Oggi Lavoro - Ricognizione sull'impatto sociale delle ... · interventi di Servizio Sociale...

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1 Oggi Lavoro - Ricognizione sull'impatto sociale delle Politiche Attive del Lavoro negli interventi di Servizio Sociale Federica Bruni – [email protected] Sessione 4 (c) - Politiche del lavoro, inclusione sociale e modelli di capitalismo Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia “Modelli di welfare e modelli di capitalismo. Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa” Macerata, 22-24 settembre 2016

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Oggi Lavoro - Ricognizione sull'impatto

sociale delle Politiche Attive del Lavoro negli

interventi di Servizio Sociale

Federica Bruni – [email protected]

Sessione 4 (c) - Politiche del lavoro, inclusione sociale e modelli di

capitalismo

Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia

“Modelli di welfare e modelli di capitalismo.

Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa”

Macerata, 22-24 settembre 2016

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1. Campo di osservazione

1.1 Nuova organizzazione del lavoro

È aumentato il numero delle persone che non trovano lavoro, lo perdono o, pur

avendolo, non riescono a trarne sufficiente sostentamento. Secondo l'Istat il tasso

di disoccupazione è passato dal 5,8% del 2007 al 12,5% del 2015. I cittadini privi

di tutele perché senza lavoro o senza contratto costituiscono il 29,7% della forza

lavoro in Italia, tanto significativi che, per identificarli, viene coniata l'espressione

"Terza Società", che si pone nella società italiana accanto alla Prima (dei garantiti

e tutelati) e la Seconda (dei lavoratori che possono perdere il lavoro)1.

La crisi economica ha amplificato le trasformazioni del mercato e, più in generale,

del modello di sviluppo del capitalismo globale e della "on demand economy", cioè

l’economia che agisce per cicli di lavoro, all'interno dei quali l'approvvigionamento

di beni e di personale si esaurisce con la conclusione della singola commessa.

Si manifestano cambiamenti anche nel modo di fronteggiare le difficoltà.

"L'arretramento delle sicurezze occupazionali esalta l'importanza delle risorse

personali e sociali degli individui"2, la tutela fornita dalla solidarietà familiare

risulta meno scontata di un tempo, quanti vivono in condizione di fragilità non

hanno reti di sicurezza se perdono il lavoro. Non si tratta delle tradizionali fasce

marginali, bensì di fasce della popolazione che vivono l'ambivalenza di una

condizione di relativa quanto incerta normalità.3

La relazione tra capitale sociale e job attainment già nel 1973 era stata indicata nel

saggio del sociologo Mark Granovetter "La forza dei legami deboli"4. Secondo

l’autore, per trovare lavoro, erano più efficaci le segnalazioni da persone con le

1 Ricolfi L. Cima R (a cura di), Disuguaglianza economica in Italia e nel mondo, Dossier

1/2015, Fondazione David Hume per il Sole24Ore. 2 M. Ambrosini, D. Coletto, S. Guglielmi, Perdere e ritrovare il lavoro – l'esperienza della

disoccupazione al tempo della crisi, Il Mulino Editore 2014 3 Benedetti R., Esclusione e Lavoro, Edizioni Plus, Pisa 2011 4 Granovetter M., The Strength of Weak Ties, American Journal of Sociology, Volume 78,

Issue 6, University of Chicago Press, May, 1973

3

quali si ha una relazione saltuaria (debole, appunto) rispetto alle indicazioni di

familiari o amici stretti, con i quali si hanno legami "forti".

Sostiene invece il contrario il sociologo Paolo Barbieri nell'articolo del 1997 "Non

c'è rete senza nodi. Il ruolo del capitale sociale nel mercato del lavoro"5, nel quale

dimostra l'importanza dei legami forti nella ricerca del lavoro in un mercato povero

di servizi e norme che diano garanzie nell'intermediazione, come è l'Italia. In questo

tipo di mercato, per ridurre il rischio connesso all'assunzione di lavoratori, gli

imprenditori preferiscono scegliere persone indicate da soggetti con i quali

intrattengono relazioni di fiducia, familiari, solide.

Entrambe le posizioni indicano che la ricerca del lavoro avviene a partire dalle

relazioni e:

" ..., tale meccanismo finisce con il sovrapporre una carenza di capitale sociale ad

una preesistente carenza di capitale umano, col risultato che individui poco istruiti,

poco qualificati, poco «appetibili» dal punto di vista occupazionale, avranno una

maggiore probabilità di restare esclusi dai sistemi di veicolazione delle

informazioni e delle opportunità di accesso a posizioni lavorative non marginali. Il

capitale sociale – il sistema di appartenenze sociali, ascritte ed acquisite, dei singoli

– diviene una variabile cruciale nella redistribuzione delle chances individuali sul

mercato del lavoro, consentendo contatti migliori, scelte più oculate e accesso a

posizioni occupazionali qualitativamente migliori."6

1.2 Nuovi bisogni connessi al lavoro

A causa della trasformazione del lavoro, le fasi di selezione si moltiplicano nella

vita lavorativa, gli incarichi sono a termine, focalizzati su obiettivi da raggiungere,

piuttosto che mansioni da svolgere.

Assume importanza sapersi autopromuovere, possedere professionalità, saper

cercare informazioni e contatti. Proprio le capacità che mancano alle persone

vulnerabili7. Anche altri, che erano e si percepivano al sicuro, si "sganciano" dal

5 Paolo Barbieri, Non c’è rete senza nodi. Il ruolo del capitale sociale nel mercato del lavoro,

Stato e mercato, 49(1), il Mulino, Bologna 1997 6 Ibidem 7 Campanini A. (a cura di), Nuovo Dizionario di Servizio Sociale, Carocci, Roma, 2013,

"vulnerabilità"

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lavoro continuativo (in termini di tempo, ma soprattutto in termini di mansioni) e

non riescono a rispondere alle attuali attese del mercato.

La mancanza di lavoro aumenta le richieste di aiuto alle Istituzioni e alimenta una

spirale negativa: impoverimento, conflitto familiare, esclusione sociale, disagio

abitativo.

Per queste circostanze, il sostegno all'inserimento lavorativo è lo strumento centrale

di numerosi processi di aiuto, a partire dalla funzione di Segretariato Sociale

(accesso alle informazioni, invio ...8), fino agli interventi strutturati, nei quali è lo

stesso Servizio Sociale a promuovere progetti in partnership con i servizi per il

lavoro.

Parallelamente, diventa strategico per gli assistenti sociali adottare un approccio di

Transitional Labour Markets, cioè di sostenere da un lato servizi, dall’altro progetti

di vita che conciliano inclusione e temporaneità dei lavori, come pure, sapersi

destreggiare nell'offerta di politiche attive del lavoro (PAL), partecipando alla loro

definizione, in modo che siano più adeguate alle necessità dell'utenza e funzionali

al processo di aiuto. Una maggiore intraprendenza degli assistenti sociali nella

progettazione delle PAL ridurrebbe inoltre i fenomeni di creaming, cioè la scelta di

destinatari meno problematici da parte degli enti promotori per evitare il fallimento

dei percorsi (evento che comporta la decurtazione del finanziamento).

