Numero 17 PNovembre 2007aleoItalia

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Supplemento al Bollettino della Società Paleontologica Italiana v.46 n.1 Poste Italiane S.p.A.- Sped.Abbon.Posale - D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB, Bologna CPO SOCIETÀ PALEONTOLOGICA ITALIANA MODENA Newsletter della Società Paleontologica Italiana Numero 17 Novembre 2007 PaleoItalia

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SOCIETÀ PALEONTOLOGICA ITALIANA

MODENA

Newsletter della Società Paleontologica Italiana

Numero 17Novembre 2007

PaleoItalia

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Numero 17

Purtroppo da qualche tempo si è manifestata la tendenza preoccupantedella difficoltà di mettere insieme il fascicolo di PaleoItalia: dopo una seriedi numeri con molti contributi, articoli di vario genere e segnalazioni e reso-conti di “eventi”paleontologici in Italia, abbiamo assistito a una contrazione,che è proseguita anche durante la preparazione di questo fascicolo. Credoche sia evidente a tutti il calo nel numero di pagine da circa sessanta a unaquarantina, le dimensioni dei primi numeri di PaleoItalia, otto anni fa.

Sinceramente fatico a trovare una causa: potrebbe essere un problemanostro redazionale, che non riusciamo a realizzare quanto i soci vorrebbero:quindi solo pochi sono interessati a contribuire alla realizzazione diPaleoItalia.

Potrebbe essere un problema legato alla distribuzione: come sapete, ilConsiglio ha deciso di spedire insieme le due riviste della Società, per ridur-re i costi postali; però i ritardi editoriali del Bolletino provocano un ritardonella distribuzione di fascicoli di PaleoItalia già pronti da tempo. Ne conse-gue che (quasi) nessuno scrive in una rivista che non esce.

Potrebbe essere che, per motivi scaramantici, solo pochi hanno volutocontribuire al numero 17... Potrebbe essere qualcos’altro, che in questomomento non riesco a immaginare.

Invito tutti coloro che hanno una risposta, o delle proposte su comerendere più interessante e accattivante PaleoItalia a comunicarcele e apartecipare attivamente alla realizzazione della rivista, perchè, se vogliamoche PaleoItalia abbia un futuro, deve tornare a essere il “giornalino” di tuttii soci della Società.

Buona lettura!Carlo Corradini

IN COPERTINA

Caryophyllia ingens Simonelli, 1895

Riprodotto da: Simonelli V., 1895, Gli antozoi pliocenici del Ponticello diSavena presso Bologna. Paleontographia Italica, 1, 3-6.Tav. III, fig. 11.

Ai sensi dell’art. 8, commi 8.2 e 8.3 del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica(ICZN, 4a edizione), i nomi di taxa citati in PaleoItalia non hanno validità nomenclaturale.

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Cari Soci,

approfitto del nuovo numero di PaleoItalia per inviarvi un saluto edarvi alcune informazioni.

In giugno si è tenuto in quel di Barzio (Valsassina) la riunione annuale“Le giornate di Paleontologia”. I luoghi straordinari e l’eccellente cucinahanno fatto da degna cornice allo svolgimento dei lavori, che, per qualitàdelle ricerche esposte e per intensità di partecipazione - anche consessioni informali serali - sono conferma della vitalità e del livello dellaricerca paleontologica italiana. L’organizzazione perfetta e gradevole èdovuta al nostro vicepresidente, A. Tintori, non nuovo a simili imprese.Merita il più ampio ringraziamento, insieme a tutta l’organizzazione; unringraziamento inoltre mi è gradito porgere al prof. Maurizio Gaetani eagli altri colleghi che sono intervenuti illustrando la geologia e lapaleontologia lombarda e la loro storia e arricchendo molto il giàsostanzioso programma delle giornate.

Il prossimo raduno 2008 delle “Giornate di Paleontologia” sarà aSiena, ma, attenzione, in settembre. L’organizzazione sarà curata daicolleghi dell’università di Siena, per primo il prof. R. Mazzei, insieme all’Accademia dei Fisiocritici, che in tale modo vuole celebrare insiemea noi la memoria di Ambrogio Soldani, padre della Micropaleontologia. Il progamma delle giornate e i dettagli verranno resi noti quanto prima.In giugno, a Roma, presso i locali del Dipartimento di Scienze dellaTerra dell’Università La Sapienza, si svolgerà l’assemblea annuale deiSoci. Ad essa sarà associata una giornata di discussione sul significatoed il valore della Paleontologia come bene culturale e come strumentoper la conservazione della memoria della storia della vita e della terraed eventualmente una escursione. Anche per questo evento, indicazionie dettagli a breve.

Il 2008 si presenta densa di eventi interessanti: infatti già avrete avutonotiza del convegno sul Messiniano in memoria di C. Sturani che siterrà ad Alba, nel mese di ottobre. Potrà essere anche interessanteriprendere in qualche modo il discorso sul tema evoluzione dal punto divista della Paleontologia, anche a fronte di ipotesi neocreazioniste(Disegno intelligente).

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Si è svolto a Rimini il convegno biennale Geoitalia, organizzato dallaFIST, federazione italiana delle scienze della terra, di cui la SPI è unadelle tre società fondatrici. La Federazione si è recentemente trasformatain una Federazione onlus.

Il convegno, molto ricco di eventi, ha visto una qualificatapartecipazione paleontologica, soprattutto con alcune sessioni, tra cuiuna di carattere generale, curata da F. Bosellini e F. Russo, e duetematiche, una sull’icnologia, curata da T. D’Alessandro, A. Cherchi eU. Nicosia, una su micro e meioorganismi come indicatori ambientali epaleoambientali, curata da R.Coccioni.

Tra i molti interventi, tutti di ottimo livello, mi piace ricordare lariaffermazione del ruolo fondamentale della paleontologia per laricostruzione geologica del passato, attraverso la necessità di unaprofonda riconsiderazione della paleogeografia e della geodinamica delMesozoico mediterraneo sulla base della ampia distribuzione areale estratigrafica delle orme dinosauriane in Italia peninsulare.

Dal punto di vista organizzativo, evidenzio con piacere che abbiamouna decina di nuovi soci istituzionali (Musei e associazioni), cui è andatauna raccolta degli arretrati del Bollettino della SPI; sta terminando lafase di predisposizione e di sperimentazione del progetto discannerizzazione degli arretrati. Si tratta di un processo impegnativo che sarà necessariamente un poco lungo, ma chi non inizia il camminonon giunge alla destinazione.

Infine, ricordo la richiesta a tutti i Soci che dispongono di un indirizzoe-mail di comunicarlo (se già non l’hanno fatto) al segretario dellaSocietà, prof. Nino Mariotti (nino.mariotti@uniroma1,it.).

Un caro saluto

Il PresidenteRUGGERO MATTEUCCI

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“Hai visto? E’ arrivato il numero 17 di PaleoItalia...Tu credi alla sfortuna?”

65 milioni di anni fa...

Il “sogno” di tutti i paleontologi

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FOSSILI ... CHE MITO!

ANTONELLA CINZIA MARRA

Prosegue con questo secondo articolo la serie dedicata alla interpretazionemitologica, leggendaria o magica dei fossili. Su PaleoItalia n. 16 abbiamoindagato la misteriosa origine e le applicazioni alchemiche e magiche dellaBufonis Lapis (Pietra rospina), in questo articolo indaghiamo l’essere piùnoto e più presente nell’immaginario collettivo passato e presente, il Dra-go, o Draco per gli antichi Romani.

Draco: mostro necessario

Il drago è forse il più diffuso tragli animali fantastici: è presente inmoltissime civiltà, in diversi periodie in diverse parti del mondo.Secondo Borges e Guerrero (1957),ignoriamo il senso del drago, comeignoriamo il senso dell’universo,ma c’è qualcosa, nella suaimmagine, che s’accorda conl’immaginazione degli uomini, ecosì esso sorge in epoche elatitudini diverse; è per così dire,un mostro necessario, non effimeroe casuale come la chimera o ilcatoblepa.

Nell’immaginario moderno, ildrago è un grande rettile, con due oquattro zampe dotate di possentiartigli e con ali imponenti. Gli siattribuisce spesso la possibilità diemettere fuoco dalle fauci. Non ècertamente una creatura rassicuranteed infatti in Occidente il drago è unsimbolo di malvagità.

Pare che originariamente il Dragofosse una creatura benefica e nella

sua stessa costituzione fisica siravvisassero i simboli del flusso dellavita e dell’acqua (il corpo sinuoso)e il soffio vitale (le ali). Talesimbologia è persistita in Oriente,dove il drago rappresentava erappresenta tuttora il poterecelestiale, mentre in Occidente èdivenuto una creatura infernale(Chevalier & Gheerbrant, 1969).

Gli eroi più importanti dellamitologia greca affrontarono undrago nelle loro gesta.

Ercole affrontò e uccise il terribiledrago posto a custodia del giardinodelle Esperidi, al fine di raccoglierele mele d’oro per soddisfarel’undicesima fatica imposta daEuristeo (Maspero, 1997).

Cadmo, sposo di Armonia,affrontò un drago che custodiva unafonte presso la quale l’eroedesiderava compiere un sacrificio perriconoscenza verso Atena. Trafittoa morte il drago con una lancia,Cadmo sparse i suoi denti a terra,

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su consiglio della dea Atena. L’eroesi trovò a dovere fronteggiare asassate i guerrieri che si generaronoda quei denti. Colpiti dalle pietre enon comprendendo da doveprovenissero, i guerrieri si affron-tarono ed uccisero tra loro. I cinquesopravvissuti divennero compagni diCadmo e furono i primi abitanti diTebe (Maspero, 1997).

Ad un drago marino, invece,Cefeo avrebbe voluto sacrificare lafiglia Andromeda per placarePoseidone, se Perseo non avesseucciso per tempo il mostro (Maspero,1997).

Molti draghi terrestri pre-sentavano le ali già nella mitologiagreca (Maspero, 1997).

