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In f orma ORGANO DI INFORMAZIONE DELLA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI Magazine di cultura casearia dal mondo dei formaggi 7 MARZO 2014 euro 7 ISSN 2281-5120 Trinacria d’oro il concorso 2014 L’altra Sardegna dei pastori casari Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale -70% NO/CUNEO n° 1 anno 2014 Naso elettronico: come funziona Grazie Francesca pioniera dell’Onaf Milano profumo di Expo Milano profumo di Expo

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Informa

ORGANO DI INFORMAZIONE DELLA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI

Magazine di cultura casearia

dal mondo dei formaggi

7MARZO 2014

euro 7ISSN 2281-5120

Trinacria d’oro il concorso 2014

L’altra Sardegnadei pastori casari

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Naso elettronico:come funziona

Grazie Francescapioniera dell’Onaf

Milano profumo di Expo

Milano profumo di Expo

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Siamo in piena crisi economica: inutileleggere i giornali o seguire i Tg percapire quando ne saremo fuori. Tutti i

settori ne sono più o meno coinvolti. Ma idati sul consumo dei formaggi sono positi-vi e in controtendenza e registrano un lieveincremento seppur con un andamentomolto differenziato tra i diversi segmentimerceologici. Fatta questa premessa dob-biamo constatare che non abbiamo certa-mente la pretesa di essere in grado di inci-dere sull’andamento del mercato, ma sonoconvinto che il nostro piccolo mondo èsupportato da una passione incredibile.Una passione seria, forse meno aristocrati-ca e altisonante di ciò che troviamo adesempio nel mondo dei vini ma sicuramen-te concreta e obiettiva. I nostri soci-consumatori con relative fami-glie, amici vari percorrono in lungo e inlargo l’Italia rurale alla ricerca del prodottogenuino e sicuro contribuendo inoltre adivulgare la conoscenza del territorio dovenasce il formaggio. E’ una considerazionenon da poco che non trova analoghiriscontri in altre produzioni ancorché piùnobili e ricercate. Un esempio: Beppe

Caldera. E’ stato su tutti gli alpeggi daOrmea (Cuneo) alla Sicilia visitando centi-naia di malghe e ad ogni ritorno segnalavauna preziosa nuova produzione. Una bellastoria sfociata poi in una pregevole pubbli-cazione.L’Onaf non si limita quindi a prendere posi-zione sulla tipicità del formaggio ma parte-cipa attivamente con altri soggetti alla diffu-sione delle produzioni tradizionali metten-do a frutto quello che la nostra associazio-ne ha in questi anni custodito e trasmessoa oltre 12mila appassionati che hanno fre-quentato i nostri corsi.E’ un piccolo esercito in grado di muoversiverso la giusta direzione di solidarietà eappoggio a chi produce con immutato spi-rito di sacrificio.Non preoccupiamoci troppo e soprattuttonon siamo troppo nostalgici, se il gusto ècambiato, magari è una logica conseguen-za dell’evoluzione dei tempi. Sappiamocomunque che l’impegno e le conoscenzedi chi produce sono migliorate nel tempoperché sono sorrette da una passionechiamata formaggio. Teniamoci InForma.

di PIER CARLO ADAMIPresidente Onaf

Siamo un piccolo esercito

capace di muoversi nella

giusta direzionein appoggio

a chi continua a produrre con

immutato spiritodi sacrificio

L’EDITORIALE

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Una passione chiamata formaggio

I dati sul consumo del formaggiosono in controtendenza e registrano un positivo

incremento

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SommarioAlberto Cirio nominatoMaestro AssaggiatoreOnorario

31Il tricolore alla nazionaledel Parmigiano e Caseus Montanus

32-33Figurine Liebig da leggendadi Gianmario Giuliano

34-35Formaggi a caglio vegetaledi Maria Sarnataro

36-38Il premio Trinacria d’Oro 2014di Antonio Di Falco, Pietro Pappalardo

39-41Serbia: la produzione tipicanelle varie regioni di Simonetta Cortella

42 Evviva la qualità,abbasso lo spreco di Domenico Villani

43 Altri mondi di Massimo Pelagatti

44-45 Le ricette di Fabio Campoli

46 Agendadi Marco Quasimodo

51 Ricordo di Francesca Adinolfi

53 Formaggi in libertàdi Fiorenzo Cravetto

54 La vignettadi Gianni Audisio

3L’editorialedi Pier Carlo Adami

4Alberto CirioM° Assaggiatore Onorario

5La grattugia del direttore di Elio Ragazzoni

7-12Ciao Milano tra sentimento e la magiadei saporidi Fabio Finiani, Tiziano Lanfossi, ElioRagazzoni, Massimo Salvatore, IlariaSantomanco, Valerio M. Visintin

13Peccati di gola di Luigi Cremona

14-15Il naso elettronicodi Giuseppe Zeppa

16Tecnogranda, il futuro del cibo di Dario Vallauri

17-19Che cos’è l’etichetta di Italo Bevione

20-21Album dopCasatella Trevigiana dopdi Bruno Bernardi, Lorenzo Brugnera,Maria Desideria Scilla

22-23L’allerta alimentaredi Enrico Surra

25Il business dell’agromafiavale 14 miliardidi Michelangelo Pellegrino

26-30Voci dalla Sardegnadi Fiorenzo Cravetto, Massimiliano Puggioni,Elio Ragazzoni, Fatima Todde, Pietro Todde

• Presidente e Vicepresidente Onaf nominano Alberto Cirio

PER L’IMPEGNO NELLA PROMOZIONEE VALORIZZAZIONE DELLE DOP NAZIONALI

Domenica 17 novembre 2013 l’Onaf ha conferito il titolo diMaestro assaggiatore onorario ad Alberto Cirio, assessore adIstruzione Turismo e Sport della Regione Piemonte. La motiva-

zione recita: "Per l’impegno costante manifestato nella promozionedei prodotti del territorio e la valorizzazione delle eccellenze, con par-ticolare attenzione alle Dop casearie". La cerimonia si è svolta ad Albain occasione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco nello spaziogestito dall’Onaf per conto dell’Ente Fiera nelle due giornate chehanno sancito la chiusura dell’edizione 2013 della manifestazione. Alberto Cirio, già vice-sindaco ed assessore al turismo del Comune diAlba, vice-presidente dell'Ente Turismo Alba Bra Langhe Roero e alvertice dell'Ente Fiera Nazionale del Tartufo Bianco d'Alba è consiglie-re della Regione Piemonte dal 2005 ed assessore dal 2010. Il neoMaestro Assaggiatore Onorario si è detto particolarmente felice diricevere il riconoscimento proprio «all’ombra del Duomo di Alba», lasua città. Ha quindi sottolineato l’importanza di enti ed associazionicome l’Onaf che operano a tutela e valorizzazione delle tipicità e delleeccellenze nazionali. Ribadendo come Il formaggio sia espressionedelle biodiversità e bandiera del Made in Italy da salvaguardare a tute-la delle aziende e dei consumatori. Ha poi confermato come debbanoessere questi gli argomenti su cui puntare per uscire dal difficilemomento economico. "E’ questo il motivo per cui l’Expo del 2015avrà come tema la qualità e la sicurezza dell’alimentazione - ha conclu-so Cirio - ed è questo il motivo che spinge turisti in tutte le parti delmondo a prediligere “pacchetti-vacanza” che comprendano attivitàlegate all’enogastronomia italiana. Anche in questo evento il formag-gio meriterà una presenza da protagonista".

MARCO QUASIMODO

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le premio raggiunto pare oramai osservazio-ne polverosa e fuori dal tempo.Personalmente riporterei in auge l'atteggia-mento del fondatore delle Olimpiadi moder-ne. Questione di lana caprina, d'accordo, ese non la sbrogliamo noi chi deve farlo? Un'altra questione che appare, veloce, in unservizio su Milano è l'Expò. Immenso eventoche illuminerà nella Città meneghina il palco-scenico mondiale dell'interesse tra qualchecentinaio di giorni. Ho in merito un perversosospetto: la presenza dell'Onaf correrà il

rischio di limitarsi a professio-nali presenze di appoggio indegustazioni e presentazionedi prodotti. Vorrei che capitasse di più,dopo venticinque anni dedica-ti al formaggio immagino chela nostra competenza nel

mondo caseario possa far incidere il nostropensiero anche sui grandi argomenti chesaranno la guida dell'evento internazionale. Iproblemi legati all’alimentazione che ExpoMilano 2015 affronterà dal punto di vistaeconomico, scientifico, culturale e sociale,chiamando a raccolta intelligenze e compe-tenze da tutto il mondo può vedere il formag-gio tra i protagonisti. Noi, storicamentesuoi ambasciatori, saremo al suo servizio,speriamo non solo per offrirlo o portarloin tavola.

Il formaggionon è uno sport

Onaf editorevia Castello, 5 - 12060 Grinzane Cavour - CnPubblicazione bimestrale registrata al Tribunale di Albail 3/9/2012 n. 3/12 R. PeriodiciISSN 2281-5120

Direttore responsabile:Elio Ragazzoni

Comitato ScientificoArmando Gambera - Enrico SurraDaniele Bassi - Giuseppe CasoloGiancarlo Coghetto - Lorenzo NoèMaria Sarnataro - Giampaolo Gaiarin - Paolo Stacchini

Redazione: Telefono/Fax 0173 231108 (ore 11/15) E.mail: [email protected]

Coordinamento editoriale: Fiorenzo Cravetto

Grafica: Grafic line di Roberta BaffaVia Balbis, 15 - Moretta E.mail: [email protected]

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Stampa: Tipolitografia Graph-Art sncVia Galimberti, 75 - 12030 Manta

A questo numero hanno collaborato: Pier Carlo Adami,Gianni Audisio, Italo Bevione, Bruno Bernardi, LorenzoBrugnera, Fabio Campoli, Beppe Casolo, SimonettaCortella, Fiorenzo Cravetto, Luigi Cremona, Antonio DiFalco, Fabio Finiani, Gianmario Giuliano, Tiziano Lanfossi,

Pietro Pappalardo, Massimo Pelagatti, MichelangeloPellegrino, Massimiliano Puggioni, Marco Quasimodo,Elio Ragazzoni, Massimo Salvatore, Ilaria Santomanco,Maria Sarnataro, Maria Desideria Scilla, Enrico Surra,Pietro Todde, Fatima Todde, Dario Vallauri, DomenicoVillani, Valerio M. Visintin, Giuseppe Zeppa e le delegazio-ni provinciali dell'Onaf.

Foto di copertina: Daniele Bonvini.

Garanzie di riservatezza per gli abbonatiL’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati

forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi

dell’art. 7 del d. leg. 196/2003 scrivendo a: InForma - Via Castello, 5 - Grinzane Cavour (Cn)

©Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati

InformaMagazine di cultura casearia

Si è conclusa il mese scorso la secondaedizione del concorso caseario"Trinacria d'oro" che ha premiato i

migliori Pecorini Siciliani Dop. I primi treclassificati erano compresi in una manciatadi punti. Per l'esattezza quattro. Il fatto misuggerisce due considerazioni: una chedimostra come la qualità del prodotto inesame sia stata omogenea e alta, l'altra chela vittoria di una gara può dipendere da varia-bili minime in certi casi addirittura imponde-rabili. Quando si parla di sport siamo oramaiabituati a vedere vittorie gio-cate sul filo dei centesimi disecondo, anzi proprio que-sto entusiasma e crea ten-sione positiva. Ma il formag-gio non è uno sport e biso-gnerebbe trovare il modo ditrasformare le sue gare inconfronti dove il podio sia allargato e la vitto-ria baci i produttori di eccellenza accomu-nandoli sullo medesimo scalino. Per chi nonavrà raggiunto il Top il fatto di aver partecipa-to sarà stimolo a migliorare ed individuarequalche punto debole per non ripeterlo, tuttiinsieme. Sarà difficile che ciò capiti, la nostrasocietà di stampo presenzialista e impregna-ta di arrivismo relega nel dimenticatoio lavecchia e saggia definizione di De Coubertin.Che la partecipazione ad una gara prestigio-sa sia importante quasi alla pari dell'eventua-

All’Expo di Milanola speranza è di far incidere la nostra competenza anche

su grandi temi

““

di ELIO RAGAZZONI

Vorrei che un giorno nei

concorsi caseariil podio potesse

allargarsi accomunando

tutte le eccellenzesul medesimo

scalino

LA GRATTUGIA DEL DIRETTORE

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PRIMO PIANO

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E talvolta penso ancora che sarei stato un uomo diverso, apolide ezingaro, se non avessi incontrato, sulle tavole della mia infanzia, il“formaggio Milano”.

Geometrico e niveo, asciutto e acidulo: mi educò alle sottigliezze del gustoe a un orgoglio intimo e frugale per la mia città. Né per la Madonnina, né per il panettone. Avendo nel sangue eredità d’ogniluogo d’Italia, scelsi Milano per l’Inter nerazzurra e per questo monolitobianco. “Mi dia tre etti di Milano, che mio figlio ne va matto”.“Subito, signora Visintin”.E dire che viaggiavamo nella seconda metà degli anni Sessanta. In una cittàa trazione industriale, il formaggio non poteva esserealtro che quello consigliato dai divi di Carosello, massi-ma rappresentazione di un boom economico in pienodeflagrare. La scelta era limitata a uno sparuto mazzolino di prodot-ti. C’era Johnny Dorelli, per il quale Galbani voleva direfiducia; e c’era Braccobaldo che, con la voce di RenzoPalmer, raccomandava il Formaggino Mio rivolgendosiammiccante proprio ai bambini come me.Eppure, io mangiavo michetta e “Milano”. Talvolta con lafrutta, seguendo un suggerimento di mio padre. Nellestagioni calde, in particolare, con una fetta di melone, inun cimento di contrasti che amerei tuttora, se i meloni

reperibili da noi non avessero assunto, nel frattempo, la dolcezza chimicadel chewingum.Proprio quando l’Inter smise di vincere, però, il mio formaggio mi tradì. Nonrammento il giorno esatto. E non ho mai accertato se si trattò di una rivolu-zione epocale o di un più domestico cambio di bottega. So che accaddesenza preavviso e senza proclami, con inaccettabile indifferenza. “Ti ho preso il quartirolo”, disse mia madre quella volta.“Che cosa?”.“Il quartirolo che ti piace tanto…”. La fetta candida e scarna era la stessa di sempre. Era il nome di battesimoa essere stato sostituito con un quadrisillabo ostico e montano, senza patria

e senza campanile. Non fu allora che diventai adulto,perché non lo sono stato mai. Ma si spezzò, se non altro,il mio vincolo caseario, spalancandomi le porte di un pia-neta sconfinato di formaggi d’ogni origine e natura. Di capra, di vacca, di pecora specialmente. Dal Piemontee dalla Sardegna, dalla Lombardia e dalla Sicilia; da ogniparte di Italia e del mondo. Quando il mestiere di criticogastronomico mi lascia una tregua, la mia dieta casalingaè un’orgia di formaggi.Tuttavia, nelle sere più malinconiche e segrete, pongosul piatto una fetta di quartirolo e, trattenendo una lacri-muccia, gli sussurro con lo stesso amore di un tempo:“Ciao, Milano”.

TRA SENTIMENTOe la magia dei saporiTRA SENTIMENTOe la magia dei sapori

di Valerio M. Visintin

Ciao,Milano

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PRIMO PIANO

Èun sabato mattina, la cittàsonnecchia ancora e lapiazza simbolo e cuoredella città è ancora vuota,apparendo così ancora più

maestosa con le guglie del Duomoche sembrano ergersi come guardiea difesa dei propri cittadini. Frapoco questa piazza sarà tra i luoghipiù affollati, una mescolanza di per-sone, di sguardi, di etnie, di tantimilanesi d’adozione. Poco distante si apre piazza deiMercanti con la suggestiva loggia.Un tempo questa piazza, di formarettangolare e risalente al XIII seco-lo, era il luogo di incontro dei com-mercianti dell’epoca. E da lì partonovarie strade che testimoniano anco-ra oggi l’anima produttiva della città.Ritroviamo infatti via Spadari, viaOrefici, e ancora via Fustagnari o viaCappellari solo per citarne alcune.Ed è proprio in via Spadari cheappare uno dei negozi più famosi diMilano: Peck, il tempio della gastro-nomia. Fondato nel 1883 da unsalumiere di Praga, ha cambiato nelcorso degli anni vari proprietariconfermando sempre di essere unpunto di riferimento per chi è allaricerca delle eccellenze gastronomi-che italiane. Si può trovare di tutto,dai salumi alla macelleria, dai sughi,conserve, tartufi e tanti formaggi e,per chi vuole gustare il tutto contranquillità, è possi-bile fermarsi alristorante con

cucina a vista. Prendendo invece la direzione allespalle del Duomo, e giungendo invia Larga, si incrocia via Bergamini,che ci ricorda un altro spaccato del-l’anima commerciale di Milano edella Lombardia. I bergamini eranoinfatti i mandriani che operavano latransumanza, rappresentando quin-di l’anello di congiunzione tra glialpeggi, dove le mucche venivanocondotte d’estate, e le cascine delmilanese, dove gli animali trovavanorifugio nelle stalle nei mesi inverna-li. Durante il ritorno dagli alpeggi le

vacche, ormaistanche (strac-che) dal viaggio,fornivano il latte

che veniva utilizzato per realizzare lostracchino. Il luogo di incontro escambio dei commercianti e sta-gionatori era invece il cosiddetto ElBurgh di furmag-giatt ovvero l’at-tuale Corso SanGottardo.La passeggiataprosegue poi percorso Italia perimbattersi in unadi quelle botte-ghe dal saporeantico: Faravelli. Questo negozio èspecializzato soprattutto nelle carnidi pregio, ma si trovano facilmenteottimi formaggi e salumi ed altreprelibatezze. E per chi volesse

abbinare un ottimo vino, pocodistante si trova l’enoteca Faravelli. Oggi la città è mutata, per gli acqui-sti, nella stragrande maggioranza

dei casi, ci si recaai centri commer-ciali di cui la peri-feria è piena.Eppure prose-guendo in questalenta passeggiatamattutina si sco-prono luoghi checoniugano il pas-

sato con il futuro. Un esempio èdato da via Paolo Sarpi. LaChinatown di Milano sembra para-dossalmente offrire anche un vis-suto di antico con tanti piccoli

di Massimo Salvatore

PASSEGGIANDOPER MÌLAN PASSEGGIANDOPER MILÀNAlla ricerca del legametra la città e il formaggio

Dal mitico Peckai Bergamini e

Faravelli una parata

di insegne storiche

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di Elio Ragazzoni

Attesa, curiosità, un po’ di mistero e tante aspettative. É quel-lo che vivrà Milano nei prossimi quattrocento giorni, pensan-do all'Expò che accenderà i riflettori universali sulla città. É

iniziato il battage pubblicitario, il logo dell'evento riempie le stradedel centro, ma la gente si chiede con precisione cosa accadrà. C'èl'atmosfera delle grandi occasioni, un'aspettativa a volte un po'incredula aspettando i venti milioni di visitatori che, per forza dicose, ci invaderanno. Milano, asburgica capitale che si è costruita ilruolo di regina della finanza e del commercio italiano, megalopolidi fermenti e trattative, testimone di moda e di affari, un po' tremaall'idea dell'evento planetario.Dovrà inventarsi regina di accoglienza, simbolo dell'ospitaltà, alfie-re delle innovazioni culturali.La città delle grandi fiere commerciali dovrà andare oltre, vistoche nella sua immediata periferia nascerà, su un milione di metriquadri, lo "stato degli stati". Sarà l'esposizione del pensare e delfare di ben centoquarantuno paesi compreso il nostro che dovràpresentarsi al Pianeta, quello reale, come illuminato capace e com-petitivo.I grandi temi dell'evento saranno assicurare il diritto a un’alimen-tazione sana, sicura e sufficiente per tutti, garantire la sostenibili-tà ambientale, sociale ed economica della filiera agroalimentare esalvaguardare la consapevolezza del gusto e della cultura del cibo.Il tutto condito da un impegno intelligente ed ecologico nell’usodella tecnologia e dell’energia. Mica bruscolini per un Universosoffocato da crisi e nuove povertà. Non è più il tempo solo degliaffari, di qui potrebbero partire le idee, le linee guida per vincerele battaglie di un mondo migliore. Questi i propositi, i programmie la convinzione che tutto ciò sia valso il grande investimento effet-tuato.Intanto Milano aspetta, e con lei il formaggio: quale sarà il suoruolo in questa macchina meravigliosa di sapere e informazione? Sequalcuno pensa che il suo ruolo sia di semplice comparsa, di sfon-do a così grandi temi o semplice citazione dell'universo alimentare,quindi della vita, potrebbe sbagliare. Il senso della tradizione piùsana, di una alimentazione sostenibile, di una sopravvivenza garan-tita e di un indiscusso piacere alimentare è parte riconosciuta delleproduzioni casearie in ogni parte dell'universo. L'Italia si presentain merito con realtà invidiabili, non teme nè paventa confronti eunita agli altri partecipanti potrà individuare argomenti e dibattitidegni della immensa manifestazione mondiale.É forte nella Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi, cheda un quarto di secolo di ciò si occupa, l'attesa per conoscere comevivrà l'Expò il prodotto che, da prima di Polifemo in poi, ha segna-to popoli e culture.Per il resto l'organizzazione della Fiera Universale 2015 va avanti,Milano la guarda e si appresta a viverla. Sarà come vedere un sognoche cresce, i giorni oramai sono schegge, i cantieri sono un detta-glio, resta la consapevolezza che il mondo ci aspetta. Madonninacompresa.

Profumo di Expoun sogno che cresce

I mercati si avvicendanoa punti venditaqualificati e custodidella tradizione

A lato, Fabio e Lory, i “Re della Baita”

negozi, dal fruttivendolo allamacelleria e ancora proseguendosu questa strada ci imbattiamo inuna delle botteghe storiche diMilano, “il Re della Baita”, per gliamanti dei prodotti caseari e nonsolo, un piacere della vista primache del palato.Lo spirito dei cittadini di Milano,con la sua anima commerciale,partendo da quella piazza dei mer-canti, si può dire che non è cam-biato, a guardare quanto sia affolla-to il mercato del sabato di vialePapiniano.Ogni giorno della settimana ha il suomercato di strada, rionale. A ogniangolo è un pullulare di banchetti ditanti prodotti tra cui non mancanomai rivenditori di formaggio.Perché si sa che “a Milàn la bocal’è minga straca se la sa no devaca”.

