Omelia vestizione 2012

3
Vestizioni Ez 37, 1-14; RegBol X, 8-12, FF 104 - 6 settembre- La prima lettura che abbiamo ascoltato, dal profeta Ezechiele, è una Parola molto forte. Ci parla in qualche modo di una....vestizione..., ed è per questo che oggi la ascoltiamo. La Bibbia è piena di vestiti, di persone che si vestono e che si spogliano, tanto questo gesto è simbolico di una identità che cambia, che nell'incontro con Dio ritrova un nuovo nome, un nuovo essere. Questa “vestizione” del libro di Ezechiele è decisamente un po' particolare, un po' strana. Proviamo ad ascoltarla Ezechiele è il profeta della grandi visioni, e quella che abbiamo ascoltato è particolarmente possente, impressionante. È una visione che il profeta ha avuto mentre il popolo è in esilio, in Babilonia, e gli viene mostrata in spirito una grande valle, piena di ossa inaridite. Il profeta è chiamato a passare accanto ad esse e a guardarle bene. E vede che sono proprio tutte inaridite, senza vita, e in “grandissima quantità”. Allora possiamo immaginarci anche noi questa distesa piena di ossa, e, fra quelle ossa, possiamo pensare che ci sono anche le nostre. Queste ossa sono il simbolo dell'uomo senza Dio, dice cos'è la vita di una persona quando Dio è lontano, quando Dio non è la vita. L'uomo è morto quando Dio non è vivo: cioè quando Dio è un'idea, un pensiero, è qualcosa da dire, qualcosa da fare; quando non è la sorgente della tua stessa vita. Quando non è più qualcuno su cui ti puoi appoggiare. Perchè ti puoi appoggiare solo su un Dio vivo, non su un'idea. Allora succede che l'uomo è solo, e questa è la morte. Israele è in esilio, ma il vero problema non è questo, perchè Dio è capace di andare in esilio con il suo popolo. Il vero problema è quando Israele cessa di aver fiducia in Dio, quando non è più sicuro che Dio lo può salvare da qualsiasi esilio. Le ossa sono inaridite perchè l'uomo ha perso la speranza, cioè la fiducia in Dio. Non basta Dio ci sia, deve essere vivo, deve essere l'evento centrale e decisivo della nostra vita, a cui sempre tornare e da cui sempre ripartire. Accanto a queste ossa, a questa morte, il profeta passa, il Signore lo porta proprio lì, e il profeta vede questo. Vede la verità dell'uomo, senza fiducia, senza Dio. E lì c'è questo piccolo dialogo, bellissimo. “Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?” - “Signore Dio, tu lo sai”. Il profeta è colui che ascolta la domanda di Dio sull'uomo, che intercetta il desiderio di vita che Dio ha per l'uomo. 1

description

 

Transcript of Omelia vestizione 2012

Page 1: Omelia vestizione 2012

Vestizioni Ez 37, 1-14; RegBol X, 8-12, FF 104 - 6 settembre-

La prima lettura che abbiamo ascoltato, dal profeta Ezechiele, è una Parola molto forte. Ci parla in qualche modo di una....vestizione..., ed è per questo che oggi la ascoltiamo. La Bibbia è piena di vestiti, di persone che si vestono e che si spogliano, tanto questo gesto è simbolico di una identità che cambia, che nell'incontro con Dio ritrova un nuovo nome, un nuovo essere. Questa “vestizione” del libro di Ezechiele è decisamente un po' particolare, un po' strana. Proviamo ad ascoltarla Ezechiele è il profeta della grandi visioni, e quella che abbiamo ascoltato è particolarmente possente, impressionante. È una visione che il profeta ha avuto mentre il popolo è in esilio, in Babilonia, e gli viene mostrata in spirito una grande valle, piena di ossa inaridite. Il profeta è chiamato a passare accanto ad esse e a guardarle bene. E vede che sono proprio tutte inaridite, senza vita, e in “grandissima quantità”. Allora possiamo immaginarci anche noi questa distesa piena di ossa, e, fra quelle ossa, possiamo pensare che ci sono anche le nostre. Queste ossa sono il simbolo dell'uomo senza Dio, dice cos'è la vita di una persona quando Dio è lontano, quando Dio non è la vita.

L'uomo è morto quando Dio non è vivo: cioè quando Dio è un'idea, un pensiero, è qualcosa da dire, qualcosa da fare; quando non è la sorgente della tua stessa vita. Quando non è più qualcuno su cui ti puoi appoggiare. Perchè ti puoi appoggiare solo su un Dio vivo, non su un'idea. Allora succede che l'uomo è solo, e questa è la morte. Israele è in esilio, ma il vero problema non è questo, perchè Dio è capace di andare in esilio con il suo popolo. Il vero problema è quando Israele cessa di aver fiducia in Dio, quando non è più sicuro che Dio lo può salvare da qualsiasi esilio. Le ossa sono inaridite perchè l'uomo ha perso la speranza, cioè la fiducia in Dio. Non basta Dio ci sia, deve essere vivo, deve essere l'evento centrale e decisivo della nostra vita, a cui sempre tornare e da cui sempre ripartire.

Accanto a queste ossa, a questa morte, il profeta passa, il Signore lo porta proprio lì, e il profeta vede questo. Vede la verità dell'uomo, senza fiducia, senza Dio. E lì c'è questo piccolo dialogo, bellissimo. “Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?” - “Signore Dio, tu lo sai”. Il profeta è colui che ascolta la domanda di Dio sull'uomo, che intercetta il desiderio di vita che Dio ha per l'uomo.

