O – Programma svolto...Gaio Valerio Catullo Gaio Valerio Catullo (Verona 87/84-Sirmione 57-54...

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6 O – Programma svolto Modulo 1 Il testo narrativo: ripasso I Generi* Dal racconto al romanzo (d’avventura, storico, realistico, d’analisi, postmoderno e di intrattenimento, nero e giallo, epico…) * Letture di testi tratti dalle letterature italiana e straniere, seguite da analisi A. Puškin, La tormenta M. de Cervantes, Don Chisciotte e i mulini a vento* J. Swift, I viaggi di Gulliver* Ch. Dickens, Oliver Twist* J. Verne, In volo verso la Luna* F. Quilici, Avventure in fondo al mare; A. Manzoni, La madre di Cecilia* G. Tomasi di Lampedusa, Due mondi confronto H. de Balzac, La pensione Vauquer* G. Verga, L’addio di ‘Ntoni* C. Pavese, L’arresto di Cate* L. Pirandello, Cambio treno! * U. Eco, Un abile detective del Trecento * M. Shelley, Il mostro* Approfondimento : A. Manzoni, I Promessi Sposi. Video di sintesi. Lettura e analisi dei seguenti capitoli. I, III, IV, VIII, IX, X, XII, XX, XXXIII e XXXIV. * Lettura domestica di un romanzo a scelta tra alcuni consigliati dalla docente. Lettura del romanzo Il Sistema periodico di P. Levi. In occasione della Giornata della Memoria, la classe ha partecipato alla visione del film L’uomo che verrà introdotto dal prof. Avondo. In occasione delle celebrazioni del XXV Aprile, gli allievi hanno partecipato a una lezione del prof. Avondo sul Neorealismo tra Cinema e Letteratura. Modulo 2 Il testo poetico Aspetto metrico – strutturale: verso, rima, strofa * Aspetto retorico – stilistico: le figure retoriche * Commento/Versione in prosa: parafrasi e commento di testi poetici e di canzoni tratti dalle letterature italiana e straniere (schede, mappe e appunti forniti dalla docente e di seguito allegati). * Lettura e analisi dei seguenti componimenti : G. Caproni, Per lei Saffo, A me pare uguali agli dei* Catullo, Basta con la pazzia, sventurato Catullo* Prévert, I ragazzi che si amano* Montale, Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale * canzoni a scelta degli allievi. Modulo 3 Il testo teatrale I Generi: tragedia, commedia, dramma moderno * La messa in scena: spazio, scenografia, luci, commento sonoro, costumi * Autore, regista, attori, pubblico * Il linguaggio teatrale: canovaccio, copione, didascalie, dialoghi, monologhi, battute * Presentazione in PowerPoint alla Lim

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    O – Programma svolto

    Modulo 1 Il testo narrativo: ripasso I Generi* Dal racconto al romanzo (d’avventura, storico, realistico, d’analisi, postmoderno e di intrattenimento, nero e giallo, epico…) * Letture di testi tratti dalle letterature italiana e straniere, seguite da analisi A. Puškin, La tormenta M. de Cervantes, Don Chisciotte e i mulini a vento* J. Swift, I viaggi di Gulliver* Ch. Dickens, Oliver Twist* J. Verne, In volo verso la Luna* F. Quilici, Avventure in fondo al mare; A. Manzoni, La madre di Cecilia* G. Tomasi di Lampedusa, Due mondi confronto H. de Balzac, La pensione Vauquer* G. Verga, L’addio di ‘Ntoni* C. Pavese, L’arresto di Cate* L. Pirandello, Cambio treno! * U. Eco, Un abile detective del Trecento * M. Shelley, Il mostro* Approfondimento: A. Manzoni, I Promessi Sposi. Video di sintesi. Lettura e analisi dei seguenti capitoli. I, III, IV, VIII, IX, X, XII, XX, XXXIII e XXXIV. * Lettura domestica di un romanzo a scelta tra alcuni consigliati dalla docente. Lettura del romanzo Il Sistema periodico di P. Levi. In occasione della Giornata della Memoria, la classe ha partecipato alla visione del film L’uomo che verrà introdotto dal prof. Avondo. In occasione delle celebrazioni del XXV Aprile, gli allievi hanno partecipato a una lezione del prof. Avondo sul Neorealismo tra Cinema e Letteratura.

    Modulo 2 Il testo poetico Aspetto metrico – strutturale: verso, rima, strofa * Aspetto retorico – stilistico: le figure retoriche * Commento/Versione in prosa: parafrasi e commento di testi poetici e di canzoni tratti dalle letterature italiana e straniere (schede, mappe e appunti forniti dalla docente e di seguito allegati). *

    Lettura e analisi dei seguenti componimenti: G. Caproni, Per lei Saffo, A me pare uguali agli dei* Catullo, Basta con la pazzia, sventurato Catullo* Prévert, I ragazzi che si amano* Montale, Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale * canzoni a scelta degli allievi.

    Modulo 3 Il testo teatrale I Generi: tragedia, commedia, dramma moderno * La messa in scena: spazio, scenografia, luci, commento sonoro, costumi * Autore, regista, attori, pubblico * Il linguaggio teatrale: canovaccio, copione, didascalie, dialoghi, monologhi, battute * Presentazione in PowerPoint alla Lim

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    Moliére, Il malato immaginario: contenuti dell’opera; atto I, scena V (schede della docente e materiali inseriti sul registro elettronico e di seguito allegati) *

    Modulo 4 Epica (approfondimento interdisciplinare con Storia) Epica greco – latina* La struttura stereotipata* Figure retoriche ricorrenti* Linguaggio e registro*

    Lettura e analisi del Proemio dell’Eneide, contenuti e caratteristiche del poema * (lavoro svolto in cooperative learning nel laboratorio di informatica, utilizzando materiali reperiti nel web sotto la guida della docente)

    Modulo 5 Linguistica La Comunicazione: ripasso Le funzioni della lingua * Quantità e qualità dell’informazione, registro e linguaggio settoriale, * i rapporti di ruolo, il feedback e la riformulazione Progettazione di un testo: pianificazione/ stesura/ revisione * Riassunto: caratteristiche/ destinatario/ scopo/ tecniche di riduzione *

    Tipologie testuali* La scrittura del giornale Articolo di cronaca * Caratteristiche generali del testo regolativo/espositivo/argomentativo* La relazione *.

    Letture a supporto dello studio del testo argomentativo sono stati letti brani da: B. Stoker, Dracula; C. Beccaria, Contro la pena di morte.

    Modulo 6 Grammatica Ortografia, sillabazione, punteggiatura (ripasso) Le parti del discorso (ripasso) Analisi della frase semplice: soggetto, predicato, complementi * Analisi della frase complessa: proposizione principale, coordinate, subordinate * In occasione della Giornata della Memoria, la classe ha partecipato alla visione del film L’uomo che verrà introdotto dal prof. Avondo. In occasione delle celebrazioni del XXV Aprile , gli allievi hanno partecipato a una lezione del prof. Avondo sul Neorealismo tra Cinema e Letteratura.. Sul registro elettronico sono stati inseriti schemi e mappe di sintesi a supporto del metodo di studio. Gli allievi con il debito dovranno preparare tutti gli argomenti segnati con l'asterisco * e consegnare i compiti delle vacanze.

    Per un eventuale passaggio da altro indirizzo, l’allievo deve aver raggiunto gli obiettivi minimi sotto indicati relativi ai contenuti essenziali del programma (*).

    Obiettivi minimi � Saper produrre testi semplici ma coerenti e senza gravi errori morfosintattici. � Saper esporre oralmente in modo semplice ma coerente e sintatticamente corretto. � Saper leggere in modo chiaro, corretto e scorrevole. � Comprendere brevi testi di generi testuali diversi.

