ORDINE DEI GIORNALISTI LOMBARDIA CONSI
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424 ORDINE DEI GIORNALISTI LOMBARDIA
CONSI<tLIO DI DISCIPLINA TERRITORIALE
Prot. nr. l l 15 . MUIUlO 10 l 07 2015
ONOREVOLE CONSIGLIO REGIONALE
DELL' ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA
PROCEDIMENTO DISCIPLINARE-PROT. N. 334/15/TF/at
AUDIZIONE DEL 20 LUGLIO 2015 ore 11.30
MEMORIA DIFENSIVA
Per
Il Sig. Roberto PAPETTI, giornalista professionista, iscritto all'Ordine deì giornalìstì
della Lombardia, tessera n. 46899, in qualità di direttore responsabile del quotidiano "il
Gazzettino", residente in via San Marco n.2476 - 30124 Venezia, assistito nel presente
procedimento disciplinare dall'Avv. Fabrizio Spagnolo
FATTO
Con raccomandata alr il Consiglio dell'Ordine Regionale della Lombardia, vista la
delibera no.4/2015 del Consiglio dell'Ordine Regionale del Veneto, comunicava al sig.
Roberto Papetti di aver deliberato l'apertura d'ufficio del procedimento disciplinare per
verificare se vi fosse stata violazione dell'art.2 della Legge del3 febbraio 1963 n. 69 (di
seguito, per brevità, la "Legge professionale") sotto il profilo della lealtà e buona fede,
della Carta di Roma, nonché dell'art.9 del Codice di deontologia relativo al trattamento
dei dati personali nell'esercìzio dell'attività giornalistica. Nello specifico il Consiglio
intende accertare se nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano "il
Gazzettino", autorizzando la pubblicazione, in data 2 novembre 2014, dell'articolo dal
titolo "Sorprende gli zingari in casa: pestato", a firma del giornalista Lorenzo Zoli, sia
incorso nella violazione del principio che "vieta la discriminazione per ragioni di razza
e consente al giornalista di fare riferimento alla razza e all'etnìa solo quindi tale
riferimento sia di rilevante interesse pubblico e a condizione che non sia
discriminatorio, né ingiurioso" dovendosi garantire "il rispetto della persona sotto il
profilo razziale".
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Con la presente memoria il Sig. Papetti contesta l'apertura del suddetto procedimento
disciplinare a suo carico per violazione dell'art. 2 della Legge professionale, della Carta
di Roma, nonché dell'art.9 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati
personali nell'esercizio dell'attività giornalistica e ne chiede la contestuale chiusura, in
quanto, dall'esame della delibera sopraindicata risulta inequivocabilmente che l'odierno
convenuto non ha in alcun modo violato le norme citate.
Una valutazione nel merito si rende necessaria per provare come l'azione del direttore
del quotidiano "il Gazzettino" rientri a pieno titolo nel legittimo esercizio del diritto di
cronaca.
Nel merito
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l. SULLA INESISTENZA DELLA presunta VIOLAZIONE DELL'ART· 2
DELLA LEGGE PROFESSIONALE
Come noto, l'art. 2 della Legge professionale recita "È diritto insopprimibile dei
giornalisti la libertà di infòrmazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di
legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto
della verità sostanziale dei fàtti. osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla
buona fede.
Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.
Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle
notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo
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spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori. e la
fiducia tra la stampa e i lettori. "
Ebbene non si vede come la pubblicazione dell'articolo citato possa avere integrato una
violazione del principio di lealtà e buona fede, imputabile al direttore Papetti.
L'articolo riportava, infatti, un fatto di cronaca, di cui era stato vittima un pensionato dì
Granzette, precisando che il tentativo di furto era stato compiuto "da due sconosciuti
malviventi, probabilmente zingari ." L'evento era narrato dal giornalista Zoli sulla base
delle informazioni raccolte presso le sue fonti. In quanto tale, l'articolo corrispondeva a
verità, intesa come verità conoscibile dal giornalista, attraverso un'opera diligente dì
raccolta delle informazioni e verifica della loro fondatezza, attraverso un'indagine
dell'attendibilità della fonte e una ricerca di elementi che confermino la notizia. Una
verità che si ammette essere anche putativa. A tal proposito si rammenta come ìn ambito
penale la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il rispetto dei principi di verità e
continenza si verifichi a condizione che il giornalista non faccia apparite come vera o
verosimìle la notizia criminis pubblicata, attraverso arbitrarie ggiunte o commenti.
