Nuovi test ABORATORIO La sorveglianza delle puntate ... · Il videoprocessore elabora un segnale ad...

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Di recente è stato introdotto presso l’Unità di Endoscopia Digestiva del CDI un nuovo sistema di videoendoscopia in- teramente digitale ad alta definizione. Le caratteristiche peculiari dei nuovi endo- scopi, consistono nel marcato incremento della definizione visiva e nello zoom digi- tale che può raddoppiare l’ingrandimen- to dell’immagine. Il videoprocessore elabora un segnale ad alta definizione con una scansione dell’immagine progressiva che consente di ottenere una risoluzione di immagi- ne endoscopica circa tre volte superio- re a quella degli endoscopi standard. Queste funzioni, attraverso l’enfatizzaz- zione della mucosa e del contrasto, e la colorazione vitale virtuale, favoriscono una migliore visione della vascolarizza- zione e dell’architettura della mucosa: ne consegue una migliore osservazione e identificazione di fini irregolarità del- la superficie della mucosa e della trama vascolare. Queste innovazioni tecnolo- giche favoriscono l’individuazione e la valutazione delle lesioni pre-cancerose e tumorali, anche di piccole dimensioni. In particolare la tecnologia è idonea per la caratterizzazione dell’esofago di Barrett, dei polipi digestivi e delle lesioni tumo- rali iniziali di esofago, stomaco e colon. Inoltre molti vantaggi si ottengono in corso di endoscopia interventistica, per- ché la rimozione di lesioni precancerose o tumorali iniziali risulta più accurata e completa. Prof . Attilio Giacosa Medico specialista in Malattie dell’Apparato Digerente, Servizio di Gastroenterologia CDI ei soggetti affetti da dia- bete di tipo II, l’ampiezza media delle escursioni della glicemia (MAGE; mean amplitude of glyce- mic excursions), ma soprattutto i pic- chi di glicemia postprandiale (PPG; post prandial glucose) sono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di compli- canze macrovascolari, in particolare per le malattie cardiovascolari (CVD; cardio vascular disease); inoltre, nei soggetti anziani, sono significativamente associati anche a deficit della capacità cognitiva. Il meccanismo chiamato in causa è una disfunzione delle cellule endoteliali (le cellule che rivestono l’interno dei vasi sanguigni) innescata dal picco glicemico: è stato infatti dimostrato che l’eccesso di glucosio intracellulare, che si verifica a livello delle cellule endoteliali nel corso dei picchi iperglicemici, induce uno stress ossidativo attraverso l’iperproduzione di superossido da parte dei mitocondri che a sua volta scatena una cascata di eventi ossidativi e infiammatori responsabili del danno vascolare. Per la prevenzione dei danni cardiovascolari nel diabetico di tipo II, diventa pertanto fondamentale, una attenta sorveglianza dell’ampiezza delle escursioni glicemiche, tradizional- mente, esercitata per mezzo di due esami ematochimici, la glicemia post-prandiale e l’emoglobina glicata, che pur tuttavia presentano dei limiti oggettivi. La gli- cemia post-prandiale, cioè la determina- zione della concentrazione ematica del glucosio eseguita due ore dopo il pasto, è sicuramente un indicatore indiretto della MAGE, ma può essere influenzata nega- tivamente da vari fattori. Innanzitutto, dal metodo di misura, laddove i gluco- metri portatili normalmente utilizzati dai pazienti stessi, ancorché corretta- mente manutenzionati e tarati (cosa non proprio così banale) non possono essere comparati, per esattezza e precisione, con i metodi utilizzati dai laboratori di anali- si. La standardizzazione delle condizioni di misura è un altro elemento cruciale, laddove il paziente, nell’eseguire una PPG, dovrebbe cercare di comportarsi nella maniera più usuale possibile, in termini di apporto calorico (qualitativo e quantitativo), di modalità di assunzione della terapia, di tempi (rispettando le due ore dal pasto) e di attività fisica (talvolta, anche il solo recarsi presso