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70 gennaio/febbraio 2010 - n.81 L ive c oncert 71 www.soundlite.it F ondato nel 1987, ma arrivato all’attenzione del gran- de pubblico con il terzo disco Dookie, Green Day è un trio punk-pop (genere essenzialmente fondato da loro, insieme a Rancid ed Offspring) con poche prete- se di virtuosismo musicale tradizionale: un’energia grezza, atteggiamenti e testi controculturali ed il resto del bagaglio che viene associato nel bene e nel male con il punk. Dopo l’iniziale diffusione, alimentata in gran parte da un insoli- to amore per il gruppo espresso da MTV (che all’epoca an- cora mandava in onda qualche video musicale), Green Day rischiava sul serio la fine del fuoco di paglia. Anche se le uscite seguenti del gruppo, negli anni Novanta, sono state molto apprezzate dai critici ed hanno fornito qualche brano di successo, il pubblico giovane è noto per la sua volubili- tà e le case discografiche per i loro comportamenti spietati anche con artisti che hanno venduto milioni di dischi. Così Green Day ha passato un periodo di relativa oscurità, dagli ultimi anni Novanta fino alla fine del 2004, quando il clima sociale dei giovani americani (ed europei) era in sincronia perfetta con il disco American Idiot. Questo ha venduto oltre 14 milioni di copie, fornendo ai ragazzi nord-californiani un Grammy per il miglior disco rock e sette premi tra gli MTV Music Awards nel 2005, oltre ad un Grammy l’anno succes- sivo per il singolo Boulevard of Broken Dreams. American Idiot è anche stato supportato da un world tour di 150 date nelle arene (il tour precedente si era svolto nei club). Per dare un seguito al grande ritorno di cinque anni fa, i Green Day hanno pubblicato 21st Century Breakdown a mag- gio di quest’anno, e sono partiti in tour a luglio con date previste per almeno un anno e mezzo. Dopo otto settimane di una tranche nordamericana da 32 date, Green Day è arri- vato da questa parte dell’Atlantico con un calendario di 31 date in sei settimane, in 27 diverse venue di 15 paesi. L’Italia è stata la coda perché, secondo voci che sono arrivate dalla crew, volevano di finire in un posto un po’ meno freddo. Noi abbiamo intercettato questo tour nella penultima data euro- pea, al Futurshow Station di Casa- lecchio di Reno (BO). Non occorre specificare che, comunque, il fred- do non mancava e che il persona- le tecnico americano, immediata- mente identificabile dall’utilizzo rigoroso e quasi universale di pantaloncini corti in qualsiasi con- dizione climatica, si trovava vaga- mente deluso dalla “Sunny Italy”. Arrivati al palasport, veniamo identificati ed etichettati dall’uf- ficio della produzione. Qui il di- rettore di produzione Greg Dean ci presenta i crew chief dei reparti audio video e luci, ci porge le sue scuse per la mancanza di tempo da parte sua e torna ad impac- chettare un cadavere, o forse un manichino, in un cartone da spe- dizione. A questo punto, ci ac- compagnano verso la regia di sala per fare due chiacchiere. Il video A parlarci dell’allestimento vi- deo è Rob McShane, il diret- tore video, con il crew chief Chad McClymonds. “Qui c’è un pacchetto video com- pleto fornito da Chaos Visual Pro- ductions, di Los Angeles – ci spie- ga Rob –. Tutto esce su due scher- 21 ST cENTuRy BREAkDOwN di douglas cole I Green Day tornano trionfanti con 21 st Century Breakdown. A maggio, ad un paio di settimane dalla sua uscita, il disco era già al primo posto in termini di vendita in 16 paesi, compresa l’Italia, ed alla fine dell’anno era già arrivato ad una vendita certificata di due milioni di copie. Inoltre ha fornito un pretesto esplicito per sguinzagliare Billie Joe Armstrong e compagnia dentro i palasport di mezzo mondo, a sfogarsi insieme a centinaia di migliaia di giovani vittime volontarie. L ive c oncert 71 www.soundlite.it