Applicando il principio al caso de quo si rileva come il giornalista Zolì non abbia in
alcun modo operato "arbitrarie aggiunte o commenti", limitandosi a riportate i fatti cosi
come raccolti nell'immediatezza del fatto e presso le proprie fonti, dìlìgentemente
verificate . Il principio di lealtà e buona_ fede non può essere in alcun modo stato violato
dalla narrazione di una notizia vera (sic!).
Ebbene nulla al riguardo può essere contestato al direttore Papetti, con conse.guente
cristallina insussistenza di violazione dell'art. 2 della Legge Professionale.
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2. SULLA INESISTENZA DELLA PRESUNTA VIOLAZIONE DE.L PRINCIPIO
SANCITO DALLA CARTA DI ROMA E :OALLARI.9 DEL CODICE DI
DEONTOLOGlA RELATIO AL TRATTAMEISTO DEI DATI PERSONALI
NELL'ESERCIZIO DELL'ATTIVITÀ GIORNALISTICA
Anche la presunta violazione del principio di non discriminazione va affrontata e
verificata alla luce della veridicità della notizia, riportata fedelmente e scevra di
qualsivoglia commento o aggiunta arbitraria volta ad una stigmatizzazìone negativa,
derisoria, denigratoria, dispregiativa o altrimenti discriminatoria degli zingari da
parte del giornalista Zoli.
Sulla parola zingaro si è fatto un gran parlare negli ultimi anni nell'ambito di una
discussione volta a chiarire se il termine fosse offensivo o meno. Owìamente sono
state sostenute tesi completamente differenti ed opposte: aspetto che ha creato non
poca confusione, fraintendimenti e incertezza sull'utilìzzabilità del termìne. Se è
vero, infatti, che secondo alcuni si tratterebbe di una parola offensiva, per altri "è un
vocabolo della lingua italiana che in canzoni, libri e nel/ 'uso comunque, è attestato
da molto tempo, per lo più con accezione positiva, dimostrando così che non si
riferisce a persone estranee alla nostra tradizione".
Gli stessi vocabolari definiscono lo zingaro come una persona "appartenente a un
popolo nomade originario dell'India nord-occidentale, diffusosi nel corso dei secoli in
molti paesi asiatici, in Europa e in Egitto e in altri luoghi dell'Africa
mediterranea, caratterizzato da tratti somatici quali il colorito bruno-olìvastro e i
capelli e gli occhi particolarmente scuri e da ricche tradizioni culturali, che si
esprimono soprattutto nella musica e nella danza". In tale definizione vi è
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chiaramente una descrizione, ma in alcun modo una offesa né tanto meno una
discriminazione.
E che la parola non possa essere di per sé considerata dispregiativa e discriminatoria
vi sono le stesse testimonianze degli appartenenti a tale popolo. La testata nazionale
online della Repubblica del 22 maggio 2007 riportava un'inchiesta compiuta appunto
presso alcuni appartenenti a tale popolo; in essa si leggeva la dichiarazione di una
ragazza kosovara nata in Italia "Mi chiamo Belykize, nella mia lìngua era il nome
della regina di Saba. Ho 19 anni, sono zingara e ne sono fiera'', la quale ci porta ad
escludere una negatività intrinseca della parola. L'offensività semmai è nel
pregiudizio che può muovere chi utilìzza il termine, nelle sue ingiustificate ed
ingiustificabili stigmatizzazioni del diverso come qualcuno o qualcosa da temere,
deridere e disprezzare: aspetti che non si rilevano in alcun modo nello scritto dello
Zoli, a differenza di quanto si può dire invece per l'articolo redatto dal sig.
