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Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Centro competenze tributarie Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale www.novitafiscali.supsi.ch N° 5 – maggio 2016 Politica fiscale Basilea Città: imposte direttamente dal salario? 3 Riforma III, il buon esempio di Vaud 4 Riforma III dell’imposizione delle imprese: lo studio KPMG 5 Diritto tributario svizzero Il raffronto intercantonale sull’onere fiscale delle persone fisiche per l’anno 2014 8 Amnistia fiscale cantonale 15 Diritto tributario italiano La riforma dei reati tributari 21 L’impugnabilità dei provvedimenti di diniego delle istanze di autotutela 33 Diritto tributario internazionale e dell’UE Dividendi in- e outbound alla luce dello scambio automatico d’informazioni 36 Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero Questa amnistia fiscale cantonale non s’ha da fare! 45 Offerta formativa Seminari e corsi di diritto tributario 52

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Scuola universitaria professionale della Svizzera italianaDipartimento economia aziendale, sanità e socialeCentro competenze tributarie

Novità fiscaliL’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale

www.novitafiscali.supsi.ch

N° 5 – maggio 2016

Politica fiscaleBasilea Città: imposte direttamente dal salario? 3

Riforma III, il buon esempio di Vaud 4

Riforma III dell’imposizione delle imprese: lo studio KPMG 5

Diritto tributario svizzero Il raffronto intercantonale sull’onere fiscaledelle persone fisiche per l’anno 2014 8

Amnistia fiscale cantonale 15

Diritto tributario italianoLa riforma dei reati tributari 21

L’impugnabilità dei provvedimentidi diniego delle istanze di autotutela 33

Diritto tributario internazionale e dell’UEDividendi in- e outbound alla luce dello scambio automatico d’informazioni 36

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzeroQuesta amnistia fiscale cantonale non s’ha da fare! 45

Offerta formativaSeminari e corsi di diritto tributario 52

La cosiddetta amnistia fiscale cantonale, che non era un’amnistia ma un ricupero d’imposta con aliquote ridotte, e che non è mai entrata in vigore, è ancora d’attualità tra le pagine di NF. La sentenza, con cui circa un anno fa il Tribunale federale l’ha cancellata dalla legge tributaria cantonale, contiene senz’altro indicazioni utili per chi volesse riproporre simili misure di incentivazione indirizzate agli evasori fiscali. Della decisiva pronuncia dell’Alta Corte si occupano dun-que Filippo Lurà e Samuele Vorpe. Quest’ultimo ci propone poi di dare un’occhiata ad iniziative in mate-ria di imposte, che provengono da altri Cantoni svizzeri, in particolare Basilea Città e Vaud. Un que-sito che assilla non solo i politici ma anche molti cittadini, nei giorni in cui sta vedendo la luce la Riforma III dell’imposizione delle imprese, concerne senz’altro gli effetti che quest’ultima avrà sul gettito fiscale, soprattutto dopo che le società, che finora beneficiano di uno statuto fiscale privilegiato, saranno assoggettate al regime previsto per tutte le persone giuridiche. In questa prospettiva, Stefan Kuhn e Simone Leonardi ci propongono una panoramica dell’annuale studio di KPMG sulla concorrenza fiscale intercantonale e internazionale. Sacha Cattelan ci conduce poi a verificare la posizione del Canton Ticino nell’ambito della concorrenza intercantonale, sulla base dei dati del 2014. Il Protocollo che modi-fica l’attuale AfisR tra la Svizzera e l’UE, che introduce soprattutto lo scambio automatico di informazioni con gli Stati membri dell’UE, contiene anche una disposizione che prevede l’esenzione dall’imposta alla fonte di pagamenti transfrontalieri di dividendi, interessi e canoni tra società consociate. Del tema si occupa il contributo di Matteo Gamboni. Questo numero di NF è completato da due articoli, rispetti-vamente di Barbara Nigro e di Emilio de Santis, che commentano alcune novità legislative e giurispru-denziali nel diritto tributario italiano.

Andrea Pedroli

RedazioneSUPSICentro di competenzetributariePalazzo E6928 MannoT +41 58 666 61 75F +41 58 666 61 [email protected]

ISSN 2235-4565 (Print)ISSN 2235-4573 (Online)

Redattore responsabileSamuele Vorpe

Comitato redazionaleFlavio AmadòElisa AntoniniPaolo ArginelliSacha CattelanRocco FilippiniRoberto FranzèSimona GeniniMarco GreggiGiordano MacchiGiovanni MoloAndrea PedroliSabina RigozziCurzio ToffoliSamuele Vorpe

Impaginazione e layoutLaboratorio cultura visiva

IntroduzioneNovità fiscali5/2016

3Politica fiscaleBasilea Città: imposte direttamente dal salario?

Il Cantone incasserebbe le imposte più facilmente, ridu-cendo l’indebitamento dei contribuenti e le pratiche amministrative

Il continuo aumento del numero di contribuenti (passati da 14mila nel 2004 a 18mila nel 2012) che non riescono più a pagare le imposte nel Canton Basilea Città, è stato oggetto di una mozione al Consiglio di Stato con l’obiettivo di permettere a quest’ultimo di incassare le imposte direttamente dal salario dei contribuenti (insolventi e non). La mozione è stata oggetto di un rapporto del Consiglio di Stato (cfr. n. 15.5219 del 1. settembre 2015) all’attenzione del Gran Consiglio. La dedu-zione dal salario delle imposte dirette (federale, cantonale e comunale) si pone ovviamente l’obiettivo sia di ridurre i debiti e le procedure amministrative nei confronti dei contribuenti insolventi, sia di consentire allo Stato di incassare immediata-mente le imposte dirette. La proposta basilese non riguarda l’introduzione di un’imposta (definitiva) alla fonte, come quella prelevata nei confronti delle persone senza domicilio o dimora fiscale in Svizzera, bensì di un acconto (rimunerato da interessi attivi) delle imposte.

Rispetto alla situazione vigente sarebbe il datore di lavoro il sostituto d’imposta, che sarebbe tenuto a trattenere dal salario l’acconto dell’imposta e a versarlo ogni mese all’auto-rità fiscale. La proposta si indirizza soltanto alle persone che svolgono attività lucrativa dipendente nel Cantone (esclusi gli indipendenti) e che hanno domicilio fiscale nel medesimo Cantone. Negli altri casi, la situazione rispetto ad oggi non si modifica. Pertanto una persona domiciliata nel Cantone limi-trofo, continuerà a seguire le istruzioni per il pagamento delle imposte previste dal suo Cantone di domicilio. La procedura di riscossione delle imposte da parte del datore di lavoro è stata oggetto di un esame giuridico ed è stata definita conforme alla Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID) (cfr. la perizia della Prof. Dr. Madeleine Simonek citata dal Consiglio di Stato).

L’acconto trattenuto dal datore di lavoro rientra nella sfera del diritto pubblico, mentre il rapporto tra datore di lavoro e dipendente costituisce diritto privato. Riconoscendo che

il diritto civile federale non limita le competenze di diritto pubblico dei Cantoni, l’articolo 6 del Codice civile svizzero (CC) permette l’introduzione di norme cantonali nell’interesse pub-blico che completano o rafforzano il diritto privato federale. Tuttavia le norme cantonali non devono contrastare il diritto federale, privato o pubblico. Secondo il Tribunale federale è possibile adottare delle norme di diritto cantonale soltanto se il legislatore federale non ha regolato la materia in maniera esaustiva. Inoltre, le norme di diritto cantonale devono essere giustificate da un pertinente interesse pubblico e non devono eludere il diritto federale o contraddirne il senso o lo spirito.

Venendo al diritto federale, si osserva che il diritto del lavoro è disciplinato dagli articoli 319 e seguenti del Codice delle obbligazioni (di seguito CO). Gli articoli da 322 a 325 CO si occupano delle disposizioni del salario e delle diverse forme di salario, del pagamento del salario e della sua trattenuta, così come di altre questioni particolari. Le disposizioni riferite alle trattenute dal salario, previste dal diritto pubblico, sono disciplinate da diverse leggi federali sulle assicurazioni sociali (AVS, AI, AD, IPG), dalla legge sulla previdenza professionale, rispettivamente dalle leggi fiscali concernenti l’imposta alla fonte. Infine, sulla base dell’articolo 323a CO, è possibile con-venire una trattenuta tra datore di lavoro e salariato.

Il diritto federale permette pertanto al diritto cantonale di pre-vedere una trattenuta dal salario per le imposte, sempre che la trattenuta sia facoltativa per il dipendente. Ne consegue che la trattenuta sul salario delle imposte potrebbe permettere al Cantone di incassarle più facilmente, rispettivamente ridurre l’indebitamento dei contribuenti e le pratiche amministrative.

Per maggiori informazioni:Werden Steuern bald vom Lohn abgezogen?, in: 20Minuten, 13 maggio 2016, http://www.20min.ch/schweiz/basel/story/23296606 [24.05.2016]

Regierungsrat des Kantons Basel-Stadt, Motion Rudolf Rechsteiner und Konsorten betreffend „automatisierter freiwilliger Direktabzug der direkten Steuern vom Lohn“, in: http://www.schulden.ch/mm/20150902mo-tionsantwort_RR_vorgezogener_Steuerabzug_vom_Lohn_0381288_(2).pdf [24.05.2016]

Motion betreffend automatisierter freiwilliger Direktabzug der direk-ten Steuern vom Lohn, in: http://www.grosserrat.bs.ch/dokumente/ 100380/000000380657.pdf [24.05.2016]

Samuele VorpeResponsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI

Articolo pubblicato il 24.05.2016 sul Giornale del Popolo

4 Politica fiscaleRiforma III, il buon esempio di Vaud

L’aliquota effettiva applicabile all’utile delle persone giuridiche passerà dal 21.65% al 13.79% dal 2019. Quale contropartita all’abbassamento delle imposte sono pre-viste delle misure di accompagnamento significative in favore delle economie domestiche che, in buona parte, saranno a carico delle imprese

Il 20 marzo scorso il Popolo del Canton Vaud si è espresso con una maggioranza bulgara in favore delle misure di accompagnamento cantonali proposte dall’esecutivo vodese nell’ambito della Riforma III dell’imposizione delle imprese. Il progetto sottoposto al voto popolare prevede una riduzione dell’aliquota effettiva applicabile all’utile delle persone giuridi-che, che dal 2019 passerà dall’attuale 21.65% al 13.79% (quota federale, cantonale e comunale), al fine di riuscire a mantenere nel Cantone le numerose società a tassazione speciale (hol-ding, domicilio e miste) che, con la Riforma III dell’imposizione delle imprese, si troveranno ad essere tassate in maniera ordinaria e senza più poter beneficiare dei particolari allegge-rimenti fiscali sui proventi di fonte estera.

Quale contropartita all’abbassamento delle imposte sono state introdotte delle misure di accompagnamento signifi-cative in favore delle economie domestiche. In particolare, le imprese vodesi si faranno carico (i) di un supplemento per il versamento degli assegni familiari e di formazione per i loro dipendenti e (ii) di finanziare, insieme allo Stato, delle misure per consentire la custodia quotidiana dei bambini. È inoltre previsto un aumento per la deduzione fiscale dei premi della cassa malati e un sussidio per quei contribuenti che pagano premi superiori al 10% del loro reddito.

Secondo le fonti governative, le mancate entrate fiscali dovute alla riduzione – per le società a tassazione ordinaria – dell’ali-quota applicabile all’utile, saranno pari a 442 milioni di franchi. Per contro, le società a statuto speciale porteranno un mag-gior gettito fiscale di 50 milioni di franchi. Al netto, il costo per l’erario cantonale si aggira attorno ai 392 milioni di franchi. A questo importo bisogna poi togliere il versamento della quota dell’imposta federale diretta della Confederazione a favore dei Cantoni di 107 milioni di franchi. Il costo complessivo è dunque di circa 285 milioni di franchi.

Dal profilo sociale, più specificatamente, l’attuale assegno mensile per figlio di 230 franchi aumenterà progressivamente negli anni, sino a raggiungere nel 2022 l’importo di 300 franchi. L’assegno mensile per figlio in formazione aumenterà progressivamente da 300 a 400 franchi.

Per quanto riguarda invece l’assicurazione malattia, il Cantone vuole evitare che i suoi abitanti paghino dei premi che siano superiori al 10% del loro reddito. Dal 2019 un nuovo sussidio verrà accordato a tutte le economie domestiche (secondo un premio mediano e una franchigia di 1’000 franchi), sempre che esse paghino un premio superiore al 10% del loro reddito.

Parimenti, la deduzione fiscale per il pagamento dei premi assicurativi verrà aumentata del 20%.

L’ultima misura prevede un aumento del numero di strutture di custodia per bambini per rispondere al continuo bisogno delle famiglie vodesi, migliorando in tal senso la possibilità di conciliare la vita professionale con quella familiare. Le imprese saranno chiamate a contribuire per migliorare l’offerta delle strutture di custodia; dal 2019 il contributo annuale in favore di queste strutture raddoppierà da 20 a 40 milioni di franchi.

Grazie a queste misure di accompagnamento, il Governo vodese, che tra le altre cose ha risanato negli ultimi 10 anni il suo debito pubblico, è riuscito a superare lo scoglio della votazione popolare, garantendo una maggiore certezza sulla tassazione per i prossimi anni. Ora attendiamo la risposta degli altri Cantoni, in primis quella del Canton Ticino!

Per maggiori informazioni:Amministrazione cantonale vodese, RIE III: une réforme équitable, in: http://www.vd.ch/actualite/rie-iii/ [20.05.2016]

VD: sì a riforma III imposizione imprese, in: https://www.bluewin.ch/it/news/svizzera/2016/3/20/vd--riforma-iii-imposizione-imprese--e-plebiscito.html [20.05.2016]

Samuele VorpeResponsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI

Articolo pubblicato il 03.05.2016 sul Giornale del Popolo

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La posta in gioco è di svariati miliardi di franchi

1.Un sottile gioco di valutazioniLe discussioni riguardanti la Riforma III dell’imposizione delle imprese (di seguito Riforma III) evolvono di giorno in giorno. I dibattiti parlamentari si susseguono e le divergenze tra le Commissioni del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati sono lungi dall’essere appianate. Durante l’imminente sessione estiva, tali divergenze – in particolare l’introduzione o meno di un’imposta sull’utile con deduzione degli interessi – verranno ancora discusse. La speranza è che i due rami del Parlamento trovino una soluzione condivisa, così da non procrastinare ulteriormente il processo legislativo.

Un ulteriore contributo alla discussione è dato dall’annuale studio di KPMG sulla concorrenza fiscale intercantonale e internazionale, che oltre al confronto delle aliquote fiscali dei 26 Cantoni e di 130 Paesi, si è chinato sulla valutazione dell’impatto della Riforma III nel caso una fetta di società attualmente a statuto speciale decidesse di trasferire la propria sede all’estero[1]. Dal paragone della perdita di gettito fiscale derivante dalle imposte sull’utile, dalle imposte sul reddito dei dipendenti di dette società e dalle imposte indirette, con le misure compensatorie proposte dal Consiglio federale, si intui-sce che la posta in gioco è molto alta. Il successo o l’insuccesso della Riforma III passa anche da un sottile gioco di valutazioni.

2.Concorrenza fiscale intercantonale: la Svizzera centrale rimane saldamente ai vertici della classificaL’ultimo studio di KPMG rivela che il trend alla diminuzione delle aliquote fiscali per le persone giuridiche e le persone fisiche ha subìto un forte rallentamento. Se negli ultimi dieci anni la media dell’aliquota fiscale per le persone giuridiche si è ridotta del 3.42%, nel 2015 la riduzione media è stata solo del 0.01% e di 0.08 punti percentuali nel 2016. Per le persone fisiche la situazione è addirittura opposta, l’aliquota marginale massima ha subìto un lieve aumento dello 0.01%. Nessuna novità sul fronte della concorrenza fiscale intercantonale per le persone giuridiche, dove i Cantoni della Svizzera centrale rimangono saldamente ai vertici della classifica. I Cantoni più attrattivi si

confermano Lucerna, con un’aliquota del 12.32%, Nidvaldo e Obvaldo, entrambi al 12.66%.

Agli opposti della classifica si situano i Cantoni-Città quali Ginevra (24.16%) e Basilea Città (22.18%). Come nel 2015, la riduzione maggiore si evidenzia nel Canton Neuchâtel, passato dal 17.01% al 15.61%. Con un’aliquota immutata al 20.67%, il Ticino non rientra nei Cantoni più favorevoli per chi fa impresa (cfr. la Figura 1 a pagina 6).

A livello internazionale, il confronto rimane lusinghiero e la com-petitività dei Cantoni svizzeri appare ancora solida. Rimanendo in Europa, Stati quali l’Irlanda, il Liechtenstein e Cipro, con un’aliquota del 12.50%, competono direttamente con i Cantoni fiscalmente più attrattivi. Espandendo il confronto al mondo intero, all’infuori dei noti paradisi fiscali che non prevedono alcuna tassazione degli utili, svettano il Qatar, con un’aliquota del 10%, Hong Kong al 16.50% e Singapore al 20%.

3.Un gioco che vale 13.5 miliardi di franchiLo studio KPMG si è chinato sull’analisi delle società che bene-ficiano di uno statuto fiscale privilegiato e sugli effetti diretti e indiretti della loro presenza in Svizzera. Si tratta di circa 24’000 società, che impiegano fra i 135’000 e i 175’000 collabora-tori. Una quota considerevole di queste società, circa 3’900, contribuiscono in maniera preponderante al gettito fiscale complessivo che, tenendo conto delle imposte sull’utile ma anche delle imposte sul reddito dei dipendenti e delle imposte indirette, ammonta a ben 13.5 miliardi di franchi.

Lo studio confronta inoltre l’impatto delle previste misure compensatorie proposte dal Consiglio federale con l’ipotesi di trasferimento all’estero di una parte considerevole delle società a statuto fiscale speciale. Il grafico e la tabella indicate a pagina 6 e 7 (cfr. Figura 2 e Tabella 1) danno un’idea dell’impatto della perdita di gettito in caso di trasferimento del 10%, del 20% e del 30% di tali società. Nel primo scenario si avrebbe una perdita di 1.35 miliardi di franchi di gettito fiscale. Con una quota di trasferimento del 20%, la perdita ammonterebbe a 2.7 miliardi, per toccare i 4 miliardi nel caso le società che decidessero di trasferire la sede salissero al 30%.

Stefan KuhnPartner, Head of Corporate Tax SwitzerlandInternational Corporate TaxKPMG SA, Zurigo

Simone LeonardiSenior ConsultantInternational Corporate TaxKPMG SA, Zurigo/Lugano

Politica fiscaleRiforma III dell’imposizione delle imprese: lo studio KPMG

6 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Figura 1: Confronto delle aliquote fiscali nei Cantoni nel 2016 (Fonte: Clarity on Swiss Taxes 2016, KPMG SA, Zurigo)

Figura 2: Scenari di trasferimento e misure compensatorie (Fonte: Clarity on Swiss Taxes 2016, KPMG SA, Zurigo)

7Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Tabella 1: Scenari di trasferimento e perdita di gettito fiscale (importi in milioni di franchi)

Gettito fiscale / Scenario

Scenario 1 Erosionedel 10%

Scenario 2Erosionedel 20%

Scenario 3Erosione del 30%

Imposte sull’utiledelle società

553 1’106 1’658

Imposte sul reddito dei dipendenti

457 914 1’371

Imposteindirette

343 686 1’029

TOTALE 1’353 2’706 4’058

Quanto illustrato indica chiaramente le conseguenze di una perdita parziale di base imponibile da parte della piazza eco-nomica svizzera nel caso di trasferimento delle società a statuto speciale. Una perdita del 20% comporterebbe una diminuzione miliardaria del gettito, che andrebbe a superare l’impatto delle misure compensatorie proposte. Inoltre, la por-tata reale di queste misure non è ancora definita, mancando un’unità di veduta da parte delle due camere federali.

Alla luce di questa situazione, vi è un’urgenza forte e chiara di trovare una soluzione effettiva che salvaguardi la competiti-vità dell’intero sistema “Svizzera” e che sia conforme alle disposizioni interne e alle regolamentazioni internazionali.

[1] KPMG, Clarity on Swiss Taxes 2016, Zurigo, maggio 2016, in: https://home.kpmg.com/ch/de/home/insights/2016/03/swiss-taxes.html [20.05.2016].

8 Diritto tributario svizzero Il raffronto intercantonale sull’onere fiscale delle persone fisiche per l’anno 2014

Aggiornamento del prelievo fiscale sul reddito e sulla sostanza delle persone fisiche nei capoluoghi cantonali

1.IntroduzioneL’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC) ha pubblicato nel mese di luglio 2015 la statistica annuale concernente il prelievo fiscale sul reddito e sulla sostanza delle persone fisiche per l’anno 2014 nei capoluoghi dei 26 Cantoni svizzeri[1].

Questo articolo riprende e aggiorna quello pubblicato da Samuele Vorpe nel numero di novembre 2012 di questa rivi-sta riguardante il raffronto intercantonale per l’anno 2011[2]. Il presente contributo propone una panoramica – conside-rando l’imposta cantonale, comunale, di culto e personale espressa in percentuale del reddito lordo delle persone fisiche (sole, coniugate senza figli e con due figli) e in permille della sostanza lorda delle persone coniugate senza figli – per quanto riguarda il prelievo fiscale nel Canton Ticino, la media fiscale dei Cantoni, il minimo e il massimo fiscale nei 26 capoluoghi cantonali della Svizzera. Vista la prossimità geografica, particolare riguardo verrà dato anche al Canton Grigioni.

2.L’imposta sul reddito lordo delle persone sole senza figliSe si osserva l’evoluzione dell’onere fiscale sul reddito lordo delle persone sole senza figli, il Canton Ticino si contraddi-stingue per una fiscalità attenuata, rispetto alla media dei Cantoni, nei riguardi dei ceti bassi e medio-bassi. Infatti, fino ad un reddito di poco inferiore ai 150’000 franchi, l’impo-sizione in Ticino è sempre inferiore rispetto alla media dei Cantoni (cfr. nella Figura 1 la curva rossa riguardante la realtà ticinese con quella verde relativa alla media dei Cantoni). Oltre questa soglia, la pressione fiscale tende a essere sem-pre più elevata rispetto alla media dei Cantoni: per mezzo milione di franchi di reddito lordo, il prelievo fiscale in Ticino è superiore di quasi tre punti percentuali rispetto alla media dei Cantoni (22.12% contro 19.41%), mentre per un reddito lordo di un milione di franchi la differenza sale esattamente a quattro punti percentuali (24.19% contro 20.19%).

Per il Canton Ticino non si segnalano differenze rispetto al 2011[3], sicché rimane molto attrattivo per i redditi lordi bassi e medio-bassi, mentre per quelli alti, il nostro Cantone perde nuovamente qualche posizione rispetto al 2011, attestan-dosi al di là della media dei Cantoni, più precisamente in 21° posizione[4]. Quanto al limitrofo Canton Grigioni, la pressione fiscale rimane, per tutti gli scaglioni di reddito, leggermente più bassa (di quasi un punto percentuale) della media dei Cantoni.

Per quanto riguarda i redditi lordi di un milione di franchi si collocano, dopo il Ticino, Berna (25.92%; 22°), Giura (26.27%; 23°), Vaud (26.55%; 24°), Basilea Campagna (26.79%; 25°) e Ginevra (27.11%; 26°). Ai primi posti troviamo, invece, Zugo (10.47%; 1°), Svitto (11.65%; 2°), Obvaldo (11.92%; 3°) e Appenzello Interno (13.10%; 4°). I Grigioni si situano all’11° rango (19.56%).

Se Zugo rappresenta il Cantone fiscalmente più competitivo della Svizzera, l’etichetta di “inferno fiscale” è attribuita ai Cantoni Soletta per i redditi lordi di 25’000 franchi (6.03%), Berna per i redditi lordi di 50’000 franchi (11.34%), Neuchâtel per i redditi lordi compresi tra 70’000 (14.51%) e 200’000 franchi (21.77%), Vaud per un reddito lordo di mezzo milione di franchi (26.3%) e, infine, al Canton Ginevra per i redditi più elevati (27.11%).

Il Ticino, a livello intercantonale, si situa attorno alla media dei Cantoni per i redditi bassi (25’000 franchi), per poi diven-tare concorrenziale per i redditi da 50’000 a 150’000 franchi, tornando sotto la media cantonale e peggiorando progressiva-mente la propria posizione più il reddito aumenta.

Sacha CattelanBachelor of Science SUPSIin Economia aziendaleAssistente SUPSI

9Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Per quanto riguarda l’imposizione dei redditi elevati (un milione di franchi di reddito lordo), dalla Figura 2 si constata grafica-mente come i cinque Cantoni della Svizzera centrale (Nidvaldo, Obvaldo, Svitto, Uri e Zugo), ai quali si deve includere il Canton Appenzello Interno, facciano fronte comune per quanto riguarda la competitività fiscale legata al loro territorio (onere fiscale infe-riore al 15% per un reddito lordo di un milione di franchi, colore verde). La zona Nord-Ovest si contraddistingue invece per un

marcato onere fiscale, superiore al 25%, nei Cantoni indicati con il colore rosso. Per contro, la zona Nord-Est si contraddistingue per un onere fiscale più moderato, controbilanciando quello riferito alla zona opposta (tra il 15 e il 20%, colore blu). Infine, buona parte dei Cantoni della zona di confine (Ticino incluso), si caratterizzano per una fiscalità che si colloca tra il 20 e il 25% (colore giallo).