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Fondato nel 1987, ma arrivato all’attenzione del gran-de pubblico con il terzo disco Dookie, Green Day è un trio punk-pop (genere essenzialmente fondato da loro, insieme a Rancid ed Offspring) con poche prete-

se di virtuosismo musicale tradizionale: un’energia grezza, atteggiamenti e testi controculturali ed il resto del bagaglio che viene associato nel bene e nel male con il punk. Dopo l’iniziale diffusione, alimentata in gran parte da un insoli-to amore per il gruppo espresso da MTV (che all’epoca an-cora mandava in onda qualche video musicale), Green Day rischiava sul serio la fine del fuoco di paglia. Anche se le uscite seguenti del gruppo, negli anni Novanta, sono state molto apprezzate dai critici ed hanno fornito qualche brano di successo, il pubblico giovane è noto per la sua volubili-tà e le case discografiche per i loro comportamenti spietati anche con artisti che hanno venduto milioni di dischi. Così Green Day ha passato un periodo di relativa oscurità, dagli ultimi anni Novanta fino alla fine del 2004, quando il clima sociale dei giovani americani (ed europei) era in sincronia perfetta con il disco American Idiot. Questo ha venduto oltre 14 milioni di copie, fornendo ai ragazzi nord-californiani un Grammy per il miglior disco rock e sette premi tra gli MTV Music Awards nel 2005, oltre ad un Grammy l’anno succes-sivo per il singolo Boulevard of Broken Dreams. American Idiot è anche stato supportato da un world tour di 150 date nelle arene (il tour precedente si era svolto nei club).Per dare un seguito al grande ritorno di cinque anni fa, i Green Day hanno pubblicato 21st Century Breakdown a mag-gio di quest’anno, e sono partiti in tour a luglio con date previste per almeno un anno e mezzo. Dopo otto settimane di una tranche nordamericana da 32 date, Green Day è arri-vato da questa parte dell’Atlantico con un calendario di 31 date in sei settimane, in 27 diverse venue di 15 paesi. L’Italia è stata la coda perché, secondo voci che sono arrivate dalla crew, volevano di finire in un posto un po’ meno freddo.

Noi abbiamo intercettato questo tour nella penultima data euro-pea, al Futurshow Station di Casa-lecchio di Reno (BO). Non occorre specificare che, comunque, il fred-do non mancava e che il persona-le tecnico americano, immediata-mente identificabile dall’utilizzo rigoroso e quasi universale di pantaloncini corti in qualsiasi con-dizione climatica, si trovava vaga-mente deluso dalla “Sunny Italy”.Arrivati al palasport, veniamo identificati ed etichettati dall’uf-ficio della produzione. Qui il di-rettore di produzione Greg Dean ci presenta i crew chief dei reparti audio video e luci, ci porge le sue scuse per la mancanza di tempo da parte sua e torna ad impac-chettare un cadavere, o forse un manichino, in un cartone da spe-dizione. A questo punto, ci ac-compagnano verso la regia di sala per fare due chiacchiere.

Il video A parlarci dell’allestimento vi-deo è Rob McShane, il diret-tore video, con il crew chief Chad McClymonds.“Qui c’è un pacchetto video com-pleto fornito da Chaos Visual Pro-ductions, di Los Angeles – ci spie-ga Rob –. Tutto esce su due scher-

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I Green Day tornano trionfanti con 21st Century Breakdown. A maggio, ad un paio di settimane dalla sua uscita, il disco era già al primo posto in termini di vendita in 16 paesi, compresa l’Italia, ed alla fine dell’anno era già arrivato ad una vendita certificata di due milioni di copie. Inoltre ha fornito un pretesto esplicito per sguinzagliare Billie Joe Armstrong e compagnia dentro i palasport di mezzo mondo, a sfogarsi insieme a centinaia di migliaia di giovani vittime volontarie.