………… nella redazione online https://biancoenerored.wordpress.com. Il sig.
……….. presenta si al Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto la
segnalazione prot. 2307/2014 del 6/11/2014 relativa all'articolo del sig. Zoli,
mostrando una certa sensibilità al tema della discriminazione contro gli zingari,
ma poi incorre lui e solo lui in una stigmatizzazione discriminatoria dello zingaro,
laddove scrive "nessuna nota o specifica è data a spiegare il fatto che presunti
ladri siano stati "zingari" o "nomadi" (magari avevano le sottane lunghe, denti
d'oro, pelle scura e baffi a manubrio, fisarmonica o violino tzigano a
tracolla, pesante collana d'oro al collo)".
Una tale descrizione dello zingaro, fornita dal Sig. ….. appare a nostro avvìso
denigratoria, discriminatoria e dispregiativa! Il pregiudizio che il Sig. …… dimostra
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di avere nei confronti del popolo zingaro è disumano e inaccettabile per qualsivoglia
civiltà democratica. Peraltro diffondendo i suoi scritti per mezzo del web rende
concreto il delinearsi di un rischio di contagio delle sue gravissime idee dì
stigmatizzazione negativa di un popolo che vanta sue tradizioni) nonne e valori
(sic!). Per di più, risulta del tutto illogica l'affermazione, sempre a firma del … . . ,
secondo la quale sarebbe evidente che lo Zoli avrebbe utilizzato "i termini,
"nomadi" e "zingari", in modo spregiativo ed incitante ali 'odio, per definire le
persone di etnia Rom o Sinta." A nostro sommesso avviso una tale conclusione è
riferibile esclusivamente all'utilizzo che ne fa il Costa (sic!).
Il termine zingaro va perciò considerato nell'accezione in cui viene usato, non
potendosi concludere per una sua connotazione intrinsecamente negativa e
spregiativa; in caso contrario non si comprenderebbe la dichiarazione della ragazza
kosovara nata in Italia di nome Belykize, cosi come non si comprenderebbe perché il
giornalista di Repubblica che aveva firmato l'inchiesta non sia stato sanzionato
disciplinarmente. Ad una simile conclusione si giunge rileggendo le parole
dell'attuale Papa nell'incontro del 5 giugno 2014 a Roma, contenute nel discorso
titolato "LA CHIESA E GLI ZINGARI: ANNUNCIARE IL VANGELO NELLE
PERIFERIE", a meno che non si vogliano tacciare come discriminatorie le parole del Papa. In quell'occasione il TG nazionale titolò "Il Papa ha ricevuto in udienza circa duemila zingari provenienti da tutta Europa"; non pare sia stato avviato alcun procedimento disciplinare contro il giornalista e il direttore del TG. Peraltro, appare chiaro agli stessi Ordini che il termine zingaro non è oggettivamente
offensivo. lnvero, l'Organo Disciplinare dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto) con
riferimento ad una segnalazione del 2011 da parte dell '…….. in merito ad un
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articolo in cui veniva utilizzato il termine zingaro per identificare il probabile autore
di un incidente stradale, aveva escluso la violazione della Carta di Roma non
essendo sufficiente l'utilizzo del termine zingaro a configurare
un'offesa o un atteggiamento discriminante, in quanto negli articoli ìn
questione, che riportavano un fatto di sicuro interesse pubblico, non vi erano
commenti negativi.
