NUOVI PAESAGGI PER LA CAMPAGNA URBANA · 2017-09-20 · 1. Qualità dei paesaggi della vita...

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NUOVI PAESAGGI PER LA CAMPAGNA URBANA a cura di Manfredi Leone Valorizzazione del patrimonio paesaggistico del Real Sito di Boccadifalco e delle tenute storiche di ville e bagli agricoli Introduzione di Guido Ferrara Contributi di: Alessandra Alagna, Maria Elsa Baldi, Giuseppe Barbera, Gaetano Brucoli, Carmelo Faldetta, Mariangela Giunta, Gabriella Insana, Tommaso La Mantia, Manfredi Leone, Francesco Lo Piccolo, Giuseppe Messina, Matteo Scognamiglio

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NUOVI PAESAGGI

PER LA CAMPAGNA URBANA

a cura di

Manfredi Leone

Valorizzazione del patrimonio paesaggistico del Real Sito di Boccadifalco

e delle tenute storiche di ville e bagli agricoli

Introduzione di Guido Ferrara

Contributi di:

Alessandra Alagna, Maria Elsa Baldi, Giuseppe Barbera, GaetanoBrucoli, Carmelo Faldetta, Mariangela Giunta, Gabriella Insana,Tommaso La Mantia, Manfredi Leone, Francesco Lo Piccolo, GiuseppeMessina, Matteo Scognamiglio

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I edizione: dicembre 2008

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Manfredi LeonePaesaggio: una nota sul metodo

Matteo ScognamiglioPresentazione

Guido FerraraL’idea e il progetto di paesaggio

Maria Elsa BaldiCap. 1 - Una prospettiva paesaggistica per costruire il futuro

della città contemporanea

Manfredi LeoneCap. II - Un parco possibile: luoghi e società tra urbanistica e paesaggio

Gaetano BrucoliCap. III - Identificazione del patrimonio paesaggistico

per una tutela attiva del territorio

Mariangela GiuntaCap. IV - Le risorse disponibili per il progetto del Parco di Boccadifalco

Gabriella InsanaCap. V - Il Parco della riserva borbonica e della campagna urbana

Alessandra AlagnaCap. VI - Conoscenza e progetto di restauro del patrimonio costruito

Giuseppe Barbera,Tommaso La MantiaCap. VII - L’agricoltura della Conca d’Oro: funzioni e iniziative

per la tutela e la valorizzazione

Francesco Lo PiccoloCap. VIII - Genesi e forme dello sviluppo abitativo nel Palermitano

le borgate di Altarello e Boccadifalco (secc. XVIII-XX)

Carmelo FaldettaAppendice - Un parco per Naro tra archeologia e campagna

Giuseppe MessinaPostfazione - I percorsi della memoria

Indice

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CAPITOLO I

Una prospettiva paesaggisticaper costruire il futuro della città contemporanea

MARIA ELSA BALDIDipartimento Città e Territorio - Università di Palermo

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“Il mondo contemporaneo è chiamato a realizzare un nuovo progetto paesaggistico in sintonia con la sensibilità e lo spi-rito del tempo e superare, valorizzandola, con il gioco dell’immaginazione, la memoria in esso presente. Le caratteristichedel sito non derivano soltanto dalle sue peculiarità, ma dal suo rapporto con il tempo e lo spazio, dal passato ripensatoin vista del futuro ... Oggi la configurazione del paesaggio interessa soprattutto la città, il tessuto urbano, così come quel-lo extraurbano ... Si profila il recupero del significato attivo della contemplazione e la proposta di un’etica che non si fermisolo all’azione di salvaguardia e tutela, ma si rivolga ad interrogare la storia nella sua evoluzione, a formulare il progettoper il futuro con l’occhio rivolto al paesaggio come luogo complessivo della vita umana, nelle sue trasformazioni legate aglieventi contemporanei, creatori di nuovi miti e nuove legittimazioni. Il progetto considera quindi il carattere etico-normativoproprio della funzione del mito, connessa con le forme di vita e le istituzioni sociali, che prevedono ora ambiti pluricultu-rali e spazi della tolleranza. I nuovi paesaggi vengono da qui”.

M.Venturi Ferriolo, Etiche del Paesaggio. Il progetto del mondo umano, 2003

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1. Qualità dei paesaggi della vita quotidiana e sostenibilità della bellezza

1.1 Riguardare il paesaggio dei margini urbaniQuando ragioniamo sul futuro della città contemporanea nel nostro paese, come in tutti i paesi

che si affacciano sul Mediterraneo, è inevitabile interrogarsi su ciò che avverrà ai suoi margini, dove lacrescita urbana compatta avanza lentamente e definisce spazi discontinui, mentre l’inesorabile diffusio-ne insediativa immette nuove costruzioni dentro lo spazio agricolo e intorno alle borgate.

L’antico e mitico spazio rurale che circondava e approvvigionava la città, con i caratteri di ruralitàespressi dall’uso sapiente e parsimonioso delle risorse e dalle tradizioni popolari, è quasi del tutto scom-parso, come è scomparsa la società che lo aveva costruito; ma sempre più attraente per le popolazioniurbane è il fascino di un mondo ormai confinato prevalentemente nelle aree definite economicamente“marginali”. Così oggi, mentre non ha più senso il significato classico della nozione di ruralità che, con-trapponendosi ad urbanità, designava i tratti caratteristici della vita di campagna ed era legato alla picco-la dimensione degli insediamenti, quella nozione si arricchisce di significati patrimoniali, paesaggistici edambientali. Oggi lo spazio rurale viene definito dai geografi francesi come «paesaggio urbano in campa-gna, in cui gli abitanti hanno la sensazione di vivere in una zona rurale»: un paesaggio urbano espressionedi un nuovo tipo di urbanità, dove le aree centrali si spostano verso le periferie, costruendo nuovi spazidi vita che offrono ambienti che non possono essere definiti urbani, ma non sono più rurali.

Gli organi dell’Unione Europea che si interessano in particolare alla competizione negli usi del suolotra economie agricole e crescita urbana, sollecitano l’attenzione dei poteri urbani sulla conservazione deglispazi “rurali” intorno alle città: viene affermato che l’attività agricola periurbana è strettamente legataall’ambiente urbano, che può influenzarla negativamente ma che potrebbe anche tornare ad avvantaggiarsidella sua presenza, grazie alla multifunzionalità che ormai le viene riconosciuta. La permanenza dell’attivitàagricola ai margini della città assicura il contenimento della diffusione urbana e permette la costruzione dipaesaggi che siano ambienti di vita, perché essa «conferisce all’ambiente urbano un volto umano»1.

Anche a Palermo le influenze negative dell’ambiente urbano sull’agricoltura periurbana sono sem-pre più evidenti ed i poteri urbani appaiono disarmati o meglio rassegnati di fronte ad un processo cheassume connotati diversi in relazione alla sua localizzazione nello spazio e che viene interpretato pre-valentemente come il risultato di spinte di natura esclusivamente economica, anche se di recente si vaaffermando la convinzione che in realtà questo processo difficile da governare esprima il bisogno di unmodo diverso di abitare. La frantumazione e il degrado del paesaggio agricolo della Conca d’Oro, rico-nosciuto da sempre di valore eccezionale, induce a chiedersi come invertire questa tendenza pluride-cennale, trovando risposte alla domanda di qualità della vita implicitamente espressa dai paesaggi nérurali né urbani che fanno da cintura alla città contemporanea.

Il processo di trasformazione in corso che, come vedremo, viene tacitamente assecondato dallaVariante Generale di Piano Regolatore approvata in sede regionale nel 2002, si manifesta in modo par-ticolarmente aggressivo nella pianura ad occidente della città, ai piedi della borgata collinare di Bocca-difalco, dove il patrimonio paesaggistico della campagna palermitana comprende anche l’antico Real Sitoborbonico. In realtà a Palermo tutti i territori della cintura agricola urbana, aggrediti da processi diurbanizzazione e frantumati da una irrefrenabile diffusione insediativa, custodiscono uno straordinariopatrimonio paesaggistico spesso misconosciuto e pongono una sfida alla dilatazione del campo di inte-ressi del paesaggio2, sperimentata in alcune realtà europee e introdotta in Italia con la ratifica dellaConvenzione Europea del Paesaggio: ma quali potranno essere gli obiettivi di qualità paesaggistica perquesti luoghi che ospitano una società che in essi non si riconosce e come progettare la permanenzao il rinnovamento della bellezza dei paesaggi dove si svolge la vita di tutti i giorni?

Una sfida che induce a “riguardare i paesaggi di confine” nel doppio significato di tornare a guar-darli e di averne riguardo3, alla ricerca di occasioni di confronto con esperienze europee ed italiane cheoffrano interessanti argomenti di riflessione. La cultura del piano e del progetto dovrà imparare a con-

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frontarsi con i processi di trasformazione che i poteri urbani non riescono (o non vogliono) regolare,verificando l’esistenza delle condizioni di un modo innovativo di fare città, alla ricerca di nuove formedell’abitare tra città e campagna.

1.2 Rapporti tra società e paesaggioLa Convenzione Europea rivaluta il ruolo della percezione sociale del paesaggio4, esaltando la

dimensione etica (Venturi Ferriolo, 2002), culturale e simbolica di questo concetto “arguto”5 cheriguarda soprattutto il modo di leggere le relazioni tra la natura dei luoghi e le culture insediate, rap-porti che hanno costruito nel tempo e continuano a costruire territori e città: un concetto dunque ingrado di interpretare il cambiamento continuo dello spazio contemporaneo.

Le relazioni della società con il proprio ambiente di vita, in maniera consapevole o inconsapevole,sono state da sempre fisiche, ecologiche e simboliche, ma nelle società contemporanee esse restanoin secondo piano: tuttavia queste relazioni vanno rifondate perchè sono alla base dell’idea di comunitàe della capacità di abitare i luoghi.

In realtà i comportamenti delle popolazioni urbane rimangono in bilico tra la voglia di vivere incittà non sempre ospitali, ma ricche di servizi, di attività e di opportunità, ed il bisogno ancestrale di unmondo in cui predominano gli spazi aperti e la percezione sensoriale della natura. Così avviene cheparti sempre più ampie della società diano vita ai territori della periferia e della diffusione urbana: sonoquesti i territori più problematici, dove l’agricoltura spesso non riesce più ad essere produttiva, terri-tori per i quali sia la cultura agricola che quella urbanistica sono alla ricerca di un modo innovativo diprogettare. Con questi problemi si sono confrontati alcuni studiosi del mondo agricolo che hanno ana-lizzato le ricadute in chiave territoriale delle trasformazioni del mondo rurale6, ma anche urbanisti cheanalizzano l’habitat della città contemporanea7 e propongono la ricerca di nuovi modi di pianificare iterritori di questa nuova urbanità, denominati anche città intermedia e/o città emergente8.

La cultura paesaggistica d’oltralpe, che da tempo si confronta con la permanenza degli spazi agricoli dicintura urbana, negli anni più recenti ha ragionato proprio sulla rimodulazione del rapporto tra le nuovesocietà urbane ed i paesaggi di confine delle città e, lavorando con le amministrazioni locali e traendo anchespunti dal rinnovamento del mondo rurale, ha suggerito modalità di intervento innovative per trasforma-re questi paesaggi e realizzare nuove forme di abitare in territori che vengono denominati campagne urba-ne9. Le esperienze francesi partono proprio dallo spazio agricolo della periurbanità, analizzando i modi divita di una comunità che, non essendo né rurale né urbana, è indifferente sia alla città che alla campagna:una comunità che abita uno spazio indeterminato nel quale non si riconosce. Qui la cultura paesaggista hatrovato occasioni di riflessione ed ha proposto interventi che traggono spunto dalle pratiche innovativeche si vanno sviluppando intorno alla città: il punto di vista dei paesaggisti ha spesso consentito alla cultu-ra urbanistica di arricchire i temi ormai acquisiti della sostenibilità, integrandoli con quelli della capacità diabitare, alla ricerca di soluzioni non conflittuali tra economia, società, natura e cultura.

Dal momento che la categoria “paesaggio” è capace di rappresentare efficacemente le relazioni chelegano nel tempo gli individui all’ambiente, dobbiamo chiederci se e come nel contesto italiano, dovesi cominciano ad applicare alla città i principi dello sviluppo sostenibile, questa categoria concettualesarà in grado di arricchire le politiche urbane, contribuendo a costruire un futuro migliore per la cittàcontemporanea: un obiettivo che può essere raggiunto anche grazie al recente rinnovamento della legi-slazione sulla pianificazione paesaggistica che propone per tutto il territorio, dunque anche per quellodi margine urbano, politiche finalizzate alla qualità del paesaggio.

1.3 Verso il rinnovamento della pianificazione del paesaggio in ItaliaL’estensione a tutto il territorio degli obiettivi di qualità paesaggistica, sostenuta dalla Convenzio-

ne Europea e presente da tempo in alcuni paesi d’oltralpe, viene introdotta in Italia con il DL 42/2004e le successive integrazioni: dunque, anche nel nostro paese, la tutela e la valorizzazione del paesaggio

Maria Elsa Baldi4

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dovrà essere perseguita non solo per i paesaggi eccezionali10 ma anche per quelli della vita quotidianae per quelli degradati, tra cui vanno considerati in primo luogo proprio quelli delle periferie urbane edelle campagne urbanizzate.

Vengono per la prima volta definiti i contenuti del Piano Paesaggistico, che diventa il luogo concet-tuale entro cui si esplica il potere concordante Stato/Regioni/Comuni: viene proposto infatti unambiente “collaborativo” che potrebbe rispondere alle esigenze di una pianificazione in grado di inte-grare tutela innovativa e valorizzazione/trasformazione migliorativa11. Inoltre, ai tradizionali contenutidescrittivi e prescrittivi del piano, vengono aggiunti i contenuti propositivi, che consistono prevalente-mente in progetti prioritari e relative misure incentivanti, introducendo così la praticabilità di una poli-tica attiva: diventa dunque possibile “progettare per proteggere” perché, come si è sempre affermato,un progetto di paesaggio rimane l’unica garanzia per rendere duraturo un “bene comune” come il pae-saggio.

Ma nella nuova legislazione sono presenti indecisioni ed ambiguità evidenziate dal recente dibatti-to12, le quali lasciano spazio a possibili integrazioni legislative ed operative di livello regionale: vale lapena segnalare gli aspetti più rilevanti da proporre alla riflessione e da cui desumere indirizzi metodo-logici ed indicazioni operative da applicare soprattutto ai territori più problematici.

Un primo aspetto riguarda l’analisi ricognitiva dei caratteri del paesaggio, nella quale risulta ridut-tivo limitarsi a categorie e criteri improntati ai valori estetici tradizionali ed ai valori strutturanti laforma del territorio: ad essi andrebbero aggiunti quelli della “nuova estetica” della naturalità diffusa edella biodiversità, che costituiscono componenti irrinunciabili dei caratteri identitari dei paesaggi. Gliaspetti propositivi del piano risulterebbero così più ricchi e stimolanti, poiché sarebbe inevitabile uti-lizzare metodologie e strumenti elaborati dalla landscape ecology. L’interpretazione spaziale che questadisciplina propone, indaga forme, processi e cambiamenti del paesaggio e, superando la durezza dellecertezze ecologiche, accetta di considerare il processo creativo delle attività umane come costrutto-re di nuove ecologie. In tal modo la lettura dello spazio risulta più articolata: non più pieni e vuoti, mail riconoscimento di elementi distinti (corridoi, macchie e matrici) in grado di evidenziare eterogenei-tà, frammentarietà, connettività dei paesaggi, cosicchè l’incertezza e l’evoluzione diventano paradigmaculturale e incentivo per la ricerca.

La consapevolezza che le forme del paesaggio portano impressi i processi ecologici ed antropiciche, interagendo, le hanno generate, consente di esplorare lo spazio procedendo lungo percorsi itine-ranti e narrativi: esplorazioni che, anticipando il progetto, ne delimitano le possibilità ed i tempi di appli-cazione, dunque hanno ricadute sull’azione e consentono di formulare politiche e progetti per il pae-saggio che non si limitino alla proposta di reti ecologiche, sia pure secondo la declinazione “polivalen-te” applicata in Italia. In effetti il paradigma della rete ecologica polivalente, assumendo una valenza inte-grata naturale e culturale e ponendosi l’obiettivo di attivare processi di sviluppo locale, entra in rela-zione con il tema dei percorsi itineranti e narrativi: un tema di grande interesse che permette di inclu-dere nel progetto di paesaggio la percezione e la valorizzazione dei caratteri identitari dei paesaggilocali, riscoprendo antiche trame del territorio ed innestando sull’esistente la costruzione dei paesag-gi contemporanei.

La necessità di un’articolazione politico/amministrativa per la gestione del territorio ha resoopportuna la separazione tra l’ambiente dell’ecologia (di competenza del Ministero dell’Ambiente) el’ambiente della storia e della cultura (i beni paesaggistici sono di competenza del Ministero dei Benie delle Attività culturali); ma anche se sono inevitabili attenzioni separate che inducono a distinguereil paesaggio dell’ecologia da quello storico/culturale, il paesaggio rimane sede unica non solo della pos-sibile percezione individuale e collettiva degli intrecci tra segni del territorio dovuti a fattori diversi,ma anche delle possibili aspirazioni condivise per il futuro. Di contro la regolamentazione separata trale aree di rilevanza naturalistica (L. 394/91, SIC, ZPS) e quelle di rilevanza paesaggistica (D.L. 42/2004),ha determinato una notevole difficoltà sia a trattare il paesaggio in termini di sistema di interrelazio-

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ni tra storia e natura, sia a considerare in maniera integrata le due categorie di beni come risorse perlo sviluppo e non solo come beni da tutelare.

Un secondo aspetto riguarda la correlazione tra atti di governo del territorio e pianificazione pae-saggistica, che in Italia viene predisposta quasi esclusivamente a livello di area vasta13; a questo livello èpossibile definire discipline di compatibilità con gli obiettivi di qualità paesaggistica che siano realmen-te applicabili ed efficaci, solo per gli ambiti paesaggistici meno problematici, come possono essere clas-sificati quelli del paesaggio aperto, dove i processi di urbanizzazione rimangono più rarefatti (ambiticostieri marini, lacustri e fluviali, ambiti montani e collinari, valli fluviali, aree boschive, aree rurali cen-trali e marginali, parchi e riserve naturali, aree archeologiche e così via)14.

Invece per gli ambiti del paesaggio urbano, per quelli del paesaggio rurale suburbano e per quellidella diffusione insediativa (ambiti a cui dovrà essere estesa l’applicazione della Convenzione Europeadel paesaggio), sarà opportuno studiare specifiche discipline di compatibilità con obiettivi di qualità pae-saggistica, da definire alla stessa scala della pianificazione locale: sono questi infatti i paesaggi contem-poranei più problematici, ai margini delle grandi città e dei piccoli centri, indipendentemente dalla lorocollocazione geografica sulle coste o nell’entroterra, dovunque la densificazione dell’insediamento dif-fuso ed i processi di saturazione degli spazi interstiziali renda necessario comprendere le logiche evo-lutive in atto e tendenziali per recuperare risorse e potenzialità di un patrimonio paesaggistico ad altis-simo rischio costituito prevalentemente dai territori agricoli periurbani, patrimonio che viene sempremeno riconosciuto ed apprezzato dalle comunità insediate.

