Vasco Rossi gennaio/febbraio 2010 - n.81 L ive c oncert 55 di giancarlo messnia Vasco Rossi EuROPE...

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54 gennaio/febbraio 2010 - n.81 L ive c oncert 55 www.soundlite.it di giancarlo messina Vasco Rossi EuROPE INDOOR Dopo dodici anni di stadi stracolmi, Vasco ritorna in tour nei palasport, con una produzione degna del suo nome ed un concerto di grande intensità. E con momenti inediti. L ive c oncert

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Dopo dodici anni di stadi stracolmi, Vasco ritorna in tour nei palasport, con una produzione degna del suo nome ed un concerto di grande intensità. E con momenti inediti.

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andati a vedere i posti in cui saremmo andati, perché le di-mensioni contano, come dice “Godzilla” (addetto ai came-rini di Vasco – ndr). Così abbiamo cercato di comprimere il disegno del palco, realizzato da Giò Forma ed approvato dall’artista, adattandolo alle possibilità delle varie venue. Abbiamo messo il massimo possibile nei limiti dello spazio dei palasport, liberando il parterre, perché sarebbe stato stupido andare nei palasport, con tanti fan che vogliono ve-dere lo show, ed occuparlo tutto con la produzione. Anche il palco posteriormente è molto a ridosso del muro, proprio per lasciare spazio al pubblico. Inoltre abbiamo voluto far sì che anche le persone sedute nei posti laterali potessero vedere perfettamente lo show.Per essere un palco “compresso” mi sembra che di roba ce ne sia parecchia...Direi di sì: il concept di quest’anno è dato dalla volumetria in movimento di questi grandi cubi. Ciò significa un sacco di peso: abbiamo un mother grid gigantesco di oltre 550 m2, 25 metri per 23, in modo da distribuire meglio il peso, per-ché parliamo di circa 33 tonnellate sul graticcio ed altre 10 di PA attaccate direttamente alle travi! Alla fine, stadi o palasport, quella di Vasco rimane comunque la produzio-ne italiana più grossa. Abbiamo dosi massicce di luci, una marea di Jarag e di LED, e poi la gestione di 40 motori a velocità variabile non è da tutti i giorni. Qui ho 110 persone in tour, mentre negli stadi eravamo a circa 130... come vedi non è cambiato poi molto!Questa strana formula “2 date, 3 off, 2 date” non crea qualche difficoltà di gestione?Non lo nego, ma questa è l’indicazione dell’artista, e il no-stro compito è quello di cercare di ottimizzare le direttive che manager e promoter condividono. Ovviamente i costi sono parecchio più alti, ma, come vedi, non abbiamo co-munque risparmiato su niente.Come vengono gestiti i giorni di off nella stessa location?Tutto rimane montato, perché per smontare questa roba ci vogliono 80 facchini ed almeno dieci ore di lavoro... sarebbe un delirio... per poi rimontare dopo due giorni... Così uno zoccolo duro di gente della produzione rimane in loco a lavorare, anche alle date successive o ad altre cose, mentre tutti gli altri operatori al mattino, finito il secondo show, vanno a casa e ritornano per le altre date.Puoi farci una panoramica dei principali fornitori?Limelite ha curato le scenografie e fornisce le luci, il sipario motorizzato ed i MiStrip, l’audio è di Audio Rent, il video e le nuove tecnologie MiSphere di Euphon, mentre il palco e le automazioni sono di Italstage.

Completiamo il panorama della produzione insieme a Riccardo Genovese, certamente fra i principali collaboratori di Danilo che spesso affianca nella gestione di tante impor-tanti produzioni. Quali sono i tempi ed i passi di questa produzione?È una grande macchina, e come tale ha tempi molto com-plessi. Dobbiamo innanzitutto costruire un rigging sul quale sospendere tutto, comprese le luci e le scenografie che sono movimentate tramite 112 motori! Prima si monta il mother grid che ci fa da tetto e dopo 6-7 ore, quando è ad altezza da lavoro, iniziamo ad installare le sovrastrutture su cui an-dranno i motori. Poi si mette in quota di lavoro definitiva e parte il delirio: vengono appese le luci, la scenografia, il video: è tantissimo materiale, una cosa molto corposa. Devo

Lo stadio, simbolicamente, è il punto di arrivo della car-riera di un artista. Riempir-ne decine e decine è poi, per

molti, un vero sogno, il più delle volte irrealizzabile. Il signor Rossi agli stadi ci aveva abituati, e forse anche lui si era ormai abituato a questa dimensione così grande e lontana dal pubblico. Ed ecco che, con mossa a sorpresa, pur senza alcun calo di popolarità, sceglie di fare un passo indietro e di calcare i palchi dei palasport italiani, in una dimensione più intima e vici-na al proprio pubblico. Una scelta apprezzabile, anche perché dimo-stra una gran voglia di cantare ed anche una vocazione indefessa per il proprio mestiere.Ci troviamo di fronte ad una pro-duzione enorme: personalmente, fra le italiane indoor, non credo di aver mai visto niente di simile, con 18 bilici, compresi catering e ge-neratori, ed 80 tecnici al seguito. Con una formula, fra l’altro, piut-tosto impegnativa sotto il punto di vista economico, cioè “due con-certi - tre day-off - due concerti” nella stessa struttura, quindi con tempi di permanenza, e costi, cer-tamente più alti del solito.

Abbiamo scelto di raccontarvi questa produzione sin dalla sua prima tranche 2009, così che pos-siate arrivare preparati semmai decideste di assistere al concerto – che, diciamolo già, merita pa-recchio – ad una delle tante date previste nel 2010.Dopo le prove di Mantova, i pri-mi concerti sono al BPA Palas di Pesaro.Presi i necessari accordi con l’uffi-cio stampa, nella persona di Tania Sachs, e con la produzione, arri-viamo anche noi.