Parimenti l'Ill.mo Organo di disciplina dell'Ordine, cui la presente memoria viene
indirizzata, ha ritenuto di sanzionare sì un giornalista per una serie di articoli in cui
veniva utilizzato il termine zingaro, ma poiché in essi l 'utilizzo era compiuto in
modo palesemente spregiativo e incitante all'odio razziale (procedimento
disciplinare Prot. n. 5049/10/LG/ac) : nello specifico nell'articolo titolato ''Quei
bravi ragazzi zingari con sette tonnellate di rame rubato" il giornalista scriveva
"....verrebbe affrontata coi bastoni da chi ha la sfiga di abitargli vicino, subendone
il degrado, i furti e gli scippi", nell'articolo titolato "Piano anti-zingari l'unico errore
è la marcia indietro" si leggeva "La gente non ne può più dei rom e l'unica cosa che
vuole dai suoi politici è che la città se ne liberi in ogni modo: con le buone (gli
incentivi per l'integrazione) o con le cattive (i manganelli)" ed ancora nell'articolo
"La sfrontatezza degli zingari non ha confini" era dichiarato "Si sono presi interi
pezzi di città, sistemandoci le loro roulotte e le loro baracche, in barba a qualunque
autorizzazione e forma di civile convivenza coi vicini. Rubano, truffano
(preferibilmente gli anziani e i più deboli). Costringono i figli a vivere in condizioni
igieniche e ambientali vergognose spesso privando/i della possibilità di andare a
scuola e affrancarsi, un giorno, da quella miseria . Quando non lì comprano e
vendono, quei bambini, per poi sfruttarli come scippatori dalle mani fatate o
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mendicanti agli incroci". Era per tali espressioni che l 'Organo di Disciplina sanzionò
il giornalista come risulta chiaramente dalla sentenza Prot. n. 1160111/LG/ac, in cui
peraltro si legge "Si tratta, viceversa, di generalizzazioni basate sulla convinzione
che l'intera etnia degli zingari e dei rom sia dannosa, criminale e nociva. Secondo
quanto si legge negli articoli, infatti, tutti gli zingari, in quanto tali, sono ladri e
truffatori. Essi vivono nello sporco e tengono i loro figli in condizioni igieniche
vergognose. Tutti i vecchi cliché dell'intolleranza nei confronti degli zingari
vengono rispolverati ": lo stesso Organo di Disciplina usa il termine zingaro e non lo
fa certamente con tono o intenzione dispregiativa e ciò vale a dimostrazione del fatto
che non è il termine di per sé ad essere offensivo e discriminatorio, bensì il
commento negativo che la correda. Ebbene, nello scritto del giornalista Zoli, per cui
il direttore Papetti è chiamato oggi a presentare le sue giustificazioni, non vi è alcun
cliché o comunque commento denigratorio che accompagna ìl termine zingaro,
semplicemente si riporta quanto raccolto dallo Zoli presso le proprie fonti e cioè che
gli autori del tentativo di furto erano probabilmente zingari, stando alla descrizione
dei caratteri fisici che risultavano essere quelli propri di tale etnia.
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Per i motivi sopra esposti, il Sig. Papetti, come sopra rappresentato e assistito così
formula le seguente
CONCLUSIONI
Voglia l'Onorevole Consiglio Regionale dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia
accertare e dichiarare che il giornalista Dr. Roberto Papetti, nella sua qualìtà di
direttore responsabile del quotidiano il Gazzettino non è incorso in alcuna
violazione dell'art. 2 della legge professionale, della Carta di Roma, né dell’art.9
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del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali
nell'esercizio dell'attività giornalistica e per l'effetto dichiarare concluso ad
ogni effetto di legge il procedimento disciplinare a suo carico.
Roma,4 luglio 2015
PROCURA
Io sottoscritto Roberto Papetti, giornalista professionista, iscritto all'Ordine dei
giornalisti della Lombardia, tessera n. 46899, direttore responsabile del
quotidiano "Il Gazzettino", conferisco mandato all'avv. Fabrizio Spagnolo del
Foro di Roma a rappresentarrni assistermi e difendermi nel procedimento
disciplinare aperto dal Consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia
con delibera Prot. n. 334/15/TF/ac.
A tal fine conferisco all'avv. Spagnolo ogni più ampio potere e facoltà ed
eleggo domicilio presso il suo studio in Roma, Via Agostino Depretis n. 86.
Fornisco altresì il consenso al trattamento dei dati personali ai sensi del cd. codice in
materia di protezione dei dati personali, introdotto con decreto legislativo del 30
giugno 2003 n. 196,_e dichiaro di aver ricevuto l'informativa revista dall'art. 13 del
medesimo_ decreto.
Roma, 4 luglio 2015
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