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Mario Brunello a tutto Bach Oltre il violoncello: marzo/maggio 2017 Bimestrale n. 1/2017 – anno XXVI/BO - € 2,00 Bronfman e Sokolov: la storia del pianoforte Il Varignana Music Festival torna a luglio

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Mario Brunello a tutto BachOltre il violoncello:

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Bronfman e Sokolov: la storia del pianoforteIl Varignana Music Festival torna a luglio

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SOMMARIO n. 1 marzo/maggio 2017

EditorialeC’è ancora molta strada da fare di Fabrizio Festa 13

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16

Per leggereŠostakovic , Delman, Hillebrand di Chiara Sirk

I concerti marzo/maggio 2017

Da ascoltareLe lezioni di Pollini, Say e Cascioli di Piero Mioli

Lezioni di Piano – L’intervistaAlfred Brendel: Liszt l’incompreso

Teatro Comunale di BolognaAppuntamenti marzo/maggio 2017

MIA – Musica Insieme in AteneoVent’anni dopo di Elisabetta Collina

18MICO – Musica Insieme COntemporaneaMemoria al futuro di Alessandro Di Marco

3230

414448

Mario BrunelloI Solisti di Mosca, Yuri BashmetYefim BronfmanBlacher, Hagen, Özgür, Curfs, Estay, HaeldermansKelemen QuartetGrigory Sokolov

Articoli e interviste

20Varignana Music Festival 2017Il Palazzo della Musica

26I luoghi della musicaI codici domenicani di Maria Pace Marzocchi

24ProfiliLe divine pianure schubertiane di Roberto Verti

In copertina: Mario Brunello (foto di Giulio Favotto)10 IM MUSICA INSIEME

Musica a Bologna - I programmi di Musica Insieme

Alfred Brendel

Yefim Bronfman

Kolja Blacher

Grigory Sokolov

Kelemen Quartet

Yuri Bashmet

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Il 15 maggio con il recital di Grigory Sokolovla trentesima stagione deI Concerti di MusicaInsiemegiungerà al termine. Lo avevamo dettoin apertura di sipario: non si è trattato di cele-brare un traguardo, bensì di segnare un nuovopunto di partenza, in un percorso che ha ormaialle spalle trent’anni di attività. Certo, abbiamovoluto sottolineare quella cifra, ma lo abbiamofatto a modo nostro. Allargando il cartellone,e affiancandolo con una nuova rassegna, laseconda edizione diLezioni di Piano, che vo-leva essere il naturale complemento di quantoil nostro cartellone presentava. Un arricchi-mento nel significato, non nella quantità. Nelsignificato poiché tutta la stagione ruotava in-torno alla nostra idea di programmazione da unlato, e al nostro modo d’intendere il fare cul-tura (pratico, concreto, persino quotidiano)dall’altro. Programmare, ovvero sconfinare,tanto nel senso di offrire sempre nuovi spazi al-l’interpretazione, quanto nell’estendere il re-pertorio aggiungendo sempre nuovi tasselli.Fare cultura, poi, quindi offrire al pubblicosempre nuove occasioni di confrontarsi con gli

artisti, di conoscere la contemporaneità, di ap-profondire il passato, mantenendo sempre vivoil contatto tra storia e presente. Per questo ab-biamo voluto essere presenti inBologna Mo-derne proseguiamo nel cammino diMICO –Musica Insieme Contemporanea: per testimo-niare quanto presente e passato debbano essereconiugati con coerenza e senza pregiudizi. Perquesto insistiamo nel proporre le nostre tanteiniziative legate alla formazione del pubblico,studentesco, ma non solo.Invito alla Musica,MIA – Musica Insieme in Ateneo, Musica perle Scuole: tutti momenti in cui formazione eaccessibilità si sommano, nel convincimentoche il pubblico sia parte integrante del con-certo, e che quindi la qualità del pubblico de-termini anche la qualità del concerto mede-simo. D’altronde, in questi trent’anni abbiamolavorato proprio per far crescere uno spaziocondiviso, nel quale tanto gli appassionati,quanto chi si avvicinasse per la prima volta almondo della musica cameristica – giovani,studenti, fasce di pubblico che raramente ac-cedono ai concerti – potessero in primo luogopartecipare a quello straordinario rito civile,che è appunto il concerto. Ecco quindi il per-ché abbiamo voluto dedicare questa nostratrentesima stagione al pubblico. Quel pubblicoche ci ha seguito, ci segue, ci stimola, ci spingespesso a percorrere itinerari inusuali, animatitutti dal desiderio di scoprire quanto ancora diinesplorato l’universo della musica offre. Nonsorprenderà quindi l’apprendere che stiamogià lavorando alla prossima stagione. C’è an-cora molta strada da fare insieme.

Fabrizio Festa

EDITORIALE

C’È ANCORAmolta strada da fare

Lezioni di Piano, 9 gennaio 2017: Maurizio Polliniringrazia il pubblico dopo il suo recital al Teatro Comunale

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13IM MUSICA INSIEME

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Lezioni di Piano – L’intervista

14 IM MUSICA INSIEME

spite di Musica Insieme il 27 marzo perl’appuntamento finale diLezioni diPiano, Alfred Brendel sarà impegnato

in una lectio magistralis– eseguendone alcuniesempi al pianoforte – sulla Sonata in si minore diFranz Liszt, a cui farà seguito l’interpretazione in-tegrale della Sonata da parte del pianista unghe-rese Dénes Várjon, da lui prescelto come uno deipiù accreditati interpreti lisztiani. Liszt è un com-positore che Brendel ha assai amato e ‘difeso’, siacome pianista che nei suoi saggi, cercando disgombrare il campo dai pregiudizi che nuoce-vano alla comprensione del musicista.Possiamo far combaciare questi pregiudizi conun aforisma di Friedrich Nietzsche: «Liszt o lascuola di correre dietro alle donne», con cuiesordisce il suo saggio dedicato a questo“grande frainteso”?«Naturalmente Liszt ha fatto molto di più di

quanto Nietzsche gli attribuisce e forse gli rim-provera. (Anzi, più probabilmente erano le donneche correvano dietro a lui…). Quel che ho volutodimostrare nei miei scritti è la ricchezza di una fi-gura a tutto campo: compositore sterminato (avolte con varie versioni dello stesso lavoro), in-segnante dedito (e capace di chinarsi anche sullavita dei suoi allievi), strabiliante lettore a prima vi-sta, scrittore di migliaia di lettere, frequentatore dichiese, amico generoso, compagnia eclettica eapprezzatissima nei “salons”, gran viaggiatore…ma quando mai riusciva a dormire, costui? Certo,con tutto quel che ha scritto è pressoché inevita-bile, e ben comprensibile, che la qualità della suamusica sia ineguale. Ma quanto a personalità, cu-riosità e umanità, mi sembra essere uno dei piùammirevoli tra tutti i compositori».Si può dire che la sua interpretazione delleopere di Liszt sia stata anche una presa di di-stanza da questi fraintendimenti?«Sicuramente. La musica di Liszt è fra i testi chemaggiormente richiedono uno sguardo speciale:uno sguardo giusto, che si posi sulle note proprioper renderne visibile la qualità. Le esecuzioni cheritengo più vicine a quelle di Liszt quali io le im-magino, sono quelle di Wilhelm Kempff intornoagli anni Cinquanta».Può valere, per la scrittura pianistica di FranzLiszt, il riferimento di George Steiner ad unaparola usata dal poeta John Donne:interani-

In occasione del concerto finaledi Lezioni di Piano, il 27 marzo, conla lectio magistralis di Alfred Brendel

e l’esecuzione del pianista Dénes Várjon,pubblichiamo una recente intervista

dove Brendel parla di Liszt, ma anchedella sua ‘nuova vita’ di Alessandro Taverna

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Liszt l’incompresoALFRED BRENDEL

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mation? «Un processo di interpenetrazione ècome la conchiglia, dove il traduttore puòascoltare intensamente ma confondere il pul-sare del proprio battito cardiaco con il fra-stuono estraneo del mare»...«Può darsi che nel giovane Liszt la musica fosse lamessa in scena dinamica e persino tragica delle sueproprie emozioni. Ma per quel che sappiamo dellesue interpretazioni in età più avanzata, le cosestanno ben diversamente: era certo molto menoesuberante e spensierato, ancorché sempre pieno dipassione, ma sempre senza esagerare. Molto av-vincenti sono le descrizioni di Borodin che fu suoospite a Weimar, e la deliziosa, sagace cronaca diAmy Fay sullo studio della musica in Germania,che la portò tra l’altro a conoscere Liszt».Nella prefazione alla raccolta dei suoi saggipubblicati nel 2007 parla della sua attrazioneper le parole che l’hanno spinta a scrivere. Haavuto qualche modello fra gli scrittori – anchefuori dal più stretto campo musicale?«Non ho mai seguito – quantomeno consapevol-mente – alcun modello narrativo. D’altra parteMontaigne, Freud, Gombrich sono “essayistes” aiquali ispirarsi per il loro atteggiamento, e per laloro concisione. Quanto alla saggistica musicale,trovo che uno dei più eleganti nello stile sia DonaldFrancis Tovey. Comunque io mi sono avvicinatoalla scrittura sia per un innato amore per le parole,sia perché cercavo risposte a domande che iostessomi ponevo e non c’era nulla di pubblicato».Nella sua visione ricorrono il canto e la canta-bilità come punto imprescindibile per l’inter-pretazione. Ma se dovesse indicare qualcheopera preferita? E qualche interprete vocale?Le piace l’opera?«Il collegamento più immediato per me è con ilLied, e in particolare con i Lieder di Schubert. Masono fondamentali anche le opere di Mozart sui li-bretti di Da Ponte. E poi, Händel: che tesoro si èschiuso negli ultimi anni! Grazie alla straordinariacrescita della tecnica vocale, possiamo disporre diinterpreti di prim’ordine che ci hanno svelato un re-pertorio tanto ampio quanto diversificato. Tra imiei prediletti, citerei Caruso, Callas, Lotte Leh-mann, Fischer-Dieskau, Domingo. L’opera mipiacemoltissimo, ne sono stato un avido spettatoree ascoltatore sin dai miei primi anni di studio aVienna – anche se confesso di avere tuttora qualcheproblema quando le forme chiuse dell’Ottocentomifanno apparire i compositori in calzoncini corti…».Quali sono le sue impressioni sull’attualemondo pianistico? Ci sono giovani che la inte-ressano e di cui segue la carriera?«Sì, ci sono un buon numero di giovani pianistiche promettonomolto bene. Ora che ho un po’piùdi tempo, riesco a dedicarmi più spesso a quel che

ho sempre fatto per solidarietà nei confronti deigiovani artisti, seguendo alcuni talenti e dandoloro consigli: purché condividano le basi di par-tenza, come la fedeltà al testo e alle intenzioni delcompositore. Ma ancora di più sono affascinatodalla copiosità dei talenti violinistici, soprattuttoin campo femminile».Come vive adesso la condizione di trovarsi inpubblico non più per suonare il pianoforte, maper leggere?«Sono esecuzioni di tipo diverso: prevalentementein pubblico leggo quel che io stesso ho scritto,piuttosto che suonare le opere altrui come facevouna volta. Il maggior vantaggio delle conferenzeo delle letture è che il pubblico ogni tanto osari-dere. In effetti per la comprensione delle mie poe-sie è davvero importante sentirledire, e comesono dette. Testi generalmente brevi, che devonoavere l’impatto del lorotono. E poi ci si può tor-nar su, per completarlo via via con le risonanze diognuno. Trovando magari nel grottesco, nel ridi-colo, una strana tenerezza, un modo più lieve diaffrontare l’assurdità dell’esistenza».

Si ringrazia Classic Voiceper la gentile con-cessione dell’intervista, pubblicata nel numerodi maggio 2014

A fianco: Dénes Várjon.Nella pagina accanto:Alfred Brendel

marzo 2017 - lunedìAlfred Brendel lectio magistralis“Dall’esuberanza all’ascetismo –La Sonata in si minore di Liszt”

Dénes Várjon pianoforteFranz Liszt Sonata in si minore R 21

Teatro Comunale di Bologna ore 20.30

Biglietti in vendita online sul circuito Vivatickete presso la biglietteria del Teatro Manzonidal martedì al sabato dalle 15 alle 18.30.Il giorno del concerto, biglietti in vendita pressola biglietteria del Teatro Comunale dalle 15 alle 20.30.

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15IM MUSICA INSIEME

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ent’anni sono passati dal primo concerto diMIA – Musica Insieme in Ateneo: l’iniziodi un cammino sempre più ricco di sug-

gestioni. L’obiettivo, allora come oggi, era offrireagli studenti dell’Università di Bologna la possi-bilità di assistere a una serie di concerti organicaed insiememirata. Di conseguenza, abbiamo sem-pre scelto da un lato interpreti che potessero offrirea quegli ascoltatori tanto speciali sia l’emozionedell’ascolto, sia unmomento importante di crescitaculturale e di formazione personale; dall’altro unaprogrammazione che spaziasse in un repertorio ilpiù ampio possibile, per raccontare la storia dellamusica nella sua grande varietà. Emblematici inquesto senso sono protagonisti e programmi degliultimi due concerti della rassegna: il2marzoeccoun talento consacrato dalla vittoria a concorsicome il “Ginevra” e il “Busoni” 2016: la pianistacineseChloe Mun, la cui versatilità si manifestanella scelta di un programma chemuove dalle pa-gine settecentesche di Galuppi per approdare aquelle novecentesche di Albéniz. Il rinsaldarsidella collaborazione con ilCentro La Soffitta –Dipartimento delleArti dell’Università di Bolo-

gna darà luogo poi all’appuntamento finale del13aprile, un inedito incontro di poesia e musicasotto il segno di Schumann, del quale ascolteremouna delle le opere pianistiche più fantasiose: ilCarnaval, nelle cui “scene” vengono evocate fi-gure reali e immaginarie, come altrettante ma-schere della mente e del cuore. L’esecuzione diDiego Benocci, allievo della prestigiosa Accade-mia pianistica internazionale “Incontri col Mae-stro” di Imola, si intreccerà suggestivamente allarecitazione, da parte del poetaNicola Muschi-tiello, delle poesie che Armand Godoy dedicò alCarnaval, da lui ‘scoperte’ e tradotte.