La produzioneIndaffaratissimo come al solito, tro-viamo nel suo ufficio Danilo Zuffi, gran maestro nell’arte della pro-duzione e pedina importantissima dell’italiana Live Nation capitana-ta da Roberto De Luca.Ci facciamo dare alcuni dettagli su questa produzione.Come vi siete mossi per questo indoor?Abbiamo fatto una cosa che a me sembrava intelligente, cioè siamo

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1: Danilo Zuffi, produttore esecutivo.

2: Riccardo Genovese, direttore di produzione.

Palcoplus è un prodotto modulare e scalabile che si distingue per una voce inconfondibilmente naturale.Un array di 4 diffusori, ognuno dei quali grande quanto un rack 6u, pesa solo 80 kg, compreso l’hardware per la sospensione e vanta una potenza applicabile di 4000 W. Ogni singolo elemento sviluppa fino a 130 dB SPL, perciò è possibile utilizzare sistemi di dimensioni molto ridotte per la sonorizzazione di spazi relativamente grandi. Grazie ad una dispersione orizzontale di 120°, PalcoPlus fornisce una copertura perfetta anche quando gli array sono sospesi ad altezza ridotta o sono appoggiati a terra. L‘unità sub-bass dedicata utilizza una configurazione a doppio trasduttore che genera una caratteristica polare cardioide. 2 unità bassi vantano una potenza applicabile di 6400 Watt. La gestione del sistema avviene mediante il processore amplificato PLM6800 o mediante il processore LM24(per chi già possiede gli amplificatori) ed un software proprietario (RAConTM).

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co, perché con la stessa situazione degli stadi non sarebbe stato pos-sibile affrontare i palazzetti; così, prima ancora di parlare di console o PA, è stato importante affron-tare questo problema. Devo dire che Vasco ha dimostrato ancora una volta di essere una persona molto intelligente: ha capito le difficoltà, che avrebbero riguar-dato anche lui, ed è stato molto disponibile a cambiare tipologia di ascolto, così come i musicisti.Sei passato dal pop elaboratis-simo del tour di Ferro a Vasco. Come hai adeguato il tuo set-up?Ho dovuto adeguarlo per due mo-tivi principali: ho un altro impianto PA ed il genere è del tutto diverso. Infatti qui uso per la prima volta il nuovo Clair i-5: un ottimo impian-to, molto preciso, una versione mi-gliorata del precedente i-4.Inoltre lo scorso tour lavoravo con una console Digico D5 e per ottenere suoni di pasta diversa avevo scelto di usare parecchio outboard esterno. Qui lavoro in-vece con una XL8 Midas, console che mi ha sorpreso non tanto per

Beh... però esci dalla porta ed entri dalla finestra, visto che quest’anno apri pratica-mente il concerto di Vasco!Certo: vuoi che un esibizioni-sta come me non trovi qualco-sa da fare? La cosa è nata quasi casualmente: di solito abbiamo un gruppo spalla che suona pri-ma di Vasco, ma nei palazzetti la struttura non permetteva lo spazio ed il tempo per un vero gruppo. Così io ho proposto a Fini, manager di Vasco, un mio progetto al quale lavoro da tempo insieme a Fulvio Arnoldi, un bravissimo cantante e autore. Si chiama “Attack and Party”: proponiamo una rie-dizione di alcuni brani cantati da donne, e vista la venerazio-ne che abbiamo per la Donna si tratta di un vero omaggio. Floriano mi ha chiesto di fare una prova a Mantova e poi, visto che è andata bene, ci hanno riconfermato per tutto il tour. Parliamoci chiaro: non ho la velleità di fare chissà cosa, abbiamo scoperto l’acqua calda, ma mi piace far divertire la gente.Cosa pensi di questo tour?Dal punto di vista artistico lo trovo fantastico, un vero rega-lo per i fan. Non mi convince troppo la formula “due date e tre day-off”, perché sotto il punto di vista della produzione è una spesa pazzesca, ma per fortuna non è compito mio far quadrare i conti. La cosa positiva è che il tour durerà quasi un anno e questo rende possibile progettare meglio la propria vita: bisogna essere elastici... oggi apro il concerto di Vasco, domani potrei andare in tour con gli U2 o suonare in una birreria di provincia: l’importante è metterci sempre la stessa professionalità.

L’audio FoHL’avevamo lasciato al pop estremo di Tiziano Ferro. Lo ri-troviamo con Vasco Rossi, di cui è da qualche anno il sound engineer: altro genere musicale ma sempre negli stessi palasport. Fiorentino DOC, Andrea Corsellini è da qualche tempo a questa parte uno dei più apprezzati e richiesti pro-fessionisti italiani. Siamo felici per lui, perché si tratta di un successo meritato, infatti anche noi ne apprezziamo le doti tecniche ed umane.Quali erano i requisiti per ottenere un buon risultato in-door con la band di Vasco?La prima cosa che è venuta naturale, con Diego e Guido, è stata l’esigenza di limitare al massimo i volumi sul pal-

