Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

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LA “OPZIONE NUCLEARE” NEL MONDO DOPO L’EVENTO DI FUKUSHIMA MASSIMO SEPIELLI ENEA - Unità Tecnica Tecnologie e Impianti per la Fissione e la Gestione del Materiale Nucleare Centro Ricerche Casaccia, Roma AGOSTINO MATHIS RT/2012/10/ENEA

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LA “OPZIONE NUCLEARE” NEL MONDO DOPO L’EVENTO DI FUKUSHIMA (Rapporto Tecnico ENEA 2012)

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LA “OPZIONE NUCLEARE” NEL MONDO

DOPO L’EVENTO DI FUKUSHIMA

MASSIMO SEPIELLI

ENEA - Unità Tecnica Tecnologie e Impianti per la Fissione e la Gestione del Materiale Nucleare

Centro Ricerche Casaccia, Roma

AGOSTINO MATHIS

RT/2012/10/ENEA

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AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE,LʼENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE

LA “OPZIONE NUCLEARE” NEL MONDO DOPO L’EVENTO DI FUKUSHIMA

MASSIMO SEPIELLI

ENEA - Unità Tecnica Tecnologie e Impianti per la Fissione e la Gestione del Materiale Nucleare

Centro Ricerche Casaccia, Roma

AGOSTINO MATHIS

RT/2012/10/ENEA

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I contenuti tecnico-scientifici dei rapporti tecnici dell'ENEA rispecchiano l'opinione degli autori enon necessariamente quella dell'Agenzia.

The technical and scientific contents of these reports express the opinion of the authors but notnecessarily the opinion of ENEA.

I Rapporti tecnici sono scaricabili in formato pdf dal sito web ENEA alla paginahttp://www.enea.it/it/produzione-scientifica/rapporti-tecnici

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LA “OPZIONE NUCLEARE” NEL MONDO DOPO L’EVENTO DI FUKUSHIMA AGOSTINO MATHIS, MASSIMO SEPIELLI Sommario Da una sintetica descrizione dell’incidente di Fukushima, viene tratta una analisi preliminare sulla vulnerabilità degli attuali impianti nucleari in una prospettiva “secolare” (in un secolo possono accadere rivolgimenti politici, sociali e militari del tutto imprevedibili). Vengono quindi descritti i possibili criteri di progetto da seguire per ottenere impianti che siano in grado di far fronte anche ad eventi praticamente imprevedibili. Viene poi riportato l’impatto dell’evento di Fukushima sull’industria nucleare mondiale che si è già verificato nel 2011, e viene quindi fornito un panorama aggiornato delle attività e dei programmi per il nucleare civile, che restano pur sempre molto impegnativi in molti dei principali Paesi interessati a questa tecnologia. Essi vengono raggruppati a seconda se possiedono o meno capacità nel settore nucleare militare, e a seconda se hanno o meno capacità autonoma di progettazione e costruzione di impianti nucleari. Vengono anche citati alcuni Paesi che, nonostante tutto, mantengono la loro decisione di entrare “ex-novo” nel nucleare civile. Infine, nel paragrafo finale "Conclusioni", vengono brevemente trattati anche gli aspetti economici dell’energia nucleare, che appaiono attualmente come il principale ostacolo per una sua diffusione rapida e significativa, almeno nei Paesi dove i mercati energetici sono stati liberalizzati e privatizzati. Parole chiave: Fukushima, impianti nucleari, criteri di progetto, industria nucleare mondiale, eventi imprevedibili NUCLEAR ENERGY WORLDWIDE PERSPECTIVES AFTER THE FUKUSHIMA ACCIDENT Abstract On the base of a synthetic description of the Fukushima accident, a preliminary analysis is carried out on the reliability of present day nuclear power plants, considered in a “secular” lifespan (in a century, indeed, any kind of unforeseable events are possible, such as political, social and military turmoils). Some possible design criteria are then described, aimed at the construction and operation of plants capable to withstand to any kind of practically unforeseeable events. The impact of Fukushima’s event, already seen in 2011, on the nuclear industry worldwide is then reported, and an oversight is given of activities and programs which at present are going on in the field of civil nuclear applications, that remain of great size and significance in the majority of countries interested to this technology. These countries are grouped in several categories: countries with nuclear military capacity; without nuclear military, but with full civil plant design, construction and operation competence; with operation competence alone. Several countries are then mentioned, which are anyway seriously considering the start-up of a new civil nuclear program. Finally, in the last chapter, the economic aspects of nuclear energy are briefly discussed, owing to the fact that they are at present the main problem for a rapid and relevant diffusion of this technology, at least in countries where energy markets are privately owned. Keywords: Fukushima, nuclear power plants, design criteria, nuclear industry worldwide, unforeseeable events

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Indice Sommario Premessa Gli stadi evolutivi della tecnologia della fissione nucleare L’analisi dell’evento di Fukushima Dai-ichi Vulnerabilità degli impianti nucleari Nuovi criteri per la sicurezza degli impianti nucleari L’impatto di Fukushima sull’industria nucleare Paesi con capacità nucleari sia militari che civili Stati Uniti Cina India Russia Francia Gran Bretagna

Paesi con capacità nucleari solo civili (costruzione e operazione) Germania Corea del Sud

Paesi con impianti nucleari civili (sola operazione) Brasile Finlandia

Paesi che intendono acquisire impianti nucleari civili Polonia Turchia

Conclusioni Appendice Commenti all’incidente nucleare di Fukushima (al 17 marzo 2011)

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Premessa

Un resoconto sintetico dell’incidente alla centrale di Fukushima Dai-ichi è fornito in Appendice. Un

resoconto dettagliato dell’evolversi dell’incidente è fornito da un recente rapporto dell’Institute for

Nuclear Plant Operation (INPO 11-005).

Anche se ad oggi le conseguenze sanitarie dell’incidente appaiono molto limitate (almeno rispetto ad

altri ben più gravi, anche se rari, casi analoghi, come l’incidente di Chernobyl), a seguito dell’evento

il dibattito “politico” sull’energia nucleare si è trasferito, dai vantaggi di questa forma “pulita” di

tecnologia energetica, agli aspetti di affidabilità e sicurezza degli impianti – problematica che, dopo

decenni di funzionamento sicuro di centinaia di impianti nel mondo, veniva data per sostanzialmente

risolta.

In effetti, una oggettiva valutazione dell’intera vicenda induce a ritenere che la tecnologia dei reattori

nucleari a fissione non sia ancora matura per una ampia e rapida diffusione in tutti i paesi del mondo.

Naturalmente, gli oppositori dell’energia nucleare colgono anche questa occasione per sostenere che

la tecnologia nucleare ha fatto il suo tempo, ed è da considerare un’esperienza chiusa.

Gli stadi evolutivi della tecnologia della fissione nucleare

In realtà, per valutare seriamente in prospettiva il futuro della tecnologia nucleare nel panorama

energetico mondiale, è opportuno esaminare la storia delle tecnologie energetiche negli ultimi

trecento anni (dall’inizio dell’era industriale ad oggi): le diverse tecnologie si sono succedute ad

intervalli molto lunghi (il tempo affinché il rispettivo tasso di penetrazione passi dal 10% al 90% del

suo valore massimo va dagli 80 ai 100 anni). Questa lunga “inerzia”, inerente alla evoluzione delle

grandi infrastrutture energetiche, è evidentemente conseguenza dei lunghi tempi richiesti dall’iter

decisionale e dalla costruzione degli impianti, e della sempre crescente “vita utile” prevista per gli

impianti di nuova progettazione (essa arriva anche a 60 anni, per i nuovi impianti nucleari di “III

generazione”!). E’ anche importante notare che ciascuna delle nuove tecnologie era già pienamente

matura, dal punto di vista tecnologico ed industriale, ben prima (anche un secolo prima) del rispettivo

massimo di penetrazione.

Questa analisi pone in evidenza che, da una predominanza (relativa) del legno fino a metà Ottocento,

si è passati a quella del carbone fino agli anni ’20 del secolo scorso, poi a quella del petrolio, ed ora

stiamo andando verso il massimo del gas naturale, previsto verso la metà di questo secolo.

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Ma, secondo la regola, è già avviata la curva di penetrazione dell’energia nucleare, apparsa anche

troppo rapidamente negli anni ’70 del secolo scorso a seguito della prima crisi energetica, e destinata

a salire probabilmente per tutto il secolo attuale, con successive generazioni di reattori a fissione. Per

quanto riguarda invece l’energia prodotta dalla fusione di atomi leggeri, come Deuterio e Trizio, non

è possibile fare previsioni, non essendo ancora stato realizzato un prototipo di reattore funzionante

con continuità e con bilancio energetico positivo.

La tecnologia dei reattori nucleari a fissione è quindi appena all’inizio della sua storia, e tutt’altro che

obsoleta, ma semmai non ancora matura, sia dal punto di vista della sicurezza che dal punto di vista

dell’efficienza di sfruttamento della materia prima, e quindi della economicità. In particolare, è bene

tener presente che la tecnologia dei reattori ad acqua, di gran lunga oggi i più diffusi, fu prescelta per

ragioni del tutto peculiari, e sostanzialmente estranee alla produzione di energia per usi civili.

Infatti, con l’avvio della “guerra fredda” negli anni 1950, la Marina Militare delle Grandi Potenze

acquisì un ruolo strategico grazie ai sottomarini ed alle portaerei equipaggiati con reattori nucleari.

Oggi, tutti i sottomarini e le portaerei USA sono equipaggiati con reattori nucleari. L’artefice di questa

profonda evoluzione fu l’Ammiraglio Hyman G. Rickover, che rapidamente portò a maturità i reattori

per uso navale: dopo un tentativo non convincente di reattore refrigerato con sodio liquido, puntò

completamente su reattori refrigerati con acqua in pressione (Pressurized Water Reactor: PWR). La

Westinghouse fu impegnata fin dall’inizio su questi reattori, ed in seguito anche la General Electric

collaborò alla loro costruzione, e così la Rolls Royce per la inglese Royal Navy. Francia, Cina e

Russia procedettero in modo autonomo, sempre con reattori PWR, anche se la Russia dotò alcuni dei

suoi sottomarini di reattori veloci refrigerati da una miscela di piombo e bismuto fusi. Nel 1989, alla

fine della “guerra fredda”, vi erano nel mondo oltre 400 reattori per sottomarini, oltre a decine per

portaerei ed incrociatori. La Russia ha costruito, e continua a costruire, numerosi rompighiaccio a

propulsione nucleare. La sola US Navy ha utilizzato 500 “noccioli” di reattore, ed ha accumulato 5500

anni x reattore e 128 milioni di miglia percorse senza alcun incidente nucleare.

Questo enorme e prezioso patrimonio di esperienza, acquisito dalle stesse ditte poi chiamate a

costruire centinaia di centrali nucleari a seguito della crisi energetica degli anni 1970, costituisce la

premessa tecnologica che spiega perché oggi il 60% dei reattori commerciali operanti nel mondo è del

tipo PWR (anche se molto più grandi rispetto ai reattori marini, e quindi più difficili da raffreddare

dopo l’arresto della reazione a catena). Un altro 20% dei reattori commerciali è sempre refrigerato da

acqua, ma bollente (Boiling Water Reactor: BWR): in questi reattori il vapore formatosi nel

contenitore del nocciolo passa direttamente nel turboalternatore, senza richiedere il generatore di

vapore intermedio.

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Infine, vi è ancora un 10% di reattori moderati e refrigerati ad acqua pesante, di tecnologia canadese

(CANadian Deuterium Uranium: CANDU), ed un 10% di altri tipi (refrigerati a gas o a metallo

liquido).

Negli anni 1970, a seguito della grave crisi energetica, vennero avviati importanti programmi di

costruzione di impianti elettronucleari, con una prospettiva pluridecennale. Tali programmi, tuttavia,

giunsero a buon fine soltanto nei Paesi dove la “governance” del sistema energetico venne mantenuta

stabile e lungimirante anche a fronte dei cambiamenti politici e delle turbolenze dei prezzi dell’energia

convenzionale: esempi di questo tipo sono la Francia, ma anche alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, ed il

Giappone, almeno fino all’incidente di Fukushima.

Altri Paesi invece lasciarono che anche il settore nucleare seguisse l’impostazione privatistica che a

partire dai Paesi anglosassoni stava pervadendo tutta l’economia, compresi i servizi di pubblica utilità,

ed in particolare il settore dell’energia. Ad esempio, nel caso degli Stati Uniti la crisi energetica

indusse moltissime aziende elettriche, anche piccole ed inesperte, ad intraprendere la costruzione di

impianti nucleari. Furono avviati oltre 200 progetti, per impianti in gran parte diversi tra di loro. Negli

anni successivi, da un lato il crollo del prezzo del petrolio e delle altre fonti fossili, dall’altro difficoltà

tecniche, organizzative e di accettazione pubblica, comportarono la sospensione di circa la metà di

quei progetti, con un grave danno economico e di immagine per l’industria nucleare, non solo negli

Stati Uniti ma in tutto il mondo.

La stasi nella realizzazione di nuovi impianti nucleari che si è verificata, almeno in Occidente, negli

ultimi anni, è in gran parte dovuta a queste ragioni.

Tuttavia in USA gli impianti superstiti, che comunque sono oltre 100, stanno dando ottima prova di sé,

e via via ottengono dalla Nuclear Regulatory Commission le autorizzazioni per aumentarne la potenza

ed allungarne la vita utile (fino a 60 anni, ed in futuro anche 80). E’ evidente l’enorme vantaggio

economico che ne possono così trarre i rispettivi proprietari, essendo l’investimenti iniziale

praticamente ammortizzato. In questo modo l’energia nucleare prodotta negli Stati Uniti ha potuto

crescere sensibilmente anche negli ultimi anni, benché non siano stati costruiti nuovi impianti.

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L’analisi dell’evento di Fukushima Dai-ichi

Come descritto in dettaglio in Appendice, si può notare che i sei reattori della centrale nucleare di

Fukushima Dai-ichi sono tutti di tipo BWR, cioè reattori ad acqua bollente, di “II generazione”,

costruiti nel corso degli anni 1970 (con l’unità 1 collegata alla rete nell’ottobre del 1970 e l’ultima

unità, la 6, collegata nell’ottobre del 1979). Gli impianti nucleari in questione erano stati progettati

per resistere ad un incidente massimo di riferimento che si rifaceva alle conoscenze ingegneristiche

di quel periodo, in cui non erano ancora avvenuti incidenti di rilevante importanza, ai fini

dell’accrescimento della cultura della sicurezza, quali Three Mile Island e Chernobyl.