8 L'accesso alle PAL non è agevole: non sempre la pubblicizzazione è efficace, i requisiti

sono vincolanti, le fasi di segnalazione/candidatura/selezione spesso durano mesi e gli aspetti burocratici risultano incomprensibili per gli utenti meno attrezzati.

5

2. Cosa sono le Politiche Attive del Lavoro

2.1 Definizione e tipologie

A partire dagli anni '90, le politiche del lavoro in Italia hanno posto attenzione alla

componente soggettiva del lavoro con due riferimenti concettuali:

- l'occupabilità: migliorare le caratteristiche del lavoratore per renderlo

potenzialmente più interessante per le aziende.

- l'attivazione: promuovere l'assunzione di responsabilità da parte del lavoratore nel

formulare soluzioni autonome

Si diffondono le "Politiche Attive per il lavoro" cioè "Interventi pubblici nel

mercato del lavoro, che agiscono per promuovere l’occupazione in generale o in

modo selettivo per favorire gruppi con particolare difficoltà." 9

Le principali tipologie:

Ricerca attiva del lavoro: supporto nella gestione del piano di ricerca,

individuazione delle opportunità professionali;

Counseling: accompagnamento nel prendere decisioni, migliorare relazioni,

superare conflitti, elaborare nuovi progetti professionali;

Coaching: interventi di allenamento al ruolo, con l’obiettivo di migliorare la

performance dei beneficiari;

Verifica degli apprendimenti: accertamento in itinere e finale degli apprendimenti

in esito agli interventi.

Supporto al neo assunto: accompagnamento nella prima fase di inserimento

lavorativo nel nuovo contesto aziendale.

Tirocinio di inserimento o il reinserimento lavorativo: attività in azienda con

contenuti fortemente professionalizzanti

Attività di formazione: di breve, media, lunga durata e di riqualificazione10

Job Club: gruppi di disoccupati che condividono contatti e azioni di ricerca dandosi

reciproco sostegno.

9 AA. VV. Dizionario economia e finanza, Treccani, Roma, 2012 10 ALLEGATO B Dgr n. 1151 del 05/07/2013 pag. 16/31 DIREZIONE REGIONALE

LAVORO - Direttiva per la realizzazione di Azioni Integrate di Coesione Territoriale Anno 2013

6

2.2 Normativa di Riferimento

2.2.1 La Strategia di Lisbona

Negli anni '80 e nei primi anni '90 l'Unione Europea rivolgeva i propri "Programmi

d'Azione per l'occupazione" in favore di gruppi di destinatari specifici. L'idea-guida

era il rafforzamento di chi è debole nel mercato del lavoro, perché lo sviluppo

sociale è determinato dal sistema economico. Nel marzo del 2000 a Lisbona, il

Consiglio Europeo modifica la lettura dei fenomeni sociali ed economici,

collocando gli interventi nel contesto della "società della conoscenza".

Nel 2005 la Strategia è stata rilanciata ridimensionando le attese (eccessive rispetto

ai risultati raggiunti) in due obiettivi principali di crescita economica ed

occupazione.

Nel 2010 viene pubblicato il documento "Europa 2020", strategia decennale per

"l'occupazione e una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva". Gli obiettivi

riguardano l'incremento della partecipazione al mercato del lavoro, l'inclusione

sociale e la lotta alla povertà, il miglioramento dei sistemi di istruzione e

formazione.

Nel marzo 2015 la Commissione pubblica una proposta per il riesame degli

orientamenti, nella quale si sottolinea la necessità di rilanciare il mercato del lavoro

e contrastare la povertà con la modernizzazione dei sistemi di welfare11.

2.2.2 La normativa regionale: l’esperienza del Veneto

Il lavoro e la formazione professionale sono competenza legislativa concorrente tra

Stato e Regione. La normativa nazionale ha recentemente introdotto rilevanti

novità, in particolare l’Agenzia Nazionale per le PAL, sulle quali sarà possibile

riflettere quando diverranno pienamente operative.

In questa sede, verrà analizzata la normativa regionale, che si sviluppa a partire dal

recepimento del Dlgs 469/97, che conferisce alle Regioni e agli Enti Locali funzioni

e compiti in materia di mercato del lavoro, come previsto dalla Riforma Bassanini.

In Regione Veneto, la norma principale riguardante il lavoro, che promuove

11 http://www.strategiadilisbonalazio.it/documenti.asp?sottocategoria=28&categoria=5

7

espressamente le PAL, è la Legge Regionale 3/2009 "Disposizioni in materia di

occupazione e mercato del lavoro", istitutiva del "Sistema dei Servizi al Lavoro",

agenzie accreditate per lo svolgimento di attività di orientamento, incontro tra la

domanda e l'offerta di lavoro, consulenze sull'avvio di impresa, e altro.

I finanziamenti riguardano quattro principali ambiti di intervento:

- Politiche Attive, rivolte a beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga, sospesi

in cassa integrazione straordinaria, disoccupati di lunga durata o in mobilità.

- Azioni Integrate di Coesione Territoriale (AICT) finalizzate a favorire

l'inserimento nel mercato del lavoro delle persone in difficoltà definite dal

Regolamento Europeo 800/2008: disoccupati da almeno 6 o almeno 24 mesi,

lavoratori over 50, donne, adulti con persone a carico, disabili, persone prive di

diploma di scuola media superiore.

- azioni per l'occupabilità dei giovani (Garanzia Giovani, tirocini, apprendistato)

- portale ClicLavoroVeneto, contenente le informazioni sui percorsi di istruzione e

formazione, nonché offerte di lavoro

La lettura diacronica delle delibere regionali del Veneto rivela terminologie ed

approcci propri del servizio sociale, a dimostrazione di una sempre maggiore

integrazione tra politiche del lavoro e politiche sociali, evidenziando anche risorse

che il Servizio Sociale potrebbe implementare sistematicamente nella propria

programmazione.

Ad esempio, la DGR 1151/2013 e la più recente DGR 316/2016, sollecitano il

coinvolgimento dei Servizi Sociali con interventi globali e integrati nei processi di

aiuto:

"Ogni progetto deve prevedere obbligatoriamente misure … personalizzate

finalizzate all'occupazione e all'inclusione di soggetti svantaggiati, anche abbinate

a misure di sostegno al reddito. A queste è obbligatorio abbinare misure di welfare

territoriale (…) e/o interventi per l’avvio di imprese sociali che offrano possibilità

occupazionali ai destinatari del progetto … e attraverso il rilancio di produzioni che

valorizzino le vocazioni dei territori. … servizi alle imprese per l’assolvimento

dell’obbligo dei lavoratori disabili e l’occupazione di soggetti svantaggiati."12

12 DGR 1151/2013 "Azioni Integrate di Coesione Territoriale per l'inserimento e il

reinserimento di soggetti svantaggiati e l'occupazione sostenibile".