riconoscere che siamo molto fortunati a poterci avvalere di ben 80 grandissimi professionisti capa-ci di lavorare in sicurezza e fluidamente.Chi sono i principali collaboratori?Per Italstage, l’azienda che si occupa delle strut-ture, Luca Tosolini, poi c’è Limelite con uno staff estremamente competente, ma bisogna aggiun-gere anche i tecnici del service audio svizzero Audio Rent e, ovviamente, tutto il team di Live Nation: oltre me e Danilo bisogna sottolineare il grande lavoro, spesso notturno, di Laura Palestri, Giusy Ferrise, Marco Rana, Fabio Colasanti, la Villa... davvero indispensabili.Il tema della sicurezza del lavoro torna sempre più con insistenza: come gestite questo aspetto in un vero e proprio cantiere come il vostro?Dire che siamo attentissimi sarebbe riduttivo. Una persona che non usa scarpe antinfortunistica, ca-schetto, imbracatura con doppio gancio non può lavorare con noi. Ma non siamo così precisi per puro rispetto della Legge, lo siamo perché tutti vogliamo tornare a casa dai nostri cari, quindi sia-mo i primi a voler usare tutto ciò che protegge il lavoratore e pretendiamo lo stesso da chiunque lavori per noi.L’atmosfera di questo team è realmente così se-rena come sembra?Sono contento che tu te ne sia accorto. La risposta è sì, e questo dipende principalmente dal fatto che ormai gli elementi di questa squadra lavorano in-sieme da anni: siamo tutti amici, ci vogliamo bene a livello personale e ci stimiamo professionalmen-te. Certo: il fatto che poi i concerti siano sold-out aiuta molto alla serenità generale!

Nel team del Komandante da ormai 27 anni, è difficile stabilire con precisione il ruolo di Diego Spagnoli. Non si occupa solo del palco ma, più in generale, del coordinamento tecnico e del personale riguardante l’aspetto musicale. Dopo 12 anni nei palasport: quali i cambiamenti più rilevanti rispetto ai “soliti” stadi?La prima cosa di cui mi sono occupato è stata quel-la di far comprendere ad artista e musicisti che non si potevano avere sul palco gli stessi volumi a cui erano abituati, sia per rispetto del pubblico sia per la qualità del loro stesso lavoro. È stata dura... ma alla fine tutti usano degli IEM. Infatti sono spa-riti i monitor e gli amplificatori e le altre fonti che potrebbero creare disagio in una struttura chiusa. Alla fine il palco non è muto, ma non ci sono più i volumi pazzeschi che danneggerebbero lo spet-tacolo e l’ascolto del pubblico. Diciamo che dopo non pochi insulti anche i musicisti sono adesso d’accordo con questa scelta, anche chi ha 30 anni di 150 dB nelle orecchie.Però... colpo di scena: ho saputo che non c’è più la tua presentazione finale della band! Ormai era un classico!Mah... che vuoi che ti dica? La presentazione non c’è più, era troppo allegra. Non è ovviamente una scelta mia, però molti fan mi scrivono chiedendo-mi perché...

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3: Diego Spagnoli, tra l’altro stage manager.

4: Vista laterale del palco, con in evidenza l’impianto Clair Brothers i‑5.

5: Claudio “Klaus” Hausherr, responsabile PA, e Andrea Corsellini, fonico FoH.

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la gestione, quanto per il suono: i pre sono quelli del Midas ed il suono è il suono Midas. Questo mi ha permesso di usare molto meno outboard, fa-cendo quasi tutto con i suoi pre ed i suoi moduli dinamici. Ho mantenu-to solo il pre esterno sulla voce di Vasco che preferisco amplificare in modo valvolare con i nuovi Summit Everest, in pratica una strip di ca-nale con il pre, il compressore e l’eq dell’MPC100, un boost-drive in uscita, la possibilità di scegliere

il pre a stato solido o valvolare ed infine un pannello di routing da cui decidere la catena dei vari componenti. In cascata ho il solito EQ dinamico XTA D2, il Transient Designer sulla batteria, poi il Waves MaxxBCL che uso per comprimere la voce di Vasco una volta trasfe-rita nel dominio digitale. Per il resto molti effetti e dina-miche del banco.Puoi spiegarci il percorso della voce di Vasco? Sul palco abbiamo degli splitter KT con il bus AES50 ed anche tutti i feed riportati sul pannello frontale, come un classico splitter analogico. Il segnale della voce di Vasco entra nello splitter XL8 e arriva al banco, e questa è per me una voce di riserva. Dal feed frontale mi arriva poi in regia un altro segnale, che preamplifico con l’Everest ECS 410, che uso anche per fare una parte di equalizza-zione e togliere le frequenzacce più fastidiose, poi vado alla D2 XTA e da lì nel mio local rack DL451 da dove entra nel banco; in insert digitale c’è poi il Waves. Infine faccio qualche ritocchino all’EQ direttamente dal banco.Cosa intendi per “frequenzacce”?Sono quelle frequenze poco significanti timbricamente che però si mischiano con quelle esaltate dall’acustica del-la location e possono dare fastidio, ad esempio i 200 Hz... ma dipende proprio dall’acustica del posto, non c’è una regola.Come ti trovi col nuovo PA?Molto bene. La cosa più curiosa è che ci sono casse destre e casse sinistre! Infatti non è simmetrico, esiste un ordi-ne di montaggio per far sì che il cono da 18” si accoppi con l’i-5 sub, creando un unico fronte, come se avessimo tutti i sub sospesi; così il punch arriva dal cluster, ed i sub sono tagliati a 60 Hz. Questo nei palasport significa, cosa di solito molto rara, avere una bella botta di sub anche sui side. Lo trovo molto migliorato rispetto all’i-4: hanno addolcito la tromba, ma senza perdere aggressività, que-sto sale molto di più e se usato in modo più morbido, con meno volume, diventa davvero quasi Hi-Fi.Dal punto di vista artistico su cosa ti stai concentrando?A parte il mixaggio, molto emotivo, sto lavorando, insie-me a Guido, per dare alla scaletta una dinamica anche a livello di volume. I pezzi tirati fanno parte del repertorio di Vasco, quindi quando ce ne sono quattro o cinque di fila rischi di stendere il pubblico, di procurare stanchezza fisica alle orecchie. Così cerchiamo di creare una dinamica sonora anche a livello di master: ho lo scotch sul master del Midas per indicare il range massimo e quello minimo. Come vedi, nonostante tutta la tecnologia digitale, un bel