Quando, nel 1979, avvenne l’incidente di Three Mile Island (classificato di livello 5, su 7, nella scala

INES), in cui si è avuta un’estesa fusione degli elementi di combustibile del nocciolo, gli addetti ai

lavori furono chiamati a rivedere le scelte fatte in passato a fronte delle nuove lezioni acquisite. Il

frutto di quegli intensi anni di lavoro ha dato vita alla progettazione concettuale degli impianti di “III

generazione”, in particolare al francese EPR, all’americano AP1000 e al giapponese ABWR

(Advanced Boiling Water Reactor, un reattore ad acqua bollente della stessa tipologia di quelli in

avaria a Fukushima Dai-ichi, ma di tecnologia ben più avanzata).

Gli impianti nucleari di “III generazione” sono dotati di dispositivi e barriere multiple di sicurezza

non immaginabili all’epoca della costruzione dei reattori BWR della centrale di Fukushima Dai-ichi

attualmente in avaria. Nei nuovi reattori, alla base del progetto vi sono edifici di contenimento dotati

di doppia parete, sistemi di emergenza che possono intervenire anche senza l’intervento dell’uomo e

senza alcuna fonte di alimentazione elettrica, sistemi catalitici intesi a prevenire le esplosioni

di idrogeno, anche per rilasci massicci e violenti. In aggiunta, per quanto riguarda la gestione post-

incidentale, nell’eventualità che si verifichi una fusione del nocciolo, questi tipi di reattori di terza

generazione possono anche disporre di sistemi in grado di raccogliere e convogliare il materiale

fuoriuscente dal nocciolo del reattore in un’area appositamente adibita e di raffreddarlo per tutto il

tempo necessario prima dell’intervento in sicurezza da parte degli operatori.

Resta comunque il fatto che, anche per gli attuali impianti di “III generazione avanzata”, dopo un

grave incidente, a medio-lungo termine è necessario l’intervento umano, con la disponibilità di

adeguate e complesse attrezzature, se si vogliono evitare fuoruscite di materiale radioattivo

nell’ambiente esterno.

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Vulnerabilità degli impianti nucleari

Le sopra descritte caratteristiche della attuale tecnologia nucleare costituiscono pur sempre una grave

limitazione per una sua accettabile ampia diffusione spazio-temporale nel mondo. Non si dimentichi

infatti che l’opzione nucleare è una scelta strategica, che di fatto coinvolge molte generazioni future,

quando si consideri che la definizione dei siti, la progettazione e la costruzione dell’impianto

possono richiedere un decennio, la vita utile degli impianti è oggi prevista per 60 anni, e la gestione

dei residui radioattivi, anche se il deposito definitivo fosse in altro Paese, deve essere pianificato per

almeno un secolo nel Paese dove è situata la centrale.

Si pensi allora a quali vicende imprevedibili potrebbero accadere in un periodo così lungo!

Supponiamo ad esempio che la tecnologia nucleare fosse stata messa a punto cinquant’anni prima di

quanto si è di fatto verificato, e che l’Europa già negli anni ’30 del secolo scorso fosse stata

punteggiata da cento o più impianti nucleari (come lo è oggi): quale sarebbe stato il panorama nel

1945, alla fine della seconda guerra mondiale? Teniamo presente che le parti in conflitto non si

risparmiavano alcun mezzo di distruzione reciproca.

Ovviamente, si pensa subito ai bombardamenti a tappeto (ed oggi, dopo l’attentato alle Torri

Gemelle dell’11 settembre 2001, si deve anche pensare agli aerei “kamikaze”, che rappresentano la

nuova minaccia estrema considerata nel progetto degli impianti nucleari di “III generazione

avanzata”).

Tuttavia, proprio l’esperienza di Fukushima ci dice che un relativamente semplice intervento di

piccole squadre di sabotatori, in grado di interrompere le reti elettriche e disattivare i generatori

elettrici di emergenza, renderebbero l’impianto nucleare una fonte inarrestabile di inquinamento

radioattivo per un vasto territorio circostante. Non si dimentichi poi che durante la seconda guerra

mondiale vaste zone dell’Europa rimasero per lunghi periodi completamente prive di energia

elettrica e di carburanti. Quasi certamente coloro che oggi progettano impianti nucleari non hanno

avuto quelle esperienze nel corso della loro vita, né se le possono immaginare almeno nei loro paesi,

ma si pensi a quanto è accaduto recentemente e accade tuttora in paesi come ex-Jugoslavia, Cecenia,

Iraq, Afganistan, Libia…

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Nuovi criteri per la sicurezza degli impianti nucleari

Diviene quindi indispensabile ed urgente concepire impianti nucleari comunque in grado di resistere

in modo del tutto passivo ad imprevedibili situazioni di emergenza, e che siano in particolare in

grado di eliminare tutto il calore di decadimento dopo l’arresto della reazione a catena, ma senza

rilasciare all’esterno alcun materiale radioattivo. Oltre a evitare la fuoriuscita di prodotti dannosi per

la salute e l’ambiente, è poi anche importante salvaguardare la funzionalità e la redditività economica

dell’impianto.

Nel caso del reattore nucleare, se si verifica un evento iniziatore di incidente, devono prendere

l’avvio processi, possibilmente spontanei, che raggiungano due obiettivi:

# la riduzione più rapida possibile del fattore di moltiplicazione neutronica del nocciolo, con

conseguente esaurimento della reazione a catena;

# la estrazione anche a lungo termine dal calore in seguito prodotto nel nocciolo, all’inizio

soprattutto dalla fissione, e poi dal decadimento radioattivo dei nuclei pesanti (attinidi) e dei prodotti

di fissione.

Il primo di questi processi è quasi sempre già assicurato da caratteristiche inerenti al progetto

neutronico e termico del reattore stesso, e comunque viene anche sempre affidato all’intervento di

dispositivi di assorbimento neutronico particolarmente semplici e sicuri (dispositivi di scram).

Il secondo processo è invece molto più difficile da garantire, specie a lungo termine, e nella gran

parte degli attuali reattori viene assicurato dall’intervento di impianti ausiliari per il mantenimento di

una adeguata circolazione di refrigerante nel nocciolo (v. il caso di Fukushima).

L’impostazione progettuale dei reattori “a sicurezza passiva” mira proprio a concepire strutture

meccaniche e fluidodinamiche in grado di smaltire spontaneamente e a tempo indeterminato tutto il

calore prodotto dal nocciolo dopo l’esaurimento della reazione a catena, senza mai raggiungere

temperature pericolose per la integrità delle strutture, ed in particolare del combustibile.

I parametri in mano al progettista sono evidentemente:

# le capacità termiche,

# le conduttività termiche,

# i coefficienti di scambio termico,

# le dimensioni e la forma geometrica dei diversi componenti dell’impianto.

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Questi reattori, quindi, tendono ad avere ridotte densità di potenza ed un alto battente di refrigerante

sopra il combustibile. Ritorna l’interesse per il combustibile metallico, che, refrigerato da metalli

liquidi, avrebbe una altissima capacità di smaltimento termico anche a fluido fermo. Si progettano

schemi di circuiti di raffreddamento primario immersi in un unico contenitore, così da assicurare nel

nocciolo una adeguata circolazione naturale anche in caso di arresto delle pompe.

Riprende poi un grande interesse per gli impianti “modulari”, comprendenti più reattori ciascuno dei

quali abbia un rapporto superficie/volume adeguato allo smaltimento del calore per irraggiamento

anche con un limitato incremento delle temperature delle pareti esterne delle schermature.

Come si vede, tutto ciò rappresenta una sensibile evoluzione nelle priorità che si pone la

progettazione della sicurezza, rispetto alle prassi del passato. Infatti, per i progetti degli anni 1950 e

1960, gli aspetti che più preoccupavano erano quelli relativi alle inserzioni di reattività ed ai

conseguenti transitori rapidi di potenza neutronica. L’incidente di Three Mile Island (1979),

verificatosi per cause del tutto indipendenti dalla cinetica neutronica, ha costituito il punto di svolta:

esso fu gravido di insegnamenti per i progettisti, gli operatori ed i responsabili del controllo degli

impianti nucleari.

Non si dimentichi che si trattava di uno degli impianti allora di concezione più avanzata (ben più

“moderno”, ad es., dei reattori andati in avaria a Fukushima Dai-ichi!), ed era appena entrato in

funzione dopo una serie di controlli, almeno formali, molto complessi.

L’esperienza di Three Mile Island, oltre a influire sui criteri del progetto termoidraulico, ha indotto

ad una profonda revisione dei criteri di normazione e controllo per la gestione degli impianti, ed in

particolare delle modalità di selezione e formazione del personale di operazione. Infatti, una delle

principali concause che aggravarono l’evoluzione dell’incidente di Three Mile Island fu la

condizione psicologica della squadra di operazione: essa, in preda ad un “pregiudizio collettivo”

sull’interpretazione dell’incidente, fu indotta a perseverare per ore in interventi controproducenti

(che giunsero persino a neutralizzare alcune azioni automatiche di emergenza!). Si tratta del

cosiddetto “errore diabolico”: “Errare humanum est, perseverare diabolicum”.

Anche se nel caso di Fukushima non si può certo addebitare agli operatori l’evento incidentale,

tuttavia la sua successiva evoluzione avrebbe forse potuto essere meglio fronteggiata se vi fossero

state procedure meglio definite e operatori meglio formati e addestrati.

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Per il personale candidato all’operazione degli impianti nucleari oggi occorre quindi dare una grande

importanza alle doti psicofisiche, alla preparazione tecnico-scientifica di base (di livello

universitario), ed alla formazione mediante l’uso di strumenti di simulazione altamente sofisticati,

con due obiettivi: ovviamente attivare ed aggiornare l’addestramento visivo e manuale, ma

soprattutto formare la capacità di intuizione a livello concettuale dei fenomeni in corso di evoluzione

nell’impianto.

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L’impatto di Fukushima sull’industria nucleare

Per quanto riguarda i risvolti psicologici, politici ed economici a lungo termine dell'incidente, è

ancora presto per parlarne, ma è probabile che ci sarà comunque un sensibile ritardo nello sviluppo

del nucleare, almeno nei Paesi che hanno già raggiunto un buon livello di benessere, dove le

popolazioni sono più sensibili al rischio che alla povertà.

I dati statistici relativi agli impianti nucleari nel mondo risentono già l’effetto-Fukushima.

A seguito della fermata di molti reattori giapponesi, oltre a quelli di Fukushima Dai-ichi, nonché degli

otto più vecchi reattori tedeschi (a seguito di una estemporanea decisione politica…), e tenuto conto

dei nuovi reattori avviati, il numero di reattori operativi nel mondo è sceso dai 441 di inizio 2011 ai

435 di inizio 2012, con una riduzione della potenza nucleare installato pari a 10 GWe (cioè, il 3%).

Nel corso del 2011, infatti, sei nuovi reattori (per 3977 MWe) sono stati connessi in rete, e sono

iniziati i lavori di costruzione per due nuovi reattori. Come negli scorsi anni, i nuovi reattori connessi

in rete sono quasi tutti in Asia: Kaiga 4 (India), Chasnupp 2 (Pakistan), Ling Ao 4 e Qinshan 2-4

(Cina), Kalinin 4 (Russia) e Bushehr 1 (Iran). Nell’estate del 2011 è poi iniziata la costruzione di

Chasnupp 3, un PWR da 315 MWe in Pakistan, e di Rajasthan 7, un reattore ad acqua pesante da 630

MWe in India.

Tuttavia, nonostante la riduzione delle nuove costruzioni ed i tredici reattori chiusi nel 2011, le

prospettive del nucleare civile restano positive: la International Atomic Energy Agency (IAEA)

prevede che il numero di reattori operativi nel 2030 sarà superiore all’attuale di 90 unità (ipotesi

pessimistica) o di 350 unità (ipotesi ottimistica). La gran parte di questo incremento è previsto in

Paesi che già hanno impianti nucleari in operazione, ed in particolare in Cina ed in India.

Un importante passo avanti per gli Stati Uniti ed il Regno Unito, verificatosi nel 2011, è stato il

conseguimento del “licensing” per due reattori di “III generazione avanzata” (AP1000 ed EPR), che

apre la strada a vasti programmi di costruzione in quei Paesi. Come vedremo, altri Paesi, come

Polonia, Bielorussia ed Arabia Saudita, procedono decisamente nei loro piani di costruzioni nucleari.

Negli Emirati Arabi Uniti è in costruzione il primo dei quattro reattori da 1400 MWe della centrale

fornita dall’industria della Corea del Sud.

Vediamo ora più in dettaglio l’impatto dell’evento di Fukushima sulle attività per il nucleare civile nei

principali Paesi interessati a questa tecnologia. Essi saranno raggruppati a seconda se possiedono o

meno capacità nel settore nucleare militare, e a seconda se hanno o meno capacità autonoma di

progettazione e costruzione di impianti nucleari. Verranno anche citati alcuni Paesi che, nonostante

tutto, mantengono la loro decisione di entrare “ex-novo” nel nucleare civile.

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Paesi con capacità nucleari sia militari che civili

Stati Uniti

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, entro una settimana dall’evento di Fukushima, gli operatori dei 104

reattori di potenza funzionanti nel paese intrapresero la revisione dei sistemi e dei componenti intesi a

fronteggiare gli effetti di eventi sismici, inondazioni e perdita totale della alimentazione elettrica.

Inoltre, l’industria nucleare si sta predisponendo per soddisfare le richieste addizionali che verranno

imposte dalla U.S. Nuclear Regulatory Commission (NRC). Come è noto, la NRC è uno dei più grandi

ed importanti organi di controllo nucleare in ambito mondiale, con i suoi oltre 4000 dipendenti ed un

bilancio annuale di un miliardo di dollari.

La NRC ha subito costituito la “NRC Fukushima Near-Term Task Force” (NTTF), la quale ha

concluso che “continued operation and continued licensing activities [at nuclear power plants] do not

impose an imminent risk to the public health and safety and are not inimical to the common defense

and security.” Non essendoci quindi minacce immediate alla salute ed alla sicurezza del pubblico, i

miglioramenti relativi alla sicurezza, conseguenti all’esperienza di Fukushima, potranno essere

incorporati in una maniera pianificata e strutturata. D’altronde, il grado di robustezza dei reattori

americani, e la loro capacità di far fronte ad eventi naturali eccezionali sono stati dimostrati anche nel

corso del 2011 in occasione di tornado, uragani, inondazioni e terremoti di portata eccezionale anche

per gli Stati Uniti.

