Nunatak 8

48
z 1 EDITORIALE PAG. 2 SULLE TRACCE DELLA DEA MADRE PAG. 5 FOLGARIA: LA LOTTA CONTRO I NUOVI IMPIANTI DI RISALITA PAG. 15 RUE DES MAQUISARDS PAG. 21 GLI SCHIAVI DELLISOLA MONTAGNA PAG. 24 OCH AL LUF! MEMORIE DI CONTRABANDÈR PAG. 29 CONTRO LA METROPOLI PAG. 33 UN BULLDOZER VI È PASSATO SOTTO CASA PAG. 37 SECONDA LETTERA DI DOLCINO E MARGHERITA AI VALSUSINI IN LOTTA E AI LORO SODALI PAG. 43 SOMMARIO

description

NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna. Numero 08

Transcript of Nunatak 8

  • z 1

    EDITORIALE PAG. 2 SULLE TRACCE DELLA DEA MADRE PAG. 5 FOLGARIA: LA LOTTA CONTRO I NUOVI IMPIANTI DI RISALITA PAG. 15 RUE DES MAQUISARDS PAG. 21 GLI SCHIAVI DELLISOLA MONTAGNA PAG. 24 OCH AL LUF! MEMORIE DI CONTRABANDR PAG. 29 CONTRO LA METROPOLI PAG. 33 UN BULLDOZER VI PASSATO SOTTO CASA PAG. 37 SECONDA LETTERA DI DOLCINO E MARGHERITA AI VALSUSINI IN LOTTA E AI LORO SODALI PAG. 43

    SOMMARIO

  • z2

    EDITORIALE

    In passato alcuni articoli della rivista hanno accennato alla solidariet umana esistente neipiccoli paesi o nelle frazioni di montagna. Lorganizzazione dello spazio che prevedeva unadimensione comune di elementi, quali forni, fontane, mulini, ecc... assecondava un rapportocollettivo fatto di reciprocit con lambiente circostante ed una condivisione sia della fatica,sia dei suoi frutti. Ritenendo centrale la questione individuo-comunit in un qualsiasi tentativodi costruzione di unesistenza altra, ritorneremo sullargomento, animati da un propositocritico che sappia liberarci sia dalla tetra rassegnazione, sia dallottimismo facilone di solu-zioni troppo a portata di mano. Lattuale stile di vita ed i rapporti interpersonali che, in tempirecenti, si sono pi comunemente sviluppati nelle citt e nelle aree industrializzate conduconoquasi inevitabilmente a contrapposizioni evidenti con quanto si accennato prima. A partiredallo sbilanciamento in atto, per cui il territorio tende solamente ad essere depredato, unevi-denza sempre pi diffusa e generalizzata ci offre il quadro di una societ permeata, in ognisuo ambito, dallisolamento e dalla disgregazione. Anche il rapporto con il tempo semprepi slegato da ritmi naturali ed condizionato dallossessione dello spostamento o dallacadenza delle attivit produttive. Nel momento in cui la giornata viene scandita dallaperturae dalla chiusura dei negozi e non dalla traiettoria del sole, che fatica ad affacciarsi fra ipalazzi, non deve troppo stupire se anche il rapporto tra individuo e una qualsiasi ipoteticacollettivit si sia snaturato o, in alcuni casi , sia stato annichilito da un modo di vivere epensare tremendamente persuasivo.Tutto ci non per una prerogativa delle grandi citt e forse nemmeno del nostro tempo. Avolte le contrapposizioni troppo semplicistiche finiscono per elargire ambiguit e stucchevoliluoghi comuni da sfatare. Anche in piccole comunit, per alcuni aspetti, pi a misura duomo,

  • z 3

    larmonia tra individuo e comunit pu sgretolarsi come le migliori idee, fragili come illusio-ni. Dal momento che non nutriamo grande interesse per seconde vite virtuali, apriamo gliocchi e chiediamoci effettivamente di cosa stiamo parlando.In effetti, le nostre valli non sempre sono state oasi di apertura nei confronti del nuovo edellestraneo e chi decide di trasferirvisi pu imbattersi nella diffidenza di chi non abituato avedere facce nuove, ma attribuisce grande importanza allanzianit della conoscenza ed airapporti di parentela. Questo aspetto intrinsecamente legato a quasi tutte le piccole comu-nit di montagna. Se per, per molti di noi, la chiusura verso il nuovo che avanza ed ilrelativo corredo di inganni e menzogne pu essere condivisibile, non lo unaltra serie diatteggiamenti altrettanto comuni. Ad esempio quando si guarda in cagnesco qualcuno per-ch sosta nei pressi della propria casa, non si difende n unidentit, n lintegrit di unterritorio dallavanzare delle nocivit; molto pi tristemente si sacrifica ogni residuo di com-portamento umano sul sacro altare della propriet privata.Daltro canto, il processo di spopolamento che dal dopoguerra, in ogni valle in modo diver-so, ha prodotto vere lacerazioni nel tessuto sociale ha allontanato dal territorio intere genera-zioni. impossibile, a tal proposito, valutare la gravit che tale processo ha comportatonellambito dei rapporti interpersonali. Al tempo stesso, anche lo sviluppo economico di unavalle rispetto ad unaltra ha prodotto situazioni differenti. Laddove si mantenuto (e non aduso e consumo del folclore) una relazione con i vecchi saperi e i mestieri tradizionali, sicuramente pi verosimile la possibilit di incontrare una comunit autentica. Nelle valli incui lunica prospettiva il turismo, ci si imbatte in una vetrina dietro la quale sia lindividuo siala collettivit scompaiono. Non una nostra velleit quella di affrontare in modo esaustivo ilrapporto tra individuo e comunit in montagna poich tanti e diversi sono i luoghi e la storiache li ha segnati, rappresentando un fattore determinante per capire cosa sono oggi. Tuttavia,esistono analogie, punti in comune. Ad esempio riteniamo che gi in tempi remoti, lavanzatadel cristianesimo abbia eroso usi, costumi e quindi anche abitudini e livelli di socialitpreesistenti nelle comunit di montagna. In tempi pi recenti, la societ del consumo haimposto unulteriore spinta verso il baratro di unomologazione dilagante. impensabile, perintenderci, che le Alpi, nel XXI secolo, siano insensibili agli assordanti richiami dei massmedia. Linformazione mediata arriva ovunque, accompagnata da un controllo sistematico.La sua verit sovente sa essere pi persuasiva della conoscenza diretta e costruisceunivocamente la paura utilizzandola per indirizzare le opinioni in modo coercitivo, alimentan-do la fobia nei confronti di tutto ci che fuoriesce da una norma preconfezionata. Allo stessomodo, lo Stato ha imposto la sua presenza anche nelle zone pi marginali (come le monta-gne) del proprio territorio, utilizzando soprattutto larma dei carabinieri e le loro caserme,come dimostrazione di una militarizzazione capillare.Detto questo, chi sceglie la montagna deve chiedersi, prima o poi, che cosa auspica e cosdisposto ad offrire e ricevere. In una borgata ricerchiamo nostri simili o la solitudine? Unacomunit o la periferia estrema della societ civile con le sue leggi e la sua ipocrisia? Inoltrequanto siamo disposti a mediare la nostra attitudine nel momento in cui decidiamo di metter-ci in gioco, relazionandoci con persone diverse da noi? La vita reale, con i suoi aspettiapparentemente banali, sa essere in realt molto pi complessa di unanalisi scritta a tavoli-

  • z4

    z

    no. Ognuno pu essersi posto queste domande e aver dato mille risposte diverse, nessuna deltutto vera, nessuna del tutto falsa. Senzaltro, a parte eccezioni, possiamo affermare cheluomo un animale sociale e, soprattutto in condizioni di vita difficili (come quelle cheimpone la montagna, quella vera), ricerca il calore del proprio simile e anche la sensazionedi essere parte di un qualcosa, non per questo tralasciando peculiarit importanti del propriomodo dessere. Tuttavia ogni comunit potenzialmente crudele e prevaricatrice nei confrontidellestraneo, del diverso o del pi debole. Aspetto questo, tanto pi evidente nelle piccolecomunit, laddove poche sono le possibilit di mediazione. Ci introduce unaltra questione:consideriamo la possibilit che ci sia una comunit a nostra misura nella quale si pu vivereeffettivamente bene, o riteniamo che ogni piccolo passo in questo senso debba essere il fruttodi una continua tensione che pu esplicitarsi attraverso il confronto, ma anche attraverso ilconflitto? In questo senso esiste una grande differenza fra contesti neo-rurali costruiti da zeroda individui affini provenienti da esperienze simili e con lo stesso retroterra e, invece linseri-mento in una comunit gi esistente e sorretta da un suo equilibrio e da sue regole non scritte.Entrambi questi due tipi di esperienze sono importanti e non detto che ci sia un modellomigliore dellaltro, ma solo diverse chiavi di lettura. Quello che noi definiamo come comunit un rapporto di solidariet vissuta, concreta, fra individui affini, persone reali, non cittadiniastratti. Unadesione, non esclusiva, che implica contatti personali diretti, vicinanza di affetti edi progetti di vita. Un gruppo umano non olistico, i cui membri sono uniti da un legameesistenziale, volontario e spontaneo, non istituzionale n formalizzato. Un legame effettivo,possibile in gruppi umani dalle dimensioni contenute, ed esplicitamente scelto da singolo(non laccettazione supina ed acritica di quanto originariamente dato, per esempio dallanascita). Nel momento in cui si viene ad istituzionalizzarsi, questo insieme di rapporti perde lasua qualit comunitaria e si rende indipendente dai singoli che ne fanno parte, fino a sovra-starli, a discapito della loro autonomia individuale. In ogni caso, diciamocelo francamente,se la nostra aspettativa quella di una montagna libera e ribelle e non lillusione di una isolafelice, la valle ideale tutta da costruire e adesso si fa fatica ad intravederla... anche se in valSusa ci si andati vicino.Aldil di tutto, ci che a nostro avviso veramente importante lo sforzo di essere chiariinnanzitutto con se stessi e poi con gli altri. Ci nel quotidiano pu tradursi nel tentativo diessere quanto pi comprensibili senza rinunciare alla qualit dei contenuti che ci stanno acuore e alla loro essenza. Ma anche nel saper valutare la natura del rapporto che ci lega a chici vive vicino. Questo nellintento di costruire relazioni vere (magari poche e diluite in un lungolasso di tempo), ma fondate su qualcosa di reale e non sullapparenza. Solo cos, uscendo dicasa, potremo guardare qualcuno negli occhi, senza essere costretti a scambiare qualcheinutile frase di circostanza.

  • z 5

    SSSSSILVIAILVIAILVIAILVIAILVIA EEEEE G G G G GIOBBEIOBBEIOBBEIOBBEIOBBE

    SULLE TRACCE DELLA

    DEA MADRE

    Il culto della dea madre un culto antichissimo, precedente a tutti quelli conosciuti, della cuimemoria le Alpi hanno conservato molto sia nella forma originale, tramite reperti eraffigurazioni, sia nelle sue espressioni successive, tramite credenze e riti. Come dea, assicurala fertilit: non si occupa di comandare gli uomini, di giudicarli. Da lei si genera il mondo, esi rigenera nellinfinito susseguirsi delle stagioni, nello sgorgare delle acque e nelle piogge,nel sorgere del sole. Non spirito, non verbo: tutta corpo, fusa con il mondo naturale cheha generato e che rappresenta (si pensi alle veneri di Willendorf o Savignano). Ma nellevolu-zione delle societ umane, e delle relative cosmologie, il suo destino apparente sar quellodel declino, di pari passo al progressivo sviluppo che a partire dallagricoltura port l uomotanto lontano dal contesto naturale in cui era nato.E come in uno specchio allora, la storia della dea madre sar il riflesso di unaltra storia: lanostra. La storia del suo corpo la storia del nostro corpo, durante la lunga marcia dellacivilizzazione.Un corpo che non conosciamo pi, sottrattoci, secolo dopo secolo, per assicurare la crescitadella produzione di valore: schiavi, soldati, lavoratori, prigionieri di tutti i tempi donano illoro corpo ai governanti, ai sacerdoti, alla patria, ai padroni, e le donne, oltre a se stesse,pure quello dei loro figli e delle loro figlie. Contemporaneamente la grande madre, e ci cherappresenta, viene distorta e demonizzata: si vieta il contatto tra i corpi, con la natura, con iltempo non produttivo della socialit.Sotto la spada e sotto la croce (in tutte le loro forme, anche moderne) siamo le macchine cheassicurano lavanzata del progresso: un progresso a cui tutti, e infine anche le montagne,

  • z6

    hanno pagato un pesante tributo. Ma la storia della dea madre e della sua dominazione anche la storia della sua resistenza, tanto impertinente e duratura nei secoli quanto mutevolenelle forme: la sua storia la nostra storia ma cominciamo dallinizio...