In periodo romano, al drago siattribuiva un comportamentosingolare. Si riteneva che d’estatevolesse dissetarsi con il sangue dielefante, particolarmente freddo. Atal fine, si riteneva si avvinghiassein un abbraccio mortale conl’elefante, che finiva con il moriretrafitto dai denti aguzzi, ma finivaanche con lo schiacciare sotto il suopeso il drago stesso (Plinio ilVecchio, Naturalis Historia, I secd. C.; Borges e Guerrero, 1957).Pur essendo animali terrestri, i draghipotevano attraversare il mare. Lofacevano i draghi che vivevano inEtiopia, costretti a migrare versol’Arabia in cerca di cibo. In quattroo in cinque, i draghi si arrotolavanofra loro, lasciando le teste fuoridall’acqua e riuscivano così adattraversare il Mar Rosso (Plinio ilVecchio, Naturalis Historia; Borges& Guerrero, 1957).

Secondo Plinio, i draghipotevano essere utilizzati in

medicina: gli occhi essiccati emescolati al miele erano utili acontrastare gli incubi; il grassodepositato intorno al cuore si potevaconservare in una pelle di gazzella eapplicare al braccio usando tendinidi cervo come legacci, per favorireun esito favorevole dei procedimentigiudiziari; i denti, portati a contattocon la persona, favorivano i rapporticon gli uomini potenti (Plinio ilVecchio, Naturalis Historia; Borgese Guerrero, 1957). Tra gli usipossibili del drago e delle sue parti,Plinio indicava un miscugliopreparato con testa e coda di drago,peli e midollo di leone, unghie dicane, schiuma prodotta dal sudoredi un cavallo vittorioso in una corsa.Il miscuglio avrebbe assicuratol’invincibilità a chi lo avesse assunto,ma Plinio non riteneva il preparatodegno di molto credito (Plinio ilVecchio, Naturalis Historia; Borgese Guerrero, 1957).

Secondo il Fisiologo, bestiarioscritto forse tra il II e il III secolo d.C., il peridexion era un albero checresceva in India, temuto dai draghi.L’albero dava frutti dolci e perquesto attirava molte colombe, peròquando esse si allontanavano undrago le uccideva per cibarsene.L’unica protezione era l’albero, la cuiombra proiettata a oriente facevafuggire il drago occidente e viceversa(Zambon, 1993; Maspero, 1997).

Il profeta Daniele, nella Bibbia(Daniele 14, 23), offese gravementei Babilonesi perchè affrontò e ucciseun mostro che essi adoravano(Maspero, 1997), indicato comeδρακων (Maspero & Granata,1999). Il serpente tentatore dellaGenesi, cioè Satana, veniva indicato

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come un drago da San Giovanni,nell’Apocalisse (Maspero e Granata,1999).

Nel Medioevo, il drago assunsediverse conformazioni, sempremalefiche. Una raffigurazione eraquella pervenuta fino ai giorni nostri,in cui il drago era un mostro alatocon artigli, ali e coda di serpente. Sitentava di rappresentarlo grafica-mente seguendo la descrizionefornita dall’enciclopedia di Isidoro(Etymologiarum libri XX, VI secd. C.), che a sua volta la riportavada Solino (Collectanea rerummemorabilium, 200 d.C. circa). Inaltri casi, per drago si intendeva ungrosso serpente, come ad esempioil pitone (Maspero & Granata,1999). Spesso, l’uccisione del dragorappresentava una delle tappeformative dei cavalieri medioevali.

E’ molto interessante la presenzadel drago nell’iconografia di S.Giorgio, morto intorno al 300 d. C.,raffigurato quasi sempre nell’atto di

uccidere un drago sovrastandolo dalproprio cavallo. Secondo laleggenda, S. Giorgio montò a cavalloe affrontò un drago che funestavacon la sua presenza la città di Silene,in Libia (Cattabiani, 1993). Gliabitanti della città erano sul punto disacrificare la figlia del re al mostropur di salvarsi dalle sue scorribande.

Secondo Cattabiani (1993),l’immagine di un santo o un eroeche a cavallo uccide un mostro haun’origine piuttosto antica. Potrebbetrattarsi del mito di Perseo che liberòdal drago la bella Andromeda. Talemito si sarebbe tramandato in Egitto,dove aveva un grande successol’immagine del dio Horus che acavallo trafiggeva il malvagio Seth,con sembianze di coccodrillo. Findal III secolo a. C., in periodoellenistico, inoltre, era molto diffusal’immagine dell’eroe che aveva lameglio su di un animale mostruoso,come un grosso serpente o uncoccodrillo.

Il drago era usato come simbolomilitare e araldico presso i Greci, iRomani, i popoli nordici, glianglosassoni (Borges & Guerrero,1957). In particolare, nell’esercitoromano, l’aquila era il contrassegnodelle legioni, mentre il drago era ilsimbolo delle coorti (Borges &Guerrero, 1957).

In periodi contemporanei, non sipuò non notare la somiglianza tra idraghi e le ricostruzioni dell’aspettoin vita di dinosauri. Certo bisognaprima fare una nota critica, dicarattere anatomico. I draghi sonostati spesso raffigurati secondo duemodelli: con due zampe e due alioppure con quattro zampe e due ali.La raffigurazione con due zampe e

S. Giorgio e il Drago nello stemma dellaCittà di Reggio Calabria.

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due ali, che si trova ad esempio neldipinto quattrocentesco “San Giorgioe il Drago” di Paolo Uccello, puòessere considerata la più plausibileda un punto di vista anatomico.Infatti, nei vertebrati tetrapodi conattitudini al volo, sono le zampeanteriori ed il cinto scapolare amodificarsi in ali. Molto più“magica” sarebbe invece lacomparsa di un cinto supplementarededicato alle ali, che consentirebbeal mostro di avere anche tutte equattro zampe! Il problema non sipone ovviamente per leraffigurazioni dei dinosauri che,sebbene in passato abbiano potutoessere erroneamente eseguite, siriferiscono alle proporzioni ed alle

connessioni anatomiche visibili nelloscheletro e ad un’attenta valutazionedelle masse muscolari.

Tanto i draghi quanto i dinosaurihanno in comune un’origine retti-liana e la ripetizione di certi modellirappresentativi non deve stupire.Tuttavia, la sovrapposizione drago-dinosauro non è soltanto icono-grafica, ma anche identificativa neiconfronti dei fossili.

Un testo cinese attribuito a ChangQu (265-316 d.C.) riporta il rinve-nimento di ossa di dragone nellacontea di Wucheng, provincia diSichuan. Secondo Buffetaut (1994),alla luce della ricchezza di fossili didinosauri della provincia di Sichuan,i resti rinvenuti possono essere

“S. Giorgio e il Drago”, di Paolo Uccello (1397-1475).

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attribuiti ai grandi rettili mesozoici.Le ossa di dragone erano ingredientiimportanti dell’antica medicinatradizionale cinese, che adoperavaLong Gu (ossa di dragone) e LongYa (denti di dragone) ridotte inpolvere e mischiate a bevande edalimenti per la cura di molte malattie(Gayrard-Valy, 1986; www.royalbcmuseum.bc.ca). L’efficacia delrimedio, secondo lo storico cineseLei Hiao (V sec.), dipendeva daimetodi di raccolta ed era parti-colarmente importante che nonfossero le donne, considerateimpure, a raccogliere le ossa (Der-mitzakis & Papadopuolou, 1998).

Le farmacie tradizionali cinesisono state una buona fonte diraccolta per molti paleontologi che,già a partire dal XIX secolo, vi hannotrovato resti di dinosauri emammiferi commercializzati comedenti e ossa di drago. I denti di drago,pregiati e costosi, si rivelano esserespesso denti fossili di mammiferi, piùabbondanti rispetto ai dinosauri nelrecord fossile (Dermitzakis &Papadopuolou, 1998). L’attenzionedei paleontologi verso questi fossiliha portato all’intensificarsi dellericerche e a scavi in zone diprovenienza degli amuleti. Anchel’area di Choukoutien, in cui sonostati rinvenuti i resti del famosoUomo di Pechino, Sinanthropuspecinensis, è stata indagata a seguitodi segnalazioni di ossa di drago aduso farmaceutico. L’antropologovon Koenigswald, nel 1935, harinvenuto proprio in una farmaciacinese un fossile di un grandeprimate fino ad allora sconosciutoalla scienza, Giganthopithecusblacki, subito entrato nell’acceso

dibattito sulle origini dell’uomo(Dermitzakis & Papadopuolou,1998).

I ritrovamenti di fossili hannocertamente incoraggiato le credenzesui draghi. Non si può stabileun’esatta relazione di causa edeffetto, non si può comprendere seil mito del drago sia nato comeconseguenza dei ritrovamenti o seinvece i fossili siano stati ritenutiprove dell’esistenza di creature natedalla mente. Mayor (2000) riportanumerosissimi esempi diritrovamenti di mammiferi e rettilifossili in aree in cui il culto e lecredenze sui draghi eranoparticolarmente radicati, ma ilrapporto tra mito e paleontologianon può essere risolto da questeevidenze.

La cittadina austriaca diKlagenfurt ha un nome eloquente,significa “guado dei lamenti”. Erasottoposta a inondazioni eannegamenti, attribuiti ad un drago.Solo l’astuzia di un duca, che suggerìdi attirare il drago in una trappolausando un toro come esca su unacatena uncinata, consentì ai cavalieridi ucciderlo (Quammen, 2003). Piùtardi, la leggenda del drago venneconfermata da ritrovamenti di ossa

La fontana del Drago a Klugenfurt.

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fossili. Un resto di cranio, attribuitoad un rinoceronte lanoso nel 1840dal paleontologo Franz Unger, èstato a lungo ritenuto una testa didrago ed ha ispirato lo scultoreUlrich Vogelsang, che nel 1590 hascolpito una fontana a forma didrago. La Fontana del Drago diKlagenfurt è probabilmente la primaricostruzione dell’aspetto in vita diun animale preistorico (Manni, 2002;Quammen, 2003).

Malgrado la leggenda fossepreesistente al ritrovamento deldrago, molti paleontologi hannoriportato l’episodio di Klagenfurtcome esempio di una leggenda natada ritrovamenti di fossili. Anche inquesto caso, come in molti altri chesaranno inclusi in questa serie diarticoli, è difficilissimo stabilire unarelazione lineare ed inequivocabilesul rapporto tra mito e scienza. E,probabilmente, non c’è un piatto

della bilancia che pende da una parteo dall’altra, ma un persistentetentativo di equilibrio.

