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1 Numero 5 Maggio 2018 Dialogo tra noi Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

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Numero 5Maggio 2018Dialogo

tra noi

Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

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L’editoriale

Qui nella Comunità

Qui in Oratorio

Qui a Scuola

Qui nel tempo libero

Qui la Parola

Storia Locale

Qui nelle Parrocchie

Qui Associazioni

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sommario

Dialogo tra noiMensile delle parrocchie “Santi Eusebioe Maccabei”, “Santa Maria Nascente”,“S. Giuseppe Artigiano” e “S. Giovanni Battista”in Garbagnate MilaneseAnno L, n° 5 Maggio 2018Proprietà della Parrocchia Santi Eusebioe Maccabei, via Gran Sasso, 12 - tel. 02.9955607.www.comunitasantacrocegarbagnate.iteusebio.maccabei@tin.it

Direttore responsabile: don Claudio GalimbertiHanno collaborato:Lella Fierro Almiento, Riccardo Lobascio,Giorgio Montrasi, Roberto Gianotti, Matteo Comi.Registrato al Tribunale di Milano il 15.09.1969 aln.249F.i.us. Srl – via A. Diaz, 11 – 22072 CERMENATE(CO)Abbonamento annuale 20 euro

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E COMINCIARONO A FAR FESTA:DON FRANCESCO DIVENTA PRETEL’attesa gioiosa del Regno che vieneè festa che invita a sperare con fede:le antiche promesse si compiono in Cristo.A lui il nostro grido: “Ritorna, Signore!”L’uomo perduto, sentendosi fi glio, comincia a sperare in Cristo fratello.

Il pane spezzato nell’Ultima Cenaè festa che nutre la Chiesa in cammino.Il sangue versato è linfa d’amore:è vera bevanda che inebria la vita.L’uomo perduto, sapendosi fi glio, comincia a imitare il Maestro che serve!

La croce, vessillo del Re dell’amore,è festa che sposa le prove del mondo.L’Agnello immolato incarna salvezza:un fi ume di vita rinnova la terra. L’uomo perduto, soff rendo da fi glio, comincia a invocare il suo Redentore.

La Pasqua di Cristo, risorto da morte,è festa che avvolge l’intero universo:irrompe nel mondo la luce gloriosadel Figlio, eterno splendore del Padre.L’uomo perduto, in pena d’esilio,comincia a solcare il cammino di casa.

La voce che chiama a donare se stessiè festa che colma il cuore di grazia.“Andate, portate ad ogni creaturaL’annuncio che semina e genera vita”.L’uomo perduto, eletto dal Figlio,comincia a servire la Chiesa di Dio.

l’editoriale

Don Francesco, con gli altri candidatipreti della nostra Diocesi,

durante l’incontro con Papa Francesco,in S. Pietro mercoledì 18 aprile.

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l testo del canto dei nuovi preti mi aiuta in questo editoriale a sottolineare i motivi di festaper Don Francesco che viene ordinato presbitero, ma anche per tutta la nostra ComunitàPastorale, che lo ha accolto e accompagnato in questo ultimo tratto del suo percorso for-mativo. Ora il DON è veramente DON, sacerdote ordinato della santa Chiesa di Milano eduniversale. Quante volte nella Santa Messa ripetiamo “nell’attesa della tua venuta”. Siamo

gente di attesa ed il prete è chiamato a non dimenticare mai perché predica, perché ascolta,perdona, gioca, prega. Perché “Venga il tuo Regno”. Ti auguriamo, caro Don Francesco, dinon perderti nella marea degli impegni che ti hanno già un po’ travolto, ma di avere semprepresente la prospettiva e la meta del tuo essere prete.Il pane spezzato: miracolo che le tue mani toccheranno, che la tua voce, unita alla fede dellaChiesa e al mandato del suo Signore, trasformeranno in Gesù stesso. Non dimenticare chequel pane è spezzato, è servito, è servizio d’amore per tutti i tuoi fratelli, quelli simpatici e non,quelli vicini e i lontani.La Croce: abbracciala, contemplala ogni giorno. Anche noi abbiamo le nostri croci, ma ci salvala Croce di Gesù. E se riuscirai a guardare con occhio attento ed illuminato la croce, essa nonti apparirà più come un simbolo, ma come dono quotidiano di redenzione.La Pasqua di Cristo che annuncerai con la tua vita ti mantenga sempre gioioso e sereno,anche nelle inevitabili sconfi tte pastorali. Lui non ti lascia più da quando gli hai risposto SÌ.La voce chiama a donare se stessi. Non un pezzetto di vita, non un orario lavorativo, ma testesso. Solo se sei innamorato di Gesù troverai naturale dare tutto a Lui e ai suoi.È per tutto questo che facciamo festa con Te.Ti abbracciamo e ti auguriamo ogni bene.

Il Vostro aff . mo ParrocoDon Claudio

DON FRANCESCO VERRÀ ORDINATO PRETE

SABATO 9 GIUGNO 2018

nel Duomo di Milano per l’imposizione delle mani dell’Arcivescovo Mons. MARIO DELPINI

Celebrerà la sua Prima Messa a Rho, sua Città natale,

nella PREPOSITURALE DI S. VITTORE DOMENICA 10 GIUGNO

CELEBRERÀ TRA NOI LA SUA PRIMA MESSA SOLENNE

IN BASILICA DOMENICA 17 GIUGNO ALLE ORE 10.30

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C’è un bellissimo salmo titolato “Sion, ma-dre dei popoli”; è il Salmo 87 che esprimela funzione materna di Sion, sposa fecon-

da di YHWH. La volontà di Dio – il suo gran-de sogno d’amore – è espresso così: “Si dirà diSion: l’uno e l’altro in essa sono nati” (v. 5). Nonsolo Israele, ma ogni popolo ha lì le sue sorgenti(v. 6). Così Sion, la santa città di Dio, sposa fe-conda che raffi gura la Chiesa, è la madre di tutti i popoli, è nostra madre.Nel pellegrinaggio anche noi abbiamo speri-mentato la gioia di questa maternità.

Sì, Tutti là siamo nati…per questo, tornare in Terra santa è un po’come tornare “a casa”, tanto grande è il coin-volgimento e la commozione, in particolare ognivolta che, anche nelle formule liturgiche, risuonaquell’HIC (qui), che è stato scritto nei luoghi piùsignifi cativi: nella grotta di Nazareth, in quella di Betlemme, nella casa di Giuseppe, sulla rocciadel primato (Mensa Domini)...Vangeli, storia, tradizione, archeologia concor-dano per confermarci quell’HIC: sì, proprio qui!E ogni volta il cuore batte forte, e percepisci laSua presenza di Maestro e Salvatore. E acca-rezzi quelle pietre che accolgono gioie, dolori esperanze di ogni pellegrino in Terra Santa. E gliocchi spaziano lontano a cercare – sul lago, sui

prati, tra la folla – tracce del suo sguardo… Ecammini pensando che qui, Lui ha camminato,amato, soff erto, si è donato… Qui è morto ed è risorto.

Hic, proprio Qui!Qui, a Nazareth, dove Maria ha ricevuto l’an-nuncio dall’Angelo e dove risuona quel suo “Ec-comi, sono la serva del Signore. Avvenga perme secondo la sua Parola”;Qui, a Betlemme, dove il Verbo eterno del Padreha preso carne in Gesù di Nazareth;Qui, sulle sponde di questo lago, dove ha predi-cato le Beatitudini e lanciato il suo messaggio atutti e senza sosta, moltiplicando pane e amore;Qui, dove, risorto, incontra Pietro, e a fronte delsuo rinnegamento, lo “promuove” capo della suaChiesa;Qui, a Magdala, tra i resti della sinagoga del 1°secolo, dove molto probabilmente Gesù è entra-to e ha predicato, e dove siamo stati sollecitati alasciar risuonare il suo invito a sederci accantoa Lui e a dirgli cosa vorremmo facesse per noi;Qui, a Betania oltre il Giordano, dove Gesù “si èmesso in fi la tra i peccatori” per farsi battezzare da Giovanni;Qui, al Muro Occidentale del Tempio che Gesùha frequentato (distrutto nel 70), dove riecheg-gia incessante l’invocazione: Eloim, Adonai…Signore, Signore;Qui, nel Cenacolo, dove niente ora ricorda quel-

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TUTTI LÀ SIAMO NATI(SALMO 87) RISONANZE SUL PELLEGRINAGGIO

IN TERRA SANTA (18-25 APRILE)

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la “prima messa” e l’istituzione del sacerdozio,eppure il cuore si commuove a riconoscere eaccogliere nuovamente il DONO;Qui, mentre scendi dal Monte degli Ulivi e ac-compagni l’ingresso trionfante di Gesù in Geru-salemme, ben sapendo quanto poco sarebbedurata quella gloria;Qui, nel “frantoio” del Getsèmani, luogo familia-re a Gesù fi no a quell’ultima notte… E ti chiedi come compensare il sonno indiff erente di Pietro, Giacomo e Giovanni, il bacio traditore di Giuda,l’arresto, la fuga dei discepoli…Qui, sulla Via dolorosa, mentre ripercorriamo laVia Crucis, invasa e sovrastata da grida, invitia comprare, persone che ti urtano e ridono…Gesù è passato lì in mezzo il mattino di quel “ve-nerdì” portando la sua croce.