In molti paesi europei da tempo la cultura paesaggista si è assunta il compito di proporre inter-pretazioni, piani e programmi per questi territori: dai LaPro delle città tedesche (programmi per il pae-saggio e per la sostenibilità urbana che definiscono l’assetto paesaggistico, la protezione della natura edell’ambiente, la protezione dei biotopi e delle specie, le aree ricreative e gli spazi liberi), alle diverseforme di pianificazione paesaggistica per il territorio rurale periurbano francese (Piani del paesaggio,Carte del paesaggio, Parchi di campagna), questi strumenti riguardano in genere le aree verdi urbane,periurbane e dei paesaggi aperti contigui, aree che vengono classificate in funzione delle relative speci-ficità, individuando modalità per la loro gestione ed il loro sviluppo.

A questi esempi si richiamano i “Piani del verde” di livello comunale di recente sperimentati in Ita-lia come base operativa per l’intervento pubblico nel campo del verde per la città, mentre alcuni PianiPaesistici15 indirizzano la pianificazione locale al censimento ed alla gerarchizzazione degli spazi verdi,al fine di attivare politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio alla scala locale. Ma l’esigenza di con-frontarsi con i processi in atto nei territori dove la diffusione insediativa costruisce nuovi paesaggi chenon sono né rurali né urbani, richiede di praticare ovunque una specifica pianificazione paesaggisticaper questi luoghi della vita quotidiana, dove convivono patrimoni diffusi e territori degradati.

Anche in Italia cominciano ad essere sperimentati piani per il paesaggio di livello locale16: piani fina-lizzati a dialogare con la pianificazione ordinaria, che propongono sia obiettivi condivisibili e relativestrategie, sia progetti per le aree più critiche e relative misure di incentivazione.

Piani e progetti che potrebbero essere sviluppati da professionisti del paesaggio che, secondo SébastienMarot, sono i veri “specialisti della suburbanità”, capaci di riconciliare la tradizione del giardinaggio, come artedella cura dello spazio rurale, con quella dell’urbanistica, che detiene i saperi sulla città: ad essi il compito diritessere le trame di territori disgregati e lacerati, inventando il nuovo a partire dal recupero dell’esistente.

Un terzo aspetto riguarda la necessità che esista, da parte della collettività, una condivisione di per-cezioni ed emozioni rispetto al proprio spazio di vita: condizione non banale per la qualità dei paesag-gi, che è l’esito di un governo virtuoso del territorio. Questo snodo importante che riguarda i giudizidi valore connaturati alla percezione collettiva, su cui è centrata la stessa definizione di paesaggio for-mulata dalla Convenzione Europea, manca del tutto nella legge italiana, che non prevede alcun coinvol-gimento della collettività nella formulazione dei giudizi di valore e dei conseguenti obiettivi di qualitàpaesaggistica per la pianificazione.

Maria Elsa Baldi6

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In realtà i giudizi di valore sono connaturati alla percezione: senza percezione e valutazione non cisono emozioni, senza emozione non c’è identità né appartenenza, non c’è amore per la propria terra.Se capacità di percezione, emozioni, identità ed appartenenza sono condivisi da una comunità insedia-ta, il comune sentire rispetto al proprio spazio di vita è potenzialmente in grado di attivare le buonepratiche di governo del territorio. Sembra che la categoria “paesaggio” possa promuovere questa con-divisione: attraverso la conoscenza e l’interpretazione del paesaggio infatti, è possibile per tutti acqui-sire elementi di conoscenza e valutazione, perché è possibile applicare al territorio, verificare e svilup-pare i propri saperi di storia del territorio e dell’insediamento umano, di geografia, di scienze naturali,di architettura e così via.

La condivisione della percezione del paesaggio può favorire politiche di governo e sviluppo localebasate su comportamenti individuali e collettivi virtuosi, se unita alla consapevolezza che il paesaggionon è solo un quadro da osservare, ma è soprattutto una scena di vita individuale e collettiva affidataalle cure della comunità insediata: una scena di vita che continua ad esistere a prescindere dai giudizidi valore, ma in relazione ad essi continua a trasformarsi, mantenendo o perdendo la propria bellezza.

Ovunque i poteri urbani si sono impegnati ad attivare processi di condivisione per orientare il futurodella scena di vita delle popolazioni, sono stati raggiunti risultati incoraggianti: possiamo citare solo uno deitanti esempi, che riguarda l’eccezionale attività di informazione e coinvolgimento delle collettività locali edelle forze imprenditoriali che ha portato alla definizione collettiva del «Manifesto della Cintura Verde diFrancoforte», un documento elaborato nella prima fase di un lungo processo di pianificazione strategicafinanziato nel gennaio 1990 e propedeutico alla realizzazione del progetto per la Cintura Verde. Il Manife-sto comunica la decisione del Consiglio comunale della città di Francoforte sul Meno di «assicurare areelibere attorno al nucleo urbano centrale e di svilupparle a lungo termine quale “Cintura Verde” … imma-gine di spazio libero e aperto in cui la società urbana, caratterizzata dalla molteplicità delle abitudini di vitae da una coscienza ambientale storicamente sviluppatasi, riesce a realizzare sé stessa. ... La Cintura verdeè soggetta ad usi agricoli, forestali e di giardinaggio e assume un significato fondamentale quale spazio perla vita quotidiana, per il tempo libero ... si presenta come aspetto dell’habitat di vita e di lavoro dei suoifruitori ... favorisce la salvaguardia e la costituzione delle identità locali e, sulla base delle particolarità delpaesaggio, le unisce alla futura coscienza di un ambiente globale naturale ed urbano. Uno dei compiti prin-cipali è la tutela e l’attento sviluppo dei caratteri del paesaggio culturale, costituito dai fattori ambientalinaturali e dagli effetti della gestione tradizionale del territorio. L’amministrazione urbana si assume l’impe-gno dell’assetto e dello sviluppo delle zone di transizione tra nucleo urbano centrale e periferia ...»17.

Sulla base di queste affermazioni e degli impegni assunti dai poteri urbani e condivisi con la comu-nità metropolitana, è stato realizzato il progetto generale della Cintura Verde; per motivi legati ai cam-biamenti politici, questo progetto non è diventato cogente, eppure sembra che il suo radicamento nelleconsuetudini e nell’immaginario collettivo sia tale da farsì che le sue indicazioni vengano comunquerispettate negli interventi realizzati dalle diverse amministrazioni comunali dell’area metropolitana diFrancoforte.

1.4 Il paesaggio nella pianificazione localeLa Carta di Napoli18 nel suo ultimo punto avanza una serie di raccomandazioni sulla «trasforma-

zione sostenibile del paesaggio urbano», centrate sull’esigenza di promuovere appositi piani del paesag-gio: raccomandazioni avanzate dalla cultura paesaggista che puntano ad arricchire le strategie dellasostenibilità con un progetto di società in grado di produrre e abitare paesaggi, utilizzando la catego-ria “paesaggio” per la sua capacità di costruire identità ed appartenenza.Viene proposto come terre-no privilegiato per la sfida della sostenibilità urbana e della abitabilità della città, il sistema degli spaziliberi, costituito prevalentemente dagli spazi agricoli periurbani e/o dagli spazi non costruiti che si con-nettono sia agli spazi naturali, sia agli spazi verdi ed ai vuoti urbani; punto di forza per la trasformazio-ne sostenibile del paesaggio urbano sarà dunque il paesaggio della periferia urbana che si intreccia con

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quello della campagna urbanizzata, un paesaggio urbano “emergente”, ricco di attrezzature e servizi dilivello urbano e comprensoriale inseriti in contesti prevalentemente agricoli, spesso non più coltivati edegradati, tipico di ogni città contemporanea.

L’importanza della salvaguardia degli spazi liberi è stata già sottolineata dall’ecologia urbana, che hapromosso la nuova estetica della naturalità diffusa e, con l’introduzione del concetto di città sostenibi-le, ha orientato l’urbanistica a dissociare il valore dello spazio dalla sua funzionalità.Tuttavia, come affer-ma M. Mininni19 «la città sostenibile non era interessata a rifondare una nuova idea di abitabilità dellospazio, ma ne ha predisposto le premesse, aiutando la cultura urbanistica a ragionare sul concetto dellafinitezza delle risorse e sulla categoria del tempo, guardando al territorio come eredità ed al pianocome lascito; l’appartenenza della città ai sistemi naturali non dice nulla sull’idea di abitabilità del vuotosenza necessariamente abitarlo».

In questo quadro generale sembrano emergere tre questioni irrinunciabili per la sostenibilità dellabellezza del paesaggio della città contemporanea:

- la considerazione degli spazi liberi e del verde in particolare, a partire proprio da quelli più pro-blematici della campagna urbanizzata, dovrà assumere una logica di “sistema”, basandosi non solo suparametri qualitativi di carattere ecologico, ma soprattutto sui valori d’uso e sui valori di bene cultu-rale e bene comune che attengono la categoria “paesaggio”, al di là di ogni standard quantitativo cherisulterebbe comunque palesemente inadeguato;

- al sistema degli spazi liberi deve essere riconosciuto il ruolo di sistema strutturante la pianificazionelocale (insieme al sistema insediativo ed a quello infrastrutturale)20, sistema che svolge un ruolo di connes-sione tra livello di area vasta e livello locale21, tra paesaggi aperti, paesaggi suburbani e paesaggi urbani, ren-dendo fattibile la sostenibilità urbana e qualità dell’abitare anche per i nuovi paesaggi periurbani della cittàcontemporanea; questi ultimi spesso sono luoghi finora dimenticati dalle pratiche urbanistiche che si inte-ressano ai processi insediativi urbani e guardano ai paesaggi di margine urbano solo come a categorie dispazi su cui aprire gli sguardi dell’insediamento, spazi che con la loro bellezza continueranno a ricordarci ilnostro attaccamento simbolico alla terra22 solo se verranno affrontati i problemi legati alla loro permanen-za;

- la condivisione dovrà diventare fattore qualificante della costruzione della città sostenibile ed abi-tabile, perchè se manca la condivisione, risulta velleitaria e di facciata l’applicazione concreta dei prin-cipi di sostenibilità – infatti verrebbero proposte “dal basso” le scelte di un modo di “abitare sosteni-bile” sia per i costi, sia per la qualità della vita, che sono entrambi condizionati dalla qualità del paesag-gio e dunque dalla presenza, qualità, continuità e connettività del sistema degli spazi liberi e verdi.

Ai fini della trasformazione sostenibile del paesaggio urbano possono quindi essere arricchiti iprincipi della sostenibilità urbana che vengono perseguiti dalle recenti politiche europee: infatti le poli-tiche urbane “sostenibili” si basano essenzialmente sulla considerazione congiunta di aspetti di naturaecologica e socio-economica nella determinazione delle scelte di uso del suolo, con un approccio cherisale alla concezione biologico-evoluzionistica di P. Geddes e si collega alla recente idea di autorego-lazione che J. Lovelock esprime con la teoria di Gaia23. Questa teoria riconosce nel benessere una con-dizione necessaria per le città del futuro: tuttavia il benessere degli abitanti è legato alla qualità dei pae-saggi ed alla capacità di abitare i luoghi, come emerge dal testo della Convenzione Europea che rivalu-ta esplicitamente l’importanza della percezione collettiva del paesaggio e sollecita i poteri pubblici atenerne conto nel processo di pianificazione.

A partire dal Libro Verde sull’Ambiente Urbano del 1990 e fino al Sesto Programma Quadro –Ambiente 2010, l’Europa continua a promuovere la sostenibilità urbana anche con numerosi program-mi e finanziamenti24 che riguardano prioritariamente la tutela e la valorizzazione degli spazi liberi; infat-ti viene affermato da molti ricercatori che in Europa «l’applicazione dei metodi di valutazione dellasostenibilità urbana ha consentito di riconoscere un ruolo sempre più importante al sistema degli spaziliberi, sia inteso come connettivo del tessuto costruito, sia come fattore di riequilibrio dell’ecosistema

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urbano, sia infine come elemento di rigenerazione urbana e di coesione sociale»25. Sviluppo sostenibi-le e qualità dei paesaggi urbani e periurbani non possono dunque essere considerati separatamente: ilnuovo piano paesaggistico previsto dal D. Lgs. 42/2004, proprio per gli ambiti paesaggistici più proble-matici invita a definire specifiche prescrizioni e previsioni, individuando «altri interventi di valorizzazio-ne del paesaggio anche in relazione ai principi dello sviluppo sostenibile».

Agli spazi liberi della campagna urbanizzata e periurbana, che costituiscono proprio gli ambiti pae-saggistici più problematici, si interessano in maniera specifica alcune recenti politiche europee:

- la riforma della PAC26, che nel 1992 si indirizzava già al sostegno della tutela della multifunziona-lità agricola ed alla valorizzazione del paesaggio rurale, sottolineava l’esistenza di diverse categorie diruralità (aree rurali periurbane, aree rurali centrali ed aree rurali marginali) cui competono strategiedi sviluppo diverse; di recente queste strategie vengono rinnovate in chiave territoriale con l’introdu-zione del principio della “condizionalità” che premia gli agricoltori che gestiscono le aziende in mododa svolgere attività funzionali alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio, alla tute-la dell’assetto idrogeologico e delle vocazioni produttive (principio introdotto in Italia nel 2001);27

- lo SSSE del 199928 ha avuto il merito di interessarsi alle nuove forme di relazione tra città e campa-gna,proponendo strategie territoriali comunitarie che puntano all’integrazione tra lo spazio urbano policen-trico delle aree metropolitane e gli spazi agricoli periurbani, opponendosi alla saldatura dei tessuti edilizi.

Per pianificare la trasformazione sostenibile del paesaggio urbano, il piano urbanistico dovrà dun-que riconoscere al sistema del verde il ruolo di sistema strutturante la pianificazione locale, sistema lacui definizione potrebbe essere affidata ad uno specifico Piano per il Verde e per la trasformazione soste-nibile del paesaggio urbano.

Peraltro il tema della sostenibilità urbana viene già affrontato in Italia nell’ambito del rinnovamen-to degli strumenti della pianificazione. Fin dal 1998 è in corso la sperimentazione di piani strategiciurbani e metropolitani: si tratta di strumenti di pianificazione utilizzati da tempo in alcune città euro-pee, strumenti che, secondo molti studiosi e decisori pubblici, posseggono caratteristiche tali da ren-dere praticabili modalità di sviluppo locale più sostenibili: essi tendono ad assicurare la coerenza rispet-to agli obiettivi di sostenibilità, che viene classificata come “coerenza esterna” (tra ciò che viene stabi-lito dal piano e ciò che viene stabilito ai livelli amministrativi superiori) e “coerenza interna” (tra quan-to viene dichiarato dal piano e quanto viene di fatto perseguito)29. Sarebbe allora possibile, nel nostropaese, affidare alla pianificazione locale strategica la realizzazione di interventi coerenti con gli obietti-vi di trasformazione sostenibile del paesaggio urbano, con una coerenza sia esterna (tra ciò che vienestabilito dal piano e ciò che viene prescritto dalla pianificazione paesaggistica di area vasta), che inter-na (tra quanto viene dichiarato dal piano e quanto viene perseguito in attuazione del Piano del Verdee/o del Progetto di paesaggio, specie per le aree urbane e suburbane).

In tal modo si passerebbe dalla logica del vincolo (paesaggistico) a quella del piano e del proget-to: non più le “invarianti” della pianificazione paesistica della Legge 431/85, ma il patrimonio paesaggi-stico come valore condizionante per promuovere una città non solo più sostenibile, ma soprattuttopiù abitabile, con le molteplici opportunità che i progetti per il paesaggio suggeriscono allo sviluppolocale sostenibile.

Verosimilmente verrebbero scongiurate le prospettive di una pianificazione locale “senza tutele”30

che sembrano essere prefigurate dalle recenti proposte di riforma urbanistica nazionale.

2. Abitare tra città e campagna

2.1. Il cambiamento dei modi di abitarePer spiegare il cambiamento del valore attribuito alla campagna dalle origini ai nostri giorni, può

essere utile richiamare la teoria delle tre nature, proposta da J. Dixon Hunt, storico dell’arte dei giar-

9Capitolo I

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dini, il quale affermava che per gli uomini la natura ha assunto nel tempo tre forme che evolvono l’unanell’altra: alla prima natura, indipendente dagli uomini (la foresta, il deserto, l’oceano), si contrapponela seconda natura (lo spazio dell’agricoltura), mentre la terza natura indica il giardino ornamentale crea-to per il piacere dei sensi; secondo questa teoria, che vede le tre nature come manifestazione del cam-biamento degli usi umani, il valore attribuito alla campagna cambia quando una parte della societàcomincia a considerarla per usi non solo agricoli, ma anche per il piacere dei sensi.

In Europa ciò è avvenuto, ad esempio, quando i patrizi romani idealizzarono la vita rurale e realiz-zarono residenze di campagna, imitati poi dagli aristocratici del rinascimento italiano; ma anche quan-do nel XVIII secolo per i gentleman-farmer inglesi fu inventata la moda del giardino paesaggista cheabbelliva le campagne senza snaturarle, mentre contemporaneamente, sotto l’influenza delle idee dialcuni ingegneri illuminati, venne trasformato l’aspetto della Francia rurale, sia per il piacere dei sensiche per occuparsi, almeno simbolicamente, dello sviluppo economico e sociale del paese31. Nel Sette-cento abitare la campagna unendo l’utile al dilettevole diventa una consuetudine diffusa in tutta Euro-pa; anche l’aristocrazia palermitana realizza residenze di campagna collegate alla città da viali alberati,abitando i fondi agricoli che facevano da corona alle città e realizzando un modello insediativo che sidiffonde nella Conca d’Oro e conferma una consuetudine inaugurata in periodo arabo e proseguita conla straordinaria stagione dei parchi reali normanni.

Durante il XIX secolo, a causa del lento esodo rurale seguito alla rivoluzione industriale, la secondanatura viene sempre meno apprezzata,mentre nelle città viene progressivamente introdotta la terza natu-ra: parchi pubblici e spazi verdi diventano materiali utili all’applicazione delle teorie di base dell’urbanisti-ca moderna (salute pubblica, equità sociale ed estetica urbana) e la cultura paesaggista si dedica a risana-re ed abbellire la città.A fine secolo la Landscape Architecture statunitense, partendo dalle scienze agrarie,lavora in un primo tempo nel campo della terza natura (progettazione di parchi e giardini), poi si associaalla matrice urbanistica e si orienta verso la pianificazione ambientale, tornando anche ad interessarsi allaseconda natura: F.L. Olmsted introduce nelle sue sistemazioni la scientific farming e la scientific forestry32,T.Elliot propone la realizzazione dei Country parks, aree agricole esterne alla città da preservare dalla tra-sformazione perché necessarie alla salute dei cittadini ed alla crescita civile della città.

