociale. Oc-corre sostenere un Go-verno Economico Euro-peo che superi il sem-plice coordinamentodelle politiche econo-miche dei singoli Statimembri e costruire in-sieme un Fondo Mone-tario unico. Bisognaampliare il Patto di sta-bilità e crescita e raf-forzare l’Eurogruppo,con un maggior coor-dinamento delle politi-che economiche del-l’area euro. Va lancia-to un Piano europeoper il lavoro e la socie-tà della conoscenza ebisogna creare nuovefonti di finanziamentodei beni pubblici: infra-

strutture, energia, ambiente e ricer-ca. Una priorità è la creazione diun’Autorità europea unica, respon-sabile della vigilanza dei mercati fi-nanziari. Proponiamo la riforma dellepolitiche di coesione e lo studio del-l’istituzione di un reddito minimoeuropeo per combattere la povertàe favorire l’inclusione.L’Europa uscirà dalle sue difficoltà esarà all’altezza delle sfide del mon-do globalizzato solo se sosterrà leambizioni comunitarie aprendo unanuova stagione dell’integrazioneeuropea con strumenti utili per unavisibile e forte governance politica,economica e sociale.Dalla crisi si esce insieme e la rispostapiù efficace non sarà un’Europa mini-ma indispensabile ma l’Europa mas-sima possibile.

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Il 25 ottobre, nella Sala Viglione di Pa-lazzo Lascaris, si è insediata la Consultaregionale europea, che rimarrà in cari-ca per la IX legislatura regionale.Convocata dal presidente del Consi-glio regionale Valerio Cattaneo, la riu-nione è stata presieduta dal vicepre-sidente dell’Assemblea Riccardo Mo-linari, delegato alla Consulta.“Sono onorato di aver ricevuto tale ca-rica - dichiara Molinari - in un mo-mento in cui il processo del federali-smo sta portando le Regioni ad averesempre più competenze e, di conse-guenza, a essere sempre più protago-niste nel rapporto con l’Europa”.La Consulta è composta di sessanta-due componenti: otto rappresentantidi organizzazioni europeistiche o chesi occupano di problemi europei, set-te di organismi imprenditoriali e di ca-tegoria, cinque di confederazioni sin-dacali, tre di Associazioni di Enti loca-li, quattro rappresentanti di segrete-rie regionali di partiti politici e settedei gruppi consiliari regionali (Angio-lino Mastrullo, PdL; Federico Grego-rio, Lega Nord; Giuliana Manica, PD;Giovanni Negro, UDC; Andrea Stara,Insieme per Bresso; Monica Cerutti,SEL; Mercedes Bresso, Uniti per Bres-so), ventuno parlamentari europeieletti nella circoscrizione Nord-Oveste sette rappresentanti piemontesi delComitato delle Regioni dell’Unioneeuropea.“L’Europa deve guardare ai giovani e igiovani devono guardare all’Europa -

Insediata la Consulta europeaha affermato il presidente Cattaneo,concludendo i lavori -. Con il concor-so Diventiamo cittadini europei la Con-sulta continuerà il proprio impegno perfar riflettere gli studenti delle scuolesuperiori sul processo di integrazioneeuropeo e per far loro conoscere le isti-tuzioni che lo governano”.Alla seduta erano presenti - tra gli altri -gli europarlamentari Mario Borghezio eOreste Rossi e i consiglieri GianfrancoNovero e Eleonora Artesio.Al termine della seduta il presidenteCattaneo ha consegnato all’europar-lamentare Rossi, presidente del Con-siglio regionale al termine della VII le-gislatura, la medaglia ricordo e la co-pia del volume Quarant’anni di Re-gione che era stata consegnata ai past

president il 13 luglio scorso, in occasio-ne delle celebrazioni del 40° anniver-sario della I Legislatura regionale al Te-atro Carignano.La Consulta europea è stata istituitapresso il Consiglio regionale del Pie-monte nella seconda legislatura re-gionale, nel 1976, per contribuire adiffondere gli ideali europeisti. In par-ticolare il concorso annuale per lescuole superiori “Diventiamo cittadinieuropei” permette a migliaia di stu-denti e insegnanti di fare un’esperien-za concreta dell’Europa, anche attra-verso visite alle Istituzioni europee,partecipazione al programma Euro-scola del Parlamento europeo e al Se-minario di formazione federalista eu-ropea di Bardonecchia.

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L’intervento del Presidente Valerio Cattaneo

Si è riunito il 1° dicembre a Palaz-zo Lascaris il Direttivo regionaledell’Associazione italiana per ilConsiglio dei Comuni e delle Re-gioni d’Europa (AICCRE) per l’ap-provazione del proprio bilancio el’elezione del nuovo Presidente.Lo scambio di consegne è avvenutotra il Presidente uscente DavideGariglio e l’attuale Presidente delConsiglio regionale Valerio Catta-neo, che ha dichiarato: “Sonoonorato dell’incarico conferitomi inun momento storico come quelloattuale, che sta andando in dire-zione del federalismo. Inizia unpercorso di riflessione anche per

Valerio Cattaneo eletto Presidente dell’AICCRE Piemontel’AICCRE che terrà la propria As-semblea nazionale nel marzo2011. Il Piemonte potrà certamen-te dare il suo apporto di idee e diesperienze”.Alfonso Sabatino, Segretario regio-nale AICCRE, ha ricordato tra le at-tività dell’Associazione la promozio-ne dei “gemellaggi, che hanno cre-ato nell’UE una rete di oltre 7.000Comuni e altri Enti territoriali affra-tellati per agire insieme nella pro-spettiva di una Federazione euro-pea costruita dalla base, per con-frontare i problemi e le esperienzee sviluppare vincoli di amicizia e diconcreta solidarietà sui piani eco-

nomico, sociale e culturale”.L’AICCRE è infatti un movimentopolitico e culturale che coordina leiniziative dei poteri regionali e lo-cali per costruire l’unità politica eu-ropea in forma federale; assicuraai poteri locali e regionali, nei lororapporti con le organizzazioni e leistituzioni europee, un servizio diinformazione degli amministratorieletti e di assistenza in attività vol-te a utilizzare i programmi e i pro-getti previsti dall’UE; promuove ini-ziative di reciproca conoscenza edi collaborazione. In Piemonte hacontribuito ad attivare circa 300gemellaggi.

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“Nel nostro Paese ci sono voluti 25anni, dalla Liberazione e dal suffra-gio universale, per arrivare nel 1970all’istituzione delle Regioni pur pre-viste dalla Costituzione repubblica-na. Oggi, dopo 40 anni, stiamogiungendo al completamento del de-centramento con l’introduzione delfederalismo fiscale e il riordino isti-tuzionale: una fase che necessita del-l’attenzione dei cittadini per evitarele strumentalizzazioni politiche” cosìil vicepresidente del Consiglio regio-nale Roberto Placido, delegato alComitato Resistenza e Costituzione,ha aperto il seminario “Federalismofiscale e cittadinanza costituziona-le”, organizzato dal Comitato regio-nale con il Comitato Resistenza Colledel Lys, il 13 dicembre a Torino, alCentro Incontri della Regione.Il vicepresidente del Comitato Colledel Lys, Francesco Casciano, insie-me all’ex-partigiano Guido Carbi hasalutato gli studenti delle scuole su-periori della provincia (al seminariohanno aderito 16 classi con 318 stu-

Trecento studenti a lezionedi federalismo e cittadinanza

denti e i loro insegnanti). Ha poi ricor-dato che l’iniziativa di divulgare e pro-muovere il confronto sui temi costitu-zionali fa parte della convenzione fir-mata sin dal 2003 con il Comitato re-gionale.Il moderatore dell’incontro, ElvioFassone, già senatore e magistrato,ha sottolineato il valore della nostraCarta costituzionale, che sancisce iprincipi e le regole per la nostra con-vivenza e il governo della nazione.“In questo senso anche il federali-smo, termine che deriva dal latinofoedus che significa patto, va intesocome capacità di tenere insieme re-altà diverse, per aggregazione, enon per disaggregazione come tal-volta si afferma nel dibattito politicoattuale. Infatti la nostra Costituzio-ne afferma che la Repubblica è co-stituita da Enti locali e Regioni e nonche è divisa in..” ha precisato Fas-sone.Nella relazione “Dal decentramen-to al federalismo fiscale”, Maria Ro-vero, già segretario generale del

Consiglio regionale, ha evidenziatole tappe del percorso istituzionalegià compiuto e si è soffermata suiprimi due decreti legislativi appro-vati: quello per il federalismo dema-niale e quello per Roma capitale. Hapoi citato un recente sondaggio De-mos su “Gli italiani e lo Stato” dacui risulterebbe che il più alto indicedi gradimento del federalismo è re-gistrato tra gli over 65enni (40,4%)e il più basso (16%) tra i più giova-ni, 15-24 anni.Anna Mastromarino, ricercatrice diDiritto Pubblico Comparato all’Uni-versità di Torino, ha infine illustratole “Esperienze di decentramento del-l’Europa unitaria”, spiegando che “ilfederalismo fiscale non è che l’attua-zione anche in Italia di un decen-tramento completo, perché riguardale risorse, un paradigma già esistenteda tempo in Paesi europei non fede-ralisti come la Gran Bretagna, laFrancia e la Spagna. Diverso sareb-be il federalismo politico come quel-lo della Germania”.

A Palazzo Lascaris si è aperto, l’11novembre, il seminario di aggior-namento per insegnanti, organiz-zato dalla Consulta regionale eu-ropea, in collaborazione con leUniversità del Piemonte.Al seminario, intitolato Un’Italia fe-derale in un’Europa federale, han-no preso parte 140 docenti dellescuole medie superiori che parte-cipano con le loro classi all’annua-le edizione del concorso per gli stu-denti “Diventiamo Cittadini Euro-pei”.I lavori della mattinata sono statimoderati da Edoardo Greppi (Uni-versità di Torino). Sono seguite lerelazioni di Silvano Montaldo eSergio Pistone (Università di Tori-no) e di Giampiero Bordino (Cen-tro Einstein di Studi Internaziona-li). I lavori sono proseguiti nel po-meriggio e si sono conclusi nellamattina di venerdì 12 novembrecon gli interventi di: Giuseppe Por-ro (Università di Torino), Corrado

Malandrino (Università del Piemon-te Orientale), Alberto Oddenino,Lucio Levi, Umberto Morelli, AnnaMastromarino (Università di Tori-no).Per la formazione degli studenti,in preparazione al concorso “Di-ventiamo Cittadini Europei”, sonostate organizzate 25 conferenze

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Il seminario di aggiornamento per insegnanti

Il 12 novembre, nell’Aula di Pa-lazzo Lascaris, Riccardo Molina-ri, vicepresidente del Consiglio re-gionale, delegato alla ConsultaEuropea, ha premiato i tre vinci-tori del concorso per la ideazio-ne del nuovo logo: Vincenzo Ric-cio, Stefania Di Palma e LauraLisa. La premiazione si è svoltaal termine delle due giornate de-dicate al corso di aggiornamen-to per insegnanti “Un’Italia fede-rale in un’Europa federale”.

che sono iniziate nelle otto provin-ce del Piemonte il 2 novembre esono proseguite sino al 13 dicem-bre. I vincitori potranno partecipa-re a un viaggio-studio ad istituzionieuropee e internazionali, al semi-nario federalista di Bardonecchia(TO) o al seminario federalista diVentotene (LT).

