NUMERO GEOLOGO - Ordine dei Geologi della Toscana

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Il Punto - Editoriale Nota a cura del coordinatore di redazione Geotermia in Toscana: nuove conoscenze ed innovazioni tecnologiche Natura dei clasti delle anageniti grossolane del Verrucano dei monti Pisani La tutela risarcitoria contro i danni ambientali tra direttiva 2004/35/CE e d.lgs. 152/2006 La kimberlite Poste italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB FI IL GEOLOGO PERIODICO UFFICIALE NUMERO 108 ORDINE DEI GEOLOGI DELLA TOSCANA

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IIll PPuunnttoo -- EEddiittoorriiaallee

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ORDINE DEI GEOLOGIDELLA TOSCANA

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SOMMARIO

EDITORIALE

IIll PPuunnttoo 5Riccardo Martelli

DALLA REDAZIONE 7

Nota a cura del coordinatore di redazioneAlessandro Danesi

SCIENZA E RICERCA

GGeeootteerrmmiiaa iinn TToossccaannaa:: nnuuoovvee ccoonnoosscceennzzee eedd iinnnnoovvaazziioonnii tteeccnnoollooggiicchhee 8Prof. Marcello Viti

SCIENZA E RICERCA

NNaattuurraa ddeeii ccllaassttii ddeellllee aannaaggeenniittii ggrroossssoollaannee ddeell vveerrrruuccaannoo ddeeii mmoonnttii ppiissaannii 24Iannini Lelarge Stefano

RECENSIONE

LLaa ttuutteellaa rriissaarrcciittoorriiaa ccoonnttrroo ii ddaannnnii aammbbiieennttaallii ttrraa ddiirreettttiivvaa 22000044//3355//CCEE ee dd..llggss.. 115522//22000066 28a cura del Dott. Geol. Luca Gardone

GEOLOGIA MICROSCOPICA

LLaa KKiimmbbeerrlliittee 31a cura del Dott. Alessandro Da Mommio

ANNO XXX •APRILE 2019 • N. 108ORDINE DEI GEOLOGI

DELLA TOSCANA

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"Metapelite termometamorfica”

Isola D’Elba (Foto di A. Danesi)

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Ordinedei

GeologidellaToscana

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Carissime Geologhe e carissimi Geologi,con la promulgazione della Circolare delMinistero delle infrastrutture e deiTrasporti del 21 gennaio scorso si èdunque chiusa la lunga fase digestazione delle Norme Tecniche per leCostruzioni, o forse no. Ricordo infattiche è sempre in attesa di una sentenzapresso il Tar del Lazio il ricorso promossodagli Ordini Regionali e dal ConsiglioNazionale dei Geologi contro il testodelle NTC 2018 ed è in preparazione ilricorso contro il testo della Circolare delMIT n. 7/2019 per gli aspetti che non hanno apportatogiusta interpretazione o per i quali, a nostro giudizio,l’interpretazione della norma è anche peggiore dellanorma stessa. Non sono attese sospensive, maesistono margini per importanti modifiche. Neiprossimi mesi daremo notizia delle novità che via viaci giungeranno dal Tribunale Amministrativo delLazio, fiduciosi di poter ribadire, laddove ce ne fossela necessità, il fondamentale ruolo di progettistaspecialista del Geologo. E proprio per dare concretezza a quello che per noi èun aspetto fondante, il Consiglio dell’Ordine deiGeologi della Toscana ha avviato un percorsoformativo che ha come obbiettivo quello di prepararei colleghi alla progettazione, alla funzione di direttoredei lavori ed alla funzione di coordinatore della

sicurezza. I corsi organizzati a Firenze e Pisa sul temadella direzione lavori sono stati molto partecipati edapprezzati, tanto che nei mesi prossimi saràrealizzato un terzo evento nella provincia di Arezzo. Non sono molti i settori in cui possiamo far valere ilnostro ruolo di progettisti e proprio per questoabbiamo il dovere di valorizzare appieno questefunzioni con le nostre specifiche competenze esensibilità. Prendiamo il caso dei pozzi. Stante ilquadro normativo regionale attuale, la perforazionedella maggior parte dei pozzi che vengono realizzatiin Toscana non richiede progettazione o direzionelavori con il risultato che, a distanza di 5 anni

Il Punto

RICCARDO MARTELLIPRESIDENTE DELL’ORDINEDEI GEOLOGI DELLA TOSCANA

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I L G E O L O G O ANNO XXX n° 108

Gli incontri con l’Assessorato Ambiente e Difesa Suolodella Regione Toscana, hanno avuto come oggetto unaltro importante argomento, la partecipazione alsistema di Protezione Civile, sul quale l’Ordine deiGeologi della Toscana sta concentrando moltaattenzione ed energia. Il nuovo Codice della ProtezioneCivile ha affidato un ruolo molto importante agli OrdiniProfessionali, inserendoli nel sistema della protezionecivile come soggetti concorrenti. In realtà lapartecipazione dei geologi ai sistema della protezionecivile era già stata resa concreta da un accordo del 2011del Consiglio Nazionale dei Geologi con il Dipartimentodi Protezione Civile Nazionale. La proposta dell’Ordinedei Geologi della Toscana riguarda la stipula di unaconvenzione con Regione Toscana per regolamentare lapartecipazione dei Geologi adeguatamente formati epreparati in occasione di eventi calamitosi aventirilevanza regionale. La nostra Commissione ProtezioneCivile, insieme al Consiglio dell’Ordine, ha prodotto unabozza di convenzione, che a breve sarà inoltrata agliuffici regionali per le opportune osservazioni edintegrazioni. L’obbiettivo è quello di dare uninquadramento più organico ad un’attività chestoricamente molti di noi svolgono o hanno già svolto,poiché il Geologo rappresenta un partner insostituibilenel sistema della Protezione Civile.Dunque, anche se i numeri sembrano portarci nelladirezione opposta, cerchiamo di arricchire ed ampliaresempre di più le nostre specifiche competenze, perchélo spazio c’è.

dall’entrata in vigore della L.R. 65/2014, si registranoeffetti contrastanti poiché, se se da un lato talenorma ha introdotto una semplificazione per ilcittadino, dall’altro ha esposto la risorsa idrica adimpatti difficilmente controllabili e non reversibili. Edè proprio per le specifiche competenze che civengono date dalla legge dello Stato in materia diidrogeologia, che da tempo stiamo sollecitando laRegione Toscana per una revisione del quadronormativo di settore, cercando di far valere ilconcetto che una seria progettazione ed una correttadirezione lavori, anche per impianti domestici diridotta profondità in aree non vincolate (la maggiorparte), garantirebbe una maggior tutela della risorsaidrica e dell’ambiente tutto. Questo naturalmentedarebbe ulteriore valore all’opera del Geologo, datoche verrebbe ampliato il ventaglio di opere su cuipoter fare buona progettazione e direzione lavori.Ebbene, a seguito dei molti incontri avuti in questimesi, rileviamo che la criticità è condivisadall’Assessorato Ambiente e Difesa del Suolo e perquesto ci aspettiamo che le attività liberalizzatetroppo frettolosamente tornino ad avere l’attentavalutazione che meritano. Con piacere voglio ricordare lo sforzo che staportando avanti la Commissione Risorse dell’Ordinedei Geologi della Toscana per l’organizzazione dieventi formativi che tratteranno gli aspetti dellaprogettazione, della direzione lavori e della sicurezzalegati alla perforazione di pozzi.

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DALLA REDAZIONE I L G E O L O G O

Care Colleghe, Cari Colleghi, continua il lavoro della redazione per rendere la rivistasempre più rispondente alle esigenze ed alle richiestedegli iscritti.

Per questo motivo dal prossimo numero sarannoreintrodotte le informazioni sui nuovi iscritti e sullecancellazioni, e cercheremo sempre più di dare contodel cospicuo lavoro svolto dal consiglio specialmenteper la parte amministrativa.

Inoltre, continua lo sforzo per andare nella direzionedi una pubblicazione che sia interessante (speriamo)e che porti contenuti utili e formativi.

In questo numero troverete dunque un articolo delProf. Marcello Viti sulla geotermia, tema molto attualenel dibattito politico e scientifico. L’articolo esponeuna panoramica generale della materia e unacompleta bibliografia, che potranno risultare utilispecialmente a chi non è esperto del settore, permeglio comprendere un argomento di grandeinteresse per i Geologi toscani.

La nostra Regione infatti ha da sempre vocazionegeotermica, ospita il primo impianto geotermicoindustriale al mondo ed uno dei più importanti campi

geotermici europei. La geotermia è dunque unamateria che è fondamentale conoscere sia per losvolgimento delle molte consulenze professionali anoi richieste, sia le attività istruttorie e di controllo daparte dei funzionari pubblici.

Sulle prossime uscite saranno pubblicati gli abstractdelle tesi che partecipano al premio di laurea inmemoria di David Giuntini, che apriranno una finestrasul modo della ricerca e delle nuove tecnologie incampo scientifico.

Ci preme sottolineare che questa redazione rimane inascolto delle proposte e delle esigenze degli iscritticercando di modulare e accordare le esigenzeeditoriali con quelle dei colleghi.

Aspettiamo quindi le vostre segnalazioni,suggerimenti e contenuti.

Vi auguro buona lettura.

ALESSANDRO DANESICOORDINATORE DI REDAZIONE

NOTA A CURA DELCOORDINATORE DI REDAZIONE

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PROF. MARCELLO VITI DIPARTIMENTO DI SCIENZE FISICHE, DELLA TERRA E

DELL'AMBIENTE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA

Strada Laterina 8 - 53100 Siena

Introduzione

Il tema della geotermia presentamolteplici aspetti, ciascuno dei qualidi rilevante importanza per la Toscanae, in particolare, per la comunità deigeologi che opera nella nostra regione.Questa nota è dedicata all’analisidell’industria geotermoelettrica, perfornire un quadro aggiornato sullostato e le prospettive dei campigeotermici toscani. Successivicontributi si occuperanno dell’impattoambientale e dei possibili rischiassociati alla geotermia, nonché delle

potenzialità degli innovativi (e menoinvasivi) impieghi per laclimatizzazione degli edifici.L’uso delle risorse geotermiche, intesenel senso più ampio del termine, siperde nella notte dei tempi e segnatutte le culture, sia preistoriche chestoriche. Le sorgenti di acque calde, lepozze di fango bollente e le emissionidi gas e vapori hanno avuto permillenni un valore simbolico, religiosoe curativo, prima ancora cheeconomico (e.g., Stober e Bucher,2013). Basti pensare all’importanzadelle terme nella vita quotidiana

dell’Impero romano ed alla rete distazioni termali attive sin dalMedioevo nell’intero continenteeuropeo, tra cui i rinomati bagni dellaToscana meridionale come BagnoVignoni, Bagni San Filippo, Petriolo,Rapolano Terme e Saturnia. La facilitàdi coltivazione di minerali utili depostipresso le sorgenti idrotermali, come lozolfo, l’allume, il vetriolo e le terrecoloranti, ha accresciuto l’importanzadella zona più ricca di manifestazioninaturali, compresa negli attualicomuni di Castelnuovo Val di Cecina,Monterotondo Marittimo e Pomarance

Geotermia in Toscana:nuove conoscenze ed innovazioni tecnologiche

�Figura 1 Stabilimento per l'estrazionedell'acido borico a Montecerbolipresso Pomarance. Il disegno a china fa partedell'Atlante delle carte geometricheed architettoniche componenti loStabilimento di acido boracico inToscana, realizzato nella primametà del XIX secolo per il Granducadi Toscana da Anna Chemin Gurlié eFrancesco Prat, due soci dellostabilimento De Larderel. L'opera è conservata nel NàrodniArchiv di Praga.

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I L G E O L O G OSCIENZA E RICERCA

(Fiumi, 1943). Tali risorse - raccolte ecommerciate sino al XVI secolo - siinserivano nel contesto più ampiodelle cosiddette Colline Metallifere,da sempre sfruttate per gli importantidepositi di solfuri di ferro, mercurio erame.La storia moderna della geotermiacomincia nel 1777, quando il tedescoHubert Franz Höfer, farmacista edirettore delle spezierie granducali,scopre l’acido borico (allora noto come“sal sedativo”) nelle pozze d’acquapiovana mista a condensa di vaporeendogeno, i cosiddetti lagoni diCastelnuovo Val di Cecina eMonterotondo Marittimo.Neutralizzando l’acido borico con ilcarbonato sodico, Höfer (1778) ottieneil borace, da secoli importato dai laghisalati del Tibet e raffinato a Veneziaper essere usato nell’industria tessile,del vetro, della porcellana ed infarmacia. Il medico senese PaoloMascagni (1779) rinviene l’acidoborico anche presso Montecerboli,Sasso Pisano, Serrazzano e Travale. Lostesso Autore fornisce una vividadescrizione delle condizioniambientali estreme: “Passeggiandoper il terreno dei Lagoni si fa sentire aipiedi un calor molto grande, chearriverebbe a far male, se uno vistasse fermo. Nuoce alle scarpe, chesi screpolano, e si ribruciano.Ficcandovi un bastone, dal buco checon esso vi si fa, si vedono uscire deivapori che sono caldi, come segue inalcune aperture naturali; e se inquesti buchi vi si getta o vi si adunadell’acqua, ancor’questa bolle”.L’estrazione dell’acido borico dailagoni è avviata nel 1818 dal franceseFrancois Jacques Larderel, cui si devela fondazione del paese di Larderello.Dato che le acque boriche sonoconcentrate con il calore prodottobruciando il legname, ben presto siverifica un drammaticodisboscamento della zona. Persuperare tale problema, dal 1827 ilvapore geotermico viene impiegatoper riscaldare le acque boriche; l’annosuccessivo si ha la prima rudimentaleperforazione per estrarre il vapore(Figura 1). Nasce così la Regioneboracifera toscana, grandeproduttrice di sostanze come l’acidoborico, il perborato di sodio, ilcarbonato di ammonio ed il talco inpolvere (DiPippo, 2012). Nel 1903 ilfiorentino principe Pietro Ginori Conti,genero del conte de Larderel, divienedirettore generale della Società