    Compiti delle vacanze (vedi allegato)

    Pinerolo, 14 giugno 2016 Prof.ssa Maria Vittoria GARAVELLI

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    Allegato 1.

    Compiti delle vacanze

    ITALIANO

    � Ripassa la Sintassi della frase e la Sintassi del periodo.

    Svolgi sul foglio protocollo gli es. n. 32, 33 e 34 a p. 324 e gli es. n. 31, 32 e 33 a p. 407 del manuale di Grammatica.

    � Scegli un film – possibilmente con tematiche giovanili o storiche-, che ti abbia particolarmente colpito e completa (su foglio protocollo) la scheda di analisi presente tra i materiali di classe sul registro elettronico.

    � Leggi almeno un libro a scelta tra quelli consigliati nell’elenco allegato e Le Novelle di Pirandello,

    dono del Banco Popolare di Novara; svolgi quindi l’analisi dei due testi, seguendo la griglia di analisi del testo narrativo presente sul registro elettronico (materiali di classe).

    N. B. I compiti saranno valutati.

    BUONE VACANZE!!!

    Pinerolo, 8 giugno 2016 Prof.ssa Maria Vittoria GARAVELLI

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    Allegato 2.

    Schede percorso di Poesia e Teatro

    Classe 2BIti

    Prof. ssa Maria Vittoria GARAVELLI

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    Saffo Saffo, prima donna della letteratura europea, nacque a Ereso, nell’isola di Lesbo, da una famiglia aristocratica e visse fra il VII e il VI secolo a.C. Trascorse la maggior parte della sua esistenza a Mitilene, la più importante città di Lesbo, educando le giovani degli ambienti aristocratici. Saffo fa raramente menzione delle lotte politiche che travagliarono Lesbo, tuttavia dovette trascorrere un periodo d’esilio in Sicilia. Ebbe un marito, forse Cercila di Andro, e una figlia di nome Cleide. Secondo alcune leggende, Saffo, piccola e bruna, si innamorò del giovane Faone, che non ricambiava il suo amore e per questo si suicidò, gettandosi dalla rupe di Leucade. L’ambiente in cui si svolse la vita di Saffo è il tiaso, ossia la comunità fondata sulla religione d’Afrodite, dove si sviluppava la formazione culturale e sociale di fanciulle aristocratiche, e in cui l’educazione dei sentimenti e l’eros omosessuale erano parte integrante. Questo aspetto della vita della poetessa non deve stupire, perché l’omosessualità, sia maschile sia femminile, era molto frequente nella società greca e dunque considerata normale La produzione letteraria di Saffo è composta nel dialetto eolico della sua patria. Venne curata da grammatici alessandrini e suddivisa in nove libri, secondo i diversi metri usati. Oggi possediamo un’intera ode, parti di altre odi e un considerevole numero di frammenti più brevi. Nell’intera opera è possibile individuare due gruppi, differenti per tematiche e stile: il gruppo numericamente più ridotto è composto soprattutto da epitalami, canti corali eseguiti in occasione delle nozze di una delle fanciulle del tiaso. Nelle poesie del secondo gruppo, Saffo parla in prima persona, rivolgendosi a dei e uomini per esprimere in forma autobiografica le proprie emozioni e riflessioni sull’amore.

    Caratteri della poesia La poetessa introduce una grande innovazione, sottolineando l’importanza dei sentimenti e della memoria che stabilisce un rapporto tra passato e presente, accrescendo l’intensità degli affetti. Saffo possiede una straordinaria capacità di trasformare i fenomeni della realtà in un’atmosfera musicale, grazie all’accurata scelta di immagini, vocaboli e suoni. Il mondo della natura diventa termine di paragone con le passioni e i sentimenti e crea un senso di armonia e bellezza.

    A me pare uguale agli dèi Saffo

    (traduzione di Salvatore Quasimodo)

    A me pare uguale agli dèi chi a te vicino così dolce

    suono ascolta mentre tu parli

    e ridi amorosamente. Subito a me il cuore si agita nel petto

    solo che appena ti veda, e la voce

    si perde sulla lingua inerte. Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

    e ho buio negli occhi e il rombo del sangue alle orecchie.

    E tutta in sudore e tremante come erba patita scoloro: e morte non pare lontana

    a me rapita di mente.

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    Il testo greco di questa poesia è in realtà frammentario. La traduzione di Quasimodo gli ha dato dunque un impianto unitario che manca nell'originale, ma che consente di apprezzarne la forza travolgente. "Questa lirica è stata considerata, fin dall'antichità, come una riuscita descrizione dei segni fisici che si manifestano per la passione amorosa. Saffo descrive tutto ciò che prova alla vista della persona amata" (Bertinetto / Del Popolo / Marazzini).

    Il testo può essere suddiviso in due parti. Nella prima (vv. 1-4) appare l'amato, che sembra quasi un dio a chi l'osserva. Nella seconda (vv. 4-14) sono descritti gli effetti che questa visione causa nella donna. E qui l'impressione iniziale si capovolge: a una serena contemplazione subentra il tumulto dei sensi; l'amore non è felice ma tormentoso e quasi prossimo alla morte. Proprio questo induce a pensare che nella lirica si esprima il sentimento della gelosia: i sintomi della passione, dunque, sono generati sì da amore, ma da un amore non ricambiato.

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    Gaio Valerio Catullo

    Gaio Valerio Catullo (Verona 87/84-Sirmione 57-54 a.C.) ebbe una vita breve ma molto intensa, perché trascorsa negli ambienti raffinati dell'alta e colta società romana. Nacque nella Gallia Cisalpina e sulla data esistono incertezze. Era di famiglia aristocratica e facoltosa, che si poteva permettere di ospitare importanti personaggi della vita politica contemporanea, come Quinto Cecilio Metello Celere, governatore della Gallia Cisalpina o come lo stesso Cesare. Ricevette un'ottima educazione letteraria e incominciò da giovanissimo a comporre poesie d'amore. Poco più che ventenne si trasferì a Roma, con ambizioni mondane e intellettuali, non politiche. Trascorse una vita di agi, brillante e dissoluta. Si legò in amicizia con alcuni giovani poeti, definiti con disprezzo da Cicerone neóteroi (poeti nuovi), condividendo con loro una vita d'amore e di spensieratezza. Si tenne lontano dagli impegni politici e dall'oratoria forense. Predilesse quindi la tranquillità degli studi e degli affetti, in sintonia con il clima di crisi dell'ultima età repubblicana, in cui si andavano sgretolando gli ideali austeri dei costumi degli antenati. Catullo si innamorò perdutamente di Clodia, moglie di Q. Cecilio Metello, una dama del gran mondo, affascinante e colta, ma di vita e costumi spregiudicati, che passava da un amante all'altro. Per lei Catullo bruciò la sua breve esistenza e divenne il primo poeta d'amore della letteratura latina. Nelle sue liriche chiamò Lesbia la donna amata, in ricordo della poetessa Saffo, nata appunto nell'isola di Lesbo. Tra il 58 e il 57 compì un viaggio in Bitinia, al seguito del propretore G. Memmio, nel tentativo di risanare la propria situazione economica e per visitare, nella Troade, la tomba del fratello. Al ritorno si rifugiò, cercando pace e riposo, nell'amata Sirmione, dove morì.

    Il Liber catulliano si presenta come una raccolta di tre tipi di componimenti. A una serie di brevi carmi in metri diversi ( 1-60 ), seguono i carmina docta ( 61-68 ), di dimensioni e impegno ben più vasti; negli ultimi carmi, dal 69-116, abbiamo gli epigrammi in distici elegiaci. Un quarto circa dei componimenti catulliani è dedicato all’amore per Lesbia. La poesia catulliana esprime una tensione emotiva costante, il susseguirsi dei momenti felici e delle frattura di una storia d’amore, ma non

    Basta con la pazzia, sventurato Catullo

    Basta con la pazzia, sventurato Catullo. E ciò che vedi morto impara che è perduto.