Poi il luogo della sua Morte-RisurrezioneCome vorresti che fosse rimasto com’era… lapiccola altura poco fuori le mura della città, epoco più sotto il giardino con quella tomba aper-ta che nessuno potrà più chiudere! Si rimane aguardare, ad ascoltare, ad attendere. Qui Gesùè stato crocifi sso, staccato dalla croce, messo in braccio a sua madre, cosparso di aromi e av-volto nelle bende, poi messo nel sepolcro. Qui

ha incontrato la Maddalena, qui gli Angeli hannodetto alle donne: “Il Crocifi sso è risorto”. Qui il Vangelo della vita che ha vinto la morte ha ini-ziato la sua corsa.Ci siamo messi pazientemente in fi la per entra-re per pochi secondi nell’edicola del sepolcro(emozionante), ci siamo messi in fi la per salire i gradini del Golgota a guardare lo spuntonedi roccia che si vede sotto il vetro e mettere lamano nel foro dove era piantata la croce… E tichiedi come è stato possibile!Il bisogno di comunione con Gesù chiederebbecome minimo il silenzio, invece ti ritrovi in unabolgia indescrivibile, disordinata, anche urlante:qualcuno prega, molti sgomitano per arrivareprima, cellulari che suonano… Anche la com-presenza delle diverse confessioni religiose cri-stiane mostra al mondo un Cristo diviso. Ma for-se, davvero, qui si nasconde la stessa umanitàche si stringeva attorno a Gesù 2000 anni fa perchiedere aiuto, sostegno, guarigione, serenitàdel cuore, perdono dei peccati. E ti senti partedi questa umanità che Gesù ha accolto, guarito,perdonato, amato.

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Gerusalemme, luogo del suo EsodoQui la sua morte. Luogo del fallimento dell’uo-mo Gesù, smentita di tutto ciò che aveva dettoe fatto, del Regno di Dio da Lui predicato? Finedella vita della sua comunità, una vita pur vis-suta con fatiche e contraddizioni, ma comunquecondivisa con Gesù? Fallimento dell’uomo Gesùo non piuttosto glorifi cazione dell’amatissimo Fi-glio? Quella tomba vuota, che veneriamo conparticolare aff etto, ci dice fi no a che punto Gesù è disceso nella profondità delle iniquità umane,fi no agli inferi, per raggiungere tutti; e sta an-che a dirci quanto sia grande l’amore del Padreche, dopo averci donato il suo Figlio, lo accogliedi nuovo accanto a sé insieme a noi, resi fi gli dal suo sacrifi cio redentore. Il Chicco di grano ha accettato di entrare nella terra e marcire; perquesto ha portato molto frutto.Sì, davvero, fu crocifi sso, morì e fu sepolto; e il terzo giorno è risuscitato secondo le Scrittu-re. Così ha lanciato nel mondo intero il Vange-lo della vita che non muore. Così ha distrutto econtinua a distruggere il muro della morte e delpeccato, quel muro di separazione che ci divide-va e ci divide da Dio e tra noi.

Domandate pace per GerusalemmeNon possiamo allora dimenticare un altro muro,che abbiamo solo intravisto, ma che sappiamolungo, serpeggiante tra case e terreni agricoli,una muraglia alta e grigia, decorata da graffi ti e scritte che chiedono pace. È il muro dell’inimici-zia tra i due popoli che abitano la Terra santa.Costruito come strumento di sicurezza, rimanedrammaticamente penalizzante per i più debolie poveri. Viene in mente quanto S. Paolo scri-ve nella Lettera agli Efesini, mentre ci sentiamospinti ad affi dare tutto e tutti “a Colui che è la nostra pace, che ha fatto dei due un popolo solo,

abbattendo il muro di separazione che era fram-mezzo, annullando per mezzo della sua carnela legge fatta di prescrizioni e di decreti, per cre-are in se stesso, dei due, un solo uomo nuovofacendo la pace e per riconciliare tutti e due conDio in un solo corpo per mezzo della croce” (Ef2,14-18).Davvero, lasciando la Terra Santa, è impossibilenon domandare pace per Gerusalemme e per ilmondo intero: “Sia pace a coloro che ti amano,sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi ba-luardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: sudi te sia pace! Per la casa del Signore nostro Diochiederò per te il bene” (Salmo 122). E avverti ilbisogno che Lui ti renda capace di vivere la pacee promuoverla. Viene spontaneo anche pensarea Maria – giovane fanciulla ebrea, amata da cri-stiani e musulmani – come a un segno di unità eun seme di speranza per questa terra sulla qua-le Dio ha camminato e della quale è impossibilenon innamorarsi.

Infi ne GrazieGrazie anzitutto Don Mario, che ci ha guidatocon competenza, pazienza, aff abilità; le sue spiegazioni sono state di fondamentale impor-tanza perché questa esperienza fosse coinvol-gente per tutti.Grazie a Don Claudio, nostro parroco, che havoluto e sostenuto l’organizzazione di questopellegrinaggio, dandogli quotidianamente untono di serenità.Grazie a tutti i partecipanti, gruppo “unito e ob-bediente” che ha facilitato l’intenso camminogiornaliero.Abbiamo vissuto e gustato un’esperienza forte,che rimane in cuore.

p. Tullio

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Il Pellegrinaggio della Comunità Pastoraledello scorso mese di aprile ci ha condottia visitare anche la Giordania, una terra di

grande valore biblico, che nei secoli è anchestata un’importante terra cristiana.Durante l’Esodo il popolo di Israele ha attra-versato l’attuale Transgiordania sconfi ggen-do le sue città. In questa zona si stanziaro-no la tribù di Ruben, quella di Gad e metà diquella di Manasse (vedi Num 32).Qui sul Monte Nebo (o Pisga) Mosè trovò lamorte senza poter mettere piede nella TerraPromessa, ma solo contemplandola dallacima del monte (vedi Dt 34,1-6).Al tempo di Gesù alcune aree di questa terraappartenevano al territorio della Decapoli, le“dieci città”, tra cui Gerasa, dove Gesù gua-rì un uomo posseduto da uno spirito impuro

(vedi Mc 5,1-20). Nei Vangeli non vengononominate altre città della zona, a parte l’in-dicazione generica “territorio della Decapoli”,in Mc 7,31.In epoca bizantina le terre a est del Giordanoerano cristianizzate: sorsero un gran nume-ro di chiese e monasteri non solo a Jerash enella zona del Nebo, ma anche in località piùlontane.Questo territorio fu poi fi orente sotto gli Omayyadi (661-750 d.C. con capitale Da-masco); ne sono testimonianza ancora oggii palazzi che sorgono nel deserto che coprela parte orientale del paese. Il cristianesimocontinuò a fi orire sotto questa dominazione musulmana.Con la dinastia degli Abbasidi la capitale fupoi trasferita a Baghdad; in Giordania trovia-mo traccia anche del passaggio dei Crociati.Oggi i cristiani in Giordania sono una mino-ranza, circa il 3%, ossia 220.000 persone, tracui 50.000 cattolici. La Giordania, tuttavia, èprobabilmente il paese arabo in cui i diritti del-la minoranza cristiana sono meglio tutelati, inquanto per legge una rappresentanza dei cri-stiani ha dei seggi nel parlamento giordano.La Chiesa Latina di Giordania fa riferimentoal Patriarcato Latino di Gerusalemme (Ammi-nistratore apostolico è mons. Pierbattista Piz-zaballa), conta 32 parrocchie e un vescovo

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LA GIORDANIA

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ausiliare risiede nella capitale Amman.Venerdì 20 aprile, dopo aver attraversato ilconfi ne tra Israele e la Giordania, abbiamo raggiunto il Santuario “Nostra Signore delMonte” ad Anjiara, dove il 6 maggio 2010la statua della Madonna ha pianto sangue;qui abbiamo incontrato e ascoltato la testi-monianza del parroco egiziano della piccolacomunità cristiana ed abbiamo celebrato la

Santa Messa.Il pomeriggio siamo arrivati a Jerash/Gerasae lì abbiamo visitato l’antica città ellenistica–romana della Decapoli. Percorrendo il cardomassimo si visitano il teatro, il tempio di Dia-na e le numerose basiliche delle prime comu-nità cristiane.Sabato 21 dalla capitale Amman abbia-mo raggiunto il Monte Nebo, dalla cui vettaMosè ha potuto vedere la Terra Promessaprima di morire. Qui il parroco don Claudioha presieduto la Celebrazione Eucaristica equindi anche noi pellegrini abbiamo contem-plato, pur nella consueta foschia, la Terra diIsraele. Siamo arrivati a Madaba per la visitaalla chiesa ortodossa di S. Giorgio, dove sitrovano i resti del grande mosaico pavimen-tale della precedente chiesa bizantina del VIsec., mosaico chiamato “Mappa di Terrasan-ta”, interessantissimo per il suo valore stori-co. Quindi per sera abbiamo raggiunto Petra,che sorge grossomodo a metà strada tra ilMar Morto e il Mar Rosso.La mattina di domenica 22 abbiamo lasciatoprestissimo l’hotel dove eravamo ospitati eabbiamo raggiunto Petra, antica capitale na-batea, inserita in un contesto unico al mondo,“Patrimonio Mondiale dell’Umanità”, stupe-facente città, unica del suo genere, ricca distoria e di cultura che sono state tramandatenei secoli fi no ai giorni nostri.Le particolari scanalature rocciose del terre-no bastano da sole a spiegare l’antico nomegreco della città, Petra (stesso termine da cuideriva il “Pietro” dei vangeli), nome attesta-to fi n dall’anno 312 a.C. Dopo che il Regno nabateo venne assorbito nell’Impero romano(106 d.C.), Petra fi nì ai margini della vita so-ciale dato che i commerci allora passavanopiù a sud, direttamente verso Gaza.Dopo la conquista persiana e quella araba(prima metà del VII sec.) sembra che la cittàsia rimasta abbandonata: le ricerche arche-ologiche non hanno riscontrato né segni didistruzione violenta, né di successivi inse-diamenti. Nel 1127 il re crociato Baldovino IIsi impossessò di Petra erigendovi un fortino.

