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SEZIONE II - PERCORSI POETICI il mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento 1 FOCUS FOCUS FOCUS FOCUS FOCUS FOCUS FOCUS Giacomo Leopardi Io ho conosciuto intimamente una madre di famiglia che non era punto superstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella credenza cristiana, e negli esercizi della religione. Questa non solamente non compiangeva quei genitori che perdevano i loro figli bambini, ma gl’invidiava inti- mamente e sinceramente, perché questi erano volati in paradiso senza pericoli, e avean liberato i genitori dall’incomodo di mantenerli. da Zibaldone di pensieri, Donzelli, Roma 2003 Ella [si sta rivolgendo al padre] tuttavia mi giudicò indegno che un padre dovesse far sacrifici per me, né le parve che il bene della mia vita presente e futura valesse qualche alterazione al suo piano di famiglia [il padre aveva progettato per lui la carriera ecclesiastica o tutt’al più un incarico nello Stato pontificio] […] Io sapeva bene i progetti ch’Ella formava su di noi [si riferisce a se stesso e al fratello Carlo], e come assicurare la felicità di una cosa ch’io non conosco, ma sento chiamare casa e famiglia, Ella esigeva da noi due il sacrifizio, non di roba né di cure, ma delle nostre inclinazioni, della gioventù e di tutta la nostra vita. da Lettera al padre, in Lettere, Mondadori, Milano 1949 Che cosa c’è in Recanati di bello? Che l’uomo si curi di vedere o di im- parare? niente. Ora Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo, tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci sono che chi non è insensato arde di vedere e di conoscere, la terra è piena di mera- viglie, ed io di dieciott’anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morrò dove sono nato? Le pare che questi desideri si possano frenare? Che siano ingiusti soverchi sterminati? Che sia pazzia il non contentarsi di non vedere nulla, il non contentarsi di Recanati? da Lettera a P. Giordani, in Lettere, Mondadori, Milano 1949 Queste righe ci offrono una testimonianza dell’aridità affettiva e culturale che il giovane Leopardi percepiva attorno a sé. Nel corso del tempo il poe- ta articola in modo sempre più preciso e filosoficamente fondato la sua riflessione sull’esistenza umana, allargando lo sguardo dalla propria espe- rienza a quella dell’intera umanità. Dalla constatazione della propria infe- licità, egli approda alla constatazione della profonda infelicità che carat- terizza l’intero genere umano. Il pessimismo totale, che costituisce il punto d’arrivo della sua ricerca, non lo conduce, tuttavia, a negare valore alla vita, ma ad accettare con coraggio e dignità la sfida dell’esistenza. on line volume B © SEI - Società Editrice Internazionale p.a. - Torino

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  • SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    Giacomo Leopardi

    Io ho conosciuto intimamente una madre di famiglia che non era puntosuperstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella credenza cristiana, enegli esercizi della religione. Questa non solamente non compiangevaquei genitori che perdevano i loro figli bambini, ma gl’invidiava inti-mamente e sinceramente, perché questi erano volati in paradiso senzapericoli, e avean liberato i genitori dall’incomodo di mantenerli.

    da Zibaldone di pensieri, Donzelli, Roma 2003

    Ella [si sta rivolgendo al padre] tuttavia mi giudicò indegno che unpadre dovesse far sacrifici per me, né le parve che il bene della mia vitapresente e futura valesse qualche alterazione al suo piano di famiglia[il padre aveva progettato per lui la carriera ecclesiastica o tutt’alpiù un incarico nello Stato pontificio] […] Io sapeva bene i progettich’Ella formava su di noi [si riferisce a se stesso e al fratelloCarlo], e come assicurare la felicità di una cosa ch’io non conosco, masento chiamare casa e famiglia, Ella esigeva da noi due il sacrifizio,non di roba né di cure, ma delle nostre inclinazioni, della gioventù e ditutta la nostra vita.

    da Lettera al padre, in Lettere, Mondadori, Milano 1949

    Che cosa c’è in Recanati di bello? Che l’uomo si curi di vedere o di im-parare? niente. Ora Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo,tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci sono che chinon è insensato arde di vedere e di conoscere, la terra è piena di mera-viglie, ed io di dieciott’anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morròdove sono nato? Le pare che questi desideri si possano frenare? Chesiano ingiusti soverchi sterminati? Che sia pazzia il non contentarsi dinon vedere nulla, il non contentarsi di Recanati?

    da Lettera a P. Giordani, in Lettere, Mondadori, Milano 1949

    Queste righe ci offrono una testimonianza dell’aridità affettiva e culturaleche il giovane Leopardi percepiva attorno a sé. Nel corso del tempo il poe-ta articola in modo sempre più preciso e filosoficamente fondato la sua riflessione sull’esistenza umana, allargando lo sguardo dalla propria espe-rienza a quella dell’intera umanità. Dalla constatazione della propria infe-licità, egli approda alla constatazione della profonda infelicità che carat-terizza l’intero genere umano. Il pessimismo totale, che costituisce il punto d’arrivo della sua ricerca, nonlo conduce, tuttavia, a negare valore alla vita, ma ad accettare con coraggioe dignità la sfida dell’esistenza.

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  • il primo OttocentoCAPITOLO DUE 2

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    Il giovane Giacomo maturò ben presto unatteggiamento di ribellione contro il mondo circostante, sia nei confronti dell’ostinatachiusura dell’ambito familiare, sia nei confronti della grettezza e del provincialismo della sua terra. La biblioteca paterna (nella foto)divenne per lui l’unico mezzo per assecondare la suacuriosità e la sua sete di conoscenza e al tempo stessocostituì il luogo virtuale in cui sottrarsi allameschinità dell’ambiente che lo circondava,incontrare i grandi uomini del passato e dare liberosfogo alle proprie esigenze creative.

    I TESTIIl sabato del villaggio

    L’infinito

    A Silvia

    Il passero solitario

    A se stesso

    La quiete dopo la tempesta Guida

    La sera del dì di festa Guida

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    LA VITA1798-1815. Il 29 giugno 1798 nasce aRecanati, nelle Marche (allora territoriodello Stato pontificio), Giacomo Leo-pardi, figlio primogenito del conte Mo-naldo e della marchesa Adelaide Antici.Nello Stato pontificio, una delle zone piùchiuse e arcaiche dell’intera Europa, siperpetuava uno stile di vita essenzial-mente feudale e il giovane Leopardi co-mincia presto a manifestare la propriaostilità per l’ambiente che lo circonda.Il patrimonio della famiglia è dissestatoe l’amministrazione viene gestita dallamadre con rigide economie. Il padre –letterato mediocre e reazionario – affidal’educazione dei figli a precettori eccle-siastici. Nel 1809 iniziano i sette anniche Giacomo stesso definirà di “studiomatto e disperatissimo”. Soffocato dal-l’ambiente familiare e sociale, Leopardisi immerge fra i libri della vastissima maantiquata biblioteca paterna e di altre bi-blioteche recanatesi: apprende in modoapprofondito le lingue classiche, studiale lingue moderne e l’ebraico. Inizia pre-cocissimo a comporre opere di vario ge-nere: tragedie, epigrammi, dialoghi filo-sofici e opere erudite come la Storiadell’astronomia del 1813. Dal 1814 al1816 lavora a una serie di opere filologi-che e di traduzioni (fra cui gli Idilli diMosco e la Batracomiomachia). Del1815 è il Saggio sopra gli errori popolaridegli antichi.

    1816-1822. Ai lavori eruditi e di tradu-zione cominciano ad affiancarsi piùspiccati interessi poetici. Del 1816 è lacantica Appressamento della morte;nello stesso anno Leopardi invia unaLettera ai compilatori della “Bibliotecaitaliana” riguardante la polemica sul Ro-manticismo avviata da Madame deStaël. Nel 1817 avvia lo scambio episto-lare con lo scrittore Pietro Giordani chediventerà per il giovane poeta la più au-torevole figura di riferimento; nellostesso anno inizia a scrivere le prime pa-gine dello Zibaldone, in cui annota libe-ramente i propri pensieri. Risalgono al1817-1818 i primi componimenti amo-rosi. Inizia a scrivere le canzoni civili e fi-losofiche, che vanno da All’Italia (1818)fino all’Ultimo canto di Saffo (1822); dal

    1819 al 1821 si dedica ai “piccoli idilli”(componimenti poetici che prendonospunto da immagini della vita campe-stre). In questi anni maturano i desideridi fuga da Recanati, che restano senzaesito per l’opposizione paterna.

    1822-1829. Nel novembre del 1822 ot-tiene finalmente di trasferirsi fuori da Re-canati: si reca a Roma, dove è ospitedegli zii materni Antici. Nella capitale co-nosce uomini politici e letterati, ma è de-luso dall’ambiente che giudica di bassoprofilo morale. Non riesce a trovare unimpiego adeguato ed è costretto a ritor-nare a Recanati. In questo periodo ma-tura il suo interesse per la riflessionefilosofica: nel 1824 inizia le Operettemorali (in cui approfondisce l’analisidella condizione umana) e stampa leCanzoni; nel 1825 lascia nuovamenteRecanati e inizia una collaborazione conl’editore Stella di Milano che darà vita avolumi commentati di classici latini e ita-liani (Petrarca), nonché a due antologiedella prosa e della poesia italiane. Dopoun ritorno a Recanati, nel 1827 si trasfe-risce a Firenze (dove incontra ancheManzoni). Fra il 1827 e il 1828 trascorrealcuni mesi a Pisa; frequenta il GabinettoVieusseux, importante centro di inizia-tive culturali, dove conosce e ha mododi apprezzare molti intellettuali liberali,tra cui Pietro Colletta di cui divieneamico. Nel 1827 pubblica le Operettemorali. Fra il 1828 e il 1829 compone icosiddetti “grandi idilli”.