A seguito di una sistematica interazione tra i rappresentanti dell’industria nucleare e lo staff tecnico

della NRC, sono stati individuati i seguenti temi per interventi ad alta priorità:

rivalutare le minacce da terremoti e inondazioni ed i relativi criteri di accettabilità, e definire le

procedure per attuare i provvedimenti entro 6 mesi per i terremoti e 8 mesi per le inondazioni;

sviluppare metodologie e criteri di accettabilità per i provvedimenti anti-sismici entro 6 mesi e per

quelli anti-inondazione entro 8 mesi;

definire con gli interessati le procedure per migliorare le difese in caso di prolungata mancanza di

alimentazione elettrica in centrale (Station Black-Out: SBO);

estendere, entro 6 mesi, l’utilizzabilità delle attrezzature per grandi incendi ed esplosioni (anti-

terrorismo) per fronteggiare anche eventi naturali, come terremoti ed inondazioni, ed anche nel caso

che siano coinvolte più unità in una stessa centrale;

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definire ed impartire entro 6 mesi, agli operatori di reattori BWR con contenitori primari di tipo

Mark I e Mark II, disposizioni per realizzare sistemi di sfiato dal wetwell che siano efficaci ed

affidabili;

definire ed impartire entro 6 mesi agli operatori disposizioni per dotare di adeguata strumentazione

le piscine del combustibile esaurito;

rinforzare ed integrare le procedure operative di emergenza (Emergency Operating Procedures:

EOP), le linee guida per la mitigazione di incidenti severi (Severe Accident Mitigation Guidelines:

SAMG) e le linee guida per la mitigazione di danni estesi (Extensive Damage Mitigation

Guidelines: EDMG);

interagire con gli operatori per mettere a punto le basi tecniche ed i criteri di accettabilità per le

esigenze di personale nel caso di un evento di mancanza di alimentazione elettrica di lunga durata

riguardante anche una centrale con più unità, ed assicurando la continuità e l’affidabilità delle

comunicazioni.

L’industria ha già iniziato a lavorare in molte delle aree sopra elencate, sulla base di una serie di Event

Reports preparati dal già citato Institute of Nuclear Power Operations (INPO). A fine 2011, INPO ha

già rilasciato quattro rapporti che chiedono agli operatori d’impianto di rivedere la robustezza delle

apparecchiature a fronte di terremoti ed inondazioni, la capacità di raffreddamento e la strumentazione

nelle piscine del combustibile esaurito, la preparazione del personale nell’affrontare correttamente le

emergenze, e la disponibilità delle attrezzature destinate a rispondere a gravi incendi ed esplosioni

(come in caso di attacco terroristico) ad intervenire anche in caso di disastro naturale.

L’industria ha già formato dei gruppi di lavoro per affrontare ciascuno di quei temi. In linea con le

usuali prassi della NRC, verranno tenuti incontri pubblici per discutere gli argomenti, e raccogliere

retroazioni da riportare alla NRC. Tutto questo lavoro dovrebbe essere conchiuso entro la prima metà

del 2012.

La NRC sta anche procedendo alla revisione della adeguatezza, a fronte dei disastri naturali, degli

impianti per il ciclo del combustibile nucleare, benché questi non pongano le stesse minacce di un

impianto di potenza, e quindi costituiscano un rischio molto minore per la salute e la sicurezza del

pubblico. La NRC proseguirà poi nella valutazione delle misure da richiedere all’industria nel medio e

lungo termine, coordinandole con altre iniziative già in essere per il miglioramento della sicurezza.

Page 19: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

18

In ogni caso, la Commissione ha richiesto al suo staff tecnico di tenerla regolarmente informata su due

specifici argomenti, e cioè: (1) i miglioramenti per assicurare che le attrezzature destinate a rispondere

ad un attacco terroristico possano anche essere usate per mitigare gli effetti di minacce naturali, e (2) le

specifiche per condotte di sfiato rinforzate ed affidabili da inserire nei contenimenti Mark I dei reattori

BWR, per assicurare una sicura accessibilità in caso di incidente.

Nel frattempo, la NRC ha completato l’iter di approvazione del progetto AP1000, l’impianto di “III

generazione avanzata” da 1100 MWe proposto dalla Westinghouse e già in costruzione in Cina.

Questa approvazione permette l’avvio dei lavori per quattro di tali impianti negli Stati Uniti. Infatti,

nello scorso febbraio la Commissione, dopo un iter durato quasi quattro anni, ha concesso la

“Combined Construction and Operating Licence” (COL) per i due reattori AP1000 della Westinghouse

da costruire nel sito di Vogtle in Georgia, dove già operano due reattori PWR della Westinghouse da

circa 1200 MWe ciascuno. Lo scorso marzo, poi, la Commissione ha anche autorizzato la costruzione

e l’esercizio di due nuovi reattori AP1000 sul sito di Summer, in South Carolina, dove già opera un

reattore PWR della Westinghouse da circa 1000 MWe. Si tratta delle prime licenze rilasciate dalla

NRC dopo l’interruzione di oltre trenta anni - dall’incidente di Three Mile Island del 1979 - che si era

verificata in America nella realizzazione di nuovi impianti nucleari.

La Southern Company, proprietaria dell’impianto di Vogtle in Georgia, fin dal 2009 ebbe il permesso

di avviare lavori preparatori. Ad oggi, risulta scavato e sistemato il sito dove a breve inizierà la colata

del calcestruzzo per le fondazioni, sono state stese le tubature per l’acqua di raffreddamento, fatte le

fondazioni per il gigantesco sistema di derrick per la costruzione simultanea dei due reattori (si vedano

le figure seguenti).

L’AP1000 è un progetto modulare, e le officine di assemblaggio da tempo operative nel sito di Vogtle

hanno già fabbricato il fondo ed un anello del contenimento esterno.

E’ già iniziata la costruzione del modulo più importante, il CA-20 da 840 tonnellate, che conterrà il

deposito per il combustibile usato e molti servizi per il condizionamento e la decontaminazione

dell’edificio del reattore. I componenti principali, come i contenitori a pressione ed i generatori di

vapore, vennero ordinati fin dal giugno 2008 alla Doosan in Corea del Sud, ed il lavoro è già iniziato

per i turboalternatori e le torri di raffreddamento. Il simulatore per l’addestramento degli operatori è

stato installato nel novembre 2011. Appena ricevuta la licenza, la Southern Company potrà iniziare la

colata del calcestruzzo delle strutture connesse alla sicurezza nucleare, ed i due reattori potranno

essere ritenuti ufficialmente in costruzione. Si prevede l’avvio dei due reattori rispettivamente nel

2016 e nel 2017.

Page 20: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

19

Aerial view of the Vogtle Nuclear Power Plant. Existing reactors (#1 and #2, domed structures in center) and cooling towers (on the right). The construction site for reactors #3 and #4 is on the left.

Da: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Construction_at_Vogtle_Nuclear_Plant.jpg

Page 21: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

20

Il Segretario all’Energia Steven Chu, in una recente visita alla centrale di Vogtle, davanti a 500 operai

ha affermato: "The resurgence of America's nuclear energy industry starts here in Goergia, where

you just got approval for the first time in three decades to build new reactors. What you are doing

here at Vogtle will help us compete in the global clean energy race and provide domestic, clean

power to US homes."

Anche la South Carolina Electric & Gas ha ora ottenuto dalla NRC la “Combined Construction and

Operating License”, che aveva richiesto fin dal 2008, per due nuovi reattori AP1000, da costruire nel

suo sito di Summer, in South Carolina: potrà quindi ora procedere alla costruzione delle strutture

connesse alla sicurezza nucleare dei due reattori, che dovrebbero divenire operativi rispettivamente nel

2017 e nel 2018.

Un’altra iniziativa di grande significato per il rilancio dell’industria nucleare in Occidente è il Next

Generation Nuclear Plant (NGNP) project, previsto dall’US Energy Policy Act del 2005 per

sviluppare, costruire ed operare entro il 2021 un prototipo di reattore ad alta temperatura raffreddato a

gas (HTGR) e l’associato impianto per la produzione di elettricità ed idrogeno.

Page 22: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

21

La legge stabiliva che il progetto NGNP fosse guidato dall’Idaho National Laboratory (INL) ed

attuato con il contributo economico dei privati. A tal fine, nel 2009 venne costituita la NGNP Industry

Alliance, che comprende importanti costruttori di reattori e potenziali utenti finali. Il costo totale del

progetto viene attualmente stimato dell’ordine di 4 miliardi di dollari.

Tre società vennero prescelte per sviluppare proposte per lo NGNP: General Atomics, Areva e

Westinghouse/PBMR (Pebble Bed Modular Reactor). Sia lo INL che la NGNP Industry Alliance, pur

valutando positivamente tutte le proposte, hanno ora ritenuto preferibile il concetto di reattore della

Areva, che prevede combustibile prismatico (si veda la figura seguente). Si tratta di unità modulari

piuttosto grandi (625 MWt, invece dei 250 MWt delle proposte a letto di sfere: di conseguenza, una

centrale da 2400-3000 MWt verrebbe a costare circa il 30% di meno).

Il reattore dell’Areva, presumibilmente basato sul progetto Antares, appare adatto a servire un ampio

spettro di settori di mercato, fornendo energia ad alta efficienza a molteplici industrie quali la

generazione elettrica, la petrolchimica, l’estrazione di petrolio non-convenzionale (da sabbie e scisti),

e la produzione di carburanti sintetici. Questa iniziativa, quindi, pur essendo stata originata negli Stati

Uniti, riconosce e valorizza le competenze dell’industria nucleare europea.

Page 23: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

22

Sempre negli Stati Uniti, il Dipartimento dell’Energia ha recentemente annunciato il primo

provvedimento per la costruzione di “piccoli reattori modulari” (Small Modular Reactors: SMR), con

uno stanziamento di 450 milioni di dollari. Mediante un apposito bando (Funding Opportunity

Announcement: FOA), il Dipartimento stipulerà con l’industria privata degli accordi a costi condivisi

per promuovere il progetto e la certificazione degli SMR, per un investimento totale dell’ordine di 900

milioni di dollari. Il bando prevede il finanziamento anche di due progetti di SMR, con l’obiettivo di

porre in servizio questi reattori dal 2022.

Gli SMR qui considerati sono di dimensioni non superiori, ma anche molto inferiori ad un terzo

rispetto ai normali impianti nucleari, ed hanno una struttura molto compatta che si ritiene possa offrire

una serie di vantaggi per quanto riguarda la sicurezza, la localizzazione, la costruzione e l’economia.

In particolare, essi possono essere costruiti in fabbrica e trasportati anche per ferrovia al loro sito, dove

arrivano pronti per il “plug and play”, e ne può essere installata una serie in tempi successivi a

seconda della domanda di energia, riducendo così drasticamente l’investimento iniziale ed i tempi di

costruzione.

La azienda elettrica Ameren Missouri e la Westinghouse hanno già stipulato un accordo di

collaborazione per partecipare al suddetto bando del Dipartimento dell’Energia. Il neocostituito Utility

Participation Group, guidato dalla Westinghouse, ed al quale potranno partecipare altre aziende, curerà

la certificazione del progetto e la richiesta alla NRC della “Combined Construction and Operation

Licence” per un SMR da costruire nel sito di Callaway della Ameren nel Missouri.

Lo SMR della Westinghouse è un PWR integrato da 200 MWe, in cui tutti i

componenti del circuito primario sono sistemati all’interno del contenitore a

pressione del reattore (si veda la figura seguente). Il reattore è progettato per essere

completamente fabbricato in officina, ed è dimensionato per essere trasportato su

ferrovia. I sistemi di sicurezza passiva e molti componenti sono tratti dal progetto,

già certificato, dell’AP1000.

Cutaway of the Westinghouse SMR

E’ interessante notare che Ameren nel 2008 aveva avanzato una richiesta di COL

per un reattore US EPR, proposto dalla francese Areva, da realizzare nel suo sito di

Callaway, ma sospese tale richiesta l’anno successivo. Ora Adam Heflin, “chief

nuclear officer” della Ameren Missouri afferma che lo SMR della Westinghouse è

preferibile in quanto "The reactor and containment building are below ground,

which provides additional protection from natural disasters.

Page 24: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

23

The Westinghouse SMR has a simple design and can be safely shutdown after a loss of power with

very little operator action. All of this makes for a very attractive package".

Inoltre, il Dipartimento dell’Energia ha poi annunciato tre “Memorandums of Agreement” (MoA)

pubblico-privati, sempre nel settore degli SMR, per sviluppare nuove tecnologie presso il suo

Savannah River Site (SRS) in South Carolina. Le ditte interessate sono la Hyperion Power Generation,

la NuScale Power e la LLC, sussidiaria della Holtec International per gli SMR. Hyperion ha progettato

un reattore a neutroni veloci da 25 MWe, mentre Holtec e NuScale hanno progettato piccoli reattori ad

acqua pressurizzata rispettivamente con potenze di 140 MWe e 45 MWe.

Tutte queste iniziative si inquadrano in una chiara strategia degli Stati Uniti che, rinviando per ora

l’impegno sugli avveniristici reattori di “IV generazione“, tende invece a valorizzare a breve e medio

termine l’industria nucleare americana sul mercato mondiale, come afferma esplicitamente il

Segretario all’Energia Steven Chu: “America’s choice is clear - we can either develop the next

generation of clean energy technologies, which will help create thousands of new jobs and export

opportunities here in America, or we can wait for other countries to take the lead. The funding

opportunity announced today is a significant step forward in designing, manufacturing, and exporting

U.S. small modular reactors, advancing our competitive edge in the global clean energy race.”

Cina

Attualmente la Cina dispone di 14 reattori operativi, che tuttavia hanno fornito soltanto il due per cento

della produzione elettrica del 2010. Il primo reattore commerciale, un PWR di progetto francese, fu

posto in rete nel 1994.

Da molti anni il prodotto interno lordo della Cina cresce quasi del 10% all’anno, e così è cresciuta la

richiesta di energia elettrica, che si prevede crescerà ancora per molto tempo almeno al tasso del 4%

all’anno. La produzione elettrica della Cina è dominata dal carbone, che ne fornisce oltre il 70%

L’idroelettrico produce circa il 15%, ed il resto proviene da altre rinnovabili, olio combustibile e

nucleare. La Cina ha recentemente superato gli Stati Uniti come Paese emettitore di gas-serra.

L’energia nucleare costituisce quindi un elemento chiave della strategia energetica della Cina. Dei 65

impianti oggi in costruzione nel mondo, 27 sono in Cina. Il governo della Cina ha piani per aumentare

il nucleare in misura molto rilevante: 80 GWe nel 2020, 200 GWe nel 2030 e ben 400 GWe nel 2050.

Per le fasi iniziali di questa espansione la Cina ha scelto reattori di progetto straniero come lo AP1000

della Westinghouse e lo EPR della Areva.

Page 25: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

24

La Cina comunque pianifica di rendersi sempre più autonoma nella costruzione di propri reattori di

“III generazione” e nella fabbricazione del combustibile, ed inoltre sviluppa reattori a gas ad alta

temperatura e reattori autofertilizzanti a neutroni veloci.

