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TRE METRI SOTTO STAGE pe_Rizoma in rete: www.pe-rizoma.blogspot.com indirizzo e-mail: [email protected] anno II numero 7 Gennaio 2008 dir. resp. Erika Gardumi “L’unico vero indizio finora è questo suono. E’ il segna- le che ha attaccato la nostra rete [...]. Ma ci servite voi per scoprire chi è stato; voi che avete dimostrato una notevole abilità nel campo dell’analisi dei segnali.” (a dispetto di tutto) Transformers (2007) STAMPATO IN PROPRIO A 80 CENTESIMI PER COPIA, SENZA SOVVENZIONI L’isotopia Dominante in questo numero è il Precariato. Ciò vuol dire che troverete MILLE articoli su questo tema, ognuno dei quali si pone da un punto di vista diverso, oltre che bellamente rizomatico.

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T R E M E T R IS OT TO S TA G E

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anno II numero 7Gennaio 2008

dir. resp. Erika Gardumi

“L’unico vero indizio finora è questo suono. E’ il segna-le che ha attaccato la nostra rete [...]. Ma ci servite voiper scoprire chi è stato; voi che avete dimostrato unanotevole abilità nel campo dell’analisi dei segnali.”

(a dispetto di tutto) Transformers (2007)

STAMPATO IN PROPRIO A 80 CENTESIMI PER COPIA, SENZA SOVVENZIONI

L’isotopia Dominante inquesto numero è il Precariato.

Ciò vuol dire che trovereteMILLE articoli su questo tema,ognuno dei quali si pone da unpunto di vista diverso, oltre che

bellamente rizomatico.

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Qualcosa è già cambiato irrimediabilmente: il ragionier Ugo Fantozzi non ci fa più ridere. Proviamo adimmedesimarci come ingranaggi alienati dell’immensa macchina burocratica che era la Megaditta

“Italpetrolcemetermotessilfarmometalchimica”. Ma la proiezione di noi stessi in quel futuro indeterminato alsoldo di una sola azienda leviatana, fatta di carne d’impiegato e pelle umana, la stessa delle sedie del

Megadirettore, ad un certo punto si sfoca. Noi lì non ci stiamo, l’azienda diviene eterea e noi non siamo più parte di un corpo ma solo appendice,

stampella precaria un po’ parassitante e un po’ parassitata. Da un lato tiriamo un sospiro di sollievo mentre siscioglie l’ultima immagine dell’iterazione quotidiana di “sveglia e caffè, barba e bidet, presto che perdo il tram”;

dall’altro lato però non ci resta nessun orizzonte a cui guardare. Proviamo ad immaginare un futuro con gli indizi che abbiamo: i grandi esiti del 3+2 universitario, un paio di

scenari catastrofici che dipinge la stessa generazione che sta modificando il tutto, qualche esperienza di lavoroco.co.pro.vvisoria…Un bello schifo, insomma! E intorno c’è chi ci dice che non protestiamo abbastanza e ce lo

meritiamo, chi invece che protestiamo troppo che tanto ormai è così. Viviamo degli incubi e delle rassegnazionidi un’altra generazione, questo è il problema, semmai!

Siamo i primi diversi, ma anche il contesto è mutato. Per noi persino la classica partita scapoli – ammogliatidiviene uno strano torneo a 4 tra singles, pacs, conviventi e coppie gay. E questa è una prima ragione per

riprendere le redini e non arrenderci al giro di vite col fantozziano “Com’è umano lei!”.Questo numero di pe_Rizoma, il primo “a isotopia dominante”, è nato dalle nostre e vostre riflessioni sul tema

‘precariato’; come da tradizione ne abbiamo anche garantito la trattazione sotto diversi rispetti. Con unosguardo più disincantato, meno ansioso a priori, più consapevole delle sue intuizioni flessibili. Magari diranno

che pretendere dei diritti adeguati per i precari è una cagata pazzesca…Ma noi ce la siamo guardata laCorazzata Potëmkin, e ci abbiamo trovato la sua (contestuale) raison d’être. Al pari siamo in grado di

rielaborare la raison d’être (contestuale) del ragionier Fantozzi e, se ci tocca, voltare pagina.

www.pe-rizoma.blogspot.com

di Erika Gardumi

S ommar i oSemioticon Chi tace acconsente, di Andrea Marino 03Semiotica La semiotica idealista, di Francesco Bellucci 04Attualità isotopica Le buone intenzioni non bastano, di Marina Peluso 06Attualità isotopica C’è lavoro dopo la semiosi?, di Damiano Arena 08Attualità La notiziabilità della semiotica, di Angelo di Caterino 09Colophon La redazione 09Passioni isotopiche Passioni precarie, di Elena Raiola 10Oroscopo L’oroscopo della situazione, di Damiano Arena 11On Air La fine dello Statinismo, di Simone Arminio 11Ateneo Speciale orari delle lezioni 12Pene di pe_Rizoma C’è pene nel pe_Rizoma, di Vicedirettore 13Precari Il lavoro mobilita l’uomo, di Mara Pitari 14Bombe sui media Rammaricato. Nessuno capisce scherzi di Papa?, di Simone Arminio 16Bombe sui media Approfondimenti. Si svendono lauree in opinionismo, di Erika Gardumi 18Cinema La semiosi della ciambella, di Nicoletta Cataldo 21Ditelo al pe_Rizoma Come laurearsi in due anni... , di Jonathan S. Manetta 22Periζochi Zochi, di Angela Cappelletti, Francesco Bellucci, Dario Coriale 23

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Editoriale

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Fatto sta che ci capiamo. Comefacciamo è un bel problema. Abbiamodelle credenze, le comunichiamo argomen-tando, e capita che gli altri possano essered’accordo o meno. Cosa devono avere que-ste ragioni, credenze argomentate, peressere comprese dagli altri? La premessa difondo a questo articolo è che ci deve esse-re una identità almeno parziale nelle cre-denze del parlante e quelle dell’interpreteperché possa esserci comprensione. Conciò sottintendo che le ragioni sono com-plesse, anche se qui non tenterò una descri-zione della struttura interna di esse.

Poniamo che le ragioni comunicano dellecredenze e che queste sianofondamentali alla descri-zione del significato, anchese questa premessa non èessenziale per il mio punto.Ciò che vorrei descrivere èun tipo particolare di signi-ficato implicito, il cui vei-colo sono le ragioni.

Quando diamo l’assensoo il diniego ad un’affermazione automati-camente consideriamo che il locutore dia aitermini e agli enunciati all’incirca, o esatta-mente, lo stesso significato che gli diamonoi. Normalmente non c’è alcun bisognodi mettere in questione ogni parola, ognifrase. C’è comprensione, si dice, ma quelloche interessa qui riguarda le conseguenzedella comprensione, non le condizioni dipossibilità di quest’ultima, anche se è diffi-cile scindere le questioni.

E poi fu il proferimento. Adesso, le cre-

denze divengono ragionie, se tutto va bene, pas-sano il vaglio dell’assen-so (assenso inteso comepreferite, si potrebbe dire che una ragioneviene ‘reputata vera’). Accade adesso che isignificati inizino a scorrere, a legarsi almondo, a mettere in luce alcuni aspetti diesso piuttosto che altri, a stimolare alcunecredenze piuttosto che altre, a scatenareinferenze. È importante questo passaggio dell’assen-

so. Perché nel momento in cui si dà l’assen-so all’affermazione ci si pone nello stessomodo anche nei confronti delle sue conse-

guenze. Un’affermazione passata alvaglio è considerata valevole, macosa accade se in realtà l’interpreteche ha dato l’assenso non si rendeconto efficacemente di quali sianotutte le conseguenze di quell’affer-mazione? Il discorso probabilmenteè più chiaro con un esempio: dico‘sei scemo’ a qualcuno che magari

effettivamente lo è e tutti ridono. E’difficile che quelli che ridono stiano pen-sando a come si sente lo scemo, almeno sestanno ridendo sinceramente. Anche sequalcuno effettivamente ci stesse pensandoper l’argomento è sufficiente che sia possi-bile che non ci abbia pensato. Di nuovo: ilpunto è che non sempre siamo consapevo-li di tutte le possibili o attuali conseguenzedi un atto linguistico, o di un proferimento.

Quando diamo l’assenso in realtà nonsappiamo ancora esattamente a cosa stiamo andando incontro facendolo, facciamo

un tentativo, ci fidiamo di quello che abbia-mo capito e di quello che già sapevamo.Certo è possibile tornare indietro e ritratta-re un assenso dato, cambiare idea se abbia-mo nuove ragioni a disposizione oppure senon siamo mai stati del tutti certi delleragioni iniziali e la riflessione sugli elemen-ti già in possesso è stata sufficiente a cam-biare idea.

Possiamo mettere in questione il signifi-cato di un enunciato o di un termine, ed èsenza dubbio un’operazione molto interes-sante, oltre che essenziale. Questo proces-so permette, tramite la spiegazione, di chia-rire il significato dei proferimenti, è ilmotore inesauribile del dialogo, oltre chedella speculazione.

Quando, invece, l’assenso è dato, e nullaviene esplicitamente messo in questione, cisi espone a molti più rischi di quanto nonsi sarebbe disposti ad ammettere. Passa,così, inosservata la violenza delle parole diquesto o quel politico, parole dalla loroforza strisciante e insidiosa.

Ascoltare e non negare è una forma diassenso, pare che il proverbio valga, e contremenda pena. Perché non negare, nonmettere in questione, rende complici delleconseguenze; vuol dire permettere a deisignificati, a delle sfumature, a dei compor-tamenti di affermarsi, di rafforzarsi sotto ilnostro sguardo “non del tutto scevro dacolpe”.

Chi taceacconsente

3 Semioticon

“Possiamomettere in

questione ilsignificato diun enunciato:

questo è ilmotore deldialogo”

di Andrea Marino

A cosa ci esponiamo quando diamo l’assenso ad una affermazione?

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D a un lato, infatti, la semiotica sisforza di escludere dal proprio campoi referenti reali, preoccupandosi invecedei denotata, dei contenuti e dei signi-ficati, entità annoverate da sempre nelsemantico. Dall’altro lato, la semioticapensa al reale come un effetto da con-seguire, e si domanda perché certimessaggi, testi e discorsi riescano aprodurre questo effetto, siano cioèverosimili o realistici. La veridicità diun racconto giornalistico è un effettodi veridicità, una verosimiglianza. Daun lato, quindi, i segni si accordano tradi loro e “galleggiano” sul reale.Dall’altro, e ben più crucialmente, siaccordano tra di loro per produrre ilreale.