Guido Elmi

Era il 1979 e Guido Elmi produceva per Vasco Rossi il disco “Colpa d’Alfredo”. Sono passati 30 anni da allora (caspita come corre il tempo!) e Guido è ancora affianco a Vasco, come art director, dai dischi ai live.Come avete preparato questo show nei palasport rispetto ai concerti pensati per gli stadi?È un concerto molto diverso. Innanzitutto dura circa mezz’ora di meno, anche se rimane comunque molto lungo, quasi due ore ed un quarto. È formato da due parti: una prima parte molto elettrica, molto rock, in cui abbiamo messo in scaletta tanti brani che la gente vuole sentire da tanto tempo, brani dalla fine degli anni ‘70 e degli anni ‘80, lasciando fuori parecchie hit dell’ultimo periodo che avevamo già proposto nell’ultima tournée. È una scelta abbastanza coraggiosa, però vediamo che il pubblico la apprezza, perché può ascoltare brani come La Nostra Relazione, Ieri Ho Sgozzato Mio Figlio, Sono Ancora in Coma che non proponevamo da tempo.Poi c’è una seconda parte acustica in cui Vasco suona la chitarra anche da solo, ed è una novità assoluta.Come hai curato gli arrangiamenti, forse li hai svuotati un po’ tenendo conto dell’acustica dei palazzetti?Gli arrangiamenti nella prima parte, tranne in alcuni pezzi, non sono stati toccati. Sì, c’è una maggior attenzione a non sovrapporre troppo i musicisti ed ai suoni, ma non sono musicalmente sguarniti. Forse sono un po’ più semplici, ma è una scelta dovuta più ad intenzioni artistiche che non all’acustica dei palasport. La novità più grande che riguarda i palasport, in effetti, è quella della mancanza di spie sul palco e dell’uso degli IEM.Come ha preso questo cambiamento la band?Alcuni malissimo! Almeno all’inizio… poi si sono adattati. Gli abbiamo dovuto spiegare che anche i Metallica, che sono un gruppo molto più “rock” di loro, usano tutti gli IEM. È semplicemente una cosa indispensabile per poter amplificare un concerto in modo decente in un palazzetto.Come ti relazioni con il fonico di sala, che è quello che mette le mani sulle tue idee musicali?Gli sto addosso come un francobollo alla busta… ma abbiamo un buon rapporto. Lui ha la libertà di avere ed esprimere le proprie idee.Qual è il tuo ruolo durante il tour?Quando cambiamo palasport c’è sempre un’acustica diversa, c’è da lavorare al mixaggio, così sto più tempo in sala insieme a Corsellini, aspetto che invece negli stadi è molto meno rilevante.Dopo aver visto queste prime date, come valuti la risposta del pubblico?Stiamo crescendo di volta in volta, ma la reazione del pubblico mi sembra ottima. Siamo ancora all’inizio, ma quello che ho visto fin adesso mi dice che lo show funziona: la seconda parte acustica piace tantissimo... ma in effetti anche la parte elettrica non è mica male!

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pezzo di scotch sulla console an-cora ha la sua importanza!A darci maggiori ragguagli su questo nuovo PA Clair Brothers è il Crew Chief del service svizze-ro Audio Rent, Klaus Hausherr: “L’impianto è un line array che deriva dal modello precedente i-4 – ci spiega – al quale è stata modificata la parte alta: tolto il tweeter e rifatti i tagli sulle trom-be. Sostanzialmente il diffusore è stato cambiato meccanicamen-te. Ora esiste un i5 destro ed un i5 sinistro, per gestire meglio il montaggio. Le uniche sostanziali differenze sono queste: acustica-mente è molto più morbido e li-neare e gli interventi che si devo-no fare sulle equalizzazioni sono minimi.”Come viene gestito, a livello di matrici e segnali per il PA?I segnali audio vengono mandati tramite la fibra ottica dell’XL8 che gestisce il DL451 posto sul palco. Mandiamo in sostanza un L/R sin-golo che va poi in AES/EBU agli I/O per il Contour. L’impianto princi-pale è diviso in quattro sezioni, perché i diffusori Clair sono di quattro tipi, denominati secondo i gradi di diffusione – 2,5°, 5°, 10°, e 10° con diffusione orizzontale di 20° – questi ultimi sono usati in fondo al cluster per le prime file. La gestione delle quattro sezioni è divisa in due sezioni dedicate alle casse da 2,5° per andare lontano,

una sezione di casse da 5° dedicata al parterre, mentre nei side le casse sono da 5° e da 10°, divise in sezioni superiore ed inferiore. Tutto il segnale è in digitale...Gli ampli?Gli ampli sono Crown per i front-fill e Crest a quattro canali e un Qsc per l’impianto. Per i sub usiamo i Powersoft, pro-dotti italiani che Clair ha comprato in grosse quantità.Utilizzate il Dolby Lake per il PA?Sì, ed abbiamo organizzato tutto l’impianto facendo dei gruppi. Abbiamo la possibilità di tenere sott’occhio ogni se-zione singolarmente. Utilizziamo poi un link diretto fra il Dolby Lake ed il software Smaart per la visualizzazione gra-fica della risposta in frequenza e dell’allineamento in fase di tutti i diffusori. Con Smaart, sincronizzato con il Dolby Lake, ho la possibilità di visualizzare i risultati dei cambiamenti in tempo reale con il software di gestione dell’impianto stesso. Posso quindi effettuare un’equalizzazione generale dopo la messa a punto dell’impianto. Ho anche un PC wireless che mi permette di girare e controllare il PA da diversi punti.