Figura 1: Onere fiscale (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato sul reddito lordo (minimo, massimo, media dei Cantoni e Canton Ticino) per le persone sole senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Tabella e grafico elaborati da Sabina Rigozzi, collaboratrice scientifica SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

Figura 2: Onere fiscale suddiviso per zone (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato su un milione di franchi di reddito lordo per le persone sole senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Grafico elaborato da Samuele Vorpe, docente-ricercatore SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

Reddito lordo 25’000 50’000 70’000 100’000 150’000 200’000 500’000 1’000’000

Bellinzona % Rango

3.1711° (9)

7.003° (4)

10.208° (10)

13.1413° (13)

16.1014° (14)

17.8714° (14)

22.1218° (15)

24.1921° (19)

Media CH% 3.15 8.50 10.99 13.20 15.47 16.87 19.41 20.19

Minimo CH % Cantone

0.00BS, VD

3.14ZG

4.15ZG

5.73ZG

8.97ZG

9.74ZG

10.29ZG

10.47ZG

Massimo CH %Cantone

6.03SO

11.34BE

14.51NE

17.00NE

19.82NE

21.77NE

26.30VD

27.11GE

10 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

3.L’imposta sul reddito lordo delle persone coniugate senza figliIl prelievo fiscale calcolato sul reddito lordo delle persone coniu-gate senza figli segue a grandi linee la medesima evoluzione di quello appena commentato, riguardante le persone sole senza figli. In particolare si constata quanto segue (cfr. Figura 3):

◆ rispetto all’anno 2011, l’onere fiscale del 2014 nel Canton Ticino ha subìto una diminuzione per i redditi dai 60’000 franchi in avanti[5];

◆ rispetto alla media dei Cantoni, il carico fiscale nel Cantone Ticino è inferiore sino a circa 150’000 franchi di reddito lordo. Oltre questa soglia il Ticino prevede un’imposizione fiscale superiore alla media dei Cantoni, con una differenza di esat-tamente quattro punti percentuali per i redditi di un milione di franchi[6];

◆ Zugo spicca quale Cantone fiscalmente più attrattivo della Svizzera, mentre Obvaldo è quello meno conveniente per i redditi di 25’000 franchi (1.78%), Berna per 50’000 e 70’000 franchi (7.25% rispettivamente 9.96%), Neuchâtel per i redditi compresi tra 100’000 (12.62%) e 200’000 franchi (17.85%) e Vaud per i redditi tra 500’000 e 1’000’000 di franchi (23.54% rispettivamente 26.45%);

◆ per quanto riguarda la pressione fiscale riferita ai redditi elevati, il “ranking” del Canton Ticino resta immutato rispetto al 2011. Troviamo quindi ai primi ranghi Zugo (10.35%; 1°), Svitto (11.56%; 2°), Obvaldo (11.76%; 3°) e Uri (12.95%; 4°). Il Ticino perde una posizione e si attesta al 21° rango (23.63%), seguito da Ginevra (24.69%; 22°) fino ad arrivare alla “cenerentola” Vaud (26.45%; 26°). Il confinante Canton Grigioni guadagna una posizione e si situa per l’anno 2014 al 10° rango (18.87%);

◆ come nel 2011, anche per l’anno 2014 l’andamento dell’onere fiscale nel Canton Grigioni, per tutti gli scaglioni di reddito, è sempre inferiore alla media dei Cantoni, con differenze che variano dall’uno ai due punti percentuali.

Come già rilevato nel capitolo concernente l’imposta sul reddito lordo delle persone sole (e in particolare nel com-mento alla Figura 2), anche per le persone coniugate senza figli che conseguono un reddito lordo di un milione di fran-chi, la situazione (indicata nella Figura 4) che si presenta è molto simile a quella già descritta in precedenza e alla quale si rimanda per ulteriori informazioni.

Figura 3: Onere fiscale (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato sul reddito lordo (minimo, massimo, media dei Cantoni e Canton Ticino) per le persone coniugate senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Tabella e grafico elaborati da Sabina Rigozzi, collaboratrice scientifica SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

Reddito lordo 25’000 50’000 70’000 100’000 150’000 200’000 500’000 1’000’000

Bellinzona %Rango

0.166° (6)

2.746° (6)

4.693° (4)

7.956° (12)

12.3915° (17)

14.8515° (15)

21.1919° (19)

23.6321° (20)

Media CH % 0.54 4.14 6.59 9.15 11.91 13.82 18.19 19.63

Minimo CH %Cantone

0.00BS, GR, SG, TG, VD, JU

0.05GE

2.38ZG

3.01ZG

4.27ZG

5.89ZG

10.04ZG

10.35ZG

Massimo CH %Cantone

1.78OW

7.25BE

9.96BE

12.62NE

15.65NE

17.85NE

23.54VD

26.45VD

11Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Figura 4: Onere fiscale suddiviso per zone (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato su un milione di franchi di reddito lordo per le persone coniu-gate senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neu-châtel 2015 – Grafico elaborato da Samuele Vorpe, docente-ricercatore SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

4.L’imposta sul reddito lordo delle persone coniugate con due figliPer quanto concerne invece la situazione nei capoluoghi canto-nali riferita al carico fiscale delle persone coniugate con figli si osserva quanto segue (cfr. Figura 5):

◆ l’onere fiscale 2014 nel Canton Ticino è pressoché il mede-simo di quello del 2011[7];

◆ rispetto alla media dei Cantoni, il carico fiscale nel Cantone Ticino è inferiore sino a circa 200’000 franchi di reddito lordo. Oltre questa soglia, in Ticino vi è un prelievo fiscale maggiore rispetto alla media dei Cantoni, con differenze di poco infe-riori ai quattro punti percentuali per i redditi di un milione di franchi[8];

◆ Zugo rappresenta il Cantone fiscalmente più attrattivo della Svizzera; mentre Uri quello meno competitivo per i redditi di 25’000 franchi (0.40%), Soletta per 50’000 franchi (3.11%), Neuchâtel per i redditi compresi tra 70’000 (6.90%) e 500’000 franchi (22.35%) e Vaud per un milione di franchi di reddito lordo (26.35%);

◆ per i redditi elevati si collocano ai primi posti Zugo (9.89%; 1°), Svitto (11.31%; 2°), Obvaldo (11.57%; 3°) e Uri (12.69%; 4°). Il Ticino si attesta al 20° rango (22.97%), seguito da Neuchâtel

(23.16%; 21°), Ginevra (23.88%; 22°), Berna (24.55%; 23°), Basilea Campagna (24.61%; 24°), Giura (24.76%; 25°) e Vaud (26.35%; 26°). Il Canton Grigioni si situa al 10° rango (18.46%);

◆ l’andamento dell’onere fiscale nel Canton Grigioni, per tutti gli scaglioni di reddito, è sempre inferiore alla media dei Cantoni tra l’uno e i due punti percentuali.

Sulla base della Figura 6, la pressione fiscale sulle persone coniu-gate con due figli che percepiscono un reddito lordo di un milione di franchi si presenta, graficamente, nel seguente modo:

◆ nella zona Nord-Est, il prelievo fiscale è piuttosto moderato se si considera tutto il territorio elvetico (tra il 15 e il 20%, colore blu);

◆ nella Svizzera centrale (incluso Appenzello Interno), il prelievo fiscale è il più basso di tutto il territorio (inferiore al 15%, colore verde);

◆ nella zona Ovest, per contro, il Canton Vaud è l’unico che si contraddistingue per una pressione fiscale accentuata (supe-riore al 25%, colore rosso);

◆ infine, nella zona Sud-Ovest, vi è un onere fiscale situato tra il 20 e il 25% (colore giallo).

Figura 5: Onere fiscale (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato sul reddito lordo (minimo, massimo, media dei Cantoni e Canton Ticino) per le per-sone coniugate con due figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Tabella e grafico elaborati da Sabina Rigozzi, collaboratrice scientifica SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

12 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Reddito lordo 25’000 50’000 70’000 100’000 150’000 200’000 500’000 1’000’000

Bellinzona %Rango

0.165° (5)

0.085° (4)

1.635° (5)

4.195° (4)

8.6511° (11)

12.0114° (14)

19.9018° (19)

22.9720° (19)

Media CH % 0.08 0.89 3.23 6.15 9.55 11.88 17.37 19.24

Minimo CH %Cantone

0.0016 Cantoni

0.00BL, BS, GR, TG, ZG

0.04GE

1.06ZG

2.19ZG

3.47ZG

9.13ZG

9.89ZG

Massimo CH %Cantone

0.40UR

3.11SO

6.90NE

9.52NE

13.73NE

16.29NE

22.35NE

26.35VD

Figura 6: Onere fiscale suddiviso per zone (cantonale, comunale, culto, imposta personale) calcolato su un milione di franchi di reddito lordo per le persone coniu-gate con due figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Grafico elaborato da Samuele Vorpe, docente-ricercatore SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

5.La posizione del Ticino, per le diverse fasce di reddito lordo, nel confronto fiscale intercantonaleDalle figure e dalle tabelle indicate, la situazione fiscale del Canton Ticino per l’anno 2014 nel confronto intercantonale si presenta nel seguente modo:

◆ una pressione fiscale molto attenuata nei confronti della media dei Cantoni per i redditi lordi sino a 70’000 franchi per le persone sole (8° rango, onere fiscale cantonale e comunale 10.20%; media dei Cantoni 10.99%), sino a 70’000 franchi per i coniugati senza figli (3° rango, onere fiscale cantonale e comunale 4.69%; media dei Cantoni 6.59%), e sino a 70’000 franchi per i coniugati con due figli (5° rango, onere fiscale cantonale e comunale 1.63%; media dei Cantoni 3.23%);

◆ per i redditi lordi della fascia medio-alta, a partire da 150’000 franchi, il Ticino si posiziona nel confronto intercantonale al 14° rango per le persone sole (onere fiscale, cantonale e comunale 16.10%; media dei Cantoni 15.47%), al 15° rango per i coniugati senza figli (onere fiscale cantonale e comu-nale 12.39%; media dei Cantoni 11.91%) e all’11° rango per i coniugati con due figli (onere fiscale cantonale e comunale 8.65%; media dei Cantoni 9.55%);

◆ nella fascia alta, i cui redditi lordi ammontano a 500’000 franchi, il Canton Ticino si colloca per le persone sole al 18° rango (onere fiscale cantonale e comunale 22.12%; media dei Cantoni 19.41%), per i coniugati senza figli al 19° rango (onere fiscale cantonale e comunale 21.19%; media dei Cantoni 18.19%) e per i coniugati con due figli al 18° rango (onere fiscale cantonale e comunale 19.90%; media dei Cantoni 17.37%);

◆ infine, per i redditi lordi molto elevati, di un milione di franchi, il Ticino si posiziona per le persone sole al 21° rango (onere fiscale cantonale e comunale 24.19%; media dei Cantoni 20.19%), per i coniugati senza figli al 21° rango (onere fiscale cantonale e comunale 23.63%; media dei Cantoni 19.63%), per i coniugati con due figli al 20° rango (onere fiscale cantonale e comunale 22.97%; media dei Cantoni 19.24%).

6.L’imposta sulla sostanza lorda delle persone coniugate senza figliViene infine esaminato l’onere fiscale (imposta cantonale, comu-nale e di culto), per l’anno 2014, calcolato sulla sostanza lorda delle persone coniugate senza figli. La situazione ai fini dell’impo-sta sulla sostanza nel Canton Ticino rispecchia quella già osservata ai fini dell’imposta sul reddito. In particolare, dai dati pubblicati nella statistica dell’AFC si evidenzia quanto segue (cfr. Figura 7):

◆ l’onere fiscale del 2014 nel Canton Ticino è pressoché il medesimo di quello del 2011[9];

◆ rispetto alla media dei Cantoni, il carico fiscale nel Cantone Ticino è inferiore sino a circa 500’000 franchi di sostanza lorda. Oltre questo importo il Ticino prevede tuttavia un pre-lievo fiscale maggiore, con differenze di 1.4 punti espressi in permille per le sostanze di 5’000’000 di franchi;

◆ il Canton Ticino, per una sostanza lorda di 200’000 franchi, si posiziona al primo posto con un prelievo fiscale nullo, quando la media dei Cantoni è dell’1.18‰; per 500’000 franchi al 16° rango (onere fiscale cantonale, comunale e di culto 2.96‰, media dei Cantoni 2.68‰); per un milione di franchi di sostanza

13Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

al 17° rango (onere fiscale cantonale, comunale e di culto 4.15‰, media dei Cantoni 3.65‰) e, infine, per una sostanza di 5’000’000 di franchi al 19° rango (onere fiscale cantonale, comunale e di culto 6.06‰, media dei Cantoni 4.66‰).

Quindi, si può affermare che anche per l’imposta sulla sostanza il prelievo fiscale nel Canton Ticino è più favorevole rispetto alla media dei Cantoni per le basse e medie sostanze, ma non lo è per le sostanze medio-alte ed elevate. Infine, dalla Figura 8 con-cernente il prelievo fiscale sulla sostanza lorda di cinque milioni di franchi, graficamente emerge la seguente situazione:

◆ nei Cantoni della Svizzera centrale, inclusi Turgovia, Appenzello Interno e Soletta, l’imposta sulla sostanza risulta essere tra le più basse di tutta la Svizzera (inferiore al 3‰, colore verde);

◆ nei Cantoni situati ad Est, inclusi Obvaldo e Argovia, l’im-posta sulla sostanza è moderata (tra il 3 e il 5‰; colore blu);

◆ nelle zona Sud-Ovest, nonché a Nord del territorio, il pre-lievo varia tra il 5 e il 7‰ (colore giallo);

◆ infine, è nella zona Ovest e a Nord-Ovest che l’imposta sulla sostanza diventa più marcata rispetto alle altre zone della Svizzera (superiore al 7‰, colore rosso).

Figura 7: Onere fiscale (cantonale, comunale, culto) calcolato sulla sostanza lorda (minimo, massimo, media dei Cantoni e Canton Ticino) per le persone coniugate senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Tabella e grafico elaborati da Sabina Rigozzi, collaboratrice scientifica SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

Figura 8: Onere fiscale suddiviso per zone (cantonale, comunale, culto) calcolato su cinque milioni di franchi di sostanza lorda per le persone coniugate senza figli nel 2014 (Fonte: AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantonshauptorte – Kantonsziffern, Neuchâtel 2015 – Grafico elaborato da Samuele Vorpe, docente-ricerca-tore SUPSI, aggiornamento a cura dell’autore)

Sostanza lorda 100’000 200’000 500’000 1’000’000 2’000’000 5’000’000

Bellinzona ‰Rango

0.001° (1)

0.001° (1)

2.9616° (16)

4.1517° (17)

5.1319° (17)

6.0619° (19)

Media CH ‰ 0.08 1.18 2.68 3.65 4.23 4.66

Minimo CH ‰Cantone

0.0023 Cantoni

0.00SZ, TI, TG, UR, ZG, AG

0.64ZG

1.27NW

1.32NW

1.35NW

Massimo CH ‰Cantone

1.28VS

4.41FR

5.24FR

6.66NE

7.48BL

8.69GE

14 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

[1] AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Kantons-hauptorte – Kantonsziffern 2014, Neuchâtel 2015.[2] Vorpe Samuele, Il raffronto intercantona-le sull’onere fiscale per l’anno 2011, NF 11/2012, pagine 10-16.[3] Nelle righe denominate “rango” delle tabelle delle Figure 1, 3, 5 e 7, la posizione tra parentesi è quella del 2011.[4] La statistica dell’AFC prende in considerazio-ne Bellinzona quale capoluogo cantonale, il cui moltiplicatore comunale per l’anno 2014 è pari al 95% dell’imposta cantonale ed è dunque uno dei Comuni meno attrattivi del Cantone Ticino. Se si prendesse in esame il Comune di Lugano, il cui

moltiplicatore comunale è pari all’80% per l’anno 2014, si giungerebbe al seguente risultato: per i redditi lordi di un milione di franchi l’onere fiscale in Ticino sarebbe pari al 22.33% (16° rango), mentre per 500’000 franchi di reddito lordo si avrebbe una pressione fiscale pari al 20.41% (14° rango) (AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Natürliche Perso-nen nach Gemeinden 2014, Neuchâtel 2015).[5] Vorpe Samuele, op. cit., pagine 10-16.[6] Sulla base di quanto già menzionato nel-la nota n. 4, qualora si considerasse il Comune di Lugano, il prelievo fiscale per i redditi lordi di un milione di franchi sarebbe uguale a 21.81% (16° rango), mentre per i redditi lordi di 500’000 franchi

esso ammonterebbe a 19.56% (16° rango) (AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Natürliche Perso-nen nach Gemeinden 2014, Neuchâtel 2015).[7] Vorpe Samuele, op. cit., pagine 10-16.[8] Sulla base di quanto già menzionato nel-la nota n. 4, qualora si considerasse il Comune di Lugano, il prelievo fiscale per i redditi lordi di un milione di franchi sarebbe uguale al 21.21% (16° rango), mentre per i redditi lordi di 500’000 franchi esso ammonterebbe al 18.37% (14° rango) (AFC, Steuerbelastung in der Schweiz, Natürliche Perso-nen nach Gemeinden 2014, Neuchâtel 2015).[9] Vorpe Samuele, op. cit., pagine 10-16.

Elenco delle fonti fotografiche:http://adozasitanacsadas.hu/assets/res/newspic/mobilos.jpg [20.05.2016]

15Diritto tributario svizzero Amnistia fiscale cantonale

Brevi note e considerazioni sulla sentenza del Tribunale federale del 30 marzo 2015 (DTF 141 I 78)

1.IntroduzioneCon decisione del 30 marzo 2015 (DTF 141 I 78), il Tribunale federale ha accolto due distinti ricorsi presentati contro la modifica del 25 novembre 2013 della Legge tributaria del Canton Ticino (di seguito LT) volta a introdurre la cosiddetta “amnistia fiscale cantonale”. La modifica della LT, e quindi l’at-tuazione dell’amnistia fiscale cantonale, era stata accettata in votazione popolare il 18 maggio 2014, con il 52.9% di voti favorevoli[1]. Seguendo una certa tendenza, attuale sia in Svizzera, sia all’estero, ad attuare delle misure di condono tributario, con l’amnistia fiscale cantonale si voleva aumentare lo stimolo per i contribuenti a dichiarare spontaneamente gli elementi imponibili precedentemente sottratti e aumentare così il gettito fiscale.

La modifica della LT, oggetto della decisione del Tribunale federale, prevedeva l’introduzione di due nuove disposizioni transitorie[2] volte a ridurre del 70% le aliquote cantonali applicabili in caso di ricupero d’imposta a seguito di un’auto-denuncia conforme alle condizioni per l’esenzione dalla pena giusta l’articolo 258 capoverso 3 LT (persone fisiche), rispet-tivamente l’articolo 265a capoverso 1 LT (persone giuridiche). La riduzione delle aliquote sarebbe stata applicabile alle imposte cantonali e comunali sul reddito e sulla sostanza[3], rispettivamente sull’utile e sul capitale, per un periodo di due anni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni transitorie.

La decisione del 30 marzo 2015 è di particolare importanza poiché pone diversi chiarimenti riguardo l’autonomia (limi-tata) dei Cantoni in materia di tariffe e aliquote in relazione con il diritto fiscale armonizzato.

Inoltre, la decisione chiarisce i (severi) limiti costituzionali alle misure di amnistia fiscale. In particolare, il Tribunale federale ha (finalmente) avuto l’occasione di esprimersi sull’ammissi-bilità o meno degli obiettivi perseguiti da un’amnistia fiscale (stimolo al ritorno alla legalità di contribuenti e aumento del gettito fiscale) quale interesse pubblico sufficiente per giusti-ficare una limitazione ai princìpi costituzionali.

2.Le “misure analoghe” all’amnistia adottate a livello federale e nel diritto armonizzatoLa proposta di decretare un’amnistia fiscale generale in Svizzera torna regolarmente d’attualità[4]. Nel 2008, il Legislatore federale ha adottato[5] due “misure analoghe”[6] all’amnistia, volte a stimolare i contribuenti a riportare nella legalità gli elementi imponibili sottratti al fisco e quindi aumentare il gettito fiscale[7], ossia:

1) esentare dalla multa i contribuenti che denunciano spon-taneamente e per la prima volta una sottrazione d’imposta (“autodenuncia esente da pena”[8]). Il Legislatore federale ha deciso di prescindere unicamente dall’apertura di un pro-cedimento penale[9], senza alcuna conseguenza in materia di ricupero d’imposta, che “resta interamente dovuto”[10]. La rinuncia ad avviare un procedimento penale in caso di autodenuncia (senza conseguenze sull’obbligo di paga-mento dell’imposta o della tassa dovuta) era peraltro già prevista dalla Legge federale sul diritto penale amministra-tivo (DPA) applicabile segnatamente in caso di infrazioni commesse in materia di imposta preventiva, tasse di bollo federali e imposta sul valore aggiunto[11];

2) ridurre il ricupero d’imposta a tre periodi fiscali precedenti l’anno del decesso in caso di denuncia spontanea, da parte degli eredi, delle sottrazioni commesse dal defunto (“procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi”[12]). La responsabilità penale degli eredi per le sottrazioni commesse dal defunto era già stata abolita a partire

Filippo LuràDr. iur., avvocato, LL.M.L.P.P.V. avocats, Losanna

16 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

dal 1. marzo 2005[13], ma gli eredi continuavano a rispon-dere dei debiti fiscali del defunto, segnatamente del ricupero dell’imposta sottratta, in virtù della successione fiscale e fino a concorrenza della loro quota ereditaria[14]. La cosiddetta “amnistia degli eredi” è stata presentata come una misura giustificata anche da ragioni pratiche dettate dalla (presunta) difficoltà per gli eredi a ricostruire le sottrazioni commesse dal defunto e produrre dati affidabili circa gli importi sottratti dal defunto[15].

3.Gli ulteriori incentivi a livello cantonaleDa più parti si era ritenuto che le “misure analoghe” all’amnistia adottate a livello federale nel 2008 non erano sufficienti per incoraggiare pienamente le denunce spontanee e il ritorno alla legalità dei contribuenti che hanno commesso delle sottra-zioni. Non essendo misure sufficientemente attrattive, diversi contribuenti avrebbero avuto interesse a restare nell’illegalità. Quale ulteriore incentivo, alcuni Cantoni hanno valutato la possibilità di concedere una riduzione del ricupero d’imposta a livello cantonale e comunale[16].

3.1.Canton GiuraIl Canton Giura è stato il primo Cantone a proporre un’amnistia fiscale a livello cantonale. Quest’ultima non è stata contestata ed è quindi l’unica amnistia fiscale cantonale a essere stata attuata. In vigore dal 1. gennaio 2010 al 31 dicembre 2014, l’amnistia cantonale giurassiana era fondata su un’ordinanza del Governo cantonale[17] e prevedeva (i) un’amnistia gene-rale per la sostanza sottratta inferiore a franchi 50’000[18] e (ii) una procedura di ricupero d’imposta speciale in caso di annuncio spontaneo delle sottrazioni commesse. Il ricupero d’imposta era calcolato sulla base dell’importo della sostanza sottratta più elevato al 31 dicembre dei dieci anni precedenti (rispettivamente dei tre anni precedenti in caso di amnistia degli eredi) con delle aliquote d’imposta ridotte (13% oppure 23% per le persone fisiche, e 4% per gli eredi). Una riduzione dell’importo totale (pari al 20% per il 2010 e al 10% per il 2011) era accordata quale incentivo supplementare durante i primi due anni. L’importo così calcolato comprendeva anche l’imposta federale diretta. L’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) era intervenuta per esigere un calcolo corretto del ricupero dell’imposta federale diretta[19].

3.2.Canton GinevraUn’amnistia cantonale proposta e adottata dal Gran Consiglio del Canton Ginevra (il Consiglio di Stato ginevrino si era detto contrario al progetto di amnistia) è stata rifiutata in votazione popolare il 13 febbraio 2011[20]. L’amnistia del Canton Ginevra era stata anche oggetto di ricorso al Tribunale federale, poi ritirato a seguito dell’esito della votazione popolare[21].

Il progetto di legge prevedeva (i) una riduzione dell’importo dovuto a titolo del ricupero d’imposta sul reddito e sulla sostanza delle persone fisiche pari al 70% (per le denunce spontanee presentate nel 2010 e 2011), rispettivamente 60% (per le denunce spontanee presentate nel 2012 e 2013), e (ii) la rinuncia al ricupero dell’imposta sulla sostanza e sui redditi

della sostanza per patrimoni sottratti fino a franchi 80’000 (“casi bagatella”).

Un’analisi del Dipartimento cantonale delle finanze aveva rilevato la violazione sia della LAID, sia dell’uguaglianza giu-ridica (articolo 8 della Costituzione federale [di seguito Cost.]) e dell’imposizione secondo la capacità economica (articolo 127 capoverso 2 Cost.), senza ravvisare un interesse pubblico sufficiente (aumento del gettito fiscale) per legittimare una tale restrizione dei princìpi costituzionali[22]. L’analisi del Dipartimento cantonale delle finanze riteneva inoltre che l’amnistia cantonale avrebbe violato i princìpi costituzionali in modo ancora più grave rispetto alle aliquote regressive adot-tate a suo tempo dal Canton Obvaldo[23].

4.Le tesi a sostegno[24]L’idea che, in caso di denuncia spontanea delle sottrazioni pre-cedentemente commesse, una rinuncia (parziale) al ricupero delle imposte cantonali e comunali fosse ammissibile alla luce dell’obiettivo perseguito, ossia incentivare il ritorno alla legalità fiscale e incrementare il gettito fiscale, poteva essere confortata dal fatto che il Legislatore federale aveva adottato un ricupero parziale[25] in caso di annuncio spontaneo da parte degli eredi delle sottrazioni commesse dal defunto[26].

Una riduzione delle aliquote applicabili a livello cantonale e comunale sembrava ammissibile visto che la Costituzione federale riconosce esplicitamente la competenza dei Cantoni in materia di tariffe e aliquote (articolo 129 capoverso 2 Cost.)[27]. Inoltre, organizzando l’amnistia cantonale sotto forma di ridu-zione dell’aliquota (invece di limitare i periodi di ricupero), si pensava che la misura non avrebbe violato la LAID, poiché il ricu-pero sarebbe avvenuto su un periodo di dieci anni, come disposto dall’articolo 53 LAID. Questa visione poteva anche essere avva-lorata dal fatto che, in merito all’amnistia del Canton Giura, nel dicembre 2009, rispondendo ad una questione durante l’ora delle domande al Consiglio nazionale, l’allora consigliere federale Hans-Rudolf Merz aveva indicato che il Canton Giura utilizzava il suo margine di manovra e che non c’era nulla da ridire sulla procedura speciale di ricupero, né sulle aliquote ridotte (ciò sem-brava confermare che i disposti adottati dal Canton Giura erano conformi alla LAID). Inoltre, sempre il consigliere federale Merz, aveva lodato la creatività e lo spirito d’iniziativa del Canton Giura, senza tuttavia evocare la questione della costituzionalità[28].