La XX edizione della rassegna dedicataagli studenti universitari si conclude sottoil segno di Schumann, e con una ‘primaassoluta’ che unisce le note delCarnavalalle poesie di Godoydi Elisabetta Collina

VENT’ANNIdopo

V

16 IM MUSICA INSIEME

marzo - giovedìChloe Mun pianoforteMusiche di Galuppi, Albéniz, Schumann

2

aprile - giovedìNicola Muschitiello voce recitanteDiego Benocci pianoforteMusiche di Schumann

13

Marzo - Aprile 2017Laboratori delle Arti /Auditorium

(Piazzetta Pier Paolo Pasolini 5/b) ore 20,30

In collaborazione conCentro La Soffitta - Dipartimento delle Arti

L’ingresso a tutti i concerti della rassegna ègratuito per gli studenti e il personaledocente e tecnico-amministrativo dell’Uni-versità di Bologna. I coupon, che danno dirittoal ritiro del biglietto, saranno in distribuzione –previa presentazione del badge attestante lostato di studente o dipendente – presso la sededell’Ufficio Relazioni con il Pubblico inLargo Trombetti n. 1, fino ad esaurimento de-gli stessi. I coupon saranno disponibili dal gio-vedì della settimana precedente ciascun con-certo (in numero corrispondente alla capienzadell’Auditorium di Piazzetta Pier Paolo Pasolini)con i seguenti orari: lunedì, martedì, merco-ledì e venerdì dalle 9 alle 12,30 - martedìe giovedì dalle 14,30 alle 16,30.Il giorno del concerto, tutto il pubblico potrà re-carsi all’URP negli orari di apertura per ritirare icoupon ancora disponibili. La sera del concerto,a partire dalle 19,30 sarà possibile ritirarei biglietti nel foyer dell’Auditorium dei La-boratori delle Arti: studenti e personale del-l’Università, a presentazione del badge, avrannodiritto al biglietto gratuito.

MIA – Musica Insieme in Ateneo

Chloe Mun,protagonista

del concerto del2 marzo 2017

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l gioco di rimandi cui si riferisce il titolo ci ri-conduce al principio guida di MICO: lamusicaè sempre contemporanea. Quale che sia la sua

epoca, essa si realizza, infatti, solo al momento incui viene eseguita, nell’unione di interprete e pub-blico. Da qui l’esigenza di mantenere vivo e fe-condo il legame tra repertorio e contemporaneaproprio attraverso l’attualità del concerto. Bastascorrere il programma del9 marzo, di scena ilDuo Sérimpie, dove domina uno strumento, le on-des Martenot, che è la diretta filiazione del sim-bolismo francese, e al contempo affascina rocket-tari e compositori impegnati in finissime ricerchesul timbro. In certo senso è archetipico e futuro,come del resto vorrebbe essere tutto il nostro pro-gramma.Anche quando, come negli ultimi due ap-puntamenti, si concentra su due autori: un ritrattodi Franco Donatoni, interpretato il24 marzoda-gli ensembleFontanaMIX e Accroche Note, el’esecuzione diEuropera 3di John Cage, che con-cluderà il18 aprile la rassegna. Donatoni, stu-dente a Bologna presso il Conservatorio “Mar-

tini”, fu poi tra i docenti di spicco nel neonatoDAMS. Nel segno appunto di un’ininterrotta con-tinuità, ecco unaprima esecuzione italianadiAlessandro Solbiati, che di Donatoni è stato allievoe che proprio al “Martini” ha insegnato composi-zione.Europera 3è un caso singolare: vuol essere«l’irreversibile negazione dell’opera», ma si tra-sforma in una sorta di classico. Ad interpretarla isolisti delloZero Vocal Ensemblee gli Attoridella Scuola di Teatro “Alessandra GalanteGarrone” , la cui presenza in cartellone è divenutauna attesa consuetudine. Dunque, ancora un filoche si riannoda ed insieme un germoglio, dal qualesono nati nuovi semi, in quel costante e fecondopresente sempre presente che è la musica.

MICO – Musica Insieme COntemporanea

MEMORIAal futuro

Il fascino delle ondes Martenot, i ritrattidi Donatoni e Cage: tre concerti da

non perdere nel dodicesimo cartellonedi MICO di Alessandro Di Marco

I

Musica InsiemeCOntemporanea 2017

marzo 2017 giovedìDUO SÉRIMPIEBruno Perrault ondes MartenotMatteo Ramon Arevalos pianoforteONDES MUSICALESMusiche di Jolivet, Messiaen, Fukushima,Morin, Charpentier, Bennett, Murail

9

marzo 2017 venerdìENSEMBLE ACCROCHE NOTEFONTANAMIX ENSEMBLEFrançoise Kubler voceFrancesco La Licata direttoreRITRATTO DONATONIMusiche di Donatoni, Solbiati

24

aprile 2017 martedìZERO VOCAL ENSEMBLEATTORI DELLA SCUOLA DITEATRO “A. GALANTE GARRONE”FONTANAMIX ENSEMBLEEnrico Bernardi, Fabio Gentili pianoforteEUROPERAS - Musiche di Cage

18

Oratorio di San Filippo NeriVia Manzoni 5 - Bologna - ore 20.30

ACQUISTO DEI BIGLIETTI

I biglietti saranno in vendita presso l’ORATORIODI SAN FILIPPO NERI il giorno del concertoa partire dalle 19,30.

Il FontanaMIXEnsemble e gli Attoridella Scuola di Teatro“A. Galante Garrone”

18 IM MUSICA INSIEME

Marzo - Aprile 2017

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vrà luogoda venerdì 7 luglio a sabato 15luglio 2017 la IV edizione del VarignanaMusic Festival: nove giorni che trasfor-

meranno Palazzo di Varignana Resort & SPA inuno dei più affascinanti luoghi della musica. Ani-mato le scorse edizioni dalla presenza di solistiquali Maisky, Brunello, Bosso, Meneses, il Festi-val prosegue nella proposta di programmi coin-volgenti, affidati a straordinari protagonisti. Fra diessi, il pianista russoAlexei Volodin, solista concompagini quali la London Symphony Orchestrae la Sinfonica della RAI, eNatalia Gutman, la Si-gnora del violoncello, già diretta daAbbado, Muti,Temirkanov; la ascolteremo sia con il suoGutmanTrio che insieme al violistaDimitri Hoffmann ealQuartetto di Cremona, a sua volta ospite dellesale più prestigiose, dalla Konzerthaus di Berlinoal Metropolitan di NewYork. Testimonial fin dallaI edizione del VarignanaMusic Festival è poiAle-xander Romanovsky, solista con orchestre chevanno dalla New York Philharmonic alla Filar-monica della Scala e protagonista di un recitaltutto dedicato a Rachmaninov. A seguire, due in-contri con un’altra ospite d’eccezione come la vul-canica violinista moldavaPatricia Kopatchin-

skaja, con un programma che da Beethoven spa-zia sino alla musica popolare, dal duo al quar-tetto. Per la matinée finale, da non perdere la primamondiale di Roberto Molinelli perMario StefanoPietrodarchi, vincitore del principale concorso almondo per bandoneon, che la eseguirà in duo conAlexander Romanovsky, al quale spetterà chiudereil Festival con il superbo Secondo Concerto diChopin, accompagnato dalQuintetto d’Archi delTeatro Comunale di Bologna, composto dalleprime parti della storica orchestra.

Varignana Music Festival 2017

IL PALAZZOdella Musica

La suggestiva atmosfera del più esclusivoResort sulle colline bolognesi, la grande

tradizione della musica classica e gli incontricon i più grandi artisti contribuiscono

a fare del Varignana Music Festivalun’esperienza unica, tutta da scoprire

VarignanaMusic FestivalIV edizione7/15 luglio 2017

luglio 2017 venerdìGRAND OPENING7luglio 2017 sabatoALEXEI VOLODIN pianoforteMusiche di Chopin, Schumann

8

luglio 2017 domenicaQUARTETTO DI CREMONANATALIA GUTMAN violoncelloDIMITRI HOFFMANN violaMusiche di Brahms, Cajkovskij

9

luglio 2017 martedìGUTMAN TRIODMITRI VINNIK pianoforteSVIATOSLAV MOROZ violinoNATALIA GUTMAN violoncelloMusiche di Haydn, Beethoven, Ravel

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luglio 2017 mercoledìALEXANDER ROMANOVSKY pianoforteMusiche di Rachmaninov

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luglio 2017 giovedìPATRICIA KOPATCHINSKAJA violinoEMILIA KOPATCHINSKAJA violinoANTHONY ROMANIUK pianoforteVIKTOR KOPATCHINSKI cymbalomMusiche di Enescu, Kurtág, Crumb,tradizionale, Biber, Bartók

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luglio 2017 venerdìPATRICIA KOPATCHINSKAJA violinoANTHONY ROMANIUK pianoforteMusiche di C.P.E. Bach, Mendelssohn,Beethoven, Cage, Lann

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luglio 2017 sabatoQUINTETTO D’ARCHI DELTEATRO COMUNALE DI BOLOGNAALEXANDER ROMANOVSKY pianoforteMARIO STEFANO PIETRODARCHI bandoneonMusiche di Molinelli, Chopin

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luglio 2017 lunedìQUARTETTO DI CREMONAALEXEI VOLODIN pianoforteMusiche di Šostakovic

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Di fianco: Il GutmanTrio. In basso: Patricia

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Teatro Comunale di Bologna

uesta primavera, ben quattro saranno gliappuntamenti della Sinfonica, di cui treaffidati alla bacchetta del Direttore Mu-

sicale Michele Mariotti che, nell’ordine, saliràsul podio dell’orchestra del teatro felsineo per ilconcerto in omaggio a Toscanini nei 150 annidalla nascita e comprendente musiche di Rossinie Verdi (25 marzo, Auditorium Manzoni), per un“tutto Sibelius” con ospite la grande violinistaViktoria Mullova (22 aprile, Teatro Comunale) eper un terzo concerto dedicato a pagine di Webern,Schubert e Mendelssohn (28 aprile, Teatro Co-munale). Quindi sul podio salirà Frédéric Chaslinper un programma che presenta il Concerto diDvořák per violoncello affidato ad un solista di ri-lievo come Enrico Bronzi e la Sinfonia fantasticadi Berlioz (27 maggio, Auditorium Manzoni).Per il programma operistico invece, si passa dal-

l’oriente di Mozart del Ratto inaugurale a quellodi Rossini con Il turco in Italia (10-18 marzo) fir-mato per regia e scene da Davide Livermore e pro-dotto dal Rossini Opera Festival, con i costumi diGianluca Falaschi, il progetto luci di Nicolas Bo-vey e il videodesign di D-WORK. Sul podio Al-berto Zedda e un cast di interpreti rossiniani doccome Simone Alberghini (Selim), Hasmik Toro-syan (Donna Fiorilla), Paolo Bordogna (Don Ge-ronio), Maxim Mironov (Don Narciso), AlfonsoAntoniozzi (Prosdocimo), Aya Wakizono (Zaida)e Alessandro Luciano (Albazar). Uno dei lavoripiù significativi della comicità teatrale di Rossiniarriva così a Bologna – città rossiniana per eccel-lenza – affidato all’estro visionario di Davide Li-vermore, che ha immaginato l’intricata vicendaamorosa di Selim, Fiorilla, Geronio e Zaida inun’ambientazione tipicamente felliniana: il poetaProsdocimo rivive così nei panni di Marcello Ma-stroianni, Fiorilla in quelli di Claudia Cardinalementre Selim è il classico playboy dello Sceiccobianco. «Come accade in 8 ½ a Guido An-selmi/Mastroianni – spiega Livermore – anchenel Turco Prosdocimo è sempre alla ricerca dellasua storia. Era una similitudine così accattivanteche abbiamo voluto percorrerla sino in fondo. Midivertiva creare una sorta di dittico cinematogra-fico-musicale; e in fondo, poi, Rossini e Fellinisono figli della stessa terra». La produzione è resapossibile anche grazie al supporto di Sigaro To-scano – Gruppo Maccaferri.Nuova produzione del Comunale in prima asso-luta per il dittico composto da La voix humainedi Poulenc e Cavalleria rusticana di Mascagni(9-18 aprile), interpretati da Michele Mariotti,con Anna Caterina Antonacci protagonista del-l’atto unico su testo di Cocteau, e per l’operatratta dalla novella di Verga invece Carmen Top-ciu (Santuzza), Anastasia Boldyreva (Lola),Marco Berti (Turiddu), Dimitri Platanias (Al-fio), Claudia Marchi (Mamma Lucia). La regia èaffidata a Emma Dante, le scene sono di CarmineMaringola, i costumi di Vanessa Sannino, le luci

Q

Da marzo a maggio, la stagione di opera, danza e concerti 2017del Teatro Comunale offre appuntamenti importanti per gli amanti

sia del repertorio operistico che del sinfonico, confermandola vocazione ad accogliere il pubblico più diverso

FIORImusicali

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di Cristian Zuccaro e la coreografia di ManuelaLo Sicco. Da Poulenc a Mascagni, da Cocteau aVerga, due modi antitetici d’intendere l’amore.Un’accoppiata inusuale, rivelatrice di elementicomuni: «Sarà un viaggio d’amore – sottolineaEmma Dante – che rende pazzi i protagonisti eche ci farà scoprire i confini tra la ragione e laperdita del senno, in un affascinante affrescodell’animo umano. In entrambe le protagonisteleggo il dolore dell’abbandono, della solitudine,e la motivazione che spinge alla tragedia: la paz-zia d’amore; per amore si compiono azioniestreme, come estremo è il gesto teatrale dentrouna grande opera. Cercherò di trasferire dentrol’intimità di Poulenc e dentro il grande affrescosiciliano di Mascagni le infinite piccole cerimo-nie della vita di cui facciamo parte anche noi».Questa nuova produzione del Comunale è soste-nuta da Alfa Wasserman.Capolavoro del Novecento, per la prima volta inscena a Bologna al Teatro Comunale, Peter Gri-mes di Britten (18-24 maggio): protagonista IanStorey, con la direzione di Juraj Valčuha e la re-gia di Cesare Lievi con le scene di Csaba Antal,

i costumi di Marina Luxardo, le luci di LuigiSaccomandi e le coreografie di Daniela Schia-vone. Il capolavoro del massimo compositore in-glese ridefinisce le possibilità di scavo introspet-tivo del teatro d’opera del Novecento facendociriflettere sui rapporti umani, su quelli tra uomo enatura, sulla diversità e la violenza sociale neiconfronti dei più deboli. Ambientato in un vil-laggio di pescatori della costa inglese, Peter Gri-mes narra la vicenda di un uomo accusato di omi-cidio dalla sua comunità, di cui è destinato adiventare il capro espiatorio. L’opera debutta aBologna in uno spettacolo del Teatro Comunale“Luciano Pavarotti” di Modena, del Teatro Co-munale di Ferrara e Teatro “Alighieri” di Ra-venna, in cui Cesare Lievi evita una soluzione na-turalistica e punta a sottolineare la separazione frail protagonista e la società di cui fa parte, avva-lendosi di decisi contrasti di luce e chiedendo unarecitazione accuratissima da parte degli inter-preti. Sono gli Amici del Teatro Comunale diBologna a sostenere questo importante debuttocittadino. Tutte e tre le opere verranno registratee trasmesse su Rai Radio3.