Altra presenza in regia audio è quella di Enrico “Flint” Mambella, in veste di assistente di sala. “Durante le prove mi occupo di tutto il cablaggio della regia – ci spiega – e durante i concerti mi dedico fondamentalmente al sistema di regi-strazione dedicato dell’XL8, cioè il Klark Teknik DN9696. Più o meno si tratta di un PC, basato su Windows, dedicato completamente alla registrazione. È montato in rack e qui sto usando la configurazione con mouse e tastiera, ma si può usare anche come un normale registratore HD. Sul pan-nello ha già tutti i controlli di trasporto, assign, l’ascolto in cuffie, i marker… tutto l’essenziale, e dispone anche di un controllo a pedale.“Il sistema registra il segnale appena dopo i pre in digita-le – continua Flint – usando due cavi AES50. Qui abbiamo 48 canali della band, più sei canali di microfoni ambientali SoundField: prendiamo le quattro capsule W, X, Y e Z, più uno stereo, inviate dalla centralina. Stiamo facendo le re-gistrazioni per un eventuale DVD o altro, ma attualmente l’applicazione principale è per il virtual soundcheck”.

L’audio sul palcoCi spostiamo invece fino al palco per far visita a Deddy Servadei, fonico impiega-to nel monitoraggio della band. Questa estate – e ci pareva cosa strana, essen-do egli un assertore dell’analogico – lo avevamo lasciato mentre giocava con un grosso giocattolone pieno di pul-santi variopinti, così ci saremmo quasi aspettati di trovarlo davanti ad una console digitale... invece... niente. Ma in effetti la band di Vasco in IEM ci pare una novità già abbastanza rilevante.Deddy... tutti in cuffia? Pazzesco, come ci siete riusciti?È stata dura ma ce l’abbiamo fat-ta! Con i volumi sul palco che ave-vamo negli stadi, per Andrea sa-rebbe stato veramente impossi-bile tirar fuori dei suoni decenti,

per non dire belli. Con 115 dB di palco all’interno di uno stadio riportati in pa-lasport… non sarebbe servito neanche l’impianto PA. Comunque non parliamo di un palco muto, perché ci sono quat-tro monitor nella postazione di Vasco oltre ad un sistema di side con delle casse Clair Brothers abbastanza pic-cole, le P-2. Uso tre P-2 e due ML-18 per lato e devo dire che sono molto contento del risultato, nonostante siano visivamente diffusori poco in-gombranti. Con questi sistemi side a terra andiamo ad enfatizzare quelle cose che, logicamente, ci vengono a mancare con gli in-ear, con cui è quasi impossibile rendere determinati strumenti percettibili con le giuste po-tenze. Così nei i side metto gli strumenti come la cassa ed il

basso che hanno bisogno di aria in movimento. Sono molto soddisfat-to anche della scelta degli auricolari, i Phonaton, che hanno sia una grande presenza sulle frequenze alte sia una buona resa sulle basse. Tutti hanno i calchi su misura, ovviamente.Altra novità è l’utilizzo di sistemi Sennheiser ew 300 G2, preferiti per questa volta agli ottimi Shure PSM 600 per la più vasta gamma di frequenze disponibili.Durante il concerto ascolti anche tu in IEM?Sì, ho impostato il banco così che i miei ascolti in-ear li ho sul left&right e, assegnando gli aux del banco a L-R, ho la possibili-tà di sentirmi l’ascolto di tut-ti ma, logicamente, rimango quasi sempre sull’ascolto del

titolare della ditta, il sig Rossi. A lui faccio un vero e proprio mixa-to… seguendo tutto l’andamento del brano, alzando tramite i VCA i vari assoli dei musicisti... Vasco infatti è un po’ diverso rispetto ad altri musicisti, perché vuole un mix un po’ più completo ma con la sua voce non troppo in eviden-za; questo gli permette di tirar fuori lui la voce con la grinta giu-sta. Infatti quasi tutti i cantanti, se sentono troppo la propria voce in monitoraggio, tendono a cantare con meno energia.Niente console digitale...Lavoro con la mia solita Midas H4000 e devo dire che non posso certo lamentarmi. Avevo provato anch’io a chiedere l’XL8 per que-sto tour, ma il service ne aveva solo uno disponibile ed ovviamente è stata data precedenza alla sala.Compressori, EQ, effetti, novità? Spiegaci un po’...Come al solito pochissimi effetti dinamici; con gli in-ear uso una macchina che mi dà molta soddi-sfazione, il TC Electronics Express ed un Finalizer, così almeno sono tranquillo nel caso ci fossero fe-edback o sganci. Come novità, quest’anno abbiamo adottato dei microfoni nuovi che trovo siano molto belli: sulla cassa abbiamo il DN468 della EV e, sempre di EV, usiamo il dinamico Raven sulle casse di chitarra ed anche sui cori. Abbiamo anche il PL200 sui piatti. In più stiamo utilizzando un siste-ma “all’americana”: praticamente ogni piatto ha un suo microfono, i segnali poi confluiscono in un mi-xer API dove vengono premixati, uscendo infine in un L/R. Grazie a questo sistema riusciamo a mi-gliorare la definizione e la presen-za dei piatti.Da segnalare anche un bellissimo supporto per il microfono della grancassa che è stato suggerito ad Andrea dal batterista olan-dese della Stef Burns Band. È un prodotto australiano, si chiama “Kelly SHU”, e consente di lavora-re con il microfono sempre nella stessa posizione e senza il rischio che si sposti durante il concerto o da una serata all’altra.