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Ho chiesto a mia madre, alle zie novantenni,ad amici come me milanesi o giù di lì.Niente da fare, di ricette a base di formag-

gio non c'è traccia. In città e dintorni pare che il formaggio fosse usatosolo come "integratore" o molto più nobilmente afine pasto, da solo, come protagonista di per sé,unico, di una parte importante del pasto.Sicuramente senza salsine, cremine e marmellati-ne. Al massimo con le pere. Stiamo parlando deglianni '50 e primi '60, gli anni della mia infanzia.Preistoria oggi, in termini di sviluppo sociale e frui-zione alimentare. La cucina, per niente nouvelle,era molto più legata al territorio e alla semplicità diesecuzione. C'era il Parmigiano Reggiano e ilGrana Padano: più o meno stagionati ma tuttiaccumunati col termine "grana" nell'uso più diffu-so ed invasivo della cucina di allora. Grattuggiatoa mano, con mano leggera, con la grattuggia ricur-va, sparso con abbondanza sututto, indistintamente e imman-cabilmente su ogni primo piat-to: su risotti e pastasciutte,minestre, minestrine e mine-stroni. Si metteva, a pioggia,anche su spinaci, erbette efinocchi, gratinati o semplice-mente lessati. Quello miglioreaveva la crosta nera che adesso sta tornando dimoda e doveva essere accuratamente pulita colcoltello prima di essere conservata per il prossimominestrone. A scaglie solo a fine pasto col bicchie-re di Barbera. Sempre a scaglie come aperitivo,con lo spumantino e si è già negli anni '70.C'era poi il mio formaggio preferito di allora: laCrescenza: bianca burrosa, leggermente acidula,fresca e vagamente sformata dal peso del sieroancora presente. Era il mio preferito sopratuttoperché con i bollini di una particolare azienda sipoteva fare la raccolta degli aeroplanini di allumi-nio. Bellissimi nella loro argentea, monocromaticasolidità: "c'è chi la chiama crescenza e chi la chia-ma stracchino ma voi chiedete sempre certosa ecertosino...". Non si chiamava ancora marketingma la sua funzione l'ha svolta egregiamente: pre-

ferisco ancora quella lì.C'era sopratutto il Gorgonzola: "el gurgunzoela" ilpiù amato o detestato, senza vie di mezzo, perl'odore sopratutto. "El spussa de gurgunzoela" sidiceva di piede poco lavato. Si beveva anche quibarbera, e la tannicità del vino creava distoniepalatali incredibili con le sensazioni trigeminalimetalliche dell'erborinatura. L'accostamento col passito sarebbe arrivato moltopiù tardi, negli anni '80. Intanto c'erano stati il gor-gonzola dolce e la torta di gorgonzola: tentativi più

o meno riusciti di addomesticar-ne l'originale ruvidità. Poi c'eranogli altri formaggi, molto menoconsumati ma con una loro digni-tosa consuetudine: il taleggio, lafontina, il bel paese, l'asiago, qual-che toma, i caprini. Con la fontinasi faceva anche una specie di fon-duta leggera che si metteva a gra-

tinare sugli gnocchi di patate: una delle poche vali-de concessioni al dilagare del parmigiano.La mozzarella era l'unica pasta filata conosciuta.Conosciuta sì, ma consumata occasionalmente emalamente. Purtroppo ero già grande e mi sonoperso un'adolescenza di sapori mediterranei.Assenza completa di caciocavalli, pecorini, cane-strati, scamorze, provole e quant'altro. Il provolo-ne mia madre e le sue sorelle si chiedono ancoracosa c'entri con la valpadana. Chi aveva sentitoparlare del fiore sardo pensava ad una speciebotanica rara. Anni bui, ancora permeati di oscurediffidenze alimentari.L'unico estero, comunque per vicinanza menoforesto dei precedenti, era chiamato, sempre damia madre e sorelle, ma temo da buona parte deimilanesi di allora "el gruviera". Confondendo

LE RICETTEMENEGHINE con il formaggio

di Tiziano Lanfossi

Al centro della cucina milanese con il formaggio

c’è sempre il Gorgonzola

Una volta, era solola spolverata digrana sul risotto

Oggi tanta offerta

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PRIMO PIANO

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Lo spettacolo della produzione della mozzarella ha con-quistato Milano. La sua realizzazione è arrivata nelle vetri-ne della città, dopo essere passata anche per i centri

commerciali. E’ un’avanzata senza soste quella del consumo edella lavorazione del latticino più famoso. La crescita è inizia-ta dal continuo incremento delle mozzarelle trasportate dalsud Italia, diventato un servizio quotidiano. E’ poi iniziata lafase della nascita in provincia dei caseifici artigianali, o agrico-li, specializzati in queste produzioni, o dove la mozzarella èsempre presente.Contemporaneamente vi è stata anche la crescita dei caseifi-ci industriali che lavorano questa pasta filata, sempre pertestimoniare il successo dei latticini anche in Lombardia, laregione con la maggiore produzione di latte e derivati d’Italia.La notevole presenza di allevamenti, e di immigrati dal sud, hainnescato l’intraprendenza per le piccole produzione fresche,di qualità e a prezzi accessibili, create proprio da chi ha lascia-to la propria terra per trovare lavoro al Nord. La cultura dellamozzarella sta proseguendo nella sua diffusione in vaste fascedi milanesi e lombardi, la passione coinvolge tutti i classici lat-ticini meridionali, a esclusione del Fiordilatte campano. I pala-ti dei milanesi si sono abituati a distinguere le diverse pastefilate e a capirne anche la freschezza. I primi piccoli caseificisono sorti nelle aree industriali o ai limiti delle arterie com-merciali dell’hinterland. Qualcuno ha iniziato a mettere invista, la zona di produzione, accanto o dietro il bancone ven-dita. Tra i più noti fuori Milano e in Brianza ci sono SilvestroMandara a Corsico (Mi), Cascina Guzzafame a Gaggiano (Mi),Fattoria Maccazzola a Settimo Milanese (Mi), Nico Milk aCornaredo (Mi), Latteria Agricola di Lainate (Mi), La Murgia aMuggiò (Mb) con punti vendita a Monza e Sesto SanGiovanni, Battipaglia a Brugherio (Mb), Cascina Cortenuova aTruccazzano (Mi). Il più innovativo, è senz’altro l’Amozzarelladi Pogliano Milanese (Mi), che usa latte di bufala per la produ-zione dei suoi latticini, ed è anche pizzeria con mozzarellashow in diretta dai tavoli delle consumazioni. Visto il successo appena fuori dai confini urbani c’è chi hapensato di aprire il proprio caseificio a Milano, come I Trulli invia Varesina e Fior di Latte in via Mac Mahon. In zona corsoLodi c’era la produzione a vista nel supermercato Coop delcentro commerciale Piazza Lodi, e c’è, in via Benaco, il casei-ficio del Centro della Mozzarella, che ha altri cinque punti ven-dita in città, ed è fornitore di numerosi hotel e ristoranti eccel-lenti di Milano. In questo caseificio fanno anche la burrataripiena di stracciatella al gorgonzola, che si trova anche inzona piazza Napoli alla Latteria Pugliese di via Tolstoj, ed èl’emblema dell’incontro tra le culture casearie del nord e delsud Italia.

di Fabio Fimiani

Riscopertala cultura dei latticini

diverse tipologie di formaggi intendevano l'odier-no Emmentaler: il formaggio svizzero coi buchi. Ifrancesi erano visti con timoroso e complessatosospetto; liquidati frettolosamente come troppograssi. Meno male per i nostri.Poi sono venuti gli anni del “bum”. Con le primesciate sono arrivati i pizzoccheri e la zuppa valpel-linenze: piatti gustosi e rispettabilissimi, finalmentecol formaggio protagonista.Sono arrivate anche delle iatture incredibili come itortellini prosciutto e piselli affogati nella panna, ildilagare della rucola nei caprini, i tagliolini salmonee vodka cosparsi di parmigiano, ecc. È in questianni che l'accorta massaia lombarda ha dato ilmeglio di sé, nell'ansia già galoppante del riciclo, siè inventata il risotto ai quattro formaggi: un troiaiopazzesco. Mi scuso per il termine, ma pur sforzan-domi, non riesco a trovare di meglio per quell'in-truglio indigeribile dal sapore indefinito. Dopo, dal'75 in poi tutto è migliorato, la cultura alimentare siè finalmente presa gli spazi pionieristicamenteindicati da Veronelli e discepoli illuminati. Oggi ilformaggio ha un suo consumo attento, una varie-tà di sapori sconosciuti allora, una dimensioneeconomica fra le più rilevanti nell'alimentare, peròqui, dalle mie parti, di vere ricette a base di for-maggio ce ne sono ancora poche.E' vero, sono largamente sperimentate raffinatez-ze di accostamenti: i risotti con la zucca e taleggio,radicchio e montasio, asparagi e caprino. Quelloche forse amo di più con pannerone e pere. Ma ilsublime, la magia del formaggio si raggiunge anco-ra quando lo contemplate annusandolo, da solo, lìnel piatto con al massimo due fette di pere matureal punto giusto e il vino giusto anche quello.Perché, mi ripeto, parliamo di alto lignaggio, di ali-mento nobile. Da trattare con estremo rispetto.

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“Et Mediolani mira omnia…”, “A Milano tutto è meraviglioso”: così scrivevail poeta latino Decimo Magno Ausonio nel IV secolo d.C., decantando lenumerose virtù di questa città. In uno dei cortili del Castello Sforzesco

un’alta stele reca il testo completo, prudentemente tradotto nella didascalia alato.Forse non tutti sanno che, all’epoca della Tetrarchia, Milano ebbe l’onore diassumere il ruolo di capitale dell’Impero romano d’Occidente, che mantennedal 286 al 402 d.C. Per un miglior governo dell’impero, divenuto ormai vastis-simo, Diocleziano decise di occuparsi dell’Oriente dalla sede di Nicomedia,affidando a Massimiano il compito di presiedere su Italia e Africa, dalla città diMilano, mentre Galerio e Costanzo Cloro si sarebbero occupati delle restantiaree.Di questo periodo glorioso restano testimonianze scritte e vestigia ancora visi-bili. Nei pressi di corso Magenta, dove sorgevano gli edifici imperiali che ospi-tarono numerosi imperatori, da Costantino a Teodosio I, esattamente in viaBrisa, si scorgono i resti di una parte del complesso riservata agli ospiti – danon confondere con le imponenti terme situate nei dintorni di piazza SanBabila. A breve distanza si erge imponente una torre poligonale della cintamuraria, con 24 lati, vicino alla più esile torre del circo, inglobata nel campani-le della chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore. A due passi dall’attuale piazza del Duomo era situato il foro, il fulcro della città,dove si svolgevano le principali attività civili e religiose. Mentre si innalzano ipadiglioni destinati ad ospitare l’Expo 2015, Milano non dimentica il passato: illastricato del foro, rinvenuto tra le fondamenta della Pinacoteca Ambrosiana, èstato di recente aperto al pubblico.Rispetto al teatro, la cui planimetria è affissa sul lato di Palazzo Mezzanotte –noto come palazzo della Borsa – in piazza Affari, certamente più scenograficoè il complesso delle 16 colonne con capitelli corinzi davanti alla Basilica di San

Lorenzo. Conviene però varcare l’ingresso della chiesa: sulla destra uno splen-dido portale del I secolo, con tanto di divinità impegnate in una corsa sullebighe, dà accesso alla cappella di sant’Aquilino, protettore dei facchini.Avanzando senza timore dietro l’altare del santo, una scaletta conduce alle fon-damenta, che furono realizzate con grossi blocchi di pietra prelevati dalla vici-na arena. Quelli rimasti in loco sono visitabili nell’ameno parco archeologicocon ingresso da via De Amicis.In corso Vittorio Emanuele è il Sciur Carera a farci fare un tuffo nella storia.“Dove?”, o meglio “Vicino a quale negozio?”, chiedono meravigliati milanesi eforestieri, più attratti dalle vetrine luccicanti. Esattamente di fianco all’ingressodi Zara, al civico 13. Porre tal quesito agli amici permette di scommettere unabottiglia e di avere la vittoria in tasca. L’Omm de preja, uomo di pietra, è la sta-tua di un individuo che indossa una toga, privo delle braccia, sul cui basamen-to è scolpita un’epigrafe: Carere debet omni vitio qui in alterum dicere paratumest, ossia “Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a sparlare di un altro”.La storpiatura della prima parola dà origine al nome Sciur Carera, signor Carèra.In passato, gli ardimentosi osavano affiggere alla statua qualche scritto satiricoper manifestare il proprio dissenso politico.Se la testa del Sciur Carera non è autentica, lo sono invece i ritratti della fami-glia dei Vettii, forse negozianti di stoffe, finemente scolpiti nella stele funerariamurata nel 1861 sulla Porta Nuova, in via Manzoni: certo un fausto auspicioper la zona oggi rinomata come “il quadrilatero della moda”.Ci sarebbero molte altre vestigia romane da visitare, ma è tempo di ristorarsicon un ottimo bricco di cioccolata nel tempio della pasticceria milanese,Sant’Ambroeus, non prima però di aver ammirato in vetrina le decorazioni arti-stiche delle torte, spesso in tema con qualche avvenimento meneghino, dal-l’inaugurazione della nuova stagione scaligera, passando per le opere in cartel-lone, le festività, o a tema libero secondo il brio estroso dei pasticceri.

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PRIMO PIANO

di Ilaria Santomanco

Milano capitale

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Milano

Pane e AcquaA Milano un piccolo e accoglienteristorante dall’ambiente intimo e rac-colto. Un locale il cui arredamentoaffianca elementi classici a veri e pro-pri pezzi di design, dalle sedie colora-tissime al grosso tavolo con ripiano incristallo e sorretto da un insieme dipentole. L’attenzione ai dettagli, nel-l’arredamento e nei piatti dello chefFrancesco Passalacqua, lo rendonoun delizioso corner gourmet nelcapoluogo lombardo. Una clientelaaffezionata che non tradisce lo chefFrancesco Passalacqua che a duepassi da Sant’Ambrogio propone unacucina leggera e attenta alle materieprime in cui parole chiave sono qualità e stagionalità. Pane e Acqua

non possiede un vero e pro-prio carrello dei formaggi malo chef ha pensato ai suoiclienti amanti del genere perpoterne assaporare i partico-lari. Albese di origine, non famai mancare al suo ristoranteformaggi quali: la Robiola diRoccaverano, il Bra ciuk, il Bludel Moncenisio e delle Vallidi Lanzo o la Margotta, pic-cola toma d’alpeggio. Il for-maggio preferito dallo chef èsenza dubbio il Blu che trovala sua massima espressionenel risotto mantecato al Bludelle Valli di Lanzo con gam-beri rossi e olio di noccioledelle Langhe.

Pane e Acqua Via Matteo Bandello, 14MilanoTel. 0248198622www.paneacqua.comchiusura domenica pranzo e cena

Roma

La Torre a Villa Laetitia In uno dei quartieriche stanno “fermen-tando” maggiormen-te dal punto di vistaenogas t ronomicodella capitale, Prati,si trova questosplendido ristoranteall’interno del lus-suoso albergo VillaLaetitia di proprietàdi Anna Fendi. DaViterbo i saporiautentici e le tecniche dello chef Danilo Ciavattini sono approdati nellacapitale in questo locus amoenus, caratterizzato dalla semplicità deidettagli con ogni angolo minuziosamente curato nel minimo particola-re. La cucina dello chef è misto tra tradizione ed innovazione e il car-rello dei formaggi è uno dei meglio assortiti della capitale. Su di esso,per l’appunto, si trovano sapori nazionali ma anche d’oltralpe, Montd’Or e Pont l’Eveque su tutti, mentre, per quel che riguarda la produ-zione casearia italiana, si trovano il Blu di Bagnoli, la Fontina, il

Parmigiano delleVacche Rosse e ilPecorino di Fossa.Lo chef DaniloCiavattini prediligeperò il PecorinoRomano dop intutta la sua versati-lità e lo si puòassaporare in unadelle sue ricettemeglio riuscite: ilsavarin di pecori-

no che viene, a seconda della stagione, accompagnato da diversi tipidi verdure, dalla spuma di cicoria al carciofo romano. Da non perdereanche il soufflé di fontina con marmellata di cipolle salata.

Villa Laetitia RomaLungotevere delle Armi 22/23Tel. 0645668304Mail: [email protected] domenica e lunedì

di LUIGI CREMONA

Peccati di gola

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Da alcuni anni uno strumento di analisi, il “naso elettronico” è dive-nuto oggetto di dibattito e sta attirando l’interesse di molte perso-ne che si chiedono come funziona e, soprattutto, se e come possa

sostituire/integrare il naso umano. In queste poche righe cercheremoquindi di fornire un quadro generale sull’argomento e delle risposte adalcuni dubbi rimandando per ulteriori approfondimenti alla sterminatabibliografia sul tema. Innanzi tutto vi è da precisare che il naso elettronico è un sistema biomi-metico, ossia un sistema progettato per imitare il funzionamento dei siste-mi olfattivi presenti in natura ed in particolare di quello umano. Il nasoelettronico quindi raccoglie ed elabora le informazioni fornite da specificisensori che producono un segnale elettrico quando vengono posti a con-tatto con molecole volatili. Detto segnale, opportunamente elaboratomediante algoritmi matematici, consente di effettuare analisi sia qualitati-ve che quantitative e discriminare i campioni in funzione dei rispettivicomponenti volatili.Il naso elettronico risulta costituito da tre strutture: un sistema di introdu-zione del campione, una batteria di sensori ed un software di interpreta-zione dei segnali forniti dai sensori.Il sistema di introduzione è in genere una semplice pompa che aspira l’ariaposta intorno al campione e la invia sulla batteria di sensori ossia unastruttura elettronica, spesso delle dimensioni di pochi millimetri quadrati,in cui sono poste strutture elettrochimiche in grado di reagire in modo

temporaneo coni composti orga-nici trasportatidal flusso di aria.Fornirà comerisposta unsegnale elettricola cui intensità èproporzionalealla concentra-zione della

molecola. Esistonovarie tipologie di sensori con diversa selettività e sensibilità (MOS,MOSFET, piezoelettrici, biologici) ed il loro numero all’interno di un nasoelettronico può variare da 8 a circa 30. E’ evidente che maggiore sarà ilnumero di sensori presenti e più elevata sarà la selettività dello strumen-

to e la sua capacità discrimi-nante.Il segnale prodotto dai sensoripassa infine ad un sistema chepuò semplicemente convertir-lo in un dato numerico o, inalcuni casi, elaborarlo ed utiliz-zare il risultato anche per effet-tuare attività esterne quali l’ac-censione di un segnale di allar-me od altro.La disponibilità di un vastonumero di sensori e la minia-turizzazione degli stessi haconsentito di sviluppare unvasto numero di nasi elettroni-ci che vengono utilizzati sianella ricerca che nel controllodi processo/prodotto edambientale. Il naso elettronico presentainfatti tre significative peculia-rità: può operare su sostanzetossiche o in ambienti ostili, hauna elevata sensibilità e puòoperare su sostanze non per-cepibili dall’uomo.Così si hanno nasi elettroniciper il controllo delle emissionigassose delle discariche, del-l’aria nei moduli spaziali o della presenza di droghe od esplosivi nei baga-gli in transito agli aeroporti, per la rilevazione di patologie umane e per ilcontrollo di processo/prodotto in tutti i settori produttivi compreso quel-lo agro-alimentare.In quest’ultimo ambito il naso elettronico è stato spesso confrontato conil naso umano e ci si è chiesti se e come quest’ultimo potesse esseresostituito dal primo. In realtà il problema non sussiste ed i due approcci,l’umano e lo strumentale, non solo possono ma devono convivere edintegrarsi. Dove il naso può sostituire l’uomo? Laddove si renda necessa-rio un semplice confronto fra componenti volatili e quindi fra profili. Cosìin uno studio di shelf-life (scadenza del prodotto) si può evidenziare l’evo-luzione della frazione volatile e stabilire in quale momento si è raggiunto

IL NASO ELETTRONICODalla rete di neuroni alla rete neurale: l’affascinante storia di uno strumento di analisi

di Giuseppe Zeppa

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IL LATO TECNICO

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il limite di accettabilità. Oppure valutare se il profilo della frazione volatiledel prodotto ottenuto durante un processo produttivo sia significativa-mente diverso da quello del prodotto di riferimento cosìda ottenere una standardizzazione nel processo produt-tivo.Dove il naso non può invece sostituire l’uomo? Laddovesi renda necessario trasformare l’informazione raccoltadai sensori in una descrizione in quanto al momentoattuale il naso non è in grado di trasformare il segnale indescrittori sensoriali quali rosa, viola, geranio od altri. Inquesti casi l’uomo rimane quindi, al momento, l’unicostrumento utilizzabile. Nello stesso modo l’uomo non può essere sostitui-

to laddove si debba “interpretare” il segnale odoroso o si debba utilizza-re il segnale stesso come indicatore di una tecnologia od un’area di pro-

duzione (e quindi di una tipicità) od ancora si debba inte-grare la caratteristica olfattiva con quella provenientedagli altri sensi al fine di definire l’idoneità al consumo ola tipicità di un prodotto.Gli assaggiatori quindi non hanno nulla da temere dalnaso elettronico in quanto il loro ruolo non è al momen-to messo in discussione da questo strumento soprattut-to se sanno far propria una delle sue principali caratteri-stiche che invece spesso difetta agli assaggiatori umani:

l’oggettività di valutazione.

Raccoglie ed elaborale informazioni

da specifici sensoricon effetto “scossa”

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IL LATO TECNICO

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Tecnogranda è un centro per l'innovazione tecnologicae di servizi alle imprese nato nel 2002 a Dronero(Cuneo). Opera all'interno della rete dei parchi scienti-

fici e tecnologici piemontesi e lavora in collaborazione conUniversità, Politecnico e altri centri di ricerca sul territorio. Iprincipali settori di attività comprendono la ricerca e svilup-po, il trasferimento tecnologico, i servizi alle imprese e i testdi laboratorio. I laboratori presenti all’interno del parcosono funzionali alla crescita delle aziende situate sul territo-rio, disponendo di strumentazione all’avanguardia per potereffettuare studi di sviluppo di nuovi materiali, sviluppo dinuove tecnologie e possibilità di risolvere problematiche diproduzione tramite l’utilizzo di strumenti non reperibili innormali laboratori di controllo qualità.Nel contesto di specializzazione per poli di competenza alivello regionale, la provincia di Cuneo è quella a maggiorvocazione agro-alimentare e Tecnogranda si focalizza sullamissione di Parco Scientifico Tecnologico per l’agro-indu-stria. Il Polo di Innovazione Agroalimentare della RegionePiemonte si è costituito nel corso del 2009 in forma di

associazione temporanea di scopo. La missione del Polo diInnovazione Agroalimentare è quella di interpretare ladomanda di innovazione da parte delle aziende piemontesidel comparto agroalimentare, in particolare delle piccole-medie imprese, e di agevolarne l'accessibilità a servizi avan-zati per migliorare la competitività dell'agro-industria pie-montese nel breve e medio termine e per favorirne, attra-verso l’innovazione, l’internazionalizzazione necessaria avincere le sfide presentate dall’evoluzione del trend delmercato. Il network del Polo Agroalimentare della Regione Piemonteè coordinato dalla società Tecnogranda SpA, designato dallaRegione Piemonte in qualità di cluster manager. Il modelloutilizzato per il raggiungimento di questo obiettivo ambizio-so è la messa in rete della conoscenza derivante dall'indu-stria, dal mondo della ricerca, dalle istituzioni e tutte le risor-se del territorio che possono operare a supporto dell'inno-vazione e della competitività del settore agro-industriale. IlPolo Agroalimentare coinvolge pertanto grandi, medie epiccole imprese e i consorzi di filiera agro-industriale inambito regionale, oltre alle università, i principali centri diricerca e laboratori presenti sul territorio piemontese attivinel settore agroalimentare.

di Dario Vallauri

Nel Parco dell’innovazione agroalimentare made in Piemonte tra ricerca e servizi d’avanguardia alle imprese della filiera

TECNOGRANDA, il futuro del cibo

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FOCUS

Sì, l’etichetta dei prodotti alimentari è oggi uno strumentoindispensabile per informare correttamente il consuma-tore e garantire la libera circolazione delle merci secondo

le regole della giusta concorrenza.I consumatori dovrebbero prestare attenzione agli alimenti cheacquistano: leggere attentamente l’etichetta, evitando di trala-sciare alcune informazioni, che sono fondamentali, ma questopuò accadere perché notevoli sono le difficoltà di lettura e dicomprensione dei contenuti.Spesso le etichette sono piene di indicazioni che possono nonavere significato, né in termini di sicurezza alimentare, né diappetibilità e nemmeno di valore nutrizionale, ma risultano alti-sonanti, accattivanti, e ad una prima e veloce lettura catturanol'attenzione del consumatore, portandolo ad acquistare pro-dotti che in realtà non corrispondono alle sue necessità. Avolte le etichette non indicano cosa contengono i prodotti, macosa non contengono: non ci si dovrebbe vantare dell’assenzadi ingredienti “non graditi”, ma della presenza di ingredienti dialta qualità.In Italia non si possono vantare meriti salutistici se non sonoprovati da studi scientifici, capita così che alcune aziende sug-geriscano effetti benefici “dubbi”, scrivendo cioè che i loro pro-dotti non contengono determinate sostanze, come se l’assen-za di grassi idrogenati, per fare un esempio, significasse da solache il prodotto fa bene alla salute.Gli avvenimenti che negli ultimi anni hanno colpito il settoreagroalimentare, come nel caso della pericolosa epidemia diencefalopatia spongiforme bovina, meglio conosciuta comemorbo della “mucca pazza”, hanno accresciuto l’attenzione sultema della sicurezza alimentare, aumentando nel contempo ladiffidenza nei confronti di alcuni prodotti alimentari. Inoltre l’in-troduzione della produzione su larga scala e la globalizzazionedegli scambi commerciali hanno fatto sì che il legame tra ven-ditore e consumatore si sia via via allentato e si sia evidenziataCO

S’È

L’ETI

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di Italo Bevione la necessità di garantire la sicurezza alimentare anche attraver-so la compilazione adeguata dell’etichetta.I consumatori richiedono etichette con maggiori informazioni edi migliore qualità, cioè precise, semplici e comprensibili.D'altro canto le aziende ritengono necessaria una semplifica-zione della normativa, poiché attualmente vi sono molte normedi riferimento, a volte non chiare se non addirittura in contrap-posizione.Proprio per questo motivo le etichette sono state al centro diun'intensa attività normativa, con l’obiettivo di dare un'informa-zione corretta e trasparente sulle caratteristiche dell'alimento egarantire un elevato livello di protezione della salute e degliinteressi dei consumatori, fornendo le basi per effettuare scel-te consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro.

