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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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Indice

Prefazione1. Progettazione nello stato di emergenza Riprogettare il progetto Progetto dal materiale, non materiale dal progetto Rifiuto = Cibo2. Il PalletTipologie di PalletIl Pallet EUR EPALPallet fuori standard con travettiChemical Pallet (CP)Pallet leggeri a perdereLegno e trattamentiLegnoTrattamenti3. Utensili (kit base)4. ProgettazioneDisassemblaggioMontaggioPulizia del legnoTecniche di giunzioneMorsettiTasselliCome realizzare un pianoCome realizzare un travetto TaglioTaglio con dimeFiniture superficiali5. Un esempio di progettazione: Mara6. Conclusioni

Bibliografia

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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A Luigi Cuppone e a tutto il Laboratorio Linfa per essere stati fonte di ispirazione e per aver condiviso il loro sapere e il loro saper fare con noi.

Allo Strike SPA, alla Fattoria Verde, al Collettivo Orizzontale, a Reworkshow e agli organizzatori di Babel2 per averci permesso di mettere in pratica le nostre conoscenze e per aver contribuito al loro sviluppo.

A tutti quei lettori che decideranno di contribuire allo sviluppo del sito web diventando scrittori.

Ringraziamenti

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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Prefazione

Questo manuale va inteso come una versione beta del progetto definitivo: abbiamo incluso solo i contenuti principali attinenti al nostro lavoro, come semi pi-antati per dar vita ad un'enciclopedia web in stile wiki. L’idea è quella di realizzare un contenitore dei saperi e del saper fare nell'ambito dell'autoproduzione e del riuso, che crescerà progressivamente grazie al contributo dei partecipanti.

Sul sito www.opencrafts.org, si potrà condividere con gli altri non solo le proprie conoscenze teoriche, come avviene già all'interno dei grandi portali open content, ma anche il proprio know how, frutto di esperienze e sperimentazioni vissute in prima persona: in altre parole, sapere teorico per fare pratico.Riteniamo infatti che la strada della condivisione potrebbe essere forse la più indicata per uscire dallo stato di emergenza attuale. La crisi che stiamo vivendo ha dimostrato la sostanziale inaffidabilità del sistema consumistico attuale, dandoci la possibilità di ridefinire le strutture e i paradigmi culturali, per orientare la progettazione in direzione eco-compatibile e sostenibile per le prossime generazioni.

L'auto-produzione è semplicemente una modalità di realizzazione di manufatti, non vincolata ad alcuna tecnica o materiale specifico. Non è perciò possibile definire una metodologia standard, né un procedimento univoco, soprattutto se i prodotti sono realizzati con materiale di recupero e progettati in base alla disponibilità momentanea. Un approccio di tipo chiuso porterebbe quindi a risultati insoddisfacenti e limitati, diffondendo esclusivamente le competenze di un piccolo gruppo di progettisti riguardo un nucleo ristretto di tematiche. La parte-cipazione open, invece, consente di arricchire il manuale grazie al coinvolgimento diretto di una comunità eterogenea, passando così dal sapere particolare degli individui ad un sapere collettivo libero, aperto a tutti ed in continua evoluzione. Questo manuale è perciò solamente una piccola anticipazione di quel che, se tutti vorremo, sarà. Più che fornire delle conoscenze di base sull'autoproduzione o sul riuso del pallet, la sua funzione è l’essere testimone di un nuovo modo di pensare aperto, e rendere finalmente “vivo” ed in continua evoluzione il sito web grazie alla partecipazione dei veri interessati: tutti voi.

This manual has to be intended as a beta of the whole project: concerning our work, we included just the main contents, as seed planted to feed an encyclopaedic wiki-style website. The idea is to realize a container of knowledge and know-how around self-production and reuse that will grow up thanks to the contribution of the users. On www.opencrafts.org, users will be able to share with the others non just their own theoretical knowledge, as it already happens on many open-content portals, but even their own practical know-how that comes from personal experiences and experimentations lived by their-selves.In other words, what we’re talking about is theoretical knowledge for practical know-how. In fact, we’re convinced that sharing could be maybe the more suitable way to get off from the actual emergency scenario. The financial crisis we’re living demonstrated the substantial instability of the consuming system, giving s the chance to redefine the cultural structures and paradigms, re-orienting the design process in an eco-compatible and sustainable manner for the next young generations. Self-production is just a way of making things, nor linked to any technique not specific material. So, we’re not allowed to define a standard methodology, nor an unique process, especially if we’re building something using recovered materials, designing things on their momentary availability basis.A closed approach would give us inconsistent and limited results, diffusing only the know-how of a restricted group of designers, concerning just a little list of themes. Instead, Open participation allows to enrich the manual thanks to the effort of a huge heterogeneous community, overcoming the particular knowledge of someone in favour of a free, collective knowledge, opened to all and in continuous evolution. This manual is so just a little preview of what will be, if we all want. Its primary function is not limited to the spread of some self-production techniques, but it wants to be a witness of a new, open way of thinking, that at the end will give life and continuously feed the relative website, thanks to the participation of all the interested: you all. To the ones who want to approach these themes more in depth, there is a rich bibliography at the end of this manual. Enjoy it.because of time reasons. The final work, however, is intended to be in more languages.

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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Questo manuale va inteso come una versione beta del progetto definitivo: abbiamo incluso solo i contenuti principali attinenti al nostro lavoro, come semi pi-antati per dar vita ad un'enciclopedia web in stile wiki. L’idea è quella di realizzare un contenitore dei saperi e del saper fare nell'ambito dell'autoproduzione e del riuso, che crescerà progressivamente grazie al contributo dei partecipanti.

Sul sito www.opencrafts.org, si potrà condividere con gli altri non solo le proprie conoscenze teoriche, come avviene già all'interno dei grandi portali open content, ma anche il proprio know how, frutto di esperienze e sperimentazioni vissute in prima persona: in altre parole, sapere teorico per fare pratico.Riteniamo infatti che la strada della condivisione potrebbe essere forse la più indicata per uscire dallo stato di emergenza attuale. La crisi che stiamo vivendo ha dimostrato la sostanziale inaffidabilità del sistema consumistico attuale, dandoci la possibilità di ridefinire le strutture e i paradigmi culturali, per orientare la progettazione in direzione eco-compatibile e sostenibile per le prossime generazioni.

L'auto-produzione è semplicemente una modalità di realizzazione di manufatti, non vincolata ad alcuna tecnica o materiale specifico. Non è perciò possibile definire una metodologia standard, né un procedimento univoco, soprattutto se i prodotti sono realizzati con materiale di recupero e progettati in base alla disponibilità momentanea. Un approccio di tipo chiuso porterebbe quindi a risultati insoddisfacenti e limitati, diffondendo esclusivamente le competenze di un piccolo gruppo di progettisti riguardo un nucleo ristretto di tematiche. La parte-cipazione open, invece, consente di arricchire il manuale grazie al coinvolgimento diretto di una comunità eterogenea, passando così dal sapere particolare degli individui ad un sapere collettivo libero, aperto a tutti ed in continua evoluzione. Questo manuale è perciò solamente una piccola anticipazione di quel che, se tutti vorremo, sarà. Più che fornire delle conoscenze di base sull'autoproduzione o sul riuso del pallet, la sua funzione è l’essere testimone di un nuovo modo di pensare aperto, e rendere finalmente “vivo” ed in continua evoluzione il sito web grazie alla partecipazione dei veri interessati: tutti voi.

This manual has to be intended as a beta of the whole project: concerning our work, we included just the main contents, as seed planted to feed an encyclopaedic wiki-style website. The idea is to realize a container of knowledge and know-how around self-production and reuse that will grow up thanks to the contribution of the users. On www.opencrafts.org, users will be able to share with the others non just their own theoretical knowledge, as it already happens on many open-content portals, but even their own practical know-how that comes from personal experiences and experimentations lived by their-selves.In other words, what we’re talking about is theoretical knowledge for practical know-how. In fact, we’re convinced that sharing could be maybe the more suitable way to get off from the actual emergency scenario. The financial crisis we’re living demonstrated the substantial instability of the consuming system, giving s the chance to redefine the cultural structures and paradigms, re-orienting the design process in an eco-compatible and sustainable manner for the next young generations. Self-production is just a way of making things, nor linked to any technique not specific material. So, we’re not allowed to define a standard methodology, nor an unique process, especially if we’re building something using recovered materials, designing things on their momentary availability basis.A closed approach would give us inconsistent and limited results, diffusing only the know-how of a restricted group of designers, concerning just a little list of themes. Instead, Open participation allows to enrich the manual thanks to the effort of a huge heterogeneous community, overcoming the particular knowledge of someone in favour of a free, collective knowledge, opened to all and in continuous evolution. This manual is so just a little preview of what will be, if we all want. Its primary function is not limited to the spread of some self-production techniques, but it wants to be a witness of a new, open way of thinking, that at the end will give life and continuously feed the relative website, thanks to the participation of all the interested: you all. To the ones who want to approach these themes more in depth, there is a rich bibliography at the end of this manual. Enjoy it.because of time reasons. The final work, however, is intended to be in more languages.

We are very sorry that we couldn’t translate all this work in English mainly because of time reasons. The final work, however, is intended to be in more languages.

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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1. Progettazione nello stato di emergenza

Riprogettare il progetto

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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2. Il Pallet

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Per il tipo di applicazioni prese in esame da questa beta, il legno rappresenta la materia di recupero principale. Le ragioni sono chiare: è necessario che il materiale risponda a criteri quali la facilità di lavorazione, la reperibilità e non ultimo, di prestazioni fisiche (resistenza, durevolezza) ed estetiche (colore, finitura).

Recuperare legno in grandi quantità e a costo zero è abbastanza facile. Ad esempio, ci si può appostare nei vari Brico/Taglio Legno e aspettare il momento in cui viene svuotato il cassone degli scarti del taglio (una pratica che però mostra presto i propri limiti).

Il legno così recuperato, pur essendo vergine, porta ad alcune pesanti limitazioni progettuali dovute alle dimensioni differenti dei tranci, costringendo il progettista a piccoli lavori o a singolari lavorazioni difficilmente eseguibili, se non con l’ausilio di appositi, ingombranti e costosi macchinari.

In senso opposto, un’ottima e privilegiata fonte di recupero è rappresentata dal pallet, che rappresenta un buon punto di partenza per questo tipo di progettazione. Il pallet è una piattaforma in legno usata per il trasporto di carichi dai 500 ai 1500 Kg. La standardizzazione sempre più diffusa dei formati permette di reperire stecche di dimensioni, spessori e qualità sicuramente più omogenee rispetto ad altre “fonti”, specie se ci si rifornisce sempre dagli stessi operatori. I vantaggi sono intuitivi, potendo far leva su una maggiore modularità delle tavole componenti i pancali.

I difetti propri del legno recuperato passano così in secondo piano, soprattutto tenendo conto del costo spesso nullo: ogni tanto si potranno trovare tavole un po’ resinose, oppure “nodi” nel legno di dimensioni superiori rispetto a quanto siamo abituati, mentre rimarranno sempre presenti i fori lasciati dai chiodi per l’assemblaggio del pallet. Ma chi ha detto che tali difetti non possano poi essere considerati, all’opposto dei pregi, testimoni di una vita precedente che quel manufatto ha vissuto, fregi esteriori di un’estetica che nasce dalla storia stessa del materiale recuperato?

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Page 10: Opencrafts.org beta-version

Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Tipologie di Pallet

Prima di parlare delle varie tipologie di pallet, è bene spiegare come sono fatti e di quali parti si compongono.Tipicamente, troviamo:

I vari componenti sono poi assemblati fra loro tramite chiodi zigrinati o elicoidali, difficili da rimuovere. Nelle varianti più semplici e leggere, da graffette.A seconda del pallet, poi, questi elementi possono variare la loro composizione.

Piano superioreTraverse

Cubotti

Piano inferiore

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Il Pallet EUR EPAL

Il pallet EPAL è sicuramente fra i più comuni da reperire. L’EPAL (European Pallet Association) è un consorzio UE nato nel 1995 per garantire misure e proprietà meccaniche standard, testate secondo la norma UIC 435-2, a seguito di un' eccessiva frammentazione del mercato dei pallet che stava portando lentamente a dimensioni e spessori del legno troppo diversificati fra loro. Il vantaggio è presto detto: è possibile trovare gli EPAL 800 x 1200 in tutta Europa, senza troppi sforzi ed essendo sicuri delle dimensioni di tutte le stecche. Esistono anche altri formati EUR, come il 1000 x 1200 ed il 1200 x 1000, ma sono meno diffusi. Di seguito una tabella riassuntiva.