Larderello ed avvia per la prima voltala produzione di energia elettricamediante l’uso del vapore geotermico(1904). Gli sviluppi dell’industriageotermoelettrica nata a Larderellosono stati d’esempio per tutte le altrearee geotermiche del mondo (DiPippo,2015).Attualmente, l’impiego delle risorsegeotermiche costituisce un settoreampio, diversificato ed in crescita alivello globale. È opportuno ricordareche, in relazione alle lorocaratteristiche, tali risorse sono usatein tre modi diversi. Le fonti di caloreterrestre a bassissima temperaturapermettono la climatizzazione degliedifici attraverso impianti con pompedi calore (e.g., Banks, 2008). I fluidinaturali a temperatura non troppoelevata (<150 °C) trovano applicazionein molteplici processi industriali, nelriscaldamento di quartieri cittadini,serre ed allevamenti, oltre che per itradizionali bagni termali. Infine,l’energia dei fluidi più caldi vieneconvertita in corrente elettricaalternata mediante complessi diturbine e generatori (Fanelli et alii,2007). Per definire la quantità dienergia estratta dal sottosuolo (siatermica che elettrica) spesso si indicala potenza installata degli impianti,con l’unità di misura del megawatt(1 MW=106 watt). Come riferimento,una moderno reattore nucleare erogauna potenza dell’ordine di 1000 MW (1 GW).Le valutazioni più recenti (Bertani eRomagnoli, 2017) indicano per l’Italiala situazione seguente. Gli usi termiciassorbono una potenza complessivadi 1372 MW, di cui 531 MW sonoassociati alle pompe di caloregeotermiche, un settore in rapidosviluppo. La generazione di energiaelettrica assomma invece a 915.8 MW,che rappresentano il 2.1% dell’interaproduzione nazionale. È importantenotare che mentre gli usi termici sonopresenti in varie Regioni, l’energiaelettrica è prodotta solo nei campigeotermici della Toscana; la potenzasopra indicata corrisponde a ben il30% del consumo elettrico regionale.La geotermia toscana consente alnostro Paese di collocarsi al sestoposto nella classifica della produzionemondiale di energiageotermoelettrica, con circa il 7%della potenza installata globale edopo gli Stati Uniti, le Filippine,l’Indonesia, il Messico e la NuovaZelanda (Bertani, 2016). I dati riportati

mettono in luce l’importanza dellerisorse geotermiche toscane, chepresentano caratteristiche peculiarisia riguardo all’assetto geologico, siain rapporto alle prospettive disfruttamento. Prima di discutere neldettaglio i sistemi geotermici dellanostra regione, è opportunosoffermarsi su importanti aspettigenerali che nella pur vastaletteratura disponibile meriterebberouna trattazione più ampia e piùchiara.

Classificazione e stimadelle risorse geotermiche

I minerali utili - compresi icombustibili fossili - sono spessocaratterizzati dalla composizionechimica delle sostanze estratte, chedetermina le loro proprietà e puòessere molto variabile nei varigiacimenti. I fluidi geotermici(geofluidi) sono sempre costituiti daacqua – allo stato liquido, vapore omiscela delle due fasi – cui è affidatoil trasporto dell’energia termica. Leeventuali sostanze accessorie (sali,colloidi, gas ecc.) sono considerateimpurezze, sovente responsabili diproblemi tecnici ed ambientali. Talerelativa semplicità ha portato aclassificare i geofluidi in relazione alloro contenuto energetico, spessoindicato con il termine “entalpia”.Tuttavia, per troppo tempo c’è statauna impropria identificazionedell’entalpia (una funzione di statotermodinamica) con la temperatura.Ciò ha prodotto un gran numero diclassificazioni discordanti, secondo lequali campi analoghi sono definiti datemperature differenti (e.g., Lee,2001). Peraltro, tale discutibileapproccio è stato adottato anchedalla legislazione vigente (DecretoLegislativo 11/2/ 2010, n. 22), per laquale la “bassa entalpia” è distintadalla “media” e dalla “alta” inrelazione alle temperature di 90 °C e150 °C. In realtà l’entalpia specifica di unasostanza pura (riferita all’unità dimassa ed espressa in kJ/kg) dipendedalla temperatura, dalla pressione edalla proporzione del vapore nellamiscela bifase (e.g., Rajput, 2007). Peresempio, in condizioni di ebollizione allivello del mare (temperatura 99.6 °C,pressione 1 bar), l’acqua liquida ed ilvapore saturo possiedono un’entalpiarispettivamente di 417.5 kJ/kg e

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2675.4 kJ/kg. Pertanto, il contenutoenergetico del vapore è più di sei voltequello del liquido, nonostante latemperatura sia la stessa. L’esempioavverte di quanto possa esserefuorviante adoperare la temperaturacome indicatore dell’energia delgeofluido.Inoltre, per valutare correttamente larisorsa neppure l’entalpia èsufficiente. La termodinamica insegnache la conversione dell’energiatermica in corrente elettrica è limitatada processi irreversibili e dissipativi, ilcui ruolo è descritto dall’entropiaspecifica (espressa in kJ/kg K, dove Kindica la temperatura assoluta ingradi Kelvin). Nelle condizionidell’esempio precedente, dall’acqualiquida al vapore saturo l’entropiaaumenta da 1.3 a 7.4 kJ/kg K.In definitiva, il parametrotermodinamico che caratterizza almeglio la qualità della risorsa èl’esergia specifica (o lavoro utilemassimo), definita secondo Lee (2001):

e = (h – h0 ) – T0 (s – s0 ) (1)

dove h ed s sono l’entalpia e l’entropiaspecifiche del geofluido estratto dalcampo geotermico, mentre h0, s0 e T0sono l’entalpia, l’entropia e latemperatura assoluta del fluido discarto, che di solito esce dallacentrale elettrica a temperature di 10-20 °C. Classificando i prodotti dei

principali campi geotermici del mondoin base all’esergia del geofluido (Lee,2001), si scopre che la risorsa estrattaa Larderello è al vertice dellaclassifica, seguita a poca distanzadalla zona dei Geysers (Californiasettentrionale). A distanza sempre piùgrande si trovano i campi di Ohaaki(Nuova Zelanda), Cerro Prieto(Messico), Wairakei (Nuova Zelanda),Otake (Giappone) e Tianjin (Cina).La metodologia sopra descritta,fondata su solide basitermodinamiche, sta diventandoun’approccio di riferimento per lavalutazione obiettiva dellepotenzialità energetiche del geofluido(e.g., Falcone, 2013). La principalelimitazione è data dal fatto che iparametri necessari per la stimadell’esergia debbono essere misuratisul geofluido estratto, il che èpossibile solo quando il campogeotermico è in produzione. D’altraparte, l’entità degli investimentinecessari per la messa in produzionerichiede una valutazione preliminaredella risorsa sin dalla fase diesplorazione. Basti pensare che ilcompletamento di un pozzogeotermico profondo 3000 metri puòcostare da 3 ad 8 milioni di dollari(Tester et alii, 2006). Per orientare la ricerca, sono stateproposte classificazioni basate sulcontesto geologico-strutturale delsistema geotermico, in analogia conquanto sviluppato nell’ambito dellageologia degli idrocarburi. Il quadro

più completo è offerto da Moeck(2014), che inquadra il “giacimentogeotermico” (play) in 6 possibili tipi, inbase alla modalità prevalente ditrasmissione del calore ed allastruttura della crosta. Laddove predomina la conduzioneattraverso le rocce, i sistemigeotermici sono localizzati nei baciniintra-continentali (CD1, come ilBacino di Parigi), nelle cateneorogeniche ed adiacenti avanfosse(CD2, come la Molassa alpina austro-tedesca) oppure nel basamentocrostale (CD3, come nell’Australiacentrale). Peraltro lo sfruttamento ditali sistemi, privi di una diffusacircolazione idrotermale, è ancoranella fase sperimentale (EnhancedGeothermal Systems o EGS).La produzione geotermica è infatticoncentrata laddove il calore terrestreè trasportato verso la superficieattraverso il geofluido in convezione.In tal caso si distinguono sistemiriscaldati da processi vulcanici attivi(CV1, come in Indonesia, Islanda eNuova Zelanda), da plutonismorecente (CV2, come a Larderello e TheGeysers in California) oppure daavvicinamento alla superficie delmantello terrestre, causatodall’assottigliamento della crosta inregime tettonico estensionale (CV3,come in Turchia, Kenya e Nevada). L’Associazione geotermicainternazionale (IGA) ha esteso loschema suddetto, distinguendo isistemi convettivi legati almagmatismo (CV1 e CV2) in relazioneal regime tettonico prevalente(estensionale o compressivo). Lavalidità di tale precisazione è peraltrodubbia, in quanto per varie areegeotermiche (compresa la Toscanameridionale) è tuttora dibattuta lanatura della deformazione attivadurante gli episodi magmatici plio-quaternari (e.g., Santilano et alii,2015). Per quanto riguarda il rapportotra geodinamica e geotermia, emergecon sempre maggiore forza il legametra sistemi idrotermali e margini diplacca trascorrenti (Figura 2). Infatti,le proprietà meccaniche della crostacontinentale fanno si che nei bordi diplacca estensionali (come la RiftValley dell’Africa orientale) ladeformazione si distribuisca su areepiuttosto ampie, attraverso numeroseassociazioni di faglie normali(Bennett, 2011). Al contrario, presso imargini trascorrenti il movimentorelativo delle placche è assorbito da

�Figura 2 Placche tettoniche principali e relativi margini. In neretto sono indicati inomi dei Paesi ove è più sviluppata l’industria geotermoelettrica. 1) Dorsali oceaniche ed associate faglie trasformi, 2) zone di subduzione, 3) zone di estensione continentale, 4) Margini trascorrenti, (da Fanelli etalii, 2007).

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pochi, grandi sistemi di faglie sub-verticali, che favoriscono lacircolazione dei geofluidispecialmente dove le fratture siintersecano o dove si formanostrutture trans-tensive come i bacinidi pull-apart (Bennet, 2011). Comevedremo, le faglie trascorrenti giocanoun ruolo importante anche nellaToscana meridionale.Concludiamo questo paragrafo conalcune considerazioni sullavalutazione della risorsa geotermica.Secondo Rybach (2015) c’è sempreuna grande differenza tra l’energiatermica totale contenuta nella crosta(potenziale teorico), l’energiasfruttabile attraverso le tecnologieesistenti (potenziale tecnologico),l’energia recuperabile tenendo contodei costi delle altre risorse (potenzialeeconomico), l’energia legata allasostenibilità nel tempo dellaproduzione (potenziale sostenibile) edinfine l’energia effettivamenteprodotta considerando i vincoliimposti dalle normative ambientali(potenziale sviluppabile). È evidenteche il potenziale sviluppabile saràsempre una frazione modesta delpotenziale teorico. D’altra parte, iprimi tentativi comparsi in letteraturahanno prodotto una sistematicasopravalutazione della risorsa,essendo basati sul calcolo dell’energiatermica totale immagazzinata nelsistema (Franco e Donatini, 2017). Sele informazioni geologiche egeofisiche consentono diapprossimare il volume del sistema(V), la densità ed il calore specificomedio del mezzo saturo (ρ e cp ) e latemperatura media del serbatoio (tS),il calore totale contenuto è dato da:

Es = Vρρcp (ts – t0 )(2)

dove t0 è la temperatura ambiente,presa come riferimento. Il problema ditale valutazione è che l’energia chepuò essere usata è solo quella portatain portata in superficie attraverso ilgeofluido:

EF = VφφρρF (hF – h0 )(3)

dove φ è la porosità media delserbatoio, ρF la densità del fluido edhF, h0 la sua entalpia specificarispettivamente prima e dopo l’usoindustriale. Pertanto ciò che conta è ilcosiddetto fattore di recupero, ovvero

il rapporto R = EF/ES. Essendo φ < 1, ilvolume del fluido immagazzinato (Vφ )è sempre inferiore al volume delserbatoio, per cui R può essere unafrazione piccola. L’esperienzaaccumulata nella gestione dei campigeotermici del mondo mostra che Rvaria tra il 5% ed il 25% (Franco eDonatini, 2017). Pertanto ciò che limitain modo severo la produzione dienergia geotermica non è il caloreaccumulato nella crosta terrestre mala qualità, quantità e disponibilità neltempo del geofluido. Per esempio,Fulignati et alii (2014) stimano ilvolume e la temperatura media delserbatoio geotermico superficiale delMonte Amiata, valutando in 2840 GWla potenza termica totale. Adottandoun fattore di recupero del 10%, lapotenza sfruttabile cala a 284 GW,comunque pari a ben 24 volte lapotenza elettrica attualmenteinstallata in quel campo geotermico(Razzano e Cei, 2015).Le considerazioni sopra esposte,relative al ruolo primario giocato dalgeofluido e dalla sua circolazione nelsistema, possono essere impiegateper orientare la ricerca di nuove fontigeotermiche. Da molto tempo è notoche la variazione della temperaturacon la profondità (gradientegeotermico) è relativamente costantenelle aree continentali prive disignificativa circolazione idrotermale evale in media dt/dz=30 °C/km (e.g.,Eppelbaum et alii, 2014). Talegradiente è determinato dallatrasmissione del calore perconduzione nella crosta. D’altro cantola conducibilità termica delle roccevaria nell’intervallo k=1.5-3 W/°Cm. Ilprodotto delle due quantità suddettedefinisce il flusso termico cheattraversa la superficie terrestre: q0=kdt/dz, ed è espresso in W/m2.

Adottando i valori sopra indicati, sitrova che il flusso termico superficialecausato dalla conduzione valeq0=0.045-0.090 W/m

2=45-90 mW/m2.Pertanto, laddove il valore del flussotermico misurato alla superficieterrestre eccede l’estremo superiore ditale intervallo (diciamo per q0>100mW/m2), possiamo ritenere che ilcalore terrestre è almeno in partetrasportato per convezione. In altreparole, la rilevazione accurata esistematica del flusso termicosuperficiale (Figura 3) fornisce unpotente strumento per definire le areecaratterizzate da attiva circolazioneidrotermale e quindi possibilmentericche di geofluidi (Eppelbaum et alii,2014; Franco e Donatini, 2017).