LA NORMATIVA NAZIONALEED EUROPEA SULL’ETICHETTATURALa normativa sull’etichettatura dei prodotti alimentari nacquenel 1978 con la direttiva 79/112/Cee, che fu recepita in Italiamediante il Decreto 109/1992. Nel 2003 la direttiva79/112/Cee fu abrogata dalla direttiva 2000/13/Cee. In Italia,il legislatore anziché emanare una nuova norma, continuò adapportare modifiche a quel decreto che, ancora oggi, è il rife-rimento nazionale per l’etichettatura dei prodotti alimentari.Dopo un complesso iter in cui si sono susseguite emanazionied abrogazioni di normative, il 25 ottobre 2011, il Parlamentoeuropeo ed il Consiglio hanno adottato il Regolamento (Ue)1169 “relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti aiconsumatori”.Il regolamento europeo ha introdotto diverse novità che riguar-dano, tra l’altro, la presentazione delle indicazioni obbligatorie,la leggibilità dell’etichettatura (è previsto un corpo minimo peri caratteri utilizzati in etichetta), la responsabilità degli operato-ri, nonché l’obbligatorietà dell’indicazione della dichiarazionenutrizionale. Restano in sospeso le novità relative all’indicazio-

Segue a pagina 18

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FOCUS

ne obbligatoria dell’origine di alcuni prodotti (peresempio le carni diverse da quelle bovine, il latteusato quale ingrediente di prodotti lattiero-casea-ri, etc.), in quanto subordinate a ulteriori valuta-zioni.

L’entrata in vigore di un regolamento, teorica-mente, dovrebbe consentire l’eliminazione delledivergenze attualmente presenti negli Stati mem-bri, ma in realtà il regolamento ha concesso unacerta discrezionalità agli Stati membri. Inoltre, qualora ricorrano motivazioni quali a)protezione della salute pubblica; b) protezionedei consumatori; c) prevenzione delle frodi; d)protezione dei diritti di proprietà industriale ecommerciale, delle indicazioni di provenienza,delle denominazioni d’origine controllata erepressione della concorrenza sleale”, gli Statimembri possono adottare disposizioni richieden-ti ulteriori indicazioni obbligatorie per particolaritipi o categorie di alimenti.

L’ETICHETTATURA DEI FORMAGGILe aziende che producono e commercializzanoformaggi devono etichettare i propri prodotti,seguendo le indicazioni fornite dalla normativaspecifica di riferimento. L’inserimento in etichetta del nome “formaggio”senza altre aggiunte è riservato ai derivati del lattevaccino (vacca), mentre in caso di utilizzo di altrilatti il termine “formaggio” deve essere accompa-gnato dalla specie da cui proviene, ad esempio:

formaggio pecorino: deriva dal latte di pecoraformaggio caprino: deriva dal latte di capraformaggio bufalino: deriva dal latte di bufalaformaggi misti: latte bovino, latte caprino, etc.

La normativa prevede che il formaggio, cometutti i prodotti alimentari, possa essere vendutopreconfezionato o sfuso, definendo per ognunadelle due modalità indicazioni specifiche dariportare nell’etichetta.

CINQUE PUNTI DA RISPETTARE• L’etichetta deve assicurare la corretta e traspa-

rente informazione del consumatore• Non deve indurre in errore l’acquirente sulle

caratteristiche del prodotto alimentare• Non deve attribuire al prodotto effetti o pro-

prietà che non possiede• Non deve suggerire che il prodotto possiede

proprietà, caratteristiche particolari quandotutti i prodotti analoghi possiedono caratteri-stiche identiche

• Non deve attribuire al prodotto proprietà attea prevenire, curare o guarire una malattia.

L'obiettivo della normativa (comunitaria e nazionale) sull’etichetta-tura è dare un'informazione adeguata sulle caratteristiche dell'ali-mento (vedi manchette a parte). Perciò, se letta con attenzione,può costituire un utile strumento per orientarsi nella grande varie-tà dei prodotti alimentari, che il mercato offre, e scegliere quellopiù adatto alle proprie esigenze nutrizionali, al proprio stile di vita eche ha il miglior rapporto qualità/prezzo.Forse non tutti sanno che alcune informazioni sono obbligatorieper legge, mentre altre sono facoltative e complementari, anche sela loro adozione comporta il rispetto di normative. Il produttoreche decide di aggiungere tali informazioni in etichetta, dopo averinserito quelle obbligatorie, deve comunque seguire una normati-va specifica che riporta quali indicazioni ulteriori si posso-no aggiungere e con che modalitàLa legge non vieta queste forme di pubblicità, ma impo-ne che tali messaggi risultino veritieri e non siano formu-lati in modo da trarre in inganno il consumatore, chespesso è attratto nelle scelte proprio da questo tipo diinformazioni.Tra le indicazioni facoltative, che più comunemente si tro-vano nell’etichetta dei prodotti alimentari, vi sono quelle ditipo nutrizionale e di tipo salutistico, i cosiddetti “claim”. IlRegolamento europeo 1924/06 riporta l’elenco delle indi-cazioni nutrizionali consentite, ne sono esempio “a bassocontenuto calorico”, “senza grassi”, “ricco di fibre”, etc. Iproduttori devono utilizzare esclusivamente i claim autorizza-ti per ognuno dei quali sono stati definiti i requisiti che devo-no possedere gli alimenti cui sono destinati. Ad esempio sipuò indicare “a basso contenuto di grassi” nell’etichetta di unalimento, solo se esso contiene il quantitativo di grassi indica-to nella normativa, altrimenti non si può utilizzare.I claim salutistici in generale sono vietati, ma la normativa comu-nitaria introduce una deroga a tale principio, purché le aziendeutilizzino esclusivamente quelli autorizzati. Il Regolamentoeuropeo 432/2012 riporta l’elenco delle indicazioni sullasalute (circa 200) che possono essere riportate nell’eti-chetta dei prodotti, purché si rispettino le condizionipreviste dalla normativa stessa. Un altro tipo di infor-mazioni facoltative è rappresentato dai messaggi, uti-lizzati ai fini commerciali, per esaltare alcune caratte-ristiche dei prodotti alimentari. Sono usate per “defi-nire” meglio il prodotto, si possono riferire a partico-lari metodi di lavorazione, alla varietà delle materieprime impiegate.Fra i termini più utilizzati, in maniera non sempre adeguata, vi sonoextra, fresco, etc.: in alcuni casi (es. latte fresco) è la normativache definisce le caratteristiche che devono possedere i prodottiper potersene fregiare. In altri casi, cioè in mancanza di riferimen-ti legislativi, è il produttore che deve definire e documentare lecaratteristiche peculiari che possiede il suo prodotto, in assenzadelle quali non può inserire tali indicazioni in etichetta. Le informa-zioni obbligatorie devono assicurare la corretta e trasparente infor-mazione del consumatore, devono essere palesi, veritiere, corret-te e documentabili.Anche le immagini e i simboli, riportati sulle confezioni, sono parteintegrante dell’etichetta, quindi non devono indurre in errore o inconfusione il consumatore: riportare ad esempio il disegno dellamontagna su un panetto di burro che viene prodotto in pianura equindi non ha nulla a che fare con la montagna, nemmeno perquanto riguarda l’origine del latte, è ingannevole, quindi non cor-retto.

Come leggere l’etichettaSegue da pagina 17

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I prodotti preconfezionati (opiù comunemente “confezio-nati”) devono riportare in eti-chetta le seguenti indicazioniobbligatorie:• Denominazione di vendita. • Elenco ingredienti. Nei for-

maggi l’indicazione degliingredienti non è richiesta,purché non siano stati aggiun-ti ingredienti diversi dai costi-

tuenti propri del latte, dalsale o dagli enzimi e col-

ture di microrganisminecessari alla loro

fabbricazione; inogni caso l’indicazione del saleè richiesta per i formaggi fre-schi e per i formaggi fusi.Quindi ad esempio per unformaggio contenente ingre-dienti quali noci, olive, pepe,etc. è obbligatorio riportarel’elenco degli ingredienti, inol-

tre se tali ingredienti sono cita-ti nella denominazione di vendi-

ta o rappresentati medianteimmagine grafica in etichetta (es.

disegno), quindi caratterizzanti per ilprodotto, occorre riportarne anche la

quantità espressa come percentuale. Si segnala, tuttavia, che in caso di utilizzo diingredienti definiti “allergeni” dalla normativa,la loro indicazione è sempre obbligatoria:

• Quantità netta o, nel caso di prodotti precon-fezionati in quantità unitarie costanti, la quanti-tà nominale.

• Termine minimo diconservazione o datadi scadenza. • Nome o ragionesociale o marchiodepositato e sede odel fabbricante o del confezionatore odi un venditore.• Sede dello stabilimento di fabbricazio-ne o di confezionamento. Nel caso di

prodotti preconfezionati che riportano labollatura sanitaria (marchio d’identificazio-

ne) può essere omessa.• Lotto del prodotto. E’ determinato dal pro-

duttore o dal confezionatore del prodotto ali-mentare o dal primo venditore stabilito nellaComunità economica europea ed è appostosotto la propria responsabilità; esso figura inogni caso in modo da essere facilmente visibi-le, chiaramente leggibile ed indelebile ed èpreceduto dalla lettera “L”, salvo nel caso in cuisia riportato in modo da essere distinto dallealtre indicazioni di etichettatura. Nei prodotti incui il termine minimo di conservazione figuracon la menzione almeno del giorno e del mesenon è richiesta l’indicazione del lotto (quindi se iltermine minimo di conservazione o la data di

scadenza sono indicati con il giorno ed il mese,non è obbligatorio riportare il lotto in etichetta).Tuttavia è un’indicazione utile ai fini della rintrac-ciabilità del prodotto, per questo motivo moltiproduttori decidono di mantenerlo.

• Marchio d’identificazione (sostituto del bolloCE), se il prodotto proviene da uno stabilimen-to soggetto a riconoscimento. Non sono sog-getti all’obbligo di riconoscimento i caseificiaziendali che cedono direttamente i loro pro-dotti al consumatore finale e/o ad altri esercizidi commercio al dettaglio/somministrazionenell’ambito della stessa provincia o di provinceconfinanti e a condizione che non rappresentil’attività prevalente dell’impresa in termini divolumi, ma costituisca un’attività marginale.

• Modalità di conservazione e di utilizzazione,qualora necessarie (es. temperatura).

• Istruzioni per l’uso, se necessarie.La denominazione di vendi-ta, la quantità, il termineminimo di conservazione ola data di scadenza devonofigurare nello stesso campovisivo.I prodotti sfusi o preincartati

devono essere muniti di apposito cartello (chesostituisce l’etichetta), applicato ai recipienti cheli contengono oppure applicato nei comparti incui sono esposti per la vendita al consumatore.Sul cartello devono essere riportate:• denominazione di vendita;• elenco degli ingredienti, salvo i casi di esenzio-

ne;• modalità di conservazione per i prodotti ali-

mentari rapidamente deperibili, ove necessa-rio.

I formaggi che hanno ottenuto un marchio rico-nosciuto (Dop, Igp, Stg), oltre alle indicazioniobbligatorie di etichettatura, seguono ulterioridisposizioni previste da normative specifiche diriferimento. Tali prodotti presentano caratteristi-che chimico-organolettiche distintive rispetto aglialtri appartenenti alla medesima categoria mer-ceologica, che derivano dall’ambiente geograficoin cui sono stati ottenuto o dal metodo di produ-zione.

Norme rigorosee precisi codicidi trasparenza

““

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Primo e unico formaggio fresco e molle italiano a essersi aggiudicato ladenominazione di origine protetta, nel 2008, orgoglioso prodottodella cosiddetta “Marca Gioiosa”, la Casatella Trevigiana deriva il suo

nome da un’umile origine casalinga. Era infatti ottenuta nelle cucine di casa,dove le massaie lavoravano il poco latte disponibile. Fino agli anni successivi all’ultima guerra, quando ancora nel Trevigiano eraviva e vegeta la mezzadria, nelle piccole aziende agricole la mungitura eracompito delle donne di casa, che usavano il latte ricavato per preparare unbuon formaggio fresco dopo averlo privato della panna che serviva per fareil burro. Ottenevano, con pochi gesti esperti ed attrezzi rudimentali, un for-maggio molle, non cotto e a rapida maturazione, gradevole e spesso l’uni-co companatico nella magra dieta dei contadini. La tradizione lo voleva pro-dotto principalmente invernale, quando il latte risultava migliore e più riccodi grasso, e quando le temperature ne permettevano una miglior conserva-zione. Accadeva anche di dover andare a chiedere “a prestito” dalla vicina,la quantità di latte mancante per ottenere almeno una “formetta” da mette-re in tavola. «Quello che poi ha preso il nome di “prestanza del latte” nonera altro che una generosa e semplice forma di solidarietà, che ha creato lebasi della futura cooperazione che nel ventesimo secolo sarà un pilastrodella produzione casearia locale. Con la meccanizzazione e il progresso intutti i campi dell’agricoltura, anche la remota tradizione casalinga di produr-

re questo formaggio direttamente in famiglia è stata pian piano abbandona-ta. Con il passare del tempo alla lavorazione del latte nelle case si sono sosti-tuite le latterie turnarie, che lavoravano secondo un calendario predetermi-nato il prodotto familiare. Poi sono arrivati i caseifici, alcuni cooperativi, altria carattere artigianale e industriale, ai quali si deve il perfezionamento delsistema di produzione della nostra Casatella Trevigiana. Oggi viene prodottatutto l’anno partendo da latte intero ed è diventata un formaggio più unifor-me e di qualità che in passato. A questi caseifici si deve anche il suo succes-so: vi hanno creduto in diversi e vi stanno credendo con maggior forza ora,grazie al conseguimento della Dop».

LA SCHEDA

Il Disciplinare. Il latte deve provenire solo dalle stalle presenti nella provin-cia di Treviso, che nella sua interezza rappresenta l’unico territorio in cui èpossibile la produzione della Casatella Trevigiana Dop; il 90% dei prodottiper l’alimentazione delle bovine (che deve essere composta per almeno il60% da foraggi) deve provenire dalla Provincia di Treviso. Anche le azien-de di trasformazione e confezionamento devono rientrare nei confini pro-vinciali.

Tecnologia di produzione. Latte vaccino intero, è ammessa la pastorizzazio-ne. Uso di lattoinnesto proveniente dalla zona di produzione, caglio bovinoliquido o in polvere, pasta cruda, taglio della cagliata a croce e successiva-mente a noce. Sosta molto lunga dai 45’ ai 55’. Stufatura tra i 25-45° C perun tempo dalle 2 e le 5 h. Salatura in salamoia o a secco, maturazione tra i4 e gli 8 giorni a temperatura compresa tra i 2° e gli 8° C.

Peso. Si trova in commercio in due pezzature differenti:Forma piccola: dai 200 ai 700 gr. Grande: da 1.8 a 2,2 kg.

Caratteristiche fisiche. Pasta morbida, lucida, lievemente mantecata, dicolore da bianco latte a bianco crema; sono ammesse lievi occhiatureminute. Crosta assente o appena percepibile, forma tradizionalmente cilin-drica.

Caratteristiche organolettiche. Profumo: lieve, latteo e fresco. Sentore diyogurt e panna fresca.

Sapore. È preponderante il dolce, con una sapidità equilibrata ed una puntadi acidità data dalla freschezza. Totalmente assente l’amaro.Aroma e struttura. Predominante il latteo fresco, quindi panna e yogurt.Consistenza fondente, cremosa, leggermente adesiva.

Casatella Trevigiana Dop

di Lorenzo Brugnera

CasatellaTrevigiana DopStoria di una fresca tradizione

CasatellaTrevigiana DopStoria di una fresca tradizione

di Maria Desideria Scilla

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ALBUM DOP

pepe

La Provincia di Treviso ti resta nel cuore. Questo lo slogan creato perpromuovere un territorio variegato, ricco di tradizioni e paesaggi moz-zafiato.

Una terra che fonda le radici nella storia, sita a metà strada tra il mare e lemontagne nel cuore del Veneto e del NordEst. La Provincia di Treviso con-fina a nord con la Provincia di Belluno, a ovest con quelle di Vicenza ePadova, a sud con quella di Venezia. A est invece confina con il FriuliVenezia Giulia e in particolare con la Provincia di Pordenone.In passato veniva definito il "Giardino di Venezia" per la vicinanza alcapoluogo lagunare, la grande presenza di Ville Venete il rigogliodei suoi campi e delle sue colline.Di questo nobile retaggio resta un’eredità ricca e variegata, culladella dolce Casatella Trevigiana Dop che è anche un ottimopretesto per venire a conoscere questa florida provincia.Nella Marca si trovano infatti deliziose cittadine d`arteche hanno conservato intatto il fascino di antico

borgo medievale, dolci colline e prodotti eccellenti, per una vacanza chepotrete completare nella magica Venezia, facilmente raggiungibile in brevetempo anche in treno o in auto.Il territorio offre un tuffo nell’architettura, con Ville Venete, Castelli e borghiincantevoli e nella storia dei luoghi dove si è combattuta la Prima GuerraMondiale.Per soddisfare l’edonismo enogastronomico si possono percorrere le stra-de dei Vini del Piave, del Montello e Colli Asolani e del Prosecco, oltre aquella del Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp e con-tinuare poi a perdersi nel ricco paniere di tipicità e prelibatezze.

PER INFORMAZIONI E CONTATTI:Consorzio per la tutela del formaggioCasatella Trevigiana Dop

Viale Sante Biasuzzi 20 - 31038 Paese (Treviso)Tel e Fax: 0422-951480Mail: [email protected]

VERSATILE E INNOVATIVA IN CUCINAAlla scoperta del Ricettario “Incontri di gusto con le tipicità regionali d’Italia”

Questo delicato formaggio trevigiano è gustoso,cremoso, dolce e molto versatile in cucina. Èinfatti ottimo come ingrediente di gustose pre-parazioni gastronomiche, che spaziano dall'an-tipasto al dessert. Proprio per valorizzare que-sta peculiarità il Consorzio di Tutela ha pensa-to di creare un ricettario realizzato da chefprovenienti da tutta Italia per interpretarlasecondo le tradizioni di ciascun territorio. Ilrisultato è sorprendente e accattivante. Igrandi cuochi hanno creato connubi straor-dinari ed inaspettati. Realizzato in collabora-zione con la Federazione Nazionale Cuochi,e con il contributo del Ministero dellePolitiche Agricole Alimentari e Forestali, lapubblicazione dal titolo "Incontri di Gusto con le Tipicità Regionalid'Italia" è già alla terza ristampa. La trovate anche sul sito www.casatella.it

RICETTA CACIO E PEPE ESTIVARegione: Lazio – Lady Chef: Michela Riviello

Ingredienti per 4 persone• 320 g di tonnarelli;• 350 g di Casatella Trevigiana Dop;• 30 g di Pecorino Romano Dop;• 30 g di pepe verde in salamoia;• 50 g di olio extra vergine di oliva;

ProcedimentoPestare il pepe verde in un mortaio con l’olio extra vergine di oliva escaldarlo in una padella a fuoco dolce. Nel frattempo cuocere i tonna-relli, conservando un po’ d’acqua di cottura della pasta. Scolarli aldente e terminare la cottura in padella con il condimento al pepe ver-sde, aggiungendo l’acqua di cottura tenuta da parte. Aggiungere ilcomposto di Casatella Trevigiana Dop e Pecorino Romano Dop, man-tecare bene fino a raggiungere una consistenza cremosa e servire.

di Bruno Bernardi

La Marca gioiosa

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Il problema del rischio per la salute pubblica nei prodotti alimentari, alla lucedi come è concepita al giorno d’oggi tutta la filiera, è sempre concreto. Leindicazioni nell’ambito della normativa nazionale e comunitaria vanno nelladirezione di informare in maniera tempestiva i consumatori al momento del

verificarsi di pericoli connessi al consumo di alimenti.In particolare, con l’abbattimento delle barriere tra gli stati dell’Unione Europea,i prodotti sono velocemente trasportati e distribuiti su territori sempre più ampie raggiungono in poco tempo molti consumatori di paesi diversi.Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblicaè stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete,a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurez-za alimentare) e gli Stati membri dell'Unione Europea.Questo sistema di allerta comunitario si basa sulla Direttiva 92/59 CEE delconsiglio europeo e sul regolamento CE 178/2002 che stabilisce i principie i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità euro-pea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezzaalimentare, conosciuto anche come il regolamento Europeo sulla rintraccia-bilità dei prodotti.Le segnalazioni delle allerte alimentari (RASFF) sono state recepite in Italia.In particolare con un decreto del 1995, relativo alla sicurezza generale dei

prodotti e con una circolare del Ministero della Sanità del 2003. Ciascunadelle Regioni e delle Province Autonome italiane hanno predisposto un pro-prio sistema di allerta.Il flusso delle "allerte" deve garantire sia la completezza delle informazioniche la tempestività della comunicazione. Le notifiche vengono comunicatee condivise tra gli Stati membri via rete, in tempo reale.L’attività del sistema di allerta prevede il ritiro di prodotti pericolosi per lasalute umana o animale e, nel caso di rischio grave ed immediato, oltre adisporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento delComando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedu-ra di emergenza può essere integrata con comunicati stampa.Con l’intesa Stato-Regioni del 2008, per permettere la gestione omogeneain ambito nazionale delle allerte alimentari, sono state definite ulteriori lineeguida per la gestione operativa del sistema di allerta.Le indicazioni si basano sui seguenti casi:• segnalazioni in partenza dalla ASL e relativa attivazione del sistema di

allerta per riscontri di alimenti;• segnalazioni in arrivo di allerta originate al di fuori della ASL.La classificazione delle allerte è invece basata sul rischio per il consumatore:• alimenti che rappresentano un grave rischio per la salute del consumato-

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L’A

LLER

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TARE

Un sistema europeo,poco conosciuto in Italia

di Enrico Surra

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DOSSIER

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re e per i quali è richiesto un intervento immediato. Per tale tipologia èprevista l'attivazione del sistema di allerta

• alimenti che pur presentando non conformità alle norme vigenti, nonrappresentano un grave rischio per il consumatore, e/o non richiedonoun intervento immediato.