Questo rinnovato interesse della cultura paesaggista per i territori agricoli produrrà nei primi annidel Novecento innumerevoli proposte ed esperienze nei paesi europei, dalla “rural city” di Howard33

alla Greenbelt londinese in Inghilterra, dalla declinazione del movimento moderno di W. Gropius (cheproponeva il recupero del verde urbano come valore sociale della ruralità), alle colture di orti nelle sie-dlungen, agli orti familiari di L. Migge, alla complementarietà tra armatura verde urbana ed habitat agri-colo prevista da E.F. Schumacher per le aree metropolitane di Colonia e di Amburgo in Germania. Con-temporaneamente vengono protette intere regioni rurali al di fuori della città, come in Svezia intornoa Stoccolma e nei Paesi Bassi nel Randstadt Holland, mentre dalle teorie del Regionalismo statuniten-se34 deriva l’esperienza dell’Appalachian Trail, un modello insediativo rurale per la promozione del turi-smo escursionistico proposto da Benton MacKaye e finalizzato a realizzare “argini verdi” per frenarela crescita metropolitana.

Tuttavia a partire dal secondo dopoguerra il processo di accrescimento delle città sostituisce quasiovunque le trame e la grana urbana rigida e regolare allo statuto organizzativo del tessuto rurale. I con-tadini vanno a vivere ai margini delle città, nelle nuove periferie urbane e la campagna non viene piùvista come spazio abitabile: intorno alla città le aree agricole diventano residuali ed in attesa di edifica-zione, mentre nel tessuto urbano tornano a svilupparsi le politiche del verde, sia pure in maniera moltodiversificata in ogni paese europeo.

Questi modelli insediativi, nati anche dal cambiamento dei rapporti di vicinanza con i luoghi di rifor-nimento alimentare delle città (rivoluzionati dall’aumento della velocità dei trasporti che consentiva diallontanare dalla città le coltivazioni), sono stati criticati da alcuni personaggi che hanno precocementeintuito le aspettative della società contemporanea. Lewis Mumford, professore della Università della Pen-

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nsylvania, che era stato uno dei fondatori del Regionalismo statunitense, a metà Novecento critica lepolitiche del verde urbano contemporanee e propone un modello urbano nelle cui cinture verdi dove-vano essere reintrodotti gli usi rurali: una campagna-loisir capace di limitare la proliferazione delle peri-ferie urbane, dove tutto lo spazio disponibile doveva essere tutelato e poi preparato a svolgere questanuova funzione dall’architetto paesaggista. Mumford insisteva sul ripristino dell’abitabilità che le cittàandavano perdendo, convinto che le funzioni sociali degli spazi rurali e degli spazi verdi prevalessero sullefunzioni biologiche: funzioni che pure egli stesso attribuiva a tutti gli spazi liberi, precorrendo così leacquisizioni scientifiche dell’ecologia urbana che si svilupperà in Europa a partire dagli anni ’70.

Una possibile sintesi tra queste due funzioni, che sono alla base del benessere individuale e collet-tivo cui aspira la società contemporanea (salute e serenità spirituale), viene suggerita da Ian McHarg,architetto paesaggista ed urbanista, allievo di Mumford ed autore di Design with Nature35: egli influenze-rà fortemente la cultura del paesaggio in Europa ed in Italia in particolare, proponendo un processo dipianificazione ecologica che considera la natura campestre e quella selvaggia (la seconda e la primanatura di J. Dixon Hunt) come modello e fonte di ispirazione per costruire il mondo dell’uomo.

A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso è in atto un nuovo processo di cambiamento cheinteressa prevalentemente i paesi dell’Europa mediterranea. Esso è stato studiato dai geografi francesi, iquali individuano in Francia tre grandi categorie di spazi rurali: quello della “campagna profonda” preva-lentemente boschiva e poco abitata, quello della “campagna vitale”, dove l’esodo rurale si è praticamen-te arrestato nel corso degli ultimi 25 anni, quello della campagna periurbana e delle zone a valenza turi-stico-residenziale, prevalentemente costiere, dove una parte degli spazi rurali vede aumentare i propriabitanti36, ma va contemporaneamente perdendo i caratteri propri della campagna tradizionale.

Questi studi confermano fenomeni che sono sotto gli occhi di tutti: l’esodo rurale sembra esser-si arrestato ed i motivi di questa inversione di tendenza vengono indagati da geografi ed economisti,che sembrano concordare sul fatto che nella società contemporanea si manifesta l’esigenza di un nuovomodo di abitare il territorio.

Ma questa società rimane oggi piuttosto indifferente alla campagna dove ha scelto di vivere sia perconvenienza, sia per comodità, sia probabilmente alla ricerca di un habitat più umano. L’indifferenzadella società produce un particolare tipo di urbanizzazione che nasce da un processo di sfruttamentonon pianificato dello spazio e che si riconosce per la negazione e per l’assenza di tratti distintivi edidentificativi: una questione che in Italia non viene affrontata né con la pianificazione urbanistica né conla pianificazione del paesaggio, ma che è sottolineata dalle iniziative sia delle associazioni culturali, tracui Italia Nostra (che propone una legge nazionale per la salvaguardia delle aree agricole), sia delle asso-ciazioni di agricoltori, fra cui la CIA (che elabora una “Carta per l’agricoltura periurbana”). La conse-guenza di una simile diffusione insediativa non potrà essere che la trasformazione irreversibile deglispazi della seconda natura, perchè una campagna abitata prevalentemente dai cittadini non potrà con-servare quei caratteri di ruralità che continuano a farla apprezzare, se verrà abbandonata dagli agricol-tori: in questi “territori della diffusione”, trascurati finora dalla cultura urbana e dal mondo rurale, lacultura paesaggista d’oltralpe va proponendo nuove modalità di conoscenza e di progetto. Modalitàestremamente diversificate nei paesi europei, che dipendono evidentemente dai relativi contesti socia-li, economici, culturali, scientifici, legislativi e tecnico/amministrativi.

2.2 Programma di Paesaggio e della sostenibilità urbana per Berlino CapitaleLe ragioni culturali e scientifiche che sostengono l’attuale pianificazione e gestione del paesaggio

in Germania hanno matrici remote. Esse risiedono, in primo luogo, nel concetto stesso di paesaggioche sottende la tradizione tedesca, la quale dalla settecentesca arte dei giardini perviene gradualmen-te all’impostazione olistica della moderna ecologia del paesaggio, seguendo un percorso che prende lemosse dal pensiero humboldtiano e si fonda sulla concezione di paesaggio totale, in cui tutte le com-ponenti sono in rapporto tra di loro e con la globalità secondo principi ecosistemici: una visione del

11Capitolo I

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paesaggio nella sua interezza, comprendente elementi antropici e naturali considerati con la stessadignità, nella convinzione che la tutela del mondo vegetale ed animale e degli spazi aperti che ne sonola sede fisica, determini la salute e la qualità dell’ambiente di vita dell’uomo.

Di grande rilievo è il rapporto tra scienza ed opinione pubblica, dal momento che la partecipazio-ne ai processi decisionali viene stimolata dall’atteggiamento aperto e divulgativo che si tende a dare aquesto rapporto, sia sotto il profilo della educazione permanente, sia attraverso vari mezzi di comuni-cazione. La sensibilità collettiva nei confronti della conservazione attiva del paesaggio, già molto affina-ta dalla tradizione culturale che nella Lebensreform (la riforma dello stile di vita) di inizio secolo avevatrovato una delle sue massime espressioni, hanno provocato fino da allora una diffusa reazione civicaai danni provocati dalle massicce espansioni urbane seguite alla cosiddetta rivoluzione industriale. Risul-tato di questo contesto culturale e sociale è la struttura dell’impianto legislativo tedesco che si basasull’autonomia della pianificazione del paesaggio (istituzionalizzata da una legge imperiale del 1935 sullaprotezione della natura, ripresa nel 1976 e ridefinita nel 1996), la quale è parallela alla pianificazioneterritoriale e, come quest’ultima, è articolata in tre livelli: programma-quadro del paesaggio (di compe-tenza del Ministero federale per lo sviluppo territoriale e le questioni ambientali), piani-quadro del pae-saggio (di competenza del Consorzio per la pianificazione regionale), programmi del paesaggio o pianidirettori del verde (di competenza comunale).

Emblematico deve essere considerato il caso di Berlino37, città che ha aderito agli impegni dell’Agen-da XXI e rappresenta un modello in linea con gli indirizzi dell’Unione Europea: un esempio di “buonepratiche” rese possibili da una lunga tradizione di pianificazione urbana e da una consolidata strutturatecnico amministrativa di gestione del consenso. Il Piano per Berlino Capitale del 1990 viene considera-to come una delle più interessanti esperienze europee di pianificazione urbanistica e paesistica ecologi-camente orientata e si articola in due strumenti complementari tra di loro: il LaPro (Programma di Pae-saggio) e il FPN (Piano di uso del suolo).

Il LaPro è uno specifico strumento di pianificazione generale e di tutela dell’ambiente, che riguardal’intero territorio del comune di Berlino e formula previsioni per le aree libere ed indirizzi per le areeedificate, individuando le grandi strategie per il verde, la natura ed il paesaggio. La relazione introduttivadel LaPro del 1994 è centrata sul ruolo identitario degli spazi liberi e sugli aspetti della percezione col-lettiva delle relazioni tra storia e natura, per cui vi si afferma: «In nessun altro luogo come all’interno deidiversi spazi liberi si possono chiaramente ritrovare gli indizi della storia culturale, del mutamento socia-le e dello spirito del tempo di diversi secoli… Gli spazi liberi caratterizzano gli aspetti esteriori dellacittà. La loro dimensione ed il loro rapporto armonioso con le costruzioni trasmettono al visitatore laprima impressione, che poi permane. Essi determinano la sensazione di benessere o di disagio nei con-fronti della città e sono fondamentali per l’identificazione degli abitanti con la loro città».

Nel sistema degli spazi liberi sono compresi, oltre alle aree dei grandi polmoni verdi regionali, iparchi ed i giardini, le aree agricole, le aree abbandonate e gli spazi liberi degli ambiti densamente edi-ficati. Le diverse funzioni attribuite al verde ed alle aree libere sono soggette ad approcci analitici e aprovvedimenti operativi diversi: non una semplice zonizzazione del verde organizzata secondo carat-teristiche produttive o tipologie d’uso, ma una classificazione basata sui caratteri strutturali e qualita-tivi, per cui ad ogni categoria funzionale degli spazi aperti corrispondono analisi, valutazioni e provve-dimenti specifici. Due sono le principali categorie funzionali individuate: aree libere importanti per gliusi umani relativi ad interessi culturali e sociali (aree paesaggisticamente rilevanti dal punto di vistastorico ed aree da destinare ad usi ricreativi e sociali), aree libere importanti per le funzioni natura-li, che garantiscono l’approvvigionamento e la ricostituzione delle risorse naturali necessarie agli usiumani (biotopi, aree di compensazione ecologica, aree di tutela dell’aria, del suolo e delle acque super-ficiali e sotterranee).

Il Programma di Paesaggio, che è lo strumento per governare e coordinare le azioni di tutela e svi-luppo del paesaggio, è composto da quattro piani tematici: piano per la protezione della natura e del-

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13Capitolo I

Planimetria ed immagini di MauerPark, a Berlino. Il parco è il risultato di un concorso indetto nel 1992 dal Grun Berlin und GartenGmbH, vinto dall’architetto paesaggista Gustav Lange: un tipico vuoto urbano berlinese della estensione di 13 ettari, attraverso cui sisnodava la costruzione del Muro di Berlino, è diventato anello di congiunzione tra due distretti un tempo divisi. I resti del muro spicca-no alla sommità di un rilievo verde modellato sopra i ruderi dell’ultima guerra e concepito come luogo di quiete e contemplazione, affac-ciato sullo spazio di pianura sottostante dedicato alle attività libere sportivo-ricreative (immagini tratte da Acer n. 4/1998).

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l’ambiente; piano per la protezione dei biotopi e delle specie; piano per l’assetto paesistico; piano perle aree ricreative e gli spazi liberi.

Il primo dei quattro piani tematici ha come obiettivo la salvaguardia ed il miglioramento degli ele-menti ambientali primari (aria, clima, suolo, acque di falda e superficiali). Gli altri tre piani tematici sud-dividono il territorio in tre grandi ambiti, in relazione ai quali vengono diversificate categorie di analisie di intervento: ambiti urbani (suddivisi in aree del centro urbano, verde della città centrale, aree urba-ne di trasformazione con usi funzionali misti, bassopiani/valli fluviali antropizzate); ambiti suburbani (sud-divisi in insediamenti in zone con frutteti, insediamenti in zone a parco, insediamenti in zone boschive);ambiti del paesaggio aperto (suddivisi in aree agricole, aree boschive, aree fluviali e lacustri).

Nel mettere in evidenza come vengono diversificate le categorie di analisi e di intervento per lacampagna berlinese, è opportuno precisare che i terreni agricoli vengono classificati e normati in fun-zione dell’appartenenza agli ambiti suddetti:

- negli ambiti urbani, gli orti urbani costituiscono sia una componente molto importante del siste-ma delle aree verdi, sia un elemento storico rilevante per lo sviluppo della forma urbana; sono di pro-prietà pubblica e rappresentano una tipica forma di area ricreativa, il cui uso è rimasto prevalentemen-te legato alla coltivazione e commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli nella zona est di Berlino,mentre è decisamente cambiato nella zona ovest, dove oggi si trovano giardini tenuti a prato o deco-rati con fiori e piante ornamentali;

- negli ambiti suburbani vengono individuati gli insediamenti in zone con frutteti, dove si prevede: laconservazione, la salvaguardia ed il ripristino delle configurazioni del paesaggio antropico (siepi di pro-tezione, vivai di alberi, fossi, stagni, prati, viali alberati e strade con margini non pavimentati); la salva-guardia e lo sviluppo dei centri dei villaggi con la loro caratteristica flora (giardini dei cottages, alberi achioma larga tipici); la salvaguardia delle coltivazioni arboree; il mantenimento di un’alta quantità dispazi verdi nelle aree di transizione tra edificato e campagna, conservando la tipica vegetazione dellearee agricole;

- negli ambiti del paesaggio aperto vengono individuate le aree agricole dove si prevede di: svilup-pare piani di gestione degli habitat per la conservazione e lo sviluppo dei caratteri paesaggistici tipici;mantenere o ripristinare i collegamenti tra i nuclei rurali esterni ed il territorio agricolo, sviluppandola vegetazione tipica dei luoghi; integrare gli usi agricoli negli spazi liberi ricreativi contigui; promuove-re la produzione agricola ecologicamente orientata e le tradizionali piccole fattorie.

Viene infine affermato che gli spazi liberi in ambito urbano e suburbano possono assicurare unapiù alta qualità del paesaggio e rappresentano il “valore aggiunto” della città in termini di immagine e dimarketing territoriale, per cui sono da considerare un “lusso”, il riconoscimento di tale valore aggiun-to comporta come conseguenza l’internalizzazione dei “costi ambientali” nel processo di valorizzazio-ne immobiliare. Per questo motivo il Programma di Paesaggio fornisce le indicazioni circa le modalitàedificatorie da osservare al fine di mantenere e migliorare la qualità del paesaggio, diventando così unostrumento che valorizza la città anche dal punto di vista economico.

Per curare la configurazione degli spazi liberi viene fondata la società Grün Berlin: infatti la qualitàdella configurazione degli spazi liberi viene ritenuta di fondamentale importanza nella risoluzione deiproblemi della qualità urbana ed occupa un ruolo sempre crescente nella coscienza della cittadinanza38.

2.3 Le campagne urbane francesiA partire dal Settecento è stato costruito in Francia un paesaggio rurale molto apprezzato dai

visitatori e dagli abitanti, come evidenziano le analisi di geografi e sociologi; questo paesaggio conser-va ancora oggi la sua bellezza, grazie alla febbrile attività paesistica degli ultimi 20 anni, che viene sti-molata ma anche ostacolata dai poteri pubblici. Dalla legge sulla protezione della natura del 1976, allepolitiche della Mission du Paysage perseguite dal Ministero dell’Ambiente a partire dal 1979, fino allalegge sul paesaggio del 1993, è stata portata avanti la politica delle cinture, trame e reti verdi, dei Piani

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15Capitolo I

e delle Carte del Paesaggio: un lavoro di “abbellimento” molto ambizioso che punta alla ricostruzio-ne delle campagne danneggiate dai processi di urbanizzazione e di diffusione insediativa che sonoavvenuti dal secondo dopoguerra e che continuano a manifestarsi. È opportuno sottolineare tuttaviache oggi la campagna francese non è soltanto uno spazio di produzione agricola ma anche, come vieneevidenziato dai sociologi, uno spazio che ospita l’insediamento residenziale e include spazi per iltempo libero ed il turismo.

Un importante ruolo di ricerca e di proposta per la riqualificazione delle campagne viene svolto datempo dall’Ecole nationale supérieure du paysage di Versailles, dove lavora anche Pierre Donadieu, ingegne-re, agronomo, geografo ed ecologo, considerato uno dei massimi esperti del paesaggismo in Europa. Eglisuggerisce una tesi da molti ritenuta di grande interesse per il futuro della città contemporanea39, pro-ponendo la seguente riflessione: «Anziché tentare invano di controllare la crescita della città attraversoreti di cinture, fronti e spazi verdi, perché non costruire invece il tessuto urbano a partire dagli spaziagricoli e boschivi? Perché l’agricoltura periurbana non potrebbe essere considerata dai pianificatoricome un strumento di urbanizzazione capace di organizzare durevolmente il territorio della città?»

Dal momento che la crescita urbana da sempre ha cancellato gli spazi agricoli realizzando invece, neicasi migliori, parchi e giardini al suo interno e pianificando aree boscate ai suoi margini, lo stesso autorericonosce che la sua proposta può apparire sorprendente o addirittura utopistica. Allora si chiede sel’agricoltura possa diventare un’attività urbana come le altre ed interpreta l’agricoltura periurbana distin-guendo le forme ereditate dal passato, le forme dell’agricoltura degradata e dell’agricoltura hobbistica delpresente, ma anche quelle forme di agricoltura innovativa che cominciano ad essere praticate.

Pur ammettendo, in accordo con gli economisti, che l’agricoltura periurbana non potrà sopravvi-vere all’urbanizzazione fino a che le differenze tra la remunerazione del lavoro agricolo e la realizza-zione del capitale fondiario non saranno bilanciate, egli indica alcune esperienze positive realizzate inCatalogna (con il Parco agricolo del Llobregat a Barcellona), in Lombardia (con il Parco agricolo Sud diMilano) e soprattutto in alcune regioni della Francia: in questi casi la dinamica delle organizzazioni pro-fessionali agricole e l’effettiva partecipazione delle Regioni e delle stesse città, si sono rivelate potentifattori di regolazione, consentendo ai poteri urbani di mettere in atto forme innovatrici di gestioneagricola delle regioni urbane.