IL NUOVO LOGO

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Strasburgo: cuore e radice dell’EuropaRiflessioni di un brasiliano su un viaggio al centro dell’Unione Europea

di Gianni Giordano, Liceo scientifico Peano di CuneoQuando mi dissero che sarei anda-to a Strasburgo subito non ci crede-vo. Avevo sentito molto parlare diquella città soprattutto a causa delParlamento europeo. Mi aspettavograndi cose e grandi emozioni daquesto viaggio e non sono rimastodeluso. La prima volta che capii finoin fondo il vero significato dell’Unio-ne Europea fu alla Linea Maginot.E’ stata senz’altro una delle visite piùbelle che abbia mai fatto. Mi ha fat-to capire il senso, il motivo per cui ènata la necessità di creare un’alle-anza non solo militare fra gli Stati:l’Unione Europea. Vedere la condi-zione in cui erano costretti a starepiù di 600 soldati mi ha fatto vedereun lato della guerra che non mostra-no nei film. Durante quella visita misono meravigliato della tecnologiapresente all’interno di quella “grot-ta”. Avevano attrezzature ed equi-paggiamenti molto all’avanguardiaper l’epoca tanto da diventare unacolossale e spettacolare opera inge-gneristica. Tantissimi soldi, 5 anni dilavoro, centinaia di operai che ese-guivano gli ordini di anni di studiodegli ingegneri, e tutto questo percosa? Per la guerra. Una delle piùincredibili opere architettoniche del-l’uomo è in realtà una grande mac-china da guerra. Questo fa rifletteremolto e fa quasi star male. Ecco per-ché è nata l’Unione Europea per evi-tare che accada ancora una cosa si-mile: più di 600 soldati che stavanoaddirittura mesi sottoterra in un fred-do incredibile, provato da me in pri-ma persona, ma soprattutto senzavedere la luce del sole. La cosa chepiù mi ha causato problemi durantela visita più che il freddo era la man-canza di ossigeno, faticavo a respi-rare. Per me sarebbe impossibile ri-manere là dentro più di 5 giorni: pri-ma di tutto mi mancherebbe l’ossi-geno, secondo diventerei pazzo anon vedere la luce del sole. Quindimi sono chiesto: tutto questo percosa? Per la loro patria. Ho avuto unpiccolo assaggio di cosa sia vera-mente la guerra e da persona conun minimo di cuore non auguro anessuno di viverla. Per questo i pae-si europei dopo la seconda guerramondiale si sono alleati in modo dadiventare un’unica grande patria.Noi europei siamo quindi diventati

un’unica grande nazione e ovvia-mente nessuno combatte contro ipropri fratelli.Tra le altre cose che mi hanno colpi-to del viaggio senz’altro c’è Strasbur-go! Città non di enormi dimensionio, come ha detto la nostra guida, amisura d’uomo. La prima cosa checattura l’attenzione di questa splen-dida città è l’architettura tipicamen-te nordica, azzarderei quasi a diredi stile olandese ma sbaglierei per-ché il suo fascino sta proprio nel fat-to che è un bellissimo esempio diincontro tra due culture: quella te-desca e quella francese. La capitaledell’Alsazia riesce a racchiudere insé, in un modo quasi magico, il me-glio di queste due popolazioni tantoda far credere ai turisti di non esse-re ne in Francia ne in Germania main una ipotetica “Terra di mezzo”. Misono immedesimato parecchio inuna particolare frase della nostraguida:”Gli alsaziani si sentono fran-cesi ma la loro tradizione è tedesca”.In quel momento mi è sembrato chestesse parlando di me perché anch’ioin fondo mi sento così. Sono brasi-liano e sento di esserlo ma le mietradizioni e la mia cultura ormai sonoitaliane. Ed è proprio questo che miha fatto amare Strasburgo perché io

mi sento proprio come ogni suo citta-dino: un mix di due culture. Ogni tan-to mi capita di chiedermi se sono an-cora brasiliano, se in me è rimastoancora qualcosa di quella terra masapere che non sono l’unico e cheanche gli alsaziani hanno una crisid’identità un po’mi solleva e sicura-mente questo mi ha aiutato ad ap-prezzare molto di più il loro terri-torio. La loro cura per il verde, lebellissime piante, i viali, i fiori, i ca-nali e le innumerevoli piste ciclabilirendono senz’altro ancora più spe-ciale una città che già di suo è moltoparticolare: Strasburgo. Capisco,condivido e quindi rispetto piena-mente la scelta di insediare il Parla-mento europeo proprio lì perché èimpossibile trovare una città più eu-ropea, che rappresenti meglio tuttele guerre che l’Europa ha dovutopassare ma soprattutto che interpretipienamente il suo principale fonda-mento: l’unione e la pace tra i po-poli. Penso sia difficile trovare unesempio più bello di convivenza tradiverse culture all’interno del vecchiocontinente.Il vero obiettivo del viaggio peròera la visita al Parlamento euro-peo. Mi ha fatto quasi un pò pau-ra entrare in quell’edificio a causa

Un’immagine d’epoca delle gallerie della Linea Maginot

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della sua importanza ma anchedelle dimensioni. A questa legge-ra paura si è aggiunto poi lo stu-pore che mi è giunto vedendo dal-la piazza esterna centrale quellabellissima opera. Piano piano peròla paura è svanita e vedendo con-tinui riferimenti all’Italia tramitebandiere, partiti ed esponenti po-litici mi sono sentito sempre più acasa. Un fatto che mi è rimastoimpresso senz’altro è il momentofotografico che abbiamo avutopresso tutte le 27 bandiere dei pa-esi membri. Tutti i miei compagnihanno scattato fotografie solo conla bandiera italiana. Questo mi hafatto anche un po’ arrabbiare eancora oggi mi domando il perché.So che è stato un gesto banale maa mio parere ha un profondo si-gnificato simbolico infatti ricordobene di essermi rivolto a France-sco con queste parole:”Facciamouna foto con una bandiera chenon sia dell’Italia?”. Così pochiistanti dopo io e lui ci ritrovammoon una bandiera ciascuno inmano, rispettivamente Regno Unitoe Portogallo. E’ questo lo spirito gu-sto secondo me perché prima sia-mo cittadini europei e dopo siamoitaliani. Non immaginate quanto miabbia fatto piacere sentire e con-statare che almeno lì, nel ParlamentoEuropeo, gli europarlamentari italia-ni sono alleati, nonostante la diver-sità di schieramento politico. Mi èvenuta voglia di urlare:”Così sì fa!”perché è importante che in un con-

testo internazionale l’Italia sia unitae non divisa in tante fazioni. Lorodevono servire d’esempio per tutti iparlamentari a Roma del fatto chel’unione fa la forza, che non è ne-cessario accanirsi vicendevolmentetra partiti politici. Lega Nord, PartitoDemocratico, Italia delle libertà,UDC, tutti insieme poiché hanno unobiettivo in comune: il benessere delnostro paese. Allora perché qua nonè anche così?Il principio alla base del Parlamento èla democrazia ma il modo in cui è sta-to applicato mi ha lasciato decisamen-te senza parole. Le lingue ufficiali del-l’Ue sono 23. Sapete perché non èuna sola? L’inglese ad esempio. Sa-rebbe molto più comodo. Perché sce-gliere una sola lingua sarebbe comeammettere la sua superiorità sulle al-tre. Wow, non ci avevo mai pensatoad una cosa simile. Una semplice con-venzione potrebbe discriminare indi-rettamente altri popoli. E’ per questoe per molti altri motivi che ritengo l’UEuna delle organizzazioni più demo-cratiche al mondo. E’ incredibile l’at-tenzione che si presta alla parità deidiritti sia fra gli Stati che gli stessi cit-tadini. Ed è giusto che sia così perchéaltrimenti non sarebbe più un’allean-za tra Stati ma un dominio di uno Statosugli altri. I nostri europarlamentari egli altri in generale svolgono un ruolomolto importante visto che tutte le de-cisioni prese a Strasburgo hannoripercussioni sul nostro paese. Il lorocompito quindi è di giudicare ciò cheè meglio per noi ma in realtà per

l’Europa in generale in modo che infuturo i nostri figli possano vivere inun posto migliore e magari chiamarefratelli le persone a cui i nostri padrifacevano la guerra.E’ stato bellissimo, ad esempio, ve-dere con quanto entusiasmo Ama-rildo, un mio compagno albanese,abbia partecipato a questo viaggioe quanto fosse importante per luil’ingresso del suo paese all’internodell’UE. Spero che tutti i cittadini deipaesi non ancora membri abbianola sua stessa posizione perché en-trare a far parte dell’UE non vuoldire soltanto un’economia migliorema significa anche una garanzia deidiritti umani, una vita migliore masoprattutto rappresenta un grandemessaggio di pace che è d’esempioin tutto il mondo. Ovviamente la miasituazione è molto diversa dalla suain quanto il Brasile è in Sud Ameri-ca. Se potesse entrare nell’UE sareisicuramente il primo a votare a fa-vore.Questo viaggio mi ha trasmesso moltavoglia di Europa. Voglia di viaggiaree di conoscere tutte le culture e le tra-dizioni che fanno parte di questo gran-de “paese” di cui sono fiero di far par-te. Perché ogni stato membro portacon se un bagaglio di esperienze cheal suo ingresso condivide con gli altristati membri e vi assicuro che per menon esiste cosa più bella di vederefrancesi e tedeschi, che fino a 60 annifa erano in conflitto, coabitare sottoun’unica bandiera all’insegna dellapace e della collaborazione.

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I partecipanti al viaggio a Strasburgo dinanzi a un ingresso della Linea Maginot

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II 6 novembre si è svolto a Rimini, presso la Fiera Ecomondo, il convegno “La posizione dell’Europa e le proposte deimovimenti e delle organizzazioni della società civile in vista della Conferenza dell’ONU sul clima di Cancún”. Ilconvegno è stato organizzato dalla Commissione nazionale ambiente del MFE, dal Centro Einstein di Studi Interna-zionali di Torino e dall’Istituto di Studi sul Federalismo e l’Unità Europea “Paride Baccarini”, con il patrocinio delParlamento europeo, della Commissione europea, del Comune di Rimini, e con la collaborazione di CIME, AICCRE eAEDE. Riportiamo di seguito una sintesi degli interventi.

Proposte in vista della Conferenzadell’ONU sul clima di Cancúndi Liliana Digiacomo

I convegni e gli studi

Lamberto Zanetti, coordinatore del-la Commissione nazionale ambientedel MFE e Presidente dell’Istituto diStudi sul Federalismo e l’Unità Euro-pea “Paride Baccarini”, ha aperto ilavori ricordando che la Commissio-ne nazionale ambiente del MFE giàda tempo organizza convegni sulla ri-conversione ecologica dell’economiae della società e l’anno scorso ha la-vorato per far giungere a Copenaghenle proposte del MFE.Roberto Palea, Presidente del Cen-tro Einstein di Studi Internazionali diTorino, ha sottolineato che il mondonon ha ancora capito la gravità delleconseguenze dei cambiamenti clima-tici in corso per effetto delle emissionidi CO2 e di altri gas nell’atmosfera,derivanti dall’uso crescente di combu-stibili fossili nell’attività dell’uomo eche pongono a rischio la sopravviven-za stessa del genere umano. Poichéstabilizzare il clima è un problema glo-bale, ha proseguito Palea, esso deveessere affrontato insieme dai princi-pali paesi inquinatori (Stati Uniti, Cina,Unione Europea, India, Giappone,Russia, Brasile, Sud Africa). Questi, aCancún, debbono trovare un accordovincolante che comporti un piano plu-riennale di riduzione delle emissioniad effetto serra, basato sulle emissio-ni pro-capite (e non su quelle com-plessive) dei paesi indicati. Perchédetto piano diventi credibile ed effi-cace è necessario che venga avviatala costituzione di un’OrganizzazioneMondiale per l’Ambiente in grado digestire, dinamicamente, detto piano.L’Organizzazione Mondiale per l’Am-biente dovrebbe assumere comemodello quello della Comunità Euro-pea del Carbone e dell’Acciaio (CECA)nel processo di unificazione europea,e quindi essere dotata di reali poteri,finanziata da risorse proprie e direttada un’Alta Autorità indipendente, sot-to controllo dell’ONU.Per Palea, una carbon tax mondiale sa-

