Ogni cosa parte da gennaio Inverno per il mare e i piccoli ... · Trojana tipica della Murgia. La...

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Lunedì, 9 Gennaio 2017 www.corrieredelmezzogiorno.it I l mare d’inverno è un sentimento. E un giorno di gennaio è un punto di partenza. Quindi più di un luogo, più del tempo. «Per me è la bellezza che diventa solitaria e pri- vata. Quando vengo qui a passeggiare e non c’è nessuno, mi sembra che tutto quel mare sia mio. Al limite lo condivido solo con qualche pe- scatore». Edoardo Winspeare dà appuntamen- to a Corsano, comune di 5mila abitanti in pro- vincia di Lecce dove vive con Celeste, la sua compagna, con Arcangela, la figlia di sei anni e il loro cane, un carlino di nome Pedro. Da lì an- diamo verso la costa, infiliamo una laterale che si arrampica sulle rocce e in pochi minuti arri- viamo al Sentiero del Sale che domina il mare dall’alto. «Questo è un percorso nascosto, lo fa- cevano i contrabbandieri di sale del Salento. Ci arrivi solo se conosci bene queste zone», dice Winspeare, natali austriaci, origini anglo-par- tenopee, eppure: «Nessuno conosce la Puglia come la conosco io», azzarda. Dev’essere vero. Perché il regista che ha inaugurato la new wave pugliese e ha trasformato – in pellicola e in fe- nomeno – la cultura del Salento, pizzica com- presa, la Puglia, ora alla ricerca di set ideali ora solo per il gusto del viaggio, l’ha passata al se- taccio. «Sono sempre stato affascinato dai fe- nomeni naturali: i tornado, il caldo torrido, il ghiaccio, le tempeste… Qui ci sono le mareg- giate e io vengo a guardarle. Sono i momenti in cui la natura si prende la rivincita. Noi che ci ostiniamo ad addomesticarla, e quella che a un certo punto dice: attenti, questa è la mia forza». Il mare di gennaio è tramontana: «Colori for- ti, cielo terso, da qui vedi l’Albania e la Grecia molto più spesso che non d’estate». Ma è pure «È l’alta stagione» La bassa stagione dell’anno per lui è l’alta stagione delle idee: «In inverno scrivo, in estate giro con la troupe» sensualità: «In inverno il mare lo guardi sola- mente, non t’immergi. Detta così sembra una percezione limitata, invece no, perché è una questione di sguardi. Il vedere viene prima del tatto, viene perfino prima delle parole. Comin- cia tutto da lì». Dice che bisognerebbe essere più turisti di gennaio/febbraio che non di lu- glio/agosto, per capire meglio i contesti; e che la bassa stagione dell’anno per lui è l’alta stagio- ne delle idee: «In inverno scrivo, in estate sono fuori con la troupe a girare». Ora è al montag- gio del suo ultimo film, La vita in comune. Usci- rà entro l’anno ed è una storia sull’amicizia - non l’amore - che vince e risolve ogni cosa. L’ha girato nei piccoli comuni della provincia. «Ci sono paesi che sono come un Macondo salenti- no: tre-quattrocento abitanti, sembrano imma- ginari. Ogni paese ha il suo Aureliano, a volte più d’uno». Puntualmente alcuni di questi per- sonaggi finiscono nei suoi film: uomini lenti, fermi tutto il giorno davanti ai bar, donne soli- de, schiette, ragazzini che passano in bici, cani randagi. «Nei borghi d’inverno c’è qualcosa di malinconico. Bodini diceva: quando torno al Sud vorrei morire. A me queste malinconie ser- vono, mi producono idee. È triste? No, il contra- rio. La malinconia è il desiderio di una cosa che non hai più, e la gioia che ci sia stata. Tutto ruo- ta attorno a un’assenza, perché poi qualcos’al- tro possa esserci ancora e ricominciare, come in un giorno di gennaio». © RIPRODUZIONE RISERVATA di Paola Moscardino A colloquio con Winspeare Ogni cosa parte da gennaio e sembra rigenerarsi Il regista racconta del suo amore per il mare e i piccoli centri Inverno Sul web Questo numero di Speciale Inverno è consultabile anche sul sito www.corrierede lmezzogiorno.it LUOGHI E SAPORI Il punto d’inizio di tutto

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Lunedì, 9 Gennaio 2017 www.corrieredelmezzogiorno.it

Il mare d’inverno è un sentimento. E ungiorno di gennaio è un punto di partenza.Quindi più di un luogo, più del tempo. «Perme è la bellezza che diventa solitaria e pri-vata. Quando vengo qui a passeggiare e non

c’è nessuno, mi sembra che tutto quel mare siamio. Al limite lo condivido solo con qualche pe-scatore». Edoardo Winspeare dà appuntamen-to a Corsano, comune di 5mila abitanti in pro-vincia di Lecce dove vive con Celeste, la suacompagna, con Arcangela, la figlia di sei anni eil loro cane, un carlino di nome Pedro. Da lì an-diamo verso la costa, infiliamo una laterale chesi arrampica sulle rocce e in pochi minuti arri-viamo al Sentiero del Sale che domina il maredall’alto. «Questo è un percorso nascosto, lo fa-cevano i contrabbandieri di sale del Salento. Ciarrivi solo se conosci bene queste zone», diceWinspeare, natali austriaci, origini anglo-par-tenopee, eppure: «Nessuno conosce la Puglia

come la conosco io», azzarda. Dev’essere vero.Perché il regista che ha inaugurato la new wavepugliese e ha trasformato – in pellicola e in fe-nomeno – la cultura del Salento, pizzica com-presa, la Puglia, ora alla ricerca di set ideali orasolo per il gusto del viaggio, l’ha passata al se-taccio. «Sono sempre stato affascinato dai fe-nomeni naturali: i tornado, il caldo torrido, ilghiaccio, le tempeste… Qui ci sono le mareg-giate e io vengo a guardarle. Sono i momenti incui la natura si prende la rivincita. Noi che ci ostiniamo ad addomesticarla, e quella che a uncerto punto dice: attenti, questa è la mia forza».

Il mare di gennaio è tramontana: «Colori for-ti, cielo terso, da qui vedi l’Albania e la Greciamolto più spesso che non d’estate». Ma è pure

«È l’alta stagione»La bassa stagione dell’anno per lui è l’alta stagione delle idee: «In inverno scrivo, in estate giro con la troupe»

sensualità: «In inverno il mare lo guardi sola-mente, non t’immergi. Detta così sembra unapercezione limitata, invece no, perché è una questione di sguardi. Il vedere viene prima deltatto, viene perfino prima delle parole. Comin-cia tutto da lì». Dice che bisognerebbe esserepiù turisti di gennaio/febbraio che non di lu-glio/agosto, per capire meglio i contesti; e chela bassa stagione dell’anno per lui è l’alta stagio-ne delle idee: «In inverno scrivo, in estate sonofuori con la troupe a girare». Ora è al montag-gio del suo ultimo film, La vita in comune. Usci-rà entro l’anno ed è una storia sull’amicizia - non l’amore - che vince e risolve ogni cosa. L’hagirato nei piccoli comuni della provincia. «Cisono paesi che sono come un Macondo salenti-

no: tre-quattrocento abitanti, sembrano imma-ginari. Ogni paese ha il suo Aureliano, a voltepiù d’uno». Puntualmente alcuni di questi per-sonaggi finiscono nei suoi film: uomini lenti,fermi tutto il giorno davanti ai bar, donne soli-de, schiette, ragazzini che passano in bici, canirandagi. «Nei borghi d’inverno c’è qualcosa dimalinconico. Bodini diceva: quando torno alSud vorrei morire. A me queste malinconie ser-vono, mi producono idee. È triste? No, il contra-rio. La malinconia è il desiderio di una cosa chenon hai più, e la gioia che ci sia stata. Tutto ruo-ta attorno a un’assenza, perché poi qualcos’al-tro possa esserci ancora e ricominciare, comein un giorno di gennaio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Paola Moscardino

A colloquio con WinspeareOgni cosa parte da gennaioe sembra rigenerarsiIl regista racconta del suo amoreper il mare e i piccoli centri

Inverno

Sul webQuesto numero di Speciale Inverno è consultabile anche sul sito www.corrieredelmezzogiorno.it

LUOGHI E SAPORI

Il punto d’inizio di tutto

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BA2 Lunedì 9 Gennaio 2017 Corriere del Mezzogiorno

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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 9 Gennaio 2017 BA3

Glocal «La Puglia, vi garantisco, è molto più bella d’inverno». Così Danielle Pergament, firmadel prestigioso New York Times, in cima ad un suo (celebrato da noi) reportage fece in modoche gli occhi del mondo si concentrasserosull’offerta del Tacco d’Italia non solo in estate.La giornalista notava che «l’immagine che noi americani abbiamo della Puglia, come una regione che da millenni è la destinazione estiva per giovani, felici e bellissimi italiani che si godono

acque incontaminate, spiagge cristalline, pesce fresco e feste di mezzanotte in antiche città di mare fatte di pietre bianche, è sbagliata». Ad di là dei colori e delle sensazioni ricavatedal suo soggiorno, la giornalista è rimastaincantata dalla cucina pugliese invernale. «Lezione numero 1 - scriveva -: in inverno nessuno rimane affamato in Puglia. E non solo perché i prezzi sono più bassi e le sedie più comode, ma il cibo è effettivamente migliore». Ed è vero.

