Numero 21 della rivista EP

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ep n. 21 RIVISTA DELL'EDUCAZIONE PERMANENTE del CTP Caio Giulio Cesare di Mestre br settem e 2011

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Rivista a sostegno delle attività didattiche del CTP di Mestre anno 2011

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epn. 21

RIVISTA DELL'EDUCAZIONE PERMANENTEdel CTP Caio Giulio Cesare di Mestre

brsettem e 2011

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RIVISTA PERIODICANumero 21 - SETTEMBRE

2011

Redattore CapoALDO GHIOLDI

RedazioneANACLETO CALLEGARO

ANNAMARIA NARDOCLAUDIA MAGANY

GRAZIELLA MAZZONIGRAZIELLA NACCARIGABRIELLA TACCHIA

LAURA CARRAROROBERTA COLDEL

SPERANZA VISENTIN

CollaboratoriALBA FINZI

ALESSANDRO FORTASS. A.O.I.M.d.V.

GABRIELE STOPPANILUISA DI LUCIA COLETTI

MARIO MEGGIATOMARIO ZAMPIERIN

MILO POLLESROBERTA FABRISROBERTO BERTON

STELIO FENZOVALTER FONTANELLA

CoordinamentoGIANFRANCO PERETTIGIANCARLO VIANELLO

Redazione presso laSMS GIULIO CESARE

Via CappuccinaMESTRE

www.gcesare.provincia.venezia.it

www.nicolasaba.itemail:

[email protected]

IN QUESTO NUMERO:

Caterina CornaroColoro che fecero grande Venezia3 domande e 3 risposteSul bufalo d’acquaMettiamoci in viaggioA to’a co i nostri piati venexiani...Venezia, le Basiliche maggioriI Sindaci di MestreCaravaggio, pittore del SeicentoSenza titoloProposta per un organo mutoLungo le ZattereCarnevaleFulvio RoiterI danni del fumoStato sociale e libertà politica in ToquevilleIl grande inquisitoreMatematica per tuttiGlobalità dei linguaggiRicordo di GianMario VianelloI nostri corsi

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In questo numero

Abbiamo dedicato la copertina ad un’opera del pittoreRiccardo Corte per rendere omaggio ad una collaborazio-ne ormai ventennale con l’associazione Nicola Saba. Unodei suoi allievi “racconterà”, all’interno della rivista,questa ed un’altra delle sue opere, con acume e ammi-razione.Questo numero si arricchisce anche della collaborazionedi tre scrittori, ai quali i nostri lettori sono sicuramenteaffezionati: Valter Fontanella, Milo Polles e AlessandroFort.Di particolare interesse un contributo di Alba Finzisull’insegnamento della matematica moderna.I lettori non mancheranno di apprezzare anche i resocontidelle numerose attività che si sono svolte nella nostrascuola negli ultimi tempi, nonché le consuete rubricheprincipalmente incentrate sulla storia e le tradizioniveneziane.E molto altro che lasciamo alla vostra curiosità.Buona lettura.

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Caterina Cornaroa cura di Aldo Ghioldi

A Venezia, tra il Quattro ed il Cinquecento, due sono le figurefemminili più in vista del patriziato: Bianca Cappello,Granduchessa di Toscana, e Caterina Cornaro. Fra le due,la prescelta da dare in sposa a Jacques II° di Lusignano, èCaterina, nata da una numerosa ed antica famiglia cheaveva grandi interessi economici nell’Isola di Cipro.E’ chiaramente un matrimonio di convenienza sia per iCornèr, ai quali una figlia regina conferiva una posizione dialtissimo privilegio sociale, che per il Re, che era natoillegittimo e che temeva gli intrighi della legittima pretenden-te Carlotta di Savoia. Inoltre, tra gli interessi che i Cornèravevano nell’Isola di Cipro, c’erano le proprietà di canna dazucchero, di cotone, di lino, di canapa e di grano.Nel 1468, lo zio Andrea, intimo amico del Re di Cipro, iltrentenne Jacques II° di Lusignano, combinò il matrimoniodi Caterina con costui, promettendogli in pegno la protezio-ne di Venezia.Il fidanzamento avvenne a Venezia nel luglio del 1468,durante una fastosa cerimonia, alla presenza del rappresen-tantedellosposo, l’ambasciatoreFilippoMistahel.ACaterina,dichiarata dal Senato veneto “figlia adottiva della Repub-blica”, onore mai tributato a nessuna donna prima di lei, fuassegnata una dote di 100.000 ducati d’oro; inoltre lafamiglia Cornèr acquistava diritti e privilegi sulle città diFamagosta e di Cerines. Ma fu solo nel 1472 che Caterinavenne condotta a Cipro, dove a Famagosta furono celebratenozze sontuose.Jacques II° (Re Zaco, per i veneziani) morì tra il 6-7 luglio1473 a causa di una strana malattia dovuta ad unostrapazzo di caccia, poco prima della nascita del suo eredeJacques III°, che a sua volta morì l’anno successivo di febbrimalariche. Questo fece sì che l’intera eredità dei Lusignanopassasse nelle mani della Regina Caterina.Subito dopo la morte di Jacques II° a Famagosta scoppiòuna sommossa, fomentata da più parti per sostituire aCaterina l’erede “legittima” Carlotta, figlia di Janus II, sorelladi Jacques e maritata a Ludovico di Savoia.A questo punto Venezia intervenne dirigendo la politica diCaterina, che governò su Cipro assistita da un Consiglio diReggenza, dallo zio Andrea Cornèr e da due cugini.Dopo la presa del potere da parte di Venezia, la nobiltàcipriota si trovò irreggimentata nel Maggior Consiglio del-

Caterina Cornaro (o meglioCaterina Cornèr) nacque a

Venezia nel 1454 da anticae nobile famiglia.

Figlia di Marco Cornèr fueducata a Padova e divennefamosa per la sua bellezza.

Ogni anno la prima Domenicadi settembre, a Venezia si

festeggia con la RegataStorica, a ricordo

dell’accoglienza riservata allaRegina di Cipro.

Caterina Cornaro

Il 18 marzo 1489, la Regina lascia per sempre l’isola di Cipro.

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l’Isolaformatoda145membri,nelquale ipatriziveneziani che si erano stabiliti a Cipro sede-vano di diritto. Il 14 novembre dello stessoanno (1473) un gruppo di nobili catalani, conalla testa l’Arcivescovo di Nicosia, penetravanel Palazzo Reale e nella stanza stessa dellaRegina assassinava lo zio Andrea, il cuginoMarco Bembo, il medico ed un domestico.Caterina rimase rinchiusa e guardata a vistadopo essere stata costretta a consegnare isoldi ed i gioielli ed il sigillo di Stato. I ribelliintendevano far sposare la piccola “Zarla”(Carlotta), figlia naturale di Re Jacques II° adAlfonso d’Aragona, figlio di Ferdinando Re diNapoli, costringendo Caterina ed il figlio neo-nato Jacques III° a cedere i suoi diritti di Re.Ma Venezia, come da accordi, reagisce deci-samente. Il23novembre,diecigaleeagliordinidel Provveditore Vettor Soranzo sono aFamagosta e la flotta agli ordini del capitanoGenerale Pietro Mocenigo è sul piede di guerra.Truppe veneziane da sbarco occupano rapi-damente la città ed i congiurati si danno allafuga. Il Senato ordina che da ora in poi laRegina venga affiancata da un Provveditore eda due Patrizi veneziani come Consiglieri, chele truppe siano agli ordini del Provveditore echeguarnigionivenezianepresidinoFamagostae Kyrenia. Nessuna decisione però dovràessere presa senza l’assenso della Regina esoltanto i suoi stendardi potranno sventolaredalle fortezze. Ai nobili ciprioti si dovrà darel’impressione di essere partecipi al potere.

Regina di nome, Caterina,lo è sempre meno di fatto.

Gli onori non le mancano, ma è isolata perchéil padre Marco Cornèr, che le era stato vicinoa Cipro, è morto a Venezia e la madre FiorenzaCrispo ha lasciato l’Isola.Il 21 febbraio 1487 il Senato veneziano decideche il Regno di Cipro venga annesso ai domini

della Serenissima. Il Consiglio dei Dieci vieneincaricato dell’esecuzione della delibera, an-che perché gli intrighi di Alfonso d’Aragona,che non si è ancora rassegnato, inquietanoancora il Consiglio.Il 28 ottobre 1488, i Dieci ribadiscono l’ordineal Capitano Generale Francesco Priuli di ricon-durre Caterina a Venezia, pur blandendoladapprima, ma anche minacciandola poi, senecessario. In caso di rifiuto avvertirla chesarebbe stata trattata da ribelle e che lesarebbe stato tolto il ricco appannaggio. Nellostesso tempo ordinano a Giorgio Cornèr, fra-tello di Caterina, di raggiungere il CapitanoGenerale a Cipro e di esercitare tutta la suainfluenza per convincere la sorella ad abdicarein favore della Serenissima. Giorgio non trovala sorella disposta all’obbedienza e deve pas-sare alle minacce avvertendola che sarebbesopraggiunta l’Armata veneziana perdendo intal caso tutti i vantaggi che ne sarebberoderivati per la loro famiglia se invece avesseaccettato. Così riuscì a convincerla.Il 26 febbraio 1489 a Famagosta, dopo unsolenne “te Deum”, la bandiera dei Lusignanoviene ammainata e sale il gonfalone di SanMarco. La cerimonia viene ripetuta, alla pre-senza della Regina, in tutte le città cipriote,compresa Nicosia.Il 18 marzo, vestita di nero,la Regina lascia per sempre l’isola di Cipro.Venezia fu generosissima con sua “figlia”tributandole un’accoglienza memorabile il 6giugno 1489. C’era anche il Bucintoro, doveCaterina prese posto vicino al Doge, AgostinoBarbarigo. Dopo un forte temporale, ma dibreve durata, il corteo, accompagnato dalsuono delle campane si recò in processionenella Basilica di San Marco dove venne cele-brato un solenne pontificale e dove Caterinarinnovò la rinuncia alla corona di Cipro in favoredella Serenissima.

dal sito: www.Corner/Storiamonete

Caterina Cornaro. La deposizione. Venezia. Sbarco di Caterina Cornaro.

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Continua l’avventura...

coloro che fecero grande Veneziaa cura di Gabriella Tacchia

Jacopo Tiepolo detto Scopulo (data nascita sconosciuta– Venezia, 19 luglio 1249).Fu il quarantatreesimo doge di Venezia dal 6 marzo 1229 al2 o 20 maggio 1249, quando abdicò e si ritirò a vita privata.Uomo risoluto e deciso, dalla sua casata vennero inoltre ildoge Lorenzo Tiepolo suo figlio, (1268 – 1275), il famosonotabile Jacopo, suo nipote, e il tristemente noto BajamonteTiepolo suo bis–nipote.

VITADi famiglia ricca ed importante, Jacopo presto si distinse perla sua capacità acquisendo fama e ricchezze (tra le quali ildominio sull’isola greca di Scopulos, da cui il soprannome).Abile e gradito a molte persone fu eletto duca di Candia(odierna Creta) e due volte ambasciatore a Costantinopoli.Si sposò due volte ed ebbe quattro figli ed una figlia.Nonostante le sue indubbie capacità, al momento dell’ab-dicazione del suo predecessore Pietro Ziani i 40 elettori chedovevano scegliere chi far ascendere al prestigioso incaricosi divisero esattamente a metà tra lui e Marino Dandolo. Allafine la modalità di scelta fu quanto mai curiosa e quasiindegna d’uno stato: si sorteggiò il vincitore lasciando alcaso la scelta. Si narra che, in seguito a ciò, cominciò l’astiotra Tiepolo e le famiglie più prettamente conservatrici qualii Dandolo ed i Gradenigo, con ripercussioni per tutto il secoloed anche oltre.

DOGADOAppena assunto l’incarico affrontò di petto le numeroserivolte che erano scoppiate nelle “periferie” dell’imperoveneziano. La situazione era grave, soprattutto a Candia,ed il doge inviò ingenti truppe. Il Tiepolo, abile politico oltreche valente soldato, prima di far ciò inviò molti nobiliveneziani come podestà in città della terraferma, in mododa placare eventuali guerre che avrebbero potuto danneg-giare la città lagunare. Nel 1234 la prima di numerose rivoltea Creta venne finalmente sedata ma quasi subito dopo toccòalla terraferma veneta impegnare la Repubblica con le sueforze militari: Ezzelino da Romano, leader dei ghibellini,infiammò il territorio circostante con le sue campagnemilitari. In questi anni Pietro, uno dei figli del doge, venneucciso dai ghibellini. Venezia, schierata con i guelfi per motiviCongiura di Bajamonte Tiepolo

Si aggiungono a quellepubblicate nei numeri

precedenti, alcune brevibiografie di coloro che

governarono la serenissima:i Dogi.

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politici, fece numerose incursioni nella terra-ferma e soffocò ogni tentativo della città disottrarsi alla sua “protezione”. Col tempo, conlo scemare della guerra ed il predominio guelfonell’Italia del nord, la situazione tornò calma eVenezia poté ritirare le truppe. In quegli ultimianni di dogato il Tiepolo risistemò il dirittomarittimo veneziano e creò nuove istituzioniper aiutare il doge nella conduzione dellostato.Vecchio e stanco, dopo tanti anni al potere,infinedecisedi ritirarsi il2od il20maggio1249.Morì il 19 luglio dello stesso anno; ciò fasupporre che l’abdicazione fosse dovuta amalattia o a vecchiaia, e non a costrizione.

Raniero Zeno (o Renier Zen) (data nascitasconosciuta – Venezia, 7 luglio 1268) figlio diPietro e di madre ignota, fu ilquarantacinquesimo doge di Venezia dal 8gennaio (o 15 o 25) 1253 alla morte. Il suodogado fu contrassegnato da scontri conGenova per il predominio del commercio orien-tale. Fu uomo deciso e risoluto e comandò laRepubblica con capacità.

VITARaniero Zeno, pur con una giovinezza oscura,fu uomo di indiscusso valore e capacità e

presto ascese alla ribalta delle cronache delsuo secolo. Le prime fonti ce ne parlano comeuomo di diplomazia con numerosi incarichi inFrancia ed in Italia, (dove incorse persino nellascomunica papale per aver sobillato Bologna anon pagare i tributi dovuti) ma anche come unabile combattente. Nel 1240 era al fianco deldoge Jacopo Tiepolo nell’assedio di Ferrara enel 1244 fu fatto capitano da mar (comandan-te della flotta). Divenne podestà di molte cittàdella terraferma italiana accrescendo la suafama di uomo saggio e retto. Sposatosi conAluica di Prata, non si sa quanti figli ebbe.

DOGADOAlla morte di Marino Morosini concorse aldogato con Marco Ziani e vinse con 21 voti su41 disponibili. Al momento dell’elezione erapodestà a Fermo e rientrò in città solo dopocirca un mese. Per festeggiare la sua eleziones’organizzò una grande giostra di cavalieri cherichiamò l’interesse internazionale e rimase alungo nella memoria del popolo, come fannocapire le cronache dell’epoca, entusiaste ditale insolito spettacolo. Se il dogado cominciòbene il compito dello Zen si fece subito insalita. Nel 1256 – 1259 la Marca Trevigiana fuscossa dalla guerra tra il papa, sostenuto daVenezia e da Treviso, ed Ezzelino da Romano.Solo con la morte di quest’ultimo, nel 1259, lasituazione si placò un po’. Risolta la situazionein Italia esplose subito la guerra con Genova.Le due potenze marinare, divise sul fronteeconomico – politico, si trovarono a discuteresull’appartenenza del monastero di S. Sabanella città di Tiro: nel 1255 i genovesi nepresero possesso saccheggiando il quartiereveneziano. Lorenzo Tiepolo, futuro doge eall’epoca ammiraglio della flotta, intervenne enel 1257 distrusse la flotta genovese e pure ilmonastero, portando a Venezia molte dellesue parti (alcune colonne sono ancor oggi

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visibili presso il Palazzo Ducale, davanti allaPorta della Carta). Genova, sconfitta, deciseallora di abbattere l’impero di Costantinopoli,filo veneziano, sostituendo la dinastia alloraregnate con quella dei Paleologo, dinastia a cuiapparteneva il noto generale Michele IIPaleologo (trattato di Ninfeo, 1261). La cadu-ta di Costantinopoli bloccò l’accesso al MarNero a Venezia. Venezia rispose armandopoderose flotte al comando di Gilberto Dandoloe spedendole contro Genova: due importantivittorie (Morea 1262 e Settepozzi, 1263)migliorarono la situazione ma non mutarono inmodo definitivo la questione. Giunti ad unpunto morto nel 1265 Venezia stipulò unatregua quinquennale e, nel 1270, una pacedefinitiva: pur con numerosi privilegi non ave-va più il predominio dei commerci, diviso conGenova. All’epoca Renier Zen era già morto.Sarebbe comunque riduttivo citare questodogado solo per le numerose guerre combat-tute; occorre ricordare l’approvazione degliStatuti che, in 129 articoli, crearono unalegislazione marittima efficace e moderna.Durante il dogado si cercò di ridurre ognipossibile frattura tra classi sociali, dandoorigine a quell’armonia tra il popolo e l’aristo-crazia che terrà salda la Repubblica venezia-na, oligarchica, sino alla sua fine. Reniero Zenomorì il 7 luglio 1268.

Lorenzo Tiepolo (data nascita sconosciuta –Venezia,15agosto 1275)figliodeldogeJacopoTiepolo fu il quarantaseiesimo doge di Venezia,dal 23 luglio 1268 sino alla morte.

VitaCrebbe sin da subito all’ombra del potentepadre dimostrando, al pari del genitore, unaforte tempra ed una predisposizione per gliaffari e la conduzione dello stato. Durante lasua vita accrebbe le fortune familiari e giunseal punto di sposare, in seconde nozze, la figliad’un re (è ancor dubbio se fosse figlia del re diRomania o di Rascia). Dai suoi matrimoni ebbedue figli, anch’essi accasati con ricche dame.Il Tiepolo, lungi dall’esser famoso solo per imeriti altrui, dimostrò d’esser un abilecondottiero quando, nel 1257, durante laguerra con Genova, conquistò S. Giovannid’Acri dopo una perfetta campagna marittima,escludendo la rivale dai preziosi mercati delLibano ed infliggendole pesanti perdite finan-ziarie. Nel 1268, alla morte del doge RenieroZeno, apparve subito chiaro che l’unico veropretendente alla massima soglia fosse lui ed,infatti, venne eletto il 23 luglio 1268.

DOGADOVenne eletto il 23 luglio 1268 con 25 voti su 41;la nuova soglia minima di voti infatti fu stabilitaproprio in quell’occasione mentre in preceden-ze, bastavano appena 21 voti (la maggioranzasemplice) per l’elezione.Il numero non sarebbe più cambiato fino allacaduta della Repubblica.Il popolo lo amò e gli tributò grandi feste edonori, d’altro canto i nobili ed i responsabilidello stato veneziano non poterono approvarecerti suoi comportamenti di chiaro indirizzonepotistico (cariche ed onori concessi ai figli)e, per questo, gli s’affiancò un “CancellierGrande” col compito di controllarlo (questa

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carica sarebbe esistita fino alla caduta dellaRepubblica).Il dogato del Tiepolo non fu semplice dal puntodi vista della politica estera visto che, se daun lato si firmò la pace con Genova (1270)dopo la lunga guerra che aveva visto le duepotenze coinvolte sotto il dogato di RenieroZeno, dall’altro Venezia dovette lottare perfarsi veder riconosciuto il primato sull’Adriati-co, conteso da altre potenze minori. Nel 1270– 1273 dovette affrontare una lega (compostadaBologna,Treviso,Verona,Mantova,Ferrara,Cremona, Recanati, Ancona ed altre cittàminori) a seguito di dispute commerciali e,dopo una fase negativa, vinse la guerragiungendo ad un proficuo accordo. Sotto il suodogato, nel 1273, Marco Polo, con i suoifamiliari, partì per la Cina; sarebbe ritornatosolo attorno al 1295. Lorenzo Tiepolo morì il 15agosto 1275, compianto da moltissimi.

Giovanni Dandolo (data nascita sconosciu-ta– Venezia,2novembre 1289)figliodiGilbertoDandolo(famosissimoammiragliovenezianodimetà del secolo) il 31 marzo 1280 divennequarantottesimo doge di Venezia, sino allamorte, avvenuta il 2 novembre 1289.

VitaNonostante fosse figlio d’un “eroe”, Giovanni

non si mostrò inadatto alla fama del genitoreed, anzi, presto intraprese una notevole car-riera militare tanto che quando divenne dogeera a capo delle truppe veneziane nell’Istria,intento a sedare una rivolta. Nel suo “cursushonorum” contava anche incarichi diplomaticie titoli prestigiosi concessigli dai potenti daiquali s’era fatto ben volere. Si era sposato conuna certa Caterina ed aveva avuto da essaquattro figli.

DOGADOEletto il 31 marzo 1280 subito prese in manole redini dello stato, lasciate dal suo debolepredecessore Jacopo Contarini. Nel 1281 fecepace con Ancona e subito dopo riprese laguerra contro i rivoltosi istriani e cretesi.

Nelperiodo1282–1285Veneziavennepersinoscomunicata per non aver voluto contribuiread aiutare il papato a riconquistare la Sicilia,feudo del papa conquistato dai d’Aragona.Nell’alto Adriatico quegli anni furono convulsia causa dei numerosi scontri tra Venezia ed irivoltosi, spalleggiati dal patriarca d’Aquileia.Le cose presto si misero male per Venezia,circondata da troppi nemici, ma si giunse aduna tregua che rinviò la soluzione fino al 1304.Se la politica estera fu travagliata, non dameno lo fu quella interna. Il 31 ottobre 1284fu coniato il primo ducato, moneta che prestosarebbe diventata una tra le più ricercate nelMediterraneo.

Nel 1286 si propose di ridurre il numero diaderenti al Maggior Consiglio, limitandone l’ac-cesso solo per via ereditaria (Serrata delMaggior Consiglio) facendo svoltare la Repub-blica in forma oligarchica; la proposta nonpassò per l’opposizione del doge ma fu ripostacon maggior successo nel 1297. Il Dandolomorì il 2 novembre 1289.

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Pietro Gradenigo (Venezia, 1251 – Venezia,13 agosto 1311) figlio di Marco, fu illustreuomo politico e dal 25 novembre 1289 allamorte quarantanovesimo doge di Venezia. Fuuomo risoluto e deciso, pronto a mettersicontro il papato ed ad imporre i voleri diVenezia alle città più deboli. Durante il suomandato si verificò la cosiddetta Serrata delMaggior Consiglio (28 febbraio 1297) ed inseguito a ciò vi furono tentativi da parte dei“borghesi”, esclusi di prendere il potere che siconcretizzarono in due tentati colpi di stato(Marin Bocconio, 1299 o 1300 e BajamonteTiepolo, 1310). Nel 1310 in seguito a questecongiure nacque il famoso Consiglio dei Dieci.Sotto di lui la Repubblica rischiò di distruggersiin una logorante guerra civile, ma sconfitti gliavversari più potenti riuscì a placare la situa-zione e a far vincere la sua fazione che plasmòVenezia in senso oligarchico.

VitaPietro Gradenigo apparteneva ad una famigliache risaliva a quella cosiddette “apostoliche”(le dodici che secondo la tradizione venezianaelessero il primo doge) e quindi, politicamente,apparteneva al partito “conservatore” chedesiderava limitare la possibilità d’accesso alMaggior Consiglio da parte delle nuove famigliedi maggiorenti. Questa collocazione gli permi-se di fare una buona carriera politica ma gli

alienò la simpatia di parte del popolo che lovedeva come un “uomo del potere”. Alla mortedel doge Giovanni Dandolo nel 1289 nonostan-te la sua giovane età riuscì a succedergli dopoun’estenuante lotta contro Lorenzo Tiepolo,discendente diretto dei dogi Lorenzo Tiepoloe Jacopo Tiepolo e rappresentante delle classi“minori”, che era stato eletto a furor di popoloma non secondo la forma stabilita. Il Tiepolo,per evitare una guerra civile, preferì ritirarsi,ma questa divisione rimase insanabile fino allarivolta del 1310. Il Gradenigo era sposato conTommasina Morosini.

