Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14...

6

Click here to load reader

Transcript of Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14...

Page 1: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

patria indipendente l 14 dicembre 2008 l 13

Inchieste

toni). Proporzioni ancora maggiori rag-giunse la corrispondenza in altri Paesibelligeranti come la Germania (30 mi-liardi) e la Francia (10 miliardi). Il trauma della guerra accelerò il bisognodegli uomini di scambiarsi informazionitramite l’unico mezzo disponibile, lascrittura. Una scrittura, però, del tuttosingolare: poco rispettosa della lingualetteraria, e quindi colma di “errori”, manon per questo incomprensibile e privadi regole. Si trattava di una sorta di nuo-va lingua scritta, nata nel secolo prece-dente all’interno dei processi di accultu-razione delle classi subalterne e proleta-rie, che prenderà il nome di “italiano po-polare”.Proprio le lettere, quindi, sono il primoosservatorio attraverso cui si può leggerela guerra dei soldati. Da esse si apprendel’impatto con la cruda realtà della lineadel fronte. Realtà shockante che si pre-sentò imprevista e immediata a quantiebbero la sfortuna di finire in trincea.Scrive il soldato Giuseppe Mossetti alparroco di un paese dell’alto Piemonte:«Giunti al posto, sul monte S. Michele an-cora pioveva e qualche palla di fucile giàda qualche tempo ci accompagnava lungola strada, perciò s’incominciava a lasciarequalche ferito; qualcuno più preso beneanche moriva, e, l’acqua di tutta la nottee la stanchezza per quella marcia durata16 ore sotto la pioggia, mi procacciava uncerto scoraggiamento per il quale mi na-sceva quasi il dubbio che il Signore volesseabbandonarmi. Nulla di meno: io misforzavo sempre più per convincermi chetutto questo me lo voleva far provare permisurare la mia pazienza e perciò conti-nuavo ad invocarlo in cuor mio, scongiu-randolo di volermi almeno far salva lavita e tutto il resto mi sarei rassegnato asopportare».Le preghiere, purtroppo, non salverannoMossetti e il 29 novembre 1915, ventigiorni dopo aver spedito questa lettera,morirà sul San Michele.Tutte queste storie si strutturano all’in-terno dell’evento bellico ed è propriograzie a esse che si possono seguire i

N ella storia del Novecento la Primaguerra mondiale è un evento deci-samente nuovo e grande. Nuovo

perché è guerra di macchine, di innova-zioni tecnologiche. Ed è grande per ladimensione mondiale e per il gran ma-cello di uomini.Capire l’impatto che essa ebbe sui giova-ni “fantaccini”, quelli che perirono nelfango delle trincee e quelli che si salvaro-no, portando con sé il ricordo di orroried eroismi, è oggi possibile grazie al-l’ampia documentazione che i soldatihanno lasciato.Iniziamo dalle lettere, che furono decisa-mente numerose, se rapportate ai bassilivelli di alfabetizzazione. Nel corso delconflitto viaggiarono quasi quattro mi-liardi di lettere e cartoline postali (più didue miliardi partirono dal fronte, un mi-liardo e mezzo arrivarono e 263 milionifurono le lettere scambiate tra i commili-

Verdun, pattuglia francesein perlustrazione cerca diripararsi dagli effetti di uncolpo di artiglieria.