rebbe lo strumento più adatto per assi-curare il suo finanziamento. Perché que-ste rivendicazioni possano affermarsi èfondamentale il ruolo dell’Unione Eu-ropea, che dovrebbe istituire subito lacarbon tax europea e adottare le misu-re istituzionali necessarie per assumerela capacità di parlare con una voce solanel contesto internazionale e svolgerequel ruolo di leadership nel processo diriconversione, in senso ecologico, del-l’economia che le compete. È, inoltre,indispensabile la mobilitazione della so-cietà civile e la capacità dei movimentiche la rappresentano di muoversi conunità d’intenti e per obiettivi condivi-si.Jeremy Rifkin, impossibilitato a par-tecipare direttamente, ha detto con unmessaggio video (http://www.youtube.com/watch?v=l0aYzZ5Z87w): ”Adoggi, non c’è questione più impellen-te per l’intero pianeta del riscalda-mento globale. Siamo alla svolta de-cisiva nella storia della razza umana.Abbiamo già avuto modo di vederel’impatto dei cambiamenti climaticisull’agricoltura e sulle infrastrutture esiamo a corto di tempo sia per affron-tare questa crisi, che per creare alter-native. Pertanto, l’iniziativa del Movi-mento Federalista Europeo di aprireuna discussione sul come far incon-trare gruppi operanti in vari settori alivello internazionale e di iniziare acreare un piano unificato a lungo ter-mine, più coerente e completo, è de-cisiva…. Come già sapete tutti, nel2007 il Parlamento europeo ha ap-provato formalmente l’iniziativa “Ter-za Rivoluzione Industriale” per l’Eu-ropa e per l’intero pianeta. QuestaTerza Rivoluzione Industriale ci portain un nuovo regime economico basa-to sulle energie rinnovabili… È neces-sario ora far incontrare le organizza-zioni della società civile, le imprese, igoverni locali e regionali di tutto ilmondo per iniziare una discussionebasata, prima di tutto, su un esame di

coscienza e incentrata su come farinteragire i nostri vari interessi in unasola iniziativa…per curare il pianeta,“ripiantare” la terra e conservarla perle generazioni future…”Angelo Consoli, Presidente del CE-TRI (Centre Européen pour la Troisiè-me Révolution Industrielle di Bruxel-les), ha trattato il tema: ”Un’Europapost carbon: un nuovo grande proget-to per l’integrazione europea”. AngeloConsoli ha parlato di una nuova stra-tegia energetica europea che vadaoltre il “20 20 20” e del concetto dellow carbon, che attualmente ispiral’azione europea nel settore energe-tico.Low carbon, infatti, nella prospettivadella Terza Rivoluzione Industriale,non può essere l’obiettivo strategicodi lungo periodo, ma semplicementelo strumento tecnologico per arrivaread una Europa post carbon, verso unoscenario che utilizzi energie pulite, rin-novabili e l’idrogeno verde. AngeloConsoli ha affermato che passaredall’attuale modello accentrato di pro-duzione di energia a un modello di-stribuito - in cui tutti potranno diven-tare produttori e fruitori di energia, permezzo delle smart grids, le rete intel-ligenti o della generazione diffusa -deve diventare il prossimo grandeobiettivo dell’integrazione europea,dopo l’euro e l’allargamento. La Com-missione europea, per Angelo Con-soli, è sulla strada giusta. Con pro-grammi nuovi e creativi, come il Pattodei Sindaci, compie un passo in avanti,responsabilizzando le istituzioni piùvicine ai cittadini, i Comuni. Ma si devefare di più: si devono intraprenderepiù decisamente programmi di ricer-ca per le energie solari e abbando-nare il nucleare che ancora occupaoltre 80% dei bilanci europei specifici(7FWP). E ci vuole molta più coscien-za e consapevolezza dei temi ener-getici fra i cittadini, quindi molta piùinformazione. La Terza Rivoluzione

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Industriale è l’estensione di questomodello decentrato. Anche sulle smartgrids l’UE sta andando avanti e puògiocare un ruolo fondamentale: inte-grare tutte le azioni in un grande pro-getto: l’energia è un bene pubblico,come l’acqua, l’aria e la libertà. E’ undiritto umano!Alberto Majocchi, docente diScienza delle finanze all’Universitàdi Pavia e Presidente dell’ISAE, haesposto la proposta federalista “Unacarbon tax europea per la riconver-sione ecologica dell’economia”, par-tendo dalla considerazione che conlo sviluppo dei BRIC e degli altri pa-esi industrialmente emergenti lapressione sulle risorse è diventata in-sostenibile. Il vincolo ambientale im-pedisce di avviare la ripresa attra-verso la componente della doman-da di beni di consumo, in particola-re nei paesi ricchi. Occorre quindiavviare la riconversione ecologicadell’economia e il primo obiettivo daraggiungere è il rilancio di un pro-cesso che deve portare alla fonda-zione di una low-carbon economy.L’Europa ha scelto di utilizzare comestrumento per la riduzione delleemissioni di gas a effetto serra i per-messi negoziabili di inquinamento,impiegati nei settori più energivori ea più alta intensità di emissioni. Maesso non copre alcuni settori impor-tanti dell’economia europea, soprat-tutto i trasporti, ma anche i consumidelle famiglie, i rifiuti e l’agricoltu-ra. Per queste ragioni è necessariorilanciare la proposta di introdurrein Europa la carbon/energy tax, conun duplice impatto positivo: da unlato, per la componente energia,promuovendo il risparmio energeti-co, attraverso l’aumento del prezzodelle fonti energetiche; d’altro lato,per la componente carbonio, ren-dendo più conveniente l’acquisto dicombustibili non fossili e lo sviluppodi energie rinnovabili. Vi è ormai unconsenso diffuso sulla necessità diintrodurre una carbon tax a livellomondiale per combattere i cambia-menti climatici. Ma come avvienesempre nel caso di beni pubblici,nessun paese introduce l’imposta peril timore di perdita di competitività.L’Unione Europea può farlo unilate-ralmente, se accompagna l’introdu-zione della carbon/energy tax conl’imposizione di un equivalente di-ritto compensativo alla frontiera. Ilgettito della nuova imposta dovreb-be essere destinato al finanziamen-to del bilancio comunitario in modotale da costituire una vera risorsapropria. Un bilancio di dimensionipari al 2% del PIL europeo sarebbeinoltre più che sufficiente per garan-tire l’emissione di Union bonds nel-

la misura richiesta per finanziare ungrande piano di rilancio dell’econo-mia europea e per sostenere gli in-vestimenti necessari per favorire latransizione verso un’economia so-stenibile.Vittorio Prodi, membro della Com-missione ambiente del Parlamentoeuropeo, ha esordito affermando lanecessità fondamentale della politi-ca di capire i cambiamenti in corso.Se si parla di riscaldamento globa-le, ci si rende conto da una partedella scarsità dei combustibili fossi-li, e dall’altra dei limiti dati dalle ca-pacità della terra di assumerne gliscarti: questo è un problema globa-le che mette gli Stati in una situa-zione di interdipendenza. Si devedunque trovare un sistema comuneper gestire questa interdipendenza.Tale necessità apre la sfida per ungoverno mondiale. L’Unione Euro-pea non ha un governo, ma la suaevoluzione ci insegna molto su comesi gestisce l’interdipendenza dei go-verni. In questo momento partico-lare si è di fronte ad un rifiuto cre-scente a capire questa interdipen-denza, a darle un significato politi-co. L’Unione ci mostra che gli Statiperdono pezzi di sovranità nella ge-stione dei problemi globali e la riac-quistano solo all’interno delle istitu-zioni comuni. Per Vittorio Prodi, ilproblema è che non è mai stata datauna risposta politica alla dichiara-zione di Bali, quella della responsa-bilità comune anche se differenzia-ta: a tutte le generazioni va garan-tito un accesso equo alle risorse na-turali. C’è bisogno di ridurre a unquinto le nostre emissioni di anidri-de carbonica per limitare il riscal-damento globale di due gradi. Ognipersona al mondo deve avere il di-ritto di usare gratuitamente l’atmo-sfera per comportamenti sostenibili.Serve un sistema di governo mon-diale e la capacità di capire le dina-miche del cambiamento è fonda-mentale. È ciò che in Parlamento siesprime in uno slogan: oltre il PIL. IlPIL è un po’ il dittatore che misura ilnostro benessere solo sulla produ-zione materiale, che deve crescereindefinitamente, trascurando peròaltri beni altrettanto importanti. Lariforma dell’idea di PIL è prima ditutto culturale, poi arriveranno so-luzioni politiche.Liliana Digiacomo, della Direzionenazionale MFE e Segretaria regionaledella Puglia, ha poi esposto i conte-nuti del documento del MFE in vista diCancún, sottolineando la drammati-cità della situazione attuale che mettea rischio la sopravvivenza della stessarazza umana. Bisogna insegnare allasocietà e ai giovani che è giunto il

momento della decrescita, che altronon è che l’assenza di sprechi, perpoter avere ancora un futuro sosteni-bile. Con il documento del MFE si chie-de all’Unione Europea di farsi promo-trice della riconversione ecologica del-l’economia, di svolgere tale ruolo com-pletando l’Unione federale dell’Euro-pa con la creazione di un governo de-mocratico europeo, di operare per ri-durre concretamente le emissioni diCO2, di affrontare il problema con glialtri Stati del mondo, costituendoun’Organizzazione Mondiale perl’Ambiente, come già richiamato daPalea.Maurizio Gubbiotti, Coordinatoredella Segreteria nazionale di Legam-biente, nell’esporre le conclusioni delConvegno, ha detto che a Cancún,come accadde a Copenaghen nel2009, la Conferenza dell’ONU saràpartecipata e vissuta non solo dagliaddetti ai lavori, ma anche da mol-tissime realtà sociali mondiali e dapaesi mai intervenuti nei 15 anniprecedenti , perché ormai c’èun’enorme consapevolezza del pro-blema ambientale ed energetico. ACancún bisogna intervenire con unasfida alta che rimetta in discussionetutto il modello di sviluppo, a parti-re dal modello energetico: la sfidagiusta è la “Terza Rivoluzione Indu-striale”. È il discorso dei nuovi dirittinel mondo, è il discorso della giusti-zia climatica, perché l’ambiente, illavoro, la salute e l’energia sono di-ritti. Dietro la crisi ambientale ci sonoi profughi ambientali, ad oggi 50milioni di persone, ma la cifra puòessere stravolta da una qualsiasi ca-tastrofe ambientale, in qualsiasi mo-mento. Già 192 milioni di personenon sono più nel loro territorio diorigine, perché la loro terra non puòpiù essere coltivata o non hannoaccesso all’acqua potabile. A Can-cún e dopo Cancún si avrà un biso-gno fortissimo di Europa unita. An-che gli ambientalisti devono esserecoesi e unire le forze. Il protocollodi Kyoto è stato inadeguato e il Pat-to dei Sindaci è un protocollo di Kyo-to che viene dal basso. Se si deveripensare un nuovo protocollo diKyoto, non si potrà fare come seKyoto non ci sia stato: non si potràchiedere ai paesi emergenti di farequello che altri Paesi non hanno fatto(pagare per non aver rispettato ilprotocollo di Kyoto). Si deve pensa-re ad un protocollo che sia in gradodi mettere in campo azioni, strumentie finanziamenti per affrontare i cam-biamenti climatici. L’Europa è lascommessa vera, che deve divenireprotagonista nella costruzione dellapace e della sostenibilità ambienta-le e sociale.