BIGLIETTERIAI biglietti per i concerti hanno un costo da 10 a30 euro, quelli per le opere da 10 a 125 euro, connumerose facilitazioni e sconti. Possono essere ac-quistati online tramite il sito del teatro www.tcbo.itoppure presso la biglietteria, aperta dal martedì alvenerdì dalle 14 alle 18, il sabato dalle 11 alle 15.Nei giorni feriali di spettacolo: da 2 ore prima efino a 15 minuti dopo l’inizio dello spettacolo;in quelli festivi da un’ora e mezza prima e finoa 15 minuti dopo l’inizio dello spettacolo.Tel. (+39) 051.529019 / Fax (+39) 051.529995 /[email protected]

Sopra: Peter Grimes(a sinistra) e Il turcoin Italia (a destra). Inbasso: Michele Mariotti.Nella pagina a fianco:il violoncellistaEnrico Bronzi

23IM MUSICA INSIEME

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Profili

24 IM MUSICA INSIEME

er Schumann, che lo apprezzava con grandeacume, era l’uomo delle “divine lunghezze”.La musica di Schubert è ideale per spiazzare

il pubblico frettoloso che s’accappotta contorcendosimentre ancora s’alza dalla poltrona: la coda, la sen-sazione che stai ascoltando le ultime battute, iniziaa dieci minuti dalla fine. Schubert è sempre lì. Girain cerchio. Inventa melodie come, prima di lui, sa-peva fare solo Mozart. Con un’incredibile misura disemplicità. Te le offre, poi le rigira; le gira ancora, lemette di tre quarti e torni a vederle di fronte: sonocambiate. È cambiata la luce, una sfumatura, una pic-cola variante, un’increspatura fine fine. Poi le gira, lerigira e le rigira ancora. Le riconosci, sempre. Esono sempre diverse. Potrebbe durare ore, un quar-tetto di Schubert. Sarebbe sempre diverso.E sarebbe sempre uguale, resterebbe sempre lì: un in-timo di casa Beethoven, Anton Schindler, scrisseche «nella vita di Schubert non c’erano né montagnené vallate ma solo pianure, nelle quali egli si muo-veva con un ritmo sempre uniforme». Schindler erail corrispondente più assiduo di Beethoven: vivevanotutti a Vienna, negli stessi anni, sono morti a unanno di distanza l’uno dall’altro, Beethoven e Schu-bert. Schindler coglieva quelle “pianure” schuber-tiane (pianure anche slave e quindi davvero tanto etanto viennesi), proprio perché conosceva ancor me-glio le montagne impervie e gli abissali andirivienidell’amico Beethoven. Ben altra pasta: trovarne al-tri due così vicini per occasioni biografiche e così

lontani per sensibilità è pressoché impossibile. Bee-thoven restò senza eredi, anche perché a lui, di farescuola, non fregava nulla. Anche Schubert restòsenza eredi. Entrambi restarono senza continuatoriper una buona generazione: li ritrovarono poi, glieredi. Beethoven li ritrovò in Brahms e in Bruckner(con Schoenberg che avrebbe in seguito fatto di tuttoper entrare in famiglia). Schubert si ritrovò un po-chino anch’egli in Brahms: almeno in quelle sedut-tive impossibilità brahmsiane di “iniziare prima” e“finire poi”, di scrivere pezzi che partono da un non-nulla e sembrano frammenti di una partitura im-mensa, come accade nella Quarta Sinfonia. Si ritrovòsoprattutto, Schubert, nella fascinosa e sottilmentemalata multiculturalità di Mahler, e in quel continuocantare che Mahler, segnato da tragedie, dovettetrasformare in urlo, in lamento straziato. Melodia,sempre. Canto, antico e materno. Popolare, anche.“Sporco”, per nulla accademico e anzi un po’ distrada, un po’ Keller di Grinzig, mescita di vini deicolli (a Grinzig, dove Schubert andava a scriverecanzoni sulla carta dei panini in osteria, è sepolto Gu-stav Mahler, tomba asciutta e austera, lì in periferia,dove la città inizia a salire).Mahler divenne noto per aver detto «il mio tempoverrà» e per avere clamorosamente azzeccato la pro-fezia: cinquant’anni di soli ricordi del grandissimodirettore d’orchestra, e poi il diluvio di onori con-certistici e discografici che ancora scroscia senzadar cenni di cedimento. Mahler però aveva addossosegni di “futuro”; Schubert in fondo no: era chiusadentro di lui, quella sua musica, viveva nell’hic etnunc delle sue levigate “pianure”, ed è divenutaeterna al di là della sua volontà (all’eternità invecepensavano altri, pensava il Beethoven universalista,pensava il Wagner della unendliche Melodie, la “me-lodia infinita” ereditata da Schubert e data in lascitoa Gustav Mahler). Nella minuta dimensione delmondo schubertiano – tutto interiore e silenziosa-mente sofferente – è come se aleggiasse una possi-bilità di scrivere ‘fuori dal tempo’: in fondo, di mu-sica sua i suoi contemporanei ne conobbero benpoca. Se ne sono andati senza sapere quel che ave-vano perso. (Roberto Verti, aprile 2005)

Riproponiamo l’illuminante ritratto di Schubert, i cuicapolavori sono protagonisti della stagione di MusicaInsieme, che Roberto Verti scrisse per la nostra rivista

P

Franz Schubert(1797-1828) in unritratto di Wilhelm

August Rieder (1825)

LE DIVINE PIANUREschubertiane

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I luoghi della musica

26 IM MUSICA INSIEME

PAGINE prezioseI codici miniati provenienti dai conventi

domenicani bolognesi rivelano le loromeraviglie musicali al Museo Civico

Medievale di Maria Pace Marzocchi

opo i provvedimenti di soppressione degliordini religiosi emanati in età napoleonica enel 1866 dallo stato italiano, l’alienazione

del patrimonio ecclesiastico portò anche a Bolognaalla dispersione di gran parte delle biblioteche con-ventuali e all’allontanamento dei preziosi codicidalle loro sedi storiche. E se una parte restò nei luo-ghi di origine e un’altra finì sul mercato antiquario,un numero cospicuo fu destinato alle biblioteche ci-viche, al Liceo Musicale, all’Archiginnasio, al Mu-seo Civico, e dal 1985 alla sede del Museo Medie-vale in palazzo Ghisilardi Fava, dove per problemidi conservazione i codici sono esposti a rotazione.In occasione dell’VIII centenario della confermadella Regola dell’ordine domenicano (1216-2016),i libri attualmente in mostra, visibili fino al pros-simo 11 giugno, sono stati scelti tra quelli prove-nienti da chiese e conventi cittadini di tale ordine,da San Domenico e dai monasteri femminili diSant’Agnese, fondato nel 1223, e Santa Maria Mad-dalena di Val di Pietra.Data la rilevanza dell’apparato decorativo, i nume-rosi studi sui corali hanno riguardato soprattutto leminiature, eseguite da artisti bolognesi che dalla se-conda metà del Duecento e nel primo Trecentosvolsero un ruolo trainante nella cultura figurativadella città, centro librario di primaria importanzaper la presenza dei numerosi scriptoria dello Stu-dium e dei conventi.Solo in anni recenti l’attenzione si è focalizzataanche sul versante musicale, elemento in realtà diprimaria importanza per i corali contenenti i testi ele musiche della liturgia: Graduali, Antifonari, Col-lettarii, Innarii… E se tradizionalmente l’esecu-zione del canto gregoriano era ritenuta appannag-gio delle sole comunità maschili, dall’esame deimanoscritti musicali e delle regole dei vari ordini re-ligiosi è emerso il ruolo centrale svolto dal cantonelle comunità femminili religiose. Vere e propriesorprese, per la presenza di testi e musiche originali,hanno riservato i libri dei conventi femminili sopraricordati, due dei sette dell’ordine domenicano esi-stenti a Bologna nella seconda metà del Duecento.Nei codici di Sant’Agnese e Santa Maria Madda-lena, spesso commissionati dalle nobili famigliecui appartenevano le monache coriste, accanto alle

27 sequenze stabilite nell’“archetipo domenicano”stilato nel 1254, altre di nuova creazione, in usoesclusivo presso ciascuna delle due comunità, pre-sentano una struttura analoga a quella dell’inno, constrofe (prevalentemente di tre versi: due ottonari eun settenario) musicalmente uguali a due a due, cuise ne aggiunge una con melodia autonoma e collo-cazione variabile. Nel corso del tempo al cantopiano che accompagnava la messa quotidiana el’ufficio delle ore si aggiunse la pratica del canto fi-gurato e della polifonia, e intorno al 1560 su com-missione di Elena Malvezzi monaca e priora diSant’Agnese venne prodotta una raccolta di ma-drigali, chansons e mottetti trascritti per organo oclavicembalo (Cipriano de Rore, Janequin, e il gio-vane Palestrina…). Le esecuzioni più elaborate,oltre a conferire maggiore solennità agli eventi li-turgici, accrescevano il prestigio del monastero,ma nel 1582 i limiti imposti dalle riforme introdottedal Concilio di Trento ridussero drasticamente talipratiche, in nome di un maggior rigore e controllo,ad un tempo esercitato con determinazione anchesulle arti figurative.Per ricomporre virtualmente quanto resta del riccopatrimonio domenicano, ai codici del Museo Me-dievale vanno aggiunti quelli del Museo della Mu-sica, dell’Archiginnasio, altri di varie collezioni, esoprattutto il nucleo di 35 Corali tuttora nella Bi-blioteca Patriarcale di San Domenico. Scritti in ca-ratteri gotici su carta pergamena e riccamente mi-niati, con notazione musicale quadrata nera sutetragramma rosso, si segnalano per rilevanza delcontenuto liturgico ed anche per l’antichità. Antifo-nari del tempo, Antifonari dei Santi, Graduali deltempo, Graduali dei Santi, Salterii corali… Il più an-tico risale agli ultimi decenni del Duecento: è ilGraduale domenicano del tempo e dei Santi 1078.

SAN DOMENICO: il volto del Santonei codici miniati del Museo Civico MedievaleMuseo Civico Medievale, Bologna, via Manzoni 4Fino all’11 giugno 2017

D

In alto: “Maestrodi Sant’Agnese”

(Bologna, ultimo quartodel secolo XIII)

Sant’Agnese, Gradualedei Santi, ms. 521,

c. 230v Bologna,Museo Civico Medievale(Provenienza: Bologna,

Convento di Sant’Agnese)

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Lunedì 6 marzo 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

Lunedì 10 aprile 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

Lunedì 15 maggio 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

MARIO BRUNELLO..........................................violoncello e violoncello piccolo

Mozart, Beethoven

GRIGORY SOKOLOV.......................................pianoforte

Reich, Šostakovic

KOLJA BLACHER................................................violino

CLEMENS HAGEN...............................................violoncello

AYDIN ÖZGÜR........................................................pianoforte

RAYMOND CURFS, CLAUDIO ESTAY,MARK HAELDERMANS...............................percussioni

I CONCERTI marzo/maggio 2017

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme”e “Invito alla Musica” – per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Il concerto fa parte degli abbonamenti:“I Concerti di Musica Insieme” e “Musica per le Scuole”

Lunedì 3 aprile 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30Bartók, Debussy, Schumann, Stravinskij

YEFIM BRONFMAN..........................................pianoforte

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme”e “Invito alla Musica” – per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme”e “Invito alla Musica” – per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Lunedì 13 marzo 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30 Sviridov, Stravinskij, Prokof’ev, Schnittke, Šostakovic

Bach

I SOLISTI DI MOSCA

YURI BASHMET.....................................................viola e direttore

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme”e “Invito alla Musica” – per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria di Musica Insieme:Galleria Cavour, 2 - 40124 Bologna - tel. 051.271932 - fax 051.279278

[email protected] - www.musicainsiemebologna.it

Martedì 2 maggio 2017

AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

KELEMEN QUARTET

Haydn, Schumann, Schubert, Bartók

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme”e “Invito alla Musica” – per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

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l mondo ‘digitale’ di Johann Sebastian Bach ha sempre messo radici, di-scografiche ed esecutive, più profonde rispetto al resto della sua produ-zione strumentale. Organo e clavicembalo (ovviamente declinato al pia-

noforte) sono il riferimento immediato nell’immaginario collettivo, quasiun’associazione di idee binaria e irrevocabile, dura a scalfirsi. Clavicembaloben temperato, Arte della Fuga, Variazioni Goldberg: anche la discografia re-cente celebra nuove incisioni e accoglie persino una letteratura autobiografica

di musicisti stregati dai tasti bachiani. Ma Bach, per fortuna, non era sol-tanto un sublime indagatore della tastiera. Lungi dall’essere solo

Nel 1986 è il primo artista italiano a vincere ilConcorso “Čajkovskij” di Mosca, e da allora com-pare nelle principali sale e con le più prestigioseorchestre, tra cui London Symphony, MünchnerPhilharmoniker, Philadelphia Orchestra, MahlerChamber Orchestra, NHK Symphony di Tokyo,

Filarmonica della Scala, Accademia di SantaCecilia. Collabora con direttori quali Ger-giev, Pappano, Temirkanov, Chailly, Muti. Inambito cameristico lo si ascolta al fianco di

Gidon Kremer, Martha Argerich, AndreaLucchesini, Frank Peter Zimmermann,Maurizio Pollini e l’Hugo Wolf Quar-tett. Fra gli impegni del 2016/17, il ritor-no al Concertgebouw di Amsterdam,alla Kioi Hall di Tokyo, al Teatro La Fe-nice e al Teatro alla Scala con Myung-

Whun Chung e la Filarmonica.