il laboratorio comporta una attività fisica straordinaria che può falsare negativamente la misura); comunque il paziente tende a vivere l’ap- puntamento con la PPG come un esame e, inconsciamente, può contribuire a generare risultati inferiori alla realtà di ogni giorno. Un altro modo di valutare il controllo glicemico è la misurazione dell’emoglobina glicata (HbA1c), che si forma nel corso della vita del globulo rosso (mediamente di 120 giorni) quan- do il glucosio si attacca irreversibilmen- te all’emoglobina A; questo parametro è perfettamente correlato con la media della glicemia degli ultimi due-tre mesi, mentre non è assolutamente correlato con la MAGE e a maggior ragione non può fornire informazioni riguardo alle puntate glicemiche dei giorni immedia- tamente precedenti il prelievo. Occorre infine ricordare che l’accuratezza del test dipende dalla vita media dei globuli rossi e, conseguentemente, dalle condizioni che diminuiscono quest’ultima (anemie). La soluzione al problema della sorveglianza a breve termine della MAGE è rappre- sentata dalla misura della concentra- zione nel siero del 1,5 anidroglucitolo (1,5 AG). Questa molecola, che differi- sce dal glucosio per la mancanza di un ossidrile, è un monosaccaride naturale che si trova in quasi tutti gli alimenti, e una volta ingerito è escreto senza essere metabolizzato. L’1,5 AG viene normal- mente eliminato con il filtrato glomeru- lare ma può essere riassorbito a livello tubulare in competizione con il glucosio, qualora il glucosio sia presente al di sopra di una certa concentrazione. Pertanto, nel corso delle puntate glicemiche, quan- do il glucosio supera la soglia renale dei 180 mg/dL ed inizia ad essere eliminato con le urine, l’1,5 AG non viene più rias- sorbito e la sua concentrazione nel siero diminuisce velocemente. La prima ipote- si che questo composto potesse essere un biomarker di uno squilibrio metabolico risale al 1981 ad opera di Akanuma che pubblicò uno studio dove si dimostrava una riduzione dei livelli plasmatici di 1,5 AG nei pazienti diabetici rispetto ai soggetti normali. Dopo la messa a punto di un metodo di dosaggio perfezionato di questo composto, altri studi sono stati pubblicati da parte di autori giapponesi. Nel 1996, Yamanouchi et al. ha pub- blicato, sulla prestigiosa rivista Lancet, uno studio longitudinale su pazienti con diabete di tipo 2 che avevano ricevuto terapie con ipoglicemizzanti orali. Dopo quattro settimane di trattamento tutti i pazienti mostravano un miglioramento (aumento) dei 1,5-livelli sierici AG. Quando la terapia fu interrotta nella me- tà dei pazienti, si osservò una riduzione significativa di 1,5-AG ai livelli pre- trattamento. Nel 2006, Dungan J, Buse J et al. dimostrarono che 1,5 AG , che nel frattempo aveva assunto il nome di GlycoMark, è anche un test sensibile e unico nel suo genere per mettere in evi- denza l’iperglicemia post-prandiale. Il dosaggio dell’1,5 AG nel sie- ro permette pertanto di rivelare le puntate glicemiche in pazienti ap- parentemente sotto controllo (con Hb1Ac compresa tra 6.0 e 8.0%), evitan- do la PPG e tutti i disagi ad essa legati e, come è stato recentemente dimostrato, potrebbe addirittura sostituire il test di tolleranza al carico orale di glucosio (OGTT). Questo test, già estesamente utilizzato negli USA ed in Giappone con il nome commerciale di GlycoMark , e di prossima introduzione in Europa, è stato già valutato in anteprima dal CDI con ottimi risultati. 3 Nuovi test LABORATORIO La sorveglianza delle puntate glicemiche nel diabete di tipo II NUOVE FRONTIERE DIAGNOSTICHE NELLA PREVENZIONE DEI DANNI CARDIOVASCOLARI N FORMULA DI STRUTTURA DELL’1,5 ANIDROGLUCITOLO T ECNOLOGIA / E NDOSCOPIA HD Endoscopia digestiva HD FIGURA 1 POLIPO DEL CIECO IN VISIONE STANDARD FIGURA 2 MEDESIMA LESIONE CON FILTRO PER COLONFIGURA 3 ESITI DI INTERVENTO POLIPECTOMICO ENDOSCOPICO Dott. Vittorio Grazioli, Medico, Direttore Laboratori CDI Dott. Enzo Grossi, Advisor Scientifico CDI ®