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mi: da una parte un Winvision da 18,75 mm in una forma adattata alla sagoma di un panorama ur-bano con i grattacieli, dall’altra le proiezioni di quattro Barco R20 posti in regia FoH. Le proiezioni si possono fare solo nella zona cen-trale, tra i grattaceli, o sull’intero ciclorama superimposte anche sulla ‘città’. Tutti i contenuti ven-gono mandati dall’operatore luci, mentre durante lo spettacolo noi seguiamo l’I-Mag”.“Abbiamo cinque telecamere: quattro Sony RoboCam teleco-mandate ed una DF-50 a mano – aggiunge Chad –. L’I-Mag non è molto tradizionale, viene usato in modo un po’ più ‘punk’... per effetti più che per visibilità, con parecchi matte key, luma key e chroma key. Tutto il video è con-trollato da una console GrandMA, che comanda tramite ARTNet i server, i router ed i Barco Encore per posizionamento, dimensiona-mento e layering”.“La sfida più grande – precisa Rob – era sicuramente quella di configurare ed utilizzare una console luci per controllare gli switcher video”.Chi ha creato i contenuti in pre-produzione?Tutti i contenuti sono stati idea-ti da Roger Staub e Justin Collie di Artfag LLC, una parte di PEDG (Performance Environment Design Group).La setlist è molto rigida per quanto riguarda gli effetti sull’I-Mag, o potete fare un po’ a mano libera? Vedrai che la setlist non è rigi-da per niente... ma i contenuti sono creati appositamente per ogni brano. Per l’I-Mag abbiamo cominciato da una serie di indi-cazioni brano per brano, ma più va avanti il tour più i risultati di-ventano “artistici”. Gli effetti ge-nerati dal server Quartz FX della

Control Freak sono determinati per particolari brani, per-ché richiedono una notevole potenza di elaborazione e non possiamo buttarli dentro a casaccio: c’è un operatore, con una mano su un’apposita manopola, che controlla il guada-gno su quelli effetti. Gli altri effetti applicati direttamente da noi – gli standard chroma key, gialli e minority – possia-mo invece usarli a nostro piacimento e secondo il momen-to. Diventiamo un po’ più creativi ogni sera... Ora portiamo lo spettacolo in Oceania e in Asia, sempre indoor, e forse avremo tutto “finito” per la tournée negli stadi che inizierà nell’estate 2010.Per il montaggio dipendete dall’allestimento del palco o riuscite ad allestire autonomamente?Il palco è su ruote e noi, tecnicamente, non lo tocchiamo per niente. Il LEDwall e gli schermi per le proiezioni sono sospesi indipendentemente, così nell’allestimento siamo au-tonomi dal palco. Comunque è un lavoro di gruppo e tutti danno man forte se un reparto per qualsiasi motivo rimane indietro.

Arriva Ryan Middlemiss, che Rob ci presenta come la perso-na adatta a darci qualche dritta sull’elaborazione dei segna-li video. Ryan è in tour per il service luci come responsabile per i sistemi di controllo visuali.“I server video sono di un’azienda che si chiama Control Freak con sedi in Oregon e in New Jersey – spiega Ryan – che costruisce soluzioni server personalizzate ed è specializzata anche nell’adattamento di sistemi di controllo integrati tra luci e video. Collabora strettamente con Artfag.“Per questo sistema abbiamo un totale di tre server attivi e tre spare, così se uno si dovesse piantare (tutto può suc-cedere) dovrei solo premere un pulsante ed un altro ne prenderebbe il posto in sincrono. Uno gestisce il LEDwall, un secondo è dedicato alla proiezione ed il terzo è un’uni-tà effetti Quartz FX, sviluppata appositamente da Control Freak per alcuni effetti applicati all’I-Mag, in particolare sul brano Brain Stew, dove abbiamo un effetto piuttosto com-plesso applicato all’I-Mag che deve andare in tempo reale con pochissima latenza”.

Le luciMentre Ryan ci fa vedere i collegamenti, ci raggiunge Kevin Tyler, il capo squadra delle luci, che inizia a darci qualche informazione di base sull’illuminotecnica.“Il disegno luci è stato fatto sempre da Justin Collie, di Ar-tfag, che lavora con Green Day già da qualche anno – ci spiega –. Kevin Cauley è l’operatore in console, che ha lavo-rato molto con Justin Collie, anche per Green Day. Non solo deve richiamare programmi e mandare i contenuti video, ma si trova spesso a dover mixare in tempo reale, perché una buona parte dello spettacolo viene improvvisata dalla band... Inoltre chiama i seguipersona.

1: da sx: Chad McClymonds, capo squadra video; Rob McShane, direttore video, e Ryan Middlemiss, tecnico lighting e video.

2: Il sollevamento dei cinque key spot sopra la regia FoH.

3: Kevin Tyler, lighting crew cheif.