    1830-1833. Accetta l’offerta da parte diColletta di trasferirsi a Firenze ospitedell’amico, e viene aiutato economica-mente da altri intellettuali toscani. Nel1830 conosce Fanny Targioni Tozzetti,amata vanamente, e Antonio Ranieri,con cui stringerà un sodalizio negli ultimianni. Continua a comporre poesie eopere morali, e pubblica nel 1831 laprima edizione dei Canti.

    1833-1837. Nel 1833 parte alla volta diNapoli, dove si stabilisce, insieme conl’amico Ranieri, nell’autunno. Durante ilperiodo napoletano continua a comporreopere poetiche; nel 1835 stampa la se-conda edizione dei Canti, sequestrataper ordine della censura borbonica;fanno la stessa fine le Operette morali, lacui terza edizione compare nel 1836. La

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    CUSsua poesia torna ad affrontare grandi

    temi culturali e ideologici. Riceve final-mente un assegno mensile dalla famiglia;si trasferisce in una villa a Torre delGreco dove compone La ginestra e altritesti in versi e in prosa. Nel 1837, tornatoa Capodimonte, vede rapidamente peg-giorare le proprie condizioni fisiche;muore mentre a Napoli imperversaun’epidemia di colera, il 14 giugno 1837.

    LA POETICAAll’interno del percorso di formazioneculturale del giovane Leopardi, ricopreun ruolo molto importante l’approfondi-mento della concezione filosofica dell’il-luminista francese J.-J. Rousseau.Rousseau sostiene che l’essere umanosperimenta la felicità solo allo “stato dinatura”, cioè quando è piccolo e non èancora entrato in contatto con le con-venzioni e le leggi che regolano la vitasociale; successivamente, il progressivoaddentrarsi dell’uomo nella civiltà lorende inevitabilmente infelice.Nella prima fase del suo pensiero Leo-pardi accoglie questa tesi e ritiene che ilperiodo più felice per l’uomo sia quellodella fanciullezza in cui, grazie all’imma-ginazione, l’essere umano è in grado disognare e illudersi sul futuro che loaspetta. Quando l’uomo diventa adultoed entra in contatto con la realtà, prendecoscienza delle limitazioni e dei vincolicui deve sottostare la propria esistenza,e percepisce la propria condizione d’in-felicità, che consiste proprio nella con-sapevolezza di non poter appagare le il-lusioni e i sogni dell’età giovanile. Allargando il proprio punto di vista dal-l’analisi dell’evoluzione dell’uomo al-l’analisi del cammino compiuto dall’in-tera umanità, Leopardi sostiene che lostadio in cui il genere umano ha speri-mentato collettivamente una fase di feli-cità, va collocato agli albori della civiltà,nel periodo in cui ha preso forma la cul-tura greca e poi latina. Parallelamente a quanto accade nellavita del singolo uomo, in questo primostadio l’umanità ha sperimentato la con-dizione di felicità, che ha espresso attra-verso quella che Leopardi definisce lavera poesia d’immaginazione: in cui si

    è espressa al massimo grado la forzadell’immaginazione poetica.Leopardi ritiene che nella propria epocal’umanità abbia perso irreversibilmentequesta capacità, perché lo stadio di con-sapevolezza razionale cui è giunta ha de-terminato il crollo di ogni illusione.A livello poetico questa complessa con-cezione dell’uomo e dell’umanità si tra-duce nella poetica delle ricordanze: ciòsignifica che la poesia consiste, per Leo-pardi, nel riportare alla luce i momenti fe-lici dell’età giovanile, quelle “illusioni” dicui ognuno di noi ha nutrito il propriocuore nella prima fase della sua vita.

    Successivamente Leopardi, approfon-dendo la sua riflessione filosofica sullacondizione umana, si allontana dal pen-siero di Rousseau per arrivare alla con-clusione che la vita dell’uomo, comeogni altra forma di esistenza, è indice disofferenza, dalla nascita fina alla morte.La Natura, intesa come meccanismocieco teso unicamente alla conserva-zione di sé, è indifferente al destino deisuoi abitanti (siano essi uomini, animalie vegetali) perché l’unica finalità cheessa persegue è la propria conserva-zione, che spesso può implicare il sacri-ficio di intere specie viventi. La diffe-renza tra gli uomini e le altre specie stanel fatto che l’uomo ha consapevolezzadella propria finitezza e inconsistenza eperciò la sua sofferenza è maggiore.In questa fase dell’elaborazione del suopensiero Leopardi affida le sue riflessionisoprattutto ai dialoghi filosofici, Le ope-rette morali, che ritiene il mezzo espres-sivo più adatto a rendere gli uomini con-sapevoli della propria condizione.Tuttavia proprio quando la riflessione leo-pardiana raggiunge il culmine del pes-simismo si fa strada nelle ultime opere,in cui la riflessione razionale si coniugaall’espressione poetica, un messaggiopositivo che costituirà l’estrema ereditàdi Leopardi. L’esortazione ad accettaresenza facili illusioni e falsi inganni laverità della nostra condizione umana, fi-nita e fragile, che risulta sostenibile gra-zie all’unico valore, profondamenteumano, in grado di nobilitare la nostranatura e di renderla degna di essere vis-suta: la solidarietà umana.

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  • SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    L’OPERAIl termine idillio, di origine greca, definisce tradizionalmente brevi componi-menti in versi dal tema agreste e pastorale, molto in voga tra il IV e il III se-colo a.C.; questo genere viene rivalutato nel XVIII secolo quando vengonopubblicate molte poesie centrate sulla rappresentazione di momenti dellavita quotidiana di personaggi umili, inseriti in una ambientazione naturale.Nello Zibaldone Leopardi chiarisce la sua diversa concezione di idillio affer-mando che essi sono espressione di «sentimenti, affezioni, avventure stori-che del suo animo».Infatti nelle liriche da lui composte tra il 1819 e il 1821 e pubblicate per laprima volta nel 1825 nella rivista Il Nuovo Ricoglitore con il titolo di Idilli, ap-pare chiara la sostanziale trasformazione che il poeta ha apportato aquesto genere letterario: i paesaggi e la rappresentazione della natura as-sumono una funzione soggettiva più che descrittiva e diventano per Leo-pardi solo un pretesto per indagare sulla propria vita interiore.

    LA POESIANel più celebre degli Idilli, composto a soli 21 anni nel 1819, Leopardi riflettesu una tematica centrale del Romanticismo europeo: lo sgomento cheprova l’uomo confrontando la propria finitezza e fragilità all’immensitàdella natura e dell’universo, di cui coglie intuitivamente la potenza. Lasiepe che circoscrive lo sguardo e lo stormire del vento tra le foglie sono lospunto per una meditazione lirica sul concetto di infinito creato dall’immagi-nazione: partendo da sensazioni relative ad esperienze limitate nello spazio enel tempo, egli giunge a concepire l’idea di infinito e di eternità attraversouna continua dialettica tra elementi spaziali e temporali.

    Giacomo Leopardi

    L’infinito

    Sempre caro mi fu quest’ermo1 colle,e questa siepe, che da tanta partedell’ultimo orizzonte il guardo esclude.2

    Ma sedendo e mirando,3 interminati4

    spazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quïeteio nel pensier mi fingo;5 ove per poco6

    il cor non si spaura7. E come8 il ventoodo stormir9 tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando:10 e mi sovvien l’eterno,11

    e le morte stagioni, e la presente12

    e viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s’annega il pensier mio:e il naufragar m’è dolce in questo mare.

    L’infinito, in Canti, Einaudi, Torino 2005

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    1. ermo: solitario: sitratta, probabilmente, delmonte Tabor vicino aRecanati.2. da tanta parte ... ilguardo esclude:impedisce la vista (ilguardo esclude) dellamaggior parte (da tantaparte) dell’estremoorizzonte (dell’ultimoorizzonte).3. mirando: guardando.4. interminati: infiniti.5. nel pensier mi fingo:mi immagino.6. per poco: quasi.7. non si spaura: sispaventa.8. come: quando.9. odo stormir: sentofrusciare.10. vo comparando:comincio a confrontare.11. e mi sovvienl’eterno: e riflettosull’eternità.12. la presente: attuale.

    il significante

    le parole chiave

    i temi

    le figure retoriche

    la simbologia

    l’intertestualità

    l’extratestualità

    tratto da Canti

    anno 1819

    luogo Italia

    METRO endecasillabi sciolti

  • 6il primo Ottocento

    CAPITOLO DUE volumeB

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    STRUMENTI DI LETTURAIl significante

    La poesia è composta da quindici endeca-sillabi sciolti, metro usato fino a quel mo-mento soprattutto nelle traduzioni di testiclassici e in poesie di forte impegno e inte-resse civile come i Sepolcri di Foscolo. Seper un verso la scelta di Leopardi si collocanel solco della tradizione settecentesca, perl’altro l’uso di un metro tradizionale perl’espressione di tematiche soggettive inau-gura una rivoluzione stilistica che verrà por-tata a compimento solo nel corso del XX se-colo. È possibile suddividere la lirica in duenuclei: il primo è originato da uno stimolovisivo, lo sguardo bloccato dalla siepe, chestimola l’im maginazione del poeta e lo con-duce all’idea di infinito spaziale (vv. 1-8); ilsecondo scaturisce dalla sensazione udi-tiva dello stormire del vento tra le piante, invirtù della quale Leopardi perviene all’intui-zione di infinito temporale (vv. 8-15).Il passaggio tra i due momenti è scanditodalla pausa segnata dal punto fermo (v. 8 ilcor non si spaura. E come il vento); anche inaltri momenti della lirica la punteggiaturache spezza il verso sottolinea momenti diprofonda sospensione emotiva, antici-pando l’incalzare di sensazioni profonde ecoinvolgenti (v. 7 io nel pensier mi fingo; oveper poco; v. 13 e viva, e il suon di lei. Così traquesta). Un ulteriore rallentamento ritmico èdeterminato dalla presenza di parole polisil-labe, che inducono a una pronuncia lunga earticolata, e dal ricorrere della vocale a to-

    nica (v. 1 caro, v. 2 tanta parte, v. 3 guardo,v. 4 mirando e interminati, v. 5 spazi e sovru-mani, v. 6 profondissima) il cui suono ampioesprime la vastità dell’infinito spaziale. Losgomento del poeta è invece reso dal suonocupo delle vocali o e u (v. 7 ove e poco, v. 8cor e spaura).La lirica suggerisce tuttavia l’idea di unaesperienza sostanzialmente unitaria: i nume-rosi enjambement che collegano i versi tra-sformano il discorso in un continuum me-trico e sintattico, così come lo stretto legamesemantico tra i gerundi sedendo e mirando(v. 4) è confermato dalla consonanza cheunisce i due termini.