    Ci sono stati giorni splendidi, nel sole. E andavi dove lei ti conduceva, l'amata come non sarà nessuna,

    e avvenivano cose deliziose che tu volevi e lei non disvoleva. Davvero giorni splendidi nel sole.

    Ora non vuole più. Dunque anche tu non volere. Non inseguire ciò che fugge, o uomo senza freno, non vivere infelice.

    Sii ostinato, Catullo, sii deciso. Addio, ragazza. Catullo è deciso,

    se non vuoi non ti cerca, non ti chiede. Però ne soffrirai, se non ti cercano.

    Sventurata, che vita ti rimane. Varrà qualcuno? E ti vedranno bella?

    E l'amore? Dirai più «sono sua»? Bacerai? Morderai labbra amate? Catullo, sii ostinato, sii deciso.

    Gaio Valerio Catullo, Carmina, 8, I canti

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    mancano i ricordi nostalgici dei momenti belli. Confronta gli ultimi versi della poesia di Catullo con il testo della canzone Tu come stai di Claudio Baglioni. Quali sono i punti di contatto? E le differenze? A che cosa sono dovute queste ultime?

    «Tu come stai? Tu come stai? tu come vivi? come ti trovi?

    chi viene a prenderti? chi ti apre lo sportello?

    chi segue ogni tuo passo? chi ti telefona e ti domanda adesso tu come stai? […]

    Tu cosa pensi? dove cammini? chi ti ha portato via? chi scopre le tue spalle?

    chi si stende al tuo fianco? chi grida il nome tuo? chi ti accarezza stanco?»

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    Eugenio Montale

    Eugenio Montale (Genova 1896-Milano 1981) divide l'infanzia tra la città natale e Monterosso, nelle Cinque Terre. Quel paesaggio si imprime profondamente nell'animo del poeta e caratterizza la sua poesia. Interrotti gli studi tecnici per motivi di salute, studia canto finché, nel 1917, è chiamato alle armi e inviato al fronte. Terminata la guerra, ritorna in Liguria, entra in contatto con gli ambienti letterari genovesi e torinesi e, nel 1925, pubblica la prima raccolta di versi Ossi di seppia. Nello stesso anno prende posizione contro il regime fascista, firmando il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto dal filosofo Benedetto Croce. Nel 1926 incontra Italo Svevo e scrive su di lui alcuni articoli che contribuiranno a farlo conoscere al pubblico italiano. Trasferitosi a Firenze, dirige il Gabinetto scientifico letterario Vieussex fino al 1938, quando viene allontanato dall'incarico perché non iscritto al partito fascista. Dopo la guerra si trasferisce a Milano, dove diviene redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il Corriere dell'informazione. Nominato senatore a vita per meriti letterari, nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. La sua prima raccolta di liriche, Ossi di seppia, già contiene i temi di fondo della sua poesia: il male di vivere, l'insensatezza della vita, l'impossibilità umana di uscire da un'esistenza soffocante e disperata. Segue la raccolta Le occasioni (1939) in cui sono rappresentati gli spiragli che la vita offre contro la solitudine e le sconfitte. Pubblica poi La bufera e altro (1956) e Satura (1971) che contiene le liriche di Xenia, dedicate alla moglie morta nel 1963. Altre raccolte di versi escono negli anni Settanta.

    Ho sceso, dandoti il braccio

    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

    Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

    Le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede

    che la realtà sia quella che si vede.

    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.

    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

    erano le tue.

    Scendere le scale dandosi il braccio è assunto da Montale come simbolo della vita a due, dell’aiuto che due persone che si amano si scambiano ogni giorno; milione di scale = iperbole; l’esagerazione sottolinea la lunga durata della vita vissuta insieme alla moglie; è il vuoto = la morte della moglie ha provocato una sensazione di vuoto e solitudine. Anche così = pur avendo fatto un lungo cammino insieme.

    viaggio = altra metafora (con le scale) per indicare la vita; breve/lungo = ossimoro; i due aggettivi in contrasto evidenziano la situazione di sconforto del poeta per una vita comune solo apparentemente lunga ma in realtà durata pochissimo; Il mio = viaggio è sottinteso; la vita del poeta continua nell’indifferenza verso le incombenze quotidiane (coincidenze, prenotazioni), le insidie della vita (trappole) e le delusioni (scorni); asindeto.

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    Quattr’occhi = quelli di due persone, il poeta e la moglie; pupille, sebbene tanto offuscate = riferimento alla forte miopia della moglie. Gli occhi della donna (pupille – sineddoche) avevano la capacità di penetrare il vero senso delle cose al di là delle apparenze. Il poeta amaramente riconosce che la moglie rappresentava non solo la compagna ma il sostegno e la guida della sua vita.

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    Jacques Prévert

    Nasce a Neuilly-sur-Seine nel 1900 ed è uno dei poeti francesi più popolari del XX secolo. Giovanissimo conosce André Breton, Raymond Queneau e i surrealisti ed entra a far parte di questo gruppo, interessato dall'arte populista. Nel 1928 si discosta da questi e frequenta il Groupe Octobre, una compagnia teatrale di sinistra. La sua fama è però dovuta alla produzione poetica, dove Prévert dà libero corso all'immaginazione in uno stile vicino alla lingua parlata e alla vita quotidiana. I suoi temi preferiti sono l'amore, la libertà, il sogno e la fantasia, la compassione, l'umorismo, la satira contro i potenti, l'avversità per l'oppressione sociale. Muore a Parigi nel 1977.

    Tra le sue raccolte di versi di maggiore successo, Parole (1945), La pioggia e il bel tempo (1955), Alberi (1976); in Italia sono state pubblicate, oltre a queste, varie antologie come Le foglie morte (dal titolo di una sua celebre poesia), Poesie d'amore e Poesie.

    I ragazzi che si amano Jacques Prévert

    I ragazzi che si amano si baciano In piedi contro le porte della notte

    I passanti che passano se li segnano a dito Ma i ragazzi che si amano Non ci sono per nessuno

    E se qualcosa trema nella notte Non sono loro ma la loro ombra

    Per far rabbia ai passanti Per far rabbia disprezzo invidia riso

    I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno Sono altrove lontano più lontano della notte

    Più in alto del giorno Nella luce accecante del loro primo amore.

    I ragazzi che si amano si baciano in piedi , appoggiati a un portone nel buio della notte. I passanti che li osservano,li indicano ma loro non si accorgono di ciò che li circonda. Nella notte si nota solo la loro ombra tremante. I passanti guardano i ragazzi con rabbia, con disprezzo, deridendoli e invidiandoli. ma gli innamorati hanno la testa altrove, lontano, e vivono l'incanto del primo amore. La poesia esalta l'aspetto totalizzante dell'amore presso i giovani innamorati: niente e nessuno esiste più attorno a loro, poiché essi non appartengono più a questo mondo, ma a un altro, che vive nell'accecante calore del loro sentimento" [S. Nicola / G. Castellano / I. Geroni]. Ciascuno può dunque ritrovare in questa delicata lirica d'amore echi e immagini della propria adolescenza. Il componimento si regge sulla contrapposizione - espressa con gioiosa partecipazione -, fra "i ragazzi che si amano", estraniati dal mondo e dimentichi di tutto, e "i passanti" avvolti nella loro banale quotidianità.

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    BREVE STORIA DEL TEATRO

    Il fenomeno del Teatro presenta stili diversi secondo i diversi momenti storici: il teatro classico (teatro antico, greco e romano), il teatro medievale (che vede la nascita della sacra rappresentazione), il teatro moderno (dal Rinascimento fino al Romanticismo) e infine il teatro contemporaneo (dal XX secolo fino a oggi).