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

Standard EUR

EUR (EUR1)

EUR2

EUR3

EUR6

800x1200

1200x1000

1000x1200

800x600

Dimensioni (mm)

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

Componenti Pallet EUR

Tavola legno resinoso 2 Tavole presentanoanse per muletto

2 Tavole presentanoanse per muletto

-

Se in truciolatoil riuso è sconsigliabile*

Se in truciolatoil riuso è sconsigliabile*

1200x145x22

1200x100x22

800x100x22

Tavola legno resinoso

Traversa

145x145x78Cubotti legno o truciolato

145x100x78Cubotti legno o truciolato

Dimensioni (mm) Num.

4

3

3

6

4

Note

* il truciolato contiene colle e altri impregnanti chimici dannosi per la salute,per questo se ne sconsiglia la lavorazione prolungata

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Molto spesso il design sostenibile viene associato alla progettazione e realizzazione di oggetti con materiale di scarto, tipicamente rifiuti, riadattati e assemblati per dar vita a nuovi prodotti. Questo tipo di approccio è tuttavia l'ultimo gradino della catena produttiva, una progettazione di emergenza, sintomo di una produzione di beni gravemente malata, che non è in grado di riutilizzare e mettere in circolazione i propri output come nutrimento per altri sistemi.

Limitarsi a considerare la progettazione sostenibile come auto-produzione con materiale di recupero è sostanzialmente sbagliato. È bene tener presente che questa modalità non è in grado di configurarsi come un' alternativa valida all'attuale sistema di produzione: proprio perché consapevoli dei limiti, non abbiamo intenzione di proporla come soluzione definitiva ad un problema ben più ampio.

Nel frattempo, però, cosa fare di tutti gli scarti che stanno sommergendo il nostro mondo? Invece di contribuire a saturare ulteriormente le discariche, potrebbero essere recuperati e utilizzati, diventando così materia prima per nuovi prodotti.

Interpretato in questo modo, il riuso degli scarti si rivela quindi una pratica valida.Si articola come una soluzione temporanea, parallela ad un cambio di paradigma progettuale che porti una completa ridefinizione sistemica dell'intera catena produttiva. Un’altra questione importante è la valenza estetica dei prodotti. Molto spesso, i manufatti realizzati in questo modo non restituiscono una dignità nuova alla materia prima recuperata, lasciando la sua natura di scarto sin troppo evidente.

Per questo ci riferiamo sempre a materiale di scarto utilizzato come materia prima: la ri-progettazione come proposta in questo manuale, implica infatti la

destrutturazione dell'oggetto preesistente, così da ottenere una materia grezza semilavorata che potrà essere plasmata e configurata in nuove combinazioni. In questo modo l'identità di oggetto scartato verrà meno ed il progetto finito avrà una propria estetica che sarà diversa sia da quella del tipico “rifiuto recuperato” che da quella di un prodotto nuovo, essendo caratterizzato da tutti quei particolari che inevitabilmente parleranno del materiale di partenza, in grado di raccontare storie che difficilmente potremo ascoltare usando materie prime vergini.

Progetto dal materiale, non materiale dal progetto

Nella progettazione con materiali di recupero, l'ideazione di un prodotto nasce dall'incontro tra la creatività e la disponibilità contingente del materiale.Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte ad un'inversione della metodologia rispetto all'approccio tradizionale: non più dal progetto al materiale, ma dal materiale al progetto.

Questa è la modalità con cui si organizza il mondo naturale: le forme di vita crescono, si sviluppano e incrementano il numero della propria specie a seconda del contesto e dei nutrienti disponibili. Tramite la valorizzazione della ricchezza locale e delle diversità culturali, recuperando le tradizioni autoctone, è possibile offrire una produzione coerente con il contesto, in grado inoltre di ridurre l’impatto ambientale.

Ricapitolando, la materia prima diventa il punto di partenza per le intuizioni creative, generando un progetto flessibile in grado di modificare se stesso in corso d'opera. Il progetto perciò non si chiude nel momento che precedente la realizzazione fisica dei prodotti, ma rimane aperto ed in continua evoluzione, diversamente da quanto accade nella produzione industriale.

Proprio per questo avremo dei pezzi unici, ognuno con le proprie peculiarità e un linguaggio formale differente, a seconda delle tecniche e delle possibilità di lavorazione. La differenza e l'unicità saranno dei valori aggiunti, soprattutto in

un mercato saturo di merce standardizzata a livello globale.La caratteristica principale che distingue questa metodologia di recupero da altre vie percorribili è la volontà di dare ai prodotti auto-costruiti un valore estetico ed una dignità nuova, attraverso un accurato trattamento e una lavorazione competente delle materie prime.

Rifiuto = CiboLa creatività come puro atto generativo, senza cioè riferimenti ad esperienze o stimoli pregressi, non esiste. Questa, infatti, è sempre frutto di incontri/scontri tra materia, energie e idee diverse: lo sa bene chi della creatività ne ha fatto un mestiere.

Per quanto ricca possa essere la sua esperienza e per quanto ingegnosi possano essere i suoi lavori, un progettista difficilmente potrà paragonare la propria attività creativa con l'incredibile e meravigliosa attività della natura.

Da miliardi di anni il nostro pianeta si equilibra autonomamente seguendo i principi che gli permettono di mantenere stabile la vita in esso. Alla base di ogni meccanismo, sia nel particolare che nel generale, c'è la concezione del rifiuto come cibo: gli scarti vengono reinseriti nelle strutture della vita sotto forma di nutrimento per altri sistemi viventi.

Tutte le sostanze che circolano nel nostro pianeta sono state parte di altro: la natura, dunque, non concepisce scarti, almeno come li intende l'uomo.

Confrontando il sistema produttivo industriale con le logiche che regolano da millenni la natura, si fa presto a svelare tutti i suoi paradossi e la sua tremenda incoerenza.Queste sono le ragioni che rendono inconcepibile continuare a strutturare le dinamiche di produzione come se le materie prime fossero inesauribili. Per chi desideri approfondire in maniera più esaustiva questi concetti, è possibile consultare a fine manuale una ricca bibliografia.

Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

Standard EUR

CP-1

CP-2

CP-3

CP-4

1000x1200

800x1200

1140x1140 (non reversibile)

1100x1300

Dimensioni (mm)

CP-5 760x1140

CP-6 1200x1000

CP-7 1300x1100

CP-8 1140x1140 (con foro centrale)

CP-9 1140x1140 (reversibile)

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

Standard EUR

Piano superiore

Traverse

Piano inferiore

Cubotti

5

3

3

9

Num. tavole

4.5 - 8 cm

7 - 10 cm

7 - 10 cm

7 - 10 cm

Larghezza tavola

Num. cubotti Lato

10 - 15 mm

10 -15 mm

10 - 15 mm

Spessore tavola

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Sono pallet molto facili da disassemblare se uniti con graffette, un po’ fastidiosi in caso contrario perché lo spessore inferiore delle tavole rispetto ad altri pallet a 4 vie porta a crepature se non si pone la giusta attenzione in fase di smontaggio, soprattutto nel caso di chiodi ricurvi. L’uso ideale di questo tipo di pallet è quello di copertura, ad esempio per sedute, schienali o altri piani generici. Sono inoltre adatti alla realizzazione di oggetti più piccoli, come un cesti o lampade, per via della leggerezza e della facilità di lavorazione del legno.

Legno e trattamenti

Il LegnoPer quanto riguarda i materiali, i legni più utilizzati nella produzione dei pallet EUR sono riassunti nella seguente tabella, presa proprio dalla norma UIC 435-2.

È possibile poi usare anche altri tipi di legno, ed è anzi probabile che per i pallet fuori standard sia cosa comune affidarsi alla disponibilità momentanea del migliore offerente. Per gli EUR è comunque necessario attenersi ai requisiti di resistenza meccanica indicati nella norma UIC, pena la mancata certificazione.

Il legno dei Pallet è costituito da tavole che non potrebbero essere piazzate sul mercato normale, per via di fenomeni di crescita o sviluppo dell’albero considerati inestetici o inadeguati per altri usi. Normalmente i tronchi privi della

corteccia vengono tagliati secondo uno schema detto “taglio di quarto a ventaglio”, che garantisce la massima perpendicolarità del taglio rispetto agli anelli di accrescimento. Questo non avviene sempre per le tavole dei pallet, dove i tronchi ritenuti “difettosi” vengono tagliati secondo uno schema detto radiale, più economico. Spesso non viene neppure tolta la corteccia, almeno per quanto riguarda i fusti di diametro minore.

Con il taglio radiale si perde la perpendicolarità ideale fra taglio e anelli di accrescimento nelle tavole periferiche che sono così maggiormente soggette a deformazioni. Le assi centrali vengono quindi usate per i pallet che devono sopportare carichi pesanti, mentre quelle periferiche, strette e meno performanti, per i pallet leggeri “a perdere”. I tronchi usati sono poi affetti da alterazioni nella fase crescita.

Ad esempio, se l’albero cresce su un terreno scosceso e quindi esposto al sole solo da un lato, si ha un decentramento del midollo che porta ad anelli di crescita oblunghi, oppure ad un midollo doppio, per cui il legno non si può considerare di prima scelta.La stessa sorte tocca anche ai tronchi con fenditure radiali o centrali, dove cioè sono presenti delle spaccature per tutta la lunghezza del fusto, provenienti o dalla corteccia o dal midollo, e dovute essenzialmente a forti sbalzi di temperatura o in fase di crescite o di essiccazione.

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

Abete Bianco

Abete Rosso

Pino

Larice

Hemlock(Pino canadese)

Ontano

Betulla

Pioppo

Tremulo

Quercia

Frassino

Faggio

Olmo

Acacia

Acero

Platano

Castagno

Conifere Latifoglie

Morbide Dure

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Sono pallet molto facili da disassemblare se uniti con graffette, un po’ fastidiosi in caso contrario perché lo spessore inferiore delle tavole rispetto ad altri pallet a 4 vie porta a crepature se non si pone la giusta attenzione in fase di smontaggio, soprattutto nel caso di chiodi ricurvi. L’uso ideale di questo tipo di pallet è quello di copertura, ad esempio per sedute, schienali o altri piani generici. Sono inoltre adatti alla realizzazione di oggetti più piccoli, come un cesti o lampade, per via della leggerezza e della facilità di lavorazione del legno.

Legno e trattamenti

Il LegnoPer quanto riguarda i materiali, i legni più utilizzati nella produzione dei pallet EUR sono riassunti nella seguente tabella, presa proprio dalla norma UIC 435-2.

È possibile poi usare anche altri tipi di legno, ed è anzi probabile che per i pallet fuori standard sia cosa comune affidarsi alla disponibilità momentanea del migliore offerente. Per gli EUR è comunque necessario attenersi ai requisiti di resistenza meccanica indicati nella norma UIC, pena la mancata certificazione.

Il legno dei Pallet è costituito da tavole che non potrebbero essere piazzate sul mercato normale, per via di fenomeni di crescita o sviluppo dell’albero considerati inestetici o inadeguati per altri usi. Normalmente i tronchi privi della

corteccia vengono tagliati secondo uno schema detto “taglio di quarto a ventaglio”, che garantisce la massima perpendicolarità del taglio rispetto agli anelli di accrescimento. Questo non avviene sempre per le tavole dei pallet, dove i tronchi ritenuti “difettosi” vengono tagliati secondo uno schema detto radiale, più economico. Spesso non viene neppure tolta la corteccia, almeno per quanto riguarda i fusti di diametro minore.

Con il taglio radiale si perde la perpendicolarità ideale fra taglio e anelli di accrescimento nelle tavole periferiche che sono così maggiormente soggette a deformazioni. Le assi centrali vengono quindi usate per i pallet che devono sopportare carichi pesanti, mentre quelle periferiche, strette e meno performanti, per i pallet leggeri “a perdere”. I tronchi usati sono poi affetti da alterazioni nella fase crescita.

Ad esempio, se l’albero cresce su un terreno scosceso e quindi esposto al sole solo da un lato, si ha un decentramento del midollo che porta ad anelli di crescita oblunghi, oppure ad un midollo doppio, per cui il legno non si può considerare di prima scelta.La stessa sorte tocca anche ai tronchi con fenditure radiali o centrali, dove cioè sono presenti delle spaccature per tutta la lunghezza del fusto, provenienti o dalla corteccia o dal midollo, e dovute essenzialmente a forti sbalzi di temperatura o in fase di crescite o di essiccazione.