DOGADOL’inizio del dogado, come visto, fu abbastanzaconvulso e presto il popolo appioppò a Pietroil soprannomedispregiativodi “Pierazzo”.Oltrea questi presto s’aggiunsero nuovi problemiquali; la ripresa della guerra con Genova (1294– 1299) e la crisi dei mercati orientali. Mentrela guerra proseguiva con alterne fortune ilconflitto latente che proseguiva sin dal 1286esplose nel 1296 con la proposta di ridurrel’accesso al Maggior Consiglio e selezionare isuoi appartenenti, escludendo le classi medieche si stavano appropriando del potere. Cu-riosamente i più forti oppositori non furono ipopolani quanto piuttosto i nuovi entrati nelMaggior Consiglio che così perdevano la cer-tezza di far carriera nell’amministrazione. Inmezzo a manifestazioni e proteste il 28 febbra-io 1297 avvenne la Serrata del Maggior Con-siglio: potevano esservi ammessi solo coloro iquali vi avevano seduto negli ultimi quattroanni e i discendenti di coloro che vi avevanofatto parte sino al 1172. Se dopo l’approvazio-ne del provvedimento si giunse ad una treguapolitica presto le contese ripresero in seguitoalla grave sconfitta militare avvenuta allaCurzola l’8 settembre 1298 contro i genovesi.La successiva pace (1299), assai dura, lasciò

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strascichi economici sulla classe media, quellagià colpita politicamente dalla serrata.Tutto ciò condusse ad una crisi politico –istituzionale.

Crisi e prima congiura:Marin Bocconio 1300

Nel 1300, secondo le cronache, alcuni maggio-renti esclusi dal potere e colpiti dai recentieventi, decisero di rovesciare violentementela situazione: uno di essi Marin Bocconio si offrìdi entrar in Maggior Consiglio e sterminare tuttii capi delle fazioni conservatrici. Grazie ad uninformatore il governo sventò il complotto egiustiziò i congiurati, ma quest’azione inveceche far cessare rinfocolò il malcontento edinasprìlacontesa.Daunaparteormais’ergevanole famiglie Querini – Tiepolo spalleggiate dallefamiglie minori, dall’altro i nobili conservatori.Questa tensione interna si ripercuotè prestoanche nelle faccende estere: la guerra controil papato nel 1308 per questione di confineprovocò l’esplodere del bubbone che in queglianni s’era ingrossato.

Ad un passo dall’abisso, secondacongiura: Bajamonte Tiepolo, 1310

Nel 1309, durante la guerra in Romagna controil papa, il comandante Marco Querini permisealle truppe nemiche di conquistare un preziosocaposaldo (Castel Tebaldo, 28 agosto 1309)e vincere la guerra. Tradotto a Venezia peressergiudicato incassòl’appoggiòdiBajamonteTiepolo e di parte del clero. Pietro Gradenigoparteggiò chiaramente per una condannaesemplare dell’avversario politico e ciò inasprìgli animi, non si sa se per chiara scelta dellafazione “gradeniana” che voleva concluderesubito la lotta. Presto si giunse a scontri fisici

durante una seduta del Maggior Consiglio che,in mano ai conservatori, ritennero responsabilii Querini. Una tale situazione, insostenibile siapoliticamente che moralmente, sfociò in unaseconda congiura. Questa volta a capo ditutto fu messo Bajamonte Tiepolo, nipote deifamosidogieuomorispettatoedamato inmoltistrati sociali. Alla congiura s’unirono tutte lepiù grandi ed importanti casate popolari e dellabassa nobiltà. Presto si decise di agire nellanotte tra il 14 ed il 15 giugno 1310 conquistan-do i punti nevralgici della città e massacrandoi nemici, tra i quali il doge. Qualche ora primad’agire giunse però la solita soffiata e lo stessodoge, secondo alcuni racconti, guidò unacolonna di difensori in piazza San Marcomentre altre squadre intercettavano e massa-cravano i rivoltosi. La sconfitta dei congiuratifu totale ed il solo Tiepolo riuscì a cavarselacon l’esilio dopo essersi ritirato in una zonasotto suo controllo. Curiosamente la repres-sione, che poteva attendersi come violenta,fu abbastanza limitata e pochi furono i giusti-ziati. In seguito a questa congiura nacque ilConsiglio dei Dieci (10 luglio 1310) con l’inca-rico di scoprire e reprimere rivolte simili.

Ultimo anno di vitaPietro Gradenigo, risultato vittorioso, potégodersi per poco tempo la sudata vittoriainfatti il 13 agosto 1311, a poco meno disessant’anni, morì improvvisamente. Vennesepolto a Murano. Simbolo dell’oligarchia du-rante l’occupazione napoleonica il suo sepol-cro venne violato ed il suo teschio, infisso inun bastone, portato in giro per la città in segnodi derisione.

da un articolo di: it.wikipedia.org

A sinistra: Il luogo dove eraeretta la colonna d’infamia di

Bajamonte Tiepolo.

A destra: La colonna d’infamia.

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Che cos’è il Qi Gong Tecnica dell’Energia?

Il Qi Gong (pronuncia Ci Kung), scritto anche Chi Kung, èun’antica disciplina cinese che ha come obiettivo l’ascoltoed il rafforzamento dell’energia per mantenere un buonostato di salute.La parola Qi si traduce con respiro, ma anche energia. Gongsignifica lavoro, allenamento costante e paziente. Qi Gongsi intende dunque come un lavoro con l’energia cherichiede tempo e dedizione.Attraverso esercizi adatti a tutte le età ed eseguiti incompleto rilassamento, la pratica del Qi Gong abitua adassumere unapostura corretta e una buona stabilità delcorpo, elimina la tensione, regolarizza il respiro, calma lamente e consente di percepire e di sviluppare l’energiainterna.L’allenamento rafforza la resistenza alla fatica, armo-nizza la situazione emozionale, incide positivamente sul-l’umore, sui rapporti con gli altri e con l’ambiente.La pratica quotidiana controlla la pressione arteriosa,favorisce il sonno, aiuta a combattere l’artrosi, l’artritereumatoide e la sindrome fibromialgica.Tra i numerosi tipi di Qi Gong, è preferibile accostarsiinizialmente ad un Qi Gong morbido in posizione eretta:esercizi statici come lo Zhan Zhuang (Posizione dell’Albero)alternati a sequenze dinamiche come il Ba Duan Jin (Gli 8Pezzi di Broccato di Seta) e il Wu Qin Xi (Il Divertimento dei5 Animali) garantiscono una solida base, prima di accostarsia tecniche più impegnative.

Cfr. Qi Gong Tecnica dell’Energia, ep 19, 2009. Il Qi Gong dei 5 Animali, ep 20, 2010.

Che cos’è il Qi Gong Tai Ji (Chi Kung Tai chi)?

Il Qi Gong Tai Ji sperimenta il percorso dell’energia internaattraverso gli esercizi base del Qi Gong (Gli 8 Pezzi diBroccato, II Divertimento dei 5 Animali, Sostenere la Sfera)e le tecniche fondamentali del Tai Ji.La pratica consiste nell’esecuzione di movimenti lenti econtinui, rispettosi della naturale struttura del corpo,eseguiti in decontrazione, rilassando la parte fisica,calmando la mente, alleggerendo il cuore.

3 domande e 3 rispostea cura di Roberta Fabris

Lo studio delle disciplineorientali è stato introdotto tra

le materie dell’AssociazioneNicola Saba nel 2003 a

completamento di un corsosulle tecniche di rilassamento.

Negli anni, l’interesse si èrivolto in particolare alla

pratica delle discipline cinesi:Qi Gong-Tecnica dell’Energia,Qi Gong Tal Ji, Tai Ji Quan.

Ideogramma cinese del movimentodel Qigong Taiji

“abbraccia la tigre e torna alla montagna”

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La ripetizione delle tecniche favorisce uno stato di tranquillità, permettendo l’aumento delflusso energetico e l’acquisizione di una maggiore resistenza alle malattie.

Con l’allenamento si percepisce meglio il proprio corpo e le sue potenzialità, si prendecoscienza dei muscoli e delle articolazioni in condizione di rilassamento e di tensione, siriconoscono le contratture e le posture innaturali e si impara a correggerle.La pratica quotidiana migliora l’elasticità sul piano fisico e psichico:l’allineamento corretto della colonna vertebrale e il lavoro attento su muscoli, tendini, legamentied articolazioni, si accompagna a un lavoro interno per sviluppare la percezione dell’ener-gia, affinare la propria sensibilità e conseguire un movimento consapevole.Tutti possono apprendere il Qi Gong Tai Ji e trarne vantaggi.Gli esercizi, statici e dinamici, alternati a brevi sequenze, l’utilizzo di semplici attrezzi (bastone,ventaglio), aiutano ad acquisire padronanza dello spazio, attivano la concentrazione e iriflessi, rafforzano l’equilibrio, la stabilità e la sicurezza, permettono di controllarel’aggressività.

Che cos’è il Tai Jì Quan (Tal chi Chuan)?

Il Tai Ji Quan è un’arte marziale (la parola quan significa pugno) di origine cinese, volta amigliorare la resistenza del praticante ai fini della difesa e del combattimento.La sua fioritura in Cina risale al periodo corrispondente al nostro Medio Evo, quando alla tradizionedell’esercizio terapeutico e alla conoscenza medica della struttura energetica del corpo siaggiunsero tecniche famigliari indirizzate a percuotere, calciare, immobilizzare.IlTai JiQuan appartienealgruppodiartimarzialidefiniteinterne,per la grande importanzaattribuita alla circolazione dell’energia.Alla base della disciplina è il pensiero filosofico taoista per il quale, in accordo con la teoriayìn e yang, tutti gli opposti sono considerati elementi complementari.La pratica del Tai Ji Quan prevede l’alternarsi di movimenti morbidi e movimenti vigorosie dinamici, che sviluppano le potenzialità del corpo.Lo studio prende avvio da esercizi semplici, ai quali seguono tecniche preparatorie all’appren-dimento della Forma fondamentale del Tai Ji Quan, una sequenza lunga che rappresenta uncombattimento contro degli avversari immaginari.Con il tempo, la pratica del Tai Ji Quan si approfondisce e si perfeziona:l’allenamento, se ben motivato, permette di sperimentare l’esecuzione di applicazionimarzialidurante le quali si mimano delle azioni di offesa e di difesa, fino ad arrivare, impegnandosi condedizione, a prove di combattimento libero.

Le discipline, Qì Gong-Tecnica dell’Energia, Qi Gong Tai Jì, Tai Jì Quan, sì praticano,da Ottobre a Maggio, presso la Palestra della S.M.S. G.Cesare, via Cappuccina 68,Mestre-Venezia.

Perinformazioni:

Giancarlo Vìanello 3687533016

Roberta Fabris 3932172268 - e-mail [email protected]

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È il percorso del protagonista, un docente dell’Universitàdi Venezia, alle prese con una moltitudine di dubbi, sullavita e sulle persone che lo circondano. Egli già sospettache l’insoddisfazione nasconda l’esigenza di andare oltrele cose che la società moderna considera irrinunciabili:l’automobile nuova, la bella casa, gli abiti eleganti, levacanze in luoghi esotici, il denaro. Il giorno del suocompleanno compie però un errore che nessuno dovrebbefare, per non correre il rischio di dare spazio alle emozionie alla voglia di libertà: alza lo sguardo al cielo, si ferma aguardare uno stormo di rondini e per la prima volta, provail desiderio di avere le ali. Dalla magia delle calliveneziane […]un intricato labirinto di passaggi che siinsinuano furtivi fra palazzi antichi e abitazionisemideserte. Un continuo sormontarsi di edifici appoggiatil’uno sull’altro, alla ricerca del sole di giorno e della lunacon l’arrivo della notte, serie infinita di spigoli improvvisifatti di muri erosi dal tempo e dalla salsedine…attraverso la malinconica consapevolezza di nonriuscire a liberarsi delle proprie abitudini[…]chiedendomi per quale motivo l’idea di andarmenenon mi venisse così naturale. Le mie maledette abitudini!...sino al fascino di un paese sconosciuto, lontano,infinito […]la ripetitività di quel suono mi annoiò, spingendol’attenzione a distrarsi sui profili delle colonne verniciatedi rosso, lungo le travature del sottotetto e nelle sottilivolute di fumo aromatico esalate dai bracieri. Il risaliredi queste ultime era perfetto, regolare, senza alcunadeviazione. L’atmosfera era immobile, trattenuta dal coro,che avvolgeva ogni cosa rendendo fuori luogo il pensare,porsi delle domande o cercare delle spiegazioni. Tuttoscivolava nel nulla e il nulla conquistava il valore del tutto…

Raggiunta la scelta di cambiare finalmente lavoro, ilprotagonista sfrutta l’occasione di cominciare una ricercache lo porterà tuttavia molto lontano dalla metaprogrammata, sino a condividere la povera abitazione diuna famiglia alle prese con la sola, fondamentale necessità:sopravvivere, in un mondo immerso nella sottile polveredel carbone. Violentemente strappato dalla nuova vita,nella terza parte del viaggio, si ritroverà all’interno di uncomplesso intreccio di personaggi molto diversi fra loro,

sul bufalo d’acqua

Un giorno potrebbe venirvoglia di fare un passo, e poiun altro e poi un altro ancora,senza fermarsi, senza pensare

di tornare indietro.Così comincia un viaggio.

di Alessandro Fort

Dalla magia delle calli veneziane...

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accomunati da ideali frustrati dal mutare deglieventi. Tutto girerà attorno ad unasorprendente quanto ruvida donna anzianacustode di un segreto che viene dal passato,un segreto cercato da molto tempo e da moltepersone, ma celato in un modo e in un luogoassolutamente improbabili. Nella quarta epenultima parte, in un’improvvisaaccelerazione degli eventi, il protagonistaprecipita in situazioni nelle quali perderà sestesso, ritrovandosi a fare cose che primanon avrebbe mai osato nemmeno immaginare.Quella che normalmente potrebbe essereconsiderata una serie di episodi avventurosi

tipici degli eroi, diventa cruda realtà e ciòche poteva sembrare impossibile divienedrammaticamente naturale, quantodisdicevole. Grazie all’ennesimo incontro, ilprotagonista procederà tuttavia lungo unnuovo cammino. Recuperato il suo passatoe sconfitta l’ultima delle sue paure, potràtornare al punto di partenza del lungo edinaspettato peregrinare, affidandosi però allavolontà del suo ultimo compagno di viaggio,un grosso bufalo d’acqua. Ma quel che loaspetta non è per lui una sorpresa, in cuorsuo ha già intuito che alla fine di un viaggio,nessuno è uguale a com’era prima.

Alessandro Fort

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14VVVVVIAGGIIAGGIIAGGIIAGGIIAGGI

Mettiamoci in viaggio augurandoci che sia faticoso, ricco diimprevisti, magico e spietato, al punto tale da poter affogarele nostre angosce nel cammino, sperando che sia uncammino della conoscenza e che ne abbia le caratteristiche,sperando che il buio che c’è nel giorno possa dipanarsie, che le luci della notte possano essere la guida.

Sperando di poter vedere lacrime di gioia augurandosi di fartesoro delle ore passare a guardare il finestrino rigato epolveroso di un autobus straniero lento e rumoroso.

Partiamo per questo viaggio sperando di aver preso nota ditutto quello che vogliamo scoprire e non vogliamo conosce-re, pur sapendo che alla fine, sarà tutto il nostro bagaglionel viaggio di ritorno partiamo, sapendo che un viaggiatorenon accetta mai la fine del viaggio perché è lungo quantola vita è la sua vita.

Partiamo, i bagagli sono pronti inizia la sequenza delleemozioni che risvegliano l’energia della voglia di acclamareil proprio io.

Accettiamo il viaggio comeverifica della propria condizio-ne, di come siamo in realtà,lasciamo il suolo conosciuto eavventuriamoci nelle segretedel mondo e ci accorgeremo discoprire una umanità scono-sciuta, una semplicità di rap-porti, un cameratismo nelledifficoltà.

Il viaggio è la risoluzione aidubbi della vita, alla paura, agliatti di difesa inconsulti, allemeschinità di crederci esserisuperiori solo il disagio ci aiutaa godere del benessere.

Solo il disagio di un viaggio inautobus su strade sterrate ci

mettiamoci in viaggiodi Di Lucia Coletti Luisa

Solo il disagio di un viaggio inautobus su strade sterratedopo ore di cammino sui

sentieri faticosi delle Ande, cifa godere lo scrosciare lento e

sottile della doccia e di unletto pulito.

I monti delle Ande

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fa godere di un lettopulito e dopo ore dicammino sui sentierifaticosi delle Andegioisci dello scrosciarelento e sottile delladoccia che, calda tiavvolge in un velo ditorpore rilassante,cammina, cammina latua vita è un continuocammino, non puoi ri-manere a fissare l’oro-logio della torre cam-mina, quanta stradahanno solcato le suoledi queste scarpe, era-no a Salta in Argenti-na, erano nelle landesconfinate dei deserti americani, erano fra imonti del Tibet.

Quante luci e colori hanno visto questi occhiquando mi addormento rivedo una miscellanzadi immagini che si accavallano lasciando il

El Alta a la Paz

ricordo di profumi e parole lasciate al vento etermino pensando al mio arrivo all’aeroporto diEl Alta a la Paz a 4200 metri, al freddo alla cittàche si stava imbiancando mentre i propri profilidelle Ande mi stavano aspettando. Così’ ricor-do il piccolo Tibet infilato fra le gigantesche

catene del Karakorum e dell’Hi-malaya una regione dalle lunghevalli e gole profonde solcatedalle acque vorticose dell’Indo,di cieli cristallini, di cime, di nevi,di colori, di genti fantastiche distrade tutte curve e saliscendiche ho percorso col fiato sospe-so, la patria del buddismotibetano con i suoi monasterisperduti arrampicati su cime in-credibili e così concludo con untuffo nelle acque fresche dellami amata Corfù e mi rimetto inviaggio.

Immagini estratte da vari siti web.

VVVVVIAGGIIAGGIIAGGIIAGGIIAGGI

Salta - Argentina

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Chi al giorno d’oggi mangiapiù il riso cotto nel latte?

Eccovi una ricettasolo da provare!

CCCCCUCINAUCINAUCINAUCINAUCINA

a to’a co i nostri piati venexiani...a cura di Speranza Visentin

Risi còl late

È un piatto che mi ricorda l’infanzia.Era consigliato a noi bambini per la sostanza e la digeribilità,la cottura del riso nel latte, lo rende non solo digeribile maassai ghiotto per i piccini.Era una sagra quando la mamma ci aggiungeva l’uva passae i pinoli, cosa che non capitava frequentemente per viadelle risorse economiche che spesso mancavano, ma il lattequello no, c’era sempre.Questi ultimi ingredienti facoltativi, ci ricordano i rapporticommerciali di Venezia con il Mediterraneo orientale.Invece il latte, i formaggi e le verdure arrivavano a Veneziadalle case di contadini della terraferma.Erano le donne che attraversavano la laguna su barche aremi, percorrevano la città e vendevano i loro prodotti perle strade quando non svolgevano i lavori dei campi, poichégli uomini erano impegnati con la pesca.

Ricetta per 4 persone

• 2litridi latteintero(oggi,ancheparzialmentescremato).• 350 grammi di riso.

Ingredienti facoltativi:

• Sale, burro, parmigiano gratuggiato.

oppure

• 2 cucchiai di uva passa.• 2 cucchiai di pinoli.

Mettete sul fuoco il latte e portatelo a ebollizione.Appena inizia a bollire aggiungete il riso e fate cuocere percirca 18 minuti senza coprirlo. Mescolate ogni tanto perevitare che il riso attacchi sul fondo della pentola. Lasciatecuocere fino a ottenere la consistenza desiderata.A chi piace dolce, servitelo con l’aggiunta degli ingredientifacoltativi.Venditrice ambulante di latte.

Una ricetta tradizionale.

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17TTTTTOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICA

Venezia, le Basiliche maggiori

Dalla Basilica di S. Marco,con le sue cupole di saporeorientale, alla Basilica della

Salute, che si specchiamaestosa con i suoi bianchì

volumi nel bacino di SanMarco, alla gotica Basilica dei

Frari, semplice e suggestivacon le sue linee pure, alla

Chiesa dei Santi Giovanni ePaolo che ospita numerose

tombe dei dogi e condottieridella Repubblica, un itinerario

tra le basiliche maggiori diVenezia darà al visitatore unquadro ricco e multiforme

della vita spirituale, ma anchepolitica e artistica della

Repubblica.

Basilica di San Marco

Sorge in uno splendido scenario architettonico, sulla piazzache Napoleone definì “il più bel salotto del mondo”, ed è ilcuore di Venezia.Secondo la tradizione, l’evangelista San Marco, giunto sulleisole della laguna, sognò l’Angelo che gli disse “Qui avraipace, Marco, mio evangelista”. Cosi, quando nell’828 lasalma del santo, venne sottratta ai maomettani di Alessan-dria di Egitto e riportata a Venezia da due mercanti,l’esultante accoglienza che il popolo le riservò era iIcoronamento di un dovere spirituale assolto, il segno dellaconquista di una meritata protezione scritta nel propriodestino. L’anno successivo il doge Giustiniano Partecipaziodiede avvio ai lavori di costruzione di un tempio, destinatoad accogliere le spoglie del Santo, che fu consacratonell’832 e fu per secoli “cappella ducale”, divenendo solo nel1807 cattedrale di Venezia.

Basilica della Salute

La maestosa costruzione della basilica di Santa Maria dellaSalute si trova nel sestiere di Dorsoduro, e affaccia sulbacino dì San Marco. Nel 1630 ci furono a Venezia migliaiadi vittime a causa della pestilenza e per questo che vennecelebrato in San Marco il rito del voto alla Madonna,implorata di liberare i veneziani dalla malattia.LaBasilicafucommissionatanel1631aBaldassarreLonghena,in ringraziamento alla Vergine per la fine della pestilenza.Venezia

a cura di Aldo Ghioldi

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18TTTTTOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICAOPONOMASTICA

Nel 1633 si iniziò la costruzione e nel 1653 lastruttura della basilica era ormai terminata.L’interno della basilica è costituito da un ampiovano centrale, cinto da colonne su alti plinti eaddossate a robusti piloni che sostengono lagrande cupola, alta ben 60 metri dal pavimen-to. Il pavimento, di straordinaria fattura, è amosaico in marmo policromo a cerchi concen-trici con le fasce più esterne che seguono undisegno geometrico, multicolore, con effetti dìillusione ottica, mentre una fascia di trentaduerose che circonda il cerchio centrale, è unrichiamo simbolico al Rosario mariano. L’altareè a pianta ottagonale e raffigura, nelle statuein marmo che lo adornano, la cacciata dellapeste. Al centro, l’immagine della Madonnadella Salute, proveniente dalla Cattedrale diCandia e qui collocata nel 1670.

Basilica dei Frari

Fondata verso la metà del sec. XIII dall’ordinefrancescano dei Frati Minori, ricostruita poi suprogetto di un architetto rimasto anonimo,nelle forme gotiche attuali attorno al 1330 e

terminata verso il 1443, la Basilica dei Frari èla chiesa di Venezia più ricca di opere d’artedopo quella di San Marco. Sorge nel sestiereS. Polo, affacciando sul campo dei Frari.Alla sobria eleganza dell’esterno fa riscontro lacalda luminosità dell’interno. Nel mezzo dellanavata centrale, davanti al presbiterio, si puòammirare il Coro dei Frati, iniziato in formeancora gotiche dalla bottega dei Bon e termi-nato in stile rinascimentale dai Lombardo nel1475. Sullo sfondo delle finestre dell’abside,sull’altare maggiore, l’Assunta del Tiziano sirivela subito allo sguardo di chi entra in tuttala sua splendida luminosità.Sul portale il monumento barocco a GirolamoGarzoni, morto nell’assedio di Negroponte nel1688. La sacrestia, fatta costruire dai Pesarointorno alla metà del cinquecento, ha leproporzioni di una piccola chiesa, ricca an-ch’essa di tesori d’arte. Fra tutti citiamo labellissima Madonna in trono col Bambino eSanti, trittico di G. Bellini del 1488, sull’arcodell’abside. L’opera, che è considerata uncapolavoro, è racchiusa da una preziosa cor-nice dorata, intagliata da J. da Faenza.

Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo

Sorge nell’omonimo campo accanto all’Ospe-dale Civile. La sua costruzione fu iniziata nel1246 e fu compiuta e consacrata solo nel 1430e divenne il luogo prescelto per la sepoltura didogi e condottieri. L’interno della chiesa, dalleampie arcate ogivali e volte a crociera, colpi-sce per l’armoniosità e l’imponenza dei suoivolumi e per la suggestiva luminosità. Nel 1867un incendio l’aveva quasi distrutta. Fu restau-rata e restituita all’antico aspetto nel 1913.