8

e, ancora:

"Il POR FSE Veneto 2014-2020 si caratterizza per un approccio all'inclusione

sociale incentrato sull'integrazione occupazionale, attraverso l'offerta di PAL e

servizi personalizzati, con l'obiettivo di ridurre stabilmente il fenomeno delle nuove

povertà … favorire la partecipazione attiva delle persone svantaggiate. … si intende

proporre:

- l'adozione di un approccio multidimensionale all'inclusione sociale attiva, al fine

di integrare le politiche sociali con altre tipologie di interventi …;

- l'avvio di interventi di presa in carico multi professionale …13.”

Anche altri assessorati regionali hanno promosso interventi comprendenti PAL,

sulla base di normative di settore quali:

- Legge 381/91 disciplina delle cooperative sociali

- DPR 309/90, Fondo Nazionale per la lotta alla droga

- Iniziative Comunitarie EQUAL: lotta alle disuguaglianze nel mercato del lavoro,

a favore di soggetti svantaggiati ai sensi dell'art.2 del Regolamento Europeo

800/2008.

- Legge Regionale Veneto n. 9/90 Interventi nel settore dell'Immigrazione

Altri progetti sono stati realizzati anche in materia di Pari Opportunità,

Valorizzazione della cultura veneta, iniziative per il contrasto alla crisi, politiche

giovanili.

In questi ambiti il Servizio Sociale ha svolto un ruolo fondamentale per certificare

lo stato di svantaggio dei beneficiari, ma non ha però partecipato alla stesura dei

bandi ed alla definizione degli strumenti.

2.3 Ulteriori esperienze di PAL

Ulteriori esperienze sono state realizzate con finanziamento da partnership di

soggetti istituzionali pubblici e privati. Vanno menzionati il Patto Sociale per il

Lavoro nel Vicentino e il Fondo Straordinario di Solidarietà di Padova.

13 DGR 316/2016 "Interventi di Azioni Integrate di coesione territoriale per l’inserimento e il

reinserimento di soggetti svantaggiati - Anno 2016".

9

Il Patto Sociale a Vicenza è stato avviato nel 2011 dalla Provincia, AUlss,

conferenze dei Sindaci, sindacati e associazioni di categoria, con finanziamento

della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona.

La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha avviato nel 2009

un'analoga iniziativa, insieme alla Caritas delle Diocesi di Padova, Adria-Rovigo e

Chioggia, le Province ed alcuni Comuni.

In entrambe i casi, i Servizi Sociali hanno segnalato beneficiari, senza partecipare

alla definizione degli strumenti da proporre (limitati al tirocinio o all’inserimento

lavorativo a termine).

3. CAPITALE SOCIALE E CITTADINANZA ATTIVA NEI

PROGETTI DI AIUTO

3.1 Le politiche di attivazione tra partecipazione e individualizzazione

Contrastare la disoccupazione significa modificare il funzionamento del mercato

del lavoro per includere le fasce più deboli della popolazione, e rafforzare la

sostenibilità dei sistemi assistenziali e previdenziali, messi alla prova dai crescenti

bisogni. Se più persone lavorano, meno saranno gli utenti dell'assistenza pubblica e

maggiore il gettito fiscale e la partecipazione sociale a reintegro delle risorse.

Ma le politiche attuate in Europa pongono l'accento sulla responsabilità del singolo

rispetto al proprio inserimento al lavoro, operando sul set di competenze necessarie

a colmare i deficit personali, come se la disoccupazione fosse solo una questione

individuale e non un fenomeno strutturale che richiede di rivedere l'intero sistema

di protezione sociale. Il welfare diventa "welfare to work" e quindi workfare, che

interviene sulle caratteristiche soggettive dei lavoratori e restringe l'accesso ai

sussidi, condizionandolo alla effettiva partecipazione ai programmi di PAL.

Recentemente, la Strategia Europea per l'Occupazione ha ridimensionato

l'impostazione individualizzante del workfare ed ha assegnato alle istituzioni un

ruolo più attivo nei processi di inclusione sociolavorativa, configurandola come

risultato di fattori individuali, di contesto e dell'interazione tra loro.

Questo orientamento risulta nelle premesse di numerosi atti amministrativi

10

nazionali e regionali, anche nella citata DGR del Veneto 316/2016, che, ad esempio,

prefigura la partecipazione alle PAL sia del territorio, sia delle aziende, collegati tra

loro dalle azioni di responsabilità sociale di impresa che la delibera promuove nelle

aziende stesse.

Nelle politiche di attivazione resta comunque una polarità tra gli interventi che

agiscono sull'individuo e quelli che agiscono sulla partecipazione del territorio, con

una prevalenza dei primi, infatti le linee di attuazione dei servizi privilegiano

interventi individuali, con vincoli quali l'obbligo di realizzare le attività solo in sedi

accreditate (escludendo la possibilità di partecipare a eventi, visite, contatti, tranne

pochi casi rigidamente previsti con congruo anticipo) o la rigidità dei tempi di

attuazione, collocati in calendari ristretti, discronici rispetto alle fasi di vita della

persona e del suo contesto.

Dal punto di vista del Servizio Sociale, è ancora esile nelle PAL la dimensione del

rapporto tra esigenze individuali e collettive, resta ancora sullo sfondo la

cittadinanza attiva che, partecipando alla ricerca di soluzioni, costruisce il tessuto

sociale nei suoi aspetti di governance (perché partecipa alle decisioni), di

sussidiarietà (quando, associandosi, i cittadini diventano soggetti in grado di

svolgere compiti per la collettività) e di istitution building, là dove rinnova e

rinforza le istituzioni rendendole espressione delle nuove risorse ed esigenze

sociali14.

3.2 L'assistente sociale promozionale: dalle PAL allo sviluppo di comunità

Quale deve essere il ruolo dell'assistente sociale nei processi di aiuto che si

avvalgono di PAL? I documenti normativi e programmatici affermano

l'integrazione tra politiche sociali e politiche del lavoro.

I servizi deputati alla realizzazione di queste politiche collaborano fianco a fianco

ma "a testa bassa", realizzando ciascuno quanto gli è di competenza, con attenzione

al buon esito dei percorsi per i singoli beneficiari. Nelle premesse poste dal livello

europeo si esprime l'obiettivo dell'inclusione sociale, ma non sono previste né una

14 Campanini A. (a cura di), Nuovo Dizionario di Servizio Sociale, Carocci, Roma, 2013

"cittadinanza attiva"

11

programmazione né una valutazione degli esiti puntuali quanto quelle richieste per

il job attainment. Mentre per l'occupabilità delle persone le norme dicono il cosa

(ad esempio, l'acquisizione di competenze) e il come (ad esempio, 100 ore di

formazione), riguardo l'inclusione sociale non ci sono indicatori da rispettare. È in

questo spazio funzionale che può collocarsi il ruolo dell'assistente sociale, perché

le risorse siano generative e producano dei cambiamenti nella persona, nel contesto

e nel sistema di aiuto.

