Omelia giubilei suore dorotee

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Messa per gli anniversari di consacrazione religiosa suore dorotee - Ct 8, 6-7; Sl 61 (62); Fil 3, 8-14; Gv 15, 9-17 - Vorrei partire dalla prima lettura, del Cantico dei Cantici: sono solo 2 versetti, ma hanno una forza espressiva davvero unica. È l’amata che parla all’amato, e gli chiede di essere posta come un sigillo sul cuore, come un sigillo sul braccio. Il riferimento evidente è a Deuteronomio 6, 6-8, quando è il Signore (lo Sposo!) a chiedere al popolo amato, Israele, che i precetti dell’alleanza gli stiano fissi nel cuore, che se li leghi al braccio. Quindi, sul cuore, sul braccio, si metteva la Legge, e in modo particolare il precetto dell’amore: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze (Dt 6,5) E il Signore chiede ad Israele di ricordare questa legge perché, come dirà più avanti, ricordare è vivere, è scegliere la via della vita; mentre se Israele dimentica, Israele muore, smarrisce il senso del proprio esistere, si perde L’amata, allora, chiede all’amato di essere ricordata, perché dentro questo legame di memoria reciproca sta la vita: la vita del loro stesso amore. L’amore ha bisogno di memoria, e la memoria ha bisogno di riti, di momenti, di oggetti, di celebrazione. Senza questo, la storia della salvezza rimane un’idea, l’amore rimane astratto, non detto, non comunicato, incapace di relazione. Ma l’amata chiede anche qualcosa in più: È come se dicesse all’amato: “Non mettere la legge sul tuo cuore, sul tuo braccio. Metti me.” E cioè, come dire che la legge dell’amore passa attraverso l’altro; e l’altro è l’amato così com’è, ma è anche tutto ciò che accade, sono tutti gli eventi che entrano in questa storia d’amore. E che quindi l’amore esige un’obbedienza come ad una legge e più che ad una legge, chiede l’obbedienza alla vita dell’altro, ai suoi desideri. Per chi si vuole bene, l’uno è legge per l’altro Cioè tu non vivi più per te stesso, ma, come dice Paolo, chi ama non cerca più l’utile proprio, il proprio interesse, ma quello altrui (cfr 1Cor 10,24) Dunque spendere una vita nell’amore, è questo cambio di mentalità che tu accogli, per cui tu non sei più legge a te stesso, ma accetti di farti povero, vulnerabile, di esporti alla necessità dell’altro, alla sua libertà. E non sai cosa l’altro farà di te… Questo può sembrare un po’ scandaloso, ma Gesù, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, dice esattamente la stessa cosa: l’amata del Cantico anticipa semplicemente quello che Gesù dice in Gv 15. Gesù parla di “rimanere nel suo amore”, ma dicendo questo non dice una cosa zuccherata o sentimentale: Rimane nell’amore chi fa proprio lo stile d’amore di Gesù, o –meglio ancora- lo stile d’amore che circola nella Trinità (“come il Padre ha amato me, io ho amato voi” v. 9), dove nessuno tiene nulla per sé, ma ciascuno tutto dona e ciascuno tutto riceve.

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Messa per gli anniversari di consacrazione religiosa suore dorotee