    Le parole chiaveDue elementi chiave della lirica si trovanosintetizzati nell’espressione io nel pensier mifingo (v. 7) in cui la posizione forte, a inizioverso, del pronome personale io sottolinea lasoggettività del processo di fuga con-templativa dell’animo, mentre il verbo mifingo allude all’immaginazione, facoltà indi-spensabile per superare i limiti spaziali etemporali della realtà. Rientrano nel camposemantico dell’esperienza soggettivaanche i termini che definiscono il succedersidegli stati d’animo del poeta via via che lasua visione si amplia: lo sgomento (v. 8 sispaura), la perdita di sé (v. 14 s’annega), laresa a una condizione mentale dolcissima(v. 15 il naufragar). La lirica è attraversatadall’opposizione ripetuta dei determinativi

    Théodore Géricault(1791-1824), La zatteradella Medusa (secondostudio preliminare,1818), particolare.Géricault terminò il suocelebre quadro Lazattera della Medusa nel1819, lo stesso anno incui Giacomo Leopardicomponeva L’infinito.Géricault rappresenta,in pittura, l’altra facciadel romanticismo tuttointeriore di Leopardi.Le figure risentonoancora della suggestionedi modelli classici, ma leposture concitate e,soprattutto, il fatto cheil quadro facciariferimento a un fatto dicronaca recente (ilnaufragio del velieroMedusa), proiettanol’opera dall’ambitodell’idealità a quellodella storia, dallacontemplazioneall’azione, dal mondodelle idee a quello dellepassioni.

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    questo / quello, che indicano rispettiva-mente vicinanza o lontananza di oggetti e diluoghi nello spazio e nel tempo rispetto all’iodel poeta: questo definisce tutto ciò che èvicino / finito e fa parte della realtà (v. 1 que-st’ermo colle, v. 2 questa siepe, v. 9 questepiante, v. 10 questa voce), quello ciò chesupera la realtà contingente e può essereraggiunto con l’immaginazione (vv. 9-10quello infinito silenzio).Ma se questo è il criterio generale, perchéLeopardi attribuisce alla siepe, elementoconcreto del paesaggio, l’aggettivo quella (v.5) e ad astrazioni come immensità e marel’aggettivo questo (vv. 13-14; v. 15)? In realtàla lirica non descrive una condizione staticae definita ma un processo dinamico, la cuicaratteristica è il progressivo superamentodel limite. Per questo motivo, anche la siepeappare distante e lontana quando il poeta,travalicata l’esperienza dei sensi, passadalla percezione all’immaginazione; così,giunto alla fine del suo percorso, l’aggettivoquesto testimonia come la realtà astratta econcettuale dell’infinito sia ormai effettiva-mente presente nella mente del poeta.

    I temi Finito e infinito: la percezione dell’infinitonon nasce dalla visione di immensi spazi,ma, al contrario, dalla limitazione impostaallo sguardo (vv. 1-3): l’ostacolo alla vista ela finitezza del reale stimolano il pensiero chesi costruisce l’idea di uno spazio senza limiti,immerso in un silenzio e in una pace sovran-naturali (vv. 4-7). Anche il carattere effimerodella voce del vento ha una funzione impor-tante in questo processo, in quanto riesce arichiamare alla mente il pensiero della transi-torietà delle epoche passate e, per contra-sto, l’idea di eternità (vv. 8-11 E come ilvento / odo stormir tra queste piante, ioquello / infinito silenzio a questa voce / vocomparando: e mi sovvien l’eterno). L’espe-

    rienza interiore del poeta si conclude in unaperdita della coscienza di sé, nella quale ildato emotivo e quello intellettivo si com-penetrano e l’idea di infinito diviene nellostesso tempo fonte di smarrimento e didolcezza (vv. 13-15 Così tra questa / im-mensità s’annega il pensier mio: / e il naufra-gar m’è dolce in questo mare).Poesia e immaginazione: la lirica presentain forma poetica un nucleo tematico centraledelle riflessioni di Leopardi, secondo cui larealtà offre all’uomo solo piaceri finiti e per-ciò deludenti, mentre particolari sensazionivisive o uditive permettono di crearsi conl’immaginazione quell’infinito a cui tuttiaspiriamo inutilmente (vedi Keats a p. 120).

    Le figure retoricheLe simmetrie rilevate sul piano tematico si ri-scontrano anche sul piano sintattico: all’in-terno dei due periodi relativi all’esperienzadell’infinito spaziale e temporale notiamouna serie di termini collegati per polisindetodalla congiunzione e (vv. 4-6 interminatispazi... e sovrumani silenzi, e profondissimaquïete; vv. 11-13 l’eterno, e le morte stagioni,e la presente e viva, e il suon di lei).Densa di significato è la metafora finale ilnaufragar m’è dolce in questo mare (v. 15), incui l’accostamento del termine negativonaufragar all’aggettivo dolce sottolinea lacontraddittoria complessità dello statod’animo del poeta.

    L’intertestualità A proposito del rapporto tra poesia e imma-ginazione è utile confrontare quanto Leo-pardi scrive nello Zibaldone: «Una fabbricauna torre ec. veduta in modo che ella paia in-nalzarsi sola sopra l’orizzonte, e questo nonsi veda, produce un contrasto efficacissimoe sublimissimo tra il finito e l’indefinitoaggiungendo poi che qualora la visione dellarealtà sia impedita da un ostacolo «L’animasi immagina quel che non vede, che quell’al-bero, quella siepe, quella torre gli nasconde,e va errando in uno spazio immaginario [...]allora in luogo della vista lavora l’immagi-nazione e il fantastico sottentra al reale». Sipotrebbe quindi dire che è proprio il limitedella realtà a generare la poesia, indu-cendo l’uomo a immaginare e a rifletteresulle proprie fantasie; il linguaggio poeticopoi riproduce queste sensazioni scegliendoparole evocative come interminati (v. 4), ul-timo (v. 3), eterno (v. 11) che, consentendouno scarto rispetto al linguaggio comune,suscitano idee vaghe e indefinite.

    Giacinto Gigante(1806-1876), Tramonto aCapri, 1849, particolare.Leopardi trascorsegli ultimi anni di vitaa Napoli, dove morì nel1837, anno in cuiil pittore GiacintoGigante assurse al rangodi massimo esponentedella Scuola diPosillipo. In questodipinto, l’adesioneemotiva al datopaesaggistico è espressaattraverso larghee sensibilissime velaturedi colore.

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    rato

    rioLABORATORIO

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    diffic

    oltà

    Ricerca tutti gli e ricostruisci il testo secondo la con-sueta organizzazione sintattica (ad es. v. 1 Sempre caro mi fu quest’ermocolle, v. 3 il guardo esclude).

    Confronta attraverso un esercizio di L’infinitocon Fantasia di Keats (vedi a p. 120) evidenziando gli elementi comuni e leeventuali differenze tra le due concezioni di “immaginazione”.

    Vedi a p. 67 e 75

    Vedi a p. 60 e 73

    intertestualità

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    Produzione

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    Il significante Individua i termini che fanno riferimento all’antitesi concreto/astratto pre-sente nella poesia.

    Individua nella lirica un esempio di assonanza e uno di consonanza (internio a fine verso).

    I temi Per quale motivo, secondo te, nelle espressioni interminati spazi, sovruma-ni silenzi, profondissima quiete, infinito silenzio, l’aggettivo è posto prima delnome?

    Vedi a p. 66

    Vedi a p. 28

    7

    6

    5

    Analisi

    diffic

    oltà

    Quali immagini dello spazio e del tempo sono rappresentate nella poesia?

    Che cosa immagina il poeta non potendo vedere l’orizzonte?

    Quale sensazione uditiva colpisce il poeta nella sua contemplazione?

    Per quale motivo, secondo te, nel testo è molto presente il pronome perso-nale di prima persona (v. 1, v. 7, v. 9, v. 11, v. 15)?

    4

    3

    2

    1

    Comprensione

    8il primo Ottocento

    CAPITOLO DUE volumeB

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  • SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    L’OPERAIl canto A Silvia viene composto nel 1828, dopo un lungo periodo di ariditàcreativa del poeta; in meno di due anni è seguito da Le ricordanze, Laquiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il canto notturno di un pa-store errante dell’Asia e, probabilmente, Il passero solitario (vedi a p. 136),ripresa di uno spunto del 1819. Questi componimenti, che l’autore definìCanti, recuperano alcuni temi tipici degli Idilli del 1819-1821 (vedi a p.124), come le illusioni e le speranze della giovinezza, i ricordi, lescene di vita paesana e la descrizione della natura serena e prima-verile, e per questo vengono anche detti comunemente Grandi idilli. Tut-tavia, a differenza della produzione giovanile, essi rivelano l’acquisizione,da parte di Leopardi, di un pessimismo assoluto nei confronti del destinodell’uomo in cui emerge la consapevolezza dell’assoluta vanità di ogni il-lusione giovanile.

