NUOVI AFFRESCHI FERRARESI DELL ORATORIO DELLA …

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MAURIZIO CALVESI NUOVI AFFRESCHI FERRARESI DELL t ORATORIO DELLA CONCEZIONE - I A LLA CAMPAGNA diffamatoria di cui è fatta volentieri oggetto l'attività delle Soprin - tendenze italiane andrebbero contrapposti i risu ltati raggiunti nel dopoguerra in molte città, che possono aver persino del miracoloso, ed hanno sempre, comunque, dell 'altamente acrobatico, se commisurati alle note ristrettezze di mezzi. Nel dare notizia di questi nuovi ritrova menti di pitture ferraresi, condotti dalla Sop rintendenza alle Gallerie di Bologna, non sarà du nque inutile rammentare come essi si inquadrino in una nutrita attività che negli ultimi sei anni, spesso con l'intelligente contributo dei Comuni e degli Enti locali, è già servita a segnare un tangibile progresso al patrimonio artistico della giurisdizione, da Bologna alle provincie della Romagna, e in particolare, per te- nerci all'argomento , in Ferrara, dove il corso dell'arte att raverso quasi cinque secoli, dai nuovissimi cicli due- centeschi di San Bartolo, a quelli trecenteschi di San- t' Antonio Vecchio e di Casa Romei (museo di recente istituzione che raccoglie un numero già rilevante di affreschi staccati), alle pitture di Schifanoia, alle ante e alle tavole del Tura, alle sculture del Mazzoni , agli af- freschi del Garofalo, e su fino al Bastianino, allo Scar- sellino e al Bonone, ne ha tratto un incremento sostan- ziale anche ai fini dello studio e del miglioramento della sua conoscenza. I) Dell 'antico Oratorio della" Immacol 2.ta Concezione di Maria Ver gine della Scala "' e del suo pregevole corredo di pitture, che al Brisighella lo fecero apparire come" il più vago, e ricco Oratorio di Ferrara 11 , non sarebbe rimasta memoria sia pure indiretta negli studi storico-artistici, se la famosa " Pala Strozzi 11 non fosse miracolosamente sfuggita all' incetta che l' in- glese John Udny, dopo il 1772, fece di tutti i dipinti della Confraternita. Fu invece il Saroli, nel 1818, ad ac quistare la lunetta (passata poi nella collezione Mas- sari) e nel 1859 il marchese Strozzi, per 4.000 scudi, la pala (passata nel 1881 alla National Gallery di Londra). Rimane un singolare documento per la storia del gusto l'episodio dell'Udny che, a meno non si trat- tasse di mancato accordo sul prezzo o di difficoltà di trasp orto, trascurò l'insigne tavola del Rinascimento , e preferì invece la serie delle tele, in prevalenza del pr imo Seicento emiliano. Questi dipinti , oggi d'ignota collocazione, son tutti annotati nelle guide di Ferrara anteriori alla soppressione e spoliazione dell'Oratorio: Brisighella, Barotti, Scal abrini. Integrandone vicende- volmente le indicazioni, si può anzi ricostruire la dispo- sizione di essi nella "nobilissima sala "' ciò che tornerà utile, come vedremo, anche per l'interpreta- zione iconografica del ciclo d'affreschi ora ritrovati. All'altar maggiore era dunque la "Pala Strozzi 11 , allora supposta del Francia . La fiancheggiavano, sulla parete di fondo, due tele di Domenico Mona : una , Nativit à della Vergine ', sulla destra, ed una 'As - sunzione' sulla sinistra, capo e coda di una serie di storie di Maria e Gesù, del Cromer, dello Scarsellino, del Naselli, del Bonone, di Ludovico Carracci, di Ca- millo Ricci, che si svolgeva lungo le tre restanti pareti . 2 ) Si trattava di un complesso strettamente omogeneo onde , mettendo a confronto le date degli autori, se ne può collocare l'esecuzione tra l'ante quem del 1602, anno di morte del Mona, e il post qu em della primissima maturità di Camillo Ricci, giovane allievo dello Scar- sellino nato nel 1580, e pertanto difficilmente operante prima del 1598-99. Si punta insomma sugli anni in- torno al 1600, ed a suggerire la nuova sistemazione, oltre che la ricorrenza del Giubileo, poteva essere il centenario della consacrazione dell'Oratorio, che doveva cadere proprio in quel tempo. La costruzione, infatti, risaliva a circa un secolo avanti e, riporta il Brisighella, "prima che questa Chiesa fosse adornata della preziosa suppellettile di tanti Qu adri, si dice che fosse tutta d'intorno dipinta con altre simili Istorie Sacre a fresco sul muro 11 3) Qu ando, con lo scioglimento della Confrate rnita, fu rimosso dalle pareti della sala lo strato di tele e di cor- nici barocche, una mano d'intonaco restò probabil - mente a celare e, precariamente, a proteggere l'antica decorazione. Ma l'Oratorio era destinato a passare i suoi guai: sventrato in più punti da nuove finestre, sca- le, impianti, tagliato in due da un pavimento in legno per raddoppiarne l'area ormai destinata a magazzi no . Presentatasi, lo scorso anno, la necessità di trasfor- mare radicalmente l'ambiente per far luogo ad un nuovo collegio dei religiosi di San Francesco, la So- printendenza alle Gallerie dispose un assaggio degli intonaci, sotto a cui, in qualche punto, trasparivano tracce d'affreschi; dopo i primi risult ati positivi, ad opera di Mario Paganini, si procedeva ad un siste- matico sondaggio e scoprimento della superficie ori- ginaria, lungo l' intero perimetro. 4) ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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MAURIZIO CAL VESI

NUOVI AFFRESCHI FERRARESI DELLt ORATORIO DELLA CONCEZIONE - I

A LLA CAMPAGNA diffamatoria di cui è fatta volentieri oggetto l'attività delle Soprin­tendenze italiane andrebbero contrapposti i

risultati raggiunti nel dopoguerra in molte città, che possono aver persino del miracoloso, ed hanno sempre, comunque, dell'altamente acrobatico, se commisurati alle note ristrettezze di mezzi. Nel dare notizia di questi nuovi ritrovamenti di pitture ferraresi , condotti dalla Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, non sarà dunque inutile rammentare come essi si inquadrino in una nutrita attività che negli ultimi sei anni, spesso con l'intelligente contributo dei Comuni e degli Enti locali, è già servita a segnare un tangibile progresso al patrimonio artistico della giurisdizione, da Bologna alle provincie della Romagna, e in particolare, per te­nerci all'argomento, in Ferrara, dove il corso dell'arte attraverso quasi cinque secoli, dai nuovissimi cicli due­centeschi di San Bartolo, a quelli trecenteschi di San­t 'Antonio Vecchio e di Casa Romei (museo di recente istituzione che raccoglie un numero già rilevante di affreschi staccati), alle pitture di Schifanoia, alle ante e alle tavole del Tura, alle sculture del Mazzoni, agli af­fr eschi del Garofalo, e su fino al Bastianino, allo Scar­sellino e al Bonone, ne ha tratto un incremento sostan­ziale anche ai fini dello studio e del miglioramento della sua conoscenza. I)

Dell 'antico Oratorio della" Immacol2.ta Concezione di Maria Vergine della Scala "' e del suo pregevole corredo di pitture, che al Brisighella lo fecero apparire come" il più vago, e ricco Oratorio di Ferrara 11 , non sarebbe rimasta memoria sia pure indiretta negli studi storico-artistici, se la famosa " Pala Strozzi 11 non fosse miracolosamente sfuggita all' incetta che l' in­glese John Udny, dopo il 1772, fece di tutti i dipinti della Confraternita. Fu invece il Saroli, nel 1818, ad acquistare la lunetta (passata poi nella collezione Mas­sari) e nel 1859 il marchese Strozzi, per 4.000 scudi, la pala (passata nel 1881 alla National Gallery di Londra).

Rimane un singolare documento per la storia del gusto l'episodio dell'Udny che, a meno non si trat­tasse di mancato accordo sul prezzo o di difficoltà di trasporto, trascurò l' insigne tavola del Rinascimento, e preferì invece la serie delle tele, in prevalenza del primo Seicento emiliano. Questi dipinti, oggi d'ignota collocazione, son tutti annotati nelle guide di Ferrara anteriori alla soppressione e spoliazione dell'Oratorio:

Brisighella, Barotti, Scalabrini. Integrandone vicende­volmente le indicazioni, si può anzi ricostruire la dispo­sizione di essi nella "nobilissima sala "' ciò che tornerà utile, come vedremo, anche per l'interpreta­zione iconografica del ciclo d'affreschi ora ritrovati. All'altar maggiore era dunque la "Pala Strozzi 11 ,

allora supposta del Francia. La fiancheggiavano, sulla parete di fondo , due tele di Domenico Mona : una , Natività della Vergine ', sulla destra, ed una 'As­sunzione' sulla sinistra, capo e coda di una serie di storie di Maria e Gesù, del Cromer, dello Scarsellino, del Naselli, del Bonone, di Ludovico Carracci, di Ca­millo Ricci, che si svolgeva lungo le tre restanti pareti . 2 )

Si trattava di un complesso strettamente omogeneo onde, mettendo a confronto le date degli autori, se ne può collocare l'esecuzione tra l'ante quem del 1602, anno di morte del Mona, e il post quem della primissima maturità di Camillo Ricci, giovane allievo dello Scar­sellino nato nel 1580, e pertanto difficilmente operante prima del 1598-99. Si punta insomma sugli anni in­torno al 1600, ed a suggerire la nuova sistemazione, oltre che la ricorrenza del Giubileo, poteva essere il centenario della consacrazione dell'Oratorio, che doveva cadere proprio in quel tempo.