Il sistema geotermico diLarderello

Le risorse geotermiche della Toscanameridionale sono associate a sistemiidrotermali che presuppongono laconcomitanza delle seguenticondizioni (Figura 4): a) una fonte di energia che riscalda il

sistema, per esempio un corpomagmatico intruso nella crostasuperiore;

b) un serbatoio con porosità epermeabilità tali da ospitare e farcircolare il geofluido;

c) al tetto del serbatoio, unacopertura relativamenteimpermeabile che impedisca larapida dispersione del geofluido insuperficie;

d) un meccanismo idrogeologico diricarica del serbatoio, chepermetta di ripristinare il geofluidoperso sia per le inevitabiliemissioni naturali che, soprattutto,per le attività produttive.

�Figura 3Carta del flusso termicosuperficiale nell’area tosco-laziale(da Della Vedova et alii, 2001). I valori del flusso termico sonoespressi in mW/m2, sia nella scala colorata a sinistrache sulle isolinee. Si notil’addensamento delle curve dilivello – con valori cheraggiungono centinaia di mW/m2

– nelle zone geotermiche toscane(A=Monte Amiata, L=Larderello-Radicondoli) e, in misura piùridotta, nel Lazio settentrionale.

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Il geofluido è formato in prevalenza daacqua in fase liquida, vapore omiscela delle due; la qualità dellamiscela è la frazione del vaporenell’unità di massa del geofluido. Apressione e temperatura costante,l’evaporazione completa del liquidoporta al vapore saturo (qualità del100%), che diviene surriscaldato secontinua ad assorbire energia termicadalle rocce (Figura 5). Nella parteliquida del geofluido sono discioltesostanze come silice e sali (carbonati,solfati, cloruri ecc.). Nel vapor d’acquasono invece mescolati l’anidride

carbonica, l’ammoniaca, il solfuro diidrogeno, il metano, ecc. Tali gas sonodetti incondensabili poichè la lorotemperatura, sia nel sottosuolo che insuperficie, eccede sempre latemperatura critica (rispettivamentecirca 31 °C, 100 °C, 132 °C e -82 °C peri gas sopra citati). Al contrario, latemperatura critica molto altadell’acqua (374 °C) rende plausibile lostato gassoso o supercritico dellastessa solo a profondità elevate. Le condizioni sopra indicate sonosoddisfatte per entrambe le areegeotermiche toscane (Larderello e

Monte Amiata), pur con differenzesignificative che riguardano la naturadel geofluido (rispettivamente vaporee liquido). Occorre ricordare chedecenni di ricerche geologiche egeofisiche, associate ad una grandequantità di perforazioni, hannopermesso di definire con una certaapprossimazione l’assetto strutturaledelle aree geotermiche (condizioni a,b e c). D’altra parte, un modelloidrogeologico convincente (condizioned) è stato definito solo negli ultimianni grazie all’impiego di potentistrumenti di calcolo numerico.Nell’area geotermica di Larderello(Figura 6) si misurano valori estremidel flusso termico superficiale (sinoad 1000 mW/m2) e del gradientegeotermico (sino a 300 °C/km), cheinsieme alle emissioni naturali diacqua calda e vapore testimonianouna vigorosa circolazione idrotermale.L’area suddetta (compresa nei comunidi Castelnuovo Val di Cecina,Chiusdino, Montecatini Val di Cecina,Monteverdi Marittimo, MonterotondoMarittimo, Montieri, Pomarance eRadicondoli) è formata da due campiproduttivi distinti: Larderello-LagoBoracifero e Radicondoli-Travale. Ilcampo di Larderello-Lago si estendesu una superficie di 250 km2 con 200pozzi di produzione, mentre il campodi Radicondoli-Travale occupa un’areadi circa 50 km2 con 29 pozzi produttivi(Razzano e Cei, 2015). Come vedremo,i due campi sono l’espressionesuperficiale di un unico, vasto sistemaprofondo (e.g., Bertini et alii, 2006 erelativa bibliografia).

�Figura 5Diagramma di Andrews per una sostanza pura. L’ascissa e l’ordinata corrispondono rispettivamente al volumespecifico ed alla pressione. Le curve continue nere rappresentano trasformazioni isoterme. Le curve che stannosopra l’isoterma critica (TC, in rosso) indicano che, a temperatura costante, l’aumento della pressione implica la

riduzione del volume e viceversa. Le curve sottoall’isoterma critica sono molto diverse. Per esempio,nell’isoterma DCBA si distingue il tratto molto ripido DC(scarsa riduzione del volume per l’aumento dellapressione), il tratto orizzontale CB (l’isoterma coincidecon l’isobara) ed il tratto BA simile alle isoterme chestanno sopra a TC. Unendo tutti gli estremi dei trattiorizzontali delle isoterme, si ottiene la curva disaturazione della sostanza (in blu). L’isoterma critica e la curva di saturazionedividono il diagramma in quattro regioni: L, dove lasostanza è in fase liquida; M, dove il liquido coesiste conil vapore; V, dove si ha il solo vapore; G, dove lasostanza è un gas vero e proprio. Il punto critico P ècaratterizzato da temperatura. pressione e volumespecifico dipendenti dalla sostanza in esame. Perl’acqua tali parametri sono rispettivamente 374.1 °C,221.2 bar e 0.003170 m3/kg (Rajput, 2007).

�Figura 4Quadro delle condizioni geologiche ed idrogeologiche che permettonol’esistenza di un sistema geotermico idrotermale (da Fanelli et alii, 2007).

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La spessore della crosta nella Toscanameridionale (22-26 km secondo Melee Sandvol, 2003) implica un sensibileassottigliamento del bordooccidentale della Placca adriatica, sulquale è strutturata la catenaappenninica. I segni dell’orogenesiercinica, dell’estensione mesozoica edell’orogenesi appenninica siriscontrano in particolare nei livellipiù superficiali ed accessibili dellacrosta superiore. Ricordando che lastratigrafia della Toscana meridionaleconta un’ampia letteratura descrittaper esempio in Brogi et alii (2005) ePandeli et alii (2017), possiamodistinguere dall’alto verso il basso iprincipali complessi tettono-stratigrafici: 1) Bacini neogenici(Miocene superiore-Quaternario) 2)Unità liguri e Sub-liguri (Giurassico-Eocene), derivate dalla deformazionedella litosfera oceanica del dominioligure-piemontese 3) Falda Toscana(Triassico superiore-Oligocene), fruttodella deformazione del margineoccidentale adriatico 4) Basamentometamorfico, che registra le fasitettoniche paleozoiche (Figura 7). L’assetto strutturale è articolato suvari sistemi di pieghe e faglie riferibilisia all’orogenesi appenninica, che hadeterminato la sovrapposizione dellesuddette unità, sia alla fase post-orogenica, cui si deve il sistema didorsali e bacini che caratterizza ilpaesaggio della Toscana meridionale.Peraltro il ruolo e la durata delle duefasi tettoniche sono tuttora dibattuti(e.g., Brogi e Cerboneschi, 2007; Brogiet alii, 2008; Sani et alii, 2016).Un’ulteriore controversia riguardal’interpretazione dell’assenza dellaFalda Toscana laddove le Unità ligurisormontano le evaporiti del Triassicosuperiore (“Serie ridotta”).Nell’area di Larderello, i sedimentineogenici e le Unità liguri formano lacopertura impermeabile del serbatoiogeotermico superficiale, cheabbraccia i livelli carbonatici dellaFalda Toscana, le sottostanti evaporititriassiche (Anidriti di Burano) e laporzione più alta del basamentopaleozoico. Tale serbatoio si estendeda 500 a1500 metri di profondità e lasua permeabilità secondaria (perfratturazione) permette lacircolazione del vapor d’acqua saturocon temperatura e pressione di circa230 °C e 30 bar e contenuto in gasdell’ordine del 5% in peso(essenzialmente anidride carbonica).La ricarica del serbatoio superficiale è

�Figura 6Le area geotermiche toscane: Nord (campi di Larderello-Lago Boracifero e Travale-Radicondoli) e Sud (campi di Bagnore e Piancastagnaio). I comuni indicati in grigio appartengono al Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (COSVIG S.c.r.l.), una società per lo sviluppoeconomico dei comprensori geotermici promossa dalla Regione Toscanacon sede a Radicondoli (da Minichilli et alii, 2012).

�Figura 7Schema delle unità tettonico-stratigrafiche affioranti in Toscana, comeindicate nel testo (da Carmignani e Lazzarotto, 2004). I riquadriidentificano le aree geotermiche di Larderello-Radicondoli (L) e del MonteAmiata (A).

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controllata alle acque meteoriche chesi infiltrano presso le zone di altostrutturale poste a SE diMonterotondo Marittimo, diCastelnuovo Val di Cecina e di Travale,ove affiorano formazioni della FaldaToscana relativamente porose epermeabili. La portata di tale ricaricaè stimata da Romagnoli et alii (2010)in 390-580 t/h (tonnellate per ora). Losfruttamento intensivo avvenuto nelsecolo scorso ha determinato unprogressivo svuotamento delserbatoio superficiale, con il continuocalo delle portate del geofluido sino avalori minimi nel 1975. Negli anniseguenti tale tendenza è statacontrastata ed invertita attraversol’immissione al tetto del serbatoiodell’acqua prodotta dallacondensazione del vapore in uscitadalle centrali elettriche (e.g., Rivera

Diaz et alii, 2015). Tuttavia, l’espansione dell’industriageotermica è stata determinatasoprattutto dalla ricerca el’individuazione di nuovi orizzontiproduttivi, mediante un intensoprogramma di perforazioni profonde.Si tratta del cosiddetto serbatoiogeotermico profondo, collocato aprofondità di 2500-4000 metri ecostituito da formazioni delBasamento metamorfico (filladi,micascisti e gneiss). I sistemi difratture presenti ospitano vaporesurriscaldato con temperatura epressione di 300-350 °C e 40 bar, checostituisce il grosso della produzioneattuale. Il meccanismo di ricarica ditale serbatoio è stato definito damodelli idrogeologici recenti(Romagnoli et alii, 2010). Poichè v’èuna scarsa interazione tra i due

serbatoi geotermici, l’apportodell’infiltrazione meteorica è del tuttomarginale per la ricarica del serbatoioprofondo. Esso è invece alimentatodal liquido contenuto negli acquiferidei bacini idrologici adiacenti ilsistema: Bruna, Cecina, Cornia,Pecora ed Ombrone (Figura 8). Peresempio, alla profondità di 3000 metrila pressione della colonna d’acqualiquida è circa 300 bar, mentre lapressione del vapore nel serbatoiogeotermico è - come ricordato sopra -circa dieci volte minore. Tale enormecaduta di pressione causa larepentina evaporazione dell’acqua chesatura le rocce circostanti il serbatoio.Il vapore prodotto circola nellefratture di quest’ultimo e vieneriscaldato dal calore proveniente dallasorgente magmatica del sistema.D’altra parte, la bassa permeabilitàdelle formazioni circostanti ilserbatoio impedisce un copiosoafflusso di liquido freddo, cheannegherebbe il sistema geotermicodecretandone la fine in tempi rapidi.Numerose indagini geofisiche hannofatto luce sulle proprietà fisiche dellacrosta, come le velocità dipropagazione delle onde sismiche divolume P ed S (rispettivamente VP eVS ), legate alle costanti elastiche edalla densità delle rocce (e.g., Vanorioet alii, 2004; Accaino et alii, 2005;Giustiniani et alii, 2015). Per esempio,De Matteis et alii (2008) presentanouna dettagliata rappresentazionetridimensionale del rapporto VP / VS ,mettendo in luce la sensibilediminuzione di tale rapporto per l’areageotermica rispetto alle zonecircostanti. Ciò suggerisce che iserbatoi geotermici siano saturi divapore, in quanto la presenza di talefase aumenta la comprimibilità delmezzo, riducendo la velocità dipropagazione delle onde P rispetto alcaso della saturazione con acqualiquida.Nell’ultimo decennio è statofinalmente possibile caratterizzare lafonte di energia del sistema diLarderello. Gli studi gravimetrici ed isondaggi sismici (e.g., Orlando, 2005;Finetti, 2006) suggeriscono lapresenza di un grande corpo intrusivodi forma lenticolare, il cui tetto sitrova ad 3-6 km di profondità. Ilplutone sarebbe dislocato da unagrande faglia trascorrente diretta SE-NO, che pur non raggiungendo lasuperficie ha favorito l’ascesa delmagma ed influenzato la

�Figura 8Schema idrogeologico dell’area geotermica di Larderello-Radicondoli edintorni (da Romagnoli et al, 2010).

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sedimentazione neogenica(lineamento Piombino-Faenzasecondo Pascucci et alii, 2007).Inoltre, il margine sud-orientale delplutone sembra essere tagliato daun’altra faglia trascorrente SE-NO(lineamento Arbia-Val Marecchiasecondo Pascucci et alii, 2007), la cuiespressione superficiale dovrebbecoincidere con il complesso vulcanicodi Roccastrada (Finetti, 2006). Le indicazioni geofisiche trovanoconferma nelle perforazioni, che hannoripetutamente intercettato il tetto delplutone (Bertini et alii, 2006). Le analisipetrografiche e geochimicheclassificano le rocce intrusive comegraniti a due miche, generati dallafusione parziale del basamentometamorfico profondo (>14 km),indotta dal contatto con magmi delmantello ad alta temperatura (Dini etalii, 2005). Il magma granitico è poirisalito sfruttando le faglie trascorrentisopra citate e la bassa viscosità,dovuta all’elevata concentrazione dielementi volatili come il boro, il cloroed il fluoro. Tali elementi hanno ancheabbassato la temperatura disolidificazione del magma -ritardandone il raffreddamento - eprodotto vigorose reazioni termo-metamorfiche nelle rocce incassanti,intensamente brecciate. Si distinguono due fasi di intrusione,l’una pliocenica (3.8-2.3 milioni di annifa) e la successiva pleistocenica (2.3-1.3 Ma). Il plutone pliocenico èincassato nel basamentometamorfico, mentre quellopleistocenico ha intruso il precedentee alcune porzioni potrebbero essereancora fuse (Dini et alii, 2005). Taliprocessi si debbono inquadrare nelquadro del magmatismo neogenicotoscano (e.g., Peccerillo, 2005). DalMiocene superiore al tardoPleistocene (8-0.2 Ma), esso hagenerato corpi effusivi ed intrusivi divaria dimensione, composizione edetà: le isole dell’Arcipelago toscano(Elba, Montecristo, Capraia e Giglio),San Vincenzo, Campiglia Marittima,Gavorrano, Montecatini Val di Cecina,Orciatico, Roccastrada, Radicofani eMonte Amiata. Nella crosta della Toscanameridionale sono ben noti livelli suiquali le onde sismiche subisconoun’accentuata riflessione. Ciò ècausato dalla repentina variazionedella impedenza acustica, ovvero delprodotto della densità del mezzo perla velocità di propagazione dell’onda.