MARIO BRUNELLO

30 IM MUSICA INSIEME

Mario Brunello torna a Musica Insieme per il secondo capitolodell’originale progetto dedicato alle Suites per violoncelloe alle Sonate e Partite per violino di Luca Baccolini

A TUTTO BACHparte seconda

Lunedì 6 marzo 2017

I

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31IM MUSICA INSIEME

clavicembalista e organista, al Kantor si deve unanatura più poliedrica e prima di tutto d’estrazioneviolinistica, essendo stato, diciassettenne, membrodell’orchestra di Weimar, e in ciò naturale prose-cutore di una tradizione tedesca che nel Seicentopiù maturo aveva raggiunto gradi sofisticatissimidi perfezione. Se Bach non fosse stato un eccel-lente violinista e non avesse amato lo strumento,ben difficilmente vi avrebbe dedicato il corpus diSoli che ne esaltano sì il fraseggio, ma soprattuttola robustezza. L’amore per l’arco fu coltivato dalprimo incarico fino alla vecchiaia, e disvela unpensiero musicale molto attento agli slanci melo-dici che gli derivavano dall’ammirazione per lascuola italiana. Impossibile sapere se Bach asso-ciasse alla composizione anche un’effettiva tecnicadi virtuoso. Ma è lecito aspettarselo, visti i risultatiinediti e quasi mai eguagliati dei suoi monumentiinnalzati al violino e al violoncello. Suites, Partitee Sonate nascono tra la fine degli anni Dieci el’alba degli anni Venti del Settecento, alla corte diCöthen, dove Bach, poco più che trentenne, eragiunto con la qualifica di maestro di cappella e di-rettore della musica da camera del Principe Leo-pold di Anhalt-Cöthen. Come altri colleghi re-gnanti, il principe si dilettava di musica,abbastanza da essere riconosciuto nelle sue abilitàdallo stesso Bach. Ma a differenza di tanti colleghimeno illuminati di lui, il Principe era anche suffi-cientemente acuto da capire con quale potente ge-nio si stava confrontando. Tra Leopold e Bach,benché l’ambiente fosse musicalmente circoscrittoalla sola corte, fiorirono anni di intensa collabora-zione, sostenuta da stima reciproca. E, aspetto pro-saico ma non secondario, da denari. Leopold, in-fatti, era appena rientrato da un Grand Tour italianoche gli aveva fatto scoprire le meraviglie dellamusica strumentale. E perciò chiese di ampliare ilnumero di musicisti di corte, stipendiandoli a do-vere e fornendo loro partiture acquistate senza re-more in Germania e all’estero. Da un manipolo di

strumentisti che non arrivavano a formare un quar-tetto, nacque una vera orchestra di corte. Bach, inquesta felice congiuntura mecenatistica, si pre-sentava come l’uomo giusto al momento giusto. Ea Leopold non parve vero di poter fare di lui ilcompositore di riferimento per la musica stru-mentale. Quello di Cöthen fu un quinquennio d’oroper la produzione di musica secolare, non assog-gettata ai legacci del sacro: oltre alle Suites per vio-loncello solo, alle Partite e alle Sonate per violino,nacquero pure i Concerti Brandeburghesi, le Sui-tes per orchestra e la Partita per flauto solo. Si po-trebbe dire che qui si condensò la massima libertàdi scrittura mai avuta da Bach, contando anche ilnon irrilevante aspetto di unabuona rendita economica, of-fuscata solo dalla morte dellamoglie Maria Barbara, madredei primi sette figli, scomparsad’improvviso nel luglio 1720.Anche il congedo da Cöthen,non imposto ma chiesto espres-samente dallo stesso Bach, ar-rivò senza ricorrere a strata-gemmi o a sottili armidiplomatiche. Leopold, vedovoda poco, nel 1723 accolse fa-talmente le dimissioni del protetto, raccomandan-dolo per l’imminente incarico lipsiense alla Tho-maskirche. In qualche modo, le pagine perstrumento ad arco di Bach riflettono anche il mi-racoloso incrocio tra due menti illuminate, inun’epoca in cui era ancora impossibile (e lo sa-rebbe stato anche ai tempi di Mozart e del primoBeethoven) proclamarsi artisti senza un protet-tore. Ma la fortuna di Bach fu di averlo trovato an-che nei panni di ammiratore. E noi oggi godiamoi frutti di questo incontro provvidenziale.

Lo sapevate cheperl’integrale bachiana,Brunello suonerà unostrumento costruito per luida Filippo Fasser, copiaesatta dell’unico esemplareesistente di un violoncellopiccolo dei fratelli Amati

LUNEDÌ 6 MARZO 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

MARIO BRUNELLO violoncelloe violoncello piccolo

Johann Sebastian BachSonata n. 3 in do maggiore BWV 1005Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012

Introduce Mario Brunello

Per quanto possa sembrare strano, vista la sua straordinaria vi-talità in sala da concerto e come protagonista dei progetti piùdiversi, la discografia di Brunello è piuttosto frastagliata e, conla sola eccezione delle Suites bachiane, non sembra seguireun filo conduttore. Le Suites le ha incise due volte: l’ultima nel2010 per Egea Music, che gli ha dedicato la collana BrunelloSeries, che contiene la preziosa Sonata di Lekeu, accostataall’Arpeggione di Schubert, e ancora Odusia, dove dominala composizione di Giovanni Sollima Spasimo. Non mancanoi titoli del grande repertorio, a cominciare dal Concerto diDvořák inciso con Santa Cecilia e Pappano (EMI 2012),ma a questi Brunello sembra preferire anche su cd percorsialternativi, come testimonia tutta la sua carriera.

DA ASCOLTARE

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I MILLE VOLTIdella creatività

Lunedì 13 marzo 2017

32 IM MUSICA INSIEME

Yuri Bashmet, il più celebre violistaal mondo, e i suoi Solisti di Moscapresentano una preziosa antologiadelle più interessanti espressionimusicali del Novecento russodi Maria Chiara Mazzi

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33IM MUSICA INSIEME

’è stato un luogo e c’è stato un tempo neiquali i compositori, oltre a seguire il pro-prio pensiero adeguando a quello la con-

creta espressione artistica, hanno dovuto ade-guarsi alla situazione politica e soprattutto aidesideri e alle direttive, riguardo all’arte musicale,di chi comandava. Insomma, c’è stato un luogo ec’è stato un tempo nei quali prima di iniziare amettere in note le proprie idee i musicisti dove-vano capire, e capirlo bene pena la loro fine arti-stica e talora anche fisica, come rispettare ordiniestetici dettati non dai filosofi o dai pensatori madai politici, per fini che con la musica non avevanonulla a che fare. Stiamo parlando, per essere espli-citi, dell’Unione Sovietica dove, nell’ordine, Ri-voluzione d’ottobre (dapprima iconoclasta, poitrasformatasi in regime autoritario), ‘disgelo’ e‘guerra fredda’, fino alla caduta del muro di Ber-lino, hanno fatto sentire direttamente il loro pesosugli artisti attraverso forme di controllo diretto daparte del potere. Già a inizio secolo (e sempre dipiù dopo il 1905, a seguito della guerra russo-giapponese e del primo tentativo di rivoluzione)molti artisti russi si erano orientati verso l’Europaoccidentale, provocando lì importanti innovazioniculturali e musicali. Come Djagilev, che coi suoiBallets Russes aveva portato aria nuova nella Pa-rigi simbolista, coinvolgendo Stravinskij nellaproduzione di lavori che avrebbero stravolto lastoria della musica del Novecento. Ed è proprioDjagilev a chiedere nel 1921 a Stravinskij di rea-lizzare un’operina come prologo alla riedizione a

Londra della Bella addormentata nel bosco diČajkovskij. Il compositore utilizza allo scopo unlibretto tratto da un poema satirico di Puškin, Ma-vra appunto, «dedicata alla memoria di Puškin,Glinka e Čajkovskij», nella quale per sua esplicitadichiarazione vuole «mostrare una Russia diversaai miei colleghi non russi, specialmente a quellifrancesi, i quali erano, a mio parere, saturi del-l’orientalismo da ente turistico del gruppo deiCinque». E con la quale inizia quel cammino nellapoetica ‘neoclassica’ che lo porterà a rileggerecon spirito astratto e distaccato grandi opere delpassato fondendo, come in questo caso, motivi po-polari russi e orientali all’interno di cornici formalistoricizzate.Tra il 1905 e lo scoppio della Rivoluzione d’ot-tobre nel 1917 i musicisti si trovano però a metàdel guado: osserviamo ad esempio l’attività diProkof’ev, che comincia la sua carriera di piani-sta e compositore negli anni della prima guerramondiale. Ma se negli anni immediatamente suc-cessivi alla Rivoluzione egli riuscirà a esprimerela forza prorompente del rinnovamento, ancora inbrani come le Visions fugitives (composte tra il1915 e il 1917 ed eseguite per la prima volta nel1918) egli guarda al tardo romanticismo simboli-sta, se pure parzialmente accogliendo spinte mo-derniste e un po’ provocatorie, che fanno capolinoin particolare nelle indicazioni agogico-espres-sive (come Ridicolosamente o Feroce) di alcuninumeri.Esuberanza e vitalità caratterizzano la produzionemusicale in Unione Sovietica nel primo decenniodopo la Rivoluzione che, all’inizio, è ‘rivoluzio-naria’, aperta alle avanguardie della muova mu-sica occidentale. Questo fino a che, negli anni

Fondata da Yuri Bashmet nel 1984, la compagine dei Solistidi Mosca è riconosciuta dalla critica come una delle miglioriformazioni cameristiche del momento, con un repertorio mol-to ampio, che si estende dal barocco ai contemporanei. Hatenuto tournées in tutto il mondo ed è stata protagonista del-le celebrazioni per il centenario del Concertgebouw di Am-sterdam e della Carnegie Hall di New York.Dopo la vittoria nel 1976 del Primo Premio al Concorso inter-nazionale di Monaco prende il via la strepitosa carriera in-ternazionale di Yuri Bashmet. La prodigiosa sonorità, ilmagistrale dominio dell’arco e l’eccezionale sensibilità nefanno uno dei solisti più apprezzati al mondo. Ha collabora-to con i nomi più prestigiosi del panorama internazionale,tra cui Svjatoslav Richter, Natalia Gutman, Gidon Kremer,Mstislav Rostropovič, Viktor Tretiakov.

I PROTAGONISTI

Introduce Fulvia de Colle. A Musica Insieme dal 1999,scrive di musica e traduce per Einaudi Editore

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LUNEDÌ 13 MARZO 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

I SOLISTI DI MOSCAYURI BASHMET viola e direttore

Georgij SviridovSinfonia da camera op. 14 per archiIgor’ StravinskijdallÊopera Mavra: Canzone della fanciulla(trascrizione per viola e archi)Sergej Prokof’evVisions fugitives op. 22 (trascrizioneper archi di R. Barshai/R. Balashov)Alfred SchnittkeConcerto a tre per violino, viola,violoncello e archiDmitrij ŠostakovicSinfonia da camera op. 110a per archi(trascrizione di R. Barshaidel Quartetto op. 110)

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Trenta, essa si trasforma in un regime all’internodel quale le norme per gli artisti divengono asso-lutamente restrittive, quasi in opposizione alla li-bertà degli anni precedenti. Adesso il ‘realismo so-cialista’ richiede una musica «leggermente seria oseriamente leggera, il cui idioma dovrà avere unamelodia facile con una qualche definita funzioneda svolgere senza cadere nel derivativo o nel tri-viale, chiara e semplice, ma senza stereotipi»,come scrive proprio Prokof’ev. Uno stile al qualeperfettamente rispondono professionisti prepara-tissimi come Sviridov che, allievo di Šostakovič,al contrario del maestro si esprime in uno stile neo-romantico talmente allineato da ottenere addiritturariconoscimenti quali il titolo di Artista del Popoloe di Eroe del Lavoro Socialista. Dall’altra partestanno invece artisti come Šostakovič, il quale,

osannato all’inizio come innovatore per la portatarivoluzionaria della sua musica, godette poi di al-terne fortune passando col cambio di atteggia-mento del regime dal successo all’ostracismo, allariabilitazione dopo l’‘autocritica’. Ritirandosi, in-fine, dopo la morte di Stalin, in un mondo musicaleintimistico e rarefatto, privilegiando l’espressionecameristica a quella sinfonica, come accade nellaSinfonia da camera op. 110a, trasposizione delQuartetto n. 8, preparato in soli tre giorni duranteil suo soggiorno a Dresda nel 1960. Ancora più va-ria la vicenda artistica di Schnittke, sino a fineanni Cinquanta fedele alle direttive del regime eperfettamente inserito nel meccanismo promozio-nale e concertistico ma che, nel ventennio succes-sivo, per la sua adesione alle avanguardie vieneostacolato nell’insegnamento e penalizzato nel-l’esecuzione della sua musica. Musica che peròviene diffusa in Occidente grazie all’attività digrandi artisti quali Kremer, Bashmet o Rostropo-vič, ai quali è dedicato proprio il Concerto a tre perviolino, viola, violoncello e archi. Brano questo nelquale trova applicazione il pensiero musicale diSchnittke degli ultimi decenni: preferenza per pic-coli organici con strumenti che si staccano in ma-niera concertante e recupero di forme, come quelladel concerto, che sembravano aver ormai esauritotutte le loro potenzialità espressive.