Per un cambiamento verso un maggiore e più diffuso benessere attraverso il lavoro,

l'assistente sociale può intervenire in tre livelli di strategie di cambiamento,

focalizzate:

1. sulle condizioni

2. sui soggetti

3. sullo sviluppo di comunità15

La focalizzazione sulle condizioni si riferisce alla elaborazione di provvedimenti

amministrativi, all'avvio di nuovi servizi, alla modifica dei criteri di accesso. Può

risultare "top – down", una imposizione dall'alto di soluzioni dettate da tecnici

esperti. Funziona così la definizione delle PAL, processo escluso dai Piano di Zona,

che non richiede la partecipazione dei soggetti coinvolti, ma solo una rilevazione di

gradimento e degli esiti occupazionali. L'apporto professionale degli assistenti

sociali potrebbe qui consentire un dialogo con la Regione efficace anche sotto il

profilo amministrativo, quando cioè, al termine del confronto tra gli attori, è

necessario arrivare alla formalizzazione delle innovazioni concordate. Per il

momento, eventuali modifiche vengono chieste in ordine a semplificazioni

procedurali, che però è altra cosa dall'istitution building prodotto dalla interazione

tra gli attori dei progetti.

Le strategie che si rivolgono ai soggetti consistono nelle misure già descritte

(formazione, informazione, counselling …) I consulenti incaricati per queste

attività sono psicologi o formatori. Intervengono prevalentemente con obiettivi sui

deficit informativi e di performance dell'individuo, perché è questo l'arsenale di

15 Martini E. R., Torti Alessio, Fare Lavoro di Comunità, Carocci editore, Roma, 2003

12

strumenti e di "visione" di loro competenza. Non c’è riferimento all’eventuale

progetto concordato tra persona e assistente sociale. Una parte del monteore di

counselling potrebbe essere svolta dall’assistente sociale che ha avviato il processo

di aiuto con quell'utente o da un consulente che sia assistente sociale.

Infine, si può lavorare per il cambiamento utilizzando strategie focalizzate sullo

sviluppo di comunità, consapevoli che le relazioni agevolano il matching tra la

domanda e l’offerta di lavoro, con il presupposto che non solo gli utenti, ma anche

le istituzioni, i servizi, le aziende e le stesse comunità, sono chiamati a modificare

le prassi consolidate di "fare" welfare, superando "la pluralità delle distanze: quella

tra utenti e servizi, ..., così come quella tra ambiti istituzionali e d'intervento

diversi"16. L'assistente sociale può presidiare questo livello, aprendo spazi di

riflessività con gli utenti, i servizi per il lavoro, le aziende e il territorio, nei quali

animare il confronto e la ricerca di soluzioni inclusive.

3.3 Uscire dal bisogno di aiuto attraverso la cittadinanza generativa ed il capitale sociale

Lo sviluppo di comunità è un processo di empowerment che nelle PAL avrebbe il

significato di "chiudere il cerchio" della generatività: le risorse impegnate attivano

i beneficiari, che diventano motore di connessione tra i soggetti del territorio, il cui

effetto è la produzione di capitale sociale, anche per le istituzioni stesse che hanno

erogato le risorse, ottenendo un miglioramento dell'efficacia delle politiche, perché

vengono integrate con le valutazioni di chi le ha vissute. La partecipazione alla PAL

diventa una esperienza di dialogo sociale, l’aiuto diventa a "corrispettivo sociale",

cioè corrisponde a un dovere di solidarietà verso la comunità in termini di

partecipazione alla definizione di migliori condizioni di vita e lavoro per tutti. La

Fondazione Zancan la definisce "cittadinanza generativa, un cambio di paradigma

verso nuovi modi di fare società, (che) chiede ad ogni persona di contribuire alla

lotta alla povertà ed alla disuguaglianza mettendo in campo le proprie capacità a

16 Benedetti R., Esclusione e Lavoro, Edizioni Plus, Pisa 2011

13

corrispettivo sociale"17.

Attualmente però, le PAL non sembrano rappresentare espressamente questo

scenario, neppure nelle esperienze di inserimenti al lavoro in servizi per la comunità

o all'interno di cooperative sociali, con significato di restituzione di ruolo alle

persone espulse dal mercato del lavoro, se non di riscatto sociale18. In questi

percorsi il buon esito è affidato alla performance dell'utente durante il periodo in

azienda. Non sono previsti tempi dedicati alla riflessione e confronto, non viene

dato sostegno all'avvio di relazioni, né alla produzione di capitale sociale, lasciando

alla persona l'onere di valorizzare quel periodo in quella azienda per aumentare la

propria rete, ammesso che ne comprenda il senso.

Tutti i soggetti coinvolti sono consapevoli che è necessario rivedere il sistema di

welfare, riconciliare le istanze sociali con gli obiettivi economici, "riformulare un

sistema di welfare basato sulla cd. sussidiarietà circolare, ovvero quel principio che

pone l’obiettivo di far interagire, in modo sistematico e permanente, i tre vertici del

triangolo che rappresenta l’intera società: il vertice che denota la sfera politico-

istituzionale, quello della sfera commerciale e quello della sfera della società

civile"19.

Resta però non sempre presidiato il ruolo di connessione, di avvio di questa

circolarità, forse troppo costoso per essere svolto dagli enti gestori, o troppo

impegnativo per il volontariato, o troppo scomodo per le aziende. Anche le

istituzioni si avvicinano con cautela, partecipando attraverso soggetti misti, come

le fondazioni bancarie o le multitutility.

In questo scenario di esitazione, ogni processo di aiuto che si avvia con un utente

del Servizio Sociale rappresenta un piccolo ma non incerto passo verso migliori

connessioni tra le tre sfere della sussidiarietà circolare.

In altri termini, quando un assistente sociale invia un proprio utente ad una attività

di politica attiva, sa che questo potrà uscire dalla sua situazione di bisogno grazie

alle nuove competenze acquisite e grazie alle nuove relazioni avviate. Sa che il

sistema offrirà tante più risorse tanto più si riuscirà ad coinvolgere tutti gli attori

nello sviluppo del capitale sociale moltiplicando le opportunità economiche. Infine

17 AA.VV. Cittadinanza Generativa, il Mulino, Bologna, 2015 18 Ibidem, "Tessere di Generatività" 19Tognetti M. Venturi P. La produzione di valore nell'era della ibridazione – Aiccon 2013

14

sa di dover esercitare il suo ruolo promozionale affinché si producano cambiamenti

nel modo di fare e rigenerare il welfare.

4. CONVERSAZIONI CON GLI ATTORI IN

GIOCO

Alcune conversazioni con beneficiari delle PAL, assistenti sociali, operatori dei

servizi per il lavoro, hanno permesso di raccogliere osservazioni che danno

conferma agli argomenti esposti, ma rivelano anche elementi ulteriori, sui quali

poter riflettere e orientare l'azione del Servizio Sociale.

I temi intorno ai quali sono state condotte le conversazioni sono stati focalizzati in

tre argomenti:

a) integrazione tra interventi di PAL e interventi socioassistenziali: avviene? È

auspicata? È utile?

b) esiti delle PAL sull'uscita dalla situazione di bisogno: quali premesse e quali

condizioni possono aumentare l'efficacia delle PAL sul progetto

individualizzato di intervento?

c) prese in carico infinite: a volte i fascicoli dei beneficiari sono sempre

“aperti”. Ad un intervento se ne somma un altro, con pochi strumenti per

individuare cosa è stato utile e cosa no. Succede anche che il medesimo

beneficiario abbia più fascicoli, aperti sulle scrivanie di enti diversi:

parrocchie, comuni, enti di formazione, Centro per l'Impiego. Quale ruolo

per l'assistente sociale? Quali forme di confronto o coordinamento con gli

altri soggetti coinvolti?