    Il Teatro occidentale ha radici greche e mette in scena per lo più tragedie (con tema principale la sofferenza e il dolore), privilegiando il dialogo rispetto all'azione. Caratteristica primaria è la presenza delle maschere, che consentono di identificare velocemente l'attore con il personaggio e al contempo di interpretare più parti (gli attori, essendo pagati dallo Stato, erano pochissimi). Nella tragedia solitamente non avviene mai nulla di sconvolgente davanti l'occhio dello spettatore, ma le parti più crudeli si svolgono dietro le quinte. Altro genere da ricordare è la commedia che, presentando per lo più personaggi buffoneschi alle prese con situazioni ingarbugliate, fungeva soltanto da intermezzo tra i vari spettacoli. Per quanto riguarda il Medioevo, a causa della dissoluzione dell'Impero Romano, possiamo sostenere che questo momento storico non possegga una vera e propria "idea di teatro", ma piuttosto di "spettacolo": alle tradizionali rappresentazioni teatrali, si sostituiscono spettacolini svolti nelle piazze da parte di mimi e giullari e le sacre rappresentazioni.

    A differenza del teatro medievale al quale tutti potevano partecipare, il teatro rinascimentale si sviluppa all'interno delle corti principesche. Riguardando soltanto un'élite, lo scopo è quello di sottolineare il potere delle classi sociali più elevate. Al di fuori delle corti invece, si può godere ancora della rappresentazione sacra. Mentre nella scena medievale i luoghi dove si svolgono le azioni sono molteplici, qui è soltanto uno. Successivamente, vedendo l'importanza del teatro, gli umanisti chiedono la creazione di teatri stabili, ma i principi rifiutano l'idea in quanto preferiscono mantenere spettatori di un certo ceto sociale. Nel febbraio del 1545 vediamo la nascita del moderno professionismo teatrale con la commedia dell'arte. Questa forma di creazione scenica si rivolge ad un pubblico vasto, dove ognuno è obbligato a pagare un prezzo stabilito. Altro grande cambiamento avviene a partire dal 1570, con l'introduzione delle donne nelle troupe (fino ad allora entrambi i ruoli erano interpretati da uomini). Molto creativo è il periodo che caratterizza il teatro elisabettiano (1558-1642): esso non rispetta le regole aristoteliche e mescola con estrema disinvoltura commedia e tragedia. Per quanto riguarda le tecniche di allestimento degli spettacoli, possiamo dire che non esistono elementi scenografici veri e propri, in quanto sono i gesti e le parole degli attori a far capire il luogo in cui si svolge l'azione.

    A metà del Settecento vediamo la nascita di un nuovo genere: il dramma borghese (rappresentazione realistica di una vicenda umana) L'ambientazione tipica è quella del salotto borghese e i temi principalmente toccati riguardano l'amore, i valori e la morale. I personaggi rappresentati sono appartenenti alla piccola-media borghesia, e ne descrive la vita quotidiana. Verso la fine dell'Ottocento le tematiche predilette diventano l'adulterio e la crisi dei valori morali Tra la fine del Settecento e l'inizio del secolo seguente, avviene uno scontro fra il dramma borghese e la tragedia romantica: i romantici tedeschi ribadiscono la centralità della tragedia pura come espressione dell'io contro la realtà circostante Il Novecento si caratterizza per una nuova figura teatrale: il regista Egli diventa così unica figura dirigenziale e punta a realizzare un prodotto-spettacolo che possa andare in scena ogni sera Con l'affermarsi delle avanguardie, nascono così nuove forme teatrali come il teatro dell'assurdo di Beckett, o il dramma psicologico di Pirandello.

    CARATTERISTICHE DEL TESTO TEATRALE

    Concepito per essere rappresentato, il testo teatrale presenta delle caratteristiche che lo differenziano notevolmente da qualunque altro tipo di testo. Manca, nel testo teatrale, il narratore, manca l’io soggettivo

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    del poeta, mancano descrizioni o racconti di quanto avviene o è avvenuto: lo sviluppo dell’intera vicenda è affidato alle battute dei personaggi attraverso le quali sarà possibile discernere anche i loro tratti psicologici, i fatti anteriori all’inizio della rappresentazione e i legami tra i vari avvenimenti.

    I personaggi teatrali

    In un testo teatrale, i personaggi hanno senza dubbio un ruolo di fondamentale importanza: in totale assenza di un narratore che agevoli loro il compito, essi devono raccontare e sviluppare la vicenda rappresentata attraverso le proprie parole e le proprie azioni. A partire dal ruolo che ciascuno di essi svolge, è possibile individuare, come nel romanzo o nella novella, un protagonista, che è il personaggio principale, quello intorno al quale ruota l’intera vicenda, dei personaggi secondari, che avranno, secondo i casi, la funzione di aiutanti o di antagonisti, e delle semplici comparse, che pronunceranno pochissime battute o saranno addirittura “mute”.

    Atti e scene

    Il testo teatrale si divide generalmente in atti e scene. Gli atti sono, in sostanza, le diverse parti in cui è articolato il testo.  Il loro numero varia in base al genere drammatico. Ciascun atto viene poi suddiviso in scene, che cambiano a seconda dell’entrata o dell’uscita di uno o più personaggi; il loro numero può variare a piacimento dell’autore.

    Didascalie e battute di dialogo

    Dal punto di vista letterario, gli elementi fondamentali del testo teatrale sono due: le didascalie (dal greco didascalia, «istruzione») e le battute di dialogo. Le didascalie sono, in sostanza, delle sintetiche indicazioni che l’autore fornisce sul luogo e il tempo in cui si sviluppa la vicenda o sul modo in cui i personaggi entrano oppure escono dalla scena, si muovono, sono vestiti, parlano. Sul testo sono generalmente stampate in corsivo o poste tra parentesi se si intervallano alle battute. Pur nei riconosciuti limiti di estensione, la lunghezza delle didascalie può variare da poche parole a periodi più lunghi e dettagliati. Colonna portante del testo teatrale sono, invece, le battute di dialogo che occupano la quasi totalità del testo stesso. Alle parole dei personaggi, infatti, è affidato lo svolgersi integrale dell’intera vicenda: il racconto dei fatti presenti e passati, la delineazione del carattere e dei sentimenti dei singoli personaggi, gli avvenimenti non rappresentati direttamente in scena. In base al numero di persone che pronunciano le battute e alla maniera in cui esse vengono pronunciate, è possibile distinguere vari tipi di battute di dialogo:

    � dialogo: rappresenta, senza dubbio, il tipo di battuta più frequente e si realizza tra due personaggi che si alternano a parlare;

    � concertato: è un dialogo tra tre o più personaggi; � duetto: indicato più comunemente con l’espressione «botta e risposta», è un dialogo

    dall’andamento incalzante e serrato che si svolge tra due personaggi; � soliloquio: è il “pensiero” del personaggio che, rimasto solo sulla scena, espone ad alta voce le

    proprie idee perché il pubblico possa venirne a conoscenza; � monologo: è ancora la riflessione intima del personaggio che questa volta non è solo, ma appartato

    sulla scena e si rivolge direttamente al pubblico; � tirata: è, solitamente, un discorso relativo a qualcosa di importante circa fatti avvenuti in passato o

    a commenti di determinati eventi o azioni e per recitare il quale il personaggio chiede esplicitamente che si faccia silenzio;

    � a parte: è un commento (segnalato sul testo da una didascalia e posto fra parentesi) che il personaggio fa sull’argomento trattato, estraniandosi per un momento dalla rappresentazione stessa e rivolgendosi solo allo spettatore;

    � fuori campo: sono delle battute affidate a un personaggio non direttamente coinvolto nell’azione scenica, ma incaricato di intervenire “fuori scena” a interloquire con i personaggi o a commentare la vicenda in atto.