La costruzione, infatti, risaliva a circa un secolo avanti e, riporta il Brisighella, "prima che questa Chiesa fosse adornata della preziosa suppellettile di tanti Quadri, si dice che fosse tutta d'intorno dipinta con altre simili Istorie Sacre a fresco sul muro 11 • 3)

Quando, con lo scioglimento della Confraternita, fu rimosso dalle pareti della sala lo strato di tele e di cor­nici barocche, una mano d'intonaco restò probabil ­mente a celare e, precariamente, a proteggere l'antica decorazione. Ma l'Oratorio era destinato a passare i suoi guai: sventrato in più punti da nuove finestre, sca­le, impianti, tagliato in due da un pavimento in legno per raddoppiarne l'area ormai destinata a magazzino.

Presentatasi, lo scorso anno, la necessità di trasfor­mare radicalmente l'ambiente per far luogo ad un nuovo collegio dei religiosi di San Francesco, la So­printendenza alle Gallerie dispose un assaggio degli intonaci, sotto a cui, in qualche punto, trasparivano tracce d 'affreschi; dopo i primi risultati positivi, ad opera di Mario Paganini, si procedeva ad un siste­matico sondaggio e scoprimento della superficie ori­ginaria, lungo l' intero perimetro. 4)

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FIG. I - FERRARA, EX ORATORIO DELLA CONCEZIONE - GRAFICO DEI RINVENIMENTI: PARETE CORRISPONDENTE ALLA FACCIATA E PARETE SINISTRA

Le campiture in nero segnalano i rinvenimenti di maggiore consistenza (per tutti si è proceduto al distacco) . Con il tratteggio incrociato sono indicate le zone dove l'affresco è affiorato più consunto, talvolta indecifrabile (non sempre si è proceduto al distacco) . Il tratteggio parallelo indica le zone dove è stato portato in luce l'ornato (di qualità scadente, non si è proceduto al distacco). Le aperture, se vuote, sono indicate con il semplic,e contorno; se murate, sono trattate anche internamente. La doppia linea intervallata dal doppio punto indica la collocazione del pavimento costruito dopo l'abbandono dell'Oratorio : una scala in legno addossata con gravi danni per il timpano trecentesco alla parete interna della facciata, dove la doppia linea è interrotta,

univa i due piani cosi ricavati.

Alla lettura degli annessi grafici dei ritrovamenti va premessa qualche notizia storica. La fondazione della Confraternita dell'Immacolata Concezione, e relativo primo Oratorio presso l'antica Chiesa di San Fran­cesco, risale secondo il Guarini al 1281. "Volendo poi il Duca Hercole Primo riddurre la mediocre Chiesa di Santo Francesco nel magnificentissimo tempio ch'ora si vede, ed essendogli il detto Oratorio d'impedimento lo fece spiantare, procurando alla detta Confraternita in quella vece un luogo sopra il Refettorio dei detti Padri II' 5) Si ricorse insomma ad una sopraelevazione, e il nuovo Oratorio fu ospitato al piano superiore, reso accessibile da una scala, onde la denominazione riportata in principio. 6) 1494 è l'anno certo d'inizio dei lavori per il Tempio di San Francesco. Più confusi i riferimenti delle fonti agli anni di costruzione dell'Oratorio. Ma nuove notizie documentarie, cortesemente segnalate da Giulio Righini, consentono di fissare con certezza tra il 1498 e il 1500 l'elevazione dell'Oratorio, e il compi­mento d'una parte almeno della decorazione ad affresco;

D

dai dati in nostro possesso non può tuttavia rilevarsi quando si concludesse l'intera operazione pittorica. 7)

Gli affreschi rinvenuti appartengono tutti, comunque, a questo ciclo, ad eccezione di una grande porzione di timpano, interrotta al piano del pavimento, che occupava quasi l'intera lunghezza deUa facciata in­terna: questo rilevante saggio di pittura riminese apparteneva alla originaria decorazione del cosiddetto " refettorio" (ma non si tratterà piuttosto della primi­tiva chiesa di San Francesco ?), la cui origine, come è attestato da . alcune finestre gotiche ora venute in luce al piano inferiore, è appunto trecentesca. 8) Al momento della sopraelevazione quattrocentesca, la parte del grande timpano ora emersa, cioè quella supe­riore, rimase incamerata nel piano del supposto "re­fettorio " , . che è stato radicalmente manomesso. g)

Di questo ritrovamento si potrà più estesamente ed organicamente riferire in gruppo con altri importanti recuperi e restauri di pittura riminese, condotti dal '52 in qua nella giurisdizione della Soprintendenza. Sia

FIG. 2 - FERRARA, EX ORATORIO DELLA CONCEZIONE - GRAFICO DEI RINVENIMENTI: PARETE DI FONDO E PARETE DESTRA

Cfr. didascalia della fig. 1.

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FIG. 3 - FERRARA, ORATORIO DELLA CONCEZIONE - SCHEMA DI RICOSTRUZIONE DI UNA DELLE PARETI LATERALI

cinque tondi erano intervallati a quattro finestre, e iscritti, con i sottostanti riquadri, entro un grande scomparto il cui fondo era decorato a motivi arabescati in terra verde e gialla. Lo spazio rimanente, tra le due fasce in alto e lo zoccolo in basso, era

occupato da una uniforme decorazione a strisce parallele, verdi, rosse, gialle.

lecito ora farne astrazione, per concentrarsi sull'orga­nico complesso della decorazione rinascimentale.

Tredici grandi tondi, con storie della Vergine e di Gesù, correvano lungo le due pareti laterali e la fac­ciata interna, e qui la descrizione del complesso di tele sovrappostevi nel Seicento ci soccorre nel reintegrare i termini dell'iconografia. La voce riportata dal Brisi­ghella è infatti chiarita e confermata dai ritrovamenti, anche nella vaga indicazione che le ,. Istorie Sacre" impresse sul primitivo intonaco fossero •• simili" alla serie delle tele seicentesche. Dei dieci tondi, sui tredici originali, più o meno frammentariamente emersi e re­cuperati, i tre meglio conservati e a primo acchito decifrabili nel soggetto corrispondono infatti a tre dei soggetti seicenteschi:

o

affiorate debolissime e frammentarie; la I Natività di Cristo', di cui infatti sono leggibili parte del volto di San Giuseppe, il volto della Madonna e quello di un pastore; la • Presentazione di Gesù al Tempio ' , ove s'intravede l'architettura e, con altre, la figura del Bam­bino; la • Disputa di Gesù al Tempio !, indicazione che torna utile ad interpretare un affresco riapparso allo stato larvale; infine la • Pentecoste', dove il gruppo della Vergine tra gli Apostoli è, del resto, tutto'ra decifra­bile. Il riscontro rivela un'unica variante certa: dove fu insediata, nel Seicento, la • Presentazione della Vergine al Tempio', è invece venuto in luce un tondo con San-

t'Anna, la Vergine e il Bambino, sormontato, eccezionalmente, da un altro piccolo tondo con l' , E­terno benedicente'. La spiega-zione risulta chiara ma la riman­diamo in nota, con altre possibili osservazioni, per non intralciare più a lungo il discorso. IO)

• Circoncisione', • Adorazione dei Magi', • Morte della Ver­gine " e risultano per di più collocati nei tre punti corri­spondenti. Per cui è da supporre che, in generale, le tele venissero sovrapposte ai tondi, rispettando l'originale itinerario. A confer­ma, anche i soggetti meno chiari possono plausibilmente inter­pretarsi a riscontro dei corri­spondenti quadri seicenteschi: così la • Annunciazione', di cui rimane un frammento di co­lonna, cui si addossa il leggio, attiguo al manto della Vergine superstite nella sola manica; la I Visitazione', se per tale può interpretarsi il soggetto di un affresco dove la figura della Ver­gine, ed altra al suo fianco, sono

FIG. 4 - FERRARA, ORATORIO DELLA CONCEZIONE SCHEMA DI RICOSTRUZIONE DELLA PARETE COR-

Ciascuno dei tredici tondi re­cava sotto di sè un riquadro ret­tangolare col ritratto di due o più persone; le famiglie, presu­mibilmente, dei committenti, e cioè dei membri della secolare çonfraternita. II) Sette ne sono stati parzialmente recuperati. Sotto ad un altro riquadro, del tutto cancellato nelle immagini, è invece emersa la seguente iscrizione : " .. , OCARII QUONDAM

NICOLAI ANTONIUS 1ST ••. VIRGINIS

EFFIGIEM CURAVIT SIC !BI ••• " 12 )

RISPONDENTE ALLA FACCIATA

Gli elementi sono analoghi a quelli illustrati alla fig . 3 ; ma su questa parete non si aprivano finestre, ad eccezione di un oculo al vertice. Il tondo cen­trale, rialzato, non era iscritto in scomparti e recava sotto di sé un riquadro di dimensioni maggiori. In basso a destra poteva trovarsi l'ingresso all'Oratorio

(cfr. nota 6) .