La curiositàQuando il «NYT»sdoganò la Pugliad’inverno al mondo

U na delizia gastronomi-ca, tutelata da un pre-sidio Slow Food: il ca-pocollo di Martina

Franca è ormai annoverabiletra le eccellenze della Puglia. Ilsalume della Valle d’Itria ri-chiama la coppa prodotta inEmilia Romagna solo nei colo-ri e nella forma, differenzian-dosi invece nella lavorazione enel sapore finale. La tradizionevuole che fosse celebre già nelXVIII secolo nel Regno di Na-poli.

Nasce a Martina Franca dovestoricamente c’è sempre statauna rinomata tradizione nellamacellazione del maiale; maregistra produzioni raffinateanche a Cisternino e Locoro-tonto ed è sostenuto dal Con-sorzio Terrae Maris.

Gli animali che crescononell’altopiano murgese, equi-distante tra Adriatico e Ionio,si giovano di un clima sempreventoso e di inverni freddi esecchi, nutrendosi grazie ad

allevamenti ad hoc di ghiandedi leccio, novella e fragno.

I capocolli vengono prodottida settembre a maggio con laparte del maiale che sta tracollo e costata.

I pezzi di carne sono sago-mati e lasciati a macerare nelsale per venti giorni. Dopo silavano con un vin cotto o unasoluzione estratta dai vitignidi verdeca (in alcuni casi diprimitivo) e spezie. Solo dopoil prodotto lavorato viene mes-so nel budello e asciugato inpanni o sistemato su assi dovedecanta una decina di giorni.Il processo termina con l’affu-micatura: una volta la tradizio-ne prevedeva che avvenisse su

un pavimento dove erano statibruciati rami di mortella, allo-ro e timo. Adesso sono impre-ziositi in camini dai fumi diquercia di fragno, la QuercusTrojana tipica della Murgia. Lastagionatura dura tre o quattromesi in locali asciutti con unatemperatura tra 13 e 15 gradi.

Parlando di capocollo diMartina Franca esistono ancheproduzioni selezionate dove lastagionatura arriva anche a seimesi ed avviene nel tipico cli-ma dei trulli. Il sapore finale èunico: ha richiami al vino ros-so primitivo e un forte saporedi spezie, oltre ad essere mor-bido e saporito al palato.

Il capocollo di Martina Fran-ca è ormai un brand globale,essendo reperibile in tutto ilmondo attraverso circuiti digastronomia italiana e perfinonei magazzini anglosassoni Harrod’s a Londra.

M. D. F.@waldganger2000

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’idea

Il Corriere del Mezzogiorno ha chiesto agli chef di tre rinomati ristoranti un breviario delle delizie gastronomiche invernali locali

L a tradizione declinata atavola, tra i trulli dellaValle d’Itria, esaltando isapori e i colori di un

territorio fatato, tra ulivi anti-chi e mandorleti dai rami im-biancati. Il Corriere del Mezzo-giorno ha chiesto agli chef ditre rinomati ristoranti un bre-viario delle delizie gastrono-miche invernali pugliesi. Que-sto è il catalogo, dunque.

Si parte da Ceglie Messapi-ca, dal borgo antico dove lochef Lillino Silibello delizia iclienti nel ristò-chic Cibus,con un menù che concedespazio anche a innovazioni ecreatività. Gli antipasti sonocoordinati con la stagione:carpacci di funghi cardoncelli,pane raffermo con verza e po-modorini secchi; capocollo diMartina Franca di produzionepropria. Si prosegue con gli abbinamenti legati al baccalà,fritto, o a corredo di una zuppadi ceci neri. Tra i primi non può mancare un ragù con su-go di cacciagione, lepre o me-glio ancora coniglio delle col-line della valle, o sugo di qua-glia con i funghi. I secondi di

carne? Trionfa lo stufato di asi-no, cucinato in terracotta conuna salsa di verdure miste.Tutto va accompagnato con unvino caldo, perfetto il primiti-vo. Per finire i dolci: chiacchie-re e cartellate.

Spostandoci a Martina

Franca, ci imbattiamo nell’ac-coglienza semplice e galantedel «Coco Pazzo». Lo chef Ste-fano Colucci, che alleva talentidel Sol Levante accompagnan-doli nella scoperta dei segretidella tavola pugliese, ci fa que-sta premessa: «Preferiamosempre utilizzare prodotti diprima scelta della stagione edel nostro territorio». Gli anti-pasti allora: soppressata e sa-lame locale, insieme a carciofie rape di Fasano. Le rape tor-nano sontuose con le strasci-nate di farina scura tra i primi.Le orecchiette sono poi ap-pannaggio di ricchi ragù diagnello, o di spuntature di ma-iale, con grano pestato. I se-condi? Marretti avvolti nellarete e legati con il budello, cot-ti in tegame con patate, o la te-glia di agnello con carciofi epatate; il maialino si abbinacon vino e cipollotti. Tra i dolcisvettano i «porcidd», gnoc-chetti fritti con mandorle emiele, o le «tagliatelle» cottenel vino. Ogni portata può poiessere esaltata da una calice diSusumaniello.

Gli ultimi indirizzi gastro-

nomici li riceviamo da Anto-nella Ricci e Vinod Sookar, al«Fornello da Ricci» di CeglieMessapica, con menù celebra-tivi dei 50 anni di attività appe-na festeggiati. Imperdibilel’antipasto al fornello: parmi-giana di verze, carciofo Igp «indue consistenze», quadrettifarciti di vitello e capocollo, la-sagnetta alla clorofilla di bie-tola, con zucca al fornello e ri-cotta, fonduta di burrata e no-ci; cubo di filetto di baccalà inolio di cottura con purè di ma-nioca; lonza di maiale impana-ta in briciole di taralli; croc-chette di foglie di cime di rape.I salumi sono fatti in casa, e c’èanche un cotechino pugliese,il «salame al vapore», da pro-vare. I primi? Incanalate conbroccoli, pomodoro regina e mollica tostata o spaghetti concrumble alle aringhe e carcio-fi. I secondi: sella di agnello incrosta di erbe aromatiche conbombette e fegatini arrosto,più insalata tiepida e cubetti dipatate cotti sotto la cenere.Originalissimo anche il filettospadellato con emulsione dicime di rape e canestrato allacurcuma e tartufo nero. I dolcial Fornello da Ricci’? Una infi-nità. Consigliamo gelato alcaffè con soffice all’olio extra-vergine di oliva, spuma alla va-niglia e granella di grano arso.Si può chiudere la degustazio-ne con il rosolio fatto in casa agli agrumi o melagrana.

Michele De Feudis© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fornelli d’autore in Valle d’ItriaI bravi chef di tre rinomati ritrovi del territorio illustrano ingredienti e saporiSilibello, Colucci e Ricci: «Utilizziamo solo prodotti di stagione del territorio»

I dolciDa non perdere i «porcidd», gnocchetti fritti, o le «tagliatelle» cotte nel vino

Il capocollo di Martina Francaoggi un brand mondiale ed unicoEcco come si prepara una delle produzioni migliori

EssiccazioneIl capocollodi Martina Franca durante la fase di essiccazione

Il processoI pezzi di carne sono lasciati a macerare nel sale per 20 giorni, dopo si lavano con vin cotto

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BA4 Lunedì 9 Gennaio 2017 Corriere del Mezzogiorno

L’evento

D al ritorno di VinicioCapossela alle terzinecantate da EugenioBennato, con la sua

chitarra. Dallo sguardo delloscultore francese Daniel Burenalle parole dello scrittore, pre-mio Strega, Nicola Lagioia.