La “Grande Guerra” da celebrare per ricordare tutti i caduti

Operai e contadini in trincea:lettere, diari e racconti

di Filippo Colombara

Un mondo di “illetterati”ancora da scoprire.Le inutili polemichedi questi giorni

Page 2: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

14 l patria indipendente l 14 dicembre 2008

trincea. […] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare uncampo estivo, ma verrà poi il segui-to anche per noi. Ma per intantovadi pure così».Anche in questa lettera si rassicura,tuttavia si paventa il possibile diffi-cile futuro.«28 giugno 1915Carissimi genitori,qui d’innanzi la valle è magnifica,bellissimi sono i pascoli, molto mi-gliori dei nostri, [ma tutto] è silen-zio soltanto il cannone tuona. Iproiettili sibilano sopra la mia te-sta, e dopo un breve istante si vedeuna colonna di fumo seguito subitodal formidabile rombo. […]. Agiorni forse daremo l’assalto a dettacollina, magari domani, fortunatiquelli che possono arrivare lassù sanie salvi».Questa volta Frascoli è esplicitonel dichiarare quanto sta per suc-cedere. Scrive allora un’ennesimalettera: la grafia è instabile rispettoal tratto preciso delle precedenti,forse perché stesa all’ultimo mo-mento su di un malfermo pianod’appoggio. «1 luglio 1915Carissimi Genitori,state allegri stassera parto per dareal nemico la prova del nostro valorealpino. [...] Mamma,se morirò non piangere, tante altremadri in questo momento piangonoi loro cari figli caduti per la patria.Vattene fiera e altera nel tuo doloredi aver dato l’unico tuo figlio allapatria. Se invece tutto mi andràbene ti scriverò appena potrò. [...]Papà,tu sei un uomo, hai più esperienzadi me, comprenderai tu al pari miocosa voglia dire guerra. Parto stas-sera sono di 1a linea, sarò fra i pri-mi. Non ho paura, no, la immagi-ne tua unita a quella della miamamma mi servirà di guida e dicoraggio. Sta bene. Vincerò. Se nonne uscirò illeso da questo combatti-mento, sii sempre di conforto allamamma, consolala sempre e abbinecura, a tè l’affido [...]».Seguono, infine, i saluti agli amicidi Pallanza: «State allegri», riesce ascrivere.

pensieri, le emozioni e le paure deigiovani soldati. Le esperienze sonospesso simili, motivo per il qualevale la pena soffermarsi su una sin-gola vicenda, ad esempio quelladel caporal maggiore Fausto Fra-scoli di Pallanza (Verbania), anniventidue, appartenente alla 24a

Compagnia del 4° Alpini. Di luisono note cinque lettere, e con es-se ricostruiamo la sua breve guer-ra, solo venti giorni.«9 giugno 1915Carissimi genitori,qui [alle pendici del Monte Nero],si vive bene, se si pensa di essere inguerra. L’allegria non manca maia nessuno, benché siamo di fronte al nemico, si parla e si scherza e si ride, pare di trovarsi al campo estivo».

La principale preoccupazione delsoldato, ampiamente diffusa tra icommilitoni, è la volontà di rassi-curare i propri cari.«12 giugno 1915Carissimi genitori,di già che sono un po’ tranquillo eche il nemico non mi dà noia vogliodescrivervi un po’ come e pressapocodove mi trovo. Davanti a mè siestende un’infinità di montagna[…]. Mi trovo proprio sotto alle al-te punte del famoso Monte nero dicui avreste già letto sul giornale igrandi combattimenti. Ora nonpotendo pigliarlo di fronte altretruppe lo stanno aggirando, e siavanzano velocemente malgradoun’accanita resistenza che questimamalucchi ci oppongono dalla ci-ma trasformata tutta in una sola

Tiratore scelto australiano, in osservazione.

Page 3: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

Le quattro pagine su cui si dispie-ga il testo sono un vero e proprioaddio a parenti e amici. FaustoFrascoli presume di non farcela, ineffetti morirà due giorni dopo, il 3luglio 1915, non sappiamo se acausa di ferite riportate durantel’assalto del primo luglio o succes-sivamente. Altre lettere contengo-no temi simili: rassicurazioni sullecondizioni di vita al fronte, descri-zioni (pacate) degli assalti, sfoghisulla fame, oppure, nelle missiveindirizzate ai parroci, il bisognodel conforto religioso. «Di me non state a pensare male –scrive ai familiari il soldato PietroPirazzi di Castiglione d’Ossola –sebbene dopo vivo combattimentoche abbiamo fatto sono sano e salvoe per ora sono in 2a linea e vi racco-mando appena ricevete questa lette-ra di andare in selvavechia e faretescoprire la madonna e farete accen-dere due candele finche siano tutteconsumate che io e miei compagniabbiamo potuto ritirarsi in posizio-ni migliori». Altri chiedono l’in-tercessione del divino per la pro-pria salvezza terrena: «Mi rivolgo alei con preghiera onde possa suppli-care, come rappresentante della no-stra gran fede e religione cattolicaad implorare al nostro buon dio e S.Damiano, gran protettore nostro,che ci illuminino coi suoi raggi allavia della nostra salvezza e che ciguardano dalle granate, daglishrapnels, dalle insidie e dagli ag-guati che ogni giorno sta preparan-do il nostro barbaro e secolare ne-mico Austriaco». Altri ancora, co-me il soldato Carlo Spagnolini,promettono di realizzare un qua-dretto raffigurante il santo delpaese, come ringraziamento per loscampato pericolo. In quei fran-genti si giunse persino a praticheche sconfinavano nella superstizio-ne. Scrive il soldato Leonida Con-tini, di Fara Novarese al parrocodel paese.«Egregio illustrissimo S. Arciprete, Oggi non sapendo per far passare ilgiorno, mando due righe di orazio-ne dettate da un buon prete che stada noi, con la speranza che la rice-va gradita. Orazione. [...] Mio Si-gnore Gesù Cristo ventura umani-tà, Questo mesto mandato deve an-dare per tutto il mondo coppiateloquattro volte datela a quattro per-