Tralasciamo provvisoriamente ilprimo punto doloroso (per sanare ilquale basterebbero una semantica aistruzioni o una teoria dei giochi lin-guistici), e vediamo che si può diredel secondo. Quando la sociose-miotica di Landowski dice che ilreale non è altro che un’ulterioreforma del testuale, dice appuntoche il reale è un effetto di senso eche la semiotica spiega proprio il per-ché di questo effetto di senso. Mabisogna intendersi sulle parole: lasemiotica non spiega perché un certodiscorso o testo riproduce il reale o

instaura uneffetto di real-tà, ci dice sola-mente comeciò venga fatto.La sostituzionedel perché colcome rende lasemiotica unadisciplina idea-lista.

Facciamo unesempio: unevento, ponia-mo, una guerraviene descritta in più modi, da piùpunti di vista, magari contrastanti traloro. La semiotica idealista sostieneche quella guerra è la somma di tutte ledescrizioni possibili, è il racconto o laserie di racconti che si fanno di lei, èun discorso o una serie di discorsi. La

realtà di una guerra, per una talesemiotica idealista, sarebbe sì il suosenso, però inteso appunto comeeffetto del discorso e non come matri-

ce di discorsi possibili. L’esistenza del-l’oggetto, il suo senso (la sua realtà)sono l’esistenza, il senso (e la realtà,cioè il realismo e la verosimiglianza)dei discorsi che produce e che si fannosu di esso. La semiotica studia, quindi,le pratiche discorsive attraverso le

quali un evento, come una guerra,acquista senso.

Come ripeteva Michel Foucault(uno dei più grandi sociosemio-logi di tutti i tempi), però, le pra-tiche discorsive dipendono sem-

pre da pratiche non discorsive, cioèpropriamente politiche. Queste prati-che non discorsive riguardano sempreil potere, o la relazione di potere ingioco, e producono discorsi per legitti-

La semiotica idealistaLa semiot ica , in quanto sc ienza del las ignif icazione, non ha presa sul rea le. I lrea le è sempre un effetto di senso, uneffetto del d iscorso, come se, nel la v i tadei segni , i l loro poters i r i fer i re a l rea lenon fosse che un accidente.

Semiotica 4

“La sostituzione del perché col

come rende la semiotica una

disciplina idealista”

[email protected]

di Francesco Bellucci

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mare o contrastare undeterminato assetto dipotere. Sono le relazioni dipotere che danno forma aidiscorsi, e non il contrario.La semiotica idealista stu-dia come i discorsi funzio-nino, come si somiglino oquanto siano diversi, comesi influenzino tra loro, qualieffetti (di senso) produca-no, ma non studia perchécerti discorsi circolino e altri no, qualirapporti tra gli uomini abbiano lorodato forma, quali relazioni legittiminoe quali scalfiscano, quale sia la realtà(che è una realtà storica e sociale, nondiscorsiva e immotivata) che li pro-duce e che non smettono mai diriflettere o di distorcere. La presasul reale che la semiotica idealistapone come proprio oggetto è lacapacità dei discorsi di creare effet-ti di realtà, di essere creduti veri, diarticolarsi secondo modelli di sen-satezza del senso (le sintassi narra-tive) e di creare dei soggetti simula-crali che incarnino i valori in gioco:solo che i valori sono anch’essi discor-sivi, cioè simulacrali e immotivati. Lapresa sul reale è, per una tale semioti-

ca idealista, un dispiegamento del fun-zionamento dei discorsi.

Ma se la realtà è la totalità dei rap-porti tra gli uomini, essendo questirapporti contraddittori, i discorsi che

questa realtà produce saranno anch’es-si contraddittori, come non smettevadi ripetere Antonio Gramsci. Ecco cheuna semiotica non idealista troverebbe

il proprio oggetto: lo studiodel nascere e del formarsidei discorsi in relazione allastruttura dei rapporti socialiche li produce; tale prospet-tiva non mancherebbe dispiegare la verosimiglianzao il realismo di certi discor-si (il loro specifico effettodi senso), ma lo farebbemettendolo in rapporto agliinteressi reali che li produ-

cono. Studiare le pratiche discorsive come

dipendenti da pratiche sottostanti enon discorsive permette non solo dicapire la storia attraverso i discorsi

(cosa che la semiotica idealista nonha mai avuto interesse a fare) maanche di capire i discorsi attraversola storia, che non significa ricollo-care un messaggio, un testo o undiscorso all’interno del contestostorico-sociale che lo ha prodotto,ma al contrario significa capire per-ché quel contesto storico-sociale

abbia prodotto quel segno, perchéquel segno è stato enunciato, e non unaltro, che ruolo abbia, a chi serve. E sitratterebbe già della soglia superioredella semiotica.

5 Semiotica

“Come non smetteva

di ripetere Antonio

Gramsci. Come non smetteva

di ripetere Antonio Gramsci.Come

non smetteva di ripetere Antonio Gramsci.”

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Eric Landowki Michelle Foucault

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I cambiamenti e le direzioni di questinon dipendono dalle volontà dei singoli,ma dalle relazioni che si intrattengono alsuo interno, questo tipo di sistema nelleNeuroscienze viene chiamato SistemaEmergente. Le società potrebbero essereparagonate visivamente ad un patterncostituito da elementi ricorsivi. La suaconfigurazione seppur diversa dai singolielementi che la compongono, dipende dairapporti che questi intrattengono al suointerno. L’uomo per imprimere la propriavolontà, o forse per una sorta di illusionedi onnipotenza, seziona e taglia questeorganizzazioni naturali cercando di gui-

darne i cambiamenti attraverso le istituzio-ni, gli Stati e le Leggi. Ma comeuna pianta, che arginata nella cre-scita da un ostacolo, trova altrevie per germogliare, così anche lesocietà, imbrigliate nelle istituzio-ni, cercano altre vie per crescerefuori dal controllo intersoggetti-vo. Se può essere facile, ad unocchio esperto, prevedere la cre-scita di un arbusto e modellarne laforma secondo la propria volontà,lo stesso non si può dire dellestrutture sociali. Gli uomini attraversocomplessi apparati cercano di seguire le

evoluzioni di que-sta grande pianta,tentando di crea-re un giardinoladdove cresce-rebbe un bosco.Ma il SistemaEmergente èsempre più evo-luto delle struttu-re che lo com-pongono, perquesto motivotutto questo mac-chinoso marchin-gegno è un caneche cerca di mor-dersi la coda.

La legge Biagialtrimenti detta

legge 30, legge Maroni o legge Sacconi, èun’altro tentativo istitu-zionale di stare dietroalle evoluzioni sociali.Marco Biagi, il brillanteeconomista che vi hamaggiormente contri-buito, era animato senzadubbio dalle miglioriintenzioni per cercare diadeguare la legislazionein materie del lavoro agli

effettivi cambiamenti inatto nella società e in particolar modo nelmercato del lavoro. Ma nessuno sarebbestato in grado di attuare realmente questoprogetto, le istituzioni seguono i muta-menti delle società solo per continueapprossimazioni: come cercare di rico-struire una spirale, i cui valori assegnatialle variabili sono diversi in ogni punto,attraverso le tangenti di punti infinitesima-mente vicini. L’economista ha pagato sullapropria pelle questa presunzione, stolti gliassassini che non hanno visto nelle sueteorie la volontà di attuare un percorso diadeguamento non già una soluzione alproblema.

Del resto è un dramma che viviamogiorno per giorno nel nostro microcosmo,le buone intenzioni non bastano affinchéle nostre azioni abbiano il significato chenoi vi attribuiamo e ci sono sempre fatto-ri che esulano dal nostro controllo.

L’unica via sarebbe la contrattazione

Le buone intenzioninon bastano

media

Attualità Isotopica 6

La struttura sociale è in continuo movimento, hauna vita propria indipendente dagli individui che lacostituiscono.

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“L’uomo,per imprimere lapropria volontà, o

forse per unasorta di illusionedi onnipotenza,seziona e tagliaqueste organiz-

zazioni naturali”

di Marina Peluso

SE SOCRATE E’UN UOMO....

...NON INF(I)ERIRESULL’ UOMO MORTALE

Aristotelian Collectivea cura dell ’

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sociale delle soluzioni, ma le leggi, la buro-crazia e la macchina statale sono un mec-canismo dai riflessi troppo lenti, che quan-do ha trovato la soluzione più adeguata alproblema, questa è già antiquata alla situa-zione contingente. Del resto questo èl’unico modo che abbiamo trovato perarginare gli interessi personali a favore diquelli comunitari, nonostante ciò non èsufficiente.

Prendiamo il datore di lavoro, è una per-sona che si è presa dei rischi, ha apertoun’attività creando occupazione, ma dicerto non lo fa per beneficenza bensì peril proprio beneficio; sfrutta le leggi a pro-prio favore cercando di trarre dal propriolavoro il massimo beneficio. In un merca-to libero, con una concorrenza spietatasolo i più abili riescono ad andare avanti, eandare avanti è l’unica preoccupazione diquesta figura. Perchè un’azienda crescasono necessarie delle persone che offranoil proprio lavoro in cambio di una retribu-

zione. Queste, al pari del datore, cercanodi portare acqua al loro mulino, cercano ditrarre il massimo guadagno possibile.Tuttavia anche nel mercato del lavoro c’èuna concorrenza che se vogliamo è anchepiù spietata di quella del mercato dei capi-tali. Il compito dello stato e dei governi èquello di fare da interpres tra questi duemondi per fare in modo che da terminiopposti si trasformino in termini parteci-pativi. La legge 30 voleva essere un tra-sduttore da un sistema semiotico (impre-se) ad un altro (lavoratori) e allo stessotempo voleva mettere in comunicazione ilmetasistema società con il sistema mondodel lavoro, cercando di produrre cambia-menti nella struttura del secondo in con-formità con la struttura del primo. Unprogetto ambizioso dunque, ma che nondeve considerarsi concluso con la promul-gazione della legge stessa; questa infatti èstato solo il primo passo, è stato l’elemen-to di differenziazione che ha messo in

moto il meccanismo della variazione, l’at-tualità del tema i dibattiti e le discussionine sono la prova.

In definitiva non si poteva pretendereche un solo uomo o un manipolo di mentipotesse seguire le variazioni di un SistemaEmergente, sarebbe come chiedere ad unneurone o a poche connessioni sinaptichedi avere una coscienza.