La produzione discografica di Yuri Bashmet include anche quel-la dei Solisti di Mosca, nella quale Bashmet appare sia in vestedi direttore che di solista. Il grande violista russo ha inciso pres-soché tutto il repertorio, dal Settecento ad oggi, composto per ilsuo strumento. Incisioni preziose, spesso realizzate insieme a so-listi talentuosi come Svjatoslav Richter (ristampata su cd dallaAlto), Martha Argerich o Mischa Maisky, ed altrettanto spessodedicate a brani di rara reperibilità su disco e di rara frequenta-zione nelle sale da concerto. Tra i tanti esempi: nel 2008 l’al-bum realizzato da Bashmet e dal suo ensemble con pagine diTan Dun, Hayashi e Takemitsu (Onyx 4027). Non manca ovvia-mente Schnittke, legato a Bashmet da un fecondo sodalizio arti-stico. Tra le tante incisioni citiamo quella per la RCA (1991),dove Bashmet esegue il Concerto per viola sotto la direzione diRostropovič con la London Symphony, mentre coi suoi Solisti af-fronta la Trio Sonata, da lui arrangiata per orchestra d’archi.

DA ASCOLTARE

34 IM MUSICA INSIEME

Lo sapevate chedal 2000 Bashmetè Commendatore al Merito dellaRepubblica Italiana e direttoreartistico della Stagione Musicaledi Villa Abamelek, residenzadell’Ambasciatore Russo in Italia

Lunedì 13 marzo 2017

Sergej Prokof’ev, DmitrijŠostakovič e Aram

Khačaturjan in unafotografia del 1940

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alla forma della suite che fa riferimento ilprogramma prescelto da Bronfman: ov-vero, come recitano i manuali di analisi

delle forme musicali, quella collazione di danze,magari tutte composte nella medesima tonalità,che fin dal tardo Cinquecento troviamo nei reper-tori dei compositori. Una raccolta che, fino al-meno a metà del XVIII secolo, raccoglierà al suointerno le danze più in voga del momento in que-sta o quella corte. Poi, si andrà consolidando unastruttura più o meno fissa, quella che utilizze-ranno ad esempio gli Händel o i Bach, caratteriz-zata dal susseguirsi delle stesse danze (semprecon qualche variazione però). Anzi, a quel punto,siamo nei primi decenni del Settecento, non saràpiù musica per danzare. Come afferma de la Mottenel suo fondamentale La Melodia, «i raggruppa-menti di 2 + 2 = 4 battute e di 4 + 4 = 8 battute

sono stati inventati dalle gambe dei ballerini, ehanno dominato la musica di danza già nell’epocaaurea della messa, del mottetto, della fuga e delconcerto, hanno plasmato la canzone popolare esono penetrati nella sala da concerto. Qui hannoconquistato tutto il potere, al punto che le teoriedella forma basano l’insegnamento sul periodo diotto battute… e concedono alcune eccezioni. (Masono proprio queste ultime che danno talvolta ilmaggior piacere all’ascolto)». Questo è esatta-mente quello che è accaduto. Le gambe dei bal-lerini, poco per volta, ma inesorabilmente, nonsono più state né l’ispirazione né la destinazione

UN PIANOFORTEper danzare

Sempre originali i programmiprescelti da Yefim Bronfman, e costruiti

intorno a fil rouge specifici, come laforma della danza, che anima il suoconcerto bolognese di Fabrizio Festa

È

Lunedì 3 aprile 2017

37IM MUSICA INSIEME

LUNEDÌ 3 APRILE 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

Introduce Giordano Montecchi. Saggistae critico musicale per quotidiani e riviste, insegnaStoria della musica al Conservatorio di Parma

YEFIM BRONFMAN pianoforte

Béla BartókSuite op. 14Claude DebussySuite bergamasqueRobert SchumannHumoreske in si bemolle maggiore op. 20Igor’ StravinskijTre Movimenti da Petruška

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di quelle raccolte che pur suite si sono chiamate.A questo genere di lavori appartiene la Suite Ber-gamasque di Claude Debussy, che vi lavora dal1890 al 1905, quando finalmente viene pubblicata.La suite si apre con un Prélude (come era dive-nuto uso comune già dalla seconda metà del Sei-cento), seguito da un Menuet. Terzo movimento èil celebre Clair de lune, precedentemente peròintitolato Promenade sentimentale, titolo che forsemeglio aiuta l’ascoltatore a seguirne l’affasci-nante sviluppo, liberandolo da pericolosi para-goni con altre pagine (apocrife o autentiche), essepure omaggianti il nostro candido e luminoso sa-tellite. Anche l’ultimo brano nacque con un titolodiverso da quello poi pubblicato: in origine erauna Pavane, e solo dopo divenne un Passepied. Inentrambi i casi, comunque, danze, sebbene De-bussy mai abbia pensato di destinare effettiva-mente alla danza queste sue pagine. Della danzaresta il sapore, così come nella Pavane di Fauré oRavel, ma nulla più. Peraltro, bisogna anche sot-tolineare che proprio nella Parigi di Debussy ladanza – almeno quella dei professionisti del pal-coscenico – stava cambiando, grazie a figure comeLoïe Fuller, o Isadora Duncan. E soprattutto gra-zie a Sergej Djagilev e ai suoi Balletti Russi. QuelDjagilev cui Stravinskij deve gran parte della suameritata fama. Il 13 giugno del 1911 al Théâtre duChatelet va in scena Petruška, coreografia di Fo-kine, sul palco due talenti come Nijinskij e laKarsavina, scenografie del fidato Benois. Un bal-letto, nel quale Stravinskij fa uso di valzer e polka,oltre che di motivi da cabaret e di marcette assor-tite. Nel 1921 realizza la suite, che ha per titoloTre Movimenti da Petruška, e la realizza per Ar-thur Rubinstein. Qui il termine suite, dunque, as-

sume il significato di “antologia di brani trattida”. In questo caso quindi il balletto è solo un ri-ferimento, per pagine destinate questa volta al re-cital pianistico. In quei medesimi anni Bartókcompone la Suite op. 14 (1916). I titoli dei movi-menti – Allegretto, Scherzo, Allegro molto, So-stenuto – non fanno pensare tout court alla danza.Se alle gambe dei ballerini Bartók avesse pensato,sarebbero comunque state quelle dei contadinimagiari, oggetto del suo studio etnologico, le cuitracce troviamo evidenti anche in questa parti-tura. Dunque, qui suite sta proprio e soltanto persilloge di brani, certo coerentemente legati traloro, ma senza alcun richiamo esplicito alle formedella danza. Di silloge coerente si tratta anchenel caso dell’Humoreske op. 20 di Robert Schu-mann, un compositore che proprio attraverso lesillogi (basti pensare qui al Carnaval o a Kreisle-riana) non solo aveva descritto la sua personalepoetica, ma anche e soprattuttoaveva saputo tessere affasci-nanti legami col mondo lette-rario. Humoreske è titolo di sa-pore letterario, con un esplicitorichiamo a quel concetto di“Humor”, caro a molta lettera-tura tedesca dell’epoca: sitratta di brevi quadri, animatida diversi “umori”, con un ri-mando alla definizione ippo-cratea di quel termine, e a quanto poi si sviluppòdal Medioevo al Rinascimento proprio intornoalla teoria degli umori. Dunque, l’opera 20 è unacollazione di scene diverse, ispirate da diversiumori. Collazione che in questo suo raccogliere inmusica differenti “stati d’animo” ci appare comeun’antologia psicologico-sonora. Un modo an-cora diverso, quindi, d’intendere il termine “suite”.

Lo sapevate chenel 2015,mentre suonava Bartók,Bronfman si è ferito suitasti del pianoforte, maha continuato a suonarenonostante il dolore

L’ultima fatica discografica di Bronfman è dedicata a un’operache raramente viene proposta su cd. Per i tipi della DeutscheGrammophon (2016) ha registrato una raccolta di Lieder e l’in-tegrale dei Liebeslieder-Walzer di Brahms. Fatica condivisa conartisti come James Levine e Thomas Quasthoff. Un cd questoche va ad aggiungersi a una ricca discografia, ove spiccanotanto lavori con l’orchestra, quanto album solistici e cameristici.Non possiamo non ricordare le incisioni storiche con Isaac Stern(Mozart per la Sony 1994, 1995), così come la più recente LaTrota (RCA 2008). Tra le prime segnaliamo l’incisione di duebrani del compositore finlandese Magnus Lindberg (Dacapo2013), con la New York Philharmonic diretta da Gilbert, segnodell’interesse di Bronfman per la musica del nostro tempo.

DA ASCOLTARE

38 IM MUSICA INSIEME

Lunedì 3 aprile 2017

Considerato uno dei più grandi pianistidi oggi, la sua tecnica straordinaria ela sua eccezionale musicalità sono rico-nosciute e acclamate dalla critica e dalpubblico di tutto il mondo. Nel corsodella sua carriera, Yefim Bronfmansi è esibito con le più prestigiose com-pagini, quali London Symphony Orche-stra, Orchestre Filarmoniche di Vienna,New York, Cleveland e Orchestre Sin-foniche di Boston, Montreal, San Fran-cisco, Toronto. Nel 2007 ha interpreta-to in prima mondiale il Concerto perpianoforte scritto per lui da Esa-PekkaSalonen e commissionato dalla NewYork Philharmonic.

YEFIM BRONFMAN

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L’onestà dell’interpreteYefim Bronfman

Tra i musicisti cui ci lega un consolidato sodalizio artistico,Yefim Bronfman occupa un posto davvero particolare.Grazie a lui, infatti, continuiamo ad esplorare un reper-torio sempre più vasto, magari incrociando strade che ap-parentemente passano sì vicine, ma che, ad una primaimpressione, parrebbero comunque non avere punti dicontatto. Ma di questo parliamo nell’articolo dedicato ap-punto al suo programma. Nell’intervistarlo, invece, ab-biamo cercato di capire come Bronfman interpreti il suomestiere di musicista, una professione che oggi necessitadi sempre maggiori capacità sia sotto il profilo dello stu-dio vero e proprio della materia musicale, sia nel sapersirapportare ad un pubblico, i cui gusti e le cui preferenzesi sono di molto allargati.

La sua amicizia con Musica Insieme risale al 1996.Che ricordi conserva dei suoi concerti bolognesi edel nostro pubblico?«Provo una sincera meraviglia e una genuina ammira-zione in primo luogo per la bellezza della vostra città. Unacittà nella quale arte e architettura sembrano fondersi inun unico elemento, caratteristica che peraltro ho potutoriscontrare anche nel pubblico. Il pubblico a Bologna ènon solo accogliente, ma anche competente».Fra i tanti riconoscimenti ottenuti durante la sua car-riera, ce n’è qualcuno al quale si sente più legato?«A dir la verità, no. Premi e riconoscimenti, e tutto quantofa parte integrante della carriera di un musicista, li ho ac-colti con piacere, e insieme come un impegno a dare ilmeglio di me in ogni occasione. La mia esperienza miporta ad affermare che il maggiore tra tutti i riconosci-menti possibili è quello che percepisco quando riesco astabilire un effettivo, reale e solido rapporto con il pub-blico. Il momento in cui prende vita quel sentimentounico è davvero un momento straordinario e appagante».Quali sono i suoi punti di riferimento, non solo nel-

l’ambito musicale, ma anche, parlando più in ge-nerale, nella sua vita?«La musica è lo specchio della vita. Di conseguenza dalmio punto di vista musica e vita sono inseparabili. Così sedovessi cercare di enucleare un qualche principio, cui fac-cio riferimento tanto nella vita quanto nella mia attività dimusicista, ecco che il primo a venirmi alla mente è: one-stà. Dunque, essere onesti verso la musica, avere con lamusica un rapporto sincero e limpido. Il che implica, perl’interprete, essere onesti verso il compositore, ovvero ri-spettare quanto più è possibile le sue intenzioni, le sue in-dicazioni, il suo stile».Cosa si sentirebbe di suggerire ad un giovane ta-lento che desiderasse intraprendere una carrieracome interprete?«Ciascun pianista mostra differenti capacità e doti. Cia-scuno di loro meriterebbe di essere considerato come uncaso a sé, e a ciascuno di loro dovrei dare, almeno dalpunto di vista tecnico, una risposta diversa. Per tutti peròdeve valere un principio: dedicarsi alla musica significaamarla e amare sinceramente ciò che si fa».Parliamo ora del suo recital. Schumann, Debussy,Bartók, Stravinskij, si tratta di un repertorio davveroricco e differenziato: vorrebbe spiegarci come hascelto il programma?«Questo programma ha un suo fil rouge, un suo temaprincipale: la forma di suite. Una forma che nei miei re-cital vado esplorando con sempre maggiore frequenza.D’altronde, in passato, ho compiuto scelte analoghe, af-frontando, con la medesima unità programmatica, altregrandi forme musicali, come la sonata o le variazioni,e sempre mettendo in relazione un compositore con al-tri che si erano dedicati a quelle forme».Da questo punto di vista, ritiene che sia possibileriscontrare un qualche tipo di legame tra gli ac-centi etnici della Suite di Bartók e il Pe-truška di Stravinskij?«Certamente sì, ma non è questa lasola connessione che si può ritrovaretra i brani in programma. Ad esempio,sono convinto che sia più profonda earticolata la connessione tra Debussye Stravinskij. I colori impressionisticidella musica del compositore fran-cese credo abbiano davvero in-fluenzato potentemente la musicastravinskiana».