    Nel paleolitico la specie umana, intenta a procacciarsi il cibo e a sopravvivere in un mondototalmente selvaggio, non competeva con i propri simili, ma collaborava e condividevaquanto riusciva a procacciarsi. Questa ipotesi, che si basa su evidenze archeologiche, descri-ve i tempi in cui le prime societ umane, i clan, si sostentavano essenzialmente tramite laraccolta delle specie selvatiche integrate dagli esigui apporti di una caccia spesso infruttuo-sa, che sulle Alpi era stagionale e riguardava principalmente lo stambecco.In questa lunga, lunghissima tappa dellumanit, grazie anche allo scarsissimo numero diindividui presenti (in Piemonte ad esempio non si superavano i 2500 abitanti), i rapportiallinterno del gruppo furono egualitari: senza eccedenze, non vera accumulo di ricchezza,la propriet privata non esisteva e con ci nessuna stratificazione sociale. Le donne si occupa-vano sia del lavoro produttivo sia di quello riproduttivo, ossia sostenevano la comunit con la

    raccolta del cibo stabilendone la ripartizione e il consumo esi occupavano dellallevamento della prole. A loro si devo-no attribuire importanti trasformazioni evolutive come le pri-me tecniche di lavorazione degli alimenti e probabilmenteanche linvenzione degli strumenti da taglio in pietra. Gliuomini, non occupandosi dei figli, contavano su una mag-giore mobilit e potevano dedicare parte del loro tempoalla caccia che, come facile immaginare se pensiamoalla relativa efficacia delle armi primitive antecedenti lar-co, non costituiva una fonte sicura di alimentazione.Grandeattenzione veniva data alle relazioni personali e di gruppo.Questo equilibrio particolare dei ruoli nelle prime trib diraccoglitori-cacciatori permise una convivenza priva di ge-rarchie basata su un ordinamento sociale matrilineare, dove

    cio la discendenza biologica e sociale si stabilisce in base alla madre, e matrilocale, dove l uomo a insediarsi nel nucleo familiare della donna quando si sposa. Un sistema non certoprivo di conflitti ma capace, in un ambiente altamente instabile, di evitare la formazione digruppi familiari detentori di interessi particolari, favorendone la dispersione. Si esclude altreslesistenza di societ matriarcali, cio societ strutturate gerarchicamente dove i ruoli dipotere sono ricoperti da donne.In questo contesto nacque il culto della dea madre, che dur nella sua forma primigenia dal30 mila al 3 mila a.c. circa. A lei si attribuirono le funzioni gi svolte pi anticamente daisimboli raffiguranti gli astri, lacqua, gli animali, reperibili su molte rocce alpine e veneratiper la loro relazione - tanto evidente quanto inspiegabile - coi fenomeni riproduttivi.Naturalmente, come tutti i culti, rispecchiava le caratteristiche della societ che lo avevaprodotto: centralit della figura femminile, dipendenza dai fenomeni naturali, assenza digerarchie, di simboli guerreschi, di mediatori religiosi. Ma con il passaggio allorticoltura, e

    Venere di Lauss.Venere di Lauss.Venere di Lauss.Venere di Lauss.Venere di Lauss.

  • z 7

    poi allagricoltura con aratro, con aumento di popolazione e anche di necessit produttive, ilcontesto sociale mut: pi terre da dissodare significavano molto pi lavoro, e a un maggiorecoinvolgimento delluomo nei lavori agricoli segu una quasi totale sostituzione: la mancanzadi controllo sulle attivit produttive spinse pian piano la donna in secondo piano, tanto che lesociet agricole si strutturarono in forma patrilineare e poi patriarcale.

    Da qui in poi la storia prender un altro corso: la famiglia patriarcale e le eccedenze createdallagricoltura porteranno alla divisione del lavoro, alla stratificazione sociale, allagerarchizzazione, alle forme statali. Il cielo e la terra si popoleranno di guerrieri, maschi, che,prima partecipando allatto creativo, poi sostituendosi in esso, sconfiggeranno la dea appro-priandosi delle sue prerogative creatrici. Il mondo non avr pi origine dal fecondo ventrematerno, ma dal verbo, estremo simbolo della vittoria della cultura sulla natura. la civilt:in cielo e in terra i ruoli sono marcati, la nascente casta sacerdotale amministra, sempre eovunque, la religione che giustifica il sistema sociale vigente, riflettendone le caratteristichenella propria cosmogonia. I popoli si sus-seguiranno, migrando, scomparendo oconquistandone altri, scalzando i relativi deio accogliendoli, ma la forza antica dei ritimagici della fertilit ne conserv la praticatanto che riapparvero sotto mentite spoglienelle nuove religioni, come vedremo.Sulle Alpi la grande produzione di graffiti estatue stele si interrompe con la conquistaromana. Cesare Augusto a sottometteredefinitivamente i vari popoli alpini, elimportanza del fatto testimoniata dal-larco di trionfo a La Turbie, che il pi gran-de nel suo genere allepoca. La resistenzaallassimilazione culturale per fu fortissi-ma, tanto che i culti dei popoli conquistatisopravvissero allimpero stesso, che alla suacaduta lasciava incompiuta lopera di colonizzazione. Lo testimonia il fatto che, quando laChiesa cristiana cominci la conversione dei popoli pagani, dal quarto secolo d.c., comeprimo atto proib i culti dedicati alle forze della natura: alberi, pietre, fonti (concilio di Arles,452). Tali culti non avevano edifici sacri di riferimento da distruggere o leggi teologiche dacontestare, perci risultavano totalmente inafferrabili e incontrollabili. I riti erano, infatti, pra-ticati direttamente da chiunque, in qualsiasi luogo idoneo per farlo (come il bosco) e ciimpauriva la Chiesa che, per accentrare il potere nelle proprie mani, dovette creare gerar-chie, autorit e figure mediatrici tra dio e luomo. Furono cos bruciate le piante sacre, edemonizzati prima i gruppi che ne rimanevano devoti e in seguito le singole persone, comestreghe e stregoni, che praticavano tali riti e credevano in tali culti.Dato che la nuova religione, al contrario di quella preesistente, proponeva un dio astratto, al

    La pi conosciuta rappresentazione della dea madreLa pi conosciuta rappresentazione della dea madreLa pi conosciuta rappresentazione della dea madreLa pi conosciuta rappresentazione della dea madreLa pi conosciuta rappresentazione della dea madrepaleolitica, la cosiddetta Venere di Willendorfpaleolitica, la cosiddetta Venere di Willendorfpaleolitica, la cosiddetta Venere di Willendorfpaleolitica, la cosiddetta Venere di Willendorfpaleolitica, la cosiddetta Venere di Willendorf

    (Vienna, museo di storia naturale).(Vienna, museo di storia naturale).(Vienna, museo di storia naturale).(Vienna, museo di storia naturale).(Vienna, museo di storia naturale).

  • z8

    di fuori della natura, amministrato da spe-cialisti in templi appositamente edificati, chesi basava su un atto di fede da parte del cre-dente e non su un contatto diretto tra questi eil divino, e dato che le vecchie credenze era-no molto radicate, la Chiesa non pot cheassimilare queste ultime al proprio culto.Al culto della dea madre, adorata fin dal-lepoca preistorica, sovrapposta la figuradella madonna ma-dre di dio e di tuttigli uomini alla qua-le la Chiesa, pur es-sendo misogina emaschilista, dovettedare molta impor-tanza, tanto che iculti mariani perdu-reranno fino ai nostrigiorni.Un esempio lacappella-sorgentevaldostana di Bar-masc (barm: ricove-ro naturale sotto unaroccia, asc: suffissopreindoeu-ropeo),costruita nel 1744su una precedentestruttura di cui siconserva una tecaaffrescata del XV se-colo raffigurante unafigura femminile.Costruita sopra unafonte considerata sacra fin dalla preistoria,era inizialmente dedicata alla Maddalena,una santa in gran parte costruita fin dal VIsecolo, quando ancora molto forte era la ne-cessit di coprire e far dimenticare i culti pre-cedenti. DallXI secolo fino alla controriforma,il suo culto conobbe grande notoriet, per-

    ch le sue attribuzioni di donatrice della vitae santa preposta alle acque ben sisovrapponeva alle dee o matriarche precri-stiane legate alla fertilit come ad esempiola dea della fecondit celtica macha mongruad(dalla rossa chioma). Nel XIX secolo la cap-pella viene ristrutturata e dedicata allamadonna, figura femminile che gi dallacontroriforma viene imposta dalla Chiesa

    perch pi aderen-te allimmaginedella donna cristia-na rispetto alla fi-gura pi contrad-dittoria e scomodadella Maddalena.La madonna vieneanche affrescatasulla teca custodi-ta allinterno al po-sto della Madda-lena e al suo fian-co vengono raffigu-rati San Grato eSan Giocondo, in-vocati per ottenerela pioggia e pro-teggere dalle in-temperie. La sceltadella loro raffigura-zione riconduci-bile al fatto che, pureliminando la dedi-ca alla Maddale-na, rimane molto

    forte la tradizione di salire alla cappella perinvocare la pioggia tanto che la Chiesa do-vette collocarli sullaltare avendo le stesseprerogative della santa.Vicenda simile ha la cappella di Magognino(Stresa) dedicata alla vergine e a San Grato,costruita su una roccia coppellata. La cap-

    La Maddalena, avvolta da una fitta peluria, si apparentaLa Maddalena, avvolta da una fitta peluria, si apparentaLa Maddalena, avvolta da una fitta peluria, si apparentaLa Maddalena, avvolta da una fitta peluria, si apparentaLa Maddalena, avvolta da una fitta peluria, si apparentaalla figura della donna selvatica, divinit pagana deialla figura della donna selvatica, divinit pagana deialla figura della donna selvatica, divinit pagana deialla figura della donna selvatica, divinit pagana deialla figura della donna selvatica, divinit pagana dei

    boschi (Bayerisches National Museum, Monaco).boschi (Bayerisches National Museum, Monaco).boschi (Bayerisches National Museum, Monaco).boschi (Bayerisches National Museum, Monaco).boschi (Bayerisches National Museum, Monaco).

  • z 9

    pella cristiana raffigura un santo che veniva invocato a protezione dalle tempesta e dai fulminie la roccia su cui sorge probabilmente un luogo gi sacro ad un culto precristiano, unaforma di rito solare preistorico finalizzato a scongiurare i danni delle tempeste e dei fulmini.