Del resto indietro non si torna, e nes-suno di noi i realtà lo vorrebbe. Preferiscoil rischio di una vita precaria ma in conti-nua crescita, alla sicurezza di un lavoroche ottunderebbe la mia intelligenza.

7 Attualità Isotopica

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Post ScriptumIl presente articolo è una riflessione per-sonale. Dopo averlo scritto e navigandoin internet ho scoperto l’esistenza delseguente sito:www.fract.it/Articolo.htmldove ho trovato l’immagine in questapagina e la corrispondente descrizione:

Tuttavia, le spirali possono essere inter-pretate anche in senso divergente; in talcaso esse veicolano il significato di strut-ture emergenti, che sorgono da fluttua-z ioni microscopiche e si alimentanoattraverso una retroazione positiva ediver gente (l’ef fetto che rinforza lacausa, fenomeno “butterfly”, rendimenticrescenti). Da tutto ciò discende un prin-cipio di ambivalenza delle cose, ovveroche il valore, il ruolo, il significato diuna cosa non è assoluto, ma dipendedalla relazione con le altre cose del con-testo e dalla inter pretazione dell’osser-vatore, che in tal modo non ha più unruolo neutro e indipendente, ma parteci-pa con le sue strutture interne all’esperi-mento cognitivo (anzi, forse, ciò che nel-l’osservatore ha luogo è solo una auto-riorganizzazione di elementi cognitivi,in virtù di un “accoppiamento struttura-le” con l’esterno).

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Attualità Isotopica 8

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Ormai ci siamo. La laurea specia-listica è anch’essa agli sgoccioli. Dopodue anni all’ombra delle torri, i bravi stu-denti di Discipline Semiotiche comincia-no a scrivere le loro tesi e il futuro post-laurea è sempre meno futuro.

La domanda che tutti mi fanno in que-sto periodo è sempre la stessa: “e ora cosafarai della tua vita?”. Sembra si sianomessi tutti d’accordo, sembra ci sia unacongiura contro il mio ego. Le mie rispo-ste sono tutte molto diplomatiche, il pro-blema vero è un altro però: che cazzo neso di cosa farò nella mia vita!

Non so forse farò dei concorsi, faròuno stage sottopagato esfruttato da qualche azien-da, maledirò la meraviglio-sa Legge 30, non lo soquello che farò e pensoche non lo sappiamoneanche i miei poveri com-pagni di sventura.

Ogni qual volta mi viene posta ladomanda penso sempre che alla fine èbella la vita da universitario e che infondo se ci metto un po’ di tempo in piùper scrivere la tesi, può sempre tornareutile al mio bagaglio culturale, alla miaformazione intellettuale, non lo so,comunque tutte stronzate. La verità è chenon c’è niente da fare, anch’io tra poco

entrerò a far parte delle chilometricheliste dei disoccupati o dei precari. Tuttoquello che cerco di fare, per allungare ilbrodo, è solo la paura di trovarmi da ungiorno all’altro a vagare per le agenzieinterinali, di qualche città, a spiegare cos’èsta semiotica. E soprattutto come puòessere utile alla società uno che l’ha stu-diata.

Molti di noi hanno scelto di andare afare la tesi all’estero, anche questa èun’esperienza interessante, ma penso chein tanti l’abbiano fatta per allungare anco-ra un pochino i tempi e permettersi l’ulti-ma fuga, prima dell’ultima ossessione

contemporanea: cercarelavoro.

E’ difficile dopo annidi studi, in cui l’Universitàè anche stata un momentod’appoggio prima del ter-ribile salto nella società dei

“grandi”, pensare realmente alla futuro. Adieci o dodici ore di lavoro al giorno in unposto che odi, lontano da quelli che haisempre sognato. a guadagnarti i tuoi pre-ziosi 900 euro al mese, che ti servono perpagare l’affitto e andare una sera al mesea cena fuori. La realtà è che non possiamoprogrammare un futuro. Non sappiamocosa faremo, dove andremo e soprattuttocome vivremo. Saremo anche noi lavora-

tori alienati della società contemporanea?Andremo anche noi dallo psicologo diturno a raccontargli le nostre frustrazio-ni? Finiremo a fare fotocopie in unComune? Faremo gli intellettuali durantele lunghe attese prima dei colloqui dilavoro?

E’ difficile sapere come andrà a finireveramente. Le uniche conclusioni che sipossono trarre è che il sistema italianonon va affatto bene. L’Università non tiprepara a un lavoro, non ti aiuta a pro-spettare un futuro, non avvia il giovanestudentello al mondo reale. Lo conserva,lo riempie di nozioni, lo abitua alle leggidel precariato, facendolo studiare con deiProf. che non avranno mai un posto fisso.L’Università italiana ci intristisce, azzera inostri sogni, addormenta le nostre fanta-sie.

Guardare i nostri Professori, che dopoanni di studi, viaggi all’estero, tesi, lottanoancora per il contratto ci rende facilmen-te accontentabili. Siamo delle prede sem-plici da catturare, da sfruttare, facilmentemalleabili, siamo quelli che si accontenta-no di un contratto sottopagato (quando èpagato) di sei mesi. Perché in fondo allafine possiamo dire: magari me lo rinnova-no. Perché poi neanche i nostri Prof cel’hanno: io invece si.Chapeau Italia.

Occhio ai traumi dapost-laurea: c’è lavorodopo la semiosi?Con la tesi alle porte, il rischio di rimanere imbri-gliati nelle spire dell’attuale legge sul lavoro,disturba i sonni degli studenti di AzzoGardino. Dove anche i docenti precari sonocostretti a lasciare le proprie cattedre.

“niente da fare:

anch’io tra poco entrerò

a far parte delle chilome-

triche liste dei disoccupa-

ti o dei precari...”

via Azzo Gardino

di Damiano Arena

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Ma quando la semiotica fa notizia?A partire dalla mia “memoria semiotica”(strutturata ovviamente), ricordo solo duecasi in cui la semiotica ha fatto notizia: ilprimo era un giorno di metà Marzo, su “LaRepubblica” uscì un articolo titolato “Cacciagrossa al “segno” fotografico”: unacritica/recensione/riflessione sul testo diBasso Fossali P., Dondero M. “Semioticadella fotografia” (Guaraldi 2006). Ricordodistintamente che si criticava la difficoltà dicomprensione a partire da termini come“categorie cenopitagoriche”, fino all’interaesposizione della teoria “bassiana”. A parermio i termini specifici non sono qualcosa diimputabile all’interno di un manuale univer-sitario. Non credo che un manuale di gene-tica possa fare a meno di nozioni come“acido deossiribonucleico” (D.N.A.), cosìanche noi abbiamo i nostri paroloni.

Il secondo caso è di qualche settimana fa,precisamente il 5 Ottobre, su “il Foglio” ècomparso un pezzo così titolato: “Analisisemiotica dei candidati del PD”. Non crede-vo ai miei occhi, visto lo spazio che supe_rizoma abbiamo dato all’argomento par-tito democratico ho pensato ad un plagio;come osano costoro utilizzare la parolasemiotica in riferimento ad un tema a noicaro? Ero pronto a sotterrare l’ascia di guer-ra nel caso in cui il citato articolo fosse operadi qualche luminare del calibro di Eco oFabbri. Invece con sommo rammarico hodovuto constatare che dei “colleghi” semio-tici ci hanno battuto sul tempo; a quantopare non siamo soli. Ragazzi di “Ops!”, chesta per Open Political Space, un laboratorioromano di ricerca politica, hanno davveromesso in gioco la semiotica per analizzare ilpanorama dei candidati al partito democrati-co (L’intera analisi è scaricabile gratuitamen-te all’indirizzo www.opslab.wordpress.com).

Ovviamente il commento del giornalista sisofferma sulla difficoltà dei termini incon-

trati nell’analisi: “struttura attanziale”,“distonie interne”, “effetti patemici”, perpoi proseguire nel commentare i puntisalienti del lavoro.

Si parte dal considerare la società italianacome liquida a causa dello “scioglimento dei ghiacciai ideologici”, ragion per cui il futuroledere del P.D. deve essere un pescatore (nonGuglielmo).

Facendo riferimento ad immagini radicatenel pensiero collettivo, vengono identificatitre pescatori: Sampei che “sente il gusto delvero pescatore”, Capitan Findus “il suo mas-simo piacere è offrire tutto il suo oro” e ilpescatore senza immagini di riferimento mache “sa come si pesca”. Tutte queste imma-gini sono ascrivibili ai tre maggiori candida-

ti: Bindy, Letta; Veltroni. Al termine dell’ana-lisi il gioco dell’appaimento è svelato: RosyBindi è Sampei, Letta è il pescatore senzaimmagini di riferimento e Veltroni è CapitanFindus “pesca a strascico[…] pesca generali-sta, prende tutto e da a ciascuno”. Nonvoglio pensare cosa possa pensare un gior-nalista di noi, quando accanto a parolonicome “attante” diamo riferimenti della por-tata di Sampei. E’ per questo che a volte èmeglio nascondere la nostra identità e fin-gerci comunicatori come tutti gli altri, apatto di continuare a sfoggiare il nostroOpinel al momento opportuno.

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di Angelo di Caterino

La notiziabilità della semioticaO v ve r o c o m e i m p a r a i a n o n p r e o c c u p a r m ie a d a m a r e l a t e r m i n o l o g i a s e m i o t i c a .

9 Attualità

Dir. responsabileErika Gardumi Dir. della situazioneDamiano ArenaVice direttoreSimone Arminio Web director Andrea MarinoFinanziatore birre: a rotazione

Redazione DamianoArena, Simone Arminio,Francesco Bellucci,Angelo di Caterino,Andrea Marino, MarinaPeluso, Elena Raiola,Paolo Ruffino, Mara Pitari

Hanno scrittoAngela Cappelletti,

Nicoletta Cataldo, DarioCoriale, Stefano Dore,Giuseppe Infantino

Progetto GraficoSimone Arminio, AndreaMarino, Marina Peluso.

Editore: Peirciane avvolgibili s.r.l

Sede della RedazioneAuletta studenti (in fondoa dx) c/o Facoltà diLettere e Filosofia, viaZamboni, 38 Bologna.Sede staccataIl Pe_Rizoma, viaMarconi 51A Bologna

Sede di Cesenaticobagno 3 (bussare prima)Mail, articoli e commenti: [email protected]

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Nella foto “i Fondatori”

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Passioni Isotopiche 10

Passioni precarie...