Si tratta dunque di un cambiamentodi proprietà fisiche più che litologico.Il più noto di tali livelli è l’orizzonte K,che nell’area di Larderello èindividuato a 3-6 chilometri diprofondità, con un alto relativo sotto ilLago Boracifero (Bertini et alii, 2006).È interessante notare che il LagoBoracifero (situato presso il F. Corniaa circa 4 km ad Ovest di MonterotondoMarittimo) è il cratere di una potenteesplosione/eruzione gassosaavvenuta nella seconda metà del XIIIsecolo, in quanto descritta da Restorod’Arezzo nel suo trattato Lacomposizione del mondo del 1282(Marinelli, 1969). Il lago si trova nelbacino neogenico di Serrazzano, doveè assai elevata la portata di geofluidoe massimo il flusso termicosuperficiale (Bertini et alii, 2006;Bellani e Gherardi, 2013).Precedenti interpretazioni (e.g.,Bellani et alii, 2004) hanno collegatol’orizzonte K con i sistemi di faglienormali orientati NO-SE edimmersione a NE (Serrazzano, Cornatee Pomarance-Radicondoli).L’inclinazione di tali fratturediminuirebbe progressivamente, sinoa divenire quasi orizzontale pressol’orizzonte K. Il raccordo di tali frattureentro una zona di taglio produrrebberocce di faglia molto deformate econtenenti fluidi caldi e pressurizzati,in grado di giustificare la variazioneosservata di impedenza acustica.Tuttavia, le nuove conoscenze sulplutonismo dell’area suggeriscono unadifferente spiegazione. L’orizzonte Kpuò infatti corrispondere alla fascia diintrusione del plutone pleistocenicoentro il granito pliocenico (Bertini etalii, 2006). Quest’ultimo è statointensamente fratturato e saturatocon i fluidi magmatici, soprattuttoacqua in condizioni supercritiche acausa dell’elevata temperatura(450±50 °C). Tale interpretazione è corroboratadalla scoperta di un’altro livelloriflettente (orizzonte H) posto al disopra dell’orizzonte K (Bertini et alii,2006; Casini et alii, 2009). L’orizzonte Hcorrisponde alla fascia dideformazione che delinea l’intrusionedel plutone pliocenico entro ilbasamento metamorfico. L’intensabrecciatura causata dallafratturazione idraulica durantel’intrusione ha permesso lasaturazione dell’aureola di contattocon il vapor d’acqua surriscaldato. Infine, è importante ricordare

l’individuazione di un terzo livelloriflettente (orizzonte K2, Tinivella etalii, 2005), più debole ma più continuoe profondo dell’orizzonte K, essendocollocato ad 8-9 km entro la crosta.Considerazioni sulla variazioneverticale del flusso termico (Magro etalii, 2009) suggeriscono che sottol’orizzonte K2 la temperatura superi i500 °C, implicando la definitivadeformazione plastica delle roccesialiche, sia granitiche chegneissiche. In definitiva, l’orizzonte K corrispondealla base del serbatoio geotermico,poichè al di sotto comincia aprevalere la plasticità con laprogressiva riduzione delle fratture,che scompaiono del tutto sottol’orizzonte K2. Invece il piùsuperficiale orizzonte H, fratturato epermeabile, forma la parte più ricca eproduttiva del serbatoio geotermicoprofondo (Casini et alii, 2009). I sistemidi faglie normali sopra ricordati, chepossono anche intersecare l’orizzonteK, permettono un flusso verso l’altodel geofluido grazie alla permeabilitàdelle brecce di frizione e dellecataclasiti, soprattutto se la zona difaglia non è ostruita da deposizionisecondarie, come le vene di quarzo ecalcite ed i minerali argillosi. Inparticolare, presso la terminazione difaglie normali adiacenti spesso sigenerano sistemi di fratture tensiliparticolarmente atte ad ospitare ilgeofluido (Houwers et alii, 2015). Anchel’intersezione di faglie trascorrenti puòcostituire un condotto preferenzialeper la risalita del geofluido (Bennett,2011). L’analisi del rapporto tra gliisotopi dell’elio contenuti nel geofluido(3He/4He) conferma la circolazionedello stesso da livelli profondi (e.g.,Magro et alii, 2009).Possiamo concludere l’analisi delsistema di Larderello descrivendo ilbilancio complessivo del geofluidosecondo il modello numerico diRomagnoli et alii (2010). La portata inmassa del vapore estratto è di circa3700 t/h per il campo diLarderello/Lago e 1000 t/h per quellodi Radicondoli/Travale, per un totale di4700 t/h. Ad essa si può aggiungere laperdita per emissioni naturali (icosiddetti “soffioni”), peraltrodiminuita nel corso degli ultimi centoanni a sole 30 t/h. D’altra parte, la re-immissione nel sottosuolo delcondensato di vapore in uscita dallecentrali elettriche attualmente siattesta attorno a 1500 t/h. Come già

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ricordato, la portata della ricarica delserbatoio superficiale attraverso leinfiltrazioni meteoriche è dell’ordine di500 t/h al più. Pertanto, il bilancio traestrazione e ricarica può essereottenuto solo con il meccanismo dievaporazione in depressione sopradescritto, che implica il ripristino diben 2730 t/h di vapore nel serbatoioprofondo a spese degli acquifericircostanti il sistema. D’altra parte,considerando l’estensione areale, lospessore, la porosità media delserbatoio geotermico e la densità delvapore nello stesso, si può stimare lamassa totale del geofluido ospitatonel sistema (circa 350 milioni ditonnellate secondo Romagnoli et alii,2010). Poichè tale valore è meno di unquinto della massa di vapore estrattasino ad oggi, si deduce che nelfrattempo il geofluido è statoripristinato molte volte nel sistema,confermando l’efficienza

dell’evaporazione dagli acquifericircostanti. Secondo gli autori sopracitati, in tali condizioni il ritmo dil’estrazione del geofluido ai livelliattuali potrebbe essere sostenibileper almeno un altro secolo.

Il sistema geotermico delMonte AmiataIl territorio del Monte Amiata,dominato dalla vetta omonima (1738m s.l.m.), è noto da secoli per idepositi di terre coloranti, di farinafossile e soprattutto di solfuro dimercurio (cinabro), particolarmentesfruttato tra il 1870 ed il 1970.Assieme alle sorgenti termali delcircondario, tali giacimentitestimoniano una vigorosa attivitàidrotermale connessa al vulcanismotardo-pleistocenico (Dini, 2017).Tuttavia, l’area amiatina è priva delle

emissioni naturali di vapore tipichedel paesaggio di Larderello, come ilagoni ed i soffioni. Si misura invece insuperficie un notevole flusso di calore(sino a 600 mW/m2). La ricerca di risorse geotermichenell’Amiata è cominciata nel secondodopoguerra e dal 1958 sono sfruttatidue campi distinti: Piancastagnaio eBagnore (Santa Fiora),rispettivamente a SE ed a SOdell’apparato vulcanico. Leconcessioni minerarie ricadono anchenei comuni di Abbadia San Salvatore,Arcidosso, Castel del Piano,Radicofani, Roccalbegna e SanCasciano dei Bagni (Figura 3).A grandi linee, l’assetto stratigraficodell’area amiatina è simile a quellodelle Colline metallifere (e.g., Pandeliet alii, 2017). Ad oriente del complessovulcanico si distende il grande bacinoneogenico di Siena-Radicofani, cheprosegue a sud nel bacino Paglia-Tevere. Il substrato del vulcano èinvece formato dalle Unità liguri esub-liguri (soprattutto con leformazioni Argille e Calcari, Argille aPalombini, Pietraforte e Santa Fiora).Modesti ma importanti lembi dellaFalda Toscana affiorano a SE ed a NOdel complesso vulcanico (Figura 9).Più di un centinaio di perforazionihanno permesso integrare irilevamenti geologici per definire lastruttura del sottosuolo sino allaprofondità di circa 4 chilometri (e.g.,Barelli et alii, 2010). Le coperturesuperficiali (bacini neogenici evulcaniti) si appoggiano sulle Unitàliguri e sub-liguri, assai deformate,che sormontano la Falda Toscana.Localmente quest’ultima è nellaforma di “Serie ridotta”, essendorappresentata dai soli livellievaporitici triassici. Sotto all’orizzonteevaporitico comincia il Complessometamorfico toscano (noto anchecome Unità Monticiano-Roccastrada),distinto dall’alto in basso nel Gruppodel Verrucano (Triassico), GruppoPaleozoico (Devoniano-Permiano),Gruppo dei Micascisti e Complessodegli Gneiss. Le rocce degli ultimi duegruppi, non intercettate dalleperforazioni, sono peraltro note comeinclusi (xenoliti) nelle lavequaternarie. Si ritiene infatti lacamera magmatica sia collocata acirca 6 km di profondità sotto ilvulcano amiatino.La prima, evidente differenza rispettoall’area di Larderello è la presenza delgrande apparato vulcanico amiatino,

�Figura 9Geologia superficiale del Monte Amiata e zone circostanti (da Barelli et al,2010).

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le cui caratteristiche stratigrafiche,strutturali e petrografiche sonodescritte in modo completo inPrincipe et alii (2017a). Tale lavororiporta i risultati della ricercasostenuta nell’ultimo decennio dallaRegione Toscana, che ha permessol’esecuzione di sondaggi attraverso ilcomplesso vulcanico sino al substratopre-neogenico; tra questi ricordiamo ilpozzo “David Lazzaretti” profondo ben545 metri. Le vulcaniti occupano un’area di circa90 km2, con spessori talora dicentinaia di metri, dipendenti dallamorfologia del substrato. Si tratta dicolate e duomi lavici eruttati in duefasi successive, corrispondenti aiSintemi di Bagnore e di Monte Amiata(Principe et alii, 2017b). Lacomposizione delle lave è di tipoacido (da trachiandesite atrachidacite) con contenuto in silicedel 57-70% in massa. Peraltro,abbondano gli inclusi di lave basiche(da trachiandesite a trachibasalto)con tenore in silice <55%. Entrambi itipi lavici contengono numerosixenoliti provenienti dalle rocceincassanti (La Felice et alii, 2017). Lospessore e la distanza percorsa dallesingole colate (rispettivamente sino a30 m e 8 km) implicano una bassaviscosità del magma, dovuta alla suaelevata temperatura (950-1000 °C).Infine, le datazioni radiometriche deicampioni indicano che il ciclo eruttivoamiatino si completa in circa 70000anni, tra 0.3 e 0.23 Ma (Giordano etalii, 2017). Tutte queste informazionisuggeriscono che nel tardoPleistocene una massa di magmabasico e caldo, affine alle vulcaniti delLazio settentrionale, ha intruso uncorpo magmatico acido collocato a 5-6 km nella crosta. La risalita delmagma ha determinato le effusionilaviche, che nel tempo sono diventatesempre più basiche; ciò mette in luceil progressivo mescolamento deimagmi (La Felice et alii, 2017). Il Monte Amiata è privo dellamorfologia di altri vulcani italiani,come il cono, il cratere e la caldera. Lamessa in posto delle lave amiatine èinfatti avvenuta attraverso vari centrieruttivi allineati in direzione SO-NE.Questo primo elemento suggerisce unforte controllo tettonico del processovulcanico. In effetti, il rilevamentogeologico-strutturale dell’area hamesso in luce un sistema di fagliequaternarie che complessivamentedelinea una zona di taglio

trascorrente, orientata SO-NE concinematica sinistra (Brogi e Fabbrini,2009; Brogi et alii, 2010, Brogi e Liotta,2017). Tale struttura è formata da tresettori distinti ma contigui, per unalunghezza complessiva di oltre 10chilometri. Nel quadrante di SO ilsubstrato pre-vulcanico è interessatodal sistema di faglie di Bagnore. Lazona di taglio sinistra prosegue, conminore evidenza, nel complessovulcanico per poi tagliare di nuovo ilsubstrato nel quadrante di NE(sistema di faglie di Bagni SanFilippo). Poco più a nord diquest’ultimo lineamento si trova lafaglia trascorrente sinistra diCampiglia d’Orcia, che penetra nelbacino di Siena-Radicofani semprecon direzione SO-NE. L’accuratoesame delle effusioni laviche e dellamorfologia del substrato (Principe eVezzoli, 2017), ha inoltre permesso diriconoscere delle fosse vulcano-tettoniche compatibili con unmeccanismo di trans-tensione (pull-apart). Il complesso vulcanico sarebbequindi ospitato in depressionitettoniche generate nell’area diraccordo tra le zone di taglio sinistrodi Bagnore e Bagni San Filippo. L’edificio vulcanico e lo strettorapporto con la tettonica trascorrenterendono peculiare il sistemageotermico del Monte Amiata. Infatti,la struttura idrogeologica prevede bentre serbatoi sovrapposti (Barelli et alii,2010). Il primo di essi è l’acquiferofreatico ospitato nella parte inferioredelle vulcaniti, assai fratturate epermeabili. Tale acquifero costituisceuna rilevante risorsa economica per laqualità e quantità dell’acqua emessadalle numerose sorgenti situate almargine del complesso vulcanico(Doveri e Menichini, 2017). Il già citatopozzo “David Lazzaretti” haintercettato la tavola d’acqua allaprofondità di 302 metri, indicando unospessore di oltre 200 metri di vulcanitisature. Il chimismo dell’acqua di faldaed accurate analisi mineralogiche suicampioni estratti dalle recentiperforazioni permettono di escluderesignificative interazioni tra l’acquiferofreatico ed i sottostanti serbatoigeotermici (La Felice et alii, 2014). Del resto il complesso vulcanicopermeabile appoggia su un mantocontinuo e spesso (300-600 m) dirocce impermeabili delle Unità liguri,ovvero argilliti, calcari ed arenarie infacies torbiditica. Sotto talecopertura, tra 500 e 1000 metri di