    Nel lungo e faticoso percorso di conversione e cristianizzazione delle popolazioni pagane, laChiesa dovette legiferare molto in materia con concili ed editti, ribadendo costantemente ildivieto di adorare fonti, alberi e pietre. Questo fu necessario perch, nonostante gli sforzi delclero cristiano in questa direzione, le persecuzioni non ebbero una grande efficacia se nonnelle citt o nei borghi sottoposti al suo diretto controllo. Daltro canto in montagna, neiboschi e nei luoghi isolati i culti pagani dedicati alle forze della natura rimangono moltosentiti e adorati. In questi luoghi i pellegrinaggi spirituali, le feste paesane, i sabba notturni ei fal continuano a far parte della vitaquotidiana e spirituale cos come conti-nuano ad essere figure di culto matriar-che, madonne nere, ninfe, fate e dee dellaterra, dellacqua e della fertilit.Per buona parte del medioevo la Chiesanon riesce realmente a penetrare nellemasse contadine. Nel X secolo ancora ilmatrimonio era poco praticato, soprat-tutto tra i ceti bassi dove era tuttal piconsiderato una specie di benedizione.Ma proprio alla soglia del secondo mil-lennio lo spirito monastico prende ilsopravvento nelle gerarchie ecclesiasti-che che tentano di rafforzare la moralecristiana, oltre al controllo sulle terre dipascolo, sugli alpeggi, i passi e i mercatidelle valli.Nel dodicesimo secolo la predicazione un fenomeno diffuso e permette finalmente al dio cristiano di penetrare realmente in Europa,specialmente negli ambienti urbani che stavano recuperando importanza.Ma lontano dalle citt dove i predicatori trovarono le condizioni ideali per la diffusione delloro messaggio tramite i sermoni nelle piazze, si mantiene quasi imperturbata unaltra conce-zione della vita e della morte. Qui i morti sono vivi: il loro corpo acquista poteri, e vanno tenutiin debita considerazione. Si possono evocare, o comunicano ai vivi le proprie esigenze. Lanatura pervasa da spiriti occulti, che possibile propiziare o piegare alla propria volont.Si pu divinare il futuro, trovare pentole doro, uscire dai corpi volando. Ovunque sulle mon-tagne si guarisce per simpatia, cio trasferendo o operando il male su altri corpi. Si utilizzanoallo scopo le erbe e le formule. Ogni evento rivelatore di presagi: piccoli gesti quotidiani ograndi riti collettivi, divinazione e scongiuro regolano le attivit umane, portano guarigione,assicurano il raccolto. Permane della natura una concezione animista, per certi versi ateistica,

    La cappella di Magognino (Stresa).La cappella di Magognino (Stresa).La cappella di Magognino (Stresa).La cappella di Magognino (Stresa).La cappella di Magognino (Stresa).

  • z10

    capace di sovvertire la realt in quanto irra-zionale, non demandabile, soggettiva. La na-tura e i corpi sono ancora indissolubilmentelegati, si influenzano misteriosamente, non cvergogna per la nudit che un fatto quoti-diano e lerotismo ancora parte del sacro.Ce ne d notizia la Chiesa stessa, che ese-crava le innumerevoli pratiche persistenti nel-le borgate isolate che andavano dalle dan-ze, canti funebri e libagioni fino ai pi stranigesti scaramantici come legare ad un piolole donne morte di parto perch non tornasse-ro a nuocere ai vivi.Sono le donne a tenere un rapporto privile-giato con i trapassati. Nei castelli e nei mo-nasteri incominciano ad essere temute per-ch in possesso di un arsenale misterioso,capace di colpire fino alla morte, tramite fil-tri, incantesimi, sguardi, forze occulte con lequali erano in grado di comunicare. I pretinegavano lefficacia di pozioni e malefici, mavi credevano per primi: delle donne temeva-no soprattutto la complicit nel tramandarsiquesta sapienza antica, che le faceva capacidi procurare lamore come la sterilit, lim-potenza, la debilitazione fisica e psichica, chedava loro competenza in tema di contracce-zione, aborto, guarigione dalle malattie. Main generale diffidavano delle masse di conta-dini, troppo selvatici e superstiziosi, che attri-buivano malattie e sventure alle pi dispara-te cause, che erano irrazionali, irregolari nellavoro, che cantavano e bevevano, e spessosi rivoltavano. Il finire del medioevo epocadi rivolte contadine, di eresie, di vagabon-daggio, di banditismo: fenomeni che trova-vano rifugio tra le valli e si intrecciavano traloro, e che i nascenti Stati e la Chiesa perse-guiranno con crescente zelo.Fin dal XIII sec. la Chiesa comincia, infatti, aprestare maggiore attenzione ai movimentieretici, introducendo la pena di morte col

    rogo (1231) e criminalizzandone gli aspetti emodelli di vita che maggiormente si contrap-ponevano in modo scomodo e pericoloso aivalori propagandati dalla religione ufficiale,in particolare quelli legati alla sfera sessua-le: lomosessualit, linfanticidio, il rifiuto delmatrimonio. con la nascita dellInquisizio-ne, tribunale speciale istituito con una seriedi concili tra il 1227 e il 1235, che la Chiesad il via alla persecuzione sistematica dellaperversit eretica.In seguito cominci a perseguitare le primestreghe, prima considerate delle poveraccededite a pratiche superstiziose, contestandoloro in principio lo stesso tipo di reati. Unesempio quello di Caterina di Chenal, ar-restata nel 1449 per stregoneria con laccu-sa deresia, esercizio abusivo della medici-na, uso dellinfusorio, malefici di vario gene-re come aver procurato malattie, partecipa-zione al sabba con tanto di diavolo,antropofagia, cavalcata sul bastone e omi-cidio per mezzo di sortilegio del parroco diMontjovet1 oppure come attestato dagli sta-tuti comunitari di Intra e Pallanza del 1393,procurarsi laborto era punito con la pena dimorte mediante rogo insieme ai delitti di at-tentato alla potest signorile, allomicidio,allo stupro, alla sodomia e alla stregone-ria2. per tra il 1550 e il 1650, in pienaepoca moderna, che la caccia alle stregheesplode come unepidemia.Durante questo secolo illuminato Chiesa eStato si uniscono in unindispensabile colla-borazione per sterminare le streghe e tuttoci che rappresentano socialmente, cultural-mente e praticamente nella vita quotidiana,soprattutto dei contadini e dei poveri in ge-nerale.In molti paesi dellEuropa occidentale, infat-ti, si stava riorganizzando il lavoro passandoda una produzione feudale ad una capitali-

  • z 11

    stica con un conseguente cambio della societ in questa direzione, rendendo cos inconcilia-bili alcune figure, alcune credenze e alcune pratiche con il nascente mondo del capitale edellurbe.Le autorit dello Stato promulgano leggi e ordinanze che incitano la popolazione alla perse-cuzione (ad esempio in Italia nel 1542 riorganizzata lInquisizione e le streghe appaiono suiroghi al fianco degli eretici, in Inghilterra lo statuto dElisabetta I d il via alla caccia, in Scoziacol sinodo di Aberdeem del 1603 si ordina ai sacerdoti di investigare e si incitano i parroc-chiani alla delazione).Lo Stato, in questa stretta collaborazione, si occupa materialmente delle esecuzioni sottraen-

    do cos la Chiesa dallimbarazzo dello spargimento di sangue. Le concause di tale persecu-zione furono, come accennato prima, diverse e meritano tutte attenzione in quanto comple-mentari e necessarie per una comprensione totale di questo fenomeno figlio dellet moderna.Prima fra queste la battaglia alla concezione magica in contrapposizione allidea modernadi divisione tra mente e corpo, razionalit e istinto. Il nascente capitalismo ha bisogno dicreare un uomo nuovo, capace di autocontrollo per adeguarsi alle nuove forme di lavorosalariato e slegato dalla natura e quindi capace di sfruttarla non sentendosi pi in rapportoarmonico con essa.Premesso ci facile capire perch colpire la donna fosse prioritario ed indispensabile siaper i suoi poteri riproduttivi sia perch custode delle pratiche legate allostetricia, alla con-traccezione, allinterruzione di gravidanza e alla cura in generale con erbe, unguenti o tramite

    Il banchetto del sabba (da Compendium Maleficarum, XVII sec.).Il banchetto del sabba (da Compendium Maleficarum, XVII sec.).Il banchetto del sabba (da Compendium Maleficarum, XVII sec.).Il banchetto del sabba (da Compendium Maleficarum, XVII sec.).Il banchetto del sabba (da Compendium Maleficarum, XVII sec.).

  • z12

    riti magici. Non a caso un altro motivo fon-damentale della caccia alle streghe fu la ne-cessit del controllo delle nascite rimasto perla maggior parte dei casi nelle mani delledonne (aborti e infanticidi) fino allalba del-lepoca moderna, quando il bisogno di for-za lavoro umana si fa impellente e indispen-sabile per il sistema capitalistico nascente.Anche la coincidenza tra le frequenti rivoltecontadine e urbane e la persecuzione dellestreghe lasciano dedurre che le donne aves-sero in queste occasioni dei ruoli e delle re-sponsabilit precise, che alle autorit nonpiacevano e che cercavano di reprimere tra-mite le accuse di stregoneria. Le donne infattierano spesso a capo delle rivolte che eranoanche occasioni per mettere in discussionelo stesso potere maschile allinterno dellapropria comunit.E se le rivolte popolari erano un problemaper lo Stato ancor pi lo rappresentavano imomenti organizzativi precedenti. I sabba,quindi, vissuti dalle genti come momenti dicoesione sociale e mutuo riconoscimento incui si affermavano pratiche contrarie a quel-le imposte dalla Chiesa, furono consideratiincontri popolari per programmare le rivoltecontadine.Ma, come gi accennato, uno degli aspettipi significativi di questo sterminio rappre-sentato dalla volont di Chiesa e Stato ditogliere definitivamente al popolo la cono-scenza del proprio corpo, della natura e disradicargli la forte credenza nelle guaritricilaiche, che basavano la loro pratica su unamedicina sovrannaturale. La curatrice, lamaga, la strega evocava gli spiriti, control-lava le forze della natura, non supplicava ilsuo dio, ma esigeva da lui ci che le servi-va. Insomma una pratica questa consideratasovvertitrice e scomoda per la nascente epo-ca moderna con la sua nuova scienza medi-

    ca e la nuova figura maschile del medico.Nascono in questo secolo le prime universitdi medicina, chiaramente vietate alle donne(fatta eccezione per alcune molto ricche chepotevano permetterselo), e viene legalizzatala professione medica. Semplice in tal modoscreditare col tempo le guaritrici, rendendo-le nellimmaginario comune inaffidabili epericolose, in quanto non istruite e prive dinozioni mediche specifiche. In realt sape-vano pi loro per esperienza diretta e perconoscenze tramandate che molti dei nuovimedici pieni di nozioni e supposizioni spessoerrate e sperimentali.Tra laltro, mentre le guaritrici-streghe eserci-tavano tra il popolo, i medici maschi appar-tenenti alle classi dominanti operavano solotra queste. Si crea cos la contrapposizionetra la medicina popolare e quella ufficiale.Il nuovo mondo allinsegna dei lumi, dellarazionalit e padre della scienza modernanon vuole pi fare i conti con donne indipen-denti determinate, consapevoli dei propri ealtrui corpi, irrazionali, oscure, capaci di vio-lenze e di pensieri e azioni rivoltose. La don-na nuova deve essere pi consona al mondocapitalistico: quieta, sfruttabile, sempre menoconscia di s e con poche conoscenze.Cos lindividuo del mondo feudale scompa-re, con la sua propensione al gioco, con lasua confidenza con la morte e la natura, conil suo rifiuto dellorganizzazione, dellefficien-za, della responsabilit individuale. Grossimutamenti investono il mondo contadino:perdono autonomia le contrade isolate conlincremento dei contatti con borghi e citt,con laumento del mercantilismo, della mo-neta circolante, con la fondazione degli isti-tuti di credito.Nelle fasce alpine e prealpine avviene il pas-saggio dalle forme comunitarie a quelleparcellari delluso della terra, con lemana-

  • z 13

    zione dei conseguenti statuti a mantenernelordine, portando con s un fondamentaleaumento del divario tra i vari strati della po-polazione e in particolare tra donne e uomi-ni. E sedate le rivolte, perch il contadinomedievale a lungo prefer la forca che le nuo-ve condizioni di lavoro salariato, comincerlo smantellamento della societ rurale con-tadina e alpina, con la progressiva migra-zione verso gli opi-fici. Col passare deltempo, la frontieradel mondo urbanoavanzer semprepi fino a coloniz-zare anche le vallipi remote: il mon-tanaro diventa unescluso, un selvag-gio vittima dellacolonizzazione, unreietto dedito allavoro bruto, buo-no come carne dacannone.Ma riuscir a con-servare molti trattiirriducibili del suomodo di pensareche lo accompa-gneranno sulla sciadella monticazione,nella vita seminomade dellalpeggio, che lopreserveranno per lo meno da buona partedi una civilizzazione forzata.Non lontano il tempo in cui le Alpi sillumi-navano di fal, sul finire dellinverno o desta-te: a Monteviasco, paese che non raggiun-gibile con mezzi a motore, fino a poche deci-ne di anni fa il 14 agosto ogni famiglia ac-cendeva il fuoco nel luogo da sempre asse-gnato ai propri avi, in corrispondenza di roc-

    ce coppellate. Sulla pira venivano gettati ramidi ginepro che, crepitando e cospargendoscintille tuttintorno, servivano a propiziare iraccolti futuri. questa una pratica diffusissi-ma sulle Alpi, forse la pi antica che soprav-viva ancora al mondo, presso innumerevolipopolazioni, con le medesime caratteristiche.E anche le stalle, dove ci si riuniva la sera afilare o a lavorare i prodotti agricoli, si ani-

    mavano delle ve-glie, momenti nar-rativi dove si evo-cavano le tenebro-se forze della natu-ra e avveniva lela-borazione colletti-va dei fatti riguar-danti la comunit,in un misto di sto-ria reale e leggen-daria.Il pensiero magicorester una costan-te nella vita dellegenti della monta-gna, espresso an-cora in tempi re-centi dalluso delleformule di guari-gione. In moltecontrade lisola-mento, ma anche

    la forte coesione sociale dovuta a significati-ve differenze linguistiche, hanno mantenutomodelli culturali differenti, dove la medicinapopolare rivela una diversa percezione delcorpo fisico e delle cause probabili della ma-lattia. Un sistema che per quanto affondi leradici in tempi remoti, si mantenuto vivo econdiviso tra le genti che lo praticano, e og-getto di una certa gelosia, che lo ha preser-vato dagli anatemi della Chiesa e della me-

    SecretSecretSecretSecretSecret manoscritto in francese volgare (XVIII-XIX sec.). manoscritto in francese volgare (XVIII-XIX sec.). manoscritto in francese volgare (XVIII-XIX sec.). manoscritto in francese volgare (XVIII-XIX sec.). manoscritto in francese volgare (XVIII-XIX sec.).