«Accettare l’agricoltura come componente durevole della crescita urbana dipende dunque da unadecisione politica, sensibile sia alla domanda degli agricoltori che a quella dei cittadini», sostiene Dona-dieu, leggendo nei processi di trasformazione in atto un interessante cambiamento delle attitudini edelle aspirazioni delle popolazioni:

- gli agricoltori delle campagne periurbane, che usufruiscono dei servizi urbani e spesso abitano incittà, reinventano inesauribilmente i mestieri agricoli, anche offrendo servizi “alternativi” a quelli deltradizionale rifornimento alimentare (offerta di raccolta diretta dei prodotti agricoli, fattorie pedagogi-che dedicate non solo ai bambini, le quali costituiscono veri centri di iniziazione al mondo rurale edalla natura, fattorie aperte al pubblico per attività di loisir e di turismo rurale, come caccia, pesca, equi-tazione, ristorazione, accoglienza). Essi diventano così agricoltori part-time, ma sono anche giardinieri,paesaggisti loro malgrado, storici, animatori didattici, guide escursionistiche, guardie forestali, allevatoridi selvaggina o di cavalli, acquacoltori, albergatori, cuochi e quant’altro; diventano anche “hobby farmer”,se vendono per diletto la propria produzione;40

- i cittadini affetti da insoddisfazione urbana, che esprimono il desiderio della campagna come cono-scenza di un mondo rurale che è espressione di uno stile di vita sensibile alla terra, apprezzano le formedella campagna sia per le emozioni estetiche, sia per il portato simbolico che esse sono in grado dioffrire; aspirano dunque ad una “campagna paesaggista” che possa offrire servizi culturali e ricreativi,ma che sia anche vitale e sia capace di fornire servizi sociali (mantenimento dell’occupazione nel set-tore agricolo e produzioni biologiche), ambientali (mitigazione del clima, conservazione dei suoli, equi-librio idrogeologico) ed ecologici (conservazione della biodiversità).

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Tuttavia, se le amministrazioni urbane vorranno conservare a lungo gli spazi agricoli ancora pre-senti ai margini della città, dovranno «assicurare tre condizioni necessarie: definire un’unica politica ter-ritoriale che non separi spazi urbani e spazi rurali, garantire l’uso agricolo del suolo e stabilire dei con-tratti tra agricoltori ed enti locali».

Donadieu quindi classifica quattro modelli di agricoltura attualmente esistenti in Europa, affer-mando che la combinazione di questi quattro modelli potrà portare alla nascita delle campagneurbane: l’agricoltura rurale, condotta da imprenditori agricoli occupati a pieno tempo in aziendemoderne, redditizie e competitive; l’agricoltura periurbana, praticata da orticoltori, arboricoltorie giardinieri che lavorano prevalentemente a tempo pieno in piccole aziende, vendendo diretta-mente in città i loro prodotti ed integrando il loro reddito con i redditi non agricoli degli altricomponenti del nucleo familiare; l’agricoltura cittadina, un’attività agricola part-time dove posso-no essere prevalenti i servizi forniti alla città e ai cittadini e pagati da questi ultimi; l’agricolturahobbistica, praticata prevalentemente da cittadini, con coltivazioni amatoriali che valorizzano iloro terreni ma non producono reddito.

In effetti le esperienze francesi puntualmente descritte dall’autore dimostrano che le campagneurbane possono essere considerate un’utopia realistica, a cui si lavora con i progetti di campagne pae-saggiste in molti contesti francesi, sia pure con strumenti diversi che vengono adattati alle peculiaritàdi ciascun contesto e che vengono classificati dall’autore in quattro categorie:

- i Piani del paesaggio, articolati in tre fasi operative (inventario, elaborazione del Code Vert, applica-zione), sono progetti urbani di paesaggio che non vengono applicati ad un perimetro definito, ma aglispazi liberi dei distretti urbani delle conurbazioni di Rennes (1984) e di Angers (1990), progetti cheorganizzano, strutturano, mostrano, gerarchizzano lo spazio, definendo la rete verde delle vallate, lezone boschive, i borghi residenziali e gli spazi di campagna tradizionale; il Code Vert descrive le peculia-rità degli spazi aperti, la loro predisposizione alla trasformazione ed il tipo di intervento suggerito; suc-cessivamente con il progetto di paesaggio «il paesaggista contribuisce a trasformare lo spazio non urba-no in un territorio di vita e di loisir»;

- le Carte del paesaggio, che vengono definite dal quadro istituzionale dei Parchi Naturali Regiona-li francesi (Parchi che, concepiti inizialmente come modelli di sviluppo rurale e come spazi destinati altempo libero, sono entrati ormai a far parte delle cinture periferiche); queste “Carte”, firmate dagliamministratori del parco, sono vere “convenzioni” che formalizzano l’impegno morale degli Enti firma-tari, stabilendo le regole di occupazione dello spazio e prevedendo le condizioni per l’integrazione deiprogetti futuri;

- i Parchi di campagna, che possono essere considerati parchi agricoli arricchiti da specifiche finali-tà paesaggistiche, conservano o realizzano spazi “rurali” in contesti antropizzati, in collaborazione conle iniziative dei cittadini (come a Périgny-sur-Yerres, con «uno dei primi piani di occupazione del suolodella Francia, una vera utopia agricola antiurbana, ruralista e paesaggista più che agraria, che dimostrala necessità di dissociare i processi agricoli da quelli dell’invenzione culturale dei paesaggi di campagna»;come a Vitry-sur-Seine con il Parc de Lilas, un parco misto, metà urbano e metà rurale, quasi intera-mente dedicato a una rappresentazione del lavoro della terra; come a Montpellier, con il Parc de laLironde, dove vengono trasferiti in città i motivi vegetali del paesaggio rurale, considerati un antidotoai tradizionali spazi verdi urbani);

- le agricolture cittadine, che vengono considerate come «agricolture simboliche che collegano lasocietà urbana alla ruralità perduta e lontana»: non reliquie di coltivazioni di verdure, vigne e frutteti,ma «luoghi e forme della memoria, capitali culturali da riutilizzare come isole di rappresentazione sim-bolica e rievocazione di un’identità locale».

Emerge con forza dagli scritti di Donadieu la prorompente carica creativa dei progetti per le cam-pagne urbane, che assegnano allo spazio agricolo il ruolo di spazio dove la società della città del futu-ro possa vivere e lavorare in una condizione di benessere: «l’utopia realistica delle campagne urbane

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17Capitolo I

Planimetria ed immagini del parco urbano della Théols a Issoudum. Un grande quadrato piantumato ad iris e ordinato secondo l’anti-ca suddivisione particellare ortiva è l’elemento centrale di un parco che si basa sulla semplice trasformazione dei coltivi del tessuto orti-colo abbandonato in vegetazione ornamentale, assicurando una transizione di continuità con i frutteti sulle rive del Théols; elementocaratterizzante di tutto il parco è una passerella in materiale ligneo che circonda tutti gli spazi e assicura le connessioni, protendendo-si anche sulle acque del fiume e consentendo suggestive passeggiate (immagini tratte da Acer n. 4/1994).

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assegna volontariamente allo spazio un ruolo mitizzato anzicchè ridurlo ad un semplice supporto iner-te di attrezzature e di pratiche sociali».

Ma emerge anche quanto sia decisivo il ruolo dei poteri urbani, che dovranno promuovere stru-menti di piano e progetti per il paesaggio che considerino in una logica di sistema gli spazi verdi urba-ni e gli spazi rurali, ma dovranno soprattutto garantire l’uso agricolo dei suoli, utilizzando lo strumen-to del contratto con gli agricoltori.

Insistentemente viene ribadita l’esigenza di attivare processi di socializzazione, contemporanei allafase progettuale, per stimolare il coinvolgimento creativo dei residenti che parteciperanno alla realizza-zione degli interventi e ne avranno cura: viene affidata «al paesaggista la missione di riunire gli utentiattorno ad un’intenzione formale che essi possono prefigurare soltanto in qualità di gruppo … gli inter-locutori di un progetto si riuniscono attorno ai rituali laici (riunioni, mostre, messaggi mediatici), indica-no degli emblemi, spazi o oggetti, terre o prodotti agricoli, quindi innestano processi di socializzazioneladdove la dispersione individualistica è la regola».

2.4 I Piani del Verde e le recenti esperienze italianeLa pianificazione del paesaggio in Italia viene resa obbligatoria per tutto il territorio solo alla fine

del XX secolo, con la L.431/85, ma ancora oggi la legge italiana non prevede alcuno strumento di pianoo progetto per il paesaggio a livello locale: alla pianificazione locale ordinaria è affidato il compito diapplicare gli indirizzi e le direttive della pianificazione paesistica di area vasta sovraordinata. In effetti ladiversificazione dei contesti socio-culturali, delle legislazioni urbanistiche regionali e delle attitudinidelle strutture tecnico-amministrative locali, ha portato a strumenti di pianificazione locale molto ete-rogenei nelle diverse regioni italiane, mentre solo occasionalmente alcuni piani di settore hanno inte-ressato in maniera specifica i paesaggi dell’agricoltura anche periurbana.

Durante gli anni ’90 il sistema degli spazi liberi è stato codificato attraverso la formazione di “Piani delVerde”, realizzati in maniera sperimentale in alcune città della Toscana e dell’Emilia Romagna. In genere nonsi tratta di veri strumenti di pianificazione, ma di elaborati propedeutici e/o paralleli al PRG, che offronoall’amministrazione un repertorio di proposte di intervento già selezionate e che costituiscono una baseimmediatamente operativa per l’intervento pubblico in materia di verde urbano e di tutela ambientale.

Nel caso del Piano del Verde di Parma,41 sono stati realizzati elaborati che, dopo aver evidenziatole relazioni tra il tessuto edilizio e la conformazione degli spazi del tessuto verde diffuso e/o puntuale,la presenza di verde lineare o di arredo, le grandi aree libere morfologicamente riconoscibili o prive didisegno, organizzano un abaco di interventi sul sistema delle aree verdi, suddiviso per tipologie di siste-ma e per livelli di intervento: sistema delle aree verdi a scala urbana (verde urbano e di quartiere, verdestorico, verde di arredo e di salvaguardia ecologica); sistema delle aree fluviali (articolate in tratto urba-no, tratto periferico e tratto rurale); sistema delle aree verdi nelle frazioni; paesaggio agrario.

Viene prevista la tutela e valorizzazione dei caratteri del paesaggio agrario con progetti di tutelanaturalistica, con percorsi ed aree di sosta, con progetti di tutela e valorizzazione di giardini e parchistorici e di edifici di interesse storico artistico. I brani di paesaggio agrario che raggiungono le perife-rie urbane incuneandosi tra le direttrici insediative, assumono il ruolo di “cunei verdi”, consideraticome “intrusione funzionale e morfologica” del verde agricolo tra le aree urbanizzate: tuttavia le azio-ni e gli interventi per assicurare la continuità di questa presenza e la qualità dell’habitat rurale non sem-brano essere stati presi in considerazione.

La pianificazione locale sostenibile promossa dalle Agende XXI locali, viene avviata in Italia a parti-re dal 1996 dai Comuni di Bologna e di Roma, poi anche da Torino, Reggio Emilia e Ferrara. Per quantoriguarda i temi del paesaggio e della natura, risulta interessante l’esperienza bolognese42 che definisce un“sistema a rete” continuo, dalle aree urbanizzate agli ambiti extraurbani, sistema che comprende tutti glispazi liberi del territorio comunale e che assegna ad essi il ruolo di assicurare sostenibilità alle ipotesidi sviluppo, sia con il riequilibrio ecologico dell’ambiente urbano, sia con l’uso sociale e ricreativo di

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molte aree pubbliche. Gli interventi più significativi riguardano l’incremento della superficie delle areeverdi pubbliche, la creazione di una fascia boscata di cintura, la creazione di parchi lungo fiume, la defi-nizione di cunei agricoli periurbani e le iniziative per la costruzione della rete ecologica.

Contemporaneamente la Provincia di Bologna, con il sostegno dell’ Unione Europea nell’ambitodel Programma Life ’95, ha realizzato il Progetto P.EG.A.SO.,43 finalizzato alla salvaguardia attiva del-l’ambiente nelle aree periurbane. Il progetto, nel descrivere l’assetto territoriale della pianura bolo-gnese, identifica anche la “fascia dello sfrangiamento insediativo periferico” ed i “cunei di territorioagricolo periurbano” a ridosso della città compatta, dove gli insediamenti sono nati dal nulla o intor-no a modesti nuclei preesistenti e sono abitati da una popolazione che prevalentemente per motividi convenienza economica, ha dovuto scegliere di vivere fuori città; quindi definisce un quadro di azio-ni e di politiche che riguardano essenzialmente sia limitate possibilità espansive possibili solo lungo letre principali direttrici insediative, sia la ricucitura delle forme urbane e la riqualificazione degli inse-diamenti esistenti; per i cunei di territorio agricolo compresi tra le tre principali direttrici insediati-ve, i quali assumono le valenze economiche, sociali e paesaggistiche di “paesaggio-cornice” degli inse-diamenti urbani (valenze che vanno ben al di là della loro utilizzazione agricola), vengono sollecitatepolitiche di tutela e valorizzazione, proponendo il finanziamento di progetti che orientino le trasfor-mazioni del settore agricolo sul piano economico e su quello morfologico. Dunque nel progettoP.EG.A.SO. è presente una specifica considerazione della valenza paesaggistica, sociale ed economicadel territorio agricolo periurbano: a tal fine vengono sollecitate politiche di tutela e valorizzazione darealizzare mediante specifici progetti per il paesaggio. Progetti che potrebbero utilizzare le misureincentivanti comunitarie e trovare attuazione negli ambiti dei cunei agricoli periurbani definiti anchedello strumento di pianificazione locale.

Invece nelle altre esperienze di pianificazione locale già citate che declinano obiettivi di sostenibilità,nell’ambito del sistema degli spazi liberi, che include sempre gli spazi agricoli, vengono trascurati i proble-mi dei paesaggi della campagna urbanizzata (o della città diffusa).Tuttavia questi problemi vanno affronta-ti perché, come abbiamo visto, questa periferia emergente44 presente ai margini delle città italiane, non ècapace di esprimere un nuovo concetto di abitare non essendo il risultato di un nuovo sistema di valoricollettivi: eppure con questa realtà si dovrà necessariamente confrontare qualsiasi progetto che aspiri arealizzare obiettivi di “sviluppo sostenibile” e di “qualità paesaggistica” per la città contemporanea.

Obiettivi per i quali sembra possibile indicare due tipi di strumenti di tutela e valorizzazione perla campagna periurbana, applicabili nel contesto italiano:

- il confronto delle esperienze italiane con il Code Vert dei Piani del Paesaggio francesi e con il Pro-gramma di Paesaggio berlinese, evidenzia il ruolo svolto in quei casi dal sistema degli spazi liberi, ruoloche mette in relazione le risorse presenti con le potenzialità latenti, connettendole in un sistema inte-grato, ai fini della trasformazione sostenibile del paesaggio urbano: i Piani del Verde potrebbero assu-mere questo ruolo e costituire veri manuali di gestione degli spazi liberi e del verde urbano e periur-bano, definendo strategie e azioni per costruire le campagne urbane e migliorare il futuro della cittàcontemporanea;

- con il nuovo Piano Paesaggistico del D. Lgs. 42/2004 viene introdotta, come si è già ricordato, unainnovazione che sembra possa essere utiizzata per avviare una politica per il paesaggio dei margini urba-ni finalmente concretamente operativa: si tratta dei “progetti prioritari e delle relative misure incentivan-ti”, progetti che potrebbero realmente guidare i processi di trasformazione sostenibile del paesaggio,applicando le sollecitazioni avanzate dalla Carta di Napoli. Un progetto prioritario per i paesaggi periur-bani più a rischio potrebbe permettere la costruzione delle campagne urbane (intese come nuovi benipaesaggistici), proponendosi come “utopia realistica” per la città contemporanea: infatti la campagna urba-na, come sostiene M. Mininni, assume il valore di infrastruttura naturale di interesse pubblico, un nuovobene pubblico (appartenente alla categoria dei beni paesaggistici) dove si sviluppano insieme le attivitàagricole e le pratiche dell’abitare, un paesaggio da costruire con gli agricoltori e con gli abitanti: «i pre-

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supposti perché una campagna urbana diventi un nuovo territorio da abitare sono quelli di coniugare lepolitiche agrarie con una nuova declinazione di governo dello spazio urbano policentrico, purchè siagarantito l’uso agricolo del suolo attivando ampie basi di collaborazione tra enti locali ed agricoltori, nelrispetto delle nuove indicazioni comunitarie dello SSSE sulla salvaguardia dello spazio agricolo nelle areemetropolitane, preservando il ruolo ed il mestiere degli agricoltori e la loro vocazione ad essere né giar-dinieri né guardiani di musei, ma piuttosto imprenditori paesaggisti». Gli agricoltori urbani potrebberodunque svolgere il ruolo di manutentori del paesaggio agricolo ed essere coinvolti nel rispetto dell’am-biente e nel corretto inserimento degli interventi nel paesaggio, attraverso convenzioni e/o contratti digestione con l’amministrazione locale, che potrà concedere contributi agli imprenditori agricoli a condi-zione che essi garantiscano sostenibilità, fertilità ed accessibilità secondo il principio di condizionalità a cuisi ispira l’ultima riforma della PAC e la recente legge italiana.

Per le campagne urbane sarebbe dunque possibile un progetto di paesaggio come processo di pro-duzione di un territorio basato sull’anticipazione del suo divenire sociale e spaziale, affinchè la nuovaperiferia possa diventare «un laboratorio di idee in cui sperimentare nuove forme di convivenza socia-le che producano spazialità innovative, ma non necessariamente nuove, che una nuova cultura del pae-saggio avrà il compito di riconoscere e progettare per renderle abitabili»45.

3. Costruzione e declino del paesaggio della Conca D’Oro

3.1 C’era una volta una città nel giardinoSe vogliamo confrontare le esperienze del panorama europeo ed italiano con la realtà palermita-

na, o meglio con le prospettive che si aprono per questa città dopo l’approvazione della Variante Gene-rale di Piano Regolatore e con gli studi di fattibilità ed i progetti in cantiere, ci accorgiamo che è diffi-cile ma non impossibile fermare il processo perverso di edificazione della pianura costiera che ospitala città, processo che ha caratterizzato gli ultimi decenni del secolo scorso e che ancora oggi si mani-festa, malgrado le buone intenzioni espresse negli originari documenti di pianificazione.

Infatti il patrimonio paesaggistico-ecologico di questo angolo di Sicilia racchiuso tra i monti diPalermo è ancora in grado sia di raccontare gli intrecci tra la storia delle culture che lo hanno abitatoe la natura dei luoghi, sia di affascinare per la sua bellezza paesaggistica fondata soprattutto sulla soprav-vivenza dell’antico orto-frutteto e dei giardini delle ville di campagna, «risultato di una natura disegna-ta dal lavoro dell’uomo, resa vicina ed amichevole» (Barbera, 2003); è indispensabile che le forze miglio-ri della cultura e dell’imprenditoria locale acquistino la capacità di progettare il futuro di questa cittàper proteggere il suo patrimonio di storia e di natura (il project to protect anglosassone) messo a rischioda consuetudini amministrative che sembra non siano in grado di rinnovarsi per guidare e sostenereun processo di riqualificazione e di valorizzazione possibile, contrastando le aspettative illegittime checontinuano a manifestarsi.

Una ricchissima letteratura e le innumerevoli straordinarie testimonianze del passato, spessosopravvissute fino ai nostri giorni, raccontano Palermo come un insediamento posto nel cuore di unospettacolare anfiteatro immaginato dalla natura, racchiuso e protetto da una corona di monti, affaccia-to sul mare e definito dai promontori costieri di Monte Pellegrino e Monte Gallo, con una linea di costauna volta ricca di approdi naturali. Il clima e la ricchezza d’acqua determinati dai caratteri geomorfolo-gici dell’area, ma anche la capacità di utilizzare sapientemente la risorsa idrica da parte di una popola-zione che è stata in grado di assimilare ed adattare ai luoghi ciò che diverse culture sono andate intro-ducendo, sono i principali fattori che hanno contribuito a definire i caratteri di questo paesaggio.