Infine, si poteva pensare che l’aumento della conformità fiscale e il conseguente aumento del gettito fiscale, giovando all’insieme della popolazione, permettevano di relativizzare le obiezioni di natura etica e quindi la misura rispondeva a un interesse pubblico sufficiente. A tal proposito, è interessante notare che il Messaggio del Consiglio federale del 18 ottobre 2006 affronta la questione della costituzionalità della semplificazione del ricu-pero d’imposta per gli eredi unicamente dal punto di vista della competenza e della sovranità cantonale, concludendo che: “[…] il presente disegno di legge è dunque conforme alla costituzione”[29], senza tuttavia evocare la problematica dell’uguaglianza e dei princìpi costituzionali che reggono l’imposizione fiscale, segna-tamente l’imposizione secondo la capacità economica (articolo 127 capoverso 2 Cost.).

17Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

5.La decisione del 30 marzo 2015 del Tribunale federaleMalgrado un certo consenso politico a livello cantonale e la volontà maggioritaria del Popolo ticinese di attuare un’amni-stia fiscale cantonale, il Tribunale federale annulla puramente e semplicemente i nuovi disposti transitori della LT e pubblica una decisione da cui non traspare il ben che minimo dubbio quanto all’inammissibilità di un’amnistia cantonale sotto forma di riduzione delle aliquote cantonali, alla luce anzitutto del diritto fiscale armonizzato vigente e, più in generale, dei princìpi costituzionali in materia fiscale[30].

Riguardo la legittimazione dei ricorrenti, il Tribunale federale ricorda che tutti i contribuenti con domicilio nel Cantone sono legittimati ad impugnare con un ricorso in materia di diritto pubblico davanti al Tribunale federale una normativa fiscale cantonale e hanno un interesse degno di protezione ad impu-gnare un atto normativo fiscale che non comporta nessuna conseguenza negativa diretta per loro, ma comporta vantaggi per altri contribuenti (consid. 3.1).

5.1.L’autodenuncia esente da pena e il ricupero d’impostaLa sentenza del 30 marzo 2015 ripercorre dapprima il quadro legislativo federale e ricorda che l’ipotesi di proporre un’amni-stia fiscale generale a livello federale (con la rinuncia alla multa e al ricupero d’imposta) era stata scartata.

Nel 2001[31], il Consiglio federale aveva rinunciato ad avviare la procedura di consultazione per un’amnistia fiscale gene-rale, “ritenendo il momento poco favorevole”[32], e ha preferito proporre l’adozione delle “misure analoghe” descritte sopra. Se l’amnistia degli eredi prevede la rinuncia alla multa e una riduzione (importante) del ricupero d’imposta, l’autodenuncia esente da pena prevede unicamente l’esenzione dalla multa.

Riguardo quest’ultima misura, da un lato, una delle condizioni poste dal Legislatore federale per poter beneficiare dell’esen-zione dalla pena è che il contribuente “si adoperi seriamente per pagare l’imposta dovuta” (articoli 175 capoverso 3 lettera c e 181a capoverso 1 lettera c LIFD; articoli 56 capoverso 1bis

lettera c e 57b capoverso 1 lettera c LAID)[33]. Il Tribunale federale rileva anche che dai lavori preparatori precedenti l’adozione dell’autodenuncia esente da pena (al contrario della procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi)

emerge chiaramente la volontà del Legislatore federale di limitare le conseguenze dell’autodenuncia alla sola esenzione dalla pena, senza concedere alcuna riduzione dell’imposta dovuta (consid. 7.1.2).

Dall’altro lato, i disposti della LAID che regolano il ricupero d’imposta (articolo 53 LAID) non sono stati modificati nella loro sostanza e prescrivono, come prima dell’introduzione dell’autodenuncia esente da pena, un ricupero integrale dell’imposta nei dieci periodi fiscali precedenti (consid. 7.1.3). La LAID è priva di ambiguità sulle conseguenze dell’autode-nuncia esente da pena e il diritto cantonale non può derogare al diritto fiscale armonizzato consentendo una riduzione dell’imposta dovuta.

5.2.L’armonizzazione e l’autonomia cantonale in materia di tariffe e aliquote fiscaliUno degli argomenti addotti a sostegno della legittimità di misure di amnistia cantonale sotto forma di riduzione dell’a-liquota era il richiamo all’autonomia cantonale in materia di tariffe e aliquote. Giusta l’articolo 129 capoverso 2 Cost., l’armonizzazione fiscale in materia di imposte dirette non si estende alle tariffe e aliquote fiscali.

Riguardo l’autonomia e la competenza cantonale in materia di tariffe e aliquote fiscali, appare interessante osservare che la sentenza in commento si limita a indicare che, viste le norme chiare della LAID in materia di autodenuncia esente da pena e di ricupero d’imposta, il Canton Ticino non può introdurre i disposti contestati attraverso un richiamo all’articolo 129 capoverso 2 Cost. (consid. 7.2). A giusta ragione, la sentenza in commento non esamina oltre l’articolo 129 capoverso 2 Cost. e la questione dell’autonomia cantonale in materia di tariffe e aliquote[34].

In effetti, la problematica concerne principalmente la nascita del credito fiscale e la procedura, ambiti che sottostanno all’ar-monizzazione, senza concernere direttamente l’autonomia che la Costituzione federale riconosce ai Cantoni in materia di tariffe e aliquote. In due brevi considerandi (7.2.1 e 7.2.2), il Tribunale federale ricorda la natura giuridica del ricupero d’imposta, che non è altro che la procedura di percezione[35] a posteriori del credito d’imposta primitivo che non era stato riscosso nel quadro della procedura di tassazione originaria.

A questo proposito, conviene aggiungere che il credito d’im-posta nasce in virtù della legge (“obligatio ex lege”[36]), quando sono presenti le condizioni soggettive di assoggettamento e le condizioni oggettive del fatto generatore dell’imposta, previste dalla legge fiscale[37]. La decisione di tassazione non ha un effetto costitutivo, ma si limita a constatare l’esistenza e l’importo del credito fiscale, nonché rendere il credito d’imposta esigibile[38]. La mancata tassazione degli elementi imponibili sottratti non ha alcun effetto sull’importo del cre-dito d’imposta, che è già nato, ma è latente[39].

Le norme transitorie della LT impugnate davanti al Tribunale federale hanno per effetto di rinunciare, parzialmente e a posteriori, al ricupero d’imposta sugli elementi imponibili

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precedentemente sottratti, e ridurre così il credito fiscale che era già nato “ex lege”. Questo credito d’imposta deve essere riscosso a posteriori nel quadro di una procedura di ricupero d’imposta, giusta l’articolo 53 LAID, che è direttamente appli-cabile se il diritto fiscale cantonale vi si oppone (come sarebbe il caso per le norme transitorie della LT), giusta l’articolo 72 capoverso 2 LAID. Le norme transitorie della LT agiscono quindi sul credito d’imposta e sulla procedura di ricupero[40].

Come rileva il Tribunale federale, il credito d’imposta primitivo è calcolato in base alle aliquote originarie (consid. 7.3).

Il Canton Ticino non può prevalersi della sua competenza in materia di tariffe e aliquote (articolo 129 capoverso 2 Cost.) per discostarsi da norme chiare negli ambiti oggetto dell’ar-monizzazione fiscale (articolo 129 capoverso 1 e capoverso 2, prima frase Cost.). Il Tribunale federale constata quindi l’incompatibilità dei disposti transitori della LT impugnati (aliquota attenuata) con i disposti della LAID in materia di autodenuncia esente da pena (articolo 56 capoverso 1bis LAID per le persone fisiche, e articolo 57b capoverso 1 LAID per le persone giuridiche) in relazione con il ricupero (ordinario) d’imposta (articolo 53 capoverso 1 LAID). Già solo per questo motivo, il Tribunale federale accoglie i ricorsi e annulla i dispo-sti impugnati[41].

5.3.I disposti contestati disattendono i princìpi costituzionaliDopo aver constatato che la sola contrarietà alla LAID impone l’annullamento delle norme transitorie della LT, il Tribunale federale osserva che queste ultime violano anche i princìpi costituzionali che regolano l’imposizione.

Facendo anche riferimento alla sentenza emessa il 1. giu-gno 2007 nell’ambito delle aliquote regressive del Canton Obvaldo (DTF 133 I 206), il Tribunale federale ricorda il con-tenuto e la portata dei princìpi costituzionali della generalità e dell’uniformità dell’imposizione, così come del principio dell’imposizione secondo la capacità economica. Nella fatti-specie, la violazione di questi princìpi è chiara.

Essendo intesi come una concretizzazione, in ambito fiscale, del principio dell’uguaglianza giuridica (articolo 8 Cost.), che “permea in quanto tale l’intero ordinamento giuridico svizzero” (consid. 9.3), i suddetti princìpi vincolano anche il Legislatore cantonale, malgrado siano formalmente menzionati nell’arti-colo 127 Cost. che ha per oggetto l’ordinamento finanziario della Confederazione.

In sostanza, il contribuente che si è sottratto ai suoi obbli-ghi fiscali, e in seguito regolarizza la sua situazione fiscale beneficiando della riduzione dell’aliquota per le sottrazioni commesse in passato, si ritroverebbe con un carico fiscale minore e a pagare meno imposte (cantonali e comunali) rispetto a un contribuente nella stessa situazione (medesima capacità economica) che ha dichiarato correttamente i suoi redditi e la sua sostanza, per il periodo fiscale in questione. Il contribuente che si è sottratto ai suoi obblighi fiscali beneficia di un trattamento diverso e più favorevole di chi ha correttamente dichiarato.

Il trattamento diverso del contribuente che, a posteriori, denun-cia spontaneamente le sottrazioni fiscali commesse, porta alla violazione del principio della generalità dell’imposizione (che esige che tutti i contribuenti siano imposti secondo la mede-sima regolamentazione giuridica e non permette “l’esonero di certe persone o gruppi di persone dal pagamento di un’imposta senza motivi oggettivi”, consid. 9.2), così come i princìpi dell’uniformità dell’imposizione e dell’imposizione secondo la capacità econo-mica. Riguardo il principio dell’imposizione secondo la capacità economica, il Tribunale federale rileva che esso “costituisce un principio di importanza basilare, parte della coscienza giuridica comune” (consid. 9.2).

La riduzione dell’aliquota prevista dalle norme transitorie della LT (recte: la rinuncia parziale al ricupero d’imposta in misura del 70%) viola l’equità fiscale orizzontale (contribuenti con una capacità economica esattamente identica sopporterebbero un carico fiscale differente) e l’equità fiscale verticale (contribuenti con capacità economica differente potrebbero sopportare un carico fiscale identico, o anche inferiore per il contribuente che ha una capacità economica maggiore ma che ha beneficiato dell’amnistia cantonale)[42].

5.4.Gli obiettivi dell’amnistia cantonale non legittimano la viola-zione dei princìpi costituzionaliDopo aver constatato la violazione dei princìpi costituzionali, il Tribunale federale esamina quindi se gli obiettivi perseguiti dal Legislatore ticinese[43] possano legittimare una tale vio-lazione.

È interessante notare che, vista l’incompatibilità con la LAID, il Tribunale osserva: “non vi è – a priori – nessuno spazio per verifi-care se una simile violazione [n.d.r. dei princìpi costituzionali] possa in qualche modo giustificarsi” (consid. 9.5.1). Ciononostante, quasi a modo di un obiter dictum (“[a] titolo completivo va in ogni caso osservato”, consid. 9.5.2 ab initio), il Tribunale federale procede a tale verifica. L’esame è rigoroso e riprende in parte quanto già affermato in relazione alle aliquote regressive del Canton Obvaldo[44].

Il Legislatore cantonale può limitare il principio della parità di trattamento in ambito fiscale per perseguire obiettivi sociopoli-tici o di promozione economica[45]. Tuttavia, la giurisprudenza del Tribunale federale ammette (tollera) tali limitazioni solo in maniera restrittiva (consid. 9.5.2): gli obiettivi del Legislatore cantonale devono essere ben definiti e si deve essere in pre-senza di un chiaro interesse pubblico. Inoltre, le restrizioni al principio della parità di trattamento devono restare entro certi limiti e essere circoscritte ad ambiti puntuali. Il Tribunale federale ribadisce inoltre che le restrizioni che concernono una tariffa di carattere generale, da cui dipende l’imposizione di tutti i contribuenti, non sono ammesse (consid. 9.5.2).

Il Tribunale federale non si esprime esplicitamente sulla que-stione di sapere se l’aumento del gettito fiscale per mezzo di un’amnistia fiscale che prevede una rinuncia parziale al ricupero d’imposta rappresenta un interesse pubblico sufficiente o meno[46]. In ogni caso, trattandosi di una misura che incide sull’applicazione di un’intera tariffa, conformemente alla sua

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giurisprudenza, il Tribunale federale indica che la restrizione dell’uguaglianza davanti alla legge, e ai princìpi costituzionali che la concretizzano in materia fiscale, non può essere ammessa.

6.SintesiLa sentenza in commento “fa definitiva chiarezza” (consid. 9.7) non solo riguardo l’inammissibilità di norme cantonali che concedono uno sconto fiscale (a livello cantonale) in caso di autodenuncia, ma anche, indirettamente, riguardo la costituzionalità di norme analoghe a livello federale, attualmente in vigore (la procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi) o che potrebbero essere adottate in futuro.

Riguardo l’amnistia cantonale, la sentenza chiarisce che i Cantoni non godono di alcun margine di manovra. Il Legislatore federale ha voluto limitare le conseguenze dell’autodenuncia alla sola esenzione dalla pena e i Cantoni non possono concedere ulteriori benefici a livello dell’importo dell’imposta dovuto.

Inoltre, come osservato, la Costituzione federale (articolo 129 capoverso 2) non riconosce ai Cantoni alcuna autonomia in materia di credito fiscale (assoggettamento, oggetto e periodo di calcolo), né di procedura (ricupero d’imposta). I Cantoni non possono quindi derogare ai disposti (chiari) della LAID sul ricupero del credito fiscale originario per i dieci periodi fiscali precedenti.

Se, a livello cantonale, la volontà del Legislatore cantonale e la volontà popolare non sono sufficienti per attuare un’amnistia fiscale con una rinuncia al ricupero d’imposta applicabile alle sole imposte cantonali, la situazione è ben diversa a livello federale. Sia per quanto riguarda la “procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi” che viola i princìpi costituzionali della generalità e dell’uniformità dell’impo-sizione, così come il principio dell’imposizione secondo la capacità contributiva, sia per un’eventuale futura amnistia fiscale generale a livello federale che violerebbe i medesimi princìpi, l’articolo 189 capoverso 4 della Costituzione fede-rale non permetterebbe al Tribunale federale di rivederne la costituzionalità. Del resto, nella sentenza in commento, il Tribunale federale ricorda che l’amnistia fiscale generale messa in atto nel 1969 era prevista da una legge federale adottata in applicazione di un’apposita norma transitoria della Costituzione federale che era stata accettata da Popolo e Cantoni.

Elenco delle fonti fotografiche:http://www.cdt .ch/f iles/images/a_4b27aca74ca9822996267fab8b8eb602.jpg [20.05.2016]

http://www.swissinfo.ch/image/8377408/3x2/640/426/465f8a24c19e2649a1128313d1480e52/zV/tipress-ggy100210-028377410-8378834.jpg [20.05.2016]

[1] Foglio ufficiale 2014, pagina 4522.[2] Nuovi articoli 309e e 314e LT; sulla genesi dell’amnistia fiscale cantonale cfr. Genini Simona, L’amnistia fiscale ticinese, RtiD I-2015, pagina 425 e seguenti, n. 2.1; Vorpe Samuele, Fino a quando durerà la doccia scozzese legata all’amnistia fisca-le cantonale?, NF 7/2013, pagina 5 e seguenti; cfr. anche Locher Peter, Amnistia fiscale e Canton Tici-no, NF 8/2013, pagina 3 e seguenti.[3] Compreso l’aumento dell’aliquota marginale applicata agli elementi imponibili non sottratti.[4] Vedi segnatamente Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8084 e seguente; vedi anche: Sélection d’objets parlementaires en matière fiscale au niveau fédéral – 9.1. Nouvelle amnistie fiscale, in: https://www.estv.admin.ch/estv/fr/home/allgemein/aktuell/steuerthemen/ausgewaehlte-parlamentsgeschaefteim-steuer-bereich-auf-bundeseben.html#-1040157279 [20.05.2016]; Regazzi Fabio, E se fosse tempo di amnistia?, rispettivamente Carobbio Guscetti Marina, La “mini-amnistia” è così poco attrattiva per far riemergere i capitali nascosti?, rispettiva-mente Bernasconi Marco, Sono maturi i tempi per l’amnistia fiscale?, NF 9/2015, pagina 4 e seguenti; sulla terminologia cfr. Locher Peter, op. cit., pagina 3 e seguente.[5] Legge federale del 20 marzo 2008 relativa alla semplificazione del ricupero d’imposta in caso di successione e all’introduzione dell’autodenun-cia esente da pena, in: Raccolta ufficiale 2008, pagina 4453 e seguenti; cfr. Bernasconi Marco/Ferrari Donatella, Le nuove norme relative alla semplificazione del ricupero di imposta in caso di successione e all’introduzione dell’autodenuncia esente da pena, RtiD I-2008, pagina 487 e seguenti.

[6] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8088.[7] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8092.[8] Articolo 175 capoverso 3 della Legge federa-le sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) e articolo 56 capoverso 1bis della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Can-toni e dei Comuni (di seguito LAID) per le persone fisiche; rispettivamente articolo 181a LIFD e arti-colo 57b LAID per le persone giuridiche.[9] Prima dell’adozione dei nuovi disposti, il diritto federale prevedeva la riduzione della multa ad un quinto dell’imposta sottratta (articolo 175 capo-verso 3 della versione previgente della LIFD); il diritto armonizzato (articolo 59 capoverso 1 della versione previgente della LAID) permetteva (sen-za essere imperativo) ai Cantoni di prevedere una riduzione analoga, cosa che il Ticino aveva adot-tato (cfr. articolo 258 capoverso 3 della versione previgente della LT).[10] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8092.[11] Nel Messaggio del 22 aprile 1971, il Consiglio federale rileva che “[i]n diritto penale amministrativo e soprattutto in diritto penale fiscale l’autodenunzia del defraudatore pentito assume rilevanza particola-re. Presentemente, capita spesso che l’interessato non faccia uso di tale possibilità poiché incerto quanto alle conseguenze penali del suo comportamento: la legi-slazione vigente, nel migliore dei casi, permette infatti soltanto un’attenuazione della pena. Si è voluto pertan-to incoraggiare l’autodenunzia introducendo nel disegno la garanzia dell’esenzione da qualsiasi pena in caso di pentimento effettivo e incondizionato; nel qual caso ovviamente rimane pur sempre l’obbligo al pagamento

o alla restituzione (per es. in materia di tasse sottrat-te)” (Foglio federale 1971, volume I, pagina 727 e seguenti, pagina 742).[12] Articolo 153a LIFD e articolo 53a LAID; sull’amnistia fiscale a favore degli eredi in vigore in Ticino prima dell’armonizzazione cfr. Allidi Clau-dio, LT 2001: principali innovazioni riguardanti le persone fisiche, l’imposizione degli utili immobi-liari, la procedura e l’amnistia fiscale a favore degli eredi, RDAT I-2001, pagina 507 e seguenti, n. 5.[13] Legge federale (dell’8 ottobre 2004) che sop-prime la responsabilità degli eredi per le multe fiscali, in: Raccolta ufficiale 2005, pagina 1051 e seguenti; vedi anche Foglio federale 2004, pagina 1239 e seguenti.[14] A cui si aggiunge la parte di aumento o di beni comuni che il coniuge superstite riceve in più della sua quota-parte legale in virtù del regime dei beni secondo il diritto svizzero, rispettivamente l’im-porto ricevuto dal partner registrato in virtù di una convenzione patrimoniale; articolo 12 LIFD e arti-colo 11 LT.[15] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8092 e seguente: “è difficile rico-struire la sottrazione d’imposta per un periodo di dieci anni, soprattutto se il contribuente non può più partecipare a questa ricostruzione. Nel sistema del-la tassazione annuale postnumerando gli eredi non dovrebbero invece avere eccessive difficoltà a ottenere dati affidabili sull’importo della sostanza sottratta e sui relativi redditi nel corso degli anni precedenti il decesso del contribuente”. Le difficoltà evocate dal Consiglio federale possono essere presenti, ma non rappre-sentano necessariamente un ostacolo sistematico a un pieno ricupero d’imposta. Conviene rilevare che una difficoltà analoga può presentarsi qualora,

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una volta scoperta la sottrazione, il contribuente non collabora al procedimento (vedi articolo 183 capoverso 1 LIFD e articolo 266 capoverso 2 LT).[16] Vedi anche Locher Peter, op. cit., pagina 5.[17] Ordonnance concernant l’amnistie fiscale del 3 novembre 2009, in: Raccolta sistematica delle leggi del Canton Giura n. 641.263.[18] Articolo 189 della Loi d’impôt del 26 maggio 1988, in: Raccolta sistematica delle leggi del Can-ton Giura n. 641.11.[19] Vedi comunicato stampa del 1. marzo 2010, Le différend fiscal entre la Confédération et le Canton du Jura est réglé, in: http://www.jura.ch/CHA/SIC/Centre-medias/Communiques-2005-2014/2010/Le-differend-fiscal-entre-la-Confederation-et-le-Canton-du-Jura-est-regle.html [20.05.2016]. Conviene rilevare che la Confederazione non ha alcuna competenza giuridica per attuare la LAID.[20] Il progetto di legge soggiaceva al referendum obbligatorio giusta l’articolo 53A della vecchia Costi-tuzione del Canton Ginevra del 24 maggio 1847.[21] Sentenza TF n. 2C_78/2011 del 16 febbraio 2011.[22] PL 10657-A, pagina 54 e seguente; l’analisi si basa ampiamente sulla sentenza del Tribunale federale nella causa relativa alle aliquote regressi-ve del Canton Obvaldo.[23] PL 10657-A, pagina 53.[24] Cfr. Genini Simona, op. cit., n. 2.3; Locher Peter, op. cit., pagina 5 e seguenti.[25] Anche se non sotto forma di una riduzione dell’aliquota, ma limitando il ricupero d’imposta a tre periodi fiscali precedenti l’anno del decesso, invece di dieci periodi fiscali.[26] Cfr. nota n. 15.

[27] Il Consiglio di Stato ticinese aveva conside-rato che i nuovi disposti e l’amnistia cantonale erano compatibili con la LAID in quanto non inter-venivano sui periodi di ricupero d’imposta, ma sulle aliquote, che è una materia di esclusiva com-petenza dei Cantoni (sentenza in commento, consid. 5.4).[28] Bollettino ufficiale dell’Assemblea federale 2009, pagina 2121 e seguente.[29] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8108.[30] Cfr. anche l’analisi di Locher Peter, op. cit., pagina 5 e seguenti.[31] Nel marzo 2000, il Consiglio federale aveva incaricato il Dipartimento federale delle finanze (DFF) di preparare un avamprogetto di amnistia fiscale generale a livello federale, cfr. Foglio fede-rale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8084; cfr. anche Lurà Filippo, L’amnistia fiscale, RDAT II-2003, pagina 483 e seguenti, anche pagina 497 e seguenti.[32] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8085; cfr. Lurà Filippo, op. cit., pagina 498 e nota n. 85.[33] Per inciso, il Legislatore federale ha precisa-mente concesso uno sconto sostanziale agli eredi, sulle motivazioni addotte cfr. nota n. 15.[34] Nella causa relativa alle aliquote regressive del Canton Obvaldo, il Tribunale federale aveva indicato che anche se i Cantoni godono di una certa autono-mia finanziaria e sono liberi nell’organizzare il loro sistema tributario, segnatamente per quanto attie-ne alle tariffe e aliquote, gli stessi devono osservare i princìpi costituzionali che regolano l’imposizione fiscale, cfr. DTF 133 II 206, consid. 5.

[35] Nella sistematica della legge, il ricupero d’impo-sta è materia regolata nella Parte quinta della LIFD e nel Titolo quinto della LAID, intitolati: “Procedura”.[36] Sentenza TF del 26 febbraio 1975, consid. 3a = ASA 44, pagina 299.[37] DTF 33 I 689, consid. 1; DTF 107 Ib 376, consid. 3.[38] ASA 12, pagina 357, consid. 2; ASA 14, pagina 358; consid. 2; DTF 122 II 221, consid. 4a.[39] DTF 33 I 689, consid. 1; DTF 40 I 216, consid. 1.[40] Cfr. anche Locher Peter, op. cit., pagina 6, nota n. 41. Indipendentemente dai ricorsi presentati contro la modifica della LT, verrebbe da chieder-si se le norme transitorie della LT non sarebbero comunque state inapplicabili già solo per effetto dell’articolo 72 capoverso 2 LAID.[41] Anche per le imposte non armonizzate quali le imposte di successione e di donazione (sentenza in commento, consid. 8.1 e 8.2).[42] Per inciso, la procedura semplificata di ricu-pero d’imposta per gli eredi (articolo 153a LIFD e articolo 53a LAID) conduce alle stesse violazioni dei princìpi costituzionali, violazione che è “protet-ta” dall’articolo 189 capoverso 4 Cost.[43] Conviene ricordare che gli obiettivi perse-guiti dal Legislatore ticinese sono analoghi a quelli perseguiti dal Legislatore federale in materia di procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi, cfr. Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti, pagina 8092 e seguente.[44] Cfr. DTF 133 I 206, consid. 10 e 11.[45] Cfr. anche DTF 133 II 206, consid. 11.1.[46] Alla luce della decisione riguardo le aliquote regressive del Canton Obvaldo, si può comunque inferire che l’interesse pubblico non è sufficiente, vedi DTF 133 I 206, consid. 10.