Si parla di precariato in questo nume-ro..è giusto..sentiamo l’esigenza di dire lanostra su questa situazione... La flessibili-tà..la legge Biagi...forse anche perchè, dicia-mocela tutta, ci sentiamo alla fine del Paesedei Balocchi chiamato Università e sentia-mo che il mondo, quello vero, quello brut-to brutto che si chiama lavoro è alle porte.Precari saremo noi, precari sono i nostriprofessori, fra le altre cose, proprio quelliche fanno parte della ristretta cerchia deiprofessori stimati da noi studentuculi, quel-li, per capirsi, con cui amiamo fare le tesi.

Cerco ispirazione per ilmio articolo..precaria-to e amore, precariatoe passioni, che cavolopotrei mai scrivere?

Leggo il libro diBeppe Grillo, quelloscaricabile da internet,“Schiavi Moderni”, einizio a leggere.Situazioni pessime descritte da ragazzicome noi, o poco più grandi, quelli chenell’Odissea del lavoro ci sono già entrati.Qualcuno di voi sicuramente avrà già avutoesperienze del genere già adesso, stage,promozioni, call-center, sfruttamenti vari efrustrazioni più o meno piccole (avete maifatto prendere in considerazione a qualcu-no una marca di sigarette? Siete mai scesi apatti con la coscienza per promuovereun’azienda in cui non credete, magari unamutinazionale, contro la quale di solitoinveite? Siete mai tornati a casa cercandouna risposta alla domanda: senza uno strac-

cio di contratto, mi pagherannomai?). Se continua così, queste esperienzepurtroppo ce le faremo tutti, a parte i solitiraccomandati, vabbè che c’entra, loro nonvalgono.

Il terzo capitolo è quello che mi colpiscee fa fare ai miei neuroni rimasti una sinapsipassionale, quello dei cervelli in fuga.Almeno MILLE parlano di amore. Io chefino a cinque minuti prima mi sentivoaddosso l’handicap di essere single in unacasa piena di coppie, in una vita di amichepiù o meno felicemente fidanzate da anni,

di parenti che ridacchiano allecene di Natale e ai pranzi diPasqua, che chiedono se singleè il modo moderno per dire zit-tella, io, che ho l’istinto mater-no al di sotto del minimo con-sentito per essere consideratocrudeltà, mi sento all’improvvi-so super potente: cacchio sono

single!! Non ho legami affettivi..ma che culo che ho!! Posso fuggire all’este-ro quando voglio. E se voglio rimanere inItalia c’è un altro aspetto positivo fra le miecaratteristiche: nessun istinto materno?!?Ma è perfetto!! Una famiglia tanto in Italianon te la puoi permettere. No soldi, no figlida mettere al mondo. Non sono nemmenocredente e non ho l’assillo della Chiesa difarmi metter al mondo bambini anche senon ho soldi: la regola che vale per me èche se proprio devi mettere a mondo unfiglio, fallo per bene. Un bambino deveavere tutto quello di cui ha bisogno. E senon hai un lavoro fisso non puoi essere

così inco-sciente da mettere

a rischio ilfuturo di un’altra

persona. Risultato: anche questopunto è a mio favore. Il mio mora-le è già alle stelle. Guardo dall’altodella mia infinita libertà e penso alfuturo con più ottimismo..Solo unpensiero diabolico mi passa nellamente: ma se avvertiamo Ruini di que-sta conseguenza della Legge Biagi, secondovoi ce la abolisce??

Rimane un unico pensiero..a quell’amo-re che non ti tradisce, a quello che non tilascia mai, quello che ti prende veramenteal cuore: la tua città, il tuo paese. Lo so,quasi tutti noi siamo studenti fuori sede,quelli più sfortunati tornano a casa tre voltel’anno, ma almeno siamo nel paese in cuisiamo nati. Lo so, non dovrei ragionarecosi, Europa unita, il mondo è una cosasola, ma come lasciare tutta una vita allespalle, come, soprattutto, non avere la pos-sibilità di scegliere.

E’ questo che il precariato ci ha toltoveramente. Puoi fare solo scelte obbligateeconomicamente svantaggiose e affettiva-mente vantaggiose, o viceversa. La libertànon dovrebbe essere pensata in termini dilegami “coniuguali”, ma in termini di pos-sibilità, che dovrebbero essere le stesse pertutti. La fuga dei cervelli mi sembra che cisia stata, e ci sia tuttora, soprattutto daparte di chi ci governa e non capisce chequeste leggi non garantiscono un futurosicuro a nessuno. Single o fidanzato che sia.

di Elena Raiola

“Siete maiscesi a patti con lacoscienza per pro-

muovere un’aziendain cui non credete,

magari una multina-zionale, contro cui di

solito inveite?”

Non chiamatele zitelle, si dice pr e car iament e s ingl e .Cosa comporta avere una vita flessibile, dal lavoro allerelazioni, ce lo dice l’addetta alle passioni.

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ARIETE: gli astri sono dalla vostra parte,periodo straordinario! Vi verranno recapi-tati direttamente a casa la tessera del Pd,Pdl, Cosa Rossa, Cosa Bianca, NuoviSocialisti e Montezemolo in persona.TORO: come sempre la Luna vi vuolebene vincerete un viaggio insieme aMoretti e Brass in Birmania, per dare soli-darietà a De Magistris e alla Forleo; prote-state bene!GEMELLI: comunistacci! Avete un durocompito, dovete spiegare a Fini che anchestavolta non conta niente, mentre ci sieteriferitegli che Luttazzi ha detto che, perquanto riguarda i preti pedofili, il Papa haperdonato i bambini molestati. Potrà sen-tirsi meno in colpa.CANCRO: se state camminando e qualcu-no vi spara, tranquilli bloccheremo il

Campionato. Promesso.LEONE: il vostro impegno nel socialesarà premiato. Le influenze di Saturno vihanno procurato un posto di lavoro comesteward negli stadi di Napoli, Bergamo,Roma e Catania, a tempo indeterminato ein perizoma. VERGINE: vi siete fatti sopraffare dalrelativismo! Andate e leggere la nuovaenciclica di Ratzinger, veloci. BILANCIA: per i nati il 29 Settembre chevivono ad Arcore sarebbe il caso che alquinto partito ci si fermasse un po’, maga-ri per portare Ronaldo a Lourdes. Per glialtri tutto bene, fatevi leggere due poesieda Bondi e tutto vi sembrerà diverso. SCORPIONE: amici, compagni, attantisono tempi duri, stiamo vicini a Mastella,magari ci scappa un viaggio con l’Air

L’oroscopodella situazionedi Damiano Arena

Force One o male che va un posto da con-sulente per qualche Sottosegretario.SAGITTARIO: Marte e Venere sono unpo’ incasinati, non potrete evitarvi unarecensione sui delitti di Cogne, Erba,Garlasco, Perugia, Bologna e la Uno Bianca,il rapimento Moro, Faruk Kassam, la Bandadella Magliana e poi non so il ferimento diGaribaldi o il fatto che Napoleone era gay eballava insieme a Mussolini al Ruvido.Parlate con Vespa vi dirà lui.CAPRICORNO: sono tempi duri. La ben-zina aumenta, il pane aumenta, la pastaaumenta, il gas aumenta, la luce aumentasolo le cazzate del Presidente del Milansono stabili. Mah.. non saprei che dirvi, saràla Luna.ACQUARIO: siete felici, siete contenti,siete estraordiariamente fighi. Avete fatto latesina di Bercelli? PESCI: sono stanco, spossato potrei a trattiallucinato anche fondare un partito in que-sto momento, evito di farlo con voi, neldare il nome e fare il programma non vorreiessere coprolalico.

on airpoveraccia. precaria e sbat-tuta in penombra. una voltac’era la fila. tipo quando nonfunzionavi, e tutti ti pregavanodi sputare almeno il badge, epoi via a disperdersi per lacittà, alla ricerca di un altro tuosimile funzionante, di un’altrafacoltà, un altro dipartimento.non servi. una volta c’era lafila. oggi il nuovo superfrigocon le cioccolate ti fa il culocosì, macina consensi purequando non funziona, e sifotte i soldi. e tu? te ne stai lìinutile. gli statini non servonopiù: ormai s’è informatizzato

pure luigi il portiere. i tuoiappiccichini erano malefici, edelle volte il professore loaveva già appiccicato, e poi turifiutavi il voto, e lui si dannavabestemmiando per staccarlo.adesso basta il codice delbadge. che una volta era nume-rico a 5 cifre, e mo c’ha le vir-gole i punti e le & commercia-li. sicurezza ci vuole. come seun sacco di gente morisse dallavoglia di rubartelo per verba-lizzarti, che so, un 30 e lode atua insaputa.tu, stupida mac-china per gli statini, sei solo unvecchio pc con stampante

retrò incapsulata in una colon-nina di colore blu. non ti rin-novi: prendi esempio dallamacchinetta del caffè, che daanni fa la stessa ciofeca maoggi costa 5 centesimi in più!cosa cambia? il prezzo. è ilprogresso bellezza.tu invece stai lì, inutile. unavolta c’era la fila. ora la gente tici si siede sopra in attesa che lapausa finisca. anche il loculo-aula C è diventato più figo dite. finirai sparito come laragazza pensierosa e studiosa(ma chi è???), che per cinqueanni ci ha accolto dal sito di

discipline semiotiche, e che oraè finita (dov’è???) tumulata inqualche fossa informaticacomune, insieme a tutte le vec-chie homepage inutili.e tu? nonvuoi capire. fai finta di servireancora, stupida macchinettaper gli statini, non hai capitoche a bologna lo statinismo èfinito da un pezzo, da moltoprima che arrivasse cofferati eche eco scrivesse il suo2340simo libro. forse un giorno verrai riciclata.forse. un giorno, ho detto. e comun-que non sei mai funzionata.

di simone arminio

11 Oroscopo + On Air

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Ateneo 12

Gli orari delle lezioni della

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II CICLO III CICLO

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Specialistica in semioticaIV CICLO

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Cinema Isotopico 14

A volte il senso di straniamentonella vita di tutti i giorni proviene davverodalle cose più banali. Siete mai saliti sultreno e seduti al vostro posto guardandofuori dal finestrino vi sembrava di esserefinalmente partiti, mentre era un altrotreno, quello di fianco al vostro, ad essersimesso in moto?