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Il contributo di Mario Albertinial pensiero federalistadi Massimo Malcovati

Con l’uscita del nono ed ultimo vo-lume si è completata la pubblicazio-ne dell’opera omnia di Mario Alber-tini, curata da Nicoletta Mosconi perle edizioni de Il Mulino, con il soste-gno della Fondazione Europea “Lu-ciano Bolis” e del Centro Studi sulFederalismo di Torino. Questa gros-sa rualizzazione editoriale è statapresentata mercoledì 1° dicembre2010 a Milano, nell’aula magna del-la Facoltà di Scienze politiche del-l’Università Statale, nel corso di unconvegno sul contributo di Mario Al-bertini al pensiero federalista presie-duto da Antonio Padoa-Schioppa,dell’Università di Milano, durante ilquale sono intervenuti Lucio Levi,dell’Università di Torino, Giulio Gu-derzo e Alessandro Cavalli, dell’Uni-versità di Pavia. A testimonianza diquanto il contributo di Alberlini siatuttora di riferimento per vecchie enuove generazioni di federalisti mi-litanti, va sottolineata la folta parte-cipazione di federalisti di diverse cit-tà, giunti a Milano per ascoltare i di-versi contributi in programma, di cuidi seguito diamo una breve sintesi,Nell’aprire il convegno Padoa-Schioppa ha ricordato come la pub-blicazione dei nove volumi di “Tuttigli scritti” di Mario Albertini - oltrenovemila pagine, pubblicate dalMulino nel breve arco di appenaquattro anni - sia un evento ecce-zionale per almeno due ragioni. An-zitutto, per ben pochi personaggi delNovecento, all’infuori degli scrittori,si dispone dell’edizione integraledell’opera scritta. Basti considerareche questo vale anche per i due pa-dri fondatori del processo di integra-zione europea nella prospettiva delfederalismo, Altiero Spinelli e JeanMonnet, dei quali ad oggi è disponi-bile a stampa solo una parte minoredegli scritti. Mario Albertini è uno deimassimi protagonisti di questo pro-cesso. Egli è stato uno dei pochissi-mi fondatori di nuovi ordinamentipolitici che ha saputo coniugare ar-monicamente il pensiero e l’azione.Quanto all’azione, ha proseguitoPadoa-Schioppa, basti dire che duepilastri della costruzione europea -il Parlamento europeo eletto a suf-frago universale e la moneta unica -sono stati prima proposti e poi luci-damente imposti all’attenzione deipolitici con una coerente ed efficace

mobilitazione di militanti federalistiproprio da Albertini, da considerar-si, con i due già menzionati, un ter-za padre fondatore dei federalismomoderno. L’edizione completa degliScritti, ha concluso Padoa-Schioppa.permetterà agli storici futuri, ma an-che ad una cerchia più vasta di let-tori, di ricostruire le vie di formazio-ne di un pensiero perpetuamente inmovimento, elaborato con concen-trazione assoluta in ogni momentodella sua vita. E permetterà, insie-me, di seguire, giorno dopo giorno,l’intensità senza soste dello sua azio-ne di animatore, che ha saputo im-mettere in un gruppo di giovani, conun dialogo appassionato e socrati-co, rispettoso di ogni interlocutore edi ogni opinione per quanto infor-me ed embrionale, la scintilla del-l’impegno militante per un idealepolitico ed etico elevatissimo. Unascintilla che ha cambiato la vita diciascuno di loro, di ciascuno di noi.Per questo a Giovanni Vigo e a Ni-coletta Mosconi - che ha dedicatol’esistenza a questo compito nobilis-simo e che tanto avremmo volutopresente qui oggi – va la riconoscen-za profonda di chi, sulla scia di Ma-rio Albertini, crede nel valore delleidee e nella possibilità di cambiare ilcorso della storia.

Nella sua introduzione su “La politi-ca tra scienza e filosofia”, Lucio Leviha ricordato come Albertini abbiadato un grande contributo intellet-tuale alla definizione e al rinnova-mento della teoria federalista, con-cependo l’impegno teorico come unmezzo per rendere più efficacel’azione politica. Egli pensava infattiche il criterio della verità del pensie-ro risiedesse nella pratica, cioè nel-la sua capacità di cambiare il mon-do.Le scienze sociali, ha proseguito Levi,consentono di giungere a una cono-scenza della società sottratta alla con-venienza dei calcoli politici e di deter-minare lo spazio che appartiene ri-spettivamente alla necessità e alla li-bertà. Il modello teorico di analisi dellapolitica elaborato da Albertini ha svi-luppato tre aspetti: il materialismo sto-rico, che consente di stabilire una re-lazione tra le fasi dell’evoluzIone deimodi di produzione e l’allargamentodella dimensione dello Stato (dalla cit-tà-stato alla federazione mondiale);la teoria della ragion di Stato, che con-sidera la ricerca della sicurezza comela priorità politica dì ogni Stato in unmondo diviso in Stati sovrani, ma checesserà di essere una forza motricedella storia quando sarà raggiunto iltraguardo della Federazione mondia-

Mario Albertini

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le; la teoria dell’ideologia, che studiale forme che assume il pensiero poli-tico attivo e permette individuare leistituzioni e i valori necessari a gover-nare le diverse fasi della storia.Le scienze sociali non consentono digiungere a un’analisi completa del-la politica. Tutti i concetti della poli-tica (Stato, potere, pace ecc,) indica-no insieme fatti e valori. Se è veroche le scelte di valore non possonoessere esplorate con il metodo scien-tifico, è anche vero che esse posso-no essere sottoposte a una formadiversa di controllo, quella della co-erenza logica. La filosofia della sto-ria è la sfera della conoscenza chestudia il senso e il fine della storia,la quale, secondo l’interpretazionekantiana, consiste nella costruzionedella pace, che è l’aspetto valore delfederalismo.Giulio Guderzo ha affrontato nellasua introduzione il tema del Risorgi-mento italiano e l’unità europea nelpensiero di Albertini. Con ampie ci-tazioni dei suoi scritti, egli ha innan-zitutto sottolineato come l’esperien-za del totalitarismo fascista e dellesue devastanti conseguenze avesseprofondamente segnato il giovaneAlbertini che, fin dai primi scritti del-l’immediato dopoguerra, ha espres-so il proprio rifiuto di un lealismoverso una patria si era concretizzatanella negazione dei valori in nomedei quali era stata costruita. Il distac-co dal liberalismo nazionalista diCroce e la graduale scoperta del-l’idea dell’Europa, hanno poi porta-to Albertini a riflettere su un possibi-le parallelismo tra il Risorgimento ita-liano e la costruzione dell’unità eu-ropea. D’altra parte la contempora-nea riflessione sull’idea di nazionee la constatazione della sua natura

di giustificazione ideologica delloStato burocratico e accentrato carat-teristico del continente europeo han-no costituito la premessa per l’inqua-dramento dei contributo dei diversiprotagonisti del Risorgimento (“maz-ziniani” o cavouriani”) al processo diunificazione italiana. Se, alle originiil Risorgimento, sia nei mazzinianiche nei “moderati”, la spinta versol’unità nazionale era espressione disentimenti di nazionalità e soprana-zionalità spontanea ed era il risulta-to della necessità di creare un qua-dro politico che permettesse la pie-na espressione delle forze produtti-ve, la nascita dello Stato italiano hafatto dell’idea di nazione lo strumen-to ideologico del suo inserimento nelsistema europeo degli Stati ormaiavviato verso la sua agonia ed hasoffocato gli elementi di sovranazio-nalità spontanea che pure erano statipresenti. In questa prospettiva, il Ri-sorgimento può essere consideratocome un processo incompiuto, chesolo nell’unificazione europea, conil superamento dello Stato naziona-le burocratico ed esclusivo potrà es-sere completato.Alessandro Cavalli, che insieme aGiulio Guderzo e ad Ezio Lancellot-ti, è stato uno dei giovani che hannofatto parte dell’iniziale Comitato diredazione della rivista “Il Federali-sta”, fondata da Albertini nel 1959e da lui diretta fino al 1996, parlan-do sulla rivista Il Federalista. Batta-glia politica e innovazione cultura-le”, ha esordito ricordando il qua-dro politico nel quale si era consta-tata l’esigenza dar vita ad uno stru-mento di elaborazione e di forma-zione culturale federalista. Con lacaduta della CED ed il profondo ri-pensamento del ruolo del Movimen-to Federalista nella nuova situazio-ne venutasi a creare, affermare l’au-tonomia del Movimento rispetto aipartiti e formare una generazione dimilitanti che facessero dei federali-smo il loro impegno politico priori-tario erano diventati obiettivi impre-scindibili per la sopravvivenza deiMovimento. Il “nuovo corso” porta-to avanti da Spinelli e Albertini si erafaticosamente affermato con il Con-gresso di Bolzano dei MFE e di Ca-stellamare di Stabia della GFE. Ed èstato proprio grazie al contributo fi-nanziario della nuova segreteria (au-tonomista) della GFE fu possibilestampare i primi numeri della rivi-sta. Nei primi anni, la sua strutturarifletteva la suddivisione dei ruolinella dirigenza del Movimento: inogni numero, l’articolo di analisipolitica era redatto molto spesso daSpinelli. mentre quello dì carattereprevalentemente culturale ed orga-

nizzativo da Albertini. D’altra parte,l’esigenza di fare dalla rivista unostrumento soprannazionale che con-tribuisse alla creazione di un Movi-mento non solo italiano portò nelgiro di tre anni alla scelta di pubbli-care la rivista in francese e poi, apartire d 1984, anche in inglese. Ilcontributo di Albertini alla rivista èstato costante e Cavalli ha constata-to con piacere che tutti gli articoli diAlbertini sono ora raccolti, consulta-bili e inseriti tra altri scritti contem-poranei nell’opera omnia appenacompletata. Egli ha concluso augu-randosi da un lato che almeno lascelta dei contributi più significatividi Albertini possa essere raccolta epubblicata inglese, in modo che ilsuo pensiero possa entrare nel cir-cuito della cultura mondiale, dall’al-tro che !a disponibilità dell’operaomnia sia l’occasione per riprende-re e sviluppare il suo pensiero.Prima di concludere, Padoa-Schioppaha invitato Giovanni Vigo, che con Ni-coletta Mosconi ha strettamente colla-borato alla preparazione dell’operaomnia, a rievocare come un’impresa dicosì ampio respiro abbia potuto essererealizzata in tempi così rapidi. Vigo haricordato con commozione come, dopomolte difficoltà, avesse trovato in Gio-vanni Evangelisti, direttore editoriale delMulino, un entusiastico appoggio ecome, proprio negli archivi della biblio-teca della casa editrice, egli avesse sco-vato, donate da Evangelisti, introvabilipubblicazioni federaliste dei primissimianni dei dopoguerra. Concludendo,Vigo ha voluto sottolineare il contribu-to di tanti amici e militanti che hannomesso a disposizione corrispondenza emateriale indispensabile per fare del-l’opera il quadro completo del pensie-ro di Albertini.