4.1 Il ruolo dell'assistente sociale

Ecco come gli altri attori definiscono il ruolo degli assistenti sociali nelle PAL:

15

Sì, sono stato avvisato dalla assistente sociale, ero andato da lei per chiedere un contributo, non ci stiamo dentro con i soldi. Non sapevo di queste iniziative, è stata lei a dirmelo, e dire che ero andato in tanti posti a chiedere informazioni! Sai, ti dicono vai, fai, ma non si capisce mai come fare. (Giacomo, 38 anni, beneficiario) La dichiarazione del beneficiario puntualizza ciò che per lui l'assistente sociale ha

saputo fare rispetto ad altri a cui ha chiesto aiuto: dare l'informazione giusta per la

situazione nella quale si trova la persona, con il linguaggio che permette di capirsi,

connettendo la persona a risorse esistenti (quel "come si fa" che altri servizi non

hanno detto). È il compito di "vedere con nitidezza", indicato dal concetto di

trifocalità. Richiama anche la funzione del Segretariato Sociale, non tanto nella sua

funzione di accesso unitario al sistema universalistico dei servizi, quanto al

"presupposto di evitare che le persone esauriscano le loro energie nel procedere per

tentativi ed errori nella ricerca di risposte adeguate ai loro bisogni"20. In un mercato

del lavoro caratterizzato dal fenomeno degli "scoraggiati", cioè quelli che

rinunciano a cercare occupazione, e dalla diffusione dei NEET, i giovani che non

studiano, non fanno formazione e non lavorano, intervenire prima che subentri

l’inattività è certamente un obiettivo del Segretariato Sociale che ben integra sociale

e lavoro.

Da un operatore di servizi per il lavoro, arriva poi una chiara richiesta:

Noi avremmo bisogno di un'assistente sociale nelle nostre commissioni di selezione, avremmo bisogno di questo punto di vista perché si presentano persone che non sono inviate dai Servizi Sociali, ma capiamo che c'è qualcosa che non va, ma un'assistente sociale saprebbe inquadrare meglio la situazione, suggerire dove prevedere rinforzi, verifiche, o altro per sostenere queste persone. ... la persona molla il percorso a metà e questi accettano o meno i tirocini in base a criteri che non sono in grado di gestire... (Gaia, operatore di servizi per il lavoro) Questo è ciò che ci si aspetta dalla presenza di un assistente sociale: una visione

unitaria della persona, nella globalità della sua condizione di vita. I bisogni non

possono essere frammentati e allocati ciascuno ai servizi di competenza, se si vuole

evitare interventi privi di coordinamento, che disperdono le risorse del servizio e

della persona stessa.

Auspicare la presenza di un assistente sociale nelle selezioni introduce una

riflessione sul mandato che questa figura dovrebbe avere: è sufficiente che sia un

20 Anfossi L., Il Servizio di Segretariato Sociale/Servizio di base per l'informazione sociale:

quale attualità, in Rassegna di Servizio Sociale, 1992, Roma

16

professionista che applica metodologie, principi, competenze nel contesto di un

incarico? In base al Codice Deontologico, l'assistente sociale è tenuto a porsi in

posizione di tutela della persona, intervenendo perché possa accedere alle

opportunità previste dalla norma, con attenzione alla sua situazione ed ai suoi

bisogni. Dalla testimonianza raccolta, c'è consapevolezza che questo ruolo sarebbe

utile per produrre percorsi efficaci. L'assistente sociale sarebbe però quasi in una

posizione di terzietà, che l'ente promotore di PAL potrebbe in qualche modo

limitare, vuoi perché l'assistente sociale è nel suo libro paga, vuoi perché il

promotore deve tenere presente anche aspetti di sostenibilità economica

(eventualmente attuando processi di creaming dell'utenza).

Non è un caso che un'altra assistente sociale, parlando dei rapporti tra beneficiari

ed enti promotori in un progetto avviato dal suo stesso Comune, dica:

Come assistente sociale io ho il dovere di dire ai cittadini quali sono i loro diritti, quando protestano perché subiscono una ingiustizia, io non posso sottrarmi al mio dovere. Se la cooperativa li ha messi a lavorare in un posto lontano, diverso da quello concordato, io non posso stare zitta solo perché rientro tra i promotori del progetto e voglio che vada avanti. (Franca, assistente sociale) Ancora, riguardo al ruolo: Il nostro ruolo è essere nel territorio, avere e facilitare le relazioni, giocarci la “reputazione” con i soggetti locali, così per noi è più semplice andare a chiedere per un tirocinio o altro. (Anna, assistente sociale)

L'espressione "essere nel territorio" viene usata nella sua accezione istituzionale e

concreta. L'assistente sociale si pone nei confronti dei soggetti locali come

portatrice di un interesse comune, sa di essere interlocutore autorevole perché non

porta interessi di parte, sente il potere di avviare un dialogo, forte anche delle

precedenti occasioni di incontro con il territorio. Questa dichiarazione esprime la

scelta di una posizione centrale nelle PAL, non solo nel ruolo di invio dell'utenza,

ma anche come agente di attivazione della rete sociale che è generatrice di risorse.

Noi come Assistenti Sociali abbiamo la predisposizione a collaborare, abbiamo la dimensione comunitaria, ci accorgiamo di queste cose. (Franca, assistente sociale) È irrinunciabile, questo sguardo alla dimensione comunitaria, anche nelle PAL, ed

è un valore non solo dal punto di vista sociale, ma anche come contributo alla

rimarginalizzazione della frattura tra sociale e lavoro, sempre più individualizzato

e sganciato da significati collettivi, regolato da prassi e norme che amplificano il

rischio di marginalizzazione e impoverimento delle persone "normali", non

17

appartenenti alle tradizionali forme della fragilità21. Nella dimensione comunitaria,

al lavoro viene riassegnato il compito di tenere insieme sviluppo umano e sviluppo

economico, perché costruire comunità significa dare alle persone la capacità di

agire e, con il loro lavoro, contribuire allo sviluppo22.

Infine, il riconoscimento che le PAL rientrano tra gli ambiti nei quali va esercitato

un ruolo, pur riconoscendo che

Siamo impreparate ad avvalerci delle PAL, bisognerebbe che le assistenti sociali avessero una formazione specifica, con aggiornamento (Anna, assistente sociale)

4.2 I risultati delle politiche attive

Riguardo ai risultati delle PAL, le conversazioni hanno toccato sia la dimensione

degli esiti sulle persone, sia la dimensione dell'impatto sociale, effettivo o

auspicato.