sone, e che nel termine di 9 giorniavete una grazia, ma se trascurateavrete una disgrazia. Dite quattrovolte Viva Gesù, via Maria […].Recitate quattro orazioni di Dio edi Maria e coppiatelo quattro vol-te». La missiva si conclude così:«Signor Arciprete, questa mia speroche la riceverà gradita dandomirisposta, con la speranza entro lasua [lettera] di trovare qualcheimmaginazione [santino] di Dio eMaria che accetterei con sommopiacere».È sconosciuta la risposta del prela-to a questa tipica formula da cate-na di Sant’Antonio divenuta perl’occasione un’orazione, ma non ècerto quella del soldato Continiun’eccezione. Di catene di San-t’Antonio ne gireranno altre, co-

me gireranno vere e proprie ora-zioni. Narrare la guerra con il solo ausi-lio delle lettere è tuttavia difficile.Censura militare e autocensuraimpedirono certe notizie. Solocon il ritorno dei reduci si pote-rono apprendere altre verità, quel-l’altra storia che fece maturarenelle masse popolari le speranzenel socialismo, prima dell’avventodel fascismo. Altra storia, inoltre,vissuta come dissenso soggettivo(non sempre cosciente sul pianopolitico), che trovò sfogo nei diarie nelle memorie. Opere di soldatie soprattutto ufficiali, in alcuni ca-si rinvenute e date alle stampe.Anche oggi, nel novantesimo dallafine del conflitto, ne appaiono di“nuove” sugli scaffali delle libre-

patria indipendente l 14 dicembre 2008 l 15

Soldati italiani uccisi dal gas.

Page 4: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

rie. Come la memoria dell’ufficialedi complemento Luigi Concone,stesa nel 1930 sulla base di appun-ti presi durante la guerra. Il risul-tato è una lucida ricostruzionedella vita dei fanti in trincea, quel-la delle disillusioni, del fango e delsangue. Parlando delle «scarpe dicartone» calzate dai suoi uomini,ad esempio, afferma: «Ma se tuttala Nazione è in guerra perché nonsi estende anche ad essa la ferrealegge della guerra, non si fucilano isozzi profittatori, fornitori senzacoscienza [delle scarpe di cartone,appunto], vampiri senza scrupoli».Più avanti, ancora: «Ma il fornito-re, anche se è onesto, farà sempre isoldi sulla guerra; l’imboscato saràsempre tale; il prete italiano bene-dirà i cannoni nostri e quello au-striaco i suoi, ciascuno in nome delsuo Dio, e tu marcirai nel budellodella trincea finché diverrai untutto unico col fango di essa, cada-vere puzzolente che disturberai piùper poco l’olfatto dei tuoi compa-gni». E via di seguito. Tra le pagi-ne di memorie edite di un altro uf-ficiale, Giuseppe Cuzzoni, anch’e-gli come il precedente novarese eimpiegato di banca, colpisce lapercezione del paesaggio di guerrasul piano, diciamo, olfattivo, degli