Da Venezia meravigliosa_Ardo/Edizioni d’Arte

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Il Comune di Mestre dal 1866 al 1926

a cura di Anacleto Callegaro

Il Comune di Mestre: le origini.Il 16 luglio 1797 le truppe di Napoleone Bonaparte occupanoi territori veneti mettendo fine alla Repubblica di Venezia.Caduta la Serenissima, Mestre viene costituita in “Munici-palità” indipendente, sia da Treviso (ma resta legata aquella diocesi fino al 1927 quando viene aggregata alPatriarcato di Venezia) che da Venezia. Adeguandosi almodello francese, Mestre si costituisce in “Comune” (1806),retto da un consiglio di quaranta membri e da un Podestànominato dal governo. Con la fine dell’Impero di Napoleone,Mestre passa sotto il dominio austriaco e incorpora i comunidi Carpendo e Marocco. Con l’annessione del Veneto alRegno d’Italia (1866), Mestre resta un comune autonomo,soggetto alla normativa per gli enti locali comune a tuttala penisola. Con decreto del Re Vittorio Emanuele III, firmatoil 26 agosto 1923, attribuisce a Mestre il titolo di “Città”.Il Decreto durò tre anni circa, in quanto il 15 luglio 1926 unaltro decreto deliberava l’unificazione dei Comuni di Mestre,Favaro, Zelarino , Chirignago con Venezia e il 24 agosto dellostesso anno diventano frazioni del comune di Venezia.I sindaci, durante il periodo di vita del Comune di Mestre,che va dal 1866 al 1926 furono:

ALLEGRIGIROLAMO fu ilprimosindacodiMestre,dal1866al 1870, era un avvocato veneziano che esercitaval’avvocatura principalmente a Mestre. Durante la suaamministrazione iniziarono i lavori per la sistemazione dellestrade, per la costruzione del Foro Boario (piazzale Sicilia,ora Donatori del Sangue) e del cimitero monumentale.Pocoprimadimorirevendetteunsuoterrenoall’amministra-zione comunale, per l’apertura del viale verso Carpenedo,intitolato poi a Garibaldi.

TICOZZINAPOLEONE fu sindaco dal 1871 al 1881. Nell’ul-timoannodellasuaamministrazionefuronoterminati i lavoridella costruzione del Viale Garibaldi. Ticozzi aveva capitoquanta importanza avesse la centralità del Comune diMestre in un sistema radiale di trasporti, infatti in unintervento in consiglio comunale spronava i colleghi adapprovare la compartecipazione al finanziamento dellacostruzione delle linee ferroviarie Mestre–Adria e Mestre-Castelfranco.

i Sindaci del Comune di Mestre

Con l’annessione del Veneto alRegno d’Italia nel 1866,

Mestre rimane un Comuneautonomo. Ad alcuni sindacifurono intitolate vie, scuole.

Stemma di Mestre

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Pietro Berna Istituto Berna

BERNA PIETRO farmacista, fu sindaco dal1882 al 1892. Durante la sua amministrazioneil 3 ottobre 1891 fu inaugurata la nuovatramvia tra Mestre e punta S. Giuliano per untotale di 4.500 metri che si poteva percorrerein circa 15 minuti, accorciando così la distanzatra Mestre e Venezia.

TOZZI AGOSTINO fu sindaco dal 1892 al1893, figlio del farmacista Giobatta, non avevaseguito il padre tra i medicinali, ma si dedicòalla politica e alla gestione del patrimoniofamiliare. Alcune spregiudicate iniziative im-mobiliari, anche per proprio tornaconto, mina-rono la sua credibilità di amministratore pub-blico fino ad aprire la strada alla successioneal suo principale accusatore, Pietro Berna.

BERNA PIETRO fu nominato per la secondavolta sindaco per il periodo dal 1894 al 1899.

ROSSI JACOPO fu sindaco dal 1899 al 1902.Il Conte Rossi tentò invano di prolungare lalinea tramviaria che partiva da S. Giuliano perarrivare a Piazza Maggiore (Piazza Ferretto)per Carpenedo. Rossi cercò inoltre di svegliarein tutti i modi la sonnolenta Mestre progettan-do appunto di ampliare la linea tramviaria,lanciando l’idea del nuovo ospedale e dando ilvia alla realizzazione di un grande edificioscolastico centralizzato (l ’attuale De Amicis).Fu molto chiacchierato per questo suo attivi-smo, si persero molti soldi e calarono ombre sugli appalti e ben presto si preferì tornare ad unaamministrazione più tranquilla affidando lapoltrona di Sindaco a Giuseppe Frisotti.

FRISOTTI GIUSEPPE fu sindaco dal 1903 al1906, sotto la sua amministrazione emerseroalcuni fattori di novità che cominciarono adirottare la vita politica mestrina al di fuori diuna paesana ed ormai logora lotta fra i soliti

potenti. Sul finire del 1905 dovette contrasta-re la minaccia degli abitanti di Carpenedo dirichiedere l’autonomia amministrativa, le ac-que si calmarono quasi subito, ma era statolanciato un segnale di insofferenza nei riguardidegli amministratori legato alla concretezza ealla mancata risoluzione di alcuni problemi chei cittadini richiedevano con forza. Fu allora checominciarono ad emergere nuove figure poli-tiche. Mestre cominciò ad accorgersi dellepresenza dei socialisti. La prima vera prova diforza avvenne con lo sciopero generale del 18e 19 settembre 1904.

BERNA PIETRO fu eletto sindaco per la terzavolta dal 1907 al 1910.

CAVALIERI AURELIO fu sindaco dal 1910 al1913 e durante la sua amministrazione sisviluppò la rete dei trasporti pubblici conl’attivazione di corse di filobus e si parlò per laprima volta, sempre nel 1910 con il sindaco diFavaro, Giulio Fornoni, di ampliare da Mestrea Favaro la rete tramviaria, che si concretizzòesattamente nel 2010, cento anni dopo. Nel1912 la “Società delle tramvie” era divenuta laprincipale azienda industriale di Mestre.

ALLEGRI CARLO fu sindaco dal 1914 al 1919e durante la sua amministrazione si ampliòl’istruzione pubblica con l’introduzione dellascuola dell’obbligo e con la programmazione diinterventi nell’edilizia scolastica. Si trovò an-che ad amministrare la città nei difficili annidellaprimaguerramondialeeneidurissimiannisuccessivi alla rotta di Caporetto. Diede vitaa una serie di iniziative di supporto al fronteinterno e di primo intervento per i numerosimilitari che affollavano le caserme di Mestre.Gestì la fase finale della costruzione del portoin terraferma che implicò lo scorporo dalComune di Mestre della frazione di Bottenigo,

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Ugo VallenariIst. Berna:laboratorio tornitori

mettendo le premesse per la successiva edefinitiva annessione di tutto il territoriomestrino al Comune di Venezia.

VALLENARI UGO fusindacodal1920al1922,era un piccolo imprenditore di fede socialista.Si trovò a gestire l’amministrazione comunalein un periodo caratterizzato da scontri trafascisti e “rossi”. Dopo la sua attività disindaco, Vallenari dedicò la maggior parte delproprio tempo all’impresa elettromeccanicache dirigeva, continuando a coltivare la suapassione politica nei contatti personale conamici anche di differenti idee politiche.

SORANZOGUSTAVO Il 24 marzo 1923 venneelettosindacoil liberaleConteGustavoSoranzo.In giunta comunale furono eletti 10 fascisti, 9popolari , 7 liberali e 3 indipendenti. Tale giuntanon durò molto, all’inizio di maggio si dimette-vano i consiglieri fascisti e di seguito i consi-glieri popolari e liberali e il 7 maggio tornò ilCommissario. Alle elezioni del 29 luglio 1923 furipresentato il listone che comprendeva 18fascisti e 12 personalità di altri partiti. All’iniziodel mese di Agosto venne eletto sindacoMassimiliano Castellani.

CASTELLANI MASSIMILIANO, sindaco dal1923 al 1924. Castellani, accusato di esseretroppo debole, si dimise a metà dicembre del1924.

PIOVESANA PAOLINO fu sindaco da 1924 al1926.Dopo ledimissionidelsindacoCastellani,il governo della città passò nelle mani delprimario ospedaliero Piovesana Paolino, uomodi provata fede fascista. Rimase al verticedell’amministrazione comunale praticamentefino alla soppressione del Comune di Mestre,che fu unificato a quello di Venezia conDecreto del 15 luglio 1925.

Strade e scuole, intitolate a vari Sindacidel Comune di Mestre

Al Comm. Pietro Berna è intitolato “l’IstitutoBerna” situato in via Bissuola a Mestre. Taleistituto è una istituzione educativo-assisten-ziale sorta al termine del conflitto mondiale1915/1918 per dare assistenza agli orfani diguerra. In seguito diventò un istituto a carat-tere professionale. A Pietro Berna, inoltre, èstata dedicata una piccola strada nascosta eperiferica del quartiere di Carpenedo confi-nante con la campagna.

A Napoleone Ticozzi fu intitolata nel 1940 laScuola Serale di disegno; fondata nel 1871 esituata a Mestre in Via Spalti.Venne chiusa nel 1968.

A Ugo Vallenari è intitolata una strada late-rale di Via dei Martiri della Liberà, che collegail confine di Carpenedo-Bissuola con Favaro.

Note: le fotografie e le notizie riportate in questoarticolo sono state tratte in gran parte dal libro dellostorico Sergio Barizza “STORIA DI MESTRE” CasaEditrice “Il Poligrafico srl” di Padova.

MMMMMEMORIEEMORIEEMORIEEMORIEEMORIE VENETEVENETEVENETEVENETEVENETE

Piazza Ferretto

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Caravaggio, pittore del Seicentoa cura di Graziella Naccari

Una vita movimentata comepoche, vissuta intensamente

e senza sosta.Conobbe la fuga, la paura,

il disonore, il disprezzo.Cercò la rissa, la violenza e loscontro. La sua morte sembra

uno scherzo della storia.

Michelangelo Merisidetto Caravaggio

Michelangelo Merisi nacque nel 1571.Non è certo se il luogo di nascita sia stato Milano oCaravaggio, un paese in provincia di Bergamo, dove lafamiglia si era trasferita per sfuggire alla peste.È sicuro comunque che egli si firmasse sempre MichelangeloMerisi da Caravaggio. Perse il padre prestissimo e la madrequand’era ancora un giovane ventenne.Nel 1592 lasciò definitivamente la Lombardia e si trasferì aRoma. Qui trascorse qualche tempo come apprendista,presso la bottega di Lorenzo il Siciliano e poi in quella delpittore Antiveduto Grammatica. Entrambe si rivelaronoesperienze poco redditizie e soprattutto poco stimolanti:Caravaggio imparò solo a dipingere velocemente e in serie.A questi primi anni, risale una delle sue opere più famose:il Bacchino Malato (1593). A 23 anni entrò nella bottega delCavalier d’Arpino: un pittore molto apprezzato nella Romadel tempo. Qui Caravaggio dipinse una grande quantità dinature morte con fiori e frutta.Ma l’apprendistato presso il Cavalier d’Arpino non durò alungo, i due pittori si scontrarono a causa del carattereirrequieto di Caravaggio. Il 1595 è l’anno della svolta. La vitadi Caravaggio cambiò quando conobbe il Cardinale France-sco Maria del Monte, il primo a comprendere il grande talentodel pittore. Sotto la sua protezione, Caravaggio otterrànumerose committenze e la sua fama si diffonderà per tuttala capitale. Il Cardinale non solo gli commissionò un grannumero di opere private, per sé e per gli amici, ma gli feceanche ottenere le prime committenze pubbliche.La sua attività artistica fu sempre ostacolata dal carattereombroso del pittore. Assiduo frequentatore di taverne eluoghi poco raccomandabili, era spesso al centro di risse eschiamazzi. Molti erano i suoi nemici anche tra i colleghi. Inmolti casi, riuscì a venir fuori da situazioni difficili solo grazieall’intervento dei suoi amici potenti, ma nel 1606, duranteuna rissa in cui anch’egli rimase ferito, Caravaggio ucciseRanuccio Tommasoni, con cui aveva già avuto altre discus-sioni precedenti. L’omicidio gli procurò la condanna alladecapitazione. L’unica cosa che poté fare fu fuggireimmediatamente da Roma.Tra il 1606 e il 1607 Caravaggio è a Napoli.Qui fu accolto con tutti gli onori che accompagnavano la suagrande fama di pittore. Tra le tante opere di questo periodo,

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Roma. Scuderie del Quirinale “Mostra del Caravaggio”.Entusiasta di questo pittore ho deciso di andare a vedere la mostra e devo essere moltofranca, sono rimasta sbalordita di come un uomo, un pittore del 1600, abbia avuto unatale forza espressiva, quei chiari scuri, da trasmettere a noi poveri mortali del 2011,l’energia di quei dipinti è tutta la sua potenza vitale.Mi sono emozionata davanti alla tela “Giuditta che taglia la testa a Oloferne” quelle figureche emergono dalla tela. Giuditta con la spada in mano che taglia la testa a Oloferne,il rosso vivo del sangue che sgorga copioso. Ho provato delle vibrazioni che mi hannofatto accapponare la pelle.Caravaggio chiamato l’ombroso è stato un grande maestro del passato, ma grande nelvero senso della parola.

Giuditta che Taglia la Testa a Oloferne Testa di Medusa

vale la pena di ricordare i Sette Atti diMisericordia e il Davide con la Testa di Golia.Nel 1607 Caravaggio parte per Malta.Qui conosce il Gran Maestro dell’Ordine deiCavalieri, che gli fece anche da modello peralcune tele.Nel luglio del 1608 riesce a entrare anch’eglinell’ordine. Si trattò però soltanto di una breveparentesi. Il primo di dicembre dello stessoanno ne fu allontanato: probabilmente giunsea Malta la notizia della condanna a morte chependeva sulla sua testa. L’espulsione fu mo-tivatadefinendoCaravaggiounuomo”foetidumet putridum” (fetido e putrido).Caravaggio si spostò allora in Sicilia.Tra il 1608 e il 1609 fu a Messina, a Catania ea Palermo. Marco Minniti, un vecchio amico delperiodo romano, lo aiutò a trovare dellecommittenze. Ma probabile egli non si sentivasicuro. La condanna a morte, infatti, dicevache chiunque avrebbe potuto decapitarlo:sull’isola egli temeva per la sua vita.

Lasciata la Sicilia, ritornò a Napoli, ospitatodalla Marchesa Costanza Colonna.L’ultimo periodo della vita di Caravaggio èalquanto rocambolesco, in linea, del resto, contutta la sua vita. Caravaggio, infatti, venne asapere della possibilità che la sua condanna amorte fosse revocata dal Papa, Paolo V.Si imbarcò segretamente su un traghettodiretto a Porto Ercole, in Toscana volevaarrivare a Palo, in territorio papale ma, pererrore, fu arrestato.Rilasciato, tornò a Porto Ercole nel tentativodi recuperare i suoi beni, compresa la tela chegli era necessaria come merce di scambio perla sua libertà. Ma purtroppo la sua nave era giàripartita. In preda alla febbre e alla disperazio-ne per veder svanire le sue speranze disalvezza, Caravaggio vagò delirante sullaspiaggia di Porto Ercole, dove morì, a soli 39anni, il 18 luglio del 1610.Pochi giorni dopo, giunse a Napoli la lettera chelo sollevava dalla condanna.

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Commento

Il pensare di Corte deriva dall’esperienza estetica, cioè attraverso i tre stadi dell’immaginazione:memoria, percezione e progetto (vale a dire passato, presente e futuro), da cui l’opera d’artescaturisce come operazione tecnica che assume l’aspetto di oggetto privilegiato.È dal suo pensare artistico che Corte, con “Senza titolo” ci trasporta in un ambiente caricodi spiritualità e di terrore, ove l’illusione dell’arte emerge in tutto il suo valore estetico,proponendo nella sua crudezza, il tema della vita e della morte.“Senza titolo” mostra lo sforzo con cui Corte indaga fino in fondo il significato penetrante delcolore e lo traduce sulla tela con soave leggerezza unita ad un’inquietante alternanza tonalemonocromatica sul tema del blu. Sulla campitura aggiunge inoltre una forma indefinita (biancae nera) che s’inserisce nel contesto dell’opera come una componente che ne modifica il rigoreestetico, l’equilibrio, provocando un senso d’inquietudine, che porta spontaneamente il fruitorea concentrarsi sul particolare indefinito, imprecisato.L’opera è contenuta all’interno di un riquadro nero che oltre ad essere, per natura, il coloreclassico, rappresenta un sentimento di solidarietà e di formalità: il riquadro funge anche dapalcoscenico entro cui si compie l’atto della vita e dei suoi aspetti più terribili e tragici. Il neroè allo stesso tempo il colore dell’autorità e del potere, ma implica anche la sottomissione;

simboleggia l’oscurità primordiale, l’inconscio, il vuo-to, il male, le tenebre della morte.Se i colori hanno un senso, e in Corte questo sensoc’è, allora ci troviamo di fronte alla realtà dell’eventotragico, della forza del male che ingurgita l’essereindifeso che innocentemente cercava, nello spaziolegittimo della libertà la sua possibile compiutezza.La morte è inevitabile, a compimento dell’ineluttabilee incomprensibile destino che tutti accomuna.Corte con “Senza titolo” si astrae dalla realtà eattraverso lo studio degli elementi formali, attiva unprocesso di semplificazione e scomposizione delleforme, eliminando totalmente ogni preoccupazionerappresentativa, e ci racconta con i colori dellatavolozza, lasuastoriadellavita,dellapredestinazionenella trasformazione della materia.Iovedoinquest’operaancheuncontenutosubliminalelegato alla speranza; cioè quello che oltre l’inganno,dietro l’agguato fatale, dopo l’inevitabile gabbiamaligna della morte, possa, anzi deve esistere quellaspiritualità che ci accomuna in un’unica energia, eche in Corte è rappresentata, nell’opera, dallo sfondoblu che simboleggia la purezza infinita che tuttomonda, ed eternamente raccoglie in se stessa.

Martellago, 17 gennaio 2011

“senza titolo”di Mario Zampierin

(Opera di Riccardo Corte)

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Commento

Lamusica, lascritturamusicalecomprendeunaseriedisegnigrafici per indicare i valori di durata, sia del suono, sia delsilenzio. I valori di durata dei suoni trovano corrispondenzacon i valori di durata dei silenzi (pause), sicché ad ogni notacorrisponde una durata e una relativa, uguale pausa.Ora, da un punto di vista filosofico e concettuale, ossia dalpunto di vista estetico e della trasmissione d’immagini, seun artista si pone il problema di trasferire in arte il concettodi silenzio, quale opera migliore di quella espressa daRiccardo Corte “Proposta per un organo Muto”, (omaggio aCage) poteva riassumerne in sé l’essenza?Concettualmente il compito dell’artista deve essere quellonon di riprodurre la realtà, perché la realtà è già opera dellanatura, ma di operare oltre la realtà, vale a dire, fare quelloche la natura non ha potuto o voluto fare, questo è ilsignificato vero dell’arte, a cui un artista deve tendere.Ebbene questo compito di creazione, è stato, a mio parere,assolto egregiamente da Riccardo Corte.Nel suo gesto creativo Corte, sfidando la logica e le leggidell’acustica, è andato oltre ogni immaginazione, conce-pendo una macchina che, attraverso la tecnica dellacomposizione, produce silenzi (pause) musicali. La sua arte,sempre improntata al massimo rigore simmetrico, incarnaelementichevannodaldadaismodiDuchamp,aquella formaparticolare di montaggio propria delle opere di Schwitters,che costituiscono una particolare declinazione del dadaismostesso, ma che in Corte assumono un valore di funzionalitàe di evidenziazione degli opposti. Che dire? un’idea geniale,ben oltre ogni possibile fantasia.Nel titolo Corte dice che la sua opera è un omaggio a Cage,compositore statunitense, uno dei musicisti più innovatividella musica moderna contemporanea. Difatti egli dice: “…ilsilenzio è una condizione del suono, anzi, è il più sublime deisuoni. È quindi materia sonora a tutti gli effetti, sottolineae amplifica i suoni, li rende più vibranti, ne preannuncial’entrata, crea suggestivi effetti di attesa e sospensione,può addirittura invadere il linguaggio”.Il concetto del silenzio (come condizione del suono), è validoanche in letteratura: servirsi del silenzio come mezzoespressivo è indispensabile per far risultare eloquente il

Martellago, 24 novembre 2010

proposta per un organo muto

(Opera di Riccardo Corte)

Organo muto.

di Mario Zampierin

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senso di una frase. Il silenzio, il non detto, èdunque pieno di potenziale significato, e nonsoltanto in musica o in letteratura.Corte ha costruito la macchina del silenzio, masolo per rispetto a Cage l’ha chiamata “Organomuto”, al posto del più appropriato titolo“Macchina per la produzione del silenzio”.Se ci lasciamo andare con l’immaginazione,quest’operaciporta inunadimensionecosmica,ci fa pensare agli spazi immensi dell’universo,dove a dominare la scena della trasformazionedella materia non è lo stridore assordante, mail dilagante silenzio perpetuo; allo stessotempo Corte ci ripropone, con il suo “Organomuto”, il tema della ineluttabilità della fragilitàdell’uomo, quell’uomo che dopo il chiasso dellavita terrena dovrà con rassegnazione accet-

tare la condizione della sua debolezza impo-stagli dalla “Macchina della natura” che, ad uncerto punto della partitura universale, fatal-mente, perognuno,suoneràlanotadelsilenzio.Concludendo, si può tranquillamente afferma-re, per quanto pronunciato da Cage, che Corteha costruito la macchina che esprime il piùsublime dei suoni: il silenzio. Ma se il silenzio èil più sublime dei suoni, la macchina che loproduce si pone ad un più elevato livelloconcettuale, rivelandone la natura creatricepropria dell’arte.Se Back fa dell’organo lo strumento che pereccellenza esprime la potenza del sublime,Corte crea l’organo che esprimere l’immensaestensione tonante (in uno spazio smisurato),del silenzio sublime descritto da Cage.

L’arte contemporanea

Acorredoechiusuradei commenti sulleoperediRiccardoCorte: “Propostaperunorganomuto”e “Senza titolo”, èscaturitaquesta, del tutto personale, esposizione sull’arte contemporanea che spero giunga gradita.

L’arte,quandosiesprimeunicamente (oquasi)con icolorieattraverso l’indistinzionedella forma,predisponemaggiormenteilsoggettofruitorealcontattoconl’anima,conciòchedipiùspiritualec’èinnoi,equindidovenonarrivaimmediatalacomprensione,permezzodellavisionedelle immagini, è il nostro intellettochesipredisponeaunavista immaginificaecreativa.Èproprio inquestosensoche l’operadiCorte,astraendosidalla realtà,cipropone l’immaginedellamortenelsuoaspettopiù feroce,comeArtecontemporanea.L’artecontemporanea,peralcuni,partedagliannisessanta(PopArt,NouveauRealisme,ecc.),peraltri,dalsecondodopoguerra(EspressionismoAstratto,Arte Informale,ecc.),perconfluirenell’attualità,conartisti come:JoanBaldessari,HectorZamorachehannopartecipatoalla53°esposizioneinternazionaled’arte, laBiennalediVenezia.Essaassumetuttigliaspetticaratteristicidiunmododiconcepireil fattoartisticolontanodaivincoli ristrettidiunostile(movimentoocorrente)benconsolidato,adoperandoun linguaggiod’ampio respiro,cheabbraccia tecnichediverse,anche incombinazione tra loro (classicoesempiosonoquelleformeparticolaridimontaggiopropriedelleoperediSchwitters, “composizioniartisticheadoperando,oltreallapitturaadolio,materiali usatidi vitaquotidiana”. Il concettoè: ilmaterialedecontestualizzatodall’usopratico,nonperde lasuacaratteristicaformale, siccome l’arte è forma, esso assume valore artistico).L’operacontemporaneadiCorte (riprendealcuniaspetti dellametafisicaedell’informaleancheseunacerta forma traspare)è, a mio parere, in grado di catturarci e di farci rivivere emozioni (come se fossimo presenti sulla scena del misfatto) carichedi spontaneitàeveritàdifficili daavvertirenell’arte figurativa;nellasostanzaCorte (ancheseciprivadellavisionedella realtàcheportaverso il sensibile)cipredisponeall’emotivitàe lasciasestesso,svincolatodal rigoredella forma, lapiùampia libertàd’espressioneemotiva, chesolo lapurezzadel colore (materianoncorruttibile)può trasmettere.Oral’artecontemporaneaequellafigurativaonaturalisticasipongonosuunpianod’assolutaidentitàrispettoallafunzionepropriadell’artestessa: ritrarre lanatura, il vero.Lamimesi (o imitazionedellanatura), secondoAristotele,deve intendersinel sensonon di rifare ciò che la natura ha già fatto, ma fare quel che la natura avrebbe potuto fare e non ha fatto. In altri termini, ogniarte implica la facoltà di far venire all’esistenza una di quelle cose che possono sia essere che non essere ed il cui principioè in chi produce e non nella cosa prodotta. La spiegazione di questo concetto è di fondamentale importanza rispetto al fattoche l’arte contemporanea di Corte non deve essere intesa in senso antinaturalistico; essa si pone, come l’arte figurativa, ilproblemadell’imitazionedellanaturaomimesi, intesa insensoaristotelico.La differenza fondamentale che distingue l’arte contemporanea da quella figurativa (anche se non è raro trovare nell’artecontemporanea influssi figurativi: penso a Balthasar K³ossowski de Rola detto Balthus e Lucian Freud) sta nel linguaggioadottato, che si esprime con tecniche che cercano di ridurre all’essenza il disegno e usa il colore e altri componenti, oggettidi vitaquotidiana ready-made (traducibilecomeistantaneo, “detto fatto”diDuchamp),comemanifestazionedelleemozioniedellecomponenti ludiche, ironicheesimboleggiantisuscitatedallanatura.Difatti, davantiadunquadrocontemporaneo(comequellodiCorte)nonsi riflette,masigodedell’emozioneche lasuapitturatrasmette:ansie, coinvolgimento inunostatod’animopartecipativodel fatto, checi cattura, checi fa rivivere,probabilmente,le stesse emozioni da lui provate.