Sempre più avvenimentoculturale d’avanguardia, piùche rito apotropaico paganocontadino, l’accensione delgrande falò di Novoli, de LaFòcara, mai come quest’annorappresenta un appuntamen-to di spessore e mondanità traquelli invernali in Puglia e alSud. Una sorta di spartiacqueche, invece dell’antico auspi-cio per un buon raccolto neicampi, funge da prova genera-le per l’arrivo di turisti e spet-tacoli in vista della bella sta-gione. È così, per questa edi-zione 2017 - in programmalungo una tre giorni a cavallotra il 16 e il 18 gennaio - dellagrande catasta di fascine di le-gno della cittadina salentina,sono attese migliaia di perso-ne che, oltre al grande fuoco ealle bancarelle della tipica fe-sta patronale, potranno gode-re di concerti di alto livello, mostre e incontri altrettanto appetibili. Un grande spetta-colo attorno alle fiamme delle

novantamila fascine di legno,frutto della potatura dei vitignidi negroamaro, incendiate co-me rito pagano e propiziato-rio, per i prossimi raccolti, eper omaggiare Sant’AntonioAbate, il patrono della cittadi-na. La catasta raggiunge i 25metri di altezza e i 20 di dia-metri ed è certamente l’eventopiù atteso dell’inverno puglie-se. Il 16 gennaio la grandepiazza assisterà all’accensioneattraverso fuochi pirotecnici eal concerto, gratuito, come tutti gli appuntamenti in pro-

gramma, di Vinicio Capossela.Sullo stesso grande palco sali-ranno lungo i tre giorni ancheEugenio Bennato, 2 Many DJ’S,Bienoise, Chase & Status, AcidArab, Cairo Liberation Front,Richard Dorfmeister, C’MonTigre + Danijel Zezelj e JollyMare. Musica popolare, rocked elettronica si alterneranno,quindi, nella tre giorni di mu-sica a cura di Loris Romano,realizzata in collaborazionecon la cooperativa Coolclub. Una tre giorni che ha tutti con-notati di ciò che è oramai defi-

La tradizionale festa dedicata a Sant’Antonio Abate, protettore della cittadina di Novoli, inizia per l’esattezza il 7 gennaio, con il Novenario, e termina il 18 la festa dedicata a tutti i cittadini. Il culmine, però, avviene tra il 16 e il 17 gennaio, con l’accensione del grande fuoco e l’arrivo di migliaia di turisti. Il culto del Santo del fuoco fu ufficializzato secondo le fonti in possesso del Comune, il 28 gennaio del 1664, per decisione di monsignor Luigi Pappacoda. In passato, come

accade anche altrove, il comitato della festa girava, per le case per raccogliere le offerte necessarie alla realizzazione dell’avvenimento. Oggi la Fòcara ha una sua fondazione e gode di finanziamenti pubblici, a cominciare da quelli provenienti dalla Regione. La processione in passato era fatta a piedi scalzi. L’attuale processione si conclude con il ritorno del Santo in piazza Sant’ Antonio Abate, salutato da fuochi d’artificio. (g. m.)

La ricorrenzaCelebrazioniper il Patronoaperte già sabato

La Fòcara tra sacro e profanoTre giorni di iniziative a Novoli dal 16 al 18 di gennaio dove migliaiadi persone si riversano per l’accensione del grande falò per S. Antonio

Chi canta

Nei tre giorni si esibiscono Vinicio Capossela Eugenio Bennato, 2 Many DJ’S, Bienoise, Chase & Status,Acid Arab, Cairo Liberation Front, Richard Dorfmeister, C’Mon Tigre + Danijel Zezelj e Jolly Mare

nito Fòcara Festival. La piazzaprotagonista è sempre la TitoSchipa, in grado di ospitare fi-no a 50 mila persone. «Se i pri-mi 10 anni sono andati versol’idea di portare il mondo alFòcara Festival – spiegano gliorganizzatori il progetto cultu-rale alle spalle dell’iniziativa -,la seconda fase ha un procedi-mento inverso, portare il Fòca-ra Festival nel mondo. Il festi-val sta aprendo le finestre suun mondo nuovo dal punto divista del territorio e della so-cietà. E’ interamente no profite gratuito, l’ultima edizione èarrivata ad ospitare circa 20 ar-tisti ed almeno 50.000 personehanno assistito-occupato pertre giorni la storica piazza. IlFòcara Festival è lo spartiac-que del tempo tra ciò che si è

stati e ciò che si vorrebbe esse-re: è la possibilità di realizzareun nuovo sentiero musicale incui le vampe del fuoco si in-trecciano con le musiche delmondo». Ma la musica, comesottolineato, non è la sola pro-tagonista. La Fòcara è, da anni,anche letteratura, pittura,scultura, fotografia, teatro enarrazione. Come quella dei«Dialoghi del fuoco», cui que-st’anno parteciperà lo scrittorebarese, Nicola Lagioia. Il pre-mio Strega 2015 e neo diretto-re del Salone del Libro di Tori-no sarà impegnato nel raccon-to di libri dove il tema del fuo-co è al centro delle sue pagine.Il teatro, invece, sarà di scenasu palco del Comunale di No-voli, che ospiterà l’opera di Elio Germano e Theo Teardo«Viaggio al termine della not-te», tratto dal romanzo diLouis Ferdinand Céline. Mas-simo Zamboni sarà presente,invece, con lo spettacolo «Ani-me galleggianti – anime fiam-meggianti». Il programmaprevede anche l’intervento sufuoco e cibo di Marino Niola,tra i massimi esperti di antro-pologia, nel dibattito-incon-tro-teatrale, con Donpasta e ilconduttore televisivo EdoardoCamurri. Il celebre scultoreDaniel Buren, autore del mani-festo 2017, si confronterà col“fuoco che svanisce in 24 oreed il gesto contemporaneo cheporta nuovi significati edidee”. Per avere informazionisul programma completo èadisposizione il sito webwww.focara.it

Gino Martina© RIPRODUZIONE RISERVATA

Vinicio Capossela è l’attrazionedella prima serata della tre giorni

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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 9 Gennaio 2017 BA5

ne, salumi e formaggi. Altroclassico è il rustico, caposaldodella rosticceria leccese, fattocon pasta sfoglia ripiena di po-modoro, mozzarella, bescia-mella, pepe e noce moscata. Vamangiato molto caldo per po-terne gustare appieno il sapo-re. Una sosta con pasticciotto,puccia o rustico non può man-care durante la visita ai monu-menti di Lecce: l’anfiteatro e ilteatro romano, la basilica diSanta Croce, le porte storiche apresidio dell’antico borgo,piazza del Duomo con il palaz-zo del Seminario, il castello diCarlo V. A Zollino, non lonta-no dalla città capoluogo, valela pena di assaporare la scébla-sti, un pane morbido ottenutocon farina di grano duro e lie-vito madre, di forma tonda eappiattita, cotto nei forni a le-gna e condito con zucchina,zucca, olive nere, capperi, po-modorini, olio, sale, cipolla epeperoncino. In paese, il 1°agosto la scéblasti è protago-nista assoluta di una sagra