BibliografiaBORGES J. L. & GUERRERO M., 1957. Manual

de zoología fantástica. Ed. Italiana: 1962e 1998, Manuale di zoologia fantastica,Giulio Einaudi Editore, Torino.

BUFFETAUT E. 1994. Les Dinosaures.Presses Universitaires de France. Ed.italiana : I dinosauri, Newton ComptonEditori, 1994.

CATTABIANI A., 1993. Santi d’Italia. Vita,leggende, iconografia, feste, patronati,culto. RCS libri, Milano.

CHEVALIER J. & GHEERBRANT A., 1969.Dictionnaire des symboles. Italian edition:Dizionario dei Simboli, BUR DizionariRizzoli, 1997.

DERMITZAKIS M.D. & PAPADOPOLOU E., 1989.Giants, Dragons, Saints and GeologicalPhaenonomena. Bull. Geol. Soc. Greece,vol. XXIII/2, pp. 75-100, Athens.

GAYRARD-VALY Y., 1986. Les fossiles,empreinte des mondes disparus.Gallimard, Paris. Ed. Italiana : 1992, Ifossili, orme di mondi scomparsi, Electa/Gallimard.

MANNI R., 2002. I fossili tra miti e leggende.Geoitalia 10 pp. 20-22.

MASPERO F. & GRANATA A., 1999. BestiarioMedievale. Edizioni Piemme.

MASPERO F., 1997. Bestiario Antico. Glianimali-simbolo e il loro significatonell’immaginario dei popoli antichi.Edizioni Piemme.

MAYOR A., 2000. The First Fossil Hunters.Paleontology in Greek and Roman Times.Princeton University Press.

QUAMMEN D., 2003. Monsters of God. TheMan Eating-Predator in the Jungles ofHistory and the Mind. Ed. Italiana: 2005,Alla ricerca del predatore alfa, Adelphi.

ZAMBON F. (a cura di), 1993. Il Fisiologo.Piccola Biblioteca Adelphi 22, Adelphi.

Cranio e mandibola del Rinocerontelanoso Coelodonta antiquitatis.

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Introduzione

Durante i campionamentibiostratigrafici effettuati a CimaPanco (Monti Martani), dopo quellieseguiti da Nini et al. (1997), si èprovveduto alla ripulitura dal detritodi una sezione di “RossoAmmonitico”. Con il lavoro sonostati rinvenuti vari esemplari diammoniti appartenenti all’ordine“Ammonitina”, per lo più allesottofamiglie Harpoceratinae, Mer-caticeratinae e Hildoceratinae.L’associazione faunistica trovata ètipica della parte medio-bassa dellazona a Hildoceras bifrons, piùprecisamente della sottozona aHildoceras graecum-acarnanicum.Gli indicatori biostratigrafici di questasottozona non sono presenti nellecoeve documentazioni francesi einglesi e tale differenze giustificanola presente nota.

Inquadramento geografico egeologico dell’area studiata

Cima Panco si trova sulla catenadei Monti Martani. Questa è situatanell’Umbria centro-meridionale (Fig.1) ed ha un andamento circa NW-

SE fino a Monte Torre Maggiore(1211 m.s.l.m.), sopra Cesi (Tr),dove la catena cambia orientazioneassumendo un allineamento circaest-ovest, bordando il latosettentrionale della conca ternana. Lacatena è costituita da rilievi modesti,che non superano i 1200 m.s.l.m.,separando la valle umbra ad Est,dalla conca d’Acquasparta ad Ovest.Nell’area settentrionale, l’assettostrutturale della catena è moltosemplice, più complesso, invece,

BIOSTRATIGRAFIA DELLA ZONA AHILDOCERAS BIFRONS (TOARCIANO MEDIO)DELL’APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO

FEDERICO VENTURI & FEDERICO FAMIANI

Fig. 1 - Ubicazione dell’area esaminata.

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nella meridionale. A nord si haun’anticlinale asimmetrica vergentead est ed una sinclinale simmetrica.Man mano che ci si sposta versosud, la piega si corica sulla sinclinale,fino a trovare le evidenze di un thrust(sovrascorrimento) in localitàFiorenzuola (Brozzetti & Lavec-chia., 1995). Il lato occidentale dellapiega è bordato da una faglia diretta,che delimita il semi-grabend’Acquasparta (Nini et al., 1997).La struttura è quindi derivata dallatettonica compressiva miocenica,sulla quale ha agito, successiva-mente, la tettonica distensivaquaternaria.

I Monti sono costituiti da roccemesozoiche e cenozoiche. I terminipiù antichi affiorano al nucleodell’anticlinale nel lato occidentaledella catena, messo in luce dallafaglia bordiera (formazione del

Monte Cetona – Trias superiore e“Calcare Massiccio” – Liasinferiore). Sul lato nord orientaleaffiorano le rocce torbiditichemioceniche della formazionemarnoso-arenacea ( area di Monte-martano - Castel Ritaldi).

Litostratigrafia

La successione locale compren-de: il tetto della “Corniola”, le Marnedi Monte Serrone, il “RossoAmmonitico” e la base dei “Calcaria Posidonia”. Questa nota tratteràil“Rosso Ammonitico” (membro B).Infatti, in accordo con Venturi (1973,1997), il “Rosso Ammonitico” puòessere suddiviso, in base allecaratteristiche litologiche, in 3membri, che dal basso verso l’altosono:

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A) un membro argilloso, di colorevariabile da rosso scuro a rosa overdastro;B) un membro marnoso nodularecon interstrati argillosi di colore rossoscuro;C) un membro calcareo, con straticalcarei marnosi micritici, nodularicon intercalazioni argillose.

Tra questi membri il B è quelloche ha una migliore e più abbondantedocumentazione biostratigrafica adammoniti.

Biostratigrafia

La sezione di Cima Panco è stataindagata varie volte dal punto di vistabiostratigrafico. Localmente è moltoben rappresentato anche il membroA del “Rosso Ammonitico” e con ilmateriale proveniente dalla sezione,sono stati già istituiti alcuni generinuovi, in particolare per la Biozonaa H. serpentinum To2 (ToarcianoInferiore).

Si tratta dei generi Martanites(Venturi, 1997), Fibulocoeloceras(Venturi F. & Ferri R., 2001),Praemercaticeras (Venturi, 1981) ePraepolyplectus (Venturi, 1981) eciò dimostra che il materialeappenninico è diverso rispetto aquello delle altre località europee.

Nel dettaglio, qui si riferisceall’analisi di un intervallo stratigraficodi 1,6 metri (Fig. 2), che in base allafauna ritrovata, si può ascrivere allazona a Hildoceras bifrons, sottozona

Fig. 2 - Log stratigrafico della sezione diCima Panco (Monti Martani).

Fig. 3 - Inquadramento biostratigraficodell’intervallo studiato.

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a Hildoceras graecum-acarnanicum(Fig. 3). In questi strati calcareonodulari i campioni sono tutti ingiacitura pianoparellela, ed hanno illato meglio conservato in basso,mentre l’altro è inglobato nellamatrice. Le schede che seguonodescrivono le specie più significative.

Tassonomia

Famiglia: HildoceratidaeSottofamiglia: Hildoceratinae

Hildoceras graecum Renz, 1913(Fig. 4)

Presenta una sezione subret-tangolare, più alta che larga. Si èconservato il fragmocono e la parteiniziale della camera d’abitazione.

Mediamente evoluto, con carenarilevata e area ventrale bisolcata.L’ornamentazione è costituita da

coste semplici a falce. Solco giralepoco marcato o assente. Lineasuturale molto semplice, con lobo Epiù corto del lobo L.

Hildoceras sp. n. (Fig. 5).

Conchiglie mediamente evolute,con sezione della spira subret-tangolare, poco più alta che larga,area ventrale leggermente bisolcata.Ornamentazione costituita da costefalciformi anche nella porzioneombelicale, che si affievolisconocontro i bordi ventro-laterali. Non èpre-sente un vero e proprio solcogirale e il bordo ombelicale èangoloso-arrotondato. La lineasuturale è tipicamente Hildoceratinacon i lobi stretti e selle ampie, conlobo E leggermente più corto del loboL. Nell’ambito delle specie esistenotevole variabilità. Si tratta di unaforma molto comune.

Fig. 4 - Hildoceras graecum. Barra = 1 cm.

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Famiglia: HildoceratidaeSottofamiglia: Mercaticeratinae

Mercaticeras rursicostatum Merla,1932 (Fig. 6)

Questo esemplare proviene dallostesso strato del precedente, ed èconservato per tre giri.

Presenta una sezione subret-tangolare poco più alta che larga. E’mediamente evoluto con spira chesi accresce rapidamente nei giriinterni. Le coste sono robuste eclavate ad andamento falcoideretroverso. Da notare che nella parteombelicale della camera d’abitazionele coste sono evanescenti. La lineasuturale è molto semplice, con loboL lungo quanto il lobo E, lobo U

2sospensivo.

Pseudomercaticeras rotaries Merla,1932 (Fig. 7)

Ha una sezione subtrapezoide piùalta che larga. Mediamente evolutocon accrescimento rapido della spira.L’area ventrale è leggermente

Fig. 5 - Hildoceras sp. n. Barra = 1 cm.

Fig. 6 - Mercaticeras rursicostatum.Barra = 1 cm.

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bisolcata con carena rilevata. Lecoste sono flessuose ad andamentofalcoide più fini e fitte di quelle degliesemplari del genere Mercaticeras.La sutura è semplice con il lobo Elungo quanto L, che si presentasimile ai Mercaticeras ma piùstretto, il lobo U

2 è corto e vicino

alla linea di ricoprimento.

Conclusioni

La zona ad Hildoceras bifronsè sicuramente molto conosciuta dagliamatori di fossili dell’Appennino. E’enorme la variabilità all’interno delgenere e della specie che lacaratterizzano. Questo aspetto puòessere ricondotto alla radiazioneadattativa degli ammoniti, iniziata nelTo2 (Toarciano inferiore - biozonaHarpoceras serpentinum) dopo lacrisi biologica del Toarciano

inferiore. Un’esposizione molto riccadegli Hildoceratini e Mercaticeratiniè esposta al Museo paleontologicodel Parco del Monte Subasio (Assisi-Perugia). La presente analisibiostratigrafia fornisce un esempiosignificativo di procedura scientifica,svolta anche per l’esposizione delMonte Subasio (Venturi & Rossi,2003).