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“Il service luci è Epic Production Technologies che, fino a poco tempo fa, era Ed&Ted’s Excellent Lighting, ma ora è stato acquista-to da Epic. Abbiamo un rapporto decisamente di lunga data con i Green Day”.Che tipo di proiettori compon-gono il disegno luci?Abbiamo circa 40 MAC III Profile, una trentina di Vari*Lite 3500 Wash e qualche Vari*Lite 1000. Abbiamo poi 39 “Fag Pod” (da Artfag – ndr), di cui otto sul palco, formati da degli Atomic 3K con cambiacolo-ri montati nel centro e due i-Pix BB4 sull’esterno. La produzione non voleva molta roba sul pal-co, perché gli artisti si muovono moltissimo e saltano di qua e di là come se fossero posseduti. È un design molto punk-rock, non psichedelico. Ci sono un paio di seguipersona sopra il palco, ed abbiamo eliminato la variabile del posizionamento dei key spot appendendone cinque al tetto, direttamente sopra la regia. Per il controllo ci sono quattro con-sole GrandMA: una per le luci ed una per il video, ognuna con il proprio spare.In effetti è un setup semplice, da rock-n-roll.Forse semplice, ma non piccolo...Sì: con queste “ali” appese, il parco luci è molto più largo del palco, abbiamo un’«impronta» larga 33 metri con un palco di soli 20 metri. Per una band che è abbastanza minimale, il parco luci sembra molto grosso. Infatti, dopo gli Stati Uniti, dove le venue indoor sono enormi, abbiamo do-vuto ridurre i truss delle ali a solo due per lato, perché nei palasport europei avremmo dovuto ridurre il numero di posti per appenderne

tre... e trasportare più roba per vendere meno biglietti non era un’equazione che piacesse all’organizzazione. Infatti stanno facendo il pienone ad ogni tappa e, diversamente da parecchi artisti, qui non c’è dubbio sul ritorno dell’investi-mento in produzione.Quanto ci mettete ad allestire? Cominciamo alle 9:00 ed il palco arriva sotto alle 12:30, come un orologio svizzero. Qui a Bologna hanno dovuto portare dentro due dei più grandi camion gru che io abbia mai visto all’interno di un’arena, per appendere le ali. Il mothergrid in questo palasport è molto comodo ma, come ho detto pri-ma, stiamo molto larghi ed il grid non ci arriva. Comunque anche oggi alle 12:30 avevamo finito. Abbastanza veloci per uno spettacolo da 70 punti di sospensione. Adesso abbiamo ridotto l’out fino ad un’ora e mezza, se c’è lo spazio per far entrare i camion, due ore nelle condizioni più disperate.Abbiamo due dimmer pit, uno a stage right ed uno a stage left. Sono abbastanza orgoglioso di questo set, perché è pulitissimo: non si vedono cavi intorno al palco per nien-te... anche l’audio manda una parte del cablaggio fino al fondo palco, e c’è perfetta visibilità da ogni posto occupa-to dal pubblico.Luci e video sono tutti a 120 V, così abbiamo portato con noi i trasformatori... tutta la squadra luci contribuisce ad im-postare quelli quando arriviamo perché, ovviamente, sono fondamentali. E quanto assorbite?Per le luci abbiamo tre servizi da 400 A, poi ci sono 200 A per il video e 200 A per l’audio.Il controllo in uscita è tutto DMX su rame?Beh, visto che siamo a 21 universi DMX per le luci e tre uni-versi dedicati al video, è più pratico lo snake digitale. Per quanto riguarda il mio lavoro è molto meglio che manda-re in giro tutto quel rame, specialmente qui in Europa. In America si possono fare le mandate più dritte, o per terra o sopra, e 100 metri sono sufficienti più o meno per qualsiasi venue. In Europa, invece, dobbiamo spesso sfruttare tutti i 150 m di fibra... e pesa pochissimo confronto ai multicore. Ryan ti può dare i particolari.Ci puoi illuminare, Ryan?Lo snake digitale è un sistema Optocore completamente ri-dondante, dall’alimentazione fino al routing. Di solito passa a stage right, ed ha un backup che passa per stage left. Poi ne ho uno che attraversa il palco. Se una qualsiasi di quelle linee viene interrotta, tutto viene indirizzato istantanea-mente all’altra. Poi se uno qualsiasi degli switch si guasta, le console spare sono sugli switch di backup, così non possono verificarsi interruzioni, anche se occorre verificare il tutto e rimettere in linea velocemente i main.È veramente impressionante il fatto che trasportiamo 24 universi su quelle piccole fibre e senza alcuna latenza percepibile. Io vengo dal mondo dell’informatica e la mia esperienza precedente era come amministratore di rete... in sede abbiamo fatto delle verifiche e, quando ho visto ef-fettivamente quanto è veloce, ho potuto garantire che con questa quantità di dati la latenza sarebbe stata assoluta-mente insignificante.