Tradizioni

V olendo allargare i con-fini dell’arte propria-mente detta, non si fa-rebbe fatica a inclu-

dervi, insieme ai ghirigori ba-rocchi di chiese e palazzi delSalento, le abilità manuali co-munque creative, ricche diacuti che approdano sulle ta-vole per deliziare i sensi. Città,paesi e contrade dell’anticaTerra d’Otranto sono un fioriredi sapori che rimandano a tra-dizioni vecchie di secoli. Unitinerario ideale del gusto po-trebbe iniziare da Lecce, capi-tale del Barocco e del pastic-ciotto, tipico dolce locale fattocon pasta frolla e crema, nellasua versione tradizionale, ma proposto anche in diverse va-rianti nelle tante pasticceriecittadine: con ripieno di cioc-colato e marmellate di vari gu-sti. La puccia, sfornata tutti igiorni dai panifici salentini, èun pane semplice con le olive.Ma anche in questo caso le va-rianti non mancano: lo si puòcondire con verdure di stagio-

molto attesa. Zollino è cono-sciuta anche per i suoi duemenhir, misteriosi monoliti inpietra infissi nel terreno, simi-li ad altri manufatti dello stes-so genere disseminati nel Sa-lento. Il piccolo paese di Can-nole è, invece, conosciuto perle «municcheddhe», ossia lelumache che qui vengono su-blimate con ricette molto gu-stose. Nel mese di agosto le«municeddhe», così chiamateper il loro colore marroncinoche ricorda quello del saio deimonaci, sono l’attrazione diuna nota sagra paesana. Can-nole, fra l’altro, è uno dei Bor-ghi autentici d’Italia, e vale lapena trattenersi qualche oraper una visita del borgo anti-co. Cucina tradizionale a base

numerosi ristoranti dove sipuò gustare il pescato appenagiunto dai porti pescherecci.Una specialità rinomata è ilgambero rosso di Gallipoli damangiare arrostito o preparatoin tanti altri modi. Non man-cano sulle tavole salentine, in ogni stagione, i tradizionali«’mboti”, chiamati anche«turcinieddhi», involtini fatticon interiora di agnello e cottialla brace. E ad ogni pietanzanon resta che abbinare unclassico vino locale. I vignetidel Salento producono ottimeuve da cui si ricavano vini di al-ta qualità, bianchi, rosati e ros-si, tra cui il Negroamaro e ilPrimitivo.

Antonio Della Rocca© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un pasticciotto offerto all’interno di un tipico locale leccese

Il piccolo paese di Cannole, sempre in provincia di Lecce è, invece, conosciuto per le «municcheddhe», ossia le lumache che qui vengono sublimate con ricette molto gustose. Nel mese di agosto le «municeddhe», così chiamate per il loro colore marroncino che ricorda, sembrerebbe, quello del saio dei monaci, sono l’attrazione di una nota sagra paesana chefunge da richiamo per migliaia di turisti che sono già in Salento perché attratti da altro.

Il piattoCannole, il paeseche ha fattocelebri le lumache

Al fornoA Zollino, si assapora la scéblasti, un pane morbido con farina di grano duro e lievito madre con zucchina, zucca, olive nere, capperi, pomodorini, olio, sale, cipolla e peperoncino

Pucce, pasticciottimuniccheddeIl sapore di LecceE sul mare si gusta il pesce in mille modi

di specialità marinare, ma an-che tanta arte e cultura, sonogli ingredienti principali diuna sosta a Gallipoli, anticacittadina adagiata sullo Jonio.La «scapece» è una pietanzadal sapore deciso, fatta con pe-sce azzurro fritto e marinato inaceto, con l’aggiunta di zaffe-rano e pan grattato. Il polpo èuna vera prelibatezza se prepa-rato alla pignata, ovvero inumido all’interno di un tega-me di terracotta. La zuppa dipesce alla gallipolina è un con-centrato di sapore ottenutocuocendo diverse varietà delgustoso pesce dello Jonio. Lacucina marinara, negli ultimianni, si è arricchita di piattianche ricercati, grazie alle spe-rimentazioni degli chef dei

La puccia, sfornata tutti i giorni dai panifici salentini, è un pane semplice con le olive Ma variantice ne sono

La zuppa di pesce alla gallipolina è un misto di sapori ottenuto cuocendo diverse varietà dello Jonio

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BA6 Lunedì 9 Gennaio 2017 Corriere del Mezzogiorno

I sapori

I n Puglia ogni stagione ha isuoi sapori, da gustare an-che per strada tra bellezzedel paesaggio e buona cu-

cina. Sono tanti e tali i prodottiche offre la terra pugliese chepersino l’inverno riesce ad as-sicurare una grande varietà dimaterie prime per realizzarepiatti ormai entrati nella tradi-zione con qualche differenzatra le varie zone geografiche.

Nel Barese, un itinerario tut-to gastronomico ma che inclu-de anche meravigliosi scenariè quello che da Noci porta aTriggiano e Rutigliano passan-do per Sammichele di Bari.Partendo da Noci, centro del-l’altopiano murgiano, che con-quista con il suo paesaggio ditrulli e grotte, ma anche per ilgusto dei celebri latticini. Da novembre a febbraio è tutto unfiorire di sapori che dal vinonovello alle caldarroste dà vitapersino alla sagra Bacco nellegnostre. È un piacere unico gi-rovagare tra cortili e piazze perscoprire le specialità tipiche,dalle orecchiette alle pettoledolci e salate, il grano e il cecenero, le mozzarelle, la burrata.

maggio pecorino, basilico, po-modoro, sale e pepe. A formadi spirale e fermata con unospiedino è ideale cotta allabrace. Nelle tante macelleriedel paese, tra le maschere apo-tropaiche in pietra sulle fac-ciate dei palazzi, si può trovarequesta specialità tutta locale acui è dedicata anche un’im-portante manifestazione dellacucina tipica regionale. La Sa-gra della Zampina, dal 1967, hail fine di promuovere e com-

mercializzare i prodotti tipicidi Sammichele di Bari, grazieagli operatori del settore che,attenti alle tradizioni popolari,continuano a credere nella ti-picità e qualità dei prodotti ali-mentari. La zampina è cono-sciuta per il suo particolaregusto e per il tradizionale pro-tocollo di produzione che larende unica rispetto alle altretipologie di salsiccia che sipossono gustare in ogni altroangolo d’Italia. Muovendosidalla Murgia verso la costa eraggiungendo la terra degliulivi, ci si trova a Triggiano do-ve da dicembre si svolgono lemanifestazioni per promuove-re due dei prodotti più tradi-zionali del paese: si parte conla Sagra del pane e dell’olio. Equesto tour del gusto si puòconcludere a Rutigliano, doveda metà dicembre e fino a feb-braio, nei violetti della capitaledei fischietti in terracotta, trachiese e palazzi del centro sto-rico, vengono accesi grandipentoloni in piazza per la Sa-gra della pettola, la tipica frit-tella natalizia, insaporita neimodi più disparati. Si trattasempre di prodotti a chilome-tro zero che vengono coltivatinelle terre limitrofe e dai cui siricavano i cibi della tradizioneanche con qualche variantemoderna sperimentata dalledonne del paese che manten-gono comunque saldi i princi-pi culinari dei vari luoghi.

Francesca Cuomo© RIPRODUZIONE RISERVATA

La «zampina», specialità che si trova in più centri del Barese; a lato il «Bacco delle gnostre»

Puglia, la nuova mappa dei gustiDa novembre a febbraio appuntamenti e sagre tra cortili e piazze delle cittàViaggio nei sapori della provincia di Bari, da Noci a Rutigliano a Sammichele

Cibo di strada e tradizioni pugliesi non sono del tutto incompatibili, almeno per quelle pietanze come le sgagliozze che vengono preparate in friggitoria ma anche in luoghi improvvisati e che raccontano il gusto dell’inverno. Sono fette di polenta, che vengono lasciate a seccare qualche giorno dopo la preparazione per perdere un po’ del contenuto d’acqua e poter essere fritte senza sciogliersi nell’olio bollente, tagliate a forma di piccoli triangoli e salate. Si vendono nelle friggitorie tipiche anche a Foggia. A Bari è invece tradizione trovare questa preparazione in bancarelle allestite nel centro storico, in particolare nei giorni delle feste natalizie o durante le due festività dedicate a San Nicola di Bari. Ma nei vicoli più antichi della città vengono preparate quasi per strada. Hanno un sapore che può anche essere accompagnato con tanti formaggi pugliesi, proprio come fette di pane da farcire e ormai vengono servite anche come aperitivo accompagnate con varie salse. (f. c.)

La tipicità

Sgagliozze da strada,si friggono dappertutto

Supplemento della testata

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Le donne baresi la preparano tutto l’anno ma è in inverno che se ne apprezzano maggiormente le caratteristiche ed il sapore forte e corposo. La focaccia a libro ha una forma circolare ed è, in realtà, realizzata con lo stesso impasto della focaccia a forma tradizionale e con un ripieno che varia secondo i gusti di chi la prepara. E’ croccante fuori e molto più morbida dentro rispetto a quella tipica barese perché è arrotolata su se stessa e più alta. Dunque l’interno resta più soffice. La ricetta

classica la propone ripiena con origano ed olio (facoltativamente si posso aggiungere pomodori freschi a pezzi ed olive verdi denocciolate). Nelle varianti più moderne si farcisce anche con salumi e formaggi filanti. Per la sua forma a chiocciola piace tanto anche ai bambini e a Bari, e soprattutto in provincia, viene preparata anche come antipasto per i pranzi più importanti. Rappresenta, insomma, una variante del più classico dei cibi baresi conosciuti fuori dai confini regionali. (f. c.)