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Sono pallet molto facili da disassemblare se uniti con graffette, un po’ fastidiosi in caso contrario perché lo spessore inferiore delle tavole rispetto ad altri pallet a 4 vie porta a crepature se non si pone la giusta attenzione in fase di smontaggio, soprattutto nel caso di chiodi ricurvi. L’uso ideale di questo tipo di pallet è quello di copertura, ad esempio per sedute, schienali o altri piani generici. Sono inoltre adatti alla realizzazione di oggetti più piccoli, come un cesti o lampade, per via della leggerezza e della facilità di lavorazione del legno.

Legno e trattamenti

Il LegnoPer quanto riguarda i materiali, i legni più utilizzati nella produzione dei pallet EUR sono riassunti nella seguente tabella, presa proprio dalla norma UIC 435-2.

È possibile poi usare anche altri tipi di legno, ed è anzi probabile che per i pallet fuori standard sia cosa comune affidarsi alla disponibilità momentanea del migliore offerente. Per gli EUR è comunque necessario attenersi ai requisiti di resistenza meccanica indicati nella norma UIC, pena la mancata certificazione.

Il legno dei Pallet è costituito da tavole che non potrebbero essere piazzate sul mercato normale, per via di fenomeni di crescita o sviluppo dell’albero considerati inestetici o inadeguati per altri usi. Normalmente i tronchi privi della

corteccia vengono tagliati secondo uno schema detto “taglio di quarto a ventaglio”, che garantisce la massima perpendicolarità del taglio rispetto agli anelli di accrescimento. Questo non avviene sempre per le tavole dei pallet, dove i tronchi ritenuti “difettosi” vengono tagliati secondo uno schema detto radiale, più economico. Spesso non viene neppure tolta la corteccia, almeno per quanto riguarda i fusti di diametro minore.

Con il taglio radiale si perde la perpendicolarità ideale fra taglio e anelli di accrescimento nelle tavole periferiche che sono così maggiormente soggette a deformazioni. Le assi centrali vengono quindi usate per i pallet che devono sopportare carichi pesanti, mentre quelle periferiche, strette e meno performanti, per i pallet leggeri “a perdere”. I tronchi usati sono poi affetti da alterazioni nella fase crescita.

Ad esempio, se l’albero cresce su un terreno scosceso e quindi esposto al sole solo da un lato, si ha un decentramento del midollo che porta ad anelli di crescita oblunghi, oppure ad un midollo doppio, per cui il legno non si può considerare di prima scelta.La stessa sorte tocca anche ai tronchi con fenditure radiali o centrali, dove cioè sono presenti delle spaccature per tutta la lunghezza del fusto, provenienti o dalla corteccia o dal midollo, e dovute essenzialmente a forti sbalzi di temperatura o in fase di crescite o di essiccazione.

Taglio di quarto a ventaglio Taglio radiale

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Nodo vivo

Cipollatura Lunatura Tronco cavernoso Tarlatura

Spaccatureinterne

Spaccatureesterne

Midollo spostato Deviazionedelle �bre

Nodi morti Midollo doppio

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Si usano per i pallet anche legni con nodi morti (si ha un nodo morto quando viene tagliato un ramo prima di abbattere l’albero, per cui il nodo ritirandosi si stacca facilmente dal suo buco), legni tarlati, così come tavole provenienti da tronchi parzialmente cavi o marci, ma in questi casi bisogna rispettare degli standard minimi di garanzia che si possono riassumere nella seguente tabella.

Midollo in vista

Nodi

Fessurazioni nelle tavole

Fessurazioni in travetti e cubotti

Resina

Corteccia

Azzurramento(dovuto a un fungo, non modifica leproprietà del legno, solo l’estetica,talvolta rende difficile la verniciatura)

Muffe, carie e infestazioni attive

Fori di insetti non attivi

Difetti

Non ammesse in prossimità dei chiodi

Ammesso per il 50% dello stock fornito sesuperficiale, per il 25% se profondo

Non ammesse

Fino a 5 fori con diametro <3mm

Non ammessa degli EPAL, talvolta presentenei pallet a perdere e di piccole dimensioni

Ammessa solo se <50 mm e suuna sola faccia

Non ammessi

Diametro Massimo:1/3 o 1/4 della larghezza della tavola

Solo su una faccia

Requisito minimo

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Pallet fuori standard con travetti

Il pallet con travetti, anche noto nei cataloghi come: “pallet parzialmente a 2/4 vie” o “pallet 2/4 vie con travetti scavati”. È una tipologia di recupero molto utile

per le caratteristiche del suo legno. Le dimensioni variano da 800x1000 nel caso di pallet a 2 vie ribaltabili, ai 1200x1200 per i più grandi e resistenti. Si tratta in genere di pallet usato per carichi pesanti, come possono essere sacchi di cemento o altre polveri similari, per cui deve garantire una resistenza meccanica eccezionale. Per fare questo, il piano superiore è fissato su dei travetti in legno duro, lunghi tutta la lunghezza del pallet.

Questi travetti si possono usare per fare struttura, ad esempio nell’eventualità in cui si volesse salire in alto per realizzare un armadio, oppure una libreria, piuttosto che usarli come “traverse” portanti in una seduta. Un altro vantaggio di questa tipologia è la facilità di disassemblaggio: non sono presenti infatti chiodi ricurvi, e nelle varianti di dimensioni più piccole spesso le stecche superiori e inferiori sono fissate con semplici graffette.

Chemical Pallet (CP)

I Chemical Pallet sono prodotti esplicitamente per l’uso nell’industria chimica.

Lo standard CP definisce nove diverse versioni, standardizzate sia per le dimensioni che per le proprietà meccaniche del legno, seguendo questa tabella:

Pallet leggeri a perdere

Con Pallet leggeri a perdere si intende una grande varietà di formati diversi e difficili da catalogare, ma che in genere non superano le dimensioni di 800 x 1000. Strutturalmente, sono composti da 5 tavole per il piano superiore fissate su 3 traverse, con 9 cubotti di dimensioni inferiori rispetto a quelli degli EPAL, uniti nel piano inferiore a 3 sole tavole.

Tutto sommato, il livello di qualità garantito è sicuramente più elevato di quanto ci si potrebbe aspettare. Le modalità di taglio atipiche, poi, si traducono in venature dal motivo inaspettato sulla superficie delle tavole, che contribuiscono ad arricchire l’estetica dei manufatti realizzati con legno di recupero.

L’uso ideale per questo tipo di legname è sicuramente quello da interni. Se debitamente lavorato e trattato, il legno dei pallet permette di ottenere mobili, tavoli e quant’altro con una resistenza e durevolezza più che dignitosa, estendendo la vita delle tavole non di poco. Il discorso si complica quando si lavora all’esterno, dove è necessaria un' estrema cura in fase di verniciatura, pena un rapido deterioramento dell’oggetto realizzato, soprattutto nel caso di esposizione all’umidità o, peggio, alla pioggia. Usando impregnanti e flatting naturali si può cercare di attenuare il problema, ma se ne parlerà nel paragrafo opportuno..

TrattamentiDedicare un intero paragrafo solamente ai trattamenti è stata una scelta resa necessaria dalle ultime variazioni apportate in questo campo dai produttori di pallet, che hanno portato alla luce alcune problematiche derivanti dalla normativa precedente. L’unico trattamento cui il legno dei pallet viene sottoposto, oltre la naturale essiccazione per contenere l’umidità interna del legno fra il 18 ed il 24%, è infatti la disinfestazione, effettuata secondo la normativa ISPM-15.

Esistono due modalità di trattamento:

- Fumigazione con Bromuro di Metile (BM o MB): i pallet sono sottoposti al bromuro di metile o bromometano, gas tossico per l’uomo e l’ambiente, oltre che ritenuto un responsabile del buco nell’ozono. La fumigazione si riconosce per l’apposizione della sigla MB accanto al marchio IPPC/FAO FITOK.

- Trattamento Termico (HT): i pallet sono riscaldati fino a raggiungere la temperatura interna di 56°C per almeno 30 minuti. Viene apposta la sigla HT, che sta per Heat Treatment, accanto al marchio IPPC/FAO FITOK.

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La fumigazione, fortunatamente, è stata bandita in UE dal 19 Marzo 2010, per cui i pallet MB saranno sempre più rari. Il bromuro di metile è stato utilizzato in passato anche per la disinfezione dei terreni agricoli e per i residui lasciati sui materiali trattati esiste una soglia massima ritenuta “non dannosa per la salute”. Tuttavia, è forse il caso di non recuperare i pallet con marchio MB, o comunque limitarsi al più a qualche esemplare, evitando lavorazioni prolungate e preferendo di gran lunga il semplice trattamento termico (HT).

Utensili manuali

3. UTENSILI (KIT BASE)

Squadra da falegname

Accessori

Carta vetrata

Compasso

Martello cavachiodi

Mazzuolo

Morsetti

Pialla

Sega

Taglioacornici

Tenaglia

Cacciavite

Spatola

Metro a nastro

Elettroutensili

Avvitatore

Levigatrice orbitale

Levigatrice a nastro

Pialla

Elementi dicollegamento

Chiodi

Colla vinilica

Cavicchi/tasselli

Viti

Trapano

Seghetto alternativo

Sega circolare

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Con l' aiuto del piede di porco e della mazzetta, schiodate le tre tavole lasciando quindi i cubotti attaccati ancora al resto del bancale. Tolte le tavole, togliete i cubotti. In alternativa, potreste anche schiodare le tavole con i cubotti attaccati, capovolgendole poi a terra per rimuovere poi i cubotti dalle tavole: con questi rivolti verso l’alto, mettetevi con i piedi sulla tavola e martellate con la mazzetta i lati di ogni cubotto, fino a farli saltare via, rimuovendo poi i chiodi dalla tavola con il piede di porco o il martello cavachiodi. Questo metodo consente di ottenere il più delle volte assi intere, anche se molto dipende dalla resistenza dei chiodi.

In entrambi casi l’obiettivo è ottenere la parte superiore del pallet staccata dai cubotti. Schiodate quindi le assi una ad una, cercando di romperne il meno possibile. Per questo siate pazienti e trovare i punti giusti su cui far leva, senza avventarvi con irruenza sulle stecche.

Ottenuto il maggior numero di tavole integre, togliete i chiodi rimasti attaccati. Per questa fase gli strumenti migliori da usare sono il martello cavachiodi e sicuramente un buon paio di tenaglie. Se tutti i pezzi del pallet sono stati tolti correttamente (cosa che di rado succede, anche nelle mani dei più esperti) dovreste ritrovarvi con otto assi di uguale lunghezza, tre assi più corte e nove cubotti, almeno per i pallet EUR EPAL.

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Con l' aiuto del piede di porco e della mazzetta, schiodate le tre tavole lasciando quindi i cubotti attaccati ancora al resto del bancale. Tolte le tavole, togliete i cubotti. In alternativa, potreste anche schiodare le tavole con i cubotti attaccati, capovolgendole poi a terra per rimuovere poi i cubotti dalle tavole: con questi rivolti verso l’alto, mettetevi con i piedi sulla tavola e martellate con la mazzetta i lati di ogni cubotto, fino a farli saltare via, rimuovendo poi i chiodi dalla tavola con il piede di porco o il martello cavachiodi. Questo metodo consente di ottenere il più delle volte assi intere, anche se molto dipende dalla resistenza dei chiodi.

In entrambi casi l’obiettivo è ottenere la parte superiore del pallet staccata dai cubotti. Schiodate quindi le assi una ad una, cercando di romperne il meno possibile. Per questo siate pazienti e trovare i punti giusti su cui far leva, senza avventarvi con irruenza sulle stecche.

Ottenuto il maggior numero di tavole integre, togliete i chiodi rimasti attaccati. Per questa fase gli strumenti migliori da usare sono il martello cavachiodi e sicuramente un buon paio di tenaglie. Se tutti i pezzi del pallet sono stati tolti correttamente (cosa che di rado succede, anche nelle mani dei più esperti) dovreste ritrovarvi con otto assi di uguale lunghezza, tre assi più corte e nove cubotti, almeno per i pallet EUR EPAL.

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Con l' aiuto del piede di porco e della mazzetta, schiodate le tre tavole lasciando quindi i cubotti attaccati ancora al resto del bancale. Tolte le tavole, togliete i cubotti. In alternativa, potreste anche schiodare le tavole con i cubotti attaccati, capovolgendole poi a terra per rimuovere poi i cubotti dalle tavole: con questi rivolti verso l’alto, mettetevi con i piedi sulla tavola e martellate con la mazzetta i lati di ogni cubotto, fino a farli saltare via, rimuovendo poi i chiodi dalla tavola con il piede di porco o il martello cavachiodi. Questo metodo consente di ottenere il più delle volte assi intere, anche se molto dipende dalla resistenza dei chiodi.

