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X MUSEO di GALLESE I QUADERNI __ | | C C f | iw™ mmi S 8 mm CENTRO CULTURALE MARCO SCACCHI 1 aprila 2005 Gabriele Campioni - Luigi Cìmarra .OPERETTA. * 4 SOVRA hh ÌAèSlGSTE* DELSÌGM3RE (<ò ì pa^a; Ciuco;'(Jttmaj amai conJoim /evt/xO ' Os " /n a ^pa/cs : /i/ie-'; /arò tradite •M Q % t'fic: ÌM» necsate, L Cù JojMpwd* m i • & / * Jl'f/Pók'! fayo• VVV <U CAUzj (hip il ¿fadldeW Ni ; L'OROLOGIO DELLA PASSIONI '^Oxyrf-' Si : : : ::.y .lijiy.*?'' .S-vi-i 1 '' : X::y.y: : '" vi ^'iir-si' ' : Xy.:.y> •£'•;:••• yXivXy MUSEO DI GALLESE CENTRO CULTURALE "MARCO SCACCHI"

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X MUSEO di GALLESE

I QUADERNI _ _ | | C C f |

iw™ mmi S 8 mm CENTRO C U L T U R A L E M A R C O S C A C C H I

1 aprila 2005

Gabriele Campioni - Luigi Cìmarra

.OPERETTA. *

4 SOVRA hh ÌAèSlGSTE*

D E L S Ì G M 3 R E

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Presentazione

Con questo saggio sull'Orologio della Passione si inaugura la serie dei

'Quaderni del Museo', una iniziativa di valore scientifico e didattico, at-

traverso la quale periodicamente, con cadenza minima annuale, verran-

no resi noti i risultati delle indagini sviluppate in un preciso ambito terri-

toriale (tra Tuscia, Sabina e Bassa Umbria), zona di transizione e di pas-

saggio, anzi punto nevralgico del cosiddetto corridoio dello Stato Pontifi-

cio.

Lo sforzo è quello di recuperare alla memoria collettiva un vasto patri-

monio di tradizioni, di usi e costumi, di credenze e riti, che sta per esse-

re definitivamente obliterato, spesso senza lasciare traccia di sé.

Per garantire il livello delle pubblicazioni ci si avvarrà dell'apporto di

studiosi e ricercatori, che operano nel settore etnografico, antropologico,

dialettologico e folclorico. Il proposito è quello di creare una rete tra i

Comuni appartenenti alla stessa area; di analizzare fatti e fenomeni in

un orizzonte meno angusto di quello comunale, con una metodologia

comparativa; di analizzarli in un contesto socioculturale più ampio, che

ne consenta una comprensione compiuta e precisa.

Per quanto riguarda l'Amministrazione, lo sforzo sarà quello di trasfor-

mare il Centro culturale 'Marco Scacchi' in un centro propulsivo di riferi-

mento e di raccordo. Il presente fascicolo ne rappresenta una testimo-

nianza ed un auspicio.

IL SINDACO

Antonio MANCINI

/' quaderni del museo 1

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I l perché di una ricerca

La manifestazioni di folklore religioso tendono ad organizzarsi intorno ad al-cuni nuclei aggreganti: può essere la festa del santo patrono, la presenza di un santuario, la celebrazione di un fatto miracoloso, una tradizione legata alla de-vozione popolare; ma non si può negare che i poli di riferimento siano costituiti dalle ricorrenze portanti dell'anno liturgico {le fèste ricordatore). Queste, in qualche caso, sono andate a sedimentarsi su uno strato antichissimo di creden-ze ed hanno soppiantato i riti di civiltà agro-pastorali precristiane, ma ormai sono perfettamente compenetrate nella coscienza dei fedeli, sono sentite e vis-sute come momenti essenziali ed irrinunciabili della vita comunitaria ed indivi-duale. Ci riferiamo soprattutto al Natale, cioè alla celebrazione della nascita di Cristo, al suo farsi uomo tra gli uomini con l'avverarsi della profezia "Il Verbo si fece carne ed abitò tra noi"; e alla Pasqua con la passione-morte-resurrezione, che segnano i passaggi cruciali del mistero salvifico: Cristo, vero Dio e vero uo-mo. Egli sublima la sua venuta con il sacrificio supremo sulla croce per redime-re l'umanità. La Pasqua in qualche modo segna il culmine dell'anno liturgico as-sieme alla realizzazione dell'antica promessa. Non è, quindi, un caso che il ciclo pasquale rappresenti un nucleo complesso, denso di significati. In esso di con-seguenza troviamo una sintesi di molteplici aspetti dell'umana esistenza. A sco-po esemplificativo citiamo:

Livello religioso - La benedizione delle case dopo la pulizia generale (spulinatura), la processione, d'intensa drammaticità, di Cristo morto (ad es. Orte, Bagnaia, Bagnoregio), l'ufficio delle tenebre, l'allestimento e la visita ai sepolcri, la veglia funebre, i pii esercizi, i canti di questua, i canti narrativi pa-raliturgici ed extraliturgici, chè sono così diffusi nella pietà popolare, le rappre-sentazioni drammatiche della passione, l'adorazione della croce, pratiche devo-zionali come le Quarantaore, la processione della Resurrezione (Tarquinia: pro-cessione di Cristo Risorto), le poggiate presso santuari o chiese rurali.

Livello gastronomico-alimentare - l'astinenza e il digiuno, i cibi rituali co-me le uova, la coratella d'agnello, le pizze e le ciambelle di Pasqua, la lonza, i dolci antropomorfi con distinzione per sesso, il consumo delle primizie vegetali (carciofi, asparagi, luppoli).

Livello linguistico - Il lessico legato ai riti e agli arredi della settimana santa presenta una varietà di forme onomastiche, cui solo in parte risponde la diffe-renza tipologica dei referenti, soprattutto nella liturgia dell'epoca preconciliare. Qualche esempio: il battistèro (all'Ufficio delle tenebre, i ragazzi, sul sagrato della chiesa, battevano con lunghe corregge di corteccia fresca di castagno e

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con pertiche sui gradini, in concomitanza col breve strepito richiesto dalle rubri-che a chiusura dell'orazione Respice, con la quale terminavano le Laudi, nei giorni del mercoledì giovedì e venerdì della settimana santa). La battola o cre-pitacolo, un rudimentale strumento di legno, manovrato dai chierichetti, il qua-le sostituiva le campane, scandiva con il suo strepito sordo e roco le ore del giorno ed annunciava le funzioni sacre (gnàcchera a Gallese; caracione a Mor-lupo; trentavecchia a Trevignano; raganella a Civita Castellana; tricchetracche a Oriolo Romano; recanèlla, recanòzzu a Sant'Oreste; bbaciòccala ad Orvieto). Eppoi: la messa pazza, il tronco, sciojje' e llegà / arenvivà le campane, cirinèo, bollatrone, espressioni come la domenica du ciélu (Sant'Oreste), piatti del pa-radiso (vasi di germogli fioriti di orzo, di grano, di cicerchie - Morlupo) ecc...

Tutti questi elementi evidenziano il coinvolgimento totale della sfera comuni-taria e familiare in un alone di silenziosa e raccolta mestizia.

Nome del canto

Un aspetto certamente non secondario è costituito dal patrimonio dei canti religiosi, che comprende non solo l'innodia liturgica (espressione ed eredità del-la cultura della chiesa medievale), ma anche le moderne espressioni del canto popolareggiante (devozionale o processionale) e infine quelle più genuinamente popolari.

Il presente contributo è dedicato appunto all'analisi de 'L'orologio della Pas-sione', uno dei canti della Settimana Santa un tempo più diffusi nell'Italia cen-trale. Già il nome non è così scontato, come può apparire a prima vista, anzi fornisce un primo elemento di studio e di approfondimento.

Intanto occorre sottolineare la duplice valenza del canto: per i suoi contenuti può, a buona ragione, essere classificato come canto narrativo; d'altra parte, per la sua funzione e per l'aggiunta di strofe petitive, può essere considerato anche canto di questua.

Nelle interviste e negli studi viene designato con una pluralità di denomina-zioni: a parte quella più semplice, che coincide con l'incipit xS'è preparata l'ora' [Civita Castellana], in alcune pubblicazioni scientifiche, anche recenti, ap-pare con il titolo generico 'La Passione' o la "Passione di Cristo' [Gianandrea 18-75: 282-285; Barbi 1889: 63-65; Ginobili 1947: 25; Lorenzetti 1997: 97-98] o 'Il canto della Passione' [Urielli 1979: 334], al pari di molti altri canti processio-nali o devozionali, drammatici o narrativi e di innumerevoli orazioni, raccolti in ogni parte d'Italia, nei quali il racconto della passione e della crocifissione di Cristo assumono toni dolenti, raggiungendo in taluni casi un pathos commo-

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vente e coinvolgente. Ma occorre a riguardo osservare che, se la narrazione rievoca in misura prevalente la passione e la morte di Cristo, in molte versioni il canto sì chiude con una quartina che annuncia la Resurrezione e l'Ascensione al cielo.

Inoltre, come avviene per esempio in Umbria, con la stesso generico nome si designa a Porziano e a San Donato presso Assisi [Falcinelli 1982: 55-56, 449-450] un altro lungo canto 'Ecco ch'è giunta l'ora / ingrato peccatore', che, non solo presenta la medesima struttura metrica (quartine di settenari con ultimo verso tronco e il secondo e terzo in rima) e sviluppa lo stesso tema, ma si ese-guiva pure alla stessa maniera (in gruppo con accompagnamento di fisarmoni-ca ed altri strumenti, alla fine della quaresima od entro la prima settimana di passione).

A livello popolare, il canto è largamente conosciuto come "Le ventiquattro o-re' [Romano 2005: 23-25] o più semplicemente "Le ore' [Toschi 1935: 101], appunto perché il testo ripercorre ora per ora la sequenza degli eventi che por-tano alla crocifissione e morte di Cristo, con una articolazione che occupa l'arco di 24 ore e comprende di fatto, anche se la sequenza è ordinata da 1 a 24, due giorni consecutivi, cioè il giovedì e il venerdì santo. Il riferimento alle ore non è estraneo alla tradizione cristiana, come dimostra il rimando formale alla pratica devozionale delle "Quarantore', che si svolgeva nella Domenica delle Palme e nei giorni di lunedì e martedì santo, oppure a "Le tre ore dell'agonia del N. S. G. C.', tema sul quale non mancano composizioni in musica colta. Allo stesso mo-tivo si ispira il terzo titolo: "Le ore della Passione' [Cocchiara 1929: 116; Nobilio 1962: 199-203; Graziani 1975: 22-23] e L'orologio della Passione' [Giardini 19-66: 31; Leydi 1973: 97-101].