L’audioRingraziando tutti, ci spostiamo nell’altra metà della regia FoH, dove troviamo Jason Vrobel, il systems engineer. Jason ci dà un veloce riassunto dell’impianto audio totale: “Il PA Principale è composto da quattordici Clair i-5, con le i-5b con

il singolo 18 sul lato esterno. I side sono Clair i-3, 12 per lato. I sub sono Clair BT-218, otto per lato per il sub-bass. I frontfill sono Clair P-2. Tutti i diffusori sono pilotati dai nuovi Lab.gruppen PLM 10000 e 14000.“In FoH è tutto analogico – continua Jason – così an-diamo in analogico L-R agli amplificatori ed il proces-sing viene fatto direttamente lì. Così è molto semplice, perché non dobbiamo fare nessuna matrice dal mixer, andiamo direttamente agli ampli Lab.gruppen che han-no al loro interno il Dolby Lake, gestito da remoto con il tablet ed il software DLP/Clair. Giusto per evidenziare una curiosità: il nuovo ponte wireless che uso per il Lake lavora a 2,4 GHz come quello vecchio, ma si può impo-stare anche a 5 GHz. Penso che solo due tour abbiano questo in giro adesso: noi e gli U2. È fatto per Clair ma le viscere sono Cisco.“Nel monitor world abbiamo uno Studer Vista 5, così il palco è digitale e tutto in-ear, con i Sennheiser ew 300 G2 e gli Ultimate Ears UE11. Non ci sono wedge sul palco, per cui tutto è molto pulito e pronto per le acrobazie. Ci sono un paio di sidefill, degli i-5 girati in verticale e senza sub: hanno una copertura molto stretta, ma ven-gono attivati solo quando vengono invitati sul palco al-cuni ragazzi del pubblico per suonare... in pratica sono il monitoraggio per gli “special guest” dal pubblico.“Il service è sempre Clair Brothers: gli ampli e le casse per questa tranche vengono dalla Svizzera, mentre i rack di processing li abbiamo portati dietro. Abbiamo preso il mixer da Audio Rent, anche se è diverso da quello con cui abbiamo cominciato”.

Mentre Jason finisce la sua illustrazione, vediamo arri-vare da dietro l’XL4 il gigante gentile Kevin Lemoine, fonico di sala, che cominciamo subito ad interrogare. Cominciamo dalle informazioni di base: quanti canali arrivano dal palco?Cinquantadue.Per un Trio?In realtà sono in sei sul palco, i Green Day originali Billie, Tré Cool e Mike Dirnt, più Jason White che suona la chitarra con il gruppo ormai da dieci anni; c’è Jason Freese, tastiera, sassofono e fisarmonica; poi c’è Jeff Matika che suona chitarra acustica, chitarra elettrica e canta nei cori. Ci sono quattro microfoni per ogni chi-tarra e questo ci mangia qualche canale.Mentre parliamo di ingressi, tormento sempre i fonici americani chiedendo lumi sulla scelta dei microfoni, molto spesso insolita rispetto alle usanze di qui. Voi?Cominciando da sinistra, sui canali della cassa sono Shure Beta91, Neumann TLM170 ed un U47 FET; poi snare: Telefunken ELA M80 e AKG C414; hihat: due KM184, poi Beta98 racktom, sui timpani due C414, KM184 sul ride, poi ogni crash ha il suo KM184, che poi riunisco in due canali; c’è un Telefunken M216 come overhe-ad, poi sax e fisarmonica sono ripresi con Beta98; sulla chitarra di Jason ci sono due Neumann TLM103, ed un Copperphone (Placid Audio Copperphone, microfono lo-fi dinamico – ndr) usato per l’effetto sull’inizio di East Jesus Nowhere, per quella roba tutta ad alta fre-quenza. Poi Shure SM7 per la chitarra ritmica, e ancora due Neumann TLM103, SM7 e C414 sugli ampli per chi-tarra. Poi sul Leslie high c’è un Beta91, ed un vecchio D12 per il low. Tutto lì (sic.ndr). Usiamo un sacco della

4: Uno dei “Fag Pod”, composti di due i‑Pix BB4 con un Martin Atomic 3000 al centro.