profondità, si trova il serbatoiogeotermico superficiale. Esso èimpostato nelle formazioni piùantiche della Falda Toscana, come ilCalcare Massiccio (piattaforma delGiurassico inferiore) e le Anidriti diBurano (alternanza di dolomia esolfato di calcio anidro), soprattuttonell’alterazione in Calcare Cavernosoper idratazione dell’anidrite in gesso.Tali formazioni permeabili affiorano aNE ed a Sud del compIesso vulcanico(Bagni San Filippo e Selvena-Castell’Azzara). La forte inclinazionedegli strati e l’immersione verso ilMonte Amiata identificano questiaffioramenti come le zone di ricaricameteorica del serbatoio geotermicosuperficiale (Fulignati et alii, 2014). In realtà le porzioni produttivecorrispondono a due corte piegheanticlinali (duomi), spesse 300-500metri ed ampie 5-10 km2, chedefiniscono i campi di Bagnore ePiancastagnaio. Tale assettostrutturale ha portato alla saturazionedella parte sommitale dei duomi convapore molto ricco di gas (soprattuttoanidride carbonica), mentre la partesottostante del serbatoio è permeatodal liquido caldo (150°C per Bagnore e230 °C per Piancastagnaio). Ciòricorda le trappole anticlinali deigiacimenti di idrocarburi, ove ladifferente densità causa lastratificazione in gas naturale,petrolio ed acqua.I pozzi di produzione hannointercettato la parte più alta deiduomi, estraendo quindi la miscela divapore e gas. Col tempo losfruttamento ha causato ilcambiamento della composizionedella miscela, la drastica riduzionedella pressione e l’innalzamentodell’interfaccia tra vapore e liquido.Ciò è legato al fatto che il ritmo diestrazione della miscela gassosa eramaggiore della rapidità con cui i gaspotevano risalire dalla sorgentetermica magmatica alla sommità deiduomi. In altre parole, lo sfruttamentodegli ultimi decenni ha diminuito laproporzione di gas rispetto al vapore, aspese però della pressione totale dellamiscela. Secondo Barelli et alii (2010),prima dello sfruttamento la miscela intesta al duomo di Bagnore conteneval’88% di gas e solo 12% di vapord’acqua, ad una pressione di 23 bar.Dopo 40 anni di estrazione, lapercentuale di gas era calata all’8%ma la pressione della miscela eraridotta a soli 4 bar, favorendo

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l’evaporazione dell’acqua liquida madegradando il contenuto energetico delgeofluido estratto. Per nonpregiudicare il futuro dellacoltivazione, dal 1994 la produzionedal serbatoio superficiale è statainterrotta, permettendo il lentoafflusso dei gas dai livelli profondidella crosta. Attualmente la sommitàdel duomo di Bagnore è saturata conuna miscela contenente l’85% di gasalla pressione di 12 bar. Un’ evoluzionesimile ha caratterizzato il campogeotermico di Piancastagnaio (Barelliet alii, 2010). Considerazioni di efficienza energetica,problemi impiantistici e vincoliambientali sempre più stringentilimitano l’impiego di miscele in cui igas incondensabili prevalgono sulvapor d’acqua. D’altra parte, il territorioamiatino è noto per l’elevato flusso dianidride carbonica che dal suolo silibera nell’atmosfera, testimoniando larisalita del gas dalla crosta (Frondini etalii, 2009; Ceroti et alii, 2015). Perattenuare i problemi sopra citati si ècercato di individuare orizzontiproduttivi profondi mediante rilievigeofisici e sistematiche campagne diperforazione. I risultati di tali indaginimostrano che alla base di entrambi iduomi strutturali si trovano formazionipaleozoiche poco permeabili, conspessori di 500-1000 metri. Invece, ilbasamento metamorfico è assaifratturato nell’intervallo di profondità2500-4000 m. Come già notato per ilsistema di Larderello, il serbatoioprofondo dell’Amiata è lateralmentecontinuo con caratteristiche fisicheuniformi del geofluido. A circa 3000 mle rocce metamorfiche sono saturatecon una miscela bifase con liquidoprevalente, a temperatura di 300-350°e pressione di 200 bar (Razzano e Cei,2015). In superficie si separa il vaporealla pressione di 20 bar, che alimentale turbine delle centrali elettriche. Danotare che in tale vapore laproporzione dei gas non condensabili èabbastanza contenuta (6-8% in peso).Attualmente, gran parte della risorsaestratta (oltre 400 t/h per l’interosistema amiatino) proviene dalserbatoio profondo (Barelli et alii, 2010;Razzano e Cei, 2015).Sebbene il vulcanismo amiatino e lostesso sistema geotermico implichinol’esistenza di una sorgente termica, lasua natura è incerta poichè leperforazioni non hanno ancoraintercettato rocce intrusive, adifferenza di quanto accaduto nell’area

di Larderello. Le evidenze sismiche egravimetriche (Orlando, 2005; Finetti,2006), suggeriscono la presenza diun’intrusione la cui sommità si trova apiù di 5 chilometri di profondità. Finetti(2006) descrive un grande plutone diforma lenticolare, simile a quellocollocato sotto l’area di Larderello,Esso appare dislocato da un sistema difaglie trascorrenti sub-verticali cheattraversano l’intera crostaraggiungendo la superficie. Talelineamento profondo è quindicompatibile con i sopra citati sistemidi faglie trascorrenti che hannocontrollato l’attività vulcanicaamiatina. In assenza di campioni e quindi didatazioni, uno dei punti più controversiriguarda l’età dell’intrusione. Secondoalcuni Autori (e.g., Acocella, 2000;Finetti, 2006) il ben noto sollevamentodei depositi neogenici dal Pliocenemedio sarebbe il risultato della messain posto dei plutoni nella crosta dellaToscana meridionale. Ricordando chele rocce granitoidi perforate aLarderello hanno un età di 3.8-1.3 Ma,si potrebbe suggerire un’età pliocenicaanche per il plutone dell’Amiata, aimargini del quale il sollevamento deisedimenti marini è stato assaicospicuo. Tuttavia, tale ipotesi collidecon il fatto che il vulcanismo amiatino(0.3-0.23 Ma) è assai più recente delperiodo sopra indicato; la distanzatemporale di milioni d’anni tral’intrusione ed il vulcanismo non èsemplice da spiegare. Pertanto,l’alternativa è che la sorgente termicadel sistema dell’Amiata sia la stessacamera magmatica che ha alimentatole eruzioni tardo-pleistoceniche(Principe e Vezzoli, 2017).Come per l’area di Larderello, l’analisidei segnali sismici rivela un orizzonteriflettente collocato a 4-8 km diprofondità. Si è già affermato che taleorizzonte K può corrispondereall’aureola di metamorfismo termicocausata da un intrusione magmatica. Ilpotere riflettente deriva dalla bruscavariazione di impedenza acustica,causata dalla presenza di gas edacqua in condizioni supercriticherilasciata dall’intrusione. Poichèl’elevata temperatura (400-500°C)rende le rocce plastiche e pocopermeabili, tali fluidi sono intrappolatiall’interno dell’orizzonte K, cherappresenta la base della partecoltivabile del sistema geotermicoamiatino (Fulignati et alii, 2014; Edigboet alii, 2016). Ricostruire tale orizzonte

con la massima accuratezza possibileè quindi un obiettivo importante enecessario (Figura 10), anche se nonsufficiente. Se è vero chel’avvicinamento dell’orizzonte K allasuperficie implica l’aumento delgradiente geotermico, ciò riduce lospazio per ospitare gli eventualiserbatoi interposti tra la sorgentetermica e la copertura impermeabile.Pertanto, la ricerca di nuovi orizzontiproduttivi dovrebbe essere basatasulla rappresentazione tridimensionaledi tutti i corpi geologici che formano ilsistema geotermico, (Fulignati et alii,2014). Altre informazioni decisiveriguardano la geometria delle faglieche delimitano il sistema, come lafaglia normale che costituisce il bordooccidentale del bacino di Siena-Radicofani, il modello termico delsistema e quello idroeologico, in gradodi definire la direzione prevalente delflusso dei fluidi nel sottosuolo (Barelliet alii, 2010; Fulignati et alii, 2014;Edigbo et alii, 2016).

Gli impianti per losfruttamento della risorsageotermicaL’impianto geotermoelettrico cominciapresso il fondo del pozzo diproduzione, ove affluisce il geofluidodrenato dalle rocce del serbatoio. Ladifferenza di pressione tra il fondo ela superficie del pozzo spinge il fluidoverso l’alto, vincendo l’attrito con lepareti metalliche e la resistenzaviscosa del flusso. È dunqueinevitabile che durante la risalitadiminuiscano la temperatura e lapressione del fluido, determinandoneil cambiamento dello stato fisico.Partendo da acqua liquida, la cadutadi pressione può determinarel’ebollizione entro il pozzo (flashing).Mentre il vapor d’acqua si arricchiscedei gas che lasciano il liquido, inquest’ultimo si concentrano lesostanze non volatili (colloidi e ioni),tanto che in superficie la fase liquidaè spesso una salamoia (brine) ricca disilice e sali (bicarbonato di calcio,cloruro di sodio, solfati di calcio emagnesio ecc.). In particolare, ilpassaggio dell’anidride carbonica dalliquido al vapore spesso causa laprecipitazione del carbonato di calcioper lo spostamento verso destradell’equilibrio tra bicarbonato ecarbonato: Ca(HCO3)2 ↔ CaCO3 +H2O + CO2. Tale repentina deposizione

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sulle pareti del pozzo (scaling) puòarrecare gravi problemi come laprogressiva otturazione del condotto.Scorrendo nel pozzo grandi portate digeofluido, il suo diametro è semprecospicuo e ben maggiore di quello deipozzi per idrocarburi. Inoltre lastruttura è telescopica, con ildiametro che aumentaprogressivamente dal fondo allasommità. Per una perforazione dicirca 4000 metri, si passa infatti dacirca 200 mm a fondo pozzo ad oltre900 mm alla superficie (Finger eBlackenship, 2010).La testa del pozzo (wellhead) è dotatadi un apposito insieme di valvole disicurezza per controllare il flusso delgeofluido, che viene poi convogliatonelle tubazioni di superficie, dettevapordotti. Per motivi di economia digestione del campo geotermico, èconveniente disporre di parecchi pozzidi produzione e poche unità digenerazione dell’energia elettrica.Pertanto le centrali elettriche distanodiversi chilometri dai pozzi, implicandouna notevole lunghezza dei vapordotti.Tali apparati richiedono un’oculataprogettazione, al fine di ridurre piùpossibile gli scambi termici conl’atmosfera e le perdite di pressione. I primi aumentano con l’incremento deldiametro esterno della tubazione diacciaio, che viene quindi rivestita da uninvolucro isolante confinato da unsottile tubo esterno d’alluminio. D’altrocanto, si dimostra che la perdita dipressione per unità di lunghezza èinversamente proporzionale aldiametro interno del condotto elevatoalla quinta potenza. È quindiinevitabile usare tubazioni di grandediametro (400 - 1000 mm) anche inrelazione alla portata del fluido ed ai

vincoli di fabbricazione, trasporto,assemblaggio e manutenzione di talicondotti (DiPippo, 2012). Il tipo di impianto per la produzione dicorrente elettrica dipende dallecaratteristiche del geofluido (DiPippo,2012). Lo schema più semplice riguarda

l’impiego del vapore saturo osurriscaldato (dry-steam plant). In talcaso il vapore è inviato direttamentealle turbine, che ruotando ad altavelocità attivano l’elemento rotore delgeneratore elettromagnetico, conproduzione di corrente alternata. Il

�Figura 10Rappresentazione schematicadell’orizzonte K nella Toscanameridionale (da Cameli et alii,1998). Le curve di livello colorateindicano la profondità in chilometridell’orizzonte sismico riflettente. Sinoti la netta risalita di talesuperficie nelle aree geotermiche.Le linee tratteggiate indicano lestrutture trasversali – possibilmentesistemi di faglie trascorrenti – chehanno controllato la messa in postodei plutoni e vulcani plio-quaternari, come discusso nel testo(PT=Piombino-Faenza; AM=Arbia-Marecchia; MA=Monte Amiata).

�Figura 11Rappresentazione schematica degli impianti geotermoelettrici tipo singleflash (A) e binary (B) (da Fanelli et alii, 2007).