Il mustFocaccia classicao «a libro»,tutte le varianti

Cartellate, vin cottoe purcidduzziTentazioni di gola

C artellate, mostaccioli e purcidduzzi so-no i dolci dell’inverno tipici della tradi-zione pugliese ed accompagnano il sa-pore del vin cotto e il profumo di can-

nella durante i mesi più freddi. Sono preparaticon i prodotti di stagione e con lo scopo di ren-dere più confortevoli nel gusto i mesi più freddidell’anno. Le cartellate, ad esempio, sono dolcia forma di aureola (per ricordare la tradizionecristiana) arricchiti con zuccherini colorati emiele preparati con una sfoglia fritta. Ne esisto-no numerose varianti, ma la ricetta tipica regio-nale è quella che le vede impregnate di vincottotiepido o di miele, e poi ricoperte di cannella,zucchero a velo oppure mandorle. Il vincotto èun condimento derivante dalla cottura del mo-sto proveniente dalle uve pugliesi Negroamaroe Malvasia o dai fichi. E tra i dolci tipici (soprat-

tutto nel Salento) ci sonoanche i mustazzoli. Fannoparte anche della tradizionesiciliana e sono biscotti pre-parati con farina, zucchero,mandorle, limone, cannel-la, miele ed altri aromi. Avolte sono ricoperti da unaleggera glassa a base dicioccolato. L’impasto deimustazzoli è costituito da

vino cotto, cioè sciroppo di fichi secchi che nonha nulla in comune con il prodotto che porta lostesso nome ma ottenuto dal mosto d’uva cotto,buccia d’agrumi, mandorle, miele, cannella,talvolta cotognata, granella di nocciole, ciocco-lata, frutta candita. Ma ci sono anche i purcid-duzzi: secondo la tradizione tarantina devonoessere mangiati il giorno di Sant’Antonio Aba-te, il 17 gennaio; perché questo santo viene rap-presentato con un porcellino a seguito. A Leccesi realizzano utilizzando farina, lievito di birra,vino bianco, acqua e sale, a Gallipoli e dintorninon si utilizza il lievito. Per impastare non siusano uova, bensì succo di arancia, mandarino,limone, cannella, chiodi di garofano e liquoredi anice. Sono conditi con miele, anesini e can-nella.

F. C.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Specialità

Tra le cose «imperdibili» in un immaginario (ma non troppo) itinerario in provincia di Bari vi è la zampina, tipica salsiccia a base di carne mista fresca condita con formaggio pecorino, basilico, pomodoro, sale e pepe. A forma di spirale e fermata con uno spiedino è ideale cotta alla brace

Tutti sapori unici proposti neimesi invernali con l’accompa-gnamento degli altri prodottipiù sani e ricercati della terra pugliese: pane, olio d’oliva, vi-no e dolci rappresentano ilcompletamento di questi cibi.Continuando il viaggio nel-l’entroterra ci si può fermare aSammichele di Bari, che dà ilbenvenuto con il profumostuzzicante della zampina, ti-pica salsiccia a base di carnemista fresca condita con for-

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Tipicità

A rchiviat i cenoni epranzi di natale, car-tellate e panettoni,spumante e salmone,

non resta che affrontare il«Generale Inverno» non ri-nunciando a qualche escursio-ne domenicale alla scoperta dei borghi più suggestivi delSubappennino e del Gargano.

L’occasione più vicina perassaporare le tradizioni anti-che, acquistando prodotti lo-cali e degustando prelibatezze,è la «Fete de lu caiunn», la sa-gra del maiale, che si tieneogni anno la prima domenicadi febbraio a Faeto. Una sagradalle radici antiche che coin-volge l’intero borgo. La piccolacomunità subappenninica,che costituisce una minoranzalinguistica franco provenzalenella nostra regione, è coin-volta nella preparazione dispecialità a base di carne dimaiale. Il comune più alto del-la Puglia con i suoi 866 metri sul livello del mare, ha originiantichissime. Diverse le ipote-si, come riporta anche un arti-colo di Monsignor Castielli:«La più accreditata è quella

che fa perno soprattutto sul-l’editto di Carlo I d’Angiò dell’8 luglio 1269. Secondo questaipotesi, l’origine della nostraisola linguistica francoproven-zale prende il suo avvio esatta-mente dal gruppo di soldati mandati dal sovrano Angioinoa presidiare il centro fortifica-to di Crepacore (collocato nel-la zona limitrofa alla chiesa diSan Vito e corrispondente al-l’altura denominata in seguito“Castiglione”). Questi soldati,terminata la guerra, richiama-rono le loro famiglie insedian-dosi definitivamente sul luo-go. Verso il 1340 abbandonaro-

no la zona portandosi nella lo-calità dove sorge ora Faeto». Ilsuo nome che in franco-pro-venzale è «Faìte», deriva dalpaesaggio che circonda il pic-colo borgo, il bosco di faggiche ancora oggi è possibileammirare. Quest’anno si ta-glierà il nastro della 36esimaedizione che ricorderà quella che una volta veniva definita«mattanza» dei maiali che sisvolgeva tra dicembre e feb-braio quando nevicava e pro-prio il gelo garantiva che lecarni non si deteriorassero.Degli antichi riti in piazza, di-nanzi alle centinaia di visitato-

ri , si svolge oggi solo la depila-zione dell’animale ormai mor-to. Poi il taglio delle carni e siparte con le grandi cucine lun-go le strade per preparare ipiatti tipici. In particolare il«suffrì e panunte», un piatto abase di carne di maiale con pa-tate e peperoni sott’aceto.

È possibile acquistare insac-cati e il celebre prosciutto diFaeto che da anni ha varcato iconfini regionali. Nel corsodella giornata si svolge ancheuna mostra mercato, c’è lapossibilità di visitare il museodella civiltà contadina. Un mu-seo etnografico che raccogliela storia della comunità di Fae-to e della vicina Celle San Vito(il Comune più piccolo dellaPuglia). Nel museo, ospitatoda anni della casa del Capita-nio risalente al XV secolo, so-no raccolti e custoditi attrezziche venivano usati per il lavoronei campi, o legati alle attivitàquotidiane. Preziose testimo-nianze con le quali è stato pos-sibile ricostruire le fasi della raccolta del grano, dell’alleva-mento. Oggetti della transu-manza e della lavorazione dellatte, della produzione dei for-maggi.

Antonella Caruso© RIPRODUZIONE RISERVATA

Le operazioni di pulizia della cotenna del maiale avvengono subito dopo la sua uccisione

A Faeto per la sagra del maialeNel piccolo centro del Subappennino Dauno torna in scena a febbraiouno degli appuntamenti più attesi dell’inverno in Puglia fra riti e tradizioni

Uno dei piatti più gustosi della provincia di Foggia abase di maiale è costituito senza dubbio da un preparato con la cotenna. Per preparare gli involtinidi cotenna alla garganica servono fette di cotenna ben rasate, una mezza cipolla, prezzemolo, 30 grammi di pinoli, 30 di uvetta, 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva del Gargano, salsa di pomodoro casereccia, 100 grammi di parmigiano grattugiato, un bicchiere di vino bianco secco, 2 spicchi d’aglio, succo di mezzo limone, sale e pepe

Il piattoCotenne al sugo,la ricettadel Gargano

I piatti

Degli antichi riti in piazza si svolge oggi solo la depilazione dell’animale ormai morto. Poi il taglio delle carni e si parte con le grandi cucine lungo le strade per preparare i piatti tipici. In particolare il «suffrì e panunte», un piatto a base di carne di maiale con patate e peperoni sott’aceto.

Uno scrigno di sapori e saperiper nuove «Emozioni in cucina»Dagli antipasti ai dolci nel libro di Mina Micunco

Mina Micunco con la copertinadel suo libro «Emozioni in cucina»

P iù che un libro unoscrigno. Un tesoro disapori e saperi , la cuci-na delle tradizioni e

delle feste che regala, come inquesti giorni, calore ed emo-zioni. Si perché proprio diemozioni si tratta, parlandodel libro di Mina Micunco, diprofessione consulente am-bientale, ma per passionescrittrice di libri di cucina.