5: Jason Vrobel, PA systems engineer.

6: Kevin Lemoine, fonico FoH.

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7: La console Studer Vista 5 in regia di palco, insieme alle spalle di Beau Alexander, il fonico di palco.

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roba che hanno usato per l’ultimo disco proprio sul palco.Tutti i microfoni vocali sono Telefunken ELA M80 – un dinami-co ma con una risposta molto am-pia –. Anche sul palmare di Billie Joe c’è una capsula M80 adattata al trasmettitore Shure UR2.Vale veramente la pena di met-tere l’M80 sul trasmettitore del-la Shure?Sì, assolutamente. Il suono è enor-me... anche solo per la reiezione fuori asse, è molto meglio della “solita scelta”.Ci sono un sacco di condensatori lassù... non è un palco con livel-lo elevato?Non lo è più. Beau (Alexander – ndr), il fonico di palco, ha convinto tutti i ragazzi ad usare gli IEM per la prima volta dopo vent’anni... rendendo le cose un po’ più facili anche per me.Ma c’è un backline enorme... è tutto ripreso dal backline o ci sono gli isobox offstage?È tutto dal backline... ma tutte quelle casse fanno tanta scena, il livello sul palco non è alto.

Poi, com’è splittato?Tutto va in uno splitter passivo Clair. Prima c’è lo split per la registrazione, preamplificatori Focusrite su registratori Tascam. Poi uno split va verso i preamplificatori e converti-tori della Studer, ed uno qui al banco di sala.Registrazioni per cosa?Archivio... eventualmente anche un disco. Il fonico da stu-dio dei Green Day, Chris Dugan, viene in tour con noi, è il videografo e fa le foto per il sito web... lui prende gli HD e, in seguito, li porta tutti in studio.Qui cosa usi come outboard?L’outboard è molto semplice: uso diversi Distressor per la compressione sulla batteria, Drawmer DS201 per i gate, un paio di LA2A per la chitarra acustica e per il sassofono. Tre delay: due Lexicon PCM42 ed un TC Electronic 2290. Su drum bus e grancassa uso un compressore Alan Smart C2. C’è un Eventide H3000 per il pitch-shift dei cori, e un Lexicon 960 per tutti i riverberi.Sulla voce di Billie uso un Clair iO per l’EQ parametrico ed un BSS 901 per la compressione multibanda, e c’è an-che un Distressor per i momenti più urlati. Poi il segnale passa all’EQ del banco che è praticamente flat. Perché la scelta dell’XL4?Mi piace come suona. Green Day è molto rock&roll e ci vuo-le una cosa con un po’ di pasta. È un peccato che tutti stiano usando il digitale per il rock, adesso, perché tra due anni, quando sarà ora di rinnovare i banchi digitali, tutti vorran-no il nuovo modello e non varranno niente... Mentre questo ha già dieci anni e suona meglio dei digitali che ho provato, e tra due anni avrà lo stesso valore che ha adesso.Nella tranche statunitense usavo un ATI Paragon, che suona molto bene, ma ci siamo stufati di dover cambiare moduli in emergenza, in tour. Anche quello è un banco vecchio e, for-se, adesso un po’ fragile. Il Midas, invece, è fatto come un carro armato e non ci costringe a spendere lo stesso tempo ed energia in manutenzione.Da quando lavori con Green Day?Da nove anni e mezzo. Greg Dean, il direttore di produ-zione di questo tour, aveva un service a El Segundo e io ho lavorato come fonico e PA man per lui per quasi dieci anni. Ho lavorato più che altro con la musica un po’ aggressiva: Iggy Pop, Black Crows, altre cose un po’ dure. È arrivato Green Day ma non avevano un fonico; il loro amico Kent, il manager di NOFX, li ha mixati mentre io gestivo il PA. Cercavano un fonico e ovviamente Kent non poteva andare, così alla fine dello spettacolo ha suggerito che ci andassi io.