  • z14

    dicina moderna. il caso del secret, in uso tra le genti valdostane di parlata francoprovenzale,capace di guarire uomini e animali da comuni malattie, ma anche di scongiurare i furti,ritrovare oggetti smarriti, propiziare una morte dolce. Loperatore o loperatrice sempre unapersona semplice, del popolo, che ha ereditato la formula segreta per via orale e che lautilizza per alleviare le sofferenze altrui, senza enfasi, e gratuitamente. Il rituale si svolgesegnando le parti da guarire, trasferendo il male su una foglia o spina di piante particolari erecitando sommessamente le parole magiche. Le uniche formule scritte conosciute sonoquelle estorte dai tribunali inquisitori nei processi per stregoneria: Madre terra che produciqueste erbe e fiori recita Beatrice di Champorcher nel 1420 Forse proprio per questo,nonostante secoli di inquisizione e di sviluppo scientifico, ancora oggi le persone che applica-no il secret sono molte e poco disposte a parlarne ai forestieri.Protette dal silenzio complice dei compaesani, testimoni di un mondo in sintonia con la naturaormai in declino, mantengono vivo un sapere atavico sopravvissuto al progresso.

    Note:1. Michela Zucca, Donne delinquenti (p. 282), Esselibri, Napoli, 2004.2. Nino Chiovini, Cronache di terra lepontina, Vangelista editore, Milano,1987.

    Bibliografia:- Michela Zucca, Donne delinquenti, Esselibri, 2004;- Sara Morace, Origine donna, dal matrismo al matriarcato, Prospettiva edizioni, 1993;- Laura Rangoni, La grande madre, il culto del femminile nella storia, Xenia edizioni, 2005;- Pepe Rodriguez, Dio nato donna, i ruoli sessuali alle origini della rappresentazione divina;- S. Federici/L. Fortunati, Il grande calibrano. Storia del corpo sociale ribelle nella prima fase del capitale, FrancoAngeli editore,1984;- Alina Piazza, Barmasc, matrici precristiane dei riti di immersione, Priuli e Verlucca editori, Ivrea, 1998;- Enzo Bernardini, Arte millenaria sulle rocce alpine, SugarCo edizioni, Milano, 1975;- George Duby, I peccati delle donne nel medioevo, Laterza, Bari, 1997;- Georges Duby, Il potere delle donne nel medioevo, Laterza, Bari 2000;- Fiorenza Cout, Secret, formule di guarigione in uso in Valle dAosta, Priuli e Verlucca editori, Ivrea, 2005;- B. Ehrenreich/D. English, Le streghe siamo noi, il ruolo della medicina nella repressione della donna, Stampaalternativa, 1976;- Piero Astini, Le cuppelle della valle della viaschina, in Sibrium vol. 11, 1971/72;- F. Copiatti/A. de Giuli/A. Priuli, Incisioni rupestri e megalitismo nel Verbano Cusio Ossola, ed. Grossi, 2003.

    La foto a pag. 6 tratta da: Laura Rangoni, La grande madre, il culto del femminile nella storia; quella a pag.7 da Internet; quella a pag. 8 da: Alina Piazza, Barmasc, matrici precristiane dei riti di immersione; quella a pag.9 opera degli autori; lillustrazione a pag. 11 tratta da : Massimo Centini, Luomo selvaggio, antropologia diun mito della montagna, e la foto a pag. 13 da: Fiorenza Cout, Secret, formule di guarigione in uso in ValledAosta.

    z

  • z 15

    FOLGARIA: LA LOTTA

    CONTRO I NUOVI

    IMPIANTI DI RISALITA

    GGGGGIANNIIANNIIANNIIANNIIANNI EEEEE N N N N NOVELLAOVELLAOVELLAOVELLAOVELLA - F - F - F - F - FOLGARIAOLGARIAOLGARIAOLGARIAOLGARIA 235 235 235 235 235

    Folgaria uno dei tanti paesi della montagna trentina che un facile giudizio e molti luoghicomuni definiscono fortunati.Da Folgaria i montanari non hanno dovuto scappare perch la pianura e il fondovalle con leloro industrie chiamavano sempre pi forza lavoro, quando antichi mestieri come quello delmalgaro o dellartigiano ambulante non trovavano pi uno sbocco economico e tanto menoun senso allinterno della collettivit.A Folgaria i montanari sono rimasti e, sottoscritta una volta per tutte la condizione di trasfor-marsi in imprenditori al servizio della lucrosa industria del turismo, ci vivono tuttora.Cos nellarco di quarantanni - dalle prime avvisaglie del turismo di massa ad oggi - gliabitanti dellaltopiano si sono arricchiti oltre ogni previsione ed hanno cominciato a conside-rare i prati, i boschi e i dolci pendii che li circondano una risorsa da sfruttare a piene mani, lamateria prima da cui trarre favolosi guadagni e prestigio sociale, in barba ai cittadini e aicugini poveri degli altipiani confinanti e delle vallate adiacenti, cui non restava che schiattaredinvidia.Il paese ha mutato fisionomia, adattandosi in tutto alle esigenze della stazione turistica allamoda con limmancabile contorno di alberghi, bar e discoteche, negozi di souvenirs e secon-

  • z16

    de case; miglior sorte non toccata agli altri borghi e frazioni della Magnifica Comunit,che si sono visti letteralmente colare addosso il cemento delle case a schiera per poi trovarsicircondati dagli impianti di risalita, che tagliano i boschi ed il silenzio dei giorni dinverno conun boato incessante.

    Dopo che per trenta o quarantanni erano vissuti dei proventi dello sci e del divertimentoconnesso alla vacanza - ed in special modo di quella declinazione invernale della vacanzache si dice mordi e fuggi - non era facile per i folgaretani assumere uno sguardo critico neiconfronti delle scelte imperanti dellamministrazione comunale e degli imprenditori: chiun-que azzardasse una voce contraria al coro assordante dei sostenitori del turismo comepanacea allo spopolamento montano e alla miseria degli antenati, pagava con lisolamento.Non si sputa nel piatto dove si mangia. E non pochi se ne partivano dal paese, andandoaltrove a cercare uomini e modi di vita un po pi complici delle loro idee peregrine.Questo fino a ieri; fino a quando - nel novembre del 2006 - una proposta di ampliamentodelle piste da sci, con il relativo baraccone di impianti e speculazione edilizia, stata appro-

    vata dal consiglio comunale, ovviamente allunanimit. Il nuovo progetto andrebbe ad intac-care una delle poche aree ancora incontaminate dalla febbre impiantistica: alcune vallette alconfine con la provincia di Vicenza dove i ruderi di alcune malghe testimoniano lanticavocazione di quei luoghi, ora rifugio di escursionisti solitari, botanici e scialpinisti.In realt di un grande carosello sciistico nella zona di confine tra i comuni di Folgaria, in

    Montagna con orrore. Si ironizza sullo slogan dellAPT di Folgaria, che sostiene la costruizione degliMontagna con orrore. Si ironizza sullo slogan dellAPT di Folgaria, che sostiene la costruizione degliMontagna con orrore. Si ironizza sullo slogan dellAPT di Folgaria, che sostiene la costruizione degliMontagna con orrore. Si ironizza sullo slogan dellAPT di Folgaria, che sostiene la costruizione degliMontagna con orrore. Si ironizza sullo slogan dellAPT di Folgaria, che sostiene la costruizione degli

    impianti: Montagna con amore.impianti: Montagna con amore.impianti: Montagna con amore.impianti: Montagna con amore.impianti: Montagna con amore.

  • z 17

    Trentino, e di Lastebasse e Arsiero, in Veneto,si era cominciato a parlare alcuni anni fa.Allepoca, per, il disastro pianificato da po-litici e imprenditori non aveva suscitato chequalche timida e, tutto sommato, scontatapresa di posizione da parte delle associa-zioni ambientaliste trentine sui quotidiani lo-cali. Anche le periodiche manifestazioni didenuncia dello scempio progettato contava-no una partecipazione trascurabile, chiusaentro la cerchia dei membri di Wwf, ItaliaNostra, Legambiente, Mountain Wilderness.Linteresse delle popolazioni dei territori coin-volti riguardo alla questione era inesistente,e le poche volte che un minimo di attenzioneveniva riservato alla faccenda non si riuscivaad intravedere alcuno spazio di intervento perallargare la protesta.La protesta, infatti, non cera. Si trattava diinventarla.

    Le note che seguono vogliono essere la de-scrizione cronologica di come a Folgaria,partendo da un clima di silenzio e di indiffe-renza - attraverso alcuni passaggi chiave - sisia giunti allarticolazione di un movimentodi opposizione che negli ultimi due mesi riuscito a coinvolgere sempre pi soggetticritici, smascherando gli interessi economicie politici che stavano alla base del carosellosciistico.

    Oggi sugli altipiani di Folgaria, Lavarone eLuserna, molti conoscono le caratteristichetecniche dei progetti messi in discussione e lepesanti ricadute sullambiente, ma anche sul-le condizioni di vita delle comunit, che laloro realizzazione comporterebbe.E numerosi sono coloro che hanno compre-so come il senso pi profondo di questa lottapoggi sulla necessit di crearsi degli spazidautonomia - assolutamente estranei alle

    IL SENSO DI UN NOMEIL SENSO DI UN NOMEIL SENSO DI UN NOMEIL SENSO DI UN NOMEIL SENSO DI UN NOME

    I l nome dellassociazioneFolgaria 235 fa riferimento ad unfatto storico avvenuto nel 1578,quando un folto gruppo difolgaretani si rec a CastelBeseno per essere ricevuto dalconte Osvaldo Trapp, il qualeavanzava nei loro confronti richie-ste ingiustificate oltre alla rivendi-cazione di tributi che la comunitdi Folgaria non era pi tenuta aversare gi dal secolo precedente.Lincontro, che nei piani del contesarebbe servito a dissuadere quelpopolo di montanari dal resisterealle sue arroganti pretese, si risol-se in una fiera e tenace difesa deipropri diritti da parte degli alpigiani,e nel compatto e irremovibile ri-fiuto di cedere alle prepotenze delsignore. Al tentativo di dividere ifolgaretani al loro interno, essireplicarono esigendo di essere ri-cevuti tutti assieme; e alle minac-ce del Trapp seppero opporre illoro eloquente silenzio. Dopoaverli accusati di comportamentoindegno, il signore di Beseno chie-se a tutti i presenti di declinare leproprie generalit. Nessuno lofece. Ed egli non riusc a saperealtro se non il loro numero: 235.Come quei 235, nel loro ricordoed ispirandoci al loro coraggio,intendiamo opporci ad ogni ten-tativo, messo in atto dai signorottidi oggi, di toglierci ci che di piprezioso ancora conserviamo: laterra e quel sentimento che adessa ci lega e in cui consiste an-cora, dopo tanti secoli, lessenzadella dignit.