La scenografiaLa parte visiva dello show è stata af-fidata anche in questo tour indoor

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6: La regia monitor e postazione backliner.

7: Enrico “Flint” Mambella, assistente di sala.

8: Particolare del montaggio per microfono sulla grancassa Kelly SHU.

9: Una delle antenne elicoidali prodotte internamente da Audio Rent.

10: I piatti microfonati “all’americana”, con un microfono sotto ogni piatto per il premixaggio.

11: Federico “Deddy” Servadei, fonico di palco.

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neamente video, luci e automazioni. Trovo che i CyberHoist siano fantastici, ma purtroppo il software è molto limitato, quindi per realizzare delle cose precise e belle ci vogliono tante ore. Trovare la quadratura sul metodo di lavoro non è stato facile, anche perché durante le prove a Mantova tutto è arrivato a pezzi, ed anche i CyberHoist sono stati piena-mente funzionanti solo qualche giorno prima dello show. Insomma il quantitativo di carne sul fuoco è enorme, anche a livello di regia e coordinamento. Per questo ho capito che bisognava lavorare in regime di dittatura, perché il tempo era pochissimo: era necessario fare poche cose ben fatte e poi mettere tutto a posto un po’ alla volta. Anche adesso continuo ad affinare qualcosina strada facendo.Mi sono concentrato sull’utilizzo dei lampadari e sulle auto-mazioni, perché sono la parte scenografica più visibile, ed è anche molto divertente, perché il movimento a diverse velocità, ondulatorio, sembra quello delle luci.Come avete lavorato ai video?L’idea principale era quella di non dare né messaggi né con-tenuti forti, usando quindi immagini grafiche ed effetti. In questo tour sono orfano del mio collaboratore storico Jò Campana, così ho scelto di occuparmi personalmente di tut-to dal mio banco. Marco Piva mi ha aiutato a programmare il banco video, così mi sono alleggerito di questo aspetto, ed un grafico di Giò Forma ci ha fatto delle cose particolari a bassa risoluzione per i lampadari, dove è necessario usare solo grafica e non immagini. Il video è insomma un suppor-to alle luci, pur essendo presente.E certo che di luci ne hai una quantità industriale!In effetti è un parco luci importante, parliamo di circa 490 kW. Uso dei MAC 700, spot e wash, dei MAC 2000, gli Alpha Beam 300 e poi i Vari*Lite che per me sono impor-tantissimi e onnipresenti. Completano il disegno alcuni Novalight Nova-Flower, parecchi Jarag, circa una quaranti-na, pochissimi DWE rispetto al solito, e poi 154 barre FOSS full-color che seguono l’architettura Layher dello sbalzo.

Come hai organizzato il lavoro in console?Ho due console GrandMA, una per il video ed una per le luci, però non lavoro più in “full backup” ma sto lavorando in “multiuser”, per separare luci e video e poter programmare in maniera parallela. Sono poi io a lanciare tutte le memorie dalla mia console, cioè quando do il via da una mia cue parte anche il video relativo. Ovviamente mi sono lasciato a parte anche qualcosa in manuale per dare un certo feeling.Qual è la risposta del pubblico alle tue luci? Ti accorgi se il disegno condiziona emotivamente l’atteggiamento del pubblico?Credo che il fattore più importante rimanga la musica, an-che se per me lavorare in un palasport è stato fantastico: ho avuto molto più tempo per programmare, ed alla fine ab-biamo fatto una prima in cui mi sembrava di essere in tour

da due mesi, perché al chiuso non hai la luce del sole che ti manda via, ci sono differenze enormi ri-spetto agli stadi.Che disegno avete scelto per la parte acustica con Vasco solo?Nei primi due pezzi in cui Vasco suona e canta da solo abbiamo scelto di mettere solo un proietto-re su di lui: è già potentissimo così, non ha bisogno di nient’altro.Vogliamo menzionare i tuoi principali collaboratori!Certo: Marco Piva, come ho già detto, ha programmato i Catalyst ed ha fatto un gran lavoro, anche propositivo, ha realizzato proprio quello che io volevo; poi Fabrizio Moggio che è anche esperto di Catalyst; i ragazzi di Limelite han-no fatto un lavoro eccezionale, perché con tutte queste automa-zioni bisogna stare attentissimi, non si può lasciare un cavo in giro; Maurizio Cerolini, operatore dei motori, è davvero molto bravo: ha ben 46 motori da gestire ed ha fatto un gran lavoro.

Il videoSwan collabora con Vasco dal 1999, e praticamente, da allora, ha

ai tradizionali collaborato-ri di Vasco Rossi, cioè lo studio

Giò Forma per il disegno del palco, il lighting designer Giovanni Pinna ed il regista Swan per il video live.

Giovanni Pinna è al fianco di Va-sco da moltissimo tempo, tanto da essere addirittura al suo terzo tour indoor col cantante emilia-no: 1993, 1997, 2009. “Abbiamo cominciato a settembre, quindi un po’ in ritardo – ci racconta Gio-vanni – ed una decisione sul set era stata presa solo a fine aprile. Inoltre c’era l’estate in mezzo, così abbiamo deciso una riunione a metà agosto a Fiumicino, l’unico posto più vicino a tutti, visto che eravamo in vacanza!”.Da cos’è caratterizzato questo disegno luci?La scelta di usare questi cubi mo-torizzati ed i CyberHoist ovvia-mente ha posto molti paletti al disegno luci, perché tutti questi volumi sono ovviamente da illumi-nare e valorizzare sotto l’aspetto illuminotecnico. Inoltre era molto importante tener conto del fon-dale mobile realizzato con i video MiStrip. Ci sono poi dei lampadari mobili, un giocattolo variegato e complesso, soprattutto difficile da programmare; ho dovuto pro-grammare, infatti, contempora-

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12: Dettaglio dei Barco MiStrip.