È evidente che per un cristiano assume un valore fondamentale la rievocazio-ne delle ultime drammatiche ore, che culminano con la crocifissione e morte di Cristo e con la redenzione dell'umanità: egli le rivive con una partecipazione dolente e pietosa, ripercorre con la meditazione e con la contemplazione lo stesso itinerario, stazione e per stazione, ne prova interiormente tutto lo stra-zio.

Infine non mancano contaminazioni nominali come "La passione delle venti-quattrore' oppure titoli del tutto particolari, come "Al calvario' di una versione abruzzese [De Nino 1887: 113] e "Adorazione per il S. Sepolcro' di Sant'Oreste [raccolta inedita di F. Zozi], i quali possono trovare giustificazione o nel cam-biamento di funzione (passaggio a testo recitato come preghiera) o nella perso-nale scelta del raccoglitore o dell'editore.

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I Tipi e l'area geografica di diffusione

Già il Toschi nel fondamentale lavoro su La poesia popolare religiosa in Italia, dopo aver esaminato le varie 'Passioni' presenti nella penisola, soprattutto nella fascia mediana, e dopo aver definito, in base alla ricorrenza di determinati trat-ti o ai nuclei narrativi, i vari tipi (Tipi I-V), per motivi di completezza dedicò un breve, ma denso paragrafo all'argomento L'Orologio della Passione. Pressoché identico risulta lo schema compositivo, che accomuna i vari testi: la narrazione ora per ora delle pene e dei patimenti affrontati da Gesù Cristo nell'ultimo gior-no della sua vita. Lo studioso prova, sulla scorta della documentazione a suo tempo disponibile, ad abbozzarne una classificazione tipologica, che conserva ancora la sua validità e costituisce, a distanza di anni, un'utile base di riferi-mento. Partendo dalla Sicilia, egli ne individua quattro tipi.

Innanzi tutto due tipi in ottave "dei quali il primo solo è largamente diffuso, mentre il secondo, meno popolare, svolge ogni episodio con maggiore ampiez-za, sono del tutto simili, per fattura alle storie siciliane: ottave epiche incatena-te, o con il nome locale struccatura". Il Toschi si riferiva in particolare a Lu roggiu di la Passioni, edito da G. Pitré nel 1891. Il grande folklorista siciliano già lo aveva definito "una delle più meste e devote leggende sulla passione .. . La si ode a cantare la sera d'ogni venerdì dalle cantastorie, ed io la credo una delle più antiche leggende di questo volume". Con l'affermazione di antichità concorda anche il Toschi, che, a rinforzo, aggiunge: "Nel caso particolare, rite-niamo che l'orologio sia fra le più antiche storie siciliane e debba accostarsi, per analogia di composizione, alle Passioni siciliane I e I I" . Occorre tuttavia preci-sare che L'orologio in versi endecasillabi e in ottave non è limitato al solo Mez-zogiorno, alcune varianti sono state raccolte anche nell'Italia centrale. Il rinvio è al testo "così profondamente trasformato e ridotto nella metrica delle orazioni umbro-abruzzesi, da non riconoscere quasi più la primitiva struttura in ottave" o addirittura fuso, con segni evidenti di rapsodia, con la versione della passione Italia centrale I I in Abruzzo [De Nino, 1887: 113-116]: vv. 1-10 (Passione Ita-lia centrale I I ) + vv. 11-47 (Orologio della Passione) + vv. 48-51 quartina di ottonari di chiusura con supplica alla Vergine Maria.

Una versione, di fattura semiletteraria, in 29 quartine di decasillabi, apparte-nente all'area settentrionale, è stata pubblicata dal Fabbris.

Un'analisi a parte meriterebbero alcune versioni pubblicate per l'Abruzzo [Cocchiara, 1929: 116-117], la Toscana (Pistoia) [Barbi, 1889: 65], la Puglia [Romano, 2005: 23-24], per evidenti divergenze formali (composizione strofica variata, la rima baciata, ecc. . . . ) , ma ci condurrebbe troppo lontano.

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A noi interessa il quarto tipo che è composto nella metrica dei canti narrativi in metri lirici: quartine di settenari abbx (tronco) / axay (con i versi 1 e 4 tron-chi). È sicuramente il più diffuso nelle regioni centrali Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio (soprattutto Sabina e zona del Viterbese che gravita sulla Media Valle del Tevere) e Toscana, con irradiazioni in altre regioni italiane contigue. A buona ragione il Toschi ne ravvisa l'origine colta: "Rivela a prima vista caratteri lette-rari o almeno un certo grado di cultura ben differente e ben più elevato di quel-lo che si riscontra negli altri canti. . . : evidentemente fu composto fin dall'origine in italiano, e, con molta probabilità, da qualche sacerdote o persona devota: certo che fece fortuna presso il popolo e lo si trova sparso sopra un territorio abbastanza ampio. Crediamo però che sia di creazione recente. Esso si è diffu-so fra il popolo attraverso le stampe: il Salani continua a ristamparlo in uno dei tanti suoi libretti".

In conclusione, il Toschi afferma: "L'orologio della passione è, come genere, un componimento che può sembrare a prima vista soltanto strano e persin grottesco ma che trova cospicui riscontri anche nella poesia latina medioevale e in tutta una zona larga, ma poco illuminata finora, della psicologia popolare. Essa ha dato luogo a credenze, a usi, a manifestazioni artistiche varie, tutte di una stranezza e di un barocchismo che non sempre noi riusciamo a compren-dere. In fondo, in ciascuna di esse entra sempre di mezzo il numero con quel senso di azione sovrannaturale e di carattere magico con cui l'ha inteso spesso il nostro popolo".

Dalle parole si desume un preciso riferimento a modelli medievali, a produ-zioni letterarie in latino. Un'antica composizione delTOrologio' è reperibile in di-versi manoscritti dei secoli XIV e XV. Se ne sono occupati studiosi come il De Gourmont, il Mone e il Raby. Da un primo confronto si ravvisa che il testo per la sua linearità è avvicinabile a quelli in volgare. Ne presentiamo alcune strofe:

Patris sapientia, veritas divina, Christus Jesus captus est hora matutina, a suis discipulis et notis relictus Judeis est venditus, traditus, afflictus.

Hora prima ductus est Jesus ad Pilatum falsis testimoniis multum accusatum in collo percutiunt manibus ligatum conspuentes faciem, ut est prophetatum.

"Crucifige!" clamitant hora tertiarum, illusus induitur veste purpurarum, caput suum pungitur corona spinarum fert trabem in humoris ad loce penarum.

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L'altra indicazione si riferisce all'autore e all'epoca di composizione: per il contenuto e il carattere linguistico-formale sarebbe una creazione recente, at-tribuibile ad un sacerdote o ad una persona devota.

In linea di massima l'affermazione è condivisibile. Tuttavia, per quanto ri-guarda l'epoca, è possibile stabilire un terminus ante quem, grazie ali 'Operetta spirituale sopra la Passione del Signore, contenuto nel manoscritto di memorie del signor Serafino Agostini, che Maria Pia Giardini cita nel suo saggio [Giardini, 1966: 40]. Il canto viene riportato sub anno 1816, cioè prima che Salani pro-ducesse le sue edizioni a stampa. Non bisogna d'altronde dimenticare che dai vangeli è possibile enucleare un preciso cronogramma della passione e morte di Cristo [App. 1.1.] e che l'Orologio della Passione ha costituito una pia pratica, che veniva diffusa nelle Missioni ad edificazione e pietà dei fedeli: dividere la Passione di Cristo in 24 ore non è un fatto nuovo, si ritrova in molti libri devoti come la Filotea del Riva, il Giardino Spirituale, YHorologio della passione di Cri-sto secondo le 24 hore nelle quali la patì del cappuccino padre Simone da Na-poli (1708) [App. 1.2.] , gli scritti del beato padre Annibale di Francia. Una menzione a sé merita VAmore delle anime cioè riflessioni ed affetti sulla passio-ne di Cristo di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, edito nel 1750 [App. 1.3.] , tradot-to circa dieci anni dopo in tedesco e in francese (in quest'ultima edizione fu im-propriamente adottato il titolo 'Orologio della Passione'), e che ebbe, ancora vi-vo il santo, 30 edizioni in Italia e almeno 4 quattro in Germania. Il Santo, che lo aveva composto ad imitazione del Sarnelli (in H Mondo Riformato), l'aveva a sua volta passato, con qualche modifica, al P. Auriemma S J . (Ore dolorose del Redentore, in Stanza dell'Anima nelle Piaghe di Gesù, Venezia 1755).

Lo stile agile e piano, l'uso di quartine di versi lirici, ci orienta proprio verso Sant'Alfonso e i redentoristi, alle scelte di fondo da essi operate nella predica-zione e nella evangelizzazione delle masse popolari. È stato opportunamente ed autorevolmente osservato a proposito delle famose Canzoncine, composte da Sant'Alfonso, che si tratta di una poesia "che non è destinata ai lettori speciali-sti anzitutto d'arte poetica (come quella di tante raccolte barocche, a comincia-re, come modello, dal Tasso e dal Marino) [ . . . ] ma vuole coinvolgere la massa dei fedeli": infatti "c'è sempre nei versi di S. Alfonso l'intento di perfettamente aderire ai sentimenti e alle disposizioni d'animo del popolo, e la facilità di metro e rime [ . . . ] vale a rendere più immediato il contatto con l'effusione del senti-mento religioso che il Santo intende comunicare e, al tempo stesso, suscita-re" [G. Barberi Squarotti]. Non è un caso che tra il popolo abbiano ancora am-pia diffusione composizioni come "Gesù mio con dure funi', Le orme sangui-gne' (che forse è ripresa da San Leonardo da Porto Maurizio), 'O fieri flagelli, che al mio buon Signore'. Secondo noi una pista privilegiata di ricerca dovrà

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svilupparsi nella direzione della letteratura devozionale, che si ispira alle prati-che religiose, ai pii esercizi e alla filotea.