    LA POESIAComposta nel 1828 e inserita dall’autore nei Canti, questa canzone ha comemotivo occasionale il ricordo della fine prematura di una fanciulla, pro-babilmente Teresa Fattorini, figlia del cocchiere della famiglia Leopardi,morta all’età di 21 anni per tisi, dieci anni prima della composizione dellapoesia. In realtà l’episodio è un pretesto per sviluppare il tema, assai caro a Leo-pardi, del rapporto tra la giovinezza, età delle illusioni e della speranza, ela maturità, in cui la vita rivela la sua natura deludente e dolorosa. Da que-sto punto di vista la giovane Silvia, stroncata dalla malattia prima ancora diaver potuto cominciare a vivere veramente, non è altro che una rappresenta-zione delle speranze e dei sogni che accompagnano l’uomo nella prima fasedell’esistenza per crollare di fronte alla razionalità dell’età adulta, rivelando laloro natura di illusioni e lasciando l’umanità in una condizione di disperatadesolazione.

    Giacomo Leopardi

    A Silvia

    Silvia, rimembri1 ancoraquel tempo della tua vita mortale,2

    quando beltà splendea3

    negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,4

    5 e tu, lieta e pensosa, il limitare5

    di gioventù salivi?

    Sonavan6 le quïetestanze, e le vie dintorno,al tuo perpetuo7 canto,

    10 allor che all’opre femminili intenta8

    sedevi, assai contentadi quel vago avvenir9 che in mente avevi.Era il maggio odoroso:10 e tu solevicosì menare il giorno.11

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    1. rimembri: ricordi.2. mortale: destinata allamorte.3. beltà splendea: labellezza risplendeva.4. fuggitivi: saettanti,rapidi.5. il limitare: la soglia.6. Sonavan:risuonavano. 7. perpetuo: continuo,incessante.8. allor che ... intenta:mentre ti dedicavi ailavori tipici delle donne(opre femminili).9. vago avvenir: futuroincerto, ma proprio perquesto avvertito comecarico di attese esperanze.10. odoroso: carico diprofumi.11. solevi così menareil giorno: eri solitatrascorrere la giornata.

    il significante

    le parole chiave

    i temi

    le figure retoriche

    la simbologia

    l’intertestualità

    l’extratestualità

    tratto da Canti

    anno 1828

    luogo Italia

    METRO canzone libera

  • 15 Io gli studi leggiadri12

    talor lasciando e le sudate13 carte,ove il tempo mio primo14

    e di me si spendea la miglior parte,d’in su i veroni del paterno ostello15

    20 porgea gli orecchi al suon della tua voce,ed alla man veloceche percorrea la faticosa tela.16

    Mirava17 il ciel sereno,le vie dorate18 e gli orti,

    25 e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.19

    Lingua mortal non dicequel ch’io sentiva in seno.20

    Che pensieri soavi,che speranze, che cori,21 o Silvia mia!

    30 Quale allor ci appariala vita umana e il fato!Quando sovviemmi di cotanta speme,22

    un affetto mi preme23

    acerbo24 e sconsolato,35 e tornami a doler di mia sventura.

    O natura, o natura,perché non rendi poi25

    quel che prometti allor?26 perché di tanto27

    inganni i figli tuoi?

    40 Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,28

    da chiuso morbo29 combattuta e vinta,perivi, o tenerella. E non vedevi30

    il fior degli anni tuoi;non ti molceva31 il core

    45 la dolce lode or delle negre chiome,32

    or degli sguardi innamorati e schivi;33

    né teco34 le compagne ai dì festiviragionavan35 d’amore.

    Anche peria fra poco36

    50 la speranza mia dolce: agli anni mieianche37 negaro i fatila giovanezza. Ahi come,come passata sei,cara compagna38 dell’età mia nova,

    55 mia lacrimata speme!39

    Questo è quel mondo?40 questii diletti,41 l’amor, l’opre,42 gli eventi

    10il primo Ottocento

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    12. leggiadri: conduplice significato,piacevoli, ma ancheispirati alla bellezza.13. sudate: frutto difatica.14. il tempo mio primo:la giovinezza.15. d’in su i veroni delpaterno ostello: daibalconi (veroni) dellacasa (ostello) paterna.16. faticosa tela: lavoroal telaio che affatica.17. mirava: osservavo.18. vie dorate: strade altramonto.19. quinci ... quindi: daun lato (quinci) il mare dalontano (da lungi),dall’altro (quindi) ilmonte.20. in seno: nell’animo.21. cori: sentimenti. 22. Quando sovviemmidi cotanta speme:quando mi ricordo(sovviemmi) di tantesperanze (speme).23. un affetto mipreme: mi opprime unsentimento.24. acerbo: amaro.25. poi: dopo, con iltrascorrere del tempo.26. allor: in gioventù.27. di tanto: tantocrudelmente.28. pria che l’erbeinaridisse il verno: inautunno prima chel’inverno (verno)seccasse i prati.29. chiuso morbo:malattia nascosta.30. non vedevi: nonarrivavi a vivere.31. non ti molceva: nonti inteneriva.32. negre chiome:capelli scuri.33. innamorati e schivi:pieni d’amore e timidi.34. teco: con te.35. ragionavan:parlavano.36. peria fra poco:sarebbe morta dopopoco.37. agli anni mieianche: anche alla miavita.38. compagna: riferitaalla speranza.39. speme: speranza.40. quel mondo: ilmondo sognato.41. diletti: gioie.42. opre: progetti.

  • onde cotanto43 ragionammo insieme?Questa la sorte dell’umane genti?

    60 All’apparir del vero44

    tu, misera, cadesti: e con la manola fredda morte ed una tomba ignuda45

    mostravi di lontano.A Silvia, in Canti, Einaudi, Torino 2005

    11 SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    43. onde cotanto: di cuitanto.44. vero: verità,contrapposta allasperanza.45. ignuda: spoglia,priva di vita.

    STRUMENTI DI LETTURAIl significante

    Con A Silvia Leopardi abbandona l’endeca-sillabo sciolto, utilizzato negli Idilli e inaugurala stagione delle innovazioni stilistiche con latrasformazione della canzone classica, laforma più antica e illustre della poesia ita-liana, la cui fortuna fu sancita da Petrarca.Leopardi modifica l’impianto tradizionaledella canzone petrarchesca, caratterizzatadall’alternanza regolare di endecasillabi esettenari e dalla disposizione fissa delle rime,in una struttura nuova in cui la lunghezzadelle strofe e l’alternarsi dei versi non sonorigidamente fissati ma seguono lo sviluppodegli argomenti e la natura descrittiva o ar-gomentativa del testo. Questo schema, defi-nito canzone libera, è costituito da seistanze di misura varia in cui sono presentirime in schema libero. Leopardi elaboraraffinate strategie foniche e ritmiche finaliz-zate a produrre nella canzone un effetto in-tensamente melodico. Ne è un esempio lacostante ripetizione del suono vi che ricorresoprattutto nelle parti dominate dalla pre-senza della fanciulla: nella prima strofa, apartire dall’iniziale Silvia (v. 1), leggiamo vita(v. 2), fuggitivi (v. 4), fino all’espressione con-clusiva salivi (v. 6), anagramma del nomedella ragazza; nella seconda strofa troviamo itermini vie (v. 8), sedevi (v. 11), avevi (v. 12),solevi (v. 13). Nelle strofe 1, 2, 3 e 5 l’allitte-razione in v viene intensificata anche dall’usodell’imperfetto, tempo della memoria edell’illusione, che evoca la durata indefinitadei sogni giovanili; infatti, nelle strofe 4 e 6 incui il poeta non ricorda più ma fa un amarobilancio della sua vita, inveendo contro lacrudeltà della natura che nega la gioia al-l’uomo, irrompe il presente, il tempo dellaconsapevolezza ma anche della delusione.Nell’ultima strofa si fa più frequente l’usodell’enjambement, in corrispondenza con

    l’incalzare concitato delle domande delpoeta; lo spostamento nel verso successivodi parole significative che definiscono ciò cuil’uomo tende vanamente, ne sottolinea l’ir-raggiungibilità (vv. 49-50 peria fra poco / lasperanza mia dolce; vv. 51-52 negaro i fati /la giovanezza; vv. 56-57 questi / i diletti).Il lessico leopardiano attinge al repertoriolinguistico classico reso immortale da Pe-trarca ed è ricco di espressioni arcaiche esuggestive come rimembri (v. 1), beltà (v. 3),opre (v. 10) veroni e ostello (v. 19) molceva (v. 44), giovanezza (v. 52), speme (v. 55) e diimperfetti con la desinenza della prima per-sona in a come mirava (v. 23) e sentiva (v.27); tuttavia Leopardi colloca queste espres-sioni in un nuovo orizzonte tematico e at-tribuisce loro una musicalità inedita, allonta-nandole dalla consuetudine letteraria erinnovandole profondamente.