BibliografiaBrozzetti F. & Lavecchia G., 1995.

Evoluzione del campo di sforzi e storiadeformativi dei Monti Martani (Umbria).Bollettino della società Geologicaitaliana.114: 155-176.

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Venturi F. & Rossi S., 2003. Subasio: originee vicende di un monte appenninico. 128pp. Porzi Editori. Assisi (Pg).

Fig. 7 - Pseudomercaticeras rotaries. Barra= 1 cm.

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TESI DI DOTTORATO Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra - XVIII cicloUniversità degli Studi di Firenze

SISTEMATICA, PALEOECOLOGIA,PALEOGEOGRAFIA DEI

SUIDAE FOSSILI ITALIANI

GIANNI GALLAI

Tutore: Prof. Lorenzo Rook

Il primo studio paleontologico sudi un suide italiano è il lavoro diForsyth Major (1881) in cui Susstrozzii è ritenuto dall’autore unaforma affine al Sus verrucosus diGiava. Da allora i suidi hannoricevuto un’attenzione inferiore daparte dei paleontologi italiani incomparazione con altri mammiferiquali primati, proboscidati, carnivoriecc. La ragione di questa sottostimarisiede principalmente nella loroscarsa rappresentazione nel recordfossile italiano.

La letteratura dimostra come iSuidi fossili possano essere ottimiindicatori biocronologici (White &Harris, 1977). Inoltre, il recordfossile di questa famiglia può essereanche utilizzato come validoindicatore paleoambientale (Faure &Guerin, 1984).

In sintesi il lavoro svolto perquesta tesi si è proposto di:- Fornire una panoramica sullesegnalazioni di suidi fossili in Italiaed una loro revisione sistematica.- Individuare nuovi caratteri stabiliutilizzabili nell’identificazione dellalinea filetica d’appartenenza.

- Offrire un quadro dettagliato sulladistribuzione paleogeografica deisuidi nel record italiano ponendoloin relazione con quello del vecchiomondo.- Utilizzare dati attualistici di eco-etologia e morfologia funzionale neltentativo risalire alla paleo-ecoeto-logia dei diversi gruppi considerati.Il materiale studiato proviene dalocalità italiane in un intervallotemporale compreso tra il Miocenesuperiore ed il Pleistocene medio.

MioceneNel Miocene superiore italiano

sono presenti due generi: Eumaio-choerus e Propotamochoerus.

Il genere Eumaiochoerus èsegnalato nelle località di Monte-bamboli e BaccinelloV2, in Toscana,e Fiume Santo, in Sardegna. Larevisione critica del materialeproveniente da queste località haportato ad introdurre nuovi elementidi diagnosi del genere. Esso sicaratterizza per la presenza di undimorfismo sessuale, seppur lieve,con canini molto primitivi. I maschipresentano canini cilindrici che

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proiettano lievemente verso l’esternoe che hanno un piano di usuraobliquo (Fig. 1). Le femmine pre-sentano canini piccoli, “piston-like”,impiantati verticalmente in mascellae mandibola. L’opposizione punta-punta determina una traccia di usuraorizzontale. E’ stato ipotizzato chel’animale si servisse dei canini perafferrare il cibo più che per difesa. Icaratteri di primitività sono pro-babilmente indice di un com-portamento sociale assente o pococomplesso. La derivazione delgenere Eumaiochoerus dal genereMicrostonix (Van der Made &Moyà-Solà, 1989) è ritenuta valida.Questa linea filetica origina dalgenere Hippopotamodon ed i caninisono probabilmente acquisiti inMicrostonix per neotenia e trasferitiad Eumaiochoerus nel quale,modificati da condizioni prolungatedi isolamento, si riducono ulte-riormente in dimensione. La specieEumaiochoerus etruscus presentaun basso grado di variabilità

individuale. Non è stata rivelataalcuna differenza sensibile tra gliesemplari di Montebamboli eBaccinello V2. Questi ultimi sidifferenziano però radicalmente daquelli di Fiume Santo nei quali leclassiche scanalature (“furchen”),caratteristiche delle cuspidi principalidei suidi sono ridotte o assenti.

Queste differenze sono statespiegate ipotizzando una differen-ziazione ecologica (un clima più aridoo una dieta diversa può essereresponsabile dell’aumento dellospessore dello smalto con perdita deisolchi) all’interno della Paleo-bioprovincia Tosco-Sarda.

Il genere Propotamochoerus conla specie: Propotamochoerusprovincialis è stato formalmenteidentificato nelle località Bacino delCasino e Brisighella. Questo genereè presente in Italia nel Miocenesuperiore. La variabilità intraspe-cifica è bassa ma si denota una ten-denza ad un progressivo aumento

Fig. 1 - Eumaiochoerus etruscus. Canino inferiore maschile sx in varie normelaterali.Scala=1cm.

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della lunghezza dei primi incisivisuperiori negli esemplari diBrisighella. Questi ultimi rappre-sentano quindi la forma piùprogredita di questo genere in Italia.

Il taxon presente a BaccinelloV3(Fig. 2), di cui si proporrà una nuovadenominazione specifica, è carat-terizzato da dimensioni dei molaricomparabili con P. paleochoerus dalquale si differenzia nella sezione delcanino inferiore e nelle dimensionidei primi incisivi superiori (che sonopiù allungati e quindi più evoluti) condimensioni intermedie tra P. paleo-choerus e P. hysudricus. E’ stataipotizzata una derivazione diretta diquesta specie da Propotamochoeruspaleochoerus. Infine, per i resti diGravitelli non è stato possibileraggiungere una determinazionespecifica. Sono stati attribuiti algenere Propotamochoerus mediantel’osservazione della forma del P4 eP3. Questa segnalazione confermala composizione prevalentementeeuropea della fauna di Gravitelli e

sposta verso sud l’areale didistribuzione del genere Propotamo-choerus. Quest’ultimo gioca unruolo cruciale nella comprensionedella filogenesi dei suidi in quanto è,con tutta probabilità, l’antenato delgenere Sus, comparso nel Miocenesuperiore durante o poco prima delMessiniano.

Plio-PleistoceneDurante questo periodo il solo

genere Sus è stato riconosciutonell’Italia continentale ed insulare.Nell’Italia continentale riconosciamola specie Sus arvernensis e Susstrozzii. Nell’Italia insulare l’unicaspecie nota è Sus sondaari.

La specie Sus arvernensis èpresente in Italia nelle seguentilocalità: Val di Pugna, VillafrancaD’Asti, Bra ed è stratigraficamentelimitata al Pliocene inferiore e medio.Per quanto concerne la sistematicadi questa specie abbiamo osservatocome i pochi resti italiani provenienti

Fig. 2 - Propotamochoerus nov.sp. proveniente dai livelli di Baccinello V3. Mascellare

sinistro con P3-M3.

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da località attribuibili alla zona MN15(Val di Pugna) non consentanoaccertare la presenza di una singolaspecie (sinonimia Sus arvernen-sis=?Sus minor) o di due separatesottospecie (Sus arvernensisarvernensis, che sarebbe caratteri-stica di MN16, e Sus arvernensisminor caratteristica, invece, diMN15). Ma abbiamo ancheosservato come la prima ipotesi siada preferirsi alla seconda.

Per quanto concerne la filogenesiabbiamo ipotizzato che una formaprimitiva di Sus arvernensis diven-ga, nel Messiniano, il punto di originedi almeno tre diverse linee filetiche.Una prima linea filetica Sus arver-nensis-Potamochoerus caratte-

rizzata dal mantenimento del caninoinferiore di tipo verrucoso e dellamandibola snella (tale doveva esserenella forma messiniana di Susarvernensis) e da una generaletendenza all’aumento dello spessoredello smalto e dell’iposodontita neipremolari.

Una seconda linea Sus arver-nensis-Sus nanus caratterizzataanch’essa dal mantenimento di unamandibola sottile ma anche dalpassaggio da un canino verrucoso aduno scrofico. Infine, una terza lineache porta all’origine di una formapiù progredita di Sus arvernensis(quella che riconosciamo nel recorditaliano), di Sus strozzi e del genereafricano Kolpochoerus. La linea Sus

Fig. 3 - Variazione nelle dimensioni medie di P2,P

3,P

4,M

1,M

3 in Sus arvernensis, Sus

strozzii, Eumaiochoerus etruscus, Microstonix major, M. erymanthyus, M. antiquus,Hyotherium soemmeringi e Propotamochoerus paleochoerus.

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Fig. 4 - Sus sondaari. Emimandibola sinistra in cui si evidenzia un canino di tipo“scrofico”.

arvernensis-Sus strozzii-Kolpo-choerus si caratterizza per ilmantenimento del canino tipo“verrucosus” ed in un aumento delledimensioni generali del corpo e delladentatura, nella robustezza dellamandibola, nell’aumento dellapneumatizzazione delle arcatezigomatiche e nella loro espansioneverso l’esterno, nella riduzione deipremolari e nell’aumento delladimensione dei canini.

L’analisi del record fossilerelativo alla specie Sus strozzii hamesso in evidenza come nonpossano essere identificate differenzestabili tra le diverse località italiane.La variabilità intraspecifica è quindirelativamente bassa.

Lo studio comparato dellamorfologia del cranio, l’analisi disette caratteri craniali, e di altricaratteri morfologici e morfometricidella dentatura (Fig. 3) hanno portatoa confermare una derivazione direttadi Sus strozzii da Sus arvernensis

ed una probabile derivazione delgenere africano Kolpochoerus da Susstrozzii. La separazione tra questiultimi due taxa deve essere avvenutanella parte alta del Pliocene medio.I caratteri progressivamente acquisitiall’interno di questa linea fileticasono stati discussi ed analizzati esembrano maggiormente correlati avariazioni etologiche come losviluppo di un comportamentosociale complesso, più cheambientali. Tutti i rappresentantidella linea filetica rimangono, ineffetti, sempre strettamente legati(tranne l’eccezione di Poggio Rosso)a climi umidi ed ambienti più omeno chiusi di foresta.