odori che emanavano quei luoghi.Annota: «Durante tutto quel perio-do di linea il tempo si era mante-nuto quasi sempre sereno e caldissi-mo così che una fascia di caloregravava immobile su tutta la zonainsieme ai fumi degli scoppi e adun odore misto di polveri, di terric-cio, di immondezze e di cadaveriche dava un’indefinibile sensazionedi ribrezzo». E prosegue: «Gli al-beri divelti, maciullati, stroncatied il terreno all’aperto, tutto arso,sconvolto da buche e da fosse, avevaun odore nauseabondo di cose pu-trefatte ed un colore sanguigno chemetteva orrore».Ma l’altra storia riprese vigore an-che tempo dopo, soprattutto tragli Anni Sessanta e Settanta, con lenumerose interviste agli ex com-battenti che assicureranno un for-midabile contributo documentalealla ricerca storica.Dalla voce degli anziani emersero iracconti degli assalti, degli atti diautolesionismo, delle punizioni,delle decimazioni, dei momenti dinon belligeranza e altro ancora.Narra un soldato vercellese: «Siaspettava sempre che finisse la guer-ra ma non finiva mai. […] Ricor-do quando sono stato ferito. Eradifficile avanzare, c’era l’ordine di

avanzare, siamo saliti lungo un ca-nalone per andare dov’erano gliaustriaci, ma ci siamo fermati per-ché i primi che sono arrivati hannotrovato il bosco tagliato alto così [un metro] e poi più avanti c’era-no i reticolati, chi passava di là? Sì i nostri cannoni sparavano, ma i reticolati erano tutti lì. Abbiamotentato tre o quattro volte. Quandosono stato ferito il 12 novembre sta-vamo proprio andando in su, era-vamo a quaranta-cinquanta metrida loro, ma passare come si poteva?Se si avanzava si veniva uccisi dal-la mitraglia e dai fucili, sparavanoeh […]. Io sono stato ferito da unapallottola di fucile che mi ha perfo-rato la scapola. Poi i morti... Perportare via me, quando sono statoferito, sono stati feriti anche treportaferiti».Ed è l’orrore degli assalti uno deimotivi che indussero i “fantaccini”all’autolesionismo pur di tornare acasa. Racconta Clemente Comaz-zi, contadino della bassa Valsesia:«C’era gente che si feriva per venirea casa. Io c’avevo due di Gozzano e’lóra di notte si mettevano basso nelcamminamento, preparavano ungrosso sasso in cima la trincea equando noi si passava dicevano:“Deh, fa il piacere, dai un calcio a

16 l patria indipendente l 14 dicembre 2008

Feriti tedeschi e inglesi nel settore di Bernafay nel luglio 1916.

Page 5: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

quel sasso lì”. Il sasso veniva giùspaccava la gamba e venivano acasa. “Ti at vai ca’, ma se i ciapumi i vagh dint, altruchè; ciapa unfil e tiral giü ti ‘l sas”. “Eh, gh’òmia ’l curàgiu” [“Tu vai a casa, mase prendono me vado dentro, al-troché; prendi un filo e tiralo giùte il sasso”. “Eh, non ho mica ilcoraggio”]. Poi c’era chi si sparavanelle mani e siccome i primi che sisparavano il colpo ci bruciava tuttala mano, allora, quando si andavaa prendere del fil di ferro, prende-vano ’sta massa di fil di ferro, lamettevano sopra il fucile e poi lamano, così sparando il proiettilebucava la mano ma non c’era il se-gno del bruciato. Io ne ho visti duecon la mano sul fil di ferro: il pri-mo l’hanno lasciato passare e il se-condo l’hanno poi mandato sottoprocesso e non so che fine ha fatto».In qualche caso, ricorda un ope-raio di Romagnano Sesia, si usavastrofinare gli occhi con la “Bella-donna”, nota pianta velenosa, cau-sando dilatazione delle pupille e

momentanea insensibilità alla luce.Altri descrivono le punizioni, co-me Olivo Mossotti, contadino diCarpignano Sesia e a quei tempiartigliere: «Una volta un caporalmaggiore è stato stupido, ha legatoun soldato al palo e gli austriaci ri-uscivano a sparare fino al palo. Percombinazione passava di lì il mag-giore e l’ha salvato. [...]. Non si po-teva mettere un uomo lì in vista,non si poteva». Non si poteva ep-pure si faceva, come scrive nell’ot-tobre del ’15 un disertore ossola-no da un campo di prigionia inAustria al proprio fratello: «Ungiorno io mi partii dal mio accam-pamento [vicino all’Isonzo] col-l’intenzione di andare a fare unavisita alla Santina, ero senza per-messo si capisce: ebbene non vi arri-vai perchè fui fermato prima e le-gato ad’uno albero mani e piedi;perchè? per essermi assentato senzapermesso […] Mi legarono […] emi ci tennero una notte e un mezzogiorno e poi sorvegliato con due sol-dati a baionetta in canna, mi se-

