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Nuovo Abitare Nuovo Abitare REALTA A CONFRONTO 20 maggio-agosto 2005 Cultura e societ Salute mentale: la prospettiva degli utenti (eventi) - Ricordo quando lavoravo in fabbrica.. (intervista)- Unione nazionale per la salute mentale - Presentazione di “Primadonna” - La forza e il coraggio di ricominciare - Tanti saluti dall’Africa nera (reportage) - La musica etnica Patchworld (intervista) - La Società della Salute in Val di Cornia (Sindaco Campiglia M.ma) - Vivere all’isola d’Elba (Sindaco Portoferraio) - Il tempo degli origami - Il trekking e le guide ambientali - Due personaggi fuori dal comune (Cino Ricci e Patrizio Roversi) 20 think different 25 euro 35 euro 30 euro 15 euro 5 euro 30 euro 40 euro 20 euro SALDI di fine stagione

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Nuovo Abitare

Nuovo AbitareREALTA� A CONFRONTO

20maggio-agosto 2005

Cultura e società

Salute mentale: la prospettiva degli utenti (eventi) - Ricordo quando lavoravo in fabbrica.. (intervista)- Unione nazionale per la salutementale - Presentazione di “Primadonna” - La forza e il coraggio di ricominciare - Tanti saluti dall’Africa nera (reportage) - La musicaetnica Patchworld (intervista) - La Società della Salute in Val di Cornia (Sindaco Campiglia M.ma) - Vivere all’isola d’Elba (S indacoPortoferraio) - Il tempo degli origami - Il trekking e le guide ambientali - Due personaggi fuori dal comune (Cino Ricci e Patr izio Roversi)

20

think different

25 euro

35 euro

30 euro

15 euro5 euro

30 euro

40 euro

20 euro

SALDIdi fine stagione

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Nuovo Abitare

Direttore scientifico:Mario SerranoDirettore responsabile:Marco CeccariniCoordinatore delle redazioni:Diego CerinaGruppo redazione Livorno:Pietro Di VitaLuca BoccoliniGino BoscoloAlessandro BoccheroFranca IzzoDiego CerinaBenedetta ApreaCarlo SalvadoriniMauro PapaleAlessandro ArrighettiFranco RazzautiAlessio ValenteGruppo redazione Elba:Adolfo SantoroRosellaFascettiMassimiliano GiugiaEzio LuperiniSalvatore FoddeGruppo redazionePiombino:Claudio IroideValeria TucciGruppo redazioneRosignano:Beatrice Santucci

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Periodico di informazione eculturapromosso dai D.S.M. dellaprovincia di Livornoe realizzatodall’Associazione Mediterraneoanno 7° numero 20Registrazione n.665del 13-12-1999 presso iltribunale di Livorno

Sede:Associazione Mediterraneovia del Mare 8457100 Livornotel. 0586/500219fax. 0586/[email protected]

Isola d’Elba

Piombino

In questo numero

Sommario

5 Salute mentale: la prospettiva degli utenti (a cura della redazione di Livorno)

12 Ricordo quando lavoravo in fabbrica.. (a cura di Diego Cerina)

15 Unione nazionale per la salute mentale (a cura di Markku Salo - sociologo finlandese)

17 Presentazione di “Primadonna” (a cura della redazione di Livorno)

20 Tanti saluti dall’Africa nera (a cura di Giuseppina Roncaglia)

30 Due personaggi fuori dal comune (a cura della redazione di Livorno)

Realizzato nell’ambito delProgetto “Interreg” finanziatodal FSE e patrocinato dallaRegione Toscana

Progetto Grafico ed Editoriale:Diego CerinaFotografia:Pietro Di Vita

19 La forza e il coraggio di ricominciare (a cura della redazione di Piombino)

22 La musica etnica Patchworld (a cura della redazione di Piombino)

24 La Società della Salute in Val di Cornia (a cura della redazione di Piombino)

L’angolo dei poeti

26 Vivere all’isola d’Elba (a cura della redazione dell’isola d’Elba)

28 Il tempo degli origami (a cura di Salvatore Fodde)

29 Il trekking e le guide ambientali (a cura della redazione dell’isola d’Elba)

32 Poesie e pensieri di...versi (autori vari)

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E d i t o r i a l eREALTA� A CONFRONTO

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In una società dove il tema dominante sembra essere quello della sicurez-za e della stabilità, l'aggravarsi di squilibri sociali porta ad interrogarsi sulfuturo. In una Europa basata sull'economia, sui valori di mercato, che anco-

ra stenta a trovare valori costituenti comuni, non è strano che esistanodisuguaglianze. Non è infatti possibile costruire una forma di stabilità basan-dosi esclusivamente sui valori di mercato, soggetti a continue speculazioni equindi di per sé stessi iniqui. E così assistiamo a nuove forme di impoverimen-to, giacché intere parti della nostra società rimangono escluse da una soddi-sfacente vita lavorativa e da una proficua partecipazione alle relazioniinterpersonali e con le istituzioni.

Si assiste, in altre parole, ad un degrado progressivo del concetto di demo-crazia. Ad essa è legato il concetto di dignità sociale. Pensiamo solo a comepuò cambiare il concetto di "normalità" in realtà e contesti anche molto diversitra loro. Ovviamente in un ceto più agiato troviamo benessere, facili occasionied opportunità lavorative. Viceversa, in un ceto povero troviamo quasi sempreassistenzialismo, legato e vincolato ai servizi sociali che seguono il soggettosvantaggiato, non fornendo ad esso una dignità sociale.

Sia la filosofia di Rousseau, legata all'uguaglianza sociale e alla speranzadi costruire una società democratica, che gli ideali dell'Illuminismo, secondocui la personalità dell'individuo deve essere dissociata dalla possibilità econo-mica e sociale del soggetto fornendo ad esso pari opportunità per vivere unavita più dignitosa, ci portano a formulare un discorso che vuole essere globale,riguardare tutte le sfere dei bisogni individuali, materiali, spirituali e culturali.

Viviamo in una società apparentemente "meritocratica", ma ben altri sonoi valori che animano gli uomini (la maggioranza). In questo giuoco tendiamopiù o meno tutti a barare, se affermiamo che non esistono disuguaglianze. Ladisuguaglianza è, anzi, il presupposto di questo giuoco che crediamo appuntocorretto, secondo regole già formulate, perché teso ad innalzare le qualitàindividuali, facendole in qualche modo primeggiare. Le persone che si ritrova-no così emarginate da questo giuoco, e sole, rischiano di perdersi lungo quel-le derive e verso quelle periferie che contraddistinguono il moderno abitare, lasocietà civile, le città, le metropoli. Alla fine risultano essere non più dei citta-dini, non più degli individui con le loro diversità, la loro differenza, non più dellepersone rispettabili. Pensiamo agli stereotipi, a quelle immagini che tantocampeggiano sui giornali e che ripropongono le vecchie questioni sulla sicu-rezza: i rom, gli immigrati, i matti, insomma i diversi.

La strumentalizzazione dei media è forte e sembra cancellare ogni ragio-nevole dubbio sulla persona, sulle sue capacità di recupero, che devono esse-re la forza e la spinta di un progetto. Pensiamo alle tossicodipendenze,all'alcolismo, non più come forme di reato ma come espressioni di un disagioe di un'ingiustizia sociale. Il problema non è quindi se e come faredell'assistenzialismo, giacché questo fa parte di quella cultura ormai imperan-te che delega i problemi, pensando che siano altri a doversene occupare e chesemmai i problemi vadano arginati per non scuotere troppo le coscienze diuna società dedita al progresso. Ma a quale progresso ci riferiamo, se poi ci

La società odierna

Proiettati verso il futuro

A tutti noi piacerebbe cono-scere anticipatamente cosaci riserva il futuro.Dire società, oggi più che mai,significa pensare alle diffe-renze che convivono in unmondo sempre più piccoloperché globale. E' anacroni-stico e antistorico negarequeste differenze, comequando facciamo di tutto perdifendere la nostra culturaanche a costo di non conta-minarci, confondendo l'ugua-glianza di diritti con l'ugua-glianza di pensiero. Pensoche al giorno d'oggi non esi-sta tanto una cultura superio-re quanto un modo di pensa-re dominante. Ma come ognitotalitarismo, questo è desti-nato a naufragare misera-mente dietro la spinta dellemille forze culturali minori(perché marginali) che sem-brano invadere il nostro mon-do, non più baricentrico.In effetti, se ci pensiamo bene,essere contaminati cultural-mente è una cosa positiva,perché ci permette di coniu-gare il meglio dei valori chesi trovano nella nostra uma-nità. E nella nostra umanitàsta il desiderio di conosceree di confrontarci con realtànuove (o per meglio dire di-verse, perché vecchie di mi-gliaia di anni), alla riscopertadi quelle origini che fannodell'uomo un essere creativoper natura. Forse la nostracreatività può essere la chia-ve per una società migliore, equindi per un mondo miglio-re. In questo sta il nostro im-pegno per fare un giornale di-verso e sempre "Nuovo", fat-to di tante storie che insiemefanno un'unica storia, lanostra.

Buona lettura

Scrivete alla redazione:[email protected]

DIEGO CERINA

COORDINATORE DELLE REDAZIONI

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4E d i t o r i a l e

Nuovo Abitaredimentichiamo o ci scandalizziamo di quei problemi che affliggono la nostra società? Il problema non è fareresidenze per i senzatetto o distribuire pasti caldi ai clochardes che vivono per strada, ma restituire dignità aqueste persone, ovvero una vita degna.

La psichiatria è nata da una richiesta sociale che principalmente è quella del controllo, e con ciò rinascel'idea della pericolosità del povero e del malato di mente. I giornali ne parlano come di un fenomeno da tenerea bada, da arginare, non riconoscendo che è nel cuore delle contraddizioni che viviamo. Il mandato deglipsichiatri è stato (e rischia di esserlo tuttora) un mandato di controllo e non di cura. Dobbiamo però fare inmodo che la Sanità torni ad occuparsi di ciò che gli compete, a prendersi cura dei propri malati così come lasocietà dei propri diseredati.

Parlare dei diritti di cittadinanza per quelle stesse persone che, fino alla legge 180, potevano essere rinchiu-se negli ospedali psichiatrici; finanziare programmi per le persone con esperienza di malattie mentali, occasio-ni di reinserimento sociale e lavorativo. Per tutti l'accesso ai diritti deve essere egualmente distribuito. Anchela malattia mentale fa parte della nostra vita, dobbiamo farcela a creare una società in cui è possibile evitare dicronicizzare o privatizzare questa esperienza.

L'esperienza attuale tende a produrre invece sempre più bisogni sanitari e di assistenzialismo, tende arelegare e a nascondere i problemi più gravi. Oggi, più che mai, si tende di nuovo a separare salute e malattia,facendo della Sanità una questione puramente di prestazioni e di risorse. Forse la ricomposizione tra salute emalattia, tra diritti e assistenza, tra tutela e cittadinanza, è possibile ma comporta la formulazione di unprogetto comune che è un progetto primario, per non rimanere attanagliati nel welfare delle prestazioni.

L'esperienza di sofferenza psichica è frutto della disuguaglianza sociale, ossia di situazioni di precarietà edi impoverimento. Per investire in salute bisogna investire là dove il buon senso ci direbbe di non investire mai.E perché dovremmo investire sul povero, sull'emarginato, se questo non è economicamente profittevole? Ma lanecessità è quella di aprire nuovi spazi, nuovi orizzonti, ridare voce a chi l'ha perduta, rompere quel sensostesso di vergogna, di colpa, che molto spesso attanaglia chi soffre o è in una situazione di precarietà.

In altri Paesi è diverso, ci sono persone con disturbi che lavorano nei comuni per occuparsi dei problemidella comunità; amministrano denaro, risorse abitative, lavorando per sé e per chi come loro si trova nellestesse difficoltà. Se ne è parlato in un convegno internazionale tenutosi a Milano il 10 e 11 giugno di quest'annosulla salute mentale [di cui riportiamo un resoconto completo all'interno di questo numero - N.d.R.] organizzatodall'Organizzazione Mondiale per la Riabilitazione Psicosociale (WAPR). In questo convegno si è parlatofinalmente di fattori di ripresa, di nuove ricerche, ma soprattutto hanno parlato quelli che ce l'hanno fatta arapportarsi nuovamente con il mondo, a trovare la loro strada.

La società odierna appare afflitta da un'intrinseca fragilità. Gli eventi della cronaca quotidiana non sonorassicuranti e là in ogni dove non mancano motivi di pessimismo. Freud aveva una concezione prevalentemen-te pessimistica dell'uomo, aveva la convinzione scettica che l'umanità fosse capace di fare una serie di coseterribili. Contrariamente da Freud, Rousseau sembra essere più ottimista quando si riferisce all'origine dellavita sociale. L'essenza della socialità è di per sé stessa cosa positiva: ciò che non è certo è che il suo svilupposia altrettanto positivo. Anzi sin dall'inizio l'egoismo, la brama di potere, il complicarsi delle relazioni generanoil male e il conflitto sociale. Ma l'uomo non è solo istinto, mera volizione egoistica e cieca; egli è anche ragione,coscienza, riflessione. Quella di Rousseau sembra una vocazione volta ad educare un'umanità capace divivere, anzi di convivere, secondo i dettami della giustizia e della ragione; insomma, una umanità fondata sullacooperazione piuttosto che sulla competizione, liberata da disuguaglianze e ingiustizie, non più schiava diquel benessere largamente illusorio che vede oggi la nostra "felicità" passare necessariamente per l'aumentodella crescita, della produttività, del potere di acquisto, dei consumi, degli sprechi. In sostanza, una societàbasata sul "ragionevole" piuttosto che sul "razionale"; perché razionale è seguire la logica del profitto, ragione-vole è fare in modo che questa logica non ci schiacci. Per questo, è necessario porre dei limiti, là dove la logicarischia di annientare la nostra umanità, oppure cambiare questa logica, dalle semplificazioni terribili, che è lanegazione stessa dei problemi. Cambiare significa innanzitutto volerlo fare; il cambiamento può essere inizial-mente doloroso e lacerante, nel qual caso esso ci spaventa, ed allora facciamo di tutto per non cambiare. Maspetta alla nostra coscienza l'ultima parola.

Il mandato sociale

Nuove povertà

Nuovi valori

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A CURA DELLA REDAZIONE DI LIVORNO

Eventi

Il Comune di Milano, l'Organizzazione Mon-diale della Sanità e la WAPR (AssociazioneMondiale di Riabilitazione Psicosociale) hannoorganizzano il 10 e 11 giugno 2005, presso ilMuseo Nazionale della Scienza e Tecnologia aMilano, il convegno "SALUTE MENTALE: LAPROSPETTIVA DEGLI UTENTI".