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L’incontro

di Valter Fontanella

Qualsiasi rassomiglianzacon fatti o persone realmenteesistenti non può essere che

puramente casuale.

Le Zattere - Punta della Dogana

“Accidenti!” grida quasi, e scarta svelto verso sinistra. Nonè stato rapido a sufficienza però. “Ma perché non guardidove vai, brutto stron...” comincia a dire a mezza voce,abbastanza infuriato. Subito però ammutolisce e si ferma.L’ha riconosciuta. Con un attimo di ritardo, ma l’ha ricono-sciuta. Per poco non investiva la cicciona. Ha evitato difinirle rovinosamente addosso proprio per un soffio, pensasollevato. Comunque la colpa sarebbe stata tutta sua,perché non stava attenta a dove andava. Caspita, una nonpuò andare in giro così, a casaccio, come una stordita, unabalorda, una sconsiderata, senza prestare un poco diattenzione almeno a dove la portano quei piedi da paperache si ritrova. E subito si sforza di trattenere la risatina chegli viene spontanea all’immagine di lei dotata di grandi piedida papera.

Poco meno di un’ora prima Alberto Carraro era uscito di casain tuta e scarpette da corsa e si era incamminato con unbel passo elastico verso le Zattere.Dopo il pomeriggio ventoso e corso da grosse e nere nubitemporalesche, la giornata, mentre si avviava lenta altramonto, aveva improvvisamente acceso i suoi rossibagliori e le poche nubi residue si erano d’un subitoincendiate. L’orizzonte ripulito aveva mostrato nettamentei contorni dei bassi e lontani Colli Euganei, ben visibili oltrele sottili, nere e inquietanti sagome geometriche dellestrutture industriali di Porto Marghera e Fusina.Giunto alle Zattere, Alberto aveva cominciato a correrepiuttostolentamente,perdaretempoemodoallamuscolaturadi riscaldarsi adeguatamente. Soltanto quando una leggerasudorazione lo aveva avvisato che il suo organismo erapronto e disponibile alla tensione della corsa, aveva allun-gato un poco, ma assai decisamente, la falcata e aumentatoil ritmo del passo, fino a raggiungere con sicurezza ecostanza l’andatura veloce, energica e sciolta che ormai gliera diventata normale e istintiva. Quando aveva cominciatoa rallentare un pochino, la corsetta serale era ormai giuntaper la seconda volta al giro di boa, al giro ormai rituale intornoal verde lampione posto proprio alla fine della Punta dellaDogana, il punto dal quale ogni altra volta era iniziato ilritorno definitivo verso casa. Terminata l’ora di corsa,sarebbe di nuovo passato a una camminata a passo

Lungo le Zattere – Al calar della sera

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tranquillo, ma pur sempre sostenuto, perrilassare i muscoli, fino a quando il corpo nonavesse finito di traspirare abbondantemente esi fosse alquanto raffreddato. Soltanto allorasarebbe rientrato in casa. Più tardi, dopo unabella doccia, per lavare sudore, fatica etensioni, si sarebbe dedicato, da celibe esper-to e raffinato buongustaio quale era, allanobile arte della cucina. In altre parole, avreb-be provveduto con calma alla solita, rapidacena a base di pastasciutta e di qualcos’altro.Di che cosa? Mah, ci avrebbe pensato quandoil momento fosse venuto. Oppure potevasbrigarsela alla svelta con una gustosissimascatoletta di tonno e una ricca insalata mista.Non sarebbe certamente stata la prima voltache lo faceva.La serata mite e ancora luminosa avrebbeinvitato a continuare la corsa con una certalarghezza generosa nei tempi e nelle distanze,e invece si era costretto a rispettare congretta meschinità i tempi previsti dalla tabelladi allenamento, che era stata compilata, esuccessivamente modificata e adattata anuove condizioni fisiche, seguendo i preziosiconsigli di Luigi Grandesso. Da sempre ungrande amico e uno spirito ameno, un tempoLuigi era stato anche un grande e temibileavversario in pista. Adesso, passato il tempodelle gare giovanili, era diventato il tenace,appassionato e abile allenatore di giovanissimitalenti, che sperava di trasformare in campionidi mezzofondo.Alberto sa bene di avere ricominciato a correreda troppo poco tempo. Dunque, si ammoniscesevero, non può ancora concedersiimpunemente di imporre al suo organismotempi più lunghi e ritmi più serrati di corsa,anche se il suo corpo già potrebbe sopportarlisenza ribellarsi. O, per lo meno, si ribellerebbesoltanto un poco. Ma anche di questo ormai sisente veramente sicuro, che riuscirebbe adomare facilmente quella ribellione, rallentan-do di nuovo, e magari soltanto un pochino, ilritmo.Quando era uscito di casa si sentiva propriobene, rilassato e quasi in piena forma. In corsail passo era elastico, sciolto, leggero e benequilibrato. E ben coordinato era anche ilmovimento delle braccia. Il respiro tendeva arimanere controllato anche sotto sforzo.Inoltre, la serata era dolce e affascinante e

offriva gradevole distrazione con i colori caldidel tramonto e i lontani suoni cristallini nell’ariafresca, pura e limpida della primavera.Il paesaggio urbano era quello unico e incan-tevole del Canale della Giudecca e poi, al girodi boa, quello del Bacino di S. Marco, con tuttolo splendido scenario che vi si affaccia.Se si fosse lasciato andare all’istinto delmomento, avrebbe potuto tranquillamentecontinuare a correre ben più a lungo del solitoe senza grande sforzo. Lo sentiva. Si erainvece imposto di rispettare con rigore i tempiprevisti dalla tabella e, raggiunta per la secon-da volta la Punta della Dogana e fatto ilconsueto giro intorno al verde lampione che laorna, mentre abbracciava con un rapido eamorevole sguardo il bacino di S. Marco, avevadeciso di tornare definitivamente indietro peravviarsi quindi, e senz’altro, verso casa, evi-tando perciò di cedere alla tentazione diallungare il percorso.Ecco, ora doveva lasciare la Fondamenta delleZattere e imboccare la calle che lo avrebberiportato verso casa. E allora, proprio nelmomento in cui, ancora a buona andatura esenza quasi rallentare il ritmo della corsa,girava svelto e sicuro l’angolo per entrare nellacalle, si era quasi scontrato con quella scia-gurata incosciente, la cicciona tutta sudata,rossa e affannata, che stava per girare lostesso angolo dalla parte opposta e in direzio-ne inversa. La casa all’angolo, purtroppo, gliaveva impedito di vederla con un anticiposufficiente a scansarla del tutto e con tran-quillità. Non sapeva bene come, però erariuscito comunque a evitare, seppure di unsoffio, lo scontro frontale con la cicciona. Letraiettorie però sarebbero state perfette perun impatto distruttivo, almeno per lui, viste leabbondanti dimensioni corporee di quell’altra ela sua notevole massa d’urto, indubbiamenteottima durante una mischia in una partita dirugby.L’aveva scansata per miracolo e si era propriospaventato, anche per l’errore che lui stessoaveva commesso. E subito aveva provatodisagio e preoccupazione. Se dietro l’angolodella casa invece di quella ci fosse stato unfragile vecchio dal passo impacciato e insta-bile, oppure un bambino imprevedibile neimovimenti, anche un urto di poco contoavrebbe potuto avere conseguenze ben di-

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verse. Meglio non pensarci, ma ricordarseneper le prossime volte. Doveva ripromettersi dinon commettere mai più quell’errore. Mai piùdoveva rasentare l’angolo e imboccare allacieca e in velocità la calle. Altrimenti correvail rischio per davvero concreto di travolgere unignaro passante. In precedenza, tutte le altrevolte aveva smesso di correre lungo la Fonda-menta, dove era facile controllare i movimentidei passanti, e poi, camminando, aveva im-boccato la calle. Questo era un modo di agiresensato e responsabile. Perché questa voltainvece si era comportato diversamente? Oraaveva toccato con mano quali potevanoessere le conseguenze di un simile comporta-mento da irresponsabile.Solo per un miracolo era riuscito a evitarla,scartando veloce di lato. Soltanto le lorobraccia si erano toccate rudemente. Eppure siera sentito, e si sentiva, per davvero moltopoco in colpa. Lei, mentre finiva di percorrerela calle e imboccava la Fondamenta delleZattere, girando verso la Punta della Dogana,di dove lui veniva a passo sostenuto, si eratenuta tutta sulla sua sinistra, nello stessomomento in cui lui imboccava con decisione evelocità la calle, tenendosi però tutto sulla suadestra, ovviamente. Eppure si era in una cittàdi mare e quella cicciona avrebbe dovutoconoscere la vecchia norma di comportamen-to in mare che dice “rosso al rosso, verde alverde, avanti pur che la barca non si perde”,e dunque starsene sulla sua destra.Un solo attimo di incertezza, un piccolo erroredi calcolo nel rapido passo laterale subitodettato dall’istinto, una minore capacità direazione di una muscolatura un poco piùstanca e meno reattiva, e la collisione frontalesarebbe stata piena e catastrofica. Per en-trambi? Per lei, chissà, forse, probabilmente.Ma per lui, e su questo non nutriva nessundubbio, lo sarebbe stata di sicuro. Per fortunanon si era verificata. Se disgraziatamentefosse avvenuta, lei, uscitane in condizioni disicuro migliori, si sarebbe magari sentita indovere di rianimarlo mediante respirazionebocca a bocca ed energico massaggio cardia-co, frantumatore di ben costruite cassetoraciche. C’era di che essere scossi da brivididi terrore al solo pensiero di una simile,angosciosa eventualità.Anche lei si era spaventata. Alberto l’aveva

vista alzare il viso proprio nel momento in cuigiungeva all’angolo della casa da cui lui eraistantaneamente sbucato piuttosto veloce-mente. Quando lei all’improvviso se lo era vistoarrivare addosso, aveva spalancato gli occhie la bocca, sorpresa e impaurita, e insiemeaveva lanciato uno strillo con la sua voceacuta di donna. Lui intanto, con lo sguardoteso in avanti e più attento al percorso, avevagià fatto istintivamente il rapido passo latera-le, verso il centro della calle, verso l’inopinatasalvezza.Si era spaventata, ma non ha detto nulla, nonha cominciato a inveire come aveva fatto lui,ha dimostrato più educazione, senza dubbio.E lui comincia già a provare rincrescimento perla parola offensiva che istintivamente gli stavascappando di bocca. Forse lei se la meritava,ma è lo stesso una parola che una personaeducata non dice a una donna. Magari, ecco,si può forse concedere che perfino una perso-na educata la possa anche pensare, masoltanto in certe circostanze particolari. Equesta sicuramente non lo è.Quella giovane donna non era del tutto sco-nosciuta. Più di qualche volta gli era capitatodi vederla correre pressappoco alla sua stessaora, lei pure sempre da sola. Si era anchepermesso di ridacchiare mentalmente a quellavista, che trovava piuttosto divertente. Eccouna che voleva proprio, e doveva, dimagrire,aveva pensato, e ce la stava mettendo tuttaper farlo, poveretta lei. Chissà con qualirisultati poi, così affannata come era ognivolta che la incrociava. Magari poi, una voltatornata a casa, recuperava la fatica e lecalorie inutilmente disperse nei rivoli di sudoreingozzandosi di cibo e di pingui, teneri econsolatori dolcetti. Senza tenere conto ditutte le calorie in eccesso ingurgitate giornoper giorno con una dieta troppo ricca, chedeposita sul corpo rotoli e rotolini e ciambelledi grasso, che insidia cuore e fegato. Perfinoi capelli aveva rossi per lo sforzo evidente dellacorsa, quella poveretta. E ogni volta gli eravenuto da ridacchiare per questa battutinamentale. Una battuta un poco sciocca inverità, a essere sinceri, si diceva subito dopo.Ma che poteva farci, se gli veniva sempre inmente con assoluta spontaneità, quando glicapitava di incrociare la cicciona, che ognivolta gli sembrava tanto affannata?

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30SSSSSPUNTIPUNTIPUNTIPUNTIPUNTI QUOTIDIANIQUOTIDIANIQUOTIDIANIQUOTIDIANIQUOTIDIANI

Carnevaledi Milo Polles

Sfumava la notteIl merlo ciarlierosalta sull’erbachiazzata di nevebeccando cosea lui soltanto note.

La notte sfumaSfilandosi dal vestitoavanza nuda agli specchicompiaciuta sorridendonel tepore del saloneA memoria godela rincorsa degli amantinotturni e consumatiin reciproca soddisfazionetra danze a turbinee intervalli ardenti di vogliaA riprese il falò dei sentimentibruciò il botto di ogni razzo.

Carnevale! Scherzi e lazziMotteggiano audaci le femmine macanta lene una, staccatasi.

I maschi per vino speziato ridono,sonori, ammiccando al vuotocon cori già passati – eppuresonnolento il tono rocoscava per un affratellamento;non sempre dritto, sussultandosi sgancia qualcunopresto dissolto dalla nebbia spessa.

Carnevale carnevale!

L’albore a sguincio modulaun cielo di panna sporca, estesa.

Il merlo neroocchieggia nervosotemendo l’agguatoe vola altroveportando il piacere guastatoAltri uccelli (come ragazziniin gioco) saltellano beccandorimasugli della nottesull’erbe chiazzate di neve

NOTA: Carnevale.

Manifestazione sociale e temporale, periodica annuale, cadenzata attraverso le lunazioni allafine dell’anno astrale precedente la prima luna di primavera!

Insomma è un passaggio, un transito fra la eliminazione del precedente e i desideri a venire daattuare.

E, qui, scoppia la festa, temporanea, con tutte le sue varianti; infine ti rimane il futuro daconquistare.

Periodo proveniente dai SATURNALI, celebrati nella Roma antica precristiana (dal 17 al 23dicembre): Roma le conquiste romane il mondo latino Colombo le conquistespagnole e portoghesi.

La Sovrapposizione e commistura ad altre forme di carnevale: mangiare, bere, godere…,ironizzare!

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Sabato 18 dicembre 2010 alle ore 11 circa dentro il bardell’albergo “Bologna”, davanti alla stazione ferroviaria diMestre sto aspettando un vecchio amico: FULVIO ROITER.La sera precedente, per telefono, mi aveva comunicato chesarebbe venuto all’appuntamento con gli alunni della scuola“Giulio Cesare” al cinema Dante, provenendo da ReggioEmilia dove la sera prima aveva tenuto un incontro con queicittadini illustrando non so quale dei suoi libri fotografici.Appena arrivato Fulvio mi dice che l’incontro si era protrattofino alle due di notte ma che era stato molto interessante.Ora quest’uomo di ottantacinque anni che ha questa forzaper affrontare dopo una notte piuttosto movimentata la saladi un cinema pieno di studenti mi affascina. In sala tutto èpronto: il prof. Gianfranco Peretti e l’amico Giancarlo Broccasono pronti per riprendere la manifestazione con levideocamere. Entrano gli studenti e la prof.ssa GabriellaMazzone, Preside della scuola “Giulio Cesare”, inizia presen-tando il grande fotografo con il timore, come più tardi mi haconfessato, che gli studenti possano stancarsi ad ascoltar-lo. Io sono stato incaricato di presentare Fulvio Roiter epertanto leggo poche righe che mi ero preparato e sonoesattamente queste:Sono Stelio Fenzo ed ho il piacere di presentare un grandefotografo. Un fotografo di fama mondiale: FULVIO ROITER.Un ARTISTA.Fulvio Roiter è nato a Meolo il 1° novembre 1926 e vive alLido. Ha esordito nel 1954 con un volume in bianco e nerosu Venezia (Venise a fleur d’eau), primo libro fotografico diautore italiano. Nel 1956 vince la seconda edizione delPremio Nadar con il libro “Ombrie”, edito per le éditionsClairefontaine. Ha in seguito compiuto numerosi viaggi, daiquali sono scaturite oltre 70 pubblicazioni.Fulvio Roiter è ritenuto “il fotografo di Venezia” ed èconosciuto dai più soprattutto per le foto che la ritraggono.Ricordo “Venezia Viva”, nel 1973. Poi “Essere Venezia”(1977), “Laguna” (1978), “L’Oriente di Venezia” (1980) e“Carnevale a Venezia” (1981).Le foto di Roiter sembrano semplici e perfette; talmentesemplici, talvolta, da far pensare “Questa potevo scattarlaanch’io”.Talora ci ho provato anch’io, ma . . . .Ma per non rubare del tempo prezioso lascio che sia lui stesso

Fulvio Roiterdi Stelio Fenzo

Un gigante della fotografia

Fulvio Roiter è ritenuto“il fotografo di Venezia”ed è conosciuto dai piùsoprattutto per le foto

che la ritraggono.

Fulvio Roiter

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a raccontarci la vicenda della sua vita e acommentarci le foto che gentilmente ci haportato e che verranno proiettate grazieall’aiuto del prof. Gianfranco Peretti.

Ed ora un po’ di cose su questogigante della fotografia:

La prima fotografia è stata scattata nel 1949sul litorale veneto ed è in bianco e nero.L’ultima, a colori, è datata novembre 2007,realizzata durante la biennale d’arte di Vene-zia. Fulvio Roiter, il fotografo del rigore formalee della ricerca del bello, mette in mostra undistillato di cinquant’anni di lavoro, alla GalleriaBelVedere di Milano. Dal titolo «Infinita Passio-ne», la raccoltadi immaginispaziadaquellepiùfamose scattate a Venezia durante il carne-vale (tra le gondole e le calli), ai reportage acolori, realizzati in Messico, Egitto, Costad’Avorio, Iran e Brasile. Il fotografo di Meolo,cittadina a trenta chilometri da Venezia, ècresciuto nel dopoguerra tra quelle riflessioniche legavano la fotografia all’arte contempo-ranea, anche grazie alla frequentazione delcircolo «La Gondola» di Paolo Monti. Le sueimmagini in bianco e nero hanno un rigoreformale che rimanda alla fotografia francese diCartier-Bresson. Quelle a colori ricercano laperfezione nella variazione cromatica, attra-verso l’occhio di un amante del viaggio.

Domande di un’intervista aFulvio Roiter:

Da diplomato in chimica, come è arrivatoalla fotografia?

Era mio padre che smaniava perché diventassiperito chimico: a Marghera c’era molto lavoroin questo campo. La mia famiglia veniva dallacampagna e nel dopoguerra se andavano male

due raccolti, facevi la fame. Ma per me ildesiderio di arte era il vero riscatto».

Quando ha iniziato a fotografare?

«Mio padre mi regalò una Welta alla fine dellascuola media e poiché abitavamo vicino allacampagna, ho iniziato a fotografare la natura.Ma io avrei strappato dal collo una Laica a untedesco! Era la mia macchina dei sogni macostava dieci volte la Welta… Allora, visto cheil mezzo era quello, ho tirato fuori tutto ilpossibile dalla mia macchinetta. Per guada-gnare, poi, facevo soprattutto matrimoni efunerali. La prima volta che ho fatto le foto aun matrimonio decisi di svilupparle da solo. Michiusi in camera da letto, studiai i prodotti,cercai di gestire l’iposolfito e misi tutto al buio.Ma sbagliai i tempi di esposizione e… nientefoto!».

Poi ha imparato…

«Sì e ho sempre fatto tutto io: scatti, sviluppie stampe. Oggi con il digitale siamo arrivati aridurre il tempo d’inerzia, quella frazione ditempo dell’attimo straordinario, decisivo. Lafotografia cattura l’attimo fuggente».

Cartier-Bresson teorizzava l’istante de-cisivo.

«Sì, infatti. Ma ci vuole anche l’occasionegiusta. Cartier-Bresson capitò in India durantei funerali di Gandhi: la vita è casualità emistero. Se uno sta a letto non fa niente. VedaperesempiolatragediadeldirigibileHindenburg.Il famoso Zeppelin tedesco pieno di idrogenoche nel ’37 attraversava l’oceano in cinquegiorni: il giorno che prese fuoco mentre stavaatterrando nel New Jersey ha dato l’occasionea molti reporter. Le immagini scattate dal

prof.ssaGabriella Mazzone,Preside della scuola“Giulio Cesare di Mestre”

Alta marea inPiazza San Marco

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fotografo che era lì sotto hanno fatto il giro delmondo! Il merito è esserci. Il valore delfotografo è relativo, ha bisogno dell’avveni-mento».

Ma le sue fotografie non sono solo direportage.

«Mi ha sempre affascinato la quotidianità,quello che noi chiamiamo il banale, che ciportiamo dentro. Non esiste un prontuariodelle cose che si possono fotografare: è larealtà che ci sorprende. La differenza è quan-do e come. Bisogna avere una specie di terzoocchio, la capacità di coordinare il cervello el’occhio».

La foto più antica in mostra è del 1949 edè dedicata a Paolo Monti, perché?

«Il fondatore del circolo “La Gondola” di Vene-zia per me era come un padre. Quando l’hoconosciuto lui aveva 45 anni e io 23. Non avevafigli e mi apriva la sua casa piena di libri di tuttii tipi, per me tutti interessanti, dai romanzi aisaggi. Amavo la sua cultura.Io in campagna ero isolato mentre a Venezialeggevo le riviste, viaggiavo con la mente. Lafotografia, poi, era il mezzo del nostro tempo.Ho scattato la fotografia alla conchiglia sullitorale veneziano, quel giorno, insieme conPaolo Monti.Andavamo in giro per cercare particolari equella conchiglia l’ho scelta con lui».

E il circolo «La Gondola»?

«Il circolo era importante per parlare, scam-biare idee. C’era una riunione ogni giovedì e laprima volta che sono andato mi sono fatto darei soldi da mio padre per dormire fuori. Ma levolte successive non potevo permettermelo eallora a mezzanotte andavo alla stazione edormivo sul treno. Allora il treno era già sulbinario dalla sera anche se partiva la mattina.Dormivo in prima classe, sui velluti rossi eappena sentivo il movimento del motore mispostavo in terza per arrivare prima del con-trollore a pagare il biglietto».

Come ha conosciuto l’editore Guilde duLivre?

«Quando ho finito di perlustrare il mio territorioe non c’era un metro quadrato che nonconoscevo, sono andato in Sicilia. Era il ’53. Alritorno ho messo 40 foto in un pacco e l’homandato a Guilde du Livre, l’editore svizzerodel quale avevo visto alcuni libri pubblicati. Hoaspettato la risposta per giorni e quando lalettera è arrivata non osavo aprirla. Avevosentito al tatto che aveva più di un foglio:l’editore scriveva che voleva pubblicare le fotoper un libro sui bambini. Per l’emozione quelgiorno non sono riuscito a mangiare! Risposisubito che stavo partendo per il nord Europacon lo scopo di fare un reportage e potevopassare per la Svizzera per incontrarlo. Nonera vero ma prontamente partii e andai atrovarlo. Arrivato a Losanna a luglio, trattaiper fare le foto a Venezia e così realizzammoil libro “Venise à fleur d’eau”, uscito nel ’54, cheha venduto 15mila copie. Per un mese andavoa Venezia dalla mattina alla sera, con il trenoci volevano 45 minuti dal mio paese. La foto diquel treno è a pagina 36 del catalogo (FulvioRoiter, “Infinta Passione”, edizioni BelVedere-

PiazzaSan Marco

Il grano delleAssicurazioniGeneralia San Marco

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Electa, ndr). Per me i libri sono sempre statimigliori di una mostra, perché arrivano a NewYork, Parigi, girano ovunque».

Lei pensa che la fotografia sia un’arteminore?