Ogni anno viene pubblicata la relazione annuale al sistema di allerta rapidoper alimenti e mangimi (RASFF) sul sito del Ministero della Salute.Nello specifico della relazione 2012 in Europa sono state trasmesse 3436notifiche:• 2821 notifiche hanno riguardato l’alimentazione umana,• 325 l’alimentazione animale• 290 la migrazione di materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti.L’Italia, insieme alla Gran Bretagna, è risultata il primo Paese membro pernumero di controlli effettuati con 517 notifiche. Dopo l’Italia e la GranBretagna vi è stata la Germania con 359, seguite da Francia, Spagna,Polonia ed Olanda.Tra i contaminanti microbiologici, un elevato numero di notifiche riguarda-no il riscontro della Salmonella, seguita da Listeria monocytogenes edEscherichia coli. I contaminanti chimici più frequentemente notificati sonole micotossine, seguite dai residui di fitofarmaci e da migrazioni di materia-li destinati a venire a contatto con gli alimenti. Sono numerose anche lenotifiche riguardanti la presenza di sostanze allergeniche non dichiarate inetichetta.I prodotti italiani risultati irregolari sono stati 106. L’Italia è il terzo Paesecomunitario per numero di notifiche ricevute, dopo la Spagna e la Polonia,seguita da Germania e Olanda. Considerando, invece, anche i Paesi Terzi,dai quali si importa prodotto nell’Unione Europea, l’Italia risulta nona. LoStato che ha ricevuto il maggior numero di notifiche per prodotti non rego-lari è la Cina, seguita dall’India e dalla Turchia.Delle 106 segnalazioni, 70 sono arrivate da altri stati membri, mentre 36sono derivate da controlli di vigilanza nazionale.Il maggior numero di segnalazioni di allerta si riscontra nei prodotti dellapesca, seguiti dalla frutta secca, dalla frutta fresca, dai prodotti destinatiall’alimentazione animale ed alla problematiche risultanti dalla cessione dicontaminanti da parte dei materiali a contatto con gli alimenti.Relativamente ai prodotti di origine animale, si sono avute più segnalazioniper i prodotti a base di carne che per i prodotti lattiero caseari.

LE SEGNALAZIONI SUL LATTE E SUI PRODOTTI DERIVATISulle 3436 notifiche a livello europeo, 52 segnalazioni sono state su pro-dotti a base di latte rispetto alle 50 del 2011. I rischi maggiormente riscon-trati sono di natura microbiologica (35) e le principali contaminazioni sonodovute a Listeria (20), muffe (5) ed Escherichia coli (4).L’origine dei prodotti notificati è varia; il Paese col maggior numero disegnalazioni è la Francia (12), seguita dall’Italia (8).Nel 2013, relativamente ai dati del primo trimestre, sono state riscontrate 8segnalazioni, di cui 6 provenienti dalla Francia. Una segnalazione per presenza

LISTERIA, NEMICO NUMERO 1La Listeria monocytogenes è unbatterio che può essere presen-te in alcuni alimenti pronti(pesce, salumi e formaggi). Pergli effetti che può avere in casodi infezioni (listeriosi) è oppor-tuna una vigilanza al riguardodella possibile presenza del bat-terio nei cibi. Il batterio si sviluppa in temperature comprese trai 3 ed i 45°C, a valori di pH da 4,8 a 9,6 ed anche ad alte con-centrazioni di sale, per cui risulta largamente diffuso in natura.La listeriosi presenta una notevole varietà di sintomi, dapprimasimil-influenzali fino a meningite ed altre complicanze poten-zialmente letali. I soggetti più a rischio sono coloro che hannoridotte difese immunitarie. Per prevenire la contaminazione daListeria è opportuno il rispetto di buone prassi di sanificazionelungo tutta la filiera; in ambiente domestico è bene tenerebassa la temperatura del frigorifero.

di corpi estranei e 7 segnalazioni per contaminanti microbiologici (2 Listeria).In particolare modo a fine 2012 era stata fatta segnalazione anche in Italiadella presenza di Listeria monocytogenes in un formaggio di origine fran-cese a latte misto prodotto da una latteria in Auvergne, e distribuito in 12Paesi compresa l’Italia (Andorra, Austria, Belgio, Francia, Germania, Libano,Spagna, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Vietnam).Questo formaggio era distribuito a marchio da una grande catena di distri-buzione che ha immediatamente avvisato i clienti con dei cartelli che invi-tavano al non consumo del prodotto ed alla restituzione presso il puntovendita per il rimborso.Quelle che sono sovente mancate sono state le informazioni a tutti i consuma-tori, considerato che l’allerta è stata diramata alle ASL e che in altri paesi sonostati messi in atto delle campagne di richiamo anche sui media o in rete.Un medesimo caso si è verificato il 10 dicembre 2013, per un formaggio abase di latte di pecora prodotto in Francia, nel dipartimento della Lozère,sempre contaminato da Listeria ed anche esportato in Italia, oltre che in altri13 paesi e segnalato dal Lussemburgo.Perchè in Italia di questa segnalazione non si è saputo nulla?Non ci sono state campagne di richiamo dei prodotti in questione, anchese l’allerta riguardava anche l’importazione in Italia.Considerato che il sistema dell’allerta alimentare esiste ed è funzionante,come mai nel nostro Paese è così poco conosciuto?I consumatori sanno che esiste questo importante sistema di segnalazione?Forse sarebbe auspicabile una maggiore informazione, unita anche ad unaprecisa informazione dei prodotti a rischio, considerato che il numero diallerte segnalate non è poi così basso.

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CA

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AATTUALITÀ

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Dalle mozzarelle ai terreni agricoli, dai ristoranti all'autotrar-sporto, il business dell'agromafia fattura in Italia circa 14miliardi di euro. E' quanto afferma la Coldiretti nel commen-

tare l'operazione anticamorra nel basso Lazio che ha coinvoltoanche Antonella D'Agostino, moglie di Renato Vallanzasca, cheavrebbe avuto un ruolo di intermediazione in un'operazione diacquisizione di un hotel a Mondragone e in alcune vicende usuraieed un progetto per vendere mozzarelle a Milano. Le associazioni cri-minali trovano terreno fertile nel tessuto economico indebolito dallarecessione. L'agricoltura e l'alimentare sono considerate aree prio-ritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategi-cità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempidi difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprat-tutto perché consente di infiltrarsi in modo capillarenella società civile e condizionare la vita quotidianadelle persone in termini economici e salutistici. Per questo le mafie hanno già imposto il propriocontrollo sulla produzione e la distribuzione di gene-ri alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllanoin molti territori la distribuzione e talvolta anche laproduzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dellozucchero, dell'acqua minerale, della farina, del pane clandestino, delburro e, soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contarecostantemente su una larghissima ed immediata disponibilità dicapitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi prepo-sti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore faci-lità rispetto all'imprenditoria legale. Con i classici strumenti del-l'estorsione e dell'intimidazione impongono la vendita di determina-te marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali che, avolte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare diret-tamente. Alcune stime valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia inmano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella mag-

gioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garan-tiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come coper-tura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rap-presentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta laloro zona di influenza. Per raggiungere l'obiettivo i clan ricorrono atutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti diattrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine,danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria. Nonmancano abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo,caporalato, truffe ai danni dell'Unione europea. Quasi un immobilesu quattro confiscati alla criminalità organizzata è terreno agricolo adimostrazione della strategia di accaparramento delle campagnemesse in atto dalle associazioni malavitose. Su 12.181 beni immo-

bili confiscati alla criminalità organizzata, oltre il 23per cento (2.919), sottolinea la Coldiretti, sono rap-presentati da terreni agricoli. Ma le mani della MafiaSpa si allungano lungo tutta la filiera e, su un totaledi 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3 per cento)operano nei settori "Agricoltura, caccia e silvicol-tura" e 15 (l'1 per cento circa) nei settori "Pesca,piscicoltura e servizi connessi", 173 (10 per cento)nella ristorazione ed alloggio e 471 (28 per cento)

nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, anche nell'agroalimen-tare. Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur nontrattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti enel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, dicui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le mani sul com-parto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermareil proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasticomparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano,distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffo-cando l'imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gra-vissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiret-to di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani ed ilvalore del marchio Made in Italy.

L’ultimo casodi cronaca: la moglie diVallanzasca implicata in un giro di affari che prevedeva la vendita di mozzarelle di Milano

CON MOZZARELLE & C. IL BUSINESS AGROMAFIA VALE 14 MILIARDI

di Michelangelo Pellegrino

I tentacoli della piovrasi allunganodai terreni ai ristoranti

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REPORTAGE

di Fiorenzo Cravetto e Elio Ragazzoni

Dal cuore antico dell’isola alle marine

Voci dalla SVoci dalla SVoci dalla S

C’è la Sardegna che abbiamo conosciuto tutti, noi del Continente. L’isoladelle calette di sabbia finissima, della bottarga e del Canonau. I più vita-ioli avranno poi sicuramente bazzicato tra Porto Cervo e Romazzino.

Era la Costa Smeralda inventata cinquant’anni fa da Karim Aga Khan, il princi-pe ismailita poliglotta e cosmopolita. Ha scritto Enrico Arosio sull’Espressoche «si ballava nelle ville a fiumi di champagne… si mangiava la pizza mezzinudi e Giorgio Armani in perizoma pareva un satiro danzante. L'Italia dellabandana non era ancora arrivata. Ma arrivò». E’ stata l’ultima stagione, quelladel Billionaire di Flavio l’africano. Oggi in quei porticcioli d’incanto attraccanosoprattutto yacht di oligarchi russi, e dei “guardoni” italiani non c’è più trac-cia. L’ISOLA DA CARTOLINAQuella Sardegna da cartolina, tra antichi splendori e attuali rovine, non hanulla a che fare con l’altra Sardegna, fotografata da un recente studio commis-sionato dalla Regione all’Università di Cagliari che parla di agonia dei paesisardi e del rischio di estinzione, entro pochi decenni, di 33 Comuni. A Semestene, piccolo centro a mezz’ora da Sassari, sono rimasti in 165 abi-tanti, con zero nati nel 2013. Negli ultimi sette anni si sono registrati cinquematrimoni, ma nessuna coppia è rimasta in paese. Le cause dello spopola-mento? Dice il sindaco Stefano Sotgiu: «La crisi dell’agricoltura e della pasto-rizia», da sempre forza trainante della Sardegna d’entroterra e di monte. LA FURIA DELL’ALLUVIONESu questo mondo separato e lontano, si è abbattuta nelnovembre scorso un’alluvione devastante che ha fatto deci-ne di morti e provocato danni milionari soprattutto nellafascia gallurese e a Olbia, ma anche nel montagnosoNuorese, nel medio Campidano e nell’Ogliastra, senzadimenticare l’area cagliaritana. Gli angeli del fango chehanno portato in salvo le donne e i bambini non possonocoprire le polemiche scoppiate subito dopo, con il durointervento del governatore sardo Cappellacci che ha parla-to di «un’isola allo stremo» e ha accusato il governo di nonrispettare gli impegni: «Se non dovessero arrivare risposte,siamo pronti ad andare davanti a Palazzo Chigi e stavolta non certo per seder-ci attorno a un tavolo ad ascoltare chiacchiere, ma per rovesciare le sedie ele poltrone su cui dormono politici e burocrati romani». InForma, il giornale dell’Onaf, è venuto qui anche per portare una testimo-nianza di solidarietà alla popolazione sarda, con il tramite dei nostri soci edelegati che hanno vissuto da vicinole ore della paura.RISALIRE LE MONTAGNEL’altra Sardegna, dicevamo, è quelladi monte e suprammonte. Risaliamoallora le montagne irsute di que-st’isola così ferocemente legata allasua diversità, e fiera delle sue diffe-renze. Lo abbiamo fatto in giorni dineve e gelo, con il Gennargentu chesembrava un cono di panna monta-ta. Per decine di chilometri, lasciatele coste e inoltrandoci verso leBarbagie, la sola presenza vivaerano gli animali. Sì, gli animali della

Sardegna che sono uno spettacolo a se stante. Le poiane ei falchi altissimi sulle foreste pietrose; vacche di nobile razzaisolana intente a pascolare ai margini della strada; maiali inrapida fuga tra lecci e castagni. E pecore, una fiumana ovinadiffusa e incombente, una teoria di greggi che dopo un’oradi viaggio ti fa capire che cosa significhino tre milioni dipecore rispetto a un milione e mezzo di persone. Sfilano al passaggio le paline di Comuni che per le crona-che hanno rappresentato posti ai confini. Mamoiada,

Orgosolo, Fonni… i paesi dei murales che raccontano attraverso i giganteschiaffreschi agli angoli delle case storie e personaggi di un passato che in fondopassato non è ancora. IL CAMINO DEI TODDEPiù su, a Desolu, è accogliente la casa riscaldata dal grande camino della fami-glia Todde. La giovane Fatima è il futuro che emana direttamente da quel pas-

sato. Studia a Oristano, corso universi-tario in tecnologie alimentari, si faun’ora e mezzo di viaggio all’andata eun’ora e mezzo al ritorno. Con il padreBasilio manda avanti il caseificio soprail paese, attrezzato di tutto punto.Mamma Tommasina cura la vendita,che avviene direttamente ai paesani eai buongustai che salgono a Desolu percomprare il buon formaggio, il panetipico (i panifici sono quattordici), ledeliziose salsicce. A Desolu la bandieradella resistenza sarda di montagna non

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Nei piccoli paesi di Suprammonte un mondo antico di pastori-casari e latterie sociali

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di Fatima Todde

La Barbagia, è una subregione della Sardegna centralemontana. Deve il suo nome dal latino barbaria, con cui iRomani indicavano sia una regione abitata da una popo-

lazione forestiera, che non parlava «né il latino né il greco», sial’idea di «barbarie, selvatichezza». E non c’è da dubitare che iRomani abbiano inteso entrambi questi significati.

L'isolamento della regione montuosa, il perpetuarsi delleoccupazioni prevalentemente pastorali, l'ambiente fisico e ilclima hanno fatto sì che, nonostante i grandi mutamenti sto-rici, le idee, gli usi e i costumi si siano conservati antichi finoai giorni d’oggi. Per questo tutta la Barbagia viene chiamataancora, l’isola nell’isola.

Difficoltà di comunicazione, differenze geografiche e culturalihanno creato delle divisioni all'interno di questa zona distinta inquattro diverse Barbagie: da nord a sud, Barbagia di Ollolai,Barbagia del Mandrolisai, Barbagia di Belvì e Barbagia di Seulo.La provincia di Nuoro, creata con l'unione dei due circondari diNuoro e di Lanusei, abbraccia quasi tutta la Barbagia medievale.

Complessivamente la superficie di tutte le Barbagie è di 130 milaettari con quasi 41 mila abitanti; la densità è di 31 abitanti perkmq, sale però a 40 nella Barbagia superiore e nel Mandrolisai,per scendere a 22 abitanti nelle Barbagie inferiori di Belvì e diSeulo, assai più aspre, montuose e meno abitate.

La Barbagia è il cuore della tradizione sarda, ha avuto unaparte importante nella storia e nella civiltà della Sardegna. Cisono monumenti di tutte le epoche, dalle Domus de Janas edai Menhir del Neolitico alle Tombe dei giganti e ai Nuraghi,alle belle chiese gotico-catalane.

La Barbagia offriva e offre ancora, un esempio di una societàsemplice e attaccata ad antichi valori sociali e religiosi.Anticamente la vita rude indurita da tutte le inclemenze delclima e da tutti i pericoli, ha reso i pastori vigili, accorti, osser-vatori acutissimi, di poche parole, avvezzi alla libertà sconfina-ta e all'indipendenza fra le balze dei monti e nelle campagnequasi deserte, Gente fiera che prova odi e amori tenacissimi,di larga ospitalità, gelosa del proprio onore. Un ruolo centralehanno avuto sempre le donne, in passato dedite a tessere neltelaio, a fare il pane, all'accrescimento dei bimbi, e in alcunivillaggi alla coltivazione degli orti. L'antica civiltà sarda si tramanda negli splendidi costumi, nellefeste pagane del carnevale come nelle sagre religiose e in unaproduzione artigianale che è tra le più vive e raffinate dell'iso-la.

a Sardegnaa Sardegnaa Sardegna

Le quattroBarbagie

Sopra, un allevamento nel sassarese

Sotto, immagini della LatteriaSociale di Sarule

Tre milioni di pecore,il doppio degli abitanti:è il patrimonio ovino dell’isola

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REPORTAGE

è mai stata ammainata: il comune è autosufficiente, ci sono le scuole e per-fino un istituto alberghiero, caffè, negozi e l’edicola garantiscono il necessa-rio quotidiano, insieme ai minimarket per la spesa settimanale. C’è una famosa fiera, intitolata “La montagna produce”, che si tiene ai primidi novembre. Porta alla scoperta delle tradizionii, da quelle agroalimentari aquelle dell’artigianato, senza dimenticare i giochi (torneo de sa murra, gara deistrumpa), la musica e la poesia. Si assaggiano prosciutti, salsicce, pecorino,dolci, noci, castagne e altre specialità locali come Su Callu (una crema di for-maggio molto forte a base di latte fermentato nello stomaco del capretto).Basilio Todde è casaro di rango ma anche norcino da urlo, specialista di maia-li e cinghiali come gran parte dei residenti in questo presepe di 2500 pasto-ri a mille metri di quota.

LE LATTERIE SOCIALIUna famiglia, un’impresa. Nelle Barbagie il modello sociale è diffuso, domi-nante. Eppure non mancano belle storie aziendali di pastori che si sonomessi insieme, per dare valore al loro latte e ai loro prodotti caseari. E’ il casodella cooperativa Unione pastori di Sarule. Una latteria sociale nata nel 1962grazie a trenta allevatori, che dapprima hanno cavalcato la grande suggestio-ne del Pecorino Romano. Strana storia anche questa: il Pecorino è Romanodi nome ma di fatto è sempre stato soprattutto sardo. Gran prodotto vendu-to soprattutto all’estero, in America, dove la sua sapidità è ideale per la com-posizione di piatti succulenti. La concorrenza delle produzioni made in Usa,intonate all’italian sounding, ha scardinato il sogno di un affare infinito. Così si è tornati, come qui a Sarule, a puntare su una gamma di pecorini ederivati cotti e semicotti capace di reggere bene il mercato locale e di con-quistare fette di clientela sul continente, complici i turisti che d’estate siavventurano fin quassù scoprendo il “tesoro”. Antonio Porcu è uno dei socistorici, vicepresidente della cooperativa guidata da Antonio Sirca. Gli altri deldirettivo sono Alberto Ortu, Giovanni Pinna e Francesco Sirca. Un’energica

direttrice ci porta in visita alle cantine distagionatura, capaci di migliaia

di forme. “Oggi siamo inquaranta a conferire

il latte di pecora

– dice Porcu – e a fine campagna ci dividiamo l’utile. Finora è andata bene,anche perché abbiamo saputo diversificare le produzioni e abbiamo ammo-dernato lo stabilimento capace di lavorare mille quintali di latte”. Filiseo,Graneri, Incoreo, Olai, Garui, Fior di Sarule, Monte Gonare e la Panedda saru-lese i marchi più noti e apprezzati.

IL PRINCIPE DEI FORMAGGI SARDIE il Fiore Sardo, la Dop più ricercata della Sardegna, il principe di tutti i for-maggi isolani, dov’è che possiamo andare a scoprirlo? Neanche troppodistante. Siamo sempre sulle terre alte del Nuorese, in un paese simile a tantialtri - ma con quel senso di nobiltà in più dato dalla specialità di casa - che sichiama Gavoi. Girando per i carrugi di pietra, non è che il Fiore compaia aogni angolo. Ne propone alcune forme l’enoteca del paese; se ne gustanotranci squisiti nelle osterie. I produttori sono fuori le antiche mura, dispersinelle campagne dove, ogni tanto, compare l’insegna: caseificio. Ci facciamospiegare il nome. Per la sua fabbricazione, si usavano fino a non molto tempofa delle forme “pischeddas” di legno di castagno forate o anche di quercia odi pero selvatico, sul cui fondo era scolpito un fiore, forse il giglio o l’asfode-lo, che lasciava sul formaggio un vero e proprio marchio che conteneva spes-so anche le iniziali del nome del produttore. Negli anni trenta fu lanciato untipo di forma in alluminio, con la scritta sul fondo “Fiore Sardo”. E fu subitoun successo. Oggi vengono utilizzate forme “pischeddas” di acciaio inox. Male procedure principali riguardanti la produzione di questo formaggio sonorimaste immutate, da millenni.

LA MUSICA DEI PASTORIAncora pecore, che ci seguono in questo viaggio alle radici dell’altraSardegna. Si sentono tintinnii che emanano note diverse. Sono i campanac-ci forgiati in un altro comune del Nuorese, a Tonara. Al centro della BarbagiaMandrolisai, Tonara è patria del torrone, del poeta Peppino Mereu, dell’attac-cante del Cagliari Marco Sau, e di quasi tutti i campanacci che rintoccano neipascoli sardi. Veri artisti, gli artigiani di Tonara: sanno dare tonalità e squilli

VOCI DALLA SARDEGNASegue da pagina 26

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gia dei nuraghe. Ci porta Pietro Todde, il fratello della Fatima di Desolu chestudia agraria a Sassari, da certi suoi cugini Sanna che hanno dissodato qual-che centinaio di ettari impiantando la loro azienda ovina che profuma dimare, mirto e ibisco. Giuseppe Sanna ha 31 anni, è sposato, ha una splendi-da bambina, e ha imparato dal padre Fedele che questo lavoro richiede dedi-zione, accortezza, e il rispetto di regole ancestrali. Lui ha un grande trattorecon il quale ripuliti i campi ha impiantato foraggi, orzo e avena che vanno aintegrare il menu delle pecore. Ne ha 250 di pecore, le migliori nei periodi dilattazione garantiscono fino a 260 litri di prodotto. La mungitura mattino esera rappresenta il punto fermo della giornata. Il latte è venduto alla coope-rativa sociale di Ittiri per diventare ottimo Pecorino. Buono il prezzo spunta-to: fino a un euro, l’ultimo anno (il latte venduto agli industriali si ferma a 75-80 centesimi). Un ariete ogni cinquanta femmine, cambiato ogni due anni,garantisce la sana continuità della specie. Sotto Natale e a Pasqua, messe daparte le pecorelle da rimonta, gli agnelli vengono sacrificati ai piaceri dellamensa. Sono i commercianti a venire in azienda, per sceglierli.

RICETTA DI MAMMA TOMMASINASa minestra de casu e murgiaIngredienti • una cipolla • fagiolini freschi• tre pomodori• quattro patate• guanciale• casu e murgia q.b.• un cucchiaio di strutto

PreparazioneTagliare la cipolla a piccoli pezzetti, e a dadini pata-te, fagiolini, pomodori, patate e guanciale.Preparare un soffritto con cipolla, strutto, pomo-dori e guanciale e lasciare rosolare.Aggiungere patate e fagiolini e coprire tutto conabbondante acqua. Lasciare cucinare a fuocolento.A fine cottura, aggiungere su casu e murgia amal-gamato precedentemente con l’utilizzo di una for-chetta. La quantità varia seconda dei gusti, quindifino al raggiungimento del livello di sapidità desi-derato (*)In tempi moderni a questa ricetta venne aggiuntala pasta da preferirsi cappelli d’ angelo.(*) Su casu e murgia essendo un prodotto molto salatoviene aggiunto, oltre, per dare il sapore particolare,anche in alternativa al sale, infatti si noti che in questaricetta il sale non viene utilizzato.

Giuseppe Sanna con il cugino Pietro Todde

nella stalla del suo allevamento

particolari a ogni campanella, giocando su forme specifiche, battacchi studia-ti al millesimo e sonagli di cui conservano gelosamente i segreti tramandatidai padri. Così quando il pastore va dal campanacciaro, gli chiede di prepa-rargli una “musica” originale per i suoi greggi, che potrà riconoscere anchein lontananza assicurandosi degli spostamenti.