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Con tutto il suo umanesimo la re-ligione porta in sé una tentazio-ne totalitaria. Dall’universalismodella religione nasce una frater-nità che trascende classe socialee nazionalità, ma anche la demo-nizzazione degli alti pensieri reli-giosi, una tendenza che attraver-sa tutta la storia - e che risale acirca duemila anni fa, alle originidelle religioni monoteiste, Cristia-nesimo, Ebraismo, Islam. Dio puòin uguale misura rendere civili eimbarbarire gli esseri umani. Sevogliamo comprendere la religio-ne nel mondo moderno dobbia-mo capire il paradosso della glo-balizzazione della religione.La religione non è solo inciden-talmente globale nella sua espan-sione, un sottoprodotto della glo-balizzazione di strutture più po-tenti come i mass media, il capi-talismo e lo Stato moderno.Piuttosto la formazione e la dif-fusione globale della religione ingenerale, e delle religioni mono-teiste in particolare, è una carat-teristica essenziale che definiscequelle religioni fin dai loro inizi.In effetti, alcune religioni sono«attori globali» da più di duemilaanni. Pertanto, al fine di compren-dere il gioco del meta-potere cheridefinisce il potere nell’era glo-bale, dobbiamo prendere in con-siderazione, oltre al capitale glo-bale, ai movimenti della societàcivile, ai protagonisti statali e alleorganizzazioni internazionali, ilruolo delle religioni come forzemodernizzanti o anti-moderniz-zanti nella società mondiale post-secolare.Per la religione un postulato è as-soluto: la Fede - a suo confrontotutte le altre differenze sociali econtrapposizioni non sono impor-tanti. Il Nuovo Testamento dice:«Tutti gli uomini sono uguali da-vanti a Dio». Questa uguaglian-za, questo annullamento dei con-fini che separano le persone, igruppi, le società, le culture è il

fondamento sociale delle religio-ni (cristiane). Un’ulteriore conse-guenza, tuttavia, è questa: unanuova fondamentale distinzionegerarchica è stabilita nel mondocon lo stesso valore assoluto del-le distinzioni politiche e sociali chesono state annullate: la distinzio-ne tra credenti e non credenti. Ainon credenti (sempre secondo lalogica di questa dualità) vengo-no negate l’uguaglianza e la di-gnità di esseri umani. Le religionipossono costruire ponti tra le per-sone dove esistono gerarchie efrontiere; allo stesso tempo apri-re nuove voragini determinatedalla fede là dove prima non ven’erano.Fu Paolo, un ebreo ellenizzatoche, più di ogni altra figura nelmovimento nato attorno a Gesù,trasformò il cristianesimo da set-ta ebraica a forza religiosa glo-bale con una visione universali-stica. Fu lui ad abbattere i muri:«Non c’è né ebreo né greco, nonc’è né schiavo né libero, non c’èné maschio né femmina».L’universalismo umanitario deicredenti si basa sulla identifica-zione con Dio - e su una demo-nizzazione degli avversari di Dioche, come erano soliti dire Paoloe Lutero, sono «servi di Satana».Questa ambivalenza tra tolleran-za e violenza può essere suddivi-sa in tre elementi: le religioni delmondo A) rovesciano le gerarchieprestabilite e di conseguenza iconfini tra nazioni e gruppi etni-ci; sono in grado di farlo, nellamisura in cui B) creano un uni-versalismo religioso di fronte a cuitutte le barriere nazionali e so-ciali diventano meno importanti;simultaneamente, si manifesta ilpericolo che C) alle barriere etni-che, nazionali e di classe si sosti-tuiscano quelle tra i credenti nel-la vera fede da un lato e i cre-denti nella fede sbagliata e i noncredenti dall’altra. Questo è il ti-more che sta diffondendo: che il

rovescio della medaglia del falli-mento della secolarizzazione siala minaccia di un nuovo secolobuio. La religione uccide.Si sta dibattendo con inquietudi-ne il «problema» dell’Islam nel-l’Europa laica: alcuni addiritturadenunciano la «fine del multicul-turalismo» - in un’Europa dalletroppe identità dissonanti. Igno-rando così lo stratagemma dellacooperazione: è possibile distin-guere tra ortodossia e interazio-ne. Questo procedimento si vedein atto in alcuni luoghi, diciamoa Londra e a Milano, ma soprat-tutto negli Stati Uniti e in parti-colare nelle grandi città di tutto ilmondo (tantissimo in Giappone).Questo buon senso interreligiosofunziona nei progetti educativicome nel soccorso dei poveri,nella tutela delle minoranze o deimigranti (illegali) e, non ultimo,nella pubblica opposizione allepolitiche statali di esclusione.I gruppi possono essere intolle-ranti per quanto riguarda la teo-logia altrui, ma al tempo stessolavorare insieme in modo creati-vo per affrontare preoccupazionipubbliche condivise. Questa se-parazione tra il dogma e la pra-tica è possibile, non solo a livellolocale, ma anche sulla scenamondiale? Le religioni del mon-do possono effettivamente intera-gire e collaborare per dare rispo-ste pragmatiche alle sfide postedai rischi della società mondiale- i l pe r i co lo d i una gue r ranucleare,‘i cambiamenti climati-ci, la migrazione, la povertà glo-bale?Oggi chiedersi in che misura laverità possa essere sostituita dal-la pace è una domanda crucialeper la sopravvivenza dell’umani-tà. Ma la speranza per una reli-giosità inter-cristiana o cristiano-musulmana senza la demonizza-zione dell’altro non è la cosa piùimprobabile, ingenua, sciocca,assurda in cui si possa sperare?

Il Centro Studi sul Federalismo organizza annualmente una Lecture su argomenti di attualità europea. La serie delleLectures, intitolata ad Altiero Spinelli - uno dei grandi padri del federalismo europeo –ha visto lo scorso 19 novembre2010, presso l’Aula Magna dell’Università di Torino, la partecipazione di Ulrich Beck con un’allocuzione dal titolo:The return of Gods and the crisis of European modernity. Ulrich Beck è professore di Sociologia presso l’Università diMonaco di Baviera e la London School of Economics. Riportiamo di seguito una sintesi della sua Lecture apparsa lostesso giorno su “La Stampa”

Dio, rischio della societàglobalizzatadi Ulrich Beck

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Per iniziativa del Movimento Federa-lista Europeo (MFE), del Centro StudiSereno Regis (CSSR) e del Centro Ein-stein di Studi Internazionali (CESI) si ècostituito a Torino un Comitato d’ini-ziativa per un Movimento dei Movi-menti (MdM) con l’intento di individua-re ciò che unisce, o potrebbe unire, ilgrande numero dei Movimenti dellasocietà civile in Piemonte, in Italia, inEuropa e nel mondo, ed ottenere, pertale via, risultati più incisivi e soddi-sfacenti nel perseguimento di obietti-vi comuni.Con il sostegno della Fondazione Bot-tari Lattes, il Comitato ha organizza-to, il 4 dicembre scorso, a Monforted’Alba, presso la sede della Fonda-zione, un convegno sul tema “Il dirit-to all’uguaglianza nel mondo che cam-bia”. Oggi in Italia e in Europa l’esi-genza di far valere questo diritto ècondivisa da tutti i movimenti e le or-ganizzazione della società civile, soli-dali nel rifiuto della discriminazionedelle persone provenienti da paesiterzi e nell’affermare il diritto adun’esistenza dignitosa per tutti.E’ la lunga storia di conflitti e vittorie –come dice Giuliano Martignetti delCSSR nella presentazione del MdM –che accomuna tutti coloro che si oc-cupano di diritti, al di fuori di ruoli po-litici o di potere e di interessi perso-nali. E’ l’interesse vero per la cosapubblica insieme alla capacità di guar-dare oltre i confini nazionali ad un’Eu-ropa e ad un mondo multiculturali emultietnici. Come lavorare insieme?La prima iniziativa si è articolata in-torno ai “diritti degli immigrati “. “ Noiabbiamo bisogno delle stesse cose dicui avete bisogno voi, degli stessi di-

Nasce a Torino il Movimentodei Movimenti

ritti e degli stessi doveri” dice Osval-do Boy, presidente della comunitàperuviana in Europa, poiché, aggiun-ge Giampiero Bordino del MFE, unasocietà fortemente diseguale non soloè infelice ma soffre di gravi disecono-mie, mentre l’uguaglianza e la coe-sione sociale sono condizioni essen-ziali dello sviluppo. Così si affrontanonel convegno due temi centrali chesono “la cittadinanza europea di resi-denza” e, in secondo luogo, “il reddi-to minimo garantito”. Discriminatoriae fonte di conflitti è la cittadinanza fon-data sull’origine nazionale e sullo “iussanguinis”. Inoltre, in una società de-mocratica, nessuno dovrebbe essereprivo di risorse per una vita dignitosa(come stabilisce l’art. 34 della Cartadei diritti fondamentali dell’UnioneEuropea).Nel corso del convegno, GiuseppeBronzini, giudice di Cassazione edesponente del MFE, sottolinea comela Carta dei diritti fondamentali del-l’UE contempli diritti di terza e quartagenerazione che non sono presentinelle Costituzioni nazionali (per es.privacy, libertà su internet, dei bam-bini, delle persone tutte – non solo cit-tadini e lavoratori – ad una esistenzadignitosa). Con l’entrata in vigore delTrattato di Lisbona la Carta è stata resavincolante per tutti gli Stati membri ela Corte di Giustizia europea e le cortinazionali la applicano costantemen-te. Cristina Molfetta, dell’Ufficio mi-granti della diocesi di Torino, focaliz-za la difficile e incerta situazione inItalia, ma anche in Europa, dei rifu-giati politici che spesso sono senzaresidenza e senza diritti (assistenzasanitaria, asili etc.). Grazia Borgna

(CESI) parla del diritto al lavoro, delladisoccupazione in Europa, del lavoroprecario, delle scelte non omogeneee di scarsa efficacia fatte dall’Europaper affrontare il problema. Un soste-gno al reddito, insieme alla creazio-ne di nuovi e stabili posti di lavoronelle nuove tecnologie, nella salva-guardia del patrimonio naturale, ar-tistico e culturale, potrebbero rilancia-re lo sviluppo, l’occupazione, l’inno-vazione. Roberto Palea, del Comitatod’iniziativa per il MdM, presenta leprime due iniziative politiche, duepetizioni. La prima, rivolta alle istitu-zioni europee, relativa alla richiestadella cittadinanza europea di residen-za, la seconda, indirizzata alla regio-ne Piemonte, relativa all’erogazionedi un reddito minimo garantito allepersone che vivono sotto la soglia dipovertà. Il convegno avvia la raccoltadi adesioni alle due petizioni, che av-verrà anche attraverso il Web.Nel corso del pomeriggio si svolgonotestimonianze ed interventi program-mati di esponenti delle comunità diimmigrati e dell’associazionismo ita-liano ed europeo. (AssociazioneNetcoor Ivoirtech, AssociazioneTerradel fuoco, Associazione GhanaBrotherhood, Associazione Macedo-nia-Italia, MFE, Basic Incom Network– Italia (BIN), Associazione Albanesi ,Associazione Italocinese Zhi Song,Circolo Spinelli Milano, AssociazioneLe Bon Pasteur, Associazione Peruvia-ni all’Estero, Associazione Camerun-Italia, Associazione Italiana per il Con-siglio dei Comuni e delle Regioni d’Eu-ropa). Il Convegno si chiude con leconclusioni a cura del Comitato di ini-ziativa promotore del Convegno.

Monforte d’Alba, 4 dicembre 2010. Da sinistra: Giampiero Bordino, Giuliano Martignetti, Osvaldo Boy, Giuseppe Bronzini

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Il Direttivo regionale dell’AICCRE, riu-nito il 1 dicembre a Torino presso ilConsiglio regionale del Piemonte, havisto il passaggio della Presidenza del-la Federazione da Davide Gariglio, giàPresidente del Consiglio regionale delPiemonte, a Valerio Cattaneo, nuovoPresidente del Consiglio regionaledopo le elezioni di marzo 2010. Il Se-gretario regionale Alfonso Sabatinoha ringraziato Davide Gariglio per l’at-tenzione e la disponibilità con le qua-li ha guidato la Federazione in questianni e ha ricordato che egli rimarràmembro di diritto del Direttivo regio-nale AICCRE, come da Statuto dellaFederazione. Il Direttivo ha poi deci-so la cooptazione di Bruno Mazzola edi Claudio Mandrino, soci individualie ha, inoltre, convocato l’Assembleacongressuale regionale per il 14 gen-naio 2011, sempre presso il Consi-glio regionale del Piemonte alle ore15.00, in vista dell’Assemblea con-gressuale nazionale di Roma del 3, 4e 5 marzo 2011.