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Terminato il periodo delle Crociate, la cittàscivolò nell’oblio fi nché non venne riscoper-ta nel 1812 dallo svizzeroJ. L. Burkhardt. Dal 1950sono attivi nel sito, quasisenza interruzione, arche-ologi giordani, statunitensie inglesi. Attraverso unostretto canyon, chiamato “ilsiq”, siamo giunti al Tesorodel Faraone, all’anfi teatro romano scavato nella rocciaper oltre 92 metri, le casetomba, il monastero bizan-tino e cinque intrepidi pelle-grini sono saliti fi no in vetta al Monte Umm al-Biyar dovesorge l’altare dei sacrifi ci, che si dice sia il luogo doveAbramo avrebbe dovuto sa-crifi care il fi glio Isacco (vedi Gen 22). Da lì si contemplauno splendido panoramadella valle che arriva fi no al Monte della “tomba di Aron-

ne”, sulla montagna che da Aronne stessoprende il nome. Dedicata tutta la mattinata eil primo pomeriggio alla visita di Petra, siamotornati ad Amman per la Celebrazione Euca-ristica dalle Suore Francescane che gestisco-no un grande complesso scolastico; la Messaè stata presieduta da don Mario Bonsignori,nostra esperta e competente guida nei giornidel Pellegrinaggio.Lunedì 23, prima di rientrare in Israele dalPonte di Allenby, abbiamo raggiunto di buonmattino Betania “al di là del Giordano”, luogodel Battesimo di Gesù, dove con la presiden-za del parroco don Claudio abbiamo rinnova-to con gioia ed entusiasmo le Promesse Bat-tesimali. In questo luogo, carico di suggestio-ni bibliche, le diverse Confessioni cristiane(cattolica, ortodossa, protestante, armena ecopta) stanno costruendo chiese e monasterile une accanto alle altre.Le giornate dedicate al Pellegrinaggio inGiordania sono state davvero occasione perconoscere un contesto biblico–ecclesiasticopeculiare.

Don Claudio Colombo

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Il 31 di questo mese celebreremo la So-lennità del Santissimo Corpo e Sangue diCristo, meglio conosciuta come “Corpus

Domini”; tale festa è una delle più sentite alivello popolare, ed attorno a questa celebra-zione si è andata costituendo, nel corso deisecoli e nelle diverse parti del mondo cattoli-co, una ricca tradizione di costume, abitudinie folklore, animate dalla più fervida ed auten-tica pietà popolare. L’istituzione liturgica diquesta celebrazione ha avuto una lunga ge-stazione: già nel XII secolo crebbe un parti-colare interesse versoil culto eucaristico adopera di alcuni teologi– soprattutto delle ter-re francesi – per con-trastare gli errori dottri-nali che confondevanoi fedeli del tempo.Non dobbiamo infattidimenticarci che, pro-prio in quel periodo, siandava accendendonella Chiesa la disputaintorno al SantissimoSacramento come Presenza reale di Gesù,la cui aff ermazione era esposta nella co-siddetta dottrina della “Transustanziazione”(Gesù, nella celebrazione dell’Eucaristia, sioff re realmente e veramente a noi nel pane e nel vino, che divengono, per effi cacia dello Spirito Santo, Vero Corpo e Vero Sangue).Tale verità di fede era negata da alcuni teo-logi, e la sua messa in discussione minavaanche la sacralità e particolarità del sacerdo-zio consacrato (la negazione della reale Pre-senza di Gesù nell’Eucaristia indebolisce lanecessità di un sacerdote consacrato, e nefa un semplice “pastore” istituito, privo delsegno sacramentale, come nelle confessioni

protestanti). Questo è il retroterra “teologico”sul quale prende forma la necessità dell’isti-tuzione liturgica di questa celebrazione.Nel 1208, inoltre, la beata Giuliana di Liegi(oggi città del Belgio), priora del Monte Cor-nelio, ebbe una visione mistica: vide un discolunare irraggiato di luce, che pareva un’ostiaconsacrata, sul quale però era possibile ve-dere una piccola striscia d’ombra. Consulta-tasi con il suo direttore spirituale, la visionefu interpretata come il desiderio del Cielo diistituire un apposito e speciale culto in onore

dell’Eucaristia. Tale in-terpretazione fu appro-vata, nel corso deglianni, dalle gerarchieecclesiastiche del luo-go. Nel 1246 fu istituitala celebrazione liturgi-ca del Corpus Dominidal Vescovo di Liegi,limitata alla sua dioce-si. La festività fu fi ssa-ta nel giovedì della IIsettimana di Penteco-ste, a volere rimarcare

il legame con il Giovedì Santo e l’Istituzionedell’Eucaristia. Già nel 1252 la celebrazionefu estesa alla Germania, e divenne famosain diverse regioni francesi e britanniche. Nel1262 ascese al Soglio Pontifi cio Jacques Pantaléon, papa Urbano IV, già arcidiaconodi Liegi, che era orientato ad estendere talecelebrazione a tutto l’Orbe cattolico. La spintadecisiva fu il Miracolo Eucaristico di Bolsena,avvenuto nel 1263; la storia di tale prodigio èfamosa: un prete boemo, di passaggio nellacittadina laziale, mentre celebrava l’Eucari-stia fu colto dall’angoscioso dubbio circa lareale Presenza di Gesù nell’Ostia e nel Vinoconsacrati. In soccorso alla sua fede, la Divi-

QUI CHIERICHETTI:La Solennità del Corpus Domini

qui in Oratorio

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na Provvidenza fece sanguinare l’ostia che ilsacerdote teneva tra le mani, macchiando ilcorporale ed alcune pietre sulle quali l’altarepoggiava. Ancora oggi il corporale è custodi-to come preziosa reliquia, e così le pietre. Lostesso Pontefi ce si recò ad ammirare il segno prodigioso, e presiedette la solenne proces-sione di ringraziamento e di esposizione delcorporale. Nel 1264 decise di estendere uni-versalmente la festa liturgica, rendendola diprecetto, confermandone anche la data, gio-vedì della II settimana dopo Pentecoste. Diseguito riportiamo le frasi centrali della bolladi istituzione Transiturus:«Sebbene l’Eucaristia venga ogni giornosolennemente celebrata, riteniamo giustoche, almeno una volta all’anno, se ne fac-cia più solenne ed onorata memoria. Lealtre cose infatti di cui facciamo memoria,le aff erriamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro realepresenza. Invece, in questa sacramenta-le commemorazione del Cristo, anche sesotto altra forma, Gesù Cristo è presen-te con noi nella propria sostanza. Mentrestava infatti per ascendere al cielo disse“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fi no alla fi ne del mondo” (Mt 28,20)».Il Pontefi ce chiese inoltre a Tommaso d’A-quino, il più famoso ed insigne teologo deltempo, ed uno tra i più grandi della storiadella Chiesa, di comporre tutto l’Uffi cio Di-

vino della Solennità. Dalla carità ardente edall’ingegno mirabile di quel santo Dottoreci furono donati inni celebri, di rara fi nezza teologica e di dolcissima pietà, come “Pan-ge Lingua”, le cui ultime due strofe sono notecome “Tantum ergo”; “Sacris Solemnis”, dacui è tratto anche l’inno “Panis Angelicum” e“O salutaris Hostia”. In origine la festività nonprevedeva la Santa Messa, né la processio-ne del Santissimo, ma soltanto preghiere ecanti corali, un momento di festa e di lode delpopolo. Nei decenni successivi tali momentiliturgici divennero centrali, l’essenza stessadella solennità. Il culto eucaristico fu raff or-zato ulteriormente durante il periodo succes-sivo al Concilio Tridentino, per rinsaldare lafede cattolica tra la gente, e porre un argineall’espansione delle confessioni protestanti,che avevano rifi utato la dottrina della Tran-sustanziazione.Oggi questa Solennità è celebrata la domeni-ca della II settimana dopo Pentecoste, tranneche a Roma ed Orvieto, dove si celebra il gio-vedì, e nei Paesi dove è riconosciuta comefesta civile, cioè in Spagna, Croazia, Ger-mania, Irlanda, Polonia, Portogallo, Brasile,Austria, San Marino e nei cantoni cattolicisvizzeri; anche nel rito ambrosiano, da diecianni, la festività è stata riportata al giovedì,con l’opportunità di celebrarla la domenicaper motivi pastorali.Come accennato sopra, nel corso dei seco-li tante tradizioni popolari si sono legate aquesta festa: in alcuni paesi e borghi d’Italia(Spello, Sutri, Bolsena, Genzano, Palestrina,Sora, per dirne alcuni) è usanza comporrelunghi tappeti di fi ori, che disegnano imma-gini legate al culto eucaristico, sulle stradedove passerà la processione: si chiamano“infi orate”, e sono riconosciute come vere e proprie manifestazioni artistiche. A Campo-basso sfi lano i “tredici Misteri”, ossia tredici pittoreschi carri, con bambini in costume, cherappresentano altrettante scene sacre trattedalla Scrittura; ad Orvieto ha luogo il corteostorico medievale. In generale, le processio-ni del Santissimo Sacramento si distinguono

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per sacralità, solennità, devo-zione: proprio per dare sem-pre onore al culto eucaristicosi andarono istituendo, già nelMedioevo, le Confraternite delSantissimo Sacramento, che,un tempo, vivevano ed ope-ravano anche nei più piccolipaesi agricoli, come la nostraGarbagnate, dove ancora oggiè attiva nella Parrocchia diSanta Maria.Anche per noi chierichetti talesolennità è da considerarsi dimassima importanza, ed oc-casione per meglio entrare nelMistero che abbiamo scelto diservire sull’altare: non dimen-tichiamo, infatti, che questa festa è inscindi-bilmente legata alla memoria dell’Istituzionedell’Eucaristia, nella notte del Giovedì Santo,e che, anticamente e ancora oggi, l’Espo-sizione e la Benedizione Eucaristica hannoluogo spesso prima o dopo la Santa Messa,

come se la Chiesa ci richiamasse continua-mente ad accogliere e contemplare il Misterodell’Amore off erto. Un’ultima nota, per meglio aiutarvi a cogliere il grande e dolcissimo si-gnifi cato di questa festa liturgica: San Tom-maso d’Aquino, cui abbiamo fatto riferimentosopra, asseriva di trarre la forza e l’ispirazio-

ne per i suoi impegnativi e pre-ziosi studi, affi dandosi totalmente alla Croce, che amava contempla-re per lunghe ore, ed allo stessotempo accostandosi con sacrotimore al tabernacolo, aprendolo,e sporgendo la testa per poterefi ssare lo sguardo esclusivamente e totalmente sul Corpo di Cristo,quel reale e tangibile segno delSuo Amore sconfi nato, parlan-do con Lui, “cor ad cor”, cuore acuore. È commovente questa de-vozione e questa continua ricerca- come un vero innamorato - di uncosì grande pensatore. Imparia-mo anche noi a farci rapire dallabellezza e dalla profondità del Mi-stero dell’Amore di Dio.