PROFUMO DI MAREInfine si torna sulle vie percorse ma questa volta con la prua diretta verso lapiana, dove numerosi greggi barbaricini conducono una transumanza diprossimità su terreni quasi sempre di proprietà e sotto la custodia di figli eparenti. La terra resta il bene primario del popolo sardo. Andando verso la marina tra Sassari e Alghero, incontriamo allevatori cheinvece hanno deciso di trasferire l’attività pastorale. Una scelta di vita, sfidan-do il maestrale che flagella le praterie interrotte da macchie di olivi e olivastri.Ovunque, recinti di pietra, la fatica secolare dei pastori per strappare l’amataterra a “sa nurre”, i cumuli pietrosi che rivelano dalla radice fenicia l’etimolo-

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REPORTAGE

La condizione errante degli allevatori Barbaricini è una costante che siverifica da millenni, ha influenzato molti usi e costumi delle popolazio-ni che la praticavano e che tutt’oggi la praticano. E’ una vita che com-

porta grandi sacrifici e privazioni, in primo luogo la distanza tra i familiari eil pastore che si trova costretto a stare lontano da casaper tutto l’inverno. Oggi anche in Sardegna questa anticapratica va estinguendosi, ma non per l’abbandono dellapastorizia da parte dei giovani come in alcune regionid’Italia, ma per ragioni storiche, economiche e sociali.Fino al 1800 in Sardegna vigeva uno sfruttamento delleterre molto particolare, chiamato “su connottu”, chesignifica “ciò che ci è stato tramandato”, era una modalità di gestione socia-le della terra che si basava sul fatto che una persona poteva imporre i pro-pri diritti solo sulla parte di terreno che riusciva a coltivare, e quindi le zoneincolte potevano essere occupate da altri. Con lo stesso sistema si muovevano i pastori sui pascoli di montagna, in cuiun pastore aveva diritto solo alla zona che il suo gregge riusciva a coprire

partendo da un ovile che aveva ubicazione fissa (la cussorza). Così i varipastori si dividevano il territorio in modo naturale e a seconda delle gran-dezza e dei bisogni del gregge; nelle zone in cui nessuno riusciva a pasco-lare si potevano instaurare dei nuovi pastori, così da fruttare al meglio lepossibilità del territorio. Questa condizione mutò radicalmente nel 1840 conl’editto delle chiudende emanato dal governo piemontese, che impose ai sardi

la capitalizzazione dell’agricoltura e introdusse nell’isola ilconcetto di possesso, che sconvolse il millenario equilibriofra agricoltori e pastori. Da quell’anno in poi i pastori per-sero il loro diritto di svernare nella piana del Campidano,e furono costretti durante l’inverno a pagare dei pesantiaffitti ai nuovi proprietari. Le popolazioni di montagnaperò si rifiutarono di privatizzare i pascoli e quindi ancora

oggi i comuni di Desulo, Villagrande, Arzana, Fonni e tanti altri, possiedonosul Gennargentu vastissime aree di pascolo demaniale, che vengono gesti-te con l’arcaico ma funzionale sistema descritto. La privatizzazione però costrinse i pastori ad acquistare i territori di pianu-ra, su cui con sacrificio sono state costruite aziende modello e all’avanguar-dia.

Il territorio del nord Sardegna prende dai secolipassati il nome di Logudoro e si estende percirca 700 km. Al suo interno si distinguono delle

regioni storico-geografiche, chiamate anche sub-regioni, che si caratterizzano anche nelle produzio-ni locali.Dai tempi passati si continuano a produrre prodot-ti lattiero-caseari tramite aziende agricole, caseificisociali e caseifici industriali.Nel comprensorio della Romangia a circa 10 km daSassari, si trova il comune di Osilo, rinomato per laproduzione di formaggi di latte di pecora a lattecrudo e le varie varianti di ricotta fresca e Mustiaaffumicata detta fresa. Il pecorino di Osilo cheviene prodotto esclusivamente da piccole aziendeagricole a conduzione famigliare è un formaggiotutelato dal presidio Slow Food.Vicino a Osilo nel comprensorio dell'Anglona sitrova il paese di Nulvi, altro centro ricco di produ-zione di pecorini, dove però si distingue su tutti ilGranGlona, formaggio di latte di pecora prodotto informe da 16 kg circa, che si caratterizza per la suadolcezza e granulosità di pasta; soprattutto nelleforme stagionate oltre i 24 mesi.Il territorio più interno conosciuto come MonteAcuto dove si trova il comune di Ozieri, si caratte-rizza per la lavorazione di latte bovino, riportandoalla luce un formaggio che ha le sue radici nel XIXsecolo, che prende il nome di Greviera; richiaman-do così le sue origini derivanti dalla produzionecasearia svizzera. I cenni storici narrano che nellaseconda metà dell'Ottocento arrivarono inSardegna, dal cantone di Berna, alcuni maestri

casari che si portarono appresso alcuni capi dibovini di Razza Bruna Alpina. Insegnando così adalcuni pastori locali le tecniche di produzione deiformaggi svizzeri.Nel comprensorio di Monte Lerno, si trova il comu-ne di Pattada, territorio vocato per la produzione diformaggi vaccini a pasta filata, chiamate Perette,che riprendono la forma del Caciocavallo, ma conpezzature inferiori che si attestano sui 700 grammicirca.Prima di tornare verso il mare, dobbiamo fare tappanel comprensorio di Corros, dove il comune di Ittiri,situato su un altipiano a 450 metri sul livello delmare, la fa da padrone per la produzione di pecori-

ni e ricotte entrambe leggermente affumicate.Ai piedi del mare si trova la Nurra, territorio chechiude il nostro viaggio nel Logudoro e che si pre-senta come territorio di tradizione e innovazione.Tradizione in quanto negli anni passati, molti pasto-ri dell'entroterra si sono trasferiti su questi territoriportando con loro le proprie conoscenze sui peco-rini; di innovazione perché negli ultimi anni si èvista la nascita di nuove produzioni di formaggi vac-cini, pecorini e caprini che si rifanno a tradizionicasearie non sarde (Piemonte e Francia), propo-nendo formaggi innovativi e che sicuramente conl'andare del tempo entreranno a far parte di unanuova tradizione casearia del Logudorese.

Il Logudoro e i suoi formaggidi Massimiliano Puggioni

La transumanza in Sardegnadi Pietro Todde

Da millenni si perpetua la

condizione errante deipastori barbaricini

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PREMIO

CONSORZIO TUTELA FORMAGGIO GORGONZOLA DOP

www.gorgonzola.com

Il Consorzio si impegna ogni giorno per tutelare una bontà unica al mondo.

Il primo Tricolore italiano, la più prestigiosa ono-rificenza attribuita nella sala dove vide i natali labandiera italiana a Reggio Emilia, premia la

Nazionale del Parmigiano Reggiano, il team fortedi 50 riconoscimenti in 13 anni di vita, e CaseusMontanus, il centro internazionale per la salva-guardia dei prodotti di montagna. A ritirare laprima bandiera adottata dalla Repubblica cisalpinal’ideatore della Nazionale del ParmigianoReggiano, il socio Onaf Gabriele Arlotti assieme alpresidente emerito Ivano Pavesi, e il fondatore diCaseus Montanus, il valdostano Gerard Beneyton.L’occasione, a Reggio Emilia, è stata la consegnadei premi attribuita dopo la fortunata missione ita-liana al World Cheese Awards 2013, svoltosi a fine anno a Birmingham, nelcontesto del Good Food Show, tra 2.777 formaggi del mondo.Premiato del Primo Tricolore anche Caseus Montanus, nella figura del pre-sidente Gerard Beneyton: “Per avere saputo dare valore e salvaguardare learee montane e agricole attraverso l’economia e il valore anche culturale deiformaggi”.Per la Nazionale del Parmigiano Reggiano ben 13 le medaglie di cui 4

d’oro, 7 d’argento, 2 di bronzo, consegnate dalpresidente del Consorzio FormaggioParmigiano Reggiano Giuseppe Alai e dal diret-tore del Consorzio Conva (in cui la Nazionaleopera), Simone Bertani.Bronzo, categoria < 19 mesi: Fattoria Fiori diFiori Pier Paolo, Caseificio sociale di Cavola,Argento, categoria < 19 mesi: Latteria SanGiovanni di Querciola, Latteria Sociale SanGiorgio di Casina, Fratelli Boldini (Parma),Argento categoria > 19 mesi: Latteria socialeTabiano, Caseificio sociale Allegro, FratelliBoldini (Parma), Santo Stefano (Parma). Oro >19 mesi: Caseifcio sociale Castellazzo, Fattoria

Fiori di Fiori Pier Paolo, Caseificio sociale Cavola, Caseificio socialeCavola (due ori).Gerard Beneyton ha consegnato i riconoscimenti altresì alla Cooperativaproduttori Latte Fontina, nella figura di Ezio Toscoz, direttore, il formag-gio Bleu d’Aoste la Central Lattier d’Aoste, nella figura di Marcello Panizzititolare, il Formaggio Piave oro Dop, di Lattebusche nella figura diDaniele Peloso, responsabile marketing.

Alla Nazionale del Parmigiano e Caseus Montanus il primo tricolore

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Un tempo, quando ai bambini si narravano le fiabe, l’inizio eraimmancabilmente identico, ovvero “c’era una volta…”. La sto-ria di figurine che sto per raccontare, non coinvolge per nien-

te i bambini – i cui interessi sono di carattere elettronico-informati-co – ma farà sorridere gli adulti, al pensiero che prima dell’avventodella televisione le donne trascorrevano il tempo serale a cucire olavorare a maglia mentre, per gli uomini, l’osteria era il luogo d’in-contro per la partita a carte, per conversare, ma principalmente perpoter fumare e bere liberamente. Per i collezionisti, i momenti del dopo cena erano riservati a curaree riordinare le loro “passioni” che, a volte, comprendevano anche lafilatelia o altro ancora. Cose, che oggi definiremmo perditempo. Attualmente, le figurine non sono “articolo” che desta particolareinteresse anche se, per gli appassionati del gioco del calcio, la rac-colta dei Calciatori della Panini è molto amata dai grandi e predilettadai piccoli, ai quali si aggiungonoaffezionati collezionisti.Ma cosa spinge le persone adacquistare, cercare, catalogare ret-tangolini di carta stampata? Dietro a ogni figurina c’è un ricor-do, un salto indietro nel magicomondo dell’infanzia e – comespiega uno psicologo – ogni col-lezionista esprime una reazioneall’usa e getta, la voglia di “eter-nizzare” qualcosa, di mantenerlo vivo nel tempo. La confermadi tale attrattiva ce la forniscono le numerose mostre esposi-tive che si svolgono ovunque, sempre in luoghi noti e di pre-stigio in cui, vuoi per ricordare vuoi per conoscere, sononumerosissime le presenze e le visite di persone d’ogni età. Liebig. Chi era costui? Il barone tedesco Justus von Liebig(1803-1873), fu uno dei fondatori della chimica organica,docente all’Università di Monaco e ricercatore nel campodella trasformazione e conservazione alimentare. Creò

(era l’anno 1850) l’estratto di carne, un prodotto naturale che

di Gianmario Giuliano

nelle legg eC’erano anche il latte e

All’origine della favolala figura di un barone tedescofondatore della chimica organica e inventore dell’estratto di carne

Siamo nella prima metà

dell’Ottocento:nasce la reclameabbinata all’idea

del gadget

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IL LATO CURIOSO

in poco tempo venne apprezzato e utilizzato in tutto ilmondo.Al marchio Liebig, ceduto dal suo inventore a un’industriafrancese, è anche legata una tappa innovativa nel mondodella pubblicità alimentare e, in seguito, del collezionismo. Siamo a Parigi alla metà del 1800. I grandi rotocalchi, la radioe la televisione non esistevano; come fare per reclamizzare unestratto di carne? Per promuovere il prodotto, fu creata apposi-ta campagna promozionale basata sulla diffusione di un gadgetossia di figurine stampate a colori con la tecnica cromolitografi-ca - abbinate all’acquisto di ogni confezione - che avevano anchelo scopo di alfabetizzare la popolazione. Gli argomenti trattati nelle immagini illustravano, in serie da 6 o 12elementi di formato 7 x 11 centimetri, i vari aspetti della vita umanatra cui la storia, la geografia, le scienze e le arti, le religioni, i monu-menti, la lirica, ecc. ed erano corredati da descrizioni curate eapprofondite, stampate sul retro. In poco tempo le figurine Liebigentrarono via via nel sistema del costume diventando un vero e pro-prio oggetto del desiderio per i colle-zionisti che serbavano i loro gioielli dicartoncino in specifici raccoglitori ealbum.Alcune serie furono dedicate alla storiadell’alimentazione e ai principali pro-dotti ome il grano, la vite, il vino, il latte,e naturalmente latte e formaggio.Nonostante altre aziende (Perugina,Lavazza, Au Bon Marché, Suchard)abbiano poi imitato quella formula, èdifficile paragonare una collezione di serie Liebig a una semplice rac-colta di figurine; è più consono il confronto a una vera e propriaenciclopedia illustrata. Infatti, sono stati trattati un po’ tutti i campi dello scibile umanodell’epoca, ovviamente come poteva essere trattato in queitempi quando gli audiovisivi dovevano essere ancora inven-tati; per quei tempi, appunto, non si trattava solo di unmezzo pubblicitario, ma anche di un sistema per “farecultura”. La collezione delle figurine Liebig è tuttora vivaperché la loro bellezza sia di stampa che di disegno nonè mai stata uguagliata; oggi esistono serie di alto valore com-merciale, tanto è vero che le prime serie raggiungono quota-zioni che superano i mille euro, ma il collezionista che le pos-siede non si lascia convincere facilmente a cederle per dena-ro perché dal loro fascino non è facile separarsi. La pubblicazione di queste figurine, che iniziò nel 1872 perterminare nel 1974, ha interessato non solo l’Europa (esistonoedizioni in almeno sette lingue), dando vita in 102 anni a un totale1871 serie differenti. Dimenticavo di fornire un’informazione: chi fosseinteressato, può recarsi a Barcellona dove, ogni domenica, si svolge ilmercato mondiale della figurina.

g endarie figurine Liebig e il formaggio

La pubblicazionediffusa

in sette lingue ha interessatotutta l’Europa

e mezzo mondo

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La storia del latte e della lavorazione dei formaggi è legata allastoria dell’uomo. Anche l’evoluzione della preparazione deicagli utilizzati in caseificazione, inevitabilmente, ha seguito lo

sviluppo della tecnica e della scienza che ha contraddistinto il cam-mino dell’uomo. Alla coagulazione spontanea del latte è seguital’introduzione nel latte di cagli non manipolati di origine vegetale eanimale. L’uso di coagulanti di origine vegetale viene testimoniatada Ippocrate nel V secolo a.C., Aristotele IV secolo a.C. e VarroneI secolo a.C. nello scrivere dell'uso del latte di fico. Columella ripor-ta, in aggiunta, anche l'impiego dei fiori di cardo silvestre, dei semidi cartamo, delle pigne verdi e del timo triturato e precisa “non c'edubbio che il cacio rappreso con rametti di fico abbia ottimo sapo-re ...” . Con i fiori del cardo selvatico e il latte del fico si fa il formag-gio ai tempi del Palladio, nel ’500, mentre Ie pigne verdi, il timo tri-tato e il pepe assumono anche funzione di insaporitori.Sant'Alberto Magno, vissuto nel ’700, descrive la raccolta del lattedel fico tramite lana, successivamente immersa nel latte, comepure la raccolta della lanugine del cardo selvatico, seccata e stem-perata nel latte. Nel 1477 Pantaleone da Confienza nella sua“Summa lacticiniorum” allunga la lista degli agenti coagulanti conl’erba Galium Verum detta gallio. Anche l’uso di Caglio animale trova numerosissime testimonianzenell’antichità. Il suo vero boom nell’utilizzo ha seguito però ilmiglioramento della sua qualità. Infatti dopo il secondo conflittomondiale il filo conduttore è stato coadiuvare la coagulazione dellatte senza effetti collaterali negativi e le industrie di produzione delcaglio oggi sono impegnate in questo obbiettivo. Nella produzionesia di tradizione che industriale ad oggi è prevalente l’uso del caglioanimale, sempre più spesso però si sente parlare di formaggi pro-dotti con uso di caglio vegetale con il recupero di antiche tradizio-ni produttive. Quali sono le motivazioni che portano sempre piùconsumatori a cercare questi tipi di formaggi? Oltre alle nicchielegate alle restrizioni di matrice religiosa ed etica (islamismo e giu-daismo), o il particolare tipo di dieta (vegetarianismo), l’idea chequesti formaggi ci riportino a tradizioni antiche e che a loro siaassociata una maggiore naturalità probabilmente è il motivo che cispinge a ricercare questa esperienza di analisi sensoriale. Come assaggiatori spesso proponiamo anche abbinamenti insolitiper esempio con tisane e tè e la nostra curiosità gastronomicatrova appagamenti insoliti. Ma questi formaggi sono poi così diver-si dagli altri? Certamente no, se non per sentori vegetali più svilup-pati e, nelle paste molli tendenze amarognole più marcate. Unpanel nazionale di maestri assaggiatori potrebbe approfondire ildiscorso. Spesso queste produzioni sono accompagnate da arealidi produzione incredibili, con animali al pascolo o nutriti conessenze spontanee, da casari che infondono la loro grande passio-ne per il formaggio e allora caglio vegetale o no l’esperienza sen-soriale positiva è assicurata.

CACIO FIORE AQUILANOZona di produzioneTerritorio della provincia Aquilana gravi-tante nell’area montana del ParcoNazionale del Gran Sasso e monti dellaLaga. DescrizioneFormaggio prodotto con latte di pecora ecaglio vegetale ottenuto dal fiore delcardo selvatico (Cynara cardunculus), diforma cilindrica, presentato in confezio-ne con rete e felce che circonda il for-maggio. La forma è regolare con faccepiane e scalzo dritto. La crosta si presen-ta dura, rugosa, macchiata di colore gial-lo carico non uniforme. La pasta è dicolore giallo paglierino con sottocrostaevidente. L’occhiatura è mediamentepresente, uniformemente distribuita conforma regolare di dimensione da fine amedia. La struttura è compatta. Le peco-re sono allevate negli stazzi in quota(1000/1500metri), sono in prevalenzadi razza comisana con presenza di altrerazze lattifere quali la sarda, la massese ela sopravvissana.Caratteristiche gusto-olfattive-tattiliAl naso sentori di burro, note di fieno flo-

reali e fruttate e sentori di brodo di carnepiù evidenti all’aroma. Al gusto c’è unbuon equilibrio tra il dolce e il salato.Buona la solubilità. Buona la persistenzagusto-olfattiva.StagionaturaPuò essere utilizzato a partire dai 4 mesi,ma risulta particolarmente interessanteintorno ai 6-8 mesi.Ordine di servizioE’ preferibile servirlo in chiusura pasto,in abbinamento a un vino bianco di gran-de struttura e buona persistenza aroma-tica o un vino rosso di media struttura ebuona morbidezza. In alternativa al dolcesi può accompagnare ad un miele dierica.Il produttore giusto: Azienda agricola La Mascionara, S.S. 577 km 3 località Mascioni, 67013CampotostoTelefono 0862 904774E-mail: [email protected]

FORMAGGIA CAGLIOVEGETALE

di Maria Sarnataro

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LE SCHEDE

CARDINOZona di produzioneRuino (Pavia) DescrizioneFormaggio prodotto con latte di capra ecaglio vegetale ottenuto dal fiore del cardoselvatico (Cynara cardunculus), di formaparallelepipeda a base quadrata. Tende adassumere la forma del contenitore e sipresenta abbastanza regolare. La crostainizialmente è assente e la superficie èbianca. La pasta è spalmabile di colorebianco. L’occhiatura è quasi assente. Lastruttura della pasta è tenera e molle. Lecapre sono di razza Camosciata delle Alpi.Queste capre sono animali frugali nell'ali-mentazione, robusti e forti, si adattano allesituazioni più diverse presentano un indo-le docile e affettuosa. La Camosciata è unottima produttrice di latte. Ad eccezionedel periodo invernale, gli animali vengonolasciati un po’ di ore a pascolare.Caratteristiche gusto-olfattive-tattiliAl naso note lattico fresche e di yogurt,netto il riconoscimento del latte di capra,note di fieno e floreali confermateall’aroma. Al gusto c’è un buon equilibriotra il dolce e il salato. Presenza di unacerta acidità, con finale leggermente

amaro. Mediamente adesivo presentauna discreta solubilità. Persistenzagusto-olfattiva media ma di bella piace-volezza.StagionaturaPuò essere mangiato fresco fino a duesettimane oppure leggermente affinatofino a 4 settimane. Ordine di servizioE’ preferibile servirlo come antipasto oabbinato a verdure fresche o cotte, inabbinamento a un vino bianco nonmolto strutturato ma di discreta mobi-dezza e buona persistenza aromatica. A

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CAGLIO: fiore del cardoselvatico autoctono (Cynaracardunculus) raccolto amano nel periodo di pienafioritura – luglio ed agosto –in alta montagna, essiccatoin ambiente fresco, pocoluminoso e ventilato. I fiorisecchi sono messi a mace-rare in acqua tiepida la seraprecedente; il liquido, striz-zati i fiori per favorire il rila-scio dell’enzima coagulante,è poi filtrato.

CACIO FIORE DELLA CAMPAGNA ROMANAZona di produzioneTerritorio della provincia di Roma, in particolare alcuniproduttori sono a Trevignano Romano, Campagnano diRoma, Bracciano.DescrizioneFormaggio prodotto con latte di pecora crudo e cagliovegetale ottenuto dal fiore del cardo selvatico (Cynaracardunculus), presenta una forma a mattonella (parallele-pipeda a base quadrata), con lato di circa 10 centimetri euno scalzo convesso di 4 - 5 centimetri, il peso è intornoai 400 grammi. La crosta rugosa, giallo paglierina rac-chiude una pasta morbida con lievi occhiature. Caratteristiche gusto-olfattive-tattiliAl naso evidenti note lattiche di burro fresco e note difieno, all’aroma è evidente anche un delicato sentoreanimale che richiama il ricordo del latte di partenza. Alsapore l’equilibrio tra il dolce e il salato è buono con unfinale di bocca leggermente amaro. Buona la solubilità,interessante la persistenza gusto-olfattiva.StagionaturaDai 30 agli 80 giorni.Ordine di servizioE’ possibile servirlo sia come antipasto che come piattodi portata in cui sono presenti anche altri pecorini piùstagionati, in abbinamento si può servire un vino biancodi media struttura, buona freschezza, persistenza aroma-tica medio lunga e con una certa morbidezza per com-pensare la nota leggermente amara.

Il produttore giusto: Acquaranda di Massimo Antonini Trevignano Romano (Roma) via dello Sboccatoretel. e fax 06 9985301 - 338 [email protected] - www.acquaranda.it

GRAN KINARAZona di produzioneVillafalletto (CN) DescrizioneFormaggio a pasta dura e latte vaccino prodotto uti-lizzando caglio vegetale ottenuto dal fiore del cardoselvatico (Cynara cardunculus). Il formaggio si pre-senta di forma cilindrica, regolare con facce piane escalzo convesso di circa 38 kg. La pasta è di coloregiallo paglierino, granulosa, assenza di occhiature Caratteristiche gusto-olfattive-tattiliAl naso sentori floreali e fruttati che evolvono intostati e sentori di brodo vegetale nelle forme piùstagionate. Buona la persistenza gusto-olfattivaretronasale con note di erba e fieno. Al gusto c’è unbuon equilibrio tra il dolce e il salato. Ottima la solu-bilità unita ad una piacevole granulosità in bocca.StagionaturaA partire da 12 mesi Ordine di servizioE’ preferibile servirlo in chiusura pasto, in abbinamen-to un vino rosso di bella struttura e buona morbidezza,caratterizzato anche da un adeguata persistenza aro-matica. Le forme meno stagionate si prestano anchead abbinamenti con bollicine metodo classico.Consigliabile da grattugia, a scaglie su pizza e bresaolae come complemeneto ai ripieni di pasta.

Il produttore giusto: Fattorie Fiandino s.r.l.via Termine, 25 12020 Villafalletto (CN)Tel. +39 0171.930014Fax +39 0171.930177 - info@fattorie fiandino .it

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fine pasto in alternativa aldolce può essere servito conconfettura di visciole o conconfettura di mirtilli.