Basta così poco per provare quello stu-pore fastidioso di chi sente di essercicascato di nuovo in quella trappola sensi-bile che, anche se solo per unattimo, il cervello lo mettefuori uso.

Lo immobilizza. E allostesso tempo lo scuote,come a svegliarlo dal torpo-re in cui si crogiola a causadei binari mentali su cuiviaggia da tempo, per glischemi acquisiti. Lo costrin-ge a riscoprire le cose, quasi avederle per la prima volta in una nuovadimensione sensoriale ed emotiva. La sen-sazione, in questo caso, è quella di nonandare da nessuna parte. Restare pesanti eimmobili dove si è, mentre il mondo intor-no viaggia veloce.

Sul treno del precariato, di gente che

resta ferma ce ne è davvero troppa, e cisono i protagonisti di “Il vangelo secondoPrecario”, film del 2005, di Stefano Obino.Questi personaggi sono dei lavoratori ati-pici (a-cooosa?!?), precari da una vita,impegnati in una estenuante lotta per lasopravvivenza con la principale nemica diquesto inizio di millennio: la flessibilitàovvero il mondo del non-lavoro. Si perchénella baumaniana “società liquida” in cuiviviamo, le vecchie rassicuranti consuetu-

dini e i buoni propositi sisciolgono in correnti chespazzano via tuttolasciando soli gli individuiche, ormai sfiniti, siaggrappano come posso-no ai pochi grumi solidisopravvissuti dal passato.

Finchè non si rivelanoanch’essi delle chimere!

Ed è così che la stagista, ilperno su cui ruotano le idee più originalidell’intera programmazione di una televi-sione privata, vive nella speranza di essereassunta prima o poi, fino a quando, invece,non viene licenziata (ma si può licenziarequalcuno che non è mai stato assunto?);oppure la trentenne laureata viene costret-

ta a fare indagini istat sul precariato giova-nile intervistando però dei logorroici vec-chietti che hanno lavorato una vita e sonoin pensione da anni; o lo scrittore ormaidisilluso che riceve la proposta di pubbli-cazione del proprio libro scritto anniprima in cambio, però, di soli 4000 euroche lui naturalmente non ha, e così ècostretto a rifiutare l’offerta.

Perché in Italia davvero troppo di radouna crisalide diventa farfalla: molto piùspesso resta solo un bozzolo di potenziali-tà inespresse. E così le occasioni sfumanolasciando echi di amarezza infinita e lafiera della frustrazione continua la suamarcia. “Il vangelo secondo precario” èuna marcia che dura un’ora e mezza, e cheè il frutto del lavoro di un gruppo di tren-tenni milanesi precari da anni che lavoranoin un’agenzia di comunicazione, e che a uncerto punto si rendono conto di avere adisposizione tutti i mezzi tecnici per realiz-zare un film low budget.

Così, davanti ai tagli dei finanziamentipubblici con relativo blocco di un annodell’ intero settore cinematografico, loro cihanno provato lo stesso, mettendo insie-me un pubblico potenziale già munito dibiglietto prima ancora della realizzazione

Il lavoro mobilita l’uomoUn film autoprodotto del 2005 raccontacon spiazzante lucidità il mondo dei ‘senzacontratto’: dalle stagiste in rischio di licen-ziamento, allo scrittore di libri che peròdovrà pagarsi da solo...

“...lavoratori atipi-

ci (a-cooosa?!?), precari

da una vita, impegnati in

una estenuante lotta per

la sopravvivenza con la

principale nemica di que-

sto inizio di millennio: la

flessibilità...”

di Mara Pitari

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15 Cinema Isotopico

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del film. “Abbiamo fatto un rapido calcolo”

afferma il regista Stefano Obino “e cisiamo resi conto che con un minimo di40mila euro - cioè 4000 persone disposte asottoscrivere con 10euro ciascuno - il filmsi poteva realizzare».L idea è stata messain rete, dove ha trova-to subito il sostegnodi Cgil, dell’Arci diMilano e di«Produzioni dalbasso» ( www.produ-zionidalbasso.com ), un sito che si propo-ne come «vetrina» per la produzione diopere d’arte di qualunque tipo attraverso lasottoscrizione on line. Nasce cosìquesto film, totalmente indipendente per-ché prodotto dal basso, che ora viaggia inrete ( www.ilvangelosecondoprecario.org)dove è acquistabile in dvd.

Dopo la sua realizzazione, inoltre, oltrea essere diffuso tra coloro che hanno sot-toscritto l’offerta – che tra l’altro sonomenzionati uno per uno fra i titoli di coda- è stato proiettato in alcune sale cinema-tografiche, nelle università e nei circoliArci sparsi in tutta l’Italia.

Così, l’obiettivo di dimostrare che uncinema diverso è possibile, è stato centra-to. Nel sito si legge, infatti: “con la vostraadesione, date vita ad un modello di pro-duzione di cultura e intrattenimento alter-nativo. Il pubblico non è più fruitore pas-sivo di un offerta proposta dall’alto, madetermina in prima persona le sue scelte diconsumo»”. Una grande “piccola rivolu-zione” che permette di giustificare anchei difetti tecnici.

In effetti “Il vangelo secondo Precario”è un’opera di artigianato cinematografico,e si vede. Si tocca con mano la grana ruvi-da e opaca delle cose fatte in piccolo, trapochi intimi e in fondo, proprio per que-

sto, genuine. Ma, nonostante alcuni evi-denti mancanze (i dialoghi un po’ poveri, ladicotomia troppo scontata tra buoni e cat-tivi, il montaggio eccessivamente nervoso,i toni melodrammatici della commedia

all’italiana, la man-canza di uno slan-cio vitale capace ditenere incollati alloschermo per più dicique minuti) restacomunque un mira-bile affresco diun’esistenza soffer-ta ed infelice.

Punta ad accentuare le condizioni didisumanità, la freddezza e il cinismo deicapi, e i soprusisubiti passiva-mente dai lavora-tori. Costruito suuna struttura tem-porale disconti-nua, procede più per associazionidirette che non per passaggi logici. Non rinuncia al facile espedientedella colonna sonora nei momenti dimaggiore effetto, consegnando il ritrat-to di una generazione paralizzata cheaffonda e intanto viene cullata dauna nenia fatta di poche notecantilenanti alla Sigur ros,rassicuranti e straniantiallo stesso tempo, cheoccludono le emozionieppure le esaltano.

Tutto questo nellaparte finale del film, in cui lasensazione di essere sospesi inun limbo raggiunge il culmine:la musica copre ogni altro suono,rumori e voci, relegando il tuttoin uno spazio altro che quasi nonha ragione di esistere, silenziosoed eloquente com’è.

E’ come premersi le mani

contro le orecchie, o andare sott’acqua, orimanere incollati alla cornetta del telefonodopo che è caduta la linea, in uno spaziomuto che non esiste, eppure è lì. Urlaregrida soffocate e implose, inascoltate dalmondo fuori che non sa o non vuole vede-re.

Ancora una nota, infine, sul titolo.Perché il Vangelo secondo Precario? “Inquesto titolo” - fa notare il segretario gene-rale della Cgil, Guglielmo Epifani - “c’èun’assonanza con ‘Il Vangelo secondoMatteo’ di Pasolini. Perché un santo? E’una metafora della sacralità, perché la con-dizione di precario è considerata la condi-zione degli ultimi. Nei quali, però, non c’èrassegnazione, piuttosto ansia di riscatto”.

James Bond è tornato...

“l’obiettivo di dimostrareche un cinema diverso è pos-

sibile, è stato centrato. Nelsito si legge, infatti: “con la

vostra adesione, date vita adun modello di produzione di

cultura e intrattenimento alternativo... ”

A Natale. Nei cinemi

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Bombe sui Media 16

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Mi espongo al rischio inestimabiledi considerare da un punto di vista pura-mente massmediatico la Santa Chiesa diRoma ed il suo agire comunicativo. Ilpunto cruciale, non è l’effettiva credibilitào falsità di ciò che viene comunicato. Sitratta, invece, di come viene comunicato, ecosa comunica fra le righe del senso, ilsistema di comunicazione papale. La chie-sa dal punto di vista semiotico, ammettere-te, è un colosso della comunicazione. Unbestseller mondiale (lo dico senza ironialaica) pieno di simboli e sensi rizomatici.

La Santa Sede ha un potente e carisma-tico leader di pensiero – il Papa - dotato diun’enciclopedia illimitata(per via del libero accessoad aspetti dell’ineffabile)e di una capacità persua-soria tenuta ben salda dalsistema della fede.

In più dispone di un’im-ponente struttura di divul-gazione (cardinali, vescovi e parroci) e distrumenti semiotici di particolare com-plessità, come un rituale intenso e alta-mente euforizzante (la Santa Messa). Inpiù si basa sul principio del proselitismo,una marca semantica presente in tutti isignificati religiosi, una sorta di fare mani-polatorio autoattivantesi che aumenta a

dismisura il raggio d’azione del farecomunicativo religioso.

Qui i credenti storceranno il naso. Madovranno pur riconoscere che, se essi stes-si sono credenti, e come la stragrandemaggioranza dei credenti, allora sono essistessi la prova provante che il sistema dicomunicazione cattolico sopra descrittofunziona bene.

In ogni sua parte, il Cristianesimo d’al-tronde è esattamente una semiotica. Diostesso ha dettato le prime leggi, esposte inpunti e scritte su pietra. Gesù Cristo con ilsuo fare rituale ed uno sviluppato sistemadi simboli, può a tutti gli effetti essere con-

siderato il primo grandecomunicatore dellastoria (non ho dettopopulista, o qualunqui-sta: comunicatore).

La Santa Sede, infine.Dotata di un potentis-

simo sistema di comuni-cazione che da 2000 anni non si perde unanovità nel campo della comunicazione, eche attualmente si compone di due quoti-diani, una televisione, una radio, un ufficiostampa, un portale internet(www.vatican.va). In più, come dettosopra, un sistema antesignano di comuni-cazione efficace (la Santa Messa). Fin qui

le caratteristiche del sistema di comunica-zione. Ora la bomba.

Perché Benedetto XVI, inteso (me lo siperdoni) come uomo e non come rappre-sentante di S.Pietro in terra, pare sia moltopiù fine ed erudito ideologo che provettocomunicatore. Lo stesso non valeva per ilsuo predecessore e né – andando avantinella scala delle discendenze - per quelGiovanni XXIII che al restyling del verbocattolico e della sua diffusione ha legatotutto il suo mandato papale.