Riccardo LobascioResponsabile cittadino

dei Chierichetti

qui in Oratorio

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Anche quest’anno la Comunità Pasto-rale “Santa Croce” organizza l’Orato-rio estivo per i bambini a partire dalla

prima classe della scuola primaria (terminata)fi no ai ragazzi che hanno appena concluso la terza media. È un tempo che la Comunità ri-tiene particolarmente propizio per rivolgere aibambini, ai ragazzi ed alle famiglie una pro-posta forte di vita cristiana, in un contesto digioco e di attività che hanno sempre comeorizzonte l’educazione alla fede.

Gli oratori presso i quali si vivranno le attivitàsono l’Oratorio S. Luigi della parrocchia cen-trale, l’Oratorio S. Giuseppe di S. Maria Ros-sa e quello di S. Giovanni Battista secondo iseguenti orari:mattino: l’accoglienza è garantita dalle ore7,30 fi no alle 9,00; dopo si chiuderanno i can-celli che riapriranno alle 12,00pomeriggio: dalle ore 13,30 alle 17,00.Il servizio mensa è assicurato. Dalle ore17,00 non è più garantita la sorveglianza deibambini.

l’inizio dell’Oratorio è stabilito per il giorno 13giugno e terminerà il 13 luglio; l’ultima setti-mana sarà operativo solo nel pomeriggio esolo presso l’Oratorio S. Luigi per tutti.

A partire dalla seconda settimana sarà off erta la possibilità di gite in diversi parchi acquatici;

inoltre il venerdì le attività dell’oratorio saran-no vissute in forma comunitaria: i bambini, aseconda delle diverse fasce d’età, sarannoaccompagnati (dopo essersi ritrovati ciascu-no nel proprio oratorio di appartenenza) dailoro animatori, educatori e responsabili, inoratori diversi, per trovarsi insieme ai loro co-etanei di altre parrocchie. Per ogni informa-zione rivolgersi presso la segreteria dell’Ora-torio San Luigi

Dal 30 giugno sarà poi possibile partecipa-re alle vacanze comunitarie in montagna,nella Valle Aurina, a Lutago, in due turni: dal30 giugno al 7 luglio per i ragazzi della scuolaprimaria e dal 7 al 14 luglio per i ragazzi dellascuola secondaria. Gli adolescenti vivrannole loro vacanze dal 14 al 21 luglio a Lappagoin Valle Aurina.

qui in Oratorio

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Maggio è il mese delle uscite didatticheanche per i ragazzi della scuola se-condaria San Luigi.

Ed infatti eccoli pronti, per toccare con manoquanto fi no ad ora studiato sui libri o cono-sciuto attraverso le spiegazioni dei docenti.I ragazzi delle classi seconde, hanno vissuto

un’esperienza, ormai collaudata negli anni,sempre fantastica e diversa ogni anno, eff et-tuando un percorso prima erboristico e poigastronomico nel giardino botanico e fattoriadidattica Gavinell di Salsomaggiore. Qui i ra-gazzi hanno visto piante aromatiche e medi-cinali, animali rari tipici del territorio, hannopasseggiato tra colli di uliveti e alberi da frutta

dimenticati. Hanno corso tra i prati e ascolta-to le ranocchie gracidare… esperienze appa-rentemente semplici, ma non così scontate algiorno d’oggi, soprattutto in città. Ultima atti-vità, certamente più impegnativa, ma anchedivertente, quella di cucinare: impastare, me-scolare, pelare, tagliare, montare, riempire,

amalgamare, per poi mangiare… piatti buo-nissimi, che loro stessi e i docenti accompa-gnatori hanno degustato con grande soddi-sfazione. Provetti cuochi che hanno superatobrillantemente la prova, sotto la guida di cuo-chi esperti e molto pazienti.Dopo aver salutato questo luogo magico, im-merso nel verde e avvolto dai suoni della na-tura, in cui già il nome della località, Scaccia-pensieri, fa comprendere tutto, abbiamo fattoun salto nella storia con la visita al borgo me-dievale di Castell’Arquato: un paese davverostupefacente, che conserva la sua strutturamedievale con il palazzo del podestà, il duo-mo romanico, le vie strette tra case di pietra.

Una giornata decisamente diversa per impa-rare, ma che ha arricchito i ragazzi e chissàse, per qualcuno di loro, è stata l’occasione

qui A Scuola

FARE SCUOLAFUORI SCUOLA…

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per capire se il suo futuro sarà tra ilibri e gli archivi per diventare storicoo tra i fornelli per diventare cuoco.Per le classi prime, invece, l’espe-rienza fuori dalle mura scolasticheha riguardato un appuntamento conla storia antica, le leggende e l’artenella visita a Castelseprio e al mona-stero di Torba, patrimonio dell’Uma-nità Unesco dal 2011, come sito sto-rico dei Longobardi in Italia. Sotto laguida dei loro docenti, i ragazzi han-no camminato nel verde tra i restidi case, chiese e mura del castrumromano; hanno potuto vedere davicino aff reschi unici della chiesa di Santa Maria Foris Portas. Un ripas-so di quanto studiato e una scopertacontinua per comprendere che, inquesto luogo così vicino a noi, ognisasso racconta una storia incredibileche è anche parte di noi.Ma le uscite didattiche e le attività nonsono ancora fi nite… le classi terze vi-siteranno il Vittoriale, alla scoperta dei luoghidi D’Annunzio, e ancora le classi prime scopri-ranno la storia della carta e della sua produ-zione con la visita alle ex cartiere, oggi museo,di Toscolano Maderno e si cimenteranno nellasua produzione durante un divertente, ma an-che istruttivo, laboratorio didattico.

Sono state importanti occasioni, alla scopertadi luoghi più o meno celebri che sono il nostropatrimonio di storia, tradizioni, cultura che vapreservato e sicuramente non dimenticato.

Prof.ssa Dora Meroni

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Alla scuola primaria, per tre giorni con-secutivi a partire da mercoledì 9 mag-gio, sono state invitate le mamme per

festeggiare assieme ai loro bambini la Festadella Mamma.In questa occasione, è stato rivolto alle mam-me sono state l’invito a fermarsi a scuola almattino per una succulenta colazione inter-nazionale, organizzata dalla Società Sodexo,ed i bambini hanno potuto regalare alla pro-

prio mamma un piccolo pensiero, realizzatoin classe con loro piccole mani nelle settima-ne precedenti.Ogni colazione si è aperta con un momentodavvero commovente e intenso: i ragazzi diquinta hanno scritto alcune poesie sul tema“l’Amore per la mamma” e alcuni versi sonostati poi musicati e diventati così una canzo-ne esclusiva: solo per le nostre mamme dellaS. Luigi.

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FESTA DELLA MAMMAALLA PRIMARIA

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Il giorno 8 maggio si è con-cluso, con il Concerto d’E-state, l’anno musicale della

scuola di musica San Luigi.Un momento dedicato a tut-te le formazioni collettive conla presentazione delle novitàdell’anno: MusicaInPop, Musi-caInRhythm e MusicaInVocal.Per il primo anno la scuola dimusica S. Luigi ha voluto pre-miare alcuni ragazzi veramen-te meritevoli istituendo ben 4borse di studio per il prossimoanno, che sono state conse-

gnate rispettivamente a Matteo Pallini, Fede-rica Ruzza, Daniele Carugo e Carlotta Caru-gati.La felicità dei ragazzi e delle famiglie è sta-ta davvero intensa, così come quella dellaScuola che cerca di motivare e appassionarei nuovi musicisti, promuovendo sempre piùattività in cui potersi dedicare e trarre nuovispunti a cui tendere.

CONCERTO D’ESTATEDELLA SCUOLA DI MUSICA

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qui Nel tempo libero

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qui Nel tempo libero

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Abigail signifi ca: “Dio è la mia gioia” o an-che “Mio padre si è rallegrato”. E qualepadre non sarebbe fi ero di avere una

fi glia bella, non solo esteriormente, ma anche “dentro”? Di Abigail, infatti, la Bibbia (la sua sto-ria è raccontata nel Primo di Libro di Samuele,al capitolo 25) decanta la discrezione e il buonsenso tanto quanto la bellezza.Moglie di Nabal di Carmel, ricco proprietario del-la stirpe di Caleb, che possedeva 300 pecore e100 capre, Abigail viene descritta ricca di sag-gezza e di bell’aspetto, mentre il marito, uomorozzo e brutale, porta già nel nome l’indicazionedelle sue caratteristiche, dato che Nabal signifi -ca “stolto”.Forse si erano sposati grazie alla posizioneeconomica di lui? Il loro matrimonio non sem-bra essere stato felice, visto che subito dopo lamorte di Nabal, Abigail accetterà di diventaresposa di Davide. Comunque, fu proprio a causadella stoltezza di Nabal che Abigail conosceràDavide.4 ඝඉඖඌ�³ਮਦਭਭਮ�ਥਠਢਤਵਠ�ਢਨੑ �ਢਧਤ�ਦਫਨ�ਯਠਤਵਠ�ਬਤਦਫਨਮ”.La storia di Abigail si intreccia a quella di Davidein un momento storico di particolare tensione,quel periodo dei Giudici in cui – dice la Scrittu-ra – “ognuno faceva ciò che gli pareva meglio”(Gdc 17,6). Forse la Legge non era più vissutacome fondamento dell’identità del popolo; daivari confl itti che nascevano tra i diversi gruppi, uscivano ‘vittoriosi’ quelli che per primi alzava-no le armi, dimostrando con la violenza la loroforza.Davide, non ancora re, dopo la morte di Samue-le si era ritirato nel deserto con i suoi seicentouomini per sfuggire alla gelosia di re Saul e airipetuti tentativi del re di ucciderlo. Avendo bi-sogno di cibo per sfamare i suoi uomini e ve-nuto a sapere che Nabal era lì a festeggiare ebanchettare per la tosatura delle greggi, Davidemandò alcuni uomini a chiedergli il ‘contribu-to’ di sostentamento. Dalle parole che Davide