Il convegno, a carattere internazionale, eradedicato al movimento degli utenti, alle espe-rienze associative e di auto mutuo aiuto nell'am-bito della salute mentale. Scopo è stato dun-que quello di presentare e discutere la situazio-ne attuale del movimento degli utenti dei servizidi salute mentale, i suoi obiettivi e le sue propo-ste, i suoi rapporti con il movimento dei familia-ri, con i tecnici e con i servizi oltre che le sueposizioni sui temi cruciali della psichiatria so-ciale di oggi. In particolare, l'attenzione è stataposta sui diritti di cittadinanza, l'empowermentdella società civile e la sussidiarietà. E' il primoconvegno che affronta questi temi su scala mon-diale.

Nel corso del conve-gno è stata presenta-ta, in anteprima mon-diale, la prima versio-ne del rapporto deno-minato atlantesull'associazionismodegli utenti nelle diver-se aree del mondo, de-stinato, poi, ad esserepubblicato in versionedefinitiva dall'Organiz-zazione Mondiale del-la Sanità come uno deivolumi dell'AtlasProject sulle risorseper la salute mentale.

Contenuti

Il convegno si è posto due obiettivi: in primo

luogo, offrire una prospettiva mondiale sullo sta-to dell'arte del movimento degli utenti nel cam-po della salute mentale, mettendo a fuoco affi-nità e differenze tra contesti geografici, sociali,culturali e politici; in secondo luogo, offrire unambito di discussione di alcuni temi cruciali at-traverso un confronto aperto e diretto tra i puntidi vista di utenti, operatori e familiari e la pre-sentazione di esperienze e progetti locali.

I temi discussi sono stati:- l'inclusione sociale: casa, lavoro e reddi-

to;- lo stigma e la discriminazione;- la guarigione: cosa la favorisce e cosa la

ostacola;- i servizi gestiti dagli utenti;- la ricerca.Una conseguenza attesa ed auspicata del

convegno è quella di dare stimoli alla crescitadel movimento degli utenti nei Paesi dove sonoancora deboli, come l'Italia e altri Paesi medi-terranei.

Struttura

Il convegno è statointrodotto dalla presen-tazione della versionepreliminare della mappamondiale del movimen-to degli utenti, che costi-tuisce un progetto con-dotto dall'OMS in colla-borazione con i rappre-sentanti della compo-nente degli utenti dellaWAPR e diventerà par-te del Progetto Atlas del-l'OMS sulle risorse del-la salute mentale nelmondo. Quanto presen-tato è stato discusso dauna rosa di utenti rappre-

sentanti di diverse aree e diversi Paesi del mon-

Salute mentale: la prospettiva degli utentiCONVEGNO INTERNAZIONALE DI MILANO DEL 10 E 11 GIUGNO

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do. Sono state previste alcune tavole rotondein cui sono stati discussi i temi elencati. Si sonotenuti parallelamente gruppi di discussione conlo scopo di approfondire la discussione sui temigià messi a fuoco, su altri di interesse, e la pre-sentazione di esperienze e progetti locali. Lesintesi dei gruppi sono poi state presentate inplenaria nella sessione conclusiva. La chiusu-ra del convegno è avvenuta a cura di un rap-presentante dell'OMS e del World Network ofUsers/Survivors of Psychiatry (WNUSP).

Relatori

I relatori rappresentanti degli utenti sono statiindividuati in consultazioni con associazioni egruppi di utenti e prestando attenzione ad assi-curare spazio alla partecipazione di persone pro-venienti da diversi Paesi. Un obiettivo specificoè stato quello di offrire supporto alla partecipa-zione di utenti provenienti da Paesi a basso red-dito o in via di sviluppo. E' stata curata l'equadistribuzione di opportunità tra uomini e donne.I relatori rappresentanti dei familiari sono statiindividuati in collaborazione con l'EUFAMI, conaltre associazioni di familiari e con gli operatoridella WAPR. Gli operatori, infine, hanno rappre-sentato diverse discipline e figure professiona-li.

La WAPR (Associazione Mondiale per la Ria-bilitazione Psicosociale) nasce proprio neglianni '80 e si afferma in almeno 60 Paesi, por-tando come sua specifica missione la riabilita-zione nei suoi diversi aspetti, nei luoghi più di-sparati e con strumenti variegati. Riconosciutadall'OMS come organismo non governativo con

funzioni di consulenza per i programmi e le ini-ziative nel campo della salute mentale, è pre-sente nei luoghi più importanti per i destini del-l'umanità (O.N.U., O.M.S.,….) e l'insieme deisuoi associati è rappresentato da persone didiversa formazione e provenienza, in essa e nelsuo board sono presenti professionisti, ma an-che familiari ed utenti. Il suo obiettivo è quello dimigliorare in tutto il mondo la qualità della vitadegli individui e delle famiglie affette da malattiamentale. La Wapr accoglie ospiti provenienti datutto il mondo, per scambiare, apprendere, in-segnare, discutere e agitare idee che corrobo-reranno il lavoro di tutti.

L'Associazione mondiale di RiabilitazionePsicosociale (World Association forPsychosocial Rehabilitation - WAPR) - a parti-re dall'autunno 2003 e fino al 2006 - avrà sedepresso l'Istituto Mario Negri di Milano, pressol'Unità di Epidemiologia Psichiatrica e Psichia-tria Sociale afferente al Dipartimento diNeuroscienze.

Presidente è stato nominato lo psichiatra An-gelo Barbato, che da molti anni collabora siacon l'Istituto Mario Negri per le ricerche inepidemiologia psichiatrica, sia con il Dipartimen-to di Salute Mentale dell'Organizzazione Mon-diale della Sanità.

L'ENUSP - l'associazione europea ex uten-ti, utenti e sopravvissuti alla psichiatria -www.enusp.org - che però non ha molto buonirapporti con la WAPR, dato che ha come suopunto di statuto "depsichiatrizzare i servizi disalute mentale", ha partecipato prevalentemen-te come presenza di rappresentanza col presi-dente Gabor Gambos.

Tra i partecipanti anche David Oaks che è ilresponsabile e organizzatore molto attivo di SCIInternational - Mindfreedom -www.mindfreedom.org - organizzazione Usa edinternazionale di Sopravvissuti alla psichiatriapiù alcuni simpatizzanti esterni.

David Oaks ha inviato ai gruppi antipsichiatriciitaliani, in occasione di questa sua venuta in Ita-lia, l'invito ad incontrarlo a Milano o a Firenze.

La Rete Europea degli utenti (ENUSP), natanel 1990 in Olanda, ha lo scopo di promuoveree rafforzare i diritti dei pazienti psichiatrici e siconcentra sugli abusi psichiatrici e sulle alter-native alla psichiatria. La Rete Europea è con-tro un approccio unilaterale medico e sostienel'autonomia e la responsabilità (auto-determi-nazione) degli stessi pazienti psichiatrici.

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L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sa-nità) è un'organizzazione internazionale cheprende mandato dai vari Governi ed ha influen-za su questioni tecniche anche controverse,nelle quali prove scientifiche e visione dei rispet-tivi Governi risultano determinanti. Per questo,l'OMS funziona bene nel momento in cui deverappresentare opinioni largamente condivise,sicuramente meno a livello delle singole voci(la voce degli utenti e la voce degli psichiatri).Importante è l'indipendenza dell'organizzazio-ne stessa, che per non dipendere dalle societàfarmaceutiche (i cui interessi sono evidente-mente in netto contrasto) deve fare affidamen-to esclusivamente sui budget dei Governi.

La problematica dell'accesso ai Servizi por-ta sicuramente l'OMS a preoccuparsi inparticolar modo dei Paesi poveri, ma l'attenzio-ne non deve venir meno anche nei Paesi co-siddetti ricchi che comunque soffrono ugual-mente la discriminazione e l'emarginazione. Ilriconoscimento delle esigenze degli individui,quindi dei singoli, e la violazione dei diritti chepuntualmente si verificano in tutte le parti delmondo (nei Paesi poveri quanto in quelli ricchi)rappresentano una questione importante nellavoro delle varie organizzazioni e nel ricono-scimento dei diritti di cittadinanza che pongonoil problema non più semplicemente sul pianoindividuale ma politico e sociale.

D'altro canto, l'OMS dovrebbe porsi su pianidifferenti per l'approccio alle varieproblematiche, non potendo queste essere af-frontate e risolte solo sul piano della bioscienzae della bioricerca. Le questioni più importantidovrebbero essere quelle inerenti i diritti umani,giacché si deve parlare di persone più che diutenti, considerando l'esistenza di questionicontroverse ma ugualmente urgenti comel'elettrochoc con o senza anestesia.

Il problema della rappresentatività

Il modello gerarchico non è più rappresenta-tivo di una realtà evidentemente molto cambia-ta. Grazie alle nuove tecnologie, è possibile isti-tuire un nuovo modello che veda nella rappre-sentazione diretta l'ultimo scoglio da superareper stabilire un nuovo rapporto di reciprocità trautenti e operatori, che possono così mettere incampo le rispettive risorse al fine di ottenere unobiettivo comune.

Naturalmente, tutto questo abbisogna di ri-sorse concrete da mettere in campo, anche fi-

nanziarie. Per questo, è necessario che gli utentisi mettano in rete, divenendo soggetti attivi, de-lineando progetti comuni, individuando respon-sabilità, risorse, obiettivi. Tutto questo risultaanche possibile grazie ad una tecnologia (tral'altro disponibile) che consenta una maggioreorganizzazione. Questo strumento risulta indi-spensabile, se pensiamo che la partecipazio-ne sociale spesso è di fatto negata da un sen-so di vergogna nei confronti della malattia stes-sa. Questo, anche al fine di consolidare il mot-to "niente su di me senza di me". E' importanteper questo incoraggiare lo sviluppo delle orga-nizzazioni in ogni Paese e in ogni località, pro-muovendo lo scambio di informazioni e svilup-pando nuove opportunità, questo in una prospet-tiva di partecipazione attiva alle scelte politichee mediche. Molti, peraltro, hanno interiorizzatola dipendenza dal modello medico, di fronte allapresunta infallibilità del sapere scientifico. Il sen-so di vergogna, inoltre, proibisce la partecipa-zione sociale, crea solitudine e priva l'individuodel proprio senso di appartenenza. In questosenso una "rete" può diventare un luogo di ac-cettazione e di sicurezza, dove ci si può senti-re ascoltati e dove è possibile dare l'uno all'al-tro il senso del "possibile".

Ciò per cui si combatte in Zambia è il rispetto deidiritti umani, l'inclusione e la partecipazione alle scel-te politiche ed economiche, in nome di un sistemapiù efficace ed efficiente nella promozione della sa-lute delle persone (nello specifico della salute men-tale). Ciò che viene rivendicato, e che è il contributostesso dell'OMS, è il diritto all'autodeterminazione, ildiritto all'informazione e (non ultimo) il bisogno dimigliorare le leggi, questo al fine di essere conside-rati non più come "recipienti" da riempire, ma perso-ne. Da questo è nato il movimento dei familiari edegli utenti, con l'intento di condividere idee ed obiet-tivi.Considerando che più di 50 milioni di persone intutto il mondo soffrono di problemi di natura menta-le, dati la grande sofferenza umana, lo stigma e gliatteggiamenti di paura e discriminazione, èauspicabile un miglioramento in termini di relazioniumane. Per questo, movimenti di utenti e sopravvis-suti sono cresciuti negli ultimi 30 anni. L'obiettivo èquello di sviluppare una società che sia inclusiva pertutti. In Zambia, purtroppo, la stessa cultura ha bloc-cato il movimento degli utenti e nel contempo gliutenti stessi non hanno trovato ancora un modello dirappresentatività. Da questo nasce la cultura per cuile decisioni vengono prese dall'alto senza che glistessi interessati vengano interpellati. Gli utenti, anzi,continuano ad essere considerati persone violenteper la società, quindi non vi è alcun atteggiamento disolidarietà nei loro confronti. Questa è una vera epropria violazione della dignità umana.

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Il ruolo degli operatori

Al convegno erano presenti alcune rappre-sentanze di operatori che sono potute interve-nire a titolo personale nei gruppi di discussio-ne. La riabilitazione psicosociale rappresentauno sforzo continuo da parte di molti operatorinel trovare risposte corrette, interventi più mi-rati, supporti validi. Ciò che si nasconde dietro ifallimenti di molti interventi è la delusione per-sonale che può portare ad allontanarsi dal pa-ziente, ad abbandonarlo, a perdere quelle spe-ranze di miglioramento che rappresentano losprone ad intervenire. Questo perché non sem-pre chi si trova ad operare è preparato o ade-guatamente formato, oppure la sua formazio-ne non lo porta a comprendere i reali bisognidel malato che così tende a rifugiarsi suo mal-grado dietro unmuro diincomunicabilità.Se tutto questo èvero, è altrettantovero che la capa-cità di superare lafase di delusionepuò e deve avve-nire, da una parteridimensionandole aspettative on-nipotenti, e dall'al-tra avendo sem-pre in mente ilsoggetto della re-l a z i o n eterapeutica, con i suoi bisogni, che sonol'espressione del suo disagio esistenziale. Piùil paziente è grave, maggiori sono i bisogni dicui è portatore ed il loro riconoscimento avvie-ne attraverso la capacità di identificarli, indipen-dentemente dalla capacità di esprimerli. La ria-bilitazione psicosociale è lo strumento che lapsichiatria utilizza per riconoscere al malatomentale quel ruolo di cittadino che la malattiagli ha negato (solo la malattia?), confinandoloin un mondo ghettizzato, annullandogli quellecapacità relazionali, cognitive ed affettive cheogni persona è in grado di stabilire indipenden-temente dal suo ruolo sociale, dal suo patrimo-nio culturale e dal contesto in cui vive.

Dobbiamo però constatare che non sempreciò è imputabile alla malattia o al contesto so-ciale, poiché anche il farmaco ha in alcuni casi

(e non pochi) le sue responsabilità. Secondoquanto affermato da una certa letteratura spe-cialistica medica e farmacologica, non posso-no essere trascurati alcuni effetti collaterali epersino terapeutici legati ai farmaci (specieantipsicotici e neurolettici) che sarebbero diiniziazione alla depressione e al suicidio - PeterLehmann, ENUSP NEWSLETTER 2001 &2002 - o comunque pericolosi per la salute. Moltisono i casi segnalati e tuttavia la medicina con-tinua a negare l'evidenza o ad accettarla senzagrossi problemi. La consorteria psichiatrico-far-maceutica cerca di minimizzare e non renderenoti certi effetti collaterali anche gravi che com-promettono drasticamente la qualità della vitadi molti pazienti.