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Di recente è stato introdotto presso

l’Unità di Endoscopia Digestiva del CDI

un nuovo sistema di videoendoscopia in-

teramente digitale ad alta definizione. Le

caratteristiche peculiari dei nuovi endo-

scopi, consistono nel marcato incremento

della definizione visiva e nello zoom digi-

tale che può raddoppiare l’ingrandimen-

to dell’immagine.

Il videoprocessore elabora un segnale

ad alta definizione con una scansione

dell’immagine progressiva che consente

di ottenere una risoluzione di immagi-

ne endoscopica circa tre volte superio-

re a quella degli endoscopi standard.

Queste funzioni, attraverso l’enfatizzaz-

zione della mucosa e del contrasto, e la

colorazione vitale virtuale, favoriscono

una migliore visione della vascolarizza-

zione e dell’architettura della mucosa:

ne consegue una migliore osservazione

e identificazione di fini irregolarità del-

la superficie della mucosa e della trama

vascolare. Queste innovazioni tecnolo-

giche favoriscono l’individuazione e la

valutazione delle lesioni pre-cancerose

e tumorali, anche di piccole dimensioni.

In particolare la tecnologia è idonea per la

caratterizzazione dell’esofago di Barrett,

dei polipi digestivi e delle lesioni tumo-

rali iniziali di esofago, stomaco e colon.

Inoltre molti vantaggi si ottengono in

corso di endoscopia interventistica, per-

ché la rimozione di lesioni precancerose

o tumorali iniziali risulta più accurata e

completa.

Prof . Attilio Giacosa

Medico specialista

in Malattie dell’Apparato Digerente,

Servizio di Gastroenterologia CDI

ei soggetti affetti da dia-

bete di tipo II, l’ampiezza

media delle escursioni della glicemia

(MAGE; mean amplitude of glyce-

mic excursions), ma soprattutto i pic-

chi di glicemia postprandiale (PPG; post

prandial glucose) sono fattori di rischio

indipendenti per lo sviluppo di compli-

canze macrovascolari, in particolare per

le malattie cardiovascolari (CVD; cardio

vascular disease); inoltre, nei soggetti

anziani, sono significativamente associati

anche a deficit della capacità cognitiva.

Il meccanismo chiamato in causa è una

disfunzione delle cellule endoteliali (le

cellule che rivestono l’interno dei vasi

sanguigni) innescata dal picco glicemico:

è stato infatti dimostrato che l’eccesso di

glucosio intracellulare, che si verifica a

livello delle cellule endoteliali nel corso

dei picchi iperglicemici, induce uno stress

ossidativo attraverso l’iperproduzione di

superossido da parte dei mitocondri che

a sua volta scatena una cascata di eventi

ossidativi e infiammatori responsabili

del danno vascolare. Per la prevenzione

dei danni cardiovascolari nel diabetico di

tipo II, diventa pertanto fondamentale,

una attenta sorveglianza dell’ampiezza

delle escursioni glicemiche, tradizional-

mente, esercitata per mezzo di due esami

ematochimici, la glicemia post-prandiale

e l’emoglobina glicata, che pur tuttavia

presentano dei limiti oggettivi. La gli-

cemia post-prandiale, cioè la determina-

zione della concentrazione ematica del

glucosio eseguita due ore dopo il pasto, è

sicuramente un indicatore indiretto della

MAGE, ma può essere influenzata nega-

tivamente da vari fattori. Innanzitutto,

dal metodo di misura, laddove i gluco-

metri portatili normalmente utilizzati

dai pazienti stessi, ancorché corretta-

mente manutenzionati e tarati (cosa non

proprio così banale) non possono essere

comparati, per esattezza e precisione, con

i metodi utilizzati dai laboratori di anali-

si. La standardizzazione delle condizioni

di misura è un altro elemento cruciale,

laddove il paziente, nell’eseguire una

PPG, dovrebbe cercare di comportarsi

nella maniera più usuale possibile, in

termini di apporto calorico (qualitativo e

quantitativo), di modalità di assunzione

della terapia, di tempi (rispettando le due

ore dal pasto) e di attività fisica (talvolta,

anche il solo recarsi presso il laboratorio

comporta una attività fisica straordinaria

che può falsare negativamente la misura);