Il produttore giusto: Azienda Agricola Il BoscassoLoc. Boscasso270140 Ruino (Pavia)Tel. 0385955906 [email protected]

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TERRITORI/1

Il Pecorino Siciliano Dop, formaggio a pastapressata e cotta, rappresenta un formaggiodalle origini antichissime, infatti, nel IX seco-

lo a.c. ne parlava Omero nella sua grande operadell’Odissea e, successivamente, Plinio ilVecchio lo decantava nella sua famosa NaturalisHistoria.Migliaia di anni e non sentir-li; infatti, ancora oggi possie-de tutti i caratteri della bio-diversità che ne hanno fattoun grande formaggio: latteovino intero crudo, alleva-mento degli animali costitui-to prevalentemente daessenze foraggere sponta-nee, utilizzo di attrezzature dicaseificazione tradizionali e di caglio naturale inpasta di agnello. Un formaggio, quindi, con unafilosofia lontana dalle grette logiche degli alleva-menti intensivi e di quelle dei caseifici industria-li.Nasce in tutto il territorio della regione sicilianae prima di fregiarsi del prestigioso marchio,

oltre ad avere le caratteristiche viste sopra,deve superare gli esami qualitativi previsti daldisciplinare di produzione, come ad esempio ilcontenuto di grasso che non deve essere infe-riore al 40% sulla s.s.. Le forme, divise per lottodi produzione, seppur conformi dal punto divista delle analisi, all’atto della marchiatura (chenon può avvenire prima dei 4 mesi di stagiona-

tura) vengono valutate unaper una dai tecnici ispettoridel Corfilac e quelle che pre-sentano difetti, come ad igonfiori, vengono retinate.In ogni caso, il vero PecorinoSiciliano Dop possiede dellecaratteristiche distintiveimportanti: la crosta presen-ta delle zigrinature a causadel canestro in giunco den-

tro al quale avviene la formatura; la pasta si pre-senta sempre priva di pepe nero, e su un piat-to sono impressi due elementi distintivi: lamatrice in caseina ovoidale recante un numeroprogressivo e il marchio a fuoco circolare, cheoltre a contenere la denominazione PecorinoSiciliano Dop raffigura la Trinacria.

Il Pecorino Siciliano Dop,star del premio Trinacria dIl Pecorino Siciliano Dop,star del premio Trinacria d

di Antonio Di Falco

IL FORMAGGIO che favorisce l’incontro

L’evento di quest’anno ha assunto una valen-za molto particolare sia per le aspettativenutrite da produttori ed operatori, sia per le

prospettive strategiche che si delineano nel pros-simo futuro.L’Onaf, con il Workshop “I profili del gusto e pro-spettive commerciali del Pecorino Siciliano Dop”e la seconda edizione del Concorso casearioregionale “Trinacria d’Oro”, ha consolidato ilruolo strategico che svolge nel formare assaggia-tori e, soprattutto, nel comunicare con passione

e precisione tecnica laQualità riconoscibile dalGusto: è un segnale forte di presenza ed intera-zione con il territorio.Le giornate di sabato 11 e domenica 12 gennaio2014, hanno visto radunarsi, attorno al “formag-gio più antico d’Europa”, molti assaggiatori Onaf,operatori del comparto, allevatori, istituzioni, tec-nici, gourmet e appassionati provenienti anchedalla vicina Malta, hanno documentato, con laloro presenza e con i loro interventi, quanto la

produzione di Pecorino Siciliano Dop sia radicatanella tradizione e nel tessuto sociale identitariodell’Isola.Il Consiglio di Delegazione Sicilia Orientale pre-senti, Giuseppe Camuglia, Antonino Longo eGiovanni Farina, ha svolto con entusiasmo ildeterminate compito di regia nell’organizzazionedi ogni momento in programma. Coloro che sisono incontrati durante le degustazioni, le escur-

di Pietro Pappalardo

È il gioiello isolanoNe scrissero Omero e Plinio il VecchioHa migliaia di annie non li dimostra

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LA SESSIONE DI VALUTAZIONERuolo non poco impegnativo quello della giu-ria in questa seconda edizione del premio“Trinacria d’Oro”, grazie all’alta qualità deipecorini presenti in gara. Nel pomeriggio disabato, con un impegno durato quasi quattroore, i nove maestri assaggiatori Onaf hannoofferto la loro esperienza per dare riconosci-mento a chi da anni si impegna nella produ-zione del formaggio già cantato da Omero.Le operazioni di giuria hanno visto ciascunacommissione confrontarsi fra loro, dandovita ad una intensa attività tecnica di valuta-zione visiva, olfattiva, strutturale ed infinegustativa. Le relative schede descrittive e divalutazione delle caratteristiche organoletti-che dei formaggi, sapientemente compilate,hanno determinato punteggi sostanzialmenteconvergenti che hanno successivamentedato vita alla relativa classifica finale.Attraverso la metodica Onaf è stato possibilemisurare qualitativamente e quantitativamen-te le percezioni avvertite durante l’assaggio,arrivando a delineare il profilo sensoriale diogni Pecorino Siciliano Dop in gara. La chia-mata di responsabilità dei giurati, è uno deglielementi necessari a garantire l’affermazionedell’evento, che si è confermata anche que-st’anno.

p,a d’Oro 2014p,a d’Oro 2014

sioni e nei momenti di approfondimento cultura-le, gastronomico e tecnico, hanno avuto modo dipercepire la vitalità di un formaggio antico e laforza di un legame con la Sicilia ed ilMediterraneo, tanto da esseretrascinati dentro una “festa” disapori, profumi, emozioni diforme, colori e suoni che ci uni-sce in un, sempre nuovo, idealedi sviluppo locale, integrato esostenibile. Il Trofeo Trinacriad’Oro quest’anno, nella sceltadei materiali e della forma, havoluto sottolineare il tema svi-luppato durante la prima sessione di sabato: illegno, con l’importanza che riveste nella caratte-rizzazione microbiologica dei formaggi a lattecrudo ed il concetto di tempo, individuabile neglianelli concentrici della sezione di tronco utilizza-ta, necessario a creare, nel Pecorino, aspetti sen-

soriali e nutrizionali tipici.Un aspetto emerso dagli interventi e dalle relazio-ni riguarda il fatto che la Sicilia importa l'80 percento dei prodotti lattiero caseari consumati

nell’Isola. Emerge ancora di piùil bisogno di fortificare le relazio-ni tra operatori ed istituzioni,anche con la Borsa merci tele-matica delle Camere diCommercio. Gli interventi istitu-zionali sono stati un coro unani-me nel sottolineare la straordi-naria importanza di un eventonecessario per essere un punto

d’incontro per la Sicilia. Garantita la programma-zione per l’anno nuovo, con l'appuntamento del“Formaggio più antico d’Europa” sotto l’egidadell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori diFormaggi ed il Consorzio per la valorizzazione delPecorino Siciliano Dop.

Una festa di sapori,

emozioni e colori che unisce

e crea sviluppo

Sopra, i relatori del convegnoSotto, si preparano i campioni in assaggio

A fianco, Pietro Pappalardo presenta il vincitore

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TERRITORI/1

Iniziative come questache promuovono lacultura del “buono,

sano e giusto”, si inte-grano perfettamentecon le politiche promos-se in questo annodall'Assessorato alleRisorse Agricole eAlimentari. Politichevolte principalmente alla difesa dei prodotti Bornin Sicily, nati o per meglio dire generati in Sicilia,identificativi dei nostri territori e quindi dei nostrivalori.

Dario CartabellottaAssessore alle Politiche Agricole della Regione

Il concorso è nato nel2013 con il tentativo didare una scossa al setto-re caseario siciliano eper motivare allevatori ecasari di PecorinoSiciliano Dop a produrredi nuovo “Il più anticoformaggio d’Europa”.Alla seconda edizione il

risultato è più che buono, 3 nuove aziende hannoprodotto nell’annata casearia 2013, 4 hanno aderi-to al sistema della Dop per la campagna 2014.Eventi come il Trinacria d’oro servono per scuoterequesto mondo agricolo isolano.

Massimo TodaroPresidente Consorzio Pecorino Siciliano Dop

L’Assessore Il Presidente

La sala del workshop alla domenica

Di fianco, i primi tre classificati

IL PODIO

1° classificatoDitta Cucchiara LiborioUbicazione AziendaC.da Torretta - 91018 Salemi (TP)Sede Legale - via Monaci, 63 91018 Salemi (TP)

2° classificatoDitta Ferranti Domenico & C. sncUbicazione AziendaC.da Mèlia - Castronovo di Sicilia (PA)Sede Legale - via L. Attardi, 692020 S.Stefano Quisquina (AG)

3° classificatoAzienda Agricola Presti RosarioUbicazione Azienda - C.da Mulinazzo92020 S.Stefano di Quisquina (AG)Sede Legale - C.da Mulinazzo92020 S.Stefano di Quisquina (AG)

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La tradizione casearia serba si basa prevalentemente su prodotti freschi, nonsoggetti a lunga stagionatura, e conservati in salamoia, di latte vaccino,ovino, caprino, avendo anche la consuetudine di affumicare i formaggi.

Ogni regione ha il suo formaggio tipico: al nord, la Vojvodina ha il formaggioarrotolato, a pasta filata, al sud est si prepara lo Zlatar Sir, il Kajmak e Beli Sirmentre il sud ovest è l’area di produzione del Kačkaval, a pasta filata, stagionatoal massimo 6 mesi. La specialità proposta da molti caseifici è la panna con pepe-roni ed, apprezzato in tutto il paese, è il singolare Kajmak, fatto anche in casa. Iprodotti denominati con l’indicazione geografica di origine sono registratidall’Intellectual Property Office della Repubblica di Serbia.La Serbia offre panorami e contesti socio-culturali e gastronomici estremamen-te vari. Mentre la regione della Vojvodina è pianeggiante e offre la tipica organiz-zazione dei villaggi e delle cittadine di impronta austroungarica, la parte centraledel paese ha un paesaggio prevalentemente collinare e montagnoso, con gusti,tradizioni e abitudini che risentono del confronto-scontro tra la cultura serba ela dominazione ottomana tra XV e XIX secolo. Alla ricerca di stili di vita immemo-ri ci si può immergere tanto nelle riserve naturali vojvogiane di Zasavisa ad est edi Zarska Bara a ovest quanto seguire il corso del Danubio attraverso il parconaturale di Djerdap fino alle Porte di Ferro e alla cittadina di Kladovo, prospicien-te la Romania e celebre per i vini della regione. Sul fiume Drina, ai confini con laBosnia, si estende il parco nazionale dei monti Tara, mentre poco distante c’è laregione di Zlatibor, celebre come stazione sciistica e per l’ambiente incontami-nato. A sud, a cavallo del confine la Bulgaria, inizia il complesso delle StaraPlanina, le “antiche montagne”. Vi si accede dalle cittadine di Pirot e diDimitrovgrad, da dove, attraverso piste che si alternano a strade asfaltate, si arri-va in uno scenario naturale unico, dove per gran parte dell’anno pascolano greg-gi di pecore e di bovini autoctoni.

Un viaggio,un formaggioe molto di piùSe

rbia

PRIMA TAPPAIL SUD OVEST

KajmakRisale al 1300 circa, nei paesi balcanici,l’usanza di fare il Kajmak, derivante dall’ar-rivo di pastori nomadi provenienti dall’estasiatico. In Mongolia si chiama Urum. IlKajmak è ottenuto dalla raccolta della pelli-cina formata sul latte bollito e raffreddato.Il latte vaccino, oppure misto vaccino edovino, versato in ampi e bassi contenitori èbollito e lasciato raffreddare a 10-15C° per24 ore. Durante il raffreddamento lasuperficie del latte si compatta formando ilKajmak. Se consumato fresco, il Kajmak èsubito raccolto, se soggetto a stagionaturaogni strato è salato e raccolto. Gli strati diKajmak sono sovrapposti in contenitori,conservati a 15-18C° per 20 giorni. Allatemperatura di circa 8 C°il Kajmak può sta-gionare anche 3- 6 mesi. La modernità tende a sostituire i tradizio-nali barili in legno con la plastica anche sealcuni casari utilizzano ancora le botti difaggio, tiglio o pino.Il Kajmak è prodotto sia da casari allevatoriche da caseifici con il latte dei conferentima ogni famiglia ha la “propria ricetta”.

Beli SirIl latte vaccino o misto molto scrematorisultante dalla produzione del Kajmak, ècoagulato con caglio di vitello liquido. Lacagliata prelevata dalla caldaia con unpanno è sgrondata dal siero e pressata neltelo, ottenendo uno spessore di 3 centi-metri circa ed è tagliata a pezzi. Si ottiene ilBeli Sir, formaggio a pasta compatta, fria-bile, posto in salamoia e conservato ancheper diversi mesi.

Zlatar Sir IgpE’ fatto con latte vaccino intero crudo,mischiando anche il latte di due mungitu-re. Al latte riscaldato alla temperatura di

di Simonetta Cortella

LA PRODUZIONETIPICA NELLEVARIE REGIONI:RESISTE LA TRADIZIONE

TERRITORI/2

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Segue a pagina 40

Beli sir

Kaskaval stagionato

Kajmak

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Il latte è coagulato a 33 C° circa concaglio liquido di vitello. La cagliatatagliata a pezzi grossi è raccolta in untelo e sottoposta a pressatura. Il pro-cedimento di affumicatura avvienenaturalmente bruciando erbe aroma-tiche per 2 ore. Il formaggio è vendu-to fresco senza stagionatura.Casaro visitato: Rudnik, NikolaBenkovic. Le capre di razzaKarakachan pascolano 9 mesi.Attualmente 25 in lattazione.

PASSAGGIO A SUD ESTIl luogoIn Stara Planina, l’allevamento ovinoe caprino è sempre stato fondamen-tale per il sostentamento famigliare eil documento risalente al 1885segnala un’attività commerciale dedi-

ta anche all’esportazione dei formag-gi. Nel 1945, a Pirot, è istituita laScuola lattiero casearia per promuo-vere il tradizionale Kačkaval ma neglianni successivi, la riduzione dell’alle-vamento ovino, induce ad utilizzarelatte vaccino oppure misto. I discipli-nari di produzione si adeguano:Pirotski Kačkaval Igp si produce con illatte vaccino ed il Stara PlaninaKačkaval Igp, 80% ovino 20% vacci-no.A Dimitrovgrad, Sergej Ivanov, medi-co veterinario, sensibilizza gli opera-tori locali, allevatori e casari nel salva-re le razze autoctone ovine e caprinedall’estinzione, suggerendo il loroallevamento per la produzione casea-ria e l’utilizzo della lana per la tessitu-ra, zona di lavorazione del tradiziona-le tappeto di Pirot.

Pirotski Kačkavalj Igp La cagliata, ottenuta con coagulazio-ne presamica è tagliata a dimensionedi grano di mais, poi riscaldata lenta-mente fino a 38/41°, è sgrondata dalsiero, tagliata, affettata ad uno spes-sore di mezzo centimetro. Una quan-tità di cagliata affettata equivalente aduna forma è messa in un cesto di

L’ALLEVAMENTO DI PECORE ECAPRE DA SEMPREÈ IL REDDITODELLE FAMIGLIE

Una delle produzionitipiche serbe: la cagliata

avvolta nel telo è pressatada un sasso

25-30C°, è aggiunto il caglio liquidodi vitello, dopo circa 2 ore si forma lacagliata, si effettua un taglio a formadi croce per spurgare il siero. Lacagliata è prelevata dalla caldaia conun mestolo e posta in diverse fasce-re foderate da teli, questi sono anno-dati e messi sul tavolo spersoio,sgrondando il siero senza pressioneda ½ ora a 1 ora. La cagliata nel telo,è poi pressata con un peso (sasso) dicirca 3 kg per 3-4 ore, ottenendouna forma quadrata di 30 cm di latoe 2 cm di spessore dai bordi arroton-dati, è tagliata a pezzi di 10 cm circadi lato, salata a secco e messa in sala-moia al 25% e conservata in un loca-le ad una temperatura massima di15-18C°, per 30-40 giorni d’estate epiù a lungo d’inverno. Il contenitoredella capienza di 30 chili, può esseresia di plastica che di legno, il kačiće,ed è numerato. Il casaro è tenuto aregistrare su appositi moduli la quan-tità di formaggio introdotta.

Caseifici visitatiA Guča: Caseificio di Jovan Bugarcic,capacità di lavorazione 5 mila litri algiorno. Latte vaccino e caprino.Produzione Kajmak e Beli Sir e for-maggio di capra in salamoia.A Uzice: Caseificio MeklaraRojantsvo, capacità di lavorazione 3mila litri al giorno. Produzione:Kajmak, Beli Sir, Peperoni in panna.46 conferenti locali.A Bozetiči: in alpeggio,1200 metri,Casaro Milan Mukvic. Attualmente 12vacche in lattazione, produzione esti-va di Zlatar Sir fatto usufruendo dellatemperatura del latte alla mungitura.A Leusiči: Promlek Pranjani, produ-zione Kajmak, Beli Sir.

Formaggi di latte di capra di razzeautoctone

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TERRITORI/2

protezione sullasuperficie. Laseguente stagio-natura, che noneccede i 6 mesi,avviene in cella atemperatura di 15-18 C°, 75%-85 %di umidità, suripiani di legno. Leforme durante lastagionatura pos-sono esseresovrapposte. Primadel taglio e del confezionamento sot-tovuoto, le forme sono raschiate insuperficie.

Caseifici visitatiA Pirot: Scuola Lattiero Casearia.A Dimitrovgrad: punto vendita delloKačkaval dei casari della StaraPlanina.

Formaggi di latte di razze autoctoneFormaggi a coagulazione presamica,latte crudo, pasta cruda, sottoposti apressatura. La cagliata è tagliata apezzi e conservata in salamoia.

Casari visitatiA Dimitrovgrad – Selo Prtopopinci:Allevamento e caseificio “RavnaSuma”- pecore razza Bardoka 72capi e capre razza Balcan 50 capi.

IN TERRA DI VOJVODINAFormaggio arrotolatoIl latte vaccino intero è coagulato concaglio di vitello, la cagliata è tagliata,sgrondata dal siero ed è successiva-mente sottoposta a filatura. La caglia-ta è tagliata a pezzi e ogni pezzo èspianato manualmente fino ad otte-nere una sottilissima sfoglia. Le sfo-glie sono sovrapposte ed arrotolate.E’ consumato fresco. Foto 230

legno intrecciato. Il casaro immerge,estrae, rotea ripetutamente il conte-nitore nel liquido (1/3 di acqua dellalavorazione precedente e 2/3 diacqua aggiunta) alla temperatura di72 C°, manipola e allunga la massa,da 2 a 5 minuti, fino ad ottenere lagiusta elasticità. La cagliata è postasul piano di lavoro, spianata, salata,arrotolata, compattata. E’ allora inse-rita in una fascera, pressata manual-mente, e la parte eccedente, insuperficie, è massaggiata, modellataa forma di rosa (nubek) e mozzata.La pasta, ora ben liscia ed aderentealla fascera, è forata manualmentecon un ago per eliminare l’eventualearia inglobata. La forma è girata, toltadalla fascera e posta in cella calda a22°, umidità 65%-75% ad aria venti-lata, per 3-4 giorni, per agevolare lospurgo del grasso e formare una

Caseificio visitato: FruskogorskaMeklara. Produce formaggio arroto-lato e formaggio in salamoia.

Curiosità. Benché sia noto che lacomposizione del latte di asina nonpermetta la coagulazione, l’estrosapubblicità del “formaggio di latte diasina”, prodotto nella riserva, hafatto il giro del web, suscitandocuriosità. La confezione elegante edoriginale racchiude cinquanta gram-mi di formaggio bianco e duro ed icaratteri piccoli rivelano che è com-posto anche di latte di capra.Zasaviča Special Nature Reserve, sitrova a nord ovest della Serbia, nellaregione autonoma della Vojvodina, siestende su 1820 ettari in un mosai-co di ecosistemi acquatici e di zoneumide. E’ un’area protetta al fine dipreservare l’habitat di flora e faunaed alcune specie rare e minacciate.E’ attivo l’allevamento di bestiame arischio di estinzione quali il bovinoBusha, il maiale Mangulitsa, l’asinoBalkan.

I referenti del viaggio Per lo svolgimento del “Giro casea-rio” è stato fondamentale il supportologistico del dottor Biagio Carrano,Convivium leader Slow Food diBelgrado, che ha attivato la rete deirappresentanti locali.

Goran Puaca: Convivium leaderSlow Food di Futog, promotore delcibo e del territorio. E’ referente deiproduttori del Cavolo di Futog,Presidio Slow Food. Sergej Ivanov: medico veterinario,pioniere nella protezione della biodi-versità in Serbia centrale, coordina la“Comunità del Cibo dei Contadini” diStara Planina. E’ fondatore di NaturaBalkanika e dell’associazione serbaAllevatori di Razze Rare, per salvarele pecore Karakačan dall’estinzione.Ivan Pavlovic: attento conoscitoredel territorio sud ovest serbo, pro-muove le tradizioni, la cultura, il cibo.

L’INVITOLa Serbia, paese ricco di cul-tura e molto ospitale, sugge-risce una visita, seguendo iformaggi, senza tralasciarel’artigianato, la cucina, i luo-ghi storici. Settembre 2014è il mese ideale per pro-grammare il viaggio di grup-po ed il dottor Carrano èdisponibile a fornire dettaglicontattandolo all’email [email protected]

Formaggio arrotolato di Vojvodina

Formaggio d’asina

Formaggio in salamoia e caglio

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EVENTO

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Il 30 novembre scorso, nella splendida cornicedel Tempio di Adriano, nel cuore del centro sto-rico di Roma, si è tenuto il workshop: “Quanto

Basta, un principio etico contro lo spreco alimenta-re”, organizzato dall’Associazione dei Dirigenti delterziario Manageritalia Roma, di cui l’Onaf è statouno dei partner.L’argomento trattato ha richiamato un vastopubblico che non ha avuto modo di annoiarsisia per il ritmo dei vari interventi combinato allaconfacente sequenza prevista dall’impeccabileorganizzazione e sia per la presenza di qualifi-cati relatori appartenenti alle istituzioni, almondo accademico, a quello imprenditoriale,ad organizzazioni internazionali governative eong, che sebbene avessero a che fare con untema oramai noto, lo hanno declinato in mododa stimolare i partecipanti a numerose riflessio-ni. Uno degli argomenti che ha visto la convergen-za di diversi relatori è stato quello che l’attualemodello economico di sviluppo sta mettendo arischio l’equilibrio del genere umano, generan-do anche una instabilità ecologica. Contrastare

questo modello quindi è il modo migliore perevitare una catastrofe e l’aspirazione a disfarsidell’attuale sistema per sostituirlo con unonuovo e possibilmente migliore non è una que-stione ideologica, ma una necessità per lasopravvivenza della specie umana. Tra le varie proposte interessanti sottolineoquella che invita tutti a diventare ConsumAttori,cioè partecipi e responsa-bili di quelle che sono lerisorse che tutti noi dobbia-mo garantire per il futuro.Unanime è stato poi l’ac-cento sull’importanza diuna educazione alimentarenelle scuole, allo scopo di trasmettere quellaconsapevolezza che purtroppo oggi è deficita-ria. La tavola rotonda, prevista a conclusione delconvegno ed alla quale ha partecipato il diretto-re di InForma, oltre a riprendere temi trattati dairelatori, ha visto discutere un tema che sta par-ticolarmente a cuore alla nostra Organizzazionee cioè quello della Qualità.

Così come in precedenza era stato evidenziatonel Manifesto della Qualità, anche in questa cir-costanza è stato sottolineato il pericolo che sicorre nella banalizzazione dei sapori che vengo-no conformati ad una pseudo richiesta delConsumatore, da cui l’affermazione rimbalzatanel dibattito: “È meglio acquistare ½ kg dipomodori di Pachino anziché 1 kg di pomodoridi Pechino”. Credo che la questione della qualità combinataal concetto introdotto, nel corso del dibattito,da Elio Ragazzoni sul cattivo utilizzo della com-ponente tempo, incida in modo considerevolesugli sprechi alimentari. In sostanza non abbia-mo tempo per poter fare una scelta consapevo-le, di qualità, e per fare in fretta ci accontentia-mo di tutto e di più, tanto il buttar via non nerichiede molto di tempo, senza sapere che “Noi

non ci rendiamo conto chebuttando via molto è comese buttassimo via qualcosa dinoi stessi”. Anche lo chef Fabio Campoli,presidente del Circolo deiBuongustai, che ha concluso

il workshop, ha dato rilevanza a quest’aspetto,sostenendo che la cucina deve essere un mezzoper condividere “le buone cose”, dove per “buonecose” si intende anche l’etica, il rispetto, ed ioaggiungerei il Quanto Basta. Il finale ha visto la premiazione delle scuole chehanno partecipato al concorso sul tema dellospreco, al quale l’Onaf ha fornito una validocontributo.