21Diritto tributario italianoLa riforma dei reati tributari

Incidenza del ristoro del danno erariale sulla punibilità dei reati

1.IntroduzioneIl sistema sanzionatorio penale tributario italiano è stato oggetto di recente di un’importante revisione ad opera del Decreto Legislativo (di seguito D.Lgs.) n. 158/2015[1], ema-nato in attuazione dei princìpi direttivi contenuti nell’articolo 8, comma 1, L. n. 23/2014[2], con la quale è stata prescritta al Governo la realizzazione di un “sistema fiscale più equo, trasparen- te e orientato alla crescita”.

La disposizione da ultimo citata ha infatti dettato importanti linee guida per la revisione del D.Lgs. n. 74/2000 (in tema di “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”) individuate per rispondere alle (due) esigenze di predeterminazione delle condotte illecite e di proporzio-nalità della risposta sanzionatoria rispetto alla gravità dei comportamenti, con l’obiettivo ultimo, espresso, di rafforzare la competitività dell’Italia a livello internazionale[3], fornendo agli investitori stranieri (ma anche alle imprese italiane) un quadro giuridico più chiaro, meglio rispondente, dunque, alle istanze di delimitazione della sfera del penalmente rilevante, di determinatezza delle fattispecie incriminatrici e di raziona-lità nella scelta degli strumenti di reazione all’illecito, avendo maggiore cura del rapporto tra gravità del fatto dannoso e gravità della sanzione. Il Legislatore delegante sembra aver riconosciuto che uno dei difetti del sistema penale tributario era l’assenza di bilanciamento tra la funzione general-pre-ventiva della pena e la funzione retributiva, e quindi proprio la mancanza di proporzionalità fra il tasso di offensività, di pericolosità e di disvalore sociale di talune condotte e la crimi-nalizzazione delle stesse.

Le scelte del Legislatore sono state quindi fortemente orientate alla protezione dei valori della Carta costituzionale espressi nelle disposizioni di cui agli articoli 25 comma 2 (legalità della pena), 13 comma 1 (libertà personale) e 27 comma 3 (finali-smo rieducativo della pena) e ai princìpi – che da quei canoni discendono – di frammentarietà (l’intervento penale viene necessariamente circoscritto ad una sfera residuale di valori

meritevoli di protezione e in tal senso si caratterizza come frammentario), proporzionalità (la irrogazione della pena deve essere proporzionata alla gravità dell’illecito), sussidiarietà (necessità che il diritto penale costituisca la extrema ratio di tutela della società dovendosi prevedere una sanzione penale solo in assenza di strumenti sanzionatori alternativi dotati di pari efficacia dissuasiva) e offensività (la mera aderenza del fatto alla norma di per sé non integra il reato, essendo neces-sario anche che la condotta sia effettivamente lesiva del bene giuridico protetto dalla norma)[4].

Va detto comunque che il recente intervento normativo si pone in continuità rispetto alla vigente disciplina penale tributaria edificandosi sulle stesse fondamenta, la cui struttura portante è costituita dai delitti in tema di dichiarazione, rappresentati, rispettivamente, dalla dichiarazione fraudolenta (mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 D.Lgs. n. 74/2000 o mediante altri artifici ex articolo 3), dalla dichiarazione infedele (articolo 4 D.Lgs. n. 74/2000) e dalla omessa dichiarazione (articolo 5 D.Lgs. n. 74/2000). Pur, quindi, muovendosi nelle medesime coordinate di fondo del sistema vigente, il Legislatore della riforma ha:

◆ rafforzato la tutela con riguardo ai comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa, connotati da una artificiosità particolarmente insidiosa anche rispetto all’a-zione di accertamento o esecutiva dell’Amministrazione finanziaria;

◆ ridotto l’ambito della rilevanza penale, circoscrivendola ai soli casi caratterizzati da un particolare disvalore giuridico, prevedendo l’applicazione di sanzioni amministrative anziché penali, per i fatti privi di connotati di fraudolenza, attraverso un generale innalzamento delle soglie di punibi-lità disseminate nelle singole fattispecie criminose[5];

◆ introdotto cause di non punibilità, ed enucleato circostanze attenuanti, conseguenti all’adempimento del debito tribu-tario[6].

Nel presente scritto sarà analizzata la novellata disciplina dei rapporti tra pagamento del debito tributario e reati fiscali. Uno degli istituti più innovativi della riforma in esame

Barbara NigroAvvocato e partner dello Studio Legale Tributario Marino e Associati in Milano

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è, in effetti, contemplato nell’articolo 11 D.Lgs. n. 158/2015 recante modifiche all’articolo 13 D.Lgs. n. 74/2000 che risulta così attualmente rubricato “Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario”. Nella novellata disciplina, l’estinzione dei debiti tributari mediante pagamento dell’imposta, nonché delle sanzioni amministrative e degli interessi, ha una duplice valenza, costituendo, a seconda della fattispecie delittuosa per la quale si procede, una causa di non punibilità ovvero una circostanza attenuante.

Nello specifico, la riparazione dell’offesa diviene causa di esclusione della punibilità:

a) per i reati di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate (articolo 10-bis D.Lgs. n. 74/2000), di omesso ver-samento dell’IVA (articolo 10-ter) e indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1) qualora l’imputato paghi i debiti tributari prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, anche mediante le speciali pro-cedure conciliative e di adesione all’accertamento, nonché mediante il ravvedimento operoso (articolo 13, comma 1);

b) per i reati di dichiarazione infedele (articolo 4 D.Lgs. n. 74/2000) e di omessa dichiarazione (articolo 5) a condi-zione che l’integrale pagamento degli importi dovuti a seguito del ravvedimento operoso ovvero la presentazione della dichiarazione omessa (entro il termine di presen-tazione della dichiarazione relativo al periodo d’imposta successivo) siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (articolo 13, comma 2).

Il pagamento integrale del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, è invece idoneo a garantire l’applicazione della circostanza attenuante che si sostanzia nella riduzione sino alla metà delle pene e nella non applicazione delle pene accessorie[7] (articolo 13-bis, comma 1):

a) per i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiara-zione, se il pagamento interviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento ma dopo che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di pendenze amministra-tive o penali a suo carico;

b) per i reati di dichiarazione fraudolenta (articoli 2 e 3 D.Lgs. n. 74/2000), emissione di fatture o altri documenti per ope-razioni inesistenti (articolo 8), occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10), indebita compensa-zione con crediti inesistenti (articolo 10-quater, comma 2), sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (arti-colo 11).

2.Le cause di non punibilitàLa previgente disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 74/2000, in attuazione della Legge delega (del 25 giugno 1999 n. 205) – che prescriveva al Legislatore di “prevedere meccanismi premiali idonei a favorire il risarcimento del danno” – aveva già riconosciuto particolare rilevanza al risarcimento del danno effettuato mediante il pagamento del debito tributario, prevedendo, con gli articoli 13 e 14 D.Lgs. n. 74/2000, due cir-costanze attenuanti (originariamente comportanti entrambe un’attenuazione della pena principale fino alla metà[8] e la non applicazione delle pene accessorie) concernenti il “paga-mento dei debiti tributari” relativi ai fatti costitutivi dei delitti (previgente articolo 13) e la “riparazione dell’offesa” recata all’in-teresse pubblico tutelato dalla norma violata (articolo 14) per l’ipotesi, residuale e tutt’oggi operante (destinata ad operare allorché sia preclusa la possibilità di fare ricorso alla prima) in cui i debiti tributari connessi alle violazioni risultino estinti per prescrizione o decadenza[9].

In allora, il Legislatore delegato si era trovato nella necessità di mediare due esigenze contrapposte: da un lato, introdurre istituti premiali idonei a rappresentare un concreto incentivo al pagamento dei debiti tributari, dall’altro evitare una lace-razione nell’efficacia deterrente del tessuto punitivo, non dovendosi vanificare l’efficacia dissuasiva delle fattispecie criminose. In tale contesto, il Legislatore aveva ritenuto di scartare “la soluzione «estrema» – che pure avrebbe potuto astrattamente ipotizzarsi a fronte della genericità dell’indicazione del legislatore delegante – di elevare la condotta risarcitoria a causa estintiva del reato” in quanto una siffatta soluzione avrebbe consentito ai contribuenti di “monetizzare il rischio della respon-sabilità penale”[10].

La Legge delega del 2014, in ordine ai meccanismi premiali, è stata meno esplicita della precedente, pur tuttavia, il Legislatore delegato, muovendosi nell’ambito delle linee guida di revisione del sistema sanzionatorio, ha inteso riconoscere, in alcune ipotesi, al comportamento resipiscente del contri-buente, che provveda a regolarizzare le proprie pendenze con l’Amministrazione finanziaria, l’effetto della esclusione della punibilità.

La volontà premiale di cui al novellato articolo 13, come visto in premessa, è riservata alla tipologia di reati non connotati da fraudolenza e opera differentemente a seconda che si tratti di reati di omesso pagamento (articolo 13, comma 1) ovvero di infedeltà dichiarativa (articolo 13, comma 2).

Per il primo gruppo di fattispecie criminose (articoli 10-bis, 10-ter[11], 10-quater, comma 1), l’unica condizione per l’otte-nimento del beneficio è che l’imputato paghi integralmente il

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debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (ex articolo 492 del Codice di procedura penale [di seguito c.p.p.])[12] e l’adempimento potrà avvenire anche attraverso le speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalla legislazione tributaria (in specie, accertamento con adesione, rinuncia all’impugnazione degli atti impositivi e conciliazione giudiziale, previsti, rispet-tivamente, dalle disposizioni di cui agli articoli 1 e seguenti D.Lgs. n. 218/1997, articolo 15 del medesimo Decreto e articoli 48 e 48-bis D.Lgs. n. 546/1992) nonché attraverso l’istituto del ravvedimento operoso (ex articolo 13 D.Lgs. n. 472/1997[13]).

Come si legge nella citata Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 158/2015, per la citata tipologia di reati omissivi, la previsione della non punibilità trova la sua giustificazione politico-criminale nella scelta di concedere al contribuente, che abbia correttamente indicato il proprio debito tributario, risultando in seguito inadempiente nel versamento, la possi-bilità di eliminare la rilevanza penale della propria condotta attraverso una piena soddisfazione dell’Erario. Dacché, per i reati di omesso versamento, il comportamento, seppur non spontaneo, teso a sanare il debito, rende sufficiente il ricorso alle sole sanzioni amministrative.

Per la seconda categoria di reati (infedele dichiarazione e omessa dichiarazione, articoli 4 e 5) la novellata disciplina prevede che il fatto non è punibile qualora il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato integralmente pagato per effetto del ravvedimento operoso ovvero qualora la dichiarazione omessa sia stata presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. È prevista inoltre un’ulteriore condizione per l’operatività del beneficio e cioè che il ravvedimento e la presentazione della dichiarazione inizialmente omessa siano intervenuti prima che l’autore abbia avuto formale conoscenza di azioni di accertamento avviate dall’Ammi-nistrazione finanziaria ovvero di procedimenti penali: si tratta di situazioni in cui, ai fini della rinuncia alla pena da parte dello Stato, è ritenuta necessaria la spontaneità del ravvedimento del contribuente con l’estinzione tempestiva dei debiti. In questi casi, come spiegato nella Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione[14], il nucleo delle condotte non risiede in un mancato versamento di quanto dichiarato, ma “retrocede” ad un momento prece-dente connotato di un maggiore disvalore: da qui l’esigenza della previsione di una caratteristica diversa e ulteriore rispetto al mero ravvedimento ossia la spontaneità concre-tizzata in un agire tempestivo e anticipatorio rispetto alla formale conoscenza di un accertamento fiscale ovvero di un procedimento penale.

A questo riguardo, la “formale conoscenza” di un’indagine penale è nozione desumibile dal Codice di rito, considerandosi atti con cui l’indagato acquisisce conoscenza di un procedi-mento penale l’informazione di garanzia di cui all’articolo 369 c.p.p., l’avviso di conclusione e la richiesta di proroga delle indagini preliminari di cui agli articoli 415-bis e 406 c.p.p., fissazione d’udienza a seguito di opposizione alla richiesta di

archiviazione di cui all’articolo 410 c.p.p., invito a comparire per rendere interrogatorio di cui all’articolo 375 c.p.p., decreto penale di condanna di cui agli articoli 459 c.p.p. e seguenti, ordinanze relative a misure cautelari personali, decreti di sequestro. Con riguardo invece alle altre situazioni di formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche avviate dall’Ammi-nistrazione finanziaria, il riferimento è alle attività che danno luogo alla presenza degli organi verificatori presso gli spazi del contribuente (disciplinate dall’articolo 52 D.P.R. n. 633/1972 in materia di IVA, richiamato in maniera espressa dall’articolo 33 D.P.R. n. 600/1973 in materia di imposte sui redditi), nonché a tutte le ulteriori attività amministrative di accertamento che si traducono nella notifica di atti quali “inviti”, “richieste” e “questionari” (di cui agli articoli 51, comma 2 D.P.R. n. 633/1972 e 32 D.P.R. n. 600/1973) oltre alla notifica di processi verbali di constatazione e avvisi di accertamento[15].

Stante la lettera della citata Relazione della Corte di Cassazione, il requisito della formale conoscenza sarebbe da valutare con riferimento al singolo indagato/imputato, non rilevando l’eventuale conoscenza formale acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o concorrenti nel reato.

La concreta applicazione della causa di non punibilità per i delitti di infedele e omessa dichiarazione, stante la condizione soggettiva che valorizza la resipiscenza volontaria del con-tribuente, comporterà evidentemente un’attività di controllo da parte dell’Autorità Giudiziaria anche attraverso una cor-rispondenza con i soggetti attivi della verifica fiscale (Uffici dell’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) nonché estesa alla verifica di eventuali procedimenti penali già pendenti presso la Procura della Repubblica[16].

2.1.Il pagamento del debito tributario e la rateizzazioneAl pari di quanto previsto nella versione precedente dell’articolo 13, la norma fa riferimento all’estinzione del debito eviden-ziando l’irrilevanza della rateizzazione dello stesso, avendo la disposizione il fine di premiare una condotta che porti un concreto ed effettivo beneficio in termini patrimoniali a favore dell’Erario. Tuttavia, con il fine di incentivare ulteriormente il pagamento del quantum dovuto, il Legislatore, nella novellata disposizione, ha inserito l’ultimo comma a mezzo del quale è prevista, in caso di estinzione del debito tributario mediante rateizzazione ancora non perfezionata prima dell’apertura del dibattimento, la possibilità di effettuare il pagamento del debito residuo entro tre mesi, termine che può essere proro-gato per ulteriori tre mesi dal Giudice una sola volta, ferma restando la sospensione della prescrizione. Con tale previsione si è posto rimedio a un inconveniente che di fatto finiva per precludere al contribuente l’accesso al beneficio avendo la giurisprudenza di legittimità finora escluso l’applicabilità della circostanza attenuante (oggi causa di non punibilità) in caso di rateizzazione del debito d’imposta[17]. Tale orientamento può oggi considerarsi superato a fronte della modifica legi-slativa introdotta nell’ambito delle disposizioni concernenti le cause di esclusione della punibilità e che peraltro risulta espressamente estesa anche alla circostanza attenuante di cui al successivo articolo 13-bis.

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2.2.L’estinzione del debito tributario da parte di terziSi è visto quindi che l’effetto premiale ricollegato dal nuovo articolo 13 D.Lgs. n. 74/2000 al risarcimento del danno si sostanzia in una causa di non punibilità. La norma, tuttavia, non precisa che il pagamento del debito tributario debba pervenire all’Erario direttamente dall’imputato, ponendo l’ac-cento unicamente sulla riparazione del danno cagionato dal reato a prescindere dal soggetto che provveda a tale ripristino. Sotto questo profilo, la causa di non punibilità in questione sembra essere provvista del carattere della oggettività rite-nendosi, quindi, ammissibile l’estinzione del debito mediante pagamento anche da parte di un terzo delle somme dovute.

Sul punto potrebbe infatti soccorrere la Relazione Governativa al D.Lgs. n. 74/2000 ove espressamente si affermava che il pagamento estintivo giova all’imputato “anche se eseguito da un terzo”: l’ipotesi tradizionale è quella del pagamento effettuato dalla società o dall’ente (soggetto d’imposta) in rapporto a fatti commessi da amministratori o rappresentanti legali. In tali casi, il legale rappresentante potrà beneficiare del paga-mento effettuato dall’ente ai fini dell’applicabilità dell’istituto premiale di cui all’articolo 13 in esame.

2.3.La documentazione circa l’avvenuta estinzione del debito tributarioAl fine di usufruire del beneficio in parola, occorrerà fornire la prova dell’avvenuta estinzione del debito tributario. In proposito, il D.Lgs. n. 158/2015, pur introducendo le nuove disposizioni in tema di non punibilità, non ha previsto alcun-ché in ordine alla documentazione utile. È possibile dunque ritenere che anche alla novellata disciplina si applichino le indicazioni contenute nel Decreto del Ministro delle Finanze del 13 giugno 2000, emanato in attuazione dell’articolo 22 D.Lgs. n. 74/2000, denominato “Modalità di documentazione dell’avvenuta estinzione dei debiti tributari” il quale, in termini generali, richiede un’apposita dichiarazione redatta in con-formità ad un modello indicato nel Decreto medesimo, da presentarsi all’Ufficio giudiziario procedente unitamente alla ricevuta di pagamento effettuato. La dichiarazione deve recare l’attestazione, rilasciata dall’Ufficio finanziario compe-tente all’accertamento che il debito tributario relativo ai fatti costitutivi del reato oggetto del procedimento penale è stato estinto.

2.4.La particolare tenuità del fatto quale ulteriore causa di non punibilità?Va rilevato che la riforma in esame, nell’introdurre le cause di non punibilità per i reati tributari connotati da minor disvalore giuridico non ne ha prevista una speciale nel caso in cui il fatto sia di particolare tenuità né ha richiamato in modo espresso l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del Codice penale (di seguito c.p.). Detta disposizione, introdotta con il D.Lgs. n. 28/2015, entrato in vigore il 2 aprile 2015, prevede al comma 1 che “nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l’esiguità

del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale”.

Premesso che non può procedersi in questa sede ad una esegesi complessiva ed integrale dell’articolo 131-bis c.p. che esulerebbe dall’argomento del presente contributo, merita, comunque, evidenziare in estrema sintesi, che ai fini del riconoscimento della presente causa di non punibilità, è necessario che il giudicante operi una specifica valutazione di meritevolezza. A tal fine il giudice deve accertare se, in base ai due “indici-requisiti” (così definiti dalla Relazione di accompa-gnamento) “modalità della condotta” ed “esiguità del danno e del pericolo”, valutati congiuntamente secondo i criteri direttivi di cui all’articolo 133, comma 1, c.p. (ossia natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gra-vità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa), sussistano i due “indici-criterio” (come sempre definiti dalla Relazione di accom-pagnamento) “particolare tenuità dell’offesa” e “non abitualità del comportamento”. L’esito positivo di tale verifica permetterà al giudicante di stimare il fatto di particolare tenuità ed esclu-derne, quindi, la punibilità.

Ciò premesso, va rilevato che la III. Sezione Penale della Suprema Corte, con Ordinanza n. 21014/15, depositata in data 20 maggio 2015, ha rimesso alle Sezioni Unite della medesima Corte di Cassazione la questione se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’articolo 131-bis c.p. sia applicabile ai reati tributari che prevedono una determinata soglia di punibilità.

In detta ordinanza, la III. Sezione Penale, pur rimettendo la questione al vaglio delle Sezioni Unite, ha, comunque, ricono-sciuto che “una indicazione di tipo meramente orientativo parrebbe includere anche i reati tributari nella categoria dei reati ammissibili, tenuto conto che laddove la soglia di punibilità non venga superata ci si troverà di fronte ad un «non reato», mentre laddove il limite venga superato, si tratterebbe di valutare l’entità dell’offesa rispetto al livello di superamento della soglia: si pensi a titolo meramente esemplificativo, ad un superamento della soglia per poche migliaia di euro, non apparendo plausibile il mancato accesso all’istituto in relazione alla necessità di dover valutare nella sua interezza l’entità complessiva dell’evasione o del mancato versamento del tributo”[18].La parola passa, comunque, alle Sezioni Unite della Corte di

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Cassazione, chiamate a risolvere definitivamente la questione se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’articolo 131-bis c.p. sia o meno applicabile ai reati tributari che prevedono una determinata soglia di punibilità.

3.Le circostanze del reatoL’articolo 12 D.Lgs. n. 158/2015 ha inserito nel corpo del Decreto sui reati tributari l’articolo 13-bis rubricato “Circostanze del reato”, il quale da una parte ha previsto, fuori dei casi di non punibilità, circostanze attenuanti della pena nel caso in cui il contribuente estingua il debito tributario oggetto di reato mediante integrale pagamento dello stesso, dall’altro ha introdotto un inasprimento della sanzione nel caso in cui il reato sia commesso da un professionista o da un intermediario bancario o finanziario che abbia agito, nell’esercizio dell’atti-vità di consulenza fiscale, in qualità di compartecipe del reato del proprio cliente, elaborando o commercializzando modelli di evasione fiscale[19].

Soffermandoci sulla circostanza attenuante, il comma 1 dell’ar-ticolo 13-bis, con alcune differenze rispetto alla previgente normativa (contenuta nel vecchio testo dell’articolo 13) dispone, per tutti i reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000, al di fuori delle cause di non punibilità previste dall’attuale articolo 13, la diminuzione fino alla metà della pena prevista (ciò che qualifica la circostanza attenuante come ad effetto speciale, in quanto l’attenuazione è superiore ad un terzo), senza applicazione delle pene accessorie, qualora il contribuente provveda, mediante pagamento integrale delle somme dovute (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie[20]), ad estinguere il debito tributario, comprensivo di sanzioni ed interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. La circostanza attenuante in parola troverà dun-que applicazione per i delitti fraudolenti connotati da un maggior disvalore – dichiarazione fraudolenta (articoli 2 e 3 D.Lgs. n. 74/2000), emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 8), occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10), indebita compensazione con crediti inesi-stenti (articolo 10-quater, comma 2), sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (articolo 11) – per i quali il pagamento non assurge a causa di non punibilità, nonché con riferimento alle ipotesi di infedele od omessa dichiarazione (articoli 4 e 5) nel caso in cui il pagamento integrale delle somme dovute avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento ma dopo che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche.

In questi casi, il pagamento comporterà anche la possibilità di accedere all’istituto di applicazione della pena su richiesta delle parti ex articolo 444 c.p.p. (istituto del patteggiamento). Nello specifico, il comma 2 dell’articolo 13-bis, confermando quanto già previsto prima della modifica legislativa[21], pre-vede che per tutti i delitti considerati dal D.Lgs. n. 74/2000, il patteggiamento possa essere richiesto solo quando ricorra la circostanza attenuante di cui al comma 1, ossia, come detto, quando prima della dichiarazione di apertura del dibattimento venga effettuato il pagamento ad estinzione dei debiti tribu-tari, ovvero nel caso in cui sia stato esperito il ravvedimento operoso. Il pagamento dei debiti tributari si pone quindi come presupposto essenziale del negozio sulla sanzione.

La disposizione di cui al comma 2 si indirizza evidentemente solo alle fattispecie diverse dai reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater per i quali l’adempimento tributario inter-venuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento vale già quale causa di non punibilità; mentre, sempre con rife-rimento a tali delitti, qualora il pagamento integrale avvenga dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, non sarà possibile accedere ad alcuno dei regimi previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 13-bis, essendo già scaduti i termini entro cui presentare l’istanza ex articolo 444 c.p.p. La norma fa poi salva altresì la causa di non punibilità prevista per i delitti di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione quando il rav-vedimento interviene spontaneamente prima della formale conoscenza dell’accertamento o del procedimento penale.

4.L’estinzione del debito e l’impedimento all’applicazione della confiscaCon le innovate disposizioni di cui agli esaminati articoli 13 e 13-bis, finalizzati a premiare il comportamento collaborativo del contribuente, deve essere coordinata la norma diretta a ridisegnare la disciplina della confisca applicabile ai delitti tributari. L’articolo 10 del citato Decreto ha infatti aggiunto, per mezzo dell’articolo 12-bis, una nuova disposizione che, da un lato, attribuisce alla misura ablativa in questione una collocazione normativa più appropriata, finora contenuta nel disposto dell’articolo 1, comma 143 L. n. 244/2007, che estendeva ai reati tributari la confisca, anche per equivalente, prevista dall’articolo 322-ter c.p.[22], dall’altro amplia l’applica-bilità della stessa a tutte le fattispecie di reati tributari (anche quindi al reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, escluso dalla disciplina precedente sul presupposto che la particolare natura del reato avrebbe reso difficile rinve-nire un profitto direttamente collegabile alla condotta illecita); per altro verso, e per ciò che qui più rileva, esclude l’operatività del provvedimento, in forma totale o parziale, laddove vi sia un impegno del contribuente a versare all’Erario, anche in parte, quanto dovuto.

In specie, la disposizione di nuova introduzione prevede quale presupposto per l’adozione del provvedimento ablativo la pronuncia di una sentenza di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti e individua quale oggetto della confisca i beni che costituiscono “profitto” o “prezzo” del fatto illecito, salvo che questi beni non appartengano a un soggetto estraneo al reato ovvero, quando la confisca diretta non sia

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possibile, i beni di qualsiasi natura, nella disponibilità del reo di valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato (confisca per equivalente). Le due tipologie di confisca, tra loro alternative, sono individuate come obbligatorie.

Certamente innovativa è la disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 12-bis laddove si prevede che la con-fisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario, anche in presenza di sequestro (alla stessa prodromico), precisandosi che, in caso di mancato versa-mento, la confisca è sempre disposta. Viene quindi disciplinato il rapporto della misura ablativa con l’adempimento del tri-buto evaso secondo uno schema di alternatività tra misura confiscatoria e recupero dell’imposta che vede prevalere le pretese dell’Erario su quelle ablatorie statuali, in coerenza con la previsione della causa di non punibilità per estinzione del debito tributario di cui all’articolo 13.