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vapore esce poi dalle turbine e vieneraffreddato e condensato peraumentare l’efficienza dellaconversione tra energia termica edenergia elettrica. In questa fase siseparano dal liquido i gas non

condensabili, che vengono compressi,sottoposti a lavaggio per eliminare icomponenti più inquinanti ed infineliberati in atmosfera; si tratta peraltrodi anidride carbonica e gas inerti.L’acqua condensata, ancora

relativamente calda (circa 50 °C) èinvece inviata alla torre diraffreddamento, dove cede calore percontatto con un flusso di aria fresca incontrocorrente, sino a tornare allatemperatura ambiente. Infine, come giàdetto il condensato freddo è inviato aipozzi di iniezione per essere remmessonel serbatoio geotermico.Se il geofluido esce dal sottosuolocome miscela bifase, il vapore deveessere separato dal liquido (Figura11A). Ciò avviene nel cosiddettoseparatore a ciclone, ove la miscela ècostretta ad una rapida rotazione. Laforza centrifuga obbliga il liquido acadere in basso, mentre il vapore èraccolto in alto. Mentre quest’ultimoalimenta le turbine con le modalitàsopra descritte, il liquido - spesso unadensa salamoia - è inviato al pozzod’iniezione (single-flash plant). Inalcuni impianti il liquido separato èimmesso in un recipiente a pressioneridotta, ove subisce una parzialeevaporazione (double-flash plant).Anche questo secondo vapore èinviato alle turbine, sebbene la suaentalpia sia inferiore a quella delvapore originario in quanto generato apiù bassa temperatura e pressione. Quando la risorsa è liquida oppurecontiene troppi gas nocivi perl’ambiente, si adotta un ciclo binario(binary plant). Il geofluido estrattoentra in uno scambiatore di calore ovecede la sua energia ad un fluido dilavoro ed è poi iniettato nel sottosuolo(Figura 11B). Il fluido di lavoro, chepercorre l’impianto a circuito chiuso, èuna sostanza assai volatile in grado digenerare un’adeguata portata divapore. Tra i fluidi usati ricordiamol’ammoniaca e sue soluzioni acquose(ciclo Kalina) e gli idrocarburi alcanileggeri come propano, butano epentano sia a catena lineare cheramificata (DiPippo, 2012).Nella Toscana meridionale operanodifferenti tipologie di impiantiproduttivi, in relazione alla natura delgeofluido. Il quadro aggiornato dellecentrali geotermoelettriche (Tabella 1)indica che sono attive 36 centrali dipotenza elettrica variabile da 10 a 60MW. Motivi storici, tecnici edambientali giustificano il fatto che ilgrosso della produzione avvenganell’area geotermica di Larderello-Radicondoli (794.5 MW, pari all’ 87%del totale). La Tabella 1 mostra ancheil progressivo rinnovamento delpatrimonio impiantistico: circa la

�Tabella 1Centrali geotermoelettriche operanti in Toscana meridionale. Le centralidell’area geotermica amiatina ricadono nei Comuni di Bagnore ePiancastagnaio; le altre appartengono all’area geotermica di Larderello-Radicondoli. L’ubicazione dei Comuni citati in tabella è indicata in figura 6.I dati sono aggiornati al 2016 (fonte: Gartner, 2018).

AAnnnnoo PPootteennzzaa CCoommuunnee CCeennttrraallee ddii iinniizziioo iinnssttaallllaattaa

aattttiivviittàà ((MMWW eelleettttrriiccii))

Cornia 2 1994 20La Prata 1996 20Nuova Sasso 1996 20Selva 1 1999 20Nuova Castelnuovo 2000 14.5Nuova Molinetto 2002 20Sasso 2 2009 20

CCaasstteellnnuuoovvooVVaall ddii CCeecciinnaa

Nuova Lagoni Rossi 1981 20Valle Secolo 1 1991 60Valle Secolo 2 1992 60Farinello 1995 60Nuova Gabbro 2002 20Nuova Serrazzano 2002 60Nuova Larderello 2005 20

PPoommaarraannccee

Rancia 1 1986 20Pianacce 1987 20Rancia 2 1988 20Nuova Radicondoli 1 2002 40Sesta 1 2002 20Nuova Radicondoli 2 2010 20

RRaaddiiccoonnddoollii

Piancastagnaio 3 1990 20Piancastagnaio 4 1991 20Piancastagnaio 5 1991 20

Travale 3 2000 20Travale 4 2002 40

PPiiaannccaassttaaggnnaaiioo

MMoonnttiieerrii

Carboli 2 1997 20Carboli 1 1998 20Nuova Lago 2002 10Nuova Monterotondo 2002 10Nuova San Marino 2005 40

MMoonntteerroottoonnddooMMaarriittttiimmoo

Bagnore 3 1998 20Bagnore 4 Gruppo 1 2015 20Bagnore 4 Gruppo 2 2015 20

SSaannttaa FFiioorraa

Monteverdi 1 1997 20Monteverdi 2 1997 20

MMoonntteevveerrddiiMMaarriittttiimmoo

Chiusdino 2010 20CChhiiuussddiinnoo

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metà delle centrali sono entrate inattività dall’inizio di questo secolo.Come vedremo, ciò ha determinato unsignificativo miglioramentodell’efficienza energetica, oltre che lariduzione dell’impatto ambientale. Nell’area di Larderello prevalgono gliimpianti dry steam, in ragione delladisponibilità di vapore ad altapressione e temperatura. DiPippo(2015) mette in luce i considerevolimiglioramenti apportati nel corso dioltre un secolo di produzionegeotermoelettrica: le moderne centraliuniscono una sostanziale semplicitàimpiantistica ad un elevata efficienzadi conversione energetica. Peraltro,l’innovazione continua: nella centraleCornia 2 (Tabella 1) il vapore, che escedal pozzo con temperatura epressione di 153 °C e 5.5 bar, prima dialimentare le turbine è surriscaldato a370 °C con il calore della combustionedi legname di scarto. Si tratta dunquedi un impianto combinato o ibrido(geotermia + biomassa), che haconsentito un incremento di 2.5 MWnella potenza netta erogata alla reteelettrica. Nell’area del Monte Amiata gli impiantisono di tipo sia dry steam, conseparazione dell’acqua liquida insospensione alla testa del pozzo(Piancastagnaio 3, 4 e 5 in Tabella 1)che single e double flash (Bagnore 3 e4). In particolare, nel 2012 la centralesingle flash di Bagnore 3 è statamodificata con un secondo stadio dievaporazione, il cui prodotto (vapore a160 °C e 5 bar) alimenta un impiantocollaterale a ciclo binario detto ORC(Organic Rankine Cycle), che usa il

normal-pentano come fluido di lavoro.Sebbene per ora la potenza installatanell’impianto ORC sia limitata (1 MW), èinteressante il tentativo di recuperodell’entalpia del geofluido liquido, chealtrimenti sarebbe dispersa a causadella re-iniezione. Più in generale,l’introduzione di impianti a ciclo binarioè ben vista da chi si preoccupadell’impatto ambientale dellageotermia: poichè il geofluido non escemai dal circuito di estrazione e re-immissione nel sottosuolo, il rilascio disostanze inquinanti è nullo. D’altraparte, è noto che il ciclo binariocomporta una riduzione significativadell’efficienza della conversione daenergia termica ad energia elettrica(e.g., Bruscoli et alii, 2015).DiPippo (2015) delinea il quadrostorico dello sviluppo dell’industriageotermoelettrica toscana. Durante loscorso secolo si sono succedutedifferenti tipologie di impianti per laproduzione di elettricità, sinoall’attuale configurazione (dettamodulare) che vede importantiinnovazioni. Anzitutto, l’evoluzionedella metallurgia ha consentito lacostruzione di turbine particolarmenteresistenti alle sollecitazioni termicheed alla corrosione. Poichè il solfuro diidrogeno mescolato al vapore intaccal’acciaio ordinario, le lame delleturbine e gli altri componenti sonoforgiati in acciaio al 12 % di cromo.Altre importanti innovazioniriguardano i condensatori, le pompe dicircolazione, i compressori dei gas noncondensabili e, in particolare, le torridi raffreddamento. Le nuove torri atiraggio forzato, basse e compatte,

sostituiscono le alte e massiccecostruzioni in calcestruzzo, che perdecenni hanno segnato il paesaggiodelle zone geotermiche toscane(Figura 12). Inoltre, le nuove centralidispongono di un importante impiantochimico accessorio (detto AMIS) pereliminare le tracce di mercurio esolfuro di idrogeno dai gas noncondensabili (e.g., Baldacci et alii,2005).Concludiamo questa rassegna con lavalutazione dell’efficienza degliimpianti geotermoelettrici toscani.Secondo DiPippo (2012, 2015), tra i variparametri termodinamici disponibili ilpiù opportuno è la cosiddettaefficienza di utilizzazione:

ηu =W ––––E

(4)

dove W è la potenza elettrica nettagenerata ed E è il flusso di esergiaapportata dal geofluido al sistematurbina-generatore. La potenza W èdetta netta in quanto corrisponde allapotenza totale generata meno lapotenza assorbita per ilfunzionamento degli apparatiaccessori dell’impianto (pompe dicircolazione del liquido, compressoridei gas non condensabili ecc.).Ricordando la definizione di energiaspecifica del geofluido (formula 1), èfacile passare al flusso di energiamoltiplicando e per la portata inmassa del vapore che alimenta leturbine (M in kg/s): E = M e. Poichè siaW che E sono espressi in unità di

�Figura 12Torre di raffreddamento della centrale elettrica diMonterotondo Marittimo (Foto M. Viti, Marzo 2018). Sitratta di un impianto in calcestruzzo armato di vecchiaconcezione, che spicca in modo netto sul panoramacircostante. L’acqua condensata dopo l’uscita dalleturbine, ancora piuttosto calda, è pompata allasommità della torre, ove cade per gravità. Il flussod’acqua entra in contatto con la corrente d’aria chesale dal basso. L’acqua fredda è poi inviata ai pozzi diiniezione, mentre l’aria è liberata in atmosfera insiemeagli eventuali gas non condensabili che erano discioltinel liquido. Poichè la torre è a tiraggio naturale, laforma ottimale è peculiare: un’iperboloide ad unafalda. Soprattutto, tali costruzioni debbono esseremolto alte, potendo elevarsi sino a 70 metri dal suolo.

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potenza, il rapporto ηU èadimensionale e definisce ilrendimento del processo diconversione; ovviamente come pertutte le macchine termiche ηU <1. Per quanto riguarda i campigeotermici toscani, con riferimentoagli impianti dry steam, si nota undeciso aumento dell’efficienza diutilizzazione dal modesto - ma nontrascurabile - 25.5 % della primacentrale elettrica di Larderello (1913)all’eccellente 55.4 % delle nuovecentrali modulari (DiPippo, 2015).Quest’ultimo rendimento è superatosolo dall’impianto triple flash diTaonga in Nuova Zelanda (ηU = 57.2%) e dall’impianto dry steamSMUDGEO#1 nel campo dei Geysersin California (ηU = 65 %). Si puòquindi affermare che al potenzialenaturale dei sistemi geotermicitoscani, legato alle particolaricondizioni geologiche edidrogeologiche sopra descritte, siaggiunge l’ottima prestazione degliimpianti, in particolare delle centralimodulari costruite dall’inizio delnuovo millennio.

Conclusioni

Nella Toscana meridionale, i processimagmatici plio-pleistocenici hannodeterminato le condizioni per laformazione di ampi e diversificati

depositi minerali e peculiari sistemiidrotermali. Tali risorse, conosciute esfruttate da tempi remoti - seppur inmodo intermittente - hanno segnatola vita economica e sociale dell’areasoprattutto nel periodo che va dallametà del XIX alla fine del XX secolo.Mentre le attività minerarietradizionali sono da tempo cessate,lasciando spesso tracce indesideratesull’ambiente, si è ampliata l’industriageotermoelettrica che investe unaporzione non trascurabile delterritorio regionale. Quanto descritto in questa rassegnasuggerisce che tale settore ha ancoraampi margini di sviluppo, legati alladisponibilità e qualità della risorsageotermica, alla sostenibilità dellaproduzione ed alla esigenza semprepiù marcata a tutti i livelli (nazionale,europeo e mondiale) di sostituire icombustibili fossili con fontienergetiche rinnovabili e di minorimpatto ambientale. D’altra parte, talepotenzialità deve confrontarsi con ipossibili problemi legati all’uso delgeofluido (emissione di sostanzeinquinanti, fenomeni di subsidenzadel terreno, sismicità indotta ecc.). Èlecito attendersi che gli interessidelle popolazioni coinvolte, degli entilocali (Comuni e Regione in primoluogo) e dell’ente gestore dellaproduzione possano convergere inmodo da garantire uno sviluppo

equilibrato delle aree geotermiche. Sebbene altre zone del territorionazionale presentino interessantiprospettive per gli usi geotermici, laToscana meridionale resta un’areaprivilegiata. I dati del Ministero delloSviluppo Economico (Dipartimentoper l’Energia, Direzione Generale perle Risorse Minerarie ed Energetiche)indicano che nel 2015 erano vigenti51 permessi di ricerca di risorsegeotermiche in terraferma, relativi adun’area di 4462.5 km2 nelle RegioniLazio, Lombardia, Sardegna, Sicilia eToscana. Ebbene, ben 39 di talipermessi interessano 3575.6 km2 delterritorio toscano - ovvero l’80% dellasuperficie totale esplorata - e sonoattribuiti ad una molteplicità diaziende del settore energetico(Energy Packet, Exergia Toscana,Futuro Energia, Geoenergy,Geothermics Italy, Gesto Italia, Iterna,Magma Energy Italia, Ravano GreenPower, Sorgenia Geothermal, TerraEnergy e Tosco Geo). Sebbene non siaancora noto l’esito ufficiale di taliattività esplorative, in alcuni casisono state individuate situazionifavorevoli alla fase successiva diperforazione esplorativa (e.g., Cerotiet alii, 2015). In ogni caso, i dati soprariportati confermano il grande ruolodel patrimonio geotermico dellaToscana in ambito nazionale edinternazionale.