L’Onaf è stato partner di “Quanto Basta”,

workshop dei dirigenti del terziario a Roma

Evviva la qualità abbasso lo spreco

di Domenico Villani

Quanto Basta:educazioneal consumo

““

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Sono 10 anni che in varie nazioni si celebra la “Giornata Nazionale delFormaggio” per sostenere con eventi festosi i formaggi a latte crudo ele produzioni artigianali che sono alla base della storia del processo diproduzione degli alimenti. Certo non è un evento paragonabile alnostro “Cheese”, ma l’idea di avere un momento di riflessione “gioio-sa” sui nostri formaggi di nicchia, aiuterebbe a raggiungere anche partedi quel pubblico interessato all’argomento che trova Cheese troppoimpegnativo. Negli Usa, dal 20 gennaio 2013, in un prestigioso hotel,si è celebrato il National Cheese Lover's Day che, nella nostra lingua,suona come un più ruspante “Giornata degli amanti del formaggionazionale”. In Francia esiste la “Journée Nationale du Fromage”, a quan-do simili iniziative anche in Italia?

di MASSIMO PELAGATTI

Il formaggiopiù puzzolentedel mondo?Francese!Sono francesi i vincitori assoluti del con-corso dei formaggi più "puzzolenti" delmondo. Un'insolita sfida nata nel cuoredella Gran Bretagna, e condotta dal dot-tor Stephen White della CranfieldUniversity a nord-ovest di Londra.Accanto a 19 assaggiatori "accademi-ci" si è seduto un "naso elettronico"che ha emanato senza dubbi il suoverdetto: sul podio sono saliti ben trefrancesi, tutti di latte vaccino. Al primoposto il normanno Vieux Boulogne,stagionato con lavaggi alla birra.L'odore particolarmente pungente èdato proprio dalla reazione tra il maltoe gli enzimi dell'alimento. Secondoclassificato è il Pont-l'Eveque, stagio-nato pe 6 settimane in acqua salatache ha confermato le superiori qualitàolfattive della Normandia. Al terzoposto c'è il Camembert, 21 giorni distagionatura, che con il vago retrogu-sto di funghi risulta in assoluto il for-maggio più imitato. Il segreto, confer-mano i ricercatori, è tutto nei "lavag-gi", ossia nelle sostanze liquide usateper trattare la crosta.

Negli Emirati gli investimenti in cammelli ecaseifici degli ultimi anni ammontano a quaran-ta milioni di dollari, secondo le stime di NancyAbeiderrahmane che con un’azienda inMauritania produce una sorta di "brie" di lattedi cammella. E secondo la Abeiderrahmane losbarco di questi formaggi in Europa sarebbeprossimo, perché il Paese è ricco, può permet-tersi di pagare gli onerosi test sanitari richiestida Usa e Unione Europea. Esiste il sigillo realedi approvazione, dopo i test degli chef di unadelle famiglie reali degli Emirati. Strana la

dichiarazione che il vicedirettore dellaCamelicious Mutasher Al Badry ha reso al por-tale The National: «Il latte di mucca contienesostanze artificiali e industriali che noi nonvogliamo mettere nel nostro formaggio di cam-mella, per offrire un prodotto di alta qualità».Peccato che per coagulare il latte di cammellaoccorra il fosfato di calcio, che si ottiene nor-malmente per sintesi chimica, a meno di nonvoler utilizzare ossa bruciate. La resa del latte èbassa, il formaggio sarà costoso e verrà vendu-to solo nei supermercati. Diverse grandi distri-

buzioni degli Emirati Arabi saranno invase datre tipi di formaggio: da insalata, da tavola e dacucina. Il formaggio da insalata ha un saporesimile alla feta, con una texture cremosa, men-tre quello da cottura ricorda un po’ la mozzarel-la, ma con un interno più morbido.

Il Brunost che manda a fuoco un tunnelL'incidente più incredibile è in Norvegia dove un tunnel autostradale siè riempito di fiamme, in seguito al rovesciamento del rimorchio di uncamion carico di un formaggio di capra che bruciava come benzina.Non ci sono feriti, ma a causa dell'elevatissima temperatura i danni allastruttura della galleria e al manto stradale sono rilevanti e i responsabi-li della viabilità e della sicurezza stradale prevedono la sua chiusura peralmeno due o tre settimane. L’amministratore pubblico dei trasportiKjell Bjoern ha ammesso: “Non sapevo che il formaggio potesse pren-dere fuoco con questa facilità” rivelando che non gli era mai capitatoun caso simile in quindici anni di esperienza. Il Brunost è un formag-gio di capra caramellato e la sua infiammabilità è dovuta all’alta concen-trazione di grassi e zuccheri.

Altri mondiIl cacio di latte di cammella guarda al mercato mondiale

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Nel mondo esiste una “GiornataNazionale del Formaggio”

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In questo numero di Informa parleremo diFonduta. Un argomento un po’ “fuori luogo”, èil caso di dirlo, per uno chef laziale come me,

con origini e tradizioni casearie-gastronomichemolto lontane dal concetto “doc” di fonduta. Èpiù consono per me, per ragioni geografiche eculturali, parlare di salsa al formaggio o condi-menti affini. La fonduta ha una sua precisa area di nascita che si colloca al di là delle Alpitra Francia e Svizzera, per poi toccare Piemonte e Val d’Aosta. La posizionegeografica comporta di conseguenza l’utilizzo di formaggi tipici e delle ricet-te specifiche che il territorio ha e tramanda. La “bellezza” della cucina consiste nella possibilità di interpretare ogni ricet-ta in base alle proprie tradizioni e idee, piuttosto che con l’utilizzo di ingre-dienti diversi per ottenere sfumature di sapori e gusti nuovi. La prima cosa da scegliere è un ottimo formaggio, protagonista di questaricetta. E questo deve essere di qualità, da questo non si può prescindere.In base al formaggio scelto, avremo come risultato un certo sapore e con-sistenza. Ecco perché consiglio di evitare formaggi di tipo commerciale oscadenti e di focalizzare l’attenzione su prodottipiù ricercati. E sono sicuro che gli amanti dellafonduta, così come i lettori di questo magazine, midaranno ragione.

Vi state chiedendo come sarebbe la “mia fondu-ta”? Personalmente propendo per formaggi sta-gionati e stagionati d’alpeggio, erborinati e, consi-derato il mio terroir, degli ottimi pecorini. Se poivolessimo azzardare e puntare alla stravaganza, civedo bene anche dei formaggi elaborati. Ecco che con piccole intuizioni, la fonduta perdel’anima di piatto principale per diventare una ricet-

ta diversa o elemento complementare. Attraverso la creatività di uno chef,la conoscenza dei sapori e della materia prima una semplice salsa al for-maggio acquista sfumature uniche e si propone come una salsa che potràessere protagonista o meno di un piatto a seconda delle quanti-tà. Per esempio potrebbe essere la compagna ideale di ver-dure croccanti o una base cremosa e saporita per unprimo piatto a base di pasta. E nella mia cucina esisto-no diverse varianti di “salse ai formaggi” che sannodecisamente arricchire e dare carattere al piatto eve ne propongo qualcuna. Circa qualità dei formaggi per una buona riuscitadella nostra fonduta bisogna fare attenzione al

procedimento e in parti-colare alle temperature. Perprima cosa in base al tipo di for-maggio utilizzato, se più o meno stagio-nato, procedo alla sua reidratazione. Comeben sapete tutti i formaggi stagionati hanno persogran parte della loro parte liquida, così li metto abagno nel latte o nella panna (ma preferisco il latteper evitare la parte grassa della panna). Nel casodi formaggi a pasta cotta o stagionati li grattugio,mentre con formaggi di media stagionatura litaglio a cubetti e li lascio nel latte, in frigo, dalle 4alle 12 ore a secondo della durezza del prodotto.

VI RACCONTOLA MIA FONDUTA

di Fabio Campoli

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I consigli praticidi Fabio Campoli

Utilizzare formaggi di qualitàReidratarli prima di metterli in cotturaEvitare alte temperatura di fusioneFonderli a bagnomariaEvitare il bollore per non far formare i grumi Se volete una salsa più densa aggiungete unpo’ di amido di mais

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LE RICETTE di Fabio Campoli

CAPPELLI ALLE CASTAGNEcon cuore di fontina e funghi cardoncelliIngredienti per 4 personePer gli gnocchi250 g di patate a pasta bianca bollite60 g di farina di castagne50 g di farina 00un tuorlo d’uovo3 g di cacao amarosale grosso qb

Per il ripieno degli gnocchi150 g di Fontina Dop3 g di agar-agar0,75 dl di panna fresca

EsecuzioneMetto a cuocere le patate ben lavate in una casseruola dai bordi medi - faccioattenzione che siano più o meno della stessa grandezza - poi ci metto del salegrosso e, quando penso che basti, ne aggiungo ancora un po’, perché il sale èigroscopico, attira cioè l’acqua cambiandone la consistenza, perciò, per osmo-si (scambio dei liquidi), le lascia più asciutte. Le distribuisco in un unico stratocon dell’acqua fredda che le supera di due dita. Le metto sul fuoco medio, per-ché devono cuocere piano piano: se vado di fretta il calore aggredisce subitol’amido che, gonfiandosi, non trova pronta la massa, e spacca la buccia. Presoil bollore, la fiamma va abbassata e deve rimanere costante.Appena cotte, le sbuccio, poi le passo immediatamente al setaccio e le dispon-go su una superficie fredda (di marmo o d’acciaio), creando così un contrastodi temperature che fa evaporare l’acqua superflua dal tubero. Per quanto riguar-da la fonduta di formaggio, metto a bagno la fontina tagliata a cubetti nellapanna fresca e lascio riposare in frigo per quattro ore. Dopo di che, la facciosciogliere in una bastardella a bagnomaria e, appena il composto diventa cre-moso, aggiungo l’agar-agar, lasciando riposare senza rigirare, fino a quando iltutto assume un aspetto gelatinoso. Successivamente, la riscaldo, la verso inuno stampino da ghiaccio e la faccio raffreddare rapidamente nell’abbattitore ditemperatura (per chi non lo possedesse, va bene anche il freezer). Nel frattem-po, preparo velocemente i funghi, pulendoli e passandoli sotto l’acqua corren-te con il cappello rivolto verso l’alto, di modo che non si inzuppino. Li taglio perla lunghezza a lamelle non troppo sottili e li verso in un’ampia padella con del-l’olio caldo, facendoli cuocere a fiamma media per almeno un quarto d’ora(altrimenti, risulterebbero indigesti, contrariamente a quanto accade con lamaggior parte degli ortaggi). Verso la fine, alzo il fuoco, faccio ben rosolare e licospargo con lo scalogno tagliato al coltello e maturato in un po’ di vino bian-co con la foglia d’alloro. Impasto velocemente le patate passate al setaccio coltuorlo, poi aggiungo le farine (di castagne e 00) precedentemente miscelate eil cacao (che rende la massa aromatica); le lavoro ulteriormente in modo velo-ce ottenendo un impasto alquanto morbido. Lo stendo con il mattarello, conun coltello ricavo dei quadrati di circa otto centimetri di lato, al cui centro mettoi cubetti di formaggio ghiacciati tolti dallo stampo. Sigillo i cappelli unendo ilembi estremi del quadrato e faccio cuocere in acqua bollente salata per treminuti; una volta pronti, li scolo bene, in quanto l’acqua in eccesso può pena-lizzare la riuscita del piatto. Condisco con i funghi, guarnendo con delle casta-gne lesse e dei chicchi di melagrana. Ne infilzo uno al centro con la forchetta,di modo che la fonduta di formaggio fuoriesca e si mescoli ai funghi e allapasta. Quindi, servo i cappelli ben caldi.

Per il condimento300 g di funghi cardoncelli30 g di scalogno1/2 bicchiere di vino bianco seccouna foglia d’alloro45 g d’olio extravergine d’oliva taggiascasale qb

Per guarnire70 g di castagne bollite e spellate60 g di chicchi di melagrana

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Dopo la fase di reidratazione passo alla fase clou delle ricette: sciogliere iformaggi in modo omogeneo evitando grumi che rovinino il risultato. Ilmodo più sicuro è a bagnomaria, utilizzando una bastardella, in modo chenon ci sia diretto contatto col fuoco garantendo una temperatura modera-ta e ben distribuita. Questa è la fase più delicata, e l’errore più frequente che si tende a fare èsulla gestione delle temperature in cottura. Il segreto per un’ottima fondu-ta o salsa di formaggi è l’equilibrio delle temperature. Il metodo a bagnoma-ria permette, infatti, una temperatura di sicurezza di 80° che scioglie senzafar bollire i formaggi. Con le alte temperature rischiamo che il bollore portial coagulo delle proteine e di conseguenza alla formazione dei grumi. Prima di servirla volendo si può utilizzare il tuorlo d’uovo come legante,emulsionante e insaporitore naturale. Da questa base si possono creare poitante varianti, tra cui anche quelle aromatizzate con l’utilizzo di distillati. Mipiace molto usare grappe o whisky (quando metto i formaggi a bagnoma-ria) al fine di dare sia più sapore al risultato finale, sia facilitare, con la parte

alcolica, l’innalzamento delle tempera-ture ed evitare gli antiestetici grumi.Altro accorgimento è utilizzare una pic-cola dose di amido di mais, nel casovoleste ottenere una salsa più densa.L’amido, come sapete, è un legante percui si deve aggiungere all’inizio dellafase di fusione perché ha bisogno diuna cottura prolungata. Quando avrete ottenuto la vostra salsapotete giocare con il suo sapore e con-sistenza per creare piatti variegati e disicuro impatto al palato. Proprio come

ho fatto io nella creazione del “Magno” un Hamburger gourmet, fatto concarne di maremmana allevata allo stato brado e ricoperto con una salsa diformaggio caprino e zafferano. Una vera goduria per gli occhi e non solo:la carne incontra la sala al formaggio, arricchendosi di sapore e regalandoa ogni morso una sensazione avvolgente al palato.

Il segreto è l’equilibrio

delle temperature e il miglior

metodo restail bagnomaria

Grandi sapori e presenza scenica

nelle ricette di Fabio Campoli

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PANDINO (CR)15-16 MARZO E 1 MAGGIO 2014TROFEO SAN LUCIO Scuola casearia

Asso Casearia Pandino, l’Associazione deidiplomati della Scuola Casearia di Pandino,presenta il sesto trofeo intitolato al protet-tore dei casari e dei tecnici di caseificioSan Lucio di Cavarnia. Il concorso è natoper riconoscere alle persone che opera-no nei caseifici il valore del duro lavoro,svolto quotidianamente con passione eresponsabilità. Sarà nominato il formag-gio “Migliore tra i Migliori” al cui tecni-

co produttore sarà attribuito il “Trofeo San Lucio 2014”. Il16 marzo verranno effettuate le valutazioni da parte del pubblico di con-sumatori. Le premiazioni si svolgeranno nel castello Visconteo di Pandinoil 1° maggio. Per informazioni: www.assocaseariapandino.it

BASTIA UMBRA (PG)28-30 MARZO 201446.ma AGRIUMBRIA Mostra Mercato NazionaleAgricoltura Zootecnia Alimentazione UmbriafiereUn’importante vetrina dell’agroalimentare italiano che da sempre propo-ne agli operatori soluzioni progettuali di elevata tecnologia per facilitar-ne le scelte riguardo il modello di sviluppo più rispondente alla multifun-zionalità dell’attività agricola. Per informazioni: www.agriumbria.eu

CATTOLICA (RN)18-21 APRILE 2014XXXI FIERA DEGLI ANTICHI SAPORI DI MARE E DI TERRAE’ un evento creato per consacrare il connubio tra i prodotti tipici localie quelli dell'enogastronomia nazionale. Agli stand gastronomici si alter-neranno altri di artigianato e nell'ambito della stessa manifestazione siterrà una rassegna di prodotti ecologici.Per informazioni: www.eventi3000.com

ALBA (CN)25-27 APRILE E 1-4 MAGGIO 2014VINUM Torna puntualmente ad AlbaVinum. L’appuntamento si terrà nel centro storico della capitale delleLanghe in un contesto ricco di manifestazioni culturali, gastronomicheed artistiche. I visitatori potranno abbinare ai vini del territorio albese,veri protagonisti, il formaggio che Onaf proporrà nel proprio spazio.Inoltre ogni giorno i maestri assaggiatori condurranno degustazioni diformaggi a numero chiuso. Per informazioni: www.vinumalba.com

PARMA5-8 MAGGIO 2014CIBUS 17.mo Salone Internazionale dell’AlimentazioneFierediParmaL’edizione 2014 di uno dei principali eventi dell’agroalimentare italianoavrà l’obiettivo di ripetere i numeri del 2012, quando i visitatori supera-

rono le 63000 presenze. Il Salone come sempre è riservato agli opera-tori, italiani ed esteri. Per informazioni: www.cibus.it

MILANO10 MAGGIO 2014ALL’OMBRA DELLA MADONNINA 9.a edizione La Cordata – Via San Vittore, 49Un evento che è diventato il punto di riferimento italiano del mondo deiformaggi caprini, con l’obiettivo di innalzare la qualità produttiva caprinaitaliana. Scienza, cultura del formaggio di capra, il piacere di stare insie-me, la degustazione e il confronto delle produzioni caprine eccelse ita-liane caratterizzeranno la manifestazione organizzata e gestita dalla dele-gazione Onaf di Milano. Il programma prevede il convegno tecnico-scientifico, il concorso dei formaggi dei migliori produttori italiani (oltre150 formaggi divisi in 11 categorie, nel 2013), le degustazioni guidatedai maestri assaggiatori Onaf ed il tradizionale aperitivo di chiusura even-to. Inoltre per avvicinare il mondo della capra e dei suoi formaggi ai bam-bini verrà indetto un concorso di disegno.Per informazioni: www.onaf.it

SANREMO (IM)16-18 MAGGIO 2014RIVIERA FOOD FESTIVAL Viaggio tra i sapori tipicidella Riviera Ligure PalafioriL’evento si propone di essere vetrina del Ponente ligure e delle suepeculiarità attraverso esposizione delle eccellenze eno-gastronomiche,mercato dei prodotti, degustazioni guidate, approfondimenti scientifici.La delegazione Onaf di Imperia disporrà di un proprio spazio e coordi-nerà alcuni momenti di degustazione di formaggi del territorio. Per infor-mazioni: www.rivierafoodfestival.com

CUNEO23-25 MAGGIO 2014DEGUSTIBUS Tour enogastronomico della cittàCorso Nizza e Piazza GalimbertiL’obiettivo della manifestazione è avvicinare i partecipanti ai gusti dellabuona tavola attraverso degustazioni di prodotti di eccellenza promuo-vendo inoltre la riscoperta della cultura, delle tradizioni e dei legami conil territorio. Per informazioni: www.degustibus.cuneo.it

ISEO (BS)IL TRENO DEI SAPORI E’ un’iniziativa di Trenord che offre piacevo-li gite fuori porta sulla sponda bresciana delLago d’Iseo, lungo la direttrice ferroviariaBrescia-Edolo. La partenza e l'arrivo del trenoavvengono alla stazione ferroviaria di Iseo(BS).A bordo di un treno con struttura e fascinoantico, ma dotato di dispositivi multimediali,aria condizionata e di telecamere esterne, i passeggeri godranno i magni-fici paesaggi della Franciacorta, del Lago d’Iseo e della Valcamonica. Lungo il tragitto, il Treno dei Sapori effettua soste per permettere ai viag-giatori, accompagnati da una guida, passeggiate ed escursioni presso sitidi cultura, cantine e produttori locali. Il Treno dei Sapori opera tutte ledomeniche e i giorni festivi salvo variazioni operative. Per informazioni: trenodeisapori.area3v.com

Agenda a cura di

[email protected]

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DALLA DELEGAZIONE DIIMPERIA

a cura di BEPPE [email protected]

>>>>>>>>Onaf alla fiera del Tartufo bianco di Alba

Il tartufo ha ospitato i formaggi nel proprio salotto diAlba (Cn) a conclusione della Fiera che ogni anno atti-ra nel capoluogo delle Langhe migliaia di visitatoriprovenienti da tutto il mondo. Onaf ha gestito unospazio apposito in Piazza Risorgimento, all’ombradella facciata del duomo, messo a disposizionedall’Ente Fiera Nazionale del Tartufo Bianco d’Alba. Haproposto assaggi di formaggi locali e fornito informa-zioni di carattere tecnico al pubblico, che ha mostratodi apprezzare maggiormente il prodotto se corredatoda notizie riguardanti la zona di provenienza, il latte, lastagionatura. Per lo svolgimento di questo servizio èstata fondamentale la collaborazione dei soci TizianaBonasso, Marilena Capuzzo, Pier Angelo Battaglino,Federico Bellardi, Bruno Messoriano, StefanoPozzetti, Sergio Rossotto, Corrado Rustichelli.Domenica 17 novembre 2013 si è inoltre tenuta lacerimonia di consegna dei diplomi del corso di II livel-lo svoltosi a Torino, diretto da Lorenzo Lenta. IlPresidente Adami, il Vice-presidente Ragazzoni ed icoordinatori del corso Caldera e Moretto hanno nomi-nato Maestri assaggiatori Alessio Berthod, VilmaMaria Cianci, Antonella Della Valle, Silvana Dujany,Cristina Fiore, Roberto Giuffrida, Moira Henriet, PietroMinelli, Paola Minoglio, Jessica Nico, Roberto Ronc,Sergio Rossotto. Nella medesima occasione è statoconsegnato il diploma di Maestro assaggiatore onora-rio ad Alberto Cirio, assessore ad Istruzione, Turismoe Sport della Regione Piemonte, che non ha mancatodi sottolineare quanto il formaggio debba essere moti-vo di orgoglio per il Paese. Si è registrato il tutto esaurito nei momenti di degusta-zione guidata proposti. Il relatore Paolo Stacchini hasaputo condurre i partecipanti ad un viaggio del gustosulle colline di Langa, piacevole e didattico allo stessotempo, apprezzato anche dal pubblico straniero. I for-maggi (Robiola di Roccaverano Dop, Murazzano Dop,sola e toma di pecora di Langa) sono stati abbinati aivini rossi del territorio, presentati dai sommeliersdell’Ais.

Marco Quasimodo

>>>>>>>>Onaf ospite a Olioliva

In occasione di Olioliva, importante manifestazione che si svolge in Imperia per promuove-re la nascita della nuova produzione di olio, Onaf è stato presente nello stand diConfartigianato. Un produttore locale di formaggi, F. Pucci, si è reso disponibile ed ha porta-to in degustazione due formaggi vaccini ed una ricotta. A fine novembre presso la coopera-tiva Agrifood si è svolta una degustazione di mieli, formaggi ed altri prodotti. Infine in dicem-bre un buon numero tra soci e simpatizzanti si è riunito presso il ristorante Tortuga per unadegustazione-cena. I formaggi in degustazione sono stati sei: due tomini a latte crudo caprino; il Nostrale diStroppo a latte crudo vaccino della zona della Val Maira con cinque mesi di stagionatura; laToma di pecora Brigasca a latte crudo, stagionata quattro mesi, prodotta nella zona di Triorae Presidio Slow Food; il Cheddar a latte crudo vaccino di dieci mesi proveniente dalla regio-ne del Somerset; il Bleu d’Auvergne a latte crudo vaccino con stagionatura di quattro setti-mane, prodotto nella zona del massiccio centrale della Francia.Grazie a Giacomo Lantrua e Mauro Dogliani per i vini ed alla signora Teresa che ha cucinato.