In entrambi casi l’obiettivo è ottenere la parte superiore del pallet staccata dai cubotti. Schiodate quindi le assi una ad una, cercando di romperne il meno possibile. Per questo siate pazienti e trovare i punti giusti su cui far leva, senza avventarvi con irruenza sulle stecche.

Ottenuto il maggior numero di tavole integre, togliete i chiodi rimasti attaccati. Per questa fase gli strumenti migliori da usare sono il martello cavachiodi e sicuramente un buon paio di tenaglie. Se tutti i pezzi del pallet sono stati tolti correttamente (cosa che di rado succede, anche nelle mani dei più esperti) dovreste ritrovarvi con otto assi di uguale lunghezza, tre assi più corte e nove cubotti, almeno per i pallet EUR EPAL.

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MontaggioIn fase di montaggio, occorre classificare le tavole di legno a disposizione. Probabilmente non tutti i pallet recuperati saranno della stessa tipologia, per cui si otterranno tavole di lunghezze diverse e, soprattutto, differenti spessori.Il consiglio è quello di utilizzare il legno più spesso per realizzare la struttura dell'oggetto, mentre quello più sottile per le parti superficiali, o di copertura.

Pulizia del legno

Ridurre il pallet in tavole e cubotti permette di poter lavorare il legno al meglio, sia in fase di pulitura che in fase di trattamento. I semilavorati così ottenuti saranno completamente decontestualizzati rispetto alla struttura del bancale da cui provenivano, fatta eccezione per i fori lasciati dai chiodi.

Smontare e levigare le tavole una ad una permette di riportare in vista tutte quelle peculiarità tipiche del legno (presenti anche nel pallet)che rimarrebbero solitamente nascoste dietro chiodi arrugginiti e accumuli di polvere.

Questo modus operandi, per quanto complesso e dispendioso, garantisce maggiore libertà creativa e restituisce dignità al legno, rappresentando di fatto una metodologia differente e opposta rispetto ad altre modalità di recupero, che in genere concepiscono il pallet come blocco unico. Le tavole disassemblate, come ci si poteva aspettare, non saranno tutte perfette: diventa necessario scartare le tavole che hanno crepe lungo le venature del legno. Talvolta, queste crepe sono corte ma con una leggera pressione possono allungarsi per tutta tavola. In questi casi, si può comunque recuperare la tavola tagliando con il seghetto fino a dove arriva la crepa: meglio un’asse corta che una buttata.

Armatevi ora di levigatrici orbitali e/o a nastro per cominciare la pulizia delle tavole. Iniziate con una carta a grana grossa (40-80) , per poi passare a una media (80-100). Il lavoro potrebbe fermarsi qui, ma se volete rendere la superficie del legno al meglio, passate un'ultima volta con la carta più fine (100-180) che avete a disposizione. In questa fase della lavorazione è bene specificare un paio di cose.

Le tavole andrebbero prima piallate, poi levigate con la levigatrice a nastro ed infine rifinite con le orbitali, questo perché la loro superficie è spesso irregolare. Nel caso non disponiate di una pialla a banco, si sconsiglia l’uso del pialletto elettrico perché può portare a risultati inaspettati a causa della lama troppo stretta rispetto alla larghezza delle tavole. Si può iniziare perciò con una levigatrice a nastro con grana 60 o 80, conservando man mano i nastri consumati per usarli più avanti: sarà come avere della carta vetrata di grana più fine. Se avete invece solo levigatrici orbitali, il lavoro sarà più lungo, ma non c’è da disperarsi: riuscirete comunque a cambiare faccia al vostro legno recuperato.

Tecniche di giunzione.

Morsetti

Il morsetto consente di tenere i pezzi uniti e in tiro ed è uno strumento fondamentale per il lavoro. Vi potrà essere utile nella fase di pulizia del legno, per ancorare la tavola al banco da lavoro, così che nessuno dovrà reggere il pezzo e voi potrete lavorare con entrambe le mani. Quando dovrete unire due o più tavole per realizzare un piano, invece, vi serviranno diversi morsetti per mantenere la giusta pressione e permettere alla colla di penetrare in profondità nel legno, rendendo l’assemblaggio più solido e duraturo. Usando i morsetti, è essenziale fare attenzione che questi non tocchino le tavole che state lavorando, altrimenti la pressione esercitata rovinerà il legno lasciando dei bolli. Basterà quindi mettere un pezzo di legno scartato fra la tavola in lavorazione e il morsetto, così quando leverete la morsa il legno non sarà rovinato.

Tasselli

Una tecnica importante per unire le assi è quella dei tasselli (o cavicchi), che permettono di unire due o più assi per il loro spessore. A seconda dello spessore del legno e dell'uso che ne farete, esistono tasselli di diametro differente.

Come realizzare un piano

Capiterà spesso di dover realizzare un piano con le tavole recuperate dai pallet, vuoi per un tavolo, vuoi per una seduta ed esistono almeno due metodi diversi per raggiungere l’obiettivo. Partiamo dal più facile: servono due o più tavole, a seconda delle necessità del progetto, che useremo come traverse, per cui è bene che siano resistenti. Su queste fisseremo perpendicolarmente tutte le altre stecche usando delle viti per legno, formando così il piano vero e proprio.

Una nota importante ora: ogni volta che mettiamo una vite, bisogna prima fare un foro, questo per evitare facili crepe che potrebbero costringerci a buttare tutta la tavola. Se usiamo ad esempio viti 35 x 4mm, dovremo prima forare con una punta da 3mm.

Questo primo metodo porta con sé alcuni vantaggi: è veloce, i piani realizzati sono resistenti e possiamo addirittura sostituire una stecca se questa si rovina dopo alcuni mesi. Dall’altra parte, invece, avremo sempre le viti a vista, per cui in determinati contesti potrebbero dare fastidio. A questo proposito, si potrebbero mettere le viti dalla faccia inferiore del piano, cioè lato traverse, ma è un accorgimento che ci costringerebbe ad usare tavole spesse (>15mm) anche per le coperture.

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Il secondo metodo è sicuramente più macchinoso, ma permette di evitare le viti, in favore della colla vinilica (che nel caso di mobili per esterni dovrà essere resistente all’acqua). Andiamo avanti per passi, partendo da un piano realizzato con due tavole, magari per una seduta.

Prendete i segni per i tasselli sullo spessore della prima tavola, distanziandoli 20/25 cm l'uno dall'altro. La punta da usare per il trapano dipende dal diametro del tassello, mentre i fori dovranno essere profondi circa la metà della sua lunghezza.

Mettete ora della colla vinilica nel foro e infilate il tassello. Potrebbe essere necessario picchiettarlo con il martello: meglio un foro un po’ stretto che uno un po’ largo. Sulla tavola successiva bucate in corrispondenza dei fori fatti in precedenza. Per prendere i riferimenti esistono degli strumenti specifici in ferramenta, ma il metodo più veloce ed economico consiste nello sporcare di colla vinilica le punte dei tasselli infilati nella prima tavola, in modo tale che avvicinando le tavole per il lato di giunzione, questi “sporchino” i punti dove poi si faranno i buchi.

A questo punto le tavole si possono unire: mettete la colla lungo tutto il lato di giunzione e nei fori fatti sulla seconda tavola. Usate ora un morsetto per stringere le tavole e farle incollare al meglio: dopo un’oretta potrete maneggiare di nuovo le tavole, ora unite in un unico piano.

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Pulizia del legno

Ridurre il pallet in tavole e cubotti permette di poter lavorare il legno al meglio, sia in fase di pulitura che in fase di trattamento. I semilavorati così ottenuti saranno completamente decontestualizzati rispetto alla struttura del bancale da cui provenivano, fatta eccezione per i fori lasciati dai chiodi.

Smontare e levigare le tavole una ad una permette di riportare in vista tutte quelle peculiarità tipiche del legno (presenti anche nel pallet)che rimarrebbero solitamente nascoste dietro chiodi arrugginiti e accumuli di polvere.

Questo modus operandi, per quanto complesso e dispendioso, garantisce maggiore libertà creativa e restituisce dignità al legno, rappresentando di fatto una metodologia differente e opposta rispetto ad altre modalità di recupero, che in genere concepiscono il pallet come blocco unico. Le tavole disassemblate, come ci si poteva aspettare, non saranno tutte perfette: diventa necessario scartare le tavole che hanno crepe lungo le venature del legno. Talvolta, queste crepe sono corte ma con una leggera pressione possono allungarsi per tutta tavola. In questi casi, si può comunque recuperare la tavola tagliando con il seghetto fino a dove arriva la crepa: meglio un’asse corta che una buttata.

Armatevi ora di levigatrici orbitali e/o a nastro per cominciare la pulizia delle tavole. Iniziate con una carta a grana grossa (40-80) , per poi passare a una media (80-100). Il lavoro potrebbe fermarsi qui, ma se volete rendere la superficie del legno al meglio, passate un'ultima volta con la carta più fine (100-180) che avete a disposizione. In questa fase della lavorazione è bene specificare un paio di cose.

Le tavole andrebbero prima piallate, poi levigate con la levigatrice a nastro ed infine rifinite con le orbitali, questo perché la loro superficie è spesso irregolare. Nel caso non disponiate di una pialla a banco, si sconsiglia l’uso del pialletto elettrico perché può portare a risultati inaspettati a causa della lama troppo stretta rispetto alla larghezza delle tavole. Si può iniziare perciò con una levigatrice a nastro con grana 60 o 80, conservando man mano i nastri consumati per usarli più avanti: sarà come avere della carta vetrata di grana più fine. Se avete invece solo levigatrici orbitali, il lavoro sarà più lungo, ma non c’è da disperarsi: riuscirete comunque a cambiare faccia al vostro legno recuperato.

Tecniche di giunzione.

Morsetti

Il morsetto consente di tenere i pezzi uniti e in tiro ed è uno strumento fondamentale per il lavoro. Vi potrà essere utile nella fase di pulizia del legno, per ancorare la tavola al banco da lavoro, così che nessuno dovrà reggere il pezzo e voi potrete lavorare con entrambe le mani. Quando dovrete unire due o più tavole per realizzare un piano, invece, vi serviranno diversi morsetti per mantenere la giusta pressione e permettere alla colla di penetrare in profondità nel legno, rendendo l’assemblaggio più solido e duraturo. Usando i morsetti, è essenziale fare attenzione che questi non tocchino le tavole che state lavorando, altrimenti la pressione esercitata rovinerà il legno lasciando dei bolli. Basterà quindi mettere un pezzo di legno scartato fra la tavola in lavorazione e il morsetto, così quando leverete la morsa il legno non sarà rovinato.

Tasselli

Una tecnica importante per unire le assi è quella dei tasselli (o cavicchi), che permettono di unire due o più assi per il loro spessore. A seconda dello spessore del legno e dell'uso che ne farete, esistono tasselli di diametro differente.

Come realizzare un piano

Capiterà spesso di dover realizzare un piano con le tavole recuperate dai pallet, vuoi per un tavolo, vuoi per una seduta ed esistono almeno due metodi diversi per raggiungere l’obiettivo. Partiamo dal più facile: servono due o più tavole, a seconda delle necessità del progetto, che useremo come traverse, per cui è bene che siano resistenti. Su queste fisseremo perpendicolarmente tutte le altre stecche usando delle viti per legno, formando così il piano vero e proprio.

Una nota importante ora: ogni volta che mettiamo una vite, bisogna prima fare un foro, questo per evitare facili crepe che potrebbero costringerci a buttare tutta la tavola. Se usiamo ad esempio viti 35 x 4mm, dovremo prima forare con una punta da 3mm.

Questo primo metodo porta con sé alcuni vantaggi: è veloce, i piani realizzati sono resistenti e possiamo addirittura sostituire una stecca se questa si rovina dopo alcuni mesi. Dall’altra parte, invece, avremo sempre le viti a vista, per cui in determinati contesti potrebbero dare fastidio. A questo proposito, si potrebbero mettere le viti dalla faccia inferiore del piano, cioè lato traverse, ma è un accorgimento che ci costringerebbe ad usare tavole spesse (>15mm) anche per le coperture.

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Il secondo metodo è sicuramente più macchinoso, ma permette di evitare le viti, in favore della colla vinilica (che nel caso di mobili per esterni dovrà essere resistente all’acqua). Andiamo avanti per passi, partendo da un piano realizzato con due tavole, magari per una seduta.