    Le parole chiaveL’istintiva aspirazione a un piacere infinito,impossibile da realizzare, spinge l’uomo a in-frangere i limiti della realtà rifugiandosi conl’immaginazione nel ricordo dell’adole-scenza, periodo in cui la felicità coincide conl’attesa del futuro. Alla speranza che con-nota la breve esistenza di Silvia (v. 12 vagoavvenir che in mente avevi; vv. 28-29 Chepensieri soavi / che speranze, che cori) sicontrappone però la delusione della ra-gione che pone Leopardi di fronte al vero eprovoca la fine di tutte le illusioni (vv. 60- 63).Tra la morte fisica di Silvia e quella spiritualedel poeta c’è la lunga fase della vita reale,vuota e disperata; questa condizione, co-mune a tutti gli uomini, trasforma inevitabil-mente la vicenda personale di Leopardi inuna riflessione sul destino dell’umanità (v. 59Questa la sorte dell’umane genti?).

  • I temiL’immaginazione e il ricordo: la costru-zione dell’immagine di Silvia è povera di indi-cazioni concrete e si fonda solo sul partico-lare fisico degli occhi ridenti e fuggitivi (v. 4) esu quello psicologico dell’atteggiamentolieto e pensoso (v. 5) della fanciulla; altret-tanto imprecisa è la raffigurazione dell’am-biente che circonda le due figure e del pae-saggio primaverile che fa da sfondo allascena. Questa scelta stilistica trae origine daun nucleo centrale della poetica leopardiana,secondo cui le descrizioni particolareg-giate soffocano l’immaginazione, mentrequelle meno dettagliate lasciano spazioal vagare della fantasia. Nella lirica la me-moria riporta alla luce un episodio del pas-sato, tuttavia il dato reale del canto di Silvia,testimoniato anche in alcune pagine dello Zi-baldone, non è percepito con i sensi maviene piuttosto trasfigurato attraverso l’im-maginazione e il ricordo, che per il poetahanno funzioni analoghe: la voce della ra-gazza infatti appartiene a quel repertorio disensazioni vaghe e indefinite (vedi Infinito)che il poeta ritiene estremamente suggestiveai fini della creazione poetica. Dal punto divista linguistico, la sensazione di vago e in-definito si realizza grazie a termini che Leo-pardi considera sommamente poetici comefuggitivi, col doppio significato di “sfug-gente” e “destinato a finire” (v. 4), quïete (v. 7),perpetuo (v. 9), vago (v. 12), odoroso (v. 13),da lungi (v. 25), dolce (v. 50); mentre la ricor-renza della vocale a ha la funzione di espri-mere l’impressione di vastità indeterminatache scaturisce dal canto di Silvia (vv. 7-12sonavan, stanze, canto, allor, assai, vago,avvenir, avevi).La crudeltà della natura. Il pessimismoleopardiano: il componimento è attraver-sato dall’antitesi tra speranza e delusione,incarnate dalle figure speculari di Silvia e delpoeta. Tutto ciò che in Silvia tende alla rea-lizzazione della pienezza della gioventù, l’at-teggiamento lieto e operoso, il canto, la con-tentezza per quel futuro ancora da scrivere,viene sconfitto dalla morte (vv. 41-42). Ana-logo il destino delle speranze e delle illusionigiovanili di Leopardi, distrutte prima ancoradi potersi dispiegare, a cui non segue altroche la prospettiva della fine (vv. 49-52 Ancheperia fra poco / la speranza mia dolce: aglianni miei / anche negaro i fati / la giova-nezza). La coraggiosa capacità di guardare larealtà consente al poeta di ragionare sullecause della sofferenza umana, che egli at-

    tribuisce alla natura, quasi personificata inuna forza crudele che inganna consapevol-mente i propri figli e li fa cullare in illusionidestinate a crollare inevitabilmente, la-sciando solo vuoto e desolazione (vv. 36-39O natura, o natura, / perché non rendi poi /quel che prometti allor? / perché di tanto /inganni i figli tuoi?). Da questa consapevo-lezza deriva un pessimismo che non rispar-mia alcun aspetto dell’esistenza; ciò nono-stante il poeta non rinuncia alla vita, anzitutto il componimento, pur chiudendosi conl’immagine della fredda morte, appare comeuna forma di reazione, una protesta gene-rosa ma disperata contro tutte le forze ostiliche soffocano il fondamentale bisogno di fe-licità dell’uomo.

    Le figure retoricheNella strofa 4, quando il poeta riflette lucida-mente sul destino dell’uomo, numerose ana-fore conferiscono al discorso poetico un an-damento più concitato e teso (vv. 28-29Che... / che speranze, che cori; v. 36 O na-tura, o natura; vv. 37-38 perché non rendipoi / ...perché di tanto) e nella strofa 6 (vv.49-51 Anche peria fra poco... / anche ne-garo i fati; vv. 52-53 Ahi come, / come pas-sata sei; vv. 56-59 Questo è quel mondo? /questi i diletti... / ...Questa la sorte del-l’umane genti?).Oltre alle numerose metafore relative allagiovinezza, rileviamo la presenza di un ossi-moro (v. 5 lieta e pensosa) e di una ipallage(v. 16 sudate carte).

    La simbologiaGià la scelta del nome letterario Silvia, ti-pico delle favole pastorali, lascia intuirel’inutilità della precisa identificazione bio-grafica della giovane; la sua immagine in-fatti è costruita sull’analogia tra la fanciullae la speranza, entrambe destinate a scom-parire prima dell’età matura, all’apparire delvero. L’identificazione tra le due figure, dap-prima solo accennata, arriva a compimentonei versi cara compagna / dell’età mia nova,/ mia lacrimata speme (vv. 54-55), rivolti allasperanza ma perfettamente riferibili anchealla giovane. Altri elementi simbolici pre-senti nel canto sono la stagione primave-rile (v. 13 Era il maggio odoroso) rappresen-tazione della gioventù, e l’autunno (v. 40pria che l’erbe inaridisse il verno), coinci-dente con l’annunciarsi della prospettivadella morte.

    12il primo Ottocento

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  • Labo

    rato

    rioLABORATORIO

    diffic

    oltà

    Il significante Completa la tabella individuando le rime presenti nel canto.

    Vedi a pp. 24-25

    7

    Analisi

    diffic

    oltà

    Inserisci nello schema tutte le espressioni che danno informazioni su aspet-to fisico, carattere e attività di Silvia.

    1

    Comprensione

    13 SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    Da quale luogo il poeta ascolta il canto della fanciulla?

    Con quale attività il poeta trascorre le sue giornate?

    In quale stagione dell’anno muore Silvia?

    Quali caratteristiche sono attribuite alla natura?

    A chi appartiene la mano (v. 61) che mostra di lontano la tomba e la morte?6

    5

    4

    3

    2

    Aspetto fisico Carattere Attività

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    ..........................................................................

    Quale funzione metrica e semantica ha la dieresi sulla parola quïete (v. 7)?

    I temi In quali punti del testo sono presenti parallelismi tra la figura di Silvia e l’iodel poeta?

    Le figure retoriche Individua le metafore utilizzate dal poeta per definire la giovinezza.

    Sottolinea nella quarta strofa del componimento le allitterazioni in v, che co-stituiscono una delle costanti foniche e ritmiche della lirica.

    Vedi a p. 66 e 76

    11

    10Vedi a p. 52 e 61

    9

    8

    Rime..........................................................................................................................................................

    ..........................................................................................................................................................

    ..........................................................................................................................................................

    ..........................................................................................................................................................

  • il primo OttocentoCAPITOLO DUE 14

    diffic

    oltà

    Riordina i versi secondo l’ordine sintattico consueto e fa’ la.Vedi a p. 73

    parafrasi12

    ProduzioneLa

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    Daniele Ranzoni (1843-1889), La principessa di Saint-Léger, 1886, particolare.Nella pittura di Ranzoni, intessuta di evanescenti e fragili tocchi di colore, traspare un sensibile lirismo, chesvincola la sua arte dal peso della composizione e dalla minuziosa cura dei particolari. La sia pur relativaindeterminatezza della raffigurazione potenzia le capacità evocative del dipinto.

  • SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

    15

    L’OPERAVedi a p. 9.

    LA POESIANell’edizione dei Canti del 1835, Leopardi colloca Il passero solitario primadell’Infinito, anche se la poesia appartiene certamente al periodo compresotra il 1828 e il 1830. La scelta è probabilmente determinata da un criteriotematico, poiché il soggetto del componimento, il contrasto tra la propriainfelicità e la gioia degli altri giovani, rimanda a una ispirazione maturatanella fase giovanile, ed è sviluppato tutto al presente come se la situa-zione descritta fosse attuale e non solo ricordata, a differenza di quantoaccade in altri testi. Il senso di esclusione dalla vita è rappresentato dallafigura del passero che non partecipa al tripudio della primavera e trascorrein disparte il suo tempo, cantando in solitudine. Il passero però non soffredella sua condizione e non avrà rimpianti al momento della morte, mentre ilpoeta si pentirà di aver sciupato la propria giovinezza e, quasi, di non averlavissuta.

    Giacomo Leopardi

    Il passero solitario

    D’in su la vetta della torre antica,1

    passero solitario, alla campagnacantando2 vai finché non more il giorno;ed erra3 l’armonia per questa valle.