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    In sintesi. Per analizzare un testo teatrale

    � È necessario individuare immediatamente se si tratta di un monologo o di un dialogo e i personaggi che sono in scena, tenendo sempre presente che, a differenza di quanto accade in un testo narrativo, tutti gli elementi (dall’intreccio, all’ambientazione, alla caratterizzazione dei personaggi) devono essere desunti dalle battute e da eventuali didascalie.

    � Leggere attentamente le singole battute e le didascalie consente, innanzitutto, di ricostruire la caratterizzazione dei personaggi in scena.

    � Bisogna, poi, prestare attenzione ai caratteri delle battute - se sono lunghe o brevi, se danno vita a un ritmo incalzante o lento -, e delle didascalie - se sono brevi o al contrario lunghe e dettagliate, quali informazioni forniscono …

    � Analizza con attenzione il registro linguistico: in una commedia, ad esempio, con ogni probabilità avremo un linguaggio medio con forme vicine al parlato, anche popolari, che mira alla comicità; alto e aulico sarà invece il registro di una tragedia.

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    Molière

    Jean Baptiste Posquelin (Parigi 1622-1673), in arte Molière, dopo gli studi e una laurea in legge, esercita per qualche tempo a Parigi l'avvocatura. L’interesse per il teatro lo porta a fondare, nel 1643, con un gruppo di attori comici la Compagnia dell'Illustre Theatre, ma l'insuccesso lo costringe ad anni di spettacoli itineranti in provincia. Rientrato a Parigi nel 1659, grazie alla protezione del Re Sole, Luigi XIV, e al favore del pubblico, può dedicarsi alla creazione dei suoi capolavori. Molière, che recita come attore nelle sue commedie, muore sulla scena il 17 febbraio 1673 in seguito a un malore, che lo coglie durante la quarta replica della sua ultima opera, Il malato immaginario. Molière non fu soltanto scrittore di teatro ma anche un grande attore e un colto intellettuale. Egli trasforma in commedia la sua denuncia delle debolezze umane e dei costumi sociali della sua epoca, portando sulla scena il seduttore, l'ipocrita, l'avaro, il borghese arricchito, le dame saccenti, i gentiluomini tronfi e insolenti, il malato immaginario, il presuntuoso, l'ambizioso. La comicità delle sue commedie non nasce dagli intrecci, che sono abbastanza scontati, ma dalla caratterizzazione dei personaggi. I tipi che Molière porta in scena sono sempre attuali, perché rappresentano le molteplice sfaccettature della stoltezza e dell'irragionevolezza umana e il nome di Tartufo, di Don Giovanni, di Arpagone sono entrati nel linguaggio comune come sinonimi di impostore, donnaiolo, avaro. Molière sa divertire il pubblico con battute brevi e dialoghi veloci. Il suo stile leggero, sa avvincere ogni tipo di pubblico. Tra le commedie più famose ricordiamo: Tartufo, Don Giovanni, Il misantropo, L'avaro, Il borghese gentiluomo e Il malato immaginario.

    Il malato immaginario

    di Molière

    La fabula

    La commedia è composta di tre atti seguiti da altrettanti intramezzi; il primo atto è preceduto da un prologo, nella rappresentazione teatrale costituito da un balletto cantato. Tale parte iniziale comprendeva un elogio di re Luigi, al quale era dedicata la commedia, un elogio verso i grandi pregi militari e politici del sovrano, alla sua saggezza e al suo valore. L'intero prologo è rappresentato in una scena di natura. Il primo atto si apre con il monologo del protagonista Argante, un uomo ricco e di buona salute, che si crede malato; egli è intento a conteggiare i gettoni che deve al farmacista, il signor Fiorante, in cambio delle numerose cure mediche prestategli a causa della sua grave malattia.

    L'uomo, credendo ormai di aver ben poco tempo da vivere, vuole che la bella figlia Angelica si sposi con Tommaso Diafoirus, figlio del signor Diafoirus, noto medico, affinché il genero acquisito faccia le veci del medico di fiducia del padre, compito che al momento spetta al dottor Purgone. Angelica, ignorando totalmente il futuro marito, si è invece innamorata di un giovane, Cleante, il quale ricambia la ragazza con gli stessi sentimenti. Il rifiuto di Angelica manda in collera il padre che la minaccia di mandarla in convento se mai dovesse disobbedire ai suoi ordini e mandare in fumo i suoi progetti. La governante discute a lungo con il padrone, cercando di convincerlo di quanto sia sbagliato costringere qualcuno con la forza a sposarsi con una persona che non ama, ma tutto invano; Argante vuole che Angelica sposi un medico.

    Il protagonista è sposato con una donna avida di denaro e per nulla curante dei sentimenti, la signora Belinda, la quale fa il possibile per impossessarsi delle ricchezze dell'uomo, compatendolo a tale fine nella sua malattia immaginaria. Come tutti i malati gravi anche Argante decide di stendere un testamento sotto la guida di un notaio, il signor Buonafede. Ed è proprio alla nomina di ereditiera in questo testamento che aspira la perfida moglie Belinda, che naturalmente agisce a discapito della figliastra. Nel frattempo Angelica e Tonietta pensano a come risolvere il problema del pretendente.

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    Nel primo intramezzo si assiste alla serenata di Pulcinella per la propria innamorata, che purtroppo non ha buoni esiti poiché interrotta più volte da ballerini, musici e arcieri.

    Il secondo atto si apre nuovamente nella camera di Argante che, infuriato, impreca contro Tonietta, accusata di disturbargli l'udito. La governante annuncia l'arrivo del supplente del maestro di musica della figlia, interpretato da Cleante, che si finge assai abile nel canto. Angelica entrando nella stanza rimane allibita per la presenza dell'innamorato; intanto arrivano a casa di Argante il futuro sposo e il padre, giunti qui per conoscere la fanciulla. Il pretendente ha l'aria di un grande sciocco, appena congedato da scuola, che non sa nemmeno parlare con parole sue e perciò ricorre a discorsi prestabiliti da padre. Argante coglie l'occasione per far mostrare le doti canore di Angelica agli ospiti e invita la figlia a cantare accompagnata dal maestro; i due intraprendono un'operetta improvvisata che ha come tema la loro stessa storia d'amore. Il canto è interrotto da Argante che irritato scaccia Cleante. Angelica smantella completamente i discorsi del padre e del pretendente, confermando le sue intenzioni di non voler sposare per forza Tommaso.

    Mentre Belinda discute animatamente con la figliastra, il dottor Diafoirus e il figlio simulano una visita accurata ad Argante, diagnosticandogli, grazie a chissà quali sintomi, una nuova malattia immaginaria. Alla fine del secondo atto entra in scena un nuovo personaggio, Belardo, fratello di Argante, che cerca in ogni modo di far capire al fratello come la sua malattia non sia altro che una convinzione psicologica, mentre i medici, i farmacisti e la stessa moglie cercano solo di truffarlo per derubarlo delle sue ricchezze.

    Il secondo intramezzo è costituito da un balletto organizzato dal fratello di Argante per distrarre il malato. Il terzo atto si apre con una discussione tra i due fratelli e la governante. Belardo costringe Argante a rifiutare una delle tante prestazioni mediche; questo fa infuriare il farmacista Fiorante e il dottor Purgone, che si rifiuta da questo momento di curare il malato. Grazie a un piano escogitato da Belardo e dall'astuta governante, in seguito a una messa in scena della morte di Argante, l'uomo riesce a capire chi veramente fra la moglie e la figlia gli voglia bene, e grazie a ciò Angelica e Cleante possono unirsi in matrimonio. Nell'ultima parte Belardo propone ad Argante di diventare lui stesso medico, così da poter curare autonomamente i propri mali. L'ultimo intramezzo è interamente cantato e espone la cerimonia di laurea del protagonista scritta in latino, lingua tipica dei dotti.