Prendete i segni per i tasselli sullo spessore della prima tavola, distanziandoli 20/25 cm l'uno dall'altro. La punta da usare per il trapano dipende dal diametro del tassello, mentre i fori dovranno essere profondi circa la metà della sua lunghezza.

Mettete ora della colla vinilica nel foro e infilate il tassello. Potrebbe essere necessario picchiettarlo con il martello: meglio un foro un po’ stretto che uno un po’ largo. Sulla tavola successiva bucate in corrispondenza dei fori fatti in precedenza. Per prendere i riferimenti esistono degli strumenti specifici in ferramenta, ma il metodo più veloce ed economico consiste nello sporcare di colla vinilica le punte dei tasselli infilati nella prima tavola, in modo tale che avvicinando le tavole per il lato di giunzione, questi “sporchino” i punti dove poi si faranno i buchi.

A questo punto le tavole si possono unire: mettete la colla lungo tutto il lato di giunzione e nei fori fatti sulla seconda tavola. Usate ora un morsetto per stringere le tavole e farle incollare al meglio: dopo un’oretta potrete maneggiare di nuovo le tavole, ora unite in un unico piano.

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Pulizia del legno

Ridurre il pallet in tavole e cubotti permette di poter lavorare il legno al meglio, sia in fase di pulitura che in fase di trattamento. I semilavorati così ottenuti saranno completamente decontestualizzati rispetto alla struttura del bancale da cui provenivano, fatta eccezione per i fori lasciati dai chiodi.

Smontare e levigare le tavole una ad una permette di riportare in vista tutte quelle peculiarità tipiche del legno (presenti anche nel pallet)che rimarrebbero solitamente nascoste dietro chiodi arrugginiti e accumuli di polvere.

Questo modus operandi, per quanto complesso e dispendioso, garantisce maggiore libertà creativa e restituisce dignità al legno, rappresentando di fatto una metodologia differente e opposta rispetto ad altre modalità di recupero, che in genere concepiscono il pallet come blocco unico. Le tavole disassemblate, come ci si poteva aspettare, non saranno tutte perfette: diventa necessario scartare le tavole che hanno crepe lungo le venature del legno. Talvolta, queste crepe sono corte ma con una leggera pressione possono allungarsi per tutta tavola. In questi casi, si può comunque recuperare la tavola tagliando con il seghetto fino a dove arriva la crepa: meglio un’asse corta che una buttata.

Armatevi ora di levigatrici orbitali e/o a nastro per cominciare la pulizia delle tavole. Iniziate con una carta a grana grossa (40-80) , per poi passare a una media (80-100). Il lavoro potrebbe fermarsi qui, ma se volete rendere la superficie del legno al meglio, passate un'ultima volta con la carta più fine (100-180) che avete a disposizione. In questa fase della lavorazione è bene specificare un paio di cose.

Le tavole andrebbero prima piallate, poi levigate con la levigatrice a nastro ed infine rifinite con le orbitali, questo perché la loro superficie è spesso irregolare. Nel caso non disponiate di una pialla a banco, si sconsiglia l’uso del pialletto elettrico perché può portare a risultati inaspettati a causa della lama troppo stretta rispetto alla larghezza delle tavole. Si può iniziare perciò con una levigatrice a nastro con grana 60 o 80, conservando man mano i nastri consumati per usarli più avanti: sarà come avere della carta vetrata di grana più fine. Se avete invece solo levigatrici orbitali, il lavoro sarà più lungo, ma non c’è da disperarsi: riuscirete comunque a cambiare faccia al vostro legno recuperato.

Tecniche di giunzione.

Morsetti

Il morsetto consente di tenere i pezzi uniti e in tiro ed è uno strumento fondamentale per il lavoro. Vi potrà essere utile nella fase di pulizia del legno, per ancorare la tavola al banco da lavoro, così che nessuno dovrà reggere il pezzo e voi potrete lavorare con entrambe le mani. Quando dovrete unire due o più tavole per realizzare un piano, invece, vi serviranno diversi morsetti per mantenere la giusta pressione e permettere alla colla di penetrare in profondità nel legno, rendendo l’assemblaggio più solido e duraturo. Usando i morsetti, è essenziale fare attenzione che questi non tocchino le tavole che state lavorando, altrimenti la pressione esercitata rovinerà il legno lasciando dei bolli. Basterà quindi mettere un pezzo di legno scartato fra la tavola in lavorazione e il morsetto, così quando leverete la morsa il legno non sarà rovinato.

Tasselli

Una tecnica importante per unire le assi è quella dei tasselli (o cavicchi), che permettono di unire due o più assi per il loro spessore. A seconda dello spessore del legno e dell'uso che ne farete, esistono tasselli di diametro differente.

Come realizzare un piano

Capiterà spesso di dover realizzare un piano con le tavole recuperate dai pallet, vuoi per un tavolo, vuoi per una seduta ed esistono almeno due metodi diversi per raggiungere l’obiettivo. Partiamo dal più facile: servono due o più tavole, a seconda delle necessità del progetto, che useremo come traverse, per cui è bene che siano resistenti. Su queste fisseremo perpendicolarmente tutte le altre stecche usando delle viti per legno, formando così il piano vero e proprio.

Una nota importante ora: ogni volta che mettiamo una vite, bisogna prima fare un foro, questo per evitare facili crepe che potrebbero costringerci a buttare tutta la tavola. Se usiamo ad esempio viti 35 x 4mm, dovremo prima forare con una punta da 3mm.

Questo primo metodo porta con sé alcuni vantaggi: è veloce, i piani realizzati sono resistenti e possiamo addirittura sostituire una stecca se questa si rovina dopo alcuni mesi. Dall’altra parte, invece, avremo sempre le viti a vista, per cui in determinati contesti potrebbero dare fastidio. A questo proposito, si potrebbero mettere le viti dalla faccia inferiore del piano, cioè lato traverse, ma è un accorgimento che ci costringerebbe ad usare tavole spesse (>15mm) anche per le coperture.

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Il secondo metodo è sicuramente più macchinoso, ma permette di evitare le viti, in favore della colla vinilica (che nel caso di mobili per esterni dovrà essere resistente all’acqua). Andiamo avanti per passi, partendo da un piano realizzato con due tavole, magari per una seduta.

Prendete i segni per i tasselli sullo spessore della prima tavola, distanziandoli 20/25 cm l'uno dall'altro. La punta da usare per il trapano dipende dal diametro del tassello, mentre i fori dovranno essere profondi circa la metà della sua lunghezza.

Mettete ora della colla vinilica nel foro e infilate il tassello. Potrebbe essere necessario picchiettarlo con il martello: meglio un foro un po’ stretto che uno un po’ largo. Sulla tavola successiva bucate in corrispondenza dei fori fatti in precedenza. Per prendere i riferimenti esistono degli strumenti specifici in ferramenta, ma il metodo più veloce ed economico consiste nello sporcare di colla vinilica le punte dei tasselli infilati nella prima tavola, in modo tale che avvicinando le tavole per il lato di giunzione, questi “sporchino” i punti dove poi si faranno i buchi.

A questo punto le tavole si possono unire: mettete la colla lungo tutto il lato di giunzione e nei fori fatti sulla seconda tavola. Usate ora un morsetto per stringere le tavole e farle incollare al meglio: dopo un’oretta potrete maneggiare di nuovo le tavole, ora unite in un unico piano.

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Pulizia del legno

Ridurre il pallet in tavole e cubotti permette di poter lavorare il legno al meglio, sia in fase di pulitura che in fase di trattamento. I semilavorati così ottenuti saranno completamente decontestualizzati rispetto alla struttura del bancale da cui provenivano, fatta eccezione per i fori lasciati dai chiodi.

Smontare e levigare le tavole una ad una permette di riportare in vista tutte quelle peculiarità tipiche del legno (presenti anche nel pallet)che rimarrebbero solitamente nascoste dietro chiodi arrugginiti e accumuli di polvere.

Questo modus operandi, per quanto complesso e dispendioso, garantisce maggiore libertà creativa e restituisce dignità al legno, rappresentando di fatto una metodologia differente e opposta rispetto ad altre modalità di recupero, che in genere concepiscono il pallet come blocco unico. Le tavole disassemblate, come ci si poteva aspettare, non saranno tutte perfette: diventa necessario scartare le tavole che hanno crepe lungo le venature del legno. Talvolta, queste crepe sono corte ma con una leggera pressione possono allungarsi per tutta tavola. In questi casi, si può comunque recuperare la tavola tagliando con il seghetto fino a dove arriva la crepa: meglio un’asse corta che una buttata.

Armatevi ora di levigatrici orbitali e/o a nastro per cominciare la pulizia delle tavole. Iniziate con una carta a grana grossa (40-80) , per poi passare a una media (80-100). Il lavoro potrebbe fermarsi qui, ma se volete rendere la superficie del legno al meglio, passate un'ultima volta con la carta più fine (100-180) che avete a disposizione. In questa fase della lavorazione è bene specificare un paio di cose.

Le tavole andrebbero prima piallate, poi levigate con la levigatrice a nastro ed infine rifinite con le orbitali, questo perché la loro superficie è spesso irregolare. Nel caso non disponiate di una pialla a banco, si sconsiglia l’uso del pialletto elettrico perché può portare a risultati inaspettati a causa della lama troppo stretta rispetto alla larghezza delle tavole. Si può iniziare perciò con una levigatrice a nastro con grana 60 o 80, conservando man mano i nastri consumati per usarli più avanti: sarà come avere della carta vetrata di grana più fine. Se avete invece solo levigatrici orbitali, il lavoro sarà più lungo, ma non c’è da disperarsi: riuscirete comunque a cambiare faccia al vostro legno recuperato.

Tecniche di giunzione.

Morsetti

Il morsetto consente di tenere i pezzi uniti e in tiro ed è uno strumento fondamentale per il lavoro. Vi potrà essere utile nella fase di pulizia del legno, per ancorare la tavola al banco da lavoro, così che nessuno dovrà reggere il pezzo e voi potrete lavorare con entrambe le mani. Quando dovrete unire due o più tavole per realizzare un piano, invece, vi serviranno diversi morsetti per mantenere la giusta pressione e permettere alla colla di penetrare in profondità nel legno, rendendo l’assemblaggio più solido e duraturo. Usando i morsetti, è essenziale fare attenzione che questi non tocchino le tavole che state lavorando, altrimenti la pressione esercitata rovinerà il legno lasciando dei bolli. Basterà quindi mettere un pezzo di legno scartato fra la tavola in lavorazione e il morsetto, così quando leverete la morsa il legno non sarà rovinato.

Tasselli

Una tecnica importante per unire le assi è quella dei tasselli (o cavicchi), che permettono di unire due o più assi per il loro spessore. A seconda dello spessore del legno e dell'uso che ne farete, esistono tasselli di diametro differente.

Come realizzare un piano

Capiterà spesso di dover realizzare un piano con le tavole recuperate dai pallet, vuoi per un tavolo, vuoi per una seduta ed esistono almeno due metodi diversi per raggiungere l’obiettivo. Partiamo dal più facile: servono due o più tavole, a seconda delle necessità del progetto, che useremo come traverse, per cui è bene che siano resistenti. Su queste fisseremo perpendicolarmente tutte le altre stecche usando delle viti per legno, formando così il piano vero e proprio.

Una nota importante ora: ogni volta che mettiamo una vite, bisogna prima fare un foro, questo per evitare facili crepe che potrebbero costringerci a buttare tutta la tavola. Se usiamo ad esempio viti 35 x 4mm, dovremo prima forare con una punta da 3mm.

Questo primo metodo porta con sé alcuni vantaggi: è veloce, i piani realizzati sono resistenti e possiamo addirittura sostituire una stecca se questa si rovina dopo alcuni mesi. Dall’altra parte, invece, avremo sempre le viti a vista, per cui in determinati contesti potrebbero dare fastidio. A questo proposito, si potrebbero mettere le viti dalla faccia inferiore del piano, cioè lato traverse, ma è un accorgimento che ci costringerebbe ad usare tavole spesse (>15mm) anche per le coperture.

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Il secondo metodo è sicuramente più macchinoso, ma permette di evitare le viti, in favore della colla vinilica (che nel caso di mobili per esterni dovrà essere resistente all’acqua). Andiamo avanti per passi, partendo da un piano realizzato con due tavole, magari per una seduta.

Prendete i segni per i tasselli sullo spessore della prima tavola, distanziandoli 20/25 cm l'uno dall'altro. La punta da usare per il trapano dipende dal diametro del tassello, mentre i fori dovranno essere profondi circa la metà della sua lunghezza.