La mia partecipazione alle PAL mi ha permesso di entrare in contatto con realtà lavorative a cui altrimenti non credo avrei avuto la possibilità di avvicinarmi e mi ha permesso di fare interessanti esperienze lavorative anche se si sono concluse. (Giorgia, 32 anni, beneficiaria)

Questa beneficiaria, utente del Servizio Sociale, colloca la partecipazione alle PAL

all'interno di un percorso, forse con sano realismo non si aspetta risultati risolutivi,

coglie ciò che ha allargato le sue potenzialità esprimendo un generale giudizio

positivo.

È un risultato in linea con quanto riportato dal Rapporto di Valutazione del Fondo

Straordinario di Solidarietà 201523, redatto dalla Fondazione Zancan: il 74,4% dei

beneficiari intervistati al termine del percorso di tirocinio o di lavoro finanziato dal

Fondo, afferma di aver acquisito capacità e abilità, anche se il 44% di loro non

specifica quali, si può solo ipotizzare che si sentano più sicuri, più capaci. Nella

cornice del processo di aiuto, una persona che valuta positivamente le esperienze,

al di là della risoluzione del problema, accetterà di proseguire il sensemaking,

processo di elaborazione di una narrazione che dà senso al percorso esistenziale,

pur nelle numerose transizioni che caratterizzano l'epoca attuale, tra lavoro e lavoro,

21 Benedetti R., Esclusione e Lavoro, Edizioni Plus, Pisa 2011 22 Benini R., Nella tela del ragno, perché in Italia non c'è lavoro e come si può fare per

crearlo, Donzelli, Roma, 2014 23 Rapporto di Valutazione del Fondo Straordinario di Solidarietà 2015, Fondazione

Zancan, www.caritaspadova.it

18

cura della famiglia e ricerca di occupazione, inattività e partecipazione. Non va

dimenticato che, al di fuori del Servizio Sociale, l'attuale sistema di aiuto non

prevede spazi di riflessività nei quali il cittadino possa elaborare questa narrazione.

Potrebbe essere approfondito il contributo che il Servizio Sociale offre anche sul

versante del "Transitional Labour Markets"24, un approccio di prevenzione

dell'esclusione sociale attraverso meccanismi di supporto alla persona nelle

transizioni critiche, quando i cambiamenti avvengono senza il sostegno di

sufficiente capitale umano e sociale.

Diversa è invece la valutazione di questa donna, che non ha chiesto aiuto al Servizio

Sociale:

guarda, è pazzesco, dopo infiniti contratti a termine come responsabile di negozio, cerco di riconvertirmi in altro perché in quel lavoro non esistono domeniche, festività, carriera. Tanti lo mollano proprio per questo, un orario da macellarsi, stipendio come le commesse e responsabilità infinite. Be', faccio il corso di segreteria amministrativa e poi, dove mi mettono in tirocinio? Di nuovo in una catena di negozi, non trovavano altro, figurati! Hanno anche cercato di convincermi perché potrei diventare la responsabile ... un pianto! (Iris, 38 anni, beneficiaria) Ci si chiede quanto una simile delusione possa esporre al rischio di scoraggiarsi,

per non parlare del prolungarsi del tempo privo o quasi di retribuzione:

... sì, perché poi, ricordati che io, per fare corso e tirocinio, ho lasciato quei lavoretti che mi davano una base economica! (Iris, 38 anni, beneficiaria) Guardando alla globalità della persona, la sua partecipazione alle PAL ha

evidenziato una situazione di insufficiente dialogo tra i soggetti coinvolti: l'ente

promotore non ha saputo raccogliere le motivazioni della persona, la rete non è stata

attivata in modo da consentire il cambiamento, la persona non è stata coinvolta nella

scelta della azienda, la Regione Veneto ha destinato risorse ad un percorso

amministrativamente ineccepibile che non ha ridotto il bisogno di aiuto. Non va

sottovalutato infine lo sforzo economico che si impone ai beneficiari:

Inserire un disoccupato in azienda, anche se poi non viene assunto, dà regole alla giornata: lavarsi, vestirsi, uscire e parlare con delle persone che non sono familiari (spesso in stallo conclamato!). Detto questo, probabilmente un sostegno economico tempizzato in maniera diversa (mensile, non alla fine o dopo il 70% delle ore di stage) potrebbe aiutare di più. (Gaia, operatore di servizi per il lavoro) C'è un problema con le PAL, quello della tempestività: ti fanno fretta perché devi trovare subito dei candidati, tu chiami le persone e poi la borsa lavoro parte dopo 7, 8 mesi, non è possibile! Economicamente, come fanno? Le persone nel frattempo per fortuna a volte si sono già sistemate, ma altre volte sono in attesa, e si

24 Benedetti R., Esclusione e Lavoro, Edizioni Plus, Pisa 2011

19

esasperano, mi telefonano. (Franca, assistente sociale)

Il meccanismo di rendicontazione, che fa arrivare i finanziamenti mesi dopo la fine

del progetto, e lo sforzo finanziario che gli enti si trovano a sostenere, pongono

l'erogazione delle borse lavoro ben oltre il momento di necessità. Alcuni percorsi,

per questo motivo, non sono adatti ai beneficiari che non dispongono di risorse

economiche per anticipare i costi della frequenza (trasporto, pranzi, ...).

4.3 Cosa aiuta a non aver più bisogno di aiuto

Quanto all'uscita dal bisogno di aiuto, gli assistenti sociali portano valutazioni

diverse:

... le PAL sono sostanziali per il destino delle persone... (Anna, assistente sociale) Ma anche: Ci sono servizi spot che creano aspettative, sportelli o progetti che durano poche settimane e poi chiudono, producono nelle persone la convinzione di non poter rientrare nel mercato, che è inutile seguire corsi o percorsi. Anch'io non vedo tante cose utili, proprio no (Lucia, assistente sociale) Chiedendo quali condizioni potrebbero rendere più utili questi strumenti in un

percorso di aiuto, da più parti si è evidenziata la necessità di meglio identificare

l'appropriatezza dell'intervento rispetto alle caratteristiche della persona.

Mi sembra urgente distinguere l'utilità dei diversi strumenti, capire cosa mettere in campo per le diverse persone. È necessario riuscire a condividere con i soggetti promotori e gli enti invianti, ma anche altri, cosa è utile per quali tipi di situazioni, se no, caschiamo sempre sugli esiti, ma ormai ci sono molte esperienze, è ora di farlo. (Ester, operatore di servizi per il lavoro)

Io ho casi che, con una borsa lavoro, hanno potuto riattivarsi, mettersi alla prova, stabilire relazioni, poi li accompagnavamo con schede, verifiche, ma erano casi di persone che dovevano uscire dal bisogno, dalla marginalità, per le quali abbiamo avuto il tempo di costruire un po' alla volta delle soluzioni, dei tentativi. Le borse lavoro vanno usate per alcune specifiche tipologie di persone, non si può cadere nel prestazionismo, siccome abbiamo quello strumento, ci buttiamo dentro tutti. (Franca, assistente sociale) Il riferimento al prestazionismo consente di osservare che, parlando PAL, per tutti

gli interlocutori l'orizzonte si restringe alle sole attività di tirocinio o di inserimento

temporaneo in azienda. Forse, a partire dalla consapevolezza che gli strumenti sono

per le persone e non viceversa, si può promuovere cambiamento nel modo di

pensare gli interventi. È un cambiamento necessario, visto che, i soggetti interpellati

si sono espressi a favore di innovazioni e modifiche, anche se nessuno ha fatto

20

riferimento a forme diverse di sostegno all'occupazione diverse dal tirocinio, né

all'interno dei servizi finanziati dalla Regione, né con risorse di progettualità

diverse. Come già esposto, pur con le migliori intenzioni di affrontare la

disoccupazione come evento strutturale, si rischia di focalizzare la riflessione sulla

dimensione individuale, sulla responsabilità del singolo.