13: Giovanni Pinna, lighting designer.

14: Uno dei cubi appesi sopra il palco, contenente gli elementi del parco luci ed i gruppi dei Barco MiSphere sollevabili.

15: Swan, direttore video.

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66 gennaio/febbraio 2010 - n.81

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sempre lavorato negli stadi: “Il pa-lasport mi sembra una dimensione particolarissima – ci spiega sorri-dendo – è come aver la gente in braccio. È pazzesco, non è facilissi-mo abituarsi, vedi la gente proprio vicinissima. Comunque anche qui il mio ruolo non è cambiato: fac-cio la regia live, che significa am-plificare a livello visivo quello che accade sul palco, quindi permet-tere agli spettatori che non sono proprio nelle prime file di vedere quello che accade effettivamente, in dettaglio, sullo stage”.Come hai organizzato le tele-camere per avere delle riprese interessanti, belle e con il tuo taglio caratteristico?Ci sono delle camere fronte palco a destra e a sinistra del-lo stage, il quale ha una passe-rella con una pedana idraulica. Questo per cogliere tutto quello che riguarda le performance dei musicisti. Per quanto riguarda i

primi piani di Vasco, ho scelto di usare un’ottica potentissima, 62X, montata su una macchina par-ticolare posta in regia di sala, cioè distante 35 o 40 metri, e questo ci consente di non ingombrare il palco. In tutto ho cinque operatori grazie ai quali riesco a cogliere tutto quello che accade sul palco, dove comunque ci sono ben nove musicisti.Il tuo compito è poi di mixare questi segnali?Esatto: i segnali di queste telecamere convergono in una console dove io “suono” le immagini al volo in base alla canzone, il ritmo ecc. È un po’ come suonare una tastiera. Ad ogni bottone corrisponde una came-ra: io sono in comunicazione con i vari operatori e dico loro i vari piani necessari per le inquadrature in-sieme al mio assistente musicale, che è il mio assisten-te in regia, che mi anticipa quello che accade a livello musicale, per valorizzare lo strumento che emerge in quel momento. Diciamo che dopo più o meno tre show tutto diventa abbastanza preciso, abbastanza chiaro. Dopo miriamo al perfezionismo del dettaglio, alla notina… e a quel punto scattano delle sfide tra i ragazzi su chi fa le riprese più belle. Dopo cinque concerti diventa quasi un DVD in diretta.Vasco ed i vari artisti collaborano a questa regia, avete studiato dei momenti o dei movimenti particolari?In realtà siamo noi che ci siamo adattati allo show. In effetti durante il concerto esiste già una sorta di coreo grafia, nel senso che un musicista non può im-provvisare delle corse sulla pedana senza che abbia avvisato qualcuno. Quindi, bene o male, i momenti in cui i musicisti si avvicinano uno all’altro sono abba-stanza determinati. Ovviamente, però, il bello di uno spettacolo rock è l’improvvisazione, quindi non succe-de mai perfettamente la stessa cosa. Le prove servono anche a questo, a capire cosa succede sul palco e tro-vare anche il miglior posizionamento per le riprese. Inoltre il nostro video deve anche essere coerente con tutti i movimenti di scena e le automazioni, si tratta quindi di una scenografia totale: ad esempio questi enormi cubi che si sollevano e si muovono vanno a nascondere parte della scenografia, fattore di cui te-ner conto durante le riprese.