39IM MUSICA INSIEME

Intervista> >

«Penso che il maggiore tra tuttii riconoscimenti possibili sia quelloche percepisco quando riescoa stabilire un effettivo, reale esolido rapporto con il pubblico»

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Il sestetto capeggiato dal violinistaKolja Blacher accosta le pionieristichesperimentazioni di Reich all’ultima,enigmatica Sinfonia di Šostakovičdi Mariateresa Storino

TRA RUSSIAe America

Lunedì10 aprile 2017

Introduce Marco Beghelli. Docente all’Universitàdi Bologna, coordina l’Archivio del Canto nelDipartimento delle Arti, ed è autore di libridi argomento musicale

LUNEDÌ 10 APRILE 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

KOLJA BLACHER violinoCLEMENS HAGEN violoncelloAYDIN ÖZGÜR pianoforteRAYMOND CURFS, CLAUDIO ESTAY,MARK HAELDERMANS percussioni

Steve ReichMusic for Pieces of WoodDmitrij ŠostakovicJazz Suite n. 2 (trascrizione perclarinetto, violoncello, pianofortee percussioni di O. Cruixent)

Sinfonia n. 15 in la maggiore op. 141(trascrizione per trio con pianofortee percussioni di A. Pushkareve V. Derevianko)

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merica e URSS, anni Settanta del No-vecento. Quanta la distanza tra due po-tenze ancora in piena guerra fredda. Il li-

bero americano Steve Reich e il “formalista”sovietico Dmitrij Šostakovič: due compositori em-blema di due culture. Mentre Reich conduce le suesperimentazioni nell’ambito della musica mini-malista, in un fervente clima di rinnovamento,sulla scia dell’eredità di John Cage, Morton Feld-man, La Monte Young e dell’eclettismo dei com-positori del dopoguerra, Šostakovič cerca di di-stricarsi dai ‘residuati’ della censura stalinista. Lastoria del pensiero compositivo di Reich partequasi in modo casuale, dalla registrazione del ser-mone di un predicatore nero che annunciava la finedel mondo; riascoltando le sue parole «It’s gonnarain», Reich elabora la tecnica del defasaggio (pha-sing): due nastri magnetici partono all’unisonosulle stesse parole per poi essere gradualmentesfasati. A questo primo esperimento segueun’esplorazione indefessa del musicista sulle pos-sibilità insite nella ripetizione; la ricerca è soste-nuta da una concezione della musica come pro-cesso graduale, ossia dall’idea che all’ascoltatoresi debba mostrare in trasparenza, nei minimi det-

tagli, il divenire di una composizione. La realiz-zazione del processo musicale richiede una iper-determinazione della costruzione dell’opera. Que-sto è quanto avviene in Music for Pieces of Wood(1973), brano testimone della fascinazione che lacultura africana esercitava su Reich. Sei esecutori,a ciascuno dei quali è affidato un cilindro di legno(claves) intonato ad altezze diverse, ripetono in-cessantemente un modulo ritmico: dall’interse-zione sfasata dei moduli il fascino della proces-sualità sonora. Al “formalista” Šostakovič non eracerto sconosciuta la musica americana; l’eteroge-neità dei generi del ‘nemico’avevano già agito ne-gli anni Trenta nelle sue due Jazz Suites, e ancoranegli anni Cinquanta nella Suite for Variety Or-chestra – erroneamente indicata come Jazz Suiten. 2. Ma si trattava di un interesse peregrino. PerŠostakovič, a differenza di Reich, i primi anni Set-tanta sono gli ultimi anni di vita. Nel 1971 il com-positore completa il suo ciclo sinfonico con laSinfonia n. 15, un’opera enigmatica, simbolica, fo-riera di presagi, ricca di citazioni altrui e autocita-zioni. La Sinfonia si apre con un brioso tema delflauto, in un Allegretto dal tono caricaturale, daCircus Polka stravinskiano, che trova il suo com-pimento nella citazione del famoso galop dall’ou-verture del Guglielmo Tell di Rossini e negli effettibandistici e beffardi che punteggiano la partitura.Il motivo galoppante dell’opera rossiniana fa ca-polino più volte nel corso del primo movimento,un movimento che si dispiega con una notevole ca-ratterizzazione timbrica, resa possibile da un nu-trito quanto vario complesso di percussioni. Inun’intervista Šostakovič dichiarava di essersi ispi-rato al mondo dell’infanzia per l’apertura dellasua sinfonia, di aver pensato di essere «in un ne-gozio di giocattoli dominato in alto dal suo cielosenza nuvole». L’Adagio spezza la spensieratezzadell’Allegretto iniziale con oscuri accordi degliottoni. Il compositore sprofonda in un intensocanto malinconico che si piega in volute di para-lizzante sconforto nel recitativo del violoncello. Ilrespiro, dato dal successivo vitale Allegretto, èsolo una momentanea pausa di ristoro dal climaumbratile del secondo movimento, che ripiom-berà nell’Adagio finale. Ultimo movimento della

Kolja Blacher, oltre a collaborare con le migliori Or-chestre internazionali, si è esibito con grande successonella duplice veste di solista e direttore con la Stuttgar-ter Kammerorchester, la Hong Kong Philharmonic e laMelbourne Symphony Orchestra. Il violoncellista Cle-mens Hagen ha suonato con solisti come Argerich eCapuçon, e compagini come Berliner Philharmoniker eConcertgebouw Orkest Amsterdam. Il pianista AydinÖzgür, vincitore, fra l’altro, del Primo premio all’ARDdi Monaco, ha suonato come solista con prestigiose or-chestre di tutto il mondo, oltre a essere invitato nei piùimportanti festival internazionali. I percussionisti Ray-mond Curfs, Claudio Estay e Mark Haeldermanshanno suonato tra le file di Mahler Chamber Orchestrae Lucerne Festival Orchestra.

I PROTAGONISTI

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42 IM MUSICA INSIEME

Lunedì10 aprile 2017

Da sinistra:Clemens Hagen,Raymond Curfs,Aydin Özgür,

Mark Haeldermans,Claudio Estay

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43IM MUSICA INSIEME

sua ultima Sinfonia. Šostakovič si è rifugiato a Re-pino; la composizione procede a ritmo sostenutononostante le sue difficoltà a scrivere a causa dellaparalisi al braccio destro; egli è conscio dell’ine-luttabilità della sua sorte ma, dopo l’angosciosacontemplazione della morte della QuattordicesimaSinfonia, il suo sguardo non è più alla vita terrena.Questa imperturbabilità gli concede di tinteggiareil primo movimento della Quindicesima Sinfoniadi un’aurea luminosa, senza negare il ripiegamentodell’anima su se stessa. Nel Finale il compositoresembra cercare una risposta all’interrogativo del-l’esistenza. Sceglie l’alternanza di un tempo Ada-gio – Allegretto e cita il “Tema del destino”, dettoanche dell’“Enigma del destino”, tratto dalla quartascena del II atto della Walchiria di Wagner. È ilmomento in cui Siegfried è ferito a morte, fine in-combente che Brunhilde gli aveva annunciato,quasi un presagio del secondo infarto che a breveavrebbe colpito il compositore. Dallo sfondo fu-nereo delle prime pagine si staglia un lirismo estra-niante, a tratti allucinato, in cui si potrebbe cogliereil legame con il Monaco nero di Čechov, opera delcompositore preannunciata ma mai realizzata;nelle spire della tisi, Kovrin accetta la morte: egliè un genio, il suo corpo è perituro, ma la sua animaè immortale. La vita va estinguendosi nel gradualeassottigliarsi dell’orchestra; su spettrali rintocchi

dai suoni esili ed eterei le percussioni suggellanol’opera. La prima esecuzione della QuindicesimaSinfonia, diretta dal figlio del compositore – Ma-xim – nella sala grande del Conservatorio di Mo-sca l’8 gennaio 1972, fu un trionfo. I rappresentatidella politica antiformalista inneggiarono a que-st’ultima opera sinfonica di Šostakovič. Ancorauna volta il regime non comprenderà la portatasimbolica della musica del suo connazionale. IlNew York Times del 10 gennaio 1972, a distanza didue giorni dalla prima a Mosca, riporta il giudiziodi Tichon Chrennikov, segretario dell’Unione deicompositori sovietici fin dai tempi di Andrej Zda-nov: «È uno dei lavori più profondi di Šostakovič.È colmo di ottimismo, di affermazione di vita e difiducia nell’inestinguibile forza dell’uomo».

Questo è un programma davverospeciale. Innanzitutto, è molto in-trigante la combinazione tra Reiche Šostakovic. Cosa vi ha spinto adaccostarli?«Succede così di rado di poter lavorarecon le percussioni, che ci è sembrataun’ottima occasione per inserire nel pro-gramma un brano per loro sole!».C’è un vivace dibattito sul valoredella musica minimalista. Come de-

scriverebbe i lavori di Steve Reich?«I pezzi di Reich mostrano molto benele possibilità dei diversi strumenti, enella loro ripetizione dei motivi musicalisuonano ipnotici e meditativi».Šostakovic sembra molto più inte-ressato di Reich al jazz. Come de-scriverebbe il modo in cui il com-positore russo interpreta il jazz?«Si tratta di jazz e salon music – sonobrani che possono essere suonati an-

che per strada. Šostakovic padroneggiaquesti pezzi con stile ed eleganza».Cosa pensa delle trascrizioni ca-meristiche di lavori sinfonici? Per-ché la scelta della QuindicesimaSinfonia di Šostakovic?«Questa trascrizione è fatta in manieraeccezionale! Riuscire a ‘condensare’una sinfonia così ampia in un sestettonon è cosa facile… e la scelta deglistrumenti è davvero originale».

Due battute di… Kolja Blacher

Chi volesse ascoltare la versione discografica dei due branidi Šostakovič, che Kolja Blacher proporrà con il suo ensem-ble, può farlo. L’etichetta Phil.Harmonie ha pubblicato nel2015 le incisioni sia della versione cameristica della Sinfonian. 15 sia della Suite per Orchestra di Varietà eseguita appun-to da Blacher e dai suoi colleghi. Tra le sue incisioni più re-centi troviamo quella realizzata per la Acousence lo scorsoanno. Qui Blacher affronta il Concerto per violino di Nielsen,Giordano Bellincampi è sul podio dei Duisburger Philharmo-niker. Nella discografia del violinista di Berlino non mancanoi classici (come Bach e Beethoven), ma è interessante osser-vare come il suo interesse prevalente sembri essere la musicadel Novecento. Ha inciso Weill, ha inciso Hindemith (con Ab-bado e la Mahler, DGG 2010, e sempre con Abbado, macoi Berliner Philharmoniker, EMI 1996), ha inciso il Concertoper violino di Schoenberg nel 2015 (Oehms Classics), conStenz che dirige la Guerzenich Orchestra di Colonia.

DA ASCOLTARE

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el 1772, quando compose l’opera 20,Franz Joseph Haydn chiamava ancora isuoi quartetti “Divertimenti a quattro”. I

sei Sonnenquartette (così chiamati da un’illustra-zione apparsa sulla copertina di una ristampa del1779, raffigurante appunto il sole) raccolti sottoquesto numero d’opus sono probabilmente gli ul-timi a fregiarsi di questo titolo. Scritti appena unanno dopo l’opera 17 – giro di boa della sua pro-duzione quartettistica – essi proseguono e perfe-zionano proprio quello spirito innovativo appenainaugurato. Tale fu questo processo e tanti furonogli interrogativi aperti che prima di riaccostarsi aquesto genere Haydn lasciò passare un decennio:il compositore stesso precisava che l’opera 33 era«composta in una nuova e speciale maniera». So-stanzialmente questo nuovo percorso imboccatoportava a una riduzione a soli quattro movimentiben delineati e soprattutto all’emancipazione delsecondo violino, della viola e del violoncello daun ruolo di meri accompagnatori. A quest’altezzacronologica non si può ancora parlare di un vero

scambio di ruoli, ma la preminenza del violoncellorivela come la strada sia tracciata. Il Quartetto inre maggiore op. 20 n. 4 mostra un’evidente ricercadi conferire un’identità precisa ad ogni movi-mento: sinfonico e sofisticato il primo, tema convariazioni il secondo, minuetto “alla zingarese”,che strizza l’occhio al folklore ungherese, e un fi-nale più lezioso e accattivante.La lezione di Haydn fu imprescindibile quando,settant’anni dopo, Robert Schumann si accinsealla composizione di una serie di quartetti. Datempo organizzava serate di esecuzioni private,nella propria casa, dedicate a questo genere, masoltanto nel 1842 vi mise mano effettivamente: nescaturirono tre quartetti raccolti nell’opera 41.Vennero eseguiti per la prima volta il 13 settem-bre del 1842, nel corso di un concerto privato inoccasione del ventitreesimo compleanno dellamoglie Clara Wieck, che li definì: «lucidi, cesel-lati in maniera molto elegante e scritti da cima afondo secondo lo stile dei quartetti». Introdotto daun Andante espressivo costruito su una sorta dicellula melodica interrogativa, cui risponde uncanto d’amore affidato al violoncello, il Quar-tetto n. 3 è il più misterioso ed evocativo del-l’opera 41. Inconsueta per l’epoca è la scelta di unsecondo tempo in forma di tema e variazioni, maè invece così in linea con lo studio dei modelli an-tichi: lo stesso Quartetto op. 20 n. 4 di Haydn ne

44 IM MUSICA INSIEME

Il Quartetto vincitore del “Borciani” 2014in un programma che va dalle origini del

genere ai suoi destini novecenteschidi Francesco Corasaniti

e omega

Martedì2 maggio 2017

Fondato a Budapest nel 2009, il Kelemen Quartetsi è perfezionato con artisti illustri, tra i quali AndrásSchiff, Günter Pichler, e Zoltán Kocsis. Premiato in nume-rose competizioni internazionali, come il Concorso diMelbourne nel 2011 (Secondo Premio assoluto, Premiodel Pubblico e Gran Premio “Musica Viva”), il Quartettotrionfa all’unanimità al prestigioso Concorso “Borciani”nel 2014. I recenti debutti presso la Philharmonie di Berli-no, l’Auditorium du Louvre di Parigi, l’Accademia “FranzLiszt” di Budapest e la Wigmore Hall di Londra sono sta-ti salutati da un grande successo di critica e pubblico,così come le esibizioni con solisti quali Joshua Bell,Pekka Kuusisto e Maxim Rysanov.