Nel 2011, inoltre, la Cina ha avviato un ambizioso programma di ricerca e sviluppo nella tecnologia

dei reattori a sali fusi per l’utilizzo del torio. Il programma, che ha come traguardo il 2030, prevede la

costruzione di un complesso di ricerca che ospiterà anche un reattore prototipo. L’obiettivo è di fare

della Cina un leader mondiale nella tecnologia per la generazione di energia nucleare dal torio, che ne

detenga la proprietà intellettuale, e sia in grado di esportarla in tutto il mondo.

A seguito dell’incidente di Fukushima, il governo della Cina ha ordinato ispezioni di sicurezza su tutti

gli impianti in operazione e in costruzione. Le ispezioni sugli impianti in operazione sono terminate

con successo nel giugno 2011, mentre quelle sugli impianti in costruzione sono ancora in corso e

dovrebbero essere completate nell’autunno del 2012. In attesa della fine delle ispezioni sono anche

state sospese le procedure di approvazione per nuove costruzioni, che dovrebbero comunque essere

riprese nel corso del 2012 nell’ambito della nuova struttura centralizzata per la sicurezza degli impianti

nucleari.

India

L’India deve affrontare una rapida crescita nella domanda di energia elettrica per l’industria, i servizi

ed il settore residenziale: si tenga presente che l’India ha ancora 400 milioni di cittadini senza accesso

all’elettricità. Attualmente l’uso del carbone fornisce quasi il 60% dell’energia elettrica, e se ne

prevede un ulteriore aumento, anche se crescono le preoccupazioni per le emissioni di carbonio.

Avendo rifiutato di firmare il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare nel 1968, ed avendo sviluppato

un programma di armi nucleari, l’India fu esclusa da ogni commercio nucleare anche a fini civili per i

successivi trent’anni. Questa mancanza di cooperazione internazionale rallentò lo sviluppo del

programma nucleare civile dell’India, anche se essa si impegnò in un programma indipendente per lo

sviluppo di una filiera completa in grado di valorizzare le sue ampie disponibilità di torio.

Oggi l’India ha 20 reattori commerciali in operazione, che però sono in grado di fornire soltanto il 3%

della sua elettricità. Ha inoltre sei reattori in costruzione, compreso un prototipo di reattore a neutroni

veloci da 500 MWe. Nel 2008, tuttavia, dopo che l’India firmò un accordo per il nucleare civile con gli

Stati Uniti, altri Paesi poterono accedere al mercato nucleare indiano. Ora gli ambiziosi piani nucleari

dell’India prevedono 17 reattori a breve seguiti da possibili ulteriori 40. Contratti sono già stati definiti

con la Russia e con la francese Areva.

Page 26: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

25

L’India spera anche di assegnare contratti a Westinghouse e GE-Hitachi, ma questi attendono la

risoluzione di problemi relativi alla responsabilità in caso di incidente (che l’India vorrebbe addossare

ai progettisti/costruttori, invece che ai gestori degli impianti).

La Nuclear Power Corporation of India Ltd. (NPCIL) è la responsabile per la costruzione e

l’operazione di tutte le centrali nucleari indiane. NPCIL è in gran parte di proprietà del governo, e, a

seguito dell’incidente di Fukushima, ha costituito quattro gruppi di lavoro per valutare i rischi e

definire gli eventuali interventi sui propri impianti. I primi rapporti indicano che gli impianti sono

sicuri, ma fanno raccomandazioni per miglioramenti della sicurezza. Il ministero dell’ambiente ha

ritardato l’approvazione di nuovi impianti per rivalutarne la sicurezza, in particolare quelli sulle coste

per quanto riguarda il rischio di tsunami. Questa pausa nelle approvazioni è anche legata alla

ristrutturazione dell’organismo di sicurezza nucleare dell’India al fine di renderlo più indipendente.

Russia

Il primo reattore russo a produrre regolarmente energia, ed il primo nel mondo, fu il reattore da 5 MWe

di Obninsk nel 1954. A metà degli anni 1980 la Russia aveva 25 reattori di potenza in operazione,

anche se l’industria nucleare presentava gravi problemi. L’incidente di Chernobyl nel 1986 portò ad un

profondo ripensamento, ed alla graduale risoluzione di quei problemi.

Tra il 1986 e la metà degli anni 1990, solo una centrale nucleare fu avviata in Russia (Balakovo, con 4

unità), ed una unità fu aggiunta a quella di Smolensk. La crisi economica seguita al crollo dell’URSS

ritardò molti progetti, ma alla fine degli anni 1990 riprese l’esportazione di reattori a Iran, Cina e India,

e venne riavviata la costruzione di impianti domestici.

Attualmente la Russia dispone di 31 reattori operativi, per una potenza totale di 22 GWe. Circa la metà

sono VVER (moderati e refrigerati da acqua in pressione), di varie generazioni. Ma vi sono ancora in

funzione ben 11 reattori RBMK, moderati a grafite e raffreddati da acqua bollente, come quello

esploso a Chernobyl (e uno di questi è ancora in costruzione). Inoltre, vi sono 4 piccoli reattori BWR

moderati a grafite, dislocati nella Siberia orientale per la cogenerazione di elettricità e calore, ed il

reattore autofertilizzante a neutroni veloci Beloyarsk-3 del tipo BN-600, refrigerato a sodio liquido.

Quest’ultimo reattore ha già funzionato per 30 anni, con un fattore di carico del 76%, ed ha prodotto

114 TWh. Ora è stato potenziato e preparato per una estensione di 15 anni della sua vita utile. Esso

dovrà poi essere affiancato dal più potente reattore Beloyarsk-4, del tipo BN-800, sempre a neutroni

veloci.

Page 27: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

26

La costruzione è già molto avanzata, e l’avviamento dovrebbe avvenire nel 2014. Questo tipo di

reattore dovrebbe gradualmente sostituire i reattori VVER a fine vita, e fornire una frazione crescente

della potenza installata in Russia (anche 14 GWe nel 2030 e 34 GWe nel 2050).

Nel 2006 il governo confermò l’impegno a sviluppare l’energia nucleare, con la previsione di installare

2-3 GWe all’anno fino al 2030 in Russia e di esportare impianti all’estero per una capacità totale di

ben 300 GWe nello stesso periodo di tempo. Nel gennaio 2010 il governo ha approvato il programma

per lo sviluppo al 2050 di una nuova piattaforma tecnologica per l’industria nucleare, basata su reattori

a neutroni veloci intrinsecamente sicuri ed a ciclo del combustibile chiuso.

In tal modo, si prevede di eliminare praticamente del tutto l’uso di combustibili fossili per la

produzione di energia elettrica verso la fine del secolo.

Dopo l’incidente di Fukushima, una serie di controlli sono stati effettuati sugli impianti nucleari russi.

Nel giugno 2011, la Rosenergoatom, che gestisce tutti quegli impianti, ha annunciato un programma di

lavori per 500 milioni di dollari per potenziare gli apparati di riserva per l’alimentazione di elettricità

ed acqua.

Intanto, la Rosenergoatom ha annunciato che nello scorso febbraio è iniziata la colata di calcestruzzo

per le fondazioni della prima unità della nuova centrale nucleare del Baltico, che quindi diviene il nono

reattore nucleare di potenza in costruzione in Europa (in quanto continente, quindi non solo Unione

Europea).

La nuova centrale nucleare del Baltico, che avrà due reattori VVER-1200, è situata nell’area di

Kaliningrad, che, come è noto, costituisce una enclave della Federazione Russa all’interno dell’Unione

Europea, tra la Polonia e la Lituania. Si tratta di un progetto-bandiera per la Russia: il primo ad essere

aperto a investimenti da parte di aziende dell’Unione Europea; il primo destinato ad esportare la gran

parte della sua produzione; ed il primo ad utilizzare componenti occidentali, come la turbina Alstom-

Atomenergomash. L’operazione commerciale è prevista nel 2017 per il primo reattore, e nell’anno

successivo per il secondo. (Si veda la figura seguente).

Page 28: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

27

Ad oggi, quindi, il Federal Target Program (FTP) è basato sulla tecnologia VVER (ad acqua

pressurizzata) fino almeno al 2030. Ma viene anche posto in evidenza l’obiettivo di muovere verso i

reattori a neutroni veloci ed al ciclo chiuso del combustibile.

Oltre alla filiera refrigerata a sodio liquido (i reattori BN), che procede a livello industriale, la Rosatom

ha fatto due proposte per reattori a neutroni veloci refrigerati da metalli pesanti, una basata sul solo

piombo, l’altra anche sulla miscela piombo-bismuto. Il piano prescelto è stato il secondo, più flessibile,

che prevede come prima fase un reattore da 100 MWe refrigerato da piombo-bismuto, ed in una

seconda fase, tra il 2015 e il 2020, un impianto dimostratore da 300 MWe refrigerato da piombo di tipo

BREST, ed un reattore di ricerca multi-uso (MBIR). Inoltre, è prevista la costruzione di un complesso

commerciale per la fabbricazione di combustibile denso, il completamento della costruzione di un

impianto pilota per la fabbricazione pirochimica del combustibile per reattori a neutroni veloci, e per

sperimentare il ciclo chiuso del combustibile. L’attuazione di questi programmi è anche rivolta ad

ottenere al 2020 un incremento del 70% nelle esportazioni di apparati, lavori e servizi ad alta

tecnologia da parte della industria nucleare russa.

L’ultimo Federal Target Program (FTP) della Russia prevede una quota di nucleare per l’energia

elettrica del 25-30% al 2030, del 45-50% al 2050 e del 70-80% per la fine del secolo.

How the Baltic plant could look on completion (Image: Rosatom)

Page 29: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

28

Inoltre, la Russia intende utilizzare i reattori nucleari anche in applicazioni specifiche, come

l'alimentazione delle fabbriche di alluminio, grandi energivore (con la Rusal, primaria produttrice di

alluminio nel mondo), il riscaldamento civile e industriale, la desalinizzazione dell'acqua di mare, la

propulsione navale (ove dispone di una lunga e valida esperienza a partire dai sottomarini per arrivare

ai numerosi e potentissimi rompighiaccio).

Forte di questa vasta gamma di esperienze, la Russia ha già numerosi progetti e realizzazioni all'estero.

La Atomstroyexport (ASE) ha tre progetti all'estero, riguardanti reattori VVER-1000 (moderati e

refrigerati da acqua pressurizzata). Dapprima, è subentrata alla Siemens KWU nella costruzione del

reattore di Bushehr in Iran. L'impianto è ora in operazione. In seguito, ha venduto due grandi impianti

del nuovo tipo AES-91 alla Cina per Jiangsu e Tianwan presso Lianyungang (ambedue ora in

operazione) e due unità AES-92 all'India per Kudankulam (avvio previsto nel 2012). E' probabile che

ASE costruisca una seconda unità a Bushehr, e accordi sono stati definiti per due ulteriori unità a

Tianwan in Cina, le unità 5 & 6, che saranno del tipo VVER-1200.

Nel 2007 un “memorandum of understanding” fu stipulato per costruire quattro VVER-1200 a

Kudankulam. Nel 2009 quattro ulteriori unità sono state confermate per Haripur nel West Bengala. Nel

maggio 2009 la St Petersburg Atomenergopoekt (SPb AEP) ha annunciate l’inizio del progetto di un

reattore BN-800 per la Cina, dove ne sono previsti due al Sanming - Chinese Demonstration Fast

Reactors (CDFR). La costruzione dovrebbe iniziare nel 2013.

Dal 2010 la Russia prevede anche di offrire crediti totali o parziali per la costruzione di impianti

nucleari in almeno sei Paesi: Ucraina (Khmelnitsky 3 & 4), Bielorussia (Ostrovets 1 & 2), India

(Kudankulam 3 & 4), Cina (Tianwan 3 & 4), Turchia (Akkuyu 1-4) e Vietnam (Ninh Thuan 1-2).

A questo punto, non si può non osservare come proprio la Russia, già alla guida dell'URSS, nella quale

si verificò il tragico incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, si presenti oggi come il paese che

procede con la massima determinazione, con il più ampio portafoglio di tecnologie originali ed

autonome, e con una ampia apertura ai mercati di esportazione, nello sviluppo a lungo termine delle

applicazioni civili dell'energia nucleare.

Page 30: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

29

Francia

Come è noto, la Francia dispone di ben 58 reattori nucleari di potenza, operati dall’Electricité de

France (EdF), con una potenza installata totale di oltre 63 GWe, che nel 2010 hanno fornito 410

miliardi di kWh, pari al 74% dell’energia elettrica totale. La potenza elettrica installata totale è 118

GWe, e comprende anche 25 GWe idroelettrici e 26 GWe da combustibili fossili. La domanda di

picco è stata di 96 GWe. Di conseguenza, la Francia per l’energia elettrica può vantare una sostanziale

indipendenza nell’approvvigionamento ed uno dei costi più bassi in Europa. Essa inoltre ha una

ridottissima emissione di CO2 pro-capite per la generazione elettrica, che per oltre il 90% è di origine

nucleare o idroelettrica.

A seguito dell’incidente di Fukushima, il Presidente Nicolas Sarkozy e la Commissione Europea hanno

ordinato una serie di stress tests sugli impianti, che la EdF ha eseguito.

La Autorité de Sûreté Nucléaire (ASN) afferma che i 58 reattori nucleari di potenza e gli impianti per

il ciclo del combustibile operanti in Francia hanno un sufficiente livello di sicurezza, e che quindi

nessuno di essi deve essere arrestato, ma che la loro ulteriore operazione richiede di accrescere al più

presto possibile la loro robustezza a fronte di situazioni estreme al di là dei margini di sicurezza che

già essi offrono. Ciò vale in particolare per una lista prioritaria di 79 tra i 150 impianti nucleari della

Francia.

Gli incidenti di Three Mile Island e di Chernobyl indussero a perseguire una universale eccellenza

nella operazione degli impianti nucleari, dapprima negli USA mediante lo Institute of Nuclear Power

Operations (INPO) e quindi a livello mondiale mediante l’analoga World Association of Nuclear

Operators (WANO). Invece, l’evento di Fukushima non avrebbe potuto essere prevenuto da operatori

più bravi, ma piuttosto da una migliore valutazione dei rischi esterni e delle loro possibili

conseguenze sul sito. Di conseguenza, due delle direttive fondamentali delle disposizioni della ASN

riguardano proprio la protezione da terremoti ed inondazioni.

A questa accresciuta prevenzione a fronte di disastri naturali, deve essere aggiunta la prevenzione dal

rischio connesso ad attigue attività industriali potenzialmente pericolose come impianti chimici,

serbatoi di gas liquido, bacini idroelettrici.