Il delegato Pino Moser

• Alcuni neo Maestri Assaggiatori di Torino

DALLA SEGRETERIANAZIONALE

• Paolo Stacchiniguida una

degustazione

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>>>>>>>>Degustazione di extraduri

Sabato 7 dicembre 2013 l’Atiaf ha organizzato, nell’accogliente sala delCaseificio dimostrativo del Gottardo di Airolo, una degustazione di formaggiextra-duri che ha permesso alla quarantina di soci e simpatizzanti presenti dimeglio conoscere questa categoria di formaggi. Sono stati degustati: GranaPadano Dop, 9 mesi di stagionatura; Parmigiano Reggiano vacche bianche, 24mesi di stagionatura; Parmigiano Reggiano vacche rosse, 24 mesi di stagiona-tura; Trentingrana, 9 mesi di stagionatura; Sbrinz della Kaeserei Geschnialp diAnselm ‘Sälmi’; Toengi Engelberg; Obvaldo, formaggio d‘alpe, stagionatura di30 mesi e lo Sbrinz di Guido Wolfisberg, Dorfkäserei di Alpnach-Dorf/Obvaldo, caseificio in pianura con produzione continua nel corso dell’an-no, stagionatura di 36 mesi. Sul sito Atiaf (www.atiaf.ch) una descrizione com-

pleta e le schede didegustazione per ognisingolo tipo di formag-gio. Al termine gli amiciMarna e Igor Solihanno proposto l’abbi-namento Formaggioextra-duro e AcetoBalsamico Tradizionaledi Modena che produ-cono, per tradizionefamiliare, da ormai 35anni.

Il delegato Renato Bontognali

DALLA DELEGAZIONE DELCANTON TICINO

• Mauro Gendotti, vicepresidente Atiaf, commenta ilParmigiano Reggiano. Al tavolo il presidente AtiafRenato Bontognali e il segretario Eugenio Micheli

DALLA DELEGAZIONE DELLASICILIA ORIENTALE

>>>>>>>>Visite ad Enna

Nell'ambito del Concorso Trinacria d'oro svoltosi a Enna il gruppo di par-tecipanti ha effettuato una visita aziendale presso il Caseificio Valvo ope-rante dal 1998 con l'intento di creare un'azienda altamente qualitativa,associando alla grande esperienza, l'utilizzo di moderni ed efficientissimimacchinari. I prodotti, la ricotta, il primo sale, lo stagionato e il PiacentinoEnnese Dop, vengono sottoposti a continui e rigorosi controlli al fine dioffrire qualità e genuinità. Durante la visita guidata è stata data la possibi-lità di assistere alle varie fasi di trasformazione del latte con successivadegustazione, erano presenti gli studenti dell’Istituto A.Volta di Nicosiacon indirizzo per Tecnici Agrari.É seguita l’escursione turistica nella città di Enna iniziata presso il TeatroGaribaldi, dove hanno sede il municipio e la Pro Loco della città. I parteci-panti sono stati accolti dalla direttrice insieme all’assessore comunale alturismo, Fabiola Lo Presti. All’interno è stato possibile visitare una salaallestita in onore di Francesco Paolo Neglia, nato nel capoluogo ma prestotrasferitosi in Germania, noto compositore e direttore d’orchestra. Altratappa è stato il Monastero San Marco, che ospita l’ordine delle suoreCarmelitane Scalze di Sicilia, riaperto da poche settimane. Del convento èstato possibile vistare la Chiesa, le sale di preghiera, l’antico refettorio e lecelle delle suore, che sono ancora intatte e arredate con la semplicità di

quando venivano utilizzate. Le suore si autogestivano compiendo piccolilavori successivamente messi in vendita oppure realizzavano le ostie chepoi venivano consacrate durante le funzioni ai fedeli. Il percorso è prose-guito al Duomo, dove è stato possibile vedere il simulacro della patrona diEnna, la Madonna della Visitazione. La visita è terminata al Castello diLombardia, da dove si gode un panorama vastissimo, dalle Madonieall’Etna passando per il lago di Pergusa, abbracciando tutta la Sicilia cen-tro-orientale.

Antonino Longo

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>>>>>>>>Esperienze da imitare

Da circa dieci anni, presso la Delegazione Napoli Centro, per iniziativadel segretario, Salvatore Varrella, è operativa una “squadra di servizio”,a tutt’oggi unica nel panorama Onaf. Tutti i maestri assaggiatori delladelegazione hanno possibilità di farne parte, ciascuno secondo le pro-prie disponibilità di tempo e le occasioni. I più attivi partecipano stabil-mente alle attività della squadra, coniugando la preparazione professio-nale Onaf con l’esperienza via via maturata nei diversi eventi: presenta-zione e descrizione dei formaggi in buffet per matrimoni, convegni efeste private, promozioni di prodotti caseari in locali di vendita specia-lizzati, in generale, in tutte le occasioni dove c'è bisogno di una figuraesperta che sappia parlare del formaggio.La squadra si presenta conuna austera divisa, pantaloni grigi, giacca blu scuro, camicia ovviamen-te bianca, e il tocco civettuolo di una cravatta color rosa salmone, chenella versione femminile, visto che, ci sono fra noi anche maestreassaggiatrici, è sostituita da un foulard dello stesso colore.

Il segretario Salvatore Varrella

DALLA DELEGAZIONE DINAPOLI

• Lo staff di Trinacria d’oro 2014

• La squadra di servizio partenopea

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>>>>>>>>I formaggi “con cristalli”

Giovedì 5 dicembre ha avuto inizio il ciclo di degustazioni programmate perl'approfondimento della conoscenza dei formaggi. La serata era dedicata ai formaggi a pasta “Extradura”, quelli che per la tec-nologia di produzione e per la stagionatura presentano nella struttura la for-mazione di particolari cristalli. La degustazione è stata effettuata al"Pelledoca" di Savigliano, dove Fabio da esperto sommelier ci ha propostol'abbinamento con appropriati vini per esaltare le caratteristiche degustati-ve sia dei formaggi che dei vini.I formaggi presi in considerazione sono stati: Parmigiano Reggiano Dop daVacche Rosse, Grana Padano Dop Mantovano, Gran Kinara a caglio vegeta-le Fiandino e Nostrale Stravej Sepertino, tutti con una stagionatura compre-sa fra 12 e 44 mesi, in grado di presentar la presenza di tirosina.Il Maestro Assaggiatore Enrico Surra ci ha piacevolmente "intrattenuti"approfondendo la conoscenza della tecnica casearia utilizzata per la produ-zione di questi formaggi e gli effetti della stagionatura. Le qualità organolet-tiche diverse fra i vari tipi di formaggio, correttamente descritte e memoriz-

zate nella degustazione, hanno permesso di riscoprire sensazioni certa-mente non usuali, che spesso la fretta e la scelta di formaggi anonimi nonconsentono di apprezzare.Anche l'abbinamento con i vini proposti dal sommelier, un bianco CarloHauner dell'Isola di Salina ed un rosso Langhe Doc Nebbiolo di Serralungad'Alba, ha contribuito alla esaltazione della degustazione, in special modol'abbinamento del vino bianco con Grana Padano e Gran Kinara. Le seratedi approfondimento proseguiranno trattando il tema della cagliatura presa-mica ed acido-lattica.

Il delegato Franco Fortina

DALLA DELEGAZIONE DICUNEO

• Enrico Surra tra gli assaggiatori cuneesi

DALLA DELEGAZIONE DIPARMA

>>>>>>>>I nuovi consiglieri

Il 7 dicembre 2013,presso il Palazzo Borsadella Camera diCommercio di Parma,sono stati consegnati dalPresidente Adami idiplomi ai 46 iscritti alcorso Onaf di 1° livelloconcluso il 25 novembre. É seguito un rinfresco con for-maggi vari, stuzzichini e un vino rosato. Il 20 gennaio 2014si è riunito, presso il ristorante “Rigoletto” di Fontevivo, ilnuovo consiglio della Delegazione per fissare il program-ma, dei prossimi mesi, che si svilupperà in serate didatti-che riservate ai soli soci Onaf e altre aperte a soci e simpa-tizzanti. Sono state programmate 4 serate didattiche e 3serate aperte a tutti. Il calendario sarà pubblicato sul sitoOnaf. Di seguito i nominativi dei consiglieri della delegazio-ne: Campo Piergiorgio, Delfi Roberto, Fortuna Maria Elena,Grisenti Francesca, Malvisi Filippo, Padova Gabriella, RiccòAndrea, Rossi Alice, Santarelli Marcela, Scarica Stefano,Scevi Stefano, Sechi Francesca, Sica Federica, SimoniErica, Tebaldi Giuseppe, Torri Simona, Truant Mario, VillaAlessandro. Come tesoriere è stata nominata PadovaGabriella. Finalizzati alla buona riuscita delle serate, sonostati costituiti gruppi di lavoro con l’incarico di segnalare ilocali disponibili, reperire i vini ed i formaggi.

Il Segretario Massimo Pelagatti Il Delegato Giacomo Toscani

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• Il socio più giovane JacopoJorge Antonaci

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>>>>>>>>Presentata la Valle d’Aosta

Lo scorso 8 novembre si è svolta a Milano, presso laCooperativa La Cordata, la degustazione di uno dei for-maggi più conosciuti d’Italia: la Fontina Dop. A far daancelle alla regina dei formaggi della Vallèe, sono statiproposti anche altri due prodotti di tutto rispetto:Champchevrette e Valle d’Aosta Fromadzo Dop.Tutti i formaggi sono stati selezionati e presentati daAndrea Barmaz, direttore della ricerca e sperimentazionedello Iar (Institut Agricole Régional), nonchè MaestroAssaggiatore Onaf. La Fontina è un formaggio a lattecrudo, di vacche di razza valdostana, a pasta semicotta epressata, che richiede grande attenzione ed esperienza infase di caseificazione proprio a motivo delle modalità concui si opera: la cagliata è dolce, viene riscaldata al massi-mo fino a 50°C, la salatura avviene in salamoia per 12 ore.Il rischio di fare qualche “errore” e compromettere il risul-tato finale è perciò molto alto. Se la produzione annuale di Fontina si aggira su numeri ditutto rispetto (circa 400.000 forme), al contrario il Valled’Aosta Fromadzo è una realtà veramente di nicchia e laproduzione è limitata ad un paio di caseifici, ma vanta unatradizione antichissima: era infatti in uso presso le popo-lazioni locali indicare con il nome di “Fromadzo” il for-maggio semi-grasso utilizzato in alternativa al prodottoderivato da latte intero, storicamente denominato"Fontina". I formaggi sono stati proposti in abbinamentocon i vini prodotti dallo stesso Institut Agricole Régional.La serata si è conclusa con grande soddisfazione deglioltre 50 partecipanti che hanno “spazzolato” la gustosazuppa della Valpelline, piatto tipico valdostano a baseovviamente di fontina, preparato con grande maestria daSimona e Manlio dell’enoteca Cantina e Coscienza diSesto San Giovanni. Se qualche goloso lettore volesseprovare a preparare la zuppa, ecco la ricetta. Ingredienti. Una verza, 400 g di Fontina Dop, 500 g dipane bianco tagliato a fette, 1,5 l di brodo di carne, 150g di burro, cannella in polvere q.b.Preparazione. Mondate e lavate la verza, quindi lessate lefoglie nel brodo di carne che terrete da parte. Private lafontina della crosta e tagliatela a fette. Fate fondere ilburro. In una teglia di terracotta alternate fette di pane, difontina e di verza e bagnate il tutto con il brodo di carnenel quale si è fatta bollire la verza. Infine cospargete conil burro fuso, spolverate con la cannella e cuocete inforno già caldo a 200-220°C per circa 40 minuti.

Anna Callegarin

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Ultimo saluto a Franco Piccinelli

É mancato ad ottanta anniFranco Piccinelli, giornalista, scrittore epoeta. Era stato nominato MaestroAssaggiatore Onorario dell'Onaf per la suaimmensa capacità di cantare le anime e lerealtà del mondo contadino. Innamoratodella sua terra, la Langa, ne descrisse lamemoria collettiva con la capacità di un invia-to di successo e lo stile di un uomo che sacoltivare i sentimenti e descriverli con il

cuore, ruvido, del contadino. Fu direttoredella redazione Rai di Torino e asse por-tante della sede centrale di Roma.Considerava il formaggio come espres-sione della terra dove si produceva e lo

riteneva un amico con cui rincorrere emozio-ni dirette e sanguigne. Fu testimone e prota-gonista di incontri della nostra Associazionee meritò sempre il riconoscimento conferito-gli. Mancherà il suo sguardo venato di nostal-gia con quei lampi di pacata, terrigna, allegria.Mancheranno le parole che avrebbe ancorapotuto scrivere. L'Onaf porge un saluto com-mosso alla famiglia.

DALLA DELEGAZIONE DISALERNO

>>>>>>>>Nuovi Maestri Assaggiatori

A Salerno poco prima di Natale ha conclusoil percorso di Maestri Assaggiatori un gruppomolto motivato di assaggiatori provenienti dadiverse province dellaCampania. La ricchezza diquesto gruppo è stata la pre-senza di cinque produttori ediversi operatori del compar-to che hanno reso molto sti-molante il confronto. A talproposito riportiamo il programma delle atti-vità della Campania per i prossimi mesi. 27 marzo. Valutazione di Formaggi a Cagliovegetale. L’incontro si terrà alle ore 16 pres-so il Ristorante Rosiello a Napoli. È previstoun contributo per coprire le spese di acqui-sto dei formaggi. Prenotazione obbligatoria

3 maggio. Tosatura delle pecore e allena-mento valutativo di pecorini provenienti dadiverse aree presso l’agriturismo il Capitanoa Caggiano (Salerno). La tosatura delle pecoree la visita aziendale è aperta anche ai familiarie l’appuntamento è alle 9,30. L’allenamentovalutativo è rivolto ai Maestri assaggiatori ed è

alle ore 11. Prenotazioneobbligatoria.13 maggio. Evento “Le Stradedella Mozzarella” allenamentovalutativo sulla Mozzarella dibufala Campana Dop. Visita

caseificio azienda Iemma a Battipaglia (Sa).Prenotazione obbligatoria.7 giugno Visita azienda agricola FattoriaRosabella a Montella (AV) appuntamento ore10 per l’allenamento sulla salatura delle pastefilate. Ore 12 visita aziendale e dell’area natura-le del fiume Calore. Prenotazione obbligatoria.

Il delegato Maria Sarnataro

• Andrea Barmaz presenta i formaggi

DALLA DELEGAZIONE DIMILANO

>>>>>>>>I neo assaggiatorimilanesi

Nuova tornata di agguerriti assaggiato-ri a Milano. L’investitura è avvenutapresso Dulcis in Fundo il17 gennaio allapresenza del Direttore del Corso LauraBonvini, e i vice presidenti Elio Ragazzoni e Beppe Casolo.Questi i neo assaggiatori:Elisabetta Agape, Francesco Barbieri, Samatha Burello, Vladimiro Cascio, Agostino Cullati,Davide Donadoni, Filippo Durante, Elena Ferrari, Francesca Galbiati, Davide Gilioli, SabrinaGiuggioloni, Annamaria Gozzer, Valeria Isu, Daniele Lanza, Grazia Adriana Licciardello, GianlucaLupezza, Carla Maggi, Fabio Melchioretto, Alessandra Merlini, Patrizia Racanelli, Ida GiovannaTamborini, Thievenaz Agnes, Marco Valenti, Vincente Mauricio Varvella, Iris Verga, Viola Verga,Lisa Visentini, Francesco Zini.

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RICORDO

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Francesca, ci conosciamo da oltre 35 anni. Mi ricordo il nostro primo incontro aBossolasco presso la Comunità Montana, uno dei tanti, per l'iter ministeriale diriconoscimento dei formaggi della provincia di Cuneo. Tu dirigente delMinistero dell’Agricoltura, io Assessore all'agricoltura della Comunità Montana.Non ci siamo più persi di vista: grazie alla tua determinazione, alla tua compe-tenza e sopratutto alla tua intelligenza, dal 1982 i piccoli grandi formaggi dellaprovincia di Cuneo sono Dop.Poi ci siamo ritrovati nell'Onaf e insieme abbiamo condiviso i momenti di cre-scita della nostra organizzazione. Sei sempre stata ostinata e caparbia anche difronte alle situazioni più avverse, sempre combattiva e risolutiva.Ho abbracciato i tuoi figli: egoisticamente tutti i figli vorrebbero vedere i geni-tori trascorrere la vecchiaia in tranquillità, sereni magari a oziare. Abbiamoperò convenuto che tu volevi vivere proprio così, intensamente, fino alla finesempre in prima linea.

Ciao Francesca, grazie di tutto.Pier Carlo Adami, presidente Onaf

***La dott.ssa Francesca Adinolfi, molto attiva e giuridicamente preparatissima,curava il settore delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli, in partico-lare formaggi, vini, oli.Quasi tutti i vini ed i formaggi italiani devono a lei le leggi che li controllano eli tutelano dalle contraffazioni. Anche per questo i produttori italiani hanno

potuto conquistare i mercati nazionali ed internazionali. I viticultori albesi, imargari delle Langhe alte e delle vallate alpine devono al suo infaticabile lavo-ro il fatto che i loro prodotti hanno avuto la corretta difesa e la giusta qualifica-zione di eccellenza a livello mondiale. Ricordo bene la sua presenza attivaquando fondammo, ed eravamo allora solo un piccolo gruppo di appassiona-ti, l’Onaf, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi. Le caratteristichedi competenza, di cultura, di aggiornamento continuo e di attitudine (rara virtù,questa) al colloquio ed all’ascolto hanno reso il suo lavoro efficace per tuttal’agricoltura italiana. A lei va dunque la mia riconoscenza ed il rispettoso ricor-do, assieme a quelli di tutta la comunità degli agricoltori cuneesi.

Giacomo OdderoFondatore e presidente Onorario Onaf

***...Il tuo carattere, la tua personalità non sono solo forti, ma travolgenti, da con-tagiare facilmente tutti quelli con cui hai avuto a che fare. Non conosco perso-ne che già dopo un primo incontro non abbiano espresso l’ammirazione perla tua energia, la tua tenacia e la tua lucidità, che continueranno ad accompa-gnarci anche se non potremo più vederti e sentire la tua voce... É stata unagrande fortuna quella di aver avuto l’opportunità di conoscerti, di aver condivi-so passioni comuni ed esperienze che porterò per sempre con me. CiaoFrancesca.

Domenico Villani, segretario delegazione Onaf - Roma

La nostra Adinolfi è mancata a Roma

GrazieFrancescaGrazieFrancescaNon a caso Francesca Adinolfi Marinelli, nata a Zara nel 1930, si laureò

a Roma nel '51 con una tesi su: "La condizione giuridica della donnanel Diritto romano". Il ruolo femminile, allora relegato a ruoli seconda-

ri, non ne intaccò il carattere e l'inusuale determinazione. Divenne una dellefigure di spicco nel mondo delle Dop. Era esperta di legislazione sulle deno-minazioni di origine e tipiche, sui marchi diqualità, le attestazioni di specificità e sulla tute-la e la valorizzazione dei vini e degli altri prodot-ti agricoli ed agroalimentari. Fu DirigenteSuperiore presso il Ministero delle RisorseAgricole e Forestali fino al 30 Novembre 1997.Ha diretto la VI Divisione della DirezioneGenerale della Produzione Agricola cui eranodemandati gli adempimenti riguardanti la tutelae la valorizzazione dei prodotti agricoli. E' stataCapo della Segreteria del Comitato Nazionale

delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini e com-ponente del Comitato Nazionale per la tutela delle denominazioni di originedei formaggi.La sua vita non poteva non incontrare l'Onaf e, nuovamente non a caso, ne futra i soci fondatori il 12 novembre 1989 divenendo membro del primo con-

siglio nazionale, di cui sarà vice-presidente sino al2012 quando viene nominata presidente onorarioaffiancandosi all'amico Giacomo Oddero. Nel 2007viene eletta delegata di Roma, carica detenuta sinoa pochi giorni fa, quando ci ha lasciati.Dietro una carriera fulminante e che ha lasciato ilsegno c’era una persona socievole, ironica e vivace,capace di vivere grandi e sincere amicizie. Ed ècome amica che la nostra Associazione vuole salu-tarla, dopo la sua improvvisa scomparsa la sera delgiovedì 6 febbraio 2014.

L’omaggio di chi ha lavorato con lei

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Se alle Olimpiadi invernali di Sochi gli atleti hanno dovuto accontentarsidel classico Suluguni, il formaggio georgiano che va di moda sul MarNero, ai Mondiali di calcio di Brazil 2014 potranno scoprire il buonissi-

mo Quejio canastra a latte crudo del Minas Geiras. Sempre che gli chef dellanazionale concedano uno strappo alla regola, perché è risaputo che nelladieta degli sportivi – e dei calciatori in particolare – la partita casearia si giocatra Parmigiano e Mozzarella.Ci piace però immaginare che Buffon & C. abbiano la tentazione di scoprireil patrimonio alimentare del Brasile, dove la caseificazione ha origini antiche.Sono stati rinvenuti documenti che attestano la produzione dei primi formag-gi a Pernambuco nel 1597. Attualmente, come ben sanno i MaestriAssaggiatori dell’Onaf, oltre al citato Quejio canastra del Sudeste, troviamo ungrande formaggio di bufala nell'isola di Marajò, nello stato di Parà, il colonia-le e il mitico Serrano di Bom Jesus nel Rio Grande.Qui all’estremo Sud i formaggi sono fatti in piccolequantità al giorno negli stabilimenti rurali, utilizzandomanodopera familiare. L’uomo è responsabile dellamungitura della vacca e la donna della produzione delformaggio. La popolazione che vive nell’area è di ori-gine portoghese e il formaggio serrano fa parte delladieta quotidiana degli abitanti. Ma è molto apprezza-to anche nelle regioni a colonizzazione italiana e inquella litoranea del territorio. Tutto ciò nella difficoltàdi aggirare le ferree imposizioni legislative sui formag-gi a latte crudo, che di fatto in gran parte del Brasilecircolano in modo semi-clandestino.Noi siamo, ça va sans dire, tra i sostenitori nel formaggio nel menu degli spor-tivi. A conforto ci sono i pareri di medici e nutrizionisti. E’ risaputo che per chipratica una qualunque attività sportiva il formaggio è un alimento indispensa-bile, ricco di calcio e di importanti vitamine ed è consigliato per il corretto fab-bisogno giornaliero e il benessere fisico.In virtù di queste considerazione, gli svelti produttori di Trentingrana hanno

più volte legato il proprio marchio a soggetti pubblicitari sportivi o a variecompetizioni. Alla Marcialonga, la gara dei fachiri sugli sci, i fondisti mangia-no robusti tranci di Grana locale già alle sei del mattino, prima di lanciarsi sulpercorso di 70 massacranti chilometri.Hanno bisogno di tutte le nobili proteine casearie i protagonisti di un altrosport, meno famoso del pallone o dello sci eppure praticato con intensità inangoli remoti della nostra penisola. Parliamo del lancio del formaggio, giocostravagante fin che si vuole ma intrinsecamente sportivo per le doti atletichenecessarie ai campioni della specialità e per le regole imposte alla sfida. Perdire: siccome le forme di formaggio (Pecorino, Asiago, Parmigiano ecc.) sonocreate con pesi e misure diverse, le gare vengono suddivise per categorie(leggera fino a kg 1,500, media leggera fino a kg 3, media fino a kg 6,500,pesante fino a kg 16 e massima oltre kg 25).A Novara di Sicilia sino agli anni' 50 si lanciava la maiorchina, così chiamata

dal formaggio "maiorchino" di produzione locale. InGarfagnana si lanciano tuttora le forme di formaggio ingare estemporanee, praticamente tutte le domenicheestive, a Pieve San Lorenzo. A Gallicano c'è un'ottimapista di lancio della forma, dove si gioca (con scom-messe) ogni domenica pomeriggio da aprile a tuttoottobre.Come per i birilli, il lancio della forma di formaggio erae resta un gioco d'azzardo, spesso con alte poste inpalio. Si narra diun tale Baraccaniche in un pome-

riggio di metà quaresima, lanciando unaforma stagionata di cacio pecorino, per-dette insieme alla maggior parte dei benie dei possedimenti della famiglia, anche ilcastello di Monterastello nella vallataappenninica di Pavullo.

di FIORENZO CRAVETTO

Formaggi in libertà

Dove si parla di Suluguni, QuejioCanastra, Buffon,

Marcialonga e del lanciodi Maiorchino

e altri caci

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Quando il formaggio entra in gioco

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la [email protected] Gianni Audisio

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