Il ritmo con cui gli affreschi scandivano le pareti della sempli­ce sala doveva risultare quanto

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sulle cadenze di una larga e spiegata distribuzione, più affini semmai al senso organico e di pianificazione delle addizioni spaziali operate, sullo stesso modulo sferico, da Biagio Rossetti : l'architetto del nuovo San Francesco, dunque operante a po­chi passi.

Ciascuna coppia, di un medaglio­ne e un riquadro, s'accampava entro un largo scomparto ad ornati, guar­nito in testa da un accenno di drap­peggio. Sulla parete breve corri­spondente alla facciata erano col­locati tre medaglioni, ma disposti a triangolo, dove il mediano, asse­condando il ritmo piramidale che culminava nel soffitto a capriate, si alzava a fare da vertice; mentre nel maggior spazio che ne risultava al centro si inseriva un riquadro più ampio, delimitato da due candela­bre, e con ritratti non più a mezzo busto, ma a tutta figura.

FIG. 5 - MILANO, CASTELLO SFORZESCO - BALDASSARRE D' ESTE: RITRATTO DEL DUCA BORSO

La parete di fondo era spartita a trittico da due coppie di pilastri a candelabre sormontati da un archi­trave . Nella porzione di mezzo, que­sto s'interrompeva per far posto alla Pala Strozzi con la relativa lunetta, raccolta nell'alta nicchia che dove­vano crearle l'altare e le membrature dell'ancona. Della porzione di de­stra, non sono riemersi che scarsissi­mi frammenti, e assai svaporati, ma sufficienti a testimoniare, entro il ri­quadro prospettico dell'architettura, la presenza di alcune figure in un

mai solenne ed armonico, insieme spazioso e serrato, supplendo alla modestia architettonica dell'ambiente; ancora una volta, a Ferrara, un'architettura vagheggiata nell'illusione fortemente immanente, e nei colori , della pittura. I rettangoli delle finestre, quattro per parte, s'intervallavano lungo le pareti laterali agli spaziosi medaglioni, fasciati da larghe cornici a grottesche (o ad intrecci vegetali, a greche, a cerchi inanellati) e, sotto a questi, i riquadri dei ritratti fingevano altrettante aperture, dove, contro i fondi blu ora ovunque perduti, s'affacciavano i profili e i tre-quarti, nobilmente devoti, dei confratelli. Uno spartito congegnato sul contrap­punto del quadro e del tondo, tipico ingranaggio fer ­rarese, dall'altare Roverella, al Griffoni, al fregio in stucco di Schifanoia; ma evaso ormai dall'ultime urgen­ze irrazionali della strageometria turiana, e riposato

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paesaggio roccioso: un Cristo risorto ed un Santo. La scena doveva, comunque, risultar sim­metrica, almeno nel rapporto architettura-paese-figure, a quella della porzione di sinistra: qui larghi frammenti del traliccio architettonico sono venuti in luce, e, sfogato in quella prospettiva, un brano luminoso di paesaggio in cui s'accampava un San Francesco (ne avanza qual­che lacerto) nell'atto di ricevere le Stimmate (il Cro­cifisso è integro per buona parte). Un altro frammento di figura - il frate compagno - è visibile alla destra del Santo, mentre alle sue spalle, profilata alla base della parasta esterna, sopravvive, sebbene con molti danni, una figura muliebre di committente. Più in basso è poi emerso un frammento della spessa base architet­tonica, in scorcio, che doveva impostare i pilastri ed inquadrare inferiormente le due scene. Si tenterà di esaminare più dettagliatamente la distribuzione di

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questa parete, in rapporto anche alla collocazione della pala Strozzi, nella seconda parte di questo studio, cui si rimanda anche per il grafico restitutivo.

Sulla paternità artistica degli affreschi rinvenuti, che sappiamo dunque iniziati verso il 1499, non abbiamo alcuna indicazione esterna, ad eccezione di poche lettere, suddivise in due righe, venute

Si ripropone così l'annoso quesito dell' identificazione di Baldassarre. Dopo le valorose ma sfortunate ricer­che di Adolfo Venturi, 15) il primo punto fermo fu dato dal ritrovamento, ad opera del Cook, del' Ritrat­to di Tito Strozzi ', firmato per esteso dall'artista: ma il suo stato di conservazione consente scarse illazioni. 16 )

Accettabile è poi, per la stringente concordanza dei dati esterni , la restituzione a Bal­dassarre, avanzata dal Malaguzzi Va­Ieri, del ' Ritratto del Duca Borso' della collezione lTrivulzio. 17) Il Lon­ghi infine ha dato per sicura l'iden­tificazione con Baldassarre del suo "Vicino da Ferrara", basandosi, oltre che sulla" giustezza" cronolo­gica del lungo curriculum di questo artista, sulla relazione stilistica con alcuni tra i ritratti ad affresco di Schifanoia (che i documenti ci dico­no in parte ripresi da Baldassarre). 18)

in luce entro il su menzionato frammento della struttura di base, proprio in corrispondenza di una delle paraste, quella di destra, che incorniciano la scena delle Stimma­te: " .. . SAR ES ••. " , nella riga superio­re, " IT O . .. " in quella inferiore. L ' indicazione può sem brare minima, tuttavia non ho dubbi nell'interpre­tare la scritta come firma di Baldas­sarre d'Este: Balthasar, o Baldasar, o Baldassar Estensis, come variamente il suo nome ci è tré'.mandato. 13) Dove principiasse il cartiglio che contene ­va la scritta, è deducibile chiaramen­te dall'interruzione delle modana­ture su cui il cartiglio stesso era poggiato, oltre che da una traccia del suo contorno; e lo spazio risul­tante tra il margine del cartiglio e la prima lettera emersa, nella riga su­periore, è di precisa misura per con­tenere altre sei o cinque lettere. Non risulta invece dove terminasse il car­tiglio, e non sappiamo quindi se " Estensis" si leggesse per esteso, o puntato (" Est. ,,) o se, ancora, seguissero altre parole. " Hoc fecit opus" , eventualmente seguito dalla data, potrebbe essere una plausi­bile interpretazione del rigo infe­riore (sempre sulla considerazione degli spazi) : dove tuttavia per certo,

FIG . 6 - FERRARA, COLLo VENDEGHINI -BALDASSARRE D'ESTE : S.GIOV. BATTISTA

Un nuovo elemento, non ancora rilevato, che interviene a far cadere i possibili dubbi su tale identificazio­ne, è dato dalla pulitura, recente, del ritratto Trivulzio. Un restauro che, se non ha potuto restituire il volto, irrimediabilmente sgranato, ad una soddisfacente visibilità, l'ha tuttavia notevolmente chiarita, ha reso più nitida la lettura del busto, ed ha soprattutto rivelato ex novo la fat ­tura, acuta e raffinata, del coprica­po 19) (fig. 5). Ora il ritratto può collocarsi molto bene accanto al­la produzione di "Vicino" tra il 1470 e il 1475, anche se forse la precede di un poco: ai quattro Santi già del Museo di Bonn, alla ' Cro­cifissione ' di Parigi, al ' San Giro­lamo' di Berlino, e all'ancor inedito , Battista' della raccolta Vendeghini o quasi, potrà darsi solo " opus " .

Dopo un lungo soggiorno a Reggio, nel '97 Baldas­sarre era rientrato a Ferrara, dove morì verso il 1504. Sono anni, i medesimi all'incirca in cui si svolge la decorazione del nostro oratorio, in cui il vecchio mae­stro, scomparso ormai anche Ercole, doveva tenere il primo posto nella gerarchia artistica ferrarese . È più che naturale che la ricchissima Confraternita, 14) che per la pala d'altare s'era rivolta anche ad un pittore di prim'ordine, il Costa, desiderasse assicurarsi l'opera dell'insigne Baldassarre, tanto più in un'opera dove la ritrattistica aveva così gran parte: direi che mera­viglierebbe il contrario, e questo, almeno a mio avviso, contribuisce ad eliminare ogni perplessità sull'inter­pretazione della firma .

di Ferrara (secondo il Longhi possibile compagno del San Girolamo in un altare scomposto), di cui colgo l'occasione per riprodurre una rara fotografia .20

) (fig . 6) . È, mi sembra, nel ritratto Trivulzio lo stesso pacato,

ma un po' forzoso, girare della forma sul supporto fra ­gile e schiacciato del segno, le stesse sottigliezze di trama, lo stesso accostare di luci. Certo, da questo ritratto al ' Battista' Vendeghini, l 'oscillazione Piero della Francesca-Roberti, che sembra propria di Bal­dassarre in questi anni, ci è presentata nelle sue punte estreme. Ma rimane l'identità sostanziale di un gusto accomodante, che scioglie tanto la norma volume­trica pierfrancescana quanto le irregolarità di Ercole nella prima sere matura del chiaroscuro e del segno,

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FIG. 7 - FERRARA, PINACOTECA NAZIONALE - BALDASSARRE D'ESTE: STIMMATE DI S. FRANCESCO

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bloccando la forma in questo invo­lucro elastico e pellucido, plasmato per morbide torsioni, e in crespato a tasche e pizzi, o modulato a leg­geri dislivelli, sempre in qualche mo­do paralleli alla superficie.