Il Direttivo regionale AICCRENell’assumere la Presidenza, Vale-rio Cattaneo ha sottolineato la con-tinuità dell’impegno e la necessità diun intenso lavoro di riposizionamen-to del ruolo dell’Associazione. Ha ri-conosciuto l’importanza delle rifor-me statutarie nazionali in discussio-ne, che tra l’altro prevedono unamaggiore responsabilità delle Fede-razioni regionali in un Consiglio fe-derale che affiancherà il Consiglionazionale quale organismo delibe-rativo nazionale; inoltre ha condivi-so la necessità di rendere più agile evisibile l’Associazione. Ha espressoinfine il proprio impegno per il rilan-cio dell’Associazione in Piemonte.Nella sua relazione, Sabatino ha sot-tolineato che, a circa sessanta annidalla fondazione, il Consiglio deiComuni e delle Regioni d’Europa(CCRE) e la sua espressione italia-na, l’AICCRE, devono aggiornare ipropri obiettivi statutari. La globaliz-zazione e la crisi di sovranità degliStati nazionali espongono gli Enti

L’attività federalista in Piemonte

locali e regionali a crescenti respon-sabilità per la sicurezza, l’ordine pub-blico, lo sviluppo, il welfare e l’im-migrazione. L’AICCRE deve mobilitar-si, per il Segretario, sulle riforme isti-tuzionali necessarie, europee e na-zionali (rapporto tra federalismo eu-ropeo e federalismo interno), sullepolitiche strutturali e il rilancio eco-nomico. L’AICCRE deve darsi, pertan-to, un manifesto politico aggiornatoe assumere nuovi ruoli. Per quantoriguarda l’attività futura della Fede-razione piemontese, il Segretario hadelineato, infine, alcune linee di in-tervento. In particolare, ha ricordatoi temi dello sviluppo regionale, deifondi strutturali europei e della coo-perazione transfrontaliera, del fede-ralismo interno e della mobilitazio-ne per un governo europeo capacedi agire, dell’introduzione di una cit-tadinanza europea di residenza, del-l’immigrazione, della promozionedella candidatura di Torino a Capi-tale europea della cultura nel 2019.

Un caso esemplare dicooperazione decentrataDa anni il Comune di Piossasco, gra-zie agli input ricevuti dal suo gemel-laggio con il Comune francese diGran Gevrier (Savoia), ha sviluppa-to una rete di cooperazione decen-trata con altri Comuni a sud-ovestdi Torino (Orbassano, Avigliana, Vil-larbasse, Roletto, Airasca, Cantalu-pa, Frossasco e None) e stabilito unrapporto di partenariato con le cor-rispondenti realtà istituzionali e co-munitarie di Gorom-Gorom in Bu-rkina Faso e degli 81 villaggi circo-stanti. Il progetto, che prende ilnome Programma ENNDAM (signi-fica nella lingua locale africana:amore, amicizia, fraternità, paren-tela e cordone ombelicale), si svol-ge con il sostegno della Regione Pie-monte nell’ambito del Programmaper la sicurezza alimentare e la lot-ta alla povertà in Africa Subsaha-riana.I Comuni coinvolti hanno attivato lerispettive società civili e operano incollegamento con l’Università (Medi-cina, Veterinaria, Agraria) e il Politec-nico (Energia, Ambiente) di Torino, con

il COI (Cooperazione OdontoiatricaInternazionale), la Fondazione Bono-Ullo, i Lions, le ONG Col’or e LVIA,nonché la Regione Piemonte. La coo-perazione ha interessato: istruzione eformazione, dialogo interreligioso, ar-tigianato, lotta alla desertificazione,acque potabili, valorizzazione del-l’agricoltura e dell’allevamento locali,promozione della cultura, delle arti edella musica locali, emancipazione deigiovani e delle donne (per approfon-dimenti www.comune.piossasco.to.it,voce Cooperazione internazionale) .Quale il bilancio di un impegno com-plesso che in nove anni ha attivato in-vestimenti per circa un milione di eurograzie anche alle reti attivate dai sin-goli comuni?Per il Presidente del Consiglio comu-nale di Piossasco, Adriano Andruet-to: “Questa cooperazione sta dimo-strando che, grazie ad un interventodi lunga durata concentrato e siste-matico, con la società civile locale ei livelli istituzionali superiori, è pos-sibile attivare uno sviluppo e dareuna risposta alla sicurezza alimenta-

re, senza praticare il doloroso e trau-matico sradicamento dell’emigrazio-ne. Inoltre la presenza della coopera-zione europea contribuisce a rinforza-re la loro democrazia di base ed a so-stenere i poteri locali, la società civile,le associazioni, le scuole e le comuni-tà religiose aperte al dialogo”.E soprattutto aggiunge: “Aiutandol’Africa a trovare la sua strada e aiu-tando i poteri e le comunità locali,scopriamo che essi aiutano noi eu-ropei. Ci stanno infatti aiutando ariscoprire l’importanza delle nostrecomunità locali, della democraziadal basso, della partecipazione edella cittadinanza attiva, per correg-gere l’eccessiva concentrazione delpotere qui in Europa. Ci hanno aiu-tato a comprendere, ancor primadell’attuale crisi, che ci vuole un al-tro modello di sviluppo, non tantodi continua crescita, ma di sviluppoumano. Ci stanno aiutando ad usci-re da noi stessi, ad adottare l’alteri-tà, a cambiare un po’ il nostro stiledi vita, a perseguire una strategia disviluppo rispettoso degli uomini, del-

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le donne, delle culture e dell’am-biente. Ci stanno aiutando, attingen-do alla loro più profonda civiltà, ariscoprire uno spirito che può conci-liare libertà e uguaglianza, con

l’aiuto della fraternità. Ci hanno aiu-tato a comprendere l’importanza,per la pace e per lo sviluppo, del dia-logo interculturale e interreligioso,con l’esperienza quarantennale del

dialogo di vita tra cristiani, musul-mani e animisti. Insieme, stiamocomprendendo che, alla fine, anchese a scale diverse, i problemi sonoanaloghi.

Altre attivitàIvrea, 5 ottobre 2010Nella sede dell’associazione Gandhidi Ivrea, Sergio Pistone ha tenuto unaconferenza sugli aspetti storico-poli-tici del federalismo multilivello e sulfederalismo europeo in generale. Ildibattito è stato molto vivace, verten-do in particolar modo sul concretoapproccio dell’MFE alla drammaticacrisi politica italiana attuale del mo-mento.

Torino, 8 ottobre 2010Presso la Fondazione Einaudi si è svol-to un convegno di studi organizzatodal Centro Studi Sereno Regis sul tema“Johan Galtung, 80 anni di ricerca,educazione e azioni sulla pace”. Sonointervenuti Galtung, Marco Revelli,Luigi Bonanate, Antonino Drago, Al-berto Labate, Giovanni Salio e il presi-dente regionale piemontese del MFERoberto Palea.

Torino, 13 ottobre 2010Presso la sede di via Schina 26 si èriunita l’assemblea degli iscritti dellasezione di Torino della GFE. I lavorisono stati introdotti dalla relazione delSegretario uscente Stefano Rossi.Dopo il dibattito sono stati eletti imembri del Direttivo di Sezione, nellepersone di Roberta Carbone, NiccolòCastagno, Eliana Granito, GianlucaNebbio, Stefano Rossi ed Elias Salva-to. Di seguito è stato eletto il Collegiodei Probiviri, nelle persone di Giampie-ro Bordino, Francesco Ferrero e Alber-to Frascà. Successivamente si è riunitoil Direttivo che ha eletto Presidente Ste-fano Rossi, Segretario Roberta Carbo-ne, e Tesoriere Niccolò Castagno, e hanominato responsabili per l’Ufficio del-la campagna Stefano Rossi, e per l’Uf-ficio del dibattito Elias Salvato.

Torino, 21 ottobre 2010Presso la Fondazione Einaudi, il CentroStudi sul Federalismo (CSF), in collabo-razione con l’Istituto di Affari Interna-zionali (IAI) e il Centro di Ricerca e Do-cumentazione “Luigi Einaudi”, ha or-ganizzato la presentazione del libro L’ar-chitettura del mondo nuovo. Governan-ce economica e sistema multipolare (Col-lana AREL - il Mulino 2010), a cura di P.Guerrieri e D. Lombardi. All’incontro,presieduto da Luigi La Spina (Editoriali-sta de La Stampa), sono intervenuti Gio-

vanni Balcet (Università di Torino), Ma-rio Deaglio (Centro di Ricerca e Docu-mentazione Luigi Einaudi/Università diTorino), Paolo Guerrieri (VicepresidenteIAI/Università La Sapienza di Roma),Alberto Majocchi (Membro del Consi-glio del CSF/Università di Pavia) e Vit-torio Valli (Università di Torino).

Alessandria, 22 ottobre 2010Il Laboratorio di Storia, Politica e Isti-tuzioni (di cui è presidente CorradoMalandrino) ha organizzato nella SalaLauree della Facoltà di Scienze Politi-che un convegno su Garibaldi, Ales-sandria e l’Europa. Sono intervenuti,tra gli altri, Anita Garibaldi Jallet (Se-gretaria Generale del CIME), AnnaMaria Lazzarino Del Grosso (Univer-sità di Genova), Eva Cecchinato (Uni-versità di Venezia) e Corrado Malan-drino (Università del Piemonte Orien-tale ed esponente del MFE di Ales-sandria).

Torino, 23 ottobre 2010In merito alla Campagna “We, theeuropean people”, nel pomeriggio, siè svolta in Piazza Castello, una rac-colta di adesioni dei cittadini all’appel-lo.Nonostante il tempo non fosse favo-revole, si sono alternati militanti MFE/GFE, che hanno distribuito volantini eraccolto circa un centinaio di firme.

Ivrea, 28 ottobre 2010Alberto Frascà, di fronte a un pubbli-co partecipe, ha parlato ad Ivrea su-gli aspetti giuridici e istituzionali del-l’Unione europea, in particolare sulleprospettive aperte dal trattato di Li-sbona, su come sia possibile attivarele procedure previste, e quali iniziati-ve si possano intraprendere per pro-gredire sulla strada dell’integrazione,sia nei confronti della classe politica,che dell’opinione pubblica.

Torino, 3 novembre 2010Presso la sala “Mario Allara” del Ret-torato dell’Università di Torino il Cen-tro Studi sul Federalismo (CSF) in col-laborazione con l’Istituto di Affari In-ternazionali (IAI) e Notre Europe haorganizzato un workshop sul tema Thestate of democracy in the EU after theLisbon Treaty. All’incontro, introdotto daGianni Bonvicini (IAI) e Umberto Mo-

relli (CSF), hanno partecipato in vestedi relatori Julian Priestley (Notre Euro-pe), Monica Frassoni (European GreenParty), Rudolf Hrbek (Università di Tu-bingen), Antonio Padoa-Schioppa(CSF), Brendan Donnelly (The FederalTrust, London), Cesare Merlini (IAI), Raf-faello Matarazzo (IAI), Renaud Dehous-se (Sciences Po, Paris) e Tommaso Pa-doa Schioppa (Notre Europe). Nel di-battito svoltosi al termine delle relazio-ni sono intervenuti Sergio Pistone (BE-UEF) e Alfonso Iozzo (BE-UEF).

Ivrea, 8 novembre 2010Presso il Polo Universitario Officina Hsi è svolto un dibattito organizzato dalMFE e da Libertà e Giustizia sul temaTutti in bancarotta entro 10 anni?Ildeficit pubblico nei paesi industrializ-zati. All’incontro, introdotto da AldoGandolfi (Forum Democratico delCanavese “Tullio Lembo”), è interve-nuto Mario Deaglio (Professore Ordi-nario di Economia Internazionale -Università di Torino).

Moncalieri, 9 novembre 2010Presso il Collegio Carlo Alberto è sta-ta inaugurata (promotori l’IstitutoUniversitario di Studi Europei e il Cen-tro Studi sul Federalismo) la “Law andBusiness in Europe-Autumn School”.Alla cerimonia ha partecipato, tra glialtri, Hans Martens (Chief Executive,European Policy Centre, Bruxelles).

Ivrea, 11 novembre 2010L’aggiornamento sulle tematiche am-bientali e sui loro progressi e il colle-gamento con i principali movimenti diprogresso sociale e civile, che ha datoorigine, anche in Italia, al Movimentodei Movimenti, sono stati i temi cheRoberto Palea ha svolto ad Ivrea, in-trodotto da Ugo Magnani, segretariodi Sezione.