Sembra che Palermo fosse denominata “Fiore” (Ziz o Tsits) al tempo dei Fenici, raccontata come“Paradiso di tutta la Sicilia”46, immersa nei parchi e giardini che, dalla pianura costiera solcata dal fiumeOreto e da numerosi corsi d’acqua a regime torrentizio, si protendevano fino alle pendici dei rilievi e

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raggiungevano le vicine valli costiere ed i boschi nei territori montani. Questo “paesaggio culturale” èil risultato di un lungo processo di costruzione che parte dalla preistoria, si consolida in epoca classi-ca e poi viene indirizzato magistralmente dalla scienza agronomica arabo-andalusa, una scienza che G.Barbera definisce “moderna”, che «conosce a fondo le opere classiche greche, romane ed orientali, lesottopone al vaglio di una originale sperimentazione locale, ne approfondisce le basi teoriche, ... intro-duce la consapevolezza che si opera in uno spazio idraulico all’interno del quale diverse tecnologie con-corrono ad utilizzare al meglio la risorsa acqua, differenziando nel tempo e nello spazio le produzioni,collegando in sistema le diverse funzioni irrigue, energetiche, microclimatiche, estetiche... »47.

La presenza di numerose sorgenti, di corsi d’acqua e di un ricco sistema di canalizzazioni alimen-tava la campagna irrigua, i parchi ed i giardini (i “paradisi” di origine islamica), occasione di insediamen-to fuori città: il paesaggio agricolo e boscoso estremamente ricco e vario, racchiuso dalla corona deimonti, circondava la città-oasi della cultura araba, una città ricca di giardini e circondata da un giardinopiù grande48. I re normanni consolidarono questo modello, scegliendo questi luoghi per i propri parchidi delizie e di caccia, sia attorno al Castello di Maredolce, con il suo lago ed il suo parco già residenzadell’Emiro Giafar, sia a monte dell’insediamento urbano, verso Monreale, con la Real Tenuta conosciu-ta come Parco del Genoardo (il cui significato letterale è “paradiso terrestre”), ma anche lungo le pen-dici dei monti, ad Altofonte e nell’entroterra boscoso, fino alla Rocca Busambra.Tutta la piana di Paler-mo, era ricca di manufatti architettonici immersi nel verde dei giardini, con piscine e ruscelli artificiali.Nell’alto medioevo il nucleo urbano arabo verrà racchiuso entro la cinta muraria, mentre nel paesag-gio extra-moenia la raggiera degli antichi percorsi stradali ed idraulici, ancora leggibile, connetteva castel-li e ville, coltivi e piccoli nuclei rurali.

Nel XIII° secolo Federico II di Svevia userà i parchi dei re normanni per le sue battute di caccia eper la vita di corte, rinnovandoli ed arricchendoli di specie vegetali e animali. Nel secolo successivo lafamiglia Chiaramonte inaugura in città la stagione dei giardini chiusi connessi alla casa, con il vasto giar-dino impiantato alle spalle del suo palazzo su Piazza Marina. In epoca rinascimentale, la presenza dinumerosi giardini e parchi aristocratici viene documentata da numerosi studi e pubblicazioni che descri-vono l’armonia, i colori, i profumi e la ricchezza di specie vegetali presenti in questi poderi “fruttiferi edilettevoli”49; sempre vengono puntualmente elencate le specie vegetali presenti, costantemente incre-mentate dalla introduzione ed acclimatazione di specie esotiche che contribuiscono ad accrescere lavarietà genetica di quello che viene oggi definito «il germoplasma frutticolo della Conca d’Oro»50.

A fine Cinquecento gli interventi in città si connettono a quelli fuori città con lo scenografico“trionfo” di punti significativi che si innestano sulla trama medioevale dei luoghi dell’acqua: nel cuoredella città ritroviamo la Fontana Pretoria e fuori città, lungo lo stradone di Mezzomonreale (il viale conil doppio filare di pioppi che prolunga fino alla corona dei monti la misura urbana del Cassaro, taglian-do trasversalmente l’antico Genoardo e le vie sotterranee d’acqua tra l’Uscibene, le due Cube e laZisa), venivano sistemate le nuove fontane di Mariano Smiriglio, di cui rimane l’unica superstite nell’ese-dra che fronteggia l’Albergo delle Povere.

Il carattere insieme produttivo e paesaggistico continuerà a connotare parchi e giardini privati finoall’Ottocento, con il ricchissimo sistema delle residenze suburbane dell’aristocrazia palermitana, chedalla Piana dei Colli si estende fino alla campagna di Bagheria, dando vita ad un assetto territoriale cheancora costituisce la regola del territorio periurbano, regola stravolta ma non ancora definitivamentecancellata dal recente sviluppo della città. Questo paesaggio agricolo-culturale affascina Ferdinando diBorbone quando stabilisce a Palermo la residenza della Corte Reale.

Egli acquisisce brani di alcuni feudi aristocratici e delimita un vasto parco di 400 ettari, che si esten-deva ai piedi di Monte Pellegrino, dalla Piana dei Colli fino al pantano di Mondello: il Real Parco dellaFavorita, come la Reggia di Portici, offriva la duplice attrattiva della caccia e della pesca, ma il Re volleche nel parco fossero sistemate vaste aree per la sperimentazione agraria, che doveva convivere conil territorio della caccia e con i giardini di delizie.

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Successivamente Francesco I di Borbone acquisisce alcuni feudi aristocratici a valle della borgatarurale di Boccadifalco e vi organizza la Real Tenuta di Boccadifalco, dove le attività di sperimentazioneagricola e zootecnica si affiancano alla sperimentazione botanica e ad alcune attività imprenditoriali chesi insediano al margine del parco borbonico51.

Fra la fine del Settecento ed i primi anni dell’Ottocento la sperimentazione agricola si consolida,anche grazie all’istituzione della prima Cattedra di Agricoltura e con le prime realizzazioni private dicampi sperimentali di agricoltura. Giuseppe Riggio, principe di Aci, li realizza nella depressione del tor-rente Kemonia, le cui acque erano state deviate verso il fiume Oreto; in questi giardini e nei terrenicontermini, più volte sistemati a parco a partire dal 1857 da diversi personaggi della famiglia degliOrleans, rimarranno sempre ampi spazi riservati in particolare alla coltivazione di agrumi, che vengo-no importati da vari paesi e di cui rimangono ancora molti esemplari oggi ricompresi nei campi speri-mentali della Facoltà di Agraria.Ai margini della città antica si andavano localizzando alcune istituzionipubbliche, tra cui la Villa Giulia (1777), uno dei primi giardini pubblici italiani, l’Orto Botanico (1789) afianco della villa pubblica e l’Istituto Agrario Castelnuovo (inizi Ottocento). Ma durante i moti rivolu-zionari del 1820 vengono devastati molti giardini sia pubblici che privati; ciò malgrado una notevole per-manenza di queste sistemazioni attorno alla città è documentata dalle carte storiche, in particolaredalla Carta di Palermo e dintorni, realizzata a colori in scala 1:5000 dall’Ufficio topografico di Napolinel 184952. Dalla sperimentazione agricola deriva una radicale trasformazione della campagna palermi-tana, con una massiccia riconversione delle coltivazioni in agrumeti, grazie alle nuove tecniche agrono-miche ed alla accresciuta disponibilità d’acqua resa possibile dalle nuove macchine idrauliche. L’interaarea periurbana si trasforma in una conca verdissima che si merita il nome di Conca d’Oro; anche iboschetti a paesaggio ed i giardini simmetrici che adornavano le antiche residenze extraurbane, diven-tano agrumeti. La produzione degli agrumi sarà tanto remunerativa da attirare mano d’opera dalle cam-pagne delle aree interne, dando vita allo sviluppo delle borgate agricole attorno ai nuclei generatoricostituiti dalle antiche residenze aristocratiche.

Da quando Ernesto Basile nel 1850 realizza il Giardino Inglese, applicando le teorie del romantici-smo e del naturalismo pittorico, si apre una nuova stagione nella cultura locale del giardino: nelle proprie-tà dell’aristocrazia e della ricca borghesia palermitana, il giardino romantico, arricchito dalla presenza dispecie esotiche, si sovrappone al preesistente giardino geometrico. La città si arricchisce di spazi sugge-stivi, ricchi di specie di interesse ornamentale che vengono importate ed acclimatate nell’Orto Botanicoe nei giardini dell’aristocrazia. Nel 1891, in occasione dell’Esposizione Nazionale di Palermo, si svolge unamostra speciale di orticoltura che assegna un ruolo importante agli espositori palermitani.

Dal 1886 il Piano Giarrusso organizza la nuova urbanizzazione immediatamente a ridosso del cen-tro storico: contrappone al modello antico della raggiera di strade che connetteva la città alle residen-ze extraurbane, alle borgate rurali e marinare ed ai vicini centri abitati, un disegno a scacchiera, impo-stato sull’asse urbano secondario, parallelo alla costa, determinando il nuovo orientamento della strut-tura urbana. Questo tessuto urbano, fra la fine dell’Ottocento ed i primi anni del nuovo secolo, ospital’influenza della cultura inglese con l’idea della città giardino e la moda del “cottage garden” e del giar-dino composito che si ispira al movimento “Arts and Craft”: un movimento artistico che aspira ad uma-nizzare l’ambiente urbano attraverso l’arte, promuovendo una riforma globale delle condizioni di vitae portando ad apprezzare il “giardino naturale”.Al modello della città giardino si ispirano le realizza-zioni del primo nucleo della città balneare di Mondello e del quartiere Matteotti alla periferia nord dellacittà; cottage e giardini compositi, dove convivono lo stile informale e lo stile geometrico, vengono rea-lizzati sia nei giardini di queste nuove sistemazioni, sia nei giardini delle ville urbane che si allineavanolungo via Libertà e via Notarbartolo.

Intorno alla città, dalla Piana dei Colli alla pianura pedemontana occidentale, dalla valle dell’Oretoalle pendici di Monte Grifone, fino alla piana di Bagheria, la presenza di ville e relative pertinenze è con-tinua e presenta un assetto che deriva dalla trasformazione dei grandi latifondi seicenteschi, prevalen-

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temente in mano alle famiglie nobiliari ed agli ordini ecclesiastici: la moda della villeggiatura ne avevadeterminato il frazionamento, ma non la trasformazione. Ogni proprietà è separata dall’altra da stradeinterpoderali e vicinali, spesso fiancheggiate da canali irrigui: dove le strade si collegano ai percorsi prin-cipali, a ridosso della villa padronale, sorgono le borgate.

E’ questo un momento felice per Palermo, malgrado le tensioni e le contraddizioni che nascevanodal degrado e dal sovraffollamento del suo centro storico: una città dove convivevano grandi tensionisociali ed una straordinaria vivacità artistica e culturale. E’ la Palermo del liberty, dove cenacoli e circo-li di artisti, scienziati, professionisti ed imprenditori animano la vita culturale e mondana, mentre lanuova classe borghese mercantile ed imprenditoriale, con le dinastie simbolo dei Florio e dei Whita-ker, assume il ruolo guida dell’amministrazione locale e mantiene rapporti continui con i circuiti nazio-nali ed europei. E’ la città rappresentata nelle vedute di paesaggio di molti artisti siciliani, tra i qualiemerge la figura di Francesco Lojacono, le cui opere hanno contribuito a far conoscere la straordina-ria bellezza di questa terra in tutto il mondo: ancora alla fine del 1951, quando veniva considerata con-clusa la prima fase dello sviluppo urbanistico previsto dal Piano di Ricostruzione,53 era possibile rico-noscere il permanere della speciale identità di questa città ricca di giardini, circondata da un giardinopiù grande. Una città immersa in un immenso giardino mediterraneo, intessuto di uno straordinariopatrimonio insediativo rurale e villereccio e caratterizzato dalla prevalenza di estesi agrumeti e dallacompresenza di frutteti, vigneti, orti irrigui e quant’altro: immagine restituita scientificamente dallaCarta dell’uso del suolo al 1912, realizzata dalla CIA nell’ambito dello studio agricolo/forestale del1995, propedeutico alla Variante Generale di PRG.

Ma i cambiamenti in corso nella società siciliana erano epocali e condizionarono fortemente il futu-ro della città: «La scomparsa della proprietà di vecchio tipo ed il fallimento della riforma agraria cheavrebbe potuto correggere il rapporto città-campagna essenziale nella civiltà moderna, giocano un ruolodecisivo a predeterminare certe caratteristiche della città. Unitamente all’agricoltura tutto il settore adessa collegato viene fortemente ridimensionato, subendo un vistoso arretramento economico. L’inurba-mento di masse di popolazioni che non trovano più alcuna sistemazione in queste attività determinanella città una trasformazione e decreta il suo passaggio da consumatrice di rendite agricolo-feudali afornitrice di servizi fondati, come l’intero mezzogiorno, sul sottosviluppo. Nella città ulteriormente inve-stita dai fenomeni di crescita connessi alla sua posizione di capitale aumenta la massa degli impiegatiaddetti agli uffici, ai servizi, al commercio, perpetuandosi un processo che ha origine antica»54.

Cambiamenti che si riflettono nella lunga vicenda del Piano Regolatore, avviata nel 1956 e conclu-sa nel 1962, durante la quale vengono poste le premesse per il futuro dei giardini urbani e della cam-pagna palermitana: per i parchi ed i giardini privati adiacenti o interni al tessuto urbano e tutelati dalPiano, prosegue o si avvia un lentissimo processo di acquisizione all’uso pubblico; per i giardini delleville nella campagna periurbana e per il tessuto agricolo-rurale inizia invece un processo di declino cheprosegue fino ai nostri giorni.

3.2 Gli spazi verdi di uso pubblico nella storia della cittàLa notevole presenza di parchi e giardini privati nella città della metà del secolo scorso si confron-

ta con la contemporanea esiguità degli spazi verdi a disposizione della collettività. I giardini realizzatiappositamente per l’uso pubblico erano concentrati soprattutto lungo il fronte a mare della città anti-ca, con la presenza della Villa Giulia, della Passeggiata della Marina e della Passeggiata delle Cattive rea-lizzata sulle mura cinquecentesche; dopo il Giardino Inglese sull’asse di Via Libertà ed il Giardino Gari-baldi a Piazza Marina, alla fine del secolo e nei primi anni del Novecento vengono realizzati il giardinodi Villa Bonanno a Piazza Vittoria, il giardino di Piazza Indipendenza e quello di Piazza Niscemi, oltre allesistemazioni a verde di spazi urbani e piazze circondate ed intersecate dalla viabilità, quali Piazza Caval-lo Marino, Piazza S.Francesco di Paola, Piazza Sant’Oliva, Piazza Castelnuovo, Piazza Principe di Campo-reale, Piazza Alberigo Gentili e Piazza Don Bosco.

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Mentre in molte città europee ed italiane grandi giardini e parchi privati venivano progressiva-mente aperti al pubblico fin dalla metà del Seicento, a Palermo questa consuetudine viene introdot-ta solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando il Parco della Favorita passa alla Casa Reale sabau-da e qui si concentrano le attività ricreative e sportive dell’epoca. Purtroppo non viene avviata alcu-na politica di valorizzazione e tutela del parco, il quale invece nel 1927 viene smembrato ed assegna-to in parte all’Amministrazione militare, che lo userà per manovre ed esercitazioni, in parte alDemanio comunale. Alla stessa data risale l’unico tentativo di sistemazione della Favorita comeparco per la città: il progetto di Ernesto Basile introduce nel parco aree destinate ad impianti spor-tivi (successivamente vi verranno realizzati lo Stadio Comunale, lo Stadio delle Palme per l’atleticaleggera, l’Ippodromo, la Piscina comunale, il Circolo del tennis, l’impianto per il bowling), ne prevedeuna parziale sistemazione a parco delle rimembranze, che non sarà mai attuata, mentre conferma gliusi agricoli consolidati.

Nel dopoguerra il processo di sottrazione del parco alla città prosegue, lento ed inesorabile: anchese per l’urbanistica palermitana la Favorita costituirà sempre un grande spazio verde utile a far lievita-re la dotazione di verde relativa agli standards urbanistici, in realtà non verrà mai sistemata in modo dagarantirne una effettiva utilizzazione. Il progetto vincitore di un concorso bandito dall’Amministrazio-ne comunale nel 1952 introduce l’idea di utilizzare i viali del parco per il traffico di collegamento conla città balneare di Mondello, che andava acquisendo intanto un rilevante peso demografico e comin-ciava ad urbanizzare la campagna tra la costa e la Piana dei Colli. Questa idea trova rapida attuazioneed avvia un processo di degrado che è proseguito fino al 199655, frenato solo in parte dalla presenzadegli agricoltori che, in regime di concessione, hanno continuato a far sopravvivere un patrimonio vege-tale di grande interesse.

Diversa, ma ancora più sconfortante, la storia degli altri grandi parchi palermitani: il Real Sito diBoccadifalco viene in parte smembrato e privatizzato56; il Parco del Principe di Aci, passato alla Fami-glia degli Orleans, subisce continue trasformazioni per tutto l’Ottocento e dopo l’alluvione del 1931,quando le acque del Kemonia (già deviato verso l’Oreto con il canale Badami) si riappropriano del-l’antico tracciato, viene ancora restaurato ed arricchito; poi, a partire dal 1950 viene smembrato evenduto all’Università, alla Regione Siciliana ed al Comune di Palermo; il giardino all’italiana realizza-to nel 1856 da Luigi Filippo, verrà aperto al pubblico nel 1956, insieme al contiguo giardino zoologi-co su Via Re Ruggero, realizzato in quell’anno dalla Regione Siciliana che aveva acquisito anche Palazzod’Orleans per sistemarvi la Presidenza.

Il Piano Regolatore adottato nel 1956 aveva previsto la tutela a verde privato o la destinazioneall’uso pubblico dei più rilevanti giardini privati, includendoli nei quattro “cunei verdi” destinati a parcoe ad attrezzature, inseriti nel cuore del nuovo tessuto urbano compatto a valle della circonvallazione:la Favorita, Monte Pellegrino,Villa Ajroldi,Villa Papa D’Amico;Villa Bordonaro, Giardino Inglese,Villa Tra-bia; Parco del Kemonia, Giardino d’Orleans, Piazza Indipendenza,Villa Bonanno; Parco dell’Oreto, OrtoBotanico,Villa Giulia. Queste previsioni, che erano state in parte modificate durante il tormentato pro-cesso di approvazione del Piano, saranno confermate dal Decreto di approvazione del Giugno 1962,con il quale viene affermata «l’utilità delle funzioni del verde pubblico nell’agglomerato urbano per lasalute pubblica e la vita collettiva».

Solo agli inizi degli anni ’90 vengono acquisiti all’uso pubblico i giardini di Villa Niscemi e Villa Tra-bia, mentre altri giardini privati, come Villa Malfitano e Villa Filippina, vengono aperti al pubblico solooccasionalmente. Contemporaneamente una rinnovata attenzione per il verde in città ha portato final-mente alla sistemazione di piccoli spazi nei quartieri residenziali e popolari che erano già destinati averde di quartiere, ma erano rimasti a lungo inutilizzati.