«È il linguaggio del nostro tempo e ha una forzaimmediata. Anche un analfabeta può leggerele immagini, la politica l’ha capito subito. Se cifa caso i bambini davanti alle fotografie siammutoliscono, ne vengono catturati, la fo-tografia ha il potere di sedurre».

Un consiglio a un giovane fotografo?

«A un giovane fotografo direi: il bianco e neroè importante per imparare. Il processo crea-tivo è globale, si parte dal cervello, si passa alloscatto e poi alla stampa. Con il colore èdiverso. Solo quando la foto a colori esalta ilcromatismo diventa efficace, ha un forteimpatto. Guardi la mia fotografia scattata aVenezia, all’Arsenale, nel novembre 2007: lìdentro c’è tutta la città con il suo significato.La luce è espressa a puntini sull’acqua, tipica-

mente veneziana. I sei gradini che scendonoal mare sono mezzi puliti e mezzi verdi e dannol’idea della marea. La linea del molo è rigorosae divide in due la terra dall’acqua. Ma con lastessa attenzione si può esprimere anche laPampas argentina. Non bisogna conoscere perforza un luogo. Io di solito raccolgo piùmaterialepossibile,mailprimoimpattoèquelloche crea le immagini migliori. Una buona fotodipende dalla fortuna e dalla luce. Le cosepartono da dentro».

“Io sono stato geneticamente program-mato per fare il fotografo”dice Fulvio Roiter. “Da bambino mi affascina-vano le macchine, la Leica, la Contax chevedevo nelle pubblicità di ‘Vie d’Italia’ e ‘Vie delmondo’.Laprimachehoavuto,unregalodimiopadre come ho già detto, era una Welt ecostava 600 lire; un decimo di quanto avrestipagato una Leica, che era uno di quegli oggettida piacere fisico, ad avercela fra le mani.Fotografavo senza logica e senza tecnica, conil ventre... Sa come dice Céline: ”Scrivere conle trippe”, ecco, era la stessa cosa. Avevovent’anni, intuivo, ma non sapevo spiegare ilperché. Adesso che ho superato i settanta (altempo dell’intervista), ho lo sguardo di allorae l’esperienza dell’età. Dicono che l’abitudinedistrugga l’occhio: dove vivi finisci con il nonvedere niente. Può darsi, ma non vale per me:mi salva l’emozione, sono ancora in grado diemozionarmi, e la curiosità delle persone, dellecose, dei paesaggi. Il tempo mi ha insegnatoa scremare: nelle immagini cerco l’essenziali-tà, che è un grado di scrittura. Prenda i quadridi Emilio Vedova: se ne tagli metà, non te neaccorgi nemmeno. Io,invece, sono perl’asciuttezza”.Un’immagine rende meglio di una spiegazione.Di là dal vetro punteggiato di gocce di pioggia,si profila l’isola di San Giorgio: a sinistra

La barca dei morti

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s’innalza il campanile sistemato nel 1791 daBenedetto Buratti, e ne indovini la sagoma ene intuisci il color ruggine dei mattoni. Alcentro, la chiesa innalzata dal Palladio. Ilgrigioverde del mare sembra debba confon-dersi con quello del cielo, e San Giorgiopotrebbe essere un veliero alla fonda o nau-fragato in laguna. La foto fa parte di EssereVenezia, il terzo dei libri che Roiter ha dedicatoal capoluogo veneto, il primo interamente acolori. Se invece di perder tempo con Toscani,Cacciari avesse frugato nella libreria di casa,avrebbe trovato ciò che dà la fragilità el’unicità della città di cui è sindaco, ne com-pendia grandezze e miserie. “Io ho stima perOliviero Toscani, ma Venezia in quella suacampagna pubblicitaria non la vedi. Ci sonodue cani che si accoppiano, una pantegana...Anche New York ha i cani e le pantegane...Dicono ‘un modo per richiamare i problemi’.Sarà... Quel che è certo è che io i ‘problemi’,una parola da intellettuali che oggi va tanto dimoda, non li fotografo. C’è un filo di lanaimmaginario, oltre il quale si fa violenza, simercifica il dolore. Non mi piace e non miinteressa.Passeggio con un amico, una signora anzianalo saluta, ci supera e lui mi fa. ‘Poverina, ha igiorni contati, leucemia’. Mi dispiaccio, mapenso che abbia avuto comunque la sua vita.Poi incrociamo una diciottenne: stesso rituale,anche lei, mi dice l’amico, è molto malata. Eallora scatta la ribellione, vorrei mostrarne labellezza, far capire che è in pericolo, spingerea cercare nuove cure, trovare il medicinale chela salverà. Ecco, per me Venezia è unabellissima ragazza nata alcuni secoli fa. Unaragazza di mare, e quindi più fotogenica e piùfotografabile.C’è il riverbero, è immersa nell’acqua, ci sonogiornate di tale trasparenza... Il significatoletterale della parola fotografia è: ‘Scrivere

con la luce’. “Quel che cerco di fare, trovareattraverso la luce il significato. Naturalmente,non basta la macchina: non è l’obiettivo asuggerire, è l’occhio a vedere e a fare in modoche la macchina ubbidisca, traduca ciò chel’occhio ha visto. Insegnare a fotografare nonè un problema, è insegnare a vedere che èdifficile.L’ultimo libro di Roiter, appena uscito, (sempreal tempo dell’intervista) si chiama Viaggioitaliano (Rizzoli editore), 311 scatti da un capoall’altro della penisola. “Sull’Italia avevo unmateriale formidabile, frutto di un quarto disecolo di spostamenti. Il titolo giustifica lescelte, è soggettivo, racchiude ciò che hovisto.Io faccio racconti per immagini. Ho cominciatoda professionista, nel 1953, avevo 27 anni,vivevo a Meolo, per fare contenti i miei avevostudiato chimica, mi ero specializzato inidrocarburi. Non c’era metro quadrato del miopaese che non avessi fotografato... Ma permio padre quello non era un mestiere serio.Feci un patto con lui: andare in Sicilia per unmese, a vedere e a fotografare. Se da quelviaggio fossi uscito come un fotografo in gradodi campare con il mio lavoro, bene. Se no, avreiripreso con gli idrocarburi. Spedii la biciclettaa Palermo, bagaglio a mano. La recuperai allastazione. Ho pedalato per duemila chilometri,in giro per l’isola, ho fotografato tutto quelloche mi sembrava fotografabile. Tornato, homandato una scelta a ‘La Guilde du Livre’, la

Squero di San Trovaso

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casa editrice di Losanna che era allora il tempiosacro dell’immagine. L’ho accompagnato conuna lettera, piena di scuse, di pudori, sa lelettere che si scrivono quando si è agli inizi,credi di valere qualcosa, ma non hai lacontroprova, non c’è nessuno che crede inte... Per un paio di settimane feci la postaall’ufficio postale: “Toni, gh’è niente per me?Niente Fulvio”. Poi un bel giorno, la risposta.Non so ancora l’inizio a memoria: “Monsieur,vous etes trop modeste”. Da allora non mi sonopiù fermato. Anni dopo, mio padre andò acambiare un assegno in banca. “Ha un docu-mento?” gli chiese l’impiegato. “Documenti?Ma se mi conoscono tutti qui a Meolo”. “Midispiace ma io sono nuovo e non la conosco,così come lei non conosce me.” “Infatti. Mipresento, ragionier Tovaglia”. Piacere, Roiter.“Roiter come il fotografo?”. “Sono il padre”.“Guardi, lecambioquellochevuole,mamidevefar conoscere suo figlio”.La sera a casa mio padre mi fece: “Senti un po’,conosci un certo ragionier Tavoglia?”“Mai sentito nominare. Perché?” “No, niente”.A letto disse a mia madre, cui aveva giàraccontato tutto: “Meglio non dirgli niente,visto mai, si monta la testa...”Il “non mi sono più fermato” di Roiter significauna trentina di libri: dalle incisioni preistorichedella Valcamonica alla Firenze sportiva,dall’Umbria di San Francesco alla Andalusia diLorca, Machado, Unamuno, dalla Venezia a fiord’acqua a quella a fior di laguna o in mascheracarnevalesca. Senza dimenticare il Brasile, ilMessico, la Turchia, Bruges... Per Ombrie. Laterre de San Francois, il suo secondo volume,prese il premio Nadar per la fotografia, che in

Francia è come il Goncourt per la letteraturae in Italia come lo Strega, quando lo Strega eraancora un premio. “Nadar, Un genio. I suoiritratti, pensi a quello di Baudelaire, per esem-pio. I soggetti dovevano star fermi, immobili,per almeno due minuti. Provi oggi a tenere unoin posa per 120 secondi, e vedrai che faccia dafesso vien fuori. Lui invece tirava fuori l’anima.Allora la fotografia era agli esordi, oggi abbia-mo macchine sofisticatissime e pellicoleultrasensibili con cui puoi fare tutto. Eppure,con un milione di immagini al giorno non c’èl’Immagine che Nadar riusciva a condensare inuna posa”.Ragazzo, durante la guerra, Roiter ha attra-versato ricostruzione e boom, anni di piomboe anni di latta a passo di carica, ma senzatroppe illusioni.“Mezzo secolo di ideologia schiantano untedesco, figuriamoci un italiano. Poi c’è statala grande menzogna del linguaggio: nessunocome i comunisti ha saputo barare con leparole. Il mercenario che si trasforma involontario, l’agente speciale in consigliere, illibertario derubricato a provocatore, chi è indisaccordo a controrivoluzionario... Risultato:non sappiamo più chi siamo.C’è il benessere, sì, ma non c’è il tessuto civileche fa la dignità di una nazione. Per cui c’è lacompiacenza della miseria, la pietà a buonmercato, quel titillare il basso, il volgare cheesiste nell’animo umano, nei singoli come neipopoli. Io invece credo alla virtù terapeuticadel bello, al suo valore taumaturgico. Un giornomi ha scritto una signora da Napoli: il maritooperato di tumore e che non ha più gusto perla vita, sempre più chiuso in se stesso. Unicospiraglio, l’amore per la fotografia, una passio-ne per le mie. Vuole aiutarmi, essere miocomplice? terminava, una lettera così bellaasciutta e commovente che se sapessi scri-vere così farei lo scrittore, mica il fotografo...

Mazorbo

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Be’ per farla breve ho telefona-to, sono stato loro ospite, hovisto una persona tornare avivere. Negli anni, la famiglia siè allargata, è arrivato anche un figlio... Poidicono che la fotografia non è magia. Lo èamico mio, ma ci vuole fede. La fede nellabellezza”.Dalla sua casa al Lido, dove abita con Louise“Lou” Embo, la bella moglie belga anche leifotoreporter di fama (Tremiti, Vianello editore,con un testo di Tony Damascelli, firma che ilettori del Giornale ben conoscono, è la suaultima fatica), l’autore dell’intervista se ne vaportandosiviaunafotografia.ConsegnadomelaRoiter la commenta così:“Prima si parlava dell’abitudine, del fatto chea forza di vedere sempre le stesse cose allafine non ce ne accorgiamo più. ‘Belle commela belle femme des autres’, diceva Morand perspiegare il meccanismo psicologico che ne èalla base: bella come le belle donne degli altri,della nostra non ce ne rendiamo più conto, cista sempre davanti agli occhi. Bene, tempo favado a Fossalta di Piave, dove ErnestHemingway, ferito della Grande guerra, rice-vette le prime cure. Un luogo che ho visto millevolte. Questa volta però erano sbocciati deitulipani. Ho lasciato la casa sullo sfondo e, incontroluce, ho messo a fuoco i fiori. Ecco,guardi i petali sembrano gocce di sangue, ilsangue di Hemingway. Se le piace, glielaregalo”. L’ho già incorniciata.

Questo è Fulvio Roiter!

La mattinata al cinema Dante continua mentresullo schermo appaiono le immagini del suoultimo libro su Venezia: ”UNA VITA PER VENE-ZIA” e l’Autore commenta con entusiasmoimmaginedopoimmagine.Battimanidelgiova-ne pubblico quando lui annota la presenza di

un piccione che spesso appare nelle foto.Verso l’una l’instancabile Roiter finisce tra gliapplausi di tutti, ma non finisce qui perché gliviene chiesto di soffermarsi ancora per firmarei diari di molti degli studenti che lo circondano.Alla fine ,mentre lo riaccompagno in auto versoPiazzale Roma, Roiter mi dice:“Stelio, quello di stamattina è stato forse unodei più begli incontri che ho fatto! Grazie!”

Scala del Bovolo

Imbarcazione “Caorlina”con vogatori

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38SSSSSALUTEALUTEALUTEALUTEALUTE

Tra gli obiettivi dell’Associazione A.O.I. M.d.V. (Mutilati dellavoce), l’impegno morale e civile di sensibilizzare ad uncorretto stile di vita, riveste massima rilevanza. Noilaringectomizzati, testimoni “in primis” delle conseguenzenocive del fumo, abbiamo individuato nel mondo scolasticouna via preferenziale di approccio, confidando che la nostratestimonianza, quale prova inconfutabile, possa valere piùdi mille raccomandazioni. La nostra Associazione, quindi,oltre all’attività istituzionale di volontariato presso gliospedali della Regione Veneto e delle scuole di riabilitazionefonetica, promuove “Non bruciarti la vita”, una campagnaeducativa contro il fumo e per estensione e analogia control’alcol, la droga e le cattive abitudini alimentari. Il messaggioche si vuole trasmettere, anche tramite l’opuscolo informa-tivo “Si possono realizzare i sogni?”, è di estrema attualità,data la drammatica realtà dell’aumento esponenziale deldisagio giovanile.Nel 2009 abbiamo conosciuto il nostro “Virgilio”, il prof.Gabriele Stoppani, che ci ha introdotto e accompagnatonella scuola media “Giulio Cesare”, dove la dirigente prof.ssaGabriella Mazzone ci ha accolto dimostrando un profondo econvinto interesse per la nostra iniziativa secondo lei pregnanon solo di valori sociali ma anche di preziose indicazionieducative e formative adatte per i ragazzi studenti delmattino e per gli allievi adulti del CTP.Proprio a quest’ultimi è stata indirizzata la nostra ultimacomunicazione. Particolare significato ha infatti assuntol’incontro che si è svolto il 13 aprile u. s. Coadiuvati dallaprof.ssa Luciana Milani: abbiamo intrattenuto studenti“speciali”, di età variabile tra i 16 e 40 anni iscritti al corsodi recupero per la licenza di terza media.L’ampia “forbice” del gap generazionale, anzichè rappresen-tare una discontinuità comunicativa, ha rappresentatoun’interessante “cartina di tornasole” con un ventaglio dipotenzialità ricettive. Ma non abbiamo incontrato eccessivedifficoltà nel proporre il nostro messaggio ad una “platea”di persone più strutturate l’approccio è stato positivo e losvolgimento proficuo, grazie all’attenzione dei partecipantipreparati all’ascolto dai loro insegnanti.Il prof. Stoppani, con la sua presenza ha agevolato l’incipitdell’incontro ed ha sottolineato con puntuali interventi ipassaggi più rilevanti, alla luce della sua più diretta cono-

i danni del fumoa cura dell’Associazione A.O.I. M.d.V. (Mutilati della voce)

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scenza del particolare mondo deipartecipanti. Riguardo a questo in-contro, ma direi a tutti gli incontriintrecciati con le varie scuole, vorreisoffermarmi sull’aspetto dei danni delfumo “visti dalla nostra parte”, ossia“visti” da noi portatori del segnoindelebile della conseguenza del viziodel fumo. Forse è un’utopia pensaredi rompere la corazza della dipendenza, com-battere contro un sistema psicologico e socia-le che purtroppo ha sostituito i valori e lecertezze, che non ha o che non trova, con lasudditanza al fumo, all’alcol, alla droga. Siprova spesso una sensazione di impotenzaperché ci si rende conto di combattere “a maninude” contro un terribile Cerbero subdolo evorace. Ma basterebbe che un solo giovanebuttasse via per sempre la sigaretta, persentirci orgogliosi e motivati. Ci è stata posta

una domanda solo all’apparenza ovvia: «Per-ché si continua a fumare, sapendo che famale?». Per una risposta più articolata sareb-be stata opportuna una figura professionale.Cosa di cui sentiamo spesso la necessità ecercheremo di provvedere. Per quanto ciriguarda, abbiamo risposto che la motivazionea smettere, nei casi più frequenti, è statadettata dal più nobile e paradossalmente piùaltruistico degli egoismi: voler bene soprattut-to a se stessi.

Allievi, adulti, dei vari corsi del CTP.

Le sigarette provocano danni anche alla vista.

Gli oculisti della SOI – Società Oftalmologica Italia-na, a seguito di numerosi Congressi Internazionali escrupolose ricerche hanno allungato la già lunga listadei danni provocati dal fumo di sigarette. Le sigaretteed il fumo prodotto da esse pare non danneggino“soltanto” bronchi, polmoni, cuore, arterie e numerosialtri organi, ma compromettano seriamente anche lavista. A contribuire al peggioramento della vista non cisarebbe però solo il fumo di sigarette, ma anche l’abusodi alcol e di caffè, tanto che l’abbassamento della vistacausato da questi fattori (fumo, caffè, alcol) assumeun nome ben preciso: neurite alcolico-tabagica.

SSSSSALUTEALUTEALUTEALUTEALUTE

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40FFFFFILOSOFIAILOSOFIAILOSOFIAILOSOFIAILOSOFIA

Michela Bernardi, dell’Associazione “Alessan-dro Biral”, nel presentarci il suo libro: Statosociale e libertà politica in Tocqueville, ciracconta che esiste un filo diretto tra il suolavoro (a suo tempo presentato come tesi dilaurea) e l’insegnamento del professor Ales-sandro Biral, suo insegnante e relatore: Biralsvelava la realtà attuale senza esporre teorie,mostrando luoghi comuni che scontati nonsono. Il lavoro di Alessandro Biral richiedevapazienza e passione. L’intenzione di Michelaera quella di approfondire il mondo della demo-crazia italiana confrontandolo con i principi diuguaglianza e libertà (teoria per eccellenza),ma tale metodo risultava ideologico ed astrat-to. Biral invece la invita a leggere Tocqueville(autore spesso frainteso perché si muove inuna prospettiva che si scontra con le tradizio-nali interpretazioni storiche che la modernitàha della politica). E’ per questo che si immergenello studio dei testi dell’autore francese ed inparticolare del saggio La democrazia in Ame-rica e successivamente L’Antico regime e laRivoluzione, quindi studia autori come OttoBrunner e altri contemporanei interpreti diTocqueville. La dimensione politica apparivaimmediatamente lotta fra gli uomini per ladifesa di interessi diversi (compresa la compe-tizione elettorale) All’interno delle democrazieimprontate sul concetto di uguaglianza elibertà (e quindi di felicità) emergono invecedifferenze a volte dolorose e persine violente,non corrispondenti al concetto di Polis basatasull’amicizia.Tocqueville, profondo conoscitore di uomini,mostra che la democrazia non è una forma digoverno, ma condizione sociale, all’internodella quale si manifestano le abitudini e lepassioni degli uomini democratici. Essi nonhanno una chiara visione della realtà e lademocrazia si risolve in una “espressione di unmodo di vita” Essi si trovano al buio e, proprio

a cura di Mario Meggiato

“La democrazia è stata dunque abbandonata ai suoiistinti selvaggi; essa è cresciuta come quei bambini

che, privi delle cure materne, crescono da soli nellestrade delle nostre città non conoscendo della

società che i vizi e le miserie (...) il risultato è che larivoluzione democratica si è effettuata nella materia

della società, senza che si operasse nelle leggi,nelle idee, nelle abitudini e nei costumi il

cambiamento necessario per renderle utile. Cosìabbiamo la democrazia senza avere tutto ciò che

dovrebbe attenuarne i vizi e farne risaltare i naturalivantaggi; e alla vista dei mali da essa prodotti non ci

rendiamo conto dei beni che può darci.”(Tocqueville, La democrazia in America)

Conferenza della prof.ssa Michela Bernardi

Stato sociale e libertà politica in Toqueville

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perché pretendono di spiegare il mondo unica-mente con la ragione, perdono, in questomodo, la consapevolezza di sé. Tocqueville èconvinto che proprio l’atteggiamento demo-cratico fa rimanere l’uomo all’interno dellacaverna platonica: Egli, che non ama i libri,preferisce guardare le cose vive, senza maielaborare teorie (come Biral). L’autore france-se vede, paradossalmente, proprio nella de-mocrazia il rischio della perdita inconsapevoledella libertà da parte dell’uomo col pericolo didivenire addirittura schiavo; insistere sulleidee astratte, infatti, potrebbe comportare unoscuramento del pensiero e produrre l’incapa-cità di cogliere la vita di noi stessi. Occorreosservare oltre, per vedere le vere caratteri-stiche degli uomini e per prendere da essi ilmeglio. Senza essere un conservatore eglisostiene che non sono state le rivoluzioni aportare l’uguaglianza, semmai esse l’hanno“giustificata”. Il XIII secolo, infatti, sanciva lavenalità delle cariche pubbliche e producevaquindi la vendita dei titoli nobiliari, con conse-guente sconvolgimento dell’ancien regime: Iceti per nascita implicano un modo di essere,un’umanità distinta per classi. I diversi cetiinteragiscono; costituiscono diverse parti, mainterdipendenti; anche all’interno della fami-glia esistono le differenze che, insieme, costi-tuiscono un tutto anche quando i cuori entra-no in contatto ma non s’intendono, conviven-do necessariamente nelle loro dipendenze.Tali rapporti si dissolvono con la vendita dellecariche nobiliari e con la nascita del “lavoro”.La divisione della terra tra i figli (terra checostituiva identità) diventa insufficiente allasopravvivenza e porta l’uomo dall’essere aldover fare: per sopravvivere occorre dunquelavorare. Il lavoro fa perdere la propria iden-tità, esso costituisce il mezzo per raggiungerela ricchezza che diviene fine ultimo. Si formaallora la piccola società (individualistica) chefa dimenticare la grande società con la con-seguenza di porre in serio pericolo la nostralibertà producendo una reciproca estraniazio-ne. La società si trova allora ad essereorganizzata sulla base delle ricchezze: La

stessa scuola viene vista come opportunitàper raggiungere la ricchezza, tanto che la“sapienza” risulta essere uguale all’ignoranza;ignoranza così attualmente presente e, percerti versi, così diffusa, forse più che nei secolipassati caratterizzati dall’analfabetizzazione.Ecco allora che la caverna platonica potrebberappresentare, in qualche modo, la societàdemocratica spezzata in ruoli espressi attra-verso la specializzazione del lavoro; l’uomoche lavora non esprime la persona nella suainterezza ma soltanto una parte di se; eglieccelle, infatti, in una parte, e pur vivendoall’interno della società, non ne fa integral-mente parte. Quando esprime veramente sestesso, in tale contesto, rischia addirittura diandar “fuori legge”. Ma il fatto più grave ècostituito dalla difficoltà di comprendere noistessi, tanto che spesso usiamo categorie e“concetti teorici” per autodefinirci, rischian-do, perciò, di scorgere soltanto le ombrepiuttosto che la realtà.Tocqueville sostiene che i diritti stessi che,noi, per abitudine, diamo per scontati, posso-no divenire “dogmi” (per esempio: il diritto diuguaglianza assunto come valore assoluto).Taledirittopotrebberappresentareessostessouna “teoria” in quanto derivante dalla elabo-razione della ragione piuttosto che dalla vita.Se ci siamo trovati uguali, non dovremmoquindi enfatizzare tale condizione, ma piutto-sto cercare di comprenderla, attraverso unarigorosa analisi storica.L’autore annota come la religione in Americaabbia svolto un’importante funzione; in parti-colare egli osserva che il “puritanesimo” haagevolato la formazione ed il mantenimentodello Stato democratico.Michela Bernardi, concludendo la propria rela-zione, ci presenta una visione non ottimisticain quanto la democrazia consente una formadi partecipazione parziale attraverso catego-rie e concetti che spesso rischiano d’esserevissuti come dogmi, piuttosto che come “ve-rità” guadagnate dalla vita, producendo, diconseguenza, una dicotomia o un contrastotra i principi e la vita stessa.

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IMPOSSIBILITÀ E POSSIBILITÀ DELLA LIBERTÀ

“Gesù, perché sei tornato? Vattene, io ti accuso e ticondanno. Tu non hai redento gli uomini ma li hai ingannatie oppressi. Pretendendo fosse un dono, hai dato loro unalibertà, una capacità di scelta che essi né meritano, nédesiderano, né possono portare.

Necessariamente delegano agli altri la fatica delle scelte.Nati per essere schiavi, vogliono tutti insieme, senzadivisioni, venerare e obbedire a chi prometta loro pane,felicità, pace.