Novara, 15 novembre 2010Conferenza presso l’ITIS “Fauser” or-ganizzata dalla GFE del Piemonte sultema “Essere cittadini oggi: dalle re-altà locali a quella globale”. RelatoreMarco Brunazzi (Università di Berga-mo).

Torino, 15 novembre 2010Presso la sede del MFE ha avuto inizio ilCorso 2010-2011 dell’UNITRE di Tori-

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no sul tema l’Italia e l’Unità europea.Le lezioni saranno tenute da Lucio Levi(Presidente MFE), Sergio Pistone (BE-UEF) e Alfonso Sabatino (Segretario AIC-CRE-Piemonte). Il programma didatti-co è suddiviso in due parti: Dal Risorgi-mento alla Resistenza antifascista e Iprincipali protagonisti italiani del pro-cesso di unificazione europea.

Ivrea, 24 novembre 2010Lucio Levi, presidente nazionale MFE,accompagnato da alcuni rappresen-tanti della Sezione di Ivrea, ha tenutouna conferenza, organizzata dallaConsulta Europea della Regione Pie-monte, di fronte agli studenti dell’Isti-tuto tecnico commerciale “GiovanniCena”, sul tema “Italia federale inun’Europa federale”. I giovani ascol-tatori hanno dimostrato grande inte-resse e partecipazione, e una conse-guenza diretta sarà che a febbraio,decisa dalla direzione dell’Istituto, siavrà una conferenza incentrata sullastoria economica dell’Europa e la suanaturale tendenza verso l’integrazio-ne, preparata da Lino Naj-Fovino. Taleconferenza sarà ripetuta tre volte, perpotere incontrare tutti i 240 allievi del-l’Istituto.

Ivrea, 25 novembre 2010“Union Bonds e Debito Sovrano” è iltitolo della conferenza, che ha avutomolto successo, tenuta da DomenicoMoro, rivolta ad un pubblico di iscrittie simpatizzanti, tra cui alcuni espo-nenti della vita economica cittadina,e alcuni giornalisti locali che ne han-no riferito sui loro fogli. I contenutierano estesi dai debiti sovrani a quel-li privati, dai vari tipi di obbligazionipossibili, e dai loro rapporti con la tas-sazione, alle tematiche attuali in ma-teria di bilancio.

Novara, 26 novembre 2010Antonio Mosconi, nell’ampia sala del-le conferenze dell’Hotel Italia, davantiad un folto pubblico, tra cui esponen-ti del mondo industriale cittadino, hatenuto una conferenza dal titolo “L’Eu-ro e la riforma del Sistema MonetarioInternazionale”. Introdotto da LilianaBesta-Battaglia, segretaria della Sezio-ne MFE di Novara, e da Emilio Corna-gliotti, Mosconi ha esposto la sua siste-matica visione sulla materia, sofferman-dosi in particolare sui rapporti econo-mici USA-Cina, sulla bolla speculativa,sul rapporto dollaro/euro e i suoi rifles-si inflazionistici, e sulle ipotesi di mone-ta mondiale. Il relatore si è infine intrat-tenuto con il qualificato pubblico su al-cuni specifici problemi attuali.

Torino, 29 novembre 2010L’Istituto Universitario di Studi Euro-pei ha organizzato nella propria sede

una nuova edizione del corso di for-mazione sul “VII Programma Quadrodi RST: Opportunità di finanziamentoe modalità di partecipazione”.

Torino, 3 dicembre 2010Incontro del MFE di Torino con Jean-Paul Pougala, dirigente del MovimentoFederalista Africano. E’ intervenutoRoberto Palea, Presidente piemonte-se del MFE.

Torre Pellice, 4 dicembre 2010“Federalismo e Unità della Nazione:da Cattaneo all’Unità Europea”. Que-sto è il titolo della conferenza tenutada Sergio Pistone presso la sala dellaBiblioteca della Resistenza, dinanzi aun pubblico nel quale era folta la rap-presentanza valdese, sensibile ai temidel rispetto delle autonomie. Introdot-to da Claudio Bertalot, sindaco di Tor-re, e da Emilio Cornagliotti, che hatracciato un quadro della situazionefederalistica su un piano europeo, Pi-stone ha fatto un ampio excursus sto-rico, sia sul piano delle idee, sia suquello dei concreti avvenimenti stori-ci, soffermandosi infine sui temi oggipiù comunemente dibattuti in Italia alriguardo, e sui fraintendimenti e lederive che ne possono sorgere.

Torino, 6 dicembre 2010Nella sede del MFE Emilio Cornagliotti(Segretario piemontese MFE) ha com-mentato il libro di Giovanni Borgogno-ne, Superpower Europe? Interpretazio-ni statunitensi del “Sogno europeo”,(Giuffrè, Milano, 2010), Centro Studi sulFederalismo, Studi 12.

Torino, 13 dicembre 2010Nella sede di Via Schina, Alfonso Ioz-zo ha tenuto una relazione sul tema

“La crisi e l’Unione Europea”. Sotto lapresidenza del Segretario torinese delMFE Alberò Frascà si è svolto un am-pio dibattito.

Torino, 13 dicembre 2010Corso di formazione (organizzato daCorso di Laurea magistrale in Econo-mia e Management Internazionale eAssociazione Universitaria di StudiEuropei, in collaborazione con laCommissione UE) sul tema “Made inItaly, made in Europe, qualità dei pro-dotti italiani e normative europee”.Saluti di Sergio Bortolani (Preside del-la Facoltà di Economia), Elena Macanti(Assessore Università e Internaziona-lizzazione della Regione Piemonte),Alessandro Barberis (PresidenteCCIAA Torino-Eurochambres Bruxel-les), Enrico Gennaro (Presidente Alun-ni-Atlec). Introduzione di Oreste Cal-liano (Docente di Diritto privato UE) einterventi di Gianluca Susta (PE), Ore-ste Cagnasso (Docente di Diritto Com-merciale), Franco Percivale (Docentedi Certificazione di qualità dei prodot-ti), Valter Contino (Rettore Universita-rio di Scienze Gastronomiche), Rober-to De Battistini (Docente di Economiamondiale), Gianfranco De Martino(Presidente CCIAA Biella).

Torino, 15 dicembre 2010Presso la Fondazione Luigi Einaudi siè svolto un dibattito (promosso daMFE, CESI, CSF e agli 11 centri studipiemontesi) sul tema “Il ruolo dell’Eu-ropa nel mondo”. Ha presieduto emoderato Umberto Morelli e sono in-tervenuti Giorgio S. Frankel (Centrodi Ricerca e Documentazione “LuigiEinaudi”) e Sergio Pistone (BE-UEF).

Ivrea, 20 dicembre 2010La sezione di Ivrea, accanto a unaintensa attività a livello culturale e alivello dei media, promuove un pia-nificata penetrazione nelle scuole.Ugo Magnani, segretario di Sezio-ne, ha introdotto Emilio Cornagliottinel Liceo classico G. Botta per unaintroduzione sulle tematiche fede-raliste rivolta alle classi superiori del-la scuola. Alla conferenza, cui han-no partecipato alcuni insegnanti, èseguito un ampio dibattito. Si fa stra-da nella percezione dei giovaniascoltatori che l’impadronirsi delletematiche e delle prospettive euro-pee sia essenziale nella loro forma-zione anche dal punto di vista me-ramente professionale. A tal propo-sito il liceo scientifico Antonio Gram-sci, visitato in precedenza, ha richie-sto alla locale Sezione MFE l’inter-vento per due conferenze indicatedagli studenti, una di argomentoeconomico industriale, ed una di ar-gomento politico istituzionale.

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Libri

Federica Di Sarcina, L’Europadelle donne. La politica di pariopportunità nella storia dell’in-tegrazione europea (1957-2007) , I l Mulino, Bologna,2010

L’autrice, dottore di ricerca in Sto-ria del federalismo e dell’unità eu-ropea presso l’Università di Siena,si sofferma sulla politica di pari op-portunità della UE e ne approfon-disce la lunga evoluzione dal Trat-tato di Roma ai nostri giorni.Principio fondamentale di ogni or-dinamento democratico, la paritàtra donne e uomini costituisce unvalore dell’Unione europea nonchéun elemento necessario per il rag-giungimento degli obiettivi di oc-cupazione e inclusione sociale sta-biliti nel 2000 dal Consiglio euro-peo di Lisbona. Frutto di un per-corso che attraversa la storia del-l’integrazione europea, il crescen-te interesse della CEE/UE verso lequestioni di genere ha condottoalla progressiva elaborazione del-la politica di pari opportunità. Inqueste pagine il tema viene affron-tato a partire dall’introduzione nelTrattato di Roma dell’articolo 119sulla parità di retribuzione tra la-voratori e lavoratrici e dal gradualericonoscimento del valore socialeed umano di questa norma. Le di-rettive comunitarie sulla parità sa-lariale e di trattamento approvatedalla seconda metà degli anni Set-tanta e divenute in seguito pilastridel «modello sociale europeo»,hanno contribuito alla definizionedi un più equo mercato del lavo-ro, influenzando positivamente lelegislazioni nazionali. Allo stessotempo le istituzioni comunitariehanno sviluppato un ampio dibat-tito sulla condizione femminile, in-dispensabile per l’affermazione diuna «cultura di parità» nella so-cietà europea. In particolare il Par-lamento europeo è diventato unadelle arene privilegiate per la ri-vendicazione dei diritti delle don-ne, contribuendo all’evoluzionedella politica di pari opportunitàben oltre la dimensione lavorati-va. Nei primi anni Ottanta temati-che quali la presenza femminilenelle istanze rappresentative, lostatus delle donne nei paesi in viadi sviluppo, la violenza e, più ingenerale, il ruolo della donna nel-la società, hanno costituito il pre-

ludio all’adozione del «gendermainstreaming». La chiara evolu-zione in senso politico dell’origi-nario progetto economico d’inte-grazione europea trova in questostudio una lettura originale cheesamina quella che rimane tutt’orauna delle «questioni aperte» nella«nuova» Europa a Ventisette.

Andrea Caligiuri, Giuseppe Ca-taldi, Nicola Napoletano (acura di), La tutela dei diritti uma-ni in Europa. Tra sovranità sta-tale e ordinamenti sopranazio-nali, CEDAM, Padova 2010

Pubblichiamo la Prefazione di Be-nedetto Conforti

La materia della protezione inter-nazionale dei diritti umani è ormaida qualche tempo al centro del-l’attenzione della scienza giuridi-ca, particolarmente di quella deldiritto internazionale, come atte-stano i numerosi studi e le impe-gnative ricerche aventi ad oggettol’argomento. Sembrerebbe dunqueche tutto sia già stato detto, al-meno sulla disciplina dì diritto in-ternazionale e di diritto dell’Unio-ne europea, salvo aggiornamentirelativi all’intervento di norme nuo-ve di una giurisprudenza che, so-prattutto nel caso della Corte eu-ropea dei diritti nani, presenta unosviluppo costante nella direzione

di una protezione sempre maggio-re. Eppure, anche sul piano dot-trinale, questo volume si presentaricco di spunti nuovi e di inviti allariflessione. Tutti gli aspetti dellaprotezione dei diritti umani in Eu-ropa, o promossi dall’Europa nelmondo, vengono esaminati conqueste caratteristiche.Per cercare di trovare una linea diconfine tra la tutela dei diritti uma-ni nel Consiglio d’Europa e nellagiurisprudenza della Corte di Stra-sburgo, da un lato, e nell’UnioneEuropea, dall’altro, è forse il casodi riferirsi all’interessante saggioche apre la Sezione I della ParteIV, relativa alla “dimensione eco-nomica sociale, culturale ed am-bientale”, saggio che pone, in ter-mini teorici ed ovviamente) in rife-rimento alla protezione dei dirittiumani, l’alternativa tra il “socia-le” ed il mercato”. Senza dubbio ildiritto dell’Unione Europea è do-minato dalle esigenze del liberomercato. Ma che questo, comel’autore del saggio sostiene, sia ilmiglior regime economico possibi-le, non ci sembra molto convincen-te. Vero è che la necessità dell’in-tervento statale per correggere leuniversalmente constatabili, e avolte disastrose, deviazioni delmercato, non può essere discono-sciuta. Per quanto riguarda l’UE,a parte le politiche comunitarie chequi non vengono in discussione, lamateria dei diritti umani, per tantianni alimentata dall’attività preto-riana della Corte di giustizia diLussemburgo e poi sancita daitrattati che si sono susseguiti finoa quello di Lisbona, è un chiaroesempio di interventi nel “sociale”.Lo dimostrano del resto proprio ilsaggio, contenuto nella stessa se-zione, sulla violazione delle normedei diritti umani da parte delle im-prese multinazionali operanti nel-l’Unione Europea. Lo dimostranoaltresì gli studi sull’azione esternadell’UE, che sono contenuti nella Se-zione II della Parte II e che offronoun panorama completo ed aggior-nato della prassi dell’Unione tenden-te a condizionare la sua azione alrispetto dei diritti umani ed all’affer-mazione della democrazia nei Paesicon i quali l’UE ha rapporti econo-mici. Assai interessante, in questasezione, é peraltro lo studio di aper-tura, che si potrebbe intitolare alle“luci ed ombre” delle relazioni ester-ne dell’UE, per la parte in cui si mette