La recente nuova stagione di sistemazioni a verde di Piazza Magione (grande vuoto urbano nelQuartiere Tribunali), del Foro Italico (sulla discarica costiera delle macerie dell’ultima guerra) e delgiardino della Zisa, ha offerto finalmente alla città nuovi spazi verdi di dimensioni significative. Ma

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La campagna palermitana all’inizio del ‘900, rappresentata nella carta dell’uso delsuolo al 1912 (dallo Studio Agricolo Forestale realizzato dalla CIA nel 1995) e nelparticolare di un dipinto di Francesco Lojacono (dal catalogo della Mostra tenuta aPalermo presso la Galleria Civica d’Arte Moderna, ottobre 2005-gennaio 2006).

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queste sistemazioni appaiono lontane sia dalla ricchissima tradizione della cultura dei giardini diPalermo, sia dalle contemporanee sistemazioni di parchi e di spazi verdi nelle città europee ed ita-liane; tuttavia con la sistemazione del Foro Italico è stato finalmente regalato alla città un grandeprato verde costiero, uno spazio che appaga il bisogno di natura espresso dalla società contempo-ranea, dove è possibile ogni giorno passeggiare, socializzare e giocare all’aperto, permettendo agliabitanti di sperimentare un modo diverso di vivere in città, che dovrebbe essere garantito per tuttoil contesto urbano.

3.3 Il nuovo rapporto città-campagna e la dismissione del patrimonio rurale periurbanoAnche se i redattori del PRG adottato nel 1956 ipotizzavano che il numero degli addetti alle atti-

vità primarie sarebbe rimasto invariato, la destinazione d’uso a verde agricolo non veniva consideratacome indicativa di un uso preminentemente agricolo, bensì come zona agricola con possibilità edifica-toria originariamente fissata in 0,10 mc/mq, dove veniva ammessa anche la realizzazione di attrezzatu-re pubbliche urbane (previa delibera comunale); la possibilità edificatoria verrà poi portata a 0,20mc/mq dal decreto di approvazione del Piano che, nel confermare la destinazione d’uso di verde agri-colo per tutto il territorio, dal margine urbano al confine comunale, precisa: «il contenimento delle pos-sibilità edificatorie assicurerà a queste zone un aspetto rurale».

In realtà con il Piano Regolatore rimasto in vigore dal 1962 al 1997 e sottoposto ad innumerevolivarianti, lo sviluppo urbano privilegia le attività produttive legate all’edilizia e, con il disegno di una nuovaurbanizzazione omologante, sconvolge la regola antica che strutturava il territorio, cancellando interibrani del territorio rurale che per secoli aveva vissuto in simbiosi con la città. Con la realizzazione deinuovi quartieri vengono progressivamente cancellate sia le distese di orti che si adagiavano lungo il lito-rale sud da Sant’Erasmo ad Acqua dei Corsari, sia gli agrumeti, i frutteti ed i giardini di pertinenza delleville a ridosso della città e ricadenti nella nuova compagine urbana prevista dal Piano, che si estendevafino alla circonvallazione; al di là di essa, grandi quartieri popolari localizzati nel cuore dei territori agri-coli, hanno costituito le teste di ponte della urbanizzazione della campagna periurbana; a nord, nella Pianadei Colli, dove grandi fondi agricoli coltivati ad agrumi appartenevano ad una sola famiglia aristocratica,interi rioni si sovrappongono ad un unico fondo, cosicché gran parte delle antiche residenze di villeggia-tura perdono il proprio contesto e rimangono soffocate nel nuovo tessuto edilizio.

La progressiva caduta dei redditi di un’agricoltura sempre più impoverita, insieme al bisogno difuga dalla città espresso dalla società contemporanea, avvia negli anni ’70 l’inarrestabile processo didiffusione insediativa nel cosiddetto “verde agricolo”, dove le “contenute possibilità edificatorie”hanno permesso la realizzazione di interi quartieri di villette residenziali e dove la pratica dell’abu-sivismo non è stata adeguatamente controllata; questi insediamenti hanno invaso gran parte dellapianura agricola e si sono estesi anche sugli ambiti pedemontani, raggiungendo perfino l’ambitomontano di Pizzo Sella.

Oggi la campagna che sopravvive ai margini della città conservando ancora gran parte del suostraordinario patrimonio paesaggistico, ha drasticamente ridotto la propria capacità di sussistenza, dasempre legata alla prossimità urbana e ad una sapiente organizzazione irrigua, trasformandosi lenta-mente in una campagna urbanizzata che presenta caratteri insediativi molto diversificati:

- a ridosso della costa all’estrema periferia sud rimane una consistente presenza di orti e di agru-meti, soffocati tra le propaggini insediative delle borgate di Acqua dei Corsari, Bandita e Roccella e deli-mitati a nord dai margini dell’area industriale di Brancaccio;

- nelle pianure e sugli ambiti pedemontani ad oriente ed a nord del massiccio di Monte Grifone,come pure all’interno e a ridosso dell’incisione fluviale dell’Oreto, esiste ancora un contesto rurale conforti caratteri identitari e consistenti dotazioni irrigue, con una realtà agricola sufficientemente reddi-tizia, malgrado una situazione proprietaria frammentata e malgrado alcune inopportune intrusioni inse-diative (i fondi di un’unica famiglia, frazionati per le successioni ereditarie, sono passati a mezzadri e

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La campagna palermitana contemporanea, rappresentata nellacarta dell’uso del suolo al 1995 (dallo Studio Agricolo Forestale rea-lizzato dalla CIA nel 1995) e in una foto dell’autore.

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contadini che ne hanno garantito l’unità fisica e che, essendo tradizionalmente legati alla coltivazionedella terra, non sono stati interessati finora ad alienarla con finalità speculative);

- nella valle dell’Oreto la campagna irrigua compresa tra l’incisione fluviale e la viabilità che colle-ga Palermo a Monreale (campagna che si estende verso l’interno della vallata in territorio di Monrea-le), ha subito un processo di diffusione insediativa che ha occupato buona parte del territorio agrico-lo, frantumando un delicato habitat rurale; oggi ospita una popolazione urbana che vive per motivi diconvenienza economica in una campagna impoverita e ritagliata dalle infrastrutture stradali, la quale vaprogressivamente perdendo ogni carattere di ruralità;

- nella pianura occidentale la campagna residuale, che conserva ancora gran parte del suo riccopatrimonio identitario, si presenta estremamente frammentata dalla crescita urbana che ha stravol-to gli antichi sistemi di irrigazione; anche se risulta prevalentemente abbandonata perché in attesa diprobabile edificazione, conserva ancora una successione di aree agricole marginali ed un consisten-te tessuto agricolo legato soprattutto alla presenza delle proprietà demaniali del Real Sito di Bocca-difalco;

- dalle pendici di Monte Gibilforni fino alla borgata della Molara ed attorno alla borgata di Cruil-las, si estende l’estrema propaggine della pianura occidentale; qui la campagna è meno ricca di dotazio-ni irrigue e di caratteri identitari ed è interessata da una recente e disordinata diffusione insediativaprevalentemente abusiva che ha scardinato ed impoverito un paesaggio rurale strettamente connessoall’ambito collinare pedemontano;

- infine nel ricchissimo contesto storico-architettonico della Piana dei Colli, la campagna è attra-versata dalla nuova viabilità di collegamento urbano, circonda i quartieri popolari dello ZEN 1 e delloZEN 2 ed ospita sia una estesa diffusione insediativa costituita dai complessi residenziali villerecci dellaborghesia palermitana che raggiungono Mondello, sia una diffusa presenza di attrezzature urbane e diattività commerciali e ricreative.

Lo studio agricolo forestale già citato mette in evidenza che la perdita di territorio agricolo è assaipiù rilevante di quanto era stato previsto dal PRG approvato nel 1962: infatti tra il 1970 ed il 1982 lasuperficie agricola utilizzata si è ridotta da 7562 ha. a 6308 ha, poi con una forte accelerazione, si èulteriormente ridotta a 4233 ha. nel 1990; lo stesso studio evidenzia, nella Carta dell’uso del suolo al1995, la drastica riduzione della diversificazione delle coltivazioni presenti e l’estensione delle superfi-ci con arboreti incolti o in fase di abbandono.

3.4 Il Sistema del Verde nella Variante Generale di PRGNella relazione della Variante Generale al Prg adottata nel Marzo 1997, elaborata dall’Ufficio del

Piano del Comune di Palermo con la consulenza di Pierluigi Cervellati, si afferma che il territorio noncostruito deve essere considerato l’elemento cardine cui affidare il futuro di Palermo. Per questi spaziliberi la Variante inaugura la denominazione di “sistema del verde” e ad esso attribuisce un rilievo par-ticolare, specificandone le tipologie individuate e la relativa normativa:

- le alberature stradali, con il loro ruolo sia di connessione tra spazi verdi, sia di mantenimento dielementi identitari residuali (dei giardini storici e dei fondi agricoli scomparsi);

- gli innumerevoli giardini storici, considerati come inscindibili dal verde agricolo (il Verde Storicoper cui non viene consentita alcuna nuova edificazione, ammettendo esclusivamente l’esercizio di atti-vità agrituristica) ed i manufatti storici con le relative pertinenze e con i fondi di rilevante pregio sto-rico ed ambientale (inclusi tra le Zone A1, dove viene prevista la demolizione degli edifici abusivi rea-lizzati nei fondi e nelle pertinenze degli edifici storici tutelati);

- i parchi urbani, che vengono evidenziati con una semplice delimitazione e comprendono ambitimolto estesi «che singolarmente o nel loro insieme restituiscono il paesaggio naturale di Palermo,includendo anche parti residue di un tessuto agricolo ove è riconoscibile una unità di paesaggio…. checoesistono con altre destinate ad attrezzature e servizi a scala urbana e residenziale» (tra i parchi urba-

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ni vengono inclusi l’Oreto, la Favorita, il Parco di Ciaculli, il Parco di Boccadifalco ed il Parco delle villesettecentesche della Piana dei Colli); viene prevista la manutenzione delle attività agricole, la risistema-zione delle cave dismesse e vengono vietate modificazioni dell’esistente, suggerendo la utilizzazionedegli edifici rurali come attrezzature per la fruizione, mentre progetti di iniziativa pubblica avrebberodovuto definirne l’assetto e le modalità di salvaguardia, valorizzazione e fruizione;

- le zone agricole o “verde di campagna” (le Zone E1), «che costituiscono un patrimonio raro eprezioso per l’equilibrio formale e psichico dei cittadini, ….il cui mantenimento è affidato ad un impe-gno che travalica i limiti del Piano Regolatore ....frammenti di territorio agricolo che potranno soprav-vivere se ed in quanto non saranno dissociati dal loro valore produttivo»; viene fissata una densità fon-diaria di 0,02 mc/mq e viene vietata l’edificazione a ridosso di edifici o complessi storici;

- gli ambiti paesaggistici prevalentemente collinari (le Zone E2), che comprendono alcune areeprotette e siti di interesse comunitario; vengono sollecitati progetti per la rinaturazione delle partidegradate e vengono ammesse solo costruzioni legate alla manutenzione dell’ambiente naturale ed allasua fruizione sociale, limitandone la densità fondiaria a 0,01 mc/mq.

Dunque il “sistema del verde” individuato dalla Variante adottata è costituito fondamentalmentedal patrimonio della campagna palermitana sopravvissuto al processo di dismissione di cui si è detto:viene espressa per la prima volta da parte dei poteri urbani l’intenzione di interrompere questo pro-cesso. Ma le indicazioni della normativa, secondo la consuetudine degli strumenti di pianificazione tra-dizionali, rimangono in realtà riferite alla destinazione d’uso di zona agricola, che riguarda essenzial-memte la limitazione delle possibilità edificatorie, mentre solo per i futuri parchi urbani vengono pre-visti progetti di iniziativa pubblica.

Va precisato tuttavia che dal 1996 il Parco della Favorita è sottoposto al regime di tutela relativoalla Riserva Naturale Orientata di Monte Pellegrino, di cui costituisce la zona B (Preriserva)57; che peril Parco dell’Oreto andrebbe ricercata una sinergia progettuale e gestionale con i Comuni di Monrea-le e di Altofonte, i cui territori comprendono la media e l’alta valle dell’Oreto, sinergia già sollecitatasia da studi e progetti predisposti in ambito universitario58, sia da uno studio di fattibilità realizzato nel200359. Si consideri inoltre che il Parco Agricolo di Ciaculli, individuato inizialmente come tale e per ilquale erano già stati realizzati gli interventi di un Progetto Life propedeutico alla sua creazione60 ederano stati inoltre stipulati accordi tra gli agricoltori ed il Comune61 avviando finalmente una vera poli-tica innovativa, viene invece denominato “Parco urbano”; – l’Amministrazione comunale ha cambiatol’originario orientamento politico e non riconosce più il valore aggiunto della particolare condizionedi integrità dell’agrumeto di Ciaculli, per cui quest’area che rimane normata come le altre zone E1,avrebbe dovuto diventare oggetto di uno specifico (ed improbabile) progetto di iniziativa pubblica.

In sede di definitiva approvazione regionale della Variante Generale di PRG (Decreti del 13/3/02 e29/7/02) si assiste ad una pericolosissima involuzione di quello che sembrava essere l’avvio di un proces-so di pianificazione virtuoso: per il “sistema del verde” viene introdotto un “sistema di modifiche” che ine-vitabilmente permetterà di continuare ad assecondare comportamenti speculativi ormai consolidati62.

Infatti nelle zone agricole di pianura vengono perimetrati agglomerati edilizi che saranno sottopo-sti alla pianificazione attuativa prevista per gli agglomerati abusivi, se sanabili; identico provvedimentoviene introdotto negli ambiti paesaggistici collinari, ma in questo caso i piani particolareggiati dovran-no prevedere anche interventi di riqualificazione paesaggistica ed ambientale; per il Verde Storico vieneabolita l’assoluta immodificabilità, permettendo dovunque la costruzione di opere finalizzate allo svol-gimento di attività agricole, agrituristiche, vivaistiche, introducendo una capacità edificatoria identica aquella delle zone E1; notevolmente ridotta risulta la delimitazione delle zone A1 relative ai fondi agri-coli storici, pregiudicando definitivamente il mantenimento o il recupero del contesto verde dei manu-fatti architettonici; all’interno dei parchi urbani viene consentito l’inserimento di «area adibita alla fun-zione pubblica subordinata all’esproprio, da prevedersi in appositi progetti esecutivi del parco, in varian-te allo strumento urbanistico», progetti dunque non necessariamente congruenti con le finalità del

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parco urbano. Infine per l’agrumeto di Ciaculli scompare anche la denominazione di Parco urbano, percui l’area rimane normata solo come Zona E1.

Non possiamo infine dimenticare che le politiche regionali per il verde agricolo (L.R.n.22/86) con-tinuano a costituire un forte elemento di criticità per la campagna palermitana: era stata già consenti-ta la realizzazione di interventi di edilizia economica e popolare in alcune zone di verde agricolo delPRG allora vigente (a Cardillo, Pagliarelli, Roccella, Zen e Trabucco), mentre altri programmi costrutti-vi approvati recentemente, ma momentaneamente bloccati dall’Amministrazione comunale, interessa-no le zone E1 a Pagliarelli, alla Rocca, a Partanna-Mondello ed in località Molara. Provvedimenti anco-ra più distruttivi che erano stati inseriti nelle Leggi Finanziarie regionali del 2003 e 2004, successiva-mente impugnate dal Commissario dello Stato perché in contrasto con l’Art. 9 della Costituzione,autorizzavano in zona agricola insediamenti produttivi e mutamento di destinazione d’uso dei fabbri-cati esistenti.

Queste politiche regionali che si commentano da sole, evidenziano la tendenza a permettere qua-lunque intervento nelle zone agricole: tuttavia, nel delicato contesto della campagna palermitana i pote-ri urbani potrebbero evitare l’applicazione di questa assurda normativa regionale, modificando la deno-minazione di zona agricola ed utilizzando per tutto il territorio agricolo una denominazione di Zona F,che evidenzi il ruolo di servizio urbano multifunzionale dell’agricoltura di margine urbano, ormai rico-nosciuto non solo dai documenti della UE, ma anche della legislazione italiana. Dunque, dal momentoche le leggi siciliane non tutelano lo spazio agricolo, dipenderà solo dai documenti di pianificazioneurbanistica locale e dalle decisioni dei poteri urbani se in futuro esso potrà essere conservato e rivi-talizzato o se verrà invece lentamente occupato da una informe compagine urbana.

Un’ultima sintetica considerazione riguarda le previsioni della Variante Generale per la campagnadella pianura ad occidente della città, per la quale sono state realizzate le ricerche, gli approfondimentianalitici e l’ipotesi di progetto che vengono presentati in questo volume. In questo ambito di campagnasi concentra in effetti uno straordinario patrimonio identitario paesaggistico (che comprende anche i ter-reni ed i manufatti ancora di proprietà demaniale del Real Sito borbonico di Boccadifalco, molti dei qualirimangono esclusi dal perimetro del previsto Parco urbano di Boccadifalco), ecologico (sorgenti delGabriele, canali di Boccadifalco e di Passo di Rigano) e di servizio urbano (aeroporto di Boccadifalco, Isti-tuto Zootecnico, Ospedale Casa del Sole): un paesaggio agricolo storico che include ville, giardini, bagli epertinenze degli antichi fondi agricoli, assediato da tessuti residenziali urbani sia compatti che radi.

Evidentemente la Variante Generale non ha dedicato a quest’area l’attenzione che avrebbe meri-tato63; per essa sarebbe indispensabile correggere urgentemente le previsioni della Variante, realizzan-do un progetto di iniziativa pubblica in variante al Piano vigente, un progetto che a partire dai valoripresenti proponga di costruire nuovi paesaggi urbani utilizzando i suggerimenti delle esperienze miglio-ri ed applicandoli alla specifica condizione locale.

4. Il Piano del Verde ed un Parco di Campagna per abitare la città contemporanea

4.1 Dal sistema del verde al Piano del VerdeLa realizzazione degli interventi finalizzati a costruire una logica di sistema per il verde, come già

detto, si collega sia agli obiettivi di qualità dei paesaggi urbani, perseguiti dalla pianificazione paesag-gistica, sia a quelli di sostenibilità introdotti dalla ecologia urbana: una logica di sistema che interes-sa gli spazi verdi pubblici, quelli della forestazione urbana64, quelli del paesaggio naturale costiero, flu-viale, collinare e montano ed infine i territori dell’agricoltura di margine urbano: proprio a questiultimi viene ormai universalmente riconosciuto un ruolo irrinunciabile per la qualità dei paesaggiurbani e periurbani. Questa logica di sistema concepisce gli spazi liberi e verdi come un insieme dispazi interconnessi tra di loro, in modo da ottenere un sistema continuo di aree da rendere real-

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mente utilizzabili e centrali per la vita urbana, una grande infrastruttura naturale di interesse pubbli-co, un servizio pubblico a disposizione della città per il quale deve essere garantita la permanenza ela manutenzione.