    5 Primavera dintornobrilla nell’aria, e per li campi esulta,sì ch’a mirarla intenerisce il core.4

    Odi greggi belar, muggire armenti;5

    gli altri augelli6 contenti, a gara insieme10 per lo libero ciel fan mille giri,

    pur festeggiando7 il lor tempo migliore:tu pensoso in disparte il tutto miri;8

    non compagni, non volinon ti cal d’allegria, schivi gli spassi;9

    15 canti, e così trapassi10

    dell’anno e di tua vita il più bel fiore.11

    Oimè, quanto somigliaal tuo costume12 il mio! Sollazzo13 e riso,della novella età dolce famiglia,14

    20 e te german15 di giovinezza, amore,sospiro acerbo de’ provetti giorni,16

    non curo, io non so come; anzi da loroquasi fuggo lontano;

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    1. D’in su ... antica:dalla sommità delcampanile della chiesa diSant’Agostino a Recanati.2. alla campagnacantando: cantandoverso i campi.3. erra: si diffonde.4. sì ch’a mirarla ...core: tanto che aguardarla il cuore sicommuove.5. armenti: mandria dibovini.6. augelli: uccelli.7. pur festeggiando:intenti a festeggiare, convalore intensivo.8. miri: osservi. 9. non ti cal ... spassi:non ti interessa (cal)l’allegria, eviti idivertimenti (schivi glispassi).10. trapassi: trascorri.11. il più bel fiore: laparte migliore.12. costume: modo divivere, comportamento.13. Sollazzo:divertimento.14. della novella ...famiglia: compagnia(famiglia) della giovinezza(novella età).15. german: fratello.16. sospiro acerbo de’provetti giorni: amarorimpianto (sospiroacerbo) nei giorni dellavecchiaia (provetti:trascorsi).

    il significante

    le parole chiave

    i temi

    le figure retoriche

    la simbologia

    l’intertestualità

    l’extratestualità

    tratto da Canti

    anno 1828-1830

    luogo Italia

    METRO canzone libera

  • quasi romito, e strano25 al mio loco natio,17

    passo del viver mio la primavera.Questo giorno18 ch’omai cede alla sera,19

    festeggiar si costuma20 al nostro borgo.Odi21 per lo sereno un suon di squilla22,

    30 odi spesso un tonar di ferree canne,23

    che rimbomba lontan di villa in villa.24

    Tutta vestita a festala gioventù del locolascia le case, e per le vie si spande;25

    35 e mira ed è mirata, e in cor s’allegra.Io solitario in questarimota26 parte alla campagna uscendo,27

    ogni diletto e giocoindugio in altro tempo:28 e intanto il guardo

    40 steso nell’aria apricami fere il Sol29 che tra lontani monti,dopo il giorno sereno,cadendo si dilegua, e par che dicache la beata gioventù vien meno.

    45 Tu, solingo augellin,30 venuto a sera31

    del viver che daranno a te le stelle,32

    certo del tuo costumenon ti dorrai;33 che di natura è fruttoogni vostra vaghezza.34

    50 A me, se di vecchiezzala detestata sogliaevitar non impetro,35

    quando muti questi occhi all’altrui core,36

    e lor fia vóto il mondo,37 e il dì futuro55 del dì presente più noioso e tetro,

    che parrà di tal voglia?che di quest’anni miei? che di me stesso?Ahi pentirommi,38 e spesso,ma sconsolato,39 volgerommi40 indietro.

    Il passero solitario, in Canti, Einaudi, Torino 2005

    16il primo Ottocento

    CAPITOLO DUE volumeB

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    17. quasi romito ... loconatio: in volontarioisolamento (romito) edestraneo (strano) nellamia terra (loco natio).18. Questo giorno: il 15giugno, festa di san Vitoprotettore di Recanati.19. omai cede allasera: sta per concludersi.20. si costuma: èusanza.21. Odi: con valoreimpersonale, si ode.22. squilla: campana.23. tonar di ferreecanne: rumore di colpi difucile (ferree canne) insegno di festa.24. di villa in villa: daun gruppo di caseall’altro.25. si spande: sisparpaglia.26. rimota: isolata.27. alla campagnauscendo: andando versoi campi.28. ogni diletto ...tempo: rinvio (indugio) aun altro momento ognidivertimento (diletto egioco).29. e intanto il guardo... mi fere il Sol: intantoil sole mi ferisce (mi fere)gli occhi rivolti (il guardosteso) all’aria illuminatadal sole (nell’aria aprica).

    30. solingo augellin:uccellino solitario.31. venuto a sera:giunto alla fine.32. stelle: destino.33. non ti dorrai: nonproverai rimpianto.34. che di natura ...vaghezza: poiché lavostra inclinazione(vaghezza) dipende dallanatura (è frutto).35. se di vecchiezza ...non impetro: se nonotterrò (impetro) dievitare di oltrepassare illimite odioso dellavecchiaia, cioè se non misarà concesso il privilegiodi poter morire prima didiventare vecchio.36. quando muti ...core: quando questiocchi non susciterannopiù sentimenti nel cuoredegli altri.37. e lor fia vóto ilmondo: e per loro ilmondo sarà privo diattrattive (vóto).38. pentirommi: mipentirò.39. sconsolato: senzanessuna consolazione,poiché sarà unasituazione irrimediabile.40. volgerommi: mirivolgerò.

    Vincenzo Bonomini (1756-1839), Paesaggio con rovine, 1810 ca.,particolare.

  • 17 SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    STRUMENTI DI LETTURAIl significante

    Ne Il passero solitario ritroviamo alcune dellecaratteristiche della canzone leopardiana: ilcanto è costituito da tre strofe di diversa lun-ghezza, all’interno delle quali prevale l’ende-casillabo, e viene frequentemente utilizzatol’enjambement allo scopo di accentuare oattenuare il ritmo della poesia.Il settenario, distribuito in modo vario neltesto, assume una particolare funzioneespressiva in quanto rimarca passaggi signi-ficativi del discorso poetico. Nella primastrofa i due settenari sottolineano la contrap-posizione tra la gioia della primavera chepervade tutta la natura e la rinuncia del pas-sero alla compagnia e al gioco (v. 5 Prima-vera dintorno; v. 13 non compagni, non voli);nell’ultima strofa, invece, i settenari, più nu-merosi e scanditi da enjambement, restitui-scono al lettore l’incalzare disperato del ra-gionamento leopardiano e l’angosciosaprospettiva della vecchiaia attraverso versispezzati, resi più secchi dalle frequenti allit-terazioni in t e dalla presenza di gruppi con-sonantici dal suono duro come zz, st, ch, tr,str (vv. 47-52 certo del tuo costume / non tidorrai; che di natura è frutto / ogni vostra va-ghezza. / A me, se di vecchiezza / la dete-stata soglia / evitar non impetro).Il canto è caratterizzato da una strutturasimmetrica, in cui si alternano con regola-rità parti descrittive e parti riflessive, similitu-dini e opposizioni, analogie e antitesi.Tra i molteplici elementi che conferisconoritmo e musicalità al canto notiamo le rimeche, anche se non organizzate in unoschema definito, collegano reciprocamentetemi e concetti centrali in un gioco di rinviisonori e semantici: ad esempio, la rigogliosavitalità della primavera e il suo stretto legamecon il sentimento d’amore tipico della giovi-nezza sono sottolineati dai rimandi fonici deitermini core (v. 7), migliore (v. 11), fiore (v.16), amore (v. 20). Dal punto di vista stilistico una caratteristicadel testo è la ripetizione di termini signifi-cativi usati con sfumature diverse, checreano un ritmo costante sotteso al testo:costume, in forma di sostantivo o verbo, ri-corre tre volte (v. 18, v. 28, v. 47) e quattrovolte è presente, con accezioni differenti, ilverbo mirare (v. 7, v. 12 e due volte al v. 35).In particolare, assume una posizione ritmica

    chiave la parola core, per due volte collocataa fine verso, alla stessa distanza dall’inizio edalla fine della poesia (v. 7, v. 53).Anche in questo canto ritroviamo espressionicome antica (v. 1), solitario (v. 2), rimota (v.37), lontani (v. 41), scelte dall’autore nontanto per il loro significato specifico quantoperché atte a suscitare idee vaghe ed indefi-nite caratteristiche dell’immaginazione e per-tanto poetiche (vedi L’infinito).

    Le parole chiaveLo stretto legame tra il poeta e l’uccello siconcretizza nella collocazione simmetrica inposizione forte, all’inizio del verso, dei pro-nomi personali tu (v. 12), riferito al passero,ed io (v. 36), relativo al poeta stesso. La ripe-tizione dell’avverbio negativo non rimarcasia l’indifferenza del passero alla compagniadegli altri uccelli e al volo, naturale esplicarsidelle sue potenzialità (vv. 13-14 non compa-gni, non voli / non ti cal d’allegria, schivi glispassi) che la distanza di Leopardi dai com-portamenti dei coetanei: distanza non solofisica ma vera e propria estraneità alla vitastessa, di fronte alla quale egli può solo col-locarsi nella posizione di spettatore (noncuro, io non so come; anzi da loro / quasifuggo lontano; / quasi romito, e strano / almio loco natio (vv. 22-25).Molto ricchi appaiono i campi semantici col-legati ai concetti chiave di solitudine e gio-vinezza che percorrono l’intero canto. L’ideadi solitudine, riferita sia all’uccello sia alpoeta, è evocata dalle espressioni solitario(vv. 2, 36), pensoso e in disparte (v. 12), ro-mito e strano (v. 24), rimota (v. 37), solingo (v.45), mentre la condizione di beatitudine e disperanza legata alla giovinezza attinge sia alcampo semantico dell’età giovanile in sensostretto (v. 19 novella età, v. 20 german di gio-vinezza, v. 21 acerbo, v. 33 gioventù, v. 44beata gioventù) sia a quello della stagioneprimaverile, in una continua sovrapposizionedei due aspetti (vv. 5, 26 primavera, v. 11tempo migliore, v. 16 più bel fiore).