Page 31: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

30

La ASN richiede che in ogni situazione incidentale i reattori francesi siano in grado di porre in atto un

cosiddetto hard core di dispositivi di sicurezza, in modo che le funzioni vitali possano essere

mantenute anche a fronte di sfide al di là dei criteri di progetto dell’impianto, quali terremoti superiori

ai livelli di progetto, incendi, e la prolungata assenza di alimentazione elettrica dalla rete o dai

generatori di emergenza. Tra i dispositivi hard core vi saranno “robusti” centri di emergenza, efficaci

e affidabili sistemi di comunicazione, e dotazioni sicure di acqua, carburante diesel e dosimetri per i

lavoratori.

Allo stesso tempo, una forza di “intervento rapido” dovrà essere disponibile per intervenire su

qualunque impianto del paese nel giro di 24 ore, e dotata di personale altamente specializzato e

attrezzature mobili quali generatori diesel ed elicotteri. EdF ha già svolto una esercitazione di questo

tipo sulla centrale nucleare di Cruas-Meysse. EdF attiverà un’altra forza di intervento a livello

nazionale, chiamata FIRE, che curerà la riparazione delle reti elettriche.

La ASN inoltre richiede che tutti gli operatori francesi considerino la possibilità di costruire una

barriera che prevenga la contaminazione delle acque superficiali e sotterranee in ogni circostanza. Ciò

vale in particolare per gli operatori che usano piscine per conservare combustibile nucleare irradiato.

La ASN, convinta che la sicurezza risiede soprattutto nella qualità delle persone e del lavoro, ritiene

che il massimo sforzo debba essere portato nella supervisione dei subfornitori: i licenziatari nucleari

dovranno controllare direttamente le attività dei subfornitori con aspetti di sicurezza. In ogni caso,

non saranno permessi più di tre livelli di subfornitura. I subfornitori dovranno anche essere

disponibili, ed in grado, di svolgere ruoli potenzialmente vitali, nel caso di un incidente che lo

richieda.

Intanto, il “complesso nucleare-industriale” francese si sta riorganizzando per riprendere il suo ruolo

di eccellenza in ambito mondiale dopo prove non lusinghiere, come i continui slittamenti temporali ed

aumenti di costi che affliggono il cantiere della centrale di Olkiluoto in Finlandia, dove è in

costruzione, a cura dell’Areva, il testa-di-serie EPR, il suo primo reattore di “III generazione

avanzata”, o come l’insuccesso nella gara per una centrala da quattro reattori negli Emirati Arabi

Uniti, vinta dall’industria delle Corea del Sud per 20 miliardi di dollari.

Già nel 2008 un decreto presidenziale aveva costituito il Conseil Politique Nucleaire (CPN), presieduto

dal Presidente stesso, con il compito di ristrutturare e rilanciare il nucleare francese. Nel febbraio 2011

il CPN si occupò della rivalità tra l’Areva (posseduta dal governo per oltre il 90%) e l’EdF (posseduta

dal governo per l’85%), possibile fattore determinante dell’insuccesso nella gara degli Emirati Arabi

Uniti.

Page 32: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

31

Il CPN ordinò ad Areva e EdF di stabilire un accordo tecnico e commerciale per migliorare il progetto

dell’European Pressurized Reactor (EPR, da 1650 MWe), e collaborare nella manutenzione e

nell’operazione della flotta di reattori di EdF, negli sviluppi del ciclo del combustibile e nella gestione

dei rifiuti radioattivi. L’accordo, siglato nel luglio 2011, assegna un ruolo guida all’EdF, in particolare

nella promozione delle esportazioni.

Il CPN ha anche raccomandato ad Areva, EdF, GdF-Suez ed altri attori interessati di rafforzare la

collaborazione già in atto sul reattore ATMEA1.

Questo è un reattore di potenza intermedia (1100 MWe), di “III generazione”, in corso di sviluppo in

base ad un accordo del 2007 tra Areva NP e Mitsubishi Heavy Industries. Il nuovo reattore è destinato

precipuamente ai paesi nuovi entranti nel nucleare, ma anche GdF Suez potrebbe essere interessata

alla costruzione di un primo ATMEA1 in Francia. Si noti in proposito che, a seguito di una revisione

durata 18 mesi, l’organismo di sicurezza nucleare francese (ASN) ha dato una approvazione

preliminare delle opzioni di sicurezza adottate dall’ATMEA1.

Il reattore ATMEA1 è un reattore ad acqua in pressione da 1100 MWe che permette lunghi cicli

operativi, brevi fermate per la ricarica del combustibile, ed ha la capacità di seguire la richiesta di

carico fino al 5% al minuto. I dispositivi di sicurezza sono sia attivi che passivi, e comprendono un

contenitore per il nocciolo fuso (core catcher).

Inoltre, il Ministero dell’Energia guiderà un gruppo di lavoro sugli aspetti tecnici, legali ed economici

dei piccoli reattori (100-300 MWe).

Il CPN ha anche incaricato il Commissariato all’Energia Atomica (CEA) di negoziare con le autorità

cinesi un accordo complessivo tra i due paesi su tutti gli aspetti del settore dell’energia nucleare per usi

civili, compresa la sicurezza. L’accordo potrà includere lo sviluppo di un nuovo reattore da 1000 MWe

di “III generazione”, probabilmente con la China Guangdong Nuclear Power Company (CGNPC) e

basato sul valido reattore cinese CPR-1000, su cui Areva ha ancora diritti di proprietà intellettuale.

Gran Bretagna

La Gran Bretagna ha 18 reattori commerciali in operazione, che forniscono il 16% del suo consumo

elettrico, ed un ciclo del combustibile che comprende il ritrattamento. Una vasta flotta di reattori

Magnox (ad uranio naturale, moderati a grafita e refrigerati a gas) fu costruita negli anni 1950 e 1960,

seguiti da 14 Advanced Gas-cooled Reactors (AGR) e da un PWR.

Page 33: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

32

L’elettricità di origine nucleare raggiunse il picco del 25% negli anni 1990, ma la fermata dei reattori

più vecchi ha ridotto oggi tale percentuale al 16%.

Gli ultimi tre reattori Magnox dovranno essere chiusi entro il 2012 ed i 14 AGR dovrebbero essere

chiusi tra il 2016 e il 2023. La gran parte dell’energia elettrica in Gran Bretagna è prodotta dal gas

naturale (46%) e dal carbone (28%).

Al fine di far fronte alla futura domanda di energia elettrica, e soddisfare le richieste di riduzione delle

emissioni di gas-serra poste dall’Unione Europea, il governo britannico condusse nel 2006 una

consultazione nazionale, che convenne sulla necessità di costruire nuove unità nucleari per sostituire le

vecchie, oltre ad un ampio impegno nelle energie rinnovabili.

Il governo quindi stabilì un nuovo ufficio entro il Dipartimento dell’Energia, chiamato Office for

Nuclear Development. Benché si fosse stabilito nel 2006 che il nuovo sviluppo del nucleare non

avrebbe richiesto alcun aiuto dal governo, per attrarre investitori il governo identificò i siti adeguati per

i nuovi impianti (tipicamente, siti già ospitanti vecchie centrali nucleari).

In questa prospettiva, la EdF si mosse aggressivamente, acquisendo la British Energy nel 2009. EdF

ora pianifica la costruzione di 4 reattori nei siti di Sizewell e Hinkley Point (ambedue già ospitanti

centrali nucleari), con la previsione che il primo reattore (a Hinkley Point) possa essere connesso alla

rete nel 2018. Una joint venture tra la tedesca RWE e la anglo-tedesca E.On U.K., denominate Horizon

Nuclear Power, aveva anch’essa prenotato due siti nucleari, e prevedeva di disporre di 6000 MWe

nucleari in operazione al 2025, ma questa iniziativa sembra ora interrotta, anche a causa delle difficoltà

economiche che le aziende tedesche dovranno fronteggiare a seguito delle nuove decisioni della

Germania riguardo all’energia nucleare Un terzo consorzio tra Iberdrola e GdF Suez, chiamato

NuGeneration, pianifica la costruzione di 3600 MWe nucleari nell’esistente sito nucleare di Sella-field.

La politica energetica della Gran Bretagna resta a favore dell’energia nucleare anche dopo l’incidente

di Fukushima. Come membro dell’Unione Europea, la Gran Bretagna ha sottoposto le unità nucleari

ancora operanti a valutazioni di rischio nell’estate del 2011, e gli operatori stanno predisponendo

alcuni miglioramenti della sicurezza, con particolare riguardo alla difesa dalle inondazioni e dalla

perdita di alimentazione elettrica.

A fine luglio 2011, il Parlamento britannico ha ratificato il “National Policy Statement for Nuclear

Energy”, che conferma l’impegno del governo a continuare nel programma di costruzione di nuovi

reattori e assicura all’industria il sostegno politico all’opzione nucleare. .

Page 34: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

33

E’ di grande significato il fatto che un recente sondaggio, condotto in Gran Bretagna nel dicembre

2011, indica che il supporto del pubblico per l’energia nucleare è ritornato ai livelli dei mesi precedenti

l’incidente di Fukushima. I favorevoli alla costruzione di nuovi impianti nucleari sono infatti risultati il

50%, rispetto al 36% del giugno 2011, e al 47% del novembre 2010, mentre i contrari si sono ridotti al

20% rispetto al 28% del giugno 2011.

Page 35: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

34

Paesi con capacità nucleari solo civili (costruzione e operazione)

Germania

Prima dell’incidente di Fukushima, 11 marzo 2011, la Germania aveva 17 reattori nucleari in

operazione che avevano fornito oltre un quarto dell’energia elettrica tedesca nel 2010. Il primo reattore

nucleare nella Germania dell’Ovest fu avviato nel 1975. Siemens-KWU continuò a costruire reattori

negli anni 1970 e 1980, e l’ultimo reattore fu posto in linea nel 1989. A seguito dell’incidente di

Chernobyl nel 1986, l’atteggiamento del pubblico cambiò drasticamente ed il governo tedesco

annunciò la sua intenzione di fermare tutti gli impianti nucleari entro il 1996.

Cambiamenti politici, uniti alla forte pressione da parte delle aziende elettriche, permisero di

proseguire l’operazione degli impianti oltre quella data, e nel 2000 si arrivò ad un compromesso che

prevedeva la chiusura degli impianti esistenti dopo 32 anni di funzionamento (in pratica, tutti i reattori

si sarebbero fermati entro il 2022). In seguito, a causa delle crescenti preoccupazioni per le emissioni

di gas-serra, nonostante l’espansione delle energie eolica e solare, nel 2010 fu ancora prolungata la vita

utile di diversi reattori, arrivando anche oltre il 2030.

Tuttavia, appena accaduto l’incidente di Fukushima, la Cancelliera Angela Merkel capovolse la sua

posizione riguardo al nucleare, in un inutile tentativo di salvare il risultato in imminenti elezioni ad

alto rischio per il suo partito. Essa dispose l’immediato arresto di tutti gli impianti costruiti prima del

1980 (8 dei 17 in operazione). Pochi mesi dopo, il governo ristabilì il termine del 2022 per la chiusura

di tutti gli impianti nucleari. Le grandi compagnie elettriche tedesche, E.On e RWE, videro crollare i

loro utili e sono ora costrette a ristrutturarsi vendendo attività e licenziando personale. Molte grandi

aziende, chimiche, siderurgiche e meccaniche, minacciano di delocalizzare le loro attività.

Anche se il governo pensa di espandere ancora le energie rinnovabili, per sostituire l’energia nucleare

sarà necessario costruire entro il 2020 oltre 20 GWe di impianti a gas naturale o carbone!

Corea del Sud

Il consumo di energia elettrica in Corea del Sud è passato da 33 TWh nel 1980 a ben 371 TWh nel

2006 (in Italia, con una popolazione ben maggiore, oggi siamo a 330 Twh). Nel 2008 la potenza

installata era di 72,5 GWe, di cui la potenza nucleare era 17,7 GWe (24% del totale), e forniva il 36%

della domanda (144 TWh).

Page 36: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

35

Nel 2020 si prevede una potenza nucleare di 27,3 GWe, che fornirà 226 Twh, il 43,4% dell'elettricità,

per arrivare al 48% nel 2022, anche se recenti proiezioni stimano il 50% al 2020, così da poter ridurre

drasticamente l'utilizzo del gas naturale.

Per il 2030 il governo intende portare il nucleare a fornire tl 59% della elettricità (333 TWh), da parte

di soltanto il 41% della potenza installata. I costi dell'energia nucleare sono bassi in Corea del Sud: nel

2008 si stimavano 3 cUS$/kWh, rispetto ad un prezzo medio di circa 5 cUS$/kWh.

Anche le strategie verso l'esportazione sono ben determinate ed ambiziose. Appena dopo la vendita di

quattro moderni impianti nucleari agli Emirati Arabi Uniti, il Ministro dell'Economia della Conoscenza

nel gennaio 2010 dichiarò l'obiettivo di esportare entro il 2030 fino a 80 impianti nucleari per un

valore di 400 miliardi di dollari, così da divenire il terzo fornitore mondiale di questa tecnologia, con

una quota del 20% del mercato mondiale, dopo USA, Francia o Russia. Egli afferma: "Nuclear power-

related business will be the most profitable market after automobiles, semiconductors and

shipbuilding. We will promote the industry as a major export business." L'industria coreana mira ad

essere autosufficiente al 100% entro il 2012. Dopo la vendita agli Emirati Arabi Uniti, sono in corso

trattative con la Turchia, la Giordania, la Romania e l'Ucraina, oltre che con paesi dell'Asia del Sud

Est.

Le attività nucleari iniziarono in Corea del Sud quando il Paese divenne membro della International

Atomic Energy Agency nel 1957. Ma soltanto dieci anni dopo iniziò la costruzione del primo impianto

nucleare di potenza, Kori-1, fornito chiavi-in-mano dalla Westinghouse. Esso venne avviato nel 1977

(circa venti anni dopo i primi reattori italiani!) ed entrò in operazione commerciale nel 1978. Dopo di

che, vi fu un'esplosione di attività, con otto reattori in costruzione già nei primi anni 1980.

Partendo dalla tecnologia di Westinghouse e di Framatome (ora, Areva) per le sue prime otto unità

PWR, e di Combustion Engineering (che divenne poi parte di Westinghouse) per altre due, il Korean

Standard Nuclear Power Plant (KSNP) divenne un progetto a sé, evoluto poi nel KSNP+. Nel 2005 il

KSNP/KSNP+ fu denominato OPR-1000 (Optimised Power Reactor). Nell’ambito del piano definito

dal Ministero dell'Educazione, della Scienza e della Tecnologia, venne poi sviluppato il reattore

coreano APR-1400, che è il tipo venduto agli Emirati Arabi Uniti, per la centrale di Braka in Abu

Dhabi.