In realtà la qualità dei paesaggi della vita quotidiana, la loro conservazione/valorizzazione inno-vativa o riqualificazione/trasformazione migliorativa è legata essenzialmente al modo in cui verran-no mantenuti ed utilizzati gli spazi agricoli periurbani e gestite le relative risorse naturali e culturaliche conferiscono identità ai paesaggi locali: per questi territori è impossibile utilizzare strumenti ditutela tradizionali, mentre sarebbero opportuni Piani del Verde (sul modello dei Code Vert francesi) eprogetti concreti anche se non necessariamente completi65, ma comprendenti adeguate misureincentivanti, progetti in grado di affrontare le sfide poste dalla complessità dei problemi da affronta-re. In questi casi infatti l’obiettivo dello sviluppo sostenibile è apprezzabile, ma da solo non è adattoa dare risposte alle questioni della qualità del paesaggio e dell’abitabilità, anche perchè finisce perispirare iniziative che rimangono isolate se non vengono integrate nella vastità del problema.

Se interpretiamo l’insieme degli spazi liberi e verdi del grande anfiteatro che ospita la città diPalermo nell’ottica di sistema, comprendiamo che essa permette di affrontare il problema nella suacomplessità: un Piano del Verde e del Paesaggio ispirato alle migliori esperienze nazionali ed interna-zionali è strumento indispensabile per garantire la permanenza e la manutenzione di quel sistemadel verde che veniva inizialmente riconosciuto come struttura fondante della Variante Generale.Sistema che comprende sia il patrimonio naturalistico66, sia il prezioso patrimonio di parchi e giar-dini storici, solo in parte di uso pubblico, sia le parti superstiti di uno straordinario paesaggio agri-colo-culturale periurbano, sintesi della storia naturale ed umana dei luoghi, il quale circonda a coro-na la città e si incunea nella compagine urbana, sia infine il paesaggio costiero degradato, la cui bel-lezza paesaggistica riesce a sopravvivere allo scempio degli ultimi decenni e sul quale la città didomani fonda molte aspettative.

Aspettative che sono invece mortificate per il paesaggio agricolo/culturale periurbano: per le politicheurbane e regionali esso rimane solo una forma temporanea di uso del suolo in attesa di urbanizzazione,mentre invece per potere sopravvivere dovrebbe ospitare un’agricoltura da rendere stabile perché neces-saria alla crescita civile e culturale di una città non solo “sostenibile”, ma soprattutto “abitabile”.

Un Piano del Verde e del Paesaggio per la trasformazione sostenibile del paesaggio urbano, comesuggeriscono le tante esperienze realizzate, dovrebbe dunque comprendere: il censimento delle areelibere articolato per ambiti diversificati (ad esempio urbano, suburbano e del paesaggio aperto) e laloro classificazione in funzione delle relative specificità; la indicazione della predisposizione di ognispazio alla conservazione o alla trasformazione, indicando gli interventi necessari; la gerarchizzazio-ne degli spazi in funzione dei ruoli che essi potrebbero svolgere ai fini dello sviluppo sostenibile edella qualità del paesaggio.

Questo piano potrebbe assumere anche la funzione di manuale di gestione degli spazi liberi (daintegrare al regolamento urbanistico comunale), dedicando una speciale considerazione proprio aglispazi dell’agricoltura, fulcro e connettivo dell’intero sistema del verde: spazi agricoli che sono già multi-funzionali e che conservano il patrimonio identitario della Conca D’Oro, per i quali verrebbero docu-mentati caratteri e stato d’uso, ma verrebbero anche suggerite opportunità, iniziative ed interventi pos-sibili, tra cui scegliere quelli utili ai diversi progetti o programmi operativi che di volta in volta potreb-bero essere attivati67.

4.2 Un nuovo ruolo possibile per la campagna palermitanaLe attuali politiche urbane e regionali hanno conseguenze gravissime sulla campagna palermitana: l’at-

tività agricola è precaria, perché ovunque si tratta di terreni edificabili con altissimi valori fondiari, men-tre per assicurare la permanenza dell’agricoltura le rendite dei terreni agricoli dovrebbero essere equi-parate a quelle edilizie (come avviene oggi per le produzioni di grande qualità). A questo problema si

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aggiungono altri svantaggi per gli agricoltori periurbani, che derivano: dalla supremazia delle funzioni urba-ne, sia di pregio (commerciale, finanziaria, ecc) che indesiderate (depositi, sfasci, ecc.); dalla contiguità urba-na (interferenza con il traffico urbano, impossibilità di utilizzare prodotti fastidiosi per i cittadini, lontanan-za di servizi agricoli specializzati, ecc); dalla diminuzione di fertilità dei suoli non curati; dalla rarefazione esalinizzazione delle acque di irrigazione; dal frazionamento delle proprietà. Svantaggi che continuano aprovocare l’allontanamento degli agricoltori dalla città e/o l’abbandono delle attività agricole.

Ma la prossimità urbana consente di godere di servizi ed attività urbane ed offre opportunità diver-sificate di mercato, per cui anche a Palermo gli agricoltori hanno cominciato ad inventare nuove formedi agricoltura, come già è avvenuto in altri contesti periurbani: così, mentre sopravvivono le forme diagricoltura rurale ereditate dal passato (Ciaculli, Falsomiele/Villagrazia, incisione fluviale dell’Oreto),cominciano ad apparire forme innovative di agricoltura che, come suggerisce Donadieu, sono classifi-cabili come agricolture periurbane (vivai e fattorie), agricolture cittadine (con servizi di equitazione eristorazione), agricolture hobbistiche (orti urbani e nuove ed antiche pratiche agricole e di giardinag-gio legate alle residenze nel verde).

In realtà gli spazi agricoli conservano i propri caratteri rurali solo dove permangono, anche seimpoverite, le antiche forme di agricoltura rurale; negli altri casi invece entrano a far parte dei paesag-gi della periferia, quelli per cui è stato coniato il termine di “periferia emergente”68.

Anche a Palermo queste periferie comprendono spazi abitati ed attrezzature e sevizi di livello urba-no e comprensoriale, immersi in uno spazio agricolo spesso in fase di abbandono: sono le parti più den-samente abitate e vissute delle città, oltre che le più moderne ed attuali, le parti più urbane di una nuovaforma di città che da tempo va nascendo con la diffusione nei territori non urbani non solo di residen-ze, ma anche di centri di attività e di divertimento immersi in quel che rimane dei coltivi: brani di quel-la che viene definita “città emergente” e che «nasce dalle pratiche cittadine, ignora gli spazi del potere,crea le sue facciate ed i suoi retri, non si lascia chiudere né da mura fortificate né da fasce verdi»69. Que-sta città, che deriva prioritariamente da convenienze economiche e di collegamento, secondo molti stu-diosi esprime sia la domanda che la capacità di organizzare un nuovo modo di abitare il territorio:risponde ai nuovi bisogni di una società che aspira al benessere in una natura vissuta in una maniera poe-tica, estetica e simbolica, arricchita spesso dall’interpretazione umanistica dei processi fisici e biologici.

Come abbiamo visto si tratta di nuove pratiche sociali che suggeriscono nuove ipotesi di progettoprobabilmente applicabili con successo anche nella realtà palermitana, dove il processo di diffusione inse-diativa continua lentamente ed inesorabilmente ad invadere la campagna e gli ambiti pedemontani. Que-ste ipotesi sposano la tesi di Donadieu che suggerisce: «invece di proporre reti, cinture e sistemi diverde, sarebbe opportuno proporre un progetto di società capace di migliorare le condizioni di vita inquesti paesaggi della frammentazione e della dispersione», e propone di realizzare nuovi progetti informa di parchi (i parchi di campagna delle esperienze francesi), per sostituire una nuova ruralità urba-na alla perduta ruralità agricola. Si tratta di realizzare progetti fondati sulla “utopia delle campagne urba-ne”, che configura una città multipolare in una natura rurale fatta più per essere abitata che per produr-re derrate agricole.

E’ bene ricordare che questa proposta presuppone una decisione politica (sensibile sia ai bisognidegli agricoltori che a quelli dei cittadini) che dovrebbe considerare l’agricoltura come una grande“infrastruttura naturale di interesse pubblico” (per ragioni sociali, ecologiche ed economiche), ricono-scendola come componente durevole della crescita urbana, per costruire una nuova urbanità a cuidovrebbero lavorare insieme agricoltori, pianificatori ed architetti del paesaggio. Il concetto di infra-struttura di interesse pubblico evidenzia la necessità della collaborazione fra operatori agricoli ed uffi-ci tecnici comunali: la permanenza dell’attività agricola verrebbe garantita non tanto da una destinazio-ne d’uso normata dalla pianificazione (e nel caso di Palermo con una normativa assolutamente inade-guata), ma soprattutto da convenzioni o contratti tra uffici tecnici ed agricoltori, i quali potrebberosvolgere ruoli di servizio per la città (in aggiunta ai ruoli tradizionali), collaborerebbero alla costruzio-

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ne di campagne urbane come spazi abitati, e verrebbero anche ripagati dei servizi offerti alla città ecompensati per le eventuali limitazioni di reddito, come propongono le recenti leggi per il mondo rura-le che introducono una declinazione territoriale del principio della condizionalità. Diventerebbe possi-bile la permanenza dell’attività agricola periurbana, grazie ai nuovi valori aggiunti che andrebbero adincrementare i redditi dei fondi agricoli, ma anche grazie al ruolo innovativo svolto dall’agricoltore che,come imprenditore agricolo, sarebbe il principale produttore del paesaggio delle campagne urbane70.

Compito prioritario dei poteri urbani sarebbe allora indirizzare ed incentivare l’agricoltore perconsentirgli di svolgere questo ruolo innovativo, anche promuovendo alcune importanti iniziative, tracui quelle suggerite dalle riflessioni seguenti:

- le relazioni commerciali tra agricoltori periurbani e città vicina sono durate a lungo, e la loro pro-gressiva scomparsa dovuta ai mercati concorrenziali potrebbe essere frenata mediante iniziative fina-lizzate a mostrare la qualità dell’agricoltura ed a consentire lo sbocco sul mercato urbano dei prodot-ti offerti (accoglienza e visita dei luoghi di produzione, postazioni stabili nei centri commerciali e neimercati urbani per agrumi, frutta, ortaggi, produzioni casearie e produzioni di specie ornamentali, incen-tivazione dei gruppi di acquisto e delle iniziative di commercio equo e solidale, ecc);

- gli spazi dedicati al tempo libero ed alla ricreazione nella città compatta sono assolutamenteinadeguati ai bisogni che si vanno estendendo a tutti gli strati sociali: ai margini della città le campa-gne possono offrire spazi per l’esercizio di attività all’aperto (gioco, socializzazione, attività sportive,manifestazioni ricreative, musicali, ecc), spazi per l’accoglienza e la ristorazione (agriturismo e turi-smo rurale, raccolta diretta dei prodotti della terra), spazi per servizi pedagogici alle scolaresche (fat-torie pedagogiche) e spazi gradevoli per le passeggiate a piedi, a cavallo o in bicicletta, in una cam-pagna “messa in scena”, che dovrebbe essere abbellita restaurando o ripristinando viabilità rurale,sistemi di irrigazione tradizionali, siepi, filari alberati, muretti, fossati e corsi d’acqua, cappelle, abbe-veratoi, recinzioni e quant’altro;

- la messa in scena della campagna comporta la manutenzione, il ripristino o la realizzazione ex novodelle anzidette “pertinenze agricole”, le quali garantiscono prevalentemente equilibrati assetti idraulici ebiodiversità: per questi servizi alla collettività possono essere stipulati contratti con l’amministrazioneper l’erogazione di agevolazioni agli agricoltori, applicando il principio della “condizionalità”;

- alcuni importanti servizi comunali, come la depurazione delle acque tramite lagunaggio edil riciclaggio dei rifiuti vegetali ed organici, possono essere svolti dagli agricoltori periurbani cheassicurerebbero servizi per i quali essi dovrebbero essere retribuiti dall’amministrazione; al van-taggio economico per l’agricoltore si aggiungerebbero i vantaggi dell’arricchimento della fertilitàdei suoli.

Tuttavia la possibilità di costruire una campagna urbana comporterebbe la necessità di affida-re agli architetti del paesaggio il compito sia di ricostruire il legame sociale fra l’antica natura rura-le dei luoghi e gli abitanti della città, sia quello di rendere la campagna uno spazio abitabile appli-cando i rituali dell’abitare: compito che, negli esempi precedentemente citati, viene svolto dallasocietà Grün Berlin che lavora alla configurazione degli spazi aperti della città di Berlino, ma anchedai paesaggisti della Scuola di Versailles, che hanno realizzato numerosi interventi nelle campagneurbane francesi71.

4.3 Una ipotesi di progetto per il Parco di Campagna del Real Sito di Boccadifalco e della piana occidentaleI lavori che si presentano in questo volume riguardano la campagna della piana occidentale di Paler-

mo, dai margini indefiniti della città fino alle pendici dei rilievi di Monte Caputo e di Monte Cuccio: essacomprende l’ambito prevalentemente agricolo appartenente all’antico Real Sito borbonico, che ne costi-tuisce il nucleo principale, oltre ad una successione di aree agricole residuali circondate dai tessuti urba-ni sfrangiati. Un brano di “periferia emergente” nella quale l’antico tessuto agricolo ancora leggibile con-serva un ricchissimo patrimonio storico-culturale e naturalistico ed ospita numerose attrezzature e atti-

33Capitolo I

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vità diversificate: paesaggio di periferia che raggiunge gli spazi naturali alle pendici dei monti, spazi spes-so interessati da insediamenti pedemontani antichi (La Rocca, Boccadifalco, Baida) e recenti.

Una ricerca accurata72 ha consentito di individuare con esattezza l’estensione dei terreni demania-li del Real Sito di Boccadifalco, permettendo così alla Sovrintendenza BB.CC.AA. di avviare una proce-dura per la Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’intera area demaniale: ma sappiamo beneche il vincolo paesaggistico, una volta istituito, non sarà comunque in grado di ripristinare la vitalità dellacampagna periurbana, evitandone il declino e la inevitabile scomparsa.

Dal momento che non è attualmente verosimile la realizzazione di un Piano per il Verde e per ilPaesaggio che interessi l’intero “sistema del verde” che era stato proposto per Palermo, diventa urgen-te intervenire con un progetto di paesaggio di iniziativa pubblica relativo all’area in oggetto, in mododa correggere rapidamente le attuali inadeguate previsioni della Variante Generale: in realtà bisogne-rebbe scegliere tra due percorsi diversi, a seconda della disponibilità delle amministrazioni pubblicheche potrebbero essere interessate alla promozione di un simile progetto.

Il Comune di Palermo potrebbe promuovere un progetto di iniziativa pubblica per definire l’asset-to e le modalità di salvaguardia, valorizzazione e fruizione del previsto Parco Urbano di Boccadifalco,progetto che potrebbe essere realizzato anche in variante al Piano vigente, proponendo l’estensionedel perimetro del parco urbano, le modifiche alla zonizzazione vigente anche all’interno dell’attualeperimetro ed i cambiamenti anche di dettaglio resi necessari a seguito delle puntuali verifiche condot-te durante i sopralluoghi effettuati nel corso degli studi che si presentano.

La Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali della Provincia di Palermo che ha in corso di for-mazione il Piano paesistico dell’area dei rilievi e delle pianure costiere del palermitano (l’Ambito n°1individuato dalle Linee Guida del PTPR del 1996), dovrà adeguarlo al DL 42/2004; il nuovo Piano Pae-saggistico potrebbe includere da subito un “Progetto prioritario con le relative misure incentivanti” perl’area in oggetto, cosa che consentirebbe di superare il previsto vincolo paesaggistico (che potrebbedettare solo regole e norme che troppo spesso non riescono ad impedire i cambiamenti peggiorativie non sono in grado di produrre paesaggi vitali), avanzando proposte, suggerimenti ed avviando inizia-tive finalizzate a realizzare la qualità di questi paesaggi della vita quotidiana ai margini della città.

In ambedue i casi le iniziative proposte, se ritenute convenienti dagli imprenditori agricoli, potreb-bero venire inserite nei “Piani Strategici” che la città comincia a predisporre e che purtroppo coinvol-gono solo le consuete categorie imprenditoriali non agricole: diventerebbero concretamente pratica-bili modalità di trasformazione sostenibile dei paesaggi urbani.

Ma quale progetto di paesaggio può essere proposto per la piana occidentale di Palermo? Sipotrebbe provare ad assecondare le timide tracce positive del cambiamento in corso, avviando un

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processo di trasformazione da “periferia emergente” a campagna urbana e/o a giardino: in questocaso un “Parco di Campagna” potrebbe svolgere il ruolo di tappa intermedia in questo passaggiodalle forme agricole legate ai bisogni vitali dell’antica campagna rurale, alle forme agricole eco-sim-boliche e di servizio della società urbana. Con un sistema di regole che consenta agli spazi liberi dirimanere tali e con i contratti tra la città e le diverse forme di imprenditoria agricola possibile(periurbana, cittadina, hobbistica), si potrebbe cominciare a frenare la progressiva erosione urbanae ricostruire la mitica armonia tra città e campagna; si potrebbe occupare durevolmente un insie-me di spazi, realizzando un parco misto, per metà urbano e per metà rurale, un grande parco rusti-co che privilegi le idee ecologiche della biodiversità, conservando al contempo la memoria storicadei luoghi e collaborando con gli imprenditori agricoli alla costruzione di una campagna abitabile.

Le forme di collaborazione tra agricoltori e città (già un tempo esistenti per la Favorita esperimentate per Ciaculli)73, potrebbero essere ripristinate, migliorate con le opportune innova-zioni ed estese a tutti gli spazi liberi periurbani, con contratti basati sul principio della condizio-nalità e quindi suscettibili di incentivazioni comunitarie, contratti diversificati in relazione all’ap-partenenza dei terreni:

- se la terra appartiene alla collettività, come nel caso dei terreni demaniali del Real Sito o dei ter-reni confiscati, si tratterà di contratti di gestione che conterranno non solo obblighi (manutenzione epulitura), ma anche clausole che regolino e/o suggeriscano possibili attività imprenditoriali a serviziodella città (accoglienza e didattica, depurazione/riciclaggio delle acque e utilizzazione fanghi e compost,conservazione della biodiversità);74

- per i terreni privati, nei quali gli imprenditori agricoli vanno considerati come gestori naturali deiterritori non costruiti, i contratti potrebbero regolare i costi dell’acqua, pattuire compensi e sovven-zioni per i servizi che i poteri urbani indicheranno, sulla base di un progetto di paesaggio il cui ruoloprincipale dovrebbe essere quello di fornire occasioni di confronto tra abitanti, associazioni, imprendi-tori agricoli ed uffici tecnici comunali75.

Una prima ipotesi preliminare di progetto per il Parco del Real Sito di Boccadifalco e della cam-pagna occidentale palermitana è stato elaborato con una recente tesi di laurea76 che in primo luogo siconfronta con i tradizionali bisogni urbani, proponendo interventi migliorativi rispetto alle previsionidel Piano Regolatore ormai vigente (viabilità ed attrezzature locali), poi avanza alcune proposte finaliz-zate alla costruzione della campagna urbana:

- indica le forme paesaggistiche possibili, basate sugli antichi ordinamenti catastali dei fondi agrico-li e sulla rete stradale che strutturava l’identità dei luoghi, adatta sia per le passeggiate e le escursioni,sia per la circolazione agricola;

35Capitolo I

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1 Affermazioni contenute nel documento con cui, nel 2004,l’European Economic and Social Committee di Bruxelles harichiamato l’attenzione dei poteri urbani sulla conservazio-ne degli spazi agricoli nelle regioni urbane.