Certamente l'emergenza della disoccupazione ha giustificato interventi per alcuni

versi frettolosi e indifferenziati, ispirati ad un sano buon senso, che però può

risultare inadatto a comprendere le situazioni ad alta complessità. Superata la fase

iniziale, è una assistente sociale a porre in evidenza le responsabilità sociali,

politiche, economiche, altrimenti relegate sullo sfondo:

Abbiamo cominciato con il Fondo di Solidarietà, e altre borse lavoro promosse dalla multiutility e anche dalla Regione25 , tirocini che all'inizio sono stati proposti alle aziende, ma non hanno ottenuto nessun risultato, sono state utilizzate in incarichi nel pubblico, con cofinanziamento, alla fine è diventata una cosa assistenziale perché i percorsi erano temporanei, purtroppo quelli della multiutility potevano anche essere ripetuti dalla stessa persona, si creavano differenze. Si sono prodotti lavori momentanei, sottopagati, che andavano impropriamente a coprire un fabbisogno di personale dell'ente pubblico, magari con assunzioni attraverso cooperative sociali che spostavano le persone a lavorare in altre sedi (e così succedeva che, con soldi pubblici, si finanziava il laboratorio di assemblaggio di un privato), e alla fine non producevano nulla, né lavoro, né attivazione, solo manodopera gratis. Alla fine le persone ritornavano arrabbiate, per la questione della sede diversa da quella che era stata concordata e perché, dopo mesi in un posto la persona si identifica con quel lavoro e viveva malissimo la fine del lavoro, “se ho lavorato bene, adesso perché non posso essere assunto?" Adesso sembra che si possa mettere la gente a lavorare gratis e devono pure essere riconoscenti! Ma stiamo parlando di persone che avevano ruoli di responsabilità, con professionalità, uno status, non possiamo chiedergli di “adattarsi” perché non abbiamo altro da proporgli. Tutto a termine, tutto senza prospettive, rischiamo di essere responsabili di un grave danno al concetto di lavoro, è l'istituzione che fa peggio di quello che le aziende già non fanno. (Franca, assistente sociale)

Lo scenario tracciato chiede una seria riflessione, gli interventi sembrano aver

sostanzialmente prodotto del "lavoro gratuito", una delle forme di degenerazione

descritte da Ricardo Antunes nel libro "Addio al Lavoro?"26. Gli strumenti messi in

campo sembrano essersi allineati ai processi di espulsione dei lavoratori, alla

separazione tra insiders e outsiders del mercato del lavoro, tanto da affermare:

Questo uso improprio delle borse lavoro, di tutti questi interventi senza ragionarci insieme ha un effetto anche sul lavoro, mette in crisi il concetto di lavoro! Qui non stiamo parlando di tossicodipendenti o senza fissa dimora, con la normalità devi invece agire a livello politico, sono persone già attive, è che il Servizio Sociale ha un po' sconfessato il suo ruolo politico, si è dedicato al ruolo di controllo e, in definitiva, di contenimento delle istanze sociali

25 Si trattava di tirocini per i quali la Regione dava la copertura economica del 50% a patto

che i Comuni o altri soggetti si impegnassero per il resto della spesa 26 Antunes R., Addio al lavoro? Le trasformazioni e la centralità del lavoro nella

globalizzazione, Edizioni Ca' Foscari, Venezia, 2015

21

e politiche. Adesso il servizio sociale non ha strumenti forti per intervenire politicamente, però ci sono alcune esperienze nelle quali il coordinamento tra assistenti sociali ha prodotto più risultati, anche sul piano politico. (Franca, assistente sociale)

Cos'è il "piano politico" di cui parla? Una possibile risposta, è nel rilancio del

concetto di partnership, come esperienza di solidarietà e reciprocità che collega la

crescita individuale allo sviluppo collettivo. Una partnership che è occasione di

azione e di interazione, un luogo concreto e ideale nel quale si negoziano le risposte

alla domanda di benessere, rifiutando, come servizio sociale, di ridimensionare il

proprio intervento in una dimensione di social care27.

L'inserimento indifferenziato di beneficiari nelle PAL, produce anche un altro

ordine di criticità, quello del rischio di impresa:

... ma apri la porta ad un'utenza talmente conclamata che non può essere considerata all'interno di progetti dove la responsabilità economica d'impresa è importante, specie per chi non sia un'associazione di categoria, ma un'impresa privata che risponde con il proprio patrimonio personale. Sono inseriti nella PAL come persone normali, equilibrate, ma poi ci espongono ad un rischio di impresa assurdo: io ho fideiussioni per 100.000€ per riuscire a pagare l'attività di 12 corsisti, e 35.000€ sono solo di borse lavoro, ma la Regione non mi dà niente se la persona molla il percorso a metà... . (Gaia, operatore di servizi per il lavoro) La Regione utilizza sistemi che premiano le performance dei promotori di PAL e

penalizzano i fallimenti. Anche la Legge n. 83 del 2014, il cosiddetto Jobs Act,

prevede un sistema di remunerazione a risultato: il beneficiario è titolare di una dote

che l'ente promotore può incassare a risultato occupazionale raggiunto. Si ottiene

così un miglioramento dei servizi offerti ai cittadini, ma è possibile che gli enti

promotori si mettano al riparo dai fallimenti scegliendo i candidati più solidi e le

aziende più vivaci.

Per evitare che le PAL diventino inaccessibili proprio per le persone a rischio di

marginalità, è necessario limitare il rischio di impresa attraverso una più sistematica

integrazione tra politiche del lavoro e politiche sociali, valorizzando le esperienze

di coordinamento finora realizzate.

4.4 Coinvolgimento della comunità e coordinamento tra i

27 Dominelli L., Il Servizio Sociale. Una professione che cambia, Erickson, Trento, 2005

22

soggetti del territorio

A questo proposito, l'invito viene proprio dagli enti promotori:

Certamente sarebbe più facile se potessimo concordare con il Servizio Sociale gli inserimenti “sociali”, anzi, sarebbe da fare sistematicamente, perché le PAL sono uno strumento importante per le fasce marginali, o le persone a rischio di marginalità. (Gaia, operatore di servizi per il lavoro)

In aggiunta, arriva un suggerimento tecnico riguardo lo strumento operativo a

sostegno della collaborazione:

C'è IDO, il Sistema di Incontro tra la Domanda e l'Offerta, portale lavoro della Regione Veneto, potrebbe aiutare in questo senso, se potessimo inserire nell'anagrafica della persona anche i percorsi interrotti, e le valutazioni che si fanno, se anche i servizi sociali potessero metterci i dati, almeno le tracce, alle persone non verrebbero ripetute le stesse proposte mille volte, o si eviterebbe di perdere risorse in tentativi già risultati fallimentari. (Ester, operatore di servizi per il lavoro). Condividere dati sui percorsi individuali, in un verbale o in un programma

gestionale, presuppone un alto livello di affidabilità degli enti quanto a rispetto della

riservatezza e della privacy, con alcuni aspetti di difficile risoluzione nel caso di

collaborazione con personale volontario, non sempre in possesso delle necessarie

competenze28.