La Food and Drug Administration (FDA - l'or-ganismo Usa di controllo dei farmaci e dei cibi)già dal 2003 ha richiesto alle industrie farma-

ceutiche produt-trici di apporresulle confezionidei marchi neri dipericolo per lasalute associatiagli effetticollaterali dei far-maci (molti deiquali in commer-cio anche in Ita-lia), come l'au-mento del rischiodi diabete per if a r m a c iantipsicotici. Tut-tora l'informazio-

ne e la divulgazione in merito è alquanto caren-te se non addirittura inesistente.

Ciò che viene rivendicato è un benesserepsicofisico, non inteso come assenza di ma-lattia, ma sviluppato in positivo nell'accettazio-ne della diversità e nella possibilità di vivere at-traversando la crisi o il disagio estremo senzaper questo essere imbottiti di psicofarmaci oconsiderati soggetti pericolosi. L'annosa que-stione della presunta pericolosità in sé del ma-lato di mente, con la conseguente, forse invo-lontaria, voglia di sbattere il mostro in primapagina che spesso prende i professionisti deimass media, rappresenta ancora il limiteinvalicabile che coinvolge la nostra cultura spes-so votata più al giudizio e al pregiudizio piutto-sto che al riconoscimento di una dignità egualeper tutti gli esseri umani.

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L'approccio medico-scientifico

L'approccio scientifico, che evidentementecaratterizza tutte le buone scuole di medicinada cui provengono medici ed operatori, non èsufficiente a preparare gli stessi in una prospet-tiva in cui l'ascolto spesso è deficitario e mal sicomprendono i bisogni veri del malato in quan-to persona. Spesso il pregiudizio è presentepersino tra gli operatori e il fenomeno dovrebbefar riflettere. In sostanza, il colloquio con l'ope-ratore non sempre è sgombro da preconcettied egli stesso può essere tentato persino di ti-rare delle conclusioni ancora prima di averascoltato.

Quanto ai trattamenti forzati, questi non sem-pre rappresentano una forma democratica ditutela dei diritti del malato. Spesso, anzi, gli utentisi ritrovano bloccati in un sistema che mal rap-presenta le esigenze individuali e nel quale la"persona" si trova così invischiata, in un per-corso in cui non può scegliere ma deve in qual-che modo subire, non esistendo peraltro alter-native.

Una utente degli Stati Uniti d'America mette in evi-denza la propria storia, il proprio vissuto. Spesso icasi estremi ci fanno rendere conto della reale di-mensione dei problemi. In questo caso, l'aver rice-vuto quattro diagnosi, l'essere stata ammanettata,l'aver subito l'elettrochoc e successivamente uncontenimento con i farmaci danno l'idea di quanto alivello culturale siamo ancora indietro sulla salutementale, persino in un Paese come gli Stati Uniti. Inquesto caso il trattamento farmacologico può essereinterpretato come una vera e propria violazione deidiritti umani. Naturalmente non sempre è così, ma lopuò diventare se non si tengono presenti alcuni fat-tori: che la cura è a vantaggio di chi la riceve; che perquesto chi la riceve deve essere informato e tenutoal corrente sulla propria terapia, sulle eventuali alter-native, sugli effetti indesiderati e sui progressi scien-tifici. Questo perché il destinatario della cura non di-venga un oggetto ma continui ad essere un soggettodella cura. In questo senso hanno fatto molto i movi-menti di auto-aiuto che hanno caratterizzato il XXsecolo e che sono l'espressione massima dei diritticivili direttamente esercitati, della politicadell'empowerment che vede l'individuo soggetto at-tivo nel percorso di cura, riabilitazione, guarigione.L'invito, infine, è quello di non essere più distratti dadiscussioni sterili su "come ci possiamo chiamare",sulle campagne antistigma, che sono solo portatoridi stereotipi negativi.

Una utente del Sud-America denuncia la situazionein cui si trovava a causa dei farmaci. Per questo ri-dusse le dosi dei medicinali, constatando un netto

miglioramento nelle condizioni generali di vita. Ap-pare questo un invito ad utilizzare maggiormente leproprie risorse, a convivere con le proprie voci comecon le proprie ossessioni. Il modello medico, dice, cirende degli oggetti e i familiari talora possono diven-tare i nostri padroni. Questo rende difficile il recuperoe la ricostruzione di una propria identità.Le condizioni in Sud-America sono evidentementemolto critiche e pare a noi che la psichiatria abbiaperso di vista il proprio obiettivo primario, la perso-na. La parola è l'unico strumento e l'unico diritto chela persona può esercitare in talune situazioni. Il mo-dello medico non è sufficiente a dare una rispostaalla follia. Ma è la paura l'elemento primario ad osta-colarne la comprensione, una paura peraltro perce-pita non solo dal mondo esterno se si considera,come ha affermato la stessa utente, che la primavolta che fu internata dovette difendersi e questo ven-ne interpretato come aggressività (era invece unareazione naturale contro chi voleva privarla in ma-niera violenta della sua libertà).

L'esperienza personale della follia è raccontata dauna utente attualmente attivista nel movimento dei"survivors" in Nuova Zelanda. La sua esperienzacome consulente, facilitatrice, attivista non fa certopensare a certe situazioni estreme vissute da moltepersone in tutto il mondo. Eppure, ci racconta di aversubito ogni sorta di violenza fisica e psicologica: diaver ricevuto trattamenti forzati, di aver perso il lavo-ro, gli amici, la propria dignità, finanche la propriavoglia di vivere. I fattori che hanno contribuito allasua ripresa sono stati l'aiuto e la solidarietà gratuitida parte di altri utenti.

Si ha l'impressione che anche nelle realtàpiù avanzate nella salute mentale vi sia unascarsa riflessione sul ruolo del farmaco. Di fat-to l'atto della somministrazione del farmaco siconfigura come il momento più alto in cui il sa-pere e potere medico coincidono, come con-seguenza di un processo caratterizzato dallariduzione della follia a malattia classificabile, conuna sintomatologia da controllare e ridurre alsilenzio.

In un dialogo tra un medico e un malato men-tale, immaginato da Foucault, è evidenziato ilpotere assoluto del medico, in quanto uomo discienza, nella relazione terapeutica. "Le rela-zioni di potere costituivano l'a priori della prati-ca psichiatrica: esse condizionavano il funzio-namento dell'istituzione manicomiale … gesti-vano le forme dell'intervento medico" - continuaFoucault.

E' noto come il consumo degli psicofarmaciè al primo posto in molti Paesi occidentali e ilbusiness delle multinazionali del farmaco èstratosferico. Ma è altresì impressionante comealla base di ogni ricerca o interpretazione sullamalattia sia cancellata ogni dimensione socia-

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le del disagio o della sofferenza. Se si tenta dicurare solo la malattia, senza cogliere il signifi-cato della sofferenza e la sua dimensione so-ciale, tutta vissuta nella povertà delle relazioni,si stabilisce un circolo vizioso e perverso: di-sperazione/ illusione di guarigione con i farma-ci/ silenziamento dei sintomi/ ricaduta per man-canza di legami sociali/ ripresa del trattamentotecnico. Una spirale senza fine.

E' necessario il cambiamento stesso delpensiero scientifico, rimasto ancorato a concetti"medievali" sulla malattia e su come affrontar-la. E' necessario stimolare cioè nuove espe-rienze, e in questo aiutare gli utenti ad esseremaggiormente consapevoli della propria cono-scenza, avere accesso agli stessi diritti, all'istru-zione e alla vita professionale, acquisire unpeso politico per poter partecipare come sog-getti attivi alle dinamiche di cambiamento.

[Così già si affermava al congresso congiun-to ENUSP e WNUSP del 17-21 luglio 2004 aVejle, Danimarca:] Il nucleo del modello medi-co è la credenza che la "malattia mentale" è laspiegazione di quel tipo di esperienze e di com-portamenti devianti che la gente chiama "paz-zia". Non c'è prova scientifica che quel modellosia valido. Quei fenomeni che gli psichiatri chia-mano "sintomi" esistono effettivamente, nessu-no può negarlo. La psichiatria ufficiale sostieneche questi fenomeni sono "sintomi" di unasottostante "malattia". Quelle che la psichiatria,però, chiama "diagnosi" non sono affatto dia-gnosi nel senso medico. La "diagnosi", in que-sto caso, è fatta soltanto osservando un com-portamento - ma questo non è di competenzadella medicina, piuttosto di discipline quali la

sociologia, la psicologia e le scienze umane.Quelle che la psichiatria chiama "diagnosi" ineffetti sono solo ciò che la sociologia chiamaclassificazione per "tipologie", che è il metododi studiare i comportamenti umani dividendoliin gruppi (in categorie, in tipi). E' un classificareche non dice molto su ogni caso individuale.

Aver fiducia o meno nel modello medico psi-chiatrico non è solo una questione filosofica.Dato che è la cornice che dirige la pratica e laricerca psichiatrica, è estremamente rilevante- anche per il movimento utenti/ sopravvissuti.Il modello medico non è solo una costruzioneteorica, di interesse solo accademico o filosofi-co. Invece è la vera chiave di volta se si voglio-no cambiare le cure psichiatriche. Non si puòavanzare molto per ottenere un cambiamentoradicale nel sistema psichiatrico se continuia-mo a criticare e discutere i soliti argomenti qualil'elettrochoc, i trattamenti forzati, i neurolettici,ecc. Questi non sono elementi arbitrari in psi-chiatria, ma conseguenze logiche della fiducianel modello medico. C'è molto potere nel mo-dello medico e il movimento utenti/ sopravvis-suti deve porre più sforzi a criticare questomodello, al fine di creare un cambiamento diparadigma - dentro od oltre la psichiatria.

Per produrre nuove forme di conoscenza ènecessario coinvolgere maggiormente le orga-nizzazioni di utenti/ sopravvissuti nel lavoro diricerca, per superare il paradigma attuale delladiagnosi e cura. In altre parole gli utenti nonpossono più essere esclusi o peggio inquadratiin una logica puramente sanitaria. Essere ascol-tati non è più sufficiente, se vogliamo superareil divario spesso esistente tra scienza ed espe-rienza, dove le singole esperienze individualispesso contraddicono ciò che è affermato dal-la scienza ufficiale.

La guarigione

Dal 1978, l'OMS è per una salute olistica,biopsicosociale. Importante è anche l'aspettoetico e spirituale, che vede l'uomo nella suainterezza, compartecipe da un punto di vistasociale ed economico alla vita produttiva comeelemento fondamentale e fondante del concet-to di guarigione. Questo sposta evidentementel'accento dall'individuo come oggetto della curaall'individuo come soggetto, in quanto persona,con i propri diritti, le proprie paure, i propri biso-gni e desideri.

E' giunto il momento per gli operatori dei ser-

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vizi psichiatrici di chiedersi quali siano le causedella dipendenza (ciò che impedisce la ripre-sa) dei pazienti. Ci accorgeremmo probabil-mente che sono prevalentemente legate allascarsità di relazioni, ad una rete sociale pove-ra, allo stigma che è cucito loro addosso comeun vestito stretto e soffocante.

Inoltre, quando il medico somministra i far-maci, il rischio che si corre è quando non sivive un rapporto di reciprocità (paritario) con ilpaziente, ovvero quando non si è disposti a darecredito a ciò che il paziente dice riguardo al far-maco e ai suoi effetti. E così non è poi così tan-to strano che il paziente non voglia più assu-mere farmaci, se il prezzo da pagare per elimi-nare uno o più sintomi è quello di ritrovarsi conla mente offuscata, senza desideri e senza vo-glia di vivere. La qualità dell'organizzazione deiservizi incide profondamente sull'utilizzo deglipsicofarmaci. Per questo bisogna lavorare permigliorare questa qualità e diminuire lasomministrazione dei farmaci. Per ognuno,cercare di cambiare in meglio la realtà non èfacoltativo, né una missione caritatevole: fa par-te del proprio lavoro, fatto di speranze e delu-sioni, intriso di incontri, scontri, slanci affettivi epiattezze emotive, vissuto sempre nel cuoredelle contraddizioni.

Molti non capiscono la parola "guarigione",persino alcuni medici sembrano scettici. Maquel che veramente significa questa parola èspostarsi avanti, ricostruirsi. La guarigione nonè, in altre parole, tornare alla vecchia vita; è unabbracciare una nuova vita, nuove possibilità,in definitiva restituire potere alla persona.

Ciascuno ha una sua vita personale. Dob-biamo innanzi tutto rompere lo stigma che c'èanche dentro di noi. Dobbiamo fare in modo diavere speranze. Se non si ha né futuro né spe-ranze non si può vivere.

Il disturbo mentale in sé stesso non ha con-seguenze dannose, ma le conseguenze socialipossono essere catastrofiche: morti, divorzi,perdita del lavoro, degli affetti, situazioni abitativeprecarie.

In ogni caso i dottori non possono assicu-rarci che guariremo. La più breve definizione diguarigione è: sei guarito quando non ti conside-ri più un paziente, cioè quando hai lasciato ilruolo di paziente/curato/assistito e ti considerisolo un cittadino. Probabilmente non esiste unavita "normale". Per questo i medici dovrebberoaiutarci a vivere la nostra crisi più che sedarla.Ma per far questo è necessario uscire da un

sistema, quello attuale, che tende sempre di piùa classificare (è il metodo scientifico). Ma laguarigione non è un punto di arrivo, piuttosto unpercorso sul quale vale la pena spendere tuttele proprie energie.

Conclusioni

Forum come questi, che vedono protagoni-sti utenti, ex utenti e sopravvissuti alla psichia-tria, sono molto importanti per il miglioramentodei servizi, la ricerca scientifica, condizioni divita migliori, tenuto conto delle varie realtà an-che molto diverse tra loro in tutto il mondo. E'necessario passare dalla partecipazione degliutenti alla leadership degli utenti, questo ancheper poter produrre nuove forme di conoscenzasul fronte della riabilitazione e del progressoscientifico, un progresso che serva prima ditutto agli utenti ancor prima che ai medici. Perquesto è ragionevole pensare che il futuro deiservizi si costruisca non più a prescindere daidestinatari di un trattamento, i quali da parte lorodevono aiutare il medico con le giuste doman-de, le proprie esperienze e soddisfazioni oinsoddisfazioni. Siamo di fronte ad una vera epropria rivoluzione, giacché l'utente è stato permolto tempo soggetto passivo di un trattamen-to, di una cura, di una relazione terapeutica. Perquesto è necessario superare, là dove ve nesiano, conflittualità e incomprensioni, ma ancheinserire nuovi programmi di training (formazio-ne) per sensibilizzare maggiormente su que-ste questioni, al fine di rendere i trattamenti piùgiusti e più efficaci sempre dietro il consensoinformato del paziente. Quindi gli utenti e glioperatori possono effettivamente lavorare inmaniera cooperativa, ma per rendere possibilequesto è necessario che gruppi sempre più or-ganizzati di utenti vengano chiamati a parteci-pare attivamente ai tavoli di concertazione neiquali vengono prese decisioni su di loro.