Oggi, anche il potentissimo sistemamediatico vaticano vacilla di fronte allalunga e regolare serie di considerazioniinfelici, errori madornali e sgarbi istituzio-nali di Joseph Ratzinger, causa di polvero-ni mediatici e rammarici repentini chehanno spinto seguaci, cattolici e diversa-mente credenti (che dovrebbe essere il ter-mine politically correct per indicare gliinfedeli) a interpetazioni fuorvianti.

Fin qui siamo sulla comunicazione per-sonale del singolo leader. Che però daqualche tempo ha deciso di rilanciare met-tendo mano anche al funzionamento del-l’intera macchina comunicativa per ladivulgazione del verbo.

Rammaricato.Nessuno capiscescherzi di Papa?Il viaggio nella comunicazione di Ratzinger èaffascinante e pieno di colpi di scena. Dallamodernità delle politiche di Giovanni PaoloII, allo stile asciutto e teologico di BenedettoXVI, tra gaffes e rammarichi.

“La Santa Sede èdotata di un sistema dicomunicazione che da2000 anni non si perde

una novità tecnologica”

di Simone Arminio

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17 Bombe sui Media

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Mi riferisco chiaramente alla messa inlatino. Mi si dirà: ma no, il senso ultimo eraconcedere a chi lo voglia la possibilità“extra” di un rito, per così dire, turistico,affettivo o esotico. Un po’ come, per resta-re nel mediatico, la scelta del bianco e neroper dare alla comunicazione visiva quelladifferente carica emotiva.

Andiamo, non regge. Perché tutto il ritotridentino è comunicativamente errato,oltre che dannatamente retrò. È un autogolinutile e dannoso. Non so: come voler pro-muovere un disco per teenager attraversodelle inserzioni sui quotidiani finanziari,come scegliere un attore calvo come testi-monial di uno shaampo (non ricorrendoall’ironia). Scendiamo nel dettaglio: lamessa è in latino, una lingua non parlata epoco conosciuta. Il prete è di spalle, rivol-to a Dio e non ai fedeli. I fedeli non inter-vengono, sono attenti e passivi, come itelespettatori di un tempo.

Solo che non funziona più così datempo. In un mondo in cui gli stimolicomunicativi ci bombardano a tutte le oree con qualsiasi mezzo, scegliere un tipo dicomunicazione unidirezionale e così alta-mente gerarchizzata, significa condannarela chiesa alla solitudine dei pochi eletti,mortificare l’intelligenza del fedele, annul-lare l’interattività nel rapporto con la fede.

Pensavo tutto questo durante l’estatequando è arrivata la notizia che PapaBenedetto XVI, rispondendo a dei quesitipostigli (guarda un po’ che culo) ha sancito come unica chiesa di Cristo quella cattolica,chiudendo definitivamente le porte all’ap-pianamento di uno scisma – quello con ilmondo protestante – che in alcuni casi (lachiesa anglicana) sussisteva ormai in via deltutto formale. Ratzinger nelle sue sceltesarà ispirato dal divino. Ma il Principale,due mila anni fa, in quanto a comunicazio-ne era millenni più avanti. Sarà che il messaggio portato avanti da Gesù era (relativa

mente) nuovo, certamente più della (nuo-vissima) idea della messa in latino.

Era un messaggio persino rivoluzionario– come molti sostengono – ma diffuso conmetodi addirittura ridicoli, se si pensa allacampagna pubblicitaria che avrebbe potutopermettersi ilfiglio di uno chesi fa chiamarel’Onnipotente.

Al contrario laChiesa riesce adimpegnare fiorfiore di esperti in comunicazione per ripro-porre un messaggio datato. E, anzi, siimpegna a renderlo ancora più tradiziona-lista nel tentativo di definire un’identità diforma.

Ineccepibile nel meccanismo di fideliz-zazione, la Chiesa diffonde merchandisingda oltre mille anni e conta migliaia di testi-monial (che tra l’altro riempiono le paginedei calendari da molto prima della Ferilli).Verità dettate dalla Verità stessa, a cui glislogan non sono mai mancati. Ma ciò che

danneggia la comunicazione papale è lapaura di perdere la forza del messaggio cat-tolico nell’adeguarsi ai tempi.

Pensare che basti un sistema di comuni-cazione moderno per parlare la lingua delnostro tempo. Il messaggio non rimanegiovane perché si mantiene uguale a sestesso, e ciò è vero perfino per l’atempora-le messaggio del cristianesimo, appesantitocom’è dalla molto temporale cornice eccle-siastica.

Il fatto è che Benedetto XVI ci mettepassione. Convinto che la miglior difesa sial’attacco, fin dal suo primo giorno di pon-tificato, Ratzinger si è impegnato nell’appli-cazione di un vero e proprio piano dicomunicazione integrata, che prevede unacura dell’immagine, dei toni, dei temi edelle gradazioni di colore. La controrifor-ma comunicativa prevede: recupero di anti-chissimi copricapi papali di ermellino, dalletinte sgargianti e di notevole peso, scarpe diPrada rigorosamente rosse, cambio drasti-co di papamobile e molte altre piccoleaccortezze.

Che dire, imbarazzante commentare difronte a tanto sincero impegno.

Giovanni Paolo II ha dimo-strato intelligenza politica ediplomatica. Ma nessun papaprima di Benedetto XVI hasaputo applicare con cosìtanta passione le regole e gli

strumenti di una buona comunicazione. E’studente diligente ma, come i migliori stu-diosi della storia, è impacciato nell’esteticae nelle relazioni.

Non buca lo schermo, sbaglia tutte lebattute e le posture. Uno spirito volentero-so e tanta voglia di comunicare, imprigio-nati in un corpaccione serioso e solitario dianziano studioso tedesco. Siamo buoni,però, almeno nel giudizio finale, non sonoquesti i casi in cui a scuola si premia l’impe-gno?

“Ratzinger nelle suescelte sarà ispirato dal divi-

no, che però in quanto acomunicazione era millenni

più avanti”

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Bombe sui Media 18

C’entra, c’entra…Dato che tuttofa informazione, anche le vacanze dellaArcuri, la nostra conoscenza del mondotramite mezzi di comunicazione è diventa-ta precaria: senza certezze (potete vederedue tg e trovarvi notizie quasi del tuttodiverse), interinale (molto legata alla modadel momento, spesso dimenticata con leg-gerezza) e di scarsa competenza(pressappochista e dispersiva).Il dovere di cronaca è un con-cetto un po’ consumato, moltomeglio fare un buffet di bricio-le di notizie e poi oberare ipalinsesti di “approfondimen-ti”. Nel supermercato dell’in-formazione scegli di approfon-dire la notizia più accattivante ehai tutti i mezzi possibili perfarlo; solo che di primo acchito non capiscinulla di quella briciola di informazione el’approfondimento diventa una necessitàpiù che una scelta. E già dall’inizio deviscremare le notizie che, per esigenze ditempo, non capirai mai. Infatti all’urlo di“ancora più approfondimenti” accorre unnugolo di nuovi spettatori, ansiosi - nondico di esaurire la conoscenza su un argo-mento, né di fissare le coordinate fonda-mentali di una questione - ma di capire,almeno, di cosa si sta parlando.

Come funziona un supermarket dell’in-formazione? Siamo seduti sul nostro diva-

no e accendiamo la tv per vedere che suc-cede nel mondo. Appare il mezzobusto deltg che recita la notizia di apertura esaspe-rando i toni drammatici per riuscire a sca-valcare le note sulla carrellata iniziale cheancora rimbombano in studio. Il telespetta-tore non capisce niente (in genere il sogget-to della frase si trova dopo 4 respiri dall’at-

tacco). Ma quando ilmezzobusto (ora afigura intera, di solitopasseggia anche per lostudio e si siede sullascrivania accavallandole gambe, così ti distraid e f i n i t i v a m e n t e )annuncia il servizio,siamo tutti convinti

che capiremo finalmen-te cosa succede nel mondo. Invece no, ilservizio dice le stesse cose di prima ma conun’altra voce, e le accompagna con imma-gini fuori tema i cui effetti di senso sonospesso altri rispetto a ciò che si dice; inalternativa si tratta di scene troppo racca-priccianti per farti seguire il filo del discor-so. Tipo, si parla di Birmania. Posto chequalcuno sappia dov’è lo Stato in questione(sì, è uno Stato..), il servizio mostra unfiume di monaci buddhisti che passa,oppure dei bimbi monaci. Oppure unascena di “Sette anni in Tibet”. Comunquenon si capisce per cosa protestano, né con-

tro chi protestano. Il “governo repressore”,parola chiave che però trova il posto chetrova verso la fine, nelle immagini nonviene nemmeno preso in considerazione.Intanto – dicono - l’Onu sta decidendo secondannare questo crimine come brutto ocome molto molto brutto.

Visto che a livello internazionale non cicapiamo niente, passiamo dal filtro nazio-nale con una simpatica carrellata di “opi-nioni politiche”. In ordine seguono un “èuna vergogna”, “è una menzogna”, “ècolpa dei comunisti, Prodi dia le dimissio-ni”, “ho già pronti 10 milioni di padaniarmati”, “tolgo la fiducia al governo”,“anche loro protestano contro le tasse”, “echi ci pensa all’ambiente?”, “il dialogo,serve il dialogo…”. (Se avete sbagliato adattribuire le frasi al politico corrispondentenon vi preoccupate, sono praticamentetutte intercambiabili).

Seguono alcune repliche dei servizi sul-l’omicidio di Garlasco, completati da nuoveinquietanti verità sui calzini del fidanzatodella vittima. Dopo lo zoom sul cesto dellabiancheria sporca del ragazzo, il camera-man indugia su varie macchie di sangue allaricerca –almeno- di un dente rotto. Dellavoce narrante capite solo ‘sangue’, ‘crudel-tà’, ‘pianto’ perché siete completamentecatturati dalla ricostruzione animata delle“ultime ore di Chiara”. E dai suoi ultimisms alla zia che amava tanto.

Approfondimenti: al supermercatodell’informazione, dove si svendonolauree in opinionismo

“Per dare

spessore alla rubrica

è necessario avere

almeno due esperti in

studio: un professore

universitario e un

parente vanno

benissimo”

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di Erika Gardumi

E’ vero che in Italia perdiamo troppo tempo a farci interpretare la realtà dai poli-tici? Vi è mai capitato di leggere un articolo e pensare che in realtà non arrivassemai al punto? Lo sapevate che su Vanity Fair ogni articolo ha un suo tempo dilettura stimato? Che ha a che fare tutto questo con il precariato?