E cosi è stato.Loro sono persone molto tranquille e sia-mo tutti amici, quasi una famiglia.Da altri tuoi colleghi ho sempre sentito “sì, siamo amici ma in fondo con l’artista deve rimanere sempre un rapporto da cliente”. È così anche tra voi?No, veramente tra noi c’è un rapporto da amici... quando non siamo in tour an-diamo a pescare insieme. Cambia un po’ l’idea, perché non è solo una busta paga, ti viene voglia di fare un buon lavoro per i tuoi amici... come mixare per i gruppi nei club all’università.Hai mai lavorato con altri tipi di musica? Certo, anni fa ho mixato tanti artisti jazz, ho lavorato con Lyle Lovett, Kronos Quartet...

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ho fatto diverse cose. Secondo me l’approccio tecnico può variare, ma l’approccio obbiettivo è sempre uguale: mixare l’artista così che il pubbli-co lo senta nel modo in cui è abituato a sentirlo. Il grande pubblico è qui perché ha sentito dei di-schi che gli sono piaciuti... il gruppo deve suonare come lo conoscono o il suono non è “buono”.

Lo showIl palasport è strapieno, il pubblico è gomito a gomito fino all’uscita, una cosa mai vista. L’audio è potentissimo ma non assordan-te, con un mix che riporta molto bene il “sound” della band. Lemoine è molto bra-vo a rendere “limpido il distorto”, com’è necessario con questo tipo di musica, e devo anche dire che ancora non ho sen-tito suonare male un impianto Clair.Lo spettacolo visivo è ben fatto, con contenuti veramente coinvolgenti. Il panorama urbano viene costruito, trasformato in una città di giorno, poi in una città di notte, e duran-te vari brani viene bruciato, bom-bardato, terremotato, ecc., con elementi proiettati nella zona

centrale. Lo schermo a forma di città si dimostra molto versatile per effetti

di “inquadramento” delle proiezioni centrali. Un’unica critica potrebbe riguardare il fatto che le proiezioni risul-tavano forse meno contrastate di quanto sarebbe servito, probabilmente per via della superficie nera del ciclorama.

Invenzione interessante il “Fag Pod”, utilizzabile come un molefay da otto con cambiacolori (lo strobo in centro for-nisce la botta), ma poi con i singoli elementi dei BB4 in-dirizzabili individualmente, sfruttati per di più in maniera molto creativa.L’operatore Kevin Cauley, insieme a Rob McShane e Chad McClymonds, rimangono molto all’erta, perché entro il se-sto o settimo brano la band ha già deviato totalmente dalla scaletta, lanciandosi in varie cover improvvisate di AC/DC e Black Sabbath, anticipando brani dalla fine della lista e ti-rando fuori brani che non si trovavano neanche sulla lista! Varie volte, dalla regia guardavamo sullo schermo dell’En-core i contenuti video per il brano che avrebbero dovuto suonare, mentre Cauley semplicemente entrava in controllo live, abbassando (à la KISS) un’insegna Green Day che lam-peggia in vari colori e Rob e Chad andavano all’I-Mag ed applicavano effetti al volo.È la seconda volta quest’anno che, dopo un concerto, sono costretto a cambiare un’idea che mi porto dietro da un paio di decenni. Non dico che non mi piacessero i Green Day in precedenza, ma solo che avevo prestato al gruppo pochis-sima attenzione e forse l’avevo liquidato come un prodot-to artificioso... il vecchio discorso del “punk sells out”. È così? Dopo questo concerto posso solo dire “ma chi se ne frega?”, perché Green Day è stato il concerto più diverten-te che abbia mai visto svolgersi su un palco di grandi di-mensioni. Sono stati i primi che abbia mai visto in grado di trasformare con successo un concerto in palasport in una serata da club underground.La loro ispirazione e i loro testi possono essere un’aperta denuncia dello stato di degrado della cultura occidentale e della disperata apatia della gioventù delusa di questo nuo-