Il dialogo è evidentemente complesso e dif-ficile, ma necessario. Questo percorso è sicu-ramente doloroso, perché carico di quella sof-ferenza portata a lungo sulle spalle di personeche per lungo tempo hanno visto negare i pro-pri diritti. Ma un lavoro di confronto e di applica-zione costante rimane l'unico strumento vera-mente efficace, e con questo la necessità dilavorare su temi come quello della recovery, cioèdella guarigione.

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Ricordo quando lavoravo in fabbrica..INTERVISTA AL CANTAUTORE NICOLA MAGLIERI

A CURA DI DIEGO CERINA

Intervista

Come e quando è nata questa tua pas-sione per la musica?

La mia passione per la musica risale all'etàdi vent'anni, quando frequentavo un corso permeccanica al centro Anap. Mi ricordo che c'eraun ragazzo che suonava la chitarra elettrica ela notte mi alzavo e andavo a strimpellare lachitarra da questo ragazzo. Menomale che lateneva accordata. I primi accordi che ho impa-rato sono stati LA minore e MI maggiore, anchese non erano accordi perfetti.

E poi questa tua passione come si èevoluta nel tempo?

Beh, ho cominciato a suonare la chitarra epoi l'armonica. La mia prima chitarra è stata una

chitarra Eco rossa che pagai cinquemila lire.Poi cominciai a suonare la chitarra e l'armoni-ca e sono andato avanti così. Dopo cominciaianche a scrivere canzoni.

Quindi una passione nata daautodidatta?

Si, sono un autodidatta, anche se ho studia-to la musica per venti mesi, più che altro sonoautodidatta.

Qual è il tuo rapporto con la musica, ciòche hai riversato nella vita della musica?Se ti ha dato qualcosa la musica, cosa ti hacambiato dentro?

Beh, per me la musica è tutto. Ho comincia-to a scrivere canzoni quando lavoravo alla Fiat,e scrissi la mia prima canzone nel 1972 ispi-randola a mia moglie. Poi ho cominciato a scri-verne altre. Se non avessi la musica sarei giàmorto, perché quando nasce una canzone cisono dentro le mie esperienze di vita, i miei vis-suti, i miei sentimenti e tutte le mie cose. Nonc'è una regola fissa: a volte nascono prima leparole, a volte nasce prima la musica.

Naturalmente come appassionato di mu-sica sarai stato anche un grande ascoltato-re di musica leggera. Quali sono prevalen-temente i tuoi gusti, se ci sono dei gustiparticolari?

Questa intervista è nata quasi per caso e non è stata in qualche modo prepara-ta. Ne è nata piuttosto una discussione quasi confidenziale, intima, qualcosa cheNicola ha voluto condividere con noi e con la rivista, qualcosa di importante dellapropria vita. Penso che ciò che Nicola ha detto del suo rapporto con la musica econ la vita di strada sia importante e vada profondamente compreso, per quantouna persona possa comprendere i sentimenti di un'altra persona. In questa lezionea noi non spetta il ruolo di giudici ma di ascoltatori. Forse in questa esperienza stala nostra voglia di vivere la vita più intensamente e in maniera più autentica, comepenso Nicola ci abbia voluto dire.

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Quando canto per strada mi ispiro a Fran-cesco De Gregari, Fabrizio De Andrè, AngeloBranduardi, Edoardo Bennato, Bob Djlan,Celentano, Sergio Endrigo, Gerruti, Gian Pieretti.. un bel po' di persone.

E cosa ne pensi di queste persone, travirgolette, famose per quanto riguarda laloro musica e per quanto riguarda la lorovita?

Beh, penso che siano molto bravi. Mi ispiroanche a Giorgio Gaber, mi dispiace che siamorto, come di De Andrè, perché quando èmorto Giorgio Gaber ho pianto e quando è mor-to De Andrè lo stesso.

Nel tuo vissuto la musica ti ha accompa-gnato nei momenti belli e in quelli brutti.Prima mi dicevi appunto che se tu non aves-si avuto la musica saresti morto. Mi potre-sti spiegare meglio questo aspetto?

Diciamo che per me la musica è tutto, an-che se non vedo mia figlia, anche se non houna donna. Per me suonare è molto importan-te e mi libero di tutti i pensieri della vita quotidia-na.

Secondo te la musica come ti porta arelazionarti con la gente, con le altre per-sone? E' un potente mezzo per comunica-re con le altre persone, oppure trovi in qual-che modo anche nella tua esperienza fortidifficoltà a relazionarti con gli altri?

Non ho mai trovato difficoltà a relazionarmicon le persone perché il mio pubblico è il pub-blico della strada e quindi anche se non sonofamoso io credo che resterò sempre un artistadi strada. Vedo che la gente reagisce bene siaalle canzoni che canto di altri cantautori sia allecanzoni che ho scritto io.

E per te cosa significa essere artista distrada?

E' per me molto importante, significa usciredi casa e andare a suonare per strada.

Quindi tutto sommato vivere la vita quo-tidiana ..

Vivere la vita quotidiana facendo musica tut-ti i giorni!

Come suonatore di strada, suppongo cheavrai viaggiato molto?

Sì, ho viaggiato molto per l'Italia. Sono statoa Napoli, in Calabria, a Firenze, a Pisa. Il primoviaggio che ho fatto è stato in Francia, natural-mente con pochi soldi.

Quindi, quando andavi nei posti ti so-stenevi con le offerte delle persone?

Certamente, io andavo sempre con pochisoldi in giro. Il problema era che mi addormen-tavo sempre sui treni e poi passavo molte nottinelle stazioni. Ho fatto anche il barbone, pur-troppo, dovendo vivere di espedienti.

E ti sei mai sentito solo, o la musica inqualche modo ti ha aiutato anche nei mo-menti peggiori a non sentirti solo?

Beh, a volte sono stato male, ma la musicami ha aiutato molto, anche quando mi sentivosolo.

Nelle tue esperienze avrai sicuramenteincontrato delle persone che non si sonolimitate soltanto ad ascoltarti, ma anche aparlarti. Te ne ricordi qualcuna in particola-re, che ti è rimasta impressa nella memo-ria?

Si, anche personaggi conosciuti. Per stradaho incontrato Gino Bramieri. Ho conosciuto an-che Enrico Maria Salerno a Firenze, mentrecercavo dei ragazzi che suonavano e un ragaz-zo voleva conoscere una ragazza e allora siera rivolto a me. Ma il personaggio che più miha colpito tra quelli che ho conosciuto è statoGiorgio Gaber, che mi ha invitato a casa sua,mi ha dato da mangiare e da dormire e in più miha fatto suonare la sua chitarra e mi ha regala-to un disco. Lui mi disse di mandargli le miecanzoni ma io non gliele ho mai mandate.

Come mai?

Perché non avevo un registratore buono perpoterle registrare.

Quindi hai girato molto, hai visto moltispaccati di mondo, molti modi di vivere. Maquando eri a giro per le città sentivi unpochino la nostalgia di casa, sentivi di ave-

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re un posto tuo dove stare oppure ti trova-vi nel mondo e per te la tua casa era il mon-do?

Quando lavoravo in fabbrica per me la stra-da rappresentava la libertà. La prima volta cheandai via di casa andai senza chitarra e feciuna campagna contro il cancro, poi vidi altri ar-tisti che suonavano per strada e così c'ho pro-vato anch'io. Il mio debutto l'ho fatto nel sotto-passaggio a Firenze nel 1978.

Sostanzialmente, sentivi la libertà andan-do in giro per le strade nelle città, quindinon è che ti mancava un luogo fisso, un luo-go stabile dove stare?

Beh, qualche volta mi mancava un po' la miafamiglia. Non avevo mai un posto per dormireperché con i soldi che si guadagnano per stra-da non è facile trovare dei posti per dormire.Qualche volta ho trovato qualche pensione, manon è facile, la maggioranza delle notti le hopassate nelle stazioni, oppure viaggiando, ad-dormentandomi sui treni.

E la tua famiglia cosa ne pensava di que-sta vita che facevi, come artista di strada?

La mia famiglia non è che fosse molto d'ac-cordo su quello che facevo, però mi hanno sem-pre lasciato fare.

Non erano molto d'accordo perché que-sto ti portava via da loro, lontano, in altrecittà? Magari la tua famiglia avrebbe prefe-rito averti più vicino.

La mia famiglia non era d'accordo, soprat-tutto i miei fratelli perché pensavano che io suo-nassi per chiedere l'elemosina, cosa che io nonho mai fatto. Io ho sempre suonato e ho sem-pre ricevuto dei soldi in cambio, ho sempre ven-duto musica.

Questo è bello, nel senso di fare questoscambio autentico. Oggi invece viviamo inun mondo dove ci sono le casediscografiche e la musica si va a comprarenei negozi di dischi. Il rapporto diretto conl'artista è più bello, è qualcosa di più auten-tico. Tu cosa ne pensi di questo?

Ho avuto l'occasione di vedere molti concerti:ho visto nove volte Giorgio Gaber in concerto,

ho visto Angelo Branduardi, ho visto i Giganti,l'Equipe 84. L'unica persona che non ho maivisto è Celentano. Ho visto Fabrizio De Andrè aFirenze, e in quell'occasione cercai di avvici-narlo ma purtroppo non vi riuscii.

Ti sei mai trovato in un momento in cuiavresti mollato tutto e avresti cambiato ra-dicalmente vita? Quindi, momenti di crisi,momenti difficili.

Momenti difficili li ho avuti quando me ne an-davo di casa perché litigavo con mio padre erompevo gli oggetti e mio padre mi buttava fuoridi casa. Però quando me ne andavo la stradaper me rappresentava la libertà, ma ho avutomolti momenti difficili anche quando mi allonta-navo da casa. Per fortuna mi ha aiutato la mu-sica.

Quindi almeno con la musica non hai avu-to molti contrasti e sei sempre rimasto piùo meno fedele a questa scelta, non ti seimai pentito?

No, non mi sono mai pentito di far musica ecredo che farò l'artista di strada per tutta la vita.

Potresti parlare di qualche canzone chehai scritto in particolare, a cui sei maggior-mente legato, o che magari è legata ad unastoria in particolare e ti sta particolarmentea cuore?

Non posso parlare di una canzone in parti-colare, perché ho scritto ottantacinque canzonie le amo tutte. Non c'è una canzone in partico-lare che mi sta a cuore, le amo tutte allo stessomodo.

Mi dicevi prima che a volte può nascereprima il testo, a volte prima la musica. Mauna canzone quando nasce? Ci sono deimomenti in cui hai bisogno di riflettere op-pure può nascere in qualsiasi momento, inqualsiasi istante.

No, per nascere una canzone ha bisogno diispirazione, altrimenti non nasce niente. Moltecanzoni le ho scritte quasi sempre di notte quan-do tutti dormivano, anche col rischio di farmidel male il giorno seguente con le macchineautomatiche quando andavo a lavorare in fab-brica.

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Unione nazionale per la salute mentaleLA REALTA’ FINLANDESE E I SERVIZI DI SUPPORTO

A CURA DI MARKKU SALO (SOCIOLOGO) www.mtkl.fi

Relazioni esterne

L'Unione Nazionale perla Salute Mentale è stata fon-data nel 1971 per proteggeree sviluppare i diritti degli utentipsichiatrici. L'Unione è costi-tuita da 170 associazioni lo-cali (distribuite in 136 comuni)e da 17 000 soci. I soci sonoutenti psichiatrici e/o familiari,ma anche operatori e volon-tari.

Tre sono iprincipali ambitid'attività dell'Unione: sorve-glianza dei dirittidegli utenti( a d v o c a c y ) ;fornitura di ser-vizi e organizza-zione di attivitàculturali. L'Unio-ne ha un suo uf-ficio legale epartecipa ai pro-cessi decisio-nali allo scopo di favorire mo-difiche legislative.

Dal 1982 l'Unione ha orga-nizzato corsi di riabilitazioneper gli utenti, per le coppie eper le famiglie con problemi disalute mentale. Nel 2001 hacreato un proprio Centro cheha realizzato:

· 60 corsi annuali tenuti intutto il Paese per 1 200 parte-cipanti.

· Un servizio di informa-zione e di consulenza sia te-lefonica nazionale che diretta

(anche senza appuntamento)in tre città (Helsinki, Kuopio,Turku; nel 2006 il servizio ver-rà esteso a Rovaniemi, in Lap-ponia).

· Un servizio di assisten-za giuridica e sociale aHelsinki.

Le Lotterie Nazionali (vedi

sotto) finanziano da 10 anniun progetto per gruppi di auto-aiuto. I gruppi si trovano inquasi tutte le associazioni egradualmente stanno entran-do anche come collaboratorinei servizi pubblici. Nelle as-sociazioni ci sono circa 100operatori, la maggioranzasono (ex)utenti.

Il finanziamento dell'Unionederiva in gran parte dalla Fon-dazione delle Lotterie Nazio-nali, un ente statale che sov-venziona le associazioni dedi-

te ai servizi socio-sanitari. Ilbudget annuale dell'Unione èdi circa 4,7 milioni di euro equello delle associazioni circalo stesso.

L'ATTIVITÀ DI RICERCA ESVILUPPO

L'Unione Na-zionale per laSalute Mentaleha incominciatol'attività di ricercanel 2003 con unprogetto chiama-to Dalla Convi-venza alla Citta-dinanza o Il Nuo-vo Mercato dellaFollia. Lo scopoè stato quello dianalizzare e va-lutare la situazio-ne attuale dellestrutture inter-

medie per utenti psichiatrici inFinlandia. 307 strutture diver-se (private, delle associazio-ni, dei Comuni, delle A.S.L.finlandesi) hanno risposto adun lungo questionario. Sonostati intervistati 50 utenti di 5realtà diverse - sulle loro espe-rienze di vita e sulla qualitàdelle strutture d'accoglienza, esoprattutto come "valutatori"delle strutture intermedie. Aduna prima analisi, la ricerca haevidenziato un'enormedifferenziazione tra la qualitàdell'housing, l'attività

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riabilitativa e l'inserimento de-gli utenti nella società civile(formazione, occupazioneecc.). Il progetto continueràfino a giugno 2006.

È già stato previsto che laricerca prosegua con lo studiodella Comprensione Comunee L'Aiuto Solidale. Verso unnuovo sistema dei servizi disalute mentale? Obiettivo delprogetto sarà di analizzare latematica del come sia possi-bile creare una rete integratadi servizi privati, pubblici e delvolontariato per allargare lapartecipazione degli utenti edei familiari in tre città di diver-se regioni finlandesi. Nel pro-getto è prevista la formazionedi utenti-ricercatori allo scopodi dare vita a nuove forme diconoscenza e di valutazione -con la convinzione che lapsiconomia possa entrare inun vero dialogo e scambio conle forme di psichiatria più avan-zate.