Da queste opere alle ' Stimmate ' ora rinvenute, a cui la firma sembra riferirsi, il passo può apparire lungo, ma occorre tener conto che sono tra­scorsi quasi trent'anni, durante i quali poche tracce sopravanzano del cammino di Baldassarre : opere come l' 'Angelo ' di Bergamo, la ' Santa Chiara' di Venezia, e i ' Santi Mau­rei io e Giorgio' di Mombello e Zuri­go, possono accompagnarci fin verso 1'85. Mentre, nei tre lustri conclusivi del secolo, non ci resta quasi altro che la coppia di Santi Berenson, e il pali otto di Casa Strozzi, la cui data ­zione va collocata sugli ultimis­simi anni del Quattrocento (dunque il più vicino ai nostri affreschi): opere che, secondo il Longhi, te­stimoniano lo scadimento qualitativo una sua involuzione stilistica.

FIG. 8 - FIRENZE, CASA STROZZI - BALDASSARRE D'ESTE (BOTTEGA DI?) PART. DI UN PALIOTTO D'ALTARE

dell'artista ed

La conclusione non si conviene del tutto ai nostri ritrovamenti, che testimoniano indubbiamente di un divario qualitativo tra parti e parti, ma non di un generale scadimento, anzi tutt'altro. Potrà allora sup­

non sono certo senza rapporti con il paliotto di Casa Strozzi (figg . 8, 9, IO, I I): nell'arcaica bloccatura delle masse; nelle caratteristiche striature dei nembi contro il cielo (che ritroviamo analoghe nella" Crocifissione " centrale, e specie nel prototipo, più giovanile, del Mu­seo d 'arti decorative d i Parigi); nelle schematiche

porsi che Baldassarre, come un cam­pione di non purissimo sangue, an­dasse facendosi col trascorrere degli anni più discontinuo; e che sfoderas­se raramente i suoi acuti, indulgen­do più spesso ad un fare sbrigativo e ripetitivo, specie nelle occasioni di minor conto, nelle quali poteva riuscirgli comodo, come viene di so­spettare, anche l'impiego di qual­che aiuto.

L ' ipotesi di un tale rendimento di ­scontinuo potrebbe, in effetti, calzare alla monumentale scena delle " Stim­ma te " (fig. 7), a spiegarci (senza bisogno di ricorrere alla supposizione di due mani distinte, che è meno fa ­cilmente sostenibile di quanto può sembrare a prima vista) il divario di qualità tra lo straordinario ritratto di committente e i meno alti, sebbene grandiosi, frammenti del S. France­sco e del suo compagno, del Croci­fisso e del paesaggio. Questi ultimi

FIG. 9 - FIRENZE, CASA STROZZI - BALDASSARRE D'ESTE (BOTTEGA DI?) PART. DI UN PALIOTTO D'ALTARE

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FIG. IO - FERRARA, PIN. NAZ. - BALDASSARRE D'ESTE : STIMMATE DI S. FRANCESCO (PART. DEL SANTO)

anche l' ipotesi di urtO scivolamento di Baldassarre, dopo la morte di Ercole, verso le forme più sciolte e naturalisti che che incalzavano con il subentrare del nuovo secolo, in ­trodotte a Ferrara specialmente dal Costa. E se si pensa alla re penti­nità del mutamento di questo artista negli ultimi anni del Quattrocento, basterà supporre tra il paliotto di Casa Strozzi (che potrebbe toccare al '97-98) e l'affresco delle 'Stim­mate , (che potrà spinge rsi anche dopo il 1500), l'intervallo di qualche anno appena. Tutto comunque tor ­nerebbe più verosimile (e così l'ecces­sivo scadimento qualitativo e il rima­sticato arcaismo del paliotto Strozzi a confronto dei frammenti anche meno elevati delle ' Stimmate '), sup­ponendo un largo intervento di bot­tega nel pali otto medesimo: opera del resto, e per la sua stessa natura,

piattaforme di rocce, da cui s'avvita verso il primo piano il sentiero (più volte ripetute nel paliotto); nei sottili, spogli alberini, tipici di Baldassarre, che si leggono frammentariamente sopra la testa di San Francesco; infine, per quel poco che ce ne rimane, nelle impac­ciate piegature dei panneggi, che ricadono quadre e parallele sullo strato, anch'esso solidificato, del terre­no. A dare ragione delle diversità tuttavia persistenti, potrà invocarsi, oltre al "far grande 11 dell 'affresco,

FIG. II - FERRARA, PIN. NAZ. - BALDASSARRE D'ESTE STIMMATE DI S. FRANCESCO (PART. DEL FRATE COMPAGNO)

di secondaria destinazione. 2 1)

Quanto alla figura muliebre di committente, la sua superiorità sulle altre parti dell'affresco è fuori di­scussione, ma che si tratti dello stesso artista è sugge­rito dalla fattura analoga delle pieghe, dal tipo del segno, specie intorno al braccio, dalla stessa materia pittorica. Solo che qui l'immagine di Baldassarre andrà a ricombaciare piuttosto con il "Vicino 11

più antico, cioè con il miglior "Vicino 11; ora egli infatti recupera quell 'andatura eletta del contorno, tra aristocraticamente sofisticato e musicalmente dif­fuso: un'andatura quasi" ballabile 11 , affine per esem­pio al ' San' Giorgio' di Zurigo, anche se più intima­mente siglata, qùasi rapita, nell'attenta scivolata del profilo, o nella soffiata rotondità della testa, delicato bulbo. Sue proprie, anche se qui lievitate da una rara, toccante ispirazione, sono le morbidezze dei piani, le curvature addolcite e i risvolti velini delle forme, o le vellutate trasparenze del colore, che toccano accordi di una finezza straordinaria nell ' incarnato della bella ignota, nei suoi capelli così ben pettinati, nell'oc­chio mite, appannato di devozione e di malinconia (figg· 12, 14)·

L'autore del nostro ritratto rinsangua di umori pro­toc;inquecenteschi, distinti ma paralleli a quelli, in Toscana, di un Ghirlandaio o di un Filippino Lippi, una sua stringata secchezza di antica estrazione fer­rarese; e l'operazione conviene dunque all'estrema fase di Baldassarre, sulla soglia del secolo, quando egli innesta alla lezione di Ercole, in chiave della sua più affettuosa umanità e distinta sottigliezza, le nuove tene­rezze del Boccaccino e del Costa.

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Evidentemente il contatto con il vivo modello, fuori della convenzione scenica e prospettica della " storia " , dà appiglio più profondo alla disponibilità morale e sentimentale di Baldassarre ; in sostanza (e se ne ha qui la prima, lampante conferma) vale la ormai tradizionale conclusione, indotta dalle notizie documentarie, che la sua più raffinata specialità fosse il ritratto. 22) Quanto a un confronto con il ' Ritratto del Duca Borso ', riuscirà tutt'altro che negativo per la rispondenza del " diapason " ideale e della tenuta qualitativa, oltre che, specificamente, per la pari, soffice sottigliezza del segno e per la leggerezza delle lumeggiature, nelle stoffe, nei capelli. Pure occorre tener presente che circa trent'anni separano le due opere. Un raffronto con il ' Ritratto di Tito Strozzi ' , assai più vicino nel tempo, tornerebbe ancor più convincente (e ce lo suggerisce in particolare la fattura dell'occhio e dei capelli) se il dipinto non avesse perduto, a causa dell'esaurimento e delle ridipinture, tanta parte del suo senso primitivo (fig. 13).

Più o meno irradiati dall'ascendenza di Baldassarre (che in tutta la decorazione dell'oratorio, con speciale riguardo alla ritrattistica, potè benissimo avere un compito di supervisore) appaiono anche i vari riquadri con ritratti sottoposti ai tondi . Anzi per due di essi, prima che dal muro di fondo riemergesse l'affresco delle 'Stimmate', era venuto naturale d'improvvi­sare il nome dello stesso Baldassarre, data la loro non comune intensità espressiva, e lo spirito ancora comu­nicante con Schifanoia. A fianco di un profilo distrutto di donna, nel primo riquadro, il volto virile ostenta un marcato ed austero strabismo (quasi anch'esso a titolo di reverente dedicazione) dallo sbalzo come su fina lamina del suo tre-quarti, tirato da un segno ener­gico, fitto , appena un po' trito. Nel secondo riquadro tre figure di profilo, moglie marito e figlio, trattate con la stessa qualità di segno, tra sbalzato e graffito. Una caratteristica" morelliana " ricorrente è il rilievo uncinato delle narici, ed è una sola mano, molto pro­babilmente, ad operare nei due riquadri (fig . 15, 16).

Benchè la qualità sia sufficientemente alta, e i rap­porti con "Vicino" effettivamente non manchino (affine è anche il modellato appiattito, dal chiaroscuro scivolante, e di una prossima fioritura di gamme incar­natine, anche se più compatte e spalmate), imbarazza un poco pensare che si tratti dello stesso pittore cui abbiamo riconosciuto la squisita figura femminile delle , Stimmate ' . È assai probabile comunque che i ri ­quadri siano tra i più antichi di tutto il ciclo, cioè verso il '99, mentre è opportuno, per le ragioni viste, spin­gere l'affresco firmato oltre il 1500. Può avere Bal­dassarre compiuto in quegli anni, per altro decisivi, un trapasso così sensibile anche nella concezione del r itratto ? Allo stato delle conoscenze sul pittore non è forse possibile pronunciarsi.