  • z18

    sottigliezze della politica e alle rozze mano-vre delleconomia - dove decidere liberamen-te del proprio futuro.

    Rompere il si lenzioRompere il si lenzioRompere il si lenzioRompere il si lenzioRompere il si lenzio

    Folgaria235 nasce nel dicembre del 2006come gruppo di opposizione al progetto deinuovi impianti. Inizialmente ad esso fannocapo alcuni abitanti del paese e qualche in-dividuo attivo in altre lotte, una decina di per-sone in tutto che tuttavia non disperano dellaloro scarsa rappresentativit rispetto al paese.I primi interventi pubblici si sono concretizzati,curiosamente, in un ciclo di conferenze sullavita e i mestieri della montagna e sul proble-ma dello spopolamento, nel tentativo di met-tere in crisi lopinione comune per cui lindu-stria turistica a tuttoggi lunica alternativaallabbandono della montagna; opinioneben radicata da queste parti. stata questa loccasione di riunire attornoad una riflessione ampia sulle dinamiche so-ciali di una piccola comunit un gruppo di

    persone molto diverse per interessi, profes-sione, scelte di vita e aspirazioni, tanto che afebbraio la prima manifestazione organiz-zata in Val delle Lanze - un luogo diventatosimbolo della lotta contro gli impianti - haportato duecento persone a prendere co-scienza del disastro che si stava preparandoin quelle zone.In seguito altre serate pubbliche, la diffusio-ne di un foglio di controinformazione e lacostante presenza in paese hanno fatto inmodo che la questione non passasse sottosilenzio.Alcuni folgaretani cominciavano a dubitaredelleffettiva utilit dellopera e, timidamen-te, a prendere una posizione contraria.

    Il blocco dei lavoriIl blocco dei lavoriIl blocco dei lavoriIl blocco dei lavoriIl blocco dei lavori

    La volont di anticipare e scongiurare uneven-tuale protesta ha spinto la societ che gesti-sce gli impianti di risalita ad avviare i lavoriper la prima seggiovia verso la fine di mag-gio. La reazione delle realt coinvolte nella

    Lo scempio, l dove cera il boscoLo scempio, l dove cera il boscoLo scempio, l dove cera il boscoLo scempio, l dove cera il boscoLo scempio, l dove cera il bosco

  • z 19

    denuncia di questo assurdo ampliamento dellarea sciabile - insostenibile sotto il profilotecnico, ambientale ed economico, considerate soprattutto le previsioni riguardanti i muta-menti climatici - stata immediata.Dopo una prima presenza domenicale fra gli alberi abbattuti e le ruspe che avevano comin-ciato a scavare il pendio, la decisione di bloccare i lavori appariva un passo logico eindifferibile a molti. Il sabato successivo 50 persone, con una buona partecipazione degliabitanti del paese, si sono presentate sul luogo del cantiere mentre un gruppo di operaiscendeva a valle. Altri due blocchi, uno di mercoled e laltro di venerd, sono stati possibiligrazie alla determinazione dei manifestanti di mettersi davanti alle ruspe, occupando di fattoil cantiere.Nella storia dei movimenti di protesta in questa regione non si era mai arrivati a concretizzaretale pratica. Tra le molte perplessit e nonostante le calunnie diffuse sullaltopiano, tese ascreditare chi aveva partecipato ai blocchi nel tentativo deliberato di isolare alcuni individuida un contesto che invece li riconosceva come componente essenziale, il paese aveva messopiede nel cantiere.

    PPPPPortare il cantiere in paeseortare il cantiere in paeseortare il cantiere in paeseortare il cantiere in paeseortare il cantiere in paese

    Complice larrivo dellestate, alla fine di giugno, Folgaria 235 ha organizzato un campeggiodi tre giorni per discutere collettivamente le iniziative da mettere in campo; per molti dei

    Discussione collettiva al campeggio, Malga Pioverna Alta, 24 giugno.Discussione collettiva al campeggio, Malga Pioverna Alta, 24 giugno.Discussione collettiva al campeggio, Malga Pioverna Alta, 24 giugno.Discussione collettiva al campeggio, Malga Pioverna Alta, 24 giugno.Discussione collettiva al campeggio, Malga Pioverna Alta, 24 giugno.

  • z20

    partecipanti allassembleaera necessario riprenderelattivit di informazione neipaesi, abbandonata nellul-timo mese a causa dellur-genza di una presenza sulcantiere. Una serie di inizia-tive di piazza, quali concertie presidi con mostre fotogra-fiche e diverso materiale in-formativo, ha riscontrato unnotevole interesse, portandovari individui e associazioni- tra cui la SAT (CAI triden-

    tino) locale e provinciale - ad opporsi pubblicamente allo scempio in atto.Il comune di Folgaria, in evidente accordo con la societ impiantistica, ha tentato in tutti imodi di togliere ogni spazio disponibile a quella che ormai vedeva come una minacciatangibile, negando sale pubbliche e addirittura talune vie e piazze centrali ai 235, ma lacoscienza dei pi si era risvegliata e non ha potuto che alimentare una rete di solidarieteffettiva che ha permesso di superare ogni ostacolo.Altri interventi episodici nel corso di commemorazioni e concerti organizzati dal Comune eduna chiara protesta durante lultimo consiglio comunale chiudono il quadro dellattivit por-tata avanti da Folgaria 235 nel corso dellestate.

    Decine di folgaretani si riconoscono adesso in questo nome e, nonostante le differenze cheintercorrono tra le varie componenti di quello che a tutti gli effetti un comitato, tutti sonodaccordo nel ribadire e difendere un chiaro No agli impianti. Al prossimo avvio dei cantieri ciauguriamo che a mettersi di traverso siano in molti.

    Continuare a vivere e ad abitare la montagna significher sempre di pi resistere attivamenteagli assalti di uneconomia predatrice, rifiutare i piani e i progetti di sviluppo che vengonoimposti dallalto, e guardare piuttosto al passato, da dove possiamo trarre gli spunti per unrapporto pi egualitario tra gli uomini e la terra.Da considerazioni come questa nata anche uniniziativa congiunta tra realt che si occupa-no della difesa del territorio: venerd 7 settembre sotto il palazzo della Provincia di Trento varigruppi No Tav trentini e sudtirolesi, unitamente a Folgaria 235 e Mountain Wilderness, hannodato vita ad un presidio contro la privatizzazione dellacqua. Linizio di un nuovo percorsocomune che amplia i mezzi e le prospettive di ognuno.

    Le foto sono opera di alcuni compagni di Folgaria 235.Per contatti: [email protected]

    z

    Blocco dei cantieri, 20 maggioBlocco dei cantieri, 20 maggioBlocco dei cantieri, 20 maggioBlocco dei cantieri, 20 maggioBlocco dei cantieri, 20 maggio

  • z 21

    JJJJJACOUACOUACOUACOUACOU, , , , , MAQUISMAQUISMAQUISMAQUISMAQUIS DUDUDUDUDU M M M M MONTONTONTONTONT-C-C-C-C-CENISENISENISENISENIS

    RUE DES MAQUISARDS

    Avr avuto tredici anni, quando sentii per la prima volta The Partisan di Leonard Cohen. E fuper caso, perch ero andato nel negozio di dischi per comprare Suzanne, che avevo sentitoper radio, e che poi un amico avrebbe di nuovo e meravigliosamente cantato in italiano.Cerano i quarantacinque giri, allora, e il lato B di Suzanne era appunto The Partisan.Non sapevo, e lavrei scoperto molti anni dopo, che il testo era di un cugino francese, ilpartigiano Bernard. Ma quanto mi impressionarono alcune frasi di quelle canzoni... ricordoun confuso trasloco, a met anni sessanta, da quella che era stata la casa di mia nonna. Daibauli, e da nicchie sotto i bauli, erano ancora uscite vecchie giacche color kaki, e pacchi chemio padre e suo fratello avevano fatto sparire in fretta.Da neanche ventanni era finita: ma non finita ancora adesso, la Resistenza.So che sar un po retorico, da storico mi piacerebbe ogni tanto parlare di storia, e invece miritrovo spesso a parlare delle mie storie, ma mi sembra che sia il caso, perch molti deipartigiani di allora, dopo sono stati un po troppo zitti, e adesso se ne stanno andando, unodopo laltro, ed bene che figli e nipoti che sanno parlino loro, ed forse il sentimento diquesto dovere che mi spinge. La guerra non mai davvero finita, mes amis. Ricordo bene iprimi anni settanta, ah s, gli anni di piombo, ed il mio stupore misto a rabbia nel vedere i pigiovani di quanti erano stati partigiani (nella mia famiglia, le classi dal 1923 al 1927),giovani uomini che nei primi anni settanta avevano poco pi di quarantanni, che non faceva-no nulla, nulla per fronteggiare il mondo terribile e ingiusto che ci si parava di fronte. Credosia stato per questo che abbiamo amato il Che: io avevo dodici anni quando fu ucciso, e

  • z22

    ricordo la notizia bruciare come una ferita einsieme un incitamento alla lotta (lho dettoche sarei stato forse un po retorico, et voil...)Mil voces de combate...: Guevara era ilpartigiano che non si era arreso, neanche difronte ad un comodo posto da ministro. Sullemontagne, ancora una volta...Ricordo uno slogan un po barricadero e unpo ingenuo, ad uno dei miei primi cortei,compagni partigiani prendiamo il fucile,facciamo di nuovo il venticinque aprile.Gi, bastasse un fucile, adesso: non era sta-to sufficiente neppure allora, difatti ci si liberati dai fanfaroni incamicia nera, dai salutiromani (beh, quelli si con-tinuano a vedere, eh s...),ma lo Stato? Che suc-cesse allo Stato fascista? rimasto l dovera, conil beneplacito del P.C.I.dallora, che baratt lasua compartecipazioneal potere, le regioni ros-se con lacquiescenza.Si fanno delle bellissimestatistiche, in Italia: anda-te a vedere quanti ufficia-li, gi in servizio sotto il ventennio e sotto laR.S.I., sono stati allontanati dopo il 1945, evedrete che non potrete organizzarci neppu-re un incontro di calcio.E quanti magistrati sono stati, se non giudi-cati a loro volta, almeno allontanati dalluffi-cio? Neanche uno. E i vili, vilissimi docentiuniversitari che avevano giurato fedelt alregime (su circa tremilacinquecento profes-sori, solo tre si rifiutarono!)? Rimasero l, alloro posto. Come i vili, vilissimi professori diliceo, come gli infami maestri e maestre ele-mentari.Cos come tutti i settori della pubblica am-

    ministrazione, che di fatto rimasta fasci-stissima fino a poco tempo fa (intendo pro-prio con le stesse persone, negli stessi posti,abbiamo dovuto subire persino la vergognadi un Mirko Tremaglia ministro...).Alla faccia nostra, ma soprattutto alla facciadella Repubblica nata dalla Resistenza, icamerati della deputata Alessandra Mus-solini le riservarono, quando giunse in Parla-mento, lo stesso posto che fu del nonno Benitoquando venne eletto deputato.E tutto questo continua a succedere, tra i vel-luti e gli ori del fascistissimo parlamento di

    Roma. E gi, facciamo dinuovo il venticinque apri-le, ma questa volta sul se-rio, per favore.Chi cera sa che cosstato riprendersi Venaus,lotto dicembre 2005.Nevicava un po, e nel-laria fredda io ero aduna curva sopra la stra-da del paese, e i movi-menti delle forze in cam-po sembravano un enor-me risiko, dal veroper. Blu la polizia, co-

    lorata la gente, neri come sempre i carabi-nieri, e poi fumogeni di tutti i colori e il bian-co della neve.Lotto dicembre di sessantadue anni prima,alla Garda, dallaltra parte della valle, giu-rava la prima banda partigiana. Due giorniprima, a Torino, avevamo occupato i binaridi Porta Nuova, mentre lintera valle di Susaera bloccata e presidiata, non si entrava enon si usciva, se non su sentieri non segnatisulle carte di chi comanda.Tutta la forza pubblica inviata in Val di Susa,la pi grande mobilitazione militare contro icivili in Europa che mai si fosse vista: quasi