Vogliamo aggiungere chesiamo molto interessati a col-laborare a progetti di ricercanei quali gli utenti, i familiari egli operatori (dai volontari aglipsichiatri) fanno ricerca insie-me per sviluppare i servizi, percombattere lo stigma e per ac-crescere la nostra umanità.

Referenti:

Prof. Markku Salo ,Sociologo, Unione Nazionaleper la Salute Mentale

Dott. Mari Kallinen ,Sociologo, Unione nazionaleper la Salute Mentale

www.mtkl.fi

Beh, è arrivata anche da noi una delegazione finlandese! Hannovisitato tutte le strutture della psichiatria, compresa la nostra as-sociazione. Eravamo in molti quel mercoledì, tanto è vero che man-cavano le sedie e il posto anche per stare in piedi. C'era con noi larappresentanza dei gruppi di auto aiuto e quella dell'associazionefamiliari, e il dottor Serrano. Si è parlato di tutto, dall'associazioneai gruppi di auto aiuto. Anche il gruppo dei familiari ha detto le suecose, ovviamente con la traduzione in finlandese! Ero molto diver-tito nel sentire le traduzioni di tutti, e anche Mirco e Susanna Lom-bardo, molto attiva in questi giorni, sono stati tradotti. Sono statitradotti linguaggi a volte molto grezzi, ma lo psichiatra finlandese èsempre riuscito a tradurre tutto. Anche quando ho detto che da noile riunioni sono sempre liberamente frequentate, ma c'è chi si ad-dormenta: è arrivata da parte dei finlandesi una risata generale!Diego ha illustrato quello che si fa da noi. Carmelo ha parlato,sempre tradotto (ma come ci sono riusciti?) della esperienza delleinterviste di lotta allo stigma, e io dell'accoglienza. In pratica hodetto che io e Franco Onorati abbiamo avuto l'idea di scrivere lepoesie insieme, e ho parlato e fatto parlare Mirco. Ambedue dopouna pausa hanno letto delle poesie (che però verranno tradotte infinlandese più in qua!). Due giorni dopo siamo stati al centroBasaglia e lì sono stati loro a parlare della loro associazione: no-nostante momenti comici, allorché Susanna voleva dire sempre lasua, e lo psichiatra, vivamente affaticato, gli diceva no finché ad uncerto punto gli ha suggerito di farsi aiutare a formulare delle do-mande da Paolo. È suonato il cellulare di Franca, ma nello stessotempo tutti sono stati costretti a spengere i cellulari in fretta e lastessa Franca è andata fuori di corsa perché c'è stato il gentile(ma non tanto!) ordine dello psichiatra finlandese di spengere per-ché già aveva davanti un lavoro di spiegazione e traduzione moltolaborioso e gli poteva venire il mal di testa! Beh, siamo stati invitatiin Finlandia per il 16 giugno dell'anno prossimo, anche se qui, nonso come e perché Serrano ha tirato fuori la festa di s. Giovanni…Venuto il momento delle domande, io ho chiesto in che modo agi-sce la depressione riguardo alla mancanza di luce, e lo psichiatraha risposto che la depressione viene soprattutto quando c'è il cambiodelle stagioni. Io più tardi commentavo che la luce vera è dentro dinoi, quindi anche se da loro fa buio più presto è la luce del cuorequella che illumina e dà gioia ed euforia…

Pietro Di Vita Associazione Mediterraneo di Livorno

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Nuovo Abitare

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Presentazione di “Primadonna”UNA BARCA IN GESTIONE AGLI UTENTI DELLA SALUTE MENTALE

A CURA DELLA REDAZIONE DI LIVORNO

Eventi

Il 14 giugno scorso, pres-so la sede della "Lega NavaleItaliana" di Livorno di cui era-vamo ospiti, è stata presenta-ta al pubblico pervenuto"PRIMADONNA", la barca ac-quistata dalla azienda USL 6e gestita dall'associazione"Mediterraneo". Acquistatacon i finanziamenti della Co-munità Europea per una som-ma di 40.000 euro, la barca èlunga tredicimetri ed ha unalbero di di-ciotto metri. Alsuo interno èprovvista diotto posti letto,un bagno euna cucinabasculante;ma andràriadattata, poi-ché non è unabarca da cro-ciera ma daregata, dise-gnata tra l'altrodallo stessoingegnere che progettò la fa-mosa "Azzurra".

Primadonna è stata acqui-stata allo scopo ludico-riabilitativo degli utenti dei ser-vizi di salute mentale livornesi,di cui l'utenza arriva fino aPiombino e l'Elba, per unoscambio di esperienze eminicrociere. Gli obiettivi diquesto progetto sono tre: il pri-mo riguarda l'uscita in mareper scopi riabilitativi per

problematiche sia fisiche sialegate alla cura della salutementale; il secondo relativo alcosiddetto "turismo sociale",come occasione di promozio-ne e di lavoro riservato agliutenti e ai loro familiari; il terzoriguardante l'uso della barca inoccasioni pubbliche ancheagonistiche, come le regate,per ridurre quei pregiudizi an-cora esistenti verso i malati di

mente.La conferenza stampa è

avvenuta in concomitanza del-l'arrivo di due delegazioni diutenti ed operatori dei servizidi salute mentale della Sarde-gna e della Corsica, nell'am-bito del progetto "Interreg"orientato a favorire gli scambie promuovere la cultura del-l'auto mutuo aiuto tra utentidella Toscana, della Sardegnae della Corsica.

Il dott. Mario Serrano, re-sponsabile dell'UFSMA (UnitàFunzionale Salute MentaleAdulti), ha detto che l'aziendaUSL di Livorno è stata sceltacome ente attuatore dalla Re-gione Toscana in questo pro-getto, insieme ad una serie dipartner istituzionali della To-scana e dell'Unione Europea,al fine di condividere una seriedi scambi su modelli operativi

soprattutto traassociazionidi auto mutuoaiuto di utenti.Così, come af-fermato daldott. Serrano,si è pensato diinvestire unapiccola cifrad e l l ' i n t e r obudget del pro-getto triennaleper acquistareun'imbarcazio-ne che per-mettesse dic o n t i n u a r e

un'attività che viene svolta or-mai da diversi anni, e dare cosìla possibilità alla Mediterraneo,che è l'associazione degliutenti della salute mentale diLivorno, di buttarsi in questomare di iniziative.

Ha presentato madameLiegault, operatrice corsa pro-veniente da Bastia, la quale havoluto mettere meglio in evi-denza che la USL livornesesoddisfa i bisogni dell'utenza,

Nuove sfide

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Nuovo Abitare

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mentre in Corsica la culturapsichiatrica è improntata asoddisfare la sicurezza dellacomunità con gli ospedali psi-chiatrici.

Il presidente della Lega Na-vale Italiana di Livorno ha in-vece illustrato gli scopi dellastessa che è in cooperazionecon altre associazioni cittadi-ne ed è solidale verso perso-ne più svantaggiate. Ha dichia-rato di offrire gratuitamente a"Primadonna" un posto barcacon attracco al molo, cosa chel'associazione Mediterraneoha molto gradito, anche per ilgrande scambio di rapportiche dura ormai da anni tra ledue associazioni.

Sono poi intervenuti i trepresidenti dell'associazioneMediterraneo che si sonosucceduti nel corso degli annipartendo dall'omonimapolisportiva. Questi hannoevidenziato le varie tappe dicrescita e sviluppo fatte dal-l'associazione nel tempo. Pie-tro Di Vita (l'attuale presiden-te) ha detto che la barca è unbellissimo regalo che chiame-rebbe un sogno realizzato,perché ha permesso di uniretutti noi utenti sia della Tosca-na, che della Corsica e dellaSardegna, non solo per stareinsieme ma anche per capireche stiamo insieme perchésiamo persone che si voglio-no bene, che hanno gli stessidisagi e che possono viaggia-re sulla stessa barca.

Sono poi intervenuti due altifunzionari della USL che han-no illustrato le non poche diffi-coltà per acquistare la barcae ci hanno fatto tanti auguri peruna sua buona gestione.

La serata si è conclusa conuna ricca braciata a base disalsicce e rostinciana pressola sede della Lega Navale diLivorno.

Nuove sfide

Una barca contro l’indifferenza

Già nel 1998 (anno di nascita della polisportiva Mediterraneo)cominciavano le prime uscite in barca a vela con i ragazzidell’UFSMA della ASL 6 di Livorno. La barca non è solo uno stru-mento di riabilitazione e socializzazione, ma anche un mezzo moltoefficace per lanciare messaggi forti legati alla solidarietà, per ab-battere indifferenza e pregiudizio. Ma soprattutto la barca ha resopossibile un piccolo mi-racolo, attraverso la co-struzione di alleanze nelmondo del volontariato,attivando risorse umaneingenti e permettendo lariduzione dei costi peruna attività (quale quel-la della vela) notoria-mente molto costosa.

Sin dall’inizio ci siamoresi conto dell’entusia-smo che si andava cre-ando intorno al nostrolavoro, un entusiasmoche contribuiva a crea-re benessere e a co-struire rapporti umaniautentici. Ma ciò che ciha colpito maggiormen-te è stata la partecipa-zione delle persone aquesto nostro sentimen-to collettivo, quasi come portassimo aria nuova. Quel mondo deicosiddetti “normali” (sani) sembrava anzi incuriosito e interessatoa ciò che stavamo facendo. E’ cominciato così un percorso di inte-grazione vero e proprio, in cui il concetto di abilità-disabilità sem-brava rivoluzionarsi completamente. In pratica non esistevano piùabili o disabili, ma persone, tutti con i propri limiti da superare.

La barca a vela e il lavoro intorno ad essa dimostranol’importanza di costruire momenti ed azioni volti alla pro-mozione di stili di vita sani intorno ai quali si genera (quasimagicamente) la solidarietà e l’entusiasmo per essere utilia sé stessi e agli altri.

PAOLO

PINI-SKIPPERDIPRIMADONNA

Sul nostro sito internet, all’indirizzowww.associazionemediterraneo.li.it puoi trovare(nella sezione video) l’intervista a Cino Ricci ePatrizio Roversi in occasione della tappa aLivorno del giro d’Italia a vela.

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A sinistra: Mario Serrano (DSM Livorno)

Il gruppo ha ormai un anno di vita: a metà luglio hafesteggiato il suo primo compleanno. Fortemente vo-luto dai servizi psichiatrici, esso si è costituito graziead un programma finanziato dalla Regione Toscanafinalizzato alla riunione dei vari gruppi di utenti percondividere le proprie esperienze. Promotore di que-sta importante iniziativa è stato il dott. Paolo Piniche fin dal primo incontro è stato presente e ci haaccompagnati passo dopo passo fino alla soglia del-la costituzione dell'associazione "Il Gabbiano" checollabora con altre associazioni della provincia attra-verso la rivista "Nuovo Abitare". Quando l'associazio-ne sarà legalmente riconosciuta ci permetterà di or-ganizzare corsi di formazione professionale, indireconferenze, gestire chioschi, fare molte cose non fi-nalizzate ad un guadagno finale ma al reinvestimentodegli utili.

Il nostro gruppo si riunisce il giovedì pomeriggionella sede dell'ex "Pegaso" di Piombino. Oggi il grupposi è stabilizzato sulle 12 persone compreso lo psico-logo e l'infermiera. Inutile dire che noi del gruppo ab-biamo in comune il disagio mentale e lo portiamo allaluce - almeno tentiamo di farlo - col dialogo, scam-biandoci le nostre esperienze, confrontandoci per trar-ne comprensione e risposte che normalmente nontroviamo. Per far un esempio di come funziona ilgruppo e dell'utilità di questa esperienza illustriamola vicenda di Francesca (nome fittizio). Lei, sui qua-ranta ben portati, circa dieci anni fa scappò di casaper stabilirsi all'estero senza dire niente alla famiglia.Sarà stata la voglia d'avventura o il desiderio di farlafinita con una certa monotonia quotidiana, sparì dallacircolazione. Dal suo racconto ci dice che si trovòpresto in difficoltà e dalla difficoltà alla psichiatria ilpasso è breve. Dopo aver ascoltato la sua storia ilgruppo è intervenuto con alcune domande: "perchései fuggita", "da che cosa", "che problemi hai avutofuori casa", "cosa facevi per sopravvivere" e così via.Cosi vengono allo scoperto i problemi e con l'inter-vento del gruppo, fatto di scambi d'opinioni e pensie-ri, le difficoltà diventano più sopportabili parlandone.Infatti il fine principale di un gruppo di auto-mutuo aiu-to psichiatrico è quello di arrivare ad una maggioreconoscenza di sé e delle proprie risorse, nonché deipropri problemi reali acquisendo la capacità di parlar-ne con gli altri in modo sempre più chiaro senza bi-sogno di nascondere le proprie paure dietro fantasieo, peggio, dietro comportamenti apparentementeantisociali che sono in realtà una vera e propria ri-chiesta di aiuto. Il confronto all'interno del gruppo ciha fatto conquistare la forza e il coraggio necessari

per affrontare un'esperienza che comporta una gran-de responsabilità: l'Associazione. Questa è in fasedi costituzione: abbiamo steso lo statuto, grazie sem-pre all'aiuto costante del dott. Pini, e l'atto costitutivo;ci manca la registrazione che fra breve effettueremo.Tornando al gruppo di auto-mutuo aiuto la maggiorparte delle persone coinvolte vi è inserita anche perproblemi di solitudine: se non ci fosse il gruppo sa-remmo ancora più soli. D'altra parte la solitudine èuna compagna sempre presente a chi patisce certesituazioni; trovandoci tra noi almeno non dobbiamosubire un certo moralismo punitivo che purtroppo al-cuni conoscono troppo bene. Il gruppo è uno stru-mento di comunicazione e di condivisione ma nessu-no è obbligato a raccontarsi se non gli va: sappiamoche anche il silenzio ha la sua importanza. In ognicaso quanto viene espresso all'interno viene fatto nellagaranzia della riservatezza perché nulla deve essereportato all'esterno. Per fare un lavoro serio chiediamouna certa assiduità nelle nostre riunioni settimanaliin modo da poterci, per così dire, amalgamare; infattiè spiacevole provare la sensazione di dover riprende-re da capo o sospendere quanto iniziato. La confer-ma di questo è nel fatto che tra le persone con mag-giore frequentazione del gruppo s'è venuta a creareun'amicizia: per esempio alcuni si ritrovano per anda-re al cinema, fare un giro al mare oppure organizzareuna cena e passare qualche ora insieme. General-mente gli inserimenti sono effettuati su iniziativa de-gli operatori, cioè psichiatri, psicologi, assistenti so-ciali o infermieri psichiatrici. E' stato posto un limitetemporale tra un inserimento e il successivo appuntoper permettere al gruppo di familiarizzare col nuovovenuto e viceversa. Questo anche perché è stato ri-scontrato come spesso i nuovi entrati non si sonopiù fatti vedere causando perdite di tempo. Inoltre que-sto problema è stato affrontato all'interno del grupporiguardo i criteri usati dagli operatori per inserire nuo-ve persone lasciando non pochi dubbi sul merito. Nonvorremmo che da parte degli operatori ci fosse, siapure in "buona fede" una specie di "imposizioneterapeutica". Questo potrebbe spiegare il transito dialcune persone che poi non sono più tornate. Co-munque gli operatori svolgono giustamente ancheuna funzione di filtro e grosso modo possiamo direche il nostro gruppo è abbastanza "amalgamato".