La specie Sus sondaari evolveda una forma ancestrale di Susarvernensis nel Messiniano. Nuovielementi di diagnosi sono statiintrodotti. Tra questi spiccasicuramente la struttura del caninoinferiore maschile che presentasezione di tipo scrofico (Fig. 4).

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L’assenza di P1 è stata tolta daicaratteri peculiari della specie. Leanalisi effettuate hanno dimostratocome tutte le segnalazioni italianepossano essere attribuite pur con uncerto grado di variabilità intra-specifica alla specie Sus sondaari enon a forme affini ad essa comeipotizzato in passato per talunelocalità (cfr. Capo Mannu).

BibliografiaFaure M. & Guerin C., 1984. Sus strozzii et

Sus scrofa, deux mammiferes marqueurs

des paleoenvironnements. Palaeo-geography, Palaeoclimatology, Pa-laeoecology, 48: 215-228.

Forsyth Major C.J., 1881. Studi sugli avanzipliocenici del genere Sus. Atti SocTosc.Sci.Nat. Proc.verb., 2: 227.

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White T.D & Harris J.M., 1977. SuidEvolution and Correlation of AfricanHominid Localities Science, 4312(vol.198): 13-21.

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LE ESCURSIONI DEI PALEONTOFILI

JORDI ORSO

Le attività escursionistiche deipaleontofili della SPI iniziano nel2007 con una vera “chicca”. Il Dott.Davide Bassi dell’Università diFerrara aveva proposto, invece dellasolita escursione, una full immersionpaleontologica: un fine settimanaintero all’insegna di Paleontologia eGeologia, una rara occasione perapprofondire e mettere a confrontole proprie conoscenze, imparareconcetti nuovi, scambiarsi idee. Ilseminario si sarebbe articolato in unaparte teorica, prevista per sabato, eduna parte pratica che per domenicaprevedeva un’escursione nei monticircostanti.

Ci siamo dati appuntamentoall’Hotel Vicenza di Tonezza delCimone, nella Val D’Astico, anordovest di Vicenza. La prima parteteorica del seminario era dedicataall’epistemologia delle Scienze dellaTerra con particolare riguardo allaPaleontologia. Con grande interesseabbiamo seguito le teorie di Platone

A lezione in Montagna

Seminario di Paleontologia e Geologia generaleGuida scientifica: Dr. Davide Bassi, Università di FerraraData: 5/6 maggio 2007Località: Tonezza del Cimone (VI)Età geologica: Giurassico InferiorePartecipanti: 10 (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria)

e di Aristotele, l’interpretazione diLeonardo da Vinci dell’esistenza difossili marini in montagna, i principiinnovativi di Stenone, il mondometallurgico di Agricola e l’inno-vativa sistematica di Linneo.Abbiamo poi ricordato le idee diLamarck, le scoperte di Hutton e laprima carta geologica di Smith, icontrasti tra esperti come Cuvier,Smith, Owen e Lyell sorti con lascoperta di fossili sempre più difficilida concordare con le vecchie teorie,fino al pensiero rivoluzionario diDarwin ed il merito professionale edi divulgazione di Stephen J. Gould.E scusate se è poco.

Dopo una breve pausa, mentrela pioggia continua a battere controle finestre, Davide ci svela i segretidella stratigrafia presentandoci lenozioni base di litostratigrafia e dibiostratigrafia. Con l’occasionepassiamo in rassegna alcuni principidi sedimentologia. Parliamo di strut-ture sedimentarie, delle varie forme

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di trasporto del sedimento, dellaselezione operata dai diversi agenti,come l’acqua, il ghiaccio ed il vento,su granuli e particelle. È sorprendentequanto siano diversi i processideposizionali, dal lento e pacificofioccare delle particelle argilloseall’irrompente corsa delle franesottomarine, oppure dal pigroformarsi dei fanghi poligonali sottoil sole cocente all’accumularsi delleenormi dune di sabbia. Attraversol’analisi delle proprietà base dellerocce sedimentarie scopriamo che:la composizione svela l’origine dellaroccia, la tessitura spesso segnala ladistanza dal luogo di nascita e iltempo di trasporto subito, la strutturainvece può dare delle informazionisull’ambiente di deposizione. In

ultimo ci ricorda la differenza trabiostratinomia, la disciplina che sioccupa della storia dei fossili dallaloro morte al seppellimentodefinitivo, e la tafonomia che inveceindaga tutto l’arco di tempo dallamorte dell’organismo, che in genereavviene prima del seppellimento,fino al suo ritrovamento comefossile.

Dopo pranzo affrontiamo lasistematica degli organismi fossili eviventi. Per avere le idee chiare perprima cosa si fa un po’ d’ordine! Lasistematica serve a questo. Parlandodi sistematica si parla anche dinomenclatura, il sistema di nomiscientifici applicati alle unitàtassonomiche dei taxa attuali oestinti.

Il gruppo di paleontofili che ha partecipato all’escursione a Tonezza del Cimone.

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Mentre fuori continua a diluviaresfioriamo un altro argomento diclassificazione, perché oltre ai fossilibisognava mettere ordine anche tragli icnofossili. A questo ci pensa laparatassonomia, un ramo parallelodella tassonomia. Quando unorganismo lascia una sua improntao traccia, questa, una voltafossilizzata, spesso può dare delleinformazioni importanti sul suohabitat e le sue abitudini, anche sedifficilmente svela l’identitàdell’organismo stesso. Così veniamoa sapere che le icniti si distinguonoin base alle attività che le hannocausate: tracce di riposo, dilocomozione, di pascolo, riempi-mento di tane, ecc. Spesso gli stratisi presentano rimaneggiati dagliorganismi che vi vivevano, e si parlaquindi di bioturbazione.

Dopo tante informazioni Daviderivolge la nostra attenzione ai gruppiprincipali di fossili marini inver-tebrati: foraminiferi, molluschi(bivalvi e gasteropodi), brachiopodi,ammonoidi e crinoidi. Ci parla delleloro molteplici strategie di sopravvi-venza, della loro anatomia, dell’im-portanza di alcune specie per lastratigrafia (i fossili guida) edell’enorme contributo di certi gruppialla produzione di sedimenti marini.

Domenica mattina ci sveglia unsole splendente che non ricordavaniente delle piogge torrenziali delgiorno precedente. Felicissimipartiamo per il Monte Costa d’Agra.Lasciamo le macchine al RifugioValbona e ci incamminiamo verso ilprimo affioramento. Davide ciricorda di non saltare subito aconclusioni osservando le rocce, madi limitarci a descrivere sempli-

cemente quello che vediamo. Dalsentiero raccoglie un oggetto chesembra un conglomerato artificiale.Infatti! Si tratta di un prodotto moltoantropico… ma Davide lo utilizza lostesso per interrogarci subito.“Osservate bene”, ci invita, “e ditemise si tratta di un sedimento grano-sostenuto o fango-sostenuto”… ecosì siamo subito immersi in unaverifica delle nozioni imparate ilgiorno precedente. La prova con il“conglomerato” era abbastanzafacile e, fiduciosamente, cirivolgiamo verso la roccia “vera”lungo il sentiero. Come Davide ciaveva spiegato all’inizio del per-corso, ci troviamo nel GiurassicoInferiore e la successione rocciosaappartiene alla Formazione deiCalcari Grigi. Cerchiamo di carpirnetutti i segreti e con l’aiuto dellanostra guida dopo un po’ siamo ingrado di riassumere le nostreosservazioni.

Procediamo lungo il sentiero. Ilsole ci è rimasto fedele e ci rendiamoconto della nostra fortuna di poterfare le nostre osservazioni all’a-

I grossi bivalvi della Facies a Lithiothissono spesso preservati con le due valveaccoppiate.

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sciutto. Abbiamo ancora molteoccasioni di confronto tra teoria epratica. L’ultimo stop è particolar-mente emozionante. Ci troviamo in

Il passaggio fra le formazioni geologicheOolite di Massone e Rosso Ammonitico(RA). La base del RA è caratterizzata dalamine stromatolitiche di dimensionicentimetriche.

Le “colonne” di RossoAmmonitico sul sentiero delMonte Costa d’Agra.

un punto dove il cambio di coloredella roccia dal grigio al rosso ciindica che siamo in presenza di unevento speciale. Infatti Davide ciconferma che siamo arrivati al limitetra i Calcari Grigi ed il RossoAmmonitico. Davide indica la basedel Rosso Ammonitico e ci fa notarela struttura ondulata di laminerossastre sottilissime. Ci vuole un po’a capire che si tratta di stromatoliti!Ci rendiamo conto di essere inpresenza di una vera trasformazioneambientale. Non ci siamo accorti chenel frattempo alle nostre spalle sierano ammassati nuvoloni neri erestiamo sorpresi dalle prime goccedi pioggia. Così lasciamo aperta laquestione della relazione tra stroma-toliti e ammoniti e ci precipitiamoverso le nostre macchine. Chiari-remo il mistero a tavola!

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La zona dove sorge il cantiereper la costruzione dell’ospedale hada tempo destato l’interesse di chisi occupa di studi paleontologici, inquanto le formazioni geologiche chequi affiorano presentano alcunepeculiarità.

I primi rilevamenti vennero fattinella cava di gesso dismessa, situataa monte dello stabilimento diPanealba, dove sono visibili impo-nenti bancate di gesso laminato,gesso selenitico (a grossi cristalli) eparticolari calcari di origine incerta.

Nell’anno 2000 venne messa inluce dallo scavo per la costruzionedel vicino fabbricato della dittaMetalgranda un’importante concen-trazione di fossili marini nelle Marnedi Sant’Agata Fossili, eccezionale siaper l’alto contenuto di reperti benconservati che per l’epoca a cuirisalgono, considerando che le marnedi quest’età sono tipicamente poveredi fossili nel territorio albese.

Ora gli scavi per la costruzionedell’ospedale ci concedono nuova-mente una importante occasione distudio degli stessi corpi geologici chequi vengono messi in luce su unasuperficie eccezionalmente vasta. Èper questo motivo che il MuseoFederico Eusebio di Alba nelle

persone del prof. Oreste Cavallo edello studente in Scienze NaturaliEdmondo Bonelli, iscritto all’Uni-versità di Torino, si sta dedicandoall’analisi paleontologica del sito. Idati emersi dalle ricerche sul camposaranno oggetto della tesi di laureadi quest’ultimo.