    I personaggi

    * Argante: è il protagonista della vicenda. È un uomo abbastanza ricco, che è convinto di essere gravemente malato mentre è invece sanissimo; a causa di questa sua fissazione spende gran parte del suo denaro, per pagare le cure inutili prestategli da un dottore e un farmacista assai avidi di arricchirsi. Argante ha una figlia in età da marito, che vorrebbe vedere in sposa a un medico, così da potersi assicurare le migliori cure gratuitamente. Lo si può definire un personaggio dinamico, poiché nella parte iniziale credeva che la figlia non gli volesse bene, anzi facesse di tutto per farlo stare male, mentre nella parte conclusiva si rende conto del fatto che la figlia gli vuole bene veramente.

    * Belinda: è la seconda moglie di Argante, una donna per la quale il denaro conta più del marito. Se all'apparenza può sembrare innamorata di Argante, nella parte conclusiva si dimostra al contrario interessata più ai suoi averi, e Argante non appena scopre questa sua caratteristica, la caccia.

    * Angelica: è la figlia di Argante, una giovane ragazza innamorata di Cleante, ma ostacolata dal padre, che vuole farle sposare Tommaso Diafoirus. È un personaggio molto attivo, che sa bene ciò che vuole ed è disposta a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi. Nonostante sia spesso in contraddizione con il padre, dimostra di volergli molto bene, nel momento in cui apprende la falsa notizia della morte di Argante. Si confida con Tonietta riguardo ai sentimenti sinceri che prova per Cleante.

    * Luigina: è la figlia minore di Argante. Non ha un ruolo fondamentale nella vicenda.

    * Beraldo: è il fratello di Argante, zio di Angelica. È la mente, insieme a Tonietta del piano finale per dimostrare che i medici sono dei truffatori e che la figlia vuole veramente bene al padre. È un personaggio

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    molto attivo, modifica completamente il corso della storia e il comportamento di Argante.

    * Cleante: è l'innamorato di Angelica, un ragazzo semplice ma sincero. Alla fine della vicenda riesce a conquistare la simpatia di Argante. Nella parte finale è riconosciuto come nipote di Belardo, e pertanto può sposare la tanto amata fanciulla, con il consenso del suocero.

    * Il signor Diafoirus: è un noto medico, padre del pretendente di Angelica, che con Argante ha organizzato le future nozze. È un uomo abbastanza astuto, che guarda più ai propri interessi.

    * Tommaso Diafoirus: è il figlio del signor Diafoirus; è il giovane che Argante vorrebbe vedere accanto alla figlia per tutta la vita; è un medico neo-laureato, che si dimostra sciocco e falso, impostato e studiato in ogni suo atteggiamento o discorso.

    * Il signor Purgone: è il medico curante di Argante, un astuto ingannatore, che curando l'uomo con sciocchezze inutili, guadagna molto denaro, a discapito del paziente. Non appena troverà davanti a sé un ostacolo, scomparirà dalla scena, offeso per la mancanza di fiducia di Belardo.

    * Il signor Fiorante: è il farmacista di Argante, complice dei piani del signor Purgone.

    * Il signor Buonafede: è il notaio di fiducia di Argante che stende il testamento del pover’uomo completamente a favore della moglie, che raggiungerebbe il suo scopo alla morte del marito.

    * Tonietta: è la governante con la quale spesso Argante ha discussioni e battibecchi. È una donna molto astuta, nonostante non sia colta. Con l'aiuto di Beraldo, la donna riesce a progettare il piano che porterà al lieto fine. È un personaggio dinamico, attivo, molto simpatico e spiritoso, che coinvolge nelle sue azioni anche lo spettatore.

    Tutti i personaggi si auto-presentano e ci forniscono informazioni su di loro indirettamente, tramite le loro azioni. Le loro caratteristiche psicologiche sono frutto diretto dell'interpretazione del lettore. Sono riportate delle note dell'autore che ci comunica la gestualità, il movimento e il modo di parlare di questi personaggi.

    I luoghi

    La storia è ambientata nella casa di un importante uomo francese, probabilmente nella Parigi del Seicento. Il luogo fondamentale, entro il quale è ambientata la commedia, è la stanza di Argante. Gli intramezzi si svolgono o in foreste o in strade, e comunque in luoghi aperti, al contrario delle scene principali che si svolgono in luoghi chiusi e ben definiti.

    Il tempo

    Possiamo dedurre che la commedia sia ambientata nel Seicento, per le indicazioni sul sovrano cui è dedicata la stessa.

    La struttura

    * Rapporto fabula-intreccio: essendo un testo teatrale non si può definire alcuna corrispondenza tra fabula e intreccio, in quanto la vicenda è data dall'azione stessa dei personaggi.

    * Voce narrante e punto di vista: non è presente alcuna voce narrante, nessun punto di vista. È come se sulla scena si muovesse una telecamera che si sposta da un lato all'altro, direttamente sui fatti.

    * Modi enunciativi dei discorsi dei personaggi: i protagonisti parlano sempre in discorso diretto, attuano dei monologhi, delle riflessioni sempre ad alta voce.

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    Lessico e stile

    * Analisi lessicale: non sono utilizzati termini aulici, sono presenti alcuni termini tecnici medici o latinismi spesso usati impropriamente (vedi ultimo intramezzo). Lo stile è medio-comico. Non sono utilizzati termini volgari. L'autore non fa uso di modi di dire o proverbi. * Analisi sintattica: la sintassi è abbastanza semplice, con un periodare generalmente breve e comunque non complesso. * Analisi retorica: non vengono utilizzate numerose figure retoriche, sono presenti alcune esortazioni o esclamazioni dei personaggi principali, forse per richiamare l'attenzione del pubblico, forse per sottolineare l'importanza a livello psicologico del personaggio. * Analisi dei registri: il registro è abbastanza informale, come si può chiaramente dedurre dai dialoghi tra Tonietta e Argante; solo i dottori cercano di dare tono ai loro interventi, ma chiaramente non sono così competenti come sembrano.

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    N. B. Nella scena che segue i nomi di alcuni personaggi presentano delle variazioni in seguito a scelte effettuate in fase di traduzione.

    Il malato immaginario

    Atto II Scena V

    Il dottor Diarroicus, Tommaso Diarroicus, Argante, Angelica, Cleante, Antonietta ARGANTE (mettendo la mano alla berretta senza togliersela) Signore, il dottor La Squacquera mi ha proibito di tenere il capo scoperto. Voi siete del mestiere, conoscete le conseguenze. DOTTOR DIARROICUS Facciamo le nostre visite per portare aiuto ai malati, non per recar loro un incomodo. ARGANTE Vi ricevo, Signore... Parlano entrambi nel medesimo tempo, interrompendosi l'un l'altro e confondendo le voci. DOTTOR DIARROICUS Siamo venuti, Signore... ARGANTE Con infinita soddisfazione... DOTTOR DIARROICUS Mio figlio Tommaso ed io... ARGANTE L'onore che mi fate... DOTTOR DIARROICUS A testimoniarvi, Signore... ARGANTE E avrei voluto... DOTTOR DIARROICUS Il nostro compiacimento... ARGANTE Poter venire io da voi... DOTTOR DIARROICUS Per la grazia che ci fate... ARGANTE Per garantirvi... DOTTOR DIARROICUS Nel volerci ricevere... ARGANTE Ma voi sapete, Signore... DOTTOR DIARROICUS Onorandoci di entrare, Signore... ARGANTE Che cos'è un povero malato... DOTTOR DIARROICUS Nella vostra famiglia... ARGANTE Che altro non può fare... DOTTOR DIARROICUS E garantirvi... ARGANTE Che dirvi qui... DOTTOR DIARROICUS Che in ciò che dipende dal nostro mestiere... ARGANTE Ch'egli cercherà in ogni occasione... DOTTOR DIARROICUS Come del resto in tutte le altre... ARGANTE Di dimostrarvi, Signore... DOTTOR DIARROICUS Saremo sempre pronti, Signore... ARGANTE Ch'egli sarà al vostro servizio... DOTTOR DIARROICUS A testimoniarvi le nostre premure. (Si gira verso suo figlio e gli dice) Coraggio, Tommaso, venite avanti. Fate il vostro discorso. TOMMASO DIARROICUS (un giuggiolone che ha appena terminato gli studi e che fa ogni cosa senza grazia e nel momento sbagliato) Convien cominciare dal padre, non è così? DOTTOR DIARROICUS Certo. TOMMASO DIARROICUS Signore, io vengo a salutare, conoscere, onorare, riverire in voi un secondo padre; ma un secondo padre al quale, oso dire, sono più obbligato che al primo. Il primo mi ha generato; ma voi mi avete scelto. Egli mi ha accolto per necessità; ma voi mi avete accettato per grazia. Quel che in me si trova di lui è opera del suo corpo; ma quel che in me si trova di voi è opera della vostra volontà; e poiché le facoltà spirituali sono tanto più eccelse delle corporali, così tanto più grande è il mio debito e tanto più preziosa io stimo la prossima affiliazione, della quale vengo oggi, precorrendola, a rendere gli umilissimi e rispettosissimi omaggi. ANTONIETTA Evviva le scuole, da cui escono giovani di tanto talento! TOMMASO DIARROICUS È andata bene, padre mio? DOTTOR DIARROICUS Optime.