L'Associazione è l'altra faccia della medaglia:mostrare che non siamo un ghetto, che non siamo inuna riserva protetta ma che, con gli opportuni appog-gi ed aiuti, possiamo fare la nostra parte. A presto.

Piombino

A CURA DELLA REDAZIONE DI PIOMBINO

Esperienze

La forza e il coraggio di ricominciareSTORIA DEL GRUPPO DI AUTO-MUTUO AIUTO DI PIOMBINO

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A CURA DI GIUSEPPINA RONCAGLIA

Tanti saluti dall’Africa neraREPORTAGE DAL BURKINA-FASO

Lettera

Vi scrivo dal posto più sper-duto dell'Africa. Il paese sichiama Tougorì, nella provin-cia di Namentengà a nord del-la capitale (180 km) che èOuagadougou. L'ambiente èsahel, la zona che precede il

deserto e che è soggetta alfenomeno delladesertificazione, ogni annocioè il deserto "guadagna"ampi pezzi di nuovo territoriocon grandi problemi per le col-tivazioni (già scarse) e il be-stiame. Quest'anno, oltre allariduzione della pioggia che ri-schia di provocare una care-stia, ci sono state anche lecavallette che hanno devasta-

to i raccolti della Mauritania, delSenegal e anche del nord diquesto paese.

Il problema principale, oltrele numerose malattie e la po-vertà estrema, è quello dell'ac-qua, l'aumento della popola-

zione e la desertificazionehanno provocato una sempremaggiore scarsità di acquapotabile; ci sono villaggi nellasavana che hanno a disposi-zione solo l'acqua del barrage(bacini artificiali di raccolta ac-qua), magari a qualche km didistanza che le donne fannotutti i giorni a piedi con i secchisulla testa, o addirittura soloquella di pozzi tradizionali me-

scolata a fango.Sebbene la vita qui sia così

estrema, almeno non c'è laguerra né conflitti di nessungenere (almeno per ora, in Afri-ca la situazione politica - esolo quella - in genere cambia

molto rapidamente), cristiani emusulmani nonché chi seguela religione tradizionale convi-vono assolutamente pacifica-mente e in armonia e non èraro trovare famiglie dove al-cuni sono di una religione e altridi un'altra.

La gente è mite, accoglien-te e gentile, molto paziente epoi sono così poveri (nelBurkina non c'è praticamente

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quasi nessuna risorsa mine-rale) che nessuno è interessa-to a questo luogo, a parte quellidella cooperazione che pensa-no di salvare il mondo… macomunque siamo in pochi e cisopportano abbastanza bene.Qui non c'è quasi ombra di tu-rista e questa, vi assicuro, èuna cosa meravigliosa, tuttoquello che ti capita di squalli-do o straordinario è assoluta-mente autentico.

La prima cosa che ti suc-cede in Africa è che perdi tutti iriferimenti spaziali e tempora-li, il paese è attraversato daun'unica strada statale sterratarossa e polverosa, piena dibuche e corrugamenti che ren-dono terrificante qualsiasi spo-stamento. Il resto del paesesono case sparse secondocriteri ben diversi dai nostri, mici è voluto un mese e mezzoper ambientarmi e imparare atornare a casa da sola e an-cora adesso non sono propriosicura. La sera, quando fabuio, la mancanza di elettrici-tà (la corrente arriva solo inpoche case) sembra non spa-ventare gli abitanti di questopaese che si muovono con di-sinvoltura come fosse giorno.

Qui il tempo non esiste e,anche se la vita procede len-tissima, c'è sempre molto dafare. Il centro nutrizionale delpaese copre una vasta zona,ci sono donne che fanno an-che 50 km a piedi con il bim-bo sulle spalle, vengono accol-ti mamme e bimbi malnutriti(alcuni bimbi sono in condizio-ni davvero pessime).

Ogni tanto andiamo nei vil-laggi sperduti nella Savana perfare il monitoraggio e per laprevenzione con uno scassatoToyota 4x4 (ora fuori uso) e

qualche volta anche in moto-rino, allora è uno spasso, cisono uccelli azzurri, verdi, ros-si, e orizzonti aridi e bruciatidove ogni tanto spuntano deigiganti maestosi che sono ibaobab. Le case sono fatte difango e paglia (anche in pae-se per la maggior parte), ibimbi sono spesso scalzi e ri-coperti di terra, ti guardanocon grandi occhi stupiti e ti sa-lutano dando la manina comei grandi.

In alcuni villaggi abbiamovisto dei danzatori e delle ma-schere stupende, qui la gentesuona e balla sempre, non èconcepibile una vita senzamusica. Persino ad un fune-rale facevano, letteralmente,ballare il morto, cioè giravanocorrendo e ballando intornoalla casa e sballonzolando lasalma avvolta in una copertatradizionale al suono di cornie tamburi, e tutto ciò perchél'estinto (uno chef del villaggio)era contento che al suo fune-rale fosse venuta tanta gente.

Qui è tutto complicato, apar te ammalarsi. Da

quando sono sola (unica bian-ca nel giro di 80 km) i rapporticon la gente sono più diretti el'esperienza sta diventandosempre più bella e intensama… è una lotta per la soprav-vivenza quotidiana, giorni fa horischiato la vita sulla strada diritorno dalla capitale, in casasi rompe o non funziona sem-pre qualcosa, praticamenteforo una ruota al giorno, la seraammazzo uno scorpione ve-lenoso un giorno sì e uno no(ne passa sempre uno in salaverso le 22:30, non ho capitobene perché) e a volte fa uncaldo che non si riesce a re-spirare… ogni tanto mi pren-de lo sgomento ma poi fortu-natamente c'è sempre qualcu-no disponibile a darmi unamano.

I momenti più duri sono for-se i momenti vuoti del pome-riggio nel caldo asfissiante,quando la gran parte della gen-te sta sotto un albero o sottouna tettoia a… non fare nien-te… ma tu, da bravo occiden-tale e un po' spiazzato dalledifficoltà di comunicazione edal caldo, ti logori di non fareniente o di non sapere benecosa fare, e forse ci sarebbetanto da fare. Da quando sonopiù vicina alla gente, scoprosempre più spesso problemiessenziali come …mangia-re, che per tanti non è sem-pre scontato, oppure lescarpe (hanno quasi tutti ipiedi rovinatissimi), i soldiper le medicine o anchesolo per l'autobus per anda-re a trovare la madre a 80

km … ma è davvero difficiledecidere, da soli, cosa sareb-be giusto fare.

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22Piombino

La nostra amica Loredana Ioime, membro del-l'associazione "Il Gabbiano" di Piombino ha pro-posto e realizzato un'interessante intervista allamusicista sanvincenzina Sabina Manetti sul ge-nere musicale da quest'ultima abbracciato: lamusica etnica. Le motivazioni di questa sceltasono moltiplici: dal tipo di musica eseguita, allasua unicità nella nostra zona e in Italia, alla per-sonalità della musicista e del suo impegnodi far terapia con la musica. Ma partiamocon l'intervista.

Loredana: "Intervistiamo SabinaManetti perché siamo interessa-ti al genere musicale che in-segna ed interpreta chiama-to musica etnica. Sabina co-s'è la musica etnica?"Sabina: "La musica etnica rac-coglie tante cose, in sé è un ter-mine molto vasto. Per farel'esempio col rock, questo com-prende la musica leggera, il popecc. Io intendo la musica etnica comela musica popolare - folk- da tutto il mon-do. Posso parlarti della musica etnica sullabase della mia esperienza. Mi sono avvi-cinata alla musica etnica perché, comepuoi tu stessa notare da quest'intervista, ho dif-ficoltà nel parlare a causa dell'emotività che miha sempre un po' bloccata: se avessi scelto p.e.canto lirico, non avrei mai cantato!, perché devidarti una certa disciplina, avere la salute a po-sto, le corde vocali a posto, essere lucida , ave-re un perfetto controllo su te stessa. Insommanon ci sarei mai riuscita. Invece ho trovato con iltempo una grande risorsa nella musica etnicaperché questa è più avvicinabile e nel comples-so molto più semplice, più primitiva. Non c'è tut-ta l'elaborazione che c'è oggi, non ci sonosovrastrutture da applicare ma devi semplice-mente arrivare all'essenzialità, è una ricerca difare la cosa più semplice. Anche se è sprecisa,"sporca", è meglio: più uno è educato e peggiocanta questo tipo di musica; meno cose sai emeglio la canti."

A CURA DELLA REDAZIONE DI PIOMBINO

La musica etnica Patchworld

Intervista

L.: "Da cosa nasce la musica etnica ? C'è unacultura da cui questa musica deriva?"S.: "Nasce dal popolo e dalle sue esigenze: nellaforesta nasce la musica della foresta, nel villag-gio quella del villaggio, nella cittadina ecc.; quin-di da un bisogno sociale che può essere quellodel dopolavoro , finito di lavorare si canta; un

altro può essere quello di raccogliersi attor-no al fuoco e raccontarsi delle storie, cisono i raccontastorie. Sono espressioni

del bisogno di stare insieme e condivi-dere momenti di vita: non è un ge-

nere imposto da un produttore chepotrebbe dire 'oggi facciamo il

genere tal dei tali' (p.e. bossanova che è una fusione fra iljazz e la musica popolare bra-siliana, cioè il samba)."

L.: "Da cosa nasce il tuo de-siderio di fare musica etni-

ca?"S.: "Nasce da un bisogno personale

di espressione, di essere libera nel-l'esprimermi. Ti faccio un esempio. Ho can-tato per anni in un coro gospel a Firenzeed ero molto determinata a fare succes-

so, ero molto ambiziosa. In questo coro avevoanche delle parti da solista ed ho notato che que-ste erano migliori in quei pezzi più etnici. C'era ilpezzo gospel, cioè quello afro-americano o ilpezzo funky e quando arrivavo a questi non riu-scivo a dare il meglio, non mi sentivo a mio agio.Invece quando arrivavo al pezzo etnico, p.e. laninna nanna africana o quella indiana, basatasul bordone indiano (il bordone è una nota fissa,senza inizio e senza fine, dove posso usare iltempo come voglio) mi passava l'ansia e potevoesprimermi meglio."

L.: "Quando hai iniziato?"S.: "Quand'ero bambina mia madre suonava l'or-gano in chiesa e mi portava con sé: il sabatoaveva un coro col quale provava e io facevo espe-rienza. Poi mia madre si ammalò, aveva gli alti e

INTERVISTA A SABINA MANETTI

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bassi di umore, io presi un po' le redini e con lachitarra mi occupai del coro. Mia madre mi vole-va mandare a scuola però io non proseguii per-ché dopo due anni di solfeggio nella banda nonmi fecero vedere nemmeno uno strumento men-tre la mia intenzione era quella di imparare il flau-to. Mi ribellai e dissi basta: avevo otto anni e finoa diciotto non ho voluto assolutamente studiare.La chitarra la suonavo con gli amici sul mare,avevo questo rapporto più popolare e meno con-cettuale, didattico della musica."

L.: "Quali sono gli strumenti usati in questotipo di musica, me ne puoi nominare qual-cuno?"S.: "Gli strumenti sono illimitati come lo è la cre-atività umana: p.e. l'arco della caccia che di-venta un birimbao, uno strumento conun'unica corda; ci sono vari tipi di tam-buri che puoi suonare con entrambe lemani o con una mano e una bacchet-ta, con due bacchette; il tamburo puòavere la pelle sopra ed essere vuo-to sotto, oppure avere la pelle siasopra che sotto. Insomma ci sonoinfiniti modi di suonare e ancoroggi si possono inventare nuovistrumenti."

L.: " Adesso vorrei chie-derti di parlare del tuocoro."S.: "Tornando al bisogno difare musica etnica, era nataa Firenze una associazionein cui insegnavo canto, inquanto col tempo sono di-ventata professionista e unpo' canto e un po' insegno.C'era questo coro gospelformato da professionisti ec'era un coro dell'associazio-ne orientato a persone che pagavano per impa-rare a fare i coristi e corsi individuali. Ci furonodelle discrepanze a livello umano: il nostro diret-tore si prese con alcuni coristi e andò via por-tandosi via il coro della scuola, quello che porta-va introiti. Allora mi chiesero di fare un coro pernon far chiudere la scuola. Ma io non volevoentrare in competizione con il mio direttore delcoro perché gli volevo bene e mi trovai in mez-zo a questa situazione spiacevole. Allora mi dissidi fare un coro che non desse noia e inventaiquesto coro etnico, come dire che nel bisognoviene fuori la creatività. Questo coro eseguivasolo canti tribali e per me era più facile perchénon avevo l'orecchio educato a sentire quattro ocinque voci diverse e leggere parti complicate,

perché leggere so leggere ma non parti così dif-ficili. Per di più una cosa del genere è una novitàin Italia."

L.: "Questa è una cosa che volevo chieder-ti. Quanti gruppi del genere ci sono in To-scana?"S.: "Nessuno. Riprendendo il discorso, dopo unanno di sperimentazione e di gavetta, due mac-chine consumate, ho lasciato Firenze e sono tor-nata sulla costa, a casa, perché si sta meglio. AFirenze ci venivano comunque le persone delcomprensorio perciò decisi che tanto valeva starea casa perché notai che ce n'era il bisogno. In-fatti quando feci volantinaggio per creare un coro

di canti etnici si presentarono subitocinquanta persone che ad oggi si

sono stabilizzate sulle venticinqueunità. Il coro si chiama Tribù Vo-cale Patchworld : il nome derivada patchwork quei lavoretti a mo-saico, con frammenti presi dadove uno vuole, mi viene in men-te la coperta fatta di pezzetti distoffa colorati di tutti i tipi, perfare un lavoro di integrazione

e di associazione."

L.: "Questa è dunqueuna musica che si can-ta e che si suona."S.: "Si può solamentecantare, si possono ag-giungere percussioni o

altri strumenti, a se-conda di come si

vuole impostare lacosa."