  • z 23

    quasi potremmo prenderci il Municipio, e buttar fuori linutile Chiamparino, pens qualcunotra di noi. Insurrezione, un sogno che diventava reale. Non successo, ma non era male ilconsiglio di Errico Malatesta: alla prima sommossa dar gi, senza perdita di tempo.E se lavessimo fatto di nuovo, davvero, il venticinque aprile? Ho avuto la fortuna di conoscerechi diede, allora, alla radio clandestina, il segnale dellinsurrezione: Aldo dice ventisei peruno, e i comandanti di brigata, anche i ventenni che come mio padre, con quasi nessunaesperienza militare, si erano trovati con cinquanta, cento uomini di fronte ad uno dei pi fortieserciti del tempo, sapevano che il giorno dopo sarebbero scesi in quelle belle citt cheerano state lasciate per troppo tempo al nemico. Dar gi, senza perdita di tempo.Gi, la festa daprile.C un paese, vicino a casa mia, oltre la montagna, un paese che si chiama Bessans, che fu

    incendiato dai tedeschi il 13 set-tembre 1944. Cerano un potroppi partigiani, da quelle par-ti, e cos fuoco alle case, al! Maquanti si erano dati alla mac-chia ci rimasero, case o non case.Maquisards. una parola chemi piace pi che partigiani, eb-bene s. C una strada dedica-ta a loro, a Bessans. Rue desMaquisards.Forse solo il nome di una via,come qualche Viale dei Parti-giani dellitalietta senza memo-

    ria che nella sua toponomastica balorda celebra alla rinfusa vittime e assassini (ahi, quantevia Umberto I, via Bava...).Ma s; forse solo il nome di una strada, o forse no: Mi piace pensare che sia l ad indicaredavvero una strada che bisognerebbe avere la testardaggine dimboccare contro un mondoche vuol convincerci che va tutto bene (...quando va bene) o che abbiamo gi perso (...quandova male).Neve sul neroblu cattivo di un confuso gruppo di elmetti e manganelli, quellotto dicembre2005. con un atto di forza che ci siamo ripresi Venaus, hanno avuto paura perch l mica eraGenova, per terra ci sarebbero rimasti loro, e lo sapevano. Gi da quei sentieri che scende-vano dalla montagna ci erano passati, nei tempi, boscaioli, contrabbandieri e partigiani.Quel giorno i partigiani erano tornati.Bella strada, la Rue des Maquisards.

    z

  • z24

    GLI SCHIAVI DELLISOLA

    MONTAGNA

    CCCCCARINEARINEARINEARINEARINE

    z

    LA STORIA DELLISOLA DELLA RUNION RAPPRESENTA UN ESEMPIO DELLE DINAMICHE DI INSEDIAMENTO UMANO IN TERRITORI VERGINI: UNPOPOLAMENTO DOVUTO, COME LEGGERETE IN SEGUITO, ALLE MIRE DI PROFITTO DELLE GRANDI POTENZE COLONIALI CHE VIDERO NELLINFAMIADELLO SCHIAVISMO LO STRUMENTO NECESSARIO ALLAFFERMAZIONE DELLA LORO SUPREMAZIA MERCANTILE E POLITICA AI DANNI DI POPOLAZIONIE TERRITORI DA UN LATO ALLALTRO DEL PIANETA. LA STORIA DELLE FASI CHE HANNO CONTRADDISTINTO LO SFRUTTAMENTO OCCIDENTALE DEIPAESI SOTTOSVILUPPATI, DALLO SCHIAVISMO ALLA RAPINA COLONIALE, PER ARRIVARE AI GIORNI NOSTRI ALLA DIPENDENZA DELLE EX-COLONIE

    DAI POTERI CHE LE HANNO DEPREDATE (RUNION OGGI UNDIPARTIMENTO DELLO STATO FRANCESE). MA ANCHE UNASTORIA DI RESISTENZA MONTANARA, DI ALTURE E FORESTE DOVE

    CHI SCEGLIEVA DI SOTTRARSI ALLE CATENE DEI PADRONI, STRANIE-RI O METICCI CHE FOSSERO, TROVAVA RIFUGIO. E DA QUESTI

    TERRITORI POTEVA MUOVERE ALLATTACCO DELLE PIANTAGIONI EDELLA SOCIET SCHIAVISTA INSEDIATA SUI LITORALI.OGGI, IN UNISOLA CHE DIPENDE ECONOMICAMENTE DAL-LESPORTAZIONE DI PRODOTTI ESOTICI VERSO LA FRANCIA E DAI

    SUSSIDI CON CUI LO STATO CENTRALE ALIMENTA IL VINCOLO DELLEX-COLONIA A SUO VANTAGGIO, LE MONTAGNE SONO MINACCIATE DALLESPAN-SIONISMO DEL BUSINESS TURISTICO, CHE HA GI IRRIMEDIABILMENTE TRASFORMATO, TANTO A LIVELLO SOCIALE QUANTO PAESAGGISTICO, LE ZONECOSTIERE DELLISOLA. DI FRONTE ALLA CONTINUA CRESCITA DELLAFFLUSSO TURISTICO (DAL 1990 AL 2000 SI PASSATI DAI 200.000 AI430.000 TURISTI PER ANNO), OPERATORI (IN PRIMIS LAFIT, AGENZIA FRANCESE DINGEGNERIA TURISTICA, CON UNA SERIE DI PROGETTIPILOTA PER IL MIGLIORAMENTO DELLE INFRASTRUTTURE DI ACCESSO ED ACCOGLIENZA DEI TURISTI NELLE ZONE DELLENTROTERRA) ED AMMINISTRA-ZIONE LOCALE SI DANNO UN GRAN DA FARE PER PROMUOVERE LECO-TURISMO DI MONTAGNA. SI VA, AD ESEMPIO, DALLA REGOLAMENTAZIONE

  • z 25

    Qualche milione di anni fa, i vulcani dellOceano Indiano hanno fatto sorgere, a circa 1200km dalle coste africane, un gruppo di isole isolate chiamate le Mascarene. Oggi esse sonoconosciute con i nomi di isola Maurice, isola Rodrigues e isola della Runion. su questultimaisola che si sviluppa la storia seguente, che riguarda il passato schiavista dello Stato francese. una storia tragica, poco conosciuta, e solo qualche archivio coloniale e la tradizione oralehanno permesso di ricostruirne i fatti.

    Lisola della Runion, al contrario di Maurice e Rodrigues, non offre larghe spiagge di sabbiabianca contornate di palme da cocco: ci sono delle immense falesie ricoperte di una vegeta-zione densa, che scendono a picco nel mare e sulle quali si frangono i flutti tumultuosi del-loceano. Al suo centro, si trovano tre grandi anfiteatri che si aprono in strette vallate sullitorale. Il Piton des Neiges, la cima pi alta dellisola, svetta maestoso su quel vasto territorioe il Piton de la Fournaise, vulcano ancora in attivit, decora il rilievo dei colori della sua lava.Questa geografiaparticolare e la lon-tananza da tutti i por-ti strategici e com-merciali hanno pre-servato lisola dal-loccupazione uma-na per molti secoli:essa non presentavaalcun interesse, senon lessere un even-tuale punto di riferi-mento per i navi-gatori. Non fu dichiarata possedimento francese che nel 1665, in seguito ad un episodiosingolare...La Francia possedeva uno scalo commerciale e militare nel Madagascar, a circa 800 Kmdalla Runion. Dopo un ammutinamento nello scalo, il governatore decise di punire tre deiribelli mandandoli in esilio sullisola. I tre furono sbarcati con i soli vestiti che indossavano edabbandonati l. Solo tre anni pi tardi ci si ricord di loro e una flotta fu messa in mare perandare a cercarli o, per lo meno, vedere cosa rimanesse di loro. Contro ogni aspettativa, essifurono trovati vivi e in eccellente salute. Raccontarono la loro avventura sullisola, che in effetti

    DELLACCESSO ALLA ZONA DEL PITON DE LA FOURNAISE, ALLA SISTEMAZIONE DI AREE ATTREZZATE PER PIC-NIC IN PROSSIMIT DEL CAMINO DELLOSTESSO VULCANO, DAL PROGETTO DI SVILUPPO DEL VILLAGGIO CREOLO, UN CIRCUITO FOLCLORISTICO PER CONOSCERE LE CARATTERISTICHE DEIPAESI DI MONTAGNA, FINO ALLA PROPOSTA DI ISTITUIRE UN PARCO NAZIONALE DELLE MONTAGNE. SE PER SI PENSA AD ANALOGHE PROPOSTEREALIZZATE SULLE MONTAGNE A NOI GEOGRAFICAMENTE PI VICINE, PU SORGERE IL DUBBIO CHE DIETRO LE BELLE PAROLE DEL TURISMOECOSOSTENIBILE SI NASCONDA LULTERIORE SNATURAMENTO DEL RAPPORTO UOMO/MONTAGNA A FAVORE DEGLI INTERESSI SPECULATIVI DELLIM-PRESA TURISTICA LOCALE E, MOLTO PI FREQUENTEMENTE, DEI RICCHI PAESI OCCIDENTALI.

  • z26

    era un vero piccolo paradiso: frutti saporiti tutto lanno, acqua fresca e pura che scendevadalle cascate, pesci che si lasciavano prendere con le mani e volatili e maiali selvatici cospoco feroci che non cera quasi bisogno di cacciarli. Nessun animale dellisola aveva maiconosciuto prima predatori, cos non diffidavano affatto delluomo (questo ha causato, dal-tra parte, lestinzione di parecchie specie endemiche dellisola). Lavventura dei tre esiliati furiportata al Re che decise, visti gli insuccessi commerciali degli scali francesi, di valorizzarequel territorio, per produrvi le ricchezze che mancavano alla Francia. Soltanto il sistemaschiavistico poteva essere preso in considerazione, allepoca, per lo sviluppo economico diun territorio e questo segna linizio della storia del popolamento della Runion.I primi coloni installatisi erano di origini modeste, vivevano di quello che coltivavano e dipiccole piantagioni di caff. I primi schiavi arrivarono nello stesso periodo, soprattutto ledonne. Lisola mancava di donne, cos lo ius primae noctis venne immediatamente esercita-to. Il Re fece inviare ai coloni qualche vascello di giovani ragazze scostumate, di cui non sisapeva cosa fare nella Francia metropolitana.Il traffico delle navi negriere andava a tutta velocit: dallIndia, dal Madagascar, dallAfrica

    DORIGINE VULCANICA, LISOLA DELLA RUNION HA LA FORMA DI UNELLISSE CON UN PERI-METRO DI DUECENTOCINQUANTA CHILOMETRI. AL SUO INTERNO PREVALGONO DUE MASSIC-CI MONTUOSI: IL PI VECCHIO SITUATO A NORD OVEST, COMPOSTO DAI RESTI DI UNVULCANO CHE DOVEVA OLTREPASSARE I QUATTROMILA METRI DI ALTITUDINE. CONSUMATODALLEROSIONE OGGI SI PRESENTA SOTTO FORMA DI RILIEVI COMPOSTI DA ANFITEATRI E CRE-PACCI DALLE IRTE PARETI. IL SUO CULMINE IL PITON DES NEIGES A 3050 METRI. VERSOSUDEST SI ESTENDE IL MASSICCIO PI RECENTE, BLOCCO VULCANICO TUTTORA ATTIVO, VISTOCHE IL PITON DE LA FOURNAISE (2508 MT) PRODUCE REGOLARMENTE DELLE SPETTACOLARIERUZIONI.TRA QUESTI DUE MASSICCI SI TROVA LA REGIONE DEGLI ALTIPIANI: LA PLAINE DES PALMISTES(1100 MT) E LA PAINE DES CAFRES (1600 MT).COME NELLA MAGGIOR PARTE DEI PAESI TROPICALI, SI ALTERNANO DUE STAGIONI: UNA FRE-SCA E SECCA DA MAGGIO A NOVEMBRE, E LALTRA, CHE CORRISPONDE ALLESTATE AUSTRALE(DA DICEMBRE A FEBBRAIO), CARATTERIZZATA DA UN CALORE UMIDO E FORTI PIOGGE. QUE-STO CLIMA TROPICALE ALLO STESSO TEMPO ATTENUATO DALLALTITUDINE E DALLOCEANO,DANDO ORIGINE AD UNA MOLTITUDINE DI MICROCLIMI.LISOLA OSPITA UNA GRANDE VARIET DI FLORA E FAUNA. QUESTULTIMA PARTICOLARMENTEMINACCIATA DALLA PRESENZA DELLUOMO, CHE DIEDE FONDO ALLE RISERVE DI CACCIA EPESCA PER PROCACCIARSI SOUVENIRS TURISTICI.LA COLONIZZAZIONE DELLISOLA HA PORTATO ALLA CREAZIONE DI UN TESSUTO SOCIALECOMPOSTO DA VARIE ETNIE, PRINCIPALMENTE EUROPEE, AFRICANE E ASIATICHE CHE, INCON-TRANDOSI, HANNO DATO ORIGINE AD AFFASCINANTI MESCOLANZE ETNICHE, CULTURALI ERELIGIOSE.LA COLONIZZAZIONE HA TROVATO UNA SUA CONTINUIT NEL MODERNO TURISMO, CHEHA FATTO LIEVITARE I PREZZI RENDENDO SEMPRE PI PRECARIA LA VITA DEGLI AUTOCTONI. LAPRODUZIONE AGRICOLA E ARTIGIANALE STA PER ESSERE RIMPIAZZATA DA QUELLA INDUSTRIA-LE E TURISTICA, IPOTECANDO LE RISORSE ED IL FUTURO DI QUESTO GIOIELLO INCASTONATONELLOCEANO INDIANO.