Le nostre indagini nel sitodell’ospedale sono iniziate l’invernoscorso, ma, come accennato, la zonadove si colloca il cantiere è da tempooggetto di studi. Sono ormai diversianni che l’area viene periodicamentevisitata da parte di docenti e studentidel Dipartimento di Scienze dellaTerra dell’Università degli Studi diTorino. L’ultimo sopralluogo (No-

SITO FOSSILIFERO DI VERDUNO–CANTIEREOSPEDALE

EDMONDO BONELLI & ORESTE CAVALLO

Panoramica sugli scavi.

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vembre 2006) ha compreso anche ilsito dell’ospedale.

L’area ha suscitato l’interesseanche di studiosi esteri: i fossili dimolluschi estratti dal sito pressoMetalgranda sono stati studiati einquadrati sistematicamente dal dott.Robert Marquet, collaboratoredell’Institut Royale des SciencesNaturelles de Belgique di Bruxelles,mentre i coralli rinvenuti nello stessogiacimento invece sono stati clas-sificati da specialisti dell’Universitàdi Parigi. Nel mese di maggio 2007il dott. Dirk Nolf dell’ Institut Royaledes Sciences Naturelles de Belgiquedi Bruxelles ha visitato e campionatol’area dell’ospedale e il sito pressoMetalgranda. Il dott. Nolf è ricono-sciuto come uno dei maggiori espertimondiali nello studio di otoliti,piccole concrezioni calcaree facentiparte dell’orecchio interno dei pesci,

le quali presentano forme tipichedella specie di appartenenza.

Le Marne di Sant’Agata Fossilie i gessi evaporitici

Le Marne di Sant’Agata Fossilisono rocce tenere diffusissimenell’Albese, chiamate in dialetto“tov”. La colorazione è tipicamenteazzurrino-grigiastra, spesso con lentidi materiale sabbioso di colore piùgiallo. Sono di consistenza piuttostotenera se umide, più resistenti sesecche. L’origine è marina, eprecisamente di mare abbastanzaprofondo (alcune centinaia di metri).Qui sul fondale si depositavanoparticelle di argilla sospesenell’acqua, frammiste a microguscicalcarei di organismi planctonici(Foraminiferi in maggior parte); adopera delle correnti si potevaaccumulare ogni tanto un po’ disabbia e sporadicamente qualcheguscio di conchiglia proveniente dallezone costiere. La compressioneprovocata dal seppellimento e lacircolazione di fluidi hanno tra-sformato, durante milioni di anni, ilsedimento di origine nella roccia cheora riemerge. L’età delle marne su

Parte dei reperti ritrovati.

Livello con resti vegetali, foraminiferi(Discospirina italica) e bivalvi.

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cui poggerà l’ospedale è compresatra i 6-7 milioni di anni (sono incorso analisi per stabilire un datopreciso) e si colloca sul finire delMiocene (Messiniano inferiore).

Il contenuto fossilifero di questemarne nella zona dell’Albese ègeneralmente scarso, fatto salvoil sitoadiacente all’area del cantiere, pressolo stabilimento Metalgranda, dove èstato riscontrata una concentrazionestraordinaria di fossili di organismicostieri, per lo più molluschi e coralli.L’origine è legata al trasporto dallezone di costa ad acque più profondead opera di devastanti franesottomarine. Al momento nell’areadell’ospedale sono stati trovatiaccumuli simili ma di dimensioni econtenuto molto più modesti. Ciòche invece ha destato il nostromaggiore interesse sono fossili diorganismi che vivevano nel o sulsedimento di origine, sul fondodell’antico mare. Anche qui citroviamo di fronte a testimonianzefossili assolutamente non comuniper la nostra zona: si tratta per lopiù di piccoli bivalvi e gasteropodi,ricci di mare, spugne e macro-foraminiferi. Altri reperti interessantima abbastanza rari e isolati nelsedimento sono i pesci; essi alla loromorte finivano sul fondo e se nonerano consumati da qualchedetritivoro o decomposti veloce-mente, venivano seppelliti daisedimenti che ne hanno permessola conservazione. Ad oggi sono statitrovati fossili di pesci di profondità(pesci Lanterna) e un’Aguglia. Altretestimonianze dei pesci chepopolavano il mare Miocenico cigiungono dal ritrovamento di otoliti,molto importanti data la loro grande

capacità di conservazione che nepermette una diffusione relativa-mente ampia. In base al loro studioè possibile ricostruire parzialmentela composizione dell’ittiofaunapresente nel mare miocenico. Nellemarne abbiamo altresì trovatoalcune tracce vegetali come foglie erametti di Gimnosperme.

La storia geologica che emergedalle formazioni dell’area dell’ospe-dale vede il succedersi dei gessi dopole marne. Questi potenti accumuli dicristalli di gesso poggiano sullemarne e rappresentano un periodogeologico particolare e molto

Esemplare di Aguglia (Belone sp.).

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Foglia di Angiosperma.

dibattuto: la fase evaporitica delMessiniano. Durante quest’epoca loStretto di Gibilterra si chiuse, o siridusse molto, ad opera di movimentitettonici; questo causò un isolamentodel Mediterraneo con conseguenteprogressivo abbassamento del suolivello a causa dell’evaporazione. Ilrisultato fu che in ampie zone comel’Albese si vennero a formare unasorta di lagune, dove per l’altaconcentrazione dei sali si depo-

sitarono i cristalli di gesso. Nella zonadell’ospedale è possibile trovaregesso laminato, dove i minuscolicristalli sono organizzati in sottilistrati, così come grandi bancate digesso selenitico, in grossi cristalli.Queste due formazioni dipendonodalla modalità di deposizione edall’ambiente di cristallizzazione.Nei gessi laminati sono stati rinvenutiinsetti (larve di libellula), foglie epesci specializzati a vivere inquell’ambiente (Aphanius crassi-caudus); questi ultimi presentanouna curiosa anatomia legataprobabilmente all’ipersalinità delleacque, con ossa più sviluppate e uncorpo più tozzo.

Teniamo a ringraziare tutto ilpersonale dell’impresa costruttricedell’ospedale, per la grande dispo-nibilità e l’interesse dimostrato versole nostre attività all’interno delcantiere.

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Le miniere di Agnana Calabrasono state ampiamente sfruttate nelcorso del 1800, acquisendo unanotevole fama nel Regno delle DueSicilie. L’antracite e la lignite estrattevenivano trasportate sui fiumi peressere utilizzate nei vicini centri dellacosta ionica. Il carbon fossile diAgnana servì anche ad alimentare ilprimo tratto ferroviario italiano,esteso da Roma a Frascati. Dopol’Unità d’Italia, cessarono ifinanziamenti e l’attività estrattivarallentò progressivamente fino afermarsi del tutto nel 1910.

Intorno al 1855, nel pienodell’attività estrattiva, nelleligniti vennero trovati i restifossili di un Antracoterio, ungrosso mammifero oggi estinto,vissuto circa 30 milioni di annifa. I fossili sono attualmentecustoditi preso il Museo diPaleontologia dell’Università diNapoli “Federico II”.

L’Antracoterio, appartenente allaspecie Anthracotherium magnum,aveva abitudini di vita semi-acquatiche e somigliava molto agliattuali ippopotami, anche se era piùpiccolo. Infatti, era lungo circa duemetri e alto un metro e possedevauna dentatura robusta, adatta ascavare nel fango ed a strappare lepiante acquatiche delle quali sinutriva. I suoi arti erano corti e tozzi,con dita piccole, adatte a nonsprofondare nel fango delle zonelagunari e paludose in cui viveva. Le

LE MINIERE DI AGNANA CALABRA,DALLA PREISTORIA AL FUTURO

MARILISA GUGLIELMO, ANTONELLA CINZIA MARRA & PASQUALE RAIA

Il contenuto di questo articolo è stato usato per la realizzazione di un pieghevole aduso turistico-culturale, finanziato dal Comune di Agnana Calabra. L’elaborazionedidattico-divulgativa del testo, diretto ad un’audience turistica eterogenea, è stataeseguita durante la stesura della tesi di Laurea Magistrale di M. Guglielmo in Tutelae Gestione dell’Ambiente (Università di Messina), incentrata sullo studio morfometricodi Anthacotherium magnum di Agnana Calabra, relatrice A. C. Marra, co-relatore P.Raia. Si ringraziano, per l’inquadramento geologico: Claudia Caruso, DomenicoCarrà e Nello Minzoni.

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dita erano dotate di zoccoli, persostenere efficacemente il peso delcorpo.

Il nome Antracoterio significa“mammifero del carbone” (dal grecoanthrax = carbone e therios:mammifero) ed è stato attribuitoproprio a causa della frequenza difossili di questo mammifero neidepositi di lignite di Asia e Europarisalenti a 30-20 milioni di anni fa.

Recenti studi hanno individuatoproprio tra gli Antracoteri il probabileantenato dei primi ippopotami,comparsi circa 18 milioni di anni fa.Curiosamente, pare che gli Antra-coteri abbiano avuto un anticoantenato comune anche con lebalene. 50 milioni di anni fa, infatti,i discendenti di un mammiferoacquatico munito di arti diederoorigine a due gruppi: i cetacei,totalmente acquatici, e gli antra-coteri, semiacquatici.

Il ritrovamento di Agnana indicache a quel tempo la zona era occu-

pata da una foresta con ampie zonepaludose. Ciò è evidenziatosoprattutto dalla presenza delleligniti, oltre che dalle abitudini edall’ambiente di vita tipici degliAntracoteri. Le ligniti, infatti,derivano dalla fossilizzazione dellepiante ad alto fusto in zone palustri.E’ quindi probabile che uno o piùantracoteri siano rimasti impantanatio siano morti in prossimità dellapalude, e che i loro resti scheletricisiano stati inglobati nei resti vegetalie nel fango dell’area paludosa,destinati a diventare lignite.

L’area in cui sorge Agnana èdelimitata dal Monte Mutolo e dalMonte Nafrusa, le cui rocce si sonoformate nell’era dei dinosauri, e daMonte Schiavo, formatosi intorno a300 milioni di anni fa. Intorno a 35milioni di anni fa, Agnana era unalaguna che nei millenni successivivenne invasa dal mare. Le tracce diquegli antichi fondali si possonoosservare nelle rocce di Agnana, checonservano ancora sabbia, ghiaia eframmenti di conchiglie.