Il suo Emozioni in Cucinaedito da Aliante non è tanto unricettario ma uno spaccato divita che attraverso la passioneper i fornelli ci rimanda allatradizione culinaria di fami-glia.

«Cucinare è una forma diamore per chi ci sta accanto –afferma Mina Micunco cheproprio dai ricordi della sua infanzia, dei piatti elaboratidai suoi genitori trae ispirazio-ne».

In 267 pagine c’è un tripu-dio di antipasti, primi , secon-di di carne e pesce e poi focac-ce, pizze, panzerotti per ap-prodare al regno della pastic-ceria.

«Non ci sono festività nata-lizie senza quella magica at-mosfera dei dolci che oltre adappagare la golosità di moltihanno una storica valenza simbolica. Pensiamo alle car-tellate, che insieme a panetto-ni e pandori, allietano le tavolenatalizie. Nella tradizione cri-stiana rappresenterebberol’aureola o le fasce che avvolse-ro il Bambin Gesù nella man-giatoia. Al miele o con il vincotto – prosegue Mina- rap-presentano un piatto irrinun-

ciabile e lo scorso anno nellamia città, Mola di Bari, diedivita ad una vera e propria sagradelle cartellate nella quale, at-traverso cooking show – inse-gnavo a preparare questo dol-ce prelibato, impastando edintrecciando la sfoglia fino acreare la sua tipica forma a ro-sa. E poi i biscotti vari, moltidei quali a base di pasta di

mandorle altro ingrediente ti-pico della Puglia e della ga-stronomia natalizia. Nei giorniappena trascorsi la casa è di-ventata un piccolo laboratorioartigianale – conclude MinaMicunco - in cui preparare maanche sperimentare nuovipiatti. Circondati dagli affettipiù cari, dalla famiglia agliamici. E poi nella gastrono-mia, non c’è nulla di più inno-vativo della propria cucina. Pellegrino Artusi lo affermavagià alla fine dell’800. La storianon si dimentica, più che maiai fornelli». Insomma, buonalettura e buon appetito.

Carlo Testa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ai fornelli «Cucinare in realtà è una vera forma di amore per chi ci sta accanto»

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I riti

U na notte lunga. Unanotte illuminata da 61falò, riscaldata da vi-no, canti e balli. Una

notte che torna puntuale perricordare come la gente di Ca-stellana Grotte riuscì a liberar-si della peste bubbonica nel1691. Una notte attesa per 365giorni, per festeggiare. È lanotte delle Fanove che, tra l’11e il 12 gennaio, e scatenerà la voglia di abitanti della cittadi-na murgiana e dei forestieri dicelebrare, per tradizione ecredenza, il miracolo compiu-to dalla Madonna della Vetra-na. Un’apparizione, o ispira-zione, che indicò la strada adue sacerdoti in preghiera ealla gente per sopravvivere al-l’epidemia del male, grazie al-l’olio della lampada, che illu-minava l’edicola votiva dellaMadonna in una piccola chie-sa antica situata nelle vicinan-ze del Santuario Maria Santis-sima della Vetrana.

In quei giorni furono bru-ciati in grandi falò vestiti e mo-bili appestati. Così, CastellanaGrotte si liberò del male. Così,con falò sparsi per tutto il cen-tro storico la città festeggia an-cora. Con una festa pari aun’esplosione di allegria ingrado di coinvolgere chiun-

que. Le case degli abitanti so-no aperte per accogliere tutti eper offrire vino e cibo tipico distagione, come piatti di ceci,fave e taralli, mentre la gente siriunisce in comitive imbrac-ciando chitarre e altri stru-menti per intonare, attorno aogni falò, canti popolari. A co-minciare da quello tradiziona-le in onore della Madonna del-la Vetrana («Tu sei del popolo,letizia e pace, fonte verace dicarità…»), per proseguire conaltri brani festaioli, fino a quando le persone del luogonon offrono il ristoro deside-rato. Il piccolo rituale si ripeteuna decina di volte, perché lacomitiva si sposta, fino a nottefonda, di fanova in fanova. Igruppi di menestrelli, cantan-ti, ballerini e bevitori improv-visati si riversano poi in bar eristoranti, invadendo festosa-mente locali, sale e banconi,per poi attaccare ancora concanti e balli, fino a ricevere ladose di cibo e vino desiderato.I bagordi terminano alle primeore del mattino. La data, preci-sa, è sancita da documenti sto-rico notarili che testimonianocome effettivamente in queigiorni di quell’anno il male ar-rivò alle porte della città finquando, e qui interviene la

credenza popolare, i due sa-cerdoti in preghiera verso Dioe la Vergine ebbero assieme lamedesima ispirazione: quellache la Madonna della Vetranaavrebbe liberato Castellanadalla peste. Le persone malate,secondo la leggenda, guariro-

no grazie all’olio della lampa-da miracolosa. Le vesti e tuttociò che era stato a contatto colmorbo fu bruciato. E i guariti egli abitanti furono devoti persempre alla Vergine cui la festaè dedicata. Non a caso, dopo ibagordi, ogni anno arriva il ri-tuale religioso vero e proprio.Un rito nel quale la statua dellaMadonna della Vetrana è por-tata in processione dal con-vento dei frati minori allachiesa matrice di San Leone

Magno, dove preghiere e ve-nerazioni proseguono perun’intera settimana. Il ritoprevede anche la questua tra ifrantoi, per raccogliere l’oliodestinato ad alimentare lalampada votiva. Una questuache parte al mattino presto,accompagnata dalla banda delpaese e dalle note delle musi-che tradizionali.

Gino Martina© RIPRODUZIONE RISERVATA

FiammeUno dei caratteristicifalòche si animanoa CastellanaGrotte nella notte della festa

Le Fanove rinnovano il miracolo A Castellana Grotte si ripete nella notte tra l’11 e 12 il rito dell’accensione dei falò per celebrare la Madonna della Vetrana che salvò la città dalla peste

Si veglia ballandoUna notte illuminata da 61 falò, riscaldata da vino, canti e ballie da pietanze tipiche

Cosa si fa

Le case sono per offrire vino e cibo tipico di stagione, come piatti di ceci, fave e taralli, mentre la gente si riunisce imbracciando chitarre e altri strumenti per intonare, attorno a ogni falò, canti popolari

La questuaIl rito prevede anche la questua tra i frantoi, per raccogliere l’olio per la lampada votiva

Le Fanove non si accendono solo a Castellana Grotte. Anche a Palo del Colle, sempre in provincia di Bari, esiste un evento analogo e quest’anno si tiene martedì 17 gennaio. Quel giorno, in onore di Sant’Antonio Abate, decine di associazioni e cittadini si riuniranno attorno ai falò che saranno accesi nella cittadina per raccogliere fondi per i terremotati del Centro Italia e per condividere la passione per bontà come i «knniadd», pettole e buon vino e per festeggiare in allegria.

L’iniziativaKnniadd e offerte,Palo del Collefa solidarietà

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Persone e fatti

D ue sorelle e un castel-lo, marcondirondello.Simona e Marika La-caita, di Torricella,