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    ARGANTE (ad Angelica) Suvvia, salutate il Signore. TOMMASO DIARROICUS Baciar potrò? DOTTOR DIARROICUS Ma certo. TOMMASO DIARROICUS (ad Angelica) Signora, il Cielo nella sua giustizia vi ha concesso il nome di suocera, poiché... ARGANTE Non state parlando a mia moglie, ma a mia figlia. TOMMASO DIARROICUS E la suocera ov'è? ARGANTE Verrà subito. TOMMASO DIARROICUS Dovrò dunque aspettare, padre, ch'ella sia venuta? DOTTOR DIARROICUS Fate lo stesso il discorso alla Signorina. TOMMASO DIARROICUS Signorina, né più né meno della statua di Memnone, che armonioso concento mandava quando la illuminavano i raggi del sole, alla stessa guisa mi sento io animato da un dolce empito all'apparir di quel sole che son le bellezze vostre. E come osservano gli indagator della natura che il fiore chiamato eliotropio si volge sempre mai verso l'astro del giorno, così il mio cuore quind'innanzi verso gli astri risplendenti dei vostri adorabili occhi, come al suo unico polo ognora si volgerà. Sofferite dunque, Signorina, che io appenda in oggidì all'altare delle vostre venustà l'offerta di questo cuore, che altra gloria non respira e ad altra gloria non aspira che d'essere per tutta la vita, Signorina, il vostro umilissimo, obbedientissimo e fedelissimo servitore e marito. ANTONIETTA (canzonandolo) Ecco quel che significa studiare; impari a dire cose meravigliose. ARGANTE Eh! che ne dite voi? CLEANTE Il Signore non finisce di stupirmi; se è buon medico quanto è buon oratore, sarà un piacere far parte dei suoi pazienti. ANTONIETTA Questo è sicuro. Sarà una meraviglia, se le sue cure saranno belle come i suoi discorsi. ARGANTE Su, presto, la mia poltrona, e sedie per tutti. Mettetevi là, figlia mia. Come vedete, Signore, tutti ammirano il Signore vostro figlio; potete dirvi felice di avere un tale rampollo. DOTTOR DIARROICUS Signore, non perché io sia suo padre, ma posso dire che ho buone ragioni per essere contento di lui; tutti coloro che lo conoscono ne parlano come d'un ragazzo sprovvisto della minima ribalderia. Non ha mai avuto troppo viva immaginazione, né quegli sprazzi di intelligenza che si possono notare in certuni; ma proprio per questo ho tratto buoni auspici circa le sue facoltà di giudizio, che sono indispensabili per esercitare la nostra arte. Da piccolo, non è mai stato quel che si dice uno sbarazzino e un bambino vivace. Era sempre tranquillo, pacifico e taciturno, non c'era verso che dicesse una parola né mai si trastullava in quei giochi che definiamo infantili. Non vi dico la fatica che abbiamo fatto per insegnargli a leggere; aveva già nove anni e ancora non distingueva le lettere dell'alfabeto. «Bene,» dicevo fra me e me, «gli alberi tardivi son quelli che danno i frutti migliori; è assai meno agevole incidere sul marmo che sulla sabbia; ma le cose vi rimangono impresse ben più a lungo, e l'essere tanto lento nell'apprendere, tanto greve nel pensare, è il crisma della retta capacità di giudizio che avrà.» Quando lo mandai a scuola, fece molta fatica; ma davanti alle difficoltà ce la metteva tutta, e i suoi insegnanti lodavano la sua assiduità e la sua volontà nell'adoperarsi. Infine, a furia di battere il ferro, è trionfalmente riuscito ad ottenere i suoi bravi diplomi e posso dire senza vanità che da quando è sui banchi universitari, cioè da due anni, non c'è stato candidato che abbia fatto più rumore di lui nelle dispute d'esame della nostra Facoltà. Ora è temutissimo e non c'è discussione di tesi in cui egli non sostenga ad oltranza l'opinione esattamente contraria. Nella disputa egli è incrollabile, difende i suoi princìpi con la fermezza di un Turco, non recede mai dal proprio parere e conduce ogni ragionamento fino alle estreme conseguenze della logica. Ma quel che mi piace in lui sopra ogni cosa, e in questo egli segue il mio esempio, è che si rifà ciecamente alle opinioni degli antichi, e che mai ha voluto comprendere, e nemmeno ascoltare, le ragioni e le esperienze delle pretese scoperte del nostro tempo intorno alla circolazione del sangue e ad altre opinioni della stessa risma. TOMMASO DIARROICUS (estraendo dalla tasca il rotolo di una dissertazione, che egli presenta ad Angelica) Ho scritto una dissertazione contro i circolazionisti, che col permesso del Signore oso presentare alla Signorina, doveroso omaggio delle primizie del mio sapere. ANGELICA Signore, sarà per me un oggetto inservibile. Io non intendo questi argomenti. ANTONIETTA Date, date, ci può sempre interessare per le figure, che vanno benissimo per arredare la