L’intervento normativo si pone nel solco della giurisprudenza di legittimità secondo la quale la restituzione all’Erario dell’impo-sta evasa fa venir meno lo scopo principale della confisca per equivalente, misura maggiormente utilizzata per i reati tributari. Posta, infatti, la funzione sanzionatoria dell’istituto in esame, tale finalità verrebbe meno con la sanatoria della posizione fiscale da parte del contribuente, infatti “se il reo provvede al pagamento dell’imposta, considerato che il profitto suscettibile di confisca corri-sponde all’ammontare dell’imposta evasa, col pagamento viene meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablativo; viene meno la stessa ragione giustificatrice della confisca, da rinvenirsi proprio nella necessità di evitare che il conseguimento dell’indebito profitto del reato si consolidi in capo al reo”[23].

Tuttavia, la novella, se da un lato fa proprio il principio secondo cui l’adempimento dell’obbligazione tributaria, sia pure tardivo, fa venire meno il profitto del reato che la confisca è destinata ad aggredire, dall’altro pone dei profili problema-tici laddove stabilisce che anche “l’ impegno a versare” quanto dovuto all’erario sia idoneo ad escludere l’operatività della confisca. La norma non chiarisce in cosa consista l’impegno del contribuente idoneo ad impedire la misura ablativa e il ter-mine ultimo entro cui l’impegno a restituire possa intervenire, con conseguente incertezza rispetto all’adozione del provve-dimento giudiziale che non può non essere adottato in sede di definizione del processo (condanna o patteggiamento). I primi commenti alla disposizione sono nel senso di ritenere, con riguardo al primo aspetto, che, pur operando il principio del libero convincimento, con la conseguente assenza di una prova legale cui possa ritenersi subordinata la dimostrazione dell’impegno, quest’ultimo possa essere valorizzato solo ove si sostanzi in un impegno “formale” che il contribuente abbia assunto con l’Amministrazione finanziaria, non risultando satisfattivo un impegno unilateralmente assunto[24]. Con riguardo al termine entro cui il contribuente possa formaliz-zare il proprio impegno, si è sottolineato che la stessa lettera della norma sia idonea a risolvere in via interpretativa la questione in quanto essa non impedisce l’adozione del provve-dimento di confisca ma prevede solo che questa “non opera” in presenza dell’impegno a pagare, cosicché l’impegno si riflette non sull’adozione del provvedimento (obbligatorio) ma solo sugli effetti della misura. Dacché, il giudice, pur in presenza di

un impegno a pagare, sarebbe impedito dall’adottare la con-fisca solo in presenza di un pagamento effettivo e integrale, laddove, in presenza di un impegno non seguito dal completo adempimento, il giudice potrebbe adottare il provvedimento di confisca, semmai limitato nell’entità a fronte di un paga-mento rateale. L’impegno del contribuente potrebbe, dunque, anche intervenire dopo la decisione di merito, dovendo, nel caso, essere sottoposto al giudice dell’esecuzione ai fini dell’e-ventuale revoca o riduzione della confisca[25].

5.La riparazione dell’offesa nel caso di estinzione del debito tributario per prescrizione o decadenzaDa ultimo, per un quadro completo della tematica, merita un cenno la disciplina di cui all’articolo 14 D.Lgs. n. 74/2000, non oggetto di modifiche ad opera del D.Lgs. n. 158/2015, che pre-vede l’applicazione di un’attenuante speciale nell’ipotesi in cui i debiti tributari connessi alle violazioni per le quali si procede penalmente risultino estinti per prescrizione o decadenza dell’azione di accertamento. In particolare, la disposizione stabilisce che l’imputato possa chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di “equa riparazione” dell’offesa recata all’interesse pubblico tutelato dalla norma violata. In ordine all’entità della somma da cor-rispondere, l’articolo 14 non richiede una coincidenza con il debito tributario (comprensivo delle sanzioni amministrative) ma prescrive la commisurazione con la “gravità dell’offesa”, individuando un limite minimo (risultante dal ragguaglio, ex articolo 135 c.p., della pena detentiva minima prevista per il delitto contestato). Qualora il pagamento avvenga nel termine fissato dal giudice, il contribuente potrà fruire di un’attenuante pari a quella prevista dall’articolo 13-bis.

La ratio della disposizione risiede, tutt’ora, anche dopo la riforma, nella necessità di evitare possibili disparità di trat-tamento sanzionatorio tra i contribuenti che si trovano nella situazione in cui il debito tributario, relativo al fatto costitutivo del reato tributario commesso, risulti estinto per prescrizione o decadenza, e quelli che possono beneficiare della circo-stanza attenuante del pagamento del debito di cui all’attuale articolo 13-bis, consentendo loro di poter fruire di un analogo trattamento (diminuzione della pena fino alla metà e disappli-cazione delle pene accessorie).

Poiché il pagamento non presuppone in alcun modo un’ammis-sione di responsabilità da parte dell’imputato, è espressamente previsto che, in caso di assoluzione o di proscioglimento, la somma versata debba essergli restituita.

6.ConclusioniAll’esito dell’esame delle richiamate disposizioni, risulta rafforzata la valenza del pagamento del debito tributario in sede amministrativa quale circostanza dirimente in grado di determinare mitigazioni in sede penale. Tale rafforzamento, per un verso, si pone in linea con gli intenti del Legislatore della Legge delega in sede di revisione del sistema sanzionatorio, i quali, come si è visto, mirano a ridurre l’area di operatività della sanzione penale, in conformità al principio, di matrice europea,

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di proporzionalità[26], dall’altro, l’individuazione di nuove ipotesi di non punibilità, attenua, e tuttavia non risolve compiutamente, la questione del divieto del ne bis in idem[27], rispetto al quale, il sistema del “doppio binario” sanzionatorio, non precludendo la concorrente applicazione in capo al medesimo soggetto, con riferimento alla stessa condotta, di sanzioni amministrative e penali, non può che porsi strutturalmente in contrasto.

Il Legislatore delegato, chiamato ad “articolare meglio i rapporti tra sistema sanzionatorio penale e sistema sanzionatorio ammi-nistrativo regolati, come noto, dal principio di specialità”[28] non ha infatti prospettato, in sede di riforma, alcuna compiuta soluzione della detta problematica, ancorché, in più occasioni, la CEDU sia intervenuta per dichiarare, sia pure in relazione al sistema sanzionatorio tributario di altri Stati, la violazione del divieto fondato sul principio in base al quale “nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”[29].

La Corte di Strasburgo ha ritenuto che l’applicazione di san-zioni di tipo penale oltre che di tipo amministrativo tributario, quando queste non abbiano una finalità solamente risarcitoria, ma anche deterrente e punitiva[30], costituisce violazione del diritto a non essere giudicato o condannato due volte per lo stesso fatto.

Più attenta a marcare i profili di strutturale incompatibilità dell’ordinamento tributario con il principio del ne bis in idem si sta mostrando la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, che a più riprese ha sollecitato una statuizione univoca in merito. Ancora al momento in cui si scrive, sono pendenti, infatti, in relazione alla violazione del principio del ne bis in idem, due questioni di costituzionalità (sebbene, in verità, non tutte stret-tamente riferibili alla materia tributaria), rimesse alla Consulta dalla Corte di Cassazione[31] (oltre ad una precedente rimessa dal Tribunale di Bologna[32]), nonché due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia da parte di alcuni giudici di merito[33].

Rende tuttavia testimonianza della necessità di una messa a punto con riferimento alla portata del principio del ne bis in idem la diversità di vedute assunta dalla giurisprudenza (a tal punto che in un caso il giudice ha ritenuto di fare diretta applicazione dell’articolo 649 c.p.p. a prescindere da qualsiasi coinvolgimento della Corte Costituzionale o della Corte di Giustizia dell’Unione europea[34]), in considerazione del fatto che finora la Corte di Cassazione non si è mostrata particolar-mente propensa a riconoscere la sussistenza di violazioni del principio del ne bis in idem[35].

Invero, la Corte di Cassazione ha asserito che il principio del ne bis in idem non è da ritenersi violato nei rapporti tra omesso ver-samento di ritenute certificate o IVA e gli illeciti amministrativi di omesso versamento periodico delle somme dovute a tali titoli, in quanto tra il predetto reato e illecito amministrativo non inter-correrebbe un rapporto di specialità bensì di progressione, cui pertanto sarebbero riconducibili differenti ipotesi sanzionatorie. Più specificatamente, secondo l’interpretazione prospettata dai Giudici di legittimità, la diversità tra le due fattispecie è data dal fatto che l’illecito amministrativo trova il proprio compimento

al momento dell’omesso versamento periodico delle singole scadenze; al contrario, la fattispecie punita a titolo di reato si consuma alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale[36]. Una simile interpretazione non si ritiene accettabile alla luce dei criteri di matrice sostanziale cristallizzati dalla CEDU, giacché trascura, con ogni evidenza, il dato sostanziale per cui la condotta illecita posta in essere dal trasgressore, al di là della qualificazione legale assunta, è sostanzialmente la medesima.

Di talché, in presenza di pronunce della Suprema Corte di Cassazione che hanno opposto, pur sotto differenti profili, dei limiti al riconoscimento della garanzia del ne bis in idem, i detti rinvii pregiudiziali possono ritenersi gli unici idonei a rimuo-vere gli effetti pregiudizievoli conseguenti alla violazione del divieto di doppia punizione del medesimo soggetto a fronte della medesima infrazione.

Dipoi, con riferimento alla fattispecie di cui agli articoli 13 (anche nella versione antecedente all’intervento di riforma) e 13-bis D.Lgs. n. 74/2000, non può tacersi di ulteriori criticità, laddove tali norme, come visto, prevedono che la non appli-cazione o, alternativamente, l’applicazione in misura ridotta delle sanzioni penali sia condizionata al pagamento integrale del debito e delle sanzioni amministrative tributarie irrogate.

Ebbene, in proposito è ragionevolmente lecito domandarsi se il coordinamento esistente tra i due sistemi sanzionatori, amministrativo e penale, sia idoneo a escludere ab origine la violazione del principio del ne bis in idem. A tal riguardo, pur nell’assenza di univoche statuizioni, è nondimeno possibile svolgere alcune considerazioni sulla scorta di quanto ricono-sciuto da talune pronunce rese dalla CEDU.

Esaminando dunque la predetta giurisprudenza, non pare che il solo fatto che la sanzione penale risulti annullata ovvero mitigata in considerazione dell’applicazione, rispettivamente, dell’istituto di cui agli articoli 13 e 13-bis D.Lgs. n. 74/2000 sia in grado di per sé di scongiurare la violazione del principio del ne bis in idem, laddove, con riguardo alla causa di non punibilità si dia rilievo, ad esempio, al profilo procedimentale, conside-rando che, pur avendo il contribuente definito la esposizione debitoria in sede amministrativa, il procedimento penale potrebbe essere stato comunque attivato (senza contare che, anche da un punto di vista sostanziale, la rimozione della rilevanza penale potrebbe non determinarsi nel caso in cui il contribuente non riesca a definire la pendenza con l’Ammini-strazione finanziaria entro i termini previsti dall’articolo 13).

Con riguardo all’articolo 13-bis è sin troppo evidente la sovrapposizione dei procedimenti e delle sanzioni e anche qualora la misura della sanzione amministrativa tributaria risulti di lieve entità non viene meno per questo la natura essenzialmente penale ed afflittiva della stessa, secondo i criteri sostanzialistici adottati dalla Corte di Strasburgo e recepiti nel nostro ordinamento[37]. Nella sentenza Jussila[38], la Corte di Strasburgo ha ritenuto sostanzialmente penale la sovrattassa applicata dalla legge finlandese in caso di eva-sione dell’IVA, sebbene essa ammontasse ad appena il 10% dell’imposta evasa.

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Parimenti, nella sentenza Nykänen[39], la Corte si è pronunciata sull’illecito di evasione della tassa sui dividendi previsto nell’or-dinamento finlandese, in relazione al quale, oltre alla sanzione penale, era previsto anche il pagamento di una sovrattassa non particolarmente gravosa. Eppure, anche in questo caso, l’appli-cazione del solo criterio Engel concernente la natura dell’offesa è stata sufficiente per riqualificare la sovrattassa in illecito penale: infatti, per la legge finlandese, la sovrattassa non era intesa come una compensazione pecuniaria conseguente al danno subito dall’Erario, ma come una punizione avente finalità deter-rente, analogamente a quanto avviene nel nostro ordinamento.

Anche sotto tale profilo, è dunque evidente che l’attenuazione della sanzione penale per effetto del venir in rilievo della cir-costanza attenuante di cui all’articolo 13-bis non è elemento sufficiente ad assicurare la compatibilità del doppio binario sanzionatorio attualmente in vigore con il principio del ne bis in idem, siccome cristallizzato dalle pronunce della Corte di Strasburgo.

Alla luce delle riportate riflessioni, non si può fare a meno di rile-vare, da un lato, l’instabilità del panorama sia sotto il profilo delle scelte legislative sia sotto il riguardo dei pronunciamenti giuri-sprudenziali, dall’altro la necessità di un ripensamento, in chiave più generale, del complessivo sistema sanzionatorio tributario procedendo in tal modo a rimuovere le suddivisioni esistenti tra apparato sanzionatorio amministrativo tributario e penale[40], cosicché da aderire alla visione sostanzialistica (e maggiormente garantista) a più riprese sollecitata a livello sovranazionale dalla Corte di Strasburgo.

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[1] Pubblicato su Supplemento Ordinario n. 55/L alla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 233 del 7 ottobre 2015, in vigore dal 22 ottobre 2015. Il D.Lgs. consta di tre titoli: il primo dedicato alla revisione dell’appa-rato sanzionatorio penale, il secondo concernente la revisione dell’apparato sanzionatorio amministrativo – intervenendo, in particolare, sui D.Lgs. n. 471/1997 e n. 472/1997 e su alcune disposizioni sanziona-torie contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito D.P.R.) n. 131/1986 in mate-ria di imposta di registro e nei D.Lgs. n. 346/1990 e n. 347/1990 in materia di imposte ipotecaria e catastale e sulle successioni e donazioni – e il terzo relativo alla decorrenza degli effetti del titolo secon-do, originariamente prevista per il 1. gennaio 2017, poi anticipata al 1. gennaio 2016 a mezzo dell’ar-ticolo 1 comma 133 della Legge (di seguito L.) n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016) e, infine, riguar-dante le abrogazioni e le disposizioni finanziarie.[2] Nota come Delega fiscale, pubblicata nel-la Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2014. Si riporta, per comodità di lettura, il testo dell’artico-lo 8 comma 1: “Il Governo è delegato a procedere, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1 alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo: la punibili-tà con la pena detentiva compresa fra un minimo di sei mesi a un massimo di sei anni, dando rilievo, tenuto con-to di adeguate soglie di punibilità, alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazio-ne falsa, per i quali non possono comunque essere ridotte le pene minime previste dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; l’individuazione dei confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale e delle relative conseguenze sanzionatorie; l’efficacia attenuante o esimente dell’adesione alle forme di comu-nicazione e di cooperazione rafforzata di cui all’articolo

6 comma 1; la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti; la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni ammini-strative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità; l’estensione della possibilità, per l’autorità giudiziaria, di affidare in custodia giudiziale i beni sequestrati nell’ambito di procedimenti penali rela-tivi a delitti tributari agli organi dell’amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta al fine di utilizzarli direttamente per le proprie esigenze operative”.[3] Così la Relazione illustrativa del Governo allo schema di D.Lgs. concernente la revisione del siste-ma sanzionatorio, la quale, in particolare, sottolinea che, nel perseguimento di tale scopo, un ruolo cen-trale è rivestito dalla stabilità del quadro giuridico di riferimento che può ottenersi, oltre che tramite la predeterminazione delle condotte illecite, anche attraverso la certezza della misura sanzionatoria, la rapidità dei tempi di irrogazione della sanzione, la percezione della pena come risposta adeguata, proporzionata, non vessatoria né di carattere espro-priativo.[4] Sui princìpi della Legge delega, si veda Corso Pier-maria, Possibili obiettivi della revisione del sistema sanzionatorio penale, Corriere Tributario n. 15/2014, pagine 1161 e seguenti; Salvini Livia, Prospettive di riforma del sistema sanzionatorio tributario, Ras-segna Tributaria, n. 2/2015, pagina 545 e seguenti; Perrone Antonio, La nuova disciplina dei reati tributa-ri: “luci” ed “ombre” di una riforma ancora in cantiere, Riv. Dir. Trib.; Cavallini Stefano, Osservazioni “di prima lettura” allo schema di decreto legislativo in materia penaltributaria, del 20 luglio 2015, in: http://www. penalecontemporaneo.it [20.05.2016].[5] Sono state ad esempio innalzate le soglie di punibilità per i fatti di omesso versamento di ritenu-te certificate (articolo 10-bis D.Lgs. n. 74/2000) e di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiun-

to (di seguito IVA) (articolo 10-ter), al di sotto delle quali il ricorso a misure sanzionatorie di tipo ammi-nistrativo, già previste dalla legislazione vigente, è apparso proporzionato alle caratteristiche dell’il-lecito (in tal senso la citata Relazione illustrativa). Inoltre, anche con riguardo al delitto di dichiarazio-ne infedele è previsto l’innalzamento delle soglie di punibilità con conseguente ridimensionamento della sfera di applicazione della norma penale e l’e-sclusione della rilevanza penale della non corretta classificazione e valutazione di elementi attivi o passivi effettivamente esistenti, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di compe-tenza, della non inerenza o della non deducibilità degli elementi passivi reali. Anche il delitto di omes-sa dichiarazione ha subìto un intervento di modifica da parte del Legislatore Delegato che ha inasprito la sanzione prevista in precedenza, sia nel minimo sia nel massimo edittale, innalzando anche la soglia di punibilità.[6] Per una più completa disamina relativa alle modifiche apportate al sistema penale tributario italiano si rinvia a Santoriello Ciro/Perini Andrea, La riforma dei reati tributari (d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158), Officina del Diritto, Il Penalista, Milano 2015; Nocerino Carlo/Putinati Stefano (a cura di), La rifor-ma dei reati tributari, Le novità del d.lgs. n. 158/2015, Torino 2015; Gambogi Gianluca, La riforma dei rea-ti tributari, Commento al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, Milano 2016; Iorio Antonio, I nuovi reati tributari, Milanofiori Assago (MI) 2015; Guida alla riforma fiscale, Le sanzioni penali, a cura dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati, I Profes-sionali de Il sole 24 ore, n. 2/2016.[7] Il catalogo delle sanzioni accessorie è contenuto nell’articolo 12 D.Lgs. n. 74/2000, che non ha subìto alcuna modifica ad opera del D.Lgs. n. 158/2015, il quale stabilisce che la condanna per taluno dei delitti tributari importa, per determinati periodi temporali, la interdizione dagli uffici direttivi delle persone giu-ridiche e delle imprese, l’incapacità di contrattare

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con la Pubblica amministrazione, interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria, l’interdizione perpetua dall’ufficio di com-ponente di Commissione Tributaria, pubblicazione della sentenza.[8] Successivamente, con la modifica legislativa di cui all’articolo 2, comma 36 vicies semel, lettera i), Decreto Legge (di seguito D.L.) n. 138/2011, con-vertito, con modificazioni, nella L. n. 148/2011, il pagamento del debito tributario di cui all’articolo 13 comportava la riduzione della pena fino ad un terzo. L’attuale articolo 13-bis, risultante a seguito delle modifiche apportate con il D.Lgs. n. 158/2015, con il ripristino della riduzione della pena fino alla metà, ricrea un’armonia sistematica tra le due tipologie di attenuanti.[9] L’articolo 14 D.Lgs. n. 74/2000 non è stato ogget-to di modifiche da parte del D.Lgs. n. 158/2015 e, nella specie, prevede che l’imputato possa chiedere di essere ammesso a pagare, anche in tal caso pri-ma della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma da lui indicata a titolo di equa riparazione dell’offesa recata dal reato, preve-dendosi, comunque, un meccanismo specifico per la determinazione della somma.[10] Così si è osservato nella Relazione governativa al D.Lgs. n. 74/2000. Per un più approfondito com-mento in ordine alla ratio delle disposizioni di cui agli articoli 13 e 14 del citato Decreto, si rinvia a Di Ama-to Astolfo/Pisano Roberto, Trattato di diritto penale dell’impresa, Vol. 7, I reati tributari, Padova 2002, pagina 260; Lanzi Alessio/Aldrovandi Paolo, Manuale di diritto penale tributario, Padova 2011, pagina 83.[11] Si è sostenuto che dissonante con il progetto di riforma, ispirato alla graduazione della sanzione alla gravità della condotta e alla volontà di depe-nalizzare le fattispecie meno gravi, è la mancata abrogazione del delitto di omesso versamento di IVA punito dall’articolo 10-ter considerato che, soprat-tutto quando esso è determinato da comprovate difficoltà economiche, connesse a carenza di liquidità dell’impresa, non è comportamento che mostra un disvalore sociale tale da meritare l’applicazione della pena, potendo ben essere sufficiente la sola sanzione amministrativa. La disposizione prevede solo l’innal-zamento della soglia di punibilità, non essendo attribuito alcun rilievo alle ragioni che possano aver comportato la condotta omissiva. Sul punto si veda Perrone Antonio, op. cit., pagina 81.[12] Tale limite temporale si pone in continuità con le previgenti disposizioni in tema di circostanze atte-nuanti condividendone la ragione di evitare lunghe sospensioni o rinvii del dibattimento in prossimità della decisione, finalizzati ad iniziative risarcitorie.[13] L’istituto del ravvedimento operoso, che con-siste nella rimozione spontanea della violazione originata da errori od omissioni, il cui effetto princi-pale è la riduzione, sulla base di regole differenziate, delle sanzioni irrogabili, è stato oggetto di modifiche ad opera della L. n. 190/2014 (Legge di Stabilità per il 2015) che ne ha ampliato l’ambito di applicazione

consentendo al contribuente, incorso in violazioni di obblighi tributari formali e sostanziali, di rimuo-vere la violazione anche successivamente alla constatazione degli illeciti da parte degli orga-ni accertatori. Limite invalicabile alla possibilità di ravvedere la violazione è la circostanza che al contri-buente sia stato notificato un atto di liquidazione o accertamento con riferimento a tale violazione ovve-ro che lo stesso abbia ricevuto una comunicazione di irregolarità recante le somme dovute ex articoli 36-bis e 36-ter D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis D.P.R. n. 633/1972. Si segnala che il D.Lgs. n. 158/2015 è intervenuto operando una correzione all’articolo 13 D.Lgs. n. 472/1997, ponendo tra le ipotesi di rav-vedimento riguardanti solo i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate anche l’ulteriore nuova fattispecie prevista dalla lettera b quater), secondo cui le sanzioni si riducono a un quinto qualora il con-tribuente si ravveda dopo la consegna del processo verbale di constatazione da parte degli organi verifi-catori.[14] Corte di Cassazione. Ufficio del Massimario. Settore penale. Novità legislative: Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1 L. n. 23/2014; Relazione al D.Lgs. n. 158/2015, n. III/05/2015, pubblicata il 28 ottobre 2015.[15] Si tratta di una disciplina che richiama quel-la prevista dalla L. n. 186/2014, recante, inter alia, Disposizioni in materia di emersione e rientro di capi-tali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale, in tema di voluntary disclosure. Sul punto si veda Circolare dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale accertamento, n. 10/E del 13 marzo 2015, pagine 25 e seguenti.[16] In tal senso, Amadeo Roberta, Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario, in: Noce-rino Carlo/Putinati Stefano, op. cit., pagina 329. Sul tema specifico delle cause di non punibilità si vedano anche Iorio Antonio, op. cit., pagine 90 e seguenti; Iorio Antonio/Mecca Sara, Nuovi rapporti tra paga-mento del debito tributario e reati, Corriere Tributario, n. 45/2015, pagine 4463 e seguenti; Gambogi Gianlu-ca, Cause di estinzione di alcuni reati tributari (articolo 13 D.Lgs. n. 74/2000), La riforma dei reati tributari, Commento al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, pagine 379 e seguenti; Santoriello Ciro/Perini Andrea, op.cit., pagine 75 e seguenti.[17] Cfr. da ultimo Cass. Pen., Sez. III, 10 febbraio 2015, n. 11352. La Suprema Corte ha osservato che il dettato della norma (articolo 13 D.Lgs. n. 74/2000, nella sua formulazione ante riforma del 2015), laddo-ve richiede l’estinzione del debito conduce a ritenere che “presupposto necessario del trattamento sanziona-torio più favorevole sia l’integrale pagamento di quanto dovuto all’Erario, non essendo dunque sufficiente la mera ammissione al provvedimento di rateazione intervenuta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento”. Proseguono i Giudici, richiamando la ratio della norma “la condotta meritevole del tratta-mento premiale è solo quella effettivamente idonea ad

apportare un beneficio in termini patrimoniali all’Erario, non apparendo significativo sotto tale profilo il mero provvedimento di ammissione alla rateazione posto che l’interessato, una volta ammesso alla rateazione, ben potrebbe restare inadempiente rispetto al paga-mento delle singole rate […]. Anche in caso di procedure conciliative o di adesione, presupposto dell’applicabilità della circostanza attenuante è l’intervenuta integrale estinzione del debito d’imposta […]. L’attenuante in que-stione, non è applicabile, in altri termini, in caso di rateizzazione del debito d’imposta già iscritto a ruolo e indicato nella cartella di pagamento, atteso che il rico-noscimento del beneficio è subordinato all’integrale ed effettiva estinzione dell’obbligazione tributaria. E l’avvenuto puntuale pagamento delle eventuali rate già scadute non garantisce certamente il pagamento delle successive rate a scadere” (in senso conforme, cfr. Cass. Pen., Sez. III, 16 luglio 2014, n. 37748; Cass. Pen., Sez. III, 27 novembre 2013, n. 5681).[18] Quanto statuito nella suddetta ordinanza risulta conforme alla recentissima Sentenza n. 44132 del 2 novembre 2015 pronunciata dalla IV. Sezione Penale, in materia di guida sotto l’influenza dell’alcool di cui all’articolo 186, Nuovo Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992). Premesso che anche questa fattispecie di reato è connotata da soglie, risultando la guida sotto l’influenza dell’alcool punita con una sanzione ammi-nistrativa o con due diversi reati di gravità crescente, nella pronuncia in esame la Suprema Corte ammette l’applicabilità dell’articolo 131-bis ai reati connota-ti da precise soglie, quali sono anche i reati tributari. Osserva, infatti, la Suprema Corte che, pur in assenza di una esplicita presa di posizione del Legislatore, la collocazione dell’articolo 131-bis nella “parte gene-rale” del c.p. esprimerebbe, comunque, l’intento del Legislatore stesso di non limitarne l’efficacia a talune fattispecie di reato. La Sentenza in esame, poi, giunge anche ad un’altra conclusione, ossia che la previsione di soglie, quale ne sia la funzione, “non è incompatibi-le con il giudizio di particolare tenuità del fatto perché in ogni caso la soglia svolge le proprie funzioni sul piano della selezione categoriale mentre la particolare tenui-tà conduce ad un vaglio tra le epifanie nella dimensione effettuale, secondo il paradigma della sussidiarietà in concreto”. Va detto che le SS.UU. penali della Cassa-zione, con una pronuncia le cui motivazioni sono in corso di deposito, hanno statuito l’applicabilità della causa di non punibilità ex articolo 131-bis in mate-ria di guida sotto l’influenza dell’alcool. La pronuncia potrebbe avere influenza anche nel giudizio penden-te dinanzi alle medesime SS.UU. con riguardo ai reati tributari.[19] Definiti dalla Relazione illustrativa “model-li seriali di evasione fiscale”. Tale citazione è ripresa anche dalla Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, op. cit., nella quale sono posti anche alcuni interrogativi in ordine alla esat-ta individuazione dei “professionisti” che svolgono attività di “consulenza fiscale”, non essendo chiaro se la norma si riferisca solo a coloro che sono abilitati dalla Agenzia delle Entrate alla trasmissione delle