FIG. 12 - FERRARA, PIN. NAZ. - BALDASSARRE D' ESTE

STIMMATE DI S. FRANCESCO (PART. DELLA COMMITTENTE)

Altrimenti si tratterà di un maestro, probabilmente anziano, che sia venuto ad insinuare tra Baldassarre e il Costa, con un notevole nerbo di energie personali, la punta di un nuovo e robusto "realismo " , estratta dal fianco sdegnoso della tradizione ferrarese . Tra i nomi disponibili, quello di Antonio di Crevalcore può sembrare allora il meno lontano (considerando il ri­tratto Sacrati) , anche se forse inadeguato qualitati­vamente. 23)

Che la decorazione dell'oratorio si spingesse fino ai primi anni del Cinquecento, sembra comprovato an­che dagli altri ritratti. Ancora di buona qualità è il

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FIG. 13 - VENEZIA, COLLo CINI - BALDASSARRE D'ESTE RITRATTO DI TITO STROZZI (DOPO L'ULTIMO RESTAURO)

frammento del grande scomparto che era sotto il tondo centrale della parete d'ingresso: una figura inginocchiata di anziano committente, sormontata da un angelo che regge un drappo, e più su, contro una nube, la traccia di un putto sorreggente un cartiglio. Altri ritratti dove­vano apparire nella scena (parte di un volto è visibile dietro alla figura principale), che poteva recare al cen­tro una figurazione sacra. Incerta resta la definizione stilistica di questa opera, i cui rapporti con i due ri­quadri precedenti sembrano più esteriori che sostan­ziali; e il sentore umbro - franciano dell'angelo attesta comunque una data più avanzata, mentre il profilo del canuto committente punta addirittura verso l'aspro classicismo del Garofalo nei medaglioni di Palazzo Costabili e del Seminario (fig. 19).24)

Un altro riquadro, mediocre, con i profili di un uomo e di un fanciullo (probabilmente padre e figlio), tra Baldassarre e Melozzo, di dubbia cronologia, sugge­risce l'ipotesi di un lavorante romagnolo; 25) ed affine potrebbe essere la collocazione di un altro riquadro, troppo frammentario, tuttavia, per essere sufficiente­mente giudicato (figg . 17, 18) . 26)

Un ultimo scomparto, che mostra una coppia in orazione, è di fattura artigianale ma assai garbato e compìto, studiato con delicatezza nella collocazione

delle figure su due piani diversi. Certe leggerezze di piani, e affettuosità d' impasti, sembrano ancora me­mori dell'ultimo Baldassarre, 27) anche se la data d'ese­cuzione può scavalcare l'anno della sua morte. Siamo, a mio giudizio, nell'ambiente dei " preziosi" e "di­voti" Grimaldi, Panetti, Coltellini ; e per quest'ul­timo può far propendere la pungente profila tura dei contorni (fig. 20). (continua)

I) Sono molto g~ato al Soprintendente prof. Cesare Gnudi, che mi ha incaricato di seguire particolarmente, sotto la sua dire ­zione' le vicende dello scoprimento, del distacco e del restauro degli affreschi che formano oggetto di questo articolo, nonchè di curarne la pubblicazione, assistendomi nello studio dei pro­blemi relativi. Ringrazio vivamente anche i professori Francesco Arcangeli, Wart Arslan, Stefano Bottari, Cesare Brandi, Ro­berto Longhi e Mario Salmi, che avendo avuto occasione di prendere conoscenza degli affreschi durante la stesura di questo articolo, hanno confortato dei loro pareri le mie ricerche. Un particolare ringraziamento all'avv. Giulio Righini, Vicepresidente della" Ferraria Decus " , che mi ha segnalato numerose notizie riguardanti l'Oratorio. Ringrazio infine il restauratore Mario Paganini, che ha eseguito i rilievi e i disegni annessi all 'ar ticolo, e che mi è stato di validissimo aiuto nel decifrare, ai fini delle restituzioni grafiche, la struttura decorativa dell'intero ambiente.

2) La serie era la seguente : Domenico Mona, • Natività della Vergine'; Giulio Cromer, • Presentazione della Vergine al Tem­pio ' ; Scarsellino, • Annunciazione'; Francesco Naselli, • Visita­zione ' ; Carlo Bonone, • Natività di Cristo ' ; Ludovico Carracci, • Circoncisione' ; Scarsellino, • Adorazione dei Magi '; Giulio Cromer, • Presentazione al Tempio '; Francesco Naselli, • Riposo in Egitto ' ; Carlo Banane, • Disputa con i Dottori'; Camillo Ricci • Resurrezione di Cristo'; Scarsellino, • Pentecoste' ; Giulio Cro­mer, • Morte della Vergine '; Domenico Mona, • Assunzione ' ; Ciascun dipinto recava sopra di sè la figurazione di una Sibilla per mano dello stesso autore, ad eccezione della • Visitazione ' del Naselli, che aveva una Sibilla del Bonone, e della • Resur­rezione' del Ricci, coronata da una Sibilla che le guide dicono del Cromer o .. di scuola veneziana". La • Natività di Cristo' del Bonone era sormontata, invece che da una Sibilla, da .. due fan­ciulli ignudi" deJ10 stesso Bonone. Questi dipinti sono tutti dispersi. Dalla mopografia sullo Scarsellino di Maria Angela Novelli si rileva (p. 85) che una copia della' Adorazione dei Magi ' si trova in San Giorgio a Ferrara, ed una copia della' Annuncia­zione ' nella canonica di Santa Maria in Vado. In San Giorgio si trova altresì la copia della • Circoncisione' di Ludovico Car­racci.

Le guide del Brisighella (Descriz ione delle Pitture e Sculture della Città di Ferr.ara .. . accresciuta ... dall'anno (1704) fino alli giorni correnti per opera di Girolamo Baruffaldi, e con aggiunte e postille marginali di Gianandlea Barotti : ms. B. 175 della Bibl. Com. di Bologna), del Barotti (I770, p. 127), dello Scalabrini (1773, p. 194) descrivono i dipinti come esistenti presso l'ora ­torio . La guida del Frizzi (1787, p. 120) è la prima a rilevare che dopo l'abolizione della Confraternita, avvenuta nel 1772, il suo patrimonio passò in eredità all'Ospedale degli Esposti . Molti altri dipinti oltre a queJ1i già ricordati erano in possesso della Confra­ternita all'atto del trasferimento dei suoi beni al suddetto Ospe­dale, collocati nello stesso Oratorio (paliotti del Bonone e del Borsatti, vedi nota IO), nella scala di accesso e nella sagrestia (cfr. le guide citate), e in altri locali. L'inventario esatto, che risale appunto al 1772, è stato rinvenuto dall 'avv. Righini . L'acquisto in blocco da parte dell'Udny dovette avvenire nello stesso anno, o poco dopo. La pala Strozzi, che non fu venduta, venne invece trasferita presso l'Ospedale degli Esposti (e dal 1840 al 1859 esposta nell'annessa chiesa di S. Cristoforo).

3) Brisighella, ms. citato. Il passo prosegue così : .. Per quanto mi viene significato da chi dice d'averne veduta qualcheduna di d . e Pitture, sonno elleno della stessa mano di chi dipinse l'Epi­fania del Signore, che si conserva nella Sacristia, come abbiamo antecedentemente parlato; sicchè ho fondamento di credere, che sieno opere di Niccolò Rosselli. Bensì qualche cosa ho veduto di

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pIU antico su i medesimi muri sulla facciata al di dentro, verso il piano della Sala, dove levandosi i corami d'oro che il muro co­prono, appariscono dipinti di vario figure di molta antichità e di quel gusto, con cui era dipinta in tanti luoghi la Cattedrale da quell 'Ettore Bonacossa, del quale allora parlammo, e vivea nel 1440". Entrambi i riferimenti sono certo sbagliati. Il quadro conservato nella sagrestia, da altre guide è riferito, invece che al Rosselli, al suo allievo Leo da Brescia: doveva comunque trat­tarsi di un dipinto del Cinquecento avanzato, di autore quindi che non poteva aver partecipato alla decorazione dell'Oratorio. Quanto alle" figure di molta antichità" vedute dallo stesso Bri­sighella, deve trattarsi del timpano trecentesco.

4) L a Soprintendenza ai Monumenti di Ravenna ha autorizzato la trasformazione dell'ambiente in considerazione del suo irri­levante valore architettonico. L a presenza di affreschi nel piano dell'Oratorio è stata inizialmente rilevata dal Padre Gino Zanotti che sta conducendo uno studio monografico sul Tempio di San Francesco e i monu­menti adiacenti, di imminente pubblicazio­ne, dei cui risultati tuttavia non ho potuto giovarmi, non essendomi stato consentito di consultare il manoscritto. Il prof. Gualtiero Medri ha, unitamente al dr. Luciano Chiap­pini, segnalato a lla Soprintendenza dette tracce di affreschi. Lo scopri mento, il di­stacco e il restauro dell'intero ciclo, dietro finanziamento del Ministero della Pubblica Istruzione e del Comune di Ferrara, è stato effettuato dal restauratore Mario Pa­ganini, che ha assolto con rara perizia, e massimo scrupolo, il suo delicato compito. Gli affreschi sono ora entrati a far parte del­la Pinacoteca Nazionale di Ferrara.