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19 Bombe sui Media

Ma nel bel mezzo di tale pastone morbo-so la linea torna allo studio e il mezzobusto,ormai sdraiato in posa sexy sulla scrivania,annuncia finalmente il primo “approfondi-mento”, che andrà in onda dopo il telegior-nale. Segue il meteo, la pagina dell’econo-mia e la rubrica gusto.

Il telespettatore, confuso, decide di sot-toporsi all’approfondimento; ma inveceche trovare un volto nuovo, dopo la pubbli-cità, si ritrova sullo schermo il mezzobusto,che intanto si è messo gli occhiali: èpronto ad approfondire.

Per dare spessore alla rubricaè necessario avere almeno dueesperti in studio: un professoreuniversitario e un parente vannobenissimo. In alternativa un poli-tico, un vip o un prete. Prima chegli ospiti parlino però parte nuo-vamente il servizio appena vistonel telegiornale, solo che ora è moltopiù approfondito: per Garlasco più mac-chie di sangue, più sms alla zia, più dettagliraccapriccianti, più ricostruzioni, più viciniche sostengono di aver visto litigi tra i due

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fidanzatini.Ma Garlasco continua ad essere un paese

dall’estensione unicamente mediatica,sospeso tra l’Isola dei Famosi e l’Italia sulDue. Il più più più che ci viene proposto haintensione zero, ci prepara ad essere opi-nionisti da Maria de Filippi ma non ci dicenulla sulla realtà. Ci insegna le leggi dellapolemica e dello scandalo, parla un linguag-gio (quello veramente) qualunquista e ciconsegna le competenze per sostituirci –

mediaticamente – achiunque. Un piccolosecond life televisivo,un “detective per ungiorno”, un “la casa-linga di Voghera pro-mulga leggi inParlamento”. Un deli-rio di onnipotenzache oltre ad essere

temporaneo (a secondadella notizia in voga) rende inutile la cono-scenza old style, e quindi l’idea stessa diapprofondimento. Disabituarsi al rapportoreale tra notizia e fatto porta a non scon-

“più macchiedi sangue, più smsalla zia, più dettagli

raccapriccianti, più ricostruzioni,

più vicini che sostengono di aver

visto litigi”

volgersi più per gli schizzi di sangue suiguard-rail, ma rende quasi allergici ad ognireportage vero (con prove e documenti), adogni problema che ci riguarda e per cuipotremmo agire, ad ogni situazione troppopesante e durevole per la nostra treminuti-ca sopportazione televisiva delle cose lon-tane. I dottori in opinionismo cercano lavo-ro in televisione o come conversatori daparrucchiere e si nutrono del mito dell’ap-profondimento come bignami del sapervivere nel mondo.

Ma torniamo al nostro programma diapprofondimento in prima serata. Alle ven-titre e quindici il telespettatore, inghiottitodal divano, boccheggia disperato perchénon ci ha ancora capito un piffero di nien-te. Il mezzobusto ha la bocca troppo impa-stata per continuare, ma prima di crollare aterra promette che domani, stessa ora, cisarà un altro approfondimento. Stremato,lo spettatore non può che andare a lettonella speranza che la mattina successivatroverà le risposte sul giornale.

Repubblica in effetti ha da poco supera-to il tabù delle cento pagine di quotidiano.La gente ha sete di approfondimento, edR2, il giornale nel giornale, annunciatopomposamente per un mese, prometteva dirivoltare le notizie come un calzino sporcodi sangue, o la vesta purpurea di un mona-co buddista. Il giorno del suo debutto, R2occhieggiava infatti dalla prima pagina diRepubblica, promettendo finalmente tuttala verità di, nell’ordine: “il reportage:Maddie, viaggio nella famiglia dei sospetti”,“l’inchiesta: dal fornaio, tra il pane che valeoro” e, come gran finale, “l’ambiente: glioceani hanno la febbre e fanno paura”. Iltelespettatore, poveraccio, disperato se n’ètornato a letto. Tutto sommato era meglioVanity Fair con il suo tempo di lettura sti-mato: almeno sai da subito quanto tempoinvesti per non approfondire.

Tempo di lettura stimato: 8’ 25’‘

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Cinema 20

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Il 2007 rimarrà un anno storico peri milioni di appassionati dei più popolari“musi gialli” d’America! Si tratta del primofilm sulla popolare famiglia televisiva de ISimpson, prodotto dalla Gracie Films perconto della 20th Century Fox.

Il film è stato in incubazione per setteanni. Le prime voci di corridoio sulla pro-duzione del film risalgono al 2000. Per latrama – ammesso che ci sia qualcuno cheancora non la conosca – rimando awww.wikipedia.org, come prima dimostra-zione del globale fenomeno di culto che harappresentato il film in questione. Infatti,la più grande enciclopedia multilingue on-line presenta, alla voce“Simpson il film” una sfilzadi aneddoti e curiosità.

Dalla produzione alladata di rilascio del film neivari paesi. E alla fine, unascheda illustrativa cherimanda ad altre sezioni,ognuna dedicata a un per-sonaggio. Trovare persinole caratteristiche psicologichee neurologiche di Homer è stato “emozio-nante”. Dalla sua ideazione, questo film èstato pensato e costruito seguendo strate-gie di marketing mirate al soddisfacimentodi un pubblico. Ogni cosa è al suo posto,tant’è vero che ci sono voluti un po’ dianni per trovare il giusto approccio e rea-

lizzare il film correttamente. Dunque, piùche di evento cinematografico, potremmoparlare di un evento mediatico che ha sca-tenato la fantasia di produttori ed espertidi marketing per metter su un prodotto disuccesso. Innanzitutto, benché la serietelevisiva della Fox abbia un target chenotoriamente spazia dagli 8 ai 40 anni, inItalia il particolare orario di messa in ondatelevisiva ha saputo creare un pubblicomagari leggermente più ristretto che altro-ve, ma molto più definito, settorializzato eomogeneo.

A pagare il biglietto per vedere sul gran-de schermo quello che già si può vedere in

televisione non sono inormali spettatoric inematog raf ic i(nemmeno quelliamanti dell’anima-zione), ma i nor-mali spettatoritelevisivi. ISimpson al cinemasono la prima

occasione per queltipo di pubblico che con una continuitàrara ha seguito la serie per almeno 10 anni(in Italia a quell’orario), di identificarsi (ono) nel modo di fruirne. Come tutti i veriprodotti d’arte di massa anche I Simpsonsono un testo complesso, nel senso chehanno più livelli di lettura, cosa che gli fa

guadagnare un pubblico vasto e stratifica-to. Le storie sono molto semplici e all’inse-gna della continua riappacificazione ericonciliazione familiare, ricche di battuteumoristiche e il modo di metterle in scenaè raffinato e colto. Inoltre stilisticamente, iriferimenti all’attualità e le citazioni cine-matografiche, letterarie pop, artistiche edecomiche raggiungono spesso vette di raf-finatezza inaudita. Dunque, l’affezioneereditata dalla serie trasmessa in tv è statoun letto morbido su cui adattare ogni pos-sibile strategia comunicativa. Il pianomedia, preparato già durante l’ideazionedel film, viene impostato intorno ad unaserie di parametri: schema di distribuzione,audience target, media mix, durata e fre-quenza. Gli obiettivi generali del pianomedia riguardano innanzitutto la creazionedi interesse per il prodotto, anticipatarispetto alla sua distribuzione. Il pubblicodeve avere familiarità con il film, ancorprima che questo arrivi nelle sale, ed otte-nere informazioni riguardanti la storia, ilcast, ecc. In secondo luogo, il piano inten-de creare desiderio, intenzioni di acquistoe, per fare questo, è necessario impiegare ilmezzo più appropriato per raggiungere unnumero adeguato di persone che faccianoparte del pubblico obiettivo. I principalimezzi su cui si indirizza il flusso di comu-nicazione lavorano sinergicamente, al finedi concentrare efficacemente l’attività di

La semiosidella ciambellaThe Simpson, il film. Anni di lavo-ro e grandi strategie di comunicazio-ne, per il primo caso accertato diproduzione transfamiliare e globa-lizzata.

“A pagare il bigliettoper vedere sul grande

schermo quello che già sipuò vedere in televisione

non sono i normali spettato-ri cinematografici, ma i nor-mali spettatori televisivi”

di Nicoletta Cataldo

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21 Cinema

promozione.Il 31 marzo 2006 è on-line un primo

teaser, che il pubblico americano puòanche vedere in sala insieme ad Ice Age II.Solo ventitre secondi, caratterizzati peròdal leitmotiv che segna quasi ogni perso-naggio di Springfield: l’irriverenza. Neiprimi 10 secondi, infatti, appare la grande“S” del supereroe più famoso d’America,creando negli spettatori l’idea che si trattidell’ennesimo sequel di Superman, maquasi per magia ecco apparire HomerSimpson, in mutande, sul divano e con lamaglietta del supereroe, che afferma:“Non ricordo cosa devo dire”. Lo stessovideo fu trasmesso negli Stati Uniti, intelevisione, nel corso dell’episodio de ISimpson del 2 aprile.

Ma, al di là dei diversi mezzi tradizionalisfruttati, il web è senz’altro il canale pro-mozionale che ha permesso ai produttori ea tecnici del settore di sbizzarrirsi per crea-re quanta più curiosità nei confronti di untarget di riferimento. Da un lato sono glistessi proseliti della serie a mettere in reteelementi che serviranno a pubblicizzare ilprodotto. In Italia a soli sette giorni dal-l’uscita del film, si sono scatenate su inter-net milioni di parodie con video e canzoniriferite alla divertente canzone Spiderporkche Homer canta nel film facendo cammi-nare il suo maiale sopra il soffitto di casasua, a sua volta la canzone è una presa ingiro alla sigla della serie tv animata“Spiderman”, ricantata recentemente daMichael Bublè nella trilogia dei film.Questa febbre di successo è stata chiamatala Spiderpork Mania. Molti fan italiani deiSimpson hanno affermato di preferire laversione cantata di Spiderpork in linguaoriginale[citazione necessaria]. Questaforma di comunicazione funziona soprat-tutto per il cinema e l’audiovisivo. E’ il pas-saparola, o volendo utilizzare un’espressio-ne tecnica, il word of mouth - WOM -,quella tecnica utilizzata da una compagnia

per puntare ai potenziali fruitori generan-do qualcosa di personalizzato. Il passapa-rola crea rumore – buzz. Non importa chese ne parli bene o male, l’importante è chese ne parli!!!.