Mettete ora della colla vinilica nel foro e infilate il tassello. Potrebbe essere necessario picchiettarlo con il martello: meglio un foro un po’ stretto che uno un po’ largo. Sulla tavola successiva bucate in corrispondenza dei fori fatti in precedenza. Per prendere i riferimenti esistono degli strumenti specifici in ferramenta, ma il metodo più veloce ed economico consiste nello sporcare di colla vinilica le punte dei tasselli infilati nella prima tavola, in modo tale che avvicinando le tavole per il lato di giunzione, questi “sporchino” i punti dove poi si faranno i buchi.

A questo punto le tavole si possono unire: mettete la colla lungo tutto il lato di giunzione e nei fori fatti sulla seconda tavola. Usate ora un morsetto per stringere le tavole e farle incollare al meglio: dopo un’oretta potrete maneggiare di nuovo le tavole, ora unite in un unico piano.

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Costruzione di un piano

Volendo ottenere piani più lunghi, si procede esattamente allo stesso modo, aggiungendo via via più tavole, con l’unica accortezza di morsare il piano secondo il seguente schema.

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Come realizzare un travettoQuesta tecnica può tornare utile per realizzare la struttura del vostro oggetto: si tratta di unire due tavole per ottenere un travetto dallo spessore doppio. Sempre tramite l' uso dei cavicchi e della colla vinilica unite le tavole esattamente come fatto in precedenza, ma in questo caso per la loro larghezza. In questo modo avrete delle tavole molto più resistenti e adatte a svolgere il lavoro di sostegno.Stringete le tavole con il morsetto e fate asciugare la colla.

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Taglio

Per le operazioni di taglio usate la massima attenzione e sicurezza. A seconda del taglio che dovete fare esistono diversi tipi di seghe: per tagli curvilinei o leggermente sagomati lo strumento ideale è il seghetto alternativo, mentre per tagli rettilinei sarebbe opportuno usare una sega circolare, che consente tagli di grande precisione con il minimo sforzo da parte dell'operatore.

Pensate sempre due volte al taglio che dovete fare, visto che non si dispone di materiale infinito: per evitare di rovinare una tavola occorre pensare bene alla tipologia di taglio che si vuole eseguire. Quando vi troverete a realizzare delle sedute, dei tavoli o comunque oggetti con dei piani di ricopertura abbastanza ampi, non è consigliabile tagliare una stecca alla volta perché non otterrete tavole della stessa misura.

Difficilmente ci saranno tavole di pallet con i lati a squadro, per cui ognuna sarà diversa dall'altra. Se a questo si aggiunge che ogni lavorazione porta con sé un errore dovuto alla tolleranza, vi troverete con tante tavole diverse per quanti tagli si faranno. È opportuno perciò montare prima la struttura portante e solo alla fine, quando le tavole della copertura saranno fisse e disposte una accanto all'altra, procedete al taglio.

Taglio con dime

Se non disponete di una sega circolare per tagli rettilinei, un ottimo escamotage per realizzare dei tagli dritti con il seghetto alternativo è quello di usare una dima che vi direzioni durante il taglio. Prendete il segno del taglio e posizionate il seghetto all'inizio della linea tracciata. Con l'aiuto di due morsetti fissate una tavola (meglio se un regolo) a fianco del seghetto: fate in modo che la piattina del seghetto tocchi la tavola e iniziate a tagliare, stando bene attenti a far aderire sempre la piattina con la tavola che vi fa da dima.

Quest'ultima non vi permetterà di spostare il seghetto e il taglio verrà dritto. Attenzione però, perché si tratta di una tecnica utilizzabile solo per tagli

controfibra: in caso contrario, la lama del seghetto si sposterà seguendo le fibre della tavola come fossero binari, il taglio verrà storto e sarà difficile rimediare, oltre a rischiare di deformare la lama stessa.

Finiture superficiali

Per ottenere un oggetto che duri nel tempo e magari anche all'aria aperta, occorre trattare il legno. Un buon modo di procedere è quello di dare una prima mano di impregnante su tutti i lati delle tavole subito dopo averlo pulito il pezzo. L' impregnante è un prodotto che impedisce l' infestazione di parassiti nel legno. Di solito è meno denso del coppale (o flatting) perché è di vitale importanza che penetri il più possibile nelle fibre. Le tavole che userete, ovviamente, non saranno perfette e presenteranno buchi lasciati dai chiodi o altri tipi di imperfezioni sulla superficie: per ovviare a questi problemi potete stuccare il pezzo.

Realizzare uno stucco duraturo senza comprarlo è cosa facile, garantendo anche prestazioni migliori rispetto allo stucco bianco per legno e muro, che con il tempo tende ad essere letteralmente “sputato” fuori dalle tavole per via della sua poca elasticità. Per ovviare a questo inconveniente, sarà sufficiente conservare la segatura che durante le operazioni di pulizia otterrete in grosse quantità, specialmente usando una levigatrice a nastro. Unitela ora con della colla vinilica fino ad ottenere una pasta elastica e morbida, ed infine riempite i buchi con l' aiuto delle spatole.

Dopo il montaggio del vostro oggetto passate possibilmente altre due mani di impregnante e, una volta asciutto, almeno due mani di flatting che garantirà impermeabilità al legno. Nel caso di oggetti che dovranno stare all'aria aperta è praticamente indispensabile arrivare a 3 mani di flatting, anche se la manutenzione periodica del lavoro sarà fondamentale per evitare il rapido deterioramento dei pezzi. In entrambi i casi, per rimanere coerenti con lo spirito generale di questi progetti di recupero, si consigliano vernici a base d’acqua, o comunque derivate da olii e sostanze naturali: oramai la loro diffusione è abbastanza ampia e i prezzi più o meno simili alle alternative sintetiche, mentre l’impatto ambientale rimane sensibilmente inferiore.

Abbiamo scelto El Topo, una panchina realizzata per STRIKE SPA nel workshop Ri-creazione, come esempio di progetto realizzato con materiale di scarto.

Durante il workshop ci siamo presto accorti che una parte del pallet veniva frequentemente scartata dagli altri progettisti: i cubotti. In quanto scarto degli scarti, si è deciso di usare tali elementi per la realizzazione del progetto in questione. Una delle prime e più complesse fasi progettuali è stata, quindi, individuare una funzione che rispondesse in modo adeguato alle loro caratteristiche. Per la loro particolare forma, i cubotti non sono facili da gestire: lo spessore li rende difficili da collegare ad altri elementi, mentre la ridotta superficie d’appoggio risulta spesso inutilizzabile. Sono perciò stati usati come elementi strutturali, sovrapposti verticalmente così

da determinare l’altezza della superficie di appoggio.

La fase progettuale vera e propria inizia proprio con la raccolta di una serie di dati necessari alla realizzazione di un oggetto confortevole e resistente: l’inclinazione dello schienale e l’altezza della seduta, sempre adattati al meglio in base al materiale a disposizione.

In base alle lunghezze delle assi di legno del pallet sono state progettate le dimensioni e le misure delle varie parti dell'oggetto, ottimizzando il più possibile l’uso del materiale per contenerne gli scarti. Dopo un rapido calcolo per vedere quanti pallet sono necessari, si procede con la realizzazione pratica:

• Disassemblaggio del pallet• Selezione degli elementi costitutivi del progetto• Tagli (quelli necessari prima di assemblare il prodotto finale)• Pulizia del legno• Assemblaggio delle parti• Tagli (per uniformare le lunghezze delle assi)• Rifiniture superficiali

Spesso in fase di realizzazione capita di rendersi conto che l’oggetto non corrisponda esattamente a quello che ci si era immaginati. Questo accade perché le assi di legno recuperato dal pallet sono spesso di dimensioni diverse ed è difficile prevedere tutto al primo schizzo.

Rimane perciò necessario sperimentare e apportare di continuo modifiche anche durante la fase di costruzione. Solo così è possibile ottenere un oggetto stabile e resistente.

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4. Progettazione

Come iniziare a progettare con il pallet? Sicuramente come approccio di base potrà servire un foglio di carta, una matita o ancora meglio una penna.Sì, proprio una penna, perché non vi permetterà di usare la gomma da cancellare: ogni segno che lascerete sulla carta, per quanto possa sembrare banale a prima vista, potrebbe tornare utile magari a fine progetto o, chi può dirlo, in un progetto del tutto differente. Ovviamente ci sono infiniti modi per avvicinarsi alla progettazione: modelli in carta, in balsa, modellazione 3D e quant’altro. Nessuno è migliore rispetto l'altro. Molto spesso vengono usati approcci diversi contemporaneamente, basta solo trovare quello più adatto al momento e al progetto specifico. Per progettare con il pallet occorre tenere a mente che il legno recuperato non sarà sempre delle dimensioni volute, ma bisogna adattarsi a quanto offerto dal materiale rimediato. È quindi opportuno progettare a partire dal materiale, piuttosto che definire il materiale da utilizzare dal progetto. In ogni caso, indifferentemente dall'oggetto che si vuole costruire, è sempre utile fare una ricerca dell'esistente per vedere come gli altri hanno affrontato il problema, come lo hanno risolto e magari cosa hanno sbagliato, oltre ad essere un buon punto di partenza. Basta dare un'occhiata a cataloghi, internet o riviste specializzate. Spesso le idee migliori non provengono dall'osservazione del lavoro altrui, né tantomeno dopo ore (poco proficue) di sforzi davanti ad un foglio bianco, ma in momenti del tutto inaspettati a seguito di collegamenti mentali fortuiti. Il particolare di uno stelo di un fiore, una fotografia, un libro, un gesto casuale o un errore possono diventare fonte di ispirazione inaspettata per il vostro progetto. Siate quindi degli attenti e appassionati osservatori di tutto ciò che vi circonda, e non lasciatevi sfuggire le idee che vi vengono in mente (anche se in momenti poco adatti o imbarazzanti per prendere nota!). Qualsiasi fonte è quindi bene accetta, perché sarà molto difficile disegnare un oggetto che non sia stato già progettato: sul pianeta esistono migliaia di modelli di sedie, di tavoli, di panchine che si differenziano tra loro solo per una gamba inclinata di qualche grado in meno, ma questo non deve turbare il lavoro di ricerca. Progettare con queste modalità non porta necessariamente a realizzare un oggetto mai visto, perciò è bene sfruttare al meglio tutto gli stimoli possibili. Il prodotto realizzato avrà comunque una propria estetica perché progettare con materiali di recupero significa costruire qualcosa in evoluzione continua. In altre parole… prendete spunto da qualsiasi cosa attiri la vostra attenzione!

Provare a riprodurre con il pallet un oggetto già visto, capirne la struttura e le regole che hanno portato quel progettista a disegnare la forma in quel modo potrebbe essere una buona sfida personale. Nulla vieta che dopo un'attenta analisi vi accorgerete che la forma di quell'oggetto è completamente svincolata dalla sua funzione: le scelte progettuali sono molteplici e sta alla persona trovarne una che più la rappresenti. Un altro elemento da tenere in considerazione nella fase di progetto è la contestualizzazione d’uso: sarà un oggetto che dovrà stare all'aperto? Rimarrà al chiuso? Chi lo userà? Come?

Sono fattori di grande importanza perché, a seconda del contesto in cui verrà collocato, il prodotto potrebbe cambiare radicalmente, non solo per le varie tecniche di verniciatura (di cui si parlerà più avanti), per l’estetica del pezzo e per il linguaggio formale, ma anche e soprattutto nella struttura portante.Ad esempio, nel caso in cui si progetti per esterni, bisogna tener conto che il vostro oggetto sarà sottoposto alle intemperie, per cui creare una solida struttura sarà fondamentale...a meno che non vogliate riportare in breve tempo la vostra opera nel cassonetto da cui proveniva.

Disassemblaggio

Dopo la fase di progetto inizia la fase di lavoro e fatica vera e propria. Per il disassemblaggio del bancale sono necessari semplici utensili: un piede di porco, una mazzetta, un martello cavachiodi, una tenaglia, una pinza, tanta pazienza e un po’ di forza! Sono necessarie anche delle precauzioni. Da questo momento in poi, è obbligatorio lavorare con scarpe adeguate (quelle anti-infortunistica sarebbero l’ideale, ma un paio di scarponi da trekking vanno bene comunque), guanti, occhiali di sicurezza e jeans lunghi.

Non prendete sotto gamba queste indicazioni, perché potrebbero evitare situazioni decisamente spiacevoli. Vestiti di tutto punto, iniziamo a fare pratica: prendete il pallet e capovolgetelo, quindi con il piano superiore poggiato a terra. Vi ritroverete con le tre tavole di appoggio del piano inferiore rivolte verso di voi.