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I L G E O L O G O ANNO XXX n° 108

IntroduzioneIl Verrucano s.l. è un insieme di formazioni di grandeimportanza all’interno dell’Appennino sia da un punto divista paleogeografico che geodinamico in quanto segnal’inizio dell’orogenesi Alpina. Nonostante ciò ci sono statediverse problematiche per la sua definizione, e inparticolare non è mai stato mai realizzato un lavoropetrografico di dettaglio. Questo lavoro riporta lo studiopetrografico di ciottoli non costituiti da quarzomonocristallino, appartenenti al Membro delle AnagenitiGrossolane della Formazione della Verruca dei Monti Pisani. La Formazione della Verruca (Verrucano s.s. di Trevisan1965) è costituita da depositi terrigeni di ambientecontinentale di età triassica, ed è classicamente suddivisain tre membri (Rau and Tongiorgi 1974; Carosi et al. in press)(fig. 1): il Membro delle Anageniti Grossolane, il Membrodegli Scisti violetti e il Membro delle Anageniti minute. Nel corso della storia il termine “Verrucano” è stato usatoper formazioni diverse dalla Formazione della Verruca eappartenenti a bacini di sedimentazione diversi. Questeperò presentano sia analogie che differenze con ilVerrucano s.s. (Trevisan, 1965): hanno alla base unconglomerato costituito principalmente da ciottoli di quarzo(bianchi o rosa); condividono lo stesso significatogeodinamico, ovvero testimoniano l’inizio del ciclosedimentario alpino; hanno età diverse, normalmente piùantiche di quella della Formazione della Verruca; in molticasi i conglomerati contengono anche ciottoli di roccevulcaniche, e in molte serie si trovano vulcaniti alla base e/o

intercalazioni di esse. Nel 1965, al termine delladiscussione finale e delle conclusioni del Symposium sulVerrucano, R. Trümpy ha proposto una definizione del“Verrucano s.l.”. La definizione proposta da R. Trümpypermette di raggruppare formazioni con lo stessosignificato geodinamico e caratteristiche litologiche simili,che però hanno età diverse e appartengono a bacinidiversi. Questa definizione non viene proposta comedefinitiva, ma come punto di partenza per ulteriori lavori.Infatti secondo L. Trevisan rimangono problemi daesaminare più a fondo come, per esempio, i rapporti con levulcaniti (Trevisan, 1965).

Metodologie

Ai fini di questa tesi sono raccolti presi 80 campioni (fig. 2)di ciottoli non costituiti da quarzo monocristallino, in 7punti diversi di 2 località: l’Anticlinale del Monte Verruca eButi. È stata realizzata un’analisi modale di 2 m2 diaffioramento solo nella prima località: uno alla base e unoal tetto della formazione (fig. 3).I campioni sono stati sezionati e classificati. È statodeterminato il contenuto di allumina e silice dei campioniutilizzando uno spettrometro portatile di raggi X difluorescenza (Handheld-XRF): dati fondamentali perselezionare i campioni meno alterati. Sono stati scelti i 25ciottoli più rappresentativi pe la realizzazione di sezionisottili. Le sezioni sono state studiate utilizzando ilmicroscopio ottico a luce polarizzata.

IANNINI LELARGE STEFANO CANDIDATO

RELATORE:

ROCCHI SERGIO

Corso di Laurea Triennale in Scienze Geologiche:

NATURA DEI CLASTI DELLE ANAGENITI GROSSOLANE DEL VERRUCANO DEI MONTI PISANI

Estratto della Tesi

Vincitore del Premio

Giuntini 2016 nella sezione

Laurea Triennale

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NATURA DEI CLASTI

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�Figura 2Raccolta dei campioni.

�Figura 1Colonnestratigrafiche erapporti tra le unitàtettoniche toscanepresenti nelmassiccio dei MontiPisani e dei montid’Oltre Serchio.(Carosi et al. inpress).

Figura 3 �Grafico che mostra le

percentuali di clasti di quarzomonocristallino e di altre rocce.

QUARZO

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Risultati Lo studio delle sezioni sottili ha fornito un avanzamentonella conoscenza della varietà della natura dei clasti delleAnageniti Grossolane. È stata infatti riscontrata unasignificativa varietà di rocce vulcaniche, sedimentarie emetamorfiche (fig. 4a). Sono più abbondanti le roccevulcaniche, seguite da quelle metamorfiche e infine daquelle sedimentarie. Tutte queste rocce sono statefortemente modificate da processi di alterazione inambiente superficiale (weathering), al punto che in alcunicasi è risultata difficoltosa o addirittura impossibilel’identificazione della tessitura e/o della paragenesioriginaria. Il più importante dei dati ottenuti è la varietà.Classicamente nelle descrizioni delle AnagenitiGrossolane viene riportata la presenza di rari ciottoli diorigine vulcanica e di tormalinoliti, in aggiunta ai ciottoli diquarzo monocristallino bianco e rosa. In questo lavoro,invece, sono stati trovati abbondanti ciottoli di natura siavulcanica (fig. 4b e fig. 5a), sia sedimentaria (fig. 4c), siametamorfica (fig. 4d), oltre alle tormalinoliti (fig. 5b).Questi ciottoli rappresentano 27% dei clasti delleAnageniti Grossolane (fig. 3). I dati ottenuti quindi indicanocome i bacini che venivano erosi al momento delladeposizione delle Anageniti Grossolane fossero costituitida rocce vulcaniche, metamorfiche di basso grado esedimentarie (copertura?) e non solo da rocce dominate daquarzo monocristallino (basamento?). Si nota d’altra parte che ogni grande categoria di rocce èrappresentata da una varietà molto limitata di litotipi: lerocce sedimentarie sono in genere quarzarenititessituralmente immature; le rocce metamorfiche sonodelle quarziti di grado medio basso; le rocce vulcanichesono, per la maggior parte, rioliti, in particolare ignimbriti(fig. 5a). Le similitudini trovate all’interno dei vari tipi dirocce potrebbero derivare da un’origine comune, quindidall’appartenenza a una stessa unità geologica.È anche significativa la presenza di tormalinoliti, piùabbondanti di quanto riportato in letteratura (fig. 6). La

tormalinizzazione è stata rinvenuta nei ciottoli, ma nonnella matrice. Ciò indica che questo processo è avvenutodopo la formazione delle rocce da cui derivano i ciottoli, eprima della formazione del conglomerato (Ladinico; Rauand Tongiorgi 1968). Risulta fondamentale stabilire se sia possibile correlare iciottoli di origine vulcanica con le vulcaniti pre-erciniche(Porfiroidi ordoviciani toscani e sardi), con quelletardo/post-erciniche (vulcaniti permiane e triassichedell’area alpina e porfiroidi della formazione delleMetarioliti di Fornovolasco). I dati ottenuti indicano che iciottoli presentano similitudini con i Porfiroidi ordovicianitoscani, con le vulcaniti dell’area alpina del Permianoinferiore e Permiano superiore-Triassico inferiore e con iporfiroidi della formazione delle Metarioliti diFornovolasco: hanno composizioni simili, essendo rocce acomposizione intermedio-acida, e tessiture simili (levulcaniti alpine sono per la maggior parte ignimbriti)(Barberi, 1965; Cassinis et al., 1998; Cortesogno et al., 2004,1998; Sirevaag et al., 2016; Vezzoni et al., 2018). I datiottenuti in questo lavoro di tesi non sono sufficienti perfare un’adeguata correlazione. I lavori di datazionerealizzati da Paoli et al. 2017 sugli zirconi del Membro degliScisti Violetti del Verrucano dei Monti Pisani mostrano chele età di questi si distribuiscono in due picchi principali,uno Ordoviciano a 445 Ma e uno “Ercinico” a 300 Ma. Le etàappartenenti al picco Ordoviciano si concentrano fra 425 e475 Ma e sono compatibili con le età dei Porfiroidiordoviciani toscani (Ordoviciano Medio; Sirevaag et al.2016). Le età degli zirconi appartenenti al picco “Ercinico”presentano una distribuzione scarsamente correlabile conle età delle Vulcaniti dell’area alpina del Permiano inferiore(285-274 Ma, Marocchi et al. 2008) e con le età degli zirconiappartenenti ai porfiroidi della formazione delle Metariolitidi Fornovolasco (292-271 Ma con il picco a 288 Ma (Vezzoniet al., 2018)). Questi dati indicano che probabilmente iciottoli ignei delle Anageniti Grossolane dei Monti Pisanipotrebbero preferenzialmente correlarsi con i Porfiroidiordoviciani toscani e/o sardi.

�Figura 4(a) Grafico che mostra lepercentuali ciottoli costituiti darocce vulcaniche, sedimentarie emetamorfiche. (b) Foto a nicol incrociati dellasezione 103 R. Roccia vulcanica concristalli di quarzo euedrali chehanno dimensioni dell’ordine di1mm, presentano strutture diriassorbimento. (c) Foto a nicol paralleli dellasezione 107 K. Roccia sedimentariapoco matura da un punto di vistacomposizionale e tessiturale. (d) Foto a nicol incrociati dellasezione 103 A. Roccia metamorficadi grado basso.

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�Figura 5(a) Foto a nicol paralleli della sezione 107 H. Rocciavulcanica: si presenta molto alterata e la pasta di fondoè stata quasi completamente sostituita da tormalina. (b) Foto a nicol paralleli della sezione 101 B. Rioliteignimbritica con tessitura eutassitica.

�Figura 6Grafico che mostra le percentuali di tormalinolitirispetto alle altre rocce e le tipologie di roccetormalinizzate.

Barberi, F., 1965. I porfiroidi della Toscana e la loro posizionestratigrafica. Atti del Symp. sul Verrucano.

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Bibliografia

Conclusioni

Il lavoro realizzato rappresenta un test di interesse e difattibilità per l’avvio di uno studio più approfondito suiciottoli delle Anageniti Grossolane, che possa infineportare alla definizione della loro provenienza. Per questomotivo la metodologia di lavoro scelta è stata lo studio disezioni sottili con il microscopio a luce polarizzata: questaè sempre la prima metodologia usata in un lavoro diquesto tipo. Questa tesi apre le porte all’implementazionedi altre metodologie di studio come: l’analisi delle sezionial SEM, la determinazione degli elementi in traccia, laseparazione e studio geocronologico degli zirconi presenti,l’analisi delle tormaline, lo studio sul metamorfismo, ecc. Ifuturi studi permetteranno di approfondire le conoscenzesu queste rocce, non solo per una migliorecaratterizzazione, ma anche per avere una comprensionepiù approfondita della loro storia geologica.

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Pubblicato da Aracne Editrice nel mese di Aprile 2018,La tutela risarcitoria contro i danni ambientali tradirettiva 2004/35/CE e d.lgs. 152/2006 è uninteressante ed approfondito volume che l’avvocatoAntonio Aruta Improta ha scritto sul tema dellaprevenzione e riparazione del danno all’ambiente.Antonio Aruta Improta ha frequentato la PontificiaUniversità Lateranense, dove ha conseguito la laureaMagistrale in Giurisprudenza nel 2014, discutendo unatesi in Diritto internazionale-ambientale. Nel 2016 hasuperato l’esame di abilitazione all’esercizio dellaprofessione Forense. Contemporaneamente, hafrequentato il Master in Diritto dell’ambiente pressol’Università degli Studi Roma Tre, all’esito del quale haintrapreso un’esperienza formativa al Dipartimento TutelaAmbientale di Roma Capitale. È membro del movimentodei volontari per il decoro urbano “Retake Roma”.Lo scopo dell’opera è quello di ricostruire, in taleambito, la frammentaria disciplina sulla tutelarisarcitoria contro i danni ambientali offerta dallanormativa comunitaria, ossia la direttiva 2004/35/CE, equella italiana, contenuta nel D.L.vo 152/2006. Inparticolare, la critica muove dalla molteplicità disignificati attribuiti all’ambiente e dalla stessadefinizione di danno ambientale, per poi arrivareall’analisi del regime della responsabilità ambientale edelle azioni finalizzate alla prevenzione e allariparazione dei pregiudizi arrecati alle risorse naturali,con le relative modalità di attuazione. Da ultimo, l’operaaffronta le ipotesi della molteplicità di responsabilidello stesso danno ambientale e della responsabilitàdel proprietario o gestore dell’area compromessa.Gli argomenti trattati in questo libro sono un’occasioneimportante di approfondimento per noi geologi, inquanto, sempre più presente nella praticaprofessionale, il tema della tutela e salvaguardiaambientale, impone l’acquisizione di strumenti dilettura ed interpretazione nel campo giuridico enormativo. Occorre infatti ampliare culturalmente ilnostro orizzonte e iniziare un percorso di formazioneche ci consenta di dialogare ed interagire con il mondodella giurisprudenza, soprattutto verso coloro che, inquesto ambito professionale, si sono specializzati nelcampo del diritto ambientale.In tale logica ho proposto all’Autore di percorrere,insieme, gli aspetti prioritari contenuti nel testo, peraiutarci nell’approccio ad una materia e ad argomentiche richiedono il supporto di testi specialistici equalificati.

AAvvvvooccaattoo AArruuttaa,, ssiiccuurraammeennttee nnoonn ssiiaammoo aallll’’aannnnoo zzeerroonneell ccaammppoo ddeell ddiirriittttoo aammbbiieennttaallee,, ttuuttttaavviiaa mmii sseennttoo ddiiaaffffeerrmmaarree cchhee,, ccoommee ssppeessssoo aavvvviieennee iinn ccaammppoolleeggiissllaattiivvoo,, nneell nnoossttrroo ppaaeessee aabbbboonnddaannoo nnoorrmmeeaarrttiiccoollaattee,, mmaa ppooii èè ssppeessssoo llaa ggiiuurriisspprruuddeennzzaa cchheeoorriieennttaa..Nell’ambito del diritto ambientale, sussiste unconsiderevole problema di certezza del diritto,determinato dalla molteplicità di norme che talvoltasi sovrappongono tra loro e non disciplinano in modochiaro e preciso una determinata fattispecie astratta.Ciò legittima la giurisprudenza a colmare le lacunelasciate dal legislatore ed a decidere un caso

La tutela risarcitoria contro i danni ambientalitra direttiva 2004/35/CE e d.lgs. 152/2006

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A CURA DEL DOTT. GEOL. LUCA GARDONE

Aracne editriceVia Vittorio Veneto 2000020 Canterano (RM)

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I L G E O L O G ORECENSIONE

concreto secondo la propria interpretazione dellaregola giuridica di riferimento.Tale problema, emerge palesemente già sul pianodefinitorio, ove le lacune normative di carattereconcettuale ereditate dai costituenti, hanno prodottonumerose interpretazioni da parte dei giudicicostituzionali e ordinari. Il diritto all’ambientesalubre, difatti, è il frutto di un’interpretazione delcombinato disposto di alcune norme costituzionali,che non menzionano espressamente l’ambiente. Edancora oggi non vi è una definizione di ambiente nénella Costituzione né nel Codice ambientale, tantoche sul punto ha dovuto fare chiarezza sempre lagiurisprudenza, la quale dopo una serie di pronuncecontrastanti ha attribuito, tra l’altro ingiustamente,all’ambiente la nozione (tra le altre) di materia insenso proprio, con un oggetto specifico, circoscritto.Non di rado, poi, il ruolo interpretativo dei giudicitrova applicazione in riferimento alla complessitàdelle norme e alla frammentarietà della disciplina inmateria di prevenzione e riparazione del dannoambientale di cui al D.lgs. 152/2006, che di fatto nonoffrono una sicura protezione dell’ambiente in séconsiderato. Basti pensare al contributo dellagiurisprudenza europea, la quale ha fornito dei criteriestremamente utili per la determinazione del nessocausale, fondamentale per l’imputazione dellaresponsabilità ambientale, sia colposa sia oggettiva,in capo all’operatore.