Anche le voci del Servizio Sociale confermano che i tempi sono maturi per una

maggiore integrazione:

Secondo me dovrebbe esserci un coinvolgimento a due livelli, uno sull'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro, l'altro sui casi, con una attenzione più assistenziale. (Franca, assistente sociale) ed è esperienza condivisa che:

Se gli enti non si coordinano, la persona viene inserita nel percorso non adatto a lei, nessuno sa che tentativi ha fatto prima, che aiuto è stato dato è sola, se le cose non vanno bene, fa scelte sbagliate, si indebolisce, anziché rinforzarsi (Lucia, assistente sociale) Di fronte alla domanda diretta sull'importanza del coinvolgimento della comunità e

del coordinamento tra i soggetti del territorio, i beneficiari non sembrano avere

particolari posizioni, forse a conferma del fatto che non ne hanno avuto esperienza,

oppure che temono l'aumento del controllo e la limitazione della libertà di scelta.

28 Si è verificato che i dati raccolti dai volontari dei centri di ascolto venissero inseriti nel

gestionale condiviso con degli enti promotori di politiche attive. I volontari avevano però rilevato anche dati sensibili e riservati su salute, precedenti penali, situazioni debitorie e altro. In quel contesto, era normale per le persone rilasciare informazioni così delicate. Introducendo l'archiviazione digitale non si era tenuto conto della incapacità dei volontari di distinguere il contenuto del colloquio dal dato registrato.

23

Gli altri attori invece, ribadiscono che

l'assistente sociale ha strumenti di valutazione e ruolo promozionale nel territorio (Lucia, assistente sociale). Si segnalano anche la difficoltà a lavorare con modalità condivise, l'assenza di una

stabilità nelle forme di coordinamento e le asimmetrie che si verificano con gli enti

che operano attraverso il volontariato, al quale non è chiesto di disporre di

competenze professionali specifiche:

Soprattutto in questi casi (le persone incollocabili) si vede che il coordinamento è difficile, la Caritas segue priorità diverse dal Comune, non hanno tutte le nostre informazioni sulle persone che aiutano, e non è che chiedono a noi se aiutare ancora o no. (Lucia, assistente sociale) Non esistono assolutamente forme di coordinamento, sono lasciate alla buona volontà degli operatori dei servizi al lavoro, i quali se hanno una forma di professionalità o sensibilità utile riescono a cogliere gli altri segmenti, quelli sociali, altrimenti no. (Ester, operatore servizi al lavoro) In queste frasi sembra che il coordinamento sia una modalità di lavoro finalizzata a

migliorare l'efficacia degli interventi, rispettare l'individualità del beneficiario,

evitare sovrapposizioni. Emerge poi anche una dimensione legata allo sviluppo di

comunità, al desiderio di dare slancio alle risorse:

c'è un coordinamento di assistenti sociali a Mogliano Veneto che ha dato un ruolo più visibile anche in questo campo del lavoro al Servizio Sociale, ha coinvolto anche le aziende, ha sviluppato un senso di comunità e quindi si crea fiducia, le aziende sono più disponibili a ospitare tirocinanti, a valutare candidati del territorio che sono inseriti in questa rete di servizi (Anna, assistente sociale) Concordare qualcosa crea più opportunità di intervento, alle aziende segnali qualcuno e dai qualcosa (il Comune può anche decidere di facilitare certi servizi o ridurre certe tasse), ma soprattutto crei voglia di creare comunità, ma senza tante sovrastrutture che poi creano anche conflittualità, rivendicazioni (… le associazioni sono così difficili!), è un ruolo che i singoli si prendono verso la loro comunità. Ad esempio, noi da anni abbiamo i volontari che fanno il trasporto degli anziani, c'è gente della Lega e gente del PD, non si parlano neanche, ma sentono che è una cosa loro, che hanno un impegno con la comunità e non si perde un giro. (Franca, assistente sociale) Le esperienze concrete, per gli operatori dei servizi al lavoro, mettono in luce le

differenti "velocità" a cui viaggiano le istituzioni. Con alcune si stabilisce un

dialogo ed una collaborazione, con altre non si trova una base condivisa di priorità:

In realtà, molto spesso sociale e lavoro sono percorsi paralleli, che non si incontrano. Mi è capitato a febbraio - ad esempio - di valutare un programma di inserimento per detenuti. Abbiamo chiesto un appuntamento col Centro per l'Impiego, perché in Regione mi hanno detto testualmente che ce lo finanziavano solo con l'appoggio di questa struttura, non con strutture private. L'appuntamento, dato dopo 40 giorni, è saltato per ritardo di quasi due ore da parte della funzionaria: c'ero io, il referente progetti del capofila, il responsabile sanità penitenziaria, il referente del Ministero della Giustizia. A parte che un contrattempo può sempre capitare, devo dire, però che questo episodio è anche un indicatore chiaro dell'impreparazione ad affrontare il tema, a mio avviso. Progetto saltato. (Gaia, operatore di servizi per il lavoro)

24

Viene da chiedersi quali soggetti possono facilitare e consolidare le prassi di

coordinamento, costantemente in dialogo con le necessità del singolo e della

collettività.

Il confronto e il coordinamento esiste solo nella misura in cui gli operatori dei servizi sono in grado di entrare in relazione tra loro; il tema è quello della rete sul territorio: chi coordina gli interventi? L'impressione è che ogni servizio tenda ad essere autoreferenziale, e che buone prassi che periodicamente vengono costruite a partire dal "basso" siano spesso abbandonate a seguito del cambio di dirigenti/parroci/amministratori. (Fabio, operatore del mercato del lavoro)

Alcune indicazioni operative arrivano già dalla Regione, visto che

L'ultima delibera delle AICT (Azioni Integrate di Coesione Territoriale), la 316 del 2016, prevede in effetti il coordinamento con i servizi sociali e tutti i soggetti del territorio, ci obbliga proprio o fare questo. Ci sono esperienze interessanti, ad esempio il Comune dell'Alta Padovana ha integrato molto l'intervento assistenziale con la partecipazione alle PAL. Le persone inviate hanno una sospensione dei contributi fintanto che frequentano le PAL e si fanno verifiche in itinere. È una cosa che funziona, le persone arrivano in fondo al percorso e lo usano bene, anche quelle che non vengono assunte, entrano in contatto con il mondo del lavoro, si fanno conoscere, gestiscono bene le relazioni e si orientano (Ester, operatore dei servizi al lavoro).