Taglio

Per le operazioni di taglio usate la massima attenzione e sicurezza. A seconda del taglio che dovete fare esistono diversi tipi di seghe: per tagli curvilinei o leggermente sagomati lo strumento ideale è il seghetto alternativo, mentre per tagli rettilinei sarebbe opportuno usare una sega circolare, che consente tagli di grande precisione con il minimo sforzo da parte dell'operatore.

Pensate sempre due volte al taglio che dovete fare, visto che non si dispone di materiale infinito: per evitare di rovinare una tavola occorre pensare bene alla tipologia di taglio che si vuole eseguire. Quando vi troverete a realizzare delle sedute, dei tavoli o comunque oggetti con dei piani di ricopertura abbastanza ampi, non è consigliabile tagliare una stecca alla volta perché non otterrete tavole della stessa misura.

Difficilmente ci saranno tavole di pallet con i lati a squadro, per cui ognuna sarà diversa dall'altra. Se a questo si aggiunge che ogni lavorazione porta con sé un errore dovuto alla tolleranza, vi troverete con tante tavole diverse per quanti tagli si faranno. È opportuno perciò montare prima la struttura portante e solo alla fine, quando le tavole della copertura saranno fisse e disposte una accanto all'altra, procedete al taglio.

Taglio con dime

Se non disponete di una sega circolare per tagli rettilinei, un ottimo escamotage per realizzare dei tagli dritti con il seghetto alternativo è quello di usare una dima che vi direzioni durante il taglio. Prendete il segno del taglio e posizionate il seghetto all'inizio della linea tracciata. Con l'aiuto di due morsetti fissate una tavola (meglio se un regolo) a fianco del seghetto: fate in modo che la piattina del seghetto tocchi la tavola e iniziate a tagliare, stando bene attenti a far aderire sempre la piattina con la tavola che vi fa da dima.

Quest'ultima non vi permetterà di spostare il seghetto e il taglio verrà dritto. Attenzione però, perché si tratta di una tecnica utilizzabile solo per tagli

controfibra: in caso contrario, la lama del seghetto si sposterà seguendo le fibre della tavola come fossero binari, il taglio verrà storto e sarà difficile rimediare, oltre a rischiare di deformare la lama stessa.

Finiture superficiali

Per ottenere un oggetto che duri nel tempo e magari anche all'aria aperta, occorre trattare il legno. Un buon modo di procedere è quello di dare una prima mano di impregnante su tutti i lati delle tavole subito dopo averlo pulito il pezzo. L' impregnante è un prodotto che impedisce l' infestazione di parassiti nel legno. Di solito è meno denso del coppale (o flatting) perché è di vitale importanza che penetri il più possibile nelle fibre. Le tavole che userete, ovviamente, non saranno perfette e presenteranno buchi lasciati dai chiodi o altri tipi di imperfezioni sulla superficie: per ovviare a questi problemi potete stuccare il pezzo.

Realizzare uno stucco duraturo senza comprarlo è cosa facile, garantendo anche prestazioni migliori rispetto allo stucco bianco per legno e muro, che con il tempo tende ad essere letteralmente “sputato” fuori dalle tavole per via della sua poca elasticità. Per ovviare a questo inconveniente, sarà sufficiente conservare la segatura che durante le operazioni di pulizia otterrete in grosse quantità, specialmente usando una levigatrice a nastro. Unitela ora con della colla vinilica fino ad ottenere una pasta elastica e morbida, ed infine riempite i buchi con l' aiuto delle spatole.

Dopo il montaggio del vostro oggetto passate possibilmente altre due mani di impregnante e, una volta asciutto, almeno due mani di flatting che garantirà impermeabilità al legno. Nel caso di oggetti che dovranno stare all'aria aperta è praticamente indispensabile arrivare a 3 mani di flatting, anche se la manutenzione periodica del lavoro sarà fondamentale per evitare il rapido deterioramento dei pezzi. In entrambi i casi, per rimanere coerenti con lo spirito generale di questi progetti di recupero, si consigliano vernici a base d’acqua, o comunque derivate da olii e sostanze naturali: oramai la loro diffusione è abbastanza ampia e i prezzi più o meno simili alle alternative sintetiche, mentre l’impatto ambientale rimane sensibilmente inferiore.

Abbiamo scelto El Topo, una panchina realizzata per STRIKE SPA nel workshop Ri-creazione, come esempio di progetto realizzato con materiale di scarto.

Durante il workshop ci siamo presto accorti che una parte del pallet veniva frequentemente scartata dagli altri progettisti: i cubotti. In quanto scarto degli scarti, si è deciso di usare tali elementi per la realizzazione del progetto in questione. Una delle prime e più complesse fasi progettuali è stata, quindi, individuare una funzione che rispondesse in modo adeguato alle loro caratteristiche. Per la loro particolare forma, i cubotti non sono facili da gestire: lo spessore li rende difficili da collegare ad altri elementi, mentre la ridotta superficie d’appoggio risulta spesso inutilizzabile. Sono perciò stati usati come elementi strutturali, sovrapposti verticalmente così

da determinare l’altezza della superficie di appoggio.

La fase progettuale vera e propria inizia proprio con la raccolta di una serie di dati necessari alla realizzazione di un oggetto confortevole e resistente: l’inclinazione dello schienale e l’altezza della seduta, sempre adattati al meglio in base al materiale a disposizione.

In base alle lunghezze delle assi di legno del pallet sono state progettate le dimensioni e le misure delle varie parti dell'oggetto, ottimizzando il più possibile l’uso del materiale per contenerne gli scarti. Dopo un rapido calcolo per vedere quanti pallet sono necessari, si procede con la realizzazione pratica:

• Disassemblaggio del pallet• Selezione degli elementi costitutivi del progetto• Tagli (quelli necessari prima di assemblare il prodotto finale)• Pulizia del legno• Assemblaggio delle parti• Tagli (per uniformare le lunghezze delle assi)• Rifiniture superficiali

Spesso in fase di realizzazione capita di rendersi conto che l’oggetto non corrisponda esattamente a quello che ci si era immaginati. Questo accade perché le assi di legno recuperato dal pallet sono spesso di dimensioni diverse ed è difficile prevedere tutto al primo schizzo.

Rimane perciò necessario sperimentare e apportare di continuo modifiche anche durante la fase di costruzione. Solo così è possibile ottenere un oggetto stabile e resistente.

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5. Un esempio di progettazione: El TopoTaglio

Per le operazioni di taglio usate la massima attenzione e sicurezza. A seconda del taglio che dovete fare esistono diversi tipi di seghe: per tagli curvilinei o leggermente sagomati lo strumento ideale è il seghetto alternativo, mentre per tagli rettilinei sarebbe opportuno usare una sega circolare, che consente tagli di grande precisione con il minimo sforzo da parte dell'operatore.

Pensate sempre due volte al taglio che dovete fare, visto che non si dispone di materiale infinito: per evitare di rovinare una tavola occorre pensare bene alla tipologia di taglio che si vuole eseguire. Quando vi troverete a realizzare delle sedute, dei tavoli o comunque oggetti con dei piani di ricopertura abbastanza ampi, non è consigliabile tagliare una stecca alla volta perché non otterrete tavole della stessa misura.

Difficilmente ci saranno tavole di pallet con i lati a squadro, per cui ognuna sarà diversa dall'altra. Se a questo si aggiunge che ogni lavorazione porta con sé un errore dovuto alla tolleranza, vi troverete con tante tavole diverse per quanti tagli si faranno. È opportuno perciò montare prima la struttura portante e solo alla fine, quando le tavole della copertura saranno fisse e disposte una accanto all'altra, procedete al taglio.

Taglio con dime

Se non disponete di una sega circolare per tagli rettilinei, un ottimo escamotage per realizzare dei tagli dritti con il seghetto alternativo è quello di usare una dima che vi direzioni durante il taglio. Prendete il segno del taglio e posizionate il seghetto all'inizio della linea tracciata. Con l'aiuto di due morsetti fissate una tavola (meglio se un regolo) a fianco del seghetto: fate in modo che la piattina del seghetto tocchi la tavola e iniziate a tagliare, stando bene attenti a far aderire sempre la piattina con la tavola che vi fa da dima.

Quest'ultima non vi permetterà di spostare il seghetto e il taglio verrà dritto. Attenzione però, perché si tratta di una tecnica utilizzabile solo per tagli

controfibra: in caso contrario, la lama del seghetto si sposterà seguendo le fibre della tavola come fossero binari, il taglio verrà storto e sarà difficile rimediare, oltre a rischiare di deformare la lama stessa.

Finiture superficiali

Per ottenere un oggetto che duri nel tempo e magari anche all'aria aperta, occorre trattare il legno. Un buon modo di procedere è quello di dare una prima mano di impregnante su tutti i lati delle tavole subito dopo averlo pulito il pezzo. L' impregnante è un prodotto che impedisce l' infestazione di parassiti nel legno. Di solito è meno denso del coppale (o flatting) perché è di vitale importanza che penetri il più possibile nelle fibre. Le tavole che userete, ovviamente, non saranno perfette e presenteranno buchi lasciati dai chiodi o altri tipi di imperfezioni sulla superficie: per ovviare a questi problemi potete stuccare il pezzo.

Realizzare uno stucco duraturo senza comprarlo è cosa facile, garantendo anche prestazioni migliori rispetto allo stucco bianco per legno e muro, che con il tempo tende ad essere letteralmente “sputato” fuori dalle tavole per via della sua poca elasticità. Per ovviare a questo inconveniente, sarà sufficiente conservare la segatura che durante le operazioni di pulizia otterrete in grosse quantità, specialmente usando una levigatrice a nastro. Unitela ora con della colla vinilica fino ad ottenere una pasta elastica e morbida, ed infine riempite i buchi con l' aiuto delle spatole.

Dopo il montaggio del vostro oggetto passate possibilmente altre due mani di impregnante e, una volta asciutto, almeno due mani di flatting che garantirà impermeabilità al legno. Nel caso di oggetti che dovranno stare all'aria aperta è praticamente indispensabile arrivare a 3 mani di flatting, anche se la manutenzione periodica del lavoro sarà fondamentale per evitare il rapido deterioramento dei pezzi. In entrambi i casi, per rimanere coerenti con lo spirito generale di questi progetti di recupero, si consigliano vernici a base d’acqua, o comunque derivate da olii e sostanze naturali: oramai la loro diffusione è abbastanza ampia e i prezzi più o meno simili alle alternative sintetiche, mentre l’impatto ambientale rimane sensibilmente inferiore.

Abbiamo scelto El Topo, una panchina realizzata per STRIKE SPA nel workshop Ri-creazione, come esempio di progetto realizzato con materiale di scarto.

Durante il workshop ci siamo presto accorti che una parte del pallet veniva frequentemente scartata dagli altri progettisti: i cubotti. In quanto scarto degli scarti, si è deciso di usare tali elementi per la realizzazione del progetto in questione. Una delle prime e più complesse fasi progettuali è stata, quindi, individuare una funzione che rispondesse in modo adeguato alle loro caratteristiche. Per la loro particolare forma, i cubotti non sono facili da gestire: lo spessore li rende difficili da collegare ad altri elementi, mentre la ridotta superficie d’appoggio risulta spesso inutilizzabile. Sono perciò stati usati come elementi strutturali, sovrapposti verticalmente così

da determinare l’altezza della superficie di appoggio.

La fase progettuale vera e propria inizia proprio con la raccolta di una serie di dati necessari alla realizzazione di un oggetto confortevole e resistente: l’inclinazione dello schienale e l’altezza della seduta, sempre adattati al meglio in base al materiale a disposizione.

In base alle lunghezze delle assi di legno del pallet sono state progettate le dimensioni e le misure delle varie parti dell'oggetto, ottimizzando il più possibile l’uso del materiale per contenerne gli scarti. Dopo un rapido calcolo per vedere quanti pallet sono necessari, si procede con la realizzazione pratica:

• Disassemblaggio del pallet• Selezione degli elementi costitutivi del progetto• Tagli (quelli necessari prima di assemblare il prodotto finale)• Pulizia del legno• Assemblaggio delle parti• Tagli (per uniformare le lunghezze delle assi)• Rifiniture superficiali

Spesso in fase di realizzazione capita di rendersi conto che l’oggetto non corrisponda esattamente a quello che ci si era immaginati. Questo accade perché le assi di legno recuperato dal pallet sono spesso di dimensioni diverse ed è difficile prevedere tutto al primo schizzo.

Rimane perciò necessario sperimentare e apportare di continuo modifiche anche durante la fase di costruzione. Solo così è possibile ottenere un oggetto stabile e resistente.