5) La citazione è dal Guarini (Compendio historico ... delle Chiese di Ferrara, I6:u, p . 274)·

6) Giulio Righini (La laurea di Copernico allo Studio di Ferrara, Ferrara 1932, p. 24) dimostra che la scala che disimpegnava l'Oratorio non era collocata all'esterno, ma compresa nel vano di un edificio adiacen­te, dove tuttora in effetti è visibile nelle forme di una elegante trasformazione subita nel '700, con aggiunte ottocentesche. È cer­to che la scala immetteva nell'Oratorio dal fianco sinistro, precisamente in corrispon­denza dell'inizio della parete, dove oggi troviamo le tracce di una porta «di rottura »,

poi murata, che può essere un allargamento dell'ingresso originale (cfr. fig. I). L 'alzato di Ferrara di Andrea Bolzoni (ed. 1747) di cui il Righini riproduce un particolare in ­grandito (p. 22) mostra la facciata dell'Ora­torio priva di aperture d'accesso, confer­mando che dopo il rimaneggiamento seicen­tesco e settecentesco dell'ambiente l'ingresso era sul fianco. Non è comunque del tutto da escludere la possibilità che in origine l'accesso potesse, tramite un ballatoio, aprirsi sulla facciata, dove (cfr. figg. I e 4) è stata rinvenuta una porta, il cui impiego sarebbe difficilmente spiega bile se, come effettivamente sembra, essa fosse anteriore alla costruzione dell'avancorpo che fu ad­dossato nell'ottocento alla metà inferiore dell'Oratorio.

confratelli riescono" ... à ottenere dal Reverendo Generale delli frati di santo Francesco, e dalli frati di Santo Francesco di Ferrara licentia di edificare un'Oratorio à solaro, à spese di detta compa­gnia, sopra li muri vecchi del refettorio di detti frati ... di longhez­za e larghezza che si potranno convenire con detti frati; e questo in cambio dell'altro Oratorio vecchio, guasto per la nova fabrica del­la Chiesa di santo Francesco già cominciata". A questa data, 1496, viene dunque accordato il permesso di costruire il nuovo Oratorio ; il vecchio sembra già demolito, o in via di demolizione.

È inoltre di fondamentale importanza l'annotazione seguente, alla data 29 maggio 1500: " Essendo l'anno 1489 Stato dato licentia per reverendo Padre Provinciale ... delli frati di Santo Francesco ... alli huomini della nostra Compagnia di ampliare e alzare la scolla di detta compagnia, posta sopra il sacrato di Santo Francesco, sotto annuo pagamento per ricognitione di detta scolla di lire otto di cira in doi duppieri di lire quatro l'uno ... ;

7) Si tratta di una " Cronaca Il mano­scritta riguardante la Confraternita, dal­l'anno 1227 al 1573, compilata da Gio. Batt. Mindoli, fratello della Compagnia (+ 1586) (Cartella A-g-I500 dell'Archivio della sop­pressa Confraternita, presso l'Istituto Pro­vinciale per l'Infanzia di Ferrara) . Il M in­doli, che si basa certamente su documenti, annota che, alla data del 22 maggio 1496, i

FIG. 14 - FERRARA, PIN. NAZ. - BALDASSARRE D'ESTE: STIMMATE DI S. FRANCESCO (PART. DEL RITRATTO DELLA COMMITTENTE, DOPO IL DISTACCO)

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FIG. 15 - FERRARA, PIN. NAZ. - FERRARESE VERSO IL 1499: RITRATTO DI IGNOTI

e essendo anco che l'anno 1497 o 1498 per la fabrica della nuova chiesa di detti frati , di commissione dell ' illustrissimo e Ecc.mo Signore Duca Hercule Estense, ... è stata guastata e destrutta la scolla, overo oratorio di detta compagnia, e per detto Principe consignato il luoco sopra il Refettorio vecchio di detti frati ... in luoco della scolla de.trutta; e essendo che per gli huomini di detta compagnia è anco sopra detto refettorio stato fatto una salla per loro scolla e oratorio, e con loro grandissima spesa in fabrica di muro, ligname, serramento, e pitture, come appare evidentemente à adornamento, ho no re, e utilità di detto mona­sterio, e della città; e havendo gli huomini di detta compagnia desiderato ch'in luoco di detta scola vecchia sii surrogato la detta salla, overo oratorio nuovo ; e di ciò interpellatone il Ministro Provinciale della Provincia di Bologna, e frati di detto convento ; li quali volendo sodisfare alla volontà delli huomini di detta com­pagnia; Perciò detti Provinciale e frati solennemente, vedendo il luoco fabricato esser utile ad ornamento di detto Monasterio, e di tutta la Città, à istanzia del Ministro e Sindici di detta Com­pagnia, hanno surrogato la salla, overo oratorio fabricato sopra il Refettorio in luoco della prima scolla di detta compagnia, e approbata detta fabrica ... e hanno investito detti Ministri e Sin­dici sotto annuo pagamento consueto di libre otto di cira nella festa di santo Francesco, come si contiene nella prima licentia ... : come appare instromento rogato per sier Benedetto di Boni da Norsa". La prima licenza richiesta nel 1489 sembra dunque riguardante soltanto un progetto di ampliamento del vecchio oratorio, senza che ancora si pensasse al suo trasferimento in altro luogo, tanto più che solo di lì a cinque anni (1494) sarebbe iniziata la costruzione del nuovo Tempio di San Francesco : è allora errata la notizia dello Scalabrini (1773, p. 194) che il nuovo oratorio" ottenne da' PP. Conventuali luogo sopra il loro Refet­torio l'Anno 1489 ". La demolizione del vecchio oratorio, e la consegna della nuova area, dovette invece (integrando il senso di entrambe le annotazioni) cadere tra il 1496 e il 1498 ; e la co­struzione del nuovo oratorio tra il 1498 e il 1500, se al 29 di

maggio di questo anno i frati approvano la fabbrica già eseguita e stabiliscono il .. pagamento" annuo di .. libre otto di cira " , rinnovando cioè gli accordi già intercorsi nel 1489. È anzi questo riferimento alle modalità a suo tempo concordate del simbolico .. pagamento" , che giustifica il richiamo , nell'annotazione del Mindoli e già forse nel documento cui egli dovette attenersi, alla .. prima licentia " del 1489, la quale invece non ha alcuna rela­zione, a mio avviso, con il successivo progetto di trasferimento della" scolla" sopra il Refettorio. Sotto questa luce può ancora interpretarsi il passo, perfettamente concordante, del Guarini (luogo cit.), quando riferisce che l'allogazione dell'Oratorio sul Refettorio era ricambiata .. con un'annua recognizione di otto libre di cera bianca in due doppieri a 4 di Ottobre, festività di Santo Francesco, si come la detta Confraternita si aveva per costume di pagare dell 'altro Oratorio già distrutto, come dalle investiture sopra ciò fattele dalli detti Padri si vede, rogate per Benedetto de' Boni da NorSa nell'anno 1489, 1497 e 1498".

La corrispondenza degli anni citati dal Mindoli con quelli ricordati dal Guarini, e del nome del notaio (Benedetto de' Boni da Norsa) sembra confermare che l'autore della cronaca si atte­neva a precise notizie documentarie. Il Guarini non sembra invece conoscere il documento del 29 maggio 1500, su cui si basa principalmente il Mindoli . Gli atti del notaio Benedetto de' Boni per gli anni citati esistono tutt'ora presso l'Archivio Notarile di Ferrara, ma il loro debolissimo stato di conservazione li rende praticamente illeggibili (ringrazio il dott. Rondelli del ­l'Archivio di Stato di Ferrara, che ha gentilmente tentato una ricerca).

Il punto di più delicata interpretazione, nella notizia del Mindoli, è l'accenno specifico alle" pitture" , certo già iniziate. Ma nulla può assicurarci che, alla data 29 maggio 1500, che non segna neanche la consacrazione dell 'oratorio, ma soltanto la for ­male approvazione della fabbrica e l'allogazione ufficiale della Confraternita nella nuova" scolla " , l'intero ciclo degli affreschi fosse terminato. Che esso fosse soltanto avviato, e forse anche

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FIG. 16 - FERRARA, PIN. NAZ. - FERRARESE VERSO IL 1499: RITRATTO DI UNA FAMIGLIA

inoltrato, ma non certo compiuto, lo dimostra la ricognizione stilistica di alcuni dei dipinti rinvenuti, e lo rende ancor più plau­sibile la considerazione che nello spazio di soli du e o anche tre anni (tra il 1498 e il 1500), difficilmente si poteva arri­vare a costruire e a decorare interamente un ambiente di tali proporzioni.

8) Si ignora dove fosse precisamente collocata l'originaria chiesa di San Francesco, definita .. mediocre Il dal Guarini, che 15 sappiamo iniziata nel 1341 o '44. Ma non escluderei che possa identificarsi proprio con la modesta costruzione trecentesca sopra alla quale fu allogato il nostro Oratorio. Sarebbe da supporsi , 14 in tal caso, che solo dopo la creazione del nuovo Tempio venisse trasformata, nel piano inferiore, in Refettorio. La vastità del-l'ambiente lascia pensare ad una chiesa più che ad una sala di 13 refezione, inoltre la collocazione cronologica del grande timpano riminese frammentariamente rinvenuto potrebbe calzare appunto al quinto decennio del Trecento, tempo di costruzione della 12

Chiesa. 9) L'intonaco originario, nel piano inferiore, è ovunque per-

duto, e sulle pareti affiorano attua lmente tracce di dozzinali deco- I I

razioni barocche. Un fregio tardo cinquecentesco, con puttini, che correva lungo il bordo superiore dell'intera sala, è stato rinvenuto frammentariamente e, nelle parti ancora leggibili, distaccato.