- Ct 8, 6-7; Sl 61 (62); Fil 3, 8-14; Gv 15, 9-17 -

Vorrei partire dalla prima lettura, del Cantico dei Cantici: sono solo 2 versetti, ma hanno una forza espressiva davvero unica. È l’amata che parla all’amato, e gli chiede di essere posta come un sigillo sul cuore, come un sigillo sul braccio. Il riferimento evidente è a Deuteronomio 6, 6-8, quando è il Signore (lo Sposo!) a chiedere al popolo amato, Israele, che i precetti dell’alleanza gli stiano fissi nel cuore, che se li leghi al braccio. Quindi, sul cuore, sul braccio, si metteva la Legge, e in modo particolare il precetto dell’amore: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze (Dt 6,5) E il Signore chiede ad Israele di ricordare questa legge perché, come dirà più avanti, ricordare è vivere, è scegliere la via della vita; mentre se Israele dimentica, Israele muore, smarrisce il senso del proprio esistere, si perde L’amata, allora, chiede all’amato di essere ricordata, perché dentro questo legame di memoria reciproca sta la vita: la vita del loro stesso amore. L’amore ha bisogno di memoria, e la memoria ha bisogno di riti, di momenti, di oggetti, di celebrazione. Senza questo, la storia della salvezza rimane un’idea, l’amore rimane astratto, non detto, non comunicato, incapace di relazione. Ma l’amata chiede anche qualcosa in più: È come se dicesse all’amato: “Non mettere la legge sul tuo cuore, sul tuo braccio. Metti me.” E cioè, come dire che la legge dell’amore passa attraverso l’altro; e l’altro è l’amato così com’è, ma è anche tutto ciò che accade, sono tutti gli eventi che entrano in questa storia d’amore. E che quindi l’amore esige un’obbedienza come ad una legge e più che ad una legge, chiede l’obbedienza alla vita dell’altro, ai suoi desideri. Per chi si vuole bene, l’uno è legge per l’altro Cioè tu non vivi più per te stesso, ma, come dice Paolo, chi ama non cerca più l’utile proprio, il proprio interesse, ma quello altrui (cfr 1Cor 10,24) Dunque spendere una vita nell’amore, è questo cambio di mentalità che tu accogli, per cui tu non sei più legge a te stesso, ma accetti di farti povero, vulnerabile, di esporti alla necessità dell’altro, alla sua libertà. E non sai cosa l’altro farà di te… Questo può sembrare un po’ scandaloso, ma Gesù, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, dice esattamente la stessa cosa: l’amata del Cantico anticipa semplicemente quello che Gesù dice in Gv 15. Gesù parla di “rimanere nel suo amore”, ma dicendo questo non dice una cosa zuccherata o sentimentale: Rimane nell’amore chi fa proprio lo stile d’amore di Gesù, o –meglio ancora- lo stile d’amore che circola nella Trinità (“come il Padre ha amato me, io ho amato voi” v. 9), dove nessuno tiene nulla per sé, ma ciascuno tutto dona e ciascuno tutto riceve.

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Gesù lo dice chiaramente, per cui l’unico comandamento, quello da legarsi sul braccio e da fissare nel cuore, è quello dell’amare come Lui ci ha amati. Come Lui ci ha amati è la vera differenza, perché Lui ci ha amati gratis, senza chiederci nulla in cambio e senza aspettarsi nulla in cambio. Ci ha amati anche quando questo voleva dire per Lui andare in croce, passare per il fallimento, la sconfitta, il dolore. Rimanere nell’amore significa passare per questa stessa via, con la stessa fede di Gesù, che credeva che una vita, spesa nell’amore fino all’ultima goccia di sangue, fosse più forte della morte. Ritornando al Cantico dei Cantici, forse quell’espressione che anela ad un amore più forte della morte (Ct 8,6) , trova il suo vero compimento solo qui. Quale amore è più forte della morte, se non quello di Gesù, che nella morte ci è passato ma non ci è rimasto prigioniero? Le grandi acque non lo hanno spento, i fiumi non lo hanno travolto …(Ct 8,7). E forse vuole dirci che c’è una cosa sola capace di vincere la morte, e questa cosa è l’amore, ma l’amore di Cristo che dà la vita. Allora non si tratta di fare altre cose, magari importanti, preziose, grandiose. Ciò che rende prezioso ogni nostro gesto, anche il più piccolo è nascosto, è la sua sintonia con lo stile di Cristo, con il Suo stesso rimanere nell’amore. Quando questo rimanere nell’amore diventa possibile? Mi viene da pensare: sulla croce. Lì tutto è compiuto, non solo perché lì l’amore di Dio si rivela in tutta la sua pienezza e la sua bellezza, ma anche perché lì Gesù ci dona lo Spirito, lì il Suo amore diviene il nostro amore, la nostra capacità di amare, come Lui. Allora seguire Gesù nella Sua passione, stare sotto la croce non significa solo portare le croci quotidiane con pazienza, ma accogliere da Dio la sua stessa capacità di amare, accogliere il Suo Spirito. Mettere questo evento del Golgota sul nostro braccio, fissarlo nel nostro cuore; e stare lì, a lasciare che questo Suo amore diventi nostro. Solo allora l’opera di Gesù è veramente compiuta. Penso che l’icona più bella di quello che abbiamo detto è questa celebrazione del 50° di consacrazione: È la storia dell’amore di Cristo che si compie, pazientemente e fedelmente, dentro la vita di queste sorelle; è Gesù che guarisce il cuore ferendolo con uno stile d’amore via via più spoglio, meno nostro e più Suo; che fa passare attraverso un’obbedienza alla vita a volte imprevedibile, non sempre facile, dove si è riportati sempre e di nuovo lì, sotto la croce, per scoprire che la vita è lì, e da nessun’altra parte. E allora nasce la gratitudine, per questi anni, ma soprattutto per questo progetto Suo, che si compie dentro la nostra debolezza.

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