comunque il paziente tende a vivere l’ap-

puntamento con la PPG come un esame

e, inconsciamente, può contribuire a

generare risultati inferiori alla realtà di

ogni giorno. Un altro modo di valutare

il controllo glicemico è la misurazione

dell’emoglobina glicata (HbA1c), che

si forma nel corso della vita del globulo

rosso (mediamente di 120 giorni) quan-

do il glucosio si attacca irreversibilmen-

te all’emoglobina A; questo parametro

è perfettamente correlato con la media

della glicemia degli ultimi due-tre mesi,

mentre non è assolutamente correlato

con la MAGE e a maggior ragione non

può fornire informazioni riguardo alle

puntate glicemiche dei giorni immedia-

tamente precedenti il prelievo. Occorre

infine ricordare che l’accuratezza del test

dipende dalla vita media dei globuli rossi

e, conseguentemente, dalle condizioni che

diminuiscono quest’ultima (anemie). La

soluzione al problema della sorveglianza

a breve termine della MAGE è rappre-

sentata dalla misura della concentra-

zione nel siero del 1,5 anidroglucitolo

(1,5 AG). Questa molecola, che differi-

sce dal glucosio per la mancanza di un

ossidrile, è un monosaccaride naturale

che si trova in quasi tutti gli alimenti, e

una volta ingerito è escreto senza essere

metabolizzato. L’1,5 AG viene normal-

mente eliminato con il filtrato glomeru-

lare ma può essere riassorbito a livello

tubulare in competizione con il glucosio,

qualora il glucosio sia presente al di sopra

di una certa concentrazione. Pertanto,

nel corso delle puntate glicemiche, quan-

do il glucosio supera la soglia renale dei

180 mg/dL ed inizia ad essere eliminato

con le urine, l’1,5 AG non viene più rias-

sorbito e la sua concentrazione nel siero

diminuisce velocemente. La prima ipote-

si che questo composto potesse essere un

biomarker di uno squilibrio metabolico

risale al 1981 ad opera di Akanuma che

pubblicò uno studio dove si dimostrava

una riduzione dei livelli plasmatici di

1,5 AG nei pazienti diabetici rispetto ai

soggetti normali. Dopo la messa a punto

di un metodo di dosaggio perfezionato

di questo composto, altri studi sono stati

pubblicati da parte di autori giapponesi.

Nel 1996, Yamanouchi et al. ha pub-

blicato, sulla prestigiosa rivista Lancet,

uno studio longitudinale su pazienti con

diabete di tipo 2 che avevano ricevuto

terapie con ipoglicemizzanti orali. Dopo

quattro settimane di trattamento tutti i

pazienti mostravano un miglioramento

(aumento) dei 1,5-livelli sierici AG.

Quando la terapia fu interrotta nella me-

tà dei pazienti, si osservò una riduzione

significativa di 1,5-AG ai livelli pre-

trattamento. Nel 2006, Dungan J, Buse

J et al. dimostrarono che 1,5 AG , che

nel frattempo aveva assunto il nome di

GlycoMark, è anche un test sensibile e

unico nel suo genere per mettere in evi-

denza l’iperglicemia post-prandiale.

Il dosaggio dell’1,5 AG nel sie-

ro permette pertanto di rivelare le

puntate glicemiche in pazienti ap-

parentemente sotto controllo (con

Hb1Ac compresa tra 6.0 e 8.0%), evitan-

do la PPG e tutti i disagi ad essa legati

e, come è stato recentemente dimostrato,

potrebbe addirittura sostituire il test

di tolleranza al carico orale di glucosio

(OGTT). Questo test, già estesamente

utilizzato negli USA ed in Giappone con

il nome commerciale di GlycoMark , e di

prossima introduzione in Europa, è stato

già valutato in anteprima dal CDI con

ottimi risultati.

3

Nuovi test LABORATORIO

La sorveglianza delle

puntate glicemiche nel

diabete di tipo IINUOVE FRONTIERE

DIAGNOSTICHE NELLA

PREVENZIONE DEI DANNI

CARDIOVASCOLARI

N

FORMULA DI STRUTTURA

DELL’1,5 ANIDROGLUCITOLO

T E C N O L O G I A / E N D O S C O P I A H D

Endoscopia digestiva HD

FIGURA 1

POLIPO DEL CIECO IN VISIONE

STANDARD

FIGURA 2

MEDESIMA LESIONE CON FILTRO PER

“COLON”

FIGURA 3

ESITI DI INTERVENTO POLIPECTOMICO

ENDOSCOPICO

Dott. Vittorio Grazioli,

Medico, Direttore Laboratori CDI

Dott. Enzo Grossi,

Advisor Scientifico CDI

®

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