IO) Le variazioni nella disposizione seicentesca della sala, a confronto della disposizione rinascimentale, risultano dal se ­guente schema indicativo :

16 2

4

6

7

Ia 9 8

Sistemazione rinascimencale

I) Pala Strozzi (altare).

2) Cristo risorto e Santo. 3) Sant' Anna con la Ver-

gine, il Bambino e l'Eterno benedicente.

4) Annunciazione. 5) Visi tazione (?) .

6) N atività di Cristo. 7) Circoncisione. 8) Adorazione dei Magi. 9) Storia perduta.

lO) Presentazione di Ge-sù al Tempio.

11) Storia perduta (Ripo-so in Egitto ?).

12) Disputa con i Dottori. 13) Storia perd uta (Resur-

rezione di Cristo ?).

14) Pentecoste. 15) Morte della Vergine. 16) Stimmate di San

Francesco.

Sistemazione seicenlesca

Pala Strozzi (altar mag-giore, con paliotto e baldacchino).

Natività della Vergine. Presentazione della Ver-

gine al T em pio.

Annunciazione. Visi tazione (a ltare con

paliatto raff. la Visi ta-tiene e baldacchino).

Natività di Cris to. Circoncisione. Adorazione dei Magi. Finestra. Presentazione di G esù al

T empio. Riposo in Egi tto.

Disputa con i D ottori. Resurrezione di Cristo

(al tare con paliotto raff. l'Annu nciazione e bal-dacchino).

Pentecoste. M orte della Vergine. Assunzione.

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quella dell" Assu!l2;ione ' (anch' essa inesi­stente nel primo ciclo iconografico) . Di conseguenza fu necessario cambiare il n. 3 (che nella disposizione rinascimentale ini­ziava la serie, e recava perciò il piccolo tondo sovrapposto con l'Eterno benedi ­cente, oltre alla figurazione di Sant' Anna, la Vergine e il Bambino) con una storia che trovasse la sua logica collocazione tra • Natività ' e • Annunciazione ', e cioè la

FIG. 17 - FERRARA, PIN. NAZ. - ANONIMO ROMAGNOLO : RITRATTO DI IGNOTI

• Presentazione della Vergine al Tempio' . In corrispondenza del n. 9, dove il ciclo rinascimentale doveva aver previsto una storia intermedia tra l" Adorazione dei Magi' (n. 8) e la • Presentazione di Gesù al Tempio' (n. IO) (o, data la collocazione particolare del tondo - cfr. fig. 4 - una storia di speciale rilievo come la • Croci­fissione' o l" Assunzione'?), fu invece aperta nel Seicento una finestra, il che ha provocato la perdita totale del tondo (ad eccezione di un frammento della fascia) e di buona parte del grande riquadro con ritratti sottostante. Due altari furono poi collocati in corrispondenza dei nn. 5 e 13 (mentre difficilmente, nella disposizione ri­nascimentale, potevano esser previsti, oltre a quello maggiore, altri altari sotto gli

Nell'originaria sistemazione rinascimentale, la parete di fondo con la Pala Strozzi e i due affreschi laterali (nn. l, 2, 16) faceva gruppo a sé, mentre i tredici tondi con storie della Vergine e Gesù si susseguivano lungo le tre pareti restanti (nn. 3-15) . Nella disposizione seicentesca, furono abolite le due figurazioni late­rali alla Pala Strozzi, estranee alla serie della Vergine e Gesù, e si estese invece tale serie aggiungendo all'inizio (n. I), subito a destra della Pala Strozzi, la scena della ' Natività della Vergine ' (inesistente nel primo ciclo iconografico) , e al termine (n. 16)

•• .... rr

" • io .. ,

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FIG. 18 - FERRARA, PIN. NAZ. RITRATTO

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affreschi) . Detti altari avevano due paliotti in legno, più tardi, di Carlo Borsatti (raffiguranti la • Visitazione' e l" Annuncia­zione ': cfr. il citato inventario del 1772), mentre l'altare mag­giore aveva un paliotto in legno di Carlo Bononi (con S. Giorgio e storie della Vergine, cfr. il citato inventario). I tre altari erano infine corredati da baldacchini, certo più tardi, con storie del Vecchio Testamento di Lodovico Campalastro. L e Sibille soprastanti le tele seicentesche erano dipinte in posizione cori­cata, su tele "per traverso" , come si ricava dalle descrizioni di alcuni dei dipinti, inserite da Cesare Cittadella (Catalogo historico ecc. 1783, III, pp. 18, 27,80, 153) nelle vite dei rispet­tivi artisti. Una notevole importanza per la storia della pittura ferrarese del Seicento doveva investire questo complesso, dove ogni autore (e vi figuravano tutti i maggiori) sembra fosse rap­presentato al massimo dell'impegno. L 'artista più attivo nel­l'impresa fu Carlo Bonone, che rivestiva un'alta carica nella Confraternita e che assunse l'iniziativa della nuova sistemazione : " Nell'Oratorio della Scala, ove Egli era ascritto tra i principali Confratelli, essendo stato promotore del nuovo ornamento di quel Luogo, gli furono addossati dai Compagni diversi Quadri, e tra gli altri valenti Professori che furono chiamati per sua insi­nuazione a dipingere il rimanente dell'Ornato di questo grande Oratorio, si fece molto onore" (C. Cittadella, op. cit ., III, p. 53) ' Come attesta il Guarini (loc. cit.) le tele erano "distinte con industria mirabile da gran contorni di cornici dorate, ed altri ornamenti di molto prezzo". Le due copie, da Scarsellino e Ludovico, presso la chiesa di San Giorgio, misurano circa m. 3,40 per 3,20 : questo poteva essere il formato degli originali (la copia dallo Scarsellino che è in S. Maria in Vado è però di dimensioni ridotte) .

Il) La composizione e le gerarchie della Confraternita sono ricava bili dalla pubblicazione "Regole ed Ordini della Confra ­ternita della Concez ione dell'Immacolata e Beata Vergine Madre " , edita nel 1635 e ristampata con aggiunte nel 1746. A capo della compagnia, composta di confratelli e consorelle, erano i Sindaci, un Ministro e una Ministra, e un Vicario. È probabile che i personaggi ritrattati, specie quelli che vediamo a tutta figura, rivestissero cariche, o comunque una posizione di rilievo in seno alla Confraternita.

1 2 ) Questo riquadro, che è stato staccato in considerazione della scritta, occupava il secondo posto sulla parete laterale destra . Due brevi segni, che seguono la frammentaria iscrizione, possono essere interpretati come tracce di numeri ; potrebbe trattarsi di due ~ 9 », e si avrebbe così " 1499 no Il personaggio cui allude l'iscrizione, Antonio Nicolai, è probabilmente lo stesso Antonio Nicolai Vincenzi la cui lapide funeraria troviamo tuttora nella quinta cappella a destra della chiesa di S. Francesco (" Alberto,

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e Antonio Nicolai Vincentii - Filiis Innocentia ac iuris peritia -Clariss. qui magna frequentia professi - Sunt, ac publice de iure res ponderunt - Franciscus nepos eorum posuit - Anno D . MDXXXI Men. Aprilis no Così riportata da Andrea Borsetti, Supplemento al Compendio Historico ecc., Ferrara 1670, p. 84). L a "immagine della Vergine" che Antonio Nicolai "curò", cioé pagò, sta presumibilmente ad indicare il tondo con la ' Nati ­vità di Cristo' che era collocato sopra al riquadro, nel quale, quasi certamente, figurava il ritratto del Nicolai. L'iscrizione è interessante anche perché sembra confermare' l'ipotesi, d'altronde ovvia, che i ritrattati dei singoli riquadri fossero i committenti dei tondi corrispondenti. Gli altri riquadri rinvenuti non recano però scritte di sorta. Degli altri sette riquadri staccati, sei sono qui pubblicati. Il settimo, che si trova sulla parete corrispondente alla facciata, a sinistra guardando la parete stessa, è troppo con­sunto per potersi giudicare.

13) Balthazar, Balthassar, Baldassare, Baldessera sono altre lezioni del nome ricava bili dai documenti. "Balthasar (o Balda­sar) Estensis " era firmato il ritratto già Costa bili, oggi Cini ; " Baldassaris Estensis opus" un quadro perduto ricordato dal Baruffaldi, e le due medaglie.

14) Il Guarini, (loc . cit.) osservando lo sfarzo dell 'Orator io, spiegava che "la detta Confraternita è molto bene provveduta di poderi, case, livelli, ed altre rendite, le quali da lei vengono con molta diligenza custodite, e con maggior carità a' suoi tempi dispensate no Il vastissimo patrimonio della Confraternita, fin dai tempi più antichi, è documentato dai copiosi lasciti registrati nella già citata" Cronaca" degli anni 1227-1573.