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    nostra camera. TOMMASO DIARROICUS E sempre col permesso del Signore, vorrei invitarvi ad assistere, uno di questi giorni, per il vostro svago, all'autopsia di una donna, che sarà oggetto di una mia relazione. ANTONIETTA Sarà uno svago molto divertente. Certuni invitano la fidanzata a teatro, ma vuoi mettere la galanteria di offrire un'autopsia? DOTTOR DIARROICUS Infine, circa i requisiti richiesti per il matrimonio e la propagazione, posso garantire che, secondo le regole dettate dai nostri luminari, egli è quanto di meglio si possa desiderare; possiede in lodevole grado la facoltà prolifica e ha il temperamento necessario per generare e procreare figli di sana costituzione. ARGANTE Non avreste intenzione, Signore, di mandarlo a corte e di sollecitare per lui una carica di medico? DOTTOR DIARROICUS Parlando con franchezza, non è mai stato di mio gradimento esercitare la professione nell'ambiente dei potenti; ho sempre pensato che fosse meglio per noi dedicarci alla gente comune. La gente comune è di tutto comodo. Non dovete rispondere delle vostre azioni; e purché si seguano le regole correnti dell'arte, non ci si preoccupa di quel che può capitare. Quel che dà fastidio nei potenti è che quando sono malati pretendono assolutamente che i medici li guariscano. ANTONIETTA Che strani tipi! È una bella pretesa voler essere guariti da voialtri; non li curate mica per questo; il vostro scopo è di prescrivere dei rimedi e ricevere un appannaggio; tocca a loro guarire, se ci riescono. DOTTOR DIARROICUS È vero. Abbiamo soltanto l'obbligo di eseguire i trattamenti secondo le forme consacrate. ARGANTE (a Cleante) Signore, volete far cantare mia figlia davanti agli ospiti? CLEANTE Attendevo i vostri ordini, Signore, e mi è venuto in mente, per divertire i convenuti, di cantare con la Signorina la scena di un'operina composta da poco. Ecco, questa è la vostra parte. ANGELICA Io dovrei...? CLEANTE Non tergiversate, vi prego, e lasciate che vi spieghi in che cosa consiste la scena che dobbiamo cantare. Io non ho una bella voce; ma è sufficiente in questo caso che i presenti mi sentano; e avranno la bontà di scusarmi, sapendo che sono costretto a farlo per dar modo alla Signorina di cantare. ARGANTE E come sono i versi? belli? CLEANTE Si tratta propriamente di un'operina del genere «improvviso» e voi sentirete cantare soltanto della prosa ritmica, o brani di versi liberi, così come la passione e la necessità possono far nascere in due persone che dicono certe cose come a loro riesce e che parlano improvvisando. ARGANTE Benissimo. Ascoltiamo. CLEANTE (nella veste di un pastore, racconta all'innamorata del suo amore dopo il loro incontro; quindi i due si comunicano, cantando, i loro pensieri) L'argomento della scena è il seguente. Un pastore sta seguendo, interessato, le belle invenzioni di una recita appena iniziata, quando la sua attenzione viene distratta da un rumore ch'egli intende accanto a sé. Sigira e vede che un prepotente sta oltraggiando con male parole una Pastorella. Egli prende subito le difese del sesso a cui ogni uomo deve inchinarsi; e dopo avere punito della sua insolenza il prepotente, si rivolge alla Pastorella e si accorge che la giovane creatura, con i più begli occhi che egli avesse mai visto, sta versando lacrime che gli paiono le più belle del creato. «Ohimè!» egli dice a se stesso, «come si può recare oltraggio a una così attraente creatura? E quale inumano, qual barbaro essere non si sentirebbe toccato da queste lacrime?» Si prende allora cura di farle cessare, quelle lacrime che tanto incanto gli procurano; e l'attraente Pastorella a sua volta si prende cura di ringraziarlo per la sua gentile attenzione, ma in maniera così affascinante, così tenera, così appassionata, che il Pastore non sa più resistere; ogni parola, ogni sguardo son lame di fuoco che penetrano nel suo cuore. «Esiste cosa» si diceva, «che meriti una gratitudine espressa con parole tanto incantevoli? Che cosa non si vorrebbe fare, quali servigi non si vorrebbe rendere, e quali pericoli non si sarebbe felici di correre, per poter avere, anche per un momento solo, le toccanti dolcezze di un'anima così riconoscente?» Lo spettacolo termina senza ch'egli vi presti attenzione; ma si lamenta il Pastore che sia tanto breve, poiché, terminando, lo separa dalla sua adorabile Pastorella; e da quel primo incontro, da quel primo momento, egli porta dentro di sé tutto ciò che di più intenso può esistere in un amore che duri da anni. Ed eccolo che patisce tutto il male dell'assenza, e sente il tormento di non poter più vedere colei che così poco ha visto. E

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    fa tutto quel che è in suo potere per rivedere la donna di cui conserva, notte e giorno, una sì cara immagine; ma la costrizione in cui vien tenuta la Pastorella gli rende vana ogni possibile occasione. Tanto violenta è la sua passione ch'egli si risolve a chiedere in isposa l'adorabile beltà senza la quale non può vivere, e ottiene il di lei consenso attraverso un biglietto che ha l'abilità di farle recapitare. Ma nello stesso tempo viene a sapere che il padre della sua bella ha deciso che essa debba sposare un altro, e che si sta disponendo ogni cosa per la cerimonia. Giudicate voi quanto crudele sia stato il colpo inferto al cuore del povero Pastore. Eccolo sconvolto da un dolore mortale. Egli non può sopportare il pensiero spaventoso di vedere quel che ha di più caro al mondo fra le braccia di un altro; e il suo amore, con la forza della disperazione, gli fa trovare il modo di introdursi nella casa della sua Pastorella; vuole accertare i sentimenti di lei e sapere qual destino gli toccherà. Vede i preparativi dell'evento che tanto teme; vede arrivare l'indegno rivale che il capriccio di un padre oppone al suo straripante amore. Lo vede mentre trionfa, questo ridicolo rivale, accanto all'adorabile Pastorella, che è poi una conquista che altri gli hanno assicurato; e questa visione lo riempie d'una collera che a fatica riesce a padroneggiare. Lancia dolorosi sguardi su colei che adora; e il suo rispetto, e la presenza del padre, gli impediscono di parlare se non con gli occhi. Ma infine egli vince ogni costrizione e l'empito del suo amore lo costringe a parlare in questo modo (canta): Fillide, troppo grande è il mio patire; Duro è il silenzio, il vostro cuor m'aprite. Quale sarà mia sorte? Vivere io dovrò? Dovrò morire? ANGELICA risponde cantando: Voi mi vedete, Tirsi, malinconica e triste Per l'imeneo che causa in voi tema e doglianza: Levo al cielo lo sguardo, vi contemplo e sospiro. Ho già detto abbastanza. ARGANTE Perbacco! Non sapevo che mia figlia avesse già imparato a cantare a prima vista, e senza la minima esitazione. CLEANTE Ohimè! Fillide bella, Accadrà mai che Tirsi innamorato Sia tanto fortunato D'aver sua stanza dentro al vostro cuore? ANGELICA Non posso più tacere in quest'ora penosa: Sì, Tirsi, vi amo. CLEANTE O parola meravigliosa! Ohimè! ho sentito bene? Fillide, ripetetela! dissipate i miei dubbi. ANGELICA Sì, Tirsi, vi amo. CLEANTE Di grazia, Fillide, ancora. ANGELICA Vi amo. CLEANTE Ancora cento volte, non vi stancate mai. ANGELICA Vi amo, vi amo, Sì, Tirsi, vi amo. CLEANTE O numi, o re, che avete ai vostri piedi il mondo, Cos'è il contento vostro a paragon del mio? Ma, Fillide, un pensiero or viene l'allegrezza a conturbare: Un rivale, un rivale... ANGELICA Mi è odioso più che morte; Non v'ha pena più forte Per me come per voi che la sua vista. CLEANTE Ma un padre vi costringe al suo desire. ANGELICA Oh! piuttosto morire, Che giammai consentire; Oh! sì, meglio morir, meglio morire. ARGANTE E che dice il padre di fronte a queste dichiarazioni? CLEANTE Non dice niente. ARGANTE È un bel babbeo di padre, quel padre, che sopporta tutte quelle scempiaggini senza dir nulla. CLEANTE Amore mio... ARGANTE No, no, basta così. È di cattivo esempio, quella commedia. Il Pastore Tirsi è uno sfrontato, e la Pastorella Fillide una spudorata, se parla in questa maniera di fronte a suo padre. Fatemi un po' vedere il testo. Ah! ma dove sono le parole che avete cantato? Qui ci sono soltanto delle note musicali. CLEANTE Non sapete, Signore, che è stata inventata da poco la maniera di scrivere le note musicali con già dentro le parole? ARGANTE Benissimo. Servitor vostro, Signore. Arrivederci. Avremmo fatto volentieri a meno della vostra impertinente operina.

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    CLEANTE Contavo di divertirvi. ARGANTE Le sciocchezze non divertono nessuno. Ah! ecco mia moglie.