4mila abitanti sul mar Jonioverde cristallo, terra di Taran-to, Salento nordoccidentale,sono imprenditrici vitivinico-le. Sposate, con una figlia Si-mona, due figli Marika, quat-tro anni fa hanno fondatol’azienda Trullo di Pezza, nel-l’omonima masseria circonda-ta da uliveti e vigneti, dove og-gi producono vini biologici,primitivo rosato aglianico ne-groamaro. Ma la gavetta, ottoore di lavoro e niente vacanzetranne a Natale Pasqua e Ferra-gosto, l’hanno fatta nell’azien-da di famiglia. Papà Pietro è unindustriale nel settore della metalmeccanica: «Ma niente favoritismi! – dice Simona.Siamo partite dal gradino piùbasso, abbiamo acquisito lacompetenza che ci serviva eimparato due cose: umiltà evoglia di fare». A un certo pun-to decidono che è arrivato ilmomento di camminare conle loro gambe. Recuperano eristrutturano un castello ac-quistato dal padre molti anniaddietro, una costruzioneneo-medioevale dei primi del‘900. «Era un rudere, ci sono

voluti sei anni per sistemarlo».Oggi, da quel rudere, è nato Vi-nilia wine resort, torre domi-nante, quattro torrini laterali,profili smerlati che svettanotra il cielo blu e la campagnafertile. Perché wine resort?Perché alla produzione del vi-no hanno aggiunto l’ospitalità,il tassello che mancava. Viniliaè in contrada Scrasciosa, aManduria, equidistante da Ta-ranto, Lecce e Brindisi: geo-graficamente, il cuore del Sa-lento è questo. E’ la terra deiMessapi e del primitivo. Lo sa-pevate che lo zinfandel califor-niano, vino rosso, corposo,

identico al primitivo quasi fos-sero gemelli omozigoti, derivada queste zone? Le viti partiro-no proprio da qui, da un fazzo-letto di vigna poco lontano(dove a loro volta erano stateportate da Gioia del Colle, pro-vincia di Bari) per essere pian-tate in California (ma questa èun’altra storia). Diciotto came-re nel wine resort, letti in tufo,in ferro battuto o in legno fattidagli artigiani locali. Minima-lismo e art déco insieme. Ma lacosa di cui Simona e Marikavanno fiere è Casamatta, il ri-storante, una sala con caminoe pezzi di luminarie tradizio-

nali pugliesi degli anni ‘50. Incucina, a capo della brigata, c’èuna donna, manco a dirlo: Va-leria Piccini, chef due stelleMichelin, toscana. Chef resi-dent invece è il pugliese PietroPenna, formatosi nella cucinadi Sergio Mei e al Four SeasonGeorge V, due stelle Michelindi Parigi. La sala è affidata aGiovanni Baccaro, puglieseanche lui; nel suo curriculumil Pellicano di Porto Ercole.«Marika e io siamo comple-mentari – dice Simona -. Lei sioccupa del personale e del-l ’amministrazione, io deiclienti e delle relazioni». Ma civuole più coraggio o più folliaper fare un passo imprendito-riale così grande, qui, al Sud,terra da cui si continua ad an-dare? «Ci vuole coraggio, e an-che questo l’abbiamo impara-to da nostro padre. Non abbia-mo mai pensato di andar via.Siamo consapevoli che nonsempre le cose vanno come cisi aspetta, ma chi ci crede vera-mente, si affida al rischio e allafiducia. E’ una grande sfida,l’investimento spaventa, mauna volta dentro non ci pensi.Vai avanti, t’impegni e ti dai forza ogni giorno».

Paola Moscardino© RIPRODUZIONE RISERVATA

Simona e Marika Lacaita, le due sorelle proprietarie della dimora di cui vi offriamo interni ed esterni

L’Azienda Agricola di proprietà della famiglia Lacaita è impegnata da oltre 20 anni nella coltivazione di vigneti e uliveti su una superfice totale di circa 100 ettari di terreno in agro di Torricella. I vigneti si estendono in un’area circondata da trulli e muretti a secco , ricordo di antichi mestieri. Proprio la passione per la terra, i luoghi e le tradizioni hanno portato Marika e Simona Lacaita a seguire le orme del padre Pietro, dando all’azienda nuova linfa.

L’aziendaDa 20 anninel solcodelle tradizioni

Due sorelle e un castello-resortNella masseria Trullo di Pezza, Simona e Marika Lacaita di Torricella danno ospitalità tra vini biologici, primitivo, rosato, aglianico e negroamaro

Chi sono

Simona e Marika Lacaita, di Torricella, sono imprenditrici vitivinicole. Sposate, con una figlia Simona, due figli Marika, quattro anni fa hanno fondato l’azienda Trullo di Pezza, nell’omonima masseria con uliveti e vigneti.

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A due passi

E chi ha detto che persciare si deve andarelontano? Sciare a dueore dalla Puglia non so-

lo è possibile, ma è anche sicu-ro, divertente e comodo. Vo-lendo, non è difficile organiz-zare una giornata sulla nevepartendo al mattino e rien-trando di sera. DestinazioneBasilicata. Piste divertenti, im-pianti, ma anche ottima cuci-na, bei posti da visitare. Sonodiversi i luoghi dove è possibi-le organizzare una o più gior-nate sulla neve. La Basilicataha diversi centri pronti a ospi-tare gli appassionati deglisport sulla neve. A pochi chilo-metri da Potenza, nel territoriodel Comune di Abriola, c’è laLa Sellata-Pierfaone. La Sellataè dotata di vari impianti di ri-salita che creano un unicocomprensorio tra il MontePierfaone e il Monte Arioso. Lastazione sciistica nel versanteSellata - informa il sito dedica-to a questo luogo - è costituitada 1 sciovia (Pierfaone 2), 1tappeto (Campo scuola 1350m), 1 seggiovia biposto (Pierfa-one 3) e da 4 piste. Il Versante

Arioso, collegato dalla scioviafossa neviera è costituito da 3sciovie (falchetto, nibbio,aquilotto) e 5 piste. Una splen-dida posizione, una buona or-ganizzazione ne fanno uno deicentri sciistici più importantedella regione. La Sellata vienefacilmente raggiunta da Po-tenza grazie una strada direttache sale fino a 1255 metri di al-titudine. Da Abriola a Viggia-no. Una strada comunale saledal comune di Viggiano almonte della Madonna dove, a1400 metri si trovano gli im-pianti di risalita. La stazionesciistica Montagna Grande diViggiano è sull’Appennino Lu-cano, sul crinale orientale del-l’alta Val d’Agri. «Il Monte diViggiano (1723 m) – si leggesul sito dedicato a questo bel-lissimo luogo - è un massiccioroccioso che dista circa 11 chi-lometri dal centro abitato espicca in mezzo alla vegetazio-ne di faggi. Sulle sue pendici cisono le strutture ricettive e gliimpianti sciistici. La skiareaoffre due skilift e 2 tapis rou-lant che servono piste per losci alpino adatte a tutti i livelli,disegnate in mezzo a suggesti-ve faggete. Il campo scuola haun’apposita pista, servita da un nastro trasportatore. Un

Boschi e piste da sci vicini. La cultura dell’uomo e la natura, quindi storia, archeologia, memorie antropologiche e bellezze paesaggistiche. Viggianello, definito il paradiso delle ciaspole, delle racchette da neve, è uno dei luoghi più suggestivi da poter visitare ai piedi della catena montuosa del Pollino. E racchiude tra sé e i suoi dintorni bellezze invidiabili. Non è un caso che nel 2014 sia entrato a far parte del club dei Borghi più belli d’Italia. Un luogo, arroccato sul versante lucano del grande massiccio montuoso, scoperto di recente dai media nazionali e raccontato in modo entusiasta attraverso accurati reportage. Un borgo grazioso che si accompagna ad altri luoghi suggestivi, divisi tra le province di Matera e Potenza. Conta non più di 3.050 abitanti, ed è arroccato su di un promontorio roccioso al confine tra Lucania e la Calabria. Per i Romani, la sua posizione strategica, a dominio della vallata attorno, servì per farne un insediamento, Castrum. Nei secoli successivi fu abitato dai monaci basiliani, dai longobardi e dai bizantini. Di lì in poi popoli e culture si susseguirono sul suo territorio, passando per i normanni e gli svevi fino

ai Borbone e la costituzione del comune nel 1808. Proprio per la sua storia, la bellezza del suo centro storico, la vicinanza al Parco del Pollino, ai boschi e agli impianti di risalita, hanno fatto sì che Viggianello diventasse una delle mete turistiche più ricercate della Basilicata. Per gli amanti della neve d’inverno e per quelli del trekking nella bella stagione. (g. m.)

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La curiosità

Viggianello, il paradiso delle ciaspole

La pasta fatta in casa è una costante nei piatti tipici lucani ed è alla base di pietanze come orecchiette alla materna e strangolapreti (fettuccine di pasta a forma di bastoncini) alla potentina e i cavatelli con le cime di rapa. I secondi piatti più caratteristici della Lucania sono quelli realizzati nella zona del Metaponto a base di pesce. Tra i più frequenti, il baccalà con i peperoni e il baccalà a ciaruedda con cipolline fresche e peperoncino. Nelle zone interne trionfano i Cutturiddi, agnello cipolline e pomodori.