Nel deserto (Matteo 4,1-11) non dovevi respingere quelloche ti offriva lo Spirito Intelligente e Terribile: trasformarele pietre in pane, costringere Dio a salvarti con il miracolo,obbedendo a lui, prendere il potere sugli uomini e diventarecosì il loro vero Benefattore e Salvatore.

Noi, tuoi Rappresentanti, in tua assenza, correggiamo ecompletiamo la tua opera. Affermiamo di agire in nome diDio, in realtà seguiamo le tre proposte dello SpiritoIntelligente e Terribile. Non abbiamo sete di potere,amiamo e per questo inganniamo per il suo bene il greggedi tutti gli uomini (non i pochi, gli eletti come hai fatto tu).Ad essi nature imperfette, eterni bambini, che desideranosolo la meraviglia di fronte ai miracoli, le oscurità eccitantidel mistero, e l’obbedienza ai poteri, noi imponiamo larinuncia alla libertà, peso gravoso e impossibile, che tu, nonamandoli, hai imposto sulle loro spalle. In cambio avrannopane e felicità”.

il grande inquisitore

Questi sono alcuni passaggitratti dal celebre racconto di

Ivan ne “Il GrandeInquisitore” nel romanzo

“I fratelli Karamazov”di F. Dostoevskij sul quale sipotrà discutere nel corso di

Filosofia 3 condottodal prof. Pio Roberto Berton.

SSSSSPUNTIPUNTIPUNTIPUNTIPUNTI DIDIDIDIDI FILOSOFIAFILOSOFIAFILOSOFIAFILOSOFIAFILOSOFIA

di Roberto Berton

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L’argomento qui trattato vuole soltanto rilevare, con alcuneosservazioni frutto di esperienza e di buon senso, come sianecessario nell’insegnamento eliminare la frattura che lascuola ha prodotto tra matematica, che è coscienzaquantitativa della realtà, (e non una materia a sé stante,carente di spessore interdisciplinare; una sequela di numerie di simboli senza rappresentazione) e nostra vita, nostromondo di conoscere, memorizzare e comprendere attraver-so la logica; un mondo raffigurato sempre nella scuolasoltanto come coscienza qualitativa: il colore, gli oggettiintorno a noi, i nostri sentimenti, si analizzano isolati, senzaraffronti con le complessità dell’esperienza e raramente levalutazioni quantitative vengono chiamate in causa peraiutare a dare maggior chiarezza ai risultati della nostraricerca.Questa la premessa alle nostre osservazioni.Va aggiunto inoltre che oggi, in un mondo diventato cosìsfuggente per l’accelerarsi dei suoi progressi, è necessariotrasmettere a livelli elementari, alcuni concetti che sarannogli strumenti per una giusta interpretazione dell’ambiente,anche nel suo rapido evolversi.

Ma entriamo in argomento:noi sappiamo bene che quanto viene insegnato non trattanozioni statiche, inamovibili; le nostre nozioni, come lenostre scoperte, hanno tutte una storia e sono relative almomento e al luogo in cui viviamo.Un esempio che mi pare chiaro:ILNOSTROSISTEMADINUMERAZIONEE’ANCORAVALIDO?La sua storia la conoscete; noi lo adoperiamo da dopo lacaduta dell’Impero Romano, con l’introduzione delle cifrearabe e dello zero in particolare.E’ un sistema a base 10, basato cioè sul 10 e sulle potenzedel 10 ed è posizionale.La posizione di una cifra rispetto ad un’altra ci dice a chepotenza di 10 quella cifra è elevata. Un esempio: il 127Leggiamo come fosse scritto: (1 x 102) + (2 x l0) + 7.Questa convenzione della posizione abbrevia di gran lungala lettura del numero e i calcoli relativi.Oggi sono molto diffuse le macchine calcolatrici, i cervellielettronici, i computer..., macchine che tutti conoscono enon solo per esperienza indiretta.

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Considerazioni sull’insegnamento della matematica

matematica per tuttidi Alba Finzi

Alba Finzi è persona conosciuta estimata nella nostra scuola grazie alle

testimonianze sulla shoah che damolti anni nel giorno della memoria,con emozione e lucidità, offre a tuttinoi, per non dimenticare le angheriei soprusi le torture le tragedie che gliebrei (e la sua famiglia lei compresa)

subirono per mano dei nazisti e deifascisti, soprattutto dopo la

promulgazione delle leggi razziali inGermania e in Italia.

In questo suo articolo, che conpiacere riceviamo e pubblichiamo,

la scopriamo nella veste di docente,il lavoro della sua vita. Con unavisione critica iperbolica quanto

propositiva e un’analisi rigorosa eserrata, Alba si interroga sul senso

dell’insegnamento della matematicanelle scuole ed infine afferma:

“E’ necessaria una nuovadidattica della matematica, una

matematica ordinatrice della realtà;che, intesa nella sua funzione

essenziale, quella formativa, portil’individuo a capire e a criticare in

modo intelligente e obiettivo ilmondo di cui fa parte…”.

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Funzionano anch’esse con un sistema di nu-merazione a base 10? No, certo. La macchinadeve essere strutturata in modo semplice,perché ci risponde accendendo delle luci.Ora, una lampadina ha due sole possibilità: oè accesa, o è spenta; cioè o la corrente passa,o è interrotta. Ecco che il sistema di numera-zione per le macchine è a base due. E’anch’esso posizionale e la posizione delle luciindica la potenza del DUE a cui quel posto èelevato. E’ questo un sistema di una semplicitàenorme, in tutti i processi operativi; ma,naturalmente, essendo a due sole possibilità:0 (o spento) e 1 (o acceso), produce numerilunghissimi.

Un solo esempio:il 15 significa, a base 10: (1 x 10) + 5.

Trasformiamolo a base due; vediamo perciò lapiù alta potenza di due contenuta nel 15:

(16 >15> 8) è 8 che è 23 e avanza 7 (15- 8 = 7);

nel 7 è contenuto il 4, che è 22 e avanza3 (7 - 4 = 3);

nel 3 è contenuto il 2 e avanza una unità.Avremo cosi’ quattro lampadine accese, chesignificano

23 + 22 + 2 + 1 = 15 a base dieci.Perciò 15 a base dieci, si scrive 1111 a basedue.

Se l’esempio dato fosse stato il 16 a base dieci,che è due alla quarta con l’avanzo di zero,avremo avuto una sola lampadina accesa inquinta posizione e tutte le altre spente.Un due alla quarta senza resti è 24+0 + 0 + 0+ 0 unità e, a base due, si scrive: 10000.

Concluderemo dicendo che il sistema a basedieci è ancora valido se operiamo “a mano”,non è certo usufruibile se operiamo con lamacchina.

Con questo esempio del sistema di numeri abase due ci sembra anche di aver provatocome l’aspetto operativo e utilitaristico dellamatematica può facilmente scadere: nel casodella macchina basta infatti che l’uomo impo-sti un programma, cioè un problema; la mac-china esegue tutti i calcoli necessari perrisolverlo.

Ecco che viene in luce l’aspetto creativo dellamatematica; aspetto che la macchina rimandainevitabilmente all’uomo - essa non può certoautoprogrammarsi - e che perciò dobbiamotenere in rilievo.E se noi consideriamo preminente questoaspetto della matematica - una matematicacostruttrice e ordinatrice di ogni conoscenza,e in conseguenza di ogni materia di studio, unamatematica necessaria perciò come il linguag-gio e l’espressione, ci accorgiamo che giàoperiamo continuamente con concetti dellenuove matematiche. Vediamo di dimostrarlo.

Credo che tutti noi abbiamo contatti conragazzi che frequentano scuole secondarie.Tutti perciò abbiamo sentito parlare di insiemi,di insiemistica.Che cosa significa “insieme”? Semplicementeciò che ci dice la parola: un raggruppamento.Naturalmente non un raggruppamento casua-le, ma logico.Il concetto di insieme è un processo logico,basilare, che ha portato - con la sua introdu-zione nella matematica - grande unità nellastruttura interna.Affermavo che si educa questo processo incontinuazione, perché esso è base del ragio-namento. Esso in parole povere significa potercogliere una relazione, un legame possibile trai dati, (chiamateli pure “osservazioni” se vi fapiù comodo,) che raccogliamo intorno a noi edè sicuro che non confondiamo affatto unelemento dei vari gruppi (insiemi) che regi-striamo, con elementi appartenenti ad altrigruppi.

Quando poi voi indicate con una sola parola alsingolare un raggruppamento, (esempio: leparole collettive), date esplicitamente il con-cetto di insieme.

Gregge (singolare) = pecore (plurale).Un insieme facilissimo da cogliere perchéformato da elementi tutti omogenei. Ma se laparola è “biblioteca”, è evidente che possoarrivare ad intendere anche libri raggruppatiper argomento.

(Biblioteca = libri di avventure, enciclo-pedie, romanzi,...)Con questa distinzione arrivo a dare il concet-to di sottoinsieme.

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Ma ancora: introduciamo esplicitamente con-cetti di insiemistica, quando scriviamo unaseriedinomiediaggettividaporre inrelazione,esempio:ghiaccio con freddocaffè amarozucchero dolcecioè stiamo considerando due insiemi, nomi eaggettivi, in cui è possibile stabilire una rela-zione tra elemento ed elemento fino ad esau-rirli tutti.Un tipo di corrispondenza simile è un concettoaltamente significante in matematica; si chia-ma “corrispondenza biunivoca” - ad un nomecorrisponde uno ed un solo aggettivo (eviceversa); uno nel senso di esistenza, unsolo nel senso di unicità.E’ un concetto basilare per la logica matema-tica perché è quello che porta alla caratteri-stica comune a tutti gli insiemi, siano essi i piùeterogenei, quando hanno la stessa quantitàdi elementi: questa caratteristica comune è ilnumero che li comprende interamente.Quanti disegni e quante manipolazioni perarrivare a cogliere questo concetto! (quattrostelle, quattro gatti,...)Una precisazione: non occorre che siano finitidueinsiemi,peraverecorrispondenzabiunivocatra gli elementi che li compongono; per esem-pio: tutti i numeri naturali e i loro quadrati.Mi sono dilungata in queste esemplificazioni,non tanto per rimandarvi ad alcune conside-razioni di insiemistica, ma proprio per porre inluce come un linguaggio e dei concetti mate-matici entrino nella vita pratica e nel nostrolavoro. Sono considerazioni che chiariscono illegame profondo e inevitabile tra la matema-tica e lo studio di quelle materie in cui laconoscenza progredisce quanto maggiore è lacapacità di raccogliere e valutare i dati.Un solo esempio: la geografia in generale e lageografia vista come ambiente modificato:città, prodotti. Produzione che non sempre èdovuta a caratteristiche climatiche, ma aragioni economiche che affondano le radicinella storia di quel paese. Da qui paesaggio efauna messi in discussione da tali cambiamen-ti. (Argomenti per eventuali dibattiti: “animalidomestici e animali selvatici; animali e clima;animali e paesaggio; fasce disabitate; ecc.,ecc.”).

Credo che a questo punto sia evidente l’indi-cazione didattica di permettere ad ognuno diseguire il proprio processo logico perchéquesto si sviluppi in maniera completa.E qui entriamo nel campo della psicologia.Sempre valido in questo meccanismo di svilup-po della mente il noto detto cinese:

Se ascolto, dimenticoSe vedo, ricordoSe faccio, capisco

la necessità cioè di lasciar liberi i fanciulli dipensare e di fare le proprie scoperte e, perchéquesto avvenga, la necessità che essi hannodi “fare”, di “manipolare”; e qui con forzabisogna sottolineare come proprio l’insegna-mento dell’aritmetica e della geometria sianellenostrescuole ilmeno individualizzato;maviene introdotto con concetti già generaliz-zanti, ordinativi.Nei cicli più avanzati, poi, diventa lezionecattedratica, di ascolto, lezione collettiva: chiriceve? Non sempre la risposta è “i più pronti.”;più adatto è dire “coloro che pensano comenoi.” (coloro che hanno lo stesso tipo dicoordinate mentali nel processo deduttivo...)L’alunno per conquistare gradualmente l’am-biente e averne padronanza, deve esserelasciato libero nella scoperta delle relazioni traosservazione ed osservazione.Questa possibilità che noi gli diamo di fare percapire, si rivela efficace perché l’età evolutiva,quella che noi educhiamo, ha proprio, comeragionamento, il ragionamento induttivo, perarrivare a stabilire delle relazioni. Il ragiona-mento deduttivo implica delle premesse, deipresupposti che queste età non possiedono.

Concludendo: vorremmo che queste nostreconsiderazioni convincessero ch’è necessariauna nuova didattica della matematica. Unamatematica, ordinatrice della realtà; che,intesa nella sua funzione essenziale, quellaformativa, porta l’individuo a capire e a criti-care in modo intelligente e obiettivo il mondodi cui fa parte. Affrontando ogni situazionecome un problema, si forma inevitabilmentenell’alunno una tensione psicologica, che siappaga soltanto affinando lo spirito di ricerca.Siamo inoltre sempre più convinti che taleeducazione è possibile e si compie attraversoil fare, la manipolazione.

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Professor Cisternino, che cos’è la GDL?

La GDL è la Globalità dei Linguaggi: è una disciplina dicarattere formativo e fondamentalmente pedagogico, quin-di fondata sulla comunicazione, sull’integrazione; ed è unadisciplina che si rivolge all’utilizzo di tutte le qualità e di tuttele affinità linguistiche di cui ha capacità l’uomo, attraversotutti i sensi, per valorizzare in pieno le potenzialità umane.Quindi è in qualche modo una disciplina che cerca diriorganizzare, comunque di rimettere insieme sul piano dellacomunicazione e dell’integrazione quelle che sono lepotenzialità umane.Questa è in termini molto generali una definizione dellaGlobalità dei Linguaggi.

Da dove nasce questa disciplina e da chi è statafondata?

Questa disciplina, la Globalità dei Linguaggi,è una ideazionedi Stefania Guerra Lisi:Stefania Guerra Lisi è una operatrice, una docente, unaricercatrice soprattutto nell’ambito dell’Arte-terapia. Par-tendo da una particolare esperienza personale che è quelladi essere madre di una ragazza, ormai cinquantenne, nataagli inizi degli anni sessanta, cerebro-lesa molto grave,appoggiandosi ai suoi studi di formazione artistica, (avevafrequentato l’Accademia delle Belle Arti, operato nell’ambitodell’arte scenografica, collaborato con molti artisti a Romatra i quali Turcato, Fazzini e diversi altri) si è posta ilproblema, come madre e come artista di come potersviluppare un percorso proprio e cercare una via chepotesse aiutare la sua maternità e la vita con questabambina. Da lì parte tutto un percorso di Stefania Guerra Lisiche la porta in giro per l’Europa, a frequentare molte attività,seminari e corsi di formazione tra la Germania e la Svizzeracomunque nel nord dell’Europa dove già c’erano, agli inizidegli anni sessanta e negli anni settanta, diverse iniziative,diverse correnti di Arte-terapia. Elabora così questa disci-plina che adesso costituisce un corpus che si estrinseca innumerose applicazioni fra cui un master di formazione postuniversitaria presso la Sapienza di Roma, master in artemusicale e musico-terapia.

Una singolare esperienza formativa per docenti e genitori presso laScuola “Giulio Cesare” di Mestre

globalità dei linguaggi: intervista a

Nicola Cisternino a cura del Laboratorio Multimediale

Il corso di formazione“Integrazione interdisciplinarenella Globalità dei Linguaggi”tenuto dalla dott.ssa Stefania

Guerra Lisi si è svolto aMestre presso l’Istituto

Secondario di Primo GradoCaio Giulio Cesare da

novembre 2008a maggio 2009.

Scandito in sei incontri, hacoinvolto alunni diversamente

abili, genitori, docenti disostegno e docenti di altre

discipline.

Stefania Guerra Lisi, fondatricedella GDL e docente del corso

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Su che principi si basa la GDL?

FondamentalenellaimpostazionedellaGlobalitàdei Linguaggi, ed è una sua particolarità, è illavoro fatto da Stefania Guerra Lisi sugli stiliprenatali per i quali lei ha fatto una ricercamolto elaborata che consiste nella ricostruzio-ne, all’interno della vita intrauterina, di settestili, sette momenti che in qualche modopossono essere individuabili e che rappresen-tano proprio il ciclo di vita. Questi stili poipossono orientare nell’ambito terapeutico maanche nell’ambito operativo a ricostruire inqualche modo le fasi di rielaborazione dellapersonalità: si va dal primo stile che èl’annidamento, al dondolamento, al ritmico-catartico fino all’immago-azione che è quellopoco prima della nascita, fino allo stile catarticoin cui si ritrovano grazie a questa sequenzialitàdi costruzione dell’esperienza intrauterina, lerielaborazioni di un possibile approccio a de-terminate problematiche. Questo processo èun qualcosa che caratterizza fortemente laGlobalità Dei Linguaggi e la rende, sotto questoaspetto, di grandissima portata terapeuticama anche pedagogica.Per questo poi si è sentita la necessità anchedi integrare l’esperienza pratica con la cono-scenza teorica. Ecco perché si è sollecitatomolto i partecipanti al corso, sia in fasepreparatoria che durante lo svolgimento delcorso, ad approfondire la lettura e la cono-scenza dei testi della GDL.

Su quali teorie ed esperienze formative epedagogiche si basa la GDL?

La Globalità dei Linguaggi, essendo una prati-ca, una disciplina di correlazioni, e anche disintesi, per certi aspetti ha nutrimenti di variotipo: da una prospettiva prevalentementefondata sugli archetipi junghiani, direi, per cui

c’è naturalmente la base di tutta la teoria e ditutta la operatività fondata sulla potenzialitàdella ricerca dell’archetipo e del sé che è stataelaborata da Jung. Poi nutrita certamente daesperienze particolarmente significative an-che se abbastanza sotterranee nella culturaitaliana, di cui ho avuto occasione di parlareanche con Stefania Guerra Lisi, che certamen-te è qualcosa di edificante ed è il rapporto ocomunque l’ascendenza, l’ancoraggio dellaGlobalità dei Linguaggi alla Psicosintesi diRoberto Assagioli: un grande psichiatra, ungrandestudiosodiorigineveneziana,dicuinellacultura italiana si conosce molto molto poco.La Psicosintesi, fondata proprio sulla sintesidelle ricerche psicologiche presenti in tutte leculture di varie ascendenze, a cominciare dallacultura orientale, a tutto quello che è l’appa-rato psico e psicoterapeutico che si è svilup-pato insomma nella seconda metà del 900.Quindi le ascendenze possono essere tantis-sime altre perché è una disciplina che, agendoanche operativamente oltre che nella teoria eliberando una serie di potenziali dal punto divista dell’integrazione, e operando sulla per-sonalità nella sua complessità e nella suastratificazione archetipica, in qualche modomette in relazione competenze, conoscenze eascendenze di natura veramente molto ampia.Ciò che ha ereditato dalla cultura psicosinteticaè anche un carattere non violento,ambientalista, di rapporto con la natura, dicarattereorganico, fondatosullavalorizzazionedelle potenzialità, sulla possibilità dirigenerazione attraverso l’indagine interiore,attraverso gli archetipi. Quindi una grandevalenza simbolica nella rappresentazione e, inquesto senso, l’attività della Globalità deiLinguaggi si basa soprattutto sulle fiabe e lalettura, ma anche sull’architettura e l’organiz-zazione dello spazio che l’uomo si crea intorno:è un qualcosa di estremamente ricco e fertile.

Nicola Cisternino,animatore del corso

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Che metodologie si applicano?

Avendo un quadro di riferimento molteplice, dicarattere globale, la GDL è un linguaggiosostanzialmente centrato sulla sinestesia cioèsui rapporti sinestetici fra i vari sensi e sullaintegrazione e potenzialità di varie facoltàpercettive che diventano lo strumento dicostruzione della personalità e cercando dirivalorizzare e rimodulare anche su varie fa-sce, dipende dai soggetti che in qualche modopartecipano all’esperienza, alla reintegrazionedi questi rapporti sinestesici. Quindi da tuttociòcheriguardal’organizzazionevisiva,spazialea tutto ciò che riguarda la musica e quindil’orecchio; anche la dimensione tattile, ladimensione del gusto, e dell’olfatto sono moltopresenti. Proprio Stefania Guerra Lisi raccon-tava di un livello di operatività della Globalitàcon iquali stannofacendounasperimentazionemolto interessante all’Università di Lecce ope-rando su diversi casi di coma e di comaprofondo proprio attraverso il gusto e olfatto,preparando piatti, facendo cucina che rico-struisse attraverso l’olfatto un gusto che eraprecedente al trauma. Quindi è la dimensionesinestesica, se vogliamo dire in termini un po’teorici, ma dove tutti gli strumenti sonoassolutamente intrecciati e operativi e quindiriportandosi a quella dimensione originariaarchetipica che è particolarmente caratteri-stica dell’età infantile ma che poi è supportodella personalità anche matura.

Come si è svolto e chi ha partecipato alseminario della Giulio Cesare?

Il corso si è svolto nell’anno 2008-2009, ed hacoinvolto docenti e insegnanti di tutte lediscipline in base al quadro di riferimentosinestesico della Globalità dei Linguaggi. Cisono stati molti insegnanti, sostanzialmente

una trentina, principalmente insegnanti disostegno ma anche di varie discipline, hannopartecipato i genitori di alcuni ragazzi portatoridi handicap e alcuni studenti dell’Accademia diBelle Arti di Venezia nell’ambito del corso diPedagogia e Didattica dell’arte. Il corso si èsvolto in tre momenti di incontro: nel tardoautunno, poi in febbraio, infine a maggio e inquesti tre momenti di incontro ci sono statedue giornate di lavoro in full immersion dalle8 di mattina fino al pomeriggio ed eranosuddivise in una parte laboratoriale (al matti-no) in orario scolastico e una parte formativa(al pomeriggio). Erano due scuole a partecipa-re, ad aver creato questo progetto, che èpartito dalla Giulio Cesare, ma ha visto asso-ciato l’Istituto Comprensivo Arturo Martini diPeseggia di Scorzè. Quindi gli insegnanti delledue scuole, nella mattinata, assieme al gruppodi ragazzi portatori di handicap certificati, maanche ad alcuni ragazzi caratteriali o conalcune difficoltà di carattere comunicativo, intutto una ventina di ragazzi, a rotazionepartecipavano a questo laboratorio mattutinoche si teneva nell’Aula Magna; abbiamo aquesto scopo attrezzato lo spazio come unavera e propria palestra della Globalità deiLinguaggi, con tutti i materiali, l’aula è statasvuotata interamente per avere libertà dimovimento. Nel pomeriggio Stefania GuerraLisi per tre ore teneva lezione e rielaboravadiciamo ‘teoricamente’ quello che era statofatto al mattino, con l’intervento attivo ecostante di tutti i partecipanti. Sostanzial-mente questo modulo organizzativo dell’even-to ha funzionato abbastanza bene ed è statomolto efficace considerando le difficoltà cheognuna delle due scuole ha dovuto gestire,dovendo rimodulare e riorganizzare l’interaattività scolastica degli istituti per il numeroconsistente di docenti che partecipavanoall’iniziativa e gestire poi anche il trasporto dei

I ragazzi alezione di musica

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ragazzi, alcuni dei quali venivano da paesi fuoridell’area di Mestre.La partecipazione è stata ampiamente positi-va e, direi, proprio in accordo con ciò cheinsegna la teoria della Globalità dei Linguaggi,è stato fondamentale il coinvolgimento deigenitori per avere partecipe tutto l’assettoformativo della personalità, non solo quelloscolastico ma anche di una autentica integra-zione scuola-famiglia. Il Corso ha visto poi unagiornata conclusiva nel settembre 2009 alcinema Dante in cui si è organizzata unapiccola mostra con esposizione dei lavorirealizzati all’interno del corso durante la qualeStefania Guerra Lisi ha tenuto una lezioneconclusiva per il corso di formazione per tuttigli insegnanti e genitori.

A suo parere quali risultati sono stati ot-tenuti?