I rilevamenti geologici ed i fossilidi Agnana forniscono dati importantiper ricostruire la geografia dell’Italiadi 30 milioni di anni fa. L’antra-coterio, infatti, ha origine eurasiaticaed è stato ritrovato anche ingiacimenti di lignite del Nord-Italiae del centro Europa.

La sua presenza in Calabria si puòspiegare col fatto che circa 30 milionidi anni fa una parte di questa regionesi trovava in comunicazione conSardegna e Corsica (allora unite nelblocco sardo-corso), attaccateall’Europa tramite Spagna e partedella Francia (blocco iberico-provenzale). Successivamente, è

Frammento di mascellare destro consecondo e terzo molare di Anthra-cotherium magnum di Agnana.

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avvenuta una rotazione dell’interoblocco verso Est, fino a raggiungerel’attuale assetto geografico.Probabilmente l’antracoterio diAgnana aveva raggiunto la Calabriaattraversando il blocco sardo-corso.

L’area delle miniere di Agnana èinteressantissima per la sua storiaottocentesca, ma anche per la suageologia e per la sua preistoria. Perquesti motivi, l’area è stataclassificata come sito SIC (Sito diInteresse Comunitario) dallaProvincia di Reggio Calabria.

L’attuale AmministrazioneComunale di Agnana Calabra stapromuovendo diverse iniziative voltealla creazione di un Geo-parco delleMiniere e strutture correlate, peravviare un futuro turistico di Agnana,partendo dal suo solido e floridopassato, e rendendo visitabile unaparte delle miniere.

Il Geo-Parco delle Miniere diAgnana proporrà percorsi a piedi inprossimità dei tunnel minerari, in cuii visitatori potranno osservare gliantichi strumenti e le attrezzatureutilizzate dai minatori, i luoghi diricovero di uomini e mezzi e la lignitein affioramento. Un’area espositivasarà dedicata all’esposizione dicampioni di lignite e di riproduzionidei fossili di Antracoterio.

Bibliografia di riferimentoAZZAROLI A., 1990. Lezioni di paleontologia

dei vertebrati. Pitagora EditriceBologna.

AZZAROLI A. & GUAZZONE G., 1979. Terrestrialmammals and land connections in theMediterranean before and during the

Entrata della galleria Principe di Napoli,Agnana.

Ricostruzione di Anthracotherium.

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Messinian. Palaeogeography,Palaeoclimatology, Palaeoecology,29:155-167.

BENTON M., 2005. Vertebrate Paleontology.Third edition. Blackwell.

BOISSERIE J.R., LIHOREAU F. & BRUNET M.,2005. Origins of Hippopotamidae(Mammalia, Cetartiodactyla): towardsresolution. Zoologica Scripta, 34: 119-143.

CARRÀ D., PROCOPIO F., MINZONI N., GALLO

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Notizie italianeSono riportati i principali risultati delle ricerche riguardantiil territorio italiano, ma pubblicate in riviste straniere, quindidifficilmente accessibili a un pubblico esterno al mondo accademico.

a cura di Carlo [email protected]

Per facilitare la stesura della rubrica “Notizie Italiane”, la Redazione invi-ta tutti coloro che pubblicano in riviste straniere articoli riguardanti il ter-ritorio italiano a far pervenire via e-mail i riferimenti bibliografici comple-ti e alcune righe di riassunto in italiano, con taglio divulgativo, appena ilavori sono stati stampati. Grazie per la collaborazione.

TARTARUGHE MIOCENICHE DELLA PIETRA LECCESE

La presenza di resti di tartarughe nei sedimenti miocenici della PietraLeccese è nota sin dal XIX secolo. Due specie di tartarughe sono statericonosciute: Testudo varicosa Costa, 1851, ed Euclastes melii Misuri,1910. I nuovi ritrovamenti fossili confermano la presenza di tartarughemarine chelonidi e testimoniano dell’esistenza di tartarughe dermochelidi. Iresti di dermochelidi sono riferiti alla specie Psephophorus polygonus Meyer,1846. L’esemplare MAUL 990/1a-l rappresenta la più grande porzione dicarapace di questa specie finora riportata in letteratura. La combinazione diun carapace ornamentato con il pattern delle impronte degli scudi corneipermette di attribuire 3 nuovi esemplari di chelonidi e il materiale tipo diTestudo varicosa alla specie Trachyaspis lardyi Meyer, 1843, una speciemiocenica cosmopolita. Sono inoltre presenti numerosi frammenti dichelonidi a carapace liscio, ma a causa della cattiva conservazione e dellepiccole dimensioni non è possibile attribuirli alla specie già nota di chelonide,Euclastes melii. Poiché non è conosciuta la collocazione museale delmateriale fossile attribuito inizialmente alla specie Euclastes melii, esuccessivamente a Procolpochelys melii, nessun confronto morfologicodiretto è possibile. La fauna chelonioide rappresenta una tipica faunamiocenica a tartarughe marine, composta di tartarughe dermochelidi(Psephophorus polygonus), e chelonidi a carapace ornamentato(Trachyaspis lardyi) e liscio (una forma inizialmente riferita a Euclastesmelii, e membri indeterminati della famiglia Cheloniidae). Questa fauna èconfrontabile alla simile e contemporanea cheloniofauna della CalvertFormation (Maryland, USA).CHESI F., DELFINO M., VAROLA A. & ROOK L., 2007. Fossil sea turtles (Chelonii, Dermochelyidaeand Cheloniidae) from the Miocene of Pietra Leccese (Late Burdigalian - Early Messinian)of Southern Italy. Geodiversitas, 29(2): 321-333 [in inglese].

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COCCODRILLI EOCENICI DELL’ITALIANORD-ORIENTALE

L’analisi cladistica di Megadontosuchus arduini proveniente dall’Eocenemedio di Monte Duello (Italia nord orientale) conferma la sua appartenenzaal gruppo dei tomistomini sebbene il basso numero di caratteri codificabilidetermini una risoluzione relativamente bassa delle relazioni all’interno delclade. Megadontosuchus è comunque chiaramente distinto dagli altritomistomini dell’Eocene europeo e nord africano per la presenza di unrostro moderatamente allungato ma robusto, denti mascellari e dentali digrandi dimensioni e ampie finestre sopratemporali. Le caratteristiche delrostro e dei denti potrebbero indicare che questa specie avesse un grado dispecializzazione intermedio fra Maroccosuchus zennaroi e i tomistominidell’Eocene europeo. Un riesame della paleobiogeografia dei tomistominisuggerisce che, nonostante una sola specie sia giunta ai nostri giorni, questogruppo abbia avuto un glorioso passato caratterizzato da una distribuzioneplanetaria documentata da un cospicuo record fossile che risale all’Eoceneiniziale. Attualmente, una conoscenza dettagliata delle paleobiogeografiadei tomistomini è ostacolata dalla mancanza di revisioni tassonomichemoderne di alcuni fossili e quindi dalla scarsa conoscenza delle loro relazionifilogenetiche.PIRAS P., DELFINO M., DEL FAVERO L. & KOTSAKIS T., 2007. Phylogenetic position of thecrocodylian Megadontosuchus arduini (de Zigno, 1880) and tomistomine palaeobio-geography. Acta Palaeontologica Polonica, 52(2): 315-328 [in inglese].

Notizieitaliane

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ANCORA SULLO ZYGOPHYSETERVAROLAI

Nel fascicolo 15 di PaleoItalia, nella rubrica Notizie Italiane a p.46 ab-biamo pubblicato la notizia del ritrovamento di uno scheletro pressochè com-pleto di capodoglio nel Miocene superiore della Pietra Leccese.

Al proposito abbiamo ricevuto dal Prof. Livio Ruggiero una interessanteintegrazione della notizia, che pubblichiamo volentieri.

Notizieitaliane

I resti fossili del cetaceo furono individuati dal Prof. Angelo Varola, cuila specie è dedicata, in una cava di Cavallino, presso Lecce, e da lui estrat-ti, con un paziente lavoro durato più di tre anni, da 180 blocchi di pietraleccese. Lo scheletro è conservato presso il Museo dell’Ambiente dell’Uni-versità del Salento, dove è visibile insieme ad una ricostruzione in resina, ingrandezza naturale sovrastante la sala del Museo.

Il Museo, di prossima inaugurazione, ospita numerosi fossili di notevoleimportanza scientifica provenienti oltre che dalla pietra leccese anche daicalcari del Cretaceo Salentino (soprattuto pesci e piante).

Lo scheletro di Zygophyseter varolai e la ricostruzione dell’esemplare esposti nel Museodell’Ambiente dell’Università del Salento

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PALEOWEBa cura di Maurizio Gnoli

[email protected]

Una volta, nelle fiere esisteva un imbonitore che da bravo strillone gridava:“Altro giro, altro regalo”! La stessa cosa, senza strillare, dice a Voi carinostrieri più o meno bravi , sovente ridotti a poco più di “ragazzi di bordo”,per quel che riguarda eventuali novità paleontologiche sul web. Nel silenzio

ci sono persone, che pur nonessendo direttamente coinvolte,forse per motivi di lavoro o sceltapersonale, alla paleontologiaaccademica, avendo un’ottimapreparazione informatica,sfoderano dei “sitarelli” nientemale, direi quasi tendentiall’eccellenza. È il caso del Dr.Enrico Bonino (laureato con lodein Geologia) la cui home pagehttp://www.keyobs.be/fr/ebonino/index.html in cui si autopresenta

con un Curriculum Vitae niente male http://www.keyobs.be/fr/ebonino/html/cv.html esponendo il contenuto del suo sito quasi tecno-ingegneristicoenciclopedico per quanto riguarda GIS, Remote Sensing, Cartografia eGeologia, e tanto altro ancora. Di particolare interesse i sotto siti Trilobiti,Lagerstätten del Precambriano ePaleozoico e Stromatoliti. La cosa chepenso sarà gradita è che i siti sonoscritti in Italiano! Un parere personalemi sento di dirvelo: se l’un per milleo anche meno degli Italiani fossecome lui saremmo una nazionediversa, per lo meno sul piano delladiffusissima ignoranza che purtroppocontraddistingue oggi l’Italia.