Quest’attività strategica fa partedi una forma di marketing non convenzio-nale, detto virale, che sfrutta la capacitàcomunicativa di pochi soggetti interessati -gli opinion leaders - per trasmettere il mes-saggio ad un numero esponenziale di uten-ti finali. È un’evoluzione del passaparola,ma se ne distingue per il fatto di avereun’intenzione volontaria da parte dei pro-motori della campagna.

Per il lancio del movie dedicato aiSimpson è stata ideata una originale inizia-tiva di Viral Marketing. Basta accedere alsito italiano ufficiale del film realizzato inflash – e raggiungibile all’indirizzowww.simpsonsmovie.com, e iniziare adivertirsi. Tutto è basato sull’advertain-ment, un misto tra advertising ed enter-tainment; si permette al visitatore di gioca-re, guardare i trailer del film e visitare i luo-ghi della città.. Ma la chicca è la possibilitàdi creare un proprio avatar personalizzato,ed usarlo in rete.

E fin qui quello che riguarda la parteweb. Per rientrare un po’ più in tema nonconvenzionale, ho trovato su youtube unpaio di video interessanti che riguardanol’intensa campagna promozionale attuatanegli States. Uno riguarda la riproduzione,a Burbank (California) del mitico JetMarket, il “supermercato” gestito da Apu.Nel secondo video, visto giusto un milionedi volte, c’è una panoramica sulla statuadella libertà, e fin qui nulla di trascendenta-le, se non fosse che, appoggiata alla storicafiaccola, c’è una ciambella gigante!

Il primo film d’animazione dedicato allacelebre famiglia animata più famosa delpianeta è subito record di incassi negliUSA. Insomma, anche i risultati al botte-ghino parlano chiaro: l’esperimento è riu-scito, il film è un successo anche al livellodi incassi. Il cinema è stato sfruttato comepossibile laboratorio creativo e ha fatto sìche Springfield uscisse dal contesto creati-vo in cui nasce. I Simpson rappresentanosicuramente la famiglia più longeva dellastoria della televisione. Sulla loro onda ènata l’idea del cartoon “moderno”, defini-tivamente sdoganato dalle tematiche infan-tili o comunque indirizzate ad un pubblicoesclusivamente di bambini. I Simpson infondo sono questo, un cartone che si svi-luppa su più livelli, destinato ad un targetdifficilmente identificabile, in quanto puòpiacere al bambino di dieci anni, attiratodall’irriverenza e dai tratti inconfondibilidei personaggi, come al trentenne che rie-sce a cogliere quello che davvero si nascon-de dietro alle immagini.Andare a vedere I Simpson - Il film è unmomento di aggregazione e una anche unasorta di evento generazionale. Per qualcu-no che almeno in un momento della suavita abbia fruito con continuità, generica-mente durante il pranzo, degli episodi deiSimpson è un modo per guardarsi in faccia.Vedere chi siamo, di cosa ridiamo, cosa cipiace e perché.

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Caro professore,

sono un giovane studente di semiotica.

Da tempo ho una relazione molto

intensa con una ragazza. Ci troviamo

molto bene insieme, solo lei recente-

mente mi ha confessato che le piace-

rebbe molto se nelle situazioni di inti-

mità io le facessi un test d'ingresso. Io

ne ho solo sentito parlare, ma non vor-

rei rovinare tutto con mosse azzardate.

Mi hanno detto degli amici che può

essere costoso, e non sempre si riesce a

trovare. E' vero?

Lettera anonima

Mio caro ragazzo,certamente è vero che le donne raggiungo-no il massimo del piacere se solleticate neltest d'ingresso, ma è altrettanto vero chel'azione richiede delicatezza e pratica.

Purtroppo sì, per il test d'ingresso occor-re fare regolare iscrizione e costa circa 42euro. Una bella cifra, soprattutto se consi-deri che molti lo ritengono una leggenda.Io mi sono documentato sull'argomento.Ho scoperto che il test d'ingresso è postosulla parete anteriore della vagina, nel suoterzo inferiore, corrispondente anatomica-mente a un manicotto di tessuto erettile(simile ai corpi cavernosi del pene, presen-te nel sesso femminile anche a livello dellaclitoride) che circonda l'uretra, quindi è laproiezione vaginale di una struttura postain profondità (a circa 1 cm dalla mucosa).

Io ti consiglio di provare, dopotutto lavasta letteratura in merito (sul sito del tuocorso di laurea trovi molti libri consigliati)non può essere basata proprio sul nulla, e

il continuo presentificarne l'assenza risultacomunque molto gradevole alla partner. Inogni caso sarà un successo.

Gentile prof. Manetta,

mi piace quel tuo modo di parlare, di

muoverti, e di applicare il quadrato

semiotico. Vorrei tanto incontrarti un

giorno di questi. Quanto al resto, pen-

savo di farti qualche domanda su Basso

in modo che tu possa rispondere con le

solite battutine irriverenti. A presto!

Baci

Luana

Mia cara Luana,le dispense di Basso venivano usate dagliIndiani d'America per i riti d'iniziazione:erano soliti tagliarle in piccoli pezzi e met-terle sotto la lingua, per avere un effettoallucinogeno. Inoltre gli stessi durante lebattaglie bagnavano le punte delle freccecon il sudore di uno studente alle presecon quell'esame, rendendole letali ai nemi-ci. Uno della tribù veniva costantementetenuto su quell'esame per mantenere attivele sue ghiandole sudorifere.Scherzi a parte, il prof.Basso non sarà piùdei nostri il prossimo anno. Se qualcunovolesse protestare per la perdita di uno deiprofessori più interessanti del nostro corsodi laurea troverà un seguace nella mia per-sona. Con un esame così aspro si potevanofare scherzi e battute per anni, tutte giocatesulla difficoltà delle dispense. Così inveceme ne devo inventare da zero. Grazie ilproblema. Il mio numero ce l’hai.

Come laurearsi indue anni...senzacontrarre la sifilide

Ditelo al Pe_Rizoma 22

( J.S.Manet ta , docente d i un corso sera le d i orn i to log ia e g inecolog iatut to basato su i doppi sens i , r i sponde a l l e domande de i l e t tor i )

La posta delpe_Rizoma

Caro Pe_Rizoma,questa mattina ho letto su www.associazionese-miotica.it un articolo in cui la nostra professoressa,nonché presidente del CdL in DisciplineSemiotiche, Maria Pia Pozzato presenta in via uffi-ciosa il nuovo corso di laurea che prenderà vita nelcorso del prossimo anno. Tante belle parole, maalla fine non si capisce molto bene a quali sostan-ziali cambiamenti si andrà in contro. Una cosaperò è chiara: il numero degli esami sarà diminuitoda 19 a 12. Questa cosa mi fa salire una rabbiarivoluzionaria. Direte voi, che te frega a te, tantomeglio per le nuove matricole!!!Sicuramente loro avranno vita più facile, conside-rando che dovranno fare in due anni il numero diesami che invece io ho dovuto fare in nove mesi.Ingiustizie a parte, la cosa, se non avesse altre con-seguenze, susciterebbe invidia più che rabbia. Mavi faccio notare che ha delle conseguenze ancheper chi, come me, si laurea durante quest’annoaccademico. Non solo ho fatto i salti mortali perriuscire a finire in tempo, ma quando finisco midicono: sì effettivamente era una mole di lavorotroppo grande da sostenere; così sono stata beffatedue volte. Infatti tutti coloro che si laurerannodopo di me, saranno avvantaggiati, in quanto natidopo di me e laureati prima (se teniamo in consi-derazione il fatto che a noi dell’annata 82/83 nonè la prima volta che ci fanno questo scherzetto: lostesso è successo alla triennale, per non parlaredelle scuole superiori: siamo le cavie delle rifor-me!!) Così avranno il mio stesso titolo, si sono lau-reati in meno tempo (ma senza aver fatto tutto ilsecondo anno in pratica durante il quale eranoprevisti 6 esami), magari con una votazione piùalta perchè hanno potuto studiare con più calma,inoltre sono più piccoli di me, in compenso peròabbiamo pagato le stesse tasse, ma non c’è scrittoda nessuna parte che io ho fatto, tra triennio ebienno, dai 12 ai 15 esami in più. Bellariforma...cosa possiamo dirvi... Veramente unGRAZIE di cuore a politici e professori, voi si chesapete incentivare la cultura e aiutare le nuovegenerazioni ad avere più fiducia nel futuro!!!

Arrabbiatissima

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Consigli per semiotici davvero problematici

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23 Periζochi

Le soluzioni dei giochi diquesto numero e del precedente

saranno presto on line su pe-rizoma.blogspot.com

Atti depositati presso il notaio: “(una)prova dilettevole sottopone te a una dia-gnosi; dici il falso (oh) cantautoreGianmaria. Così sia!”

1-2-3-4-5-6-2-7-1-8: “1-2-3-4 5-6-2-7 1-8 1-2-3-4-5; 6-2-7-

1-8 1-2-3-4-5. 5-6-2-7!”

NB: Le parole poste tra parentesi non sono daintendersi come direttamente soggette alla para-frasi della chiave, ma come semplici aiuti alla riso-luzione stessa del gioco.

Verba Mutanda di Dario CorialeCome funziona? A numero uguale corrisponde lette-ra uguale: aiutatevi con la parafrasi della soluzione

per tradurre il messaggio cifrato!

di Angela Cappellett i

di Angela Cappellett i

House e la natura del linguaggio

Mettete in ordine le lettere per ottenere i cognomi a noi noti di autoripiù o meno semiotici. Le lettere sottolineate messe nelle caselle

verticali formeranno un motto proverbiale del dottor House.(un aiutino? Sono tutti nomi stranieri)

123456789101112

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aeirrstdeeeluzalmnotaefillnnotadiklnoswaeelmnoprtuyeeegnttabdenrrtceorstucfholbeeeinnstvceiourru

Bud Spender e Terence Hillrispondono dell’importanza del contesto interpretativo

Page 24: NUMERO sette v1.1:numero sette 7.pdf · Proviamo ad immaginare un futuro con gli indizi che abbiamo: i grandi esiti del 3+2 universitario, un paio di scenari catastrofici che dipinge

metametametameta

L ’ u n i c o g i o r n a l e a u t o r e f e r e n z i a l e p e r p i ù d e l 6 7 %