1

Page 2: Omelia vestizione 2012

Il profeta non risponde “no”. Sarebbe stato ovvio, giusto, logico, di fronte a una distesa di ossa aride, sarebbe stato giusto dire “no”. Noi, probabilmente, avremmo detto “no, non è possibile”. L'uomo di oggi, la scienza, la società avrebbero risposto: “no”. Il profeta, l'uomo di fede, non risponde “no”. Ma non risponde neanche “sì”. Sarebbe stato altrettanto assurdo, e un po' presuntuoso, o ingenuo. Risponde: “Signore, Dio, Tu lo sai”, che significa: “Signore, Dio, la vita è tua, Tu solo puoi fare questo”. Allora accade il miracolo, ed è un miracolo strano perchè è il profeta stesso che lo fa: Dio ordina al profeta di invitare lo Spirito a investire queste ossa, e renderle di nuovo vive. Allora c'è tutta una gradualità, c'è tutto un processo, per cui prima si riforma il corpo, ma è ancora un corpo senza vita. Quindi di nuovo una profezia, e lo Spirito prende possesso di questo corpo, e lo ossa diventano di nuovo persone. E le persone diventano un popolo. Allora, se prima abbiamo visto cos'è un uomo senza Dio, e cioè qualcosa di arido, senza vita, ora vediamo cosa fa Dio, cosa è capace di fare Dio quando entra nella vita di una persona, quando Dio ritorna ad essere la speranza: Dio fa l'uomo, ti rende un uomo. Ti rifà uomo. E abbiamo visto qual è il fine di questo processo di “umanizzazione”, il fine di questa “vestizione”: un uomo è veramente uomo quando dentro di sé ha lo Spirito di Dio. Siamo fatti per questo. L'uomo non è solo delle ossa con un po' di carne attorno, ma è questa vita complessa , che ha come cuore, come senso, come suo tutto lo Spirito di Dio, e cioè la Sua stessa vita. Allora, abbiamo solo bisogno di diventare uomini, e di diventarlo così. Ebbene, tutto questo Francesco l'ha vissuto, e lo ha anche insegnato ai suoi fratie l'ha ritenuto così importante, così fondante da metterlo nella regola; è quello che abbiamo ascoltato nel brano della Regola Bollata, dove Francesco dice qual è il fine della nostra vita: è esattamente quello di Ezechiele, cioè avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione.

Il fine della nostra vita non è fare qualcosa, non è neppure fare qualcosa di santo. Non è conoscere bene S. Francesco, o la Parola di Dio, non è qualcosa da sapere. Ci può essere la sottile tentazione di far coincidere la nostra vita con qualcosa da fare. Facciamo quello che fanno tutti gli altri, ma lo facciamo meglio, lo facciamo perfettamente. Non è così! La nostra vita è lasciar fare lo Spirito in noi, è vivere la vita di Dio1. Perchè solo questa è una vita veramente umana, una vita salvata.

1 San Serafino di Sarov, che è considerato come il S. Francesco dell'Oriente, commentando la parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge, si chiede: “Ma cosa hanno fatto le vergini stolte, dove si sono sbagliate? Anche loro erano vergini, anche loro attendevano lo sposo. Quello che mancava alle vergini stolte non erano le opere, ma il loro errore era di far coincidere la vita con le opere. QUELLO CHE MANCAVA ALLE VERGINI STOLTE ERA IL FUOCO DELLO SPIRITO SANTO”.

2

Page 3: Omelia vestizione 2012

E siccome lo Spirito soffia dove vuoi, lasciar fare a Lui è molto pericoloso, perchè è lasciarsi portare dietro a Lui sulle vie della Pasqua, che di solito non sono quelle che noi ci immaginiamo, né quelle che noi vorremmo. Non sono mai scontate, e non sono mai finite.

Dunque il fine della nostra vita è essere così poveri da poter lasciare posto in noi allo Spirito di Dio.

Nel brano della perfetta letizia, Francesco dice la stessa cosa in un altro modo: se anche convertissi tutti, se anche facessi miracoli, se anche noi fossimo tantissimi e facessimo tutti cose meravigliose, lì non è la perfetta letizia. Ma la perfetta letizia è la capacità di accogliere la vita, così com'è, senza perderne neppure un perderne neppure un pezzettino,

Quello che accade oggi è l'inizio di questo cammino di umanizzazione, che ha come fine l'essere pieni di Spirito Santo, come Maria. È il cammino di tutta la vita, e il bello di questo cammino è che niente può impedire che questo accada. Non saranno le cose che accadono ad impedirlo, non sarà neppure il nostro limite, e neanche il nostro peccato. Questo cammino si compie là dove ciascuno ha l'umiltà e la sapienza di credere che nulla è impossibile a Dio, e che anzi la nostra verità è che questo impossibile si compia in noi. E che quindi si tratta solo di essere poveri di sé e aperti a Lui. Sembrerebbe la cosa più semplice, ma evidentemente non è così: è molto più facile fare che lasciarsi fare. Quando fai, hai in mano qualcosa; quando ti lasci fare, NON SOLO NON HAI IN MANO NIENTE, MA SEI NELLE MANI DI QUALCUN ALTRO... Oggi vogliamo credere che queste mani sono mani buone, alle quali possiamo affidarci, senza riserve.

3