Proseguendo la nostra carrellata“tradizionale”, niente male il sito del

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Museo Canadese della Natura (CanadianMuseum of Nature) http://nature.ca/nature_e.cfm nella cui videata inizialecliccando su “fossils” appare “ TalismanEnergy Fossil Gallery” http://nature.ca/exhibits/exf/index_e.cfm con numerosisottocapitoli tutti da esplorare e navigare.

Fresca fresca dal Paleonet Digest miè giunta la seconda circolare della 17maConferenza della Canadian Paleontologycon allegato l’indirizzo della sezionePaleontologia che riporto di seguito http://publish.uwo.ca/~ctsujita/paleodivisiongac.htm. Il sito è tutto da esplorare,specialmente per quanto riguarda i links riguardanti i siti d’interessepaleontologico: http://publish.uwo.ca/~ctsujita/paleodivisiongac_files/Page1272.htm, che sono talmente tanti da lasciarmi imbarazzato pereventuali suggerimenti. Scopriteli voi! Non adducete scuse sulla linguainglese. In Paleontologia, come in altre discipline, chi non la “biascica”almeno un pochino è adesso purtroppo out.

A questo proposito, sempre dalla stessa fonte, posso segnalarvi un linkcurato dal New York Times,riguardante il passaggio cruciale dalle acquealla terra ferma avvenuto dal Devoniano Medio al Carbonifero nei Tetrapodi,intitolato “Whe Fins became Feet” (Quando le pinne diventarono Piedi)h t tp : / /www.ny t imes . com/ imagepages /2007 /06 /25 / sc ience /20070626_DEVO_GRAPHIC2.html.

L’imperativo è navigare, sempre navigare, o fedeli nocchieri, allaprossima!

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AgendaConvegni e Congressi

Subcommision on Silurian Stratigraphy

Time and Life in the Silurian:a multidisciplinary approach

4-11 giugno 2009Cagliari

Per informazioni: www.unica.it/silurian2009e-mail: [email protected]

MostreSocietà Geologica Italiana

xx riunione estiva dellaSocietà Geologica Italiana

15-17 settembre 2008Sassari

Per informazioni: www.socgeol2008.org

Società Paleontologica Italiana

Giornate di Paleontologia 2008

9-12 settembre 2008Siena

Vedere la finestra a pag. XX

Società Geologica Italiana

Alba e tramontodella crisi messiniana

10-11 ottobre 2008Alba (CN)

Vedere la finestra a pag. XX

Società Geologica Italiana

Workshop on Triassicpalaeoclimatology

3-6 giugno 2008Bolzano

Per informazioni: http://trias.geodoomiti.net

La Scimmia nudaStoria naturale dell’umanità

febbraio-settembre 2008Udine

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GIORNATE DIPALEONTOLOGIA 2008

Siena9-12 settembre 2008

Dal 9 al 12 settembre del 2008 l’Accademia dei Fisiocritici di Siena, unadelle più antiche istituzioni scientifiche del nostro Paese, ospiterà nellasua sede l’VIII edizione delle “Giornate di Paleontologia” organizzatadalla Società Paleontologica Italiana.L’incontro fra quest’ultima e l’Accademia senese, che si realizza per laprima volta, è motivato principalmente dalla celebrazione del bicentenariodella morte dell’abate camaldolese Ambrogio Soldani (Pratovecchio, 1736– Siena, 1808). Questo illustre studioso, già segretario dell’Accademia,può essere considerato padre fondatore della Micropaleontologia per lesue opere Saggio orittografico e Testaceographiae acZoophytogeographiae parvae et microscopicae. La ricorrenza, quindi,offre lo spunto per un’edizione delle “Giornate di Paleontologia” che ciauguriamo presenti, accanto ai tradizionali aspetti scientifici ed allaqualificazione della disciplina come risorsa culturale del territorio, contributisignificativi in campo micropaleontologico.

Per informazioni:Roberto Mazzei, Roberto FondiUniversità degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze della Terra, Via Laterina, 8 53100Siena

GLI INDIRIZZI ELETTRONICI DELLA S.P.I .

Bollettino della Società Paleontologica Italiana [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]

... E QUELLI DEI CURATORI DELLE RUBRICHE DI PALEOITALIA

Notizie Italiane [email protected] PaleoLex [email protected] [email protected] Paleoweb [email protected] [email protected] Agenda [email protected]

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ALBA E TRAMONTO DELLA CRISI MESSINIANA

10-11 ottobre 2008Alba (CN)

Il convegno prevede due giornate di lavori:Venerdì 10 ottobre, SALA FENOGLIO (120 posti) - Giornata di comuni-cazioni scientifiche (organizzata da Francesco Dela Pierre, Francesca Lozar,Edoardo Martinetto, Donata Violanti dell’Università di Torino).

Sabato 11 ottobre, FONDAZIONE FERRERO (350 posti) – Giornata dicomunicazioni a invito, rivolta al grande pubblico e dedicata a Carlo Sturanie alle sue ricerche sul Messiniano, organizzata da Oreste Cavallo del Mu-seo di Alba con la collaborazione di Pierangelo Clari, Edoardo Martinettoe Donata Violanti dell’Università di Torino. Nel pomeriggio si effettueràun’escursione sui luoghi dove gli eventi messiniani sono documentati conmaggiore evidenza geologica.

Pre-iscrizioni entro 30 gennaio 2008Iscrizioni e prenotazione hotel entro 30 marzo 2008Consegna abstract entro 10 settembre 2008, esclusivamente [email protected]

PUBBLICAZIONILa Società Paleontologica ha promosso la raccolta di articoli sulla“Paleontologia del Messiniano” in un fascicolo tematico del suo Bolletti-no (invio dei testi entro 30 novembre 2007).Ulteriori dettagli su trasporti, hotel e costi verranno comunicati nella se-conda circolare (dicembre 2007).

Per informazioni: Edoardo Martinetto, [email protected]

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LA SOCIETÀ PALEONTOLOGICA ITALIANA

La Società Paleontologica Italiana è stata fondata nel 1948 con lo scopo di promuove-re la ricerca scientifica paleontologica. L’associazione è aperta sia alle istituzioni, sia aisingoli interessati alla paleontologia, sia a livello professionale che amatoriale. Per l’anno2007, le quote associative sono le seguenti:Socio Ordinario (paesi europei) 35 €Socio Ordinario (extra U.E.) 45 €Socio junior (under 30) 21 €Istituzioni 100 €

Fin dal 1960 la S.P.I. pubblica il Bollettino della Società Paleontologica Italiana,che è una rivista scientifica a valore internazionale, rivolta prevalentemente al mondoaccademico e, conseguentemente, scritta quasi interamente in lingua inglese.

Dal 2000 il Bollettino viene affiancato da un supplemento semestrale in italiano,PaleoItalia, diretto a tutti gli appassionati e cultori della paleontologia.

PALEOITALIA

Supplemento al Bollettino della Società Paleontologica Italiana, v.46, n.2, 2007

Direttore Responsabile: Enrico SerpagliSegretario di Redazione: Carlo CorradiniIndirizzo della Redazione: Dipartimento del Museo di Paleobiologia e dell’Orto Botanico,

Università di Modena e Reggio Emilia, via Università 4, 41100 Modena. Tel. 059-2056523.Stampa: Tipografia Moderna, via dei Lapidari 1/2, Bologna.Autorizzazione Tribunale di Modena n. 616 del 16-09-1978

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Edmondo Bonelli, via Borzone 14, 12060 Grinzane Cavour CN;[email protected] Cavallo, via S. Margherita, 12051 Alba (CN)Federico Famiani, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Perugia, Piazza

dell’Università 1, 06123 Perugia; [email protected] Gallai, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze, via La Pira 4,

50121 Firenze; [email protected] Guglielmo, via Porto Salvo 6, 98121 Messina; [email protected] Cinzia Marra, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Messina,

Salita Sperone 31, 98166 Messina-Sant’Agata; [email protected] Orso, via Bertinoro 9/E, 20145 Milano; [email protected] Raia, Università di Napoli “Federico II”; [email protected] Ruggiero, Dipartimento di Scienza dei Materiali, Campus Universitario Ecotekne,

via Monteroni, 73100 Lecce; [email protected] Venturi, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Perugia, Piazza

dell’Università 1, 06123 Perugia; [email protected]

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INDICE

Numero 17, Carlo Corradini p. 1

Cari soci, Ruggero Matteucci p. 2

Fossili, che mito!, Antonella Cinzia Marra p. 5

Biostratigrafia della Zona a Hildoceras bifrons (Toarciano medio)dell’Appennino Umbro-marchigiano,Federico Venturi, Federico Famiani p. 11

Sistematica, paleoecologia, paleogeografia dei Suidae fossiliitaliani, Gianni Gallai p. 17

Le escursioni dei paleontofili, Jordi Orso p. 23

Il sito fossilifero di Verduno-Cantiere ospedale,Edmondo Bonelli, Oreste Cavallo p. 27

Le miniere di Agnana Calabra, dalla preistoria al futuro,Marilisa Guglielmo, Antonella Cinzia Marra, Pasquale Raia p. 31

RUBRICHE

Notizie Italiane, Carlo Corradini p. 35Paleoweb, Maurizio Gnoli p. 37Agenda p. 39

NOTE PER GLI AUTORIGli articoli non devono superare le tre pagine dattiloscritte.Gli autori possono fornire, se lo ritengono utile, alcune note bibliografiche,

uniformandosi allo stile del Bollettino della Società Paleontologica Italiana.È gradito un corredo iconografico (fotografie, disegni, grafici, …); tutte

le immagini devono essere ben contrastate, in modo da avere una buona resase pubblicate in bianco e nero. Le immagini digitalizzate vanno salvate comefile bmp, tif o jpg, ad almeno 300 dpi. Esse vanno salvate con il nome dell’au-tore e un numero progressivo (es. TopolinoFig1.jpg)

Gli articoli e il materiale illustrativo devono essere inviati esclusivamen-te per posta elettronica all’indirizzo: [email protected]

In caso di file particolarmente pesanti, si prega di contattare la redazioneper concordare la forma di invio.

Di norma gli autori non avranno la possibilità di visionare le bozze. Agliautori non saranno forniti estratti degli articoli; dopo la pubblicazione posso-no richiedere un file PDF del loro lavori.