U n a testimonianza diretta

Oggi la tradizione di eseguire il canto si è notevolmente affievolita. La mecca-nizzazione delle attività non solo industriali, ma anche agricole, l'abbandono delle campagne, la diffusione dei mass media, l'alfabetizzazione delle masse, la scolarizzazione pressoché generalizzata, la mobilità interna al territorio nazio-nale, il consumismo, i processi di trasformazione e di omologazione, insomma i profondi cambiamenti intervenuti soprattutto a partire secondo dopoguerra, hanno profondamente modificato non solo la struttura socio-economica del no-stro paese, ma l'organizzazione sociale e familiare, le abitudini e i modi di vive-re. In qualche caso tuttavia l'usanza si è conservata e perdura, adattandosi alla nuova realtà. Per recuperare la memoria di questa tradizione, abbiamo ritenuto opportuno ascoltare, attraverso la registrazione magnetofónica, la testimonian-za di uno degli esecutori più rappresentativi della zona:

D. Sèi nato a Gallese, nel '46. R. Sì, a Pponte Radicare, praticamente fòri de Gallese, su "a strada che vva a

Orte, dòpo Ggiuliòli. D. Come se chiama "sta canzone? R . La Passione delle 24 ore. D. Voi la chiamavate così? R. Sì, ssì! D. Come l'hai imparata da pìccolo? Quanti anni ci-avevi più o mmeno? R. Sèi-sètte annL.ott'anni. Mio nònno Bbòria la cantava e io l'hò imparata e

la cantavo. D. Ma ttuo nònno èra di qui? R. Mio nonno è nnato a Ssam-Pàolo de Jèsi, dòpo s'è ttrasferito a Ggallese...

nò, è nnato a Ssam-Pàolo de Jèsi e ss'è ttrasferito a Otrìcoli, da Otrìcoli dòpo è vvenuto a Ggallese. Abbitavamo inzième, tutti in famijja, prima c'èrano questi casali...questi casali co'... nnumerosi co' le nuòre, i fijji. I fijji stàvano tutti a ccasa e stàvano tutti Uà. Nel '56 mio padre se trasferì a Ggallese, semo 'nnati via da Otrìcoli.

D. Quindi però tu l'hai imparata...? R. Da mio nònno. Mio nònno ggià la cantava da ragazzo, perché èra un tipo

che j je piacévano queste tradizzioni e cce l'ha trasmesse a nnoi, inzomma. Io

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dòpo mi sono trasferito a Otrìcoli e hò ttrovato ggènte che ccantava.Jo sonavo la fisarmònica e...

D. E cchi èra questa ggènte? R. Questa ggènte è ra . J più bbravi èrano Pecorini Mario e Aldo Pitoni; questi

èrano due vècchi canterini, li chiamavamo noi..., della Passione. Allora hanno sentito che la fisarmònica la sonavo "non c'è mmale" e allora dicévano: "Ah, Pellenera la sona coi merletti! Allora - dice - scejjemo lui!". E hò ccontinuato.

D. Come dicévano? La dovemo sona...com'è? Coi merletti? R. Coi merletti, perché j je la rifinivo, j je piaceva: "Allora va bbène! Scejjemo

Pellenera!". E allora l'emo sonata pe' ttant'anni. Mo purtròppo un paio d'anni fa Aldo Pitoni è mmòrto, quest'altro s'è Svecchiate e hò scerto antri due ragazzi, hò ttrovato...vedevo che j je piaceva, venivano apprèsso a nnoi e sse la sò 'mparata. Se chiama Zengarini Giovanni, uno, e Pierdonati Massimo.

D. Ma ttu II'hai sèmpre sonata? R. Sì, ssì, ssì! D. Tutti gli anni? R. Quasi tutti gli anni, inzomma. Magari facevamo una sonata in piazza di O-

trìcoli, un'altra a Bborgo, se chiama, però la sonavamo. Tutti I' anni. Si inizzia a ccantare la Doménica delle Palme, si canta il martedì e il giovedì. Finisce il ve-nerdì. Fino alle 10 si può ccantare, quando se légano le campane.

D. Quindi tu II'hai cantata tutti "st'anni qqui, anche in forma ridotta, però l'hai sèmpre ...?

R. Sì, ssì, ssì. Sèmpre cantata. D. Adèsso la cantate dentro al paese. R. Adèsso la cantamo dentro al paese e qqualche perzona, per esempio, ce

dice: "Oh, vvenite! V'aspètto, èh? ". Per esempio l'anno scorzo semo stati a Vvigne, da una casa. Semo entrati. Dice: "Andiamo da..." - mo nu' mme lo ri-còrdo il nóme. Appena semo entrati, avemo visto una tàvola apparecchiata e allora ce semo fermati Ili tutta la sera, non zemo andati ppiù da nessuna parte.

D. Adèsso che offèrte ve fanno? R. De prima se dàvano le uova, solo le uova. Non zò se ddàvano anticamente

altre...lo chiàmano ad Otrìcoli la ciambèlla. La ciambèlla èra un biscòtto, èra u-na ciambèlla co' ll'ànice e ll'òva, le uova, scusate.

D. E òggi? R. Oggi danno quarche offèrta, sòldi... D. Oggi la cantate dentro al paese, ma una vòlta che ssuccedeva? R. Una vòlta, io ricòrdo da ragazzo, la mamma m'aveva fatto le scarpe, ci-

avevo... 12-13 anni, m'aveva risolato le scarpe, scarpe nòve! Me metto "ste scarpe p'andà a ccantare la Passione. Dico: "Vado a ccantare la Passione!". "Sì ,

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ssì! Va bbène!". Parto. Siamo partiti da Otrìcoli, abbiamo fatto il traggitto Cen-trale elettrica - Gallese Scalo. Abbiamo attraverzato Uà. C'èra Angelo...lo chia-màvano Angelo Americano, mo no' mme lo ricòrdo come se chiamava, ci-ha fatto passare, perché nun ze passava, nò? Dice: "Va bbè, va bbè, passate, via!". Siamo passati e ssiamo andati a Ggallese Scalo. Da Otrìcoli a Ggallese Scalo, facèndo le case, èh! Allora abbiamo fatto Gallese Scalo, che mme cono-scévano. Pòi siamo andati a Orte. A Orte Scalo. A Orte Scalo abbiamo preso la bbarca de San Francesco, siamo passati pe' Ssan Vito. San Vito-Otrìcoli. Arisia-mo andati a Otrìcoli. La sera avevo le scarpe sfondate [ride].

D. E Il'accogliènza dei contadini com'èra? R. Sì, ssì! E ... qqualcuno era un pò scèttico, ma il 95 per cènto èrano contèn-

ti. D. Qualche fatto un pò particolare, per esempio? R. Sì, ssì! Mi raccontava nònno che èra andato da una casa e aveva chiesto

se ppoteva cantare la Passione, allora c'èra un uòmo di fuòri, l'hanno salutato: "Bbuongiorno!". "Bbuongiorno!". Dice: "Possiamo cantare la Passione?". "La Passione? Ma 'nnate a ffà ffrati che i prèti ce ll'emo!". Nònno èra un tipo che scherzava, chissà? Ma qquesta èra una bbattuta un pò...appòsta dice: "La Pas-sione è ffinita e scòssa, che ppotessi veni 'na bbara d'ossa". Pòrca miseria! Al-lora quelli se sò 'mbestialiti: j je hanno tirato i sassi [ride]...U' mmacèllo!

D. Questo è succèsso qquil R. Nò, nnò. Ad Orte. E nnònno lo sai come la penzava. D. Nei tuoi ricòrdi, hai notato delle differènze d'esecuzzione tra il mòdo con

cui impostava la Passione tuo nònno e il mòdo con cui si canta qquil R. Nò. Nònno forze la cantava un pochettino più Ménta de come la cantavamo

noi, j je damo un ritmo un pochettino più ... più ... vvelòce. D. Hò vvisto che la tonalità è in mi maggiore, vero? R. Secondo ... de sòlito la canto in mib tanti, in mib o in mi maggiore, sì. D. A sseconda di chi... R. Secondo , ... sì..., ce ssò della ggènte ... c'èrano dui che uno cantava bbène

in mib e uno in mi. D. Come facevi, dovevi cambiare tonalità? R Sì, j je la cambiavo, secondo, quando se stancava, perché qquello ci-aveva

... j je cambiavo tonalità. D. Oltre la Passione canti anche ... R. Sì, la Pasquarèlla se chiama, quella che sse canta il 5 de ggennaio. D. Ma ppure qui a Ggallese la cantavi? R. Nò, a Ggallese nò. Quella nu' ll'avemo mai... D. Savino la cantava a Ggallese, mi sa, Savino Corsaletti.

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R. Sì, ssì! I vècchi, sì, ssì! Perché mmi' nònno la sapeva èh! Mi' nònno sapeva anche questa. Noi a Otrìcoli la cantamo ... secondo. Pòi ce sò ddue tipi. A Otrì-coli ce sta, nu' mme ricòrdo come se chiama quella ... 'a Pasquarèlla ... de San Giusèppe, la chiàmano.

D. Nel perìodo della Passione de Cristo, oltre il canto della Passione c'èra qualche altro canto che veniva eseguito?

R Sì, "/ piedi bbeati". D. Ah sì? La sai? R. Sì, ssì! D. Ce la fai a cantarla qui? R. No. "I piedi beati di Nostro Signore sò stati inchiodati con tanto dolor". E

rispondévano [canta]: "Co' ttanto dolore, co' ttanto soffrì, la lancia pungènte che Ccristo ferì'" inizziàvano dai pièdi, da 'e gginòcchia, da tutto, ... su. Anche "I pièdi bbeati" se cantava.

D. E Ila cantavate pure questa con la fisarmònica? R. Sì, la cantavo quando èro più ppìccolo, quando ... perché èra più ffàcile

questa impararla, èrano meno stròfe, allora pei ragazzini èra più pportata per-ché io l'ho ccantata quando se cantava perché cc'èrano i ragazzini, j je piaceva, e ccantavamo pure co' lloro e i coetanei mii che cci-avevano 10 anni, 11 anni, 12 anni annavamo a ccantà questi "pièdi bbeati".

D. I ragazzini pìccoli èrano? R. Sì, i ragazzini pìccoli, sì e cce sta davanti un fatto una vòlta, una signora,

una vecchietta èra: "Eh, quanto sete bbravi, fijji mii. "Allora" - dice - "se ccan-tate bbène, ve tajjo du' òva, sinnò ve ne tajjo uno". Dico: "Allora cantamo ma-le, ché qquesta [ride] ce tajja du' òva".

D. Quindi èrano questi due canti, sostanzialmente? R. De Pasqua so' qquesti due. D. Altri nò? R. Io che cconosco nò. Qui nella zzòna nòstra no' ll'hò mmai sentiti altri can-

ti. D. Quindi in pratica ¡piccoli cantavano... R. " J pièdi bbeati" e i grandi cantàvano la Passione, la canzona delle 24 ore.

Ché cc'è anche la venticinquèsima: "Alle 25 ore la Vérgine bbeata dal cièlo fu ccalata per venirci a salvar". Mo, ttanti la cantano...

D. Dilla un pò, dilla un pò\ R. "Alle 25 ore la Vérgine bbeata dal cièlo fu ccalata per venirci a salvar" D. Quindi cce sò delle stròfe... R. Sì, cce sò, cce sò... D. Che ogni tanto aggiùngono.

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R. Sì, pperò la Passione finisce alle 24. Perché "Alle 24 ore il cièlo si oscurò tremò... .e Ggesù risuscitò".