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dichiarazioni ovvero ricomprenda tutti i soggetti che svolgono attività lato sensu di consulenza fiscale. Né risulta chiaro, dal dettato della disposizione, se il Legislatore ha inteso estendere l’aggravante a tutti i compartecipi ovvero solo al professionista/interme-diario che abbia elaborato i modelli seriali di evasione, espressione, a sua volta, tutt’ancora da definirsi.[20] Anche in tal caso vengono in rilievo gli isti-tuti volti alla definizione agevolata del rapporto impositivo: l’accertamento con adesione, la rinun-cia all’impugnazione e la conciliazione giudiziale di cui si è discusso sopra. Peraltro, il mancato richia-mo, al comma 1, al ravvedimento operoso non pare costituire una causa ostativa alla sua utilizzabilità, considerandosi che l’istituto può operare quale cau-sa di esclusione della punibilità, tenuto conto altresì dell’ampiezza e genericità dell’espressione utilizzata nella disposizione in esame che richiede l’estinzione del debito mediante pagamento elencando, senza esaustività, le modalità. Si veda sul punto Amadeo Roberta, op. cit., pagina 341.[21] Si evidenzia che la disposizione limita-tiva dell’accesso al patteggiamento è stata introdotta (nell’ambito del previgente articolo 13, al comma 2-bis), con il D.L. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011, ed a seguito del-la sua introduzione è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale per irragionevole disparità di trattamento tra soggetti imputati dello stesso rea-to, a seconda delle rispettive condizioni economiche (in relazione all’articolo 3 della Carta Costituzionale) e per limitazione del diritto di difesa dell’imputato non abbiente che vedrebbe precluso l’accesso al rito speciale esclusivamente per motivi legati alla propria condizione di impossidenza (in relazione all’articolo 24 della Costituzione). La Corte Costituzionale, con Sentenza 28 maggio 2015, n. 95, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale del previgente articolo 13, comma 2-bis, sottolineando, mediante rinvio a precedenti pronunce, come rien-tri nella discrezionalità del Legislatore, riconnettere al titolo del reato, e non soltanto al livello della pena edittale, un trattamento più rigoroso per l’accesso al rito alternativo: l’esercizio di tale discrezionalità – in quanto basato su apprezzamenti di politica criminale, connessi specialmente all’allarme socia-le generato dai singoli reati – sarebbe sindacabile solo ove si trasformi in manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, come avviene quando le scelte ope-rate determinino inaccettabili sperequazioni tra figure criminose omogenee. Nell’occasione, la Corte ha ribadito che “qualunque norma che imponga one-ri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini risulta diversamente utilizzabile a seconda delle condi-zioni economiche dei soggetti interessati a conseguirli. Non per questo solo, tuttavia, essa è costituzionalmente illegittima. Ciò avviene esclusivamente in due ipotesi: da un lato, quando ne risulti compromesso l’esercizio di un diritto che la Costituzione garantisce a tutti paritaria-mente (quale il diritto di azione e difesa in giudizio, […]); dall’altro, quando gli oneri imposti non risultino giu-

stificati da ragioni connesse a circostanze obiettive, così da determinare irragionevoli situazioni di vantag-gio o svantaggio”. Inoltre, aggiunge la Corte, l’onere patrimoniale imposto risulta giustificato da ragioni obiettive, ossia dal generale interesse alla eliminazio-ne delle conseguenze dannose del reato, anche per il valore sintomatico del ravvedimento del reo, oltre che dallo specifico interesse alla integrale riscossio-ne dei tributi. Sul tema del patteggiamento nei reati fiscali si veda anche Corte Costituzionale, Ordinanza n. 225 del 5 novembre 2015 con la quale è stata ordi-nata la restituzione degli atti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale Ordinario di Torino che aveva sollevato la questione di legittimità costitu-zionale della medesima disposizione in riferimento a numerosi parametri, per una rinnovata valutazione in ordine alla rilevanza della questione alla luce dell’in-tervenuto Decreto n. 158/2015 di modifica del sistema sanzionatorio anche in riferimento alla nor-ma sottoposta a scrutinio.[22] La Relazione illustrativa presenta l’articolo 10 D.Lgs. n. 158/2015 come avente carattere solo in parte innovativo, limitandosi a fornire una collo-cazione normativa più adeguata alla disposizione “extravagante” in tema di confisca obbligatoria per i delitti tributari. Per un confronto tra la disposizione previgente e la previsione della novella dell’artico-lo 12-bis si veda Sanvito Corrado, La nuova confisca obbligatoria in caso di reati tributari trova colloca-zione sistematica, Il Fisco, n. 32/2015, pagine 3143 e seguenti.[23] Cfr. Cass., Sez. Pen., 3 dicembre 2012, n. 46726 la quale poi epiloga sancendo che “il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca, darebbe luo-go ad un’inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio che l’espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato […]. Discende da ciò che il mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle imposte evase a favore dell’Amministrazione finanzia-ria con corrispondente diminuito del patrimonio personale del contribuente, momento superato il quale non ha più ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo”. Sul punto si veda il commento di Iorio Antonio/Mec-ca Sara, op. cit., pagine 591 e seguenti. Sul carattere preminentemente sanzionatorio della confisca per equivalente si veda anche Cass. Sez. V, 16 gennaio 2004, n. 15445 e SS.UU., 25 ottobre 2005, n. 41936.[24] Si veda Tassani Thomas, La “nuova” confisca tributaria, Il Fisco, n. 43/2015, pagina 4130 secon-do cui “il requisito normativo si realizzi nell’ambito degli esistenti moduli procedimentali e processuali, dai qua-li emerga, in relazione al debito d’imposta accertato o in via di accertamento, l’impegno giuridicamente qualifica-to, sulla base di definizioni consensuali o comportamenti concludenti”, venendo in considerazione in primo luogo le fattispecie di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale e di transazione fiscale nelle quali l’impegno del contribuente risulta dalla defini-zione concordata con l’Amministrazione finanziaria. Nello stesso senso Santoriello Ciro/Perini Andrea,

op. cit., pagina 54, secondo cui “Quanto alla definizio-ne della nozione di impegno del contribuente, […], non pare possa prescindersi dalla presentazione da parte dell’indagato di una formale istanza diretta tanto al giu-dice che all’Amministrazione finanziaria, con la quale per l’appunto palesi tale sua intenzione. In particolare, pre-sumibilmente dovrà richiedersi che il contribuente faccia ricorso alle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie produ-cendo davanti all’autorità giudiziaria l’accordo in quella sede raggiunto, mentre non sarà sufficiente un impegno unilateralmente assunto dal privato” (in proposito, cfr. Procura della Repubblica di Trento, Circolare del 7 ottobre 2015).[25] Per una più completa disamina dei profili problematici della novella legislativa in questione si rinvia a Amato Giuseppe, L’estinzione del debi-to impedirà di applicare la misura ablativa, Guida al Diritto, n. 46 del 14 novembre 2015, pagine 72 e seguenti; Amato Giuseppe, Il semplice accordo non fa venire meno le ragioni del sequestro, ibidem, pagi-na 76 e seguenti; Delsignore Stefano, La riforma dei reati tributari, Le novità del D.Lgs. n. 158/2015, pagine 283 e seguenti; Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, op. cit. In generale sull’istituto della confisca tributaria, si veda Tassani Thomas, Confisca e recupero dell’imposta evasa: profili procedimentali e processuali, Rasse-gna Tributaria, n. 6/2015, pagine 1385 e seguenti; Santoriello Ciro/Perini Andrea, op. cit., pagine 49 e seguenti.[26] Cfr. articolo 5 del Trattato sull’Unione europea, in base al quale il principio di proporzionalità assurge a criterio-guida nell’azione delle istituzioni europee.[27] Il rispetto del principio del ne bis in idem, cioè del diritto di non essere perseguito o condanna-to due volte per lo stesso reato è disciplinato, in maniera sostanzialmente analoga, a livello di fonti sovranazionali, dall’articolo 4 del Protocollo 7 della Corte europea dei diritti dell’uomo (di seguito CEDU), e dall’articolo 50 della Carta dei Diritti Fondamenta-li dell’Unione Europea (di seguito CDFUE), nonché, nell’ordinamento italiano, dall’articolo 649 c.p.p. Per una esposizione puntuale del principio, si veda-no Astarita Silvia, (voce) Ne bis in idem, Digesto, Sez. pen., Torino 2008; Rafaraci Tommaso, (voce) Ne bis in idem, Enc. Dir., Annali, Vol. III, Milano 2010, pagina 857. Benché il divieto del ne bis in idem sia formulato pressoché analogamente in tutte le disposizioni richiamate, differente è il rango (e con-seguentemente il grado di cogenza) assunto dalle fonti testé menzionate nell’ordinamento domesti-co, in quanto la norma dell’articolo 4 del Protocollo 7 CEDU si pone, secondo quanto riconosciuto dalle sentenze “gemelle” della Consulta n. 348 e 349 del 2007, quale norma costituzionalmente interposta, ai sensi dell’articolo 117, comma 1 della Costituzio-ne, con conseguente obbligo di rimessione degli atti al Giudice delle leggi da parte del giudice a quo qua-lora ravvisi un contrasto con la disciplina domestica; al contrario, qualora venga invocato il principio del

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ne bis in idem di cui all’articolo 50 CDFUE, il giudice potrà disapplicare direttamente la norma dell’ordi-namento interno che ritiene incompatibile con il diritto dell’Unione europea. In ultimo, sul punto, vi è da segnalare il tentativo, effettuato di recente dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2015, di limitare il grado di permeabilità dell’ordina-mento domestico ai princìpi della CEDU, in quanto, a dire dei Giudici di legittimità, il giudice a quo, prima di sollevare la questione di legittimità costi-tuzionale per violazione dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione, dovrebbe verificare che il principio invocato sia parte del “diritto consolidato” generato dalla giurisprudenza europea e, solo in caso di risposta affermativa, procedere alla rimessione degli atti all’esame della Consulta. Cfr. Corte Cost., 26 marzo 2015, n. 49. Per un commento si veda Viganò Francesco, La Consulta e la tela di Penelope, Osser-vazioni a primissima lettura su C. cost., sentenza del 26 marzo 2015, n. 49, in materia di confisca di terreni abusivamente lottizzati e proscioglimento per pre-scrizione, Diritto penale cont., 30 marzo 2015.[28] Così la Relazione Illustrativa del D.Lgs. n. 158/2015. Il riferimento al principio di specialità impone quan-tomeno di farvi brevemente cenno. Il principio in parola, quale criterio regolatore dei rapporti tra reato tributario e illecito amministrativo, è disci-plinato, nell’ambito del Decreto sui reati tributari, all’articolo 19, in forza del quale quando uno stesso fatto è punito da una disposizione che prevede una sanzione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica esclusiva-mente la disposizione speciale. D’altro canto, sotto il profilo procedimentale, la successiva disposizio-ne di cui all’articolo 20 prevede la separazione del procedimento penale da quello amministrativo, non essendo consentito che uno dei due possa essere sospeso in attesa della definizione dell’altro. Di poi, l’articolo 21, nel presupposto che la fattispe-cie penale sia sempre speciale e che l’accertamento in ordine alla sussistenza o meno di tale specialità competa esclusivamente al giudice penale, dispone che l’Amministrazione finanziaria proceda comun-que all’irrogazione della sanzione amministrativa relativa alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato, sebbene essa non sia eseguibile nei confronti dell’autore della violazione, salvo che il procedimento penale si definisca con provvedi-mento di archiviazione o con sentenza irrevocabile di assoluzione o proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto. Sempre con riguardo al principio di specialità, la stessa Corte di Strasburgo ne ha riconosciuto la valenza quale cri-terio regolatore del concorso apparente di norme. Cfr. CEDU, sentenza del 29 maggio 2001, Fischer c. Austria. In proposito, Giovannini Alessandro/Murciano Luigi P., Il principio del “ne bis in idem” sostanziale impedisce la doppia sanzione per la medesima condotta, Corriere Tributario, n. 20/2014, pagina 1548 evidenziano che “La ratio di questa impostazione è evidente: impedire che una

scelta non fondata del «capo d’imputazione», perché non coronata da successo processuale, possa poi crea-re dei vuoti di reazione, tali da garantire, nei fatti, spazi d’impunità. Tale preoccupazione emerge dalla stessa Relazione ministeriale al D.lgs. n. 74/2000. Essa finisce, però, per determinare una sicura violazione del princi-pio sancito dall’articolo 4 del protocollo 7 della CEDU e ribadito dall’articolo 50 del Trattato dei diritti fonda-mentali dell’Unione Europea, per lo meno nei termini in cui quel principio è stato adesso interpretato dai giudi-ci di Lussemburgo e Strasburgo; e finisce per elidere, in realtà, proprio il principio del ne bis in idem sostanziale, del quale, invece, sembrerebbe a prima vista costitui-re declinazione”. In ultimo, mette conto rilevare che il principio di specialità e il divieto del ne bis in idem operano su piani differenti. Difatti, sulla scorta del principio di specialità, in presenza di un concorso tra sanzione amministrativa tributaria e penale, trove-rà applicazione quest’ultima, in quanto la sanzione penale include elementi maggiormente caratte-rizzanti la fattispecie sanzionata; diversamente, il principio espresso dalla CEDU è bidirezionale, tro-vando applicazione tanto nel caso di sanzione amministrativa precedente a quella penale quanto nel caso inverso.[29] Non sono invero poche le pronunce rese, di recente, sul principio del ne bis in idem dai giudici di Stra-sburgo. Cfr. CEDU, sentenza del 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia (la controversia in questione non atteneva al diritto tributario, bensì alla materia dell’intermediazione finanziaria); successivamente la Corte ha affermato princìpi identici anche per la materia tributaria: cfr. Nykänen c. Finlandia, 20 maggio 2014; Glantz c. Finlandia, 20 maggio 2014; Häkkä c. Finlandia, 20 maggio 2014; Pirttimäki c. Finlandia, 20 maggio 2014; Lucky Dev c. Svezia, 27 novembre 2014; Rinas c. Finlandia, 27 gennaio 2015; Kiiveri c. Finlandia, 10 febbraio 2015; Osterlund c. Finlandia, 10 febbraio 2015. Innumerevoli i com-menti succedutisi in dottrina. Tra i tanti contributi, si segnalano Zaccone Cesare/Romano Francesca, Il concorso tra sanzioni penali e sanzioni amministra-tive: le fattispecie di cui agli artt. 185 e 187 ter, TUF alla luce di una recente sentenza della Corte di Strasburgo, Riv. Dir. Trib., n. 4/2014, pagina 147 e seguenti; Cesari Guglielmo, Illecito penale e tri-butario. Il principio del ne bis in idem alla luce della più recente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e di Cassazione, Riv. Dir. Trib., n. 5/2014, pagina 74 e seguenti; Poddighe Andrea, Il divieto del ne bis in idem tra procedimento pena-le e procedimento tributario secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: il caso Nykänen v. Finland e le possibili ripercussioni sul sistema repres-sivo tributario interno, Riv. Dir. Trib., n. 7-8/2014, pagina 104 e seguenti; Sacchetto Claudio, Sanzioni tributarie e CEDU, Rassegna Tributaria, n. 2/2015, pagina 483 e seguenti; Giovannini Alessandro, Il ne bis in idem per la Corte EDU e il sistema sanzio-natorio tributario domestico, Rassegna Tributaria, n. 5/2014, pagina 1152 e seguenti; Giovannini Ales-

sandro/Murciano Luigi P., op. cit., pagina 1548 e seguenti; Palasciano Alessandro, Il doppio binario penale-tributario: dalle pronunce CEDU alla Corte di Cassazione, Il Fisco, n. 46/2014, pagina 4544 e seguenti; Caraccioli Ivo, La progressiva assimila-zione tra sanzioni penali ed amministrative, Il Fisco, n. 24/2014, pagina 2374 e seguenti; Sturla Maria Teresa, Il ne bis in idem tra Corte EU e Corte Costitu-zionale, Giur. It., n. 8/2015, pagina 2006 e seguenti; Vinciguerra Giulio, Il principio del ne bis in idem nella giurisprudenza della Corte EDU, Diritto Pra-tica Tributaria, n. 2/2015, pagina 282 e seguenti; Flick Giovanni Maria, Cumulo tra sanzioni penali e amministrative: doppio binario o binario morto?, Rivista Societaria, 2014, pagina 953 e seguenti; Flick Giovanni Maria, Reati fiscali, principio di legalità e ne bis in idem: variazioni italiane su un tema euro-peo, Rassegna Tributaria, n. 5/2014, pagina 939 e seguenti; Antonini Pierluigi, Ne bis in idem e omesso versamento di ritenute: un’occasione persa per la Cassazione, Corriere Tributario, n. 28/2015, pagina 2197 e seguenti. Peraltro, anche la Corte di Giusti-zia dell’Unione europea (di seguito CGUE) ha avuto modo di pronunciarsi con riguardo al divieto del ne bis in idem. Cfr. CGUE, sentenza del 26 febbraio 2013, C-617/10, Åkerberg Fransson. Per un commento della sentenza si veda Di Federico Giacomo, La pos-sibilità di cumulare sanzioni penale e fiscali ai sensi dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Rassegna Tributaria, n. 5/2013, pagina 1185 e seguenti, nonché Dorigo Stefano, Il rapporto tra sanzione tributaria e sanzione penale secondo la Corte di Giustizia e i possibili effetti sull’or-dinamento italiano, Riv. Dir. Trib., n. 7-8/2013, pagina 204 e seguenti.[30] Per stabilire se ci si trovi dinnanzi ad una san-zione avente carattere penale, la CEDU ha da tempo elaborato tre criteri, i cosiddetti “criteri Engel”, dal nome della pronuncia che costituisce il leading case in materia (cfr. CEDU, sentenza dell’8 giugno 1976, Engel e altri c. Olanda), ossia 1) la qualificazione attribuita all’illecito dal diritto interno, 2) la natu-ra dell’illecito, nonché 3) la natura e gravità della sanzione. Con ogni evidenza, l’approccio adottato dalla CEDU è di tipo sostanzialistico e si fonda sulla natura afflittiva o meno delle sanzioni comminate. L’interpretazione dell’aggettivo “penale” alla luce dei criteri sostanziali elaborati dalla CEDU è stata, peraltro, recepita anche dalla stessa giurispruden-za della Corte Costituzionale, secondo cui “tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione pena-le in senso stretto” (cfr. Corte Cost., sentenza del 26 maggio 2010, n. 196). Ebbene, l’attuale sistema san-zionatorio tributario italiano, a seguito della riforma realizzata nel biennio 1996-1997, risulta modella-to sulla scorta di princìpi penalistici (si pensi, a mero titolo esemplificativo, al principio di legalità della pena, alla previsione della personalità della sanzione, alla concettualizzazione del favor rei, alla modalità con cui sono disciplinati gli stati soggettivi, le cause

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di esclusione, la disciplina del concorso nel reato, alla previsione della non trasmissibilità della sanzio-ne agli eredi) di talché è incontrovertibile la natura “penale” delle sanzioni da esso previste. In ordine alla natura del sistema sanzionatorio amministrativo tributario, valgano per tutti le considerazioni di Del Federico Lorenzo, Introduzione alla riforma delle sanzioni amministrative tributarie: i princìpi sostan-ziali del D.lgs. n. 472/1997, Riv. Dir. Trib., n. 1/1999, pagina 107 e seguenti; Batistoni Ferrara Franco, Principio di personalità, elemento soggetti-vo e responsabilità del contribuente, Diritto Pratica Tributaria, n. 1/1999, pagina 1509 e seguen-ti; Giovannini Alessandro, Sui princìpi del nuovo sistema sanzionatorio non penale in materia tribu-taria, Diritto Pratica Tributaria, 1997, pagina 1196 e seguenti; Marongiu Gianni, Le sanzioni amministra-tive tributarie, Riv. Dir. Trib., n. 1/2004, pagina 374 e seguenti. Nemmeno risulta sufficientemente deli-neata, sulla scorta dei criteri individuati dalla CEDU, la distinzione operata dall’ordinamento domestico tra le fattispecie punite in via amministrativa e quel-le che assumono rilievo a livello penale, in ordine al requisito dell’identità del fatto, circostanza dirimen-te ai fini dell’applicabilità del divieto del ne bis in idem. Al proposito, la CEDU riconosce che ciò che importa non è il tipo legale, bensì l’identità materiale e natura-listica del fatto assunto a presupposto della sanzione. Poco importa dunque che le fattispecie sanzionatorie amministrative tributarie e penali si differenzino sul piano della tipicità. Ciò che conta, per ritenere violato il divieto, è che l’effetto si risolva nella doppia punizio-ne del medesimo fatto concreto (cfr. CEDU, sentenza del 10 febbraio 2009, Zolotukhin c. Russia).[31] Cfr. Cass. Pen., Sez. V, ord. 15 gennaio 2015, n. 1782. Per un commento si veda Sturla Maria Tere-sa, op. cit., pagina 2006 e seguenti; Cass. Pen., Sez. V, ord. 21 gennaio 2015, n. 950. Per un commento si veda Marcheselli Alberto, Alla Consulta il doppio binario nelle sanzioni tributarie e finanziarie, Ipsoa quotidiano, 23 gennaio 2015.[32] Per quanto riguarda la questione rimessa alla Corte Costituzionale dal Tribunale di Bologna, Sez. I, Pen., con l’ordinanza del 21 aprile 2015 – ove era stata dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’articolo 117, comma 1, della Costi-tuzione, in relazione all’articolo 4 del Protocollo 7 CEDU, nonché dell’articolo 649 c.p.p., in relazione all’articolo 10-ter D.Lgs. n. 74/2000, nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui all’impu-tato sia già stata comminata, per il medesimo fatto nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione alla quale debba riconoscersi natura pena-le ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli – si ha notizia, per mezzo della stampa (Il Sole 24 Ore del 9 marzo 2016), della circostanza che la Corte Costitu-zionale abbia restituito gli atti al giudice rimettente “per sopravvenute modifiche legislative”, per cui la Corte non si sarebbe pronunciata nel merito dei

rilievi sollevati dal Tribunale, il quale dovrà verificare se la questione è ancora rilevante dopo le modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 158/2015 che ha rivisto al rialzo le soglie del reato. Al momento in cui si scrive non sono ancora disponibili le motivazioni. Per un commento della predetta ordinanza di rimessione, si rimanda a Caianiello Michele, Ne bis in idem e illeciti tributari per omesso versamento dell’Iva: il rinvio del-la questione alla Corte costituzionale, Diritto penale contemporaneo, 18 maggio 2015.[33] Cfr. Trib. Bergamo, ord. 16 settembre 2015. Per un commento si veda Centore Paolo, “Ne bis in idem” e sanzioni fiscali: una rivoluzione cultu-rale prima che giuridica, Riv. Giur. Trib., n. 1/2016, pagina 80 e seguenti; Giovannini Alessandro, Le sanzioni per omesso versamento dell’Iva davanti alla Corte di Giustizia, Corriere Tributario, n. 6/2016, pagina 439 e seguenti; Viganò Francesco, Ne bis in idem e omesso versamento dell’IVA: la parola alla Corte di giustizia, Diritto penale contemporaneo, 28 settembre 2015; Trib. Santa Maria Capua a Vetere, 11 maggio 2015. Mette conto altresì evidenziare che, a fronte di una precedente ordinanza di rinvio, formulata dal Tribunale di Torino (Trib. Torino, Sez. Pen., 27 ottobre 2014), in tema di omesso versa-mento delle ritenute d’imposta (articolo 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 e articolo 13 D.Lgs. n. 471/1997) la CGUE ha dichiarato la propria incompetenza, avendo cura di precisare come la questione portata alla sua atten-zione “concerna l’applicazione di disposizioni di diritto italiano […] in un contesto che non presenta alcun nes-so con il diritto dell’Unione”. Cfr. CGUE, ord. 15 aprile 2015, C-497/14, Burzio. Per un commento sulla sentenza di non liquet, si veda Mazza Oliviero, L’in-sostenibile convivenza fra ne bis in idem europeo e doppio binario sanzionatorio per i reati tributari, Ras-segna Tributaria, n. 4/2015, pagina 1033 e seguenti, nonché Scoletta Marco, Omesso versamento delle ritenute d’imposta e violazione del ne bis in idem: la Corte di Giustizia dichiara la propria incompetenza, Diritto penale contemporaneo, 8 maggio 2015.[34] Cfr. Trib. Asti, Sez. Pen., 7 maggio 2015, n. 717, secondo cui “entrambe le soluzioni adottate – que-stione di legittimità costituzionale da un lato e rinvio pregiudiziale dall’altro – non appaiono pienamente sod-disfacenti”, nulla ostando “ad una applicazione diretta dell’articolo 649 c.p.p. al di là dei limiti apparentemente segnati dal suo tenore letterale”.[35] Cfr. Cass. Pen., Sez. III, sentenza del 15 maggio 2014, n. 20266, in tema di omesso versamento del-le ritenute d’acconto; Cass. Pen., Sez. III, 1. ottobre 2014, n. 40526, anch’essa con riguardo all’omesso versamento delle ritenute d’acconto; Cass., 12 mar-zo 2015, n. 10475, anch’essa con riguardo all’omesso versamento delle ritenute d’acconto. Per un com-mento si veda Bossi Claudio, Omesso versamento delle ritenute d’acconto: la Cassazione esercita il “power to overulling”, Diritto penale contemporaneo, 13 marzo 2015; Cass. Pen., Sez. III, 20 luglio 2015, n. 31378, con riguardo all’ipotesi di omesso versa-mento delle ritenute previdenziali per i lavoratori

dipendenti. Per un commento si veda Valsecchi Alfio, Per la Cassazione non viola il divieto di bis in idem la previsione di un doppio binario sanzionatorio per l’o-messo versamento di ritenute previdenziali, Diritto penale contemporaneo, 21 settembre 2015.[36] Con riferimento alla cosiddetta “teoria del-la progressione illecita” si vedano Cass., Sez. Un., 28 marzo 2013, n. 37424 e 37425, avente ad oggetto le previsioni sanzionatorie di cui all’articolo 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 e all’articolo 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997.[37] Sul punto si veda Cociani Simone Francesco, Sul divieto di cumulo tra sanzioni penali e sanzioni amministrative in materia tributaria, Riv. Dir. Trib., n. 5/2015, pagine 405 e seguenti. Nel senso di ritene-re non superato il problema del ne bis in idem anche alla luce delle nuove disposizioni di cui agli articoli 13 e 13-bis, si veda anche Centore Paolo, op. cit., nota n. 8, pagina 82.[38] CEDU, sentenza del 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia.[39] CEDU, sentenza del 20 maggio 2014, Nykänen c. Finlandia.[40] Tale auspicio è stato formulato, di recente, da Giovannini Alessandro, La serietà delle sanzioni e la riforma mancata, Corriere Tributario, n. 9/2016, pagina 687 e seguenti.