L.: "Visto che inalcune occasionihai collaborato col

Centro di Salute Mentale, quali iniziative po-trebbero essere prese?"S:. "Le iniziative potrebbero essere tante come iprogetti che mi piacerebbe intraprendere conquesti ragazzi perché l'arte è anche uno stru-mento sia per stare meglio con noi stessi, dentrodi noi, sia insieme, l'uno con l'altro. Inoltre è unostrumento per sensibilizzare la società e manda-re dei messaggi che sarebbe impossibile con imass media : voi siete fortunati se avete questarivista perché non è facile disporre di uno stru-mento di comunicazione politica dei bisogni . Cosìstare su un palcoscenico e avere la possibilità diusare l'arte come strumento informativo e di ri-chiesta verso lo stato e le persone è una cosaimportante."

Sabina Manetti

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L’INTERVISTA 2

Intervistiamo la signora Silvia Velo, Sindacodel Comune di Campiglia Marittima e presidentedella Società della Salute. Il Sindaco ci introdu-ce all'argomento.

La Società della Salute nasce nel 2004, comeproposta, su delibera della Giunta Regionale To-scana e confi-gura la nascitadi un nuovostrumento digestione deiservizi socio-sanitari. Per laverità qui in Valdi Cornia l'inte-grazione frasociale e sani-tario c'era giàda tanti anni e iservizi socialisono stati affi-dati in gestionealla ASL. Dalmomento chequesto acca-deva anche in altre zone della Toscana, è stataistituita la SOCIETA' DELLA SALUTE conl'obiettivo di recuperare il ruolo dei Comuni edel Sindaco nella gestione sanitaria.

La legge sulla Società della Salute è una leg-ge regionale, quindi riguarda solo la Regione To-scana. Siamo in una fase di sperimentazione,ben 28 zone stanno adottando questo modelloche risulta essere all'avanguardia a livello na-zionale ed europeo (per questo siamo guardaticon molto interesse). Praticamente la Societàdella Salute è un consorzio (società, unione) dicui sono soci i Comuni di una certa zona insie-

me alla ASL, il cui compito e scopo è quello diprogrammare insieme i servizi sociali e sanita-ri territoriali. Le novità introdotte dalla Societàdella Salute riguardano sostanzialmente il ruo-lo anche dei Sindaci nella programmazione egestione dei servizi socio-sanitari,l'istituzionalizzazione degli interventi congiunti

fra sociale e sa-nitario, la costi-tuzione di stru-menti di parte-cipazione attivache compren-dono i soggettidestinatari deiservizi e i lorob i s o g n itramite ilcoinvolgimentodi tutte le asso-ciazioni cheoperano nelsociale o chesemplicemen-te rappresenta-no il cittadino,

oltre alla consulta dei medici di base. Questisoggetti partecipano insieme ai Sindaci e allaASL alla programmazione dei servizi.

Noi della Società della Salute abbiamo ini-ziato la nostra attività approvando il nostro sta-tuto, poi abbiamo organizzato gli strumenti dipartecipazione, quindi fatto riunioni e attivato iprimi strumenti di programmazione, come laLegge Regionale prevede. Il "profilo di salute" èun quadro che individua lo stato di salute delnostro territorio e ci ha consentito di ricavare iprimi dati sulla qualità dei servizi erogati. Lo stru-mento principe di programmazione, che è il "pia-

A CURA DELLA REDAZIONE DI PIOMBINO

La Società della Salute in Val di Cornia

Intervista

INTERVISTA A SILVIA VELO (SINDACO DI CAMPIGLIA M.MA)

Val di Cornia

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Nuovo Abitare

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no integrato di salute", ci permette di fare il pun-to sull'emergenza sanitaria nel nostro territorioe il budget delle risorse ad oggi disponibili. Insostanza si tratta di fare un piano di intervento(ci proponiamo di farlo entro ottobre o novem-bre) sui servizi che a nostro parere debbonoessere attivati e/o potenziati.

D. Quali sono le vostre relazioni con ilmondo delle associazioni?

Come dicevo prima, nella delibera che laRegione ha fatto si prevede l'istituzione e lasperimentazione della Società della Salute. Perquesto, è prevista la partecipazione e ilcoinvolgimento delle associazioni, oltre ai me-dici di base. La consulta prevede un organo as-sembleare a cui partecipano i rappresentanti ditutte le associazioni e un portavoce coordina ilavori.

D. Come Sindaco, ha riscontrato effica-ce la Società della Salute?

Premetto che la Società della Salute è an-cora in via sperimentale, tuttavia esprimo giàun giudizio abbastanza positivo. In qualità diSindaco ritengo di avere sufficienti possibilità estrumenti per intervenire là dove si verificanoinefficienze del servizio sanitario. Ilcoinvolgimento con tutto il mondo associativo,poi, mi permette di avere una concezione deibisogni reali.

D. In che rapporti siete con i vertici dellaASL?

Direi ottimi, lavoriamo insieme: il direttoregenerale siede con noi nella giunta della Socie-tà della Salute ed è pari ad uno dei Sindaci.

D. E' presto per capire come vi state muo-vendo per quanto riguarda la salute menta-le?

No, non è presto. In effetti la salute mentaleè uno dei progetti già previsti, come quello sul-l'affido eterofamiliare (famiglie che accolgono ilmalato e l'adottano) su cui vorremmo concen-trare l'attività della società della salute. Questaadozione prevede un contributo per la famigliaadottiva che costituisce un incremento del red-dito; allo stesso tempo, questa è un'esperien-za nuova per il malato.

La salute rappresenta uno dei fattoriessenziali di crescita sociale ed economi-ca. I suoi prerequisiti sono la pace, l'abita-zione, l'istruzione, il cibo, il reddito, unecosistema stabile, le risorse sostenibili, lagiustizia sociale e l'equità. I determinantidella salute, ovvero quell'insieme di fattoriche concorrono a creare le condizioni am-bientali e sociali favorevoli allo sviluppo del-la salute, possono incidere in modo signifi-cativo sullo stato di salute della persona.

Il Programma Regionale disviluppo considera la salute del cittadinocome un obiettivo complesso, al quale con-corrono altre politiche settoriali regionali ol-tre quelle sanitarie, e suggerisce strategieed azioni trasversali ed integrate.

Nell'area della promozione della salute,in particolare, la Regione assume come fi-nalità interventi sui fattori sociali, economicied ambientali che incidono sugli stili di vitaed incoraggia la crescita di una cultura dellasalute attraverso la diffusione di conoscen-ze e di informazioni che accrescano la ca-pacità individuale e collettiva di autotutela neiconfronti delle malattie e dei fattori di rischio.Si afferma quindi un modello di salute basa-to sulla responsabilizzazione dell'intera co-munità, sulla partecipazione diffusa dei sog-getti pubblici e privati, sul coinvolgimento diistituzioni e cittadini nelle decisioni.

Anche il nuovo Piano SanitarioRegionale 2005-2007 evidenzia e riba-disce quanto lo stato di salute sia legato allostato dell'ambiente, alle condizioni sociali,economiche, agli stili di vita e quindi ricono-sce sempre più alla promozione della salu-te il compito principale di (ri)orientare i ser-vizi sanitari attraverso strategie intersettorialie multidisciplinari rivolte soprattutto ai deter-minanti di salute.

La Regione sostiene inoltre, in un'otti-ca sistemica, azioni informative ed educativecon le istituzioni scolastiche, universitarie escientifiche, con gli organismi professionalie di categoria della sanità, con le associa-zioni di volontariato e di tutela, in raccordocon le funzioni educative e di promozioneculturale di competenza degli enti locali edelle altri istituzioni pubbliche.

IL PUNTO

Strate

gieregionali

-www.sanita.toscana.it

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26Isola d’Elba

D. Secondo lei sindaco, come si vive aPortoferraio?

La qualità della vita è buona, ma ci sonoproblematiche che ancor oggi devono essereaffrontate, ad esempio l'insularità è un proble-

ma e crea disagio per l'erogazione di alcuniservizi, specie in ambito socio sanitario. Io cre-do che ci sia bisogno di un forte impegno daparte di tutti i Comuni elbani al fine di ottenerepiù risorse per garantire al cittadino adeguatiservizi.

D. Quali sono gli interventi prioritari?Uno degli interventi prioritari è il sociale. Ap-

parentemente l'Elba è un'isola felice ma na-

L’INTERVISTA 2 A CURA DELLA REDAZIONE DELL’ISOLA D’ELBA

Vivere all’isola d’Elba

Intervista

INTERVISTA A ROBERTO PERIA (SINDACO DI PORTOFERRAIO)

sconde profonde sacche di sofferenza, tutte lepersone si conoscono ed è difficile dichiarare ilproprio disagio, e quindi credo che si debba fareun grande lavoro. Mi preoccupa molto latossicodipendenza, ma non solo, anche l'alcol,

i dati presentati dall'ASL sono preoccupanti.Molte sono le difficoltà giovanili. A mio avviso

le istituzioni devono essere più propositive e piùpresenti con progetti. Anche dal punto di vistadegli anziani emergono molte difficoltà: il viveretutti i giorni, scarsi alloggi, molte sono le soffe-renze, io credo di mettere al centro del mio pro-gramma il sociale, questa amministrazione siriconosce nello slogan "Leggere il mondo dalpiù debole".

Roberto Peria

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Ezio Luperini/Pochi sono gli invalidi con la legge 68 chetrovano lavoro sul territorio elbano!

Trovare lavoro per un disabile all'Elba non è fa-cile. Nonostante ci sia una legge, la 68/99, lerisorse del territorio non sono sufficienti, pochesono le aziende che hanno più di quindici di-pendenti, e le assunzioni per una stagione esti-va devono comprendere da un periodo che vada 9 a 10 mesi. La 68 è una legge che è in vigo-re dal 2000, sostituisce la vecchia legge 482,nasce per una maggiore tutela delle personeche hanno una patologia e devono accedere almondo del lavoro. Infatti, chi usufruisce di que-sta legge per ottenere il tanto agognato inseri-mento lavorativo deve passare attraverso unacommissione competente.Il punteggio minimo per entrare nelle liste per ilcollocamento è del 46% d'invalidità. Le aziendeprivate che hanno più di quindici dipendenti han-no l'obbligo, dopo sessanta giorni, di assumereun invalido. Inoltre le aziende hanno l'obbligo dipresentare alla Provincia di Livorno, entro il 31gennaio di ogni anno, un prospetto informativodella pianta organica dei propri dipendenti. Inseguito ad un conteggio, la Provincia determi-na l'obbligatorietà dell'azienda. Per ulteriori in-formazioni o consulenze gli interessati (invalidie aziende), previo appuntamento, si possonorivolgere al Centro per l'Impiego dove è attivouno sportello.Ma secondo voi è utile questa legge?Il centro per l'impiego afferma che questa leg-ge è positiva, perché garantisce una maggioretutela dell'invalido nell'accesso al lavoro. L'in-valido viene seguito da una figura professiona-le, il tutor provinciale, nell'inserimento nel mon-do del lavoro. Tramite la legge 68 sono stateassunte all'Elba, in tre anni, 13 persone. Tra leaziende che hanno assunto, anche quelle chenon sono nell'obbligo (con meno cioè di 15 di-pendenti) ed ugualmente possono accedere aibenefici previsti dalla legge.

Nel 2004 sono stati effettuati sul territorio provinciale153 nuovi inserimenti lavorativi che fanno salire a 692gli inserimenti realizzati dall’entrata in vigore della legge68/99. Dei 153 nuovi inserimenti circa il 9% è costituitoda disabili psichici ed intellettivi mentre il rimanente ècostituito da persone appartenenti ad altre tipologie didisabilità.

D. Secondo lei all'Elba i servizi della sa-lute mentale sono sufficienti? Quali altri in-terventi sono previsti?

Assolutamente no! Per quanto riguarda lasalute mentale i percorsi delle istituzioni sono apiù livelli, la prima pietra è stata posta con l'inau-gurazione della residenza in località Magazzini.I dati presentati dal servizio di salute mentaledimostrano che non è sufficiente una casa fa-miglia con nove posti, questo non è altro che ilprimo passo per un lungo cammino, io credomolto in quella soluzione. Il termine salute men-tale è un valore che acquista riflessione in tuttala società, e quindi bisogna cercare di costruireun percorso per tutti; i problemi si risolvono nel-la società, io credo nelle esperienze nuovecome la residenza perché riesce a garantirediversi livelli di assistenza.

D. Nell'ultimo incontro della conferenzadei sindaci di cosa si è discusso? Ci sonostate proposte per la salute mentale?

Nell'ultima conferenza è stato sviluppato unconfronto socio sanitario, è stato elaborato unprogetto Elba sanitario per rispondere alle emer-genze del territorio. La capacità di collaborazio-ne con la salute mentale ed una maggiore sen-sibilità da parte delle istituzioni ci consentono diavere più garanzie in futuro, ma il percorso èancora lungo e c'è molta strada da fare.

D. Secondo lei è utile un rappresentan-te utente o familiare all'interno della confe-renza dei sindaci?

E' utile creare una sorta di consulta del so-ciale, dove gli assessori, terzo settore e fami-liare abbiano voce in capitolo. Ci sono alcunesingole situazioni che si devono aprire ai citta-dini attraverso la democrazia partecipativa dovetutti sono attori.

D. Secondo lei si parla abbastanza di sa-lute mentale?

Si parla poco di salute mentale, a livello lo-cale c'è bisogno di una strategia aggressivaperché c'è una scarsa attenzione da parte del-le istituzioni. Sono fatti che coinvolgono tutti, mala salute mentale viene vissuta con un atteg-giamento sbagliato, le persone con un disagiovengono etichettate "diverse " ma non è così.La salute mentale non deve essere vissutacome sofferenza ma è un aspetto della socie-tà.

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Prima di stare male lavoravo come stagio-nale in un bar. E' un lavoro che ho svolto per treanni. Prima ho lavorato come elettricista, ca-meriere e poi come benzinaio. Avevo appenafinito il servizio militare ed il lavoro era un ne-cessario strumento di guadagno. Da una partecercavo di guadagnare di più per migliorare lamia condizione di vita, e per avere qualche spic-ciolo in tasca per soddisfare i miei vizi. Ma nel-lo stesso tempo avevo il timore di perdere tut-to il mio tempo libero.

Intorno al 1981 mi sono sentito male… Holasciato il lavoro di barista…. Avevo iniziato adubitare sul tipo di lavoro che stavo svolgendo,non mi dava garanzie di continuità. Sarebbestato il terzo inverno da passare senza un la-voro, a settembre provai a cambiare, ma le miericerche di un nuovo impiego furono inutili e cosìpassai un altro inverno da disoccupato.

L'estate successiva non si presentò nessu-na occasione di lavoro stagionale. Sono cosìpassati sei anni di disoccupazione. Da unaparte, via via che passava il tempo, diminuivala voglia di cercarmi da solo un lavoro, dall'altraaumentava l'aspettativa recondita che la solu-zione del mio problema lavorativo venisse dal-l'esterno ad opera di conoscenti o persone checomunque potevano essere interessate al miodestino. Più passava il tempo più dentro di mesi consolidava il pensiero che mi sarebbe statoproposto un lavoro serio e che durasse tuttol'anno. Un pensiero che, col senno di poi, valu-to privo di fondamento. Nell'attesa passavo legiornate facendo origami.