questrano il portafoglio ove avevodelle lettere e sopratutto la fotogra-fia della nostra povera madre, nonl’ò più avuta».Ma il problema era pur sempre l’as-salto. «Ci davano il cognac e anda-vamo all’assalto – ribadisce Euge-nio Ottone, fabbro di Prato Sesia –.Certo qualcuno disertava, una vol-ta ho assistito alla fucilazione diuno. L’hanno fucilato quelli del no-stro reggimento, c’era un plotone de-stinato per questo... Ci hanno messitutti inquadrati per vedere la fuci-lazione così che non dovesse venire inmente anche a noi di disertare;quelli che fucilavano era perché di-sertavano dal fronte ma se no gli al-tri li mandavano sotto processo e an-davano in prigione».La disciplina si mantenne con lefucilazioni. Ricorda Salvatore Mo-lini soldato dell’alta Ossola: «Hovisto uccidere uno perché s’è rifiuta-to di combattere. È stato punito aSanta Lucia, era il 9 o 10 settembredel ’15, L’hanno ucciso, ucciso pro-prio... Poi sul Montello, Arcade

patria indipendente l 14 dicembre 2008 l 17

Soldati inglesi sul fronte occidentale accecati dai gas. La fotografia fece il giro del mondo e suscitò dolore e indignazione.

Page 6: Operai e contadini in trincea: lettere, diari e · PDF file14 l patria indipendentel 14 dicembre 2008 trincea. [] Non sembra, al pre-sente di essere in guerra, pare un campo estivo,

Sant’Angelo, ho visto uccidere altritre soldati italiani. Quando noi ab-biamo occupato il Montello, dopo laritirata [di Caporetto], si dovevafare i rastrellamenti per trovare glisbandati. Io lì avevo la pattuglia ene abbiamo trovati diversi, invecequei tre lì non hanno voluto conse-gnarsi. “Noi difendiamo casa no-stra”, dicevano, perché erano di lìdel Montello. Io li avevo avvisati,ma loro non sono venuti e poi i ca-rabinieri, perché ogni battaglioneaveva anche i carabinieri dopo laritirata, li hanno arrestati, li han-no portati in tribunale e tutto... Lihanno condannati a morte e lihanno uccisi, gli hanno fin fattoscavare la fossa per dare dimostra-zione al pubblico».Della vita al fronte, però, si rac-contò malvolentieri, in casa si par-lò poco e col passare del tempo sitacque del tutto. Ciononostante:«C’erano le fucilazioni chiamate ladecimazione – dice Ernesto Sala diGrignasco –. Però lei doveva averfatto qualche cosa di sgradevole al-l’esercito. Purtroppo la decimazioneera in questo sistema, quando nonsapevano il colpevole contavanouno, due, tre, fino a dieci fuori.Quello lì era innocente e dovevaandare a subire». E queste sonostorie che particolarmente impres-sionano i familiari dei combattenti:«Mio fratello – ricorda un’anzianadi Cureggio – raccontava tutta lasua vita, ha fatto quattro anni difronte. Diceva: “Messi lì tutti in fi-la, uno, due, tre, quattro e cinquefuori. Tre o quattro li fucilavanoperché disubbidivano... li fucilava-no”. Sa ’ghesi qui ’l me fradél acuntéghi tüta la sòa vita [Se ci fos-se qua mio fratello a raccontarletutta la sua vita] ma è morto... Miraccontava tutta la sua vita».Accaddero poi episodi singolari,come gli atti di non belligeranzacui si pervenne grazie alla possibili-tà, in certe trincee vicine tra loro,di poter dialogare a distanza. Fran-genti nei quali, a discapito dell’im-magine del nemico da odiare, pro-pria delle condizioni ferine dellaguerra, prevalse l’esatto contrario.«[Nella loro trincea] – ricorda an-cora l’artigliere Mossotti – c’eranodegli austriaci delle parti del Tiroloche sapevano l’italiano eh, e si par-lavano con le nostre vedette. Loro