dice ai suoi di riferire a Nabal (“quando i tuoipastori sono stati con noi, non li abbiamo mo-lestati e niente delle loro cose ha subìto dannofi nché sono stati a Carmel” – 1Sam 25,7) si de-nota l’usanza – durante la festa dei pastori – dichiedere una “retribuzione”, il cosiddetto ‘dirittodi paternità’, per aver difeso gli uomini di Nabalmentre essi pascolavano il gregge.Ma Nabal li respinge con arroganza risponden-do: “Chi è Davide? E chi è il fi glio di Iesse? Io dovrei prendere il mio pane, la mia acqua ela carne che ho macellata per i miei tosatori,per darli a gente che non so da dove venga?”(1Sam 25,10-11).Davide, off eso e adirato, decide di vendicar-si attaccando Nabal e uccidendo tutti i maschidella sua famiglia: “Egli mi ha reso male perbene. Così tratti Dio i nemici di Davide con ilmassimo rigore! Fra qui e lo spuntar del giorno,di tutto quello che gli appartiene non lascerò invita un solo uomo” (vv. 21-22). Con quattrocentouomini armati, Davide si appresta a punire nelsangue tutta la casa di Nabal, chiamando Dio atestimone di questa vendetta. Anziché affi darsi alle mani di Dio, Davide sta per farsi giustiziada solo. Ma il Signore non permette che questoavvenga e nella sua misericordia usa il poteredi una donna – Abigail – per farlo tornare allaragione e impedirgli di commettere un gravepeccato.

qui la Parola

ABIGAILmoglie di Nabal di Carmel, moglie di Davide

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³ 7එ�කඍඏ��ඔඉඛඋඑඉ�උඐඍ�ඔඉ�ගඝඉ�ඛඋඐඑඉඞඉ�ඉකඔඑ�ඉඑ�ගඝඑ�කඍඋඋඐඑ́�Avvertita dell’imminente attacco da uno dei suoiservi, che l’aiuta anche a capire “ciò che avreb-be dovuto fare”, Abigail prepara in fretta ciò cheil marito aveva rifi utato: pane, vino, arieti già pronti, grano tostato, uva e schiacciate di fi chi secchi, e li manda a Davide e ai suoi uomini.Non dice nulla al marito, non chiede permessi,si assume ogni possibile conseguenza del suogesto… Non solo, ma va ella stessa incontro aDavide, già in viaggio per la sua vendetta: glisi prostra ai piedi, gli chiede di ascoltarla, ricor-dandogli che ha come obiettivo di “combatterele battaglie del Signore” (vv. 28-29), perché soloquesto farà sì che gli venga conservata l’anima“nello scrigno della vita presso Dio”, mentre l’a-nima dei nemici “egli la scaglierà come dal cavodella fi onda”.Con umiltà, ma anche con coraggio, Abigail in-vita Davide a rifl ettere sul vero motivo che lo spinge a vendicarsi di Nabal: è una “battaglia diDio” o solo uno sfogare la sua ira, un aff ermare di essere il più forte, il più potente? E che nesarà di Davide quando “costituito da Dio capo diIsraele” dovrà render conto del “sangue versatoinvano” e dall’essersi fatto “giustizia con la suamano”? (vv. 30-31).8ඖ�එඖඋඖගක�උඐඍ�ඎඍකඕඉ�ඔ¶එකඉ�ඍ�ඔඉ�ඞඍඖඌඍග�ගඉ��ඌඉඔඔ¶ඌඑ�ඉඔඔඉ�ඊඍඖඍඌඑජඑඖඍ�Le sue parole toccano il cuore di Davide che,commosso, desistette dal suo proposito di ven-detta e ringraziò Abigail per avergli impedito dicompiere una strage, con una triplice benedizio-ne: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che tiha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuosenno e benedetta tu che sei riuscita a impedir-mi oggi di giungere al sangue e di farmi giustiziada me. Viva sempre il Signore, Dio d’Israele,che mi ha impedito di farti del male; perché, senon fossi venuta in fretta incontro a me, non sa-rebbe rimasto a Nabal allo spuntar del giornoun solo maschio”. E Davide aggiunge: “Torna acasa in pace. Vedi: ho ascoltato la tua voce e horasserenato il tuo volto” (vv. 32-35).Tornata a casa, Abigail trova il marito ubriaco; esolo al mattino dopo, quando è in grado di ascol-tare, gli racconta quanto è successo. E il cuore diNabal “si tramortì nel petto ed egli rimase comeuna pietra” (v. 37). Dopo 10 giorni Nabal morì.

E subito Abigail viene chiesta in sposa da Davi-de e accetta. Forse, anche qui, una motivazionepuò essere la ricchezza che avrebbe portato indote, ma indubbiamente Davide è stato cattura-to dalla forza dell’agire di lei, dalla sua capacitàdi discernere e donare la vita per gli altri. Abi-gail darà a Davide un fi glio – Kileab o Daniele, nato mentre si trovavano a Ebron (2Cr 3,1) –, eviaggeranno nel deserto superando insieme di-sagi e diffi coltà. Sarà al fi anco di Davide, anche quando egli dovrà riparare nel territorio nemicodei Filistei (1Sam 27,3). Anzi, quando sarà ra-pita durante una razzia degli Amaleciti, Davidenon esiterà a compiere una spedizione punitivaper liberarla, insieme a quanti erano stati rapitiinsieme con lei (1Sam 30).) එඏඝකඉ�ඌඑ�කඍඔඉජඑඖඍ�Pochi conoscono questa donna, seconda mo-glie di Davide, che entrò e sparì dalla sua vitain punta di piedi, quando, pur essendo già con-siderato l’eroe nazionale per aver ucciso Golia,non era ancora colui che per la Bibbia rappre-senta il personaggio più importante dopo Mosè.Non sappiamo molto del seguito della sua vita,ma la sua presenza accanto a Davide, il suoamore e la sua dedizione a lui fanno parte dellastoria che porterà Davide a diventare il grandere che tutti conosciamo.Abigail, donna di pace, donna forte e generosa,pronta a pagare di persona per il bene della suafamiglia, capace di addossarsi colpe che nonha, capace di attendere con fi ducia la liberazio-ne che certo Dio non lascerà mancare. Il suonome può voler dire anche “porta”; e davvero hasaputo essere per Davide la “porta”, la soglia da‘attraversare’ per poter intraprendere quel cam-mino che lo porterà a diventare il re così amatoda Dio.È una fi gura di relazione. Dal Talmud, Abigail è considerata una delle sette profetesse d’Israele,poiché predisse a Davide che sarebbe diventatore al posto di Saul. E per noi cristiani, non è for-se profetessa di quel Re che non si farà giustiziacon le proprie mani o impugnando una spada,ma che sarà innalzato sul palo, crocifi sso come malfattore; e che, invece di spargere sangue,saprà farsi pane per coloro che hanno fame eporta di salvezza per chi vorrà entrare nella vitaeterna?

p. Tullio

qui la Parola

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Quando si dice Castellazzo, si pensa qua-si sempre alla Fametta o a Villa Arconati.Abbiamo invece scoperto quanta storia

si nasconde in questo antichissimo borgo, a noicosì vicino e familiare, ma del quale sincera-mente conoscevamo ben poco.Abbiamo riferito, nella prima parte di questoracconto, dei primi insediamenti nel territoriodi groana, dell’origine del nome di Castellaz-zo e come il toponimo del borgo sia cambiatonei secoli. La volta scorsa abbiamo continuatola nostra storia, risalendo lontano nei secoli, escoprendo come l’incipit di tutto fosse legatoalla presenza di una importante via di comuni-cazione tracciata nel III secolo d.C. dai Romani:l’antica “Varexina” che collegava Mediolanum,la Milano romana, alla Elvezia, la Svizzera, e alnord Europa. Proprio lungo il suo originario trac-ciato, là dove è il Castellazzo, sorse un insedia-mento gallo-romano testimoniato dalla presen-za di una necropoli scoperta nel suo territorio.Nel medioevo la strada fi nì per essere anche uno degli itinerari dei pellegrini che, dal nord,erano diretti in Terra Santa; era praticamented’obbligo volendo transitare da Milano.L’antica strada romana fu percorsa nel corso deisecoli dai barbari e da eserciti di ogni tipo e pro-venienza che, anche se non erano nemici, diffi -cilmente sapevano resistere alla tentazione delsaccheggio. Attorno ad una probabile stazionedi cambio-cavalli, posta all’ottavo miglio dellaVarexina, si sviluppò quel villaggio di boscaiolicitato in un antico documento risalente all’anno912, forse il più antico che menziona le Groane.I suoi abitanti, prima Galli, poi Romani e dopoGoti e Longobardi, svolgevano attività di colti-vazioni di castagneti e piantagioni di alberi, che

venivano poi lavorati e commercializzati. Nelleselve si allevavano anche porci allo stato brado,le cui carni nell’Alto Medioevo erano una basedi sostentamento.La notizia storica documentata dell’esistenza diCastellazzo appare però solo verso la fi ne del XII secolo, con l’antica denominazione di “VillaFrancha”. La fonte è costituita da un atto no-tarile di compravendita, steso su pergamena,rogato in Milano il 30 giugno 1191 dal notaiodel Sacro Palazzo Pietro Abate. Con quell’at-to Obizzo Grassi, discendente dalla famigliacapitaneale della Pieve di Bollate, cedeva laproprietà e i diritti sulle sue terre in Bollate allaChiesa di San Lorenzo di Milano. Villa Franca ècitata tre volte in questo documento ricco d’in-teressantissimi “micro toponimi” del territoriobollatese: nomi di campi, di vie, di corsi d’ac-qua, di chiese, di luoghi abitati, che il notaio,provenendo da Milano, sembra avesse elenca-to mano a mano li incontrava nel suo procede-re verso nord. Dal rogito si può ricavare una

Ci siamo mossi appena fuori dai confi ni di Garbagnate, per raggiungere un piccolo borgo al qua-

le tutti noi siamo particolarmente aff ezionati: il Castellazzo, anticamente chiamato Villa Franca,

un luogo particolarmente ricco di storia, che stiamo raccontando anche grazie alle tante notizie

raccolte nel bellissimo libro “ Castellazzo: Parrocchia e Borgo”. Continuiamo allora il nostro av-

vincente racconto.