15) L 'articolo del Venturi in L'Art 1884, p. 25 s., interessante per le notizie documentarie, apre la bibliografia moderna sul pittore.

16) Il ritratto è catalogato da Camillo Laderchi nella " Descri­z ione della quadreria Costa bili " , Ferrara 1838, I, p. 32. La firma già aIlora " alquanto corrosa " fu letta dal Laderchi : " Balthasar Estensis ... pinx ... annor. 56. 1499. Feb. 23 " (" L 'iscrizione che nel ritratto di Tito Strozzi fatto nel 1499 volevasi interpretare anno 36, essendo corrosa, il Laderchi la interpretò per 56,,: L. N. Cittadella, Notizie relative a Ferrara , 1864, I, p. 581) . L'annotatore del Baruffaldi (Vite, 1844, I, p. 93; II, p. 521) la lesse invece: " Baldasares. Estesis. Nob. Pix. Anor. 36, 1499 Feb. 24 ". Il dipinto, che recava il n. 563 della vendita Costa bili, fu acquistato da RaffeIlo Pinti che lo conservò fino al 1895; figurò poi aIla vendita Boyce, London, Christie's 1897 e fu ac­quistato da H . Cook. Questi lo pubblicò nel Burl. Mag. del 19II e in R ass. d'Arte 1912, leggendo la firma "Baldasar. Estensis. Nob. Pix. Anor. 56. 1493 no I successivi passaggi di proprietà del dipinto sono Agnew (1947), Sestieri (1951) e infine Cini. La pulitura ora eseguita presso la colI. Cini ha aIleggerito deIle più pesanti ridipinture il ritratto, la cui lettura è migliorata, benché le parti originali siano molto consunte.

17) FR. MALAGUZZI VALERI, Baldassare da Reggio e il suo ri­tratto del Duca Borso d'Este, in Rass. d'Arte 1912, p. 101 SS. Secondo il Malaguzzi Valeri il dipinto è da identificarsi con il " retracto al naturale" del Duca Borso " per mano de maistro Baldassare " che il Duca Ercole, dopo la morte di Borso, inviò il 5 nov. 1471 a Galeazzo Maria Sforza ; molti oggetti deIla fami­glia ducale sforzesca passarono alla famiglia Trivulzio. Anche se il ritratto ora al Castello non dovesse identificarsi proprio con quello "al naturale" inviato al Duca di Milano, resta il fatto che Baldassarre era il ritrattista ufficiale del Duca Borso, e che una volta, come riporta il Venturi (art. ci t.), egli lo ritrasse " in busto su una tela incollata su legno,,: indicazione, questa, che calza al nostro dipinto.

18) R. LONGHI, Officina Ferrarese, ed. 1956, p. 48 sS., p. 137 S5. (Ampliamenti), p. 182 SS. (Nuovi ampliamenti). È a mio avviso da escludere dal catalogo di " Vicino " il • San Ludovico da Tol03a ' del Metropolitan Museum di New York, proposto dal ­l'Ortolani (Tura, Cossa, Roberti, 1941, p. 80) (anche il Salmi, nella sua recente monografia sul Tura, p. 48, si esprime in senso con­trario a tale ascrizione). Sul problema Vicino -Baldassarre è recen­temente intervenuto Eberhard Ruhmer (Zeitschr f. Kunstgesch., 1957, p. 95 ss.; Cosimo Tura, London 1958, p. 28 e nota 72). Il Ruhmer, con una certa incoerenza, accetta l'attribuzione a Vicino-Baldassarre del • S . Gi0rgio ' di Zurigo, che ricollega al ritratto Trivub;io e ad alcune teste di Schifanoia, mentre non

FIG. I9 - FERRARA, PINACOTECA NAZIONALE - FERRARESE DEL PRIMO DECENNIO DEL SEC. XVI: RITRATTO (PART).

concorda sull'attribuzione allo stesso autore del "gruppo di dipinti connessi con la grande 'Crocifissione' del Musée des Arts décoratifs di Parigi (altri nella raccolta Strozzi e nel Museo Bardini a Firenze, a Bergamo e altrove), che è propenso a riferire alla prima attività del Bianchi Ferrari: a parte che il dipinto già Bardini, del Butinone, si trova soltanto inframmezzato alle ripro­duzioni di • Vicino '. Non facilmente comprensibili sono le attri­buzioni a Baldassarre, avanzate dal Ruhmer, di gruppi di figure di Schifanoia decisamente lontane tra loro, del • Ritratto di vec­chio' del Museo André e di altre opere. Sul noto problema delle 36 teste e busti "acconzate" da Baldassarre a Schifanoia, è da te­ner presente quanto ha scritto Cesare Gnudi (D'ANCONA-GNUDI, I mesi di Schifanoia in Ferrara, 1954, p. 103), specie l'osservazione che le eventuali sovrapposizioni a tempera" possono aver subito la sorte di tutte le parti non a buon fresco staccate dalla colla

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dell'intonaco settecentesco quando questo nell'ottocento fu rimos­so e raschiato". Giacomo Bargellesi (Notizie di opere d'arte ferraresi, 1955, p. 38) ritiene che i rifacimenti di Baldassarre debbano essere scomparsi . Questo non esclude, naturalmente, che Baldassarre abbia potuto direttamente eseguire delle zone ad affresco, a parte le teste" acconzate n ' Dopo il rinvenimento dei nuovi affreschi dell'Oratorio della Concezione, ritengo che possano essere più attentamente considerati in rapporto alla personalità di Baldassarre il supposto ritratto di Pico della Miran ­dola (Bergamo, Acc. Carrara), che il Longhi ha collocato .. tra Baldas,arre, Ercole e il Costa n (op. cit ., p. 188), e il ritratto Kress di Francesco Gonzaga IV, attribuito ad Ercole nel cata­logo della Galleria, e ad Antonio da Crevalcore da G . Bargellesi (op . ciL) che però ritiene del Crevalcore il ritratto Correr, men­tre il Ragghianti (in" La Critica d'Arte n maggio I949, p . 82) 03serva genericamente che esso .. riapre il problema dei molti profi li sparsi in varie collezioni col nome di Baldassare d 'Este n'

, g) Eberhard Ruhmer, nella già citata recensione all' , Officina' del Longhi, ha pubblicato, per un confronto, il ritratto dopo il restauro, senza però accennare al restauro stesso, né alle nuove possi bilità di lettura che offre oggi l'opera, ciò che risulta evi­dente a confronto delle precedenti riproduzioni .

20) LONGHI, op. cit., p. 48. Cfr. anche S. ORTOLANI, op. cit., p. 80.

2 1) Una certa diminuzione d'impegno, in rapporto ad una più modesta destinazione, può rilevarsi anche nella • Madonna' della colI. Zaccarini di Ferrara, attribuita dal Longhi a ' Vicino " rispetto al modello del Metr. Museum di New York, attribuito dall'Ortolani : ma qui, come il Longhi rileva (op. cit., p. I84), si tratta proprio di .. un grato esempio di come Baldassarre sapesse mantenere, sia pure smorzandolo, il pregio e la norma dell'arte nuova anche nei casi di più modica destinazione n ' La persona-

lità di Baldassarre puo lflsomma ancora rinvenirvisi. Quanto ai due' Santi ' Berenson, rileviamo anche qui, nonostante l'attutita qualità una cura ed un 'eleganza d 'esecuzione, che fanno invece difetto in molte parti del paliotto Strozzi: del resto anche questi due' Santi' sembrano una ripetizione in tono minore di modelli più antichi, e cioé il • S . Girolamo' di Berlino e il • Battista' Vendeghini (cfr. L ONGHI, op. cit., p. 50).

22) Vedi soprattutto gli scritti di A. Venturi su Baldassarre, e in particolare il primo articolo già citato.

23) Il primo riquadro era collocato sulla parete corrispondente alla facciata, a destra guardando la parete stessa (perciò la figura è di tre quarti) . L'altro occupava il primo posto sulla parete late­rale sinistra . Il prof. Arcangeli è propenso ad accettare l'attri ­buzione, qui ipoteticamente avanzata, ad Antonio da Crevalcore, pur riconoscendo i rapporti con • Vicino' ; il prof. Gnudi a lasciare aperta la possibilità Baldassarre. Il prof. Longhi non concorda su Antonio da Crevalcore e ritiene che la conoscenza del momento tardo di Baldassarre non sia ancora sufficiente perché ci si possa pronunciare sul suo nome. Il prof. Salmi ritiene i due riquadri di mani diverse e mentre per il primo avanza dubitativamente il nome di Antonio di Bartolomeo Maineri, per il secondo non è contrario all'ipotesi Antonio da Crevalcore.

24) Il prof. Brandi è propenso ad accettare, per il ritratto, una attribuzione al Garofalo, ritenendo che l'angelo possa spettare ad altra mano.

2 -) Il prof. Brandi suggerisce l'ipotesi di un artista faentino. Il riquadro occupava l'ultimo posto sulla parete laterale destra .

26) Il riquadro occupava il secondo posto sulla parete laterale sinistra.

27) Il prof. Longhi nota, specie nel profilo di donna, rapporti con Baldassarre. Il riquadro occupava il penultimo posto sulla parete destra .

FIG . 20 - FERRARA, PIN . NAZ. - MICHELE COLTELLINI (?) : RITRATTO DI IGNOTI

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