  • z 27

    Occidentale. Queste portavano schiavi daogni parte, perch la domanda sullisola au-mentava. Caff, vaniglia, canna da zucche-ro... necessitavano di braccia. Molti moriva-no durante le lunghe traversate e i sopravvis-suti sbarcavano in stato pietoso. Li si ravvi-vava velocemente, per venderli allasta: dentisbiancati con la cenere, guance ar-rossite grazie a qualche colorante.Una volta venduti, erano portati con illoro padrone nei villaggi di schiaviche costeggiavano le piantagioni. dallincontro di tutte quelle personedi etnie differenti che nato il creolo,la lingua locale. Mescolanza di vec-chio francese e di termini africani, in-diani, malgasci, essa ancorata nel-la cultura della Runion e resta la lingua piparlata sullisola.In quegli stessi villaggi nacque anche ilMoringue, danza ritmica al suono delle per-cussioni che serviva a camuffare agli occhidei padroni un allenamento al combatti-mento (come la Capoeira brasiliana, con laquale la Moringue presenta numerose e pocochiare similitudini).

    Le Maronnage fu il nome dato alleevasioni di schiavi. Essi diventavanodei Maron per il resto della colonia,dei liberi per loro stessi e i loro fratel-li. Soltanto le montagne dellisola pre-sentavano una via di fuga, prendere ilmare sarebbe stato un suicidio. Per dipi la foresta costeggiava le pianta-gioni ed era molto facile nascon-dervisi. Allinizio, ci non era consi-derato che come un semplice vaga-bondaggio, e lo si trovava anche fra i colonievasi, che fuggivano debiti o nemici. Ma ilnumero degli schiavi sullisola aumentavasenza tregua e cos il numero dei fuggiaschi.

    Nelle montagne vergini ed inesplorate, essi siraggruppavano in piccoli villaggi e si dona-vano dei nuovi nomi di uomini liberi. Le donnee i bambini si occupavano di trovare il cibo ei pi robusti scendevano sulla costa, nelle pian-tagioni, per rubare materiale necessario allaloro sopravvivenza (sementi, pollame, utensi-

    li). Erano sempre pi numerosi e le spedizionidi approvvigionamento si facevano semprepi numerose. Lamministrazione comunaleinizi a temere che fossero cos organizzatied armati da promuovere un sollevamentogenerale (cerano allora quasi dieci schiaviper ogni uomo libero). Mise allora in piediuna risposta, squadroni di Cacciatori diNeri che invi a domare i ribelli nelle monta-

    gne. Dopo aver distrutto gli accampamenti eucciso tutti quelli che vi si trovavano, i caccia-tori riportavano indietro le mani degli sconfit-ti. Queste erano esposte nei villaggi per dis-

  • z28

    suadere eventuali candidati allevasione. Mafate, uno dei pi celebri capi della rivolta deiMaron, ha legato il suo nome a uno dei luoghi pi maestosi dellIsola, lanfiteatro di Mafatedove, ancora ai nostri giorni, non si pu accedere che a piedi per sentieri stretti e scoscesi.La caccia ai neri rendeva la vita nelle montagne sempre pi precaria. Questa epoca tragica,che durata quasi 150 anni (fino allabolizione della schiavit), non ha comunque avuto

    ragione di questi uomini edonne innamorati della liber-t... Nelle montagne delliso-la ci sono sempre stati deiMaron che preferivano mori-re liberi piuttosto che rimane-re in catene.

    Bisogna comunque conside-rare questa storia al di l del

    clich del bianco contro il nero: la barriera, per quanto concerne cacciatori, Maron ecolore della pelle, era tenue e fluttuante. I cacciatori, coloni liberi nati nellisola, erano spessofrutto di meticciato (con sangue malgascio, indiano o africano, a seconda dei paesi di originedei primi schiavi). Alcuni schiavi, per i casi della genetica, nascevano quasi bianchi. Glischiavi affrancati prendevano spesso qualche schiavo al proprio servizio, per affermare ilproprio status sociale, e degli schiavi volontari integravano gli squadroni di cacciatoriqualche cacciatore poi si un alla causa dei Maron... era una questione di status sociale piche di colore della pelle.

    Questo passato di schiavismo ha lasciato pesanti conseguenze nella societ creola attuale,che vive un nuovo colonialismo borghese che viene dalla Francia metropolitana. La maggio-ranza della popolazione vive in povert, sopravvivendo grazie agli aiuti sociali dello Stato. Cisono pochi posti di lavoro sullisola e la vita cara perch tutto viene importato. Accanto atutto ci, la borghesia della madrepatria si accaparra terreni e ville, complessi turistici dilusso per una parvenza di tropicalismo da vacanza. la colonizzazione del denaro, delCapitale, che viene ancora a schiacciare le popolazioni locali per arraffare un pezzo diparadiso con vista sul mare.

    z

    Le immagini che illustrano questo articolo sono tratte da Internet e da cartoline postali fornite dallautrice.

  • z 29

    GGGGG IOBBEIOBBEIOBBEIOBBEIOBBE

    OCH AL LUF!MEMORIE DI CONTRABANDR.

    Sono andato a trovare la Sela e il Ragn, ottantanni, una vita passata insieme. La loro storiacomune: neanche un pezzo di terra, tanta fame, poi la guerra, il fascismo e la resistenza,lemigrazione col carretto a stabilimento (in fabbrica), le lotte operaie, poi il ritorno alpaese. Una vita ad arrangiarsi... Seduti al tavolo saltano fuori tanti ricordi, lucidi e vivi, arievocare la loro vita come fosse ieri.

    Ragn: Qui in paese si era tutti poveri, i padroni erano quattro o cinque, tutti gli altri lavoravanola terra a mezzadria. Noi ragazzi si andava sempre in giro, a cercare qualcosa da mangiare:pere, uva, fichi, uova, si cercava di arrivare a sera. Mi ricordo una volta il Broglio ha rubatotutti i cavoli alla mamma dellAngiolino, e lei allora andata a casa sua a richiederglieliindietro. andata dalla mamma del Broglio e gli ha detto: Dove sono i miei cavoli?, e lei:Guarda l quel sacco, che lo ha portato ieri sera. E lei allora: Va bene, ne prendo due, glialtri ve li lascio.... Era cos alla fine, se uno aveva meno di te, ti aiutavi. Ricordo una volta, hopreso quattro panini che avevo qualche soldo e siamo andati a mangiare luva. Il mio socioconosceva tutte le gambe, quali che era moscato, merlot... Ci siamo seduti a mangiare panee uva, arrivato il padrone e ci ha preso sullarchetto (colto in flagrante, si riferisce allarchettocon cui si catturavano gli uccelli). Ci ha detto: Bravi bagai, mangla, ma non portatela mica acasa eh!. No, no, siamo qui a far colazione. La fame era tanta e alla fine ci si dava una mano.

    La Sela: Io son nata alla Sela. Allora sapevano che noi eravamo socialisti. Mia nonna aiutavai parti e faceva un po da dottore senza studi, ma sapeva gi leggere. Anche mio padreleggeva tanto ed era lunico in paese, anche se aveva fatto solo la terza elementare. Io andavo

  • z30

    bene a scuola, mi piaceva, ma poi arrivato il maestro Bellini, fascista, ci faceva imparare amemoria, ma non spiegava. Un anno mi ha anche bocciata, perch mio fratello Dino nonandava al sabato fascista. Poi infatti scappato in Francia. Lo han preso a Ventimiglia ed finito a Mauthausen. Mio fratello Rino invece andato su in montagna. A quattordici anni giera coi partigiani.

    - Avete fatto una vita a far la grappa di nascosto, come tanti qui in giro. Mi raccontate qualcosa?

    Ragn: E s, qui tutti la facevano, poi si vendeva. Fino a qualche anno fa mi pagavo laffitto conla grappa e il vino, non compravo mai niente, di verdura e frutta, cera sempre qualcosa. Luvaamericana stava su fino a dicembre, vendevo la grappa a diecimila lire al litro. Su un quintaledi vinaccia torchiata, tiri fuori sei, sette, otto litri, ma sarebbe la migliore, solo il raspo e lebucce senza vino. Devi aggiungere acqua, quando la fai. Io mettevo il fondo del vino delle

    mute, ma tanti mettono lo zucchero,ma va fatto bollire (fermentare)bene... Eh, ce nera di imbrogli... Mettilacqua calda nella mastella e scioglibene lo zucchero, poi lo butti nel fon-do della botte. In due ore bolle, maaspetti che diventi amaro. Allora lo si-gilli dallaria e lo lasci l anche un anno.Per poi quando lo apri devi fare tuttoin una cocia (cotta). Il mio alambiccoera da un quintale e facevo sei, settecoce di fila, un paio di ore luna.

    [Disegna uno schema dellalambicco emi spiega.]

    Ragn: Vedi, tu qui lo sigilli con lo stercodi vacca oppure, quando cera, colfarinaccio, che meglio, ma una voltamica ce nera! Poi devi raffreddarebene la serpentina, perch se no la per-di, tutto il vapore che esce grappache va via. Poi c la refina, allora

    quando togli il metilico, la testa. Quella la tenevi per fare i massaggi alla schiena. Anche lacoda la toglievi, ch non era abbastanza forte. Per i gradi, guardi la corona. Vedi, se sbattila bottiglia, fa un giro di bollicine: se non tiene la corona meno di 50 gradi. Per vederelodore, sfreghi una goccia tra le mani: senti, cos ti accorgi se vinaccia o se qualcosaltro.La vinaccia, per, la fai dinverno, quando svuoti le botti del vino, in paese per si faceva tuttolanno: arrivavano i carretti dal sud coi fichi secchi. Si distillava quelli. I fichi non hannobisogno della refina! Si mettevano in acqua tiepida e si facevano bollire. Da un quintale di

    Alambicco: Leonardo da Vinci, Codice Atlantico.Alambicco: Leonardo da Vinci, Codice Atlantico.Alambicco: Leonardo da Vinci, Codice Atlantico.Alambicco: Leonardo da Vinci, Codice Atlantico.Alambicco: Leonardo da Vinci, Codice Atlantico.

  • z 31

    fichi si faceva cinquanta litri di grappa. Inpaese si sapeva. I finanzieri giravano giornoe notte, li sapevano i posti. Allora, quando livedevamo, si gridava: Och al luf! Och al luf!.La voce saliva su, fino in montagna, e si ave-va il tempo di scappare. Tanti distillavano dinotte. Si saliva su al bosco con la brenta, unabrenta tiene cinquanta litri, una botte sonoquattordici brente, e cera chi ne faceva piduna. Si tiravano dei teli per non fare vedereil fuoco e si distillava tutta la notte. Poi la grap-pa si sotterrava e tanti la mettevano col tuboche arrivava in casa. Tu andavi a chiederla, eti davano appuntamento dopo mezzora, tiriempivano la bottiglia e tu tornavi a pren-derla, per non ti facevano mai vedere do-vera. La grappa la vendevano alle distillerieper gradi al litro, ti davano un tanto al grado.Di solito eran grappa da 50-52 gradi. Io an-davo a venderla in giro, fino a Meda, Seveso,Cesano, Limbiate. Sono andato anche fino aBusto, a Laveno, Sangiano, Cerro. Andavo inautostop o in bicicletta. Per il trasporto si usa-va la gomma, una camera daria di auto-mobile. Si tagliava e si faceva un nodo dauna parte, bello stretto, e dallaltra cera ilbocht, un tubicino con un tappo a vite, fattocol fil di ferro. Cera chi le faceva per vender-le, era anche quello un mestiere, perch nontutte erano buone, alcune lasciavano il sapo-re, ogni gomma teneva 25-30 litri.Avevo ventanni ed era appena finita la guer-ra. Facevo il giro dei cortili: E sciure, la ghanbesogn den po de grappa?. Si vendeva litroper litro, e non tornavo finch non era finita.