Tania Sachs

Da 20 anni si occupa della comunicazione di Vasco. Tania, oltre ad essere brava, è una donna allegra ed autoironica e questo deve ben saperlo anche Vasco, tanto da giocare sul suo cognome in diretta su Radio Due insieme a Fiorello e Jovanotti (puntata del 10 aprile 2008, per chi volesse farsi due risate).Come nasce il tuo rapporto professionale con Vasco?Vasco voleva un proprio ufficio stampa, perché allora la comunicazione seguiva due canali: o era curata dalla casa discografica o dal manager del tour. Chiese a Red Ronnie se conoscesse qualcuno e Red chiese a Rosanna Mani, oggi condirettore di TV Sorrisi e Canzoni nonché mia migliore amica. Quando lei mi telefonò, io mi ero appena messa in proprio, quindi questa proposta generò in me entusiasmo ma anche qualche ansia. Maurizio Lolli, allora manager di Vasco, mi convocò al ristorante Garibaldi di Milano. Qui, ad un certo punto, comparve Vasco: chiacchierammo insieme un bel po’, e lì cominciò questa bellissima avventura.In cosa consiste nel dettaglio il tuo lavoro?Tengo a precisare che la mia professione è quella di “ufficio stampa e comunicazione”, e non di “addetto stampa”, come si usa dire oggi. In effetti le cose da fare sono tantissime, in pratica tutte quelle che includono un’apparizione pubblica dell’artista. Il mio compito è quello di captare i desideri dell’artista, quelli che sono i modi a lui più congeniali per apparire, perché è fondamentale che l’artista sia sempre a proprio agio. Inoltre occorre tener presente che la comunicazione non deve arrivare al maggior numero di testate possibile, ma al maggior numero di persone possibile, quindi è necessario cercare di condurla attraverso i canali giusti, che devono essere i più confacenti alla personalità dell’artista. Non vedrei mai Vasco fare cose che non si sente di fare.Alla fine si diventa portavoce dell’artista, quindi occorre cercare i canali giusti, ma avere anche la sensibilità di capire quando il capo vuole “restare spento”: nel qual caso bisogna rispettare questo desiderio e non forzargli la mano con interviste o apparizioni non desiderate.Vasco, fra l’altro, è raramente in TV!Sì, non ama apparire in televisione, preferisce la radio o la scrittura: fa delle bellissime interviste scritte.Come cambia la promozione fra un tour ed un disco?Cambia parecchio. Ad esempio questo tour, nei palasport dopo così tanti anni, è un fatto talmente clamoroso che non ha avuto bisogno di un grande battage, la notizia si è divulgata dappertutto quasi da sola. Poi, quando parte un tour, bisogna invitare tutti i giornalisti, i quali devono scrivere il pezzo per il giorno dopo, perché sui quotidiani funziona così. Questo è un guaio, perché non si possono godere tranquillamente il concerto e capirlo veramente a fondo; in questi casi fanno i cosiddetti “precotti”, cioè articoli in buona parte preparati nel pomeriggio. A me spetta il compito di spiegar loro il concerto e tutto quello che succederà la sera. Insomma li aiuto, cerco di agevolarli guardando benissimo lo spettacolo, cercando di spiegarglielo con occhi giornalistici.Il disco invece ha bisogno di una preparazione diversa, molto più lunga, serve stabilire un tipo di immagine, occorre un servizio fotografico...Con chi del team di Vasco ti confronti di più e chi sono i tuoi collaboratori?Il mio referente principale è il Komandante, tutti ci relazioniamo con lui. La lista dei miei collaboratori inizia con Tania e finisce con Sachs! Sarà che sono una vergine molto della vergine, accentratrice ed egocentrica... ma alla fine devo fare tutto da sola. Ho provato a prendere dei collaboratori, ma è più forte di me. È colpa mia, non sono capace di delegare!

Tania Sachs, uffico stampa e publicist di Vasco Rossi.

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68 gennaio/febbraio 2010 - n.81

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Lo si può dividere in tre fasi: la prima con pezzi rock di gran-de ritmo, una fase centrale con dei pezzi importanti, e poi, circa al ventesimo brano, Vasco arriva sul palco da solo, suo-nando la chitarra (mai sentito prima) ed inizia a cantare Sally. Una fase “acustica” davvero intensa che il pubblico ascolta in maniera quasi attonita. Non manca ovviamente il gran finale con Vita spericolata ed Albachiara.Le luci e le movimentazioni scenografiche sono incredibi-li, con questi enormi volumi che a volte sembrano danza-re e creare delle waves quasi fossero testemobili! Un paio di pezzi sono poi particolarmente forti, come l’adrenalini-co Deviazioni o Ad ogni costo, quando per la prima volta si aprono i grandi lampadari. Giovanni Pinna, col suo staff, ha davvero fatto un gran bel lavoro: il contributo visivo risulta potente ma raffinato allo stesso tempo, e siamo certi che nella tranche 2010 lo rivedremo ulteriormente migliorato, ma non possiamo immaginare in cosa.Non poco contribuiscono le immagini di Swan che ha sem-pre un grande feeling col rock di Vasco col quale certo si sposa perfettamente il suo stile rapido, da video clip, ma anche ironico, con inquadrature sempre attente anche al pubblico (ormai il lancio dei reggiseni è una tradizione!).Impeccabile l’audio, ovviamente rapportato alle possibilità dei nostri palasport: il nuovo Clair i5 è gestito benissimo, perché il suono risulta piuttosto omogeneo e le inevitabili differenze nella copertura non creano comunque mai zone con una diffusione scadente. Il mix ed il sound di Andrea Corsellini, che quasi sempre lavora sotto l’occhio vigile di Guido Elmi, sono ottimi, con grande attenzione alle dina-miche interne dei brani e, ovviamente, un occhio di riguar-

do per la voce del Komandante, sempre per-fetta nonostante le normali vicissitudini di un concerto rock. La band, vista dalla sala, non ci è sembrata soffrire affatto il monitoraggio IEM.In conclusione, una produzione mastodontica e ben gestita nelle sue peculiarità, un bellissimo concerto, un artista con una grande voglia di stare sul palco ed incontrare il proprio pubblico più da vicino, in un’atmosfera più intima, facen-dogli anche ascoltare, quasi fossimo nel soggior-no di casa, qualche pezzo “chitarre e voce”.

Poi, ovviamente, immagino che tutto questo venga regi-strato?Di buona regola registriamo tutto quello che facciamo in diretta, il cosiddetto “program”. Oltre a ciò facciamo anche delle registrazioni ad alta definizione. Per queste mi piace molto usare delle macchine fotografiche: sono perfette allo scopo perché registrano in alta de-finizione ed hanno il vantaggio di potere usare le ottiche intercam-biabili. Quindi il risultato visivo è perfetto ed assomiglia ad una ripresa da una 35 mm cinemato-grafica. Per questo ho deciso che in alcuni momenti dello show un ope-ratore si stacca dalla regia – una sensazione stranissima, perché è come un astronauta che si stacca dalla nave madre – e va a registrare alcune parti in alta definizione, da posti diversi serata per serata, per avere una grande varietà di fase di montaggio.

Lo showQuesto concerto di Vasco è davve-ro bello, sotto ogni punto di vista.

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16: I camion con i generatori di Energy Rental.

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