D. Pòi de strofette aggiuntive nun ze cantàvanol R. No, bbèh nnò...qualcòsa...Sì, ssì, anche, anche, sì..."Dico due paròle e poi

mi bbasta, Dio ve la concèdi la santa Pasqua". La santa Pasqua gli se dava quando èra finita, "Bbuòna Pasqua a ttutti!" e...

D. Quindi ci sono queste stròfe. R. Sì, cci sono, ci sono, stròfe aggiuntive. Mo io no' Ile conosco, però ppènzo

che in tèmpi antichi ci sono state. D. Come quella che ddiceva mia nònna: "La Passion di Cristo se canta pure in

tre..." R. "...Pijja lo bbocaletto e vva a ccaccià da bbé'", sì, ssì, ssì!. D. E quindi in pràtica, ècco, tu ll'hai cantata da quando èri pìccolo fino adès-

R. Sì, ssì, ssì, da mi' nònno a mme. D. Hai cambiato compagni de canto perchè sò mmòrti. R. Sì, ssì, ssì, perché sò mmòrti. Quelli sò mmòrti, da ragazzino e nnoi cer-

cheremo...m'avévano detto che cci avévano invitato anche a Rrai Uno... D. Ché la cantate bbène, io l'hò vvisto su... R. Bèh, ssì! Ce vorrèbbe quella mùsica, ce vorrèbbe un basso. Io ce sò anda-

to qualche vòlta col basso. Bbèlla col basso! Il basso e Ila chitarra ce vorrèbbe. Sarèbbe il màssimo.

D. Ma ttu hai mai eseguito col basso? R. Sì, ssì, ssì! D. La chitarra pure? R. Sì, anche la chitarra. D. Ma in zostituzzione della fisarmònica o inzième? R. Nò, inzième, inzième. D. Quindi in pràtica ci-avevi un'orchestrina? R. Amici, nò? Sandro Proietti che ssòna il basso, mo sta a Ccìvita Castellana.

Abbita ... èra d'Otrìcoli. Faceva i bberzajjeri, inzomma, cioè il basso lo sona bbène. Un grande orecchista è.

D. Hò vvisto che ttu ci-hai fatto pure un'introduzzione. L'hai fatta tu qquella? R. Sì, ssì [la canticchia], pe' inizzià, pe' ddaje la tonalità a qquello che ccan-

ta. D. E in chiusura, chiudi te e bbasta? R. Sì, ssì, ssì! D. Non è che cc'è una parte... R. Nò, nnò, nnò!

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D. 'Sto ggiro gròsso che avete fatto, che anno èra? R. Nel 1960. Me ricòrdo che èra uscita "Marina" [canticchia la canzone]. D. Ah, tte ricòrdi le canzoni? R. Sì, ssì! Era nel 1960. Avevo 14 anni. D. Sènti, quando voi andavate a ccasa dei contadinidove eseguivate xsta

canzone? R. De sòlito da pièdi alle scale, sull'aia. D. E ddòpoi R. Dòpo qualcuno ci offriva di fare colazzione, di bbere un goccettino di vino. D. Pure le pizze de Pasqua? R. Sì, ssì. Se avévano fatto le pizze (perché qualcuno le faceva prima), ci dà-

vano pure qualche pezzettino di pizza, se mangiava e la ggènte stava allégra, èra contènta, il 95 per cènto la ggènte èra contènta.

D. V'accoglieva? R. Sì, cci accoglieva bbène. D. Sènti una còsa. E ppòi dòpo, una vòlta che vvoi avete fatto ysto canèstro

de... diciamo...che ffacevate? R. Quello dòpo se divideva, se mangiàvano. Io una vòlta evo fatto una man-

giata d'òva che ddicévano tutti quanti che mmorivo. Se j je dico quante n'hò mmangiate!

D. Di' un pò quante n'hai mangiate. R. Lèi nun ce crede. D. Di' un pò. R. Nun ce credei D. Ma mmentre sonavi? R. No! Dòpo, la sera. Ma ddi nòtte. Di nòtte io me sò mmangiato circa quasi

vent'òva D. Còtte? R. Còtte anche coi carciófi! Ma ci-avevo 17-18 anni. C'èra Tonino che sta...ha

sposato una de Gallese ...Tonino Vittori. A ccasa de Tonino Vittori hò mmangia-to quest'òva io. Ma nn'avevamo fatte una venticinquina. Allora quell'altri nu' N'hanno mangiate nessuno, quasi...chi una forchettata. Io me sò mmesso Ili, me le sò mmangiate tutte! Questi dicévano: "Ma qquesto mòre, mo stanòtte!". La sera apprèsso hò detto: "Ma quanno ce mangiamo quell'altre?" [ride].

D. Venti òva te sèi mangiato? R. Circa vent'òva, circa vent'òva. Io nun zò ccome...e una còsa...sembra im-

possìbbile, eppure. D. Quindi la sera stessa ve vedevate pe' mmangia quello che avevate raccòl-

to?

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R. Nò, dòpo se mangiàvano, se faceva una cena. Come adèsso, nò? Quello che sse ricava se fa una fèsta tutti inzième, tante vòlte se invita il zìndaco, se invita...se sta inzième pe' ppassà una serata.

D. È ccapitato mmai che vv'è ssaltata, che nne sò, perché ffaceva tempaccio? R. Ma io de sòlito, Gabbriè', anche due case, nò? Due vòlte, due cantate, noi

ci-avemo Piazza e Bborgo, nò? E una cantata Ili e una cantata Uà la facevamo sèmpre.

D. Sèmpre l'avete fatta? R. Sì, ssì, ssì! La doménica delle Palme, o il martedì, o il giovedì. Sò qqueste

tre sserate, inzomma, che sse canta. Se potrèbbe cantare sèmpre, fino al ve-nerdì alle 10.

D. Durava a Ilungo sta... R. Sì, rricòrdo, hanno detto la ggènte, partivano e venivano dòpo due o tre

ggiorni, dormivano fòri.. L'accogliévano nelle case, dormivano nelle case, facé-vano questi ggiri. Ggiràvano due o ttre ppaesi, ggiràvano tanto, facévano que-sti ggiri1.

I l processo di Zersingung

Quasi tutte le versioni che abbiamo avuto modo di esaminare, presentano qua e là dei guasti o dei fraintendimenti, che in taluni casi non solo compro-mettono la comprensione del testo, ma lo deteriorano al punto da renderlo i-nintellegibile. D'altronde è evidente che la trasmissione 'interna' del mondo po-polare, cioè il modello della trasmissione 'di bocca in bocca', produce la forma-zione di microvarianti, ma inevitabilmente anche il degrado e la disgregazione. Il testo soggiace ad un processo di sfaldamento (con deterioramenti e corrutte-le), che i filologi tedeschi designano con il nome di Zersingung. I fattori che de-terminano questo fenomeno sono molteplici e spesso intervengono in concomi-tanza: 'i lapsus memnonici e linguistici, gli equivoci, gli errori, le incongruenze, i travisamenti, gli stravolgimenti, a cui un testo poetico-musicale viene assog-gettato nel suo popolarizzarsi sono molteplici e frequentissimi e vanno studiati e tenuti in debito conto. Ma non bisogna neppure esagerarne la portata e so-prattutto non si può ridurre l'intero fenomeno della modificazione di un canto a sola Zersingung" [Toschi 1947: 214-215].

Nella dinamica della trasformazione e adattamento, che è proprio della tradi-zione orale cantata, tale fenomeno non è decisivo e fondamentale, ma secon-

1 [Intervista ad Angelo Francucci, detto Pellenera, n. 1946. Gallese, 6 marzo 2005. Intervistatori: Gabriele Campioni e Luigi Cimarra].

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dario, collaterale ed accessorio. Il principio è invece la capacità di rielaborare e attualizzare il patrimonio: "Ogni tradizione vivente (né quella popolare fa ecce-zione) conserva e innova, conserva innovando e innova conservando; anche se la parola pone l'accento sul momento della conservazione. Tradizione è storia, attività; non passività e inerzia. Questo non vuol dire, s'intende, che nella tra-dizione popolare manchi il negativo, cioè la passività e l'errore. La memoria si confonde e vacilla, l'attenzione si rilassa, i richiami dell'associazione meccanica son sempre pronti. Chiunque ha studiato canti popolari di prima mano sa quan-te lacune, contaminazioni incoerenti, fraintendimenti, non sensi siano frequenti. Essi non sono varianti, ma errori. [ . . . ] ma il non senso è un accidente; e non si vede come esso possa essere necessario se non all'insensatezza" [Santoli 197-9: 139]. A scopo esemplificativo riportiamo uno stornello di lavoro, che veniva intonato dalle compagnie di mietitori, quando, prima dell'alba, partivano dal paese per raggiungere, prima del sorgere del sole, i campi:

1. Fiore de cardi 2. Fiore de' tordi svejjàteve paini co' mmilordi: arzàtevi, arzàtevi milòrdi...arzàtevi milordi se non dormimo noi nemmeno l'artri. pe' ffà ll'amore ve s'è ffatto tardi

nun dormimo noi, manco voi andri. (Vasanello)

3. Fiore de cardi 4. Fiori de cardi svejjàtive paini come lordi arzàtive signori ladri e lordi e nun dormino noi, nemmemo l'andri. ssi nun dormimo noi, nemmeno l'antri. (Civita Castellana) (Fabrica di Roma, reg. di Gualdo Anselmi)

A parte le orazioni e i canti quando la liturgia si celebrava in latino, che ci possono offrire un copioso spicilegio, data l'inintelligibilità della lingua da parte del popolo, un esempio arcinoto è offerto dalla xDiosilla' cioè dalla traduzione volgare della sequenza D/'es Irae attribuita, con valide argomentazioni, a Tom-maso da Celano (1200-1260), che ricalca da vicino il testo latino. L'orazione veniva ripetuta come una nenia dai mendicanti che chiedevano l'elemosina:

D/'es irae, dies illa Diosilla, Diosilla solvei saeculum in favilla sarvin seculin favilla teste David cum Sybilla. Disse Laura con Sibilla [Ranaldil983: 150]

E veniamo ad enucleare alcune citazioni dalle varie versioni dall"Orologio del-la Passione'.

Versioni edite:

Io ti servo (?) Maestro / Giuda allora parlò vs. Dio ti salvi o maestro I.... [Grifoni 1911]

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"Lle tre del Sacramento / già istituisce l'ora vs / istituisce attor [Urielli 1979]

A Ile quattr'or è mmòrto / con una gran passion vs. alle quattro nell'orto / [Nobilio 1962]

Versioni inedite:

Come premessa, vorremmo ricordare l'episodio emblematico di un informato-re civitonico, che, in situazione di intervista, ricordava i frammenti minimi, ma a più riprese intonava ridendo la strofe relativa al tradimento di Giuda, alla quale a suo parere la coppia apofonica finale attribuiva una comica quanto in-comprensibile espressività:

e Ggiuda disgrazziato / rispose: "nzaghì-nzagò vs. e Giuda disgrazziato / rispose: non sarò.