2 L’applicazione della Convenzione Europea del Paesaggioviene estesa a tutto il territorio delle Parti e riguarda glispazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Comprende i pae-saggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia ipaesaggi che possono essere considerati eccezionali, che ipaesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati.

3 F. Cassano, Il pensiero meridiano, Laterza, Roma-Bari, 1996.4 Nella Convenzione Europea con il termine “paesaggio” viene

designata una determinata parte di territorio, così come èpercepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione

di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.5 F. Farinelli, L’arguzia del paesaggio, in Casabella, n°575/-

576,1991.6 Fra gli studi più recenti vengono segnalati quelli sul siste-

ma urbano della Puglia centrale, quelli sulla pianura friula-na e quelli sulla pianura palermitana tra cui T. La Mantia, G.Barbera, La tutela e la valorizzazione delle aree verdi urbanee suburbane e lo sviluppo sostenibile delle città mediterranee:il caso di studio della città di Palermo, - Atti del Convegno“Verde urbano e sviluppo sostenibile”, Bari, 2002.

7 Fra i numerosi testi sull’argomento, possiamo citare i piùrecenti: C. Bianchetti, Abitare la città contemporanea, Skira,Milano 2003; A. Magnaghi (a cura di), La rappresentazioneidentitaria del territorio,Alinea, Firenze, 2005.

- suggerisce la conservazione degli spazi agricoli e dei giardini ornamentali delle antiche dimore, lavendita diretta sui luoghi, la realizzazione di arboreti e giardini didattici, di luoghi di agricoltura orna-mentale e decorativa con esposizioni floreali e vendita diretta, di orti urbani, di un frutteto/museodidattico, di una fattoria pedagogica, di luoghi per l’accoglienza, il ristoro e l’intrattenimento musicale;

- suggerisce la realizzazione di un museo etnografico della ceramica, di un museo della cultura delleacque (qanat e camere dello scirocco) di un giardino per la memoria degli insediamenti della preisto-ria locale e la sperimentazione archeologica, di spazi per attività libere e sportive;

- suggerisce interventi per la depurazione delle acque tramite lagunaggio, da sistemare a marginedei canali di Boccadifalco e Passo di Rigano, la conservazione di prati umidi con piante di graminaceedecorative, la rinaturazione delle sponde dei canali con vegetazione ripicola;

- propone il coinvolgimento dei servizi urbani e delle attività presenti (Istituto Zootecnico, attrez-zature aeroportuali, sanitarie, scolastiche, sportive ecc.) nelle finalità di valorizzazione del parco;

- utilizza e valorizza l’antica ferrovia a scartamento ridotto ed i manufatti di pertinenza per unapista ciclabile e per servizi del parco (verrebbe così garantita l’immissione in città di un parco lineareterritoriale, una “greenway” che potrà essere progettata lungo il percorso ciclabile in corso di realiz-zazione mediante la riconversione del tracciato di un’antica ferrovia a scartamento ridotto);

- suggerisce di trasformare le piccole aree agricole residuali superstiti, in vere isole simboliche che con-sentano di rimandare all’antica natura rurale della piana, come musei a grandezza naturale legati all’identitàlocale e rinnovabili nel tempo (ripristinando presenze citate in antichi catasti, realizzando spazi decorativi inalternativa ai giardini tradizionali, ecc.): un’agricoltura senza agricoltori, per usi più poetici che funzionali.

Ma è opportuno precisare che un’ipotesi di progetto per un “Parco di Campagna” come quelladescritta, andrebbe utilizzata come tappa propedeutica all’avvio di un processo di progettazione orga-nizzato come work in progress, un “progetto di abitabilità” che dovrebbe essere costruito con gli abi-tanti del luogo, con gli imprenditori agricoli e con l’associazionismo no-profit. Infatti un progetto di pae-saggio non potrà trascurare i tradizionali rituali di appropriazione dei luoghi da abitare, perchè uno spa-zio diventa abitabile se gli abitanti si riconoscono in esso e si orientano, se danno un nome ai luoghi,anche riscoprendo antiche denominazioni ed utilizzazioni, se la campagna si arricchisce di segni antichi,ripristinati e valorizzati, e di segni recenti (come i tanti esistenti o proposti), in cui individui e gruppisociali possano riconoscersi.

Come osserva Massimo Venturi Ferriolo e come ci ricorda Giuseppe Barbera, «un intero popolocrea un paesaggio che costituisce il serbatoio profondo della sua cultura, reca l’impronta del suo spiri-to»: gli abitanti delle campagne urbane, collaborando ad un progetto di abitabilità, potrebbero acquisi-re la capacità di lavorare alla costruzione dei nuovi paesaggi della città contemporanea.

Note

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37Capitolo I

8 Queste denominazioni indicano l’assetto urbanistico deri-vato dallo spostamento di quote di popolazione versocentri periferici di attività e servizi e dalla ricollocazionefuori dalla città compatta di centri di produzione; la stessacultura urbanistica riconosce che per questa nuova realtàinsediativa non è ancora stata valutata attentamente né laqualità urbanistica né quella complessiva dell’ambiente divita: C. Giamo, In media res. La città “intermedia”, Urbanisti-ca Informazioni, n° 205, 1996; G. Ferrara, G. Campioni, Tute-la della naturalità diffusa, pianificazione degli spazi aperti, cre-scita metropolitana, Il Verde Editoriale, Milano, 1997.

9 P. Donadieu, Campagne urbane, una nuova proposta di pae-saggio delle città, edizione italiana a cura di MariavaleriaMininni, Donzelli, Roma, 2006.

10 Vengono considerati eccezionali i paesaggi sottoposti avincolo paesaggistico mediante la Dichiarazione di notevo-le interesse pubblico.

11 Nel Convegno Internazionale Innovazione e regole nella pia-nificazione del paesaggio, tenuto a Firenze nel Dicembre2002, al fine di superare il dissidio tra tutela e trasforma-zione, è stata suggerita l’assunzione dei tre concetti di con-servazione innovativa, trasformazione migliorativa e rego-lamentazione comunicativa.

12 Saggi su questo tema sono in AA.VV., Ombre e luci per ilpaesaggio – Il nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio,in Urbanistica Informazioni n°195, maggio-giugno 2004.

13 Fanno eccezione i Piani Paesistici realizzati per alcuni ter-ritori sensibili, tra cui quelli per le isole minori siciliane.

14 In particolare per le Aree protette e per i Parchi archeo-logici sono previsti specifici strumenti di pianificazione convalenza paesaggistica.

15 Fra questi possiamo citare il Piano Territoriale di Coordi-namento e Paesistico dell’Isola d’Ischia, pubblicato in G.Ferrara, G. Campioni, Paesaggi sostenibili, il Verde Editoria-le, Milano, 2003.

16 Molte esperienze italiane sono documentate in B. Guccio-ne, G. Paolinelli (a cura di), Piani del verde e piani del paesag-gio,Alinea, Firenze, 2001.

17 M.E. Baldi, La riqualificazione del paesaggio, La Zisa, Palermo,1999.

18 Carta di Napoli. Il parere degli specialisti sulla riforma degliordinamenti di tutela del paesaggio in Italia. Raccomanda-zioni per la redazione di una Carta del paesaggio avanzatedal Convegno Nazionale FEDAP-AIAPP “La trasformazionesostenibile del paesaggio”, Napoli, Ottobre 1999, in Confe-renza nazionale del paesaggio. Lavori Preparatori, Ministeroper i Beni e le Attività Culturali, Gangemi, Roma, 2000.

19 M. Mininni, Abitare il territorio e costruire paesaggi, prefazio-ne alla edizione italiana di P. Donadieu, op. cit.

20 Si ricorda che la LUR n°5/95 della Toscana, prevedendo undoppio livello di piano urbanistico comunale (piano struttu-rale e piano operativo), affida al Piano strutturale l’individua-zione delle “invarianti strutturali”, lasciando la traduzionenormativa al livello operativo del Regolamento urbanistico.

21 Questa teorizzazione è stata condotta in particolare da F.Oliva e P. Galluzzi ed approfondita in G. Cinà (a cura di),Descrizione fondativa e statuto dei luoghi,Alinea, Firenze, 2000.

22 “Nella dicotomia tra la città di Gulliver (la città interme-dia) e la città di Lilliput (la città compatta), … il terzo poloè la terra a cui rimaniamo attaccati, a due o tre generazio-ni di distanza dalla sua pratica come mestiere, anche sim-bolicamente nelle sue versioni miniaturizzate di terrazzi egiardini, ricercati addendi dell’abitare, simulacri non solo diconoscenze perdute, ma dell’appartenenza perenne al

vivente” da L. Imberti, Nuove forme della città contempora-nea, in Urbanistica Informazioni 2006, n°205.

23 La regolazione della propria vita secondo uno stato dibenessere è propria dell’intero sistema evolutivo della vita,concetto esposto in J. Lovelock (a cura di), Gaia. A NewLook at Life on Earth, Oxford, New York, 1995.

24 Tra i più importanti programmi di intervento si possonocitare: Premio Europeo Città Sostenibili, Programmi difinanziamento LIFE, Programma di finanziamentoURBAN, Nuovo Programma Europeo di Ricerca (FFP);inoltre le recenti Direttive della Commissione Europea,che stanziano Fondi Strutturali per il controllo dell’in-quinamento dell’aria, delle risorse idriche, del suolo, ecc.e che incidono sul miglioramento dell’ambiente urbano.

25 L.Vallerini (a cura di), Città sostenibile e spazi aperti, Pitago-ra, Bologna, 2005.

26 Questa riforma della PAC (Politiche Agricole Comuni-tarie) del 1992 ha introdotto una filosofia nuova, basa-ta su tre principi: la protezione ambientale, il manteni-mento del paesaggio e la riproduzione di stili di vitaalternativi.

27 Una specifica legge di orientamento della condiziona-lità per l’agricoltura italiana è la legge n° 57 del 5marzo 2001: il successivo D.L.228/2001 riconosce lamultifunzionalità dell’impresa agricola e la pluriattivi-tà dell’imprenditore, con compiti di presidio, tutela evalorizzazione delle risorse ambientali: le amministra-zioni possono stipulare convenzioni con gli imprendi-tori agricoli per favorire lo svolgimento di attività fun-zionali alla manutenzione del territorio, alla salvaguar-dia del paesaggio, al mantenimento dell’assetto idro-geologico, nonché alla tutela delle vocazioni produtti-ve. Il decreto configura la definizione di progetti ter-ritoriali con l’individuazione di obblighi per le particontraenti.

28 Lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE) è statofirmato a Potsdam nel 1999 e successivamente è stato sot-toposto a revisione a seguito dell’allargamento degli Statimembri.

29 C.S. Bertuglia, F.S.Rota, L. Staricco, Pianificazione strategica esostenibilità urbana, Angeli, Milano, 2004.

30 Il dibattito sul Disegno di Legge per la riforma urbanisticanazionale e sulle riforme urbanistiche regionali è docu-mentato in Urbanistica Informazioni n. 203, settembre-ottobre 2005.

31 P. Donadieu, op. cit., p. 3132 Si deve a F.L. Olmsted l'invenzione del termine "landscape

architect" e l'affermazione che lo studio del paesaggio èfondato sull'analisi dei fattori naturali, delle trasformazioniumane, delle qualità estetiche.

33 E. Howard denomina inizialmente il suo progetto "ruralcity", denominazione che diventa successivamente "socialcity" ed infine "garden city".

34 Teorie sviluppate dalla RPAA, fondata nel 1923 da L. Mun-ford, C. Stein, H.Wright, C.Whitacher e B. Mc Kaye.

35 Il volume di Ian McHarg, Progettare con la natura, Muzzio,Padova, 1989, era stato pubblicato negli USA nel 1969, poiin Francia nel 1980, mentre la traduzione italiana vienepubblicata solo nel 1989.

36 B. Kayser (a cura di), Naissance de nouvelles campaignes, inDatar L'Aube, La Tour D'Aigues, 1993.

37 L. Pedrazzini, Sotto il cielo di Berlino - Piani, progetti, strategieper lo sviluppo sostenibile, Franco Angeli, Milano, 2003.

38 M.E. Baldi, op. cit.

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39 P. Donadieu, op. cit.40 L'agricoltura hobbistica viene praticata da chi continua a

valorizzare i terreni attraverso l'agricoltura, senza che que-sta sia produttrice di reddito.

41 Il Piano del Verde di Parma è pubblicato in Paesaggio Urba-no, gen-feb 1997 ed in G. Guccione, G. Paolinelli, Piani delverde e piani del paesaggio,Alinea, Firenze, 2004.

42 Il Progetto pilota per Bologna, premiato durante la Confe-renza di Lisbona del 1996, è descritto in L.Vallerini (a curadi), Città sostenibile e spazi aperti, Pitagora, Bologna, 2006

43 P. Cavalcoli, B. Alampi, Il progetto P.EG.A.SO, in PaesaggioUrbano gen-feb. 1997.

44 G. Ferrara, G. Campioni, op. cit.45 M. Mininni, Abitare il territorio e costruire paesaggi, op. cit.46 Dal VII libro di Erodoto in G. Pirrone, M. Buffa, E. Mauro, E.

Sessa, Palermo detto paradiso di Sicilia, Palermo, 1990.47 G. Barbera, L’orto di Pomona. Sistemi tradizionali dell’arboricol-

tura da frutto in Sicilia, L’Epos, Palermo, 2001.48 E. Mauro, Le ville a Palermo, La Rosa, Palermo. Il testo ripor-

ta una sintetica e documentata descrizione delle trasfor-mazioni della campagna palermitana, percorrendone lastoria dal periodo arabo ai primi decenni del Novecento.

49 Fra questi citiamo: N. Basile, Palermo Felicissima, Palermo,1932;V. Di Giovanni, Del Palermo restaurato, in G. Di Marzo,Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, Palermo, 1869; H.Bresc, L’itinerario del giardino medievale, dall’Egitto alla Sicilia,alla Provenza, in G. Pirrone (a cura di), Il giardino come labi-rinto della storia, Palermo, 1984; F. Cupani, in L’hortus catho-licus, descrive il giardino di Misilmeri del Principe di Catto-lica ed elenca 300 varietà di alberi diversi; F. Nicosia, in Ilpodere fruttifero e dilettevole, preannuncia il modello paesag-gistico ed agricolo delle ville palermitane ed elenca altrevarietà di alberi ed arbusti presenti.

50 G. Barbera, op. cit.51 A. Alagna, Conoscenza e progetto di restauro del patrimonio

costruito, nel presente volume.52 Carta pubblicata in S. Prescia, Il territorio, questo sconosciuto,

Dipartimento Città e Territorio, Palermo,1997.53 S.M. Inzerillo, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni

a Palermo, Quaderno n° II dell’Istituto di Urbanistica e Pia-nificazione territoriale della Facoltà di Architettura diPalermo, 1984.

54 S.M. Inzerillo, [...], op. cit.55 Nel 1996 viene costituita la Riserva Naturale Orientata di

Monte Pellegrino, assegnando alla Favorita il ruolo di Zona B(di preriserva).

56 G. Brucoli, Una tutela attiva per il patrimonio identitario locale,nel presente volume.

57 Il Piano di utilizzazione della Favorita, preriserva dell’areanaturale protetta di Monte Pellegrino, è stato realizzatodagli uffici tecnici comunali.

58 I. Pinzello (a cura di), Dal Manzanares all’Oreto. Due realtà aconfronto per un progetto di parco fluviale a Palermo,Accade-mia Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti, Palermo, 1993.

59 Ecosfera S.p.A., Studio di fattibilità “Il Parco dell’Oreto”, LaTipografica srl, Palermo, 2002.

60 Istituto di Ricerche Ambiente Italia (a cura di), Il progetto Lifeper il Parco agricolo di Palermo, Luxograph, Palermo, 1997.

61 Furono stipulati un centinaio di accordi tra l’Amministra-zione comunale ed i proprietari dei fondi agricoli, accordi

che garantivano la fruizione dei fondi in cambio dell’abbat-timento dei costi dell’acqua e della forestazione delle areeagricole dismesse.

62 T. Cannarozzo, Palermo, ieri oggi domani, in L’Universo n° 4,2003; F. Schiavo, Palermo, la presa d’atto stravolge il nuovopiano, in Giornale dell’Architettura, Maggio 2004.

63 G. Brucoli, op. cit.64 Come forestazione urbana si intende il verde salutistico

(per la salubrità dell’aria, la mitigazione del clima, l’abbatti-mento delle polveri e dei rumori), il verde ecologico (perla realizzazione della rete ecologica urbana) ed il verde diarredo urbano.

65 Si fa riferimento all’esperienza del Parco Nord di Milano:un progetto che si definisce nel tempo, con un “work in pro-gress” realizzato con il coinvolgimento del contesto socia-le e legato alle fasi della concreta realizzazione.

66 Si tratta delle aree protette di Monte Pellegrino, di MonteGallo con la contigua Riserva Marina, delle Riserve di Grot-ta Conza e di Grotta Molara, ma anche dei numerosi Siti diInteresse Comunitario (SIC) presenti sui Monti di Palermo.

67 L. Colonna Romano, Dinamiche territoriali e aree agricole:politiche di sviluppo rurale, Tesi del Dottorato di ricerca inPianificazione Urbana e Territoriale, XVII ciclo, Diparti-mento Città e Territorio dell’Università di Palermo, 2006:viene sostenuta la opportunità di privilegiare la modalitàoperativa dei PIT, che consente un approccio integratocapace di creare dinamiche economiche autosostenibili apartire da idee innovative di sviluppo e valorizzazione dellerisorse endogene locali.

68 G. Ferrara,G. Campioni, op. cit.69 P. Donadieu, op. cit.70 Gli agricoltori francesi respingono energicamente la fun-

zione di giardinieri del paesaggio che spesso viene loroattribuita in aggiunta alla funzione produttiva; in realtà solose manca la funzione produttiva, l’agricoltore diventa giar-diniere di campagne disagricolizzate.

71 P. Donadieu, op. cit.72 G. Brucoli, op. cit.73 Ad esempio l’iniziativa proposta dal Consorzio Tardivo di

Ciaculli, che è stata concretizzata nel 2005 con un sostegnoeconomico alle azioni di rilancio dell’economia agricola.

74 AA.VV. Roma, ambientare la città, Acer n°3, 1996. Il Comu-ne di Roma ha promosso il Bando “Spazi pubblici di quali-tà” per l’affidamento in concessione ai privati della siste-mazione e della gestione di numerose aree del demaniocomunale, precisando gli interventi da realizzare obbligato-riamente e quelli consentiti: una possibile politica di coin-volgimento degli operatori privati nelle finalità di valoriz-zazione del patrimonio degli spazi verdi che potrebbeessere utilizzata anche per gli spazi agricoli non più pro-duttivi.Tuttavia nel contesto palermitano sarebbe preferi-bile lo strumento dei contratti di gestione, perché gli affi-damenti in concessione potrebbero avviare una inoppor-tuna privatizzazione del patrimonio pubblico.

75 Si fa riferimento ai numerosi programmi comunitari giàcitati, tra cui il Life Natura, già sperimentato a Palermo.

76 Tesi di Laurea di G. Insana, Il Parco della Riserva Reale di Boc-cadifalco e della campagna urbana, Facoltà di Architettura -Università di Palermo, Relatore: M.E. Baldi, Co-relatori:M.Leone, G. Brucoli.

Maria Elsa Baldi38