    I temiL’identificazione con il passero: tra letante analogie evidenti che legano l’uccelloal poeta, la più profonda, anche se in uncerto senso implicita, è la comune neces-

  • sità di esprimersi con il canto: come ilpassero trascorre la giornata lontano daglialtri ed esprime la parte più vera di sé can-tando, così Leopardi, per il quale la poesiasostituisce letteralmente la vita, sceglie di af-fidare alla parola poetica la propria soffertainteriorità.In realtà l’apparente eguaglianza di condi-zione si dissolve nell’ultima strofa, quando tued io sottolineano non più l’identità ma lacontrapposizione tra i due soggetti: se perl’uccello la solitudine è solo una manifesta-zione dell’istinto, per il poeta essa assume ilvalore di una scelta esistenziale della qualegià si intuiscono le conseguenze amare (vv.45-50).Giovinezza e vecchiaia: il canto è costruitointorno al contrasto tra giovinezza e vec-chiaia, la prima rappresentata simbolica-mente dalle descrizioni della campagna infesta (vv. 5-11) e di una vivace sera paesana(vv. 26-35), l’altra evocata dalla cupa defini-zione del futuro (vv. 54-55). In modo più sottile, la sostanziale diffe-renza tra questi due stadi della vita simanifesta nello sguardo, nel modo in cui siosserva il mondo e si è osservati. La gio-ventù partecipa alla vita attraverso losguardo reciproco (v. 35 e mira ed è mirata),il passero si esclude dalla vita perché si li-mita, come il poeta, a mirare (v. 7, v. 12).L’orrore della vecchiaia pare risiedere nellaperduta capacità di comunicare con gli altriattraverso gli occhi (vv. 53-54 quando mutiquesti occhi all’altrui core, / e lor fia vóto ilmondo), nel diventare socialmente invisibili,come già aveva affermato Leopardi stessonei Pensieri quando scriveva: «Uscendodella gioventù, l’uomo resta privato dellaproprietà di comunicare e, per dir così,d’ispirare colla presenza se agli altri; e per-dendo quella specie d’influsso che il gio-vane manda ne’ circostanti, e che con-giunge questi a lui, e fa che sentano versolui sempre qualche sorte d’inclinazione, co-nosce, non senza un dolore nuovo, di tro-varsi nelle compagnie come diviso da tutti,e intorniato [circondato] di creature sensibilipoco meno indifferenti verso lui che quelleprive di senso (LXI)».

    Le figure retoricheDiverse anafore scandiscono il ritmo deiversi. La ripetizione del verbo odi amplifica ilricco tessuto di suoni e rumori caratteristicidella campagna e del villaggio (v. 8 Odi

    greggi belar, muggire armenti; vv. 29-30 Odiper lo sereno un suon di squilla, / odi spessoun tonar di ferree canne); nella strofa cen-trale la reiterazione dell’avverbio quasi, chesembra limitare la portata delle affermazionidel poeta, in realtà le rafforza poiché co-stringe il lettore a soffermarsi su due versidecisivi (vv. 23-24 quasi fuggo lontano; /quasi romito, e strano); infine, nella parte fi-nale, l’incalzante successione dell’interroga-tivo che, dal suono secco e deciso, scandi-sce domande prive di risposta attraverso lequali il poeta teorizza la totale mancanza disenso dell’esistenza e la sua inevitabile infe-licità futura (vv. 56-57 che parrà di tal voglia?/ che di quest’anni miei? che di me stesso?).

    La simbologiaOltre al passero che il poeta è solito vederesulla cima del campanile, simbolo di solitu-dine assoluta, assume un intenso valore sim-bolico la primavera (vv. 5-11), immaginecentrale della composizione, che rappre-senta la trasposizione naturalistica della gio-vinezza e dell’amore, ricchi di promesse, didolcezza e di speranza (vv. 18-21).In modo analogo, i frequenti riferimenti allasera che sopraggiunge rimandano simboli-camente al tramonto della giovinezza (v. 3finché non more il giorno; v. 27 Questogiorno ch’omai cede alla sera; vv. 42-44,dopo il giorno sereno, / cadendo si dilegua,e par che dica / che la beata gioventù vienmeno; v. 45 Tu, solingo augellin, venuto asera), trasformando l’esclusione dalla vita inun’intensa nostalgia per la vita stessa.

    L’intertestualitàLa costante attenzione di Leopardi al-l’aspetto ritmico e musicale della poesia ele molteplici strategie retoriche da lui utiliz-zate per ottenere questo scopo, trovano unriscontro nelle parole dell’autore stesso che,nello Zibaldone, spiega la precisa funzionesemantica di suoni e rumori all’interno di uncomponimento poetico:«[4293] Una voce o un suono lontano, o de-crescente e allontanantesi appoco appoco, oecheggiante con un’apparenza di vastità ec.ec. è piacevole per il vago dell’idea ec. Però[Perciò] è piacevole il tuono, un colpo di can-none, e simili, udito in piena campagna, inuna gran valle ec. e il canto degli agricoltori,degli uccelli, il muggito de’ buoi ec. nelle me-desime circostanze. (21 Settembre 1827)».

    18il primo Ottocento

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    Il significante Individua e definisci con una lettera le rime, anche interne, presenti nel can-to.

    Riporta altri quattro esempi di enjambement presenti nel testo oltre a quelliindicati negli Strumenti di lettura.

    Individua i settenari presenti nella seconda strofa e spiega quali concetti evi-denziano.

    I temi Per quali motivi, secondo te, il poeta definisce detestata la vecchiaia (vv. 50-55)?

    Le figure retoriche Quali figure retoriche sono presenti nel v. 8, Odi greggi belar, muggire ar-menti, e nel v. 26 passo del viver mio la primavera?

    L’intertestualità Quali differenze ci sono nella spiegazione che il poeta dà della propria infe-licità tra questo testo e la canzone A Silvia (vedi a p. 130)?

    Le parole chiave Cerca e sottolinea tutti i termini che appartengono al campo semantico di-vertimento - festa.

    Vedi a p. 50

    Vedi a p. 67 e 75

    Vedi a p. 52 e 60

    Vedi a p. 66 e 76

    Vedi a p. 12, 15 e 24

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    Da quale luogo il passero intona il suo canto solitario?

    Quali animali sono presenti nella scena descritta nei vv. 5-11?

    Quale atteggiamento mostra il passero rispetto all’allegria degli altri uccelli?

    Che cosa accade durante la serata descritta dall’autore nei vv. 29-35?

    In che cosa il comportamento di Leopardi differisce da quello dei suoi coe-tanei?

    Perché per il passero la solitudine non è fonte di infelicità?

    Con quale stato d’animo il poeta affronterà la vecchiaia?7

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    19 SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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  • il primo OttocentoCAPITOLO DUE 20

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    Riordina i versi secondo l’ordine sintattico consueto e fa’ la.

    «Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bel-la età della vita». questa frase tratta dal romanzoAden Arabie di Paul Nizan, facendo riferimento alla poesia Il passero solita-rio e a eventuali esperienze o riflessioni personali.

    Vedi a p. 75

    Vedi a p. 73

    Commenta

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    Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844), Paesaggio fantastico, 1820 ca., particolare.Il confronto tra questo Paesaggio fantastico e il Paesaggio con rovine di pag. 137 evidenzia come le due opere sidifferenzino soprattutto in base alle intenzioni espressive degli artisti: si tratta infatti, in entrambi i casi, diaccurate ricostruzioni “scenografiche”, rappresentazioni di luoghi ideali della mente che escludono ogniriferimento alla realtà. Nell’opera di Bonomini, l’elemento archeologico emerge da un intrico silvestre ecampeggia contro un fondale velato dai primi toni dorati del crepuscolo; di “fantastico”, nel secondo, c’èappunto soltanto la dichiarata intenzione dell’artista, mentre le figure, il paesaggio, il fondale, sono costruiti inbase ai classici canoni della “veduta” notturna.

  • SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

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    L’OPERAIl Ciclo di Aspasia nasce dal dolore causato dalla delusione per un amorenon corrisposto. Il titolo della raccolta fa riferimento ad Aspasia, una colta eraffinata donna greca amata da Pericle nel V secolo a. C., con il cui nome ilpoeta designa, in una delle liriche, la donna amata. Il ciclo è costituito dacinque componimenti, scritti fra il 1833 e il 1835, Il pensiero dominante,Amore e Morte, Consalvo, Aspasia e A se stesso che, con l’eccezione diConsalvo, ruotano attorno ai temi del disinganno amoroso e della fine dellasperanza.Il linguaggio aspro e antimusicale, la sintassi complessa e spezzata ge-nerano una poesia profondamente nuova, nuda e severa, lontanissima dal-l’atmosfera degli Idilli e dei Canti, con cui Leopardi esprime le sue rifles-sioni conclusive sul rapporto tra l’uomo e la natura.

    LA POESIALa lirica, appartenente al Ciclo di Aspasia, trae spunto da un evento reale, laprofonda delusione provata dal poeta quando scopre che la donna amata, labella e colta signora dei salotti fiorentini Fanny Targioni Tozzetti, non provaper lui alcun sentimento. Nel testo, però, la devastante esperienza individualesi amplia fino a divenire una sorta di punto di arrivo esistenziale, lucido e ra-gionato. La riflessione del poeta infatti prescinde ormai dalla situazioneesterna e il canto si presenta come un dialogo interiore improntato a unassoluto pessimismo in cui non è più di conforto neanche il ricordo dellagioia giovanile.Tuttavia, nel momento in cui sancisce la fine di ogni illusione, Leopardi af-ferma con forza la propria dignità di uomo, consistente proprio nella con-quistata consapevolezza della totale mancanza di senso di ogni cosa.