NNeell ssuuoo lliibbrroo,, ssii rriicchhiiaammaa iill ccoonncceettttoo ddii aammbbiieennttee cchhee,,sseeccoonnddoo llaa nnoorrmmaattiivvaa eeuurrooppeeaa ee nnaazziioonnaallee vviiggeennttee,, èèuunn ssiisstteemmaa bbaassaattoo ssuullllee iinntteerrrreellaazziioonnii ttrraa ttuuttttee lleerriissoorrssee bbiioottiicchhee ee aabbiioottiicchhee;; iinn sseeccoonnddoo lluuooggoo èè uunnddiirriittttoo ssooggggeettttiivvoo eedd aalllloo sstteessssoo tteemmppoo uunn iinntteerreesssseeddiiffffuussoo,, uunn bbeennee mmaatteerriiaallee aannccoorrcchhéé ttrraassvveerrssaallee.. SSoonnoossuuffffiicciieennttii qquueessttii ccoonncceettttii,, ssaanncciittii ddaall ddeettttaattoonnoorrmmaattiivvoo,, oo ssaarreebbbbee nneecceessssaarriioo eelleevvaarree iill ddiirriittttoo--ddoovveerree ddii ttuutteellaa??Un diritto altro non è che una bolla di immunità; finquando l’ambiente rimarrà confinato nell’alveo deidiritti soggettivi, nella sua accezione di dirittoall’ambiente salubre, gli individui riterranno di poteresercitare solamente dei poteri su di esso. A pocorileva il fatto che l’ambiente sia considerato uninteresse diffuso; tale definizione è stata elaboratapiù che altro per conferire alle istituzioni pubbliche lalegittimazione ad agire per la salvaguardia dellerisorse naturali in sé considerate.Ritengo, quindi, che sia necessaria una riformacostituzionale che elevi l’ambiente a diritto-dovere erestituisca allo stesso la qualifica di valoretrasversale, onde poter garantire da una parte, latutela individuale del diritto ad un ambiente salubre;dall’altra parte, una protezione delle risorse naturalipiù efficace, condivisa e, soprattutto,compartecipata, conformemente al principio di

sussidiarietà orizzontale ed al dovere di solidarietàpolitica, economica e sociale previsti nella nostraCostituzione.Ne è un esempio l’ordinamento giuridico brasiliano,nel quale la collocazione della tutela ambientale tra idiritti-doveri costituzionali assume una rilevanzafondamentale.

VVeenniiaammoo oorraa aadd uunnoo ddeeii tteemmii ppiiùù ccoonnttrroovveerrssii oovvvveerrooqquueelllloo ddeell ““ddaannnnoo aammbbiieennttaallee”” eedd aallllaa ssuuaa ddeeffiinniizziioonneeaa ccuuii vveennggoonnoo aattttrriibbuuiittii uunnaa mmoolltteepplliicciittàà ddii ssiiggnniiffiiccaattii..MMii sseemmbbrraa ddii ccaappiirree,, lleeggggeennddoo iill ssuuoo tteessttoo,, cchhee,,ssoopprraattttuuttttoo nneellllaa ddiisscciipplliinnaa nnaazziioonnaallee,, ppuurr rriilleevvaannddoouunnaa ddeeffiinniizziioonnee oommnniiccoommpprreennssiivvaa ddii pprreeggiiuuddiizziiooaallll’’aammbbiieennttee,, ssii aarrrriivvii aa ttiippiizzzzaarree ii ddaannnnii aallllee rriissoorrsseennaattuurraallii.. MMaa ll’’aammbbiieennttee nnoonn ddeevvee eesssseerree iinntteessoo ccoommeeuunn ssiisstteemmaa eeccoollooggiiccoo uunniittaarriioo ee dduunnqquuee aanncchhee llaannoozziioonnee ccoonnsseegguueennttee ddii ddaannnnoo ddoovvrreebbbbee eesssseerreerriieellaabboorraattaa iinn qquueessttaa cchhiiaavvee??In realtà, la definizione generica di danno ambientalecontenuta nella disciplina nazionale, non è chel’erronea ricezione del concetto di “danno”puntualizzato nella normativa europea. Latipizzazione dei danni ambientali, infatti, è giàpresente all’interno della direttiva 2004/35/CE, ed ilD.lgs. 152/2006 di attuazione della stessa, ha ripresoil medesimo schema normativo, capovolgendolo:dapprima si definisce genericamente il dannoambientale, con una disposizione analoga a quellaeuropea che descrive concettualmente invece solo ildanno; poi si articolano le singole fattispecie dipregiudizi alle risorse naturali.Personalmente, non credo che tale impostazionenormativa invertita sia casuale. Con buonaprobabilità, il legislatore italiano ha voluto anteporreuna definizione onnicomprensiva di pregiudizioall’ambiente per onorare le pronuncegiurisprudenziali e le diverse fonti del dirittosovranazionali, che hanno consacrato l’unitarietà delsistema ecologico ambiente. Questo sarebbe pureapprezzabile, ma il problema è che non dovrebbeesserci proprio la tipizzazione dei danni ambientalinella normativa italiana, ed ancor prima, in quellaeuropea cui si è data attuazione.

LL’’uullttiimmaa ppaarrttee ddeellll’’ooppeerraa ssii iinncceennttrraa ssuu ddii uunnaaaapppprrooffoonnddiittaa ddiissaammiinnaa ssuull rreeggiimmee ddeellllaarreessppoonnssaabbiilliittàà aammbbiieennttaallee ee ssuullllee aazziioonnii vvoollttee aapprreevveenniirree ee rriippaarraarree ii pprreeggiiuuddiizzii aallllee rriissoorrssee nnaattuurraallii,,ccoonn llee rreellaattiivvee mmooddaalliittàà ddii aattttuuaazziioonnee.. MMii hhaa ccoollppiittoommoollttoo,, ssuull tteemmaa ddeellllaa rriippaarraazziioonnee ddeell ddaannnnoo ee ssuulllleerreessppoonnssaabbiilliittàà ccoorrrreellaattee,, iill ffaattttoo cchhee nnoonn ssiiaannoopprreevviissttee,, nneellllaa ssoossttaannzzaa,, mmiissuurree ssaannzziioonnaattoorriiee,,iinntteerrddiittttiivvee ee iinniibbiittoorriiee..La quasi totale assenza di misure sanzionatorie,interdittive e inibitorie all’interno della tutelarisarcitoria contro i danni ambientali, come definita

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nella parte sesta del D.lgs. 152/2006, risponde allalogica meramente retributiva del risarcimento deldanno, sino a poco tempo fa dominante all’internodell’ordinamento giuridico italiano. La riparazionecivilistica di un diritto leso, difatti, corrispondeva allareintegrazione della precedente situazionepatrimoniale o di fatto esistente prima del danno,senza aggiungere o togliere nulla. Se subivi unaperdita di cinquanta euro, tale somma avevi diritto ariavere dal tuo danneggiante; se il vicino davaaccidentalmente fuoco al tuo vitigno, avevi diritto alripristino dello stesso, mediante la riparazione delleviti compromesse o, se ciò non era possibile,attraverso la sostituzione delle stesse con viti dellamedesima specie o che fornivano servizi equivalenti.Posto che la normativa europea di riferimento nonosta l’adozione da parte degli Stati membri di misurepiù severe e restrittive, e che da poco tempol’ordinamento giuridico italiano ha accolto l’istitutoanglosassone dei c.d. “danni punitivi”, ossial’applicazione di sanzioni pecuniarie punitive nei casiin cui il danneggiante abbia agito con dolo o colpagrave, la parte sesta del codice ambientale benpotrebbe essere modificata con l’introduzione dimisure più incisive. Ovviamente, tali misuredovrebbero essere comunque controbilanciate daadeguate norme premiali per gli operatori virtuosi,onde evitare la fuga di massa degli stessi verso Statimembri e non, che hanno approvato legislazioni menosevere e più flessibili.

MMaa llee ggaarraannzziiee ffiinnaannzziiaarriiee,, llee aassssiiccuurraazziioonnii ssuuii ddaannnniiddeerriivvaannttii ddaallll’’eesseerrcciizziioo ddii aattttiivviittàà ddeeffiinniitteeppootteennzziiaallmmeennttee ppeerriiccoolloossee,, sseeccoonnddoo lleeii ssoonnoossttrruummeennttii aaddeegguuaattii??La normativa europea auspica l’approvazione, da

parte dei Paesi membri, di adeguate garanziefinanziarie. Attualmente, le norme italiane in materiadi responsabilità ambientale non prevedono nessundovere per gli operatori di stipulare un’assicurazione,neanche per quelli che esercitano attività definitepericolose per l’ambiente o la salute umana dallalegislazione stessa. Considerato che lo Stato italianonon è tenuto ad intervenire in via sussidiaria nei casidi insolvenza da parte dell’operatore responsabile diun danno ambientale, sarebbe opportuno prevedereun obbligo assicurativo almeno per gli operatoriesercenti attività rischiose.

ÈÈ rraaggiioonneevvoollee rriitteenneerree cchhee ll’’uunniiccoo eeffffiiccaaccee ssttrruummeennttooiinn tteemmaa ddii rriissaarrcciimmeennttoo ddeell ddaannnnoo ee ttuutteellaa pprreevveennttiivvaaddeellll’’aammbbiieennttee,, ssiiaa ll’’aapppprroovvaazziioonnee ddeell ccooddiicceeiinntteerrnnaazziioonnaallee iinn mmaatteerriiaa aammbbiieennttaallee??Certamente, soprattutto perché spesso i danniambientali assumono una portata transnazionale.Pensiamo solamente al surriscaldamento globale,che è attualmente la forma più grave di dannoambientale e di minaccia di danno ambientaleprogressiva. È difficile immaginare che si possaaffrontare un problema che investe il pianetarimanendo confinati all’interno del nostroordinamento nazionale. Quale normativa osservare?Che misure attuare? Quale autorità ha legittimazionead agire? Quale giudice ha competenza a giudicare?Chi ha giurisdizione? Dunque, per tutta una serie diragioni è necessario e urgente procedere ad unacodificazione internazionale, adeguata e condivisa,che armonizzi la moltitudine di normative vincolantidi settore. Fatto ciò, si possono modificare earmonizzare le normative europee, conformementealla legislazione internazionale e, quindi, migliorare,da ultimo, la disciplina nazionale.

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Il camino kimberlitico di Udachnaya, l’esempio più noto di doppio caminokimberlitico. È situato nella ragione di Daldyn-Alakit, nel distrettodiamantifero Siberiano. Un’importante caratteristica di questa regione è cheessa contiene, il più alto numero di camini kimberlitici con olivina inalterata,di tutti gli altri distretti kimberlitici della Siberia. Il camino kimberlitico diUdachnaya è formato da due corpi adiacenti, il giovane camino Est e il piùvecchio camino Ovest, che tendono a separarsi l’uno dall’altro a circa 150-270m di profondità. Entrambi i camini hanno una struttura complessa, dovuta alfatto che si sono formati a seguito di almeno numerosi eventi eruttivi.Le rocce del camino Est sono costituite da kimberliti massive con tessituraporfirica con fenocristalli frammentati. Presentano un contenuto in olivinache varia dal 45 al 60%; questo si riflette in un contenuto di MgO molto alto(28-36%). L’olivina è immersa in una pasta di fondo a grana molto fine, di

colore scuro composta da un mix dicarbonati (calcite, shortite [Na2Ca2(CO3)3] ezemkorite [(Na, K)2Ca(CO3)2] ), halite, sylvitee in minor misura flogopite e ossidi opachi.

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I L G E O L O G O

Yakutia 5-6Cristalli frammentati di olivina ed ossidiopachi immersi in una pasta di fondo agrana fine. In alto si nota un cristallorotondeggiante di grabato (isotropo aNX) circondato da un bordo "kelifitico"(bordo di reazione formato da pirossenifibrosi). Immagine a N// e NX,ingrandimento 2x (campo visivo 7mm).

Yakutia 7-8Cristalli frammentati di olivina ed ossidiopachi immersi in una pasta di fondo agrana fine. Immagine a N// e NX,ingrandimento 2x (campo visivo 7mm)

La Kimberlite

GEOLOGIA MICROSCOPICA

A CURA DEL DOTT.

ALESSANDRO DA MOMMIO PHD UNIVERSITÀ DI MILANO

"WWW.ALEXSTREKEISEN.IT"

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Periodico d’informazionedell’Ordine dei Geologi della Toscana

Direttore ResponsabileRiccardo Martelli

Coordinamento editorialeAlessandro Danesi

Consiglio dell’OrdineBarsanti Pietro, Brugioni Marcello, Ceccarelli Francesco, Danesi Alessandro, Frosini Simone, Livi Elisa, Mannori Gaddo,Martelli Riccardo, Parenti Iacopo, Romani Stefano, Salvatori Monica

Commissione scientificaMassimo Baglione, Gianluca Cornamusini, Lorella Francalanci,Roberto Giannecchini, Brunella Raco, Simone Sartini, Enrico Tavarnelli

Comitato di redazioneGiancarlo Lari, Guido Lavorini, Andrea Martini, Donato Merola, Maria Chiara Piccardi, Massimo Della Schiava, Luciano Sergiampietri,

EditoreOrdine dei Geologi della Toscana, Via Vittorio Fossombroni, 1150136 Firenze

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ANNO XXXn. 108

APRILE 2019

Ordinedei

GeologidellaToscana

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Cava di RioliteFoto di: Alessandro Danesi 108

IL GEOLOGO

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