Come già fatto cenno, si tratta di una centrale costituita da quattro reattori da 1400 MWe ciascuno, che

saranno costruiti dall’industria delle Corea del Sud ad un costo di 20 miliardi di dollari. I quattro

reattori dovrebbero entrare in funzione rispettivamente negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020.

Page 37: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

36

E’ possibile che gli Emirati Arabi Uniti entro il prossimo anno procedano ad ordinare altri quattro

reattori, che potrebbero essere installati nella stessa centrale, dove vi sarebbero spazio ed infrastrutture

adeguate. Se l’ordine venisse ancora assegnato all’industria coreana, questa prevede che al 2020 ben

6000 suoi addetti altamente specializzati sarebbero impiegati in Abu Dhabi.

La peculiare competitività dell’industria nucleare della Corea del Sud è anche conseguenza del

coordinamento degli sforzi tra tutti gli operatori nazionali interessati, e soprattutto dell’impegno nella

standardizzazione dei progetti per una lunga serie di esemplari successivi, a cominciare da quelli

costruiti in patria. Si veda in proposito il diagramma sotto riportato.

Nel novembre 2011 il governo ha riconfermato il suo impegno per l'energia nucleare, ed in particolare

per il completamento di sei nuovi reattori entro il 2016. Come già fatto cenno, poi, il Ministro per

l'Economi della Conoscenza ha annunciato piani per raggiungere il 59% dei consumi elettrici

domestici dal nucleare entro il 2030, e per fare alla stessa data della Corea del Sud il terzo più grande

esportatore di reattori con il 20% del mercato mondiale, nel quadro di un programma denominato Nu-

Tech 2030.

Page 38: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

37

Questo programma prevede lo sviluppo entro il 2012 di una tecnologia indigena con piena proprietà

intellettuale, conosciuta come lo Innovative, Passive, Optimised, Worldwide Economical Reactor (I-

POWER).

Il Korea Atomic Energy Research Institute (KAERI) ha in corso di sviluppo anche lo SMART

(System-integrated Modular Advanced Reactor), un reattore ad acqua pressurizzata da 330 MWt con

generatori di vapore integrati, e dispositivi perfezionati per la sicurezza passiva. E' progettato per

generare fino a 100 MWe di elettricità e/o entalpia per applicazioni termiche, come la desalinizzazione

dell'acqua di mare. Un impianto integrato basato sul reattore SMART, che produce 40.000 m3/giorno

di acqua dolce e 90 MWe, a costi inferiori rispetto ad un impianto a gas, viene proposto per l'isola di

Madura, Indonesia.

ibileNuclear Safety and Security Commission (NSSC), con il ruolo di regolatore indipendente che

riporta al Presidente della Repubblica, ed il cui presidente ha un rango ministeriale. Il preesistente

Korean Institute of Nuclear Safety (KINS) diviene una organizzazione di supporto tecnico alle sue

dipendenze, mentre il Ministero dell'Educazione, la Scienza e la Tecnologia semplicemente promuove

l'energia nucleare, e il Ministero per l'Economia della Conoscenza è responsabile della politica

dell'energia, della costruzione e dell'operazione degli impianti nucleari, della fornitura del combustibile

nucleare, della gestione dei residui radioattivi.

Dopo l'incidente di Fukushima, vi è stata una immediata verifica di ogni sito, seguita da una revisione

della sicurezza per tutti gli impianti (con una speciale attenzione al più vecchio, il Kori-1), e quindi lo

Integrated Regulatory Review Service dell'IAEA ha controllato l'intera situazione del nucleare della

Corea del Sud. Una serie di provvedimenti sono stati intrapresi: la barriera di costa del Kori-1 da

innalzare a 10 m; porte a tenuta da applicare agli ambienti dei generatori diesel di emergenza; gli

alimentatori a batteria da proteggere dalla possibilità di allagamento; un veicolo con generatore diesel

mobile da dislocare in ogni sito; le pompe da rendere impermeabili; sistemi di rimozione dell'idrogeno

che non dipendono dall'energia elettrica da installare; le apparecchiature di scarico e decompressione

da migliorare; e le prestazioni antisismiche dei dispositivi di arresto automatico e dei sistemi di

raffreddamento da migliorare. Tutto ciò rappresenta un investimento di circa 1 miliardo di dollari in

cinque anni.

Il KAERI è anche fortemente impegnato nelle attività di ricerca e sviluppo sulle innovazioni per le

attuali filiere e sulle filiere nucleari del futuro.

Page 39: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

38

L’uso diretto nei reattori CANDU del combustibile irraggiato nei PWR (Direct Use of spent PWR fuel

In Candu reactors: DUPIC) costituisce l’oggetto del caso di studio della Corea del Sud per il progetto

IMPRO dell’IAEA: si tratta di prelevare il combustibile irraggiato dai reattori ad acqua leggera, come i

PWR, macinarlo, riscaldarlo in ossigeno così da eliminare circa il 40% dei prodotti di fissione, e

ricostruirlo come combustibile per Pressurized Heavy Water Reactor (PHWR).

Esso contiene così tutti gli attinidi, compreso circa lo 1% di plutonio, e circa il 96% di uranio

compreso lo 1% di U-235. Così il contenuto di fissile è circa lo 1,5%, più del doppio rispetto all’uranio

naturale normalmente usato negli attuali PHWR.

Un altro filone di punta è lo sviluppo del piroprocessamento elettrometallurgico per chiudere il ciclo

del combustibile ad ossido. Eliminati i prodotti volatili di fissione e ridotto il combustibile a metallo,

questo viene posto in bagno di cloruri di litio e di potassio, e l’uranio è recuperato per via elettrolitica.

I rimanenti transuranici (Pu, Np, Am, Cm) vengono concentrati e rimossi con i restanti prodotti di

fissione (in particolare cerio, neodimio e lantanio) per essere fabbricati come combustibile per reattori

veloci a prova di proliferazione nucleare (a causa della sua alta radioattività, dovuta in particolare alla

forte emissione neutronica del cerio). E’ così possibile riciclare il 95% del combustibile usato.

Nel 2008 l’IAEA approvò un laboratorio di elettroraffinazione, lo Advanced Spent Fuel Conditioning

Process Facility (ACPF) presso il KAERI, da costruire nel 2011 ed espandere a livello pilota nel

2012. Questo dovrà essere il primo stadio della Korea Advanced Pyroprocessing Facility (KAPF), da

avviare sperimentalmente nel in 2016 e trasformare in impianto commerciale nel 2025.

Strettamente connesso a questa linea di sviluppo, e destinato ad essere alimentato con il prodotto della

medesima, il KAERI propone il “Sodium-cooled Fast Reactor” (SFR), che dovrà operare in modalità

di “bruciatore”, non di “fertilizzatore”. Un reattore dimostratore di questo tipo è previsto in Corea del

Sud per il 2028.

Una seconda linea di sviluppo di reattori veloci viene condotta dal Nuclear Transmutation Energy

Research Centre of Korea (NuTrECK) presso la Università di Seul, con riferimento all’esperienza

russa: si considerano reattori raffreddati con la miscela piombo-bismuto, da 35, 300 and 550 MWe, che

dovrebbero operare col combustibile piroprocessato. L’unità da 35 MWe è progettata per essere

affittata agli utenti per 20 anni, operata senza ricambio del combustibile, e quindi restituita al fornitore.

Potrà essere rifornita di combustibile presso l’impianto di piroprocessamento, e raggiungere così una

vita utile di 60 anni.

Page 40: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

39

Il KAERI ha anche sottoposto al Generation IV International Forum il progetto di un Very High

Temperature Reactor (VHTR) destinato alla produzione di idrogeno. Si tratta di unità da 300 MWt

operanti a 950ºC, ciascuna in grado di produrre 30.000 tonnellate di idrogeno all’anno. Il KAERI

prevede che il progetto ingegneristico sia pronto nel 2014, la costruzione inizi nel 2016 e l’operazione

nel 2020. Un accordo con l’acciaieria Posco intende usare lo VHTR anche per fondere il ferro.

Page 41: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

40

Paesi con impianti nucleari civili (sola operazione)

Brasile

Il Brasile iniziò il suo programma nucleare negli anni 1970, ed è poi rimasto sempre favorevole all’uso

di questa fonte di energia. Attualmente dispone di due unità nucleari in operazione, Angra 1 and 2,

presso Rio de Janeiro, ed anche stabilimenti per l’arricchimento dell’uranio e la fabbricazione del

combustibile, al servizio dei due predetti reattori. La prima unità di Angra, da 520 MWe, fu fornita da

Westinghouse negli anni 1970. In seguito, il Brasile stipulò un accordo con la Germania per otto unità

da 1300 MWe, ma la stagnazione economica fermò quei piani. Nel 1995, riprese la costruzione di

Angra 2 con l’aiuto di ulteriori investimenti tedeschi: il nuovo reattore, da 1275 MWe, fu posto in

linea nel 2000.

Nel 2006 il Presidente del Brasile annunciò un piano per una terza unità ad Angra, e altre quattro unità

da 1000 MWe da costruire entro il 2030. Il piano riconosceva infatti la vulnerabilità del paese che

dipendeva per oltre l’80% dalla fonte idroelettrica, soggetta alla variabilità climatica. La Commissione

Nazionale per l’Energia Nucleare ha concesso la licenza di costruzione per Angra 3 nel maggio 2010; i

lavori sono iniziati immediatamente ed il reattore dovrebbe essere operativo entro il 2015.

Eletronuclear, la azienda elettronucleare controllata dallo stato, ha definito la localizzazione di un altro

impianto presso Recife nel nordest del Brasile e sta lavorando con l’ente di ricerca competente per

definire altre localizzazioni. Nel giugno 2011, il Senato ha approvato una legge che prevede incentivi

economici per la Eletrobras, controllata dallo stato, ma anche per investitori privati nazionali e

internazionali.

A seguito dell’incidente di Fukushima, il Brasile ha riesaminato la sicurezza dei propri impianti

nucleari. Alla conclusione di questo esame, il governo ha confermato i suoi piani per proseguire nello

sviluppo del nucleare, con l’obiettivo di realizzare entro il 2030 fino a 8 GWe di nuovi reattori, ritenuti

necessari per soddisfare il carico elettrico di base senza accrescere le emissioni di gas-serra..

Finlandia

La Finlandia, pur essendo un Paese con poco più di cinque milioni di abitanti, costituisce nel settore

nucleare un esempio singolare di capacità di pianificazione strategica e di investimenti rilevanti in una

prospettiva che si può ben dire pluri-secolare. Infatti, i primi reattori divennero operativi in Finlandia

negli anni 1970, e sono tuttora funzionanti, a livelli di potenza, e con vite utili autorizzate, ben

superiori a quelli di progetto.

Page 42: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

41

Inoltre, i nuovi reattori già programmati, e che saranno costruiti nei prossimi anni, hanno vite utili di

progetto di 60 anni, che potranno realisticamente essere portate a 80, e forse anche a 100 anni, e

quindi potranno ancora essere operativi nel XXII secolo!

La Finlandia produce circa 80 TWh di energia elettrica all’anno, la gran parte da carbone importato

da Russia e Polonia, ed una parte da gas naturale importato dalla Russia. Nel 2010 le fonti fossili

hanno fornito 42 TWh, il nucleare 22 TWh, l’idroelettrico 13 TWh e le importazioni di elettricità,

sempre in gran parte dalla Russia, furono 10,5 TWh. La Finlandia, infatti, presenta un elevatissimo

consumo elettrico pro-capite, pari a ben 16.000 kWh all’anno (circa tre volte il consumo pro-capite

italiano). Il Paese, inoltre, fa parte del “Nordic electricity system”, deregolato e soggetto a gravi

carenze in particolare negli anni di siccità (essendo in gran parte alimentato da centrali idroelettriche

dislocate in Norvegia e Svezia).

La Finlandia ha attualmente quattro reattori nucleari operativi, per un totale di 2700 MWe, che sono

tra i più efficienti nel mondo (fattore di carico di oltre l’85%). Due reattori ad acqua bollente, costruiti

dalla svedese Asea Atom, sono gestiti dalla Teollisuuden Voima Oy (TVO), e due reattori ad acqua

in pressione di origine russa (VVER), ma modificati con contenimento e sistemi di controllo di tipo

occidentale, sono gestiti dalla Fortum Corporation.

I reattori finlandesi sono stati sistematicamente potenziati durante la loro vita: i reattori di Olkiluoto 1

& 2, della TVO, furono avviati negli anni 1978-1980 alla potenza di 658 MWe, e 30 anni più tardi

sono stati portati ciascuno a 860 MWe (con un incremento del 30%), e la loro vita utile è stata estesa a

60 anni. La TVO ora procede per portare progressivamente i due reattori addirittura a 1000 MWe

ciascuno. Un potenziamento di 25 MWe di Olkiluoto 1 è già avvenuto nel maggio-giugno 2010, con

la sostituzione delle turbine di bassa pressione. Un analogo potenziamento è stato avviato per la unità

2. Così, i due reattori VVER-440 di Fortum a Loviisa sono stati potenziati ciascuno dai 445 MWe

degli anni 1977-1980 a 488 MWe, mentre la loro vita utile è stata portata da 30 a 50 anni. Queste

storie dimostrano una esemplare capacità di valorizzare gli investimenti strategici del proprio Paese

da parte dei finlandesi.

Per quanto riguarda il futuro, a seguito di una richiesta avanzata da TVO nel novembre 2000, nel

maggio 2002 il parlamento finlandese approvò la costruzione del quinto impianto nucleare, che

avrebbe dovuto entrare in operazione nel 2009. La decisione fu ritenuta di grande significato, in

quanto era la prima dopo oltre dieci anni riguardante la costruzione di un nuovo impianto nucleare

nell’Europa Occidentale. Come sito, fu prescelto Olkiluoto, dove già operavano due reattori.

Page 43: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

42

Dopo l’esame di tre offerte, nell’ottobre del 2003 TVO annunciò la scelta dell’European Pressurized

Water Reactor (EPR) da 1600 MWe, fornito dalla francese Framatome ANP (poi, Areva). La Siemens

fu scelta per fornire turbine e generatori. Il tutto per un prezzo di 3,2 miliardi di Euro.

La costruzione iniziò nel maggio 2005, ma presto si verificarono ritardi, particolarmente nella sezione

del reattore. Attualmente la TVO prevede l’agosto 2014 per l’operazione commerciale. Il costo si è

notevolmente incrementato, e l’Areva dovrebbe assumersi un onere di ben 2,7 miliardi di Euro.

Quindi la prima unità EPR ad essere avviata nel mondo dovrebbe ora essere quella in avanzata

costruzione a Taishan in Cina, alla fine del 2013.