Ilprimorisultatoèstato ilmodelloorganizzativoche nella scuola italiana di questi anni non èfacile da realizzare; non solo dal punto di vistadell’impegno anche economico, cioè la desti-nazione di tutta una serie di risorse allaformazione di insegnanti in quadro di strettorapporto con le famiglie. La scelta di destinarecospique risorse di due scuole per un anno aduna attività è stato un investimento abba-stanza significativo e importante. Altamentequalificante poi il livello professionale del-l’esperienza perché è stato un corso tenutodirettamente dalla ideatrice della GDL, Stefa-nia Guerra Lisi, che ha dato una disponibilitàstraordinaria e generosa al fine di formare più

docenti e genitori del territorio veneziano suqueste modalità operative.Quindi il primo risultato è stato quello di riuscirea realizzare il corso sia dal punto di vistaeconomico che gestionale. Un piano, quellodella gestione che necessitava di energie,capacità e voglia organizzativa che è già di persé un’operatività dei potenziali umani ancorprima che professionali, perché già operare percostruire un intervento formativo di questotipo, è un operare con la GDL.Altri risultati, naturalmente più difficili davalutare, sono quelli di lungo termine e riguar-dano la ricaduta nella didattica, cioè nellascuola del mattino di esperienze del genere;questo naturalmente è un patrimoniomotivazionale oltre che operativo e professio-nale soprattutto per gli insegnanti che credovi abbiano trovato abbastanza arricchimentoproprio perché è stato un evento formativofondato sostanzialmente sulla operatività equindi sulla capacità di lettura di fenomeni, diidee, processi che poi si possono realizzare inclasse ad opera degli insegnanti di sostegno inprimis ma anche da parte degli insegnanti delleeducazioni espressive (arte, musica, tecnolo-gia ecc.), che hanno partecipato al progetto.Ad esempio durante il corso c’è stato un lavorosulla fiaba di Pinocchio riletto attraverso ladimensione simbolica e archetipica (la balenae l’assenza del grembo materno con la rinasci-ta di Pinocchio e il complesso ruolo paterno)cioè tutta una serie di dinamiche (emo-tono-fono-simboliche come le definisce la GDL) chepoi sono state rielaborate soprattutto neicorsi di formazione artistica, come anche conattività manuali (tattili) con la ceramica e lacreazione dei quattro elementi.La scuola si è dunque dotata di una propriabiblioteca, di gran parte dei testi della Globalitàdei Linguaggi e che sono a disposizione degliinsegnanti con la speranza di poter proseguire

I ragazzi al lavoro nei laboratori

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anche su tempi abbastanza lunghi questaesperienza formativa. Inoltre si sta cercandodi realizzare una documentazione video, gra-zie alla collaborazione del laboratoriomultimediale del Centro di Educazione Perma-nente con tutte le ragistrazioni effettuatedurante il corso; questo materiale potrebberientrare in un progetto per una pubblicazioneda realizzarsi grazie ad un contributo della

Banca del Tempo e del-l’Associazione Gaia diMestre per cercare diprodurreundocumento,quindi un piccolo volu-me, un piccolo manualesulla Globalità dei Lin-guaggi per la promozio-

ne di questa esperienza all’interno del territo-rio e delle scuole nel veneziano.Il Corso infatti è stata pensato come una sortadi esperienza pilota all’interno del territorio peraggregare e diffondere questa importantemetodologia didattica e creare al tempo stes-so degli strumenti formativi e di documenta-zione utili per poter continuare ad operarenelle scuole.

StefaniaGuerraLisi

Diplomata in Belle Arti. Docente di Disegno e Storia dell’Arte alla scuola magistrale Montessori di Roma.Collaborazione presso gli studi degli artisti Guttuso, Turcato, Fazzini, Montanarini, Mannucci. Seminari suilinguaggi non verbali in varie Università italiane. Dal 1989 docente di discipline pedagogiche e dellacomunicazione alle Università di Roma La Sapienza e Roma Tre.Esperta della riabilitazione di handicappati sensoriali, motori e psichici, e in particolare nel riveglio dal coma,ha operato in vari Centri e Istituti (a Roma, Arezzo, Pisa, Diacceto, Ostia, Catania, Trento, Genova, Livorno,Firenze, Reggio Calabria, Venezia, Piacenza, San Marino, Canton Ticino), tra cui Cottolengo di Torino, DonGuanella di Roma; Don Gnocchi di Roma e Milano, e varie Istituzioni psichiatriche (Collegno, Frosinone,L’Aquila,Cremona,Siena,Volterra,Pesaro,Roma,Firenze,Lecce),nonchévarieAziendeU.S.L.esediAIAS,ANFFAS,DOWN,O.D.A.,O.A.M.I.,ANGSAealtre.

Ideatrice del Metodo della ‘Globalità dei Linguaggi’, dal 1980 ha tenuto corsi e seminari presso varie istituzioniitaliane (CIDI, MCE, MoVI , SIEM, , distretti scolastici o sanitari locali in molte province) e all’estero (Svizzera,Spagna,Finlandia,Francia,Messico).Dal1982al1997èstatadocentealCorsoQuadriennalediMusicoterapiadella Cittadella di Assisi. Dal 1996 dirige la Scuola Quadriennale di Globalità dei Linguaggi con varie sedi(Bologna, Venezia, Imperia, Roma, Firenze, Lecce, Afragola, Riccione), ed è docente della sua disciplina alMaster in “MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi” all’Università di Roma Tor Vergata.E’ autrice di numerose pubblicazioni e promotrice di Convegni Nazionali annuali della Globalità dei Linguaggi.

Madre di Elvira, cerebrolesa, è presidente dell’A.N.I.S. (Associazione Nazionale per l’Integrazione Sociale).

© 2009 Università Popolare di MusicArTerapia

Stefania Guerra Lisi,fondatrice della GDL,docente del corsocon i suoi allievi.

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Ho conosciuto GianMario a cavallo tra il 2005 e il 2006 inoccasione delle tre lezioni magistrali che tenne agli studentiadulti della scuola media “C. Giulio Cesare” su altrettantitemi di grande valore civile e storico intitolati nell’ordine“Guerra e Pace”, “Libertà e Democrazia”, “Società eGiustizia”. In merito ai contenuti abbiamo pubblicato sullarivista E. P. (Educazione Permanente) redatta dal CTP(Centro territoriale per l’Educazione degli adulti) e dall’as-sociazione Nicola Saba un’ampia relazione a firma delcorsista Mario Meggiato, nel settembre del 2006.Furono incontri di storia politica cultura e interazione vivacee partecipata con il pubblico presente, in calce ad ognilezione.Mi colpì innanzitutto la lucida e serrata argomentazioneattraverso la quale GianMario affermava l’imprescindibilelegame tra pace libertà e giustizia, unici valori fondanti dellademocrazia e garanti della “salvezza” dell’uomo in unasocietà civile oggi come ieri; in un’affascinante letturasincronica del presente, in Italia in Europa e nel mondo, edin un’altrettanto accurata analisi diacronica degli avveni-menti storici con fermata obbligata sul momento storico cheil partigiano GianMario considerava topico nel rinascimentocivile e sociale dell’uomo: la lotta di liberazione e lapromulgazione della costituzione italiana. Ognuno di noi, edio per primo, ebbe l’esatta percezione che non si trattavadi lezioni cattedratiche, che non si era insomma in presenzasolamente di un valido incalzante e solido costrutto razio-nale, ma di ragionamenti impregnati di vita e di fiducia efedeltà a valori testimoniati nel passato, nella resistenza enell’impegno politico, ed affermati nel presente con la forzadi un giovane che sa sognare una società diversa dovepossano convivere i diversi e le diverse idee, dove soprat-tutto trovino finalmente adeguata cittadinanza i più deboli,gli umili, in particolare dove tutti gli uomini abbiano paridignità e non vi siano più sudditi né differenze tra i cittadiniin specie tra uomini e donne, padroni e operai.Ricordo che alla fine di ogni lezione il dibattito era vivo epartecipato, ma proprio nel senso del vissuto; chi loconosceva lo interpellava su vicende e situazioni storichedi Venezia e dell’Italia; i più che lo sentivano per la primavolta erano sollecitati a dialogare con lui su fatti del passatoma anche di estrema attualità come la guerra in Iraq o la

ricordo di GianMario Vianellodi Gabriele Stoppani

GianMario Vianello sidimostrava maestro di

saggezza, discuteva senzapontificare, insegnava senza

imporre, tutt’al piùproponendo con la forza

della ragione.

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La foza della cultura.

GianMario Vianello

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questione ambientale. GianMario si dimostra-va maestro di saggezza, discuteva senzapontificare, insegnava senza imporre, tutt’alpiù proponendo con la forza della ragione. Etalvolta veniva a galla il fiuto politico di chiaveva dialogato molto con la gente del popolo,ma anche di chi sapeva capire l’andamentopolitico in particolare leggere determinatealleanze e “prevederne il futuro”; eravamo allavigilia delle elezioni politiche del 2006, unasignora gli chiese che ne pensava della vastaalleanza del fronte di “sinistra”, GianMariorispose che non capiva bene che ci stesse afare un partito con un certo presidente chefino allora aveva condiviso poco delle sceltedemocratiche di quello schieramento; ebbenequel “signore” chiaramente indicato con tantodi nome e cognome, due anni dopo da ministrodella giustizia farà cadere il governo Prodi.Eppure di quelle lezioni io colsi un aspetto chefin da allora mi sembrò fondamentale ed insitonella natura dell’uomo GianMario, connaturatoal suo modo di essere e di fare, capace diinnestare un connubio spontaneo in lui trapensare agire ed affermare: l’aspetto cultu-rale. La cultura, si capiva al volo gli era cucitanell’animo…e ne aveva informato la vita. Alcu-ne citazioni furono esplicite, e Meggiato le hariportatenelsuoarticolo,si trattavadiNorbertoBobbio di Benedetto Croce tra i filosofi edovviamente di Tolstoj a proposito di guerra epace. Ma la preparazione umanistica e lette-rariarimanevatra lerighetra leargomentazionidiscorsive irrorate da riferimenti non dettiperché la cultura è discreta e saggia disser-tazione, mai smaccata erudizione. Vi leggevoanche evidenti predilezioni, per gli illuministiper i filosofi razionalisti come Spinosa e Kanted i critici inglesi come Locke e Hume; “amorispirituali e culturali” di GianMario, che misarebbero stati confermati più avanti neltempo quando si instaurò tra noi una corri-spondenza epistolare e telefonica, dato che ildestino, la sua malattia, volle che di personapiù non ci incontrassimo.Nel settembre 2007 GianMario mi fece regalodi un opuscolo intitolato “Cultura, politica eclasse operaia”. Era un’intervista che avevarilasciato ad A. Aiello nel 2006 e che la figliaSabina aveva voluto dare alle stampe. Nellaprima pagina bianca del libro GianMario di suo

pugno mi scriveva “Caro Stoppani, durante lamia permanenza in ospedale Sabina ha volutostampare “in estratto” una mia intervista del2006. Sono ricordi/riflessioni abbastanza sin-ceri e molto meditati su tante vicende perso-nali e politiche degli anni dal 1943 al 2006 (eanche di qualche decennio prima) sulla vita delmovimento operaio. Con molta stima e affet-to…”. Lo lessi con avidità e lo rilessi con grandeattenzione. Capii molto dell’impegno politicoumano e sociale di GianMario dalla resistenzaalla militanza e alla dirigenza del PCI ed oltre,a favore degli oppressi in nome di una pietàumana, che la madre maestra gli aveva inse-gnato, e che lui sentiva per l’oppressione chesubivano e la miseria che vivevano i lavoratori.Una pietas che gli aveva trasmesso negli annidi università il grande studioso antifascistaPiero Martinetti (GianMario da partigiano scel-se in suo onore il nome di Piero), un concettoquasi religioso di rispetto per l’uomo, una“religio” laica intesa come legame all’uomo edai grandi valori di libertà e democrazia un senso“religioso” della politica come dedizione tota-le; la pietas “è il fondamento della politica, èil rapporto con gli altri, è il desiderio di potercambiare il mondo in meglio è la rivolta controle oppressioni e le ingiustizie che i giovanisentono fortemente…Questa carità umana sediventa fanatismo finisce per svilire la suaportata positiva che poggia su un sentimentodi altruismo. Ecco il nesso con la ragione chealla fermezza nell’ideale concilia la freddezzail dubbio metodico che ti consentono sempreun’analisi critica delle tue azioni per cogliernelimiti ed errori”.Ma in tutta l’intervista traspariva il grandelegame di GianMario con la cultura che comelui stesso dice “deve essere qualcosa divivente, in continuo divenire. La cultura èricerca della verità, ha una sola regola: libertà,totale, assoluta di ricerca di espressione.Senza tabù, veti, limiti di qualsiasi tipo impostida convenienze o da autoritarismi, governi,maggioranze, poteri, religioni”. Mi son fattol’idea che GianMario non solo si interessava allacultura ed ai suoi prediletti enciclopedistiilluministi i suoi Spinoza Hume Kant Hegel o illatino Lucrezio o gli scrittori come Omero VillonMoliére Kafka Eliot Montale ecc. ma avevaesercitata nella quotidianità come impegno a

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favore della libertà e della giustizia. Insommaun uomo di cultura prestato alla politica.Nell’intervista infatti afferma: “Fondamental-mente non sono un politico. Forse un uomo dicultura che ha letto e studiato con moltapassione: la storia del mio Paese, il senso dellastoria in generale, come combattere l’odio e latirannia”.Gli scrissi una lettera per ringraziarlo del libroma anche per confidargli che non solo condi-videvo le sue idee sulla cultura ma che in fondoper più di trent’anni le avevo praticate anch’io,certo non con un impegno nelle istituzioni e nelpartito così alto ed importante come il suo, manella mia vita di insegnante dedicata all’istru-zione degli adulti, dalle “150 ore” all’educazio-ne permanente dei CTP, con una stella polaresempre chiara e presente: star dalla parte dicoloro che per estrazione sociale od altroerano stati esclusi dalla scuola e dalla cono-scenza, a favore di una scuola che permettes-seagliumilidiappropriarsidistrumenticulturaliper contare criticamente di più nella vita.Avevo esagerato in presunzione? GianMario mismentì subito con una bellissima lettera dirisposta che con parole affettuose e soppe-sate sancivano un’affinità spirituale e forseanche un’amicizia che una persona così coltae di alto spessore morale si degnava riservar-mi. Così mi scriveva: “A Gabriele Stoppani- horicevuto la cara tua lettera e ti ringrazio perl’apprezzamento così sentito di quelle miememorie personali e politiche in cui ho cercatodi analizzare alcune questioni sul rapportocomplesso (e tutt’altro che risolto) fra cultu-ra-verità-politica e partiti (che sono parti). Hoosservato con quanta passione ed acutezzahai commentato e sviluppato questi temi inrapporto alle tue peculiari esperienze, ai tuoivivi ideali, a un ardore profondo”.Ma GianMario non solo affermava il concettodella cultura e dello studio come ricerca senzafondo per tutta la vita (Socrate e Platone), maviepiù lo praticava, insomma non si fermava,studiava e produceva pensiero nonostante lamalattia. Nel proseguo epistolare così conti-nuava: “Su questi temi spero potremo intrat-tenerci di persona fra qualche tempo. Per orala malattia che mi ha colpito togliendomi quasitotalmente la voce mi ha reso così afasico daimpedirmi ogni attività che implichi relazioni a

voce. Un po’ me ne spiace, ma del resto ho giàparlato tanto e forse troppo in vita miafinora…con gli inevitabili (e forse no) errori. Houn eccellente e caro ricordo delle premureaffettuose con cui avete accolto l’anno scorsonei nostri incontri a scuola le mie relazioni supace-guerra, libertà e democrazia… E’ unlavoro che rifarei volentieri con un breve corsodi tre nuovi incontri sull’osservazione dellanatura da Omero a Lucrezio, alle fiabe, 5000anni attraverso la letteratura e la vita…”.Mi fece pervenire il programma tramite la figliaSabina e lo conservo come un bene prezioso.Era di una profondità critica e di una visioneculturale tanto originali quanto affascinanti. Iltema: l’osservazione attenta della natura ècostantemente presente in opere letterariefondamentali nella storia della cultura umana:la potenza creativa della natura, le originidell’universo, l’astrologia la geologia la fisica lachimica la biologia/genetica, gli organismi vi-venti il regnovegetale il regnoanimale ilgenereumano (non la razza). Le fonti e i testi delle trelezioni: Omero e le metafore sulla naturanell’Iliade, la natura secondo Lucrezio desuntadal suo De rerum, la fiaba e il mito in PerraultGrimm Andersen e Calvino. L’attenta osserva-zione della natura nei testi citati è rivolta astudiare: i “fenomeni naturali (tempeste ter-remoti ecc) i “comportamenti degli animali” i“comportamenti degli uomini” attraverso imestieri dei maschi e delle donne. E questa èsolo una sintesi; la bozza di progetto eraimpreziosita da una cospicua dovizia di anno-tazioni letterarie storiche ed artistiche. Miimpegnai subito ad organizzare il triplice even-to considerando tempi spazi e manifesto del-l’iniziativa. Ci sentimmo telefonicamente an-che per ovviare con ausili audiovisivi al crucciodi GianMario, la mancanza di voce. Le giornateerano già fissate, ma dovemmo rinviare perchéla malattia avanzava e la voce vieppiù man-cava, finché si spense definitivamente il 18maggio del 2008.Mi restano il palinsesto delle tre lezioni cuiteneva tanto, la sua testimonianza civile epolitica, la sua discreta quanto immensa cul-tura, la squisita sensibilità con cui seppe porsiin relazione con i nostri studenti ed in partico-lare con me che da lui trassi insegnamento divita ed arricchimento spirituale.

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Le attività dell’Associazione Nicola Saba

APPLICAZIONI (OFFICE 2000)Il corso si rivolge a persone già in possesso di elementari conoscenze dell’ambiente di lavoroWindows 98 o XP e si propone di esaminare le possibilità operative dei programmi Excel, PowerPoint, Access e le possibilità di trasferimenti dati e connessioni tra essi. Il corso è diviso in due parti:la prima relativa alle applicazioni di Excel, Power Point. La seconda un approfondimento relativo aPower Point e l’applicazione di Access.

ARTE APPLICATALe lezioni di “Arte Applicata”, saranno gestite dalle corsiste in autonomia nei giorni e negli orari giàcollaudati. La professoressa Donatella Ruggieri garantirà la propria presenza una volta al mese conun calendario prestabilito. In questi corsi si applicano diverse tecniche decorative: pittura sutessuto, legno, vetro e ceramica. Negli ultimi anni si è approfondita la tecnica del mosaico,realizzando pannelli e cornici ed intendiamo applicarci ampiamente a questa tecnica anche l’annoprossimo. I lavori delle corsiste, ogni fine anno accademico, vengono esposti per tre giorni in un’auladella scuola stessa.

CONVERSAZIONE IN LINGUA INGLESECorsi di conversazione in lingua inglese sono tenuti da insegnanti di madre lingua su vari temi.Verranno letti dei libri e/o articoli di giornali Inglesi e Americani per migliorare la capacità di ascoltoe comprensione. I corsi saranno suddivisi in base alle capacità dei corsisti. Possibilità di certificazione“Trinity”.

DANZE POPOLARIIl repertorio che viene proposto in questo corso è assai vario ed eterogeneo, in particolare siprenderà in considerazione i balli folcloristici dell’area Balcanica e dell’est Europa: Romania,Bulgaria, Grecia, Macedonia, ex Yugoslavia, Turchia, Armenia, Russi ecc. verranno proposte anchedanze Israeliane, Francesi, Italiane, danze di animazione e country. Oltre alle danze il corso forniràdelle indicazioni anche sulla musica, sulla strumentazione utilizzata per la sua esecuzione, dellenotizie di carattere generale sulla cultura e sulle influenze che questa ha avuto sulla danza. Il corsoè tenuto settimanalmente dal signor Leo Rosina.

EDUCAZIONE SONORANel corso degli anni il progetto didattico del Corso ha sostanzialmente mantenuto, con i necessariadattamenti occasionali, un impianto metodologico di carattere interattivo e animato (lezionisempre costruite sulla diretta partecipazione degli allievi) e una costante ripresa ciclica delleconoscenze e degli argomenti per approcci e approfondimenti gradualmente più consistenti. Inparticolare negli ultimi anni si è dato al corso una strutturazione a carattere storico-monograficosul sinfonismo (Mozart, Beethoven, Bruckner, Mahler) mantenendo un taglio prevalentementeantropologico. Una costante attività nel territorio viene svolta dall’intero gruppo di allievi grazie aun rapporto convenzionato con il Teatro La Fenice, con la partecipazione per le intere programma-zioni annuali agli ascolti guidati e alle prove generali delle opere e ad alcune altre programmazioni(balletto e concerti sinfonici) programmati nel cartellone del Teatro. Il corso è tenuto dal prof. NicolaCisternino con appuntamento mensile.

FILOSOFIA 1E’ il corso dedicato a quanti intendono avvicinarsi, per la prima volta alla filosofia ed anche a coloroche avendone già avuto un concreto assaggio negli anni precedenti hanno piacere di ampliare leproprie conoscenze di base. Lo scopo del corso consiste nello spiegare cos’è la filosofia, di chequestioni si occupa, che linguaggio adopera e nel delineare il pensiero di quanti dall’antica Greciaad oggi se ne sono interessati con originalità. Da due anni a questa parte abbiamo dato un tagliospecifico per affrontare con semplicità i temi della filosofia soffermandoci sui padri fondatori dellamedesima: Talete, Anassimandro, Parmenide, Eraclito, Democrito, ecc. fino al grande Platone.Quest’anno continueremo con Aristotele e le grandi scuole filosofiche greche: stoicismo, epicureismo,scetticismo. Ogni lezione verrà aperta con la lettura e il commento di pensieri importanti di filosofifamosi. Il corso è tenuto settimanalmente dal prof. Gabriele Stoppani.

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FILOSOFIA 2E’ il corso riservato agli “anziani” a quanti cioè da tempo si interessano e masticano di filosofia eche hanno compiuto un percorso di approfondimento del pensiero filosofico dall’antichità ad oggi.Ma è aperto a quanti incuriositi dall’argomento vogliono inserirsi ex novo per saperne di più sualcune specifiche questioni o su particolari autori. E’ uno spazio di studio monografico con lettura,discussione e approfondimento di un’opera. Quest’anno continueremo lo studio “la gaia scienza”di F. Nietzsche, un libro di ampio respiro filosofico (molte sono le tematiche affrontate) e di sicurapresa letteraria. Una novità: accanto a Nietzsche leggeremo qualche passo dei “Pensieri” di BlaisePascal, il famoso matematico e filosofo francese del 1600.Il corso è tenuto settimanalmente dal prof. Gabriele Stoppani

FILOSOFIA 3IL GRANDE INQUISITORE - IMPOSSIBILITÀ E POSSIBILITÀ DELLA LIBERTÀ. Mentre sale il fuoco deiroghi che bruciano gli eretici, il Grande Inquisitore accusa e condanna Gesù, tornato, subitoincarcerato e minacciato di morte, a Siviglia in Spagna, in un anno imprecisato del ‘600. È il celebreracconto di Ivan ne “Il Grande Inquisitore” nel romanzo “I fratelli Karamazov” di F. Dostoevskij (nellemolti edizioni dell’opera è il capitolo V del libro quinto. Edizione separata: F.D. “Il Grande Inquisitore.Il peso della libertà”, con una riflessione di G. Colombo. Editrice Salani 2010, euro 10).Addentrandoci in questo racconto (del quale si consiglia una lettura preventiva perché è in parteisolato dall’intero romanzo) si cercherà di mettere a fuoco il senso dei problemi evidenziati in modocosì violento dallo scrittore russo: le possibilità e le impossibilità della libertà dei soggetti e deigruppi nella condizione umana… nella condizione attuale di democrazie spesso solo formali, distrapotere dei pochi forti sui molti deboli… in quali ambiti siano possibili scelte libere, in quali siafatale l’obbedienza e il conformismo e la rassegnazione… oppure “l’amor fati”, l’amore del destino,di Nietzsche… Un assaggio di questa discussione lo si può trovare all’interno della rivista.Il corso è tenuto settimanalmente dal prof. Roberto Berton.

FLAUTO DOLCEIl corso consisterà nell’apprendimento di nozioni teoriche di base, la cui acquisizione saràcostantemente verificata attraverso esercitazioni pratiche graduate, che non avranno mai comefine un arido tecnicismo, ma la produzione di eventi sonori. Sarà data particolare importanzaall’esecuzione d’insieme e quindi a più voci. L’attuale gruppo, formatosi nel corso degli anni è oracomposto da flauti dolci soprani, contralti, tenori, bassi e flauti traversi. Ciò potrà dare la possibilitàdi eseguire brani tratti dal repertorio rinascimentale, classico, sinfonico, popolare e di musicaleggera. Visto lo sviluppo del corso e l’interesse dei singoli per il raggiungimento di un buon livellodi preparazione si ritiene di articolare il corso nel modo seguente: 1° Livello: per i nuovi iscritti eper coloro che vogliano perfezionare le nozioni acquisite iniziando dalle nozioni di base, sia perquanto riguarda il linguaggio musicale che per la tecnica dello strumento scelto (flauto dolcesoprano, contralto, tenore, basso). 2° Livello: per coloro che hanno già frequentato i corsiprecedenti. Si perfezionerà lo studio sia della teoria musicale che della tecnica strumentale. Lelezioni si articoleranno per gruppo di strumenti: flauti dolci soprani, contralti, tenori e bassi.3° Livello: riguarderà la musica d’insieme. Gli iscritti verranno suddivisi in gruppi, con un massimodi 8 (due per ogni strumento – soprano, contralto, tenore e basso). Saranno proposte musicherinascimentali e musiche tratte dal repertorio classico e leggero. Potranno accedere al corso coloroche frequentano il secondo livello.Il gruppo ha preso il nome di “NUOVO MONDO ENSEMBLE” prendendo spunto da un brano di AntonDvorák denominato Sinfonia dal Nuovo Mondo e adottandolo come sigla nelle proprie esibizioni.Il corso è tenuto settimanalmente dalla professoressa Giovanna Maria Caocci.