Scheda Tecnica

Personale e AziendeProduzione italiana Live Nation Italy Danilo Zuffi Alberto MüllerProduzione Performance Environment Design Justin Collie /Artfag LLCLighting/Video Designer Justin CollieLighting/Show Director Kevin CauleyLighting Crew Chief Kevin TylerLighting Techs Moss Everhard Ryan Middlemiss Bob Slayton Neil JohnsonProduction Electrician Jerry SmithFonico FoH Kevin LemoineFonico Palco Beau AlexanderPA Jason VrobelDirettore video Rob McShaneCrew Chief Video Chad McClymondsTecnico LED Rusty WingfieldVideoproiezioni Alex CastanedaDirettore di Produzione Greg DeanService audio Clair Brothers/Audio RentService luci Epic Production TechnologiesService video Chaos Visual ProductionsScenografia Accurate StagingStage Drapery Sew What? Inc. (Megan Duckett)Effetti pirotecnici Pyrotek Special Effects

Materiale luci e video 2 GrandMA + 2 spare 37 Martin MAC III 30 Vari*Lite VL 3500 Wash 7 Vari*Lite VL 1000 12 iPix BB4 39 “Fag Pod”, ciascuno composto di: 1 Martin Atomic 3000 1 Martin Atomic Colors 2 i‑Pix BB4 14 Color Kinetics Color Reach 6 Lycian M2

5 Syncrolite MX 3000s 279 Winvision 18,75 mm 4 Barco FLM R20 1 Sony DF‑50 3 Sony Robo Cam

Materiale AudioFoH 28 Clair Global i‑5 with i‑5B (mains) 24 Clair Global i‑3 (sides) 16 Clair Global BT‑218 Subwoofers 10 Clair Global P‑2 (front fill)Lab.gruppen PLM 10000Lab.gruppen PLM 14000 1 Midas XL4 2 Lexicon PCM 42 1 TC Electronic 2290 1 Lexicon 960L 3 Smart Research C2 1 Clair iO 1 BSS 901 Series II 5 Empirical Labs EL‑8 DistressorPalco 1 Studer Vista 5 6 Sennheiser G2 Wireless con Ultimate Ears UE11 2 Clair I5 2 Shure UHF con Capsule Telefunken M‑80 Telefunken ELA M‑80 Telefunken M216 Neumann TLM103 Neumann TLM170 Neumann U47 FET Neumann KM184 AKG D12 AKG C 414B‑TL II Shure SM7 Shure Beta 91 Shure Beta 98 Placid Audio Copperphone

78 gennaio/febbraio 2010 - n.81

vo secolo, ma questi concetti, se espressi con intere batterie di mi-tragliatrici ad acqua e fucili spa-ra-carta igienica, sono rock&roll, e tendono a deprimere poco. Dopo le prime note, Billie Joe Armstrong ha già il pubblico in pugno ed alla fine del primo bra-no ce l’ha in tasca. Suonano per 2 h 45’ filate con il livello energe-tico al massimo e si fermano solo il tempo di far salire sul palco a suonare e cantare ragazzi eccita-tissimi scelti a caso tra il pubblico (formano una band intera e gli fanno eseguire un brano: quella sera a Bologna gli è andata bene, i ragazzi che hanno tirato su sa-pevano veramente suonare... mi hanno detto che ci sono serate meno fortunate che comunque sono ancora più divertenti).Insomma, per chi ama l’atmosfera da festa che si trova nelle perfor-mance in cui la musica è energica ed i musicisti sono intrattenitori spontanei, i Green Day sono pro-prio da non perdere e, visto che all’inizio dell’estate 2010 torna-no negli stadi da questa parte dell’Atlantico, magari a vederli ci torno anch’io.

79www.soundlite.it

Page 6: oncert F Noi abbiamo intercettato questo , Green Day è · 70 gennaio/febbraio 2010 - n.81 L ive c oncert 71 F ondato nel 1987, ma arrivato all’attenzione del gran-de pubblico con

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Void Audio è distribuito in Italia da Mpi Electronic srl via De Amicis 10 20010 Cornaredo Milanotelefono 02 9361101 telefax 02 93562336 [email protected] www.voidaudio.com

Pubbli. Void A4/ok 03-03-2009 16:27 Pagina 2