Ma in Finlandia vengono pianificati ulteriori reattori. Nel marzo 2007, TVO e Fortum avviarono studi

per nuove unità a Olkiluoto e Loviisa rispettivamente. Nell’aprile 2010 il governo respinse la proposta

di Fortum per la costruzione di un nuovo reattore (la terza unità) a Loviisa.

Nel maggio 2010 la TVO ottenne l’approvazione per la costruzione di un reattore da 1000-1800

MWe, di tipo PWR o BWR, come unità Olkiluoto 4. TVO, oltre a considerare un altro EPR da 1650

MWe, sta anche esaminando la versione di Toshiba dell’ABWR (di circa 1650 MWe), l’ESBWR di

GE-Hitachi (da circa 1650 MWe), l’EU-APWR della Mitsubishi (da circa 1650 MWe) e il più piccolo

APR-1400 coreano (da circa 1450 MWe).

Un nuovo consorzio di 70 società industriali ed energetiche ha poi annunciato piani per costituire la

Fennovoima Oy, guidata dalla tedesca E.On, per costruire un nuovo impianto nucleare. Nell’ottobre

2011 il Ministero dell’Ambiente ha deciso per il nuovo impianto il sito di Hanhikivi, una penisola sul

golfo di Botnia. L’impianto Hanhikivi 1 avrà una potenza compresa tra 1250 e 1700 MWe, e

utilizzerà o un EPR di Areva, o la versione di Toshiba dell’ABWR da 1380 MWe. Le offerte da

Areva eToshiba sono state ricevute nel febbraio 2012. Una decisione potrà essere presa entro il 2012.

L’impianto dovrà fornire anche calore di processo e teleriscaldamento. Dopo l’ottenimento della

licenza di costruzione, i lavori dovrebbero iniziare nel 2014, e la operazione commerciale è prevista

per il 2020.

Il parlamento finlandese nel luglio 2010 ha anche approvato l’ampliamento del deposito di residui

radioattivi di Posiva.

Page 44: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

43

Paesi che intendono acquisire impianti nucleari civili

Polonia

La Polonia non ha finora alcun reattore commerciale in operazione, ma intende aggiungere una

importante quota di impianti nucleari alla sua rete elettrica. La Polonia dispone delle più grandi riserve

di carbone dell’Unione Europea, ed il carbone produce oltre il 90% della sua energia elettrica. La

Polonia prevede un forte incremento nei consumi di energia elettrica e, tenuto conto degli stringenti

limiti alle emissioni di carbonio posti dall’Unione Europea, ritiene indispensabile introdurre il nucleare

nella nuova capacità di generazione elettrica.

Nel 2005 il governo definì un piano a lungo termine per la costruzione di reattori nucleari. Nel 2009 il

Ministero dell’Economia riconobbe che l’opzione nucleare rappresenta la scelta più economica per la

riduzione delle emissioni nazionali di carbonio. Subito dopo, il consiglio dei ministri ha avviato la

identificazione di due siti nucleari, dai quali dovrà pervenire il 15% dell’energia elettrica del paese

entro il 2030. Nel maggio 2011, quindi dopo l’incidente di Fukushima, il governo polacco ha adottato

una legislazione che stabilisce le procedure da seguire da parte dell’industria, assegnando alla Agenzia

Nazionale per l’Energia Atomica l’autorità di supervedere la costruzione e l’operazione dei reattori, e

la gestione del combustibile usato.

La società elettrica Polska Grupa Energetyczna SA (PGE), di proprietà statale, ha approvato la

costruzione di due centrali nucleari da 3000 MWe ciascuna, per un investimento di 103 miliardi di

dollari tra il 2012 e il 2035. Con questa decisione, la PGE intende accrescere la propria potenza

installata dagli attuali 13,1 GWe, a 15,8 GWe nel 2020 ed a 21,3 GWe nel 2035.

Attualmente, la PGE genera due terzi della propria elettricità dalla lignite, mentre il resto viene da

antracite. La società intende nel 2020 ridurre l’uso della lignite al 55%, dell’antracite al 18%, con un

contributo del gas naturale al 15% e delle rinnovabili all’11%. Tuttavia, nel 2035 la società intende

generare circa il 36% della sua elettricità dal nucleare, con l’11% dal gas naturale, il 14% dalle

rinnovabili, il 33% dalla lignite e soltanto più il 5% dall’antracite. Conseguentemente, le emissioni di

anidride carbonica scenderanno dalle attuali 1,06 t/MWh a circa 0,27 t/MWh nel 2035.

Ciascuna delle due centrali nucleari, da 3000 MWe, potrà essere composta da due o tre grandi reattori.

Il primo reattore della prima centrale dovrebbe entrare in operazione nel 2023, mentre le altre unità

dovrebbero seguire una ogni due o tre anni. Tre siti potenziali per la prima centrale sono stati indicati

nel novembre 2011, e cioè Zarnowiec e Choczewo in Pomerania, e Gaski nella in Pomerania

Occidentale. Un bando per la scelta dei fornitori dovrebbe uscire entro quest’anno.

Page 45: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

44

La PGE stima che il costo medio dell’energia elettrica generata dalle nuove centrali nucleari si porrà

tra i 65 e i 68 Euro/MWh, e cioè molto competitivo in qualsiasi scenario.

Oltre ai piani per i reattori domestici, la PGE fa anche parte di un consorzio con Estonia, Lettonia e

Lituania per una centrale nucleare “regionale” del Baltico, da costruire in Lituania.

Turchia

Nel 2007 la Turchia produsse 191 TWh da 40,6 GWe di impianti. Sempre nel 2007, il 49%

dell’elettricità fu prodotta col gas (due terzi del quale proveniva dalla Russia, la gran parte del resto

dall’Iran), il 28% col carbone, e il 19% dall’idroelettrico. La domanda cresce dell’8% all’anno. Il

consumo pro-capite è cresciuto da 800 kWh/anno nel 1990 a 2000 kWh/anno. Il programma per

l’energia nucleare costituisce quindi un fattore chiave per la crescita economica del paese.

Parecchi progetti nucleari vennero proposti, a partire dagli anni 1970, già con riferimento al sito di

Akkuyu sulla costa del Mediterraneo orientale. Nel 2006 poi la provincia di Sinope sul Mar Nero fu

scelta per ospitare un impianto nucleare, col vantaggio di una temperatura dell’acqua di

raffreddamento di circa 5°C inferiore a quella del Mediterraneo, permettendo così un incremento di

potenza di circa l’1%.

Nel 2007 venne approvata una nuova legge per la costruzione e l’operazione degli impianti nucleari di

potenza, e la vendita della elettricità da essi prodotta. La legge prevede che la Turkish Atomic Energy

Authority (TAEK) stabilisca i criteri per la costruzione e l’operazione degli impianti. La Turkish

Electricity Trade & Contract Corporation (TETAS) dovrà poi comperare tutta l’energia elettrica

prodotta per un periodo di 15 anni. La legge si occupa anche della gestione dei residui radioattivi e

dello smantellamento degli impianti, stabilendo un Waste Account (URAH) e un Decommissioning

Account (ICH), che saranno gradualmente finanziati dai gestori degli impianti.

Ad oggi, gli impianti pianificati o proposti sono i seguenfi:

Ad Akkuyu: 4 reattori VVER-1200 da 1200 MWe ciascuno.

A Sinope: 4 reattori PWR da 1550 MWe ciascuno.

Inoltre il governo intende costruire, entro il 2030, altre tre centrali, ciascuna con quattro reattori.

Quindi a quella data la Turchia potrebbe disporre di qualcosa come 20 reattori per una potenza

dell’ordine di 30.000 MWe, a fronte di una potenza totale installata di 100.000 MWe! (Dato l’alto

fattore di carico delle centrali nucleari, la frazione di energia elettrica da fonte nucleare potrebbe

avvicinarsi al 50%).

Page 46: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

45

Nel maggio 2010 i capi di stato di Russia e Turchia hanno firmato un accordo intergovernativo per cui

la Rosatom costruisce, possiede ed opera la centrale di Akkuyu con quattro unità, ciascuna da 1200

MWe del tipo AES-2006 per un costo di 20 miliardi di dollari. TETAS comprerà una quota fissa della

elettricità ad un prezzo prefissato di 12,35 cUS$/kWh per un periodo di 15 anni, o fino al 2030. La

quota sarà il 70% del prodotto delle prime due unità, ed il 30% di quello delle unità 3 & 4 per i 15 anni

dall’inizio della operazione commerciale di ciascuna. La parte restante dell’energia verrà venduta sul

libero mercato. Dopo 15 anni, quando l’impianto dovrebbe essere ammortizzato, l’azienda divenuta

proprietaria pagherà il 20% dei profitti al governo turco.

A fine 2010 la Rosatom ha annunciato che la costruzione da parte di Atomstroyexport sarebbe iniziata

nel 2013 e che la prima unità sarebbe stata operativa nel 2018, le altre negli anni 2019-2021.

Nel dicembre 2011 la azienda proponente, Akkuyu Nukleer Santral Elektrik Uretim, ha avanzato la

domanda per i permessi di costruzione e la licenza di produzione, insieme alla valutazione di impatto

ambientale, per una partenza dei lavori nel 2013.

Per il sito di Sinope, sul Mar Nero, dal febbraio 2008 sono in corso lavori preparatori per la

costruzione non solo di una seconda centrale nucleare, ma anche di un centro per la tecnologia

nucleare del costo di 1,7 miliardi di Euro. La centrale, da 5600 MWe, dovrebbe costare circa 20

miliardi di dollari.

Nel marzo 2010 venne firmato un accordo tra la la Korea Electric Power Corporation (Kepco) e la

EUAS per la preparazione da parte di Kepco di un’offerta per costruire gli impianti di Sinope, con

quattro reattori APR-1400 da avviare dal 2019 in avanti. La Kepco dovrebbe partecipare al 40% nel

capitale. Tuttavia, questo accordo è decaduto, in quanto la Kepco insisteva per una garanzia nella

vendita dell’elettricità da parte dello stato, e non da TETAS, come per Akkuyu.

Il Giappone allora espresse il suo interesse a costruire l’impianto da 5600 MWe, e nel dicembre 2010

firmò un accordo per un’offerta. Toshiba e Tepco vennero impegnate nella proposta, scegliendo

quattro unità ABWR da 1350 MWe ciascuna. Tuttavia questo lavoro venne interrotto a seguito

dell’evento di Fukushima, e Tepco si è poi ritirata. Successive notizie danno per possibile un’offerta

dalla Mitsubishi Heavy Industries insieme a Kansai (che opera 11 reattori PWR), con riferimento a

reattori APWR (PWR avanzati).

Anche un consorzio francese tra Areva e GdF Suez ha espresso l’intenzione di fare un’offerta, così

come l’EdF. Tuttavia, nel novembre 2011 il primo ministro turco ha chiesto al presidente sud-coreano

di rinnovare l’offerta da parte delle industrie coreane.

Page 47: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

46

Per il terzo sito, si ha notizia che la TAEK ha identificato Igneada sul Mar Nero, a 12 km dal confine

bulgaro. Ankara – con ridotto rischio sismico - e Tekirdag sulla costa nord-occidentale del Mar di

Marmara sono anche citati come possibili siti.

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Conclusioni

Per una analisi dettagliata della situazione attuale del nucleare in tutti i Paesi del mondo interessati a

questa tecnologia, si può fare riferimento ad un rapporto del World Energy Council (WEC) sullo stato

dell'energia nucleare ad un anno dall'incidente di Fukushima (“World Energy Perspective: Nuclear

Energy One Year After Fukushima” World Energy Council - 2012).

Il WEC è una associazione interessata a tutte le fonti di energia, e quindi in linea di principio non è

prevenuta a favore o contro l'energia nucleare. Anche per questo si ritiene molto importante il rapporto

suddetto, che comunque appare molto ben documentato e ricco di proposte anche per gli aspetti socio-

politici ed organizzativi.

A conclusione dell’indagine, condotta in 94 Paesi, questo rapporto del WEC ha riscontrato che “the

Fukushima accident has not so far led to a significant retraction in nuclear power programmes in

countries outside Europe, except Japan itself. In Europe, changes in nuclear policies have only taken

place in Germany, Switzerland, and Italy.”

Almeno 50 Paesi stanno operando o costruendo impianti nucleari, o semplicemente prendendo in seria

considerazione l’energia nucleare per la generazione elettrica. La metà di essi, infatti, sono “novizi”,

che intendono sviluppare l’energia nucleare al fine di far fronte al crescente fabbisogno di energia in

maniera efficace e limitando le emissioni di gas-serra. Più di 60 impianti nucleari di potenza sono ora

in costruzione in Cina, India, Russia, Corea del Sud, Francia, Finlandia, e negli Emirati Arabi Uniti.

Negli Stati Uniti è stato approvato l’avvio della costruzione della sezione nucleare per quattro nuovi

impianti, i primi dopo molti decenni di stasi. Questi numeri indicano che l’energia nucleare continuerà

a svolgere un ruolo di primo piano nel futuro mix di fonti energetiche, purché i criteri di sicurezza e le

regole di trasparenza vengano di continuo migliorati e standardizzati a livello internazionale. Ciò dovrà

anche migliorarne l’accettabilità da parte del pubblico.

Il Giappone sta mettendo sotto esame, e sottoponendo a eventuali modifiche prima di un possibile

riavvio, tutti i suoi reattori (salvo quelli messi fuori uso a seguito dei disastri naturali del marzo 2011).

L'Italia invece conferma la sua deriva, in atto da molti anni, che la sta conducendo in un limbo al di

fuori del mondo moderno, e la pone, nello specifico settore, in un ruolo di quart'ordine rispetto ai Paesi

che guideranno il futuro energetico mondiale (essa infatti ovviamente non ha capacità nucleari militari,

ma non avrà neppure capacità di costruzione e gestione di impianti nucleari civili, e appare chiusa

anche per il futuro all’utilizzo di questa tecnologia).

Page 49: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

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La Germania e la Svizzera, che affermano di voler uscire dal nucleare entro uno o due decenni, (così

come l'Austria, che da molti decenni, dopo aver costruito il primo impianto, decise con un referendum

di non avviarlo e di abbandonare il nucleare), sono Paesi pervasi dallo spirito tedesco, caratterizzato da

un tradizionale rapporto complesso e contradditorio con la Natura, che va dal rispetto sacrale al terrore

ancestrale. Questi Paesi, tuttavia, così come l'Italia, non si rendono conto che con le loro scelte saranno

costretti a fare assegnamento, a tempo indeterminato, sulle fonti fossili e/o sull'importazione di energia

di origine fossile o nucleare dai Paesi vicini.