Dopo circa sei anni di vana attesa e di nontempo decisi di rivolgermi al servizio sociale.Questo mi consigliò di rivolgermi al servizio dipsichiatria: la mia iniziale richiesta di lavoro siera trasformata nell'invito ad incontrare unopsichiatra. Inizialmente pensavo che il passag-gio in psichiatria fosse solo un adempimentoburocratico per ottenere l'agognato lavoro. Inrealtà mi resi subito conto che il servizio di psi-

L’INTERVISTA 2 A CURA DI SALVATORE FODDE

Il tempo degli origami

Esperienze

SALVATORE RACCONTA IL PROPRIO PERCORSO LAVORATIVO

chiatria poteva darmi risposte di altro tipo: oltrele terapie, che comunque non prendevo, mi fuofferto di partecipare alle attività del centro diur-no e mi furono date prospettive lavorative. Gra-zie al servizio sociale, trovai di lì a poco un im-piego lavorativo presso la cooperativa Cisse.Attaccavo manifesti in Portoferraio e facevo l'au-tista. Questo lavoro durò quattro anni. Ero ab-bastanza contento anche se durante l'inverno illavoro diminuiva molto e quello che guadagna-vo non mi bastava mai. Arrivai al punto di licen-ziarmi dalla cooperativa: nuovamente mi senti-vo ingabbiato nella trappola del lavoro stagio-nale, moltissima attività d'estate e poco lavoroe poco guadagno d'inverno. Mi ritrovai chiusonuovamente in casa. Gli operatori della psichia-tria periodicamente venivano a trovarmi. Gradi-vo le loro visite perché aspettavo sempre chemi portassero qualche buona nuova.

Passarono alcuni anni di non tempo. Ritor-nai dall'assistente sociale per chiedere nuova-mente un lavoro. Mi trovarono un posto comespazzino che era troppo duro e dopo pochi giornidi attività abbandonai l'impiego. Nel frattempoperò acquistai più fiducia nei servizi sociali, an-che se non ero ancora riuscito a raggiungere ilmio obiettivo. Ma dopo poco tempo mi si aprìuna nuova strada. Iniziai a prendere le terapie ea seguire i consigli datemi.

I servizi mi proposero un secondo inserimen-to presso Exodus come aiuto cucina, solo peril periodo estivo, e poi in seguito sono passatoa lavorare la campagna per circa un anno. Fi-nalmente, all'età di circa 50 anni, ho raggiuntoin parte il mio obiettivo e sono contento perchésono socio fondatore e dipendente presso lacooperativa Beniamino e mi occupo delle puli-zie del Centro Anziani di Portoferraio e sono inattesa di intraprendere strade nuove. Nel frat-tempo mi diverto a scrivere su questa rivista efaccio gli origami solo su richiesta.

Isola d’Elba

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Le prime guide ambientali nascono in Tosca-na nel 1999. Per svolgere questa nuova pro-fessione è necessario frequentare un corso di800 ore così suddivise: una parte per la cono-scenza del territorio ed una parte per le prati-che del primo soccorso.

La guida è una figura professionale ricono-sciuta a livello nazionale, anche se di fatto ope-ra quasi esclusivamente nel territorio nel qualesi è formata. La guida ambientale svolge molteattività, come educare i visitatori a rispettarel'ambiente, a vivere l'escursione come un viag-gio formativo, dipiacere e di cultu-ra ambientale.

D. Quali sonogli aspetti positi-vi e negativi del-la guida?

Gli aspetti posi-tivi sono il vivere acontatto con la na-tura, la vita all'ariaaperta e il condur-re un sistema divita salutare dalpunto di vistapsicofisico. Gliaspetti negativi sono la possibilità di essereesposti alle intemperie e non guadagnare incaso di infortunio o malattia.

D. Quali sono le maggiori soddisfazioninello svolgere questa professione?

Le scuole mi danno maggiore soddisfazio-ne, ed i turisti tedeschi; non mi trovo molto amio agio quando i visitatori non sono molto mo-tivati e interessati alle mie istruzioni.

D. Ci sono sbocchi lavorativi per questaprofessione?

All'Elba solo il 20 per cento delle guide puòvivere del proprio lavoro, mentre il resto deveavere un impiego in un settore diverso. Altro

aspetto è che il mestiere di guida è stagionale equindi periodico.

D. Qual è il sentiero elbano che ti piacedi più?

I sentieri a cui sono più affezionato sono laCresta del Capanne, il sentiero che da PortoAzzurro porta Rio, e infine il sentiero delle co-lonne romane che parte da Cavoli.

D. Ci racconti qualche avventura che tiè capitata durante il tuo lavoro?

Ricordo, comefosse ora la primavolta, un giornodovevo accompa-gnare un gruppo di150 alunne di unascuola diPordenone. Lebimbe, tutte incoro, ballavano ilballo di Simone eio che mi chiamoSimone stavo intesta facendo ilcontrocanto. Ad uncerto punto homesso un piede in

fallo e sono precipitato giù dalla rupe per moltimetri. Fortunatamente non mi feci niente e mialzai prontamente con grande spavento dei pre-senti.

D. Chi è che organizza le gite trekking?Le guide mediante vecchie conoscenze di-

rette oppure tramite agenzie presenti sul terri-torio.

D. Quali animali selvatici si possono in-contrare durante le escursioni?

Si incontrano con una certa frequenza imufloni, il gheppio, le poiane, il corvo imperiale,il gabbiano corso dal becco rosso fuoco.

Isola d’Elba

A CURA DELLA REDAZIONE DELL’ISOLA D’ELBA

Intervista

Il trekking e le guide ambientaliINTERVISTA A SIMONE GALLETTI (GUIDA AMBIENTALE NELL’ISOLA)

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Abbiamo incontrato Cino Ricci e PatrizioRoversi a Livorno in occasione del loro giro d'Ita-lia a vela. Visto che ci sentiamo anche noi unpo' "velisti per caso" (vedi articolo suPrimadonna - una barca contro l'indifferenza),ci siamo voluti confrontare con alcune doman-de… anche un po' provocatorie.

Il sentirsi profondamente disabilein barca di Patrizio non ci ha sorpre-so poi più di tanto.. conoscendo iltipo.

Il fatto che l’abile in barca può sentirsidisabile, o viceversa, e che c’è un’integrazionetra le diverse abilità è verissimo. Così Patrizioci racconta:

“Io non sono particolarmente abile nellavita, però in barca mi sono sentito profonda-mente disabile! Ho sofferto tanto... e men-talmente stavo anche per dare un po’ fuori ditesta perchè il mal di mare è una cosa pe-sante”.

A proposito di questo, ci racconta di aver rice-vuto una lezione su come si va in barca:

“Ci aveva pensato Cino a spiegarmi del-le cose, ed io le avevo capite teoricamente,però recalcitravo”.

Poi Patrizio stesso si è trovato in barca con unamico non vedente e ha scoperto tante cosenuove che nella teoria non aveva afferrato:

Quando sono andato in barca con un amiconon vedente, lui timonava e io dicevo "macome fai?" e lui rispondeva "senti che il ven-to viene da qua: io sento la barca sotto il miosedere, quindi mi oriento e riesco atimonare", ed in effetti si era fatto accompa-gnare in tutti i meandri della barca e avevavoluto memorizzarli dopodiché si muovevameglio di me: toccava una vela, toccava laranda e capiva tutto. Questo amico si chia-ma Giovanni ed è venuto su Adriatica alleFigi e in Nuova Zelanda: ecco, questa cosami ha dato un esempio forte di come ci siaun rimescolamento molto positivo di abilitàe disabilità.

In barca, ci dice Patrizio, i limitisono tantissimi ed è una sfida conti-nua per superarli, insomma la barcaè una continua scuola attraverso laquale superare dei limiti.

E questo è vero anche per Cino che ci rac-conta di come lui (da velista professionista) viveil suo rapporto con il mare:

Non c'è un limite nel fare andare la barcasempre meglio. Uno va sempre avanti, an-che uno come me che sembra abbia rag-giunto dei limiti. Non li raggiungi mai, quan-do sei sopra una barca, qualsiasi barca tucerchi di farla andare al meglio comunque,con le vele che hai, con i mezzi che hai econ l'equipaggio che hai, per cui il limite èsempre da superare.

E' una soddisfazione enorme superare limi-

L’INTERVISTA 2 A CURA DELLA REDAZIONE DI LIVORNO

Due personaggi fuori dal comune

Intervista

INTERVISTA A CINO RICCI E PATRIZIO ROVERSI

CINORICCI

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L’INTERVISTAti, è bello soprattutto dal punto di vista della sa-lute mentale di tutti avere queste prove e quan-do uno giudica un capitano in effetti viene dapensare "ma lui che limiti ha?" e più i limiti sonoalti più uno è rassicurato.. cioè nella vita chemare ha visto, che sangue freddo si è fatto dal-l'esperienza. C'è il limite altissimo e anche il li-mite bassissimo, ci dice Patrizio, per il qualedico "cosa faccio, vomito subito oppure superoil mio limite e aspetto una mezzora?!".

D. Esiste il concetto di democra-zia in barca?

A questa domanda Cino, dall'alto della suagrande esperienza, ci risponde in maniera sec-ca e decisa:

Non esiste!! Ci sono dei compiti e questivanno eseguiti! Va spiegato prima il perché,bisogna dare ad ognuno un compito, ancheperché così si armonizza l'equipaggio, abilio disabili in barca come a terra non conta.. epoi non c'è più la democrazia, ognuno devefare quello che gli è stato comandato e lodeve fare bene, cioè meglio che può. In bar-ca non c'è il tempo, se di fronte ad un impre-visto il comandante dice al timoniere "ades-so viriamo", perché se la roccia è lì davantiva a finire che ci finiamo sopra e anneghia-mo tutti! E se il comandante dice "vai subitoa sgottare" è segno che la barca va a fondo;e magari uno dice "eh no, però, mi dovrestidire perché io devo andare a sgottare, per-ché non può farlo lui"… ecco la democra-zia… "perché non lo facciamo tutti insieme?"…No, tu vai a sgo-t-ta-re, e sennò ci sono iceppi e alla fine il giro di chiglia!

D. Avete mai litigato in barca?Risponde Patrizio:

Fin ora non sono mai andato in barcacome “velista per caso” senza avere unoscopo potente, cioè senza avere un lavoroda fare, allora in quel senso tutto viene ordi-nato, cioè non puoi avere la crisi isterica ofare l’asino o litigare con un tuo amico, sei lìper un lavoro: tu sei lì per far andare la bar-ca, tu sei lì per montare il filmato, io sono lìper organizzare la cosa, per cui bando alleciance e agli isterismi, e non si è mai litigato.

Anche nella visione dell'efficienza della bar-ca, ci dice Patrizio, bisogna che ci sia una com-

prensione reciproca continua, che sia il fruttodi un allenamento prima o della notevole capa-cità di sintesi di chi dà i comandi…

Certo, il rompicoglioni no, quello che dice"no, perché il mio ego è stato in qualchemodo colpito dal tuo ordine"…va beh, maquello mica solo in barca, anche in qualun-que lavoro è una tragedia. I contrasti magari

ci sono, ma devono essere sempre orga-nizzati secondo una logica molto precisa.Anche la gente che va in vacanza dovrebbefare così: non si tratta di organizzare unavacanza come fosse una galera, però unavacanza deve avere una sua strutturazione,un suo scopo, un suo obiettivo, per cui lestupidaggini non trovano posto. Bisogna es-sere molto pragmatici in barca. In effetti c'èun proverbio, anzi un'espressione sinteticaanche un po' vernacolare e un filo anche vol-gare, che rende l'idea: cioè, io credo che inbarca sostanzialmente ci vogliano poche"pippe", ed in effetti chi va in barca non hatanti giri di parole ed è una persona moltoconcreta, diversamente da questa societàdi pubbliche relazioni, della comunicazione,in cui c'è gente che spende moltissime pa-role ma poi alla fine… E infatti, il problema èquando tu vai in barca con una persona dicui ti devi fidare, perché è lui che timona esupervede alla tua sicurezza, allora devi ca-pire se è uno che appartiene alla categoriadelle poche pippe o delle tante parole.

PATRIZIOROVERSI

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POESIE E PENSIERIDI...VERSI

LASINDROMEDISTHENDAL

Che statue gigantesche !No, non è possibile !Le ha costruite un gigante alto simile !Sennò non sarebbe possibile !

È incredibile che mostri altissimi,materiale di umana creta marmoreafigure mute, eppure nella marmorea cretaterribilmente parlanti dicono pur muti:Chi ci ha costruito sarà uomo mai muto !

Perchè noi, solenni in aspetto e figura,siamo pur sempre eterne come mura,che mai cadranno nei secoli dei secoli !

Ma tu, vile di carne e non marmo figura,guardami, guardami, guardami pure,una, due volte, tre volte resisterai,di fronte alla mia gigante possanzabella, solenne, austera, carnefice !

Sì, carnefice, carnefice, carnefice,perchè io prima ti torturo orefice,di una bellezza tutta marmo prezioso,ricamato di ghirigori e anse e curve,che tu non riesci a comprendere, torvonel tuo sguardo che in abissale vuotodi bellezza comprendere si perde tosto,dicendo fievole in voce: "Svengo, cado,perchè troppo bella tu, ria statuami fai la testa girare come trottolache veloce prilla, birilla per terra,e poi in suo moto flebile lenta rotolaper poi cadere a mo' di tonda ciotola !"

Sì, cadi pure, accasciati sotto me a terra,perchè io divento sempre più alta, alta,davanti a te basso nano sì colto,nell'intento di guardare e scoprire,vano - ahimè per te - Me Stessa,che solenne sto e m'innalzo messa,su piedistallo che non cade e sviene,perchè di marmoree, non di sangue vene,come tu le hai, e non IO, o grigio scemo !

Pietro Di Vita

Annalisa c'è, è viva tra noi, è pre-sente con i suoi mali quotidiani,con la sua voglia d'andare avan-ti pur vivendo la solitudine.Annalisa è piena d'amore per noie la luce della sua bontà risplen-de tra noi.Annalisa è presente tra noi neimomenti nei quali ci riuniamo inAssociazione per costruire connoi amore un domani per le per-sone sole e ammalate.Annalisa è sempre nel giardinodel Centro Frediani seduta su unasedia a parlare con gli altri.Annalisa è presente nella nostravita quotidiana ricordando i suoimuti insegnamenti.Annalisa è l'amica che ognuno havoluto avere.Preghiamo perché Annalisa ciguidi dal cielo nelle nostre diffi-cili scelte di vita.

Riccardo Favilla

Annalisa c'è.

Scrivete alla redazione:

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