A tavolaPasta fatta in casabaccalà e cutturiddiIl buono dell’inverno

Scenari d’incanto e buon ciboIl bello di sciare in Basilicata

La Sellata-Pierfaone, il monte Sirino: impianti di risalita e buoni servizi

impianto di illuminazionepermette lo sci in notturna inoccasione di particolari eventie nelle festività. Il fondo puòusufruire di un anello di 3 chi-lometri nel bosco di faggi, avalle delle piste di sci alpino».

Allontanandosi un po’ dipiù dal capoluogo (circa 11ochilometri da Potenza), nel co-mune di Lagonegro si scia sulmonte Sirino. Un impianto dirisalita serve gli sciatori che vogliono sciare e godere anchela bellezza di uno splendidoscenario.

Qui, come informa il sitosciareinbasilicata.it «siamo a 2000 metri sul livello del ma-re». «Gli impianti di risalitache servono le piste contano diuna seggiovia biposto (dan-neggiata da una valanga) cheoffre la possibilità di accederealla pista “Forcella Monte Pa-pa” (lunga 2,2 km), mentredue sciovie permettono l’ac-cesso alla pista “Principianti”(lunga 239 mt) e alla pista“Monte Sirino” (lunga 376mt). Inoltre una moderna edattrezzata sciovia funge inoltreda collegamento con le pistedella località Conserva di Lau-ria».

Carlo Testa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sugli sci Sulle piste lucane

La scheda

In Basilicata ci sono piste divertenti, buoni impianti, ma anche ottima cucina, bei posti da visitare. A pochi chilometri da Potenza, nel Comune di Abriola, c’è la La Sellata-Pierfaone. Da Abriola a Viggiano: strutture ricettive e impianti sciistici. Infine, il bellisimo monte Sirino.

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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 9 Gennaio 2017 BA13

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Luoghi L’ultimo «vip» ad affacciarsi a Polignano a Mare a metà dello scorso novembre è stato l’ex calciatore spagnolo ed attuale allenatore del Manchester City, Pep Guardiola. L’ex centrocampista di Barcellona e Brescia è stato visto cenare nelle sale del rinomato «Donna Gina», locale quasi a strapiombo su Lama Monachile, rinomato per i suoi piatti ma anche per il fatto di essere in una delle località più suggestive della cittadina. Meta di star dello spettacolo in particolare.

La curiositàLa località«acchiappa-star»Guardiola l’ultimo

S in dalle sue origini(greche), Polignano vi-ve in bilico tra terra emare. La sua duplice

identità ogni anno torna a de-clinarsi in mille sfaccettaturetutte da scoprire, in colori, sa-pori, profumi e riti cadenzatidalle stagioni.

Senza dubbio solo nel caldodell’estate è possibile godersiun tuffo nelle sue acque tiepi-de e limpide, le stesse premia-te nel 2016 con la nona bandie-ra blu consecutiva, riconosci-mento della Fondazione perl’educazione ambientale, e conil massimo dei voti, ossia le 5vele, per la seconda volta di filadalla Guida blu di Legambien-te e Touring Club.

Anche d’inverno, però, que-sta perla del Barese riserva tante opportunità. È meno af-follata e, in genere, più econo-mica. Il suo volto si fa meno lu-minoso ma più romantico. Sipossono così ammirare sottouna diversa luce i tanti scorcidel borgo antico, affacciato suun orizzonte di mare azzurro earroccato su scogliere straor-dinariamente alte rispetto al

resto della costa pugliese, fra-stagliate da grotte e insenatu-re. Fuori porta, si impone unavisita all’Abbazia di San Vito (Xsec.), dove ad aprile si tiene laFesta del riccio di mare, unasorta di pilastro della cucinalocale, la cui pesca nella zona è

Polignano, storia di mare e scogliereda riscrivere con i colori della terra

Nell’entroterra esistono colture centenarie, tipo quella della carota

più prolifica tra febbraio emaggio.

Il litorale fa da scenografia(anche per set cinematografi-ci) e da fonte di ispirazione permolti artisti. C’è il mare, guar-da caso, nell’80 per cento dellecanzoni del cantautore Dome-nico Modugno. Polignano hadato i natali anche a un altroartista di fama internazionale,Pino Pascali, cui è dedicato ilMuseo d’Arte contemporanea,che ne raccoglie le opere.

Ma anche l’entroterra nonteme l’inverno, ricco com’è di

masserie accoglienti, nellacornice di tratturi e muretti asecco. Nei suoi terreni fertilisopravvivono profumi di sal-mastro, rosmarino e macchiamediterranea, ma anche col-ture centenarie. Come quelladella carota di Polignano. La«pastinaca» (così nel dialettolocale) si distingue per il sapo-re, esaltato dall’alta salinità deiterreni, che rende gustose tan-te ricette locali. Le carote siraccolgono tra novembre emaggio. Se ne trovano di varicolori, non solo l’arancio sta-bilizzato dall’industria, ma an-che giallo tenue, giallo inten-so, fino al viola scuro. Il seme,infatti, è selezionato tra i piùfloridi dagli stessi contadini.«Il clima marino - riferisce Ci-ro Vestita, dietologo e fitotera-peuta - asciuga l’aria e consen-te di ridurre l’uso di insetticidichimici nella coltivazione del-la carota, ricca anche di vita-mina A, di molecole antitumo-rali, nonché indicata contro lapatologia diffusa del reflussoesofageo».

Giuseppe Daponte© RIPRODUZIONE RISERVATA

La luce

Polignano a mare è da visitare anche d’inverno. Si possono ammirare sotto una diversa luce i tanti scorci del borgo antico, affacciato su un orizzonte di mare azzurro e arroccato su scogliere alte rispetto al resto della costa pugliese, frastagliate da grotte e insenature.

«L a bombetta? Èparte integrantedell’identità mo-derna di Cisterni-

no. Ma va preparata a regolad’arte». Domenico Lopuzzo,già giurato nella trasmissione«Il re della griglia» su DMax,animatore del ristorante «Lechicche di zia Rosa» nel centrodel borgo della Valle d’Itria, in-vita a diffidare dalle imitazionie ad attenersi alle regole dellatradizione cistranese.

Originario di Acquaviva del-le fonti, nel suo locale ospitaogni estate attori, registi cine-matografici e personaggi dellospettacolo, come Raul Bova,Virna Lisi, Fiorellino, Ricki To-gnazzi, le sorelle Comencini,Enrico Brignano.

«Lino Banfi e Riccardo Sca-marcio e Valeria Golino sonospesso nella mia osteria», ag-giunge. «Torniamo alla bom-betta - racconta ancora -. Na-sce in Calabria, e rappresentauna formula ideata per consu-

mare la carne di maiale nel pe-riodo estivo. Negli ultimi 25anni si è radicata nella gastro-nomia di Cisternino. Perché?Con la crescita turistica delborgo, legata a riusciti festivalcome “Pietre che cantano”,macellai e ristoratori localihanno elaborato l’involtino dicarne panata, arrotolato stret-to per essere più funzionale,magari inserito nel panino».

Con che carne si prepara labombetta? «Deve essere coppadi maiale nazionale - aggiungeLopuzzo - meglio se pugliese.L’ideale sarebbe il maiale nerodi Puglia, perché ha una carnesaporita e dall’intensità spe-ciale. La fetta va tagliata sotti-le. La panatura? Il pan grattatodeve essere sottile e fatto dalpane casareccio delle nostre parti. Si può anche aggiungerefarina di mandorle tostate e unpizzico di formaggio, un peco-rino giovane».

L’involtino può avere tanticondimenti: «All’interno della

bombetta classica si mette unascamorza fresca o un formag-gio fondente, anche affumica-to. Per chi cerca sapori più par-ticolari si può aggiungere unpezzetto di pancetta affumica-ta, un trancetto di caciocavallopodalico e un pezzo di melan-zana grigliata per saldare i sa-pori».

La cottura poi «nella tradi-zione cistranese si fa nel for-no, con legna di fragno o con icarboni ottenuti dal legno dicastagno, che trasmette unprofumo particolare alla car-ne. Deve cuocere per dieci mi-nuti, non si deve bruciare lapanatura».

La preparazione del piatto sicompleta con i contorni di in-salata di verdure stagionali ocon patate cotte nel forno nellacenere. Infine la bombetta vaaccompagnata con “un rossodella Valle d’Itria, un buon pri-mitivo”.

Michele De Feudis© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel regno delle «bombette»Voce alle delizie di CisterninoLopuzzo spiega come va preparato il piatto

Bombette al fuocosu una griglia;nel tondo Lopuzzo

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