33Diritto tributario italianoL’impugnabilità dei provvedimenti di diniego delle istanze di autotutela

Rigetto dell’istanza di autotutela per il diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate alla richiesta di ampliamento di un piano di rateizzazione

1.IntroduzioneLa sentenza n. 574/5/15 della Commissione Tributaria Provinciale (di seguito CTP) di Bologna, oggetto di un com-mento in questo articolo, tratta del ricorso presentato da un contribuente avverso il diniego opposto dalla Direzione Regionale dell’Emilia Romagna alla richiesta – redatta come istanza di autotutela ai sensi degli articoli 1 e 2, lettera b del Decreto Ministeriale (di seguito D.M.) dell’11 febbraio 1997, n. 37 – di ripartizione di somme dovute, ex articolo 1, comma 4 del Decreto Legge (di seguito D.L.) n. 16/2012, che così recita: “Al fine di una più equilibrata riscossione dei loro crediti di natura patri-moniale, gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettive difficoltà economiche, ancorché intercorra contenzioso con lo stesso ovvero lo stesso già fruisca di una rateizzazione, riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili”.

In detta pronuncia, in primo luogo, il Collegio sostiene che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile adducendo che una non meglio richiamata “giurisprudenza di diritto ormai consolidata chiarisce che sono atti impugnabili quelli che contengono una esplicita pretesa tributaria ovvero inviti generali al pagamento di tributi ormai divenuti definitivi”.

2.L’impugnabilità del provvedimento di diniegoIn realtà così non è, essendo il provvedimento di diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate, pacificamente e incontestabilmente atto autonomamente impugnabile anche solo per vizi propri, a norma del combinato disposto degli articoli 2, comma 1 e 19, comma 1, lettera h del Decreto Legislativo (di seguito D.Lgs.) n. 546/1992.

È infatti un dato oramai pacifico che l’elencazione degli atti indicati nel citato articolo 19 non è esaustiva, ma meramente esemplificativa (a conferma di ciò si richiama la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, che ha riconosciuto l’impugnabilità dei provvedimenti non espres-samente enucleati nel primo comma dell’articolo 19 D.Lgs. n. 546/1992, non avendo, l’elencazione di cui all’articolo 19 D.Lgs. n. 546/1992, natura tassativa).

In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione[1] hanno affermato che il Giudice tributario, a seguito dell’attribuzione da parte dell’articolo 12, comma 2 della Legge (di seguito L.) n. 448/2001 della giurisdizione su tutte le controversie in materia tributaria, ha giurisdizione anche sugli atti relativi all’esercizio dell’autotutela, in quanto comunque incidenti sul rapporto obbligatorio tributario, senza che, in senso contrario, rilevi la natura discrezionale dell’esercizio del potere di autotutela.

È altrettanto pacifico che il legislatore ha previsto l’autonoma impugnabilità anche di quegli atti che non hanno una natura propriamente impositiva (per esempio iscrizioni di ipoteca, atti relativi alle operazioni catastali, dinieghi o revoche di agevola-zione e rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari).

A riprova, in più occasioni, sia la giurisprudenza di merito[2], sia la Suprema Corte di Cassazione[3] hanno riconosciuto anche l’impugnabilità di quei dinieghi di rateizzazione di somme da parte dell’Agente della riscossione, visto che: “la domanda di rateizzazione implica una questione sulla spettanza o meno di un’agevolazione attinente alla fase della riscossione precedente a quella dell’esecuzione vera e propria: Sicché anche l’impugnazione del diniego di rateazione di un debito per imposte o tasse introduce una

Emilio de SantisDottore Commercialista e Revisore contabileStudio de Santis, Bologna

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controversia di carattere tributario devoluta, come le altre in materia, alla giurisdizione delle Commissioni Provinciali e Regionali (Ordinanza n. 20781 del 2010)”.

Non convince pertanto la sentenza che ha negato l’impugnabi-lità del diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate alla richiesta di ampliamento dei piani di rateizzazione, formulata dal con-tribuente ai sensi e per effetto dell’articolo 1, comma 4 D.L. n. 16/2012, convertito in L. n. 44/2012.

A parte la confusione operata tra la “comunicazione” dell’Ufficio e la “istanza” del contribuente (che rende incomprensibile il senso dell’argomentazione dei giudici[4]), la domanda di ampliamento dei piani di rateizzazione formulata ai sensi del citato articolo, implica una questione sulla spettanza o meno di un’agevolazione attinente alla fase della riscossione precedente a quella dell’esecuzione vera e propria e, come tale, pare essere impugnabile dinanzi le CTP essendo riferibile, in specie, al diniego di agevolazione richiamato alla lettera h dell’articolo 19 D.Lgs. n. 546/1992.

3.La competenza della Direzione RegionaleI giudici di primo grado proseguono affermando che: “Si evi-denzia infine che parte ricorrente ha impugnato una comunicazione della Direzione Regionale emessa in risposta ad una richiesta del contribuente sulla quale la suddetta Direzione non ha alcuna com-petenza in merito essendo questa di competenza della Direzione Provinciale il cui provvedimento di diniego emesso non è stato impugnato”.

Circa la “competenza” della Direzione Regionale a trattare la richiesta di ampliamento dei piani di rateizzazione, agli atti risulta che, nel provvedimento impugnato, non si sollevava alcun difetto di legittimazione passiva, né si eccepiva alcun difetto di competenza, ciò per cui appare ultronea la decisione resa dai giudici di prime cure; pare inoltre pacifico che le attri-buzioni e le funzioni di un organo della stessa Amministrazione, gerarchicamente superiore, se non espressamente vietato dalla legge, possono estendersi e sostituirsi, in caso di inerzia, all’organo inferiore senza che ciò possa configurare incompe-tenza e/o eccesso di potere, così come previsto e disciplinato dall’articolo 2, comma 9-bis L. n. 241/1990.

Nel caso specifico, la Direzione Provinciale ha omesso di pronunciarsi sull’istanza di ampliamento dei piani di rateiz-zazione, configurando così quel trasferimento di attribuzioni in capo all’organo superiore, che, nel caso specifico, non è escluso dal legislatore tributario.

4.L’interesse generaleVa inoltre osservato che il diniego di autotutela rientra tra gli atti impugnabili richiamati dall’articolo 19 D.Lgs. n. 546/1992[5].

In tali decisioni, i giudici di legittimità hanno altresì precisato che l’impugnazione del diniego di autotutela deve concernere: “profili di legittimità del rifiuto e non contestare la fondatezza della pretesa tributaria”.

Secondo i giudici di legittimità, quindi, nel ricorso avverso l’atto di diniego di autotutela, il contribuente deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto.

Nella fattispecie in esame, – a prescindere dal fatto che non è presente alcun atto impositivo divenuto definitivo (tenuto conto che il contribuente ha fatto solo una richiesta di “amplia-mento” di rateizzazione di somme, ai sensi e per effetto del “nuovo” disposto normativo di cui all’articolo 1, comma 4 D.L. n. 16/2012, convertito in L. n. 44/2012) – parrebbe ravvisabile proprio la violazione di un interesse di rilevanza generale, visto che l’Amministrazione finanziaria, non pronunciandosi, ha omesso di dare applicazione ad una norma di legge, nella quale il contribuente, ricorrendone tutti presupposti soggettivi ed oggettivi, aveva fatto affidamento.

L’immotivata disapplicazione di una norma di legge si configura senz’altro quale questione di legittimità e di rilevanza generale, ciò per cui, l’atto di diniego è impugnabile e, come tale, soggetto ad annullamento giudiziale.

5.La “rimodulazione” in rate costanti o variabili (articolo 1, comma 4 D.L. n. 16/2012)La pronuncia in esame, neanche coglie nel segno laddove ancora motiva il rigetto affermando che “la dilazione di pagamento, così come ulteriormente richiesta (articolo 19 Decreto del Presidente della Repubblica 602/73; 72 rate mensili prorogabili di ulteriori 72 rate mensili), trova applicazione solo in relazione ai debiti tributari oggetto di iscrizione a ruolo o comunque oggetto di affidamento in carico all’A-gente della riscossione”.

In realtà agli atti risulta che il contribuente non ha mai fatto richiesta di applicazione al suo caso del dispositivo di tale articolo, né lo ha mai diversamente interpretato. Appare infatti che esso sia stato richiamato nel suo ricorso a mero titolo di esempio, per invocare una più ampia rateizzazione di quella in corso con l’Agenzia delle Entrate (come anche correttamente rilevato dal Garante del Contribuente per l’Emilia Romagna nelle Risoluzioni n. 1925 del 7 ottobre 2013[6] e n. 2155 del 18 dicembre 2014[7]).

35Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Alla luce di ciò non si può quindi condividere il precedente passaggio: “[…] siamo in presenza di una istanza che ha per oggetto l’ampliamento dei piani di rateizzazione in corso per i quali già si usufru-isce del beneficio massimo consentito”.Infatti la chiara ed inequivocabile espressione del testo di legge (articolo 1, comma 4 D.L. n. 16/2012) non lascia adito a nessun dubbio, ovvero, il contribuente può ottenere la “rimo-dulazione” in rate costanti o variabili anche se già usufruisce di una rateizzazione.

L’interesse di rilevanza generale al quale il ricorrente intendeva riferirsi, d’altronde, non è certo sfuggito ai commentatori che ne hanno puntualmente colto l’esistenza[8].

6.La difficoltà economica e la crisi finanziariaDetto ciò, pure le argomentazioni svolte dai giudici di prime cure in merito all’inesistenza dei presupposti comprovanti le situazioni di obiettiva difficoltà economica, desumibile, a detta dei giudici, sulla base dei soli redditi e dei fatturati del contribuente sembrano infondate.

I giudici di primo grado non hanno considerato che le situa-zioni di obiettiva difficoltà economica possono riscontrarsi, anche in presenza di “crisi finanziarie”, dovute a contestuali sca-denze e concomitanti adempimenti di obbligazioni pecuniarie, di qualsivoglia natura[9].

E, nel caso allo studio, dagli atti risulta che il contribuente ha dato la prova e fornito la documentazione in ordine alla sua situazione debitoria, ancorché in presenza di redditi (profes-sionali) rilevanti.

Sorprende, quindi, che la CTP di Bologna non abbia ritenuto di lasciare, sul punto, un diverso e più articolato intervento giurisprudenziale, dato l’acclarato interesse generale al tema sollevato.

Elenco delle fonti fotografiche:http://www.cn24tv.it/public/images/201405/gdf-guardia-di-finanza-30.jpg

[20.05.2016]

https://avvocatonicolaricciardi.files.wordpress.com/2015/07/accertamento-tributario.jpg?w=640 [20.05.2016]

[1] Sentenza del 27 marzo 2007, n. 7388.[2] CTP di Reggio Emilia – Sez. I, n. 560 dell’11 dicembre 2007.[3] Ex plurimis, Cass. Sez. Unite, n. 7612 del 30 marzo 2010; Cass. Sez. Unite, n. 15647 del 1. luglio 2010; Cass. Sez. Unite, n. 5928 del 14 marzo 2011.[4] Tratto dalla sentenza n. 574/5/15 CTP Bolo-gna: “Nel caso in esame siamo in presenza di una comunicazione che non può essere equiparata ad un diniego o revoca di rateazioni ma siamo in presenza di una istanza che ha per oggetto l’ampliamento dei piani di rateizzazione in corso per i quali già si usufruisce del beneficio massimo consentito[…]”.[5] Cass. Sez. Unite, n. 9669 del 23 aprile 2009; Cass. Sez. Trib., n. 10020 del 18 giugno 2012; Cass. Sez. Trib., n. 12863 del 24 maggio 2013.[6] “[…] l’Ufficio aveva ritenuto di trattare la sua istanza come se fosse stata presentata a norma dell’articolo 19 del d.p.r. n. 602 del 1973, mentre egli, citando la norma, aveva inteso fare un esempio per sottolineare le disparità

tra le rateazioni dell’Agenzia e quelle del Concessionario della riscossione […] rileva il Garante che la Direzione Pro-vinciale non formula obiezioni o riserve sull’applicabilità del comma 4 dell’articolo 1 del D.L n. 16 del 2012”.[7] “[…] in nessuna delle due decisioni di rigetto si fa menzione della norma di cui si è chiesta l’applicazione”.[8] Oneglia Fabio/La Candia Ignazio, Nuove regole nella rateazione dei debiti tributari, Bilancio e reddi-to d’impresa, 7/2012, pagina 7; Iorio Antonio, Il Sole 24 Ore del 24 giugno 2013, pagina 1, Norme e Tri-buti, Mossa giusta da applicare già all’avviso bonario; Belli Contarini Edoardo, Il Sole 24 Ore del 3 dicembre 2013, pagina 21, Norme e Tributi, La maxi-dilazione va estesa anche agli atti delle Entrate.[9] Circolare di Equitalia del 27 marzo 2008, al capitolo 3.1. Per qualunque importo venga richiesta la rateazione, dovrà, anzitutto, essere accertata l’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In proposito, sottolineia-mo che – come rappresentato dall’Agenzia delle

Entrate nella Circolare n. 15 del 2000 – la “tem-poranea situazione di obiettiva difficoltà è quella in cui si trova il debitore che è nell’impossibilità di pagare in unica soluzione il debito iscritto a ruolo e, tuttavia, è in grado di sopportare l’onere finanziario derivante dalla ripartizione dello stesso debito in un numero di rate congruo rispetto alle sue condizioni patrimoniali”. Siffatta condizione è da ritenersi sussisten-te, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi: (i) carenza temporanea di liquidità finanziaria; (ii) stato di crisi aziendale dovuto ad eventi di carat-tere transitorio, quali situazioni temporanee di mercato, crisi economiche settoriali o locali, processi di riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale; (iii) trasmissione ere-ditaria dell’obbligazione iscritta a ruolo; (iv) contestuale scadenza di obbligazioni pecuniarie, anche relative al pagamento corrente (in auto-liquidazione) di tributi e contributi; (v) precaria situazione reddituale.

36 Diritto tributario internazionale e dell’UEDividendi in- e outbound alla luce dello scambio automatico d’informazioni

Uno sguardo all’erede dell’articolo 15 AFisR

1.IntroduzioneEra il 1. luglio 2005 quando entrava in vigore l’Accordo tra la Confederazione Svizzera e l’Unione europea (di seguito UE) che stabilisce misure equivalenti a quelle definite nella diret-tiva del Consiglio n. 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (di seguito AFisR).

In un’epoca in cui molte convenzioni contro la doppia impo-sizione (di seguito CDI) prevedevano un’imposta residuale sui dividendi, interessi e canoni, l’articolo 15 AFisR introduceva sostanzialmente delle regole simili alla direttiva n. 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (ora sostituita dalla diret-tiva n. 2011/96/UE del 30 novembre 2011), rispettivamente alla direttiva n. 2003/49/CE concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi.

Nella sostanza, l’AFisR comportava l’abolizione della tassa-zione alla fonte sui dividendi, sugli interessi e sui canoni tra società consociate in modo tale da sopprimere uno svantag-gio concorrenziale di cui soffrivano le società svizzere con filiali o holding nell’UE.

Nonostante siano passati solo dieci anni, l’AFisR ha già fatto il suo tempo. Infatti, in seguito alla crisi europea del debito, la Commissione europea si è impegnata a rivedere la direttiva sulla fiscalità del risparmio per eliminare le scappatoie fiscali. Da un lato, si trattava di estendere il concetto di interessi ad altri strumenti finanziari come, ad esempio, i prodotti struttu-rati a capitale protetto, determinati contratti di assicurazione sulla vita e gli investimenti collettivi di capitale che fino ad allora non erano stati considerati. D’altro lato, bisognava impedire l’elusione della direttiva attraverso l’utilizzo di società e strutture interposte, come ad esempio i trust.

Il 19 marzo 2015 i negoziati si sono conclusi con la parafatura e il 27 maggio 2015 con la firma di un Protocollo che modifica

l’attuale AFisR, il quale introduce lo scambio automatico di informazioni tra le Parti contraenti.

L’Accordo riveduto (Accordo sullo scambio automatico di informazioni con l’UE [di seguito Accordo con l’UE]) com-prende principalmente tre elementi, di cui solo il terzo sarà oggetto del presente contributo:

1) il reciproco scambio automatico di informazioni secondo lo standard globale dell’OCSE;

2) lo scambio di informazioni su richiesta secondo lo standard globale dell’OCSE vigente (articolo 26 Modello di conven-zione fiscale dell’OCSE [di seguito M-OCSE]);

3) una disposizione concernente l’esenzione dall’imposta alla fonte di pagamenti transfrontalieri di dividendi, interessi e canoni tra società consociate.

2.L’articolo 9 Accordo con l’UEL’articolo 9 Accordo con l’UE riprende senza sostanziali modi-fiche l’articolo 15 AFisR[1]. Conformemente al paragrafo 1, i dividendi corrisposti dalle società figlie alle società madri tra gli Stati membri dell’UE e la Svizzera non saranno soggetti a imposizione fiscale nello Stato d’origine allorché:

◆ la società madre detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un minimo di due anni;

◆ nessuna delle due società ha la residenza ai fini fiscali in uno Stato terzo;

◆ nessuna delle due società è esente dall’imposta; e ◆ entrambe le società adottano la forma di una società di

capitali.

Secondo il paragrafo 2 i pagamenti di interessi e di canoni effettuati tra società consociate e le loro stabili organizza-zioni tra gli Stati membri dell’UE e la Svizzera non saranno soggetti a imposizione fiscale nello Stato d’origine allorché:

◆ tali società sono collegate da una partecipazione minima pari al 25% per almeno due anni o sono entrambe dete-nute da una terza società che detiene direttamente almeno il 25% del capitale tanto della prima come della

Matteo Gamboni Esperto fiscale diplomatoSenior Manager TLS,PricewaterhouseCoopers SA, Lugano

37Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

seconda società per un minimo di due anni; ◆ una delle società ha la residenza ai fini fiscali, o una stabile

organizzazione è situata, in uno Stato membro dell’UE e l’altra società ha la residenza ai fini fiscali, o l’altra stabile organizzazione è situata, in Svizzera;

◆ nessuna delle due società ha la residenza ai fini fiscali e nessuna delle stabili organizzazioni è situata in uno Stato terzo;

◆ tutte le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società senza beneficiare di esenzioni, in parti-colare con riguardo ai pagamenti di interessi e di canoni;

◆ ogni società adotta la forma di una società di capitali.

Infine, restano impregiudicate le CDI in vigore tra la Svizzera e gli Stati membri che prevedono un trattamento fiscale più favorevole dei pagamenti di dividendi, interessi e canoni.

3.InterpretazioneL’interpretazione dell’Accordo con l’UE, rispettivamente delle CDI o di altri accordi sui generis non diverge essenzialmente dall’interpretazione delle leggi nazionali, sebbene l’inter-pretazione di un trattato internazionale ha luogo, in primis, riferendosi alle reciproche intenzioni degli Stati contraenti.

Di principio, le espressioni non contemplate né nell’Accordo con l’UE, né negli Allegati I e II, sono da intendere per gli Stati membri dell’UE secondo la direttiva relativa alla cooperazione amministrativa e la legislazione nazionale, se applicabile, mentre per la Svizzera secondo il diritto interno svizzero[2].

In caso di difficoltà relative all’attuazione o all’interpretazione dell’Accordo con l’UE sono previste delle consultazioni. Queste hanno luogo su richiesta di uno Stato membro dell’UE o della Svizzera tra le rispettive autorità competenti (cfr. articolo 7 Accordo con l’UE). Per questioni relative all’interpretazione, la Commissione europea può partecipare alla procedura di consultazione su richiesta di un’autorità competente. La Commissione europea e le altre autorità competenti devono comunque essere informate sull’esito delle consultazioni[3].

Nonostante la sistematica dell’Accordo con l’UE, il summen-zionato articolo 7 (principalmente ispirato dalla necessità di garantire lo scambio automatico di informazioni) si applica anche all’articolo 9 relativo ai pagamenti di dividendi, interessi

e canoni tra imprese. È comunque doveroso osservare che la procedura di consultazione ivi regolata non obbliga gli Stati contraenti a giungere ad un’interpretazione comune[4], anche perché non ci sono delle corti internazionali che offrono un’in-terpretazione legale vincolante[5].

In Svizzera vi è comunque un diffuso consenso affinché simili trattati siano soggetti ad un’interpretazione autonoma rego-lata fondamentalmente dagli articoli 31-33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati[6]. In particolare, la Convenzione di Vienna prescrive che un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo (capoverso 1). Ai fini dell’interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, preambolo e allegati inclusi:

a) ogni accordo relativo al trattato e che sia intervenuto tra tutte le parti in occasione della sua conclusione;

b) ogni strumento disposto da una o più parti in occasione della conclusione del trattato ed accettato dalle altre parti in quanto strumento relativo al trattato (capoverso 2).

Oltre che del contesto si tiene conto:

a) di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l’in-terpretazione del trattato o l’attuazione delle disposizioni in esso contenute;

b) di ogni ulteriore pratica seguita nell’applicazione del trattato con la quale venga accertato l’accordo delle parti relativamente all’interpretazione del trattato;

c) di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applica-bile alle relazioni fra le parti (capoverso 3).

Si ritiene che un termine o un’espressione abbiano un signi-ficato particolare se verrà accertato che tale era l’intenzione delle parti (capoverso 4).

Per quanto attiene la Svizzera, l’interpretazione dell’Accordo con l’UE sarà di pertinenza delle competenti autorità ammi-nistrative, segnatamente dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito AFC), e in ultima istanza dei tribunali: il Tribunale amministrativo federale giudicherà i ricorsi contro le decisioni finali ai sensi dell’articolo 5 della Legge federale sulla procedura amministrativa (PA) rese dall’AFC in materia di imposta preventiva (articolo 33 lettera d della Legge federale sul Tribunale amministrativo federale [di seguito LTAF]); contro le decisioni del Tribunale amministrativo federale può essere interposto ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale (articoli 82 e seguenti, 90 e seguenti e 100 della Legge federale sul Tribunale federale [di seguito LTF]).

Negli Stati membri dell’UE, oltre alle autorità amministrative, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea (di seguito CGUE) è competente per l’interpretazione dell’Accordo con l’UE, sebbene tale competenza sia vincolante solo per gli Stati membri dell’UE, ma non per la Svizzera. È comunque presu-mibile che tali decisioni possano in qualche modo influenzare l’opinione delle autorità e/o dei tribunali svizzeri, com’è stato il caso, per esempio, della decisione Denkavit[7].

38 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

4.Il campo d’applicazione territorialeL’Accordo con l’UE è valido per la Svizzera e per tutti i territori degli Stati membri dell’UE in cui si applica il Trattato sull’UE, rispettivamente l’articolo 355 del Trattato sul funzionamento dell’UE (di seguito TFUE) (articolo 11 Accordo con l’UE)[8], o meglio: il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica Ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato del Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (articolo 52 del Trattato sull’Unione europea [di seguito TUE]), come pure Guadalupa, la Guyana francese, Martinica, la Riunione, Saint Barthélemy, Saint Martin, le Azzorre, Madera, le isole Canarie, le isole Åland come pure Gibilterra (articolo 355 TFUE)[9]. Restano esclusi le Faeröer, le zone di sovranità del Regno Unito di Akrotiri e Dhekelia a Cipro come pure le isole Normanne – tra le quali annoveriamo anche Guernsey e Jersey – e l’isola di Man.

Eventuali nuovi Paesi che dovessero entrare a far parte dell’UE rientrerebbero automaticamente nel campo d’applicazione territoriale dell’Accordo con l’UE. Viceversa, se un Paese uscisse dall’UE, esso uscirebbe anche dal campo d’applicazione territoriale dell’Accordo con l’UE.