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in luce come non sempre gli accordiconclusi dalla Unione con Paesi ter-zi sono in regola con lo jus cogensinternazionale.Se la tutela dei diritti umani è attua-ta nell’UE esclusivamente nei casi incui essa venga in rilievo in relazionea rapporti regolati dal diritto del-l’Unione, e quindi a rapporti di na-tura prevalentemente economica, lasua piena sfera di applicazione èdata dalla Convenzione europea deidiritti umani e dall’interpretazione,via via sempre più “progressista”, chene forniscono le sentenze della Cor-te di Strasburgo. Numerosi sono glistudi in argomento, sparsi nelle va-rie parti del libro, ed è qui difficiledare un’idea della loro ricchezza. Perlimitarsi a qualche spunto tra quelliche inducono alla riflessione, è ilcaso di sottolineare il tema dell’in-terpretazione da dare alla parola“jurisdiction”, indicato dall’art. 1come limite alla competenza dellaCorte. Il tema è trattato nello studiodedicato a “Lo sviluppo del sistemadi tutela previsto dalla CEDU”. Giu-stamente l’autrice sostiene che lagiurisprudenza della Corte di Stra-sburgo, nell’interpretare l’art. 1CEDU, non riesce a trovare un con-vincente equilibrio tra la nozione disovranità territoriale e quella di so-vranità personale. Anche a nostroavviso, non è facile capire dove laCorte intende fermarsi: certamenteuna visione esclusivamente territo-rialistica del termine “jurisdiction” èesclusa dalla sua giurisprudenza;ma del tutto incerta è poi la sua opi-nione quando si esce dalla sfera ter-ritoriale e si è di fronte ad azioni diun organo di uno degli Stati contra-

enti che si sviluppano all’estero e cheproducono la lesione di un dirittoprevisto dalla Convenzione. Vero èche la Corte non se la sente di arri-vare alla soluzione estrema, ma co-erente, secondo cui qualsiasi azio-ne di un organo statale che, ovun-que avvenga, violi la Convenzione,potrebbe essere sottoposto alla Cor-te; se così facesse l’art. 1 verrebbea coincidere con l’art. 34 CEDU chegenericamente accorda il diritto diricorso a chiunque si consideri vitti-ma. D’altro canto la Corte non ènuova ad interpretazioni forzate del-la Convenzione, come ha fatto adesempio in tema di divieto della penadi morte o di obbligatorietà dellemisure cautelari.Un altro spunto si ricava dal sag-gio su “Diritti umani e protezionedell’ambiente nella giurispruden-za della Corte di Strasburgo e del-la Corte di Lussemburgo”, là dovesi auspica che la Corte si apra airicorsi delle associazioni che rap-presentano interessi collettivi. Nonci pare che i tempi siano maturi,ma non è escluso che l’interpreta-zione progressista della Corte ar-rivi anche a questo!Un gruppo assai compatto di sag-gi è quello della Parte III sui dirittidegli immigrati, Ciò ovviamente sispiega con l’attualità della mate-ria e la continua evoluzione dellasua disciplina. Trattasi di una ma-teria in cui la lacunosità della di-sciplina di diritto dell’Unione eu-ropea, l’insufficienza della giuri-sprudenza della Corte di Strasbur-go, il razzismo strisciante che ca-ratterizza molti Stati europei, sonola causa delle continue violazionidi norme internazionali. Basti ri-cordare ad es. le norme sul dirittodi richiedere asilo, reso spesso im-praticabile vuoi per il respingimen-to immediato nei Paesi di origineo in Paesi inaffidabili, vuoi per gliintralci burocratici frapposti allarichiesta, vuoi per le insufficienzedei ricorsi giurisdizionali contro ledecisioni negative delle autoritàamministrative. O ricordare, perquanto riguarda l’immigrazione viamare, le norme del diritto interna-zionale marittimo sulla salvaguar-dia della vita umana in mare. In-somma, è questa una materia incui fondamentali diritti umanispesso non vengono rispettati, pri-ma di tutti il diritto alla vita.Nel trattare dei diritti umani nonbisogna dimenticare che, se le nor-me e la giurisprudenza internazio-nali sono assai importanti, altret-tanto importante é la circostanzache esse trovino piena e completaattuazione all’interno dei singoli

Stati attraverso i meccanismi diadattamento. Anche su questo ar-gomento vari saggi, aventi ad og-getto quanto avviene in Italia, maanche con delle comparazioni conalcuni ordinamenti stranieri, sonoda segnalare. Sull’argomento si sanon tutto è chiaro, come dimostral’esame della giurisprudenza costi-tuzionale ed in particolare le fa-mose sentenze nn. 348 e 349 del2007 le quali, secondo l’opinionepiù diffusa, hanno lasciato apertatutta una serie di problemi. D’al-tro canto le norme internazionalivanno coordinate con le normenazionali ed è quindi significativoche proprio sul tema del diritto diasilo vengano approfondite nel vo-lume la struttura, le garanzie e l’ef-fettività di questo istituto nell’or-dinamento italiano.Nell’impossibilità di dar qui contodell’intero contenuto del volume,che ci costringe a rinviare chi hainteresse per la materia trattata aduna lettura diretta dei vari saggi,non possiamo non complimentar-ci vivamente con il gruppo di stu-diosi che ha contribuito ad un’uti-lissima opera.

Simone Paoli, Il sogno di Erasmo.La questione educativa nel pro-cesso di integrazione europea,prefazione di Antonio Varsori,Franco Angeli, Milano, 2010

La vicenda professionale e civile dischiere di rettori e docenti, profes-sori e presidi, ricercatori e ammi-nistratori è quotidianamente attra-versata dagli interventi educativi

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comunitari. I documenti dell’Unio-ne europea e gli indirizzi assuntiall’interno del processo di Bolo-gna cambiano mentalità, pro-grammi, metodi e cicli di inse-gnamento. Lungo le linee finan-ziarie comunitarie si creano cat-tedre e ricerche, convegni e pro-getti, interessanti innovazioni enuovi interessi. Un ampio spet-tro di operatori scolastici e uni-versitari si è forgiato e si sta for-giando nelle opportunità e nelleconsuetudini, nelle procedure enei rapporti, nelle esperienze pi-lota e nei vincoli legati alle poli-tiche educative comunitarie. Sep-pur impropriamente, si parla or-mai di spazio educativo europeo.La grammatica culturale e psico-logica di una porzione minorita-ria ma rilevante della popolazio-ne universitaria europea, a suavolta, viene riscritta nel quadrodei programmi d’azione comuni-taria in materia di istruzione. Suquesto tema si girano film di suc-cesso, si sono sviluppati interi fi-loni di saggistica e di letteratu-ra, sono sorti siti internet e rivi-ste. Sull’onda dei flussi studen-teschi, secondi per dimensionesolo ai flussi migratori e ai flussituristici, sono stati ripensati in-teri quartieri, sono spuntati nuovilocali, si sono organizzati nuoviservizi. Attorno a questa espe-rienza si sono modificati linguag-gi e immaginari collettivi, si sonoformate associazioni, sono natiamicizie e amori. Seppur con unpizzico. di esagerazione, si par-la ormai di “generazione Era-smus”.Il volume vuole raccontare que-sta realtà, una realtà che tocca,coinvolge e intreccia il filo uma-no, professionale e culturale dimilioni di persone: vuole raccon-tare quando, come e perché ènato e si è sviluppato ciò che essihanno vissuto, stanno vivendo o,forse, vivranno.Simone Paoli è dottore di ricercain Storia delle relazioni interna-zionali presso la Facoltà di Scien-ze politiche dell’Università di Fi-renze. Ha collaborato a progettidi ricerca finanziati dalla Facol-tà di Scienze politiche dell’Uni-versità di Padova e dell’Univer-sità San Pio V di Roma. E titolaredi un contratto di supporto alladidattica per l’insegnamento diStoria delle relazioni internazio-nali presso la Facoltà di Scienzepolitiche dell’Università di Pisa.Ha pubblicato saggi in italiano,inglese e francese su temi relati-vi alla dimensione sociale e cul-

turale del processo di integrazio-ne europea, presentando i prin-cipali risultati delle sue ricerchein diversi corsi universitari e con-vegni accademici internazionali.

Franco Praussello (a cura di),Cinquant’anni e più di inte-grazione economica in Euro-pa. La goccia e la roccia nel-l’economia europea, FrancoAngeli, Milano, 2010

L’Unione Europea rappresentaun’area di prosperità fra le piùimportanti dell’intera economiamondiale, ovvero la prima po-tenza economica del mondo intermini di PIL totale e una dellepiù avanzate in termini di PIL procapite. A questo risultato l’Unio-ne è giunta grazie a un lungoprocesso di integrazione econo-mica che dura da più di cin-quant’anni. In questo volumevengono presentati undici saggi,che spaziano dai principi ispira-tori del processo di integrazionead un’analisi critica e aggiorna-ta degli strumenti utilizzati e deidiversi traguardi conseguiti, non-ché dei loro limiti: dalla nascitadell’euro, ai più recenti sviluppidelle principali politiche interneed esterne dell’Unione. Fra lepr ime vengono anal izzate inmodo dettagliato quelle relativeall’agricoltura, allo sviluppo re-gionale, alla cultura e alla ricer-ca, mentre nell’ambito delle re-lazioni con i Paesi terzi vienetracciato un bilancio dei rappor-ti fra integrazione economica re-gionale e liberalizzazione degli

Realizzato con il contributo della Consulta eu-ropea del Consiglio regionale del Piemonte

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Periodico d’informazionedella Forza Federalista Piemontese:

AEDE Association Européennedes Enseignants

AICCRE Associazione Italianaper il Consiglio dei Comunie delle Regioni d’Europa

CESI Centro Einstein di StudiInternazionaliCasa d’Europa di Torino

GFE Gioventù Federalista Europea

ME Movimento Europeo

MFE Movimento FederalistaEuropeo

WFM World Federalist Movement

ANNO XXXV - N. 4 - Dicembre 2010

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scambi su scala mondiale, non-ché dell’assistenza europea allosviluppo nei confronti dei Paesiemergent i e meno avanzat i .Dopo l’entrata in vigore del Trat-tato di Lisbona, l’UE può trovarela forza di riproporre con costan-za la necessità di completare ilcammino dell’integrazione eco-nomica verso sbocchi di naturapolitica, con iniziative che espri-mano la determinazione della“goccia” degli avanzamenti eu-ropei di continuare a erodere la“roccia” delle resistenze naziona-li al pieno dispiegamento delleopportunità offerte dal processodi integrazione.