    Giacomo Leopardi

    A se stesso

    Or poserai1 per sempre,stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,2

    ch’eterno io mi credei.3 Perì. Ben sento,in noi di cari inganni,

    5 non che la speme il desiderio è spento.4

    Posa5 per sempre. Assai6

    palpitasti. Non val cosa nessunai moti tuoi, né di sospiri è degnala terra.7 Amaro e noia

    10 la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.T’acqueta8 omai. Disperal’ultima volta.9 Al gener nostro10 il fatonon donò che il morire. Omai disprezzate, la natura, il brutto

    15 poter che, ascoso, a comun danno imperae l’infinita vanità del tutto.11

    A se stesso, in Canti, Einaudi, Torino 2005

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    1. or poserai: finalmenteti placherai.2. Perì l’ingannoestremo: è svanitol’amore, la più tenacedelle illusioni (ingannoestremo).3. ch’eterno io micredei: che io avevocreduto eterno.4. in noi ... è spento:dentro di me è morta nonsolo la speranza (speme)ma il desiderio stessodelle soavi illusioni chemi furono così care (cariinganni).5. Posa: riposati.6. Assai: troppo.7. Non val ... terra: nonc’è cosa al mondo chemeriti (Non val cosanessuna) i tuoi sussulti(moti tuoi), e nulla in terraè degno dei tuoi sospiri.8. T’acqueta ormai:trova finalmente pace.9. Dispera l’ultimavolta: rinunciadefinitivamente a ognisperanza. 10. Al gener nostro: algenere umano.11. Omai ... tutto: ormainon ti resta chedisprezzare te stesso, lanatura, il malvagio potereche di nascosto (ascoso)domina l’universo adanno di tutti (a comundanno impera) e l’infinitàinutilità (vanità) di ognicosa.

    il significante

    le parole chiave

    i temi

    le figure retoriche

    la simbologia

    l’intertestualità

    l’extratestualità

    tratto da Ciclo diAspasia

    anno 1833-1835

    luogo Italia

    METRO endecasillabi esettenari

  • 22il primo Ottocento

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    STRUMENTI DI LETTURAIl significante

    La poesia è costituita da una successionerigorosa di endecasillabi e settenari: in cia-scuna delle tre parti in cui è divisibile (vv. 1-5, vv. 6-10, vv. 11-15) troviamo un settenariodi apertura, due endecasillabi, un altro set-tenario, e un endecasillabo di chiusura. Daquesto schema è escluso solo il verso fi-nale, e l’infinita vanità del tutto (v. 16), chesuggella e conclude la lirica in modo inci-sivo. Anche in questo caso la consueta al-ternanza di endecasillabi e settenari tipicadella poesia leopardiana (vedi A Silvia a p.130, vedi Il passero solitario a p. 136) è con-dizionata dalla complessità tematica delcomponimento. A differenza dei testi finoraesaminati, qui è soprattutto la sintassi a de-terminare il ritmo: imprimono alla poesia unandamento secco e deciso la presenza diproposizioni brevissime e perentorie checreano continue pause (v. 3 Perì; vv. 6-7Posa per sempre. Assai / palpitasti; vv. 11-12T’acqueta omai. Dispera / l’ultima volta), inumerosi punti che interrompono il verso(vv. 2, 3, 6, 7, 9, 11, 12, 13) e i frequenti en-jambement (vv. 6-7, vv. 7-8 ecc.). Contri-buisce a dare un tono asciutto al discorsoanche la prevalenza del modo imperativo(v. 6 Posa; v. 11 T’acqueta, Dispera; v. 13 di-sprezza).La durezza rilevata a livello sintattico è con-fermata dal lessico, spoglio, asciutto e po-vero di aggettivi. Nel canto prevalgono verbie sostantivi con forte valore espressivo econcettuale e la parola, persa ogni funzionedescrittiva, si fa nuda ed essenziale, dandorilievo a termini immediati e poeticamente in-soliti come fango (v. 10) e brutto (v. 14).

    Le parole chiaveLe tre parti della poesia si aprono con unaaffermazione in cui, coerentemente conquanto finora abbiamo messo in rilievo, ilverbo è il nucleo centrale: i versi Or pose-rai per sempre (v. 1), Posa per sempre (v. 6),T’acqueta omai (v. 11) ribadiscono in modoinsistente l’idea della accettazione di unavita priva di speranze e della rinuncia a ogniillusione.Nella lirica, la limitata presenza di aggettiviconferisce loro un particolare valore, spesso

    accentuato dalla posizione strategica in cuisono collocati: a fine verso troviamo i terminiestremo (v. 2), reso più sonoro e incisivodall’assonanza con eterno (v. 3), nessuna (v.7), brutto (v. 14), legato da rima con tutto (v.16), che insieme sottolineano il senso di ne-gatività assoluta e la mancanza di prospet-tive che innerva il testo.

    I temiIl disinganno: il componimento segna il di-stacco definitivo di Leopardi dalla fase gio-vanile delle illusioni che, sia pur sotto formadi ricordo del passato, sono ancora presentinei Canti (vedi a p. 124). Ora invece la nega-zione delle illusioni è categorica e con lascomparsa dell’amore, l’illusione più tenace(v. 2 inganno estremo; v. 4 cari inganni) spa-risce nel poeta anche la possibilità di attri-buire un senso alla propria esperienza diuomo. La rivelazione della verità non si limitaperò a spegnere i desideri (v. 5 non che laspeme il desiderio è spento) ma assume unsignificato più ampio e universale e il di-sprezzo con cui Leopardi si considera per lapropria ingenuità (v. 13 Omai disprezza) si al-larga coinvolgendo ogni cosa creata fino adefinire insensato lo stesso universo (v. 16l’infinita vanità del tutto).Il titanismo: tuttavia, dinanzi al vero Leo-pardi non mostra alcun segno di cedimentointeriore, al contrario il componimento testi-monia un coraggio vicino all’eroismo e ac-cettando la realtà per quella che è (l’infinitavanità del tutto), senza cercare facili consola-zioni: nel periodo romantico questo atteggia-mento prende il nome di titanismo, termineche trae origine dalla sfida che, secondo lamitologia greca, i dodici Titani, figli di Gea eUrano, lanciarono agli dei e al sommo poteredi Zeus, uscendone sconfitti.

    Le figure retoricheL’unica metafora riconoscibile, fango è ilmondo (v. 10), è significativa soprattutto perla presenza di un termine inusuale in poesia.La scelta di limitare l’uso di figure retorichedel significato conferma la volontà del poetadi dare assoluto rilievo alle singole espres-sioni e al loro autentico e nudo senso lette-rale, il solo in grado di esprimere la verità.

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    Il significante Per ciascuna delle figure foniche indicate riporta qualche esempio ricavatodal testo.

    rima (compresa rima interna): ..........................................................................................................................................assonanza: ......................................................................................................................................................................................................allitterazione: ............................................................................................................................................................................................

    Cerca gli enjambement presenti nel testo oltre a quelli indicati negliStrumenti di lettura.

    L’intertestualità Confronta l’idea leopardiana di natura presente in questo canto con quelladell’Infinito e di A Silvia, sottolineando analogie ed eventuali differenze.

    Vedi a p. 67 e 75

    Vedi a p. 15 e 28

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    23 SEZIONE II - PERCORSI POETICIil mestiere di scrivere: tra Ottocento e Novecento

    A chi rivolge Leopardi le sue parole?

    Nella lirica a quale destino va incontro il genere umano (vv. 12-13)?

    Con quali espressioni il poeta si riferisce alla vita e al mondo?

    Quale sentimento prova alla fine Leopardi nei confronti della natura e del po-tere che determina la vita di tutti gli uomini?

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    Tommaso Minardi(1787-1871),Autoritratto, 1807,particolare.Seduto su unpagliericcio, avvolto nelmantello, l’artista hadietro di sé pochi arredidisadorni. Fissa lospettatore, quasi a volerdichiarare: “questo sonoio”. Intorno, i segnisparsi del suo esserepittore. Il teschioall’estrema destra, oltread essere un classicodegli studi anatomici,rimandasimbolicamente altradizionale motivodella vanitas.

  • il primo OttocentoCAPITOLO DUE 24

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    Il testo che segue apre l’Ecclesiaste (o Qoèlet), un libro della Bibbia in cuil’autore affronta il problema del significato della vita umana. Leggilo con at-tenzione e, facendo riferimento a tutte le poesie di Leopardi che hai analiz-zato finora e ai loro indica i punti che tiricordano di più il pensiero del poeta; successivamente spiega il motivo del-le tue scelte in un breve componimento.

    1 Tutto è vanità in questo mondoParole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.

    2 Vanità delle vanità, dice Qoèlet,vanità delle vanità, tutto è vanità.

    3 Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affannoper cui fatica sotto il sole?

    4 Una generazione va, una generazione vienema la terra resta sempre la stessa.

    5 Il sole sorge e il sole tramonta,si affretta verso il luogo da dove risorgerà.

    6 Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;gira e rigira e sopra i suoi giri il vento ritorna.

    7 Tutti i fiumi vanno al mare,eppure il mare non è mai pieno:raggiunta la loro mèta,i fiumi riprendono la loro marcia.

    8 Tutte le cose sono in travaglioe nessuno potrebbe spiegarne il motivo.Non si sazia l’occhio di guardarené mai l’orecchio è sazio di udire.

    9 Ciò che è stato saràe ciò che si è fatto si rifarà;non c’è niente di nuovo sotto il sole.

    10 C’è forse qualcosa di cui si possa dire:«Guarda, questa è una novità»?Proprio questa è già stata nei secoliche ci hanno preceduto.

    11 Non resta più ricordo degli antichi,ma neppure di coloro che sarannosi conserverà memoriapresso coloro che verranno in seguito.

    Qoèlet, 1, 1-11

    Vedi a p. 67 e 75rapporti intertestuali

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    Giacomo LeopardiLA VITALA POETICAGiacomo Leopardi, L’infinitoStrumenti di letturaLaboratorioGiacomo Leopardi, A SilviaStrumenti di letturaLaboratorioGiacomo Leopardi, Il passero solitarioStrumenti di letturaLaboratorioGiacomo Leopardi, A se stessoStrumenti di letturaLaboratorio