5.I dividendi outbound

5.1.La nozione di dividendoIn assenza di una definizione del termine “dividendi” nell’Accordo con l’UE, fa stato la definizione secondo la legislazione dello Stato fonte (articolo 1 capoverso 2 Accordo con l’UE)[10]. Per quanto attiene la Svizzera, il termine dividendi annovera distri-buzioni palesi e occulte di utili, segnatamente ogni prestazione valutabile in denaro corrisposta dalla società ai titolari di diritti di partecipazione, o a terze persone loro vicine, che non ha il carattere di rimborso delle quote di capitale sociale versato esistenti all’atto della prestazione (dividendi, abbuoni, azioni gra-tuite, buoni di partecipazione gratuiti, eccedenze di liquidazione, eccetera) (articolo 21 dell’Ordinanza sull’imposta preventiva [di seguito OIPrev]). Anche le riserve d’apporto di capitale rientrano nel campo d’applicazione dell’Accordo con l’UE, sebbene la loro distribuzione è unilateralmente esentata da qualsiasi ritenuta ai sensi dell’articolo 5 capoverso 1bis della Legge federale sull’impo-sta preventiva (di seguito LIP).

5.2.L’identificazione del destinatario del dividendoNell’ambito dell’articolo 9 Accordo con l’UE, rispettivamente dell’articolo 15 AFisR, è inoltre di particolare rilevanza l’identifica-zione del destinatario della prestazione, soprattutto nell’ambito della corresponsione di prestazioni valutabili in denaro a persone vicine. A parere dell’AFC, la teoria del beneficiario diretto è

applicabile anche nel contesto internazionale[11], secondo cui quale beneficiaria della prestazione viene considerata la persona che ne approfitta in maniera evidente. L’imposta preventiva è quindi da mettere a carico di questa persona (cfr. articolo 14 capoverso 1 LIP) e le premesse per il rimborso dell’imposta pre-ventiva (cfr. articolo 21 e seguenti LIP o le CDI esistenti) devono essere adempiute da quest’ultima[12], ad eccezione dei casi conclamati dove anche l’imposta preventiva applica la teoria del triangolo[13], tra cui annoveriamo anche il trasferimento della sede all’estero e la fusione di emigrazione[14].

Parte della dottrina ammette invece che per le prestazioni valu-tabili in denaro corrisposte tra società sorelle, entrambe detenute dalla medesima società madre con sede nell’UE, quest’ultima sia da considerare quale destinataria della prestazione. Ne discende che nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 15 AFisR (rispetti-vamente delle CDI) dovrebbe trovare applicazione la teoria del triangolo[15].

A parere dell’autore, il testo dell’Accordo con l’UE è sufficiente-mente chiaro affinché solo i dividendi e le prestazioni valutabili in denaro corrisposti alla società madre (e non a una società sorella o nonna) che detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia possano rientrare nel campo d’appli-cazione. Se seguissimo la teoria del triangolo, giungeremmo alla conclusione che delle prestazioni corrisposte a beneficio di una società con sede all’infuori dell’UE o addirittura in un Paese non convenzionato, potrebbero beneficiare dell’Accordo con l’UE se la società svizzera e la società destinataria della prestazione fossero entrambe detenute da una madre con sede nell’UE. Si tratterebbe certamente di un risultato non voluto dall’Accordo con l’UE. In questi casi è unicamente ipotizzabile un recupero parziale dell’imposta in capo alla società destinataria delle pre-stazioni secondo la norma collettrice prevista dall’articolo 10 capoverso 2 lettera b M-OCSE (“in all other cases”) che, di regola, prevede un’imposta residuale del 15%[16].

5.3.La limitazione per le prestazioni valutabili in denaroSebbene l’articolo 9 Accordo con l’UE è applicabile anche per le cosiddette prestazioni valutabili in denaro[17], è opportuno rile-vare che se queste vengono scoperte a posteriori (per esempio durante un controllo), la procedura di notifica sui generis di quanto previsto all’articolo 24 capoverso 1 lettera a OIPrev non è appli-cabile, in quanto ci troviamo in un contesto internazionale[18]. Unicamente le prestazioni valutabili in denaro corrisposte alla società madre e dichiarate entro 30 giorni dalla scadenza tra-mite i moduli 102 e 108 possono beneficiare della procedura di dichiarazione. Caso contrario occorrerà corrispondere l’imposta preventiva e, se le condizioni sono soddisfatte, si potrà procedere all’integrale recupero della stessa in base all’articolo 9 Accordo con l’UE[19].

5.4.La forma giuridica del debitore d’impostaPer rientrare nel campo d’applicazione dell’Accordo con l’UE, il dividendo deve essere corrisposto da una società anonima, da una società a responsabilità limitata oppure da una società in accomandita per azioni (articolo 9 Accordo con l’UE, nota a piè di pagina). Dividendi corrisposti da altre forme giuridiche, quali

39Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

per esempio la società cooperativa, fondi d’investimento, ecce-tera sono esclusi dal campo d’applicazione dell’Accordo con l’UE. In questi casi può eventualmente trovare applicazione una CDI.

6.I dividendi inboundOnde beneficiare dell’Accordo con l’UE, i dividendi inbound devono essere corrisposti da una società di capitali europea.

La definizione di società di capitali differisce in ogni Stato membro dell’UE, pertanto conviene fare riferimento alle direttive europee che regolano il regime fiscale applicabile ai dividendi, o meglio la direttiva n. 90/435/CEE del 23 luglio 1990, modificata dalla direttiva n. 2003/123/CE del 22 dicembre 2003, poi sosti-tuita dalla direttiva n. 2011/96/UE del 20 novembre 2011[20], che include un elenco per ogni singolo Stato. In particolare, per quanto qui rilevante, sono considerate società di capitali le società di diritto italiano denominate “società per azioni”, “società in accomandita per azioni”, “società a responsabilità limitata”, “società cooperative”, “società di mutua assicurazione”, nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale, nonché le società di diritto lussemburghese deno-minate “société anonyme”, “société en commandite par actions”, “société à responsabilité limitée”, “société coopérative”, “société coopérative organisée comme une société anonyme”, “association d’assurances mutuelles”, “association d’épargne-pension”, “entreprise de nature commerciale, industrielle ou minière de l’Etat, des communes, des syndicats de communes, des établissements publics et des autres personnes morales de droit public” e altre società costituite in con-formità della legislazione lussemburghese e soggette all’imposta lussemburghese sulle società[21].

7.La detenzione diretta del 25% per un minimo di due anniOnde beneficiare appieno dell’Accordo con l’UE, la società madre deve detenere direttamente almeno il 25% del capitale (non dei diritti di voto) della società figlia. Questa soglia può essere raggiunta sommando capitale azionario, capitale sociale, buoni di partecipazione, come pure fondi di terzi considerati econo-micamente quale capitale proprio[22]. Purtroppo, nell’ambito della negoziazione dell’Accordo con l’UE, non sono state riprese le modifiche adottate con la direttiva n. 2003/123/CE, ed in particolare la riduzione (progressiva) della soglia di detenzione dal 25% al 10%, così com’è in essere dal 1. gennaio 2009 tra gli Stati membri dell’UE.

Al fine di evitare abusi, l’Accordo con l’UE stabilisce che la società madre deve detenere la società figlia da almeno due anni affin-ché la procedura di dichiarazione sia applicabile. Se questo criterio non è soddisfatto al momento della scadenza del dividendo, l’AFC ammette l’applicazione della prassi “Denkavit”, secondo cui la società svizzera debitrice dell’imposta preventiva può corrispon-dere il dividendo trattenendo unicamente l’imposta residuale prevista dalla CDI[23]. Una volta decorso il termine di due anni, la società destinataria del dividendo potrà reclamare – tramite il modulo 70 – il rimborso dell’imposta residuale trattenuta.

In caso di ristrutturazione a livello d’azionariato, per esempio, in caso di fusione mediante incorporazione, non decorre un nuovo termine di due anni in quanto non siamo confrontati con

un’alienazione, sebbene è necessario aggiornare l’autorizza-zione in quanto la società destinataria dei dividendi non è più la medesima e pertanto occorre verificare che anch’essa adempia a tutte le altre condizioni stabilite dall’articolo 9 Accordo con l’UE. Precauzionalmente e a dipendenza del tipo e delle modalità di ristrutturazione, andrebbero comunque verificate anticipatamente e singolarmente le implicazioni fiscali di una ristrutturazione a livello dell’azionariato.

La detenzione deve inoltre essere diretta, ossia tra la società svizzera e la società madre (o figlia) non devono esserci persone giuridiche o società di persone considerate come un soggetto di diritto indipendente.

Un’applicazione per trasparenza (cosiddetto “look through”) in favore di un azionista indiretto non è ammessa[24], tranne nei casi in cui la detenzione ha luogo per il tramite di una società di persone trasparente[25].

In ogni caso, come evidenziato all’articolo 9 capoverso 3 Accordo con l’UE, restano impregiudicate le CDI in vigore tra la Svizzera e gli Stati membri che prevedono un trattamento fiscale più favorevole dei pagamenti di dividendi, interessi e canoni. Ne discende che ogni società è libera di scegliere se applicare l’Accordo con l’UE o la CDI, se quest’ultima risultasse essere più vantaggiosa. In particolare, molte delle CDI (ri)ne- goziate recentemente prevedono una soglia di detenzione inferiore al 25%.

7.1.La clausola antiabuso per i dividendi outboundAl fine di evitare abusi, l’articolo 9 Accordo con l’UE (come pure l’articolo 15 AFisR) prevede al primo capoverso che è “salva l’ap-plicazione delle disposizioni previste in Svizzera e negli Stati membri al fine della prevenzione delle frodi o degli abusi, sulla base delle legisla-zioni interne o di accordi internazionali”. Il capoverso in questione non introduce un concetto sovrannazionale di abuso, bensì si rifà alle regole domestiche esistenti al momento della distribu-zione del dividendo[26]. Più concretamente, il destinatario della prestazione dev’essere il beneficiario effettivo del dividendo[27]. Questa condizione è implicita in tutti gli accordi[28], in partico-lare nelle CDI, che devono essere prima di tutto intrepretate in funzione del senso ordinario attribuito ai termini utilizzati.

Di regola, il beneficiario è colui che approfitta di un beneficio, di un vantaggio, eccetera, ossia è la persona che può realmente approfittare di una prestazione, e non quella che si limita a riceverla e a trasferirla a una terza persona. Quindi, una società che trasferisce a una terza persona dei dividendi ricevuti senza poterne disporre realmente, non potrà essere considerata come “beneficiaria”. La nozione di beneficiario mira allora, secondo il senso ordinario da attribuire a questo termine, a identificare colui che riceve effettivamente una prestazione e può disporne. Questa definizione si allinea quindi a quella di beneficiario effettivo, che si riferisce alla persona che approfitta economi-camente di un reddito e non si applica alle società di transito interposte quali intermediarie tra il debitore del reddito e la persona che finalmente ne disporrà[29]. Ne discende che solo il beneficiario effettivo ha diritto allo sgravio o può pretendere il rimborso di una trattenuta alla fonte.

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In questa circostanza, la nozione di beneficiario effettivo si riferisce a un fenomeno economico e va interpretata secondo il principio “substance over form”. Essa implica, essenzialmente, che la società destinataria abbia un certo potere di decisione sui redditi che percepisce. In particolare, una società nella quale l’utilizzo dei redditi è determinato esclusivamente in funzione degli interessi diretti degli azionisti non godrebbe dell’indipen-denza necessaria[30].

Più precisamente, se traspare che un’entità è tenuta a tra-sferire determinati redditi a un’altra e risulta una limitazione sostanziale del suo potere di disposizione in rapporto a questi redditi, essa perderà la qualifica di beneficiario effettivo. Questa situazione può risultare da impegni contrattuali, ma anche da circostanze di fatto. Il potere decisionale è tanto più debole allorquando esiste una forte interdipendenza tra la percezione dei redditi e il dovere di trasferirli più lontano. La ripartizione dei rischi costituisce ugualmente un indizio[31].

Nella prassi, la determinazione della qualità di beneficiario avrà luogo sulla base di indizi. Concretamente, prima di concedere i van-taggi previsti dall’Accordo con l’UE, l’AFC porrà alla società svizzera istante (come già oggi avviene nell’ambito dell’articolo 15 AFisR) le seguenti domande (elenco non necessariamente esaustivo):

1) scopo della società holding estera? (Allegare una copia degli attuali statuti e un estratto dal registro di commercio);

2) per quali motivi economici è stata costituita la società hol-ding estera?

3) la rappresentazione della struttura di gruppo mondiale dalla quale si vedano i rapporti di partecipazione fino ai beneficiari finali? (si riportino per favore i nominativi e gli indirizzi delle persone fisiche);

4) nomi e indirizzi dei consiglieri d’amministrazione della società holding estera?

5) quante persone sono assunte direttamente dalla società holding estera? Quali funzioni esercitano tali persone?

6) la società holding estera dispone di uffici propri o locali?7) bilancio e conto economico dettagliato della società holding

estera (non consolidato) degli ultimi tre anni?8) nel passato la società holding estera ha inoltrato i dividendi

ricevuti e/o ha intenzione di farlo in futuro? In caso afferma-tivo, a chi (indirizzo esatto) e in qual misura?

Già di primo acchito lo scopo delle domande è chiaro, tuttavia nella pianificazione fiscale più che domande, occorrono risposte. Infatti, l’AFC non ha mai pubblicato una circolare o una prassi tesa a fornire delle indicazioni su come la società holding estera deve essere strutturata onde superare il test del beneficiario effettivo, anche perché, a fronte di costellazioni quasi infinite, le risposte non potrebbero essere da meno.

Passando però in rassegna la giurisprudenza dei tribunali è possibile ricavare alcune indicazioni importanti. Innanzitutto, la mancanza di un’attività propria in capo alla società holding estera e la stretta interdipendenza finanziaria con i propri azionisti sono elementi che portano a misconoscere la qualità di beneficiario effettivo[32]. Anche una capitalizzazione non conforme alle regole di mercato, in particolare in presenza di indebitamento elevato, può essere un indizio che depone a sfavore della qualità

di beneficiario[33]. Di principio, una capitalizzazione conforme alle regole di mercato esige il rispetto della Circolare AFC n. 6 del giugno 1997 sul capitale proprio occulto, sebbene questa non sia ovviamente vincolante per la società estera[34].

Un altro indizio importante dal quale si può desumere se il costrutto è abusivo o meno va ricercato nella struttura di gruppo societaria. Per esempio, non c’è nulla di strano se diverse società si riuniscono per intraprendere un progetto e creano una struttura giuridica indipendente a questo scopo. Se però, per esempio, una serie di società americane decidono di investire in una società svizzera per il tramite di una società lussemburghese, allorquando esse non hanno alcun legame con quest’ultimo Paese e non vi esercitano nessuna attività, è diffi-cile intravvedere un motivo economico soprattutto se il veicolo lussemburghese non è nemmeno dotato di personale, uffici e infrastrutture proprie[35].

L’assenza di personale (locale) alle proprie dipendenze e uffici propri, sebbene non si tratti di un criterio determinante per stabilire se la società è la beneficiaria effettiva dei dividendi, è un altro elemento indicativo. In effetti, una società che impiega numerosi collaboratori e occupa una vasta superficie avrà nor-malmente anche l’indipendenza finanziaria che gli permette di esercitare le proprie attività; al contrario, una società che non dispone né di locali né di uffici propri rischia di essere legata più intimamente ai propri azionisti[36]. Per una società holding pura, la quale può pretendere i vantaggi dell’Accordo con l’UE, è necessario che detenga almeno alcune partecipazioni in società attive.

Infine, anche la composizione del consiglio d’amministrazione rappresenta un aspetto rilevante. Questo dovrebbe essere composto in maggioranza da persone locali investite dei neces-sari poteri decisionali che competono a tale organo.

L’utilizzo abusivo di una CDI o dell’Accordo con l’UE deve quindi essere scartato allorquando è stabilito che il suo oggetto prin-cipale, le sue attività come pure l’acquisto e la detenzione di partecipazioni o di qualsiasi altro bene generatore di reddito in questione sono motivati da sane considerazioni commerciali e non hanno dunque lo scopo di raccogliere i vantaggi della CDI. Una società che non esercita nessuna vera attività economica o, in altri termini, che non è attiva commercialmente, potrà vedersi privata dei benefici che derivano da un accordo inter-nazionale[37].

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7.2.La clausola antiabuso per i dividendi inboundIl 9 dicembre 2014, nel contesto della continua lotta all’elusione fiscale e alla pianificazione fiscale aggressiva, il Consiglio euro-peo ha modificato la direttiva dell’UE sulle società madri e figlie aggiungendo una clausola antiabuso vincolante volta a impedire l’elusione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva da parte dei gruppi societari (cosiddetta General Anti-Avoidance Rule [GAAR]).

Lo scopo è di evitare l’utilizzo improprio della direttiva sulle società madri e figlie, nonché di rendere più coerente la sua attuazione nei vari Stati membri. La clausola antiabuso impedirà agli Stati membri di accordare i benefici della direttiva a costruzioni “non autentiche”, ossia che sono state poste in essere al fine di ottenere un vantaggio fiscale che non rispecchia la realtà economica.

La clausola è formulata come una norma “de minimis”, nel senso che gli Stati membri possono applicare norme nazionali più rigo-rose, purché conformi ai requisiti minimi dell’UE. Gli Stati membri hanno avuto tempo fino al 31 dicembre 2015 per introdurre una norma antiabuso nel diritto nazionale.

In particolare, la direttiva n. 2011/96/UE, all’articolo 1, sarà modi-ficata nel senso che gli Stati membri non applicano i benefici della direttiva madre figlia a una costruzione o a una serie di costru-zioni che, essendo state poste in essere allo scopo principale o a uno degli scopi principali di ottenere un vantaggio fiscale che è in contrasto con l’oggetto o la finalità della direttiva madre figlia, non è genuina avendo riguardo a tutti i fatti e le circostanze per-tinenti. Una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui non è stata posta in essere per valide ragioni commerciali che riflettono la realtà economica.

Sebbene tale modifica non sia direttamente applicabile alla Svizzera (che continuerà ad applicare i suoi criteri antiabuso; cfr. paragrafo 6.1) e nonostante a prima vista la direttiva n. 2011/96/UE non impatta l’articolo 9 Accordo con l’UE, rispetti-vamente l’articolo 15 AFisR, è ragionevolmente plausibile che le nuove direttive nazionali antiabuso degli Stati membri dell’UE si applicheranno anche alle società madri svizzere[38].

Oltre a quanto precede, ai dividendi inbound è applicabile[39] anche il Decreto del Consiglio federale del 14 dicembre 1962 concernente i provvedimenti contro l’uso senza causa legittima delle convenzioni conchiuse dalla Confederazione per evitare

le doppie imposizioni (di seguito DCF 1962). Secondo l’AFC, il DCF 1962 è in particolare applicabile anche ai dividendi in pro-venienza, segnatamente, dall’Italia[40], sebbene l’Italia applica i disposti più restrittivi previsti dall’articolo 23 CDI tra Svizzera e Italia. La dottrina è divisa tra chi sostiene la posizione dell’AFC[41] e chi invece ritiene applicabili i disposti più severi cristallizzati nella CDI[42]. Secondo l’autore, la clausola antiabuso prevista in entrata dell’articolo 9 Accordo con l’UE[43] è la base legale che permette allo Stato fonte di applicare i disposti più severi previsti da un accordo internazionale in essere (per esempio l’articolo 23 CDI tra Svizzera e Italia), nonostante ci si possa chiedere se l’interpretazione data dall’Italia alla subject-to-tax clause sia pertinente o meno.

Ai dividendi outbound, il DCF 1962 non è applicabile[44].

8.La residenza fiscaleLa nozione di residenza è armonizzata con la nozione di resi-denza fiscale ai sensi dell’articolo 4 M-OCSE. Si vuole infatti evitare che una società madre di uno Stato membro dell’UE possa far valere l’articolo 9 Accordo con l’UE per i dividendi corrisposti dalla sua filiale svizzera, se questa società madre è, secondo la CDI conclusa tra questo Stato membro e un altro Stato membro, residente in quest’ultimo Stato.

In particolare, per quanto attiene le società svizzere, queste devono essere illimitatamente imponibili in Svizzera alle imposte dirette sull’utile in virtù della loro sede o amministra-zione effettiva; non è per contro rilevante la residenza ai fini dell’imposta preventiva[45].

9.L’assoggettamento alle imposteDa un punto di vista fiscale svizzero, le società ordinariamente imponibili, come pure le società holding, d’amministrazione e ausiliare sono soggette all’imposta e pertanto hanno il diritto ad invocare i vantaggi dell’Accordo con l’UE. Il criterio dell’assoggettamento è chiaramente riferito alla società con-tribuente che deve essere soggetta all’imposta sugli utili; il fatto che un dividendo non sia soggetto a imposizione in quanto a beneficio della riduzione su redditi da partecipazione, oppure la società non deve imposte poiché può far valere delle perdite riportate, è irrilevante ai fini dell’applicazione dell’Accordo con l’UE. Sono per contro escluse le società esentate dall’imposta ai sensi dell’articolo 56 della Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD) e 23 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID), come pure le società che godono di un’esenzione fiscale (cosiddetta tax holiday) totale o praticamente totale.

Nonostante l’AFC consideri che le società che beneficiano di un regime fiscale quale holding, ausiliaria o d’amministrazione possano godere appieno dell’AFisR[46] (e di riflesso dell’Accordo con l’UE), questa opinione non vincola le autorità fiscali estere. Per esempio, l’autorità fiscale italiana ritiene che l’applicabilità dell’articolo 15 AFisR non può essere estesa anche alle società che, anche se non totalmente esenti da imposizione, siano beneficiarie di esenzioni ad almeno uno dei tre livelli (comu-nale, cantonale e federale) di tassazione diretta sul reddito[47].

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10.La proceduraDa un punto di vista fiscale svizzero esistono sostanzialmente due procedure: (i) la procedura di dichiarazione libera il con-tribuente dal pagamento dell’imposta, (ii) mentre la procedura di rimborso permette al destinatario della prestazione di recuperare un’imposta trattenuta. Entrambe sono compatibili con l’AFisR[48] e l’Accordo con l’UE, sebbene la prima è quella prediletta dai gruppi societari.

Recentemente il Tribunale federale ha confermato che la pro-cedura di sgravio è di competenza degli Stati contraenti[49], pertanto la procedura deve essere codificata nel diritto tributario svizzero.

Il Consiglio federale ha quindi stabilito per il tramite dell’Ordinanza del 22 dicembre 2004 concernente lo sgravio fiscale dei dividendi svizzeri da partecipazioni determinanti di società straniere (di seguito Ordinanza sugli sgravi) che la a società di capitali svizzera che intende distribuire un dividendo deve richiedere all’AFC, prima della scadenza del dividendo e tramite il modulo 823C, un’au-torizzazione per l’impiego della procedura di notifica. L’istanza d’autorizzazione deve provare che la società beneficiaria dei divi-dendi risiede in uno Stato membro dell’UE, che detiene la quota di partecipazione richiesta di almeno il 25% del capitale della società svizzera debitrice dei dividendi svizzeri e che nello Stato di residenza essa è assoggettata all’imposta sulle società senza beneficiare di esenzioni. Le indicazioni sul modulo 823C devono essere attestate dalle autorità fiscali estere competenti[50].

Una volta ottenuta la predetta autorizzazione – che di regola è valida per tre anni (articolo 3 capoverso 4 Ordinanza sugli sgravi) – la società svizzera che intende distribuire un dividendo avvalendosi della procedura di notifica deve dichiarare spontane-amente il pagamento all’AFC, entro un termine di 30 giorni (dalla scadenza), per il tramite del modulo 108. Tale modulo va inoltrato all’AFC unitamente al modulo ufficiale di riscossione (di regola il 103 o 110) (articolo 5 capoverso 1 Ordinanza sugli sgravi).

Si osserva che il Tribunale federale ha stabilito che i termini indi-cati nelle ordinanze (in casu l’articolo 5 capoverso 1 Ordinanza sugli sgravi) sono perentori, pertanto il loro mancato rispetto comporta il conseguente diniego ad applicare la procedura di dichiarazione[51]. Ciò significa che l’imposta dev’essere corri-sposta nella sua interezza e solo successivamente potrà essere recuperata tramite una procedura di rimborso basata sull’AFisR o sull’Accordo con l’UE. Sono tuttavia al vaglio delle Camere federali delle proposte legislative tese a introdurre un concetto di “substance over form”, secondo cui il decorso dei termini non comporterà più un automatico diniego ad applicare la procedura di dichiarazione.

11.Gli interessi e i canoniIl capoverso 2 dell’articolo 9 Accordo con l’UE riprende sostan-zialmente l’attuale capoverso 2 dell’articolo 15 AFisR.

La definizione di interessi e canoni non è esplicitata nell’Accordo con l’UE. La stessa è comunque in sintonia con l’articolo 2 diret-tiva n. 2003/49/CE che ha ispirato il capoverso 2 dell’articolo 9

Accordo con l’UE, rispettivamente con le definizioni contenute nel M-OCSE.

Sono quindi “interessi” i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; per contro, le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi.

Per canoni s’intende invece i compensi di qualsiasi natura per-cepiti per l’uso o la concessione in uso del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, e il software, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico; sono considerati canoni i compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature indu-striali, commerciali o scientifiche.

Poiché la Svizzera non percepisce un’imposta alla fonte sui canoni e – sostanzialmente – nemmeno sugli interessi, il capo-verso 2 ha poca rilevanza pratica sui pagamenti outbound. Per contro, può rivestire molta più importanza sui canoni e interessi inbound, soprattutto nei rapporti tra società svizzere e italiane per le quali la CDI prevede un trattamento più svantaggioso.

Se, dal punto di vista fiscale svizzero, non dovrebbe essere pregiudizievole beneficiare dei regimi di tassazione holding, d’amministrazione o ausiliaria anche per quanto attiene inte-ressi e royalties[52], è opportuno però ricordare che tali società difficilmente potranno godere dei vantaggi previsti dall’Accordo con l’UE nei confronti dell’Italia[53], se non si prendono i dovuti accorgimenti per tempo. Poco chiaro, per ora, l’impatto con-creto della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano[54] che ammette la deducibilità dei costi sostenuti con entità svizzere “black list” in base alla clausola di non discri-minazione presente nella CDI stipulata tra l’Italia e la Svizzera. Difficilmente, a parere dell’autore, tale sentenza sarà applicata per analogia all’articolo 15 AFisR, rispettivamente all’articolo 9 Accordo con l’UE.

L’applicazione dