organo del partito comunista internazionale · 2014. 11. 2. · IL COMUNISTA N° 101 - Settembre...

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organo del partito comunista internazionale IL COMUNISTA - N. 101 - Settembre 2006 - anno XXIV Tariffa Regime Libero: Poste Italiane Spa Spedizione in Abb.Postale - 70% - DCB Milano DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO : la linea da Marx-Engels a Lenin, alla fondazione dell'Internazionale Comunista e del Partito Comunista d'Italia; alle battaglie di classe della Sinistra Comunista contro la degenerazione dell’Internazionale Comunista e dei Partiti ad essa aderenti; alla lotta contro la teoria del socialismo in un paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; alla lotta contro il principio democratico e la sua prassi, contro l’intermedismo e il collaborazionismo interclassista politico e sindacale, contro ogni forma di opportunismo e di nazionalismo.La dura opera del restauro della dottrina marxista e dell'organo rivoluzionario per eccellenza, il partito di classe, a contatto con la classe operaia e la sua lotta di resistenza quotidiana alla pressione e all’oppressione capitalistiche e borghesi, fuori del politicantismo personale ed elettoralesco, fuori di ogni forma di indifferentismo, di codismo, di movimentismo o di avventurismo lottarmatista. Il sostegno di ogni lotta proletaria che rompa la pace sociale e la disciplina del collaborazionismo interclassista; il sostegno di ogni sforzo di riorganizzazione classista del proletariato sul terreno dell’associazionismo economico nella prospettiva della ripresa su vasta scala della lotta di classe, dell’internazionalismo proletario e della lotta rivoluzionaria anticapitalistica. il comunista Bimestrale - la copia 1 Euro le prolétaire Bimestrale - la copia 1,5 Euro Programme communiste - 5 Euro cad El programa comunista - 3 Euro cad The Proletarian - 3 Euro cad NELL'INTERNO La sbornia euforica dei mondiali di calcio. All'oppio religioso, la borghesia aggiunge il potente narcotico dello sport Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale. Andrea Doria Isola di Giava: arriva uno tsunami, ma l'allarme non funziona. Ancora morti e dispersi. Le battaglie della Sinistra comunista (Fine) 1923. Il processo ai comunisti in Italia Che dice il nuovo «programma comunista» dei nuovi concorsi per diventare «dottore in bordighismo» indetto dalla Fondazione Amadeo Bordiga? Siberia: si schianta al suolo un Airbus - 140 morti, 60 sopravvissuti La guerra futura come crociata antitotalitaria Lo sviluppo capitalistico, e ancor più lo sviluppo imperialistico del capitalismo, chiede inesorabilmente la guerra: perché significa molto semplicemente distruzione in massa e in tempi ridotti di prodotti di ogni genere, di installazioni, di costruzioni, di mezzi di produzione. A grandi distruzioni seguono grandi ricostruzioni, ed è qui che si innesta il business. Nello stesso tempo, significa anche decimazione di forza lavoro, ecatombe di uomini che il «mercato del lavoro», nelle metropoli imperialistiche come Il capitalismo, in epoca imperialista, ossia nel periodo in cui nel mercato mon- diale dominano i trust, i monopoli, il gran- de capitale finanziario, e gli Stati nazionali al loro servizio, è obbligato a militarizzare sempre più la società. E’ una legge, non una «scelta»: la concorrenza mondiale di- venta sempre più spietata, la lotta alla ten- denziale caduta del saggio medio di profit- to – legge del capitalismo scoperta dal marxismo – diventa sempre più acuta. Quindi, la forza economica in sé di ogni singolo capitalismo, come lo sviluppo sup- postamente normale del capitalismo, non bastano più: ogni capitalisno nazionale, per imporsi sul mercato rispetto ai concor- renti, ha bisogno di un rafforzamento mi- litare che produce un vero e proprio mili- tarismo, dal quale non è più possibile tor- nare indietro. La caduta tendenziale del saggio medio di profitto, data l’ormai fa- mosa globalizzazione, non riguarda più il singolo capitalismo nazionale, ma i diversi capitalismi nazionali sviluppati la cui lotta contro questa caduta tendenziale non si può più limitarenei confini dei singoli Stati ma riguarda sempre più il consorzio globa- le di tutti i paesi dominanti sul mercato mondiale, che non smettono però di farsi concorrenza su tutti i piani, a cominciare da quella commerciale per elevarsi a quella finanziaria e militare. Aumenta, di converso, la difficoltà di sviluppodeivari consorzi capitalistici, per- ché va ad aumentare la corsa di ognuno all’accaparramento di risorse e di profitti nel mercatomondiale; l’aumentata concor- renza fra gli Stati capitalistici già predomi- nanti, sia per l’emergere nel mercato mon- diale di nuovi centri di accumulazione e valorizzazione di capitale (leggi: Cina, In- dia, Brasile, ecc.), sia per la inevitabile e tendenziale riduzione delle possibilità di far profitto mantenendo la sola «produzio- ne di pace», porta ogni Stato capitalista a rafforzare la propria forza militare per inter- venire con essa là dove, e quando, gli interessi del proprio capitalismo nazionale vengono contrastati pesantemente dalla concorrenza. Più aumentano le merci pro- dotte e portate al mercato, più diminuisce la capacità del mercato di assorbirne l’in- tera quantità, poiché al prezzo «di merca- to» non è più possibile ottenere il profitto che giustifichi quella produzione e quella distribuzione: questo è il paradosso tipico del capitalismo sviluppato, più produce meno vende, meno vende meno guada- gna, meno guadagna più diventa aggres- sivo e si militarizza. Il mercato è l’unico grande centro di attrazione delle merci ma, nello stesso tempo, è condotto a respin- gerne una parte che, col tempo, diventa sempre più grande fino ad intasarlo e a non consentire più alla maggioranza dei protagonisti (le aziende e i trust) di ottene- re i profitti – e soprattutto quel saggio medio di profitto – che giustificano la loro esistenza. La distruzione di una parte sem- pre più grande di merci – di qualsiasi merce si tratti, beni di consumo, beni strumentali, capitali, o lavoratori salariati – diventa quindi necessaria per la sopravvivenza stes- sa del sistema capitalistico, per rigenerarlo dopo ogni crisi profonda di sovraprodu- zione; ma anche il tempo ha importanza determinante per il capitale, perciò quella distruzione, per essergli benefica, deve essere di grandisime proporzioni e attuata in tempo ridottissimo: la guerra, alla fin fine, si rivela il mezzo più appropriato. Pubblichiamo qui di seguito le prese di posizione del partito sulla guerra in Libano, in luglio e in agosto, che sono state diffuse nella forma di volantino in italiano, francese, spagnolo e che verranno diffuse anche in inglese. Libano 2006 Un’ennesima missione di pace che nasconde mire imperialiste Proletari! La guerra che Israele sta conducendo in Libano ha diversi risvolti. Alcuni riguar- dano la politica di Israele rispetto al proprio territorio, altri la politica imperialista ame- ricana in Medio Oriente di cui Israele è strumento fondamentale, altri ancora la costante instabilità di un paese come il Libano e di una popolazione come la pale- stinese, indomabile da parte dei diversi Stati dell’area incui sopravvive separata e profuga, ma incapace storicamente di emamnciparsi dall’oppressione nazionale cui è sottoposta da più di un secolo per mano del colonialismo inglese prima, del sionismo poi. Il Medio Oriente, sia per le risorse pe- trolifere, sia per la posizione strategica di primissimo piano che rappresenta, sia per l’influenza obiettiva che i movimenti poli- tici e religiosi, che là nascono e si svilup- pano, hanno rispetto all’Europa, costitui- sce nello stesso tempo un boccone succu- lento per ogni paese imperialista – a partire dagli Stati Uniti – e motivo permanente di contrasto per tutte le maggiori potenze imperialiste che dominano il mondo, oltre che per gli appetiti delle borghesie locali. L’irrisolta «questione palestinese», l’instablità del Libano, la debolezza intrin- seca di Stati come la Giordania, il Kuwait, lo Yemen, il collasso dell’Iraq sottoposto ad una guerra di spartizione interna ed esterna; le mirei mperialiste di una potenza regionale come l’Iran che soffia sul fuoco del terrorismonazionalista attraversopar- titi come Hamas edel terrorismo confessio- nale attraverso partiti come Hezbollah; il difficile equilibrio di Egitto, Siria, Arabia Saudita, nello scacchiere mediorientale in cui agiscono direttamente e indirettamen- te approfittando della complicatezza dei rapporti interstatali fra Stati che per la maggior parte sono stati ritagliati dalle potenze imperialiste europee nel loro dise- gno di «decolonizzazione» seguito alla 2° guerra mondiale; tutto questo, senza di- menticarel’inserimentonell’area delloSta- to di Israele con il compito iniziale di con- trastare l’influenza russa e, successiva- mente, di rappresentare più direttamente gli interessi degli imperialisti occidentali, e in particolare americani, nell’area, tutto questo forma un groviglio inestricabile di interessi locali, regionali e mondiali dei diversi Paesi i cui capitalismi hanno con- temporaneamentebisognodi alleanze eco- nomiche e di contrasti politici, e viceversa, per continuare a sviluppare i propri profitti. Proletari! I fiumi di sangue che le popolazioni del Medio Oriente versano da più di un secolo sono sempre più caratterizzati dal sangue di proletari e di masse diseredate e proletarizzate che formano ormai la Palestina, Libano: Israele al servizio dell’imperialismomondiale L’attacco israeliano in corso nel Liba- no ha avuto, secondo gli stessi media internazionali, il «semaforo verde» degli Stati Uniti e il tacito accordo degli altri grandi Stati imperialisti, a cominciaredalla Francia (nonostante le dichiarazioni di «amicizia»verso il Libano). La riunione del «G8» che si teneva nel momento dell’avvio delle ostilità si è ben guardata di condannare l’aggressione isra- eliana, anche solo a parole, e appellarsi anche soltanto simbolicamente alla pace, limitandosi ad unancor più ipocrita appel- lo alla «tregua» delle «due parti»! Il messaggio è stato recepito immedia- tamente dallo Stato ebraicoche ha intensi- ficatoi bombardamenti in tutto il Libano – non tralasciando le contemporanee incur- sioni nella striscia di Gaza – mirando in particolare le installazioni indispensabili alla vita quotidiana e obiettivi civili allo scopo di seminare il terrore e di provocare un esodo: quasi settecentomila persone sono così state costrette in pochissimi giorni a fuggire dal sud del paese, e da Beirut, mentre i morti ormai si contano a centinaia. Israeleha in ogni caso installato un blocco totale, aereo e navale, del Liba- no, al punto che le navi dei paesi occiden- tali che imbarcanogli stranieri che lasciano il paese devono chiedergli il permesso di transito! Nessuno dei grandi Stati ha pronun- ciato la minima critica contro questo vero e proprio atto di pirateria che si sta svol- gendo nei fatti. Eciò dimostra, aldilà delle parole, una convergenza di interessi nei fatti! E’ la dimostrazione che gli 8 grandi Stati che dominano il mondo e pretendono di difendere la civiltà, sono in realtà i primi terroristi, i responsabili dei crimini del capitalismo, anche quando sono degli Stati più piccoli che si incaricano del «lavoro sporco». L’attacco israeliano in Libano si inscri- ve nella continuità dei suoi attacchi contro i Palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, e nel quadro di un ruolo sub-imperialista nella regione. Il pretesto di queste sanguinose operazioni di polizia imperialista è stata la cattura da parte dei miliziani Hezbollah di tre soldati israeliani, quando migliaia di prigionieri palestinesi, ma anche libanesi, marciscono da molti anni nelle galere isra- eliane. Il loro obiettivo è in realtà, da una parte, di schiacciare ogni velleità di resi- stenza all’oppressione permanente subi- ta dai Palestinesi, e dall’altra parte, accen- tuare la pressione sugli Stati della regione (Siria e Iran, in particolare) che non si piegano facilmente alle pressioni degli Stati Uniti e degli altri imperialisti occi- dentali. Se la Siria aveva inviato le sue truppe, all’epoca della guerra civile liba- nese, in accordo con Stati Uniti, Israele e Francia per schiacciare i Palestinesi e le masse diseredate libanesi, essa è ora sog- getta a fortissime pressioni americane e francesi perché abbandoni le sue posizio- ni nel paese, dopo aver dovuto già ritirare i suoi soldati qualche mese addietro. Gli imperialisti francesi sperano che un inde- bolimento duraturo di Hezbollah (legato all’Iran e sostenuto dalla Siria) sotto i colpi israeliani permetterà loro di riguadagnare almeno in parte il «peso» che avevano avuto un tempo in Libano. Questo paese, tradizionalmente, è una importante piazza finanziaria e commerciale del Medio Orien- te, ed è per questo che, se Chirac si è DALL’ «EQUILIBRIO DEL TERRORE» AL TERRORE DELL’ «EQUILIBRIO» nelle superaffollate metropoli dei paesi del- la periferia del capitalismo sviluppato, non ha la possibilità di impiegare utilmente nella permanentefabbrica delprofittocapitalisti- co. Andiamo ripetendo da decenni, e non smettiamo di farlo, che dalla fine della se- conda guerra mondiale invece di un futuro di pace, di fratellanza fra i popoli, di svilup- po economico di tutti i paesi del mondo, il ( Segue a pag. 2 ) ( Segue a pag. 6 ) ( Segue a pag. 6 ) ( Segue a pag. 5 ) LE STRAGI DEL MARE SONO STRAGI DI UNA BORGHESIA DIVORATRICE DI FORZA LAVORO Come ogni estate, il Mediterraneo, e in particolare il Canale di Sicilia, diventano la tomba di centinaia di uomini, donne e bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra per tentare di approdare in un paese in cui sia possibile non avere più fame, non avere più guerra; insomma, vivere! Quel paese sarebbe l’Italia. Il voltodell’accoglienza, degli «italiani brava gente», del cuore tenero degli abitan- ti di Lampedusa o di Portopalo che da anni dimostranocomprensione versole migliaia di disperati che sbarcano sulle spiagge e vicino alle loro case, e che li aiutano in qualche modo. Il volto della carità cristiana che si occupa delle anime dei clandestini, e dei lorocorpi, a dimostrare che le sofferenze, le violenze, i rischi e la morte cui sono sotto- posti - che un dio onnipotente e onniscien- te che non può non aver voluto è allo stesso tempo misericordioso con alcuni mentre altri vengono straziati nei corpi e nello spirito da una vita e da viaggi per lo più senza ritorno - sono una prova cui dio sottopone gli uomini perché un tempo, in una leggendaria scena del paradiso, un suo ordine non fu rispettato. Il volto della paura dello straniero,la L’ITALIA DAI MILLE VOLTI paura di perdere la propria piccola e meschi- na vita quotidiana in un piccolo gruzzolo di privilegi economici e sociali che attirano le masse diseredate e affamate di interi conti- nenti, e che si vorrebbe preservare con leggi «adeguate”, con misure di sicurezza «adeguate”, con punizioni e condanne «ade- guate” per coloro che si trovano di fatto nella illegalità. Il volto del pugno di ferro, di coloro che vedono nella libera circolazione nel «no- stro” territorio di persone provenienti da ogni angolo del mondo da cui scappano per molteplici ragioni - ma soprattutto di so- pravvivenza - una pericolosa invasione di barbari, di gente con culture, costumi e religioni troppo diverse da quelle cui ci si è abituati da secoli. Il volto del pugno di ferro contro la massa di migranti che vengono accettati solo ed esclusivamente se si sot- topongono senza fiatare e senza ribellarsi alle vessazioni che ogni legislazione dei paesi ricchi contiene nei confronti dell’im- migrazione, e solo se accettano lavori sot- topagati, insicuri, temporanei, faticosi. Il volto della delinquenza, di qualsiasi tipo di delinquenza, da quella macrorganiz- zata che si occupa di droga, di contrabban- do e di prostituzione, a quella forse meno ramificata ma non meno vessatoria dei pic- coli furti, dell’elemosina o del lavoro nero. Manodopera a costo bassissimo, ricattata pesantemente su tutto il tragitto che fa per arrivare in un paese dove sfamarsi, schia- vizzata dall’origine alla finedel suo viaggio, sia per i più «fortunati« un posto in fabbrica o un lavoro di badante o di pulizia, sia per i meno fortunati il campo di pomodori, il piccolo commercio o l’edilizia dove l’ap- puntamento con la morte è dietro ogni im- palcatura. Il voltodel trafficodi clandestini , sulle cosiddette carrette del mare, ma anche, anzi soprattutto, sulle strade dei confini di terra da cui, secondo le statistiche ufficiali, tran- sita almeno il 60%dell’immigrazione illega- le. Traffico su cui lucrano incravattati ma- nager o commercianti fino allo scafista o al camionista, e per il quale - come in ogni vicenda delinquenziale - oltre a pagare an- che con la vita lo stesso migrante, pagano solo gli ultimi della catena. Il volto riformista, dell’imprenditore«di sinistra” e dell’intellettuale «di sinistra», che discettano sulla risorsa-immigrazione e sul fatto che l’Italia, visto che tutta una serie di lavori e di mansioni gli «italiani” non li vogliono più fare, è un bene che sia diventata meta di immigrazione perché in questo modo la parte di tessuto economico che dipende dallo sfruttamento di quei de-

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 1

organo del partito comunista internazionale

IL COMUNISTA- N. 101 -

Settembre 2006 - anno XXIV

Tariffa Regime Libero: Poste Italiane SpaSpedizione in Abb.Postale - 70% -

DCB Milano

DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO : la linea da Marx-Engels a Lenin, alla fondazione dell'Internazionale Comunista e del Partito Comunista d'Italia; alle battaglie di classedella Sinistra Comunista contro la degenerazione dell’Internazionale Comunista e dei Partiti ad essa aderenti; alla lotta contro la teoria del socialismo in un paese solo e lacontrorivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; alla lotta contro il principio democratico e la sua prassi, contro l’intermedismo e ilcollaborazionismo interclassista politico e sindacale, contro ogni forma di opportunismo e di nazionalismo.La dura opera del restauro della dottrina marxista e dell'organorivoluzionario per eccellenza, il partitodi classe, acontattocon laclasseoperaiae la sua lotta di resistenzaquotidianaallapressioneeall’oppressionecapitalistichee borghesi, fuoridelpoliticantismo personale ed elettoralesco, fuoridi ogni forma di indifferentismo, di codismo,dimovimentismo o di avventurismo lottarmatista. Ilsostegno di ogni lotta proletariacherompa lapacesociale e ladisciplinadelcollaborazionismo interclassista; il sostegnodi ognisforzodi riorganizzazione classistadelproletariatosul terrenodell’associazionismoeconomico nella prospettiva della ripresa su vasta scala della lotta di classe, dell’internazionalismo proletario e della lotta rivoluzionaria anticapitalistica.

il comunistaBimestrale - la copia 1 Euro

le prolétaireBimestrale - la copia 1,5 Euro

Programme communiste - 5 Euro cadEl programa comunista - 3 Euro cad

The Proletarian - 3 Euro cad

NELL'INTERNO

• La sbornia euforica dei mondiali di calcio. All'oppio religioso, la borghesiaaggiunge il potente narcotico dello sport• Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale. Andrea Doria• Isola di Giava: arriva uno tsunami, ma l'allarme non funziona. Ancora mortie dispersi.• Le battaglie della Sinistra comunista (Fine) 1923. Il processo ai comunistiin Italia• Che dice il nuovo «programma comunista» dei nuovi concorsi per diventare«dottore in bordighismo» indetto dalla Fondazione Amadeo Bordiga?• Siberia: si schianta al suolo un Airbus - 140 morti, 60 sopravvissuti

La guerra futuracome crociata antitotalitaria

Losviluppocapitalistico,eancorpiùlosviluppo imperialistico del capitalismo,chiede inesorabilmente la guerra: perchésignifica moltosemplicementedistruzioneinmassa e in tempi ridotti di prodotti di ognigenere, di installazioni, di costruzioni, dimezzi di produzione. A grandi distruzioniseguono grandi ricostruzioni, ed è qui chesi innesta il business. Nello stesso tempo,significaanchedecimazionedi forza lavoro,ecatombe di uomini che il «mercato dellavoro»,nellemetropoliimperialistichecome

Il capitalismo, in epoca imperialista,ossia nel periodo in cui nel mercato mon-diale dominano i trust, i monopoli, il gran-de capitale finanziario, e gli Stati nazionalial loro servizio, è obbligato a militarizzaresempre più la società. E’ una legge, nonuna «scelta»: la concorrenza mondiale di-venta sempre più spietata, la lotta alla ten-denziale caduta del saggio medio di profit-to – legge del capitalismo scoperta dalmarxismo – diventa sempre più acuta.Quindi, la forza economica in sé di ognisingolo capitalismo, come lo sviluppo sup-postamente normale del capitalismo, nonbastano più: ogni capitalisno nazionale,per imporsi sul mercato rispetto ai concor-renti, ha bisogno di un rafforzamento mi-litare che produce un vero e proprio mili-tarismo, dal quale non è più possibile tor-nare indietro. La caduta tendenziale delsaggio medio di profitto, data l’ormai fa-mosa globalizzazione, non riguarda più ilsingolo capitalismo nazionale, ma i diversicapitalismi nazionali sviluppati la cui lottacontro questa caduta tendenziale non sipuò più limitarenei confini dei singoli Statima riguarda sempre più il consorzio globa-le di tutti i paesi dominanti sul mercatomondiale, che non smettono però di farsiconcorrenza su tutti i piani, a cominciareda quella commercialeper elevarsi a quellafinanziariaemilitare.

Aumenta, di converso, la difficoltà disviluppodeivari consorzi capitalistici, per-ché va ad aumentare la corsa di ognunoall’accaparramento di risorse e di profittinel mercatomondiale; l’aumentata concor-

renza fra gli Stati capitalistici già predomi-nanti, sia per l’emergere nel mercato mon-diale di nuovi centri di accumulazione evalorizzazione di capitale (leggi: Cina, In-dia, Brasile, ecc.), sia per la inevitabile etendenziale riduzione delle possibilità difar profitto mantenendo la sola «produzio-ne di pace», porta ogni Stato capitalista arafforzare lapropria forzamilitareper inter-venire con essa là dove, e quando, gliinteressi del proprio capitalismo nazionalevengono contrastati pesantemente dallaconcorrenza. Più aumentano le merci pro-dotte e portate al mercato, più diminuiscela capacità del mercato di assorbirne l’in-tera quantità, poiché al prezzo «di merca-to» non è più possibile ottenere il profittoche giustifichi quella produzione e quelladistribuzione: questo è il paradosso tipicodel capitalismo sviluppato, più producemeno vende, meno vende meno guada-gna, meno guadagna più diventa aggres-

sivo e si militarizza. Il mercato è l’unicogrande centro di attrazione delle merci ma,nello stesso tempo, è condotto a respin-gerne una parte che, col tempo, diventasempre più grande fino ad intasarlo e anon consentire più alla maggioranza deiprotagonisti (le aziende e i trust) di ottene-re i profitti – e soprattutto quel saggiomedio di profitto – che giustificano la loroesistenza. La distruzione di una parte sem-prepiù grandedi merci – di qualsiasi mercesi tratti, beni di consumo, beni strumentali,capitali, o lavoratori salariati – diventaquindinecessariaper la sopravvivenzastes-sa del sistema capitalistico, per rigenerarlodopo ogni crisi profonda di sovraprodu-zione; ma anche il tempo ha importanzadeterminante per il capitale, perciò quelladistruzione, per essergli benefica, deveessere di grandisime proporzioni e attuatain tempo ridottissimo: la guerra, alla finfine, si rivela il mezzo più appropriato.

Pubblichiamo qui di seguito le prese di posizione del partito sulla guerra inLibano, in luglio e in agosto, che sono state diffuse nella forma di volantino in

italiano, francese, spagnolo e che verranno diffuse anche in inglese.

Libano 2006

Un’ennesima missione di paceche nasconde mire imperialiste

Proletari!La guerra che Israele sta conducendo

inLibanohadiversi risvolti.Alcuni riguar-danolapoliticadiIsraelerispettoalproprioterritorio, altri lapolitica imperialistaame-ricana in Medio Oriente di cui Israele èstrumento fondamentale, altri ancora lacostante instabilità di un paese come ilLibanoe di una popolazionecome la pale-stinese, indomabile da parte dei diversiStati dell’area incui sopravviveseparata eprofuga, ma incapace storicamente diemamnciparsi dall’oppressionenazionalecui è sottoposta da più di un secolo permano del colonialismo inglese prima, delsionismo poi.

Il Medio Oriente, sia per le risorse pe-trolifere, sia per la posizione strategica diprimissimo piano che rappresenta, sia perl’influenza obiettiva che i movimenti poli-tici e religiosi, che là nascono e si svilup-pano, hanno rispetto all’Europa, costitui-sce nello stesso tempo un boccone succu-lentoperognipaeseimperialista–apartiredagli Stati Uniti – e motivo permanente dicontrasto per tutte le maggiori potenzeimperialiste che dominano il mondo, oltreche per gli appetiti delle borghesie locali.

L’irrisolta «questione palestinese»,l’instablitàdelLibano, ladebolezza intrin-seca di Stati comela Giordania, il Kuwait,lo Yemen, il collasso dell’Iraq sottopostoad una guerra di spartizione interna edesterna; lemireimperialistediunapotenza

regionale come l’Iran che soffia sul fuocodel terrorismonazionalista attraversopar-titicomeHamasedel terrorismoconfessio-nale attraverso partiti come Hezbollah; ildifficile equilibrio di Egitto, Siria, ArabiaSaudita, nello scacchiere mediorientale incui agiscono direttamente e indirettamen-te approfittando della complicatezza deirapporti interstatali fra Stati che per lamaggior parte sono stati ritagliati dallepotenze imperialisteeuropeenel lorodise-gno di «decolonizzazione» seguito alla 2°guerra mondiale; tutto questo, senza di-menticarel’inserimentonell’areadelloSta-to di Israele con il compito iniziale di con-trastare l’influenza russa e, successiva-mente, di rappresentare più direttamentegli interessidegli imperialistioccidentali,ein particolare americani, nell’area, tuttoquesto forma un groviglio inestricabile diinteressi locali, regionali e mondiali deidiversi Paesi i cui capitalismi hanno con-temporaneamentebisognodialleanzeeco-nomicheedi contrastipolitici, eviceversa,percontinuareasviluppareipropriprofitti.

Proletari!I fiumi di sangue che le popolazioni

del Medio Oriente versano da più di unsecolosono sempre piùcaratterizzati dalsangue di proletari e di masse diseredatee proletarizzate che formano ormai la

Palestina, Libano: Israele al serviziodell’imperialismomondiale

L’attacco israeliano incorso nel Liba-no ha avuto, secondo gli stessi mediainternazionali, il «semaforo verde»degliStati Uniti e il tacito accordo degli altrigrandiStati imperialisti,acominciaredallaFrancia (nonostante le dichiarazioni di«amicizia»verso il Libano).

La riunione del «G8» che si teneva nelmomento dell’avvio delle ostilità si è benguardatadicondannare l’aggressioneisra-eliana, anche solo a parole, e appellarsianche soltanto simbolicamente alla pace,limitandosiadunancor più ipocrita appel-lo alla «tregua» delle «due parti»!

Il messaggioè stato recepito immedia-tamentedalloStatoebraicocheha intensi-ficato i bombardamenti in tutto ilLibano–non tralasciando le contemporanee incur-sioni nella striscia di Gaza – mirando inparticolare le installazioni indispensabilialla vita quotidiana e obiettivi civili alloscopo di seminare il terrore e di provocareun esodo: quasi settecentomila personesono così state costrette in pochissimigiorni a fuggire dal sud del paese, e daBeirut, mentre i morti ormai si contano acentinaia. Israeleha inogni caso installatoun blocco totale, aereo e navale, del Liba-no, al punto che le navi dei paesi occiden-talicheimbarcanoglistranierichelascianoil paese devono chiedergli il permesso ditransito!

Nessuno dei grandi Stati ha pronun-ciato la minima critica contro questo veroe proprio atto di pirateria che si sta svol-gendonei fatti. Eciò dimostra, aldilà delleparole, una convergenza di interessi neifatti!

E’ la dimostrazione che gli 8 grandiStati chedominano il mondoepretendonodidifendere laciviltà,sonoinrealtà iprimiterroristi, i responsabili dei crimini del

capitalismo,anchequandosonodegliStatipiù piccoli che si incaricano del «lavorosporco».

L’attaccoisraelianoinLibanosi inscri-venella continuità dei suoi attacchi controiPalestinesia Gaza einCisgiordania, enelquadro di un ruolo sub-imperialista nellaregione. Il pretesto di queste sanguinoseoperazionidipoliziaimperialistaèstatalacattura da partedei miliziani Hezbollah ditre soldati israeliani, quando migliaia diprigionieri palestinesi, ma anche libanesi,marcisconodamolti anninellegalere isra-eliane.

Il loro obiettivo è in realtà, da unaparte, di schiacciare ogni velleità di resi-stenza all’oppressione permanente subi-ta dai Palestinesi, e dall’altra parte, accen-tuare la pressione sugli Stati della regione(Siria e Iran, in particolare) che non sipiegano facilmente alle pressioni degliStati Uniti e degli altri imperialisti occi-dentali. Se la Siria aveva inviato le suetruppe, all’epoca della guerra civile liba-nese, in accordo con Stati Uniti, Israelee Francia per schiacciare i Palestinesi e lemasse diseredate libanesi, essa è ora sog-getta a fortissime pressioni americane efrancesi perché abbandoni le sue posizio-ni nel paese, dopo aver dovuto già ritirarei suoi soldati qualche mese addietro. Gliimperialisti francesi sperano che un inde-bolimento duraturo di Hezbollah (legatoall’Irane sostenutodallaSiria) sotto i colpiisraeliani permetterà loro di riguadagnarealmeno in parte il «peso» che avevanoavuto un tempo in Libano. Questo paese,tradizionalmente, è una importante piazzafinanziariaecommercialedelMedioOrien-te, ed è per questo che, se Chirac si è

DALL’ «EQUILIBRIO DEL TERRORE» AL TERRORE DELL’ «EQUILIBRIO»

nelle superaffollatemetropoli dei paesi del-la periferia del capitalismo sviluppato, nonha lapossibilitàdi impiegareutilmentenellapermanentefabbrica delprofittocapitalisti-co.

Andiamo ripetendo da decenni, e nonsmettiamo di farlo, che dalla fine della se-conda guerra mondiale invece di un futurodi pace, di fratellanza fra i popoli, di svilup-po economico di tutti i paesi del mondo, il

( Segue a pag. 2 ) ( Segue a pag. 6 )

( Segue a pag. 6 )( Segue a pag. 5 )

LE STRAGI DEL MARE SONO STRAGI DI UNA

BORGHESIA DIVORATRICE DI FORZA LAVOROComeogni estate, ilMediterraneo,e inparticolare ilCanaledi Sicilia, diventanola tomba

di centinaia di uomini, donne e bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra per tentaredi approdare in un paese in cui sia possibile non avere più fame, non avere più guerra;insomma, vivere! Quel paese sarebbe l’Italia.

Ilvoltodell’accoglienza, degli«italianibrava gente», del cuore tenerodegli abitan-ti di Lampedusa o di Portopalo che da annidimostranocomprensioneversolemigliaiadi disperati che sbarcano sulle spiagge evicino alle loro case, e che li aiutano inqualche modo.

Il volto della carità cristiana che sioccupa delle anime dei clandestini, e deilorocorpi, a dimostrareche le sofferenze, leviolenze, i rischi e la morte cui sono sotto-posti - che un dio onnipotente e onniscien-te che non può non aver voluto è allo stessotempo misericordioso con alcuni mentrealtri vengono straziati nei corpi e nellospirito da una vita e da viaggi per lo piùsenza ritorno - sono una prova cui diosottopone gli uomini perché un tempo, inuna leggendaria scena del paradiso, un suoordine non fu rispettato.

Il voltodella paura dellostraniero, la

L’ITALIA DAI MILLE VOLTI

pauradiperdere lapropriapiccolaemeschi-na vita quotidiana in un piccolo gruzzolo diprivilegi economici e sociali cheattirano lemasse diseredate e affamate di interi conti-nenti, e che si vorrebbe preservare conleggi «adeguate”, con misure di sicurezza«adeguate”,conpunizioni econdanne«ade-guate” per coloro che si trovano di fattonella illegalità.

Ilvoltodelpugnodi ferro, dicolorochevedono nella libera circolazione nel «no-stro” territorio di persone provenienti daogni angolo del mondo da cui scappano permolteplici ragioni - ma soprattutto di so-pravvivenza - una pericolosa invasione dibarbari, di gente con culture, costumi ereligioni troppo diverse da quelle cui ci si èabituati da secoli. Il volto del pugno di ferrocontro la massa di migranti che vengonoaccettati solo ed esclusivamente se si sot-topongono senza fiatare e senza ribellarsi

alle vessazioni che ogni legislazione deipaesi ricchi contiene nei confronti dell’im-migrazione, e solo se accettano lavori sot-topagati, insicuri, temporanei, faticosi.

Il volto della delinquenza, di qualsiasitipodidelinquenza,da quella macrorganiz-zata che si occupa di droga, di contrabban-do e di prostituzione, a quella forse menoramificata ma non meno vessatoria dei pic-coli furti, dell’elemosina o del lavoro nero.Manodopera a costo bassissimo, ricattatapesantemente su tutto il tragitto che fa perarrivare in un paese dove sfamarsi, schia-vizzatadall’originealla finedel suoviaggio,sia per i più «fortunati«unposto in fabbricao un lavoro di badante o di pulizia, sia peri meno fortunati il campo di pomodori, ilpiccolo commercio o l’edilizia dove l’ap-puntamento con la morte è dietro ogni im-palcatura.

Ilvoltodel trafficodiclandestini, sullecosiddettecarrettedel mare, ma anche, anzisoprattutto, sulle strade dei confini di terrada cui, secondo le statisticheufficiali, tran-sitaalmenoil60%dell’immigrazioneillega-le. Traffico su cui lucrano incravattati ma-nager o commercianti fino allo scafista o alcamionista, e per il quale - come in ognivicenda delinquenziale - oltre a pagare an-che con la vita lo stesso migrante, paganosolo gli ultimi della catena.

Ilvoltoriformista,dell’imprenditore«disinistra” e dell’intellettuale «di sinistra»,che discettano sulla risorsa-immigrazionee sul fatto che l’Italia, visto che tutta unaseriedi lavoriedimansionigli«italiani”nonli vogliono più fare, è un bene che siadiventata meta di immigrazione perché inquesto modo la parte di tessuto economicoche dipende dallo sfruttamento di quei de-

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 20062

La guerra futura come crociata antitotalitaria

capitalismo ha offerto all’umana specie unperiodo senza soluzione di continuità diterremoti sociali, di guerre, di economieasfittiche, di lotte semprepiù accanite fra leborghesie di tutti i paesi del mondo peremergere o per sopraffare, per resistereall’attaccodegli avversari oper attaccare inqualità di alleati altri avversari. La posta ingioco non era solo quella di ottenere dal«bagno di giovinezza», che la guerra mon-diale ha rappresentato in generale per ilcapitale, il massimo di vantaggio economi-copossibile, a seconda della forzaeconomi-ca concui ivaripaesi uscivanodalla guerra,ma anche e soprattutto quello di una diver-sa ripartizione delle zone di influenza nelmondo da parte dei «vincitori», Stati Unitiinprimis.

L’ «equilibriodel terrore», caratteriz-zato dalla formazione di due grandi gruppiimperialistici contrapposti – il campo «oc-cidentale» con a capo gli Usa da un lato, eil campo «orientale» con a capo l’Urss dal-l’altro– permise un lungoperodo di «pace»(quindidiricostruzionepostbellica,discambicommerciali,di traffici finanziaridiognitipoe ad ogni livello) fra i grandi Stati borghesi,manon impedì laserie interminabiledi motianticoloniali rivoluzionari in Africa, comenei casi di Algeria, Etiopia, Congo, Angolae molti altri; nel Vicino Medio ed EstremoOriente, dall’Egitto alla Cina, dall’Iraq al-l’Afghanistan, dal Vietnamalla Cambogia,e in America Latina come fu il caso delGuatemala, di Cuba, del Nicaragua. E nonimpedì qualche scossone di segno proleta-riocomela sollevazionedi Berlinodel 1953soffocata però nel sangue con l’accordo dientrambi i «campi»avversari,ocomequelladi Budapest del 1956 nella quale il segnoproletario si confuse molto di più che aBerlinocon il segnoborgheseepiccolobor-ghese della richiesta di democrazia. Nellostesso periodo, l’economia nordamerica-na, uscita dalla guerra ancor più forte diquanto non fosse alla sua entrata, fece dalocomotiva per il capitalismo mondiale, e,approfittando della sua posizione di forza,colonizzò finanziariamente imaggioripaesicapitalistici europei, «ricostruì» le condi-zioni economiche di sviluppodei vinti Ger-mania e Giappone – occupandoli anchemilitarmente–edestese lapropria influenzapolitica, creando netta dipendenza, su tuttii paesi che si riconosceranno partecipi del-l’Occidente, Italia inprima fila.

Quell’equilibrio del terrore, dominatopropagandisticamente dal pericolo di unaguerra atomica tra Usa e Urss, ma soprat-tutto dalla più micidiale falsificazione sto-rica del marxismo ad opera dello stalinismoche etichettò lo sviluppo capitalistico inRussia – e nei paesi saltelliti – come «so-cialismo» realizzato, pronto per il balzo al-l’integrale «comunismo» – doveva neces-sariamente terminare poiché se c’è una cosache il capitalismo non sopporta è la situa-zione di equilibrio: la concorrenza capita-listica porta sì, ad un certo punto del suosviluppo, ad una situazione di «equilibrio»,ma la sua dinamica è tale per cui questasituazione è destinata a trasformarsi pre-sto o tardi in disequilibrio, tali e tante sonole diseguaglianze prodotte dal capitalismostesso. Ed infatti, con l’avvento della piùprofonda crisi economica che il capitali-smo abbia conosciuto a livello mondialedopo la fine della seconda guerra, quelladel 1975, l’equilibrio del terrore ha iniziatoa cedere. Angola e Mozambico furono leultime due ex colonie a togliersi di dosso ilfardello del colonialismo, in questo casoportoghese, mentre molti altri popoli anco-ra in lotta per la propria emancipazionedall’oppresione nazionale, e fra di loro ilpopolo palestinese, non riusciranno nellastorica impresa.

La nuova forma di colonialismo chel’imperialismo moderno ha messo in atto,pur prevedendo la cosiddetta «soluzionepolitica» con la concessione della forma-zione di uno Stato nazionale e di confinidefiniti (dalle potenze imperialistiche,ovviamente) – ossia la dipendenza direttadi quel paese dal sostegno finanziario, diquesto o quel paese imperialista, al postodell’occupazione miltare del paese – soffo-ca molto di più non solo ogni velleità in-dipendentista, ma anche solo di sopravvi-venza economica dei paesi interessati.Soltanto alcuni paesi, molto estesi, conforte popolazione e con grandi risorse na-turali a disposizione potevano avere la pos-sibilità reale – a condizione che i rapportiinternazionali dessero loro il tempo di svi-lupparsi come economie nazionali senzatrascinarli in una guerra che sarebbe statadevastante per la loro economia – di acce-dere ad uno sviluppo che fornisse nellostesso tempo uno sbocco di mercato per lealre economie già forti. Parliamo della Cina,

dell’India, del Brasile.Il proletariato, da parte sua, completa-

mente piegato dall’opportunismo di stam-po stalinista alle esigenze dei capitalisminazionali che della «ricostruzione postbel-lica» fecero una loro bandiera, uscì dallaguerra o completamente prostrato e anni-chilito–come, adesempio, inGermania einGiappone – o completamente prigionierodell’illusioneche la democrazia costituissel’unica via per battere l’oppressione delladittatura fascista e, contemporaneamente,per ottenere un effettivo progresso sociale.In realtà, l’oppressione fascista è stata im-mediatamente sostituita dall’oppressionedemocratica, non nella forma ma nella so-stanza dei rapporti sociali. Con l’aggraviodovuto al fatto che con la democrazia iproletari furonoindotti a credereche la lorolibertà consistesse nel poter finalmenteandare a votare nuovamente deputati esenatori, mantenendofermoil modo di pro-duzione capitalistico e il dominio di classedella borghesia. La «lotta partigiana nellaResistenza», fatta passare come nuovomododi fare la«rivoluzione»di fronteadunnemico prima «sconosciuto» – il fascismo– fu elevata dall’opportunismo socialde-mocratico e staliniano al livello dello spar-tiacque fra proletariato eborghesia, dove laborghesia poteva essere divisa in due tron-coni, quella «fascista», quindi cattiva, dacombattere, e quella «antifascista», quindibuona, con la quale allearsi.

Che il fascismo non fosse nemico sco-nosciuto, la Sinistra comunista, che neiprimissimianniVentidelsecoloscorsoguidòil partitocomunista d’Italia, lo dichiarò congrande nettezza, denunciandolo invece – adifferenza di Gramsci, che loequiparava adun «passo indietro della storia» – comel’espressione dello sviluppo stesso del-l’imperialismocapitalista, sul filomarxistadi Lenin, che alla massima concentrazionee centralizzazione economica e finanziariatendeabbinare lamassima centralizzazionepolitica. La borghesia fascista era quindimolto più coerente storicamente con losviluppo del suo dominio di classe che nonla borghesia antifascista. Ci penserà però laguerra, il suo andamento e soprattutto lasua fine, a chiarire – per i marxisti, ovvia-mente, non per i rinnegati resi da tempociechi e sordi non solo di fronte alla storiama anche di fronte alle esigenze elementaridel proletariato– che la democrazia postfa-scista non farà che ereditare il sistema so-ciale ed economico del fascismo (lo Statoimprenditore oltre che assistenziale); essarimetterrà in piedi logicamente gli apparatiburocratici del parlamento, dello Stato edelle miriade di istituzioni elettive che rac-chiudono in una fitta rete l’intera attivitàpolitica esociale, cheserviranno, e servonotuttora, ad ingannare le masse proletarie epopolari sulla loro effettiva funzione di re-ale imbottimentodei crani intossicandoli alpari di una droga pesante.

Per igrandipaesi imperialisti, chehannoil problema soprattutto di regolare la con-correnza fra di loro inmodochegli interessidegli uni non vadano ad intaccare gli inte-ressi degli altri oltre un certo limite, la finedel trentennio di «equilibrio del terrore»non ha significato la fine del «terrore», ma

la fine dell’ «equilibrio».Si è aperto infatti, dalla famosa crisi del

1975, simultanea in tutti i grandi paesicapi-talistici, un lungo periodo che noi abbiamochiamato di «anteguerra» non perché va-lutassimolo scoppio di una guerra mondia-le vicino nel tempo, ma perché gli elementidi equilibrio fra i due «campi» avversari,una volta caduti, a causa appunto di quellacrisi, avrebbero fatto inevitabilmente postoad elementi di sempre più acuto disequili-brio, di disordine mondialechepotrà trova-re uno sbocco decisivo solo attraverso unaterza guerra mondiale, come è nella storiadel capitalismo stesso. A meno che la rivo-luzione proletaria non ne fermi l’avvio, equesto è l’augurio che ogni comunista de-gno di questo nome si fa nel lavorare affin-chè il movimento di classe proletario possaincontrare il partito comunista rivoluziona-rio già formato, saldo in teoria e omogeneoe disciplinato nella sua attività pratica, ca-pace di guidarlo nella sua rivoluzione finoallosbocco finale, al comunismo.

Non avevamo la possibilità di prevede-re la durata di questa fase di «anteguerra»,né ci interessava indovinare l’anno «x»dello scoppio della terza guerra mondiale,come non ci interessa ora. Ciò che era, ed èsempre importanteper icomunisti marxisti,è trovare conferme dalla storia del capitali-smo e del suo sviluppo alla teoria marxista;trovare quindi motivo per continuare il la-voro di formazione dell’organo rivoluzio-nario per eccellenza, il partito di classe,anche se il periodo di controrivoluzioneborghese si prolunghi per decenni, comepurtroppo sta avenendo. E di conferme neabbiamo quante ne vogliamo. Fatto salvoche i comunisti marxisti tendono in generea vedere la rivoluzione – quindi, la crisicatastrofica del capitalismo, compresa laguerramondiale–primadiquantoeffettiva-mentesi realizzi (così per Marx, per Engels,per Lenin, per Trotskyeper Bordiga), nellanostra ripresa del lavoro di riconquista delpatrimonio teoricoepoliticodel partito, ediricostituzionedel nucleo del partitodi clas-se mondiale, dopo la sua crisi esplosiva del1982,abbiamoazzardatouna data, omeglioun ciclo di anni, in cui si sarebbero potuteverificare lecondizioni internazionali per loscoppio della terza guerra mondiale: 2015-2020, ossia tra 10-15 anni (1). Il cheper noiaveva, ed ha, il significato di insistere nellavorodi ricostituzione del partito di classerivoluzionario certi del fatto che senza par-tito la classe proletaria potrà anche solle-varsi con le armi in pugno contro la borghe-sia, ossia fare la rivoluzione, ma non potràmaidirigere lapropriarivoluzioneallosboc-co storico decisivo, cioè l’abbattimentodel potere borghese e l’instaurazione del-la dittatura proletaria sotto la guida del-l’unicoorganopolitico– il partitodi classe,appunto – che esprime la conoscenza, equindi la coscienza, degli obiettivi finalidella lotta rivoluzionaria del proletariato: ilcomunismo, la società di specie, la fine delmercato, del capitale e del lavoro salariato,dunquedelprofittocapitalistico,dell’estor-sione del plusvalore, e con questo la fine diogni concorrenza capitalistica che porta lediseguaglianze, leoppressioni, lamiseria, leguerre.

( da pag. 1 )

La recentissima guerra che Israele haportato contro il Libano, è parte integrantediquestoprocessodi disordinemondiale incui le grandi potenze imperialiste, spinte aripartirsi ilmondoinmododiversodaquelloereditato dalla fine della seconda guerramondiale,nonriesconoperò acontrollare lediversezonedi tempesta che la concorrenzamondiale fra di loro produce.

Il VicinoeMedioOrienteè semprestatauna zona di grandiconflitti capitalistici,pri-ma di tutto economici. Per la presenza digiacimenti petroliferi giganteschi? Certo,soprattutto per questo motivo. Chi mette lemani suquesta risorsa economica, e soprat-tutto chi controlla il flusso di questa risorsa– e quindi anche la sua quotazione sulmercato mondiale – ha in mano una dellecarte vincenti non solo della tenuta econo-mica e del suo sviluppo in questo periodo aanchedella prossima guerra mondiale. Nonsi tratta infatti solo di avere a disposizioneoggi la quantità di petrolio necessaria perl’energiaattaa fargirarelemacchineprodut-tive, e non si tratta nemmeno di avere adisposizionescorte sufficienti per affronta-reeventuali crisi energetiche tipo quella del1973.Tuttoquestohacertamente importan-za per ogni grande paese imperialista (figu-riamoci poi per i piccoli paesi che non sonoin grado nemmeno di pensare a possibiliscorte), ma ciò cui mira ognuno di loro èaverne per sé a sufficienza e impedire aipossibili avversari di domani di poterne

CON LA GUERRA IN LIBANOSI RICONFERMA IL PROCESSO DI DISORDINE MONDIALE

disporre in egual misura. E’ la legge dellaconcorrenza, che non si sospende mai.

Si dirà: ma il Libanononè unproduttoredipetrolio. Giusto.Ma ilgrandeobiettivodiIsraele – e dietro Israele ci sono sempre gliStati Uniti – è quello di diventare una effet-tiva potenza regionale; non a caso si èdotato dell’esercito più moderno e organiz-zato di tutta la regione, cosa che un tempoaveva l’Iran dello Scià Reza Palevi. Per di-ventare una subpotenza imperialista, però,esso ha bisogno 1) di eliminare una serie diavversari ancoramoltoattivi e ingombranti,come appunto le organizzazioni della guer-riglia palestinese o libanese che agisconopocooltre i suoiconfinioall’internodei suoiconfini e che lo impegnano in un’opera direpressione continua, 2) di dare ai propriconfini stataliunasoliditàeunadurevolezzache finora non hanno mai avuto, sia a causadella sua stessa fame di terra che lo haportatoad invaderepezzi di territorioaltrui,siaper ladebolezza degliStati vicini– comeun tempo l’Egitto e da sempre il Libano –dellaqualeleorganizzazionidellaguerrigliadi cui sopra ovviamente hanno sempre ap-profittato, 3) diessere riconosciuto interna-zionalmente come uno Stato in grado dicontrollare tutto ciò che succede nella re-gione e di intervenire, anche militarmente,ogni volta che da qualche parte sorganopericoli di ribellione o di guerra. Obiettivoambiziosoquesto, ma inqualchemodoIsra-ele vi è spinto dalla sua stessa breve storia

diStato impostodall’esterno,permanodegliangloamericani, subito dopo la fine del se-condomacello imperialisticomondiale,nonsolo come «compenso» per le persecuzionie imassacricuigli ebrei sonostati sottopostisoprattutto sotto il nazismo e di fronte aiquali gli angloamericani non hanno maimossoundito in lorodifesa, ma anchecomepossibile pedina «occidentale» da inserirein una zona che avrebbe sicuramente datoproblemiperdiversimotivi:per iconflitti trale varie popolazioni o tribù presenti; per lalotta di concorrenza che la fine della guerranon aveva fatto cessare ma solo cambiarenei diversi protagonisti; per sostitirsi all’in-fluenza tedesca precedente; per assicurarsiche i nuovi Stati, o le famiglie, i clan , glisceicchi, più o meno legati a tradizioni con-fessionali e precapitalistiche, non sconvol-gessero i nuovi equilibri che si stavanocostruendo fra i paesi imperialisti in meritoallo sfruttamento delle risorse petrolifere.

Israele, dunque, non poteva erigersi inquell’areachecomeStato-gendarme,comeStato-poliziottoper contodellepotenze im-perialistiche occidentali che lo sosteneva-no;ma,nellostessotempo,sviluppata l’eco-nomia nazionale che lo ha fatto diventareuno dei paesi più progrediti – capitalistica-mente, s’intende - del Medio Oriente, comeogni borghesia nazionale anche la borghe-sia israelianaavanza interessi suoi specificiche non semprecollimanocon i suoi protet-tori, e in particolare col suo massimo finan-ziatore, gli Usa. Ecco perché Israele non hasempre bisogno di chiedere il permesso aWashington per le sue incursioni o rappre-saglie militari; queste fanno parte di quell’«indipendenza politica» che uno Stato bor-ghese si guadagna rispetto a Stati borghesipiù fortiper iquali i suoi servigi sonoritenutiindispensabili. Anchequesta è una forma dicompenso, di cui finora ne hanno fatto lespese soprattutto i palestinesi, e i proletaripalestinesi innanzi tutto.

Se negli anni fino al 1975 i palestinesinon sono riusciti a ritagliarsi un territorioproprio sul quale erigere un proprio Stato –illudendosi di poter portare a buon fine unaguerra partigiana per la distruzione di Isra-ele, comesi recitava nella carta di fondazio-nedell’OLP – tantomenopotevanoriuscirenel periodo successivo, quando si è apertoil periodo non delle «sistemazioni» territo-riali, ma del disordine territoriale più acuto(come lo stesso Medio Oriente dimostra,insiemealCaucaso,all’Africanera,all’Estre-moOriente). Malemireespansionistiche inMedioOrientenonriguardanosoltantoIsra-ele; sono espresse sempre più chiaramentedall’Iran, inprecedenzadall’IraqdiSaddamedallaSiria, tutteovviamenteproporzionatealle singole forze economiche e politiche.Tenendo presente che le stesse formazionimilitaripalestinesi,riuniteomenonell’OLP,sono sempre state usate ora dall’uno oradall’altro degli Stati che dicevano di soste-nerne la causa nazionale – Arabia Saudita,Siria, Egitto, Giordania, Iraq, e più recente-mente Iran – per finalità proprie che nullaavevano da dividere con la «causa naziona-le»palestinese; nonper niente, tutti gli Statiarabi, nessuno escluso, oltre ad Israele,hanno provveduto di volta in volta a massa-crarli (dal settembre nero giordano a Tall elZatar siriano) quando la loro presenza di-ventavapericolosaperl’influenzacheavreb-be potuto avere sulle fasce più disagiatedellepopolazioni locali. Cosacheè avvenu-ta, in effetti, ad esempio con la battaglia diBeirutdel1982.

Lapoliticamilitaristadi Israele,giustifi-cata costantemente dalla propaganda occi-dentale per il pericolo che correrebbe loStato di Israele di essere distrutto ora daquestoora da quelloStato arabo, rispecchiasia nellapropagandachenell’agire la politi-ca imperialistaamericana:elevataamodellodi democrazia per tutto il mondo arabo-islamico, Israele è appoggiato, sostenuto edifeso da Washington come fosse un lembodegliStati Unitid’America.Maledifficoltàche Israele incontra nelle sue relazioni congli Stati arabi e islamici da cui è circondatonon rimangono confinate nella sua aread’intervento,bensì si ripercuotonoconsem-prepiù velocità sullemetropoli imperialistepiù importanti, a partire ovviamente daWashington, per continuare a Londra eParigi dove la forza finanziaria di gruppiebrei legati strettamente con Tel Aviv hanotevole peso. Queste difficoltà e questeripercussioni, le cui cause immediate spes-so dipendono da una «questione palestine-se» non risolta, insistono naturalmente sututta l’areamediorientalecheperiodicamen-te si incendia a Beirut, a Bagdad, o a Geru-salemme,alCairo,aKuwaitCityoaTeheran.Un nuovo ordine non si è stabilito in MedioOrientenéconlaguerra dei sei giorni, quan-do l’esercito di Israele sbaragliò l’armataegiziana, néè natodopo imolteplici accordidipacefraOLPeIsraele,néquando, istigato

dagli angloamericani, l’Iraq di Saddam at-taccò l’Iran di Komeini; un nuovo ordinenon è uscito nemmenodopo la prima guerracontro l’Iraq quando Saddam tentò il colpodimanoinKuwait, trasformandosida fidatoalleato in regime terrorista, e non se nevedono i contorni nemmeno ora con la se-conda guerra contro l’Iraq.

L’occupazionemilitaredell’Iraqdapartedegliamericani,degli inglesiedeipiùdispa-rati alleati, ha prodotto un disordine ancorpiù violento di quello trovato all’inzio dellaguerra contro lo «Stato canaglia», come èpiaciutoaWashingtondichiamarlo.CiòcheBush e i suoi suggeritori politici non imma-ginavano era che l’operazione di guerracontrol’esercitodiSaddam,unavolta termi-nata – e terminò effettivamente nell’arco didue mesi –, avrebbe dato l’avvio ad unperiodo di guerra che i geni della strategiamilitarehannoclassificatocomeasimmetri-ca: in realtà, si tratta di guerra partigiana incui le più diverse faide, che rappresentanoognuna interessi diversi e spesso contra-stanti, ma che hanno un nemico immediatocomune: l’occupante angloamericano, im-brigliano l’esercito più potente del mondo.Da questo groviglio politico-militare Bushnon sa come uscirne, ed è costretto a chie-dereai suoi attuali alleati europei assistenzadiplomatica e politica, dopo averne pretesoil coinvolgimentomilitare. Ildisordinemon-diale, sefocalizzatosull’Iraq faemergereunpossibile sbocco imperialista: la divisionedell’Iraq in tre territori differenti, il nordaffidato ai curdi, il centro ai sunniti e il sudagli sciiti; insomma una specie di balcaniz-zazione dell’Iraq, con la similitudine nonsolo di spezzettamento territoriale, ma an-che di non-soluzione definitiva e stabilecomeilKossovo, ilMontenegro, laSlavoniae la stessa Bosnia stanno a dimostrare.Equilibri temporanei, raggiunti al terminediun periodo di orrendi macelli (in Iraq ormaisi contano in media 100 morti al giorno),destinati prima o poi a saltare rimettendo indiscussione tutti gli «accordi» e i «patti»precedentementesottoscritti fra leparti.Nona caso gli angloamericani stanno perdendogli alleati, soprattuto europei, militarmenteimpegnati in Iraq, tanto più da quando sem-bra evidente che il business della ricostru-zione si sia in buona parte volatilizzato e ilcontrollo del petrolio iracheno resti salda-mentenellemaniangloamericane.

Le minacce americane alla Siria e al-l’Iran, vecchi «Stati canaglia», accusati difinanziaree dirigere organizzazioni guerri-gliere (definite naturalmente «terroristi-che») come Hezbollah e Hamas, funziona-no più comeparavento rispetto al fallimen-todella spedizionemilitare in Iraq checomeanticipo di un imminente attacco militarecontrodi loro. Ancheneiconfrontidell’Iraqgli Stati Uniti usarono lo strumento delleminacce guerresche che si attuarono in unaprima faseattraversounembargodurato13anni che mise l’Iraq economicamente inginocchio, per poi passare alla fase due,ossia all’attacco militare vero e proprio,quando maturarono le condizioni di coin-volgimentodeipiù importantipaesieuropeinell’avventura. Al di là della falsificazionedelle «prove» del possesso di «armi didistruzione di massa»da partedel regimediSaddam, l’Amministrazioneamericana do-veva ad un certo punto dare sfogo al biso-gnodi guerra del proprio imperialismo, permotivieconomiciepermotivipolitici, attra-verso il qualedimostrareai suoi concorrentieuropei (Germania, Francia e Russia, so-prattutto) chenonpotevanomettere le manisui giacimenti di petrolio dell’Iraq per pro-prio conto (sebbene con accordi bilateralicon Saddam) – e quindi contro gli interessiamericani – senza che Washington, sup-portato come sempre dalla Gran Bretagna,reagisse con forza, nel caso con azioni diguerra.

Leminacceamericane,quindi,nonsonodiretteesclusivamentecontro i «terroristi»,gli Stati che sfuggono al controllo diWashington, o al controllo dei suoi alleatipiù fidati, ma hanno anche l’obiettivo dimetteresull’avviso lealtrepotenze imperia-liste concorrenti: attenti, non sfidateci, noisiamo già in guerra, siamo già abituati allaguerra inogni territorio, inogni condizione,a qualsiasi parallelo. Inoltre, nel periodo incui un’altra grande potenza economica, laCina, si affaccia sul mercato mondiale conl’aggressività tipicadei capitalismi giovanieconlafameinesauribiledimaterieprimediogni tipo– edi petrolio, naturalmente, fra lepiù importanti – l’imperialismopiù fortedelmondo non si può permettere di lasciarezone strategicamente rilevanti (e il MedioOriente loè)debolmentecontrollate. Ilbiso-gnodiguerraattualeèdirettamentecolle-gatoal bisognodi guerra futuro, perché èinevitabilechegli interessi degliStati impe-rialisti più importanti al mondo, che già siscontrano sul piano commerciale e finan-

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 3

La sbornia euforica dei mondiali di calcio- All’oppio religioso,

la borghesia aggiunge il potente narcotico dello sport -

La propaganda martellante dei mediaborghesigiàprimadell’andata infinaledellanazionale di calcio italiana, aveva ampia-mente esaltato le «gesta» dei calciatori no-strani in funzione di sollevare lo spiritonazionalistico, interclassista, collaborazio-nista di tutti gli italiani che dovrebbero es-sereuniti aldi làdelledifferenzediclassenelgioire dei risultati raggiunti nei campi digioco internazionali. Già allora era giuntostridentequestomessaggiodi frontea risul-tatipernienteesaltanti incampodellanazio-nale, ma evidentemente la borghesia pensa-vadiutilizzareeventuali vittorie infunzionedipotentecollante invistadiprossimisacri-fici da imporreaiproletari.

Enormischermiorganizzatinellepiazzeprincipali, servizi speciali, commentatoridiogni risma, fino a telegiornali quasi tuttiimpostati al tripudiodopolavittoriaai rigoridellanazionaleegli schiamazzi notturni or-ganizzatidai tifosi sfogatisi conl’immanca-biletricolore. Icommentidipoliticiborghesidi governo e istituzioni hanno fatto il restonell’esaltarel’unitarietàdisentimentiegioiaper lavittoriaaimondiali,machedeveessereintesa anche come unitarietà di interessi invista delle difficoltà del paese che in questomodo riuscirà a superarle diventando piùcompetitivo, ed aggredire meglio, con que-sto spirito di rinnovato sostegno patrio, iconcorrenti sul mercato straniero.

Ancora più dei mondiali dell’82, la bor-ghesia italiana si è preparata ad utilizzare ilsentimento gioioso per il gioco del calcio infunzione dei suoi interessi di unificazionedei proletari verso una stagione di sacrificiche vedranno peggiorare le loro condizionidi lavoroedi vitaancora dipiù, sacrifici chesi rendono necessari per la crisi molto piùacuta che si sta delineandoall’orizzonte deimercati internazionali. I proletari, purtrop-po,neldimenarsinellepiazzeconil tricoloredimostrano di caderenella trappola dell’in-terclassismo e di non riuscire a separare lapropria condizione di vita e di lavoro daquella dell’apparato della distrazione dellaborghesia, equindi diessereancora lontanodal loroterrenospecificodi lottaper i propriinteressi immediati che li faranno scendereinpiazza conbenaltrospiritoeconbenaltriobbiettivi specifici.

Anche nell’esprimere gioia per il giocodel calcio, o qualsiasi altro sport, i proletarinonlopossonofare«liberamente», ma sonocostretti a farloall’internodimodiestrutturepredisposte dalle istituzioni borghesi e in-canalati in funzione delle esigenze di domi-nio e conservazione della borghesia, oggiper sostenere un governo di sacrifici impo-sti soprattutto ai proletari, domani per farsostenere a quegli stessi proletari o ai lorofigli i sacrificidelleguerre imperialiste.

I mondiali di calcio, naturalmente, vo-

glionodiremontagnedi soldipergliorganiz-zatori, per gli sponsor, per i media, per tuttele attività che utilizzano la passione per losporta finieconomicipropri.Mac’è appun-to l’aspetto sociale, l’aspetto del coinvolgi-mento in un sentimento di unità nazionalechesta particolarmentea cuorealla borghe-sia dominante. Più i proletari pensano eseguonoilcalcio,oilciclismo, ilgranpremiomotociclistico o la formula 1, il basket o labox, le imprese nelle regate atlantiche o leolimpiadi, epiùdeviano la propriaattenzio-nedai problemidella lotta sociale, più man-tengono lontana e dimenticano la lotta pro-letaria di classe;allenanoil propriocervelloall’imboniturageneralizzataoccupandolodipassioni e nomi e squadre che non potrannomaiessereutiliai finidella lottaperlasoprav-vivenza.L’organizzazionedella deviazionedal terreno di scontro classista è un obietti-vo ben preciso della borghesia dominante,diventa un’arte, un’arte di governare il con-senso.

Sono cose che diciamo da molto tempo;l’oggihasemplicementeamplificato,graziealla tecnica moderna legata alla tv, alla tele-foniamobileea internet, l’effettorincoglio-nitore dello sport. Per esempio, a propositodel Tour de France del 1949, si può leggere:

«Inognipaesemilionidiuominiedonne,giovani evecchi, passano le lorogiornate inappassionati dibattiti e a sostenere la supe-

riorità di questoo quel campione, per interesettimane essi non vivono che nella trepi-danteattesadinotiziesullevicendedel Tourtrasmesse oltre che dalla stampa dai mezzipiù moderni didiffusione. Per tutta laduratadell’epica lotta, fusi nell’unica grandeeno-bile passione della bicicletta, essi non pen-sano ad altro. Tutto ciò spiega a sufficienzae giustifica pienamente il grande interessedelle organizzazioni borghesi per il Tourcomedel restoper ognialtramanifestazionesportiva.

«Noi non siamo contro lo sport, e puraborrendo da ogni forma di divismo e dicampionismo sportivo, possiamo ancheammirarequesti ragazzidaimuscolid’accia-io, che sanno correre migliaia e migliaia dichilometri conmedieorariespettacolari.Maè nostro doveredimostrare alle masse comelaborghesiaalimenti finoall’esasperazionela passione sportiva delle folli ai fini dellapropria conservazione.

«C’ènaturalmente,comeinognimanife-stazionesportiva, l’altroaspetto,quelloeco-nomicodel Tour, i tutt’altroche trascurabiliinteressi dei produttori di macchine, degliorganizzatoridellecorsesuivelodromi,ecc.ecc. Ma l’aspetto più importante di questemanifestazioni risiedenel lorovaloreesigni-ficatosociale: distogliere l’attenzionedellemasse dai loro problemi politici e sociali, econvogliareenergieedentusiasmi fuoridel-l’alveo delle lotte sociali.

«All’oppio religioso, la borghesia hasaputo aggiungere il potente narcotico del-lo sport e non si può negare che essa sappiaservirsi dell’unoedell’altro»(su«battagliacomunista»n.30,28luglio–3agosto1949).

Certo che oggi, tale è il business legatoalle diverse manifestazioni sportive, che si

rischia sempre più spesso di ammirare mu-scoli d’acciaio ottenuti e mantenuti consostanze dopanti, così pericolose da porta-re anche alla morte, come è successo aPantani.

Resta il fatto che il potente narcoticodello sport è un’arma molto efficace nellemani della borghesia che, d’altra parte, nonha inventato nulla se fin dai tempi dell’an-tica Roma ogni imperatore si doveva impe-gnare in Panem et circenses! Ed è cosìpotente da avere effetto sedativo sul famo-sissimocalcio-scandalocheha coinvolto lemaggiori squadre di calcio italiane: Juven-tus, Milano, Lazio, Fiorentina, e poi la Reg-gina, e tante altre, scuotendo non pocotutto il mondo che gira intorno al businessdel calcio. Le prime sentenze di condannadella «giustizia sportiva»– che voleva dareunesempioimportantedirestaurazionedelleregole punendo non in forma soltanto sim-bolica le squadre che si erano macchiate divari illeciti (partitecomprate, arbitri vendu-ti, ecc.) – sembrava che andassero nelladirezione di «ridare smalto» al campionatoitaliano di calcio, considerato a torto o aragione il più spettacolare del mondo, tantopiù dopoche la nazionaledi calcio italiana,nonostante i suoi giocatori facessero partequasi tutti delle squadre coinvolte nelloscandalo, giunta in finale, vinse. Ma dovegirano miliardi e miliardi non c’è scandaloche possa fermarne il meccanismo. Prima opoi lo Scandalo diventa scandalo, per poipassare a semplici episodi di corruzione diqualcuno dei personaggi che si sono ap-profittati della loro posizionedi privilegio;tangentopoli insegna. Il circo deve conti-nuare adattirare lemasse comesenon fossesuccesso niente!

PERSISTENZADELLAMISTIFICAZIONEDEMOCRATICA

che motivo si mettono di traverso ai lorodisegni. Il leit motiv degli odierni Bush,Blair,Chirac,Prodi,Putin,Merkel,Zapatero,Koizuni richiama il vecchio ritornello dellalottaal totalitarismochefecedasfondonellaseconda guerra mondiale alla lotta delle«democrazie» contro il «nazifascismo». Imaggiori rappresentanti del totalitarismocapitalistaedimperialistasalgonosulpulpi-toadeclamarelevirtùdiunademocraziacheormai,nellepropriemetropoli, è solodi fac-ciata, per minacciare tutti i paesi che non siadeguono alla loro democrazia, e nel casoper aggredirli non importa con quale prete-sto formale (possesso di armi di distruzionedi massa, chimiche, biologiche o nucleari,oppuresostenitori eorganizzatori di terrori-smo contro le metropoli democratiche, adesempio).

«Sebbene le democrazie occidentalievolvano progressivamente verso le formetotalitarie e fasciste, esse potranno per uncomplesso di ragioni inerenti alla lorobase sociale ed alla loro posizione nelmondo (specialmente per l’America) reci-tare ancora per lungo tempo la commediadella difesa di tutte le libertà», scrivevamonel1946(2);lacommediadelladifesadituttele libertà è continuata, e purtroppo per untempo molto più lungo di quanto non sipensasse allora, e continua e continuerànelle parole dei Bush di oggi e di domani.All’epoca, era il regime russo ad esseretacciatocomedittatoriale totalitarioe fasci-sta, anchesepermolti anni fececomodoallapropagandaanti-hitleriana fingeredicrede-reallademocratizzazionedelregimesovieti-co; successivamente, negli anni della cosid-detta guerra fredda «vedremo, a grado agrado, trasformare questa tesi in quellaopposta, e rinfacciare all’apparato russodi governo il carattere oligarchico ed op-pressivo e i metodi prepotenti e crudelifinora rinfacciati alle belve naziste dagliagnelli delle democrazie parlamentari».Che cosa sostennero tutti i campioni delledemocrazie occidentali se non che i criminidello stalinismoandavano equiparati ai cri-mini del nazismo? Che cosa sostennero senon che il comunismo, identificato nellapolitica interna ed estera dello stalinismo,era una forma di totalitarismo che andavacombattuta tanto quanto la dittatura fasci-sta? Per decenni, la gigantesca macchinadellapropagandastalinistadi falsificazionedel marxismo (a partire dalla «costruzionedel socialismo in un solo paese», prose-guendo per le «vie nazionali al socialismo»

e finendo col mercato «socialista») fececrederealproletariatomondialeche inRus-sia, e in Cina, e in tutti i paesi satelliti delcosiddetto campo «socialista», si stesseeffettivamente erigendo socialismo mentrenon si trattava che di puro, cristallino eovviamente spudorato capitalismo; per de-cenni, la stessa gigantesca macchina dellapropaganda democratica delle borghesieoccidentali svolse il suo compito di rinco-glionimentodei crani proletari dandososte-gnoalla falsificazionestaliniana del marxi-smo, prendendo per buone le pretese di«socialismorealizzato»inRussiaeneipaesidel campo imperialista avversario, assimi-lando l’orrenda oppressione del proletaria-to e dei popoli prodotta dallo stalinismo edalle suevarianti cinesi o castriste– espres-sioni di borghesie giovani, ingorde, aggres-sive e senza scrupoli come ogni borghesiache tenta di recuperare tempi storici perraggiungerepiù in fretta possibile una posi-zionedidominionelconsessodeipiù impor-tanti briganti imperialisti del mondo–comeuna caratteristica specifica delcomunismo.Ma alla caduta non tanto di Stalin, ma del-l’Urss e del regime sovietico, altri saranno ibersagli della propaganda delle grandi de-mocrazie imperialiste: il regimenordcorea-no, quellocastrista, il regimecineseequellolibicodi Gheddafi fino al regime di SaddamHussein e, più recentemente, a quello diAhmadinejad. In ogni caso, continuava iltesto del 1946, «sarà largamente sfruttatoil luogo comune della campagna controtutte le dittature» sostenuta anche dai rin-negatoridelmarxismo,e la stampaborghesescoprirà di volta in volta un novello Stalincomedittatoreeunnovelloregimesovieticocome fascismo, «per impiantare su questaasserzione la tesi che la libertà democrati-ca trionferà in un mondo pacificato soltan-to dopo che una nuova guerra, vittoriosacome quella che travolse i Mussolini, gliHitler e gli Hiro-Hito, avrà tolto dal potereStalin o il suo successore», Stalin o i suoisuccessori ed epigoni, potremmo aggiun-gere oggi. Una nuova guerra che travolgai nuovi dittatori: ecco lo slogan dei rappre-sentantidelledemocrazieimperialiste,quel-le stesse democrazie che hanno appoggia-to, sostenuto, se non ideato i Pinochet, iVidela, gli Stroessner, i Noriega, i Sukarno,i Mobutu, i Millosevich, i Tudjman, i Sad-damHussein…,salvopoiadisfarsenequan-do le condizioni generali dei rapporti inte-rimperialistici cambiavano, a riprova che ladittatura moderna non è condensata in unuomo, o in una «cricca», ma è dittatura diclasse, dittatura della classe borghese chedomina l’intera società grazie al sistemacapitalistico di produzione e di appropria-zioneprivata dell’intera ricchezza prodotta.

La democrazia, che basa la sua fortepresa sul fascino che sprigiona l’idea bor-ghese che sia l’individuo a scegliere, ilsingolo individuo ad escogitare «soluzio-ni» politiche, economiche, diplomatiche, ilsingolo individuoa voleredeterminatecosepiuttosto che altre, e a decidere i propriacquisti, il proprio schieramento, il proprio

IL FASCISMO,APERTA DICHIARAZIONE DI DITTATURA DI CLASSE DELLA BORGHESIA

listica moderna avrebbe avuto il merito disvilupparne il massimo di propulsione so-ciale universalizzando un unico sistemaeconomico che, grazie alla diffusione dellademocrazia, sarebbeingradodi trovare inségli elementi di compensazioneedi sviluppo«sostenibile» superando di volta in volta lecrisi e le contraddizioni che lo sviluppostesso della società borghese non può nonprodurre.

Ivecchi socialisti riformistideiprimidelNovecento,condizionatidal fortemovimen-to proletario di lotta allora esistente maattratti inmodoirresistibiledal fascinodellademocrazia parlamentare borghese, cerca-rono di salvare «capra e cavoli»: l’obiettivodell’emancipazione proletaria, per la qualenon si negava inassoluto l’uso della violen-za,eilmezzodelparlamentarismodemocra-tico col quale si cercava di usare pacifica-mente la forza del numero. La storia rivelòche questo matrimonio diede solo figli ba-stardi: l’emancipazione proletaria la si fecedipenderesempre di più dal successoparla-mentare, la violenza fuconfinata nell’episo-dicità dell’asprezza di certe lotte, dunque larivoluzione – ossia quel movimentodi clas-seche avrebbedovuto ottenere l’emancipa-zione proletaria attraverso l’abbattimentoviolento del potere borghese e l’instaura-zione del potere proletario, unico e dittato-riale, sull’intera società – fu ridotta a movi-mentodemocraticoparlamentaresemprepiùnon-violento fino a diventare fautore dellapacificazionefra leclassi,dellacollaborazio-nefra leclassi,dell’interclassismoelevatoateoria generale del movimento operaio. Ilriformismo si trasformò inevitabilmente incollaborazionismo con laclasse dominanteborghese.

Ci volle l’avvento del fascismo, e lasua netta dichiarazionedi arma inmanoallaclassedominanteborghese in lotta contro laclasse del proletariato, con il suo disvela-mento dell’essenza dittatoriale di classe daparte della borghesia, per riproporre al pro-letariato la questione del potere politico,della lotta di classe, della rivoluzione comelottaarmatachela classeproletariaconducecontro la classe borghese per la vita o per lamorte, con l’obiettivo di abbatterla ed in-staurare la propria dittatura di classe al finedi impedirledi riorganizzarsiediriprendersicon la forza il potere perso. Ma i guasti chel’intossicazionedemocratica aveva prodot-tosi rivelaronoparticolarmenteestesiepro-fondi; attaccato da un cancro andato inmetastasi, nonostante il potente slancio cheilproletariatorusso,guidatodal formidabilepartitodiLenin,diedealla rivoluzioneinter-nazionale con la propria vittoria, con l’in-staurazione del primo Stato proletario almondo e con la fondazione dell’Internazio-naleComunista, il proletariatodei paesi oc-cidentali- - dei paesi capitalisticamente piùsviluppati edeterminantiper lavittoriadellarivoluzione proletaria nel mondo, o per lasua sconfitta – non riuscì a guarire in tempodall’intossicazionedemocratica, lasciando-si così lentamente morire come classe rivo-luzionaria.Ipartiticomunisti,inispeciequellieuropei, riunitinell’Internazionalecomuni-sta, salvo pochissime eccezioni fra cui il

( Segue a pag. 4 )

D’altra parte, ogni Stato borghese, e inparticolareogniStato imperialista, nonpuòdimenticare che per condurre le sue guerrecon successo ha bisogno di un largo con-senso sociale, ha la necessità di riunire lediverse classi e le diverse frazoni di ogniclasse intorno all’unico obiettivo, centrale,una volta indicato il nemico, di fronte allaguerra: fare laguerraevincerla! Lamacchi-na della propaganda borghese lavora sem-pre, potenzialmente, per l’unione sacra ne-cessaria allo sforzo di guerra, anche e so-prattutto nei brevi o lunghi periodi di pace.La propaganda, e la pratica, della democra-zia non servono infatti solo alla gestionesociale e politica del proletariato abbatten-done lepotenzialità di lotta classista; servo-noafacilitarel’irreggimentazionedellemas-se proletarie sotto le bandiere della patria,dell’unionesacra,dell’estremosacrificio indifesa del proprio paese. Il collaborazioni-smo interclassista in tempo di pace servecome base per rafforzare il collaborazioni-smo in tempo di guerra. In questo sensol’opera delle varie forme di opportunismo,da quelle tipiche della socialdemocrazia aquelledel nazionalcomunismo,aquelledel-l’antitotalitarismo democratico, acquistavalore strategico per il mantenimento e ladifesa della conservazioneborghese: il pro-letariato, deviato per decenni dal suo terre-no di classe per abbracciare la causa dellaborghese economia aziendale e nazionale edellademocraziacomebenecomunedi tuttele classi sociali, e mantenuto in questo statodi estrema dipendenza dalle esigenze dellasocietà borghese capitalistica, non avrà laforza di contrastare efficacemente la spintainesorabile della borghesia alla guerra, im-molando per l’ennesima volta se stesso allacausadellaspartizioneimperialistadelmon-do.

Ecco perché i comunisti rivoluzionarisottolineano il fatto che il proletariato devericonquistare il terreno della lotta di classefin dalle sue esigenze elementari ed imme-diate di vita e di lavoro, per riuscire adabituarsi a lottare per se stesso, per lapropria classe, per le proprie esigenze diclasse, attuando in questo modo una formadi disfattismo proletario neiconfrontidellapropria borghesia che potrà, esso solo, tra-sformarsi in disfattismo rivoluzionario difronte alla guerra borghese. Solo così ilproletariato potrà spezzare il corso borghe-se di sviluppo della crisi economica capita-listica incrisidiguerra imperialista, edinne-stare il suo corso di sviluppo di classe,trasformandolaguerra imperialista inguerracivilerivoluzionaria.

La difesa della libertà, l’esportazionedella democrazia nei paesi che ne sonoprivi, sono i grandi temi della propagandaborghese con i quali ogni classe borghesedominantedeipaesi imperialistipiù fortidelmondo– terrorista e sanguinaria mille voltedipiùdiqualsiasiorganizzazioneguerriglie-ra che razzola nel pianeta – giustifica qual-siasi aggressione che organizza ed attua neiconfrontidipopolazionieStati cheperqual-

della persuasione, del consenso, del «con-frontocivile», echesi cerchi dicontrobilan-ciare leesagerazionicui il capitalismospin-geisingolioigruppi (accumulodiricchezza,schiavismo,delinquenza,oppressione,guer-ra) con la «coscienza» della maggioranzadegli uomini di limitarequelle«esagerazio-ni», limitando l’accumulodi ricchezzanellemani di pochi, combattendo lo schiavismo,la delinquenza, l’oppressione e la guerracon learmidella…democrazia,dellabuonavolontà dei più chevoglionogiustizia,vive-re civile, ordine, benessere, equilibrio.

Quante volte si sono sentiti discorsi chesiappellanoallagiustizia, alviverecivile, albenessere, all’equilibrio, ossia allo svilup-po «sostenibile» dell’economia e della so-cietà umana; e quante volte, di converso, sisono sentiti discorsi che giustificano le in-giustizie, i contrasti sociali, lediseguaglian-ze, gli squilibri, lo sviluppo ineguale del-l’economia e della società umana; dove leingiustizie vengono di fatto accettate ma sivorrebbero che cd ne fossero meno, i con-trasti sociali sanati grazie agli accordi che idiversi gruppi sociali dovrebbero prendere,le diseguaglianze superate almeno per queltanto che si possa dire che non sono cosìprofonde,glisquilibribilanciatigrazieall’in-tervento dall’esterno di istituzioni apposi-tamentemesseinpiedi, ecc.ecc. Il fattoèchepiùsi sviluppa il capitalismo, più la societàborghese avanzanel tempo e più i contrasti,le diseguaglianze, gli squilibri diventanoacuti, in pratica insostenibili.

Ogni appello a qualsiasi forma di inter-vento nella società che si fermi alla superfi-ciedei problemisociali –ovveroogni prete-sa di rimediare ai guasti della società bor-ghese senza porre il problema centrale efondamentaledelmododi produzionecapi-talistico e del sistema borghese eretto sulcapitalismo e in difesa del capitalismo – èvano, come è in realtà dimostrato da più dicentocinquant’anni di storia di sviluppodelcapitalismo. La democrazia borghese ha ilcompito di nascondere questa verità stori-ca, ha il compito di negare che la società siaeretta sull’antagonismo di classe tra le dueclassi principali, proletariato e borghesia;che il potere dominante della borghesia siamantenuto con la forza economica che pro-vienedall’appropriazioneprivata borghesedella ricchezza sociale prodotta e con laforza militare dello Stato con la quale laborghesia difende il suo potere economico;checapitalismosignifica fondamentalmen-te oppressione salariale da parte borghesedei lavoratori,deisenza riserve, echequestaoppressione produce una serie di altre op-pressioni:quellanazionale,quelladelladon-na, quella culturale, quella religiosa, quellaetnica, quella linguistica, ecc.; checapitali-smo significa lotta della borghesia contro ilproletariato per mantenerlo nella schiavitùsalarialee lottadella borghesiadiunanazio-ne contro le borghesie di altre nazioni permotivi di espansioneeconomica, di concor-renza, di guerra. La democrazia borghesetende a rendere naturale ciò che la storiadelle società umane classifica come epocatransitoria, ossia come se denaro, merce,profitto,mercato,concorrenza fosserocate-gorie da sempre esistite e che esisterannosempre, di fronteallequali la società capita-

successo, il proprio futuro; la democrazia,che rilancia costantemente – nonostante leinnumerevoli prove a contrario – l’idea chesipossasemprerimediareaiguasti del siste-ma borghese sul piano sociale e su quellodell’ambientenaturale, bastachegli uominidi buona volontà prendano il sopravventosugli uomini di cattiva volontà con i mezzi

ziario, raggiungeranno ad un certo puntoun livello di scontro che porterà inevitabil-

mente allo sbocco di guerra al massimolivellomondiale.

Page 4: organo del partito comunista internazionale · 2014. 11. 2. · IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 1 organo del partito comunista internazionale IL COMUNISTA-N. 101-Settembre 2006

IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 20064

partito bolscevicodei primi anni guidato daLenin e il partitocomunista d’Italia quandodirettodallaSinistra comunista, capitolaro-nounodopol‘altroeguidaronoilproletaria-tononalla rivoluzionemaalla controrivolu-zione. Fu la sconfitta più grande che potevaavvenire poiché prese le sembianze di una«vittoria»soloconfinata nell’ambitodi unanazione (la Russia) perdipiù capitalistica-mente arretrata, quando invece, giusta Le-nin,nonavrebbemai potutoprogredireeco-nomicamente se non grazie all’aiuto dellavittoria rivoluzionaria inqualcunodei paesieuropeipiùsviluppati,pena ladifficilissimaresistenza di un potere politico proletariobasato su un’economia capitalistica arre-trata, in attesa che la rivoluzione proletariain Europa corresse in aiuto alla Russia bol-scevica .Poterepoliticoproletarioche,comela storia ha mostrato, ha esso stesso cedutotrasformandosi - non senza che fosse deci-mataacentinaiadimigliaia lavecchiaguadiabolscevica e rivoluzionaria – inpotere poli-tico borghese.

L’abbandono della mistificazione de-mocratica da parte della borghesia che uti-lizzò il fascismo come metodo di governoper stroncare una volta per tutte le poten-zialità rivoluzionarie di un proletariato cheaveva dimostrato, nelle sue lotte e nellasua guida di partito rivoluzionario, di ave-re la forza di rovesciare il potere borghese

Ritorniamo quindi al punto centraledella propaganda borghese di questo no-stro tema: la guerra futura come crociataantitotalitaria.L’abbiamoscrittonel1946,e non possiamo che riprenderlo nel 2006, asessant’anni di distanza. Non soltanto ledichiarazionideiBush,deiBlair,dei Prodiodegli Chirac di oggi e di domani, ma la loropropagandadiguerra,mistificatacome«spe-dizione di peacekeeping» o meno, va esat-tamente inquesta direzione, eciò ci confer-ma nella nostra giusta valutazione di esserein un periodo di «anteguerra», ossia in unperiodo nel quale le borghesie imperialistepiù potenti al mondo sentono urgere ilbisogno di far passare nelle masse proleta-rie l’idea che ad una guerra più estesa, piùdevastante, insomma mondiale,prima opoici dovrannno andare; che i sacrifici cuisono chiamati i soldati oggi in Libano, o inIraq, inAfghanistano inSomalia, inBosniao in uno qualsiasi dei paesi che nelloscontrodi interessi interimperialistici emer-gerà come focus di contraddizioni, nonsono nulla in confronto di quelli che do-vranno essere sostenuti in una futura guer-ra. Ma l’obiettivo propagandistico rimarràsempre quello: lotta al totalitarismo, chepuò anche passare attraverso la lotta al«terrorismo», internazionale o meno chesia.

I proletari che cos’hanno da dire inproposito?

Oggi i proletari che sono contrari allespedizioni di guerra abbracciano il pacifi-smo come prolungamento della democra-zia, di quel «vivere civile» cui sono spintia credere dalla incessante propaganda ide-ologica di ogni borghesia, anche la piùaggressiva e militarista. I danni che l’in-tossicazione democratica, legalitaria, paci-fista ha prodotto nel corpo del proletariatosono particolarmente vasti; tanto sembrapotente il peso e la forza delle classi domi-nanti borghesi agli occhi di tutti che lafamosa e mielosa opinione pubblica – aleggere i giornali e ad ascoltare radio e tv– come dà per scontata l’onnipotenza delcapitalismo dà ovviamente per spacciataper sempre la forza di classe del proletaria-to. E quest’idea dell’impossibilità di con-trastare la politica borghese e imperialistae le sue azioni di pace e di guerra ha fattotalmente presa sul proletariato che que-st’ultimo si è convinto di non poter farnulla senza l’ausilio dei partiti politici edelle organizzazioni economiche accettatedalle controparti, cioè dai borghesi chehanno in mano tutto: produzione, distribu-zione, comunicazione, cultura, e soprattut-to forza armata. La collaborazione di clas-se, ossia la pratica dell’interclassismo, ineffetti parte dal presupposto che partiti esindacati, associazioni e organizzazioni cheriguardano il proletariato siano fondatisull’accettazione da parte borghese dei loroprogrammi, dei loro statuti, dei loro obiet-tivi, dei mezzi e metodi che intendono uti-lizzare per la loro attività. Dunque, siamoben oltre il vecchio riformismo, che partivadalle esigenze di emancipazione del prole-tariato, dandole per scontate come esigen-ze contrastanti con quelle della borghesia,per convergere su quelle borghesi. Ora,

La guerra futura comecrociata antitotalitaria

( da pag. 3 ) seguendo l’esempio dei bolscevichi inRussia e dando a sua volta esempio aiproletariati europei, in primis al proletaria-to tedesco, avrebbe dovuto essere consi-derata dal comunismo internazionale – enon solo dalla Sinistra comunista italiana– come un’occasione storica positiva perla lotta di classe rivoluzionaria proprio perla chiarezza dell’antagonismo di classeemersa col fascismo stesso, antagonismodi classe da sempre apertamente dichiara-to dai marxisti rivoluzionari e finalmenteammesso e accettato dal nemico di classe.Invece, la recidiva democratica nei paesieuropei occidentali fu molto più forte diquanto non ci si potesse immaginare, tan-to da aggredire purtroppo con successo lasaldezza teorica e politica del bolscevismoleninista, avendone alla fine completamenteragione. Il fascismo, dunque, con la suadichiarazione di aperta guerra di classecontro il proletariato non provocò nel pro-letariato la spinta decisiva ad accettare lasfida in campo aperto, classe contro clas-se, ma la spinta contraria a rifugiarsi nellalotta interclassista, nella lotta per il ritor-no della democrazia pre-fascismo, nella ri-nuncia alla lotta non solo rivoluzionaria,ma alla elementare lotta di classe. Il peg-gior prodotto del fascismo, sosterrà ilnostro partito nel lavoro di bilancio gene-rale alla fine della seconda guerra mondia-le, fu l’antifascismo democratico, la lotta«contro tutte le dittature».

IL PUNTO DI VISTA PROLETARIO

per il collaborazionismo operaio, le esigen-ze primarie non sono più quelle espressedalle condizioni di vita e di lavoro, imme-diate, particolari e generali del proletariatoin quanto classe distinta dalle altre presen-ti nella società; sono invece dipendenti findall’inizio dalla compatibilità che ogni ri-vendicazione proletaria ha con l’economiaaziendale e nazionale, e con l’ordinamentoesistente, ossia con le priorità che la clas-se borghese dominante detta all’intera so-cietà: sia la «lotta all’evasione fiscale», piùpropagandistica che altro, sia la «lotta alterrorismo», molto più producente per laborghesia in termini di abbattimento deivincoli che essa stessa ha dovuto ideareper dare al suo sistema democratico unacerta credibilità.

Più che ai tempi di Lenin, il partitooperaio borghese è la norma per i partitiche si richiamano al proletariato e che nellaloro propaganda usano ancora una termi-nologia che ricorda lontanamente quelladel marxismo: classe operaia, lotta di clas-se, perfino rivoluzione. Ebbene, questipartiti operai borghesi, e i sindacati operaicollaborazionisti, hanno in realtà una fun-zione ancora di primissimo livello nel man-tenere il proletariato nella situazione diinferiorità, di sudditanza e di prostrazionein cui lo si trova oggi in tutti i paesi, so-prattutto in quelli capitalisticamente piùsviluppati.

In questi paesi il disfattismo proleta-rio, ossia quella politica operaia che metteal centro della propria attività esclusiva-mente la difesa degli interessi proletaricontro gli interessi borghesi, quella politi-ca che unisce realmente i proletari di ognicategoria, settore, nazionalità, sesso, etàin un’unica lotta di classe, è lontano millemiglia. E senza questo disfattismo proleta-rio non sarà possibile per il proletariatocontrastare efficacemente la corsa alla guer-ra della propria borghesia; ne sarà, al con-trario, risucchiato, vittima predestinata, inuna spirale dalla quale ne uscirà come è giàsuccesso in precedenza: massacrato, dila-niato, completamente calpestato nella suaesistenza quotidiana. E tutto questo perquale grande obiettivo? Per far ripartirecon più forza, velocità e vigore la macchi-na infernale del profitto capitalistico, con-tribuendo con il proprio sangue e con ipropri morti alla conservazione della schia-vitù salariale in cui il capitalismo lo hagettato da più di centocinquant’anni!

Il proletariato, oggi, sembra che nonabbia alcuna via d’uscita che non sia quel-la dettata dalla borghesia, che non abbiaalcun futuro come classe distinta da ognialtra in questa società. Di più, sembra chenon sia nemmeno più una classe nel sensonon soltanto marxista – che significa forzastorica capace di rivoluzionare l’intera so-cietà capitalistica per portare l’intera spe-cie umana, attraverso la propria emancipa-zione dalla schiavitù salariale, all’emanci-pazione dal capitale, dalla merce, dal dena-ro, dalla proprietà privata – ma anche nellasemplice accezione di classe sociale cuiera giunta la stessa borghesia agli alboridella sua rivoluzione. Il proletariato è dun-que sparito dalla scena, cancellato, ridotto

ad una categoria sociale superata dal pro-gresso tecnico e politico della società ca-pitalistica. Oggi sono tutti popolo, cittadi-ni, consumatori, produttori, individui chevendono e comprano; all’orizzonte non siscorge altro che mercato alle cui leggi,d’altra parte, è sottoposta dittatorialmentetutta l’umanità, dagli avanzatissimi abitan-ti di quel paradiso della tecnica modernache sono gli Stati Uniti d’America agli ar-retratissimi pigmei dell’Amazzonia. Dun-que la dittatura esiste al di sopra degliindividui, al di sopra dei grandi personag-gi della storia, al di sopra delle volontà deisingoli. Si tratta in effetti della dittatura diclasse della borghesia, semplicemente per-ché la borghesia è la classe che rappresen-ta il capitalismo, che ne difende le leggi, nesviluppa i processi produttivi e beneficiadirettamente dei privilegi che derivano daquesta sua posizione sociale, difendendo-li con la forza armata di eserciti attrezzatiallo scopo, lottando contro ogni altra clas-se sociale – non solo e non tanto rappre-sentante della società precapitalistica,come potevano essere i nobili o i latifon-disti che ormai sono figure folcloristiche –e in particolare contro il proletariato per-ché la storia delle lotte fra le classi hadimostrato essere l’unica classe socialecapace di mettere in pericolo per sempre laconservazione borghese del potere, e quin-di dei suoi privilegi sociali. Non fosse cheper quel che è già successo storicamente– con i moti proletari del 1848, con la Co-mune di Parigi del 1871, con la rivoluzionerussa del 1917, con i tentativi rivoluzionariin Europa negli anni Venti e fino alle Co-muni di Shangai e Canton del 1927 – laborghesia ha motivi storici più che validiper temere il risveglio di classe del prole-tariato, per temerne la forza dirompente eirrefrenabile che già in precedenza miseseriamente in pericolo il suo potere in tuttoil mondo. La borghesia queste lezioni sto-riche le conosce e non se le dimentica,perciò continua la sua lotta di classe con-tro il proletariato su tutti i piani, da quelloeconomico immediato a quello ideologicoe politico generale, anche se il proletariatonon dà – come sta succedendo da moltotempo – ancora segni di ripresa di classe.

Sarebbe sciocco, però, pensare che tut-to ciò che la borghesia fa sia fatto in fun-zione della sua lotta contro il proletariatoper paura del suo risveglio di classe. Lecontraddizioni in cui le diverse borghesiesono immerse non riguardano soltantoquelle relative all’antagonismo di classeche agisce costantemente in profonditàanche se non si vede in supeficie. Esseriguardano la borghesia stessa in quantoclasse nazionale, e quindi la concorrenzacon le altre borghesie nazionali per la su-premazia sul mercato che ormai è semprepiù mondiale. Ciò non toglie, dato che nellasocietà borghese tutte le relazioni socialisono sempre più intrecciate, che ogni atti-vità della borghesia contenga una quotadi contrasto nei confronti del proletariato:ciò avviene perché non può farne a meno,poiché la sua ricchezza proviene fonda-mentalmente dall’estorsione di plusvaloredal lavoro salariato e molti elementi dellalotta di concorrenza fra borghesi sonodeterminati dall’appropriazione privata diquote di plusvalore, all’interno dei propriconfini nazionali come all’esterno, neglialtri paesi. L’espansione del dominio delcapitalismo fino negli angoli più sperdutidel pianeta, e quindi la costituzione di unmercato mondiale che non è più la sommadei mercati nazionali ma sono questi ultimia dipendere da quello, mette molto più inevidenza la legge marxista della divisioneinternazionale del lavoro: il capitale, chedi per sé ha estremo bisogno di nascere inazienda ma di svilupparsi al di là di ogniconfine aziendale o nazionale, colonizzan-do tutto il mondo riduce la stragrande mag-gioranza delle popolazioni esistenti inmasse proletarie, in masse di lavoratorisalariati da cui estorcere il plusvalore, vi-tale per la sopravvivenza del capitale stes-so. Il proletariato, prima ancora di rendersiconto di essere una classe mondiale, èmondializzato dalla stessa borghesia chene sfrutta a proprio esclusivo vantaggio laforza lavoro.

Solo che il proletariato, accecato dallapropaganda borghese che ha interesse aconfinarlo nell’idiotismo dell’individuali-smo, non percepisce quanto sia potente lasua forza solo che la disponesse sul terre-no della lotta di classe. Ma questo avverrà,nonostante l’apparente impotenza dell’og-gi. Nessun borghese, nessun nobile, nes-sun illustre politico o intellettuale russo, otedesco, o inglese, o francese, avrebbe maiimmaginato che il proletariato russo, igno-rante e pezzente, e ancor meno il contadi-name russo, del tutto analfabeta e abituatocom’era all’orizzonte di un orto o di uncampo, si sarebbero trasformati in prota-gonisti della più grande e profonda rivolu-zione dell’età contemporanea, una rivolu-zione che scosse le fondamenta non solo

della società precapitalistica a Mosca, madella stessa società borghese a Londracome a Parigi, a Berlino come a Roma, aShangai o a Washington.

Ebbene, che i borghesi di oggi, dichia-ratamente difensori dei propri privilegi diclasse o mimetizzati da difensori dei dirittie delle esigenze del proletariato, nei loromiseri contenuti di propaganda continui-no a diffondere l’idea che il proletariatocome classe in sé e per sé non esista pra-ticamente più, è ovvio e naturale: fa partedella loro lotta ideologica contro il comu-nismo – non quello falsamente appiccica-to alla Russia di Stalin, alla Cina di HuJintao o alla Cuba di Fidel Castro – controcioè l’obiettivo storico del rivoluzionamen-to completo della società presente chevede, appunto, come unica classe capacedi questa rivoluzione, il proletariato. Essipreferiscono mille volte avere a che farecon il terrorismo di Al Qaeda, con la guer-riglia irachena o palestinese, piuttosto checon la lotta di classe proletaria, e il motivoè per noi comunisti rivoluzionari chiaro: ilterrorismo di Al Qaeda, la guerriglia irache-na o palestinese, o ogni altra forma similedi ribellione all’ordine imperialistico mon-diale, pur nell’attuale disordine, sono ele-menti del contrasto interborghese perfet-tamente integrati nella lotta di concorrenzaesistente. Sono borghesi contro borghesi,perciò si tratta di una lotta, o di una guerra,che non metteranno mai in discussione ilsistema capitalistico di produzione e i suoirapporti sociali: quel che mettono in di-scussione è chi, quale frazione borghesesi accaparra i proventi dello sfruttamentodi risorse naturali e di manodopera in que-sta o quella zona del mondo.

La lotta di classe del proletariato, selotta di classe è effettivamente, mette indiscussione non questa o quella frazioneborghese, ma la classe borghese in gene-rale, il suo potere in generale, il suo Stato,la sua stessa esistenza come classe.L’obiettivo non è di mantenere il capitali-smo e cambiare solo chi beneficia dei privi-legi che provengono dall’essere al potere;l’obiettivo è cambiare il mondo, farla finitacon ogni borghesia e quindi col capitali-smo in generale, come sistema economico,come sistema di vita sociale. La lotta diclasse per la ripresa della quale i comunistirivoluzionari lavorano è quella che non siferma alla difesa delle esigenze immediatedel proletariato, alle riforme che vadano asoddisfare questa o quella esigenza di vitao questa o quella condizione di lavoro, mache procede fino in fondo, fino all’obietti-vo storico della rivoluzione proletaria. Que-sta lotta di classe,ossia quella che il marxi-smo non adulterato chiama lotta di classe,combatte a viso aperto la dittatura che ilcapitalismo ha imposto all’intera societàumana, e quindi non può che lottare con-tro la dittatura di classe che la borghesiaesercita a difesa del capitalismo. La rivolu-zione proletaria, d’altra parte, non potràmai avere successo in un determinato pae-se e non potrà mai innescare movimentirivoluzionari nei vari paesi del mondo, senon sostituisce lo stato borghese con unaltro stato, lo Stato proletario guidato ediretto dal partito proletario di classe informa dittatoriale, concentrando perciò almassimo grado tutte le risorse rivoluziona-rie a disposizione per combattere sui trefronti principali: contro la reazione bor-ghese interna, sul terreno economico esociale, e contro le armate controrivoluzio-narie organizzate dagli altri paesi borghesiche correranno in soccorso della borghe-sia vinta. Dittatura proletaria contro dit-tatura dell’imperialismo, non ci sono al-ternative.

Perciò la lotta contro tutte le dittaturenon potrà mai far parte del patrimonio po-litico e programmatico del proletariato ri-voluzionario, ma solo dei rinnegati del co-munismo, dei traditori della causa proleta-ria, dei collaborazionisti, dei mestatori chefalsificano la realtà storica per deviare ilcorso di ripresa della lotta del proletariatosul suo terreno di classe.

La guerra futura, ma anche quella at-tuale, è giustificata dalla borghesia comecrociata antitotalitaria, mistificando perl’ennesima volta i veri, e molto più prosai-ci, motivi. Ma la guerra che in futuro ilproletariato farà alla borghesia non avràbisogno di mistificare nulla, anzi, il prole-tariato sarà l’unica classe che dichiareràapertamente di scendere in guerra controla classe dominante borghese, negando difare la guerra per la borghesia sui frontidella concorrenza mondiale e trasforman-do invece quella guerra in guerra rivolu-zionaria, in guerra civile perché il primonemico da combattere e vincere sarà sem-pre la propria borghesia.

Partire oggi per il Libano, come ieri perl’Iraq, l’Afghanistan, la Bosnia, la Somalia,fa parte di un disegno imperialista di spar-tizione del mercato mondiale che non siferma alla zona interessata di quel momen-to; fa parte di un processo che inevitabil-mente porterà prima o poi alla guerra mon-diale. Essere «contro» la spedizione in Iraqo in Afghanistan, ma essere «per» la spe-dizione in Libano, col pretesto che in Liba-no ci si va perché chiamati dal governo diBeirut e sotto le insegne dell’Onu, come faad es. Rifondazione comunista oggi, vuolsolo dire che si usano di volta in voltaargomenti fittizi come quelli della «missio-ne di pace» per giustificare un’operazionemilitare rispetto ad un’altra, ma che sempreoperazione militare di una potenza imperia-listica è. Andare in Libano come forza mi-litare europea, svincolata dall’imposizioneamericana –come invece è stato per Iraq eAfghanistan – dovrebbe essere argomen-to sufficiente per giustificare ai proletaril’azione imperialistica della propria borghe-sia dominante, appoggiandola e sostenen-dola. Come se appoggiando le frazioniborghesi più europeiste contro quelle piùamericaniste – insomma, governo di cen-trosinistra al posto di quello del centrode-stra – si facesse politica proletaria: que-sto è disfattismo antiproletario, è mettersial servizio di rincalzo dell’imperialismo dicasa nostra.

L’interesse proletario, da quando la ri-voluzione borghese antifeudale è stata fattae si è consolidata, non è mai stato di ap-poggiare una frazione borghese controun’altra, ma di seguire una propria politicadi classe che si oppone a tutte le frazioniborghesi, di destra, di centro o di sinistrache siano, perché tutte sono accomunatedalla loro lotta contro il proletariato in quan-to classe, in quanto classe che combatteper prendere alla fine il potere centrale ab-battendo il potere borghese fosse in quelmomento storico di destra, di centro o disinistra.

Perciò noi siamo innanzitutto controqualsiasi spedizione militare dell’imperia-lismo di casa nostra, come contro ognimanifestazione dell’imperialismo di tuttele altre borghesie al mondo. Siamo quindicontro la politica falsamente proletaria ditutti quei partiti o gruppi politici che,abbracciando l’ideologia del pacifismo edell’umanitarismo, sono sempre dispostiad appoggiare la borghesia dominanteche prende le sue iniziative imperialisti-che sotto le insegne della pace, dellamissione umanitaria, della ricostruzionepostbellica.

Nel testo di partito del 1946 già ricor-dato, Le prospettive del dopoguerra,mettevamo in evidenza come le gerarchiedisfattiste del proletariato l’abbiano siste-maticamente chiamato «ad abbandonarela lotta classista per accorrere, coalizza-to con altre forze sociali e politiche nelcampo nazionale o in quello mondiale, adifendere i più diversi postulati: la liber-tà, la democrazia, il sistema rappresen-tativo, la patria, l’indipendenza nazio-nale, il pacifismo unitario, ecc. ecc., fa-cendo gettito delle tesi marxiste per cuiil proletariato, sola classe rivoluzionaia,considera tutte quelle forme del mondoborghese come le migliori armature dicui a volta a volta si circonda il privile-gio capitalista, e sa che, nella lotta rivo-luzionaria, nulla ha da perdere oltre leproprie catene. Questo proletariato, tra-sformato in gestore di patrimoni storicipreziosi, in salvatore degli ideali fallitidella politica borghese, è quello chel’opportunismo ‘difesista’ ha consegnatopiù misero e schiavo di prima ai suoinemici di classe nelle rovinose crisi svol-tesi durante la prima e seconda guerraimperialistica», è quello che si prepara a

INVARIANZA DELLE POSIZIONI MARXISTE

consegnare in condizioni ancor più schia-viste nelle crisi catastrofiche prossimeventure.

Si parla di opportunismo difesista,non a caso. Si precisa infatti, nel testo,che «l’attitudine preconizzata per il no-stro movimento (rivoluzionario, ndr) nellapossibile futura terza guerra imperiali-stica è quella di rifiutare e respingere, inentrambi i campi della grande lotta (ilcampo delle democrazie occidentali equello del falso socialismo sovietico, ndr)ogni parola avente carattere di difesi-smo – termine già ben noto ed adopera-to da Lenin nella battaglia critica epolitica contro l’opportunismo del pri-mo ciclo 1914-18 – e contro ogni inter-medismo, termine col quale vogliamointendere la pretesa di indicare comeobiettivo precipuo e pregiudiziale dellaforza e degli sforzi del proletariato rivo-luzionario non l’abbattimento dei suoioppressori di classe, ma la realizzazionedi certe condizioni nei modi di organiz-zarsi della presente società, che gli offri-rebbero terreno più favorevole a conqui-ste ulteriori». Il fatto che il campo delfalso socialismo sovietico sia crollato con

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il crollo dell’Urss e la conseguente disgre-gazione del suo «impero» non cambia latesi di fondo che basa la critica marxistasulla lotta proletaria contro tutti i gruppidi Stati imperialisti che si organizzano incontrasto fra di loro per una diversa spar-tizione del mercato mondiale, che taligruppi siano due o più.

Quanto all’intermedismo, la politicacomunista coerente con i dettami delmarxismo ha sempre respinto e combattu-to la pretesa di fissare alla lotta rivoluzio-naria del proletariato degli obiettivi inter-medi fra l’inizio della lotta e la finale con-quista del potere politico, considerati pre-giudiziali per il buon andamento delleconquiste proletarie, in realtà devianti del-la lotta proletaria e armi al servizio dellaclasse borghese dominante. Nel testo sisottolinea, infatti, che «l’intermedismotrionfò in mille forme, sempre sfociandoperò nel metodo della collaborazione diclasse, della guerra rivoluzionaria cuiMussolini chiamava i socialisti italianinel 1914 (giustificando così la partecipa-zione dell’Italia alla prima guerra imperiali-sta, ndr), alla insurrezione partigiana edalla democrazia progressiva, che nellarecente guerra (la seconda guerra mon-diale, ndr) i transfughi del comunismodella III Internazionale hanno creatocome surrogato della lotta rivoluziona-ria e della dittatura del proletariato,con l’aggravante di camuffare questomercimonio di principi come l’applica-zione della tattica elastica che attribui-scono a Lenin», cosa cui ancor oggi sidedicano gruppi di nostalgici stalinisti, adesempio i Carc, con la pretesa di rappre-sentare il vero partito proletario capace di«far politica» e di «agire» nella situazione

«reale».Spezzare le insidie dell’opportunismo

difesista e dell’intermedismo è dunque,per il movimento proletario rivoluzionario,obiettivo fondamentale nella prossimapossibile frattura del fronte imperialisticomondiale perché è parte integrante dell’in-variante posizione rivoluzionaria delmarxismo: non si può, infatti, spezzare lapresa che l’opportunismo collaborazioni-sta ha sul proletariato – grazie al soste-gno vitale che riceve dalla politica bor-ghese e dai suoi grandi mezzi di propa-ganda – in vista della futura mobilitazionedi guerra se nelle file del proletariato nonsi rigenera una corrente classista che sicolleghi direttamente alle grandi tradizionidel movimento proletario rivoluzionario.Noi, comunisti marxisti, continueremo lanostra battaglia critica contro le posizioniopportuniste sapendo che il filo rosso delmarxismo incrocerà il montante movimen-to di classe del proletariato quando cisaranno le condizioni obiettive della ripre-sa della lotta di classe, e quando perciò ilmovimento proletario avrà bisogno persvilupparsi e dirigersi verso lo sboccofinale della rivoluzione di un partito cheavrà mantenuto ferma nel tempo la rottadell’invariante teoria marxista, come fececon successo il partito di Lenin nei lunghianni della reazione zarista e dell’oppres-sione borghese internazionale.

La guerra in Libano, o quella in Iraq, laguerra in Afghanistan o quella di ierinell’ex Yugoslavia, non hanno tutte lastessa portata e gli stessi effetti nelloschieramento e nei contrasti fra le potenzeimperialiste, questo è evidente e i comuni-sti marxisti – pur affermando posizioniantiborghesi e antimperialiste di fronte a

LE STRAGI DEL MARE SONO STRAGI DI UNA BORGHESIA DIVORATRICE DI FORZA LAVORO

qualsiasi guerra borghese – tengono con-to nelle loro analisi delle differenze. Netengono conto non per pendere in consi-derazione quale schieramento imperialistaappoggiare e quale rifiutare, poiché il no-stro disfattismo rivoluzionario è controqualsiasi schieramento imperialista, anchese la guerra per ragioni contingenti e dirapporti di forze specifici può essere con-dotta con le forme della guerriglia parti-giana. Ne tengono conto per comprende-re lo spostamento di alleanze e di forzeche ogni guerra innesta o produce neglischieramenti imperialisti, per individuareequindi contrastare più efficacemente gliargomenti di propaganda che le borghesiee le forze dell’opportunismo collaborazio-nista usano per convincere i propri prole-tari a farsi massacrare, e per valutare losviluppo delle possibili azioni di classe.Ma vi sono posizioni che, pur mescolatecon argomenti i più diversi, si ripresenta-no al proletariato sistematicamente , e chei comunisti marxisti hanno il dovere diconfutare. Il testo di partito del 1946 ciaiuta anche in questo.

«1°) Non vi è guerrain cui da ciascu-na parte del fronte non sia possibilel’artata presentazione degli obiettivi diuna delle parti come il preteso trionfo divalori e ideali universali che corrispon-dono alle aspirazioni dell’umanità e del-le classi sacrificate.

«2°) Una ipotesi arbitraria è che lospostamento di rapporti prodotto dalprevalere di una delle forze militari sul-l’altra determini una evoluzione socialegenerale nel senso del diffondersi nelmondo del tipo di organizzazione e diregime propri degli Stati vincitori.Non

solo le possibilità dei riflessi sono moltopiù complicate, ma anzi il corso storiconel suo complesso ha piuttosto mostratoun carattere dialetticamente inverso. Leinvasioni barbariche spezzarono la dife-sa militare dell’Impero Romano, ma tuttal’Europa fu condotta a organizzarsi se-condo il tipo sociale e le leggi Romane.Le coalizioni contro la Francia rivolu-zionaria pervennero alla sconfitta diNapoleone e ne distrussero senza appel-lo la forza militare, la l’Europa intieraandò organizzandosi secondo i principiborghesi e il codice napoleonico». Edaggiungiamo che, con la seconda guerramondiale, gli Stati che sostenevano dirappresentare le democrazie parlamentarihanno sì distrutto e schiacciato la forzamilitare dei regimi fascisti, ma ne hannoereditato l’organizzazione sociale e la cen-tralizzazione economica e politica.

«3°) Quando anche le due soluzionidel conflitto siano apportatrici di diver-se possibilità, sicuramente prevedibili ecalcolabili per il movimento, la stessautilizzazione di queste possibilità nonpuò venire assicurata che evitando dicompromettere nella politica dell’infeu-damento opportunista, le energie princi-pali di classe e le possibilità di azionedel Partito.

«Il Partito di avanguardia marxista,se ha per compito essenziale il decifrareaccuratamente lo sviluppo delle condi-zioni favorevoli all’azione massima diclasse, è quello che deve in tutto il corsostorico dedicarsi a svolgere e condurrevittoriosamente quell’azione, e non a co-struire le condizioni intermedie.Ciò vainteso nel senso marxistico e dialetticoche la condizione centrale perché il so-

cialismo vinca è il capitalismo stesso,mentre il partito rivoluzionario, dal suoprimo sorgere, lotta spietatamente con-tro di lui, e secondo i rapporti delle forzemateriali ascende la scala che va dallacritica scientifica all’opposizione diprincipio, alla polemica politica, allainsurrezione armata; e appunto e soltan-to per la continuità di questo atteggia-mento la sua funzione è uno degli aspettidel maturarsi di condizioni rivoluziona-rie che costituiscono il contenuto dellacrisi capitalista.».

Né un uomo né una cartuccia pernessuno dei contendenti borghesi impe-rialisti: parola d’ordine semplice e chiara,ma attività inarrestabile alla formazionedel Partito di classe, di una corrente clas-sista nelle file del proletariato, alla lottaperché sia spezzata la presa dell’opportu-nismo collaborazionista sul movimentoproletario.

(1) Vedi il nostro studio Antimilitari-smo di classe e marxismo, pubblicato ne«il comunista» nn. ………….., poi raccol-to in opuscolo dallo stesso titolo nel………Il riferimento citato è a pag….. del-l’opuscolo.

(2) Cfr. Le prospettive del dopoguerrain relazione alla Piattaforma del Partito,pubblicato nel n. 3, Ottobre 1946, pagg.111-112 di «Prometeo», all’epoca rivistateorica del partito; ripubblicato successi-vamente dal partito nel volume intitolatoPer l’organica sistemazione dei principicomunisti, n.6 della serie «i testi del parti-to comunista internazionale».

terminati lavoratori può tornare a rivitaliz-zarsi, e con due convenienze in più: unflusso migratorio continuo, quindi mano-dopera in abbondanza, e sempre giovane, ecosto del lavoro tendenzialmente semprepiù basso, data la concorrenza non solo tramigranti e nativi italiani, ma tra gli stessimigranti.

«I dati dimostrano che l’Italia, assiemealla Spagna - si legge su la Repubblica del5.8.06 - è ormai il paese sviluppato con lamaggiore intensità di immigrazione. Il sal-do migratorio annuo è dell’ordine di300.000 unità, cifra proporzionale assaisuperiore a quellonordamericano (...)Sia-mo dunque di fronte ad un fenomeno tra-volgente, per dimensione, per velocità eper durata”. Ecco, l’Italia, e la Spagna, duedegli ultimi fra i paesi sviluppati ad esserepresi d’assaltodai flussi migratori, presen-tano caratteristiche un po’ diverse da quel-le dei paesi europei colonialisti per eccel-lenza, come l’Inghilterra e la Francia; ladifferenza è citata nel brano che abbiamoripreso: dimensione, velocità e durata. Inepoca di sviluppo imperialisticoogni feno-meno sociale prende le forme peculiari delgigantismo caratteristico della forte ten-denza alla concentrazione economica dellosviluppo. Più si concentra in poche mani laricchezzasociale,piùaumenta la forbice traricchezzaemiseria,epiùaumenta lapressio-nesocialedellemasseproletarieedisereda-te in permanente ricerca di sopravvivere. Etale pressione contiene il pericolo, per leclassi sociali privilegiate, di travolgernealmeno in parte i privilegi. Da qui nasce la

paura dello straniero, la chiusura versol’immigrato, il sentimentodiodiorazziale. Ilsotterraneo odio di classe che permea lamentalitàdi tutti iborghesiepiccoliborghe-si nei confronti dei proletari, dei diseredati,degli straccioni, degli analfabeti, dei dispe-rati che premono alle porte, emerge sotto leforma del razzismo o del sentimento di su-periorità, che possono prendere la stradasotterranea delle differenze stabilite «perlegge” e, o, applicate quotidianamente da-gli apparati dellaburocrazia, oppure la stra-da dell’aperta violenza e della delinquenzacon le quali si approfitta delle condizionimaterialidi inferioritàdeimigrantipersotto-porli allo sfruttamentopiù bestiale chepor-ta molto spesso alla morte.

E’ l’odio di classe che muove sia lareazione violenta contro gli immigrati, siala carità o l’elemosina con cui l’individuoprivilegiato «si mette a posto la coscien-za» e mantiene, difendendola anche inquesto modo, la propria condizione privi-legiata. Altra cosa è la solidarietà, chenon può essere se non di classe, sulterreno della lotta anticapitalistica e anti-borghese, l’unica che riesce ad affratella-re proletari nativi e immigrati, al di sopradelle nazionalità, delle razze, dei costumie delle culture da cui provengono, perchéquesta solidarietà poggia sulla lotta concui si combattono tutti i privilegi borghe-si, ogni tipo di oppressione, ogni tipo disfruttamento, ogni tipo di violenza che laborghesia - come classe al potere, e comeindividui imprenditori - attua in difesa deisuoi privilegi sociali e di classe, quindi indifesa, in quanto classe dominante, deisuoi interessi immediati e futuri.

LE AZIENDE CERCANO LA FORZA LAVOROIMMIGRATA PERCHÉ

COSTA MENO E HA MENO DIRITTI

Già il governo di centrodestra di Berlu-sconi aveva cominciato ad allargare le ma-gliedegli ingressi migratori, pur mantenen-do alta la tensione politica su quote annuerelativamente basse di legalizzazione, permotivi ideologici edi interessi rappresenta-ti in sede elettorale. Ai più di 500 milaingressi richiesti dagli imprenditori per il2006, il governo Berlusconi aveva conces-so permessi di soggiorno per soli 170.000,disattendendo così la «fame»di forza lavo-ro immigrata, e lasciandodi fatto insoluto ilproblema degli immigrati «clandestini»giàin Italia da tempo.

Negli ultimi anni, quando le impreseitaliane hanno cominciato a rendersi contoche l’utlilizzodella forza lavoro immigratadiventava davvero conveniente in terminidicosti (noneranecessariochegli immigra-ti avessero tutti istruzione mediamente ele-vata, che sapessero bene la lingua italianaecheavesserogià una esperienzaqualifica-ta nelle diverse lavorazioni) e, soprattutto,in termini diofferta (ampia scelta, data l’ab-bondanza di braccia che si offrivano e si

sarebbero continuatead offrire inun flussoche non accennava assolutamente a fer-marsi o ad attenuarsi), cominciarono adabbandonare posizioni di chiusura versol’immigrazione, sostenendo invece esatta-mente il contrario: lamassimaapertura pos-sibile, spingendo il governo a prenderequei provvedimenti che, insieme alla sicu-rezza e alla legalità, dessero la possibilitàagli imprenditori di fare il loro mestiere: disfruttare in modo consistente una forzalavoro abbondante e a costi bassissimi. Iprofitti reclamano produttività, e produtti-vità significa soprattutto costo del lavoropiù basso possibile.

Il governo di centrosinistra ha raccoltola pressante richiesta delle imprese, ed haprovveduto ad emanare un decreto per «re-golarizzare»nel 2006 altri350.000 lavora-tori migranti,ossia la differenza da quei 520mila richiesti per quest’anno dalle aziende.Non fa meraviglia che Epifani, capo dellaCgil, esprima una perfetta sintonia con leaziende quando precisa che la regolarizza-zionedei350.000 lavoratori stranieri fissata

dal decreto governativo era una delle ri-chieste avanzate dalla Cgil. «Si tratta -afferma Epifani -di quei lavoratori che giàlavorano e vivono regolarmente nel no-stro paese» (l’Unità, 22.7.06), e aggiunge:«Si conferma come questi lavoratori sianouna ricchezza ed una opportunità per ilnostro paese», facendo eco alle parole delministrodegli EsteriD’Alemachedichiara-va che l’immigrazione deve essere «unaleva per lo sviluppo del nostro paese» enon «un problema».

Va da sè che un decreto non risolve unproblemacomequellodell’immigrazione; lodimostra da anni la pressione dei proletarimessicani sui confini statunitensi che, puravendo recentemente alzato muri difesi daguardie armate,nonriesconoad impedire ilpassaggioda unpaese all’altro, non riesco-noa fermare il flusso migratoriodi migliaiae migliaia di «clandestini». Quel decretodimostra ancheche la borghesia dominanteconlesueleggi arriva sempre inforte ritardosulla realtà economica e sociale che devegovernare. Quante altre migliaia di morti civorranno perché la migrazione in Italia nonsia una roulette russa, un rischio di mortecontinuo? I dati «ufficiali» parlano di 2milioni circa di immigrati presenti in Italia,ma la realtà è certamente diversa visto chei clandestini sonomoltodipiù dei regolariz-zati; naturalmentenonvi sono dati sui clan-destini morti nei viaggi per raggiungerel’Italia, o morti in Italia nello sfruttamentodel lavoro nero, della prostituzione, dellavoro minorile. Il sangue versato dai pro-letari immigrati non è documentato, i bor-ghesi non sono interessati a tenere questogenere di «contabilità»: sono interessati ache i media ogni tanto ne diano notizia,faccianopure loscoop, riempianoogni tan-to i lorogiornali ei loroprogrammi televisividi foto più o meno raccapriccianti e di rac-conti più o menodrammatici affinché i pro-letari italiani vedano e conoscano qualisono lecondizioni incui i proletari stranierisono caduti, condizioni che potrebbero ungiorno riguardare anche loro!

Il potere borghese percepisce, d’altraparte,cheilproblemadell’immigrazioneclan-destina non lo risolverà probabilmentemai,data la catastrofica realtà economica e divita neipaesidi provenienzadegli immigra-ti; paesi che, a fronte dello sviluppo capita-listiconeipaesi ricchicomegliStatiUniti, laGranBretagna, laGermania, laFrancia,pre-sentano una situazione sempre più dram-matica in una tendenziale e progressivadivaricazione tra ricchezzamediamentepiùdiffusa nei paesi occidentali e ricchezza piùconcentrata in pocchissime mani nei paesidellaperiferiadelcapitalismosviluppato: laforbice tra ricchezzaemiseria siallarganonsolo fra borghesi e proletari, ma tra paesiimperialisti dominanti sul mondo e paesidominati.

Il permesso di soggiorno di cui il lavo-ratore straniero deve essere in possessoper risultare in piena legalità, è il simbolodella sua oppressione sociale, della violen-

za economica esociale cui è sottoposto peril solo fattodi essere proletario e straniero.

Le file interminabili davanti ai pochiuffici aperti per presentare le famose do-mande di regolarizzazione, le notti passateincoda attendendoche gli sportelli aprisse-ro non sapendo se la propria domandasarebbe stata accolta o meno, dimostranocome questi proletari siano discriminatiperché sono proletari, dei senza riserve,persone rifiutate nei loro paesi d’origine econdizionate a priori nei paesi d’arrivo. La«libera circolazione» delle persone è unaleggenda: non esiste alcuna libertà di spo-starsi da un paese all’altro, nessuna libertàdi cercare una soluzione meno oppressivae vessatoria per sopravvivere.

Nella società borghese la condizionedel proletario è sempre più la condizionedell’insicurezza,nonsoloa livello salariale,maa livellodella stessavita.Gli infortunisullavoro, le morti da malattie contratte in unasocietà che pensa prima di tutto alla salutedei portafogli borghesi, gli infortuni e lemorti sullestrade,nei cieli eneimari acausadi dissesti idrogeologici provocati dallasetedi profitti oda materiali da costruzionescarsi o da manutenzionie non fatte, stannoa dimostrare cheper gli imprenditori la vitadegli uomini conta solo se la loro forzalavoro può essere sfruttata adeguatamentein ragione del profitto capitalistico, e contasoloper il tempoe l’intensità concui questosfruttamento viene realizzato.

Già quando muore un operaio italiano ètantosenedannonotizia i giornali o le radiolocali; quando muore un operaio straniero,magari clandestino, non è di solito citatacome notizia, tanto meno per denunciare lecondizioni bestiali in cui sono costretti asopravviveregli immigrati. Se l’immigrato,quando è vivo, puiò contare su ben pochidiritti, quandomuore, semai neaveva qual-cuno, lo perde di sicuro.

I pochi diritti su cui gli immigrati pos-sono contare in Italia sono il portato diuna storia di lotte e di emigrazione che hacoinvolto in dimensioni enormi gli stessiproletari e contadini italiani, nell’Ottocen-to e nei primi decenni del Novecento. Masenza lotta sociale, senza lotta di classe,ogni diritto che la borghesia concede eche gli viene strappato diventa carta strac-cia alla prima occasione. Le donne prole-tarie, pur essendo nate, cresciute, educa-te, istruite nello stesso paese dei proletariuomini, subiscono da secoli una precisadiscriminazione nei posti di lavoro, esoprattutto nei salari. Perché? Fondamen-talmente perché alla macchina produttivacapitalistica possono assicurare menocontinuità di sfruttamento di quanto nonla assicurino gli uomini; basta una gravi-danza, e la donna proletaria cade imme-diatamente in condizioni di estrema pre-carietà. Se questo succede per le donneproletarie, native, figurarsi se non succe-de per gli immigrati, e donne per giunta.

DOVE SONO I PROLETARI ITALIANI?

L’Italiadaimillevolti,nonpresentaperòil volto proletario, il volto di classe.

La condizione di vita e di lavoro delproletario immigrato, oggi, è la condizionedi vita e di lavoro del proletario nativo,domani. La concorrenza fra proletari è unaspetto essenziale della lotta che la borghe-sia fa contro il proletariato, per il semplicemotivo che questa concorrenza tende aridurre lepretesesalarialideiproletari.Que-sto succede normalmente, ogni giorno,anche in assenza di proletari immigrati daaltri paesi, ma in presenza di migrazioniinterneal paese, comead esempiosuccessein Italia negli anni subito dopo la fine dellaseconda guerra mondiale con il flusso mi-gratorio dalle regioni del Sud Italia verso ilnord industriale, Torino, Milano, Genova .Il flusso migratorio da altri paesi - oggi unavera e propria invasione - e soprattutto dapaesi molto poveri non solo del bacino delMediterraneo, ma dal centro dell’Africa odal lontano Oriente, è un’occasione per icapitalisti per aumentare la concorrenza fraproletari in modo molto pesante: maggioreè la pressione dell’immigrazione ai confinidell’Italia, emaggioreè l’opportunitàpergliimprenditori italianidi innescareunaspiralesemprepiù acuta di competizione fra prole-tari nativi eproletari immigrati, soprattuttose gli immigrati sono in gradodi svolgere lestesse mansioni degli italiani.

Ma la classeoperaia italiana si è dimen-

ticata delle proprie tradizioni di lotta; la-sciandosi guidare da decenni dagli oppor-tunisti, dai professionisti della conciliazio-ne e della concertazione, essi hanno persovigore e tempra, esperienza di lotta e capa-cità organizzative, senso della vera solida-rietà di classe e di appartenenza ad unaclasse che ha finalità storiche indipendentida quelle di ogni altra classe della societàborgehse.

Aver praticato nelle lotte sociali, nellelotte sindacali, e nella vita quotidiana, lacollaborazione con gli interessi delle altreclassi, e innanzitutto con gli interessi deicapitalisti, ha portato il proletariato a nonsaper più distinguere, nemmenosul terrenodella difesa elementare degli interessi im-mediati, quali sono i propri obiettivi e qualiinvece gli obiettivi dei padroni ( e dei lorolacché in livrea sindacale o politica).

Uno dei risultati più importanti, sul ter-reno immediato, che le lotte di classe delpassato avevano raggiunto è quello dellanetta separazione fra proletario eborghese,fra proletario elacché della borghesia (pre-te, ruffiano o bottegaio che fosse); la con-ciliazione fra interessi operai e padronaliera naturalmente rigettata come forma disabotaggio della lotta operaia. La rivendi-cazione, fossesalarialeonormativa, si con-quistava con la lotta, e la si difendeva con

( Segue a pag. 6 )

( da pag. 1 )

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 20066

«programmecommuniste»N° 99 - marzo 2006

Sommario:

·L’Unitédel’Europebourgeoise:uneillu-sion anti-prolétarienne réactionnaire

·Ce qui distingue notre parti

·Matériaux pour un bilan des crises duparti. En mémoire de Bruno MaffiLa défense des bases programmatiqueset politiques de la gauche communiste im-plique aussi la lutte contre les déviationsdémocratiques et personnalistes toujoursrenaissantes

·LesVariationsd’IlProgrammaComunis-ta sur la «question nationale»

·Propriété et capital (3).

( da pag. 5 )

LE STRAGI DEL MARE SONO STRAGI

DI UNA BORGHESIA DIVORATRICE DI FORZA LAVORO

Libano 2006Un’ennesima missione di pace che nasconde

mire imperialiste

loro stragrande maggioranza.Inquesta terra insanguinata incui l’op-

pressione salariale si mescola con l’op-pressione nazionale, con l’oppressioneeconomicaediguerra, ilcapitalismo,rap-presentato dalle diverse bandiere, succhiainpermanenza sudoresangueeprofitti daiproletari di ogni nazionalità. In questaterra, in cui la pace si dimostra sempre piùcome un lasso di tempo più o meno brevetra una guerra e la guerra successiva, e incui i più spietati appetiti imperialistici –degli Stati Uniti come della Francia, diGermaniaedellaGranBretagna,dell’Italiae di ogni altro paese che si allea nelle varie«missioni di pace» o «guerre al terrori-smo»– si combattonosenza limiti; in que-sta terra i proletari libanesi, palestinesi,giordani osiriani, iracheni iraniani oisrae-liani nonhannoalcuna garanzia di vita edipace: il capitalismo, mascherato con ivessilli della democrazia, della libertà,della viviltà, ed anche della religione,continuerà in un crescendo continuo aportare sfruttamento e morte.

Proletari!Il contingente di 15.000 soldati con i

caschibludell’ONUcheprenderàposizio-ne in Libano nei 30 km di «sicurezza» colconfine di Israele, dopo che l’esercito, lamarina e l’aviazione di Telaviv hanno di-strutto tutto ciò che poteva essere distrut-to, e al quale l’Italia del centro-sinistrapartecipa con almeno 3.500 militari, uffi-cialmenteha il compitodigarantire il«ces-satoil fuoco»traHezbollaheTsahal,disar-marelemiliziesciitediHezbollahimpeden-do lorodi agiremilitarmente,e«aiutare»ilgoverno di Beirut a ricostruire quel chel’esercito israeliano ha distrutto, e qui ilbusiness è notevole.

La chiamano missione di pace, ma è inrealtàun’operazionedipolizia imperiali-staal serviziodell’imperialismo:viparte-cipano italiani, francesi, turchi, spagnoli,australianiealtri;gliamericani sonoinvece«rappresentati»dagli israeliani,comesem-pre. Per l’ennesima volta si assisterà allafarsa di una pacificazione impossibile,tali e tanti sono gli interessi contrastantipresenti. Mire territoriali di IsraeleversoilLibanoelaSiria, rivendicazioni territorialidi Libano e Siria nei confronti di Israele esoprattutto territoripalestinesi trasformatiin campi di concentramento e in aree diestremadisoccupazioneemiseriadallequaligli abitanti sono spinti continuamente adevadere; influenze politiche statunitensisu Israele in particolare, ma anche su Ara-bia Saudita, Egitto e Giordania; influenzefrancesisuLibanoeSiria, influenzeirania-ne sugli sciiti in Iraq e in Libano; mireespansionistichedella Turchia cheguardaoltre il Kurdistan; influenze francesie rus-sesui sunniti inIraq esuicristiani libanesi;interessi politici e diplomatici dell’Italiatrasversali verso il Libano, Israele, Iraq eIran.

In questo groviglio di interessi e dicontrasticapitalistici, iproletaridelVicinoe Medio Oriente sono destinati a subire leconseguenze peggiori sia sul piano dellecondizioni di sopravvivenza quotidiana,

sia in realzioneal futurodei figli epergenera-zioni. Dalla2°guerra mondiale inpoi nonc’èstato un giorno senza guerra: ad un massacroin Palestina seguiva un massacro in Giorda-nia, e in Libano, in gitto, in Iraq e ancora inPalestina, in Israele, in Libano, in una spiralesenza fine.

Proletari!La via d’uscita non sta nelle missioni

ONU, non sta nelle tregue provvisorie, neiritiri«unilaterali»onelle«guerre lampo»per-ché finita una missione, una tregua, un ritiro,ricomincia la guerra nello stesso paese o inquelloaccanto.Nessuna borghesia, perquan-toparlidipacificazione,è ingradodigarantireun futuro di pace, che sia a capo di un paesemediorientale o di una grande potenza impe-rialista. E tantomeno i lamentosi appelli allapaceeal silenziodellearmi,cheregolarmentevengono lanciati dai pacifisti o dalla Chiesa,possono «scuotere le coscienze»perché «de-cidano»di finirlacoi bombardamenti e imas-sacri.

La via d’uscita sta nella lotta che i pro-letari devono e dovranno fare contro lerispettive borghesie, rompendo finalmentel’abbraccio soffocante di «unità nazionali»che portano beneficio esclusivamente aiborghesi, comeormaidecennidi storiadimo-strano.

Proletari italiani, francesci, inglesi, te-deschi, spagnoli, russi, d’Europa e d’Ame-rica: le nostre borghesie imperialiste, a di-verso titolo matutte, rappresentano interes-si capitalistici che vengono soddisfatti soloalla condizione di sfruttare sempre più be-stialmente il lavoro salariato, a partire danoi proletari occidentali per finire ai prole-tari dei paesi più deboli e capitalisticamen-te arretrati. Le nostre borghesie, spinte adallearsi e a confliggere fradi loro a secondadegli interessi nazionali in campo, usano iperiodi di pace fra di loro per dare – attra-verso la guerra nei paesi più deboli – sfogoalle contraddizioni che stanno acutizzan-dosi sempre più nelle viscere del modo diproduzione capitalistico, e ai contrasti inte-rimperialisti chestannomaturandoall’om-bra di crisi economiche sempre meno con-trollabili.

La guerra, il cinismo con cui la borghesiaisraelianaaffrontaimassacridiciviliprovoca-tidai suoibombardamenti– echenulla hannoda invidiare ai massacri provocati dai soldatiamericani e inglesi in Iraq o a quelli delletruppe Nato ieri nei Balcani o in Somalia – èormai «strumento» e «soluzione» che la bor-ghesia adotta per uscire dalle situazioni didifficoltà economica epolitica.

Alla guerra fra Stati, alla guerra fraborghesie,ilproletariatopuòopporrel’uni-caalternativavalida econuna prospettivafutura: la guerra di classe, la lotta dellaclasseproletariacontrolaclasseborghese,sottoognicieloequalsiasisialabandierachelaborghsia levi inaltoconmotivazionipoli-tiche, economiche, razziali o religiose chesiano.

Labandieraproletaria haununicocolorein tutto il mondo: è rossa del sangue versatoin centosessant’anni di sfruttamento e diguerre borghesi, una bandiera che accomu-na iproletaridiqualsiasinazionalitàerazza inun’unica grandelottamondialecontro il veronemico, il nemico di classe, la borghesia, e

prima di tutto la borghesia del propriopaese.

Proletari!OpporsiallaspedizionimilitareinLiba-

no è il minimo da fare, ma non basta!Opporsi in parlamento o fare qualche

corteononèchelimitarsi allasuperficiedeiproblemi,muoversi pernoncambiarenul-la, comeègià successo24 anni sempreperil Libano, e poi per l’Iraq, la Yugoslavia,l’Afghanistan.

L’opposizione alle avventure militaridella nostra borghesia, perché abbia effet-to positivo, deve poggiare su basi solidee queste basi sono date soltanto dallalotta di classe che i proletari fanno indifesa delle condizioni di vita e di lavoro,indifesa esclusivadei loro interessi imme-diati e generali.

Un proletariato che non sa lottare effi-cacementeper ipropri interessieconomicie politici immediati è un proletariato chenon è in grado di affrontare una lotta conobiettivipiùampi,conobiettivipoliticipiùgenerali comeèappuntoquellodi impedirela partenza di soldati per la guerra.

I comunisti rivoluzionari sono e sa-rannosemprecontrolespedizionimilita-ridellapropriaoaltruiclassedominante,masannochesoltantolalottadiclassedelproletariatopuòfermarel’avventurami-litaredellapropriaborghesia,chesoltan-to la lotta di classe del proletariato puòfermarelaguerraborghesetrasforman-dola in rivoluzione, in guerra civile perabbattereilpotereborgheseeilsuoStato.Perciò icomunisti rivoluzionariauspicanocheilproletariatoriprenda lesuetradizionidi lottaanticapitalistica,apartiredalla lottaoperaia indifesadellepropriecondizionidilavoroe di vita, rompendoi legami con ilcollaborazionismopoliticoesindacaleche,coni ritornelli sulle «missioni dipace» edulle«spedizioni umanitarie», inrealtàgiustificanooggilemireimperialistedellanostraborghesiadominante,edomanilapartecipazioneallaguerramondiale.

NO ALLA GUERRA BORGHESEIN LIBANO E IN OGNI ALTRO PAE-SE!

NOALLEAVVENTUREMILITA-RI MASCHERATE DA MISIONI DIPACE E SPEDIZIONI UMANITARIE!

CONTRO L’IMPERIALISMO INOGNI SUA MANIFESTAZIONE!

PER LA SOLIDARIETA’ TRAPROLETARI DI TUTTI I PAESI E LENAZIONALITA’ COINVOLTI NELLAGUERRA!

PER LA RIPRESA DELLA LOT-TA DI CLASSE A PARTIRE DALLALOTTA PER IL SALARIO E LA GIOR-NATA DI LAVORO!

CONTRO IL COLLABORAZIO-NISMOPOLITICOESINDACALECHEGIUSTIFICA LA POLITICA DEI SA-CRIFICI ALL’INTERNO E LA POLITI-CA IMPERIALISTA AL’ESTERO!

PER LA LOTTA DI CLASSEPORTATA FINO IN FONDO, FINOALLARIVOLUZIONEPROLETARIAECOMUNISTA!

13 agosto 2006

limitato a richiamare l’applicazione dellarisoluzione dell’ONU che concerneHezbollah, ma non quella che concerneIsraele, D’Alema e Prodi si sono spinti ad

Palestina, Libano: Israele al serviziodell’imperialismomondiale

( da pag. 1 )

Gli Stati Uniti e Israele hanno rispostoalla vittoria elettorale del partito Hamas ealla formazione del suo governo, dichia-rando apertamente che avrebbero «toltol’ossigeno» alle nuove autorità palestine-si. Hamas, cheha vintoalleelezioni anchegrazie alle sue denuncie della corruzionegeneralizzata e dei compromessi di ognitipodeivecchidirigentidiAlFatah,dipen-de anch’esso come il precedente governopalestinese, dalle somme che Israele deveversare loro (diritti di dogana, ecc.); macon l’andata al governo di Hamas Israelesi è rifiutato di versare quelle somme, e lastessa cosa hanno fatto gli Stati Europei egli Stati dellaLega Araba interrompendo iloro«aiuti», e (salvo, per evitareevidente-mente un’esplosione generale di tutta laPalestina e le sue ripercussioni in tutto ilMedio Oriente, quei capitali che gli impe-rialisti europei hanno fatto arrivare allapoliziapalestineseealmini-Statoattraver-so istituzioni saldamente controllate daloro).

In tempi precedenti Israele aveva so-stenutoHamas,partitoreligioso reaziona-rio, allo scopo di indebolire i nazionalistipalestinesi. Ma da anni Hamas, che sipresenta comedifensoredei poveriecomeavversarioirreconciliabiledelloStatoebrai-co, non ha mai cessato di criticare i nego-ziaticonIsraeleeidiversiaccordidi«pace».L’arrivoal poterediquestopartito rischia-va, quindi, di rimettere in causa, non tantoquesti accordi che non sonomai veramen-tedecollati, quanto l’attitudinegeneraledisottomissionedell’Autoritàpalestineseal-l’ordine imperialista nella regione: eccoperché, dagli Stati Unitiai paesi europeipassandoperIsraeleeigrandiStatiarabi,tutti si sonomessid’accordo perstrango-lare con tutti i mezzi il nuovo governo«democraticamente eletto», a dispetto delfatto che Hamas abbia cominciato, an-ch’esso, adallinearsi aquest’ordineimpe-rialista!

Ulteriore dimostrazione che ogni ac-cordointernazionale,ognigrandeprinci-piodeldirittoedellademocrazianonsonochedelventorispettoagli interessi impe-

LO STATO ISRAELIANO REPRIME CON LA COMPLICITÀDELL’IMPERIALISMO E DEGLI STATI ARABI

offrire i propri servigi perché un demago-gico «tavolo di pace»fosse situato a Roma,promettendo proprie truppe per una even-tuale forza multinazionale di interposizio-ne in Libano! Fra imperialisti ci si dà unamano!

rialisti: conta soltantola forza!Alla cattura di un soldato di Tsahal nel

quadrodiun’azionediguerriglia inrappre-saglia del massacro di civili palestinesi sudi una spiaggia, Israele ha «reagito» ac-centuando la sua campagna di assassinii edi distruzione e catturando una parte delgoverno palestinese con l’intenzione digiudicarloper«terrorismo».SembravacheIsraele non aspettasse altro; i paesi occi-dentali, da parte loro, si sono ben guardatidal protestarecontro queste azioni da gan-gasters, anzi hanno dichiarato che «Israe-le ha diritto di difendersi»; mentre gliitaliani, col solitoatteggiamentoambiguo,hannoespressoil lorodisappuntoper l’ec-cesso di difesa, per l’«uso sproporzionatodei mezzi militari» avanzando nello stes-so tempo l’offerta di una «conferenza dipace» da tenere a Roma. I Palestinesi, daparte loro, non avrebbero che «il diritto disubire insilenzio», sennò diventano terro-risti…Checosadiventerebbe,allora,quel-lo Stato palestinese di cui anche Bush haparlatosenonuncampodiconcentramen-to per i suoi abitanti sospesi costantemen-te tra un lavoro sottopagato, la disoccupa-zione, la minaccia di morire a causa delleoperazionimilitariisraeliane, lavitadisten-ti?

Finoa chedurerà il capitalismo, i diffe-renti Stati borghesi non cesseranno mai difarsi concorrenza e di affrontarsi, non ces-serannomaidi sfruttare i loropropri prole-tari richiamandoli sempre all’«unione na-zionale»controi proletari degli altri paesi,non cesseranno mai di opprimere le popo-lazioni checadonosotto la lorooccupazio-nee il lorodominio.Finoa quandoregneràl’ordineimperialista nel mondo, loStatodiIsraele, che nel Medio Oriente è il pilastroe il guardianodell’ordine imperialista, perdipiùpagatoprofumatamente (lesovven-zioni a Israele rappresentano da sole piùdella metà dell’aiuto all’estero degli StatiUniti…), non cesserà le sue estorsioni e lasua oppressione sulla Palestina, non ces-serà di rosicchiare il loro territorio, comenoncesserà di sfruttarebestialmente i pro-letari palestinesi.

I decenni che stanno scorrendo han-no fornito la prova irrefutabile che tutti inegoziati diplomatici, tutti gli accordi «dipace»firmati sotto l’egidadegli imperiali-sti non sono serviti che ad accrescerel’oppressione e farla sboccare in nuovimassacri. Non vi è peggior illusione chediappellarsi allepretese intenzionipacifi-chedel taleo talaltroStatoborgheseoagliinterventidell’ONU,verocovodibrigantiagliordinideigrandiboss imperialisti.Nelquadro del capitalismo, non vi possonoessere soluzioni per gli oppressi di tutto ilmondo, ed ogni appello alla pace è puramenzogna.

La sola via d’uscita risiede nello svi-luppodella lottaproletaria perchéè sol-tanto questa che potrà effettivamenteunire tutti gli sfruttati al di sopra dellefrontiere, che potrà battere ogni tenden-za all’unità «nazionale» - ivi compreso inIsraele.Allora, la lottaproletaria, indipen-dente e di classe, sarà nella condizione didistruggere l’ordine imperialista interna-zionale,di rovesciare tuttigliStati borghe-si, inMedioOrientecon inogni altra partedel mondo, al fine di instaurare sulle lororovine unpotereproletario internazionalee unitario, condizione indispensabile perfar sparire, alla conclusione di un proces-

NO ALLE MASCHERATE DEI NEGOZIATI DI PACE FRA BORGHESI !SÌ ALLA LOTTA RIVOLUZIONARIA CONTRO L’IMPERIALISMO

E TUTTI GLI STATI CAPITALISTI !

( da pag. 1 )

so rivoluzionario mondiale, col capitali-smo anche ogni oppressione, ogni sfrut-tamento, ogni repressione ed ogni discri-minazione.

Per quanto lontana possa sembrare,questa prospettiva è la sola realista: essapuò e deve essere preparata da oggi, por-tando alle masse vittime dirette o indirettedel «nostro» imperialismo la sola solida-rietà checontiveramente: l’indebolimen-todell’imperialismoattraversolarotturadellacollaborazioneinterclassistafrapro-letarieborghesia, larotturaconleorganiz-zazionieipartiti legati inunmodoonell’al-troall’ordineborghese, attraverso l’oppo-sizione frontale del proletariato contro icapitalisti e il loroStato, inbreve: attraver-so la ripresa della lotta di classe, rivolu-zionariaeinternazionalista.

Abbasso il sionismo, abbassol’imperialismo!

Solidarietà con le masse sfruttate eoppresse di Palestina e del mondointero!

Ricostituzione del partito proletariointernazionale per la futura rivoluzionecomunista mondiale!

Luglio2006

la lotta perché si sapeva che poteva essererimangiata dal padronato in ogni occasio-ne.

Oggi, e da molti decenni purtroppo, laconciliazionedegli interessi operaiepadro-nali è diventata il fondamentodella politicasociale;quindi la lottaoperaia, comemezzoper ottenere soddisfazione alle molteplicirivendicazioni operaie è stata emarginata,«superata», eliminata dalla normale attitu-dinedi contrapposizione fra proletari ebor-ghesi. Questa contrapposizione è stata tra-sformata in «lotta di concorrenza», fraproletari eborghesi,omeglio fraorganizza-zioni chesi diconooperaie - comesindacatiopartitipolitici -eorganizzazionipadronalial finedi dimostrarechi èpiù bravoa gestirel’economia aziendalee nazionale, chi è piùbravo a gestire il consenso proletario allescelte imprenditoriali egovernativesul ter-reno economico e sociale. E in questo vor-ticediconcorrenzialità, allaparidelleazien-dechesi misuranosul mercato, così i sinda-cati operai misurano la propria forza «con-

trattuale» sul piano dello scambio tra «va-lori» concordemente considerati scambia-bili: ad esempio, una selva di sacrifici intermini salariali e normativi per le diversecategorie di lavoratori, in cambio di unapartecipazione ai diversi tavoli in cui siprendono decisioni di altra strategia eco-nomica e sociale. In fondo, la carriera deibonzi sindacali può arrivare molto lontano,come dimostranoBertinotti (da exsindaca-listadellaCgilapresidentedellaCameradeideputati) e Marini (da ex sindacalista dellaCisl apresidentedel Senatodella Repubbli-ca)!

In un ambiente sociale e sindacale diquesto tipo i proletari non avranno alcunapossibilità di reagire conunminimo di suc-cesso di fronte alla gragnuola di sacrificiche verrà e, soprattutto, di fronte ad unprogressivo peggioramento delle loro con-dizioni immediate di vita e di lavoro.

Si innesta in questo processo di pro-gressivopeggioramentodellecondizioni divita e di lavoro, l’abbondante e disordinatoflussomigratoriodi questi ultimi anni. Nes-sun proletario egiziano, pachistano, peru-

viano, cingalese, tunisino, senegalese o diqualsiasi altro paese viene in Italia col pro-positodi sostituireiproletari italianinei lorolavori. Se non avessero dovuto sfuggirealla fame e alla guerra dei loro paesi non sisarebbero nemmeno messi in viaggio, vistioltretutto i rischi mortali che comportano.E’ il meccanismo del lavoro salariato cheobbliga gli operai a farsi concorrenza perottenere un posto di lavoro, e quindi unsalario; è il rapporto fra capitale e lavorosalariatochedetermina il prezzodella forzalavoro- il salario-epiùoffertadibracciac’èsul mercatodel lavoro, più il prezzo di que-sta merce tende a diminuire: è appunto unaleggedel mercato, la leggedella concorren-za!

La lotta operaia ha lo scopo di ottenereun salario più alto, e un orario di lavoro piùbasso; queste sono le due principali e fon-damentali linee di lotta che possono unifi-care i proletari sullo stesso terreno, sullostesso fronte di lotta. Graziea queste riven-dicazioni è possibile per i proletari nativiattirare a sè, nella lotta, anche i proletariimmigrati, eper iproletari immigrati svinco-

Encadrement dans la doctrine marxiste desphénomènes du monde social con-tempo-rainVI. La propriété urbaine. Le capitalisme etla propriété urbaine des immeubles et desterrains- Note sur le problème de la construction enItalie- Thèses relatives aux chapitres I - VI

·Notes de lecture.- David Riazanov: Marx et Engels-RobertCamoin:DavidRiazanov,marxisteet communiste- D.B. Riazanov: Marx and Anglo-RussianRelations and other writings.Preso 4 / 15 FS / 5 £ / 2000 CFA / USA+ Cdn US $ 8 / America latina US $ 2

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 7

Ripubblichiamo qui la parte di articolo del 1956, intitolato«Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale» *,dedicato al naufragio del transatlantico italiano Andrea Doria inseguito ad uno speronamento nella nebbia al largo dell’isola diNautucker (New York), il 26 luglio 1956 . Nel cinquantesimoanniversario di quel disastro (52 morti, 47 sul transatlanticoitaliano e cinque sulla nave svedese, i vari media italiani hannorievocato l’avvenimento nella solita visione borghese della di-sgrazia, della fatalità, in cui l’errore umano è determinante sì,ma...: ...senonci fosse stata la nebbia, se il radaravesse funzionatomeglio, se la nave svedese speronatrice Stockholm avesse mano-vrato con più accortezza, ecc. E’ anche uscito un libro, intitolato«Assolvete l’Andrea Doria», nel quale, a cinquant’anni di distan-za, si descrive una specie di processo che documenterebbe ognidettaglio della vicenda e dal quale emergerebbe che la causa dellacollisione fu una manovra improvvisa dello Stockholmche cambiòrotta di 20-22 gradi accostando a dritta e andando a tagliare larotta dell’Andrea Doria. Ma c’è un aspetto nella relazione dell’in-chiesta del Ministero della Marina Mercantile, conclusasi nel1957 e tenuta segreta fino ad oggi, che riguarda l’industria

cantieristica italiana: in quel torno di tempo le due compagniearmatoriali coinvolte nella tragedia, Italia di Navigazione (grup-po Iri) e Svenska Amerika Linien, si msiero d’accordoextragiudizialmente,dividendosi l’onere del risarcimento danni;e siccome i cantieri genovesi Ansaldo (dunque Finmare, quindigruppo Iri) avevano ricevuto la commessa di costruire l’ammira-gliadellacompagniasvedesecheandavaasostituirelaStockholm,ilsilenzio su tutta la vicenda calò repentinamente: gli affari sonoaffari!

In realtà, come già allora Amadeo Bordiga scrivendo questoarticolo metteva in evidenza, la prima causa del naufragio - comedi altre migliaia e migliaia di «disgrazie» che precedettero (adesempio il Titanic, nel 1906) e seguirono l’affondamento dell’An-drea Doria - va cercata nel modo di produzione capitalistico enella sfrenata ricerca borghese del profitto attraverso il sistema-tico risparmio sui materiali, sulla prevenzione, sui sistemi disicurezza, ecc.. Rileggiamolo, e ci si renderà conto di quanto sianel frattempo peggiorata (disastri aerei, disastri ferroviari, crollidi case e palazzi, fino ai terremoti e agli tsunami) la decadenzasociale del mondo borghese.

Drammi gialli e sinistri della modernadecadenza sociale

- l’architettura uccide l’ingegneria -

Alla prima applicazione alle navi delmotore meccanico, la sicurezza dei viaggimarini parve, con buona ragione, un risulta-to storicamente e scientificamente garantitoper il futuro, e tanto più conla costruzionemetallica degli scafi.

Dopo un secolo e mezzo di «perfeziona-menti» tecnici, la probabilità di salvezza delnavigante è relativamente minore che congli antichi velieri di legno, giocattoli in predadel vento e del mare. Naturalmente la «con-quista» - la più imbecille - è la velocità, sepure velieri speciali verso il 1850 guada-gnassero sui vapori dei «nastri azzurri» nondisprezzabili nel giocare - già allora - allaborsa dei cotoni tra Boston e Liverpool. Unladro più rapido è un ladro più ladro, ma unfesso molto veloce non diventa meno fesso.

Tuttavia l’epoca dei levrieri del maresta già dietro di noi; essa corrispose alla fasesuccessiva alla prima guerra mondiale. Giàprima di essa si era arrivati a tonnellaggienormi: il Titanic colato a picco nel 1906aveva superate le 50 mila tonnellate di staz-za. E’ vero che la sua velocità nel viaggio

ANDREA DORIA (*)

inaugurale, in cui cozzò contro l’iceberg,non passava i 18 nodi. Dopo un mezzosecolo si hanno due sole eccezioni di trans-atlantici tra francesi, inglesi, tedeschi, italia-ni, superiori di molto alle 50 mila tonnellate:infatti dopo l’ultima guerra il massimo varoè stato quello dell’United States di 53 milatonnellate. Le due eccezioni furono le ingle-si Queen Mary, di 81 mila, e Queen Elisabethdi 84 mila tonnellate, impostate prima dellaguerra e ancora in navigazione. La nuovis-sima nave americana ha tolto al Queen Maryil primato della traversata, che la stessaaveva nel 1938 tolto alla francese Norman-die, distrutta dutante la guerra. Le velocitàsono in questo moderno periodo salite oltrele trenta miglia orarie, o nodi: l’Andrea Do-ria, maggior nave italiana del dopoguerracon la gemella Colombo (il Rex antebellicoera di 51 mila tonnellate), era di 29 mila soletonnellate, ma di buona velocità.

Si è dunque arrestata la corsa al grossotonnellaggio, che prelude alla grossa cata-strofe, ma si è anche arrestata la corsa all’alt-ta velocità, di cui ci inebriò qui in Italia il

ventennio fascista. La ragione è che oggi chiha molta fretta dispone dell’aereo, che colpoco equipaggio più di una cinquantina allavolta non ne ammazza (1); e la traversata permare (col sole e il tempo quasi sempre bellosulla rotta meridionale che si scelse dopo lacatastrofe del Titanic) è più che altro unosvago e uno spasso: gli ultrapotenti appa-rati motori per far filare come torpediniere imostruosi colossi, col costo enorm (si gua-dagna un miglio di velocità oraria e pocheore di traversata sciupando diecine di mi-gliaia di cavalli in più e aumentando in pro-porzione il consumo del combustibile) checomportano, non sono più chiesti dal viag-giatore e non fanno comodo alla compagnia.Quindi oggi la logica consiglia navi di mediastazza e di media velocità, per i passeggeri dinon primissimo rango in affari (economici opolitici!) non costretti a volare. Le cronachehanno detto come i poveri scampati dell’An-drea Doria non volevano tornare in aereo:troppi saggi, in una volta, della gran civiltàdella tecnica...

Inoltre quando ci si vede poco, checché

sia del gran discutere sul radar, è buonanorma andare poco veloci, come da chemondo è mondo.

Non è questa la questione centrale: maè l’altra della estrema fragilità dello scafodella Doria sotto l’urto del non pesantissi-mo nè velocissimo Stockholm, checché siadello sperone rompighiaccio, che meccani-camente parlando poteva fare una brecciapiù profonda, ma meno dilacerata e menopaurosamente ampia.

Evidentemente è la Doria che si è scas-sata, probabilmente risultata troppo fragilein tutta la sua ossatura, nelle costolature enei dorsali. Solo supponendo che un lungotratto longitudinale dello scafo si sia scon-nesso, si spiega come abbiano ceduto moltiscompartimenti stagni (che per la nebbiaerano già chiusi) e molte parti vitali: macchi-ne, casse della nafta e così via.

Non sono solo lenavi in cui la mania dellatecnica moderna è orientata nel fare econo-mie sulle strutture, usando profili leggeri,sotto il pretesto di materiali sempre piùmoderni e di resistenza miracolosa, granatitipiù da una pubblicità sfacciata e dalle lun-ghe mani, che dalle prove dei burocratizzatilaboratorie istituti ufficiali di controllo.Comeavviene per le costruzioni e le macchineterrestri, la nave che ci dà la tecnica recenteed evoluta è meno solida di quella di mezzosecolo fa. La superba unità ha quindi sban-dato, e si è affondata, in tempi contrari a tuttele norme e le attese degli esperti. Potevaessere l’ecatombe, col mare agitato e conmeno frequenza di navi vicine.

Vi è un’altra ragione oltre quella dellafalsa economia dell’eimpresa costruttrice.E’ noto che per ragioni tanto nazionalistequanto demagogiche, lo Stato italiano (chinon sa come, dopo la Santa Russia, la mag-gior dose di industria «socialista» si trovinella vaticanesca Italia, sebbene Palmiro (2)non sia ancor del tutto contento?) era, dellanave, tanto il committente quanto l’impresaappaltatrice (sono infatti dell’Irimare (3)tanto la compagnia di navigazione Italia chei cantieri Ansaldo). E’ noto che in Italial’acciaio costa di più; ed anche la manod’opera (il lavoratore vi mangia meno, mal’assistenza sociale e di Stato vi sbafa a mansalva). Ordinando la nave ai cantieri olande-si o tedeschi la nave sarebbe costata unquarto di meno, ma Palmiro avrebbe avutomeno voti. Gli ingegneri italiani ebbero inte-resse ed ordine di lesinare sull’acciaio.

Non si lesinò però sull’architetturadecorativa e di lusso. Uno dei sintomi deldecadere mondiale della tecnica è che l’ar-chitettura uccide l’ingegneria. Tutte le civil-

tà hanno passato tale stadio, da Ninive aVersailles.

Vecchi marittimi mugignanti sulle calatedi Genova lo hanno raccontato ai gionalisti.Troppi saloni, piscine, campi di vari giochi,troppi ponti sopra l’acqua - eh, l’inimitabilelinea, la sagoma slanciata delle navi italiane!- troppo volume, peso, spesa nell’operamorta, ossia in quel mezzo «grattacielo» chesta al di sopra della linea di galleggiamento,sfinestrato e sfolgorante di luci, ove si beala classe di lusso. Tutto a danno dell’operaviva, che è lo scafo a contatto dell’acqua,dalla cui vastità e saldezza dipende la stabi-lità, la facoltà di galleggiamento, di raddriz-zamento dopo le sbandate, di resistenza aicolpi di mare, agli urti colle montagne dighiaccio, e a quelli eventuali con navi dipaesi ove l’acciaio costa di meno, non solo,ma forse la tecnica è meno venduta allapolitica affaruistica... finora.

Tutto ciò, brontolano i veterani del mare,è a danno della sicurezza. Lusso più o menocafone, o sicurezza delle vite umane traspor-tate, ecco l’antitesi. Ma può una tale antitesifermare la Civiltà, il Progresso?

Quando tuttavia non è sicura la terzaclasse, né l’equipaggio, nemmeno la classesuperiore, dai favolosi prezzi di passaggio,lo è. Vi suppliosce la retorica sui ritrovatimoderni, l’alta tecnologia, la decantata inaf-fondabilità, a prova di ghiaccio, a prova discoglio, a prova di Stockholm!

La stessa storia avvenne per il risana-mento delle grandi metropoli, in cui, comestabilirono Marx ed Engels fino dai tempidello sventratore di Parigi, Haussmann, leclassi povere hanno avuto e avranno tuttoda perdere e niente da guadagnare. Fu fattoda abili tecnici, e speculatori, notare all’altaborghesia come le epidemie non si fermanodavanti alle differenze di classe, e si puòanche nelle case dei ricchi morire di colera.Avanti dunque il Piccone!

Ora, quando la nave affonda, affondanoanche i passeggeri di lusso, seminudi comei poveri cristi anche loro, e magari affoganoin abito da gran sera. La sicurezza è quindiindispensabile a tutti: non si può fregarsenecome avviene per le miniere, dove scendonosolo i cirinei della produzione, con qualcheingegnere, ma senza ruffiani della decora-zione: tanto si sta al buio.

La classe dominante, a sua volta impo-tente a lottare anche per la sua stessa pellecol Dèmone dell’affarismo e della superpro-duzione e supercostruzione, dimostra cosìla fine del suo controllo sulla società, ed èp

Isola di GiavaArriva uno tsunami, ma l’allarme non funziona

Ancora morti e dispersi

Una nuova tragedia in Indonesia,nell’isola di Giava, la più popolosa anche senon la più grande (130 milioni di abitanti suun totale di 220 milioni).

Lunedì 17 luglio un terremoto nell’Ocea-no Indiano, al largo di Giava, provoca l’or-mai famosa onda anomala, lo tsunami, conpotenza ed ampiezza molto inferiore a quellache sconvolse tutto il sud est asiatico neldicembre del 2004 (1), ma non per questomeno pericoloso.

Dopo la catastrofe del 2004, di frontealla quale le opulente metropoli occidentaliavevano messo in piedi una specie di lotte-ria in «aiuti umanitari», la cosa che gli scien-ziati avevano messo in primo piano eraquella di attrezzare i paesi del sud est asia-tico - sottoposti regolarmente a terremotinell’Oceano Indiano e a tsunami - di unsistema di allerta in grado di mettere incampo tutto ciò che è necessario per salva-re prima di tutto la vita degli abitanti dellacosta, pescatori e contadini perlopiù, e poile barche, le case, le coltivazioni, i raccoltiecc. Certo, si sarebbe dovuto inoltre impe-dire che lungo le spiagge fossero eretti bar,ristoranti, hotel, negozi, chioschi e alber-ghi, visto che lo tsunami ha sistematicame-te dimostrato di spazzar via tutto per centi-naia di metri nell’entroterra; ma in una so-cietà in cui tutto dipende dal mercato, dalcapitale, e dai salari, e in cui il conto in bancaha molto più valore della vita degli uomini,non si potrà mai ottenere misure di sicurezzae di prevenzione tali da ridurre ad un numerovicino allo zero le conseguenze dei disastricosiddetti «naturali».

«Subito dopo la tragedia del 26 dicem-bre 2004 si era parlato di dotare le isoledell’arcipelago di 25 boe galleggianti cherilevano il livello del mare e che, in combina-zione con i dati monitorati dalla rete sismica,sono in grado di valutare immediatamenteil pericolo. Ma in quella zona ne sono stateattivate soltanto due, nessuna nelle acquedi Giava», ha affermato il responsabiole delSistema di allerta rapido tsunami nel Medi-terraneo (2); e pare che quelle due boefossero danneggiate, per cui inservibili.Evidentemente il sistema d’allerta è troppo

costoso; conviene molto di più ricostrui-re quel che il maremoto distrugge!

I giornali del 20 luglio parlano di 550morti, molti dei quali bambini sorpresinelle spiaggie mentre giocavano, e dioltre 300 dispersi; ma le cifre sono comesempre molto aldisotto della verità. «Neivillaggi di pescatori, nei resort sulla spiag-gia di Pangandaran frequentati dai turistinon è scattato nessun sistema di pre-allerta. Così un fenomeno naturale comu-ne nella zona, definito all’inizio «lieve»dalle autorità locali [evidentemente inte-ressate a non «spaventare» i turisti che lìvogliono dire soldi, NdR] con il passaredelle ore ha assunto i contorni della tra-gedia» (3). L’ironia della sorte vuole cheun rapporto della Tsunami evaluationcoalition (Tec) del 14 luglio scorso met-teva in risalto il fatto che «il denaro arri-vato dopo la tragedia di due anni fa è statospeso «rapidamente e in modo osten-tato», senza badare alle esigenze dellapopolazione». Insomma, gli amministra-tori locali dovevano far vedere come ri-pristinavano, abbellendoli, i luoghi di vil-leggiatura. «I funzionari locali hannoammesso che la costa meridionale di Gia-va» - dove appunto si è presentato questotsunami - «non ha un sistema che permet-ta di avvertire in tempo la popolazione: ilsistema di boe di rilevamento non è attivonella zona; nessun sensore funzionava,durante il maremoto, neanche quelli piaz-zati nella zona di Aceh», che è a norddell’isola di Sumatra.

Il fatto è che non basta che il PacificTsunami Warning Center delle Hawailanci l’allarme, subito dopo aver regis-trato il terremoto che al largo di Giava haraggiunto l’intensità di 7,7 gradi dellascala Richter. Se questo allarme non se-gue poi fino in fondo, rapidamente, lacatena di allerta, è come se un hawaianogridasse, con tutto il fiato che ha in gola,dalla sua spiaggia: «attenti, pericolo!»pretendendo che gli indonesiano di Gia-va lo sentano con le proprie orecchie. Seperò esistesse e funzionasse un sofisti-cato sistema di boe nell’Oceano Indiano

in grado di far rilevare in tempo reale tutti idati necessari per una corretta e tempestivavalutazione dei fenomeni, e se ci fosse unsistema di ricezione e valutazione dei datiaffidabile, tutto ciò non servirebbe a nullase poi l’allarme non arriva tempestivamentealla popolazione interessata dal pericolo;popolazione che avrebbe poi bisogno diessere organizzata nello sfollamento se-condo piani di protezione civile efficaci chenon possono non prevedere allenamento epreparazione preventivi.

Ma qual è la società che si può permet-tere di investire risorse economiche gigan-tesche in ricerca, prevenzione, manutenzio-ne, allenamenti e preparazioni preventive?La società capitalistica non lo farà mai, enon tanto per un suo congenito cinismo euna sua scelta di crudeltà, quanto per ilfatto che tutto ciò che non comporta ilraggiungimento di un affare, di un profitto(non solo economico, ma anche politico), diuna evidente convenienza, viene automati-camente scartato, rimandato, osteggiato.

Una volta di più, per battere l’econo-mia della sciagura, ossia l’economia capi-talistica, ci vuole la lotta di classe rivolu-zionaria del proletariato, l’unica lotta chepuò risolvere alla radice tutte le contrad-dizioni accumulate dal capitalismo e dalsuo sviluppo.

(1) Sullo tusnami del 26 dicembre 2004vedi il nostro articolo intitolato: Un terribi-le tsunami nel sud est asiatico ha provo-cato centinaia di migliaia di vittime, ne «ilcomunista» n. 93-94, Febbraio 2005. Sulletragedie che punteggiano drammaticamen-te la storia della società capitalistica, vedianche il volume Drammi gialli e sinistridella moderna decadenza sociale, EditriceIskra, Milano 1978, in cui sono stati raccoltii fili del tempo scritti da Amadeo Bordiga suquesti temi.

(2) Vedi il Corrieredella Sera,19.7.2006.(3) Vedi la Repubblica, 19.7.2006; come

le citazioni successive.

larsi dai ceppi dell’ulteriore oppressioneborgehse in quanto stranieri.

Lottarequindi contro la concorrenza fraproletari diventa un obiettivo vitale sia periproletarinativicheper iproletari immigrati.Leorganizzazioni sindacali attuali, struttu-ratecomesonosulla collaborazionedi clas-se con i capitalisti, non potranno mai essereorganizzazioniefficacididifesadellecondi-zioni immediate di vita e di lavoro di tutti iproletari, al di sopra della nazionalità e odella razzadi provenienza. Eseancheattra-verso di loro per qualcuno è possibile otte-nereunmiglioramento, sarà sempreunfattodel tutto parziale, occasionale e dovuto adinteressi di consenso sociale o elettorale.

I proletari italiani dovranno rifarsi allevecchie tradizioni di lotta e classiste cheproiettarono il proletariato italiano nellaprospettiva rivoluzionaria degli anni Ventidel secolo scorso. Dovranno disfarsi delpeso di decenni di riformismo, di legalitari-smo, di collaborazionismo, di conciliatori-smo, che lo hanno completamente paraliz-zato, e lo potranno fare soltanto spezzandoi legami con le organizzazioni sindacali epolitiche tricolori. Certo, dovranno rico-minciareadorganizzarsi direttamente, conle sole proprie forze, e sbaglieranno millevolte prima di imboccare la strada di classeediutilizzarealmeglioglistrumentieimezzi

della lotta classista; ma saranno tentativi esbaglipositivi,perché fatti sulla stradadellaripresa di classe e perciò contribuirannoalla crescita del movimento di classe. Aquesta lotta saranno chiamati anche i pro-letari immigrati, il cui destinoanche indivi-duale tende ad essere sempre più vicino aquello dei proletari nativi.

Lestragi del mare, chedal puntodi vistamediatico fannocertamentepiù effettoedèanche per questo che ne danno particolarerisalto, sono stragi borghesi, perché i bene-fici da quelle stragi - in termini di peggiora-mento delle condizioni di vita e di lavoroproletarie - li traggono non solo i borghesidirettamente interessati al traffico di carneumana, ma l’intera classe borghese.

La lotta proletaria, nella sua ripresa diclasse, quandospezzerà i cordoni che lega-no i proletari al collaborazionismo e all’in-terclassismo, dovrà tener conto anche diquesto sangue, versato da proletari in lottaper una misera sopravvivenza di schiavisalariati!

( Segue a pag. 8 )

- Leggete -« il comunista »« le prolétaire »

« programme communiste »« el programa comunista »

Page 8: organo del partito comunista internazionale · 2014. 11. 2. · IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 1 organo del partito comunista internazionale IL COMUNISTA-N. 101-Settembre 2006

IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 20068

Le battaglie della Sinistra comunista (Fine)

1923. Il processo ai comunisti in ItaliaIl governo fascista prende di mira militanti ed

esponenti del Partito comunista d’Italia,allora ancora guidato dalla sinistra

( continua dal n.100 )

ESAMEDEITESTI

Teste Bellone(...)

Teste Ellero

Avv. Modigliani. - Come giura e puògiurarequesto testimone? Noi crediamocheegli sia un perito, perché tutta la sua attivitàè di perito. Egli è un esperto di cui a terminidi legge, legalissimamente, l’Autorità diPubblica Sicurezza si è valsa per decifrarealcuni documneti. E allora, poiché la suaoperaèdiperito,eglidovrebbegiurarecomeperito,maseèperitorestaasaperesepotevaessere citato come è stato citato.

PubblicoMinistero. -Dichiarocheiologo citato come teste in quanto ché egli nonè se non un Ispettore generale di PwbblicaSicurezza chehacompiuto delle indagini dipolizia giudiziaria edeve fornire solamentequegli elementi che ha potuto raccoglieresia per effetto della sua qualità di funziona-rio, sia per effettodi speciali attività cheegliha potuto compiere come particolarmenteesperto in materia criptografica. Non fu as-sunto come perito, e quindi non potevaesserecitatocomeperito.RilevocheilCom-mendator Ellero fu assunto nel periodo si-truttorioper riferiresui risultatidelleindagi-ni da lui compiute come esperto in materiacriptografica in collaborazione con le altreindaginidellapolizia.Intalequalità,qequin-di nella veste di testimone, essendo statoassunto nel periodo istruttorio, fu inclusonella lista di testi, e come tale deve ritenersinel pubblico dibattimento. Se le parti rite-nessero la necessità di una indagine perita-le, che ioritenni superfluanelperiodo istrut-torio, il Tribunale dovrebbe provvedervi anorma dell’art. 399. In ogni caso il Comm.Ellero non potrebbe essere assunto comeperito.

Avv. Modigliani. - Rinunziamo subitoall’incidenteperché a noi bastava la dichia-razione fatta dal Pubblico Ministero!

Avv.Cassinelli. - Il PubblicoMinisteroha citato l’art. 399 perché sia nominato unperito, il quale riferisca durante il dibatti-mento.

Pubblico Ministero. - No: io ho dettoche, ove la difesa lo volesse, si potrebbechiamare un perito.

Avv. Modigliani. - Non ho il tempo disentire il parere dei colleghi e dico una miapersonale opinione. Noi prevedevamo larispostae la rispostaèunaminacciadi rinciodellacausa nel casocheil Tribunale ritenes-se di dover nominare un perito.

Pubblico Ministero. - No: io lo ritengosuperfluo, come ho ritenuto superfluo ilperito in periodo istruttorio.

Avv. Modigliani. - Loritiene superfluoancheoggi? Desideroconoscerebenel’opi-nionedelmiocontraddittoreefarlaverbaliz-zare.

PubblicoMinistero. -Loritengosuper-fluo in questo senso, in quanto ritengo chegli elementidati dalcomm.Elleroconsenta-no ad ogni persona di buona volontà didecifrare i documenti. Non desidero affattochesifacciaunaperizia,nèdesideroil rinviodellacausa.Dicosemplicementechesesi faquestionediperizia, cioésesi vuole trasfor-mare il teste Ellero in un perito, questo nonsi può fare che attraverso l’indagine che èconsentita al Tribunale dall’art. 399: ma, inquesto caso, il perito non potrebbe essere ilComm.Elleroessendostato ilComm.Elleroritenuto testimone nell’istruttoria. Le miedeterminazioni non sono per prolungare lacausa.

Avv.Modigliani. -Facciounadichiara-zione molto semplice, perché più si parlachiaroepiùprestoci si intende. SecondonoiilComm.Elleroha funzionatocomeesperto:secondo noi dovrebbe giurare come perito,se potesse essere citato in questa qualità.Sarebbequindinostrodiritto far valere tuttequesteragioniperescludereilComm.Ellero,e noi vorremmo andare anche un passo piùoltreedomandareal Tribunaledi fareastra-zione da tutta questa selva di documenti siaper la sua superfluità assoluta di fronteall’accusa di cui si deve giudicare, sia per-chè tutto il resto del materiale è più chesufficiente. Noi vorremmo domandare chetutto questo materiale fosse scartato perquesta ragione e per un’altra secondo noialtrettanto valida: per il modo in cui questomaterialeèstatoacquisitoagli atti, secondo

noiperfettamente illegale, perché leperqui-sizioni e i sequestri sonoavvenuti in isfregioa tuitte le disposizioni di legge. Ma poichéil far valere tutte queste ragioni ci espone alpericolo,chenoncièbnemmenostato taciu-to, che la perizia, a cui esplicitamente ilcontraddittore non rinunzia, ci conduca adun rinvio, poiché noi non ci setniamo disottoporre gli imputati alla protrazione diquesta, secondo noi, illegittima detenzionepreventiva, per queste ragioni noi non insi-stiamonell’incidente.

PubblicoMinistero. -Persincerità iohodovuto prospettare l’ipotesi; ma tengo adichiarare che se fosse proposta (ciò chenon mi pare possibile) se fosse propostauna perizia io mi opporrei perché la ritengosuperflua.

Avv.Modigliani. -Desiderochesiascrit-toa verbale il motivoper cui la difesa rinun-ziaall’incidente.

Ellero. -Mirimettoalledecifrazionifattee singolarmente sul conto di ciascun impu-tato non ho nulla da dire.

Bordiga. - Inmeritoallaquestionedelladecifrazione sorge un interessante proble-ma che io posso seguire soltanto per unacerta parte e su cui chiedo sia sentita l’opi-nione del teste che anche io considero,perché mi pare logicamente che tale sia,come un esperto.

Una prima parte di considerazioni sulledecifrazioni è di carattere tecnico, e se vo-gliamo,di caratterematematico,mentrevi èuna seconda parte di carattere giuridico chepotrò meglio essere vagliata dalla difesa edalTribunale.

Io assumo che non può avere nessunvalore, da un punto di vista giuridico, ladecifrazione di un testo criptografato, inquanto che di ogni testo criptografato sipossono dare più versioni, che tutte acqui-stino un senso nella lingua adoperata. Di-mostro che se ne posssono dare più diuna:per il mio assunto basta dimostrare chedi un testo criptografato si possono dareduediverse traduzioni, sicché il fattocheuntesto sia stato decifrato in un modo non èminimamentedecisivoperchérimanelapos-sibilità di decifrarlo inunaltro: equindi nonè provato nulla. Questo mi porterebbe adunalunghissimadiscussione,ma iomilimitoa poche parole.

Il sistema chenoi riconosciamodi avereadoperato quasi sempre consiste in unacerta regola (nei particolare della quale miguardodall’entrareper non tediare il Tribu-nale) seguendo la quale occore prendere lelettrere che costituiscono la missiva e di-sportle in un certo ordine determinato. Chifa questa operazione si serve di una serie dilettere o di una serie di numeri che costitu-isconolacosiddetta chiave.Quegli cherice-ve il testocifratoapplicando il meccanismoall’inverso,ricostituisce il testoprecedente.Ora, supponiamo di avere operato su unamissiva di 100 lettere. Queste 100 lettereprendonoi nel dispaccio criptografico, unordinechenon ha più senso. Ora, si dicecheattraverso un lavoro più o meno lungo sipuò riuscire a ristabilire l’ordine originaledelle lettere. Non voglio ripetere qui deidivertenti paradossimatematici,maognunosa che 100 lettere si possono comninare inunnumerodimodi indicatodall’unità segui-ta da unnumeroiperbolicodi zeri chedannouna cifra non valutabile nemmeno dallanostra fantasia. Ora è vero che di tuttequeste posibili combinazioni solo una pic-colissima parte, una infinitesima parte ac-quista un senso nella lingua italiana, ma ioposso dimostrare anche sul terreno matem-natico che questa frazione minima di unnumero pressoché infinito costituisce peruna cifrata che supponimao di 100 lettere,non due sole ma parecchie diecine, parec-chie centinaia di spiegazioni.

Citerò un fatto notorio. Una rivista illu-strata ha fatto ultimamente un concorso perun anagramma di una frese di 22 lettere.Ebbene, il risultato non ci dice ancora inquanti modi queste 22 lettere possono si-gnificarequalchecosa in italiano, macidiceche 70 mila soluzioni sono state mandate aquella rivista, 70 mila frasi che quelle 22letterepossonocostituiresignificandoqual-checosadi semprediverso.Sipuòdimostra-rematematicamentechemanoa manocheilnumero delle lettere aumenta, aumenta al-l’infinito ilnumerodellepossibili combina-zioni. Io assumo quindi che da un cripto-gramma sipossono trarrenumerosespiega-zioni.

Citerò un altro esempio di carattere let-

terario. In uno dei celebri scritti dell’uomo-rista ingleseSwift, nei«ViaggidiGulliver»,si cita una frase che, interpretata con unacerta chiave, aveva questosignificato«MiofratelloTomha leemorroisi»; eche conunachiave diversa fu tradotta in un modo com-pletamente diverso e questa seconda tra-duzuone venne assunta come prova di ac-cusa contro un imputato politico: l’ana-gramma era: «Ma farò morto il re io, TomHellied!».Sembraunaanticipazionestoricadell’ironista che si potrebbe applicare alcaso nostro.

Resta stabilito anche da questi esempiche la decifrazione di una cifrata si può farein parecchi modi, soprattutto quando ci sidia del tempo per lavorarci intorno.

E la dimostrazione di questo assunto èfinita. Aggiungerò una considerazione sul-lanecessitàdell’usodeicifrarii. Noisappia-mo benissimo che di una lettera cifrata èpossibile dare una interpretazione, ma sap-piamo pure che per darla occorre un certotempo, occorrono diversi mesi di lavoro, eallora noi adoperiamo le cifrate non pernascondere inesse un’azionecriminale, masoloper avere la sicurezza chequelle letteredurante il loro viaggio non finiranno nellemani altrui: per avere la sicurezza che solo icompagni i quali posseggono la chiave, chesono autorizzati a servirsene, potranno co-noscere il significatoverodiquei documen-ti. Sappiamo che qualcuno può, attraversounlungolavoro,giungereadecifrare i nostridocumenti, ma fidiamosullanecessitàdi unlunghissimo tempo che richiederebbe que-sto lavoro per avere la sicurezza che lenostre missive non siano lette altro che dacoloroacui le indirizziamo.

Passatialcunimesièquasisemprescom-parsa la necessità del segreto, ed’altraparteindirizzi e chiavi sono stati regolarmenteconosciuti.

Poichè io contesto la validità delle deci-frazioni che sono state fatte e poichè suquesto io ho fatto dei rilievi di ordine tecni-co, pregherei il teste, colla sua competenza,di rispondere ai miei rilievi affinchè poi igiuristi possano trarne le conclusioni checredonocirca lavalidità di provadelledeci-frazioni.

Presidente. - E il vostrocifrario si cam-biava ogni mese?

Bordiga. - Lo cambiavamo periodica-mente, per esempio ogni mese.

Ellero. -Affermochedata lachiave,datoilnumeronelle letterecontenute inciascunamissiva, non era possibile ottenere altraspiegazionechequella cheabbiamoottenu-ta con la decifrazione fatta.

Bordiga. - Data la chiave. Ma la chiaveeraquellachesidoveva trovaree iodicochele cifrate si potevano decifrare con diversechiavi, e quindi con diverso risultato.

Avv. Modigliani. - Edateduechiavi?Ellero. -Noiabbiamotrovata lachiavee

l’abbiamo applicata ad una missiva, otte-nendo un risultato. Questa stessa chiave, ciha permesso poi di ottenere la traduzione dialtre10, 15, 10 missive: essa corrispondevasempre esattamente. Mi pare che si possalogicamente ritenere che la chiave fossequella e non ne fosse possibile un’altra.

Avv.Modigliani. - Insomma,larispostanon è venuta. Il Bordiga domanda questo:se è possibile spiegare una cifrata con duechiavi.

Ellero. -No.Bordiga. - Iometto ilproblemainquesti

termini:Noiabbiamounamissivadadecifra-re:nonconosciamolachiave.Abbiamocioèdue incognite: il significato vero della mis-siva e la chiave. Se ioriescoa metterequellelettere in un certo ordine attraverso unamanovra su cui non è il caso di discutere, dimodo che esse acquistini un senso, io dedu-cocheho trovatola chiave. Tantoè verocheil perito lo ha fatto e ha data la serie deinumeri che secondo lui costituiscono lachiave. Ma iosostengoche,oltrequel signi-ficato possibile, ve ne sono altri. Se riesco atrovareuna seconda maniera di ricostruzio-ne di quelle lettere vuol dire che ho trovatouna seconda chiave.

Giustamente osserva il perito che eglicon una stessa chiave ha potuto decifrarediverse misive. Ma io mi sono richiamato aun numero assai grande di combinazionidelle ipotetiche100 letteredi frontealleduesole che mi bastano per il mio assunto. Orase si tratta di spiegare non una ma piùmissiveè evidenteche il numero considere-volissimo di soluzioni possibili viene adessere ristretto e ristretto di molto: ma è

possibile dimostrare che anche per, 3, 4, 5missive sono possibili per lo meno duechiavi diverse. Se per 22 lettereabbiamo 70mila possibili risultati potremo da 70 milasalire a dei bilioni quando si tratta di 100lettere, e se invece che di una missiva avre-mo un certo numero di missive, il numerodelle combinazioni significative possibili,usando una stessa chiave si restringeràanche di molto, ma a me basta e sostengo dipoterlo dimostrare coi teoremi del calcolodelle probabilità, che ne siano possibili duesole per poter dire che quando se ne ètrovata l’una ioho la possibilitàdi contesta-re che sia l’unica ammissibile e di inficiare,quindi, la provagiudiziaria.

Ellero. - Si sa: con 24 lettere si fa unabiblioteca. Io non ho trovato nessuna diffi-coltà per spiegare tutte le missive con lachiave trovata.

Avv. Modigliani. - Quanto è il numeromassimo di missive che lei ricorda di averespiegato con un’unica chiave?

Ellero. -Nonlopotreidire,masononegliatti.

PubblicoMinistero.-IlComm.Elleroperogni missiva ha indicata la chiave e bastavedere gli atti.

Avv.Modigliani. -Lemissivecifratedachi e quando le sono state consegnate?

Ellero. - Ne ho avute alcune dalla Que-stura ed altre dall’Autorità giudiziaria.

Avv. Modigliani. - Edal Ministerodel-l’Interno?

Ellero. -Eranoquelle,credo,cheveniva-no dalla Questura.

Avv.Modigliani.-Elatraduzioneachilaconsegnava?

Ellero. - Secondo i casi alla Questura eall’Autoritàgiudiziaria.

(Seguono poi gli interrorgatori di di-versi altri testi. Finiti i testi, vi sono lecontestazioni sui documenti).

LECONTESTAZIONISUIDOCUMENTI

Vengononecessariamentechiamati tut-tigli imputati esimostranoaciascunodiessii documentiacquisiti sui quali la sentenzadirinvio fonda l’accusa nei riguardi di ciascu-no.

Gli imputati riconoscono taluni dei do-cumenti non taluni altri.

Si svolgono contestazioni senza grandeimportanza. Ultima ad essere chiamata è laimputataLigabue.

Bordiga. -LamiacoimputataLigabuehariconosciuto di avere scelto due pseudoni-mi.Borrei fareunabrevedichiarazionesullaquestione degli pseudonimi.Io credo che ilcasodellacompagnaLigabuesiaquasiunicocome caso in cui si sia scelto uno pseudo-nimo personale. Degli pseudonimi si è par-lato molte voltenel processo e si è detto chenoi avessimo in Via frattina documenti dacui risultava cheTiziooCaioaveva uncertopseudonimo. Ecco, invece, come stavano lecose. Quando si mandava della corrispon-denza, si scriveva inuna busta l’indirizzodiuna persona a cui si mandava la missiva edentro a questa busta se ne metteva un’altradiretta alla Federazione comunista, il cuicomitato era quello che doveva ricevere lamissiva. Siccomenoisapevamoche le lette-re potevano essere aperte, così anche nellaseconda busta mettevamo un nome con-venzionale il quale serviva per indicare laFederazione a cui la missiva era diretta. Adifferenza del caso specifico verificatosi aModena in cui la compagna Ligabue avevaassunto uno pseudonimo proprio, gli pseu-donimi sunque, servivano ad indicare delleFederazioni e non dei singoli compagni.

Il pseudonimo serviva a fare avere lalettera interna ad uno dei varii membri delComitato Federale, che poteva cambiaresenza che il pseudonimo stesso mutasse.

(Seguono la Requisitoria del PubblicoMinistero, le Arringhe degli avvocati Fer-rara, D’Angelo,Mucci, Niccolaj,Roboldi,Buffoni, Cassinelli,la Replica del Pubbli-co Ministero, l’Arringa dell’avvocatoModigliani; seguono poi le Dichiarazionidegli imputati Tasca e Bordiga).

DICHIARAZIONIDELL’IMPUTATOTASCA

Io vorrei dire alcune cose che interessa-no la mia difesa e quella di alcuni altri mieicompagni, i cui capi di imputazione consi-stononella partecipazionealla DelegazioneItalianaalIVCongressodell’Internazionale.Chiedo venia al Collegio giudicante se inquesto momento debbo fare queste osser-vazioni e fornire questi elementi di difesa:per la proceduram concordata del resto fral’AccusaelaDifesa,nonmièstatopossibiledi farlo prima: nè in sede di istruttoria, nè insede di contestazioni al pubblico dibatti-mento.

Io e i miei compagni della Delegazionedel IV Congresso che, per così dire, il pro-cesso di Roma ha ereditato come imputati

E' a disposizione il n. 481del nostro giornalein lingua francese

le prolétairesommario:

•-Guerre au Liban. La lutte contrel’impérialisme ne peut se mener quesur des bases de classe !•-Encore et toujours, soutien auxtravailleurs sans papiers !•-Sur le Fil du Temps. Fantômescarlyliens•-Palestine, Liban : Sionisme as-sassin, impérialisme fraçaiscomplice !•-Non à l’envoi de soldats français auLiban !•-L’impérialisme français, un «ami»très intéressé du liban•-Quelques données sur le Liban•-Coup d’oeil sur le militarisme fran-çais

La copia 1 euro. Abbonamento sem-plice 7,50 euro. Abbonamento so-stenitore 15 euro. Francobolli o as-segno all'ordine di Dessus, EditionsProgramme, 3 rue Basse Combalot,Lyon - F.

ANDREA DORIA

folle attendere che, in nome del Progresso,che segna la sua vita a tappe di sangue,possa fare più sicure navi di quelle di untempo.

Ed infatti i gorghi sulla disonorata car-cassa dell’Andrea Doria si erano appenachiusi, che l’economia statalista, vivaiooptimum del moderno privato affarismo esucchionismo, annunziava che ne avrebberifatta un’altra tal quale, solo per scaraman-zia, cambiando...il nome! Si vanta ancheche, dato che il costo salirà di circa un terzorispetto alla vecchia, si economizzeranno lespese di progettazione, calcolazione, e spe-rimentazione! I decoratori faranno, è sicuro,gli stessi affari, e la macchina per arraffare lecommesse di Pantalone (4) si è già scatena-ta. Come dopo la guerra mondiale si scatenò,nella Ricostruzione, ferrata di tutte le risorsedella odierna grande Tecnica, «il più grandeaffare del secolo», così si è risolta la «crisi»cantieristica e di navigazione (per cui sistava varando un’apposita legge) con lacommessa della nuova nave. Dpo la spero-nata dello Stockholm, e forse per qualchelitro di più di alcool che avevano ingerito isuoi ufficiali, si è reso inutile il saggio ed altovoto del nostro Democratico Parlamento.

Nessuno penserà, nessuno legifererà,nessuno voterà perché si straccino le tavoledei vecchi clacoli e si ridisegni lo scafo e ilsuo scheletro, il solo che in un natante èvivo, spendendo cinque milioni più di accia-io e altrettanto meno di ruffianeschi lenoci-nii. Il che non si può fare finché la produzio-ne «socialista» è produzione aziendale,anche se di Stato, serva di considerazioniancora mercantili e di concorrenza tra le«bandiere», ossia tra le banche di criminalidell’affare, che vale lo stesso.

E colui che lo facesse «deprezzerebbe»il non affondato Colombo.

(*) Il titolocompleto dell’articoloè:«Dram-mi gialli e sinistra della moderna decaden-za sociale. Tecnica rilasciata ed incuran-te, gestione parassitaria e predona»; af-frontava tre avvenimenti dell’estate del 1956legati in particolare dalla seconda parte deltitolo: il naufragio del transatlantico AndreaDoria, la catastrofe mineraria di Marcinellein Belgio e la nazionalizzazione del Canale diSuez da parte dell’Egitto, allora guidato daNasser.

(1)Siamonel1956;da allora ilgigantismoha investito anche la costruzione di aerei,tanto che negli ultimi anni i «disastri» aereihanno fatto salire il numero di vittime rego-larmente molto al di sopra delle cinquanta.

(2) Si intende Palmiro Togliatti, capo delPci stalinizzato e post-stalinizzato, il qualeaveva teorizzato che le «nazionalizzazioni»- ossia le aziende statali - erano l’elemento«socialista» inserito nell’economia capitali-stica.

(3) L’IRI, Istituto per la RicostruzioneIndustriale, fondato dal fascismo nel genna-io 1933 con lo scopo di salvare alcune ban-che che rischiavano di essere travolte dallacrisi economica, mantenuto in vita anchedopo la fine della seconda guerra mondiale,ha assunto compiti molto più vasti agendocome amministratore di molte imprese rite-nute strategiche per l’economia nazionale -come appunto la siderurgia, la cantieristicacome la citata Irimare, ma anche la Rai ecc. -alcune delle quali, poco per volta, sono statevotate alla chiusura o alla privatizzazione.

(4) Pantalone è la maschera venezianadella commedia dell’arte, che rappresenta ilvecchio mercante, ricco e avaro; nella meta-fora politica Pantalone rappresenta lo Statoalla cui greppia i ricchi mercanti vanno siste-maticamente a succhiare risorse.

( da pag. 7 )

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 2006 9

El programa comunista

E’ a disposizione il n. 46 della nostrarivista in lingua spagnola «el programacomunista», dicembre 2005, col seguen-te sommario:

·Lo que distingue a nuestro partido

·Europa: lupanar burgués, galera pro-letaria

·Critica de la C.C.I.- Introducción-----La Corriente Comu-

nista Internacional: a contracorrientedel marxismo y de la lucha de clase

- La C.C.I. o la opposición al poderrevolucionario proletario-----A propó-sito de Cronstadt. Violencia, terror, dic-tadura, armas indispensables del poderproletario-----A prueba de luchas declases: el carácter anti-proletario delas posiciones de la C.C.I. : 1. La C.C.I.contra la organización de la clase obre-ra / 2. La C.C.I. contra las huelgas / 3.A propósito de Adelshoffen,Cellatex...la C.C.I.: un exemplo a noseguir-----El purismo como máscara deadaptación al sicial-chauvinismo. Unapolemica reveladora de la C.C.I.-----Latara insuperable de los prejuicios liber-tarios. La C.C.I. o la fobia a la autori-dad-----«Révolution Internationale» ysus amigos: - La leyenda de una «Iz-quierda europea» / - La insondableprofundidad del «marxismo occidental»

· ¡El muro israelí, un negocio en oropara los burgueses palestinos!

·¡Proletarios de Israel! ¡Proletarios pa-lestinenses!

·La matanza de proletarios conti-núa. Luego de Kabul, Mazar i Sharif,Bagdad, Falluja. Tikrit, Mosul, Es-tambul, Jerusalén, Jenin, Gaza, Groz-ny, Moscú, New York, Madrid, ahorale toca a Londres este 7 de Julio de2005. ¡El terrorismo de los grandesEstados imperialistas nurtre al terroris-mo de los movimientos confesionalesdel fundamentalismo islámico!

·La cólera y la violencia proletarias delos suburbios franceses anuncian lasfuituras tempestades sociales!

¡LEAN, DIFUNDAN, SOSTENGAN LAPRENSA INTERNACIONAL DELPARTIDO!¡ABONENSE, REABONENSE, SUS-CRIBANSE!

In preparazione un nuovoopuscolo in inglese:

« Proletarian »Nr. 2 - September 2006

supplemento in inglese del «prolétaire»

Summary

- The mission of the UN blue helmets ispurely imperialist. No troops to Lebanon !- To our readers- Palestine, Lebanon: Zionism-Assassin,Imperialism-Accomplice!- Party and Class- Palestine, Lebanon: Zionism-Assassin,Imperialism-Accomplice!- Party and Class- To the Workers of Israel, to the Workersof Palestine, to the Workers of Europe andAmerica!- One Year after ... In London a New Mas-sacre of Proletarians. To the Terrorism ofbig Imperialist States Answers back theFundamentalist Islamic Terrorism- The New Orleans Catastrophe: Capital-ism, the Economics of Miseryand Despair!-UnionSacréetoCondemntheRevoltof theBanlieues- Proletarian Anger and Violence in theSuburbs Promise Future Social Tempests!- No to the FEC ! Class Riposte against theCapitalist Attacks !- Against the FEC and all Bourgeois At-tacks,oneSolution:TheAnticapitalistClassStruggle!- The Abolition of Wage Labour means theAbolition of Production for the Sake ofProduction

(One copy : £1 / US$1,5 / 1,5)

dalla istruttoria iniziataaTeramo,nonabbia-mo avuta altra contestazione che quellarelativaallanostrapartecipazioneallaDele-gazione; e confessiamo che, anche dopo learringhe dei nostri difensori, non ci siamopotuti fino a questo momento rendere contodella natura dell’imputazione per cui do-vremmo essere condannati: nulla ci è maistato contestato, infatti, che ci illuminassesulla ragione per cui i fatti che ci sonoadeebitati -partecipazioneallaDelegazione,partecipazionealComitatodifusione-avreb-bero un nesso con l’imputazione di cui al-l’art. 251 del codice penale. Noi abbiamocercato, anche per nostra soddisfazioneintellettuale, anche per nostra soddisfazio-ne morale, di renderci conto di questo nes-so; ed io faccio appello al rappresentantedella Pubblica Accusa, se è ancora il mo-mentodi poterlofare, di forniregli elementichevalganoa chiarire la posizionemia edeinostri compagni.

Questo nesso, secondo la logica nostra,potrebbe essere un triplice nesso - ossiatutti i nessi che abbiamo potuto vedere siriducono a tre:

Primo. Lanostrapartecipazioneallade-legazione di Mosca sarebbe un reato consi-deratodall’art.247eil fattodiaverlocompiu-to fa cadere sotto le sanzioni di cui all’art.251; tutti i compagni chehanno partecipatoalla delegazione di Mosca ed alla commis-sione per la fusione. Ma questo è statoescluso dalla stessa sentenza della Sezioned’Accusa e della sentenza del Tribunale diMilano.

Secondo. Vi è un secondo nesso possi-bile.Cisipuòdire: Il fattochevoi sieteandatia Mosca prova che voi eravate a conoscen-za delle intenzioni criminose dell’associa-zione a delinquere incriminata in questacausa. Io su questo punto non ho nulla dadire, perché evidentemente la nostra re-sponsabilità dovrebbe essere accertata nonnella nostra conoscenza dell’associazione,manella partecipazioneall’associazione.

Terzo. Il terzoedultimo nesso possibileè questo: il fattostesso della partecipazionealla delegazione di Mosca dimostra che voipartecipavate all’associazione a delinque-re.Anzi,misembra,chenonsipossafarechequestoragionamento: ilpartitovi hamanda-to a Mosca in tanto in quanto voi facevatepartedell’associazioneadelinquere.Poichènessuna contestazione ci è stata fatta inmodochenoipotessimorichiamareincausao far produrre in causa ad esempio, nel miocaso, la lettera con cui il mio partito miinvitava a prendere parte alla delegazione aMosca, dirò io adesso che questa letteradiceva presso a poco così: Al Congresso diMoscasidiscuterà ilproblemadella fusionedei due partiti: in seno al partito si sonomanifestate determinate correnti: tu ed altricompagni, come rappresnetanti di una ten-denza che si è manifestata nelle discussioniprecedenti in seno al nostro partito, sieteinvitati ad esporre a Mosca le vostre ideeche avete già espresse a Torino, a Milanoecc.: dicci se accetti di andare a Mosca aquestoscopo. Enoi abbiamo rispostoaffer-mativamente. Questa lettera dovrebbe es-sere l’atto di nascita, non dico dell’associa-zione a delinquere ma della nostra entrata afar parte di una associazione a delinquere.

Ma vi è poi un documento, che è il soloche riguardi la mia persona per quanto ioricordi in questo momento, e che è statorichiamatodall’on.Modigliani: lamialetteraall’on.Graziadeichespiegaabbastanzabenela situazione. In questa lettera io dico: holetto il tuo articolo sulla fusione, concotdocon te; ti prego, siccome anche tu sei statodesignato, di venire a Mosca perchè insie-mepotremomegliosostenere lenostre idee.

E a questo proposito, poichè l’on. Mo-digliani ha creduto di fare un accenno anostre divergenze, io tengo a dichiarare chenoi possiamo in seno al nostro congresso,nelle nostre sezioni, nelle epoche riservatealle nostre discussioni, dire sempre ed am-piamente il nostro pensiero; ma per quantoriguarda la propaganda pubblica, che è og-getto del giudizio odierno del Tribunale,essa è una sola: come il nostro compagnoBordiga ha dichiarato, non esisteva unapropagandapubblica distinta dauna propa-ganda sediziosa. Noi dichiariamo ancorache per il Partitocomunista nonvi è che unapropaganda sola possibile, che accomunainsè ledirettivee le correnti tutte del partitoconsacrate dai congressi.

La faccenda del comitato di fusione ri-guarda mee il Gramsci. Ebbene, signori delTribunale, è acquisito, perchè l’ho vedutoscorrendo gli atti, è acqusito al materialedegli atti del processo il resoconto steno-grafico delQuarto Congresso dell’Interna-zionale Comunista pubblicato giorno pergiorno durante il congresso stesso e daessorisultachiaramentecomequestoComi-tato di fusione fu nominato in seno al Con-gresso dalla commissione italiana che esa-minava il problema della fusione. Non visarebbenulla di disonorevole, se fosse sta-tounaemanazionedel nostroComitatoEse-cutivo; ma in fatto non è stato così. Furono

nominate sei persone; tre socialisti e trecomunisti che nel congresso avevanoespresso il pensiero di determinate correntidi idee in propsito. Vi è in atti anche ildocumento di nascita di questa commissio-ne e credo impossibile stabilire un qualun-quecollegamentofral’attivitàlegittimaespli-cata da questa commissione ed una even-tuale associazione a delinquere.

Signori del Tribunale, diconogli alpini-sti che, quando un gruppo di uomini saleuna montagna ed una parte di essi è inpericolo,glialtri taglianolacordapervederedi salvarsi. Questo spettacolo noi non lovogliamo dare; noi non sentiamo il bisognodi darlo, perchè la corda che ci lega non èquella dell’associazione a delinquere: lacorda che ci lega è quella dei nostri rapporticol partito e questi precedono il vostrogiudizio e, se mai, saranno ravvivati dalvostrogiudizio.Lacordacheci legaètroppoforter e nulla la potrà spezzare. Perchè?Perchè noi accettiamo tutte le responsabili-tà che derivano dalle attività del nostropartito. E non possiamo accettare l’esisten-za di questa pretesa associazione a delin-quere, per una ragione moltosemplice: per-ché la nostra adesione al partito comunistaè un’adesione consapevole. Noi sapevamociò cui andavamo incontro aderendo al par-tito comunista.

Diròdipiù. Ioeimieicompagniconside-riamo la nostra iscrizione al partito come ilfattopiù importantedellanostravita,perchèessa rappresenta la risposta che nell’intimodella sua coscienza ognuno di noi ha dato alproblemachegli si èpresentatofindalprimomomento in cui è uscito di casa sua ed hacercato di ficcare gli occhi nel campo deifenomeni sociali incuidoveva prendereunaposizionedi militante.

Noi respingiamoleresponsabilitàgiuri-diche che verrebbero fiddate dalla nostracondanna, appuinto perchè esse sono in-cluse in questo concetto dell’associazionea delinquere, che ci ripugna, che ci ripugnaal nostro senso morale, perchè include in sèquealche cosa che è estraneo ai nostri fini,alla nosra tattica, qualche cosa di cui asso-lutamente non ci sentiamo partecipi.

Anche per questo noi vi chiediamo lanostra assoluzione, perchè la condanna chevoi ci dareste non ci lascierebbe nemmenola soddisfazione di subire quelle sanzionimotivate dalle effettive nostre responsabi-lità, sanzioni che siamo disposti ad accetta-re, perchè ciascuno di noi ha nel propriobilancio personale un sufficiente fondo diriserva per la taglia che si deve pagare perconservarefedeallapropria causa ancheneimomentidimaggiorepersecuzione,dimag-giore pericolo: la vostra condanna non cilascierebbe nemmeno questa alta soddisfa-zione, di pagare di persona, liberamete edapertamente, per le nostre vere responsabi-lità.

DICHIARAZIONIDELL’IMPUTATOBORDIGA

Non intendo affatto di approfittare lar-gamente del diritto concesso ad ogni impu-tato di avere la parola prima della sentenza.Avrei voluto ritornare sulla confutazionedell’Accusacircaparecchipuntidi fatto,main fondo dovrei ripetere quanto è stato giàtrattato largamente dal Collegio di difesa, evi rinunzio, cometacerò sualcunealtrecoseche pure resterebbero da aggiungere.