Civita Castellana

I due Redentori Ggiuda pièdi lavò; / je disse:"dajie orrore / che tte perdonerò"

Le tre der Zacramento / vestìtive d'aliò / tutti co V cor contènto / suo còrpo dispen-zò.

Alle cinque nell'orto / che bbòn Gesù andò; / le sèi der padretèrno / lo re der cèto a-vrò.

Le sètte d'inzermino / llora Ggiuda si turbò; / con atto suo modèsto / um bacio a Ddio donò.

Alle diciannov'ore / co' 'na mente narò: / Ggesù ppièno d'amore / Ggiuanni se chia-mò.

Alle venti da bbeve' / chiedeva '/ Redentor, Accostando aceto e fèle / soffriva 7 pecca-tor.

Calvi I (dal testo scritto dall'informatore)

Le due del Redentore / Giudillio si lavò / le disse con errore / io ti perdonerò.

Le tre del Sacramento / vestito il Fitandò / tutto il cuore contento / suo corpo si spezzò.

Alle quattordici ore / l'inchino trapassò / con ferro e con furore / nel petto lo piegò.

Alle ventitre ore / la luna si scurò / la pineta del cielo / anche quella si spezzò.

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L'esecuzione e la musica

Nel nostro caso nella raccolta delle versioni abbiamo privilegiato la zona di cerniera tra regioni e province limitrofe, grosso modo i comuni che convergono sulla media valle del Tevere, al confine tra Umbria e Lazio, e all'interno di quest'ultima regione, tra il Basso Viterbese, la provincia di Roma e la Sabina. I testi riuniti interessano quattro province.

Provincia di Viterbo: Civita Castellana, Sassacci (fraz. di Civita Castel-

li gruppo di questua è composto in genere da un suonatore, da due cantori (adulti o ragazzi) e dal raccoglitore di offerte con canestro ad un solo manico trasversale. La prassi esecutiva è monovocale, con linea melodica semplice, di facile appropriazione. Il canto viene eseguito in forma alternata con la parteci-pazione di due voci soliste maschili. L'accompagnamento strumentale è costi-tuito dalla fisarmonica (oppure organetto), al quale, secondo le testimonianze orali, talvolta si aggiungevano il basso tuba e la chitarra. Le esecuzioni, che so-no state registrate o ascoltate, provengono da Civita Castellana, Gallese, Otri-coli, Collevecchio, Magliano.

Le operazioni di trascrizione delle quattro melodie non hanno presentato par-ticolari problemi, data la regolare cadenza ternaria del canto, vicino ritmica-mente al Saltarello, e la buona capacità interpretativa degli esecutori, sorretti nel ritmo e nella tonalità dall'accompagnamento strumentale.

La struttura melodica del brano è molto semplice. Si tratta di un tema diviso in due semifrasi, ripetuto per ogni strofa testuale in maniera identica e caratte-rizzato dalla ripetizione della seconda semifrase e dall'esecuzione alternata di almeno due cantori.

Negli esemplari esaminati la tonalità resta la stessa dall'inizio alla fine del brano, anche se Angelo Francucci, fisarmonicista della registrazione effettuata ad Otricoli, ha affermato che può rendersi necessario un cambio di tonalità nell'alternanza degli esecutori, a seconda delle estensioni vocali che possiedo-no.

Provincia di Terni: Provincia di Rieti:

Provincia di Roma:

lana), Vasanello, Carbognano, Gallese. Calvi nell'Umbria, Otricoli. Collevecchio, Forano, Magliano, Montebuono, Selci, Monte S. Giovanni, Rieti. Sant'Oreste.

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La versione di Otricoli

La registrazione esaminata risale alla Settimana Santa del 2004. Si tratta di un video, realizzato da 'Spot foto e video', dal titolo "Il canto della passione. Antico canto popolare sulla passione e morte di Cristo', dedicato alla memoria di Aldo Pitoni, già cantore della stessa Passione.

La formazione, che ha eseguito il brano, risulta composta da Angelo Francuc-ci alla fisarmonica, Massimo Pierdonati, Giovanni Zengarini alla voce e Lino La-nari, portatore di canestro (di vimini con un solo manico) e voce d'accompagno2. La formazione ideale, secondo quanto affermato dal Francucci, prevede anche la presenza di un basso tuba e di una chitarra folk.

li filmato riprende due esecuzioni all'interno del paese. Il testo del canto ri-portato in sovrimpressione differisce lievemente da quello effettivamente can-tato3 (vengono italianizzati gli elementi dialettali: es. je > gli). Il canto si con-clude con il semplice augurio di Buona pasqua\ La durata complessiva del can-to è di 4,25 minuti.

Il tema, eseguito nella tonalità di mi maggiore, è preceduto da una breve in-troduzione di quattro battute, composta dallo stesso fisarmonicista del gruppo. I due cantori, Pierdonati e Zengarini, eseguono alternativamente le strofe e si uniscono all'unisono nella ripetizione della seconda semifrase nell'ultima strofa.

Le variazioni sul tema nell'ambito delia stessa esecuzione sono di lieve entità e dipendono da licenze personali (soprattutto del secondo cantore) e dalla ne-cessità di adeguare ritmicamente la divisione musicale a quella testuale.

In particolare c'è da notare la presenza di una sorta di glissato che uno degli esecutori impiega nello spostarsi dal si al mi nella VII misura e di un diverso disegno melodico adottato dallo stesso cantore, in una sola strofa, nelle misure X, XI e XI I .

2 È interessante notare anche l'aspetto gestuale dell'esecuzione. I due cantori si dispongono ai lati del fisarmonicista, muniti di un lungo bastone. In particolare, Zengarini lo usa per appoggiarvi il gomito sinistro, in modo che il palmo della mano possa accostarsi alla guancia, al fine, come loro sostengono, di amplificare la voce. Il portatore di canestro si colloca a fianco di un cantore, cantic-chiando, a volte, il tema del brano, per poi unirsi in maniera più decisa al momento degli auguri finali di buona Pasqua. La sua presenza è rilevante dal punto di vista coreografico.

3 Mentre Pierdonati esegue il brano leggendo il testo, Zengarini si affida alla memoria.

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Otricoli, modalità a

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La versione di Collevecchio

L'esemplare trascritto è contenuto in un supporto magnetico audio registrato presumibilmente nel 1991. Mancando l'ausilio del video, in questo caso non è stato possibile identificare con certezza il numero dei cantori (forse tre).

Nell'accompagnamento strumentale si individua una fisarmonica e degli stru-menti a percussione, forse un piatto suonato con una bacchetta e una tambu-

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rella. L'impianto musicale è affine a quello della versione di Otricoli: ritmo ternario,

semifrase A più semifrase B con ripetizione di quest'ultima, esecuzione a can-tori alternati,...

La tonalità è in re maggiore e anche in questo caso si evidenziano della va-rianti nel corso della stessa esecuzione, probabilmente legate al modo di canta-re dei singoli interpreti. In particolare sono state individuate tre diverse manie-re di eseguire il tema, che si alternano nel seguente modo: a, b, c, b, c; a, b, c, b, c;...

Nel modo a si nota una certa affinità con la linea melodica di Otricoli, soprat-tutto nella seconda parte della frase musicale, mentre nella modalità b la somi-glianza è quasi totale. La forma c, invece, si differenzia nella prima semifrase dalle altre versioni, per poi essere identica alla forma a nella parte finale.

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La versione di Gallese

Abbiamo recuperato anche un frammento di una versione che presumibil-mente veniva cantata a Gallese. È stato riferito da un'informatrice, Teresa Ce-loni, che lo ha associato ad una delle strofe aggiuntive che seguivano quelle standard delle ventiquattr'ore: La passion de Cristo / se canta pure in tre; / pi-ja io bbocaletto / e vva' a ccaccià da bbé.

La struttura base è la stessa delle versioni di Otricoli e Collevecchio, anche se la linea melodica appare leggermente differente.

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Le versioni di Sassacci di Civita Castellana

La registrazione è stata effettuata il 26 marzo 1981. Secondo l'esecutore Gil-berto Aleandri, ultimo interprete, la tradizione è rimasta vitale fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Lo strumento accompagnatore è l'organetto. Il canto, secondo il modulo originale, era affidato a due voci maschili, che si al-ternavano nell'esecuzione delle strofe. Alla narrazione della Passione di Cristo segue la richiesta di doni e una strofa scherzosa o parodistica, aggiunta dopo qualche esitazione.

Nel caso di Civita Castellana, musicalmente parlando, il discorso diventa più complesso. Preliminarmente va considerata la fonte. La versione esaminata è stata pubblicata nel 1983 (Gruppo Interdisciplinare, Rito e spettacolo. Docu-menti di drammaturgia popolare, Viterbo, 1983, n° 37). Le trascrizioni effet-tuate sono basate su una scansione ritmica binaria (2/4), ma ciò appare in contrasto con l'effettivo carattere del canto, vicino ritmicamente alle versioni di Otricoli e Collevecchio.

Infatti, circa alla metà del brano, nel trascrivere quello che deve essere un preludio strumentale alla chiusa, il trascrittore ricorre ad un cambio di tempo,

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passando dal ritmo di 2/4 a quello di 6/8, compatibile quest'ultimo invece con l'intero brano.

Dopo un' introduzione affidata alla fisarmonica, che anticipa il tema vero e proprio, inizia il canto delle varie strofe, eseguito probabilmente in modo alter-nato dai vari cantori.

Al termine del testo, dopo una nuova proposta strumentale del tema princi-pale, si snoda un preludio alia chiusa cantata, costituita da una sequenza di ot-to battute, con ripetizione delle ultime quattro. Conclude la ripresa del preludio seguito da una cadenza che costituisce la finale.

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La versione di Magliano

Particolarmente interessante è la versione maglianese della Passione che, dal punto di vista musicale, presenta delle caratteristiche da sottolineare.

L'esemplare studiato, eseguito da trenta anni e a memoria, è una registra-zione video effettuata il giorno del Giovedì Santo 2005 nel centro reatino. La fisarmonica (Bruno Grimani) accompagna due voci soliste maschili (Claudio Nesta e Antonio Lucarini) che si alternano, come nelle altre versioni, nell'esecuzione delle varie strofe, per poi sovrapporsi nella ripetizione dell'ultima semifrase del canto. La melodia non presenta dei picchi in acuto co-me nel caso di Otricoli o Collevecchio, per cui la tonalità è sensibilmente più al-ta, sol maggiore. Dal punto di vista ritmico risalta l'andamento binario (2/4), che si discosta da tutte le altre versioni della zona sin qui esaminate.