dicevano: “Abbiamo fame, dateciqualche pagnotta”. Loro avevanotanto da fumare, ne avevano in ab-bondanza, allora i nostri ci faceva-no passare qualche sacchetto di panee non si sparavano mica, nemmenoun colpo di niente».Della Grande Guerra, l’episodiorimasto celebre è forse quello av-venuto la notte del 24 dicembre1914, quando in una trincea delleFiandre alcuni soldati tedeschi ini-ziarono a cantare Stille Nacht[Astro del ciel] seguiti da lì a pocoda un grande coro e dall’inalberar-si di cartelli con la scritta: «We notshoot, you not shoot» [Noi non spa-riamo, voi non sparate]. Dalla par-te opposta inglesi e francesi, dopoun attimo di perplessità, risposerocon canti natalizi. Uscirono alloscoperto, fraternizzarono e, no-nostante gli ordini contrari dei co-mandi, concordarono tre giorni ditregua: una piccola pace nellaGrande Guerra. Episodio da fic-tion cinematografica che infatti furealizzata nel 2005 (Joyeux Noël diChristian Carion).«Ci sono stati anche dei casi – ag-giunge Ernesto Sala di Grignasco– che gli austriaci quando prende-vano qualcuno prigioniero gli dice-vano: “Vai ancora di là, va’ va’”li mandavano ancora di qua e incerti posti han dovuto cambiare lecompagnie sia italiane sia austria-che perché non combattevano più esi passavano la pagnotta e quellidavano il tabacco, si scambiavanocosì, sa al mondo succede di tutto».Quest’ultima narrazione pare po-co attendibile, essendo improbabi-le il ritorno dei prigionieri oltre leloro linee. Occorre tener presente,però, che nei racconti spesso i si-gnificati superano la realtà dei fat-ti, come appunto nel ca-so citato, dove l’intervi-stato intende chiaramen-te esplicitare la voglia dipace e di fine della guer-ra che a quel tempo at-traversarono i pensierisuoi e dei commilitoni.Del resto è pur vero cheuccidere vite umanecomportò riflessioni an-che profonde, specie se ilproprio compito al fron-te era di tiratore scelto,cecchino. Caso singola-

re, in questo senso, è quello di Sal-vatore Molini. «Facevo il cecchino –afferma –. Quando si vedeva muo-vere si sparava. Però è successo unavolta che loro hanno avuto riguar-do per me e allora anch’io dopochiudevo l’occhio. Era il 20 settem-bre del ’17, dopo un bombardamen-to avevo il compito di andare a ve-dere se i nemici stavano salendo lamontagna. Vado e da dove ero ap-postato sento ridere dalle rocce sopradi me. Quello mi è rimasto impres-so, erano tre ufficiali tedeschi cheridevano di me ma non hanno spa-rato ne niente... Da allora anch’ioquando vedevo qualcheduno cheandare a portare ordini non spara-vo. Non in tempo di combattimentoche è un’altra cosa. In guerra hofatto il mio dovere, anche da cecchi-no coscienziosamente perché ho vistoche [loro] hanno avuto coscienzacon me. Quando bisogna agire [incombattimento] bisogna agire,quando bisogna essere comprensivibisogna essere comprensivi».Ecco, queste sono alcune esempli-ficazioni di quell’altra storia checontribuì ad allestire una memoriaantiretorica. Un’altra storia costi-tuita da lettere, memorie, raccontiche rende conto di quelle inutilimorti. Ancora oggi, visitando i paesi diprovincia – ad esempio della pia-nura padana e della montagna pie-montese, da dove provengono idocumenti citati – si rimane im-pressionati dai lunghi elenchi dicaduti incisi sui monumenti. So-prattutto nei piccoli borghi: uncampanile, una piazza, poche casee decine di morti; la storia di unanazione falcidiata e privata di ungran numero di giovani nati all’al-ba del secolo del progresso.

18 l patria indipendente l 14 dicembre 2008

Per richieste,suggerimenti,

commentipuoi scrivere a:

[email protected]