KELEMEN QUARTET

ALFA

N

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è un fulgido esempio. Come Schumann, ancheFranz Schubert studiò a lungo la produzione quar-tettistica del passato, per divenire egli stesso, coni suoi quindici quartetti, una figura di riferimentodi questo repertorio. Anomalo nel suo catalogo èil Quartettsatz in do minore D 703, primo movi-mento di un quartetto rimasto incompiuto. Comele altre celebri opere incompiute del compositore,

il Quartettsatz non è stato interrotto dallamorte di Schubert (risale infatti al 1820), né

si tratta dell’ultimo tentativo di comporre unquartetto, come ci mostrano i posteriori D 804, D810 e D 887. Quali siano state le cause di questainterruzione non è dato saperlo, ma sono sicura-mente fuori questione quelle più romantiche, se-condo le quali Schubert avrebbe considerato ilmovimento perfetto e concluso in se stesso: a di-mostrarlo sono gli abbozzi di un secondo movi-mento mai ultimato. Sublime e intenso, l’unicomovimento è pervaso da un tremolo nervoso chesembra tradire una disperazione violenta. SeHaydn può essere considerato il padre del Quar-tetto, Bartók ne rappresenta la voce più autorevoledel panorama novecentesco, con i suoi sei quartettiche abbracciano un ampio arcodella vita dell’autore. Compo-sto nel 1934, il Quartetto n. 5arriva, dopo sei anni di silenzio,con un carico di novità e speri-mentazione: una scrittura atratti aforistica si alterna a me-lodie folkloriche primitive,mentre episodi ossessivi la-sciano spazio a sprazzi di luce.Inquieta, esasperata ed al con-tempo ironica, l’opera riflettedunque le ambivalenze così tipiche dello stile diBartók. «Espressionista ma non dodecafonico, to-nale ma non neoclassico, Bartók non si è mai trin-cerato in problemi esclusivamente lessicali e tec-nici. L’uomo moderno lo sente vicino a sé comeun compagno di strada, che ha condiviso le sue il-lusioni e le sue speranze, che ha fatto i suoi stessierrori, che ha subito le sue stesse delusioni e di-sfatte, che nell’arte non ha mai cercato un rifugioo un’evasione, ma al contrario un mezzo per sta-bilire il contatto col proprio simile». Così MassimoMila ha saputo dipingere il fascino magnetico diuna delle voci più significative del secolo scorso.

Lo sapevate cheil Kelemenaveva partecipato alConcorso “Borciani”anche nel 2011, e giàallora venne descritto dallacritica come “la più grandescoperta del concorso”

Compagine di recente formazione, il Quartetto Kelemen sta co-minciando ora a mettere su cd gli esiti del suo lavoro. Tre le fati-che discografiche reperibili, tutte pubblicate dalla Hunnia. Nel2012 esce il loro primo album, che raccoglie il celebre Disso-nanze di Mozart ed il numero 5 di Bartók. Tre anni dopo regi-strano dal vivo all’Accademia “Franz Liszt” di Budapest LaMorte e la Fanciulla di Schubert. Sempre dal vivo, ma questavolta al Festival di Lockenhaus, e sempre nel 2015, eccoliportare in digitale la loro interpretazione del Quartetton. 2 di Bartók e dell’op. 51 n. 2 di Brahms.

DA ASCOLTARE

Introduce Giuseppe Fausto Modugno. concertista e docentedi pianoforte principale all’Istituto “OrazioVecchi” di Modena

MARTEDÌ 2 MAGGIO 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

KELEMEN QUARTETBARNABÁS KELEMEN violinoKATALIN KOKAS violino e violaGÁBOR HOMOKI violino e violaLÁSZLÓ FENYÓ violoncello

Franz Joseph HaydnQuartetto in re maggiore op. 20 n. 4Robert SchumannQuartetto in la maggiore op. 41 n. 3Franz SchubertQuartettsatz in do minore D 703Béla BartókQuartetto n. 5

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Varietà e armonia

I pensieri di Barnabás Kelemen, primo violino del-l’omonimo Quartetto, sembrano davvero «...accesi inun fuoco d’artificio di sentimenti, alle prese conl’emozione nella musica» (Ensemble), come le loro in-terpretazioni.Com’è nato il Kelemen Quartet?«Il nostro quartetto nasce in realtà come una costel-lazione familiare: infatti, quando abbiamo incomin-ciato a suonare insieme, era formato da me, mia mo-glie e mia cognata… era la nostra violoncellista, Dora,con la quale abbiamo anche partecipato a moltissimiconcorsi importanti, come quello di Melbourne.Quando Dora ha lasciato il Quartetto, nel 2014, ab-biamo trovato un altro grandissimo violoncellista un-gherese, ma attivo in Germania, un vero solista, vin-citore del Concorso “Pablo Casals” 2004, LászlóFenyö. Il violista del Quartetto invece è stato a suavolta un nostro brillante allievo, Gábor Homoki».Due dei vostri membri si alternano al violino ealla viola, una scelta originale…«Sì, sia mia moglie che Gábor Homoki, ed a volte iostesso ci alterniamo al violino e alla viola. È qualcosa chenon fa nessuno; tuttavia tutti e tre amiamo moltissimosuonare la viola, e per non litigare facciamo semplice-mente a turno! Poi dipende dai pezzi, ad esempio nelQuintetto per pianoforte e archi di Šostakovic mia mo-glie preferisce suonare il primo violino e io la viola…insomma, ognuno sceglie il ruolo che preferisce».Come definirebbe la sonorità del Kelemen?«Quello che vogliamo evitare è un suono terri-bilmente ‘unificato’ e uniforme, quello che si ri-teneva ideale all’epoca in cui hanno cominciatoad esistere i quartetti d’archi ‘a tempo pieno’. Unfenomeno che risale soltanto al ventesimo se-colo, perché fino ai tempi di Brahms o di Cajkov-skij i quartetti erano formati da dilettanti, o da so-listi che avevano già un’altra carriera comestrumentisti. Solo ai tempi di Bartók, o di Ravel, icompositori cominciarono a scrivere quartetti che

possono essere eseguiti al meglio soltanto da com-pagini consolidate. A metà Novecento risalgono leprime incisioni dei quartetti ‘professionali’, che mo-strano una sonorità idealmente uniforme, il che è dicerto molto importante quando si suona Bartók oŠostakovic, che richiedono ensemble assai ben coor-dinati; ma per suonare ad esempio Mozart, Beetho-ven o Schubert ci piace pensare invece all’idea origi-naria di quartetto d’archi: quattro individui che siriunivano per far musica insieme e divertirsi nel farla.

Noi ci ispiriamo a questo atteggiamento, nel qualespesso i rapporti fra i membri erano molto più ‘im-provvisati’ che non dati da una frequentazione quo-tidiana, un aspetto che ci intriga. Chiaramente pro-viamo molto, ma amiamo che rimanga sempre unmargine di libertà, tanto che le sfumature possiamosuonarle di volta in volta in modo diverso».Nel 2014 avete vinto il “Borciani”: cosa ricorda diquell’esperienza?«Il Borciani è sicuramente il massimo riconoscimentoal quale un quartetto possa ambire, sicché vincerloè stato un’esperienza straordinaria. A dire il vero,avevamo già partecipato al “Borciani” nel 2011 rice-vendo un elogio lusinghiero dalla critica, che ci hadefinito la vera rivelazione di quell’edizione, quandonon venne neppure assegnato il primo premio. Giàallora, a seguito del risultato del “Borciani” siamostati invitati in sale importantissime come il Louvre, laBerliner Philharmonie, la Wigmore Hall. Quindi possoaffermare che il maggior risultato della vittoria al“Borciani” 2014 è stato l’avere la fortuna di teneremolti più concerti in Italia, potendone apprezzare labellezza delle città, dei teatri e del pubblico».Nel programma che presenterete a Musica In-sieme sembra di percorrere una sorta di ‘storiadel quartetto, da papà Hadyn a Bartók: comel’avete concepito?«Varietas delectat… Credo che questo programmamostri una particolare armonia fra i brani: c’è primaHaydn, e poi Schumann che ne fu fortemente ispirato.Haydn era un compositore decisamente rivoluzionario,in più per noi è di particolare suggestione il suo con-tatto con l’Ungheria, dove visse molti anni alla corte de-gli Esterházy, stringendo preziosi contatti con musicistiungheresi e con la tradizione popolare e gitana. Lostesso vale, nella seconda parte del nostro programma,per il rapporto d’ispirazione che lega Schubert a Bartók:altrettanto rivoluzionario in Schubert era lo sviluppodella forma-sonata, ad esempio, o dei movimenti informa di variazioni o di scherzo. Insomma, ci sonomoltipunti d’unione fra i due: innanzitutto Bartók amavamolto le forme classiche, e anche nel Quinto Quar-tetto, che presenta cinque movimenti – un numero tut-t’altro che classico – la forma-sonata è sempre presente.Anche la struttura ‘ad arco’ del Quartetto di Bartók di-mostra come la forma in sé, l’equilibrio e l’armonia fos-sero di importanza fondamentale per l’autore, quasi inmodo matematico, come del resto era per Schubert.Armonia ed equilibrio».

Barnabás Kelemen

46 IM MUSICA INSIEME

> Intervista >

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ifficilmente si possono immaginare duecomposizioni catalogate come sonateche siano più diverse della KV 545 di

Mozart e dell’Opus 111 di Beethoven. La prima,graziosa e garbata, lieve come una brezza prima-verile, non sembra poter condividere in alcunmodo il DNA con l’enigmatica, tormentata espiazzante ultima Sonata del compositore tede-sco. A separarle sono appena trentaquattro anni,ma in questo breve arco temporale la Sonata hasubito evoluzioni e rivoluzioni impensabili, haconosciuto sperimentazioni e dubbi, ha salito itrentadue gradini che l’avrebbero portata a vetteinimmaginabili: in poche parole, ha incontratoBeethoven. Ma andiamo con ordine.“Una piccola Sonata per principianti”. Così Mozartnel 1788 bollava la sua Sonata in do maggiore KV545. La scelta della tonalità più semplice e la vo-lontà di insistere ordinatamente su vari aspettidella tecnica pianistica – dal legato alle doppienote, dalle scale e dagli arpeggi agli inseguimentitra le mani – ne mostrano in effetti il chiaro intento

didattico ad uso di un allievo di cui oggi non co-nosciamo l’identità. Anche dal punto di vista dellastruttura, la composizione è costruita secondo ilmodello della più classica forma-sonata. Eppure loscopo nulla toglie alla musicalità di questa delicataopera che, con la sua freschissima leggerezza,sembra ergersi verso una dimensione di apollineaserenità. Ma anche la produzione pianistica di Mo-zart ha saputo andare al di là di una levità dettatadalla Grazia per tingersi di sentimenti umanissimie terreni. Di pochi anni precedenti alla KV 545sono la Fantasia in do minore KV 475 e la Sonatain do minore KV 457. Constanze, la vedova delcompositore, sosteneva che il marito avesse con-cepito la Fantasia come una sorta di preludio dellaSonata. Dolcemente meste e compostamente in-quiete, le due opere furono pensate espressamenteper il fortepiano e proprio per questo insistonocon evidenza sulle variazioni dinamiche che ilnuovo strumento permetteva con generosa abbon-danza. Che siano state o meno ispirate dalla re-pentina interruzione di una relazione con la Si-gnora Therese von Trattner, a cui furono dedicate,la malinconia di queste pagine rivela una dram-maticità inconsueta e pensosa, tanto da far sup-porre che proprio queste composizioni siano statemodello per alcune delle Sonate beethoveniane.Stando alla testimonianza, come sempre di dubbiaattendibilità, del segretario di Beethoven AntonSchindler, anche la Sonata op. 90 era ispirata a unastoria d’amore contrastata, quella del Conte Moritzvon Lichnowsky, amico e allievo di Beethoven,con una cantante lirica, naturalmente osteggiatadall’aristocratica famiglia. Il compositore ultimò laSonata nel 1814, in un momento di grande fer-mento politico per le alterne vicende di Napo-leone. L’eco di quei tempi così turbolenti, e dei fer-vori patriottici che ne seguirono in tutta Europa, sipercepisce nella scelta, piuttosto inconsueta, di ti-tolare i movimenti in tedesco. Schindler riporta unanota di colore a proposito di quelle che dovevanoessere le originarie indicazioni dei due tempi:

48 IM MUSICA INSIEME

Grygory Sokolov, uno dei più acclamati virtuosi del nostrotempo, ci conduce attraverso un appassionante percorso lungol’evoluzione della Sonata per pianoforte di Valentina De Ieso

CENTO destini

Fin da quando, nel 1966, a soli sedici anni è diventato ilpiù giovane musicista di sempre a vincere il Primo Premioal Concorso internazionale “Čajkovskij” di Mosca, Grigo-ry Sokolov è ammirato per la sua introspezione visiona-ria, la sua ipnotica spontaneità e la sua devozione senzacompromessi alla musica. Si è esibito con le maggiori or-chestre, tra cui New York Philharmonic, Royal Concertge-bouw di Amsterdam, Philharmonia di Londra, Orchestradella Scala, Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese eOrchestra Filarmonica di Monaco, prima di decidere didedicarsi esclusivamente al recital per pianoforte solo. So-kolov tiene circa settanta concerti ogni stagione, immer-gendosi completamente in un singolo programma e pre-sentandolo in tutte le principali sale d’Europa.

GRIGORY SOKOLOV

Lunedì 15 maggio 2017

D

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“Conflitto tra la ragione e il cuore” e “Conversa-zione con l’amata”. La prima parte doveva quindiraffigurare, con i suoi frammenti motivici interrottie riproposti ossessivamente, un dissidio interioretra amore e dovere, mentre la seconda, più lirica,sarebbe un appassionato dialogo tra gli amanti, incui riecheggia il celeberrimo motivo della bagatellaFür Elise. In quest’ottica si inquadra quel finaleaperto e interrogativo che ha sollevato tanti dubbi,a partire da quelli di T.W. Adorno.Ed è proprio grazie alle conversazioni che Adornoebbe con Thomas Mann durante il loro volontarioesilio americano che all’opera 111, l’ultima, ne-cessaria tappa del percorso sonatistico di Beetho-ven, è dedicata una delle pagine più belle della let-

teratura del Novecento. Nello splendido VIII ca-pitolo di Doctor Faustus, Mann riporta quattroconferenze che il Maestro Wendell Kretzschmartiene nella piccola cittadina provinciale di Kai-sersaschern, a beneficio di pochi coraggiosi eletti.La prima di queste lezioni è dedicata a quello cheal grottesco personaggio appare un pressante in-terrogativo: perché Beethoven non ha aggiunto unterzo tempo alla Sonata per pianoforte op. 111? Neseguono elucubrazioni fantasiose e appassionate,ma il responso di Kretzschmar è forse la più pun-tuale, benché colorita, analisi del secondo movi-mento, l’Arietta. Adagio molto semplice cantabile:«Il tema dell’Arietta, attraverso cento destini,cento mondi di contrasti ritmici, finisce col per-dersi in altitudini vertiginoseche si potrebbero chiamare tra-scendenti o astratte – così l’artedi Beethoven avrebbe superatose stessa: dalle regioni abitabilisi era sollevata, davanti agli oc-chi sbigottiti degli uomini».Dopo tanta collera e osses-sione, il motivo prende com-miato con un canto d’addio,«una carezza dolorosamenteamorosa sui capelli, su unaguancia, un ultimo sguardo negli occhi, quieto eprofondo, […] un addio per sempre, così dolce chegli occhi si riempiono di lacrime». Come è possi-bile un ritorno dopo questo commiato?