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La versione di Cerqueto di Fano

Al fine di operare un confronto con una versione pertinente ad un'area diver-sa da quella esaminata, si riporta anche la trascrizione dell'Orologio della Pas-sione eseguito a Cerqueto di Fano Adriatico (Teramo, Abruzzo). L'esemplare compare nella pubblicazione R. Leydi, I canti popolari italiani, Milano 1973. L'architettura tematica è la stessa delle versioni precedentemente esaminate (semifrase A più semifrase B ripetuta due volte), ma diversa è la divisione rit-mica (binaria, 4/4) e la linea melodica.

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Parte pet iti va

Come abbiamo accennato 'L'orologio della Passione' è nel contempo canto narrativo e canto di questua. Dei testi da noi esaminati soltanto uno dell'area marchigiana [Iesi] presenta una breve introduzione, ma, dopo l'enunciazione della prima ora, viene a coincidere con un altro noto canto che svolge lo stesso contenuto "Ecco ch'è giunta l'ora / ingrato peccatore'-.

E la passio de Cristo piangendo e lacrimando, vojo veni cantando, gen ti li miei signor, [lineili: 1979:334]

Invece non manca quasi mai la chiusa. Essa è rappresentata, citiamo il caso più articolato, con un invito a ricordare la passione di Cristo, a pregare Iddio perché protegga il gruppo dei canterini, cui si aggiunge la benedizione alla casa e a coloro che vi abitano:

E Ggesù Cristo è mmòrto eppòi risuscitò ce l'ha raccomandata questa santa Passio. Questa Passione ch'ho ddetta, e ppoi la reccomandiamo a vvoi anime benedette, pregate Dio per noi. Questa Passione ch'è finita, questa casa Dio la benedica. [Civita Castellana]

Dopo l'esecuzione, secondo la formula più semplice, si aggiunge in coro l'augurio "Buona PasquaV e si rimane in attesa dei doni (in genere uova e ciam-belle). Talvolta l'augurio viene espresso con un distico assonanzato:

E qqueste du' paròle e ppòi m'abbasta Dio ve la congèdi la sanda Pasqua [Vasanello].

Non manca la parte petitiva. Nella versione civitonica, il capo del gruppo, ri-volgendosi al padrone del casolare, aggiunge:

Àrzete e ffatte onore,

nun te ricòrdi de quanno èro pastore? (var.: quanno èri pastore)

Rammentandogli cioè di essere stato suo compagno di lavoro o suo dipenden-

Gesù Cristo è mmòrto pòi resuscitò e cci ha raccomandato questa grande Passio. E ddico due parole e vvado via, vi lascio co' II'onore di Maria E ddico due parole e ppoi mi bbasta, che DDio ve la concedi la santa Pasqua [Gallese - Otricoli]

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te, vuole allusivamente invitarlo a rinnovare l'amicizia e il legame di ospitalità,

offrendo un buon bicchiere di vino e un boccone ai cantori per rifocillarsi; uova

e dolci per ricompensarli dell'esecuzione del canto [Civita Castellana: Maria No-

bili, 1910]. Ma la richiesta può essere formulata in modo esplicito con un tono

familiare e scherzoso:

La passion de Cristo se canta pure in tre-, pija lo bbocaletto e vva' a ccaccià da bbé. [Gallese: Teresa Celoni 1923, contadina, 3 elem.]

L'offerta del vino, per una bevuta, non rappresenta soltanto un momento di

pausa e di ristoro dopo l'esecuzione del canto e la fatica di un lungo itinerario,

ma è segno di ospitalità e di accoglienza. La ricompensa e il ringraziamento per

aver eseguito il canto sull'aia, dinanzi alla porta dell'abitazione o ai piedi delle

scale (oggi nei punti strategici del paese, quali piazzette, crocevia, vicinato), ri-

proponendo un atto di devozione e di raccoglimento, rappresentano condivisio-

ne e compartecipazione.

Non bisogna dimenticare che per il gruppo di "canterini' si trattava un vero e

proprio tour de force: richiedeva capacità di resistenza, perché il 'giro' per i ca-

sali sparsi per la campagna era lungo ed estenuante. Talvolta, come emerge

dalla testimonianza di Angelo Francucci, poteva durare qualche giorno. Allora si

doveva pernottare alla buona, alloggiati con sincero spirito di ospitalità dalle fa-

miglie dei contadini. In genere si partiva la mattina e si rientrava la sera tardi,

con un percorso che poteva toccare più comuni e prevedeva il traghettamento

del Tevere.

Poteva accadere, soprattutto nei periodi di maggior penuria, che le offerte

fossero modeste e che alla fine non bastassero neppure per una cena tra amici.

Terminato il canto, l'uomo munito di canestro chiedeva le uova, indicando un

numero elevato, aggiungendo scherzosamente la minaccia di procurarsele in

caso contrario direttamente nel pollaio:

Portàtece giù l'ova che 7 canestre ilo a verno diciotto pe' lo meno sinnò n'è carità. [Galanti - Todi]

Portàtice qqua ll'òva che ccanèstro ce II'a verno e ddiciassètte armeno portàticine qqua.

Si ddiciassètte ve sapranno tròppe portàticine qqua sett'òtto còppie.

Sia preparate l'ova u canestro ce l'a verno e venticinque almeno portatecele qua. [Calvi - Inf.: Giulio Toni]

E ppreparate l'òva che yo canèstro ce ll'avemo e vventicinque armeno bbuttàtecele qqua. [Gallese-Otricoli]

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E sse la carità non ge la fate, al gallinaro ve n'accorgerete. [Civita Castellana: Amneris D'Antoni]

Ma se il numero delle uova donate era ritenuto insufficiente, la compagnia

protestava intonando:

Buona Pasquaì E la passion de Cristo pe' cchi la va cantando 'na gregna come qquest'anno (sostituzione eufemistica per fregna 'faccenda') nun ce succède ppiù.

E Ggesù Cristo è mmòrto che ppòi risuscitò fece 'n pollaste arròsto e ppòi se lo magnò. [Civita Castellana]

E la passio' de Cristo tutti la va cantanno) *na fregna comeysfanno non m'è successa più. [Urielli - Iesi]

E la passion di Cristo che tutti vo' cantanno migragna come xstanno Nu' l'aggio vista più [Galanti - Todi pp.98-99]

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A P P E N D I C E N° 1

1.1.

Cronogramma della Passione e Morte di Gesù Cristo

ricavato dalle fonti evangeliche

19 h - Gesù lava i piedi ai suoi 20 h - Gesù nell'ultima cena istituisce l'Eucaristia (Le 22,10-20) 21 h - Gesù prega nell'orto degli ulivi (Le 22,39-42) 22 h - Gesù entra in agonia e sua sangue (Le 22,44) 23 h - Gesù riceve il bacio da Giuda (Le 22,47-48) 24 h - Gesù è preso e condotto ad Anna (Gv 18,12-13) 01 h - Gesù è presentato al sommo sacerdote (Gv 18,13-14) 02 h - Gesù è calunniato (Mt 26,59-61) 03 h - Gesù è aggredito e schiaffeggiato (Mt 26,67) 04 h - Gesù è rinnegato da Pietro (Gv 18,17.25-27) 05 h - Gesù nella prigione è schiaffeggiato da una delle guardie (Gv 18,22-24) 06 h - Gesù è presentato al tribunale di Pilato (Gv 18,28-31)

07 h - Gesù è disprezzato (Le 23,14) 08 h - Gesù è flagellato (Mt 27,25-26) 09 h - Gesù è coronato di spine (Gv 19,2) 10 h - Gesù è posposto a Barabba e condannato a morte (Gv 18,39) U h - Gesù è caricato della croce e l'abbraccia per noi (Gv 19,17) 12 h - Gesù è spogliato delle vesti e crocifisso (Gv 19,23) 13 h - Gesù perdona al buon ladrone (Le 23,42-43) 14 h - Gesù ci lascia Maria come madre (Gv 19,25-27) 15 h - Gesù muore in croce (Le 23,44-46) 16 h - Il cuore di Gesù è trapassato dalla lancia (Gv 19,34) 17 h - Gesù è deposto tra le braccia di Maria (Gv 19,38-40) 18 h - Gesù è sepolto (Mt 27,59-60).

i quaderni del museo 29

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1.2. 1.3.

Horologio della Passione Orologio della Passione di Giesù Christo [1708] [Sant'Alfonso Maria de Liguori - 1750]

XXIII. Prende licenza dalla Madre XXIV. |_ava j piedi all'Apostoli

IInstituisce il S.S. Sacramento. H- Fa il sermone agli Apostoli.

I n - È tradito da Giuda. È condotto ad Anna et è percosso.

v- È condotto ad Caifas. VI- È bendato e schernito.

V I I- È negato da Pietro. V I I L È condotto a Pilato.

IX- È condotto nel sinedrio (?) e vilipe-so.

x- È ricondotto a Pilato. XI- È coronato di spine.

x n - È mostrato al popolo. X I I I- È condannato a morte. X I V- Porta la croce al calvario. x v - È spogliato e crocifisso.

X V I- Prega per li crociffissori. x v n - Grida sitio.

XVIII. Muore ed è ferito con la lancia. X I X- È deposto dalla croce... x x - Prende licenza dal mondo (?).

X X I- Lava li piedi all'Apostoli. XXII. È deposto dalla Croce

Ora 1. Licenziandosi da Maria fa la cena. 2. Lava i piedi agli Apostoli, ed istituisce

il SS. Sacramento. 3. Fa il Sermone, e va nell'orto. 4. Fa orazione nell'orto. 5. Si mette in agonia. 6. Suda sangue. 7. È tradito da Giuda, ed è legato. 8. È condotto da Anna. 9. È mandato a Caifas, e riceve schiaffo.

10. È bendato, percosso, e schernito. 11. È condotto al Concilio, e chiamato reo

di morte. 12. È portato a Pilato, ed accusato. 13. È schernito da Erode. 14. È ricondotto a Pilato, e posposto a

Barabba. 15. È flagellato alla colonna. 16. È coronato di spine, e mostrato al po-

polo. 17. È condannato a morte, e va al Calva-

rio. 18. È spogliato e crocifisso. 19. Prega per i crocifissori. 20. Raccomanda lo spirito al Padre. 21. Muore. 22. È ferito colla lancia. 23. È schiodato e consegnato alla Madre. 24. È seppellito e lasciato nel sepolcro.

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1.4.