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Taglio

Per le operazioni di taglio usate la massima attenzione e sicurezza. A seconda del taglio che dovete fare esistono diversi tipi di seghe: per tagli curvilinei o leggermente sagomati lo strumento ideale è il seghetto alternativo, mentre per tagli rettilinei sarebbe opportuno usare una sega circolare, che consente tagli di grande precisione con il minimo sforzo da parte dell'operatore.

Pensate sempre due volte al taglio che dovete fare, visto che non si dispone di materiale infinito: per evitare di rovinare una tavola occorre pensare bene alla tipologia di taglio che si vuole eseguire. Quando vi troverete a realizzare delle sedute, dei tavoli o comunque oggetti con dei piani di ricopertura abbastanza ampi, non è consigliabile tagliare una stecca alla volta perché non otterrete tavole della stessa misura.

Difficilmente ci saranno tavole di pallet con i lati a squadro, per cui ognuna sarà diversa dall'altra. Se a questo si aggiunge che ogni lavorazione porta con sé un errore dovuto alla tolleranza, vi troverete con tante tavole diverse per quanti tagli si faranno. È opportuno perciò montare prima la struttura portante e solo alla fine, quando le tavole della copertura saranno fisse e disposte una accanto all'altra, procedete al taglio.

Taglio con dime

Se non disponete di una sega circolare per tagli rettilinei, un ottimo escamotage per realizzare dei tagli dritti con il seghetto alternativo è quello di usare una dima che vi direzioni durante il taglio. Prendete il segno del taglio e posizionate il seghetto all'inizio della linea tracciata. Con l'aiuto di due morsetti fissate una tavola (meglio se un regolo) a fianco del seghetto: fate in modo che la piattina del seghetto tocchi la tavola e iniziate a tagliare, stando bene attenti a far aderire sempre la piattina con la tavola che vi fa da dima.

Quest'ultima non vi permetterà di spostare il seghetto e il taglio verrà dritto. Attenzione però, perché si tratta di una tecnica utilizzabile solo per tagli

controfibra: in caso contrario, la lama del seghetto si sposterà seguendo le fibre della tavola come fossero binari, il taglio verrà storto e sarà difficile rimediare, oltre a rischiare di deformare la lama stessa.

Finiture superficiali

Per ottenere un oggetto che duri nel tempo e magari anche all'aria aperta, occorre trattare il legno. Un buon modo di procedere è quello di dare una prima mano di impregnante su tutti i lati delle tavole subito dopo averlo pulito il pezzo. L' impregnante è un prodotto che impedisce l' infestazione di parassiti nel legno. Di solito è meno denso del coppale (o flatting) perché è di vitale importanza che penetri il più possibile nelle fibre. Le tavole che userete, ovviamente, non saranno perfette e presenteranno buchi lasciati dai chiodi o altri tipi di imperfezioni sulla superficie: per ovviare a questi problemi potete stuccare il pezzo.

Realizzare uno stucco duraturo senza comprarlo è cosa facile, garantendo anche prestazioni migliori rispetto allo stucco bianco per legno e muro, che con il tempo tende ad essere letteralmente “sputato” fuori dalle tavole per via della sua poca elasticità. Per ovviare a questo inconveniente, sarà sufficiente conservare la segatura che durante le operazioni di pulizia otterrete in grosse quantità, specialmente usando una levigatrice a nastro. Unitela ora con della colla vinilica fino ad ottenere una pasta elastica e morbida, ed infine riempite i buchi con l' aiuto delle spatole.

Dopo il montaggio del vostro oggetto passate possibilmente altre due mani di impregnante e, una volta asciutto, almeno due mani di flatting che garantirà impermeabilità al legno. Nel caso di oggetti che dovranno stare all'aria aperta è praticamente indispensabile arrivare a 3 mani di flatting, anche se la manutenzione periodica del lavoro sarà fondamentale per evitare il rapido deterioramento dei pezzi. In entrambi i casi, per rimanere coerenti con lo spirito generale di questi progetti di recupero, si consigliano vernici a base d’acqua, o comunque derivate da olii e sostanze naturali: oramai la loro diffusione è abbastanza ampia e i prezzi più o meno simili alle alternative sintetiche, mentre l’impatto ambientale rimane sensibilmente inferiore.

Abbiamo scelto El Topo, una panchina realizzata per STRIKE SPA nel workshop Ri-creazione, come esempio di progetto realizzato con materiale di scarto.

Durante il workshop ci siamo presto accorti che una parte del pallet veniva frequentemente scartata dagli altri progettisti: i cubotti. In quanto scarto degli scarti, si è deciso di usare tali elementi per la realizzazione del progetto in questione. Una delle prime e più complesse fasi progettuali è stata, quindi, individuare una funzione che rispondesse in modo adeguato alle loro caratteristiche. Per la loro particolare forma, i cubotti non sono facili da gestire: lo spessore li rende difficili da collegare ad altri elementi, mentre la ridotta superficie d’appoggio risulta spesso inutilizzabile. Sono perciò stati usati come elementi strutturali, sovrapposti verticalmente così

da determinare l’altezza della superficie di appoggio.

La fase progettuale vera e propria inizia proprio con la raccolta di una serie di dati necessari alla realizzazione di un oggetto confortevole e resistente: l’inclinazione dello schienale e l’altezza della seduta, sempre adattati al meglio in base al materiale a disposizione.

In base alle lunghezze delle assi di legno del pallet sono state progettate le dimensioni e le misure delle varie parti dell'oggetto, ottimizzando il più possibile l’uso del materiale per contenerne gli scarti. Dopo un rapido calcolo per vedere quanti pallet sono necessari, si procede con la realizzazione pratica:

• Disassemblaggio del pallet• Selezione degli elementi costitutivi del progetto• Tagli (quelli necessari prima di assemblare il prodotto finale)• Pulizia del legno• Assemblaggio delle parti• Tagli (per uniformare le lunghezze delle assi)• Rifiniture superficiali

Spesso in fase di realizzazione capita di rendersi conto che l’oggetto non corrisponda esattamente a quello che ci si era immaginati. Questo accade perché le assi di legno recuperato dal pallet sono spesso di dimensioni diverse ed è difficile prevedere tutto al primo schizzo.

Rimane perciò necessario sperimentare e apportare di continuo modifiche anche durante la fase di costruzione. Solo così è possibile ottenere un oggetto stabile e resistente.

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6. Conclusioni

Eccoci arrivati alla �ne di questo esperimento. Cosa si è detto? Cosa si voleva dimostrare? È indispensabile notare come, �no adesso, non si sia proposto nulla di nuovo o di stravolgente da un punto di vista strettamente progettuale. Fra i primi a recuperare il legno dei contenitori per trasporti, troviamo infatti Gerrit Rietveld, che già nel 1934 realizzò un tavolo ed una poltrona con quel che allora veniva chiamato “crate wood”.

Singolare è il fatto che rimangano anche altre similitudini fra questa e quella realtà, soprattutto se si guarda al contesto in cui si sono sviluppate. Rietveld progettò quei mobili proprio negli anni successivi alla crisi del ’29, che aveva ridotto sul lastrico migliaia di persone, in un quadro emergenziale che de�nire quantomeno a�ne a quello odierno è più che opportuno, pur con le dovute di�erenze.

Ciò che e�ettivamente distingue quel tipo di progettazione da questo tipo di progettazione è l’approccio open di quanto proponiamo in questo breve manuale. L’obiettivo è condividere tutto il saper-fare in ottica costruttiva, perché qualcun altro farà poi lo stesso, in un circolo virtuoso che porterà alla realizzazione di una wiki autogenerante dell’auto-costruzione e del riuso, liberamente consultabile e aggiornabile.

Chiaramente, Rietveld non avrebbe potuto fare nulla di tutto questo, se non solo immaginandolo: a cambiare rispetto ad allora, perciò, sono anche gli strumenti del contesto. Nello speci�co è internet a fornire la chiave di volta per di�ondere in modo capillare questo sapere, poiché se così non fosse, il tutto sarebbe molto più laborioso e di di�cile realizzazione.

Dovremo forse ri�ettere sul periodo storico del tutto singolare che stiamo vivendo per chiederci se davvero la direzione �nora intrapresa sia quella giusta. Sarebbe il caso di rivolgere ai “macchinisti” del sistema alcune domande per ottenere delle risposte oneste, se questo fosse possibile. Davvero è conveniente un modello di sviluppo incentrato esclusivamente sul pro�tto? È ancora credibile sostenere che le materie prime della Terra siano in�nite?

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Possiamo considerare come unico valore quello della crescita? Quale crescita? Quella dei consumi? Osannati per ormai più di mezzo secolo, i consumi hanno trasformato la vecchia società contadina in una nuova società energivora, egoista e prodotto-centrica. Saperi e conoscenze accumulatesi nel corso dei secoli si sono dissolti in un attimo, da una generazione all’altra, accompagnati da un turbine di cambiamenti oramai inarrestabile.

D’altra parte, però, la conoscenza scientifica ha permesso di identificare nella natura un modello di sviluppo iper-efficiente, se non il modello di sviluppo per eccellenza, a cui forse bisognerebbe ispirarsi per il futuro, avvicinandosi a concetti come la biomimesi, l’autopoiesi per arrivare fino all’assenza dello scarto. Fare sintesi fra questi due modi di vedere la realtà, forse, potrebbe essere un buon punto di partenza, anche perché rivolgere domande ai macchinisti finora non ha portato a grandi risultati.

Non vogliamo però usare termini come “ritorno”, “recupero” o “ripresa” per non legarci all’idea di “decrescita felice”, che ricalca forse troppo un senso di privazione quasi estraneo a quanto si sta cercando di spiegare. Qui si parla più che altro di sviluppo intelligente, evoluzione e conseguente nascita di un nuovo modo di pensare, di fare e di essere che guarda all’uomo come essere senziente, in grado di veicolare flussi di energia impensabili. Perché ciò avvenga, bisogna anzitutto partire da una prospettiva umana.

È necessario che tutti prendano coscienza del proprio potere economico, culturale e psichico. Bisogna partire anche dai piccoli gesti di ogni giorno, smettere di essere dei consumatori passivi, impotenti di fronte al flusso di stimoli che ci investe quotidianamente, per diventare dei co-produttori, cioè attivi, riflessivi, attenti. In una sola parola, coscienti.

Purtroppo questo manuale non permette di affrontare con la dovuta precisione questi temi, sia per ragioni di spazio che di tempo. Per questo vi lasciamo con una buona lista di testi in Bibliografia, dove potrete approfondire meglio quel che più vi interessa. Sperando di aver fatto cosa gradita, l’appuntamento rimane ora sul web, all’indirizzo www.opencrafts.org .

A presto!

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BIBLIOGRAFIA

Bistagnino Luigi, Design sistemico, 2009, Slow Food Editore

Capra Fritjof, La rete della vita, 1996, BUR

Capra Fritjof, La scienza della vita, 2002, BUR

Lovelock James, Gaia, 1979, Bollati Boringhieri

Mari Enzo, Autoprogettazione?, 2002, Corraini

McDonough William, Braungart Michael, Dalla culla alla culla, 2002, Filoderba

Munari Bruno, Fantasia, 1977, Laterza

Pauli Gunter, Blue Economy, 2010, Edizioni Ambiente

Tapscott Don, Williams Anthony, Wikinomics, 2006, BUR

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Studio Superfluo nasce nel Giugno del 2010 a Roma dall’idea di un eterogeneo gruppo di studenti con attitudini diverse. Dopo un periodo iniziale di ricerca, il collettivo si orienta sempre più verso la progettazione sostenibile ed il riuso di materiali, realizzando iniziative culturali con l’obiettivo di riscoprire e promuovere atteggiamenti compatibili con la natura.

Produzione artigianale, condivisione del sapere e del saper fare sono alla base di workshop e incontri organizzati nel corso del primo anno di attività: rendere il pubblico consapevole del valore aggiunto che un oggetto auto-prodotto può avere, non solo a livello strettamente economico o emozionale, ma anche affettivo e culturale.

Si creano così le basi per pensare in una prospettiva più ampia, dove la consapevolezza della necessità di ridefinire i paradigmi dell’attuale processo produttivo rappresenta il primo passo verso una riprogettazione più sostenibile ed ecologica della catena produttiva, prendendo ispirazione dallo sviluppo naturale in cui non esistono scarti, ma solo input per altri processi. Studio Superfluo è un punto d’incontro di una rete in forte sviluppo basata sulla condivisione di idee, risorse, pensieri e sulla diffusione libera di cultura e competenze.

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studiosuperfluo.comopencrafts.org

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