Lo sapevate chenel 2015Sokolov ha rifiutato ilCremona Music Award,poiché tra i premiati c’eraanche Norman Lebrecht,giornalista famoso peril suo stile scandalistico

LUNEDÌ 15 MAGGIO 2017AUDITORIUM MANZONI ORE 20.30

GRIGORY SOKOLOV pianoforte

Wolfgang Amadeus MozartSonata n. 16 in do maggiore KV 545Fantasia in do minore KV 475Sonata n. 14 in do minore KV 457Ludwig van BeethovenSonata n. 27 in mi minore op. 90Sonata n. 32 in do minore op. 111

L’incisione più recente è dello scorsoanno. Pubblicato dalla Deutsche Gram-mophon, ecco su cd parti dei recital cheSokolov ha tenuto a Varsavia e a Sali-sburgo. Schubert e Beethoven (la monu-mentale Sonata Hammerklavier) in pro-gramma, più una ghiotta serie di enco-res: cinque brani di Rameau e l’Inter-mezzo op. 117 n. 2 di Brahms. Nel2015, sempre da Salisburgo, ancora unrecital raccolto dal vivo. Questa volta ilprogramma è equamente ripartito traMozart e Chopin, mentre i bis raccolgo-no, oltre al già citato Rameau, Skrjabine Bach. Due album antologici, che dan-no la misura non solo del grande talentodel pianista russo, ma anche della tipo-logia della sua discografia, tuta centratacom’è sul repertorio pianistico maggioretra Settecento e Ottocento.

DA ASCOLTARE

Introduce Fabrizio Festa, compositore,docente di Conservatorio e saggista

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Il rumore del tempo di Julian Barnes(Einaudi, 2016, pp. 191) è un libro de-dicato a Šostakovič. La narrazione se-gue due percorsi: quello biografico equello psicologico. L’autore non è unmusicologo, è uno scrittore, un otti-mo scrittore, capace di far correre illettore alla pagina successiva e aquella successiva ancora, per vederecosa succede ad un compositore finitonella morsa della ‘sovietica inquisi-zione’. «Notò come i critici che neidue anni precedenti si erano profusiin elogi per la sua Lady Macbeth, al-l’improvviso non vi trovassero piùnulla di buono. Certi ammettevanocandidamente di essersi sbagliati,spiegando che l’articolo della Prav-da aveva infine strappato il velo di-nanzi ai loro occhi. […] Notò anchequali musicisti si esponessero ora conpubbliche dichiarazioni contro la suaopera. Con apparente invariata sere-nità lesse le lettere che gli giungeva-no da spettatori comuni, la maggio-ranza dei quali era casualmente a co-noscenza del suo indirizzo privato.Molti di loro suggerivano che siprovvedesse a mozzargli le orecchied’asino, insieme alla testa. E infineecco che sui giornali cominciò acomparire l’espressione che non la-sciava scampo, magari inserita al-l’interno della più innocua delle fra-si. Per esempio: “Oggi è in pro-gramma un concerto di brani delnemico del popolo Šostakovič”. Pa-role come quelle non erano mai im-

piegate per caso, né senza approva-zione dei livelli più alti» (p. 42). Que-sto è un esempio della narrazione cheprocede spedita, verso un tragedia chenon arriva mai. Perché Šostakovič sipiegherà, resisterà a modo suo, nonresistendo, appunto. Barnes, autorebritannico, riesce a dare voce ad unpersonaggio che sembra uscito dallamigliore letteratura russa. “Il grandemusicista che non volle fare l’eroe”,come lo definì Schoenberg, era pron-to a fare tutto quello che il partito gliimponeva. Del resto, la Russia di Sta-lin prevedeva solo due categorie dimusicisti: “quelli vivi e terrorizzati equelli morti”. Šostakovič, per indo-le, per difendere i suoi cari, decise diessere fra i primi. Il lettore, però, hail privilegio di poter ascoltare i suoipiù intimi pensieri, quelli che il Po-tere non conoscerà mai, eppure in-tuisce e quindi sanziona. Nel libro nu-merose considerazioni sulla musicae su altri musicisti (imperdibile il giu-dizio su Toscanini, definito il peggioretra i tiranni della bacchetta, non soloper il carattere, ma anche per le suediscutibili interpretazioni). Nel ro-manzo compaiono altri compositori,tutti comparse, l’unico vero prota-gonista è Šostakovič costretto a vivereper espiare. Un romanzo grande e me-morabile.

Julian BarnesIl rumore del tempo(Einaudi Editore, 2016)

Nicola PirroneVladimir Delman…con il cuore in gola(Pendragon Editore, 2016)

Per un caso, forse, questa paginasi apre con un libro dedicato aŠostakovič e continua con uno in-

titolato Vladimir Delman… con il cuore in gola,un nuovo libro di Nicola Pirrone, apprezzatogiornalista, appassionato e competente soprattut-to nel campo della musica classica e dell’opera. Perl’editore Pendragon ha curato il volume sul notodirettore, nato a Leningrado nel 1923 e scompar-so a Bologna nel 1994, che, per vicende artistichee biografiche, ha avuto un forte legame con il ca-poluogo emiliano. Ed è singolare perché per il Mae-stro «Šostakovič rappresentava il più grandecompositore del Novecento». Il saggio di Pirroneè una delle pochissime testimonianze sull’arte diDelman, schivo e riservato, ed è arricchito dai suoiricordi personali. La carriera di Delman viene ri-percorsa dall’inizio, dagli anni sovietici di cui nonsi sa molto, all’arrivo in Italia. Il direttore fu aRoma, Milano, Parma, Venezia, sempre geniale emolto esigente con orchestra e cantanti. Scorren-do i vari momenti di una carriera ricca di soddi-sfazioni, ma anche di “divorzi” e di incomprensioni,si può dire “fu vera gloria”, ma una “gloria” chenon tutti capirono. In quanti superarono l’ostaco-lo di un carattere a volte ruvido, il ricordo e la sti-ma per Delman sono tuttora vivi.

Mariateresa StorinoFranz Liszt e Jessie TaylorLaussot Hillebrand(Libreria MusicaleItaliana, 2016)

Di fronte al titolo Franz Liszt eJessie Taylor Laussot Hillebrandcredo che numerosi lettori si tro-

veranno in difficoltà. Bene per Liszt, ma il secon-do nome, a quanti sarà noto? Infatti il sottotitolodi questo interessante volume curato da Mariate-resa Storino, pianista e musicologa, recita “Un ca-pitolo inedito della storia musicale dell’Ottocen-to”. La pubblicazione (Libreria Musicale Italiana,2016, pp. 326) è dedicata a Jessie Taylor LaussotHillebrand, figura complessa, di grande statura, or-ganizzatrice di concerti, traduttrice, saggista, ami-ca di innumerevoli protagonisti della vita musicaledell’epoca (tra cui Wagner, Hans von Bülow eLiszt), mecenate di giovani musicisti, eppure di-menticata. Bene quindi che un volume ne indaghiil ruolo e il contributo (scrisse un Manuale di mu-sica sotto pseudonimo maschile, data l’epoca), congli scritti di autorevoli musicologhe, quali BiancaMaria Antolini e Rossana Dalmonte, e di qualifi-cati studiosi come Maurizio Giani, Gregorio Nar-di, Edoardo Bruni. Naturalmente Mariateresa Sto-rino non si è limitata a curare il volume, ma con-tribuisce con i risultati delle sue ricerche.

TRE PERSONAGGI

Dmitrij Šostakovič, VladimirDelman e Jessie TaylorLaussot Hillebrand: tre figureda (ri)scoprire attraversotestimonianze inedite

50 IM MUSICA INSIEME

Per leggere / di Chiara Sirk

degni di nota

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È un monumento alla grandezza di un pianista, allecapacità del pianismo italiano, al valore di una casadiscografica, e – perché no? – all’efficienza diun’iniziativa di rimasterizzazione.Avendo compiuto74 anni nel 2016 e distando 56 anni dall’arcinotavittoria concorsuale, Maurizio Pollini (Milano,1942) è omaggiato così largamente, e così larga-mente omaggia i pubblici dei concerti e dei dischi.Il set lascia seguire gran parte della lunga, coerente,seria, onestissima carriera di un maestro (gli ag-gettivi non paiano scontati, in un musicista mili-tante), dal 1974 al 2014; e sembra un grande estrambo rondò bitematico, dove Beethoven rap-presenti un primo e Chopin un secondo tema o me-glio refrain, mentre ai numerosi couplets provve-dano Bach, Mozart, Schubert, Schumann, Brahms,Debussy. Couplets secondari, a questo punto, di-ventano Liszt, Stravinskij, Bartók, Prokof’ev; e sesecondari possono sembrare anche Schoenberg,Berg, Webern, Nono, Boulez e Manzoni, questo èvero soltanto al cospetto del repertorio corrente,quello concupito sia dalle case che dalle platee, per-ché la devozione di Pollini al contemporaneo è pro-grammatica, ideologica, addirittura puntigliosa. Lemusiche proposte non sono sempre solistiche, chéanzi a volte si avvalgono della collaborazione diBöhm e Sinopoli, diAbbado particolarmente e per-fino di Thielemann (per i due concerti di Brahms).Chiare le assenze, che sono Mendelssohn, Mu-sorgskij e Čajkovskij,Albéniz e Granados (peccato,con tale Debussy), Skrjabin e Rachmaninov, Ra-vel e Berio. Ma via, è materiale di studio e di DG(tranne il terzo concerto di Prokof’ev, live a Tokyonel 1974): insomma, un catalogo sempre prestigioso.Certo la carriera concertistica di Pollini è stata piùricca; e anche più varia, chi per esempio ricordiquando, il 2 settembre del 1978, a Salisburgo col-laborò con Dietrich Fischer-Dieskau nientemenoche nella Winterreise di Schubert. Molto illustra-to, il libro contiene testi di Paolo Petazzi. Molto go-dibili, i dvd fotografano la vittoria al Concorso“Chopin” e fanno la sorpresa di un’intervista.

Maurizio PolliniComplete recordings on Deutsche Grammophon(55-cd Set + 3 dvd + 1 libro – Il Diapason 2016)

L’omaggio alla carriera di Pollini, l’integralemozartiana di Say, il Novecento di Cascioli:tre lezioni di piano da ascoltare

Novecento, d’accordo, ma quale? Quellofrancese no, anche perché i Préludesdi De-bussy li ha già registrati, nemmeno quello au-stro-tedesco, tantomeno quello italiano: è quel-

lo russo e limitrofo che ha voluto raccogliere Cascioli, cominciandodall’amato Skrjabin, abbondando del consentaneo Prokof’ev, di Šosta-kovič scegliendo il meno ansioso, toccando l’amabile Arvo Pärt, cu-riosando per noi fra Nikolai Obukhov, Leo Sumera e Valentyn Sil-vestrov (il solo vivente). Il suo Skrjabin è meno teso e denso del con-sueto, per esempio nel cantabile Preludio op. 74 n. 4, e sembra dav-vero aprire le porte alla quadratura, alla lindura neoclassica di Pro-kof’ev: bastino, di Sergej, l’attacco “tempestoso” della Sonata n. 3e la Gavotte op. 32 n. 3. Al cospetto di Pärt, poi, il pianoforte di Ca-scioli sembra quasi un cembalo, una celesta, tanto squilla solitario eargentino, anche se con l’Hymn 2001 di Silvestrov ritrova tutta la vir-tù dinamica del suo strumento. Niente dell’eterno Rachmaninov, dun-que; e del sommo Stravinskij il solo miracolino, durante tre minuti,di Piano-Rag-Music.

Gianluca Cascioli900(1 cd – Deutsche Grammophon 2016)

Firma anche le note di copertina, l’esecuto-re, riuscendo a essere bravo critico musica-le, ma non al prezzo della sua inventiva d’ar-tista. Descrivendo le 18 sonate conservate e

la Fantasia KV 475 di Mozart, mentre compie un’analisi semplicema ineccepibile, infatti, racconta anche particolari della sua propriavita e carriera; e intanto avanza anche delle interessanti proposte in-terpretative. La sonata Alla turca? Ma se lui è turco, non fa una grin-za (però gli piacerebbe qualche strappo di “cymbales et tam-bours”). La sonata KV 545? a sette anni la suonò, ad Ankara, e perpaura non arrivò alla fine beccandosi uno choc un po’ troppo lun-go. Pianista musicista, Say ama anche l’opera: e molto spesso nel-le sonate che interpreta vede, lo dichiara apertamente, spunti, scor-ci, scenette, addirittura duetti e terzetti teatrali. Siccome poi ai sin-goli pezzi attribuisce dei titoli a piacere, la sonata KV 330 gli pareDeux soeurs e la KV 570 Trois enfants. Altrimenti a dettar titoli èspesso qualche collega di Amadeus: Scarlatti, Haydn, Beethoven; an-che Goethe, con un Re degli elfi prima della cattura schubertiana.

Fazil SayMozart, Complete Piano Sonatas(6 cd – Warner Classics 2016)

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PIANO SOLO,per stavolta

Da ascoltare / di Piero Mioli

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