    La Sela: Eh, siamo andati avanti tanto. Mauna volta lhanno preso. Lhan fermato i cara-binieri, e lhan trovato con la gomma. Alloralhan portato in caserma, dalla finanza, vole-vano sapere dove laveva comprata, ma luinon glielha detto. Alla fine, lhan lasciato an-

    dare, ma poi ci arrivata la multa: sessan-tamila lire, un mese di stipendio, eravamogi sposati con una bambina.

    Ragn: S, poi ho smesso. Lultima volta ho pre-so la grappa e lho venduta tutta, ma non lhopagata: eran tempi duri, cerano gli scioperie non cerano soldi. Quando son tornato alpaese, ho rivisto quello della grappa e gli hodetto, ridendo: Ciao, ciao, facendo coscon la mano. Lui si messo a ridere e mi hadetto: Eh, non sarai mica il primo. Era cos,alla fine anche loro a volte fregavano quellidei fichi...

    La Sela: Il mio pap a un certo punto facevail vino e metteva la frasca (ghirlanda di ramiintrecciati che indicava la vendita di vino).Allora, faceva sigillare la botte dalla Finan-za, per pagare le imposte, ma poi, quandola botte era quasi vuota, si metteva sopra lacasa con le damigiane e la riempiva di nuo-vo, con un tubo dalla spina di sotto... Con lapressione, il vino andava dentro e la botteera sempre piena. Possibile che non finiscimai il vino?, gli dicevano. Eh, se non bevo-no!, rispondeva. Alla fine tutti sapevano, maerano imbrogli di poco, bisognava soprav-vivere. Ma qualcuno, invece, i soldi li ha fatti,chi non aveva scrupoli e faceva a scapitodegli altri. Chi distillava, magari riusciva aprendere la vacca e stare meglio. Poi in pae-se cera chi faceva gli alambicchi. Eranolattonieri, idraulici. Suo fratello sapeva bat-tere il metallo. Infatti, in Germania, si salva-to nel campo di concentramento, faceva glianelli battendo le monete dargento. Per tunon gli chiedi mai e lui non ha mai racconta-to tanto. Io, se era mio fratello, gli chiedevotutto.

    Ragn: Ancora adesso c chi la fa, ma di-verso. Allora si faceva per sopravvivenza, non

  • z32

    cera da mangiare. Se vuoiassaggiare, guarda, questonocino qui lho fatto io. Que-sta grappa aveva 54 gradi.

    [Beviamo il nocino, poi lui vasul balcone.]

    Ragn: Guarda, quella lucel in alto San Giovanni,quelle tre luci sotto eranostalle, adesso ci hanno fattoappartamenti. Pi sotto, l adestra, c il bonch, dovestavamo noialtri. Era gran-de, cera la casa, la stalla,avevamo la vacca e il vitel-lo e un mulo. Cera la stalla

    del maiale, con due stanzette sopra, cera il fienile, il bacino dellacqua, tanti prati. Gi adestra, fino a scendere, cera terrazze col vigneto, e sopra il castagneto, pulito.

    La Sela: E cerano mandorli, ciliegi, adesso andato a ramengo, non c neanche pi il tetto.Lultima volta siamo andati e i castagni eran tutti secchi, tutto spini. Una tristezza, ho detto,non voglio venire pi...

    Le immagini che illustrano questo articolo sono tratte da Internet.

    z

    Alambicco per la grappaAlambicco per la grappaAlambicco per la grappaAlambicco per la grappaAlambicco per la grappa

  • z 33

    PPPPPIEROIEROIEROIEROIERO T T T T TOGNOLIOGNOLIOGNOLIOGNOLIOGNOLI

    CONTRO LA METROPOLI

    Esiste una coscienza sui limiti della citt nellorganizzazione del territorio? Nella dipendenzadal circuito mercantile la metropoli pu solo sviluppare la logica del profitto e lasocialitdiffusa, alimentando il consumfascismo e lillusione dellantagonismo nel cuore delle contrad-dizioni sociali. Dal problema di unagricoltura diretta e pulita alla decostruzione della metro-poli, limportanza di vivere nellimmediato la disintossicazione del corpo e della mente.

    Nellaffannosa ricerca di una ipotetica qualit della vita, allinterno delle cosiddette societdel benessere, ci si arena fin troppo facilmente sugli scogli del consumismo. Tutto questo,forse, senza considerare criticamente la rigidit di ruoli innaturali e specialistici per la conqui-sta del profitto quotidiano, inseriti - volenti o nolenti - nellurbanizzazione forzata del territorio.Sicuramente la nostra una civilt ben decadente e infame se in grado di mistificare a livellicos diffusi e massificati il concetto di benessere con il potere dacquisto e la mercificazione diquanto ci troviamo attorno. Vendere e vendersi per poter poi comperare quello che ci indispensabile alla sopravvivenza, quello che ci pu essere utile o tutto il resto delle mer-canzie varie ed eventuali che il nostro portafogli pu permettersi.Ora, senza voler tracciare dei precisi confini tra lindispensabile, lutile e il superfluo dei nostriconsumi, sarebbe interessante fermarsi un attimo a meditare sulla nostra stupidit quotidiananellasettico e abitudinario rapporto con la merce. Un rapporto continuo, garantito dallescorte dei supermercati, grandi magazzini, empori, negozi specializzati, fruttivendoli, macel-lai, droghieri, mercatari, spacciatori, v cumpr, panettieri, orologiai, farmacisti ed ognisorta di commercio al minuto o settore della grande truffa organizzata.Il problema reale resta quello della totale dipendenza dal circuito mercantile, partendo dai

  • z34

    bisogni primari della nostra sussistenza perpoi finire attraversati dalle mille sirene, allet-tanti e insistenti, del consumo quotidiano.Conforto e sostegno delle nostre miserie esi-stenziali.Se questo moderno edonismo una conse-guenza ereditaria di unillogica, esasperatae ormai incontrollabile devianza del profittofine a se stesso, ci non toglie che anche lapassiva accettazione di simili meccanismi disfruttamento (o autosfruttamento) diventinocomunque una forma di complicit. Anche ilmiglior rivoluzionario dEuropa, degli StatiUniti o di qualsiasi altro paese benestante

    contribuisce, di fatto, allo sfruttamento dellerisorse del Terzo Mondo, siano esse produ-zioni alimentari, frutti esotici, petrolio, ura-nio, forza lavoro, avorio, o microchips pro-dotti nello Sri Lanka.Lindiscriminato sviluppo della metropoli, ocomunque della moderna citt, costituisceuno degli esempi pi evidenti di questacolonizzazione e nessuna critica seriamenteantiautoritaria potr mai ignorare il totalita-rismo dellurbanizzazione forzata, il conflittotra periferia e centro e tra citt e campagna.La crescita della citt quindi parallela allanostra dipendenza dal circuito mercantile unavolta spopolate le compagne, svuotati i pae-si e distrutte le microeconomie di sussistenza

    tipiche di ogni societ prevalentemente agri-cola o artigianale. Se i nostri nonni ancorapotevano coltivare la terra, la generazionedei nostri padri stata assimilata in fabbri-che, uffici, ed attivit terziarie varie. Genera-zione inserita nei nuovi quartieri cresciuti fre-neticamente, allombra del boom econo-mico e automunita grazie allinteressamen-to degli Agnelli di turno e della casta mafiosadei petrolieri.Il salto di qualit - dalle zone rurali alle pe-riferie metropolitane - non ha potuto che rive-larsi una grande fregatura: campagne ab-bandonate a se stesse o sfruttate a senso uni-

    co con la monocoltura e lindiscrimi-nato uso di fertilizzanti chimici e pe-sticidi, paesi decadenti abitati soltan-to da vecchi o ristrutturati dalla specu-lazione turistica della seconda casasono ormai divenuti comuni scenari,normalit e normalizzazione del terri-torio asservito e divorato dallo svilup-po della metropoli.Il rovescio della medaglia laliena-zione quotidiana dei milioni di indivi-dui ristretti e costretti a spazi chiusi e

    delimitati, alla rigida frammentazione deltempo libero e non, sprecato abitudina-riamente nel lavoro salariato, in brevi ma dif-ficoltosi spostamenti, nelle interminabili codein ogni punto della citt, aspetto moderno emassmediatico di carcerazione diffusa sulterritorio.Certo, la metropoli crea cultura. La culturaconsumfascista dei nostri bisogni indotti e fit-tizi, viaggianti sullo stesso binario della tota-le dipendenza alimentare, garantita da unsistema di distribuzione centralizzato e daunagricoltura di ipersfruttamento che nonpotr sfamarci ancora per molto. Nel conti-nuo saccheggio del Terzo Mondo prima opoi si dovr pur fare i conti con lincremento

  • z 35

    demografico, la desertificazione di vaste areerese sterili dalla monocoltura, forti flussimigratori verso gli illusori paradisi del be-nessere, zone fertili rese improduttive da altitassi di inquinamento, contaminazione odallurbanizzazione indiscriminata. Tutto que-sto auspicando - senza sperare in liberatoriesoluzioni terzomondiste - che in America La-tina, Africa e Asia cresca la determinazionedelle popolazioni locali nellimpedire o, al-meno, nel rallentare questo processo di neo-colonizzazione.Resto comunque dellopinione che lasottocultura consumfascista vada mes-sa in discussione alla radice, cio den-tro le nostre societ civilizzate e bene-stanti. Opinione oggi molto astratta esicuramente condivisibile soltanto daunesigua e insignificante minoranza diindividui, estremamente minoritariaanche allinterno delle cosiddette mi-noranze antagoniste e antistituzionali.Purtroppo, dallo stesso punto di vistalibertario, lidea di decostruire la me-tropoli non viene presa in dovuta con-siderazione se non in termini accade-mici. Si persiste invece a considerarela citt il punto centrale ed obbligatodellorganizzazione del territorio, cadendoinevitabilmente in una centralit predominan-te del politico, capace soltanto di allontana-re ogni soluzione reale ed immediata di rifiu-to dellalienazione quotidiana.Immersi nel mare morto della disgregazioneurbana, nella continua ricerca di referentisociali - fantasmi di un passato che non po-tr ripetersi - si continua a lanciare i nostrimessaggi danarchia ad una popolazionesempre pi indifferente. Ci si mette poi a po-sto la coscienza dopo aver svolto il doveremilitante della propaganda libertaria, conti-nuando a vivere le contraddizioni gerarchi-

    che della citt, non molto dissimili dai milio-ni di individui che si vorrebbe illuminare.A meno che non si pretenda di gestire in chia-ve libertaria tutto quanto ci viene oggi impo-sto dalla moderna societ del benessere,eliminando la burocrazia e le forze armate,riconvertendo le fabbriche belliche, autoge-stendoci il lavoro liberato e la vita nei quar-tieri di Milano, Torino, Roma, NapoliFermo restando che la stessa struttura dellacitt ad impedire ogni sbocco antiautoritario,personalmente ritengo ben pi valido indiriz-zare ogni nostra energia verso altre utopie,

    apparentemente modeste ma potenzialmen-te in grado di garantirci, fin da ora, dellospazio vitale utile ad abbreviare il divario fralideologia ed il quotidiano.Il problema non sar quello del riprendia-moci le citt, come gridava uno slogan de-gli anni Settanta, e neppure autogestire la Fiatattraverso i consigli operai ma, piuttosto, diricreare una qualitativa socialit proiettan-doci allesterno della citt, in senso fisico ementale, riprendendo confidenza con le no-stre esigenze primarie ed un diretto rapportodi sensibilit con il territorio.Lo stesso problema dei pesticidi non potr

  • z36

    trovare facili soluzioni, sop