IL CASTELLAZZO (terza parte)

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

Il borgo di Castellazzo oggi

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sommaria descrizione di Villa Franca. Vi sonoannotati due campi che si presume s’incontras-sero prima di entrare nel castello (probabilmen-te una struttura fortifi cata) percorrendo l’antica via romana venendo da Bollate, o meglio dallo“Ospedale di Bollate”, cioè da quello che noioggi conosciamo come Ospiate. Si parla poidi un bosco situato in una zona chiamata “neldorso di Villa Franca”, che consente di presu-mere che si trattasse di un rilievo boscoso. Al-tre zone citate nel rogito potrebbero riferirsi aVilla Franca, specie quelle che presentano glistessi proprietari confi nanti; sicuramente lo era la “Valle Donica”, perché compresa tra Garba-gnate e Senago. Si parla di un bosco che con-fi nava a levante con altri boschi in Senago e a ponente con altri in Garbagnate. Le terre, dicela pergamena, erano situate “nel luogo e nelterritorio di Bollate e compresi nei suoi confi ni”. Questo vuol dire che Villa Franca era un vil-laggio dipendente da Bollate, come altri alloraesistenti sul territorio bollatese. Nel XIV secoloal nome di Villa Franca verrà affi ancato quello di Castellazzo, che deriva dal volgare “Caste-lasc o Castelazz”, evidentemente per l’aspettosevero delle costruzioni, diventando in latino“Villa Francha sive Castellatius”.L’appellativo “Francha” assegnato a una “Villa”,cioè a un villaggio, stava a signifi care che gli abitanti godevano di esenzioni fi scali, che po-tevano avere diverse origini. Per la nostra VillaFranca dobbiamo escludere che le franchigiefossero di tipo signorile, cioè concesse dai pro-prietari ai loro coloni. È invece pressoché sicu-ro che gli abitanti del borgo fossero esentati dalpagamento delle imposte in cambio di presta-zioni militari in difesa di Milano. Tale tesi è av-valorata dalla considerazione che l’appellativodi “Castellacelo” si addiceva meglio a una strut-tura di tipo militare con alte mura dal sinistroaspetto piuttosto che a un pacifi co villaggio di agricoltori esentati dalle tasse. L’epoca in cui èdocumentata l’esistenza di Villa Franca corri-sponde al periodo, tra il XII e XIII secolo, in cuiin tutta Europa sorsero, per necessità difensivedelle città, numerosi borghi franchi, cui eranoaffi dati precisi scopi: controllare una strada, dominare il guado di un fi ume o lo sbocco di una valle, rendere più sicuro il transito in unazona poco popolata e altro. Nel Veneto, dove

esiste ampia documentazione in merito, il Co-mune di Verona, per proteggersi dalle incursio-ni improvvise della nemica Mantova, costruì unborgo-sentinella che è oggi Villafranca Verone-se. I consoli veronesi concessero l’esenzioneda ogni onere e imposta in cambio della dispo-nibilità dei coloni ad opporre una prima difesaarmata alle scorrerie nemiche. Nel milanese,purtroppo, la documentazione medioevale èpraticamente inesistente, l’unica testimonianzariguardante le candidature di certi villaggi perdiventare dei borghi franchi è una pergamenaconservata nel Monastero di Chiaravalle dovegli abitanti delle dodici località situate in quel-la larga fascia di territorio, che il Comune diMilano aveva strappato a Pavia e che fu chia-mata “Loti Discordiae” perché continuamentecontesa, si off rirono a Milano per svolgere ser-vizio militare attivo; in cambio chiedevano l’e-senzione dalle imposte. Si può quindi ritenerecon certezza che anche il Comune di Milanoavesse provveduto per sua difesa a fortifi care una serie di villaggi prospicienti le grandi straderomane e situati ai confi ni del proprio Comita-tus, che comprendeva Milano e le dodici pieviconfi nanti. Infatti, Castellazzo sorgeva lungo l’antica strada romana per Bellinzona, ai limitidel “Comitatus Mediolani”, e le stesse caratte-ristiche si notano per gli altri Castellazzo cono-sciuti: Castellazzo di Rho sorgeva sulla stradaper Staziona (Angera), Castellazzo di Corbettasulla strada per Novaria (Novara), Castellazzodi Quintosole (ora Milano) era sulla strada perPavia, Castellazzo di San Donato era localiz-zato sulla “Via Emilia”, Castellazzo di Tainatesulla strada per Rinasco e Castellazzo nellapieve di Magenta, presso il Ticino.Non sempre il borgo sorgeva ex-novo, spessosi fortifi cavano villaggi già esistenti, come pare sia successo per Villa Franca; è anche più cheprobabile che le spese di fortifi cazione, quali l’innalzamento delle mura, lo scavo dei fossati,la costruzione delle porte, furono a carico delComune di Milano, che poi concesse agli abi-tanti l’esenzione dagli oneri fi scali in cambio della disponibilità a prestare una prima difesadel territorio. I Castellazzesi, ovviamente, con-tinuavano a svolgere il loro lavoro di agricoltorie di produttori di laterizi.Villa Franca, quindi, collocata al confi ne nord

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

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occidentale della Contea di Milano, era postaa guardia dell’antica strada per Bellinzona, chemetteva in comunicazione Milano con Como eCastelseprio. Como era l’antica rivale di Mila-no fedele all’imperatore; Castelseprio, l’anticaSibrium, era l’inespugnabile centro militare, im-portantissimo sin dall’epoca romana, che eraspesso nelle mani di feudatari nemici di Milano,tra cui ultimi, nel XIII secolo, Torriani; per que-sto, una volta riconquistato dai Visconti, l’Arci-vescovo Ottone lo fece distruggere, vietando-ne per legge un’eventuale ricostruzione. VillaFranca, dunque, faceva da sentinella armataalla strada che poteva diventare celere via perassalire Milano, ma probabilmente questi com-piti, come le stesse franchigie, non durarono alungo e forse non andarono oltre l’avvento dellaSignoria viscontea. Oramai i confi ni del Dominio di Milano erano situati ben lontani da Villa Fran-ca e con buona probabilità la sua funzione siridusse all’esazione dei dazi comitali sulle merciin transito, ma anche questo non durò a lungo.

Arriviamo ora alla nascita delle due istituzioni di

Castellazzo: la Parrocchia ed il Comune.La peculiarità della Parrocchia di Castellazzo èla sua dedicazione: è infatti l’unica nella Diocesimilanese ad essere intitolata a S. Guglielmo. Lapiù antica menzione che si è riusciti a trovare re-lativa al culto di S. Guglielmo risale al 1321. Nonè dato sapere quando e chi portò in Castellazzoil culto di San Guglielmo, ma è probabile chefurono gli stessi monaci eremiti di S. Guglielmo.I monaci partivano dalla Toscana per raggiunge-re il nord Europa e percorrevano la strada roma-na; lungo il tragitto transitavano da Castellazzodove, probabilmente, facevano sosta; è lecitosupporre che vi abbiano costruito un oratorio

dedicato al loro santo fondatore.Nei secoli XIV e XV, la storia di Bollate e diCastellazzo si trovò fortemente coinvolta dallevicende della famiglia Visconti, seguendone lealterne fortune, ed è probabile che i Visconti fos-sero proprietari da lunga data. Il legame mag-giore che univa l’Arcivescovo Giovanni Viscontia Bollate era rappresentato da colui che pos-siamo defi nire il suo “braccio destro”, ovvero il prevosto di Bollate, Zonfredino da Castano. Nel1342 Giovanni Visconti divenne Arcivescovo diMilano e, dopo la morte del fratello Luchino nel1349, assunse la Signoria di Milano. Fu propriol’Arcivescovo Giovanni Visconti ad accogliere larichiesta di erigere la nuova parrocchia e, condecreto munito del suo sigillo, datato in Milano12 dicembre 1341, concesse licenza di costruireuna nuova chiesa in Castellazzo dedicata a S.Guglielmo. Conseguenza dell’istituzione dellaparrocchia in Castellazzo fu la nascita sponta-nea degli organismi assembleari che formava-no il Comune. Primo fra tutti: l’Assemblea del-la Vicinanza, formata dai Vicini, cioè da coloroche possedevano il territorio del villaggio. Il loroprimo atto fu, quindi, di costituirsi in comunitàindipendente: ai Bollatesi non rimase che farbuon viso a ciò che era conseguenza di unadecisione dell’Arcivescovo e signore di Milano.Col tempo, i fedeli, la domenica, già riuniti perle sacre funzioni, s’intrattenevano sul sagrato onel camposanto o nella chiesa stessa, se il tem-po era cattivo, per confrontarsi, per discutere ericercare soluzioni anche opponendosi alla vo-lontà del “dominus loti”. All’inizio si trattava delsostentamento del presbitero e della manuten-zione della chiesa, poi si cominciò a discutere dialtre questioni della comunità come le strade, ilpozzo, il forno, lo sfruttamento delle terre comu-ni indivise, ma godute in rapporto alle singoleproprietà.Nel XII secolo, le spontanee aggregazioni si tra-sformarono in assemblee deliberanti sulle cose“in comune” e per il “bene comune”: era natoil “Comune” e le terre comuni indivise diven-nero le “terre del Comune” a benefi cio di tutti. La Chiesa ebbe quindi un ruolo fondamentale,se non determinante, nella formazione dei Co-muni: infatti, non è mai esistito un solo comunesenza Chiesa. Nel XIV secolo, quando nacqueil Comune di Castellazzo, l’autonomia e gli or-