La Germania, ad esempio, ha già deciso di riavviare in grande stile la costruzione di centrali

alimentate da carbone o da gas naturale (oltre 20.000 MWe, equivalenti a venti grandi impianti):

sono ben noti e misurabili i danni conseguenti a questa scelta, sia sanitari che ambientali, in

particolare per quanto riguarda il clima, ma si tratta di danni che "non fanno notizia", e quindi non

sono degni di essere presi in considerazione. John Ritch, direttore generale della World Nuclear

Association, afferma: "Countries like Germany will soon demonstrate the economic and

environmental irresponsibility of allowing politicians to set important national policies in the middle

of a panic attack. In contrast, many national leaders who soberly reviewed their energy strategies

have reaffirmed the conclusion they reached before Fukushima: that nuclear power is a uniquely

reliable and expandable source of low-carbon energy that can be safely used to meet clean-energy

need."

Per concludere, occorre a questo punto far notare che attualmente il principale ostacolo per una

diffusione rapida e significativa dell’energia nucleare è costituito dall’aspetto economico. Come è

noto, infatti, l’impianto nucleare richiede un investimento iniziale di estrema rilevanza, che può

essere giustificato soltanto se “spalmato” su una vita utile molto lunga (oggi, almeno 60 anni). Ma

una simile prospettiva, unita ai rischi inerenti a questo tipo di tecnologia (incidenti di infima

probabilità, ma potenzialmente disastrosi; imprevedibili decisioni politiche), rende l’opzione

nucleare praticamente improponibile agli imprenditori operanti in mercati energetici liberalizzati e

privatizzati.

Un’altra tendenza preoccupante è l’enorme aumento dei costi unitari degli impianti nucleari

verificatasi in Occidente nell’ultimo decennio: per un PWR da costruire in un paese occidentale, si

stima che il costo “overnight” (cioè la somma dei costi di manodopera e materiali come se fossero

tutti sostenuti contemporaneamente) sia passato da circa 2000 US$/kW a circa 4000 US$/kW negli

ultimi otto anni. Ciò significa un investimento iniziale per l’impianto nucleare che è quattro o cinque

volte superiore rispetto a quello per un moderno impianto a ciclo combinato a gas di eguale potenza.

Page 50: Opzione nucleare nel mondo dopo Fukushima (RT ENEA)

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Se poi le prospettive del mercato del gas sono favorevoli, come oggi negli Stati Uniti grazie al gas da

scisti, la scelta per un operatore privato appare praticamente obbligata.

Di fatto, anche prima di Fukushima, gli unici progetti nucleari che procedevano come previsto erano

quelli destinati a mercati regolati (come in Cina e Russia) o semi-regolati (come in Finlandia, dove

vigono speciali accordi a lungo termine tra produttori e consumatori, o come anche negli stati sud-

orientali degli Stati Uniti dove il produttore può caricare immediatamente l’onere dell’investimento

anche sulle bollette degli utenti).

Il quadro dei costi è però molto diverso nei Paesi asiatici di nuova industrializzazione: si stima che in

Cina il costo “overnight” per un reattore di “II generazione” sia di 1700 US$/kW, e per un reattore di

“III generazione” sia di 2300 US$/kW, anche per progetti su licenza occidentale. Si può pensare che

questo sia dovuto al basso costo della manodopera, ma il motivo non è soltanto questo. Anche la

Corea del Sud infatti presenta costi molto ridotti rispetto all’Occidente, e soprattutto sensibilmente

decrescenti al crescere del numero delle unità standard successivamente costruite (v. il già citato

contratto recentemente conseguito per costruire una centrale con quattro reattori negli Emirati Arabi

Uniti). Si tratta quindi evidentemente del risultato di una migliore organizzazione del lavoro, ed in

particolare della subfornitura, che tra l’altro permette di ridurre drasticamente i tempi di

realizzazione. E’ sintomatico il fatto che la Westinghouse e l’EdF stiano ora trattando con ditte cinesi

per progettare e produrre in comune reattori per l’esportazione.

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Appendice

Commentiall’incidentenuclearediFukushima

(al 17 marzo 2011) A. Mathis [email protected]

La prefettura di Fukushima, in Giappone, ospita le centrali nucleari Fukushima I (o “Dai‐ichi”, che in 

giapponese significa “Uno”),  e Fukushima II (o “Dai‐ni”, che in giapponese significa “Due”),   

La centrale nucleare Fukushima I è costituita da sei reattori ad acqua bollente (BWR), che fornivano 

una potenza totale di 4700 MWe  (cioè 4,7 GWe, come tre dei reattori che  intenderebbe costruire 

l’ENEL  in  Italia). Quei  reattori entrarono  in  funzione  a partire dai primi  anni 1970.  I primi  cinque 

reattori, basati  su progetti degli  anni  1960, hanno uno  schema di  contenimento del  tipo Mark  I, 

come  riportato  in  figura.  L’ultimo  reattore, da 1100 MWe, è  invece più moderno,  come quelli di 

Fukushima II, ed ha uno schema di contenimento del tipo Mark II.  

Come si vede dalla figura,  il contenimento del tipo Mark I presenta  il classico contenitore d’acciaio 

(comunemente denominato “vessel”), in cui è contenuto il nocciolo che produce energia e contiene 

il combustibile nucleare molto radioattivo per i prodotti di fissione e gli elementi transuranici, come 

il Plutonio   e gli altri attinidi, prodotti dalla reazione a catena. Più all’esterno, ma  in questi reattori 

molto  vicino,  c’è  il  contenitore  a pressione di  calcestruzzo,  che normalmente presenta una parte 

asciutta (drywell) ed una parte contenente acqua per condensare rilasci di vapore (wetwell, in basso 

a forma di toro).  

DW = Drywell; WW = Wetwell; SF = Spent fuel pool  

Rough  sketch  of  a  typical  Boiling  water reactor  (BWR) Mark  I Concrete Containment with  Steel  Torus  including  downcomers,  as used in the BWR/1, BWR/2, BWR/3 and some BWR/4 model reactors.  

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E’ da notare che questo schema destò dubbi presso la Nuclear Regulatory Commission degli StatiUniti fin dai primi anni 1970, come risulta da un recente articolo dell’International Herald Tribune.

Una decina di chilometri più a Sud di Fukushima I si trova la centrale Fukushima II, costituita daquattro reattori ad acqua bollente (del tipo BWR 6), ciascuno da 1100 MWe, che quindi possonofornire in totale una potenza di 4400 MWe. Questi reattori furono costruiti nel corso degli anni 1980,con uno schema di contenimento del tipo Mark II.

Il terremoto dell’11 Marzo 2011, classificato di magnitudo 9 Richter, ha interessato ambedue lecentrali. Anche se i terremoti di riferimento per il progetto di quei reattori erano circa un ordine digrandezza meno potenti, apparentemente le strutture edilizie ed impiantistiche non hanno subitodanni di rilievo. I sistemi di spegnimento automatico della reazione a catena (mediante inserzionenel nocciolo di barre di assorbitori neutronici) hanno operato regolarmente in tutti i reattori in quelmomento in funzione, riducendo la potenza termica prodotta a quella dovuta soltanto allaradioattività dei prodotti di fissione e degli attinidi (Plutonio ed altri transuranici).

Questa “potenza residua” è inizialmente circa il 7% della potenza termica a cui funzionava ilreattore, e si riduce al 2% già dopo un’ora ed all’1% dopo un giorno. Ma si tratta di valori tutt’altroche trascurabili: per un reattore da 1000 MWe, cioè 3000 MW termici, dopo un giorno abbiamoancora una potenza termica di 10 MW, che tra l’altro in seguito si riduce molto più lentamente e chedeve essere smaltita con continuità, pena lo svuotamento del contenitore a pressione e la fusionedel combustibile pieno di materiale altamente radioattivo: allo scopo esistevano ovviamenteappositi sistemi di raffreddamento di emergenza, sia pure, in questi reattori, di tipo attivo (cioèrichiedenti l’alimentazione elettrica).

Essendo caduta per il terremoto tutta la rete elettrica della regione, si attivarono gli appositi “sistemidi continuità”, basati su batterie e generatori diesel elettrici, che sembrano aver funzionatocorrettamente per circa un’ora, cioè fino a quando sugli impianti si è abbattuta l’onda di maremoto(lo “tsunami”), anch’essa molto più alta (10 m) della massima prevista in sede di progetto.Quest’onda, oltre a fermare il sistema di refrigerazione di emergenza del nocciolo, presumibilmenteha messo fuori uso molti altri sistemi ausiliari, come per esempio i circuiti di refrigerazione dellepiscine contenenti combustibile esaurito in fase di raffreddamento, ponendo in crisi anche reattoriin arresto per ispezioni periodiche programmate.

I reattori della centrale Fukushima II, più moderni o forse anche meno colpiti dallo tsunami, sia purecon qualche difficoltà iniziale, sono stati posti regolarmente in condizioni di arresto freddo (coldshutdown).

Invece, per i reattori della centrale Fukushima I, dopo l’arresto dei “sistemi di continuità”, gliinterventi degli operatori non hanno potuto che essere fatti in condizioni di emergenza, senza alcunriguardo per l’eventuale futuro recupero dei reattori, addirittura immettendo direttamente acqua dimare nell’impianto. Ciò anche per un altra grave evoluzione, non efficacemente fronteggiabile dacontenimenti del tipo Mark I: quando la temperatura del rivestimento in Zircalloy del combustibilenel nocciolo si avvicina ai 1000°C, anche prima della fusione del combustibile, l’acqua o il vapore

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cominciano a dissociarsi liberando idrogeno, e quindi le sfiatate provocate dagli operatori persalvaguardare il contenitore a pressione immettono anche idrogeno nel volume dell’edificio esterno

del reattore, dove a contatto con l’aria provocano le numerose esplosioni riportate sui mass media:esse appaiono molto preoccupanti, anche se non risultano molto radioattive almeno finché ilcombustibile non fosse troppo danneggiato.

Nel famoso incidente di Three Mile Island del 1979, invece, l’edificio esterno, molto grande ed atenuta di pressione, costituì un efficace volume di sfogo, povero di ossigeno, che non esplose epraticamente evitò le emissioni radioattive nell’ambiente: ma si trattava già di un progetto di circa20 anni posteriore rispetto a quello dei BWR con contenimenti del tipo Mark I come alcuni di quellidi Fukushima I.

Evidentemente è presto per trarre conclusioni su questa tragica ed amara esperienza. Tuttavia sipuò fin da ora notare che, come già detto, i reattori della centrale nucleare di Fukushima I sono sei,tutti di tipo BWR (Reattori ad Acqua Bollente) di “seconda generazione”, costruiti nel corso deglianni 1970 (con l’unità 1 collegata alla rete nell’ottobre del 1970 e l’ultima unità, la 6, collegata adottobre del 1979). Le centrali nucleari in questione erano state progettate per resistere ad unincidente massimo di riferimento che si rifaceva alle conoscenze ingegneristiche di quel periodo, incui non erano ancora avvenuti incidenti di rilevante importanza, ai fini dell’accrescimento dellacultura della sicurezza, quali Three Mile Island e Chernobyl.

Quando, nel 1979, è avvenuto l’incidente di Three Mile Island (classificato di livello 5 nella scalaINES), in cui si è avuta un’estesa fusione degli elementi di combustibile del nocciolo, gli addetti ailavori sono stati chiamati a rivedere le scelte fatte in passato a fronte delle nuove lezioni acquisite.Da quel momento in poi tutto il mondo della ricerca e dell’industria ha focalizzato fortementel‘attenzione sulla sicurezza del sistema, cercando di capire come migliorare gli impianti esistenti ecome progettarne di nuovi in grado di resistere ad incidenti fino a quel momento ritenuti impossibilio altamente improbabili.

Il frutto di quegli intensi anni di lavoro ha dato vita alla progettazione concettuale degli impianti di“terza generazione”, in particolare al francese EPR, all’ americano AP1000 e al giapponese ABWR(Advanced Boiling Water Reactor, un reattore ad acqua bollente della stessa tipologia di quelli inavaria a Fukushima I, ma di tecnologia ben più avanzata: si noti che per la stessa centrale diFukushima I sono in progetto due reattori ABWR da 1380 MWe ciascuno). Anche le centrali diseconda generazione giapponesi più moderne, cioè quelle costruite dopo l’incidente di Three MileIsland del 1979, sono state in grado di resistere all’evento combinato terremoto/tsunami, riportandodanni senza fuoriuscite di materiale radio tossico.

Gli impianti nucleari di terza generazione avanzata sono dotati di dispositivi e barriere multiple disicurezza non immaginabili all’epoca della costruzione dei reattori BWR della centrale di Fukushimaattualmente in avaria.

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Nei nuovi reattori, alla base del progetto vi sono edifici di contenimento dotati di doppia parete,sistemi di emergenza che possono intervenire anche senza l’intervento dell’uomo e senza alcunafonte di alimentazione elettrica, sistemi catalitici ad elevato contenuto tecnologico che possonoprevenire le esplosioni di idrogeno, anche per rilasci massicci e violenti.

In aggiunta, per quanto riguarda la gestione post incidentale, nell’eventualità che si verifichi unevento di fusione del nocciolo, questi tipi di reattori di terza generazione avanzata dispongono disistemi in grado di raccogliere e convogliare il materiale fuoriuscente dal reattore in un’areaappositamente adibita e di raffreddarlo per tutto il tempo necessario prima dell’intervento insicurezza da parte dell’uomo.

In Giappone sono già in esercizio reattori ABWR di III generazione; essi sono stati realizzati da unacollaborazione General Electric Hitachi e prodotti ora anche dalla Toshiba. Nei pressi della centralenucleare in cui sono già operativi due ABWR giapponesi, nota come Kashiwazaki Kariwa, il 16 luglio

2007 è stato rilevato l'epicentro del più forte terremoto che abbia mai colpito un impianto nucleare

prima di quello di questi giorni (magnitudo 6,6 Richter). Non sono state registrate conseguenze

sanitarie e ambientali di rilievo, e l'evento è stato classificato come non radiologicamente rilevante

dalle autorità internazionali (IAEA).

Per via della forte accelerazione al suolo, il terremoto del luglio 2007, pur non così catastrofico comequello dello scorso 11 marzo, ha sollecitato l'impianto oltre i limiti di progetto, e pertanto si èprovveduto subito dopo ad avviare un procedimento di arresto per l’ispezione dei reattori, che haindicato la necessità di effettuare ulteriori prove e verifiche prima di rimetterli in esercizio. Adagosto 2010, tre dei sette reattori, tra cui i due ABWR, risultavano normalmente riavviati.

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Edito dall’

Servizio Comunicazione

Lungotevere Thaon di Revel, 76 - 00196 Roma

www.enea.it

Stampa: Tecnografico ENEA - CR Frascati

Pervenuto il 17.5.2012Finito di stampare nel mese di maggo 2012