Debbo solo ripetere senza voler rifaretutta la esposizione dell’argomento che èmoltocomplicato,lamiariserva relativaalladecifrazione dei documenti criptografici.Ripteo questa riserva perchè si sta qui perstabilireunprecedentecheavrà importanzanotevole per la sua portata giuridica. Nonmancherà forse occasione per discutere piùafondoildelicatoproblema:maiovogliooradire soltanto che il rappresnetante dellaPubblica Accusa, quando ha richiamato ilmioprimoragionamento,nonloha riprodot-to in moso esatto. Nè io lo riprendo ora.Accenno solo che io non contesto che,quando si viene in possesso di un docu-mento criptografico e nello stesso tempo, ilsuo possessore fornisce la chiave e spiegail procedimentoper la decifrazione, la spie-gazionecosì trovata abbia carattere innega-bile di autenticità. Quando però una spieg-zione viene data, come nel caso nostro,partendodalsolotestocriptografico(amezzodi complicate manovre che io so benissimocome si fanno, ma sulle quali nonmi soffer-moora) senzapossedere la rivelazionedellachiave, io contesto che la spiegazione cosìottenuta sia certamente quella autentica,perché quella spiegazione non è la solapossibile, ma si possono trovare tre, quat-tro, cinque spiegazioni di uno stesso docu-mento criptografico. E dimostro che anchenel caso di trovare per più criptogrammi lastessa chiave, sussiste la possibilità dellaspiegazioneplurima.Horipetutaquestamiariserva, perchè mi pare che il problema giu-ridico che deve essere risoluto, sia moltoimportante e, per risolverlo, si deve neces-sariamente tenere conto esatto delle pre-

messe tecniche e matematiche.A questo proposito voglio accennare

soltanto che tutta questa materia delle deci-frazioni e del lavoro illegale i genere, del-l’uso di recapiti segreti e di sistemi conven-zionali di scrittura, più che in materia didiscussione giudiziaria, è materia ed operadipolizia;edèanzi logicochequestamateriasia stata deferita ai funzionari che sonovenuti qui come testi ed a cui non si è volutariconoscere la qualità di periti, in quantodovrebbe esistere - non voglio dire unaomertà, poiché la parola ripugna a me perprimo-madiunaspeciedi tacitaconvenzio-nesuunacerta esclusionedicolpi fra coloroche, trattando questa materia delicatissimaed... esplosiva, si combattonodalleoppostesponde. Potrei accennare all’argomenro dicui si è servita l’Accusaper stabilire l’auten-ticità delle famosecircolari Loris cheparla-vanodirilevazionedielementimilitari,quan-do ho detto che si sono trovate in quattroposti diversi: poiché abbiamo trovato que-ste circolari in quattro posti diversi - dicel’Accusa - inviativiconquegli stessi indiriz-ziconvenzionali cheabbiamotrovato inunacerta rubrica sequestrata a Roma, è impos-sibile che si siano date tante coincidenze dapermettere che si fabbricassero da parte dichicchessiasimilicircolari false.Sipotrebbesviluppare l’ipotesi fatta da Modigliani,senza bisogno di supporre che nel seno delnostro partitovi fosseroagenti provocatori,ma pensando all’intervento della polizia edall’errorediunnostro inviato(unodei famo-si fenicotteri!...) che dovesse fare la lineaCosenza-Reggio Calabria- Messina-Paler-mo, echealla stazionediTorreAnnunziata,o di Caserta o di Cassino, sia caduto nellemanidella poliziaedabbiaperdutoundocu-mento in cui per combinazione fossero queiquattro indirizzi. Voi comprendete che iodovrei preferire di essere condannato a varianni di galera piuttosto che portare qui adeporre questo compagno che lavora ille-galmente: una tale situazione si presenta asolo svantaggio nostro, ma nel vasto qua-dro del duello permanente tra l’azione rivo-luzionaria e quella della polizia politica en-trano tanti altri paesi ed altri momenti in cuilo schiacciante vantaggio può passare anoi. E perciò non è una omertà quella che ioinvoco, ma una naturale esclusione di colpichesi stabilisce,direiquasi tecnicamente, inquesta materia. Se indagini bastae sulladecifrazionedicriptogrammidevonofarsi sirinunziadare lorounavakiditàgiuridicachenon possono avere e si eviterà anche così diporre a nostra disposizione tutto il relativomateriale. Se la polizia ci crede, userà delledecifrazioni per procurarsi con esse provepiù serie ed eviterà così di avvertirci delleregiole e delle chiavi che ha potuto scoprirenon permettendoci come ora è avvenuto diripararae autonomamente tutta la rete dicomunicazioneestudiare, comenel carcereabbiamo potuto fare, i nuovi sistemi cheresisteranno a ulteriori suoi tentativi. Conquesto noi non domandiamo, lo si vede,nessuna concessione unilaterale all’avver-sario.

Fatta questa riserva anche perché credochelasentenzacheilTribunalesiaccingeademettere,considereràforseper laprimavoltaquesto delicatissimo problema dei docu-menti criptografici, nonmi dilungo su altrecircostanze. Una soltanto mi sia permessoricordare; l’assunto, cioè, dell’oratore del-l’Accusa chenoi disponevamodei cospicuimezziperil finanziamentodell’asseritaasso-ciazione a delinquere. Egli ha sostenuto,piuttosto di passaggio, con la sobrietà cheha distinta la sua discussione, che si tratta-va di mezzi superiori a quelli che occorronoperpagaregli impiegati. Comelodimostra?Questa è una presunzione. Dove è la prova?Chidicefinoaquandoqueimezzicidoveva-no bastare? Forse domani stesso verrannofuori documenti, da cui risulterà che quellasomma era insufficiente alle nostre esigen-ze. La nostra Relazione al Congresso diRoma a cui il P.M. ha voluto attingere ele-menti di accusa contiene anche in una pagi-na l’elencodei nostri impiegati a quell’epo-ca; elenco da cui appare che gli stipendi alpersonale erano, non la sola partita di speseche noi dovevamo sopportare, ma una dellepiù importanti e che poteva assorbire unaquotanotevolissima della somma indiscus-sione se pensiamo a un periodo anche dipochi mesi. Il rappresentantre dell’accusapotrebbe dire che al momento del nostroarrestro l’efficienza del nostro partito eradivenuta minima, anche perché noi nonavevamopiùgiornali:ma ioglidimostrochenoi avevamo passità derivate dal periodoprecedente e dovevamo esitinguere debitienormi. La sola nostra stampa aveva avutoun movimento amministrativo di milioni emilioni e ci aveva lasciato fortissime passi-vità. Quindi non è possibile assumere che ildenaro sequestrato eccedesse le ordinarienecessità del partito.

E quando l’Accusa cita un documento,cheèunamissivadameindirizzataaMosca,con cui io chiedevo le poche lire necessarieper ladifesadell’organizzazionedelpartito;

e quando poi cita un altro documento in cuinoidiciamoche lacosa più importanteper ilpartito in quel momento non è la propagan-da,ma lanostra ricostituzioneorganizzativainterna; dovrebbe concludere che se pochelire soltanto ci bastavano per i compiti piùimportanti, è da escludere che per la ipote-tica propagandasediziosa si fosseroallesti-ti mezzi cospicui? Insisto su questo argo-mento del denaro catturato che mi interessaquanto la mia persona e quella dei mieicompagni: le sterline che sono state comn-vertite in lire attraverso un cambio del tuttoarbitrario, appartengonoal nostropartitoedal nostro partito debbono essere restituite,perché servono alla sua attività che non èattività criminosa, anche se noi dovessimoessere condannati.

Perconcluderedevodichiararechedopotutta la discussionenonsi è riusciti a formu-lare logicamente l’accusa che ci viene mos-sa. Domani voi ci condannerete ma non ciavrete convinti. Il rappresentante dell’Ac-cusa ha voluto rispondere direttamente aquesto proposito, alle mie argomentazioni.Maegli hacosì citato ilpensieromioformu-latonelprimointerrogatorio: noi nonabbia-mo bisogno di costituire un’associazionesediziosa per fare propaganda, in quantoche è notorio quello che è il contenuto dellanostra propaganda; ma ciò chenoi abbiamovoluto costituire in segreto è stato solo ilmeccanismo della propaganda. Questo nonè esattamente quanto io dissi.

Io ho detto invece che abbiamo avutobisogno di nascondere il meccanismo del-l’organizzazione; ma sarebbe illogico cheavessimo pensato a nascondere il meccani-smo della propaganda, perché sarebbe inu-tile e sciocco creare il segrerto attorno alledirettive della propaganda destinato non apochi iniziati,maa tutti colorochegià fannoparte del partito, anzi a tutto il pubblico diamici edavversari, col quale il meccanismodella propaganda è destinato proprio adentrare in contatto.

Quindi la propaganda è stata semprepubblica;pubblicoilsuomeccanismo;men-tre solo il meccanismo dell’organizzazioneinterna del Partitop è stato tenuto segreto eripetolosarebbequellodella eventualepre-parazione insurrezionale a tempo opportu-no.

Perchiariremegliolacosaelasuperfluitàdiunmeccanismoclandestinodiròadesem-pio, cheionellamia esperienza personaledipropagandista ho sempre avuta la stessa,dirò così, attrezzatura prima di divenireunodei dirigenti del Partuto, fin da quando hocominciato ad avere un’opinione e ad avereunafunzionenelmovimentoproletario.Anziquando io sono diventato un dirigente delPartito, lapossibilitàdicontatti conlemasseè andataper lebennotecircostanze, restrin-gendosi; ma la natura della predisposizionechemioccorrevaper fare lapropagandanonha mai avuto bisogno di mutare.

Chi sa mai quante volte volte io avròcommesso il reato di cui all’art. 247 delcodice penale pel quale del resto fui altravolta processato quando non esisteva quel-la che dovrebbe essere la piattaforma del-l’attuale associazione a delinquere, cioé ilPartitoComunista!Damoltianninoirappre-sentavamo la corrente di sinistra del PartitoSocialista, fin da allora avevamo gli attualiprincipii eci scandalizzavamo,peresempio,che vi fossero nel Partito nostre tendenzeche sostenevano opinioni corrispondenti aquelle che tuttora rappresenta l’on. Modi-gliani ed opponevamo alla propaganda diquelle tendenze la stessa propaganda cheoggi noi facciamo. Per organizzareuncom-plotto, una cospirazione, una rivoluzioneoccorreva un partito comunista indipen-dente, autonomo e capace di inquadrare ilproletariato; ma per quel che riguardava lapropaganda, fosse essa criminosa o no, nonoccorreva un meccanismo speciale: basta-va a me anche allora il mio cervello e la miavoce e la mia penna e, per fare propaganda,io non avevo bisogno di consultare alcuno,di intendermiconalcuno, conoscendocomeognialtrogregario lapiattaforma deiprinci-pii.

Il mio ragionamento, dunque, sussiste,malgrado le obbiezioni del rappresentantedella pubblica Accusa. Noi non abbiamovisto configurare dalla parrte avversariaquello che sarebbe stato in concreto la «as-sociazione»,di cuici saremmoresicolpevo-li.Abbiamosentitofarequestoragionamen-to: se questa associazione esisteva, Tiziodoveva farne parte. Ma questa formula nonè preceduta da alcuna ipotesi che possa darfondamentoallaprimapartedel sillogismo;per cui noi siamo come nella situazione disudditi di unostatocheabbiano le lorocartedicittadinzainperfettaregola,gliattidistatocivile in perfetto ordine, con questo, però,che non si sa se quello stato esiste, come edove il suo territorio si ritrovi sulle cartegeografiche o sulla superficie del pianeta.Nessuno definisce questa famosa associa-

( Segue a pag. 10 )

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IL COMUNISTA N° 101 - Settembre 200610

Il programma del Partito comunista internazionaleIl Partito Comunista Internazionale è costi-

tuito sulla base dei seguenti principi stabiliti aLivorno nel 1921 alla fondazione del PartitoComunistad’Italia (SezionedellaInternazionaleComunista).

1.Nell’attuale regimesocialecapitalistico sisviluppa un sempre crescente contrasto tra leforze produttive e i rapporti di produzione,dando luogo all’antitesi di interessi ed alla lottadi classe fra proletariato e borghesia dominante.

2. Gli odierni rapporti di produzione sonoprotetti dal potere dello Stato borghese che,qualunque sia la forma del sistema rappresenta-tivo e l’impiego della democrazia elettiva,costituisce l’organo per la difesa degli interessidella classe capitalistica.

3. Il proletariato non può infrangere né mo-dificare il sistema dei rapporti capitalistici diproduzione da cui deriva il suo sfruttamentosenza l’abbattimentoviolentodelpotereborghe-se.

4.L’organo indispensabiledella lotta rivolu-zionaria del proletariato è il partito di classe. Ilpartito comunista, riunendo in sé la parte piùavanzata e decisa del proletariato, unifica glisforzi delle masse lavoratrici volgendoli dallelotte per interessi di gruppi e per risultati contin-genti alla lotta generale per l’emancipazionerivoluzionaria del proletariato. Il partito ha ilcompitodidiffonderenellemassela teoriarivolu-zionaria,diorganizzareimezzimaterialid’azione,

di dirigere nello svolgimento della lotta la classelavoratrice assicurando la continuità storica el’unità internazionale del movimento.

5. Dopo l’abbattimento del potere capitali-stico il proletariato non potrà organizzarsi inclasse dominante che con la distruzione del vec-chio apparato statale e la instaurazione dellapropria dittatura, ossia escludendo da ogni dirit-to e funzione politica la classe borghese e i suoiindividui finché socialmente sopravvivono, ebasando gli organi del nuovo regime sulla solaclasse produttiva. Il partito comunista, la cuicaratteristica programmatica consiste in questafondamentale realizzazione, rappresenta orga-nizzaedirigeunitariamenteladittaturaproletaria.LanecessariadifesadelloStatoproletariocontrotutti i tentativi controrivoluzionari può essereassicurata solo col togliere alla borghesia ed aipartiti avversi alla dittatura proletaria ogni mez-zo di agitazione e di propaganda politica e con laorganizzazione armata del proletariato per re-spingere gli attacchi interni ed esterni.

6. Solo la forza dello Stato proletario potràsistematicamente attuare tutte le successive mi-sure di intervento nei rapporti dell’economiasociale, con le quali si effettuerà la sostituzioneal sistema capitalistico della gestione collettivadella produzione e della distribuzione.

7. Per effetto di questa trasformazione eco-nomica e delle conseguenti trasformazioni ditutte leattività della vita sociale, andrà eliminan-

dosi la necessitàdello Stato politico, il cui ingra-naggio si ridurràprogressivamenteaquellodellarazionale amministrazione delle attività umane.

* * *

La posizione del partito dinanzi alla situa-zione del mondo capitalistico e del movimentooperaiodopolasecondaguerramondialesi fondasui punti seguenti.

8. Nel corso della prima metà del secoloventesimo il sistemasociale capitalisticoèanda-to svolgendosi in campo economico conl’introduzionedei sindacati padronali tra i datoridi lavoro a fine monopolistico e i tentativi dicontrollare e dirigere la produzione e gli scambisecondo piani centrali, fino alla gestione stataledi interi settori della produzione; in campo po-litico con l’aumento del potenziale di polizia emilitaredelloStatoedil totalitarismodi governo.Tutti questi nonsono tipi nuovi di organizzazio-ne sociale con carattere di transizione fracapitalismo e socialismo, né tanto meno ritorni aregimi politici pre-borghesi: sono invecepreciseforme di ancora più diretta ed esclusiva gestionedel potere e dello Stato da parte delle forze piùsviluppate del capitale.

Questo processo esclude le interpretazionipacificheevoluzionisteeprogressivedeldiveni-re del regime borghese e conferma la previsionedel concentramento e dello schiramento

antagonisticodelleforzedi classe.Perchépossa-no rafforzarsi e concentrarsi con potenzialecorrispondente leenergie rivoluzionariedelpro-letariato, questo deve respingere come suarivendicazioneemezzodi agitazione il ritornoalliberalismodemocraticoe la richiestadi garanzielegalitarie, edeveliquidarestoricamente ilmeto-do delle alleanze a fini transitori del partitorivoluzionario di classe sia con partiti borghesi edi ceto medio che con partiti pseudo-operai aprogrammariformistico.

9. Leguerre imperialistemondiali dimostra-no che la crisi di disgregazione del capitalismo èinevitabileper ildecisivoaprirsidelperiodoincuiil suo espandersi non esalta più l’incrementodelle forze produttive, ma ne condizional’accumulazione ad una distruzione alterna emaggiore. Queste guerre hanno arrecato crisiprofonde e ripetute nella organizzazione mon-diale dei lavoratori, avendo le classi dominantipotuto imporre ad essi la solidarietà nazionale emilitarecon l’unoo l’altro schieramentodi guer-ra. Lasola alternativa storica daopporre a questasituazione è il riaccendersi della lotta interna diclassefinoallaguerraciviledellemasselavoratriciper rovesciare il potere di tutti gli Stati borghesie delle coalizioni mondiali, con la ricostituzionedel partito comunista internazionale come forzaautonoma da tutti i poteri politici e militariorganizzati.

10. Lo Stato proletario, in quanto il suo

apparato è un mezzo e un’arma di lotta in unperiodo storico di trapasso, non trae la sua forzaorganizzativadacanoni costituzionali eda sche-mi rappresentativi. La massima esplicazionestorica del suo organamento è stata finora quelladei Consigli dei lavoratori apparsa nella rivolu-zione russa dell’Ottobre 1917, nel periodo dellaorganizzazione armata della clsse operaia sottola guida del partito bolscevico, della conquistatotalitaria del potere, della dispersione dell’as-semblea costituente, della lotta per ributtare gliattacchiesterni deigoverni borghesi eperschiac-ciareall’internolaribellionedelleclassiabbattute,dei ceti medi e piccolo borghesi e dei partitidell’opportunismo, immancabili alleatidellacon-trorivoluzione nelle fasi decisive.

11.Ladifesadelregimeproletariodaipericolidi degenerazione insiti nei possibili insuccessi eripiegamenti dell’opera di trasformazione eco-nomica e sociale, la cui integrale attuazione nonè concepibile all’interno dei confini di un solopaese, può essere assicurata solo da un continuocoordinamento della politicadello Stato operaiocon lalottaunitaria internazionaledelproletaria-to di ogni paese contro la propria borghesia e ilsuo apparato statale e militare, lotta incessantein qualunque situazione di pace o di guerra, emediante il controllo politico e programmaticodel partito comunista mondiale sugli apparatidello Stato incui la classe operaiaha raggiunto ilpotere.

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Siberia: si schianta al suolo un Airbus- 140 morti, 60 sopravvissuti -

L’aereo era un Airbus 310 della SibirAirways, una delleoltre600 compagnieae-ree incui si è frantumata lavecchiamonopo-listaAeroflotdi sovieticamemoria. Velivoliobsoleti, manutenzione inesistente: non èun’affermazioneazzardata di qualchevete-romarxista recidivo, è quello che scrivonocon tragica semplicità tutti i giornali (1).

L’aereo parte da Mosca, e con un volodi 5000 km raggiunge Irkutsk, ai bordi delLago Baikal, meta turistica di grande rino-manza. Irkutsk ha inveritàuna tristefama, èun aeroporto fra i più temuti dai piloti: pistatroppo corta, troppe case nelle vicinanze.Nel 1997, un aereo da trasporto An-124Ruslansi schiantò 20 secondi dopo ildecol-lo su un gruppo di case, 72 morti. Nel 1999,stesso incidenteevitato«per miracolo».Nel2001 un aereo di linea russo cadde durantel’atterraggio, morirono tutte le 145 personeabordo.Oral’Airbus310dellaSibirAirways.

«Le compagnie russe non acquistanomai aerei di prima mano» afferma un inge-gnere esperto del settore intervistato da «il

Che dice il nuovo “programma comunista”dei nuovi concorsi per diventare

“dottore in bordighismo” indetto dallaFondazione Amadeo Bordiga?

Otto anni fa, alcuni intellettuali cosid-detti “di sinistra” insieme ai capi del nuovo“programma comunista”, dettero vita allafamigerataFondazioneAmadeoBordiga.Sipuò leggere la nostra ferma critica a questainiziativasu“ilcomunista”n.71-72del2000nell’articolo intitolato: “Costruttori e ado-ratoridi icone inoffensive all’opera:è natala Fondazione Amadeo Bordiga”.

Ribadiamociòchealloradenunciavamochiaramente: aver partecipatoalla nascita eall’attività di questa Fondazione ha irrime-diabilmente trasformato i capi del nuovo«programma comunista» in strumentidell’opportunismo. Il fatto che a questainiziativa i capi del nuovo «programmacomunista»abbiamo dato, e diano, (come èstato dichiarato da altri esponenti del loropartito) ilproprioapporto«a titolopersona-le» non attenua la gravità della posizioneassunta.Di più, il fattocheil loropartitononabbia mai preso posizione pubblicamentecontroquestotipodi iniziativa -comeavreb-be dovuto esserenaturaleper chi si dichiaraerede della Sinistra comunista - dimostranon solo l’imbarazzo per non sapere comegiustificare la mancata espulsione dall’or-ganizzazionediquei loromilitanti,maanchela sua attitudine profonda all’individualis-moche,d’altraparte,èemersanettamente inquesto gruppo fin dalla crisi esplosiva delpartitonel1982-1984.

Che cos’è se non individualismo la «li-bera scelta» da parte dei militanti ad inizia-tive non coerenti con le indicazioni di parti-to? Che partito è quel partito che lascia iproprimilitanti liberidisvolgereiniziativeedattività del tutto contrarie a quelle che ilpartito dichiara apertamente di svolgere?

Dachegeneredimilitanti ècompostounpartito del genere?

Se oggi, ad un gregario o a un capo, silascia la libertà di decidere per conto pro-

prio,aldifuoridelladisciplinapoliticaeorga-nizzativa di partito, di partecipare ad unaFondazione o a una qualsiasi iniziativa chenon risponda aicriteri vincolanti delle lineepoliticheetattichedelpartito,domani,quan-do la situazione sociale sarà più tesa e latemperaturadella lotta proletaria salirà, chefinefarà ladisciplinapoliticaeorganizzativadi cui il partito avrà estremamante bisognoper combattere le forze avversarie e perinfluenzare e dirigere la lotta proletaria diclasse? Il partito che non agisce con ferreadisciplina - richiamata molte volteda LeninedallostessoAmadeoBordiga - èunpartitovotato alla sconfitta, unpartito che non saràmai in grado di rappresentare ed esserel’unicaguida rivoluzionariadel proletariatointernazionale. La battaglia che la sinistracomunistaportònell’InternazionaleComu-nista affinché essa desse alle famose 21condizioni d’adesione un carattere moltopiù deciso e intransigente di quel che laprima stesura esprimeva, non ha proprioinsegnato nulla ai superpuristi del nuovo«programma comunista»?

La Fondazione Amadeo Bordiga ha re-centemente indetto un paio di concorsi,con borse di studio, aperti a»studiosi ita-liani e internazionali», sempre incentratisul personaggio Amadeo Bordiga. Il co-siddetto «partito comunista internaziona-le-programma comunista», da parte sua,continua vergognosamente a tacere. Evi-dentemente condivide il fatto che suoimilitanti e futuri «dottori in bordighismo»partecipino alla trasformazione di un mili-tante rivoluzionario, che per l’anagrafeborghese risponde al nome di AmadeoBordiga, in icona inoffensiva. A quandole gite per visitare «la casa dove visseAmadeo Bordiga», a quando il primo mat-tone del mausoleo a lui dedicato? La dege-nerazione non ha proprio mai fine.

Giornale» (2), «e la nostra flotta aerea è lapiù vecchia fra quelle dei paesi sviluppati.Solo lo 0,3% del parco velivoli viene rin-novato annualmente, una media 20 volteinferiore a quella degli altri paesi indus-trializzati». A compagnie che acquistanoaerei nuovi per le proprie flotte fanno dacontraltare le compagnie che acquistanoaerei di seconda o terza mano; secondo lalogicadelprofittocapitalisticoedell’impre-sa capitalistica se vi è convenienza ad ac-quistare aeromobili nuovi di zecca li si ac-quistano, sennò ci si dota di aeromobili giàusati e li si mette in qualche modo in condi-zioni di volare. Lo scopo principale è laredditività dell’impresa, quindi il profitto,non il servizio insé, e tantomeno la sicurez-za.Lasicurezza, laprevenzione, sonoridot-teaiminimiterminifindall’inizio,nell’indus-tria di produzione: è ovvio che la catenadell’insicurezza, della prevenzione inesis-tente, si svolgadamonteavalle.Aimorti sullavoro corrispondono i morti sulle vie dicomunicazione, a partire dalle strade cheraccolgono migliaia e migliaia di mortiall’anno, perproseguire sullerottedelmaree del cielo.

E’ la logicadelprofittocapitalisticochemuove ildestinodelleaziendee la vita dellepersone: uccidiamo la logica del profittocapitalistico, quindi il modo di produzionecapitalistico, e finalmente gli uomini vi-vranno, nella sicurezza enellagioiadi vive-re!

(1) Cfr LaStampa, 10 luglio2006.(2)Cfr ilGiornale, 10 luglio2006.

Reprint «il comunista»Un nuovo opuscolo di 60 pagine

«Sulla formazione

del partito di classe»Sommario

- Sulla questione della formazionedel partito dopo la crisi esplosiva del1982-84 del «partito comunistainternazionale--/--programmacomunista», in Italia e altri paesi-Appendice: Il vecchio Bruno Maffise n’è andato

( Preso : 3 Euro)

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Le battaglie della Sinistra comunista (Fine)

1923. Il processo ai comunisti in Italia

zione: si pretendeperò didefinire la respon-sabilità di ciascuno di noi per avervi appar-tenuto.

Noi abbiamo acceduto a questa discus-sione di fatto, più che altro perché essa ciinteressa, come diceva prima il compagnoTasca, da un punto di vista superiore disoddisfazione intellettuale e direi quasi ac-cademico, da un punto di vista da cui ci sipuò interessare di tutto. Da questo punto divista superiore, abbiamocontribuito adunadiscussione obbiettiva della causa senzafarci preoccupare dall’eventualità che lavostra sentenza sia in un senso o nell’altro.La nostra posizione attuale, per la modestaportata dell’imputazione e altre note circo-stanze è addirittura banale; ed io non hochiesto laparolaperassumereatteggiamen-ti melodrammatici, per prendere posizionedelmartire,per faredella réclameallenostrepersone. No. Noi non crediamo che a prioriil martireabbia sempre ragione.

Infatti neghiamo che al di sopra dellacontesa sociale e politica possano esservidei punti di intesa e concorde superiorevalutazione; noi non ci rifugiamo in quelconcettochequalcheoratoredella difesa hainvocatomchevienetradizionalmente invo-cato in ogni processo politico: quello della

storia che giudica in ultimo appello e asso-olve sempre il condannato per reati di pen-siero politico. No, signori: è vero che lastoria giudica in ultimo appello tutti i nostriatti, ma la storia potrebbe anche giudicaresfavorevolmente i giudici che assolvesserpin un processo politico. Noi non accettiamoquesto concetto che si debba, in nome diprincipii immanenti, assoluti, avere l’asso-luzionediogni militantepoliticosottopostoagiudizio.

Noipensiamoche, seèverociò incuinoicrediamoconcertezzadi ordinescientifico,checioè lenostreprospettiveprogrammati-che - non in quanto siano idee uscite dallamente di un dio, o dalla mente di un eroe, ocomunqueinsitepercausetrascendentinellamente di uomini - ma in quanto sono forzemotricicheeromponosicuramentenell’evol-vere della realtà storica - rappresentanoveramente il divenire della società, questedirettive debbono trionfare malgrado ognipersecuzione e condanna. Ma se fosse peravventura vero quanto assumono oggi inostri avversari trionfanti che cioè possie-dono essi la chiave dell’avvenire e che conla sconfitta materiale noi siamo stati gettatifuori dalla conquista delleviedella storia didomani, allora noi saremmo davvero deinaufraghi illusienessuna posterità riscatte-rebbe una nostra condanna.

Ma noi sappiamo che questo non è, chela nostra dottrina è in piedi e che la nostraazionetroverà leviedellarivincita;esoloperquesto non già in nome della libertà di pen-siero, non in nome di questa formula demo-cratica, borgehse, che giudichiamo tantosfavorevolmente quanto l’oratore dell’Ac-cusa affermiamo che una nostra condannanon impedirà la vittoria avvenire del nostroPartito.

Noi noncrediamoalla funzionedei mar-tiri, degli eroi, dell’élites di uomini di ecce-zione. Sentiamo di essere rappresentanti diun partito poltiico che è l’organo della mis-sione storica della classe proletaria, ci sen-tiamoesponentidel proletariatonel conflit-to incancellabile fra le opposte classi, stru-menti a disposizione di questa funzionecollettiva. Ci si èminacciati di volerci spez-zare la schiena: noi resisteremo del nostromeglio ma non sappiamo che ne verrà: è ilproblema della resistenza di un utensile.Potremmo, forse,desideraredei rapportipiùcomodi per le nostre persone, ma questonon ha importanza. Quello che importa è ilrapportorealedi forza tra noiegli avversari.La realtàè che inquestomomentonoi siamo

degli sconfittieci troviamoinunasituazionedi inferiorità. Non si tratta di appoggiare suastrazioni di unvuoto liberalismo un nostrodiritto ideale ad essere risparlianto: a noibasta dire senza spavalderia che liberi oggiopiù tardi continueremoa lavorarepercam-biare quei rapporti effettivi ora a noi sfavo-revoli e per invertirli un giorno.

(Fine)

La sentenza pronunciata dal Tribuna-le penale di Roma il 26 ottobre 1923,contro i 31 imputati, tra cui Bordiga, For-tichiari,Terracini,Grieco, Gramsci,Tascae gli altri, assolse «per insufficienza diprova in ordine al reato loro ascritto» - ecioè quello previsto dall’articolo 251 delCodice Penale di allora (associazione adelinquere, «diretta a fare pubblicamentel’apologia dei fatti che la legge prevedecome delitti e ad incitare pubblicamente,anche a mezzo della stampa, alla disobbe-dienza della legge, all’odio fra le classisociali, in modopericoloso per la pubblicatranquillità»).

( da pag. 9 )