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

La chiesa di San Guglielmo

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gani dei comuni rustici erano già ben defi niti e riconosciuti in quello Stato noto col nome di Do-minio di Milano; tuttavia, nonostante decenni dilotte anche armate, rimanevano forti disparità,soprattutto fi scali, tra i foresi – gli abitanti fuo-ri città – e i cittadini del comune dominante. Ilcastellazzese per il suo campo in Castellazzodoveva pagare non poche imposte al Comunedi Milano, mentre il cittadino milanese proprieta-rio del campo accanto ne era pressoché esente;per questo i grandi proprietari erano tutti cittadi-ni milanesi.Ed è questa la genesi delle proprietà passata didecennio in decennio, di secolo in secolo a variefamiglie: dai Grassi sino al XV secolo, ai Cusaninel XVI secolo, ai quali si deve la ricostruzionedell’antico e rovinoso “castellazz” in una splen-dida dimora rinascimentale dalla quale sarebbepoi derivata, grazie agli Arconati-Visconti nelXVII secolo, la splendida dimora conosciuta conil loro nome e anche come la Versailles della

Lombardia; con gli Arconati, la Villa e il borgo diCastellazzo avrebbero conosciuto il periodo dimassimo splendore. A loro sarebbero poi succe-duti nel XVIII secolo i Busca, ai quali si deve lacostruzione della chiesetta della Fametta a ini-zio ‘800 in piena epoca napoleonica. Nel 1841,sotto il governo austriaco,dopo secoli di orgo-gliosa autonomia, viene decretata la fusione delComune di Castellazzo con quello di Bollate sot-to la nuova denominazione di “Bollate con Ca-stellazzo”. Ed è infi ne con il Regno d’Italia che Castellazzo diviene una frazione del Comune diBollate. Si spegneva così, con la sua gloriosastoria plurisecolare, anche il fi lo ereditario degli Arconati, dopo che ai Busca erano succeduti iSormani e per ultimi i Crivelli, l’ultima esponen-te dei quali, la contessa Beatrice, morta senzaeredi nel 1996 è sepolta, per suo volere, proprionel piccolo cimitero di Castellazzo.

Giorgio Montrasi

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Villa Arconati

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La Patronale di Bariana, con alternanzadi momenti sacri e momenti ludici e dipuro divertimento, purtroppo, come or-

mai capita da diversi anni, è stata penalizzatadal mal tempo.In realtà la festa è stata uffi cialmente aperta venerdì 27 aprile con l’Adorazione Eucaristi-ca, durante la quale ciascun gruppo parroc-chiale ha preparato una preghiera accom-pagnata da un simbolo portato all’altare: unmodo per ringraziare dell’esperienza vissutae, allo stesso tempo, riconfermare il proprioimpegno.La festa poi è proseguita sabato sera con lapizza del forno itinerante di Ambra e Amedeo:serata sfociata nella rappresentazione dellabrillante, divertente e applauditissima com-

media della compagnia “I Bariafus”, semprepiù affi atati, dal titolo “Mettiamoci d’accordo e... prendiamoci a mazzate”.Domenica 29, durante la Messa delle 10,30,si è svolto il rito dell’Unzione dei malati, pre-sieduto dal Parroco don Claudio.Nel pomeriggio la festa è proseguita con varigiochi in oratorio e con il pozzo di San Patri-zio. In serata era prevista la 1a edizione del“Cinema sotto le stelle” che, però, causa mal-tempo, si è trasformato in “Cinema in teatro”:è stato proiettato il divertente fi lm per famiglie “Jumanji-Benvenuti nella jungla”.Il clou della festa è stato, ovviamente, marte-dì primo maggio. La giornata è iniziata con laS. Messa solenne, che ha visto la partecipa-zione delle coppie di sposi che celebravano

S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

CALENDIMAGGIO BARIANESE

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l’anniversario di matrimonio, cui sono seguitiil pranzo in oratorio e, nel pomeriggio, i varigiochi per i bambini, con l’ormai consolidata“pesca al pesciolino rosso”.La Poscar ha organizzato una bella partita dicalcio tra genitori contro atleti 2004 e un tor-neo di tennis, dalle 9.30 alle 17.30, con ben18 partecipanti che si sono sfi dati nel doppio.È stata uffi cialmente premiata la grintosa squadra di volley Under 12, prima classifi cata al torneo Regionale CSI tenutosi a Cesenati-co dal 28 al 30/4.Molto coinvolgente l’attesissima esibizione diAlberto, campione mondiale di trottola acro-batica, seguitissimo ed apprezzatissimo daibambini presenti in oratorio.La giornata si sarebbe dovuta concludere conla processione, per le vie del paese, con lastatua del Santo Patrono S. Giuseppe, maanche quest’anno la funzione si è tenuta inchiesa a causa del maltempo.La conclusione della festa si è tenuta sabato5 maggio con il concerto, o meglio, con l’Ele-vazione Spirituale “Lode a Maria” della coralePregarcantando: una vera e propria preghie-ra in musica, curata nei minimi dettagli, con

tanto di schermo sul quale veniva proiettata latraduzione dal latino o dall’inglese di quantoveniva cantato, accompagnando con imma-gini e foto dei dipinti sacri delle nostre chie-se, che ha saputo donare momenti di intensaemozione, commozione e arricchimento spi-rituale.Prendiamo questa esperienza conclusivacome un trampolino di ri-lancio: la nostra co-munità Barianese tragga spunto dalla sempli-cità, dolcezza, capacità di accoglienza di Ma-ria, per proseguire il cammino con rinnovatovigore spirituale all’interno del nostro oratorioe della Comunità Pastorale Santa Croce.

Daniela e Simona

S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

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“Chi canta prega due volte” è la famo-sa frase di S. Agostino e motto dellanostra corale Pregarcantando, che

sabato 5 maggio, a chiusura dei festeggiamentiper la Festa Patronale di San Giuseppe Artigia-no in Bariana, ha presentato “Lode a Maria”: unaPreghiera in musica.Attraverso la bellezza del canto, delle musiche,delle immagini, abbiamo voluto proporre una for-ma di meditazione sui temi cari alla devozionemariana, per condividere quei sentimenti e que-gli aff etti che i canti con i loro testi hanno suscita-to e suscitano in generazioni di fedeli.Camminando dentro suoni e immagini, abbiamopotuto capire come sia stata interpretata con cre-atività inesauribile e con appassionata devozio-ne, la vita di Maria. Il percorso musicale scelto,si è snodato attraverso melodie sacre famose,dalle più antiche alle più moderne, partendo dal1200 fi no ai giorni nostri preceduto da una me-ditazione introduttiva sulla vita di Maria; durantei canti, venivano proiettate immagini di dipinti fa-mosi (dello stesso periodo storico del canto) e latraduzione dei testi nel caso i brani fossero sta-ti in lingua latina, italiano volgare o altra lingua.L’emozione era altissima in tutti noi membri dellaCorale, perché sapevamo che dovevano servirele energie di ognuno per trasmettere in manieracorale quei sentimenti e quelle emozioni che cieravamo proposti nel preparare questa serata.Inizia il percorso e, dopo alcune incertezze ini-ziali, il clima creatosi di partecipazione intensae di preghiera, ci ha trasmesso grande forza esicurezza.Tra i canti eseguiti troviamo:“Salutiam Divotamente” una cantiga dal Lauda-rio di Cortona -XIII sec.-: ci invita a fare in modoche il “Sì” di Maria diventi anche il nostro sì.“Santa Maria strela do dia” cantigas n. 100 deSanta Maria -XIII sec-: Maria è la stella, l’auroradel giorno del Signore e attraverso lei arriviamoalla luce che è Gesù.“Stella splendens” anonimo -XIV sec.-: ricordache Maria è la stella su cui deve posarsi il no-stro sguardo perché è il luminoso riferimento edesempio da seguire.

“Ave Maria” di Arcadelt -XVI sec.-: è la preghie-ra incessante che i fedeli rivolgono a Maria per-chè interceda per noi presso il Salvatore.“Stava Maria dolente” A. Lotti -XVIII sec.-: Ma-ria stava sotto la croce, nel buio più fi tto e sa aff rontare un dolore senza cedimenti, quel dolore è diventato l’albero alla cui ombra ci rifugiamo.“Ave verum” di Mozart -XVIII sec.-: il vero cor-po è il pane consacrato, è Gesù che sul Golgotaforma la Chiesa e si dona per la salvezza di tuttigli uomini.Una piccola pausa per le nostre corde vocali, manon per la preghiera e Filippo Maria Fontana (pertutti noi Filippo jr) ci propone l’ “Ave Maria” diF. Schubert -XIX sec-. eseguita magnifi camente al pianoforte. Pur non essendo stato concepitocome brano sacro, il testo dell’Ave Maria, inse-rito successivamente, gli ha dato una grandenotorietà. Su questo brano scorrono le immaginidei dipinti mariani presenti nelle nostre chieseparrocchiali e nel nostro Santuario, seguite daaltri famosi dipinti che hanno Maria come per-sonaggio centrale. Riprendiamo con il canto del“Tota Pulchra” di Perosi -XIX sec.- che ci invitaa guardare a Maria pura nella grazia e perfettanell’umanità, ma soprattutto a rivolgerci a lei di-cendole con tutta la forza del nostro cuore “aiu-taci tota pulchra”.Segue lo “Stabat Mater” di Kodaly -XIX sec.-:

S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

LODE A MARIA

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che ci ricorda, con accenti commossi e con sem-plicità, il dolore di Maria sul Calvario. Concludia-mo questa parte meditativa, con il canto “AveMaria” del Gen Verde -XX sec.-: un’altra AveMaria che ci dice nuovamente che Lei è la viache conduce a Cristo, è il nostro punto di orienta-mento per metterci al servizio del Signore, met-tendo nelle sue mani la nostra vita in quell’oradecisiva.Le persone intervenute da tutta la città esprimo-no con un lungo ed appassionato applauso illoro gradimento; anche noi siamo soddisfatti e ciuniamo ai loro applausi.Ma la serata non è terminata, si prosegue con ilbrano “Il coraggio di amare” del Maestro Mani-scalco -XX sec.- sempre eseguito al pianoforteda Filippo jr.Subito dopo il canto “Mary did you Know” diLowry -XX sec.- con le tante domande che l’au-tore si pone, si chiede se Maria si fosse davve-ro resa conto di quanto potere e maestà aves-se quel Bimbo che cullava tra le braccia: Mariasapevi…? Maria sapevi….?. Nell’ordinaria quo-tidianità della sua vita, Maria ci invita ad averespirito di affi damento e di fi ducia nel Signore.“Ave Maria – Donna dell’attesa” di Casucci/Balduzzi -XXI sec.-: in questo canto si prega Ma-ria donna dei nostri giorni chiedendoLe di “riac-cendere nelle nostre anime quella speranza cheridesta il cuore”. “Salve dolce Vergine” di Fri-sina -XX sec.-: questo brano ha la eccezionaleparticolarità di essere composto solo da appella-tivi di Maria tratti esclusivamente dalla tradizionebiblica ed off re alla Vergine tutta la nostra vene-razione chiedendo la sua intercessione.Volevamo, come si suol dire, chiudere col bottoe come ultimo canto abbiamo proposto il travol-gente “Hail Holy queen” -XX sec.- brano diven-tato famoso nel fi lm Sister Act, di autore anoni-mo. Abbiamo però scoperto che questo cantoforse non è veramente di autore anonimo, infatti,durante le nostre ricerche, abbiamo trovato unanotizia che lo attribuisce a un sacerdote siciliano-Don Ignazio Scarlata- che scrisse il pezzo perla Rai di New York e successivamente sarebbediventato famosissimo tra i nostri emigranti negliStates. In questo brano si invoca Maria Reginatra gli angeli ed i cherubini e le si chiede di pren-dersi cura di noi.Anche il pubblico partecipa nel tenere il ritmo, sifa trascinare e coinvolgere dalla musica tanto da

richiederne il bis.Doverosi i ringraziamenti a tutte le persone chehanno contribuito a rendere questa serata uni-ca: innanzitutto un grazie dal profondo del cuorealla nostra direttrice Tiziana Tomella, per la suainstancabilità e forza nel avere portato a com-pimento questo progetto; ad Andrea, Lucia eAntonio del Gruppo Fotografi co Garbagnate per l’assistenza ed il contributo alle proiezioni e perle foto dei dipinti mariani delle nostre parrocchie;alla Professoressa Lia Goffi , per la scelta delle immagini sacre inserite nei testi, ed al ProfessorCapodici, per averci fornito le immagini dei dipintidella nostra chiesa di Bariana; a Filippo MariaFontana, alla tastiera, e Filippo Silvestre, allachitarra classica, per la loro tenacia e supportoal coro; a Roberto Crivellari, per la determinazio-ne con cui si fa carico delle diverse incomben-ze organizzative; ad Antonino Cullia, per la suagrande disponibilità e competenza per le ripreseed il servizio fotografi co.Ed infi ne naturalmente un grazie a tutta la Cora-le Pregarcantando che, nonostante gli impegnilavorativi e familiari, ha dedicato molto tempo edenergie per la preparazione di questo concerto,imparando melodie, a volte anche molto impe-gnative ed ostiche, rispetto a quelle che sononell’attuale stile del nostro canto.La cosa però che speriamo tutti, è quella di es-sere riusciti a rendere questa serata un vero eproprio momento di gioia e di preghiera sui sen-tieri di Maria attraverso il canto, la musica e leimmagini proposte e, soprattutto, l’augurio cheognuno abbia portato a casa qualcuna delle tan-te emozioni provate, da vivere nella quotidianità,proprio come ci insegna Maria.

Adele Alberti – Corale Pregarcantando

S. GiuseppeArtigianoqui Nelle Parrocchie

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Il Parco delle Groane ha in sé tutte le carat-teristiche richieste dalla Regione Lombardiaper la costituzione di un “Ecomuseo”. Il pa-

trimonio ambientalistico, storico, culturale, ar-chitettonico, artistico, imprenditoriale e socialedel suo vasto territorio costituisce, anche sepoco conosciuto, un importante punto di par-tenza per uno sviluppo che possa fare, delParco, non solo un’attrazione turistica e ricre-ativa, ma anche una fonte di crescita economi-ca della zona. Perché ciò si realizzi è neces-sario, però, che esso venga “riscoperto”, orga-nizzato e valorizzato, fatto conoscere anche aldi là dei suoi confi ni. E ciò è possibile con la costituzione di un “museo a cielo aperto”, unecomuseo appunto, che veda la partecipazio-ne di enti pubblici, associazioni culturali e divolontariato e cittadini privati del territorio, cheoperino in sinergia tra loro. È questa, in sinte-si, la conclusione cui è giunto il convegno daltitolo “Valorizzare le Groane. Proposta per unecomuseo”, organizzato dai Circoli Acli di Ce-sate, Garbagnate e Solaro, facenti parte dellaZona Bollate-Groane, in collaborazione con laFondazione Augusto Rancilio e la Città di Bol-late tenutosi presso la Villa Arconati di Castel-lazzo, la mattina di sabato 12 maggio scorso.L’evento si inseriva in un progetto fi nanziato con una quota del contributo del 5xmille 2015concessa, mediante un apposito bando, dalleAcli Milanesi.La numerosa partecipazione registrata alconvegno, non solo di cittadini “comuni”, deiresponsabili e aderenti ai Circoli Acli promo-tori e di associazioni culturali e di volontariato,ma anche di personalità politiche, tra le qualil’assessore all’Autonomia e Cultura della Re-gione Lombardia, Stefano Bruno Galli, e il pre-sidente del Parco delle Groane, Roberto DellaRovere, è stata il chiaro indice dell’interesseche l’iniziativa ha suscitato. L’attenzione dei

presenti è stata poi letteralmente catturata da-gli interventi dei relatori: Edo Bricchetti (Refe-rente per la Commissione “Paesaggi culturali”della rete degli Ecomusei lombardi e consiglie-re regionale ICOM Italia/Lombardia (Interna-tional Council of Museums), Fabio Lopez (peranni direttore del Parco delle Groane), LuciaPini (Coordinatrice regionale ICOM Italia/Lombardia e Conservatore del Museo BagattiValsecchi), Agnese Rebaglio (Docente pres-so il Dipartimento di Design del Politecnico diBovisa), Renata Meazza (Regione LombardiaDG all’Autonomia e Cultura, Archivio Etnogra-fi a e Storia sociale), Flora Berizzi (Direttrice di Palazzo Besta di Teglio e dirigente del Polomuseale regionale della Lombardia), Giancar-lo Cattaneo (Responsabile dei Servizi culturalidel Comune di Bollate), Simona Villa (Progetti-sta e Project Manager in ambito culturale).Il benvenuto ai partecipanti al convegno è sta-to dato da Cesare Rancilio, presidente dellaFondazione “Augusto Rancilio”, che ha in attola ristrutturazione di Villa Arconati e in progettoquella del Borgo di Castellazzo. Coordinatoredel convegno è stato Vitaliano Altomari, presi-dente della Zona Acli Bollate-Groane.

Vincenzo Quartu

CONVEGNOACLI

qui Associazioni

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Gian Antonio MERONI(1939 – 2018)

Caro nonno,ci hai lasciati troppo in fretta e, se anche ciè molto diffi cile parlare di te, troviamo che sia doveroso farlo.Sei stato un nonno speciale, sempre pre-sente, pieno di attenzioni per la tua fami-glia, ma soprattutto per noi due, sei statoun grande esempio di vita. Il pilastro por-tante della tua famiglia, che ora si guardaintorno e trova solo un vuoto incolmabile.Eri di poche parole, ma di molti fatti, andavisubito al sodo, non ti piaceva girare intornoai discorsi. Ci hai insegnato i veri valori del-la vita, la tua spontanea semplicità, la tuariservatezza e la tua voglia sempre di fareche trascinava tutti noi anche in situazioniparticolari.Ti siamo grati per tutto quello che ci hai dato in una vita di lavoro e sacrifi ci.Sarai sempre nei nostri cuori e speriamo che anche da Lassù ci guiderai come haisempre fatto. Con tanto amore

Simone e Luca

Me lo vedo sulla soglia della sua offi cina. Il toscano in bocca. Un volto serio, ma un cuore aperto al bisogno. Ho imparato ad appezzarlo nel viaggio che facemmo insie-me a Roma in occasione dell’Anno della Misericordia. Tranquillo, capace di accettaregli inconvenienti che si generano in un gruppo grande di pellegrini, vicino alla suacara moglie. Senza smancerie, ma presente e vigile. Anche nella preghiera. Pensoche il Padre Eterno lo abbia accolto, quest’uomo di poche parole, per le soff erenze che ha portato con grande dignità, e per quel granello di senape della sua fede, ma-gari un po’ nascosta. Fino all’ultimo presente con i suoi cari, in quel luogo che per luievocava una vita di sacrifi ci, di lavoro, di speranze e… anche d’orgoglio per quello che era venuto su dalle sue capacità e per i suoi fi gli e nipoti.

Don Claudio Galimberti, Parroco e cliente

RICORDATI, SIGNORE,DEL NOSTRO FRATELLO

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