GINNASTICA DI MANTENIMENTOLa comunità dell’età matura, pur nella sua eterogeneità, rappresenta una popolazione ad altorischio per quanto riguarda l’integrazione sociale; l’isolamento sembra essere uno degli aspetticritici che contribuiscono a rappresentare l’essenza del fenomeno stesso dell’invecchiamento.Pertanto, il programma di salute per le persone di questa fascia d’età prevede l’attuazione ditecniche di coinvolgimento nel lavoro di gruppo finalizzate all’incremento della solidarietà fra i varicomponenti; l’esercizio fisico non sarà impostato solo per perseguire obiettivi di mantenimento erecupero fisico-psichico, ma dovrà anche stimolare le componenti relazionali proprie della personafavorendo una stretta correlazione fra buon livello di salute e buon livello di integrazione sociale.Per quanto riguarda la parte operativa si proporranno momenti di lavoro a corpo libero e con grandie piccoli attrezzi. Il corso è tenuto due volte alla settimana dalla professoressa Cinzia Palumbo.

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I CLASSICI DELLA LETTERATURAQuest’anno ritorniamo a scaldarci… nell’Inferno Dantesco. Rivisitiamo dopo anni i luoghi delperpetuo dolore e del perenne piacere letterario. Quanto ci soffermeremo al caldo demoniaco?Questo dipende dalla voglia… dalle collaborazioni esterne (vedi società dantesca di Venezia) dallericerche dei soci iscritti relative ai personaggi danteschi, dal tempo che servirà per l’esegesi esteticadella cantica. Potremmo scegliere i passi più importanti così come studiare il testo integralmente.Starà agli iscritti decidere. Che pure possono diventare protagonisti con letture, recite a memoriatesi monografiche e così via. Il corso è tenuto settimanalmente dal prof. Gabriele Stoppani.

INGLESE ELEMENTARYll corso è pensato per dare agli studenti assoluti principianti materiale rispondente alle loronecessità. La metodologia prevede uno studio graduale e sistematico delle quattro abilitàlinguistiche così da fornire loro gli strumenti per poter usare in futuro la lingua in modo appropriatoe disinvolto. Si svolgono due lezioni alla settimana e l’insegnante è il prof. Giuseppe Voi.

INGLESE PRE-INTERMEDIATEIl corso è strutturato in modo tale da dare, a chi ha già una discreta conoscenza della lingua inglese,materiale rispondente alle loro reali necessità. La metodologia prevede un percorso graduale esistematico delle quattro abilità linguistiche così da fornire ai frequentanti strumenti utili per unutilizzo della lingua più appropriato e disinvolto.Si svolgono due lezioni alla settimana e l’insegnante è il prof. Giuseppe Voi.

INGLESE INTERMEDIATEIl corso è rivolto a chi ha una discreta conoscenza della lingua inglese. Sarà approfondito lo studiodelle strutture linguistiche cercando di fare acquisire ai frequentanti una più disinvolta padronanzadei tempi verbali. Saranno fatte esercitazioni di comprensione di testi scritti ed orali.Si svolgono due lezioni alla settimana e l’insegnante è il prof. Giuseppe Voi.

INTAGLIO SU LEGNOÈ un corso che vuole dare continuità al precedente corso di Artigianato del legno ma con la novitàdell’intaglio, arte quasi completamente scomparsa. Sarà articolato in 10 incontri di 3 ore ciascunocosì suddivisi: Il disegno – Intaglio geometrico (2 lezioni) – Intaglio curvilineo (4 lezioni) – Intagliofloreale – Lettere e numeri – Trattamento superficie. Il corso è condotto dallo scultore André Ballis.

LINGUA SPAGNOLAI corsi di spagnolo propongono di utilizzare la lingua come strumento d’interazione con il fine disoddisfare in ogni caso le necessità concrete degli allievi. Durante il livello iniziale gli alunni vengonoesposti alla nuova lingua partendo da una dinamica principalmente comunicativa. Il livellointermedio ha come obiettivo fondamentale quello di consolidare i contenuti grammaticali, sempreinseriti in un contesto comunicativo. Infine, i livelli avanzati mettono in risalto i contenuti tematiciesplorando la cultura e le società spagnole e ispanoamericane. I corsi sono tenuti settimanalmentedalla professoressa Rosalba Marilena Rizzetto.

LINGUA TEDESCACome obiettivo generale il corso si propone la formazione ed acquisizione della competenzacomunicativa, intesa come capacità di riconoscere e produrre messaggi non solo grammaticalmentecorretti, ma personalmente motivati ed appropriati al contesto di situazione, capacità cioè diutilizzare la lingua come strumento reale di interazione sociale.Si punterà pertanto allo sviluppo ulteriore delle quattro abilità linguistiche (cioè capacità dicomprendere, di parlare, di lettura intensiva ed estensiva e di espressione scritta corretta) chestanno alla base del processo di comunicazione, ed all’approfondimento della conoscenza dei Paesidi Lingua Tedesca, della loro cultura e civiltà.Sarà completato e approfondito lo studio grammaticale delle strutture morfo-sintattiche, come pureampliato il bagaglio lessicale. Secondo gli interessi dei corsisti e di quanto emerge nello svolgimentodelle varie lezioni verranno inseriti approfondimenti culturali del mondo germanofono, attraversolettura di alcune poesie o brani della letteratura tedesca, o ascolto dei brani musicali, o anili di testivari di particolare interesse. Testo: “alles Klar” di Helga Maria Marks, Friedelm Marks, Paola Minacci(completamento volume A ed inizio volume B). Ed. Hoepli.Il corso è tenuto settimanalmente dalla professoressa Luisa Cazzolato.

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MERLETTO DI BURANOLa signora Rosetta Annostini insegna la tecnica antica dei merletti della scuola di Burano. Il merlettoè eseguito esclusivamente con un semplice ago da cucire e filo. Il disegno va appoggiato su unpiccolo tombolo riempito di paglia. I lavori delle corsiste vengono presentati nel corso delle festeorganizzate dall’Associazione Nicola Saba e dall’Educazione Permanente. Siamo anche presenti adesposizioni e concorsi come la Biennale Internazionale del Merletto di S. Sepolcro (Toscana) el’Esposizione “OPERE D’AUTORE” Merletto ad Ago di Venezia e Burano a Mestre presso il CentroCandiani. Il corso è tenuto settimanalmente dalla signora Rosetta Annostini.

PIANOFORTEProsegue il corso di pianoforte e solfeggio dove si apprenderanno nozioni teoriche di base conesercizi al pianoforte preceduti dal solfeggio al fine di affinare la tecnica imparando i tempi, i ritmie dando la possibilità di suonare brani di musica classica e leggera.Il corso è tenuto settimanalmente dal M.o Maddalena Franza.

POESIAProsegue il corso monografico intitolato “Poesia dal mondo”. L’idea nasce da una considerazionemolto semplice: la comunicazione poetica è un’esigenza dello spirito umano per esprimere pensierie sentimenti attraverso il linguaggio della discrezione e della verità interiore. Pertanto la poesiaaccomuna i popoli e traduce in arte la ricchezza della loro cultura. I versi sono presenti dall’antichitàad oggi in tutti i continenti della terra. Nella prima parte del corso termineremo il programmadell’anno passato con lo studio dei poeti: Eminescu, Mallarmè, Paz, Dimitrova. Nella seconda partefaremo un viaggio nella poesia dell’oriente: persiana, indiana e araba.Il corso sarà di 15 lezioni annuali tenute dal prof. Gabriele Stoppani

SOCIOLOGIA, ANTROPOLOGIA CULTURALE E PSICOLOGIA DELLA FAMIGLIAIl corso si propone di esplorare i problemi familiari, educazione, rapporto fra culture, conflitti, apartire da alcune suggestioni letterarie e in rapporto al pensiero dei grandi autori delle scienzeumane. Non sono necessarie conoscenze precedenti. Il testo di riferimento potrebbe essere: P.WATZLAWICK, “Istruzioni per rendersi infelici”, Ed. Feltrinelli. Altre indicazioni verranno datedurante gli incontri. Il corso è tenuto settimanalmente dal prof. Antonio Socal.

QIGONG (CHI KUNG) TECNICA DELL’ENERGIAIl Qi Gong è un’antica disciplina cinese conosciuta come “l’arte di nutrire la vita”, perché migliorala condizione personale aumentando le difese immunitarie e rafforzando sia il corpo che la mente.Adatto a tutti, il Qi Gong, attraverso semplici esercizi eseguiti con la mente quieta e in completorilassamento fisico, permette la percezione e lo sviluppo dell’energia interna e l’acquisizione di unaconsapevolezza nuova, che consente di interagire in modo positivo con gli altri e con l’ambiente.Il laboratorio-studio di Qi Gong è condotto da Roberta Fabris presso la palestra dell’Istituto C. G.Cesare settimanalmente. Livelli differenziati.

QIGONG E TAIJI: PRATICA STUDIO ALLENAMENTOGli incontri propongono un lavoro “morbido”, adatto a tutti i livelli. La pratica degli esercizi, staticie dinamici, alternati a brevi sequenza in movimento, rafforza l’equilibrio e la corretta postura, attivai riflessi e la concentrazione. Lo studio delle tecniche, antiche e moderne, approfondisce l’esperien-za dei principi fondamentali del Tai Ji e del Qi Gong. L’allenamento con semplici attrezzi, bastonee ventaglio, aiuta a migliorare stabilità e sicurezza ed affina l’ascolto dell’energia interna.Il laboratorio di QUI Gong e Tai Ji è condotto da Roberta Fabris presso la palestra dell’Istituto C.G. Cesare: Incontri settimanali.

RICERCA DI SAGGEZZAPer una serenità esistenziale mediante validi suggerimenti di psicologi, sociologi, filosofi, antichi emoderni completato con nove incontri introduttivi su: Aforismi – Imperturbabilità greca – Equanimitàinidana – Polarità cinese – Vanità totale – Oltre i confini – Punto di svolta – Errore ed illusione.A cura di Livio Locatelli con la partecipazione di Michela Bernardi.

STORIA DELL’ARTE «A»Il corso manterrà la struttura articolata su incontri, finalizzati all’analisi dei vari argomenti oggettodella programmazione, e uscite, specialmente a Venezia.

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I temi possibili sono i seguenti:1. Continuazione del Mito: il mito di Eracle, gli animali mitologici, il Mito nell’arte moderna econtemporanea. 2. Inizio di un percorso storico-artistico su Venezia, che affronterà architettura,pittura, scultura e, pur nella specificità del linguaggio veneto-veneziano, potrà essere esemplifica-tivo dello sviluppo dell’Arte italiana ed europea nel tempo.3. Le principali tecniche artistiche.Finire “Donna protagonista – Modella, Musa”. La conoscenza delle opere o degli artisti sarà basatasu aspetti storici, linguistici, simbolici, tecnici, con uso di molte immagini. Gli incontri si terranno ilmercoledì dalle 16,30 alle 18,00. Il tutto gestito dalla professoressa Mila Di Francesco.

STORIA DELL’ARTE RICCARDO 1Questo il programma per l’anno 2011/2012: Body Art – Arte Concettuale – Analisi, vita, opere dialcuni maestri dell’Arte moderna e contemporanea.Il corso è tenuto settimanalmente il lunedì dal prof. Riccardo Corte.

STORIA DELL’ARTE RICCARDO 2Questo il programma per l’anno 2009/2010: Ripasso momenti particolarmente importanti dell’Artedel ‘900. – Fare Arte Concettuale - Analisi, vita, opere di alcuni maestri dell’Arte moderna econtemporanea. Il corso è tenuto settimanalmente il martedì dal prof. Riccardo Corte.

STORIA DELL’ARTE E MATERIA VENETAIl corso si baserà su quattro grandi della pittura veneziana del Cinquecento: Vittore Carpaccio,Giovanni Bellini, Tiziano e Paolo Veronese. Si parlerà della loro vita e della loro produzione, masopratutto del collegamento tra quest’ultima e la cultura del tempo, con particolare attenzione agliavvenimenti storici, politici e religiosi che in queste opere hanno lasciato una traccia indelebile.Come punto di contatto tra queste diverse personalità artistiche affronteremo alcune tematichecondivise, come la ritrattistica, o il loro apporto alla decorazione di edifici – chiese o palazzi - ciascunocon la propria distinta maniera. Come negli anni precedenti, vi saranno visite guidate relative allelezioni, sia nel centro storico di Venezia che nella terraferma veneta.Il corso e l’organizzazione sono gestiti dalla dottoressa Elena Franzon.

STORIA D’ITALIAIl corso si propone di attraversare la storia d’Italia in un ampio periodo storico. Gli avvenimentisaranno approfonditi a livello storico, economico, politico e letterario con supporti didatticimultimediali. Il corso sarà tenuto settimanalmente dal prof. Giuseppe Albanese.

TAI CHI CHUANIl Tai Chi Chuan è una pratica cinese che ha come scopo la salute del corpo e della mente. Consistenell’esecuzione di movimenti elastici e leggeri, rispettosi della naturale struttura del corpo. I gestiessenziali del Tai Chi Chuan e la calma nell’esecuzione si riflettono sulla nostra mente che acquistatranquillità e chiarezza. Il Tai Chi Chuan può essere praticato a tutte le età ottenendo sensibilirisultati sia a livello fisico che mentale ed emotivo. I giovani imparano a conoscere il proprio corpoe a scoprine le potenzialità. L’anziano vede migliorare la capacità di attenzione e di concentrazionee le prestazioni motorie, acquisendo padronanza dello spazio e del rapporto del proprio corpo conlo spazio. Il corso è tenuto dall’Istruttore Piero Reveanne.

TOPONOMASTICA DI VENEZIAIl corso sarà strutturato, come l’anno scorso, in un’unica sessione di due ore per 15 incontri con dateprefissate che verranno comunicate all’inizio dell’attività. Sarà rivolto a quelle persone che hannofrequentato negli ultimi due o tre anni massimo e a quelle di nuova iscrizione con sete di novità ecuriose esperienze. Il corso è relativo alla toponomastica veneziana cioè legato ai “luoghi”cercando di interpretare l’aspetto storico e urbanistico attraverso la presentazione di diapositivee materiale fotografico con uscite nei luoghi per una conoscenza “fisica” e per “guardare” e legatoalla “letture” dei documenti antichi, segni, piante prospettiche con l’ausilio di proiezioni.Le uscite sono in collaborazione con “Gli amici dei musei” e l’Associazione culturale “CHORUS” perle visite ai monumenti peculiari della storia della città (scuole dei mestieri, chiese, musei, ecc.).Particolare attenzione sarà rivolta alla visitazione delle chiese non solo dal punto di vista artisticoma anche da quello dei perché e dei per come (perché là, come mai se non serviva, ecc.).Il corso è tenuto dal prof. Riccardo Buroni.

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Le attività di Informatica

INFORMATICA BASE - Prof. Donatella BoscoloIl corso fornisce nozioni elementari sull’uso e il funzionamento del Personal Computer (PC) - Sistemi operativie gestione dei files - Windows e le sue principali applicazioni (Word). Il corso si svolgerà al mattino. Frequenza:un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

LABORATORIO FOTOGRAFIA DIGITALE - Prof. Luciana MilaniDisordine digitale? Fate ordine nelle vostre fotografie con il programma Picasa dedicato a chi non conoscei programmi di fotografia. Organizza e migliora le tue fotografie all’interno del computer. Puoi trasmetterle,ritagliarle, stamparle, correggere i contrasti, sottotitolarle, ritoccarle, aggiungere un testo, ecc. Possibilità diintervenire sul risultato finale dell’immagine, modificando, ridimensionando, applicando filtri, creandofotomontaggi ottenendo risultati inimmaginabili.Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

INTERNET - Prof. Gianfranco PerettiIl corso ha una durata quadrimestrale: primo modulo da ottobre a gennaio; verrà poi ripetuto da febbraioa maggio. Programma: Navigare nella rete, fare ricerche, informarsi. Comunicare con la posta elettronica,le chat. Telefonare via internet gratuitamente (o quasi). Comprare in rete, prenotare vacanze, alberghi, aerei,traghetti. Scaricare musica, film, fotografie. Difendersi da virus, malware e altri attacchi informatici. Risolvereproblemi di connessione e molto altro ancora.

LABORATORIO DI EDITORIA MULTIMEDIALEÈ il laboratorio dove viene redatta la rivista che state leggendo. Si raccolgono i testi, si scrivono con unprogramma di video-scrittura, si raccolgono immagini con lo scanner, si impagina con programma di DTP(Desk Top Publishing). Ci si trova una volta alla settimana e assieme si discute, si scelgono gli “articoli”, sicorreggono le bozze, si studia l’impaginazione e tutti collaborano per la riuscita della rivista. Il laboratorio saràunificato al LABORATORIO MULTIMEDIALE, con una frequenza di 3 ore settimanali. Quindi, nella stessa sedesi proseguono e si integrano le esperienze del laboratorio di Editoria; vengono presi in considerazione tutti gliaspetti della multimedialità: testi, immagini, animazioni, filmati, suoni. Uno degli scopi del corso è quello direcuperare tutto il materiale di ricerca accumulato in questi anni e pubblicarlo in forma ipertestuale su CD ROM.

INFORMATICA PER FAMIGLIETutto ciò che serve per utilizzare al meglio il computer di casa:Scrivere correttamente una lettera, un documento, un curriculum...Tenere un bilancio familiare, calcolare la rata del mutuo, comparare le tariffe dei vari servizi anche con l’ausiliodi grafici. Costruire un archivio dei propri libri, CD, DVD. Organizzare le foto scaricate dalla fotocameradigitale, correggerle, ritoccarle, creare album e presentazioni, condividerle in rete. Fare dei semplici montaggivideo con commento sonoro, sottotitoli, effetti speciali. Tutto questo utilizzando programmi scaricabiligratuitamente da Internet. Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

UTILITY - Prof. Riccardo PalmaTutti i software, le piccole applicazioni, i siti web, costruzione di un sito internet, le impostazioni e i trucchi checi semplificano l’uso del computer, l’installazione di altri sistemi, i Broswer, i pacchetti applicativi e altroancora. Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

PORTATILICorso su Notebook portatili personali, conoscere e sfruttare al meglio la propria macchina, i dispositivi, iprogrammi, trasferimenti di dati, connessioni a reti wireless, solo su sistemi operativi Windows XP, Vista ewindows. Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

APPLICAZIONI (OFFICE) - Prof. Massimo EvangelistiIl corso si rivolge a persone già in possesso di elementari conoscenze dell’ambiente di lavoro Windows 98o XP e si propone di esaminare le possibilità operative dei programmi Excel, Power Point, Access e le possibilitàdi trasferimenti dati e connessioni tra essi. Il corso è diviso in due parti: la prima relativa alle applicazioni diExcel, Power Point. La seconda un approfondimento relativo a Power Point e l’applicazione di Access.Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

INFORMATICA BASEIl corso fornisce nozioni elementari sull’uso e il funzionamento del Personal Computer (PC) - Sistemi operativie gestione dei files - Windows e le sue principali applicazioni (Word).Frequenza: un’ora e mezza la settimana, da ottobre a maggio.

IL PRESENTE PROGRAMMA HA CARATTERE INDICATIVO E ALCUNE ATTIVITA’ POTREBBERO SUBIREVARIAZIONI O CANCELLAZIONI. E’ POSSIBILE CHE NELL’ARCO DELL’ANNO ACCADEMICO VENGANOINSERITE NUOVE PROPOSTE.

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NORME E REGOLAMENTI

NON SARANNO ATTIVATI CORSI CON UN NUMERO DI ISCRITTI INFERIORI A 15, SALVODECISIONIINSINDACABILIDELCONSIGLIODIRETTIVO.LA RINUNCIA A CORSI GIA’ FREQUENTATI, ANCHE PER BREVE PERIODO, NON GIUSTIFICA ILMANCATO PAGAMENTO DEGLI STESSI.L’ISCRIZIONE PREVEDE L’ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA DEL CALENDARIO SCOLASTICO,DELLE CHIUSURE PER SCIOPERI, PRESENZA DEI SEGGI, FESTIVITA’ E CAUSE DI FORZAMAGGIORE, SENZA PRETESE DI RECUPERO LEZIONI O RIMBORSI.LE ISCRIZIONI SI ACCETTANO DAL 27 SETTEMBRE 2011 AL 7 OTTOBRE 2011 (ESCLUSO ILSABATO 1 OTTOBRE) DALLE 10,00 ALLE 12,00 E DALLE 16,00 ALLE 18,00 PRESSO LA SEDEOPERATIVA DI VIA CAVALLOTTI. DOPO TALE DATA, VERRA’ APPLICATO UN SOPRAPPREZZO,AD ECCEZIONE PER I NUOVI ASSOCIATI.LE ATTIVITÀ AVRANNO INIZIO A PARTIRE DAL GIORNO 17 OTTOBRE 2011 E CESSERANNO ILGIORNO 31 MAGGIO 2012

ORARIO SEGRETERIA DURANTE L’ANNO: DALLE 16,15 ALLE 19,00 PRESSO L’ISTITUTO C. G.CESARE.

PRENDERE VISIONE DEL CALENDARIO SCOLASTICO 2011/2012 AFFISSO IN BACHECA.PRENDERE VISIONE DELLE NORME DI SICUREZZA AFFISSE IN BACHECA.CONDIZIONI VIAGGI, GITE, ESCURSIONI E SOGGIORNI.

Tutte le iniziative sono riservate agli iscritti all’Associazione “NICOLA SABA”.

ALLEGITE,SOGGIORNIETOURPOSSONOADERIRETUTTIGLIASSOCIATISENZADISTINZIONIDI ATTIVITÀ. PER LE VISITE GUIDATE ORGANIZZATE DALLE ATTIVITÀ SPECIFICHE (STORIADELL’ARTE SABINA, STORIA DELL’ARTE MILA E STORIA DELL’ARTE RICCARDO) PARTECIPANOSOLO GLI SCRITTI AL CORSO.SOLO NEL CASO CI SIANO POSTI DISPONIBILI, POSSONO PARTECIPARE ALTRI ASSOCIATI.

Le prenotazioni sono valide solo al ricevimento dell’acconto, o del saldo, stabilito dal viaggio,soggiorno, ecc. Per le visite giornaliere al ricevimento dell’importo previsto.Il saldo, ove previsto, dovrà essere versato 30 giorni prima dell’inizio del soggiorno, viaggio,ecc., fatta eccezione per la Calabria ove il saldo verrà versato all’arrivo.In caso di rinuncia per cause di forza maggiore (GRAVI LUTTI FAMILIARI, MALATTIECOMPROVATE DAL CERTIFICATO MEDICO), verranno applicate le seguenti penalità sia sul costototale sia sull’eventuale acconto: 30% fino a 21 giorni prima dell’inizio del viaggio; 50% da 20a 3 giorni prima dell’inizio del viaggio; nessun rimborso spetterà a chi rinuncia nei 3 giorniprecedenti l’inizio del viaggio o a chi rinuncia a viaggio iniziato.Per usufruire di un’eventuale rimborso totale, per rinunce alle condizioni del precedente comma,è necessario versare una quota di € 30,00 ad esclusione delle gite giornaliere ove il rimborsoavviene solo nel caso si sia trovata una sostituzione. Il presente regolamento sulle “CONDIZIONIVIAGGI,GITE,ESCURSIONIESOGGIORNI,”èstatoapprovatocondeliberadelConsiglioDirettivodell’Associazione nella seduta del 22 dicembre 2004.

IPAGAMENTIPERLEATTIVITÀCULTURALIAVRANNOLESEGUENTISCADENZE:• 1^ rata (equivalente al costo di un corso) e quota associativa: al momento dell’iscrizione.• 2^ rata: entro e non oltre il 15 gennaio• Rimanente: entro e non oltre il 28 febbraioLa quota associativa prevede la copertura assicurativa e il diritto a partecipare a tutte leiniziative dell’associazione (gite, tour, etc.).