Anno doloroso ovvero meditazioni sopra la vita penosa di Gesù Cristo Signor nostro per tutti i giorni dell'anno (edizione anno 1826). Mostra di ore Per medi-

tare con facilità del continuo la Santissima Passione di N.S. Gesù Cristo, cominciando dalle ventitré ore (pp. 573-574):

Ore 23. Prende licenza dalla Madre 24. Lava i piedi agli Apostoli

1. Istituisce il Santissimo Sacramento 2. Fa il Sermone agli Apostoli 3. Va nell'Orto ad orare 4. Va in agonia, e suda sangue 5. È tradito da Giuda, ed è legato 6. È condotto ad Anna, ed è percosso da

Malco 7. È condotto a Caifasso 8. È bendato, e schernito 9. È negato da Pietro tre volte

10. È condotto a Pilato, ed accusato 11. È condotto ad Erode, ed è vilipeso

con la vesta bianca.

12. È ricondotto a Pilato 13. È flagellato alla colonna 14. È coronato di spine, ed è burlato 15. È mostrato al popolo: Ecce Homo 16. È sentenziato a morte 17. Porta la Croce al Calvario 18. È spogliato, e crocifisso 19. Prega per li crocifissori 20. Chiede da bere, e gli è dato aceto 21. Muore, ed è ferito con la lancia 22. È deposto dalla Croce, ed è sepolto.

segue: Breve istruzione sulla Mostra dell'Orologio per meditare di continuo con facilità

la SS. Passione di N.S. Gesù Cristo (pp. 575-581).

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A P P E N D I C E N° 1

2.1.

Otricoli - Gallese [Testo tratto da registrazione effettuata nella Settimana Santa 2004]

Sia preparata l'ora che è ll'ùltima cena E ccon faccia 'n zerena così Ggesù parlò

Quando che ffu accusato suonava l'undici or Le dodici a Ppilato Ggesù si presentò

Addio, Ggiovanni mio, io parto me ne vò E la dolènte madre con te lascerò

Ggesù sarà ttradito, Ggesù sarà nnegato E Ggiuda disgrazziato rispose non zarò

Le due il Redentore a Ggiuda i piè llavò Le disse dell'errore 10 ti perdonerò

Le tre del Zacramento distinto il Zalvator In tutto il cuor contènto 11 còrpo dispenzò

Alle quattro si vòlze con tanta compassiò All'impostor rivolto Ggesù così pparlò

Alle cinque nell'orto il Redentor andò Le sèi il Padre Etèrno in cièlo lo chiamò

Le sètte non zi sémina la Turba lo mandò All'otto una manciata ch'ar bòn Ggesù toccò

Le nòve schiaffeggiato Pilato si turbò Le dièci carcerato la Turba lo mandò

Le trédici di bbianco vestito il Zalvator Ferito da una canna per dargli più ddolor

Gridando crocifisso che ssòn quattórdici or Ppilato se ne afflisse pe' non trovà l'error

Legato alla colonna che ssòn le quìndici or Bbattuto e flaggellato per dargli più ddolor

Una coron di spine che ssòn le sédici or Le tempie sue divine il zangue suo verzò

Alle diciassett'ore la penna si addoprò Pe' 'na ggiusta sentènza per lui si preparò

Li chiòdi e li martelli per lui si preparò Alle diciòtto in croce il Redentore andò

Alle diciannov'ore a ttestamento andò Ggesù pièno d'amore Ggiovanni lo chiamò

Alle venti da bbere gli chièse il Redentor Gli diède aceto e ffièle solo pe' il nostro amor

Alle ventuno in punto la tèsta lui chinò L'anima santa e ppura al Padre Etèrno andò

Alle ventidu'ore l'inchino trapassò Col ferro e ccol furore il pètto si piegò

Alle ventitre ore dalla croce lo levò La mamma con dolore sulle bbraccia lo pigliò

Alle ventiquattr'ore la luna si oscurò Tremò la tèrra e i monti Ggesù resuscitò.

i quaderni del museo 32

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2.2. La Passione di Cristo

[CALVI nell'Umbria - testo scritto di pugno da Giulio Toni]

Sia preparata l'ora dov'è l'ultima cena sia con faccia serena così Gesù parlò.

Gesù sarà tradito Gesù sarà legato da Giuda disgraziato rispose: "Io non sarò".

Le due del Redentore Giudillio si lavò le disse con errore io ti perdonerò.

Le tre del Sacramento vestito il Fitandò tutto il cuore contento suo corpo si spezzò.

Alle quattro si mosse con una grande compassio-ne dagli angeli si rivolse e dal Padre Eterno andò.

Alle sette non si termina e dalla turba lo levò alle otto una guanciata e da buon Gesù toccò.

Alle quattro si mosse con una grande compassio-ne dagli angeli si rivolse e dal Padre Eterno andò.

Alle sette non si termina e dalla turba lo levò alle otto una guanciata e da buon Gesù toccò.

Alle nove schiaffeggiato dalla turba lo levò alle dieci carcerato da buon Gesù toccò.

E mo' che fu accusato suonò le undiciore le dodici da Pilato Gesù si presentò.

Le tredici di bianco vestito il Salvador e ferito da una canna per dargli più dolor.

Alle quattordici ore l'inchino trapassò, con ferro e con furore nel petto lo piegò.

Senti caro Giovanni, io vado da mio padre la mia dolente madre a te lascerò.

Alle ventidue ore dalla croce lo levò la mamma con dolore sulle braccia lo pigliò.

Alle ventitre ore la luna si scurò la pineta del cielo anche quella si spezzò.

Alle ventiquattro ore Gesù risuscitò fra suoni canti e feste in altra gloriendò.

Sia preparate l'ova u canestro ce l'avemo e venticinque almeno portacele qua.

Alle nove schiaffeggiato dalla turba lo levò alle dieci carcerato da buon Gesù toccò.

Fra chiodi e li martelli per lui si preparò alle diciotto in croce il Padre Eterno andò.

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2.2. La Passione di Cristo

[CALVI nell'Umbria - testo ciclostilato fornito da Maurizio Sabatini]

Sia preparata l'ora dov'è l'ultima cena e con faccia serena (bis) così Gesù parlò.

Gesù sarà tradito Gesù sarà legato E Giuda disgraziato (bis) rispose non sarò.

Le due il Redentore a Giuda i piedi lavò gli disse per amore (bis) così Gesù parlò.

Le tre del Sacramento vestito lo vedrò tra gli angeli rivolse (bis) e Giuda si turbò.

Le quattro si rimorse a grande compassion tutto il suo cuor scontento (bis) il suo corpo sospensò.

Alle cinque nell'orto che il Redentore andò le sei del Padre Eterno (bis) l'orario accellerò.

Le sette del demonio la truppa lo legò gli disse il Dio maestro (bis) iò ti perdonerò.

Le otto una guanciata al buon Gesù toccò quellà faccià beata (bis) eppur la sopportò.

Le nove schiaffeggiato un bacio gli donò le dieci carcerato (bis) la turba lo menò.

Quando che fu accusato suonaron l'undici or le dodici a Pilato (bis) Gesù si presentò.

Le tredici di bianco vestito il Salvator ferito co' na canna (bis) pe daje più dolor.

E non cor accusato fu le quattordici or Pilato se ne afflisse (bis) per non trovar l'error.

Legato alla colonna che fu le quindici or battuto e flagellato (bis) per Cristo un gran dolor.

Una coron di spine che fu le sedici or le sue tempie divine (bis) il sangue suo versò.

Alle diciassette ore la penna s'adoprò per l'ingiusta sentenza (bis) che al buon Gesù toccò.

Li chiodi e li martelli per Lui si preparò chiodato sulla croce (bis) alle diciotto andò.

Alle diciannove ore il testamento avo Gesù pieno d'amore (bis) Giovanni suo chiamò.

Sentì caro Giovanni 10 parto e vado via la mia madre Maria (bis) con te la lascerò.

Alle venti gli chiese 11 Redentor da bere fu dato aceto e fiele (bis) per dargli più dolor.

Alle ventuno in punto la testa sua chinò l'anima santa e pura (bis) al Padreterno andò.

Alle ventidu ore l'inchino trapassò con ferro e con furore (bis) al petto Dio piagò.

Alle venti tre ore dalla croce lo levò la mamma con dolore (bis) sulle braccia lo pigliò.

Alle ventiquattrore il mondo si oscurò il terzo giorno intanto Cristo resuscitò.

E la passion di Cristo la raccomando a voi anime benedette (bis) pregate Dio per noi.

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2.2. La Passione di Cristo

[Magliano Sabina, loc. Chiorano 1991 - testo ciclostilato fornito da Guido Poeta]

Sia preparata l'ora dov'è l'ultima cena, e con faccia serena così Gesù parlò.

Disse: - Sarò tradito. Disse: - Sarò legato da Giuda disgraziato rispose non sarò.

Le due il Redentore a Giuda i piedi lavò, je disse: - Per amore 10 ti perdonerò.

Le tre del Sacramento vestito lo terrò, tutto il cuor contento 11 suo corpo sospeso.

Alle quattro si mosse da una grande compassion, tra l'angelo rivolse e Giuda si turbò.

Le cinque nell'orto il Redentore andò, le sei del Padre Eterno l'ora si accellerò.

Alle sette nel deserto la turba lo menò, je disse: - Dio maestro, Io ti perdonerò.

Non era ancor cusato Suonarono le undici or Le dodici a Pilato Gesù si presentò.

Le tredici di bianco fu vestito il Salvator, ferito da una canna per dargli più dolor.

Davanti al crocifisso fu le quattordici or Pilato se affisse per non trovar l'error.

Legato alle colonne che fu le quindici or battuto e flaggellato per lui un gran dolor.

Una coron di spine che fu le sedici or, le sue tempie divine il sangue suo versò.

Alle diciassette ore la penna si addoperò per l'ingiusta sentenza che al buon Gesù toccò.

Li chiodi e li martelli per lui si preparò, chiodato sulla croce alle diciotto andò.

Alle venti da bevere 10 chiese i l Redentor, con tanto aceto e fiele solo per il peccator.

Sonate le ventuno la testa s'inchinò, solo per il nostro amore a tutti ci salvò.

Alle ventidue ore l'inchino trapassò, con ferri e con furore al petto suo piegò.

Alle ventitre ore dalla croce lo levò, la mamma con dolore sulle braccia lo pijò.

Alle ventiquattro ore 11 cielo si oscorò, tre feste suoni e canti all'altra gloria andò.

E Gesù Cristo è morto e poi resuscitò, ce lo racconta questa santa passion.

E la passion che ho detto la raccomando a voi, anime benedette pregate Dio per noi.

Le otto una guanciata che al buon Gesù toccò quella faccia beata pure lo sopportò.

Alle dicianove ore desta menta vero, Gesù pieno d'amore Giovanni suo chiamò.

Alle nove schiaffeggiato mentre Giuda sì turbò, le dieci carcerato la turba lo menò.

- Senti, caro Giovanni io parto e vado via la mia madre Maria con te la lascerò.

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2.5. Le ore della Passione

[Magliano Sabina - testo pubblicato in 'Argomenti' da Alfredo. Graziani]

S'è preparata l'ora de quell'urdima cena e co faccia serena così Gesù parlò.

Le due er redentore a Giuda i piè lavò je disse de l'errore io te perdonerò.

Le tre der sacramento l'invido loderò tutto er cor contento Gesù lo dispensò.

A le quattro se move verso la sua passion e a le cinque nell'orto er buon Gesù l'andò.

Le sei der padreterno l'ora sceverò Le sette ave maestro e Giuda lo baciò.

Le otto 'na guanciata er bon Gesù toccò. Lui con atto modesto un bacio a Dio donò.

Le nove schiaffeggiato Giuda allor si turbò. Le dieci carcerato er buon Gesù l'andò.

Quanno che fu accusato sonava l'uncivi lor le dodici a Pilato er buon Gesù l'andò.

Le tredici di bianco vestito er salvator ferito co na canna pe daje più dolor.

A le quattordiciora la turba lo menò legato a na colonna sonò le quindici or.

Coronato di spine sono le sedicior da le tempie divine er sangue suo versò.

A le diciassettore la penna s'addoprò per ingiusta sentenza a le diciotto andò.

A le diciannov'ora Giovanni egli chiamò la mia madre Maria con te la lascerò.

A le venti da bevere domanna er redentor je danno aceto e fiele pe faje più dolor.

A le ventun ore con granne strazzio in cor tutta la terra trema e tutti ebbero orror.

A le ventidduora l'ungino trapassò con ferro e con furore er petto a Dio piagò.

A le ventitreora da a croce lo levò la mamma con dolore In braccio lo pijò.

A le ventiquattrora Gesù risuscitò, con feste soni e canti all'arta Gloria anno.

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2.2. La Passione di Cristo

[Registrazione effettuata a Magliano Sabina, giovedì santo 2005]

Sia preparata l'ora dov'è l'ùrtima cena, e ccon faccia serena così Ggesù parlò.

Ggesù sarà tradito. Ggesù sarà legato e Ggiuda disgraziato rispose non zarò.

Le due il Redentore Ggiuda pièdi lavò, e ddisse: - Per amore 10 ti perdonerò.

Le tre al Zacramento Ggesù si preparò, con il core contènto 11 suo corpo confessò.

Alle quattro si mòsse a ggrande compassion, la lancia a ssé rivolze e Ggiuda si fermò.

Alle cinque nell'orto il Redentore andò, le sèi del Padre Etèrno l'ora si accellerò.

Le sètte non zi tèrmina la truppa lo menò, Le òtto *na guanciata al bòn Ggesù toccò.

Le nòve schiaffeggiato Pilato se turbò, le dièci carcerato il Redentore andò.

Quando che ffu accusato Sonavan l'ùndici or Le dódici a Ppilato Ggesù si presentò.

Le trédici di bbianco vestito Salvator, ferito da 'na canna per dargli più ddolor.

Gridando a ccrocifisso che fu quattórdici or Pilato se n'afflisse chr non trovò l'error.

Legato alla colónna verzo le quìndici or bbattuto e fflaggellato Ggesù con gran dolor.

Una coron di spine che ffu le sédici or, tra le tempie divine il zangue suo verzò.

Alle diciassètte ore la penna si addoprò per l'ingiusta sentènza che al bòn Ggesù toccò.

Li chiòdi e li martèlli per lui si preparò, in croce il Redentore alle diciòtto andò.

Alle diciannov'ore Al testamento andò Ggesù pièno d'amore Ggiovanni suo chiamò.

- Senti, caro Ggiovanni 10 parto e vado via la mia madre Maria con te la lascerò.

Alle venti da bbere gli chiese il Redentor; con tanto aceto e ffiele solo per il peccator.

Alle ventuno im punto la testa s'inchinò; L'anima santa e ppura al Paradiso andò.

Alle ventiddu'ore l'inchino trapassò; con fèrri e ccon furore 11 pètto a Ddio piagò.

Alle ventitre ore alla croce lo levò; la mamma con dolore sulle bbraccia lo pigliò.

Alle ventiquattr'ore La luna s'oscurò, tremò la tèrra e i monti, Ggesù resuscitò.

E Ggesù Cristo è mmorto e ppoi risuscitò, ce l'ha raccomandata questa santa passion.

E la passion che ho ddetta la raccomando a vvoi, ànime bbenedette pregate Ddio per noi.

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2.7. S'è ppreparata l'ora

[Civita Castellana - testo trascritto sotto dettatura nel 1969. Inf. Maria Nobili, detta Porverièra, nata 1910]

S'è ppreparata l'ora d'avé ll'ùrtima cena e cco' ffaccia serena così Ggesù pparlò:

Disse: "sarò ttradito". Disse: "sarò nnegato". E Ggiuda disgrazziato rispose: "non zarò".

I due Redentori Ggiuda pièdi lavò; je disse: "dajje orrore che tte perdonerò".

I tre der Zacramento vestìtive d'aliò tutti co V cor contènto suo corpo dispenzò.

Alle quattro si mòsse 'na grande compassiò e Ggiuda coll'apòstoli vòrze fa 'm ben zormò

Alle cinque nell'orto che bbon Gesù andò le sèi der Padreterno lo re der cèlo avrò.

Le sètte d'inzermino Mlora Ggiuda si turbò e ccon atto suo modèsto um bacio a Ddio donò.

Le òtto 'na guanciata che ar bòn Gesù ttoccò le dièci Scarcerato la turba lo menò.

Sonava le ùndici ore

le dodici a Ppilato Ggesù si presentò.

Le trédici di bbianco vestito er Zarvator, schernito co' 'na canna pe' ddajje più ddolor.

Gridando a Crocifisso cheffu quattordici ore Pilato se n'affrisse pe' nun trova errò.

Legato a la colónna che ffu quìndici ore bbattuto e ffraggellato Cristo co' ggran dolore.

Scoronato de spine che ffu le sedici ore quelle tempie divine er zangue lo verzò.

A le diciassètte ore la penna se 'ddoprò pe' ddà ggiusta sentènza che al bòn Gesù toccò.

Li chiòdi e li martelli per Lui se preparò 'n croce vl Redentore alle diciòtto andò.

Alle diciannov'ore co' 'na mento narò Ggesù pieno d'amore Ggiuanni se chiamò.

Alle venti da bbeve' chiedeva 'I Redentor Scostando aceto e ffèle soffriva 'I peccator.

Sonò le ventun'ore la tèsta se chinò e ll'anime sante e pure dar Padre eterno andò.

Alle ventidu'ore Legnino trapassò con ferro e con furore lo petto a Ddio piagò.

Alle ventitre ore dalla croce calò la mamma co' ddolore im braccio lo pijjò.

Alle ventiquattr'ore Ggesù 'n zepolcolo andò e ffu per nòstro amore che ttutti ci sarvò.

Quello gran tempio, è vve-ro, in tratto se spezzò le pianure del cielo anche quelle se scurò.

Tremava terra e mmontl e li morti risuscitò le pietre co' le fonti gran dolor a Ddio mostrò.

E Ggesù Cristo è mmòrto eppòi risuscitò ce l'ha raccomandata questa santa Passio.

Questa Passione ch'ho d detta, la raccomandiamo a voi, anime benedette, pregate Dio per noi. Questa Passione ch'è finita, questa casa Dio la benedi-ca.

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2.8. Adorazione al S. Sepolcro

[Sant'Oreste (RM) - dalla raccolta inedita di Francesco Zozi]

Preparati ad un'ora Che fu l'ultima cena E con faccia serena Gesù così parlò.

Disse sarà tradito Disse sarà negato E Giuda disgraziato Rispose o non sarò.

Alle 2 il Redentore I piedi a Giuda lavò Li disse dall'errore 10 ti perdonerò.

Le tre del Sacramento Istituì in quell'ora Tutti col cor contento II suo corpo dispensò

Alle 4 si mosse Si mosse a compassione L'apostoli rivolsero A Giuda un bel sermone

Alle 5 nell'orto 11 buon Gesù sudò Alle 6 il Padre Eterno Il Re de cieli orò

Alle 7 nei Gezemani La turba lo trovò Dio ti salvi Maestro Allora Giuda parlò

Dio ti salvi o Maestro Allora Giuda parlò Con un atto modesto Un bacio a Dio donò

Alle 8 una guanciata E Giuda si turbò E nella faccia beata Gesù la sopportò

Alle 9 schiaffeggiato Il buon Gesù andò

Alle 10 carcerato La turba lo menò.

Quando che fu carcerato Suonava la undicesima ora Alle 12 a Pilato Gesù si presentò.

Alle 13 ore di bianco Vestirono il Salvator Schernito con una canna Per dargli maggior dolor.

Sellavano Crucifigge Era quattordiciora Pilato se ne affligge Che man trova l'error.

Legato ad una colonna Che fu alle quindiciora Battuto e flagellato O dio che gran dolor

Coronato di spine Era la sediciora Dalle tempie divine Il sangue suo versò.

Alle 17 ora La penna di adoperò E l'ingiusta sentenza Al buon Gesù toccò.

Li chiodi e li cortelli Per lui si preparanno In Croce il Redentore Alle 18 andò.

Alle 19 ore Il testamento narrò Gesù pieno d'amore Giovanni a se chiamò.

Gesù pieno d'amore Giovanni a se chiamò E la sua cara madre Gli si raccomandò.

Alle 20 da bere Chiedeva il Redentore Gli diedero aceto e fiele Soffrì per il peccatore.

Gli diedero aceto e fiele Soffrì per il peccatore Pregava l'Eterno Padre Per i Crocifissor.

Alla ventunora Che l'auguro posò E con Pietro e Simone Il costato a Dio piagò.

Alle 22 ore La testa sua chinò Quell'anima santa e pura Al Padre Eterno andò.

Trema la terra e i monti I morti risuscitonno Le pietre con le fonti Gran dolor che Dio mostrò.

Alle 23 ore Dalla Croce lo levorno La mamma con dolore In braccio lo pigliò.

Alle 24 ore Gesù in sepolcro andò Solo per nostro amore Che a tutti ci esaltò.

Solo per nostro amore Gesù risuscitò Con gioia feste e canti In alta gloria andò.

Con gioia feste e canti In alta gloria andò Sempre sia ringraziata La sua Santa Passione.

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Indice

Presentazione 1 Il perché di una ricerca 3 Nome del canto 4 I tipi e l'area geografica di diffusione 6 Una testimonianza diretta 9 II processo di zersingung 15 L'esecuzione e la musica 18 Parte petitiva 26 Appendice n. 1 29 Appendice n. 2 32 Bibliografia essenziale 41

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Bibliografia essenziale

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Discografia: (Orig.) Italia, voi. I - ALBATROS VPA 8082.

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Collana

I Quaderni del Museo

N. 1 L'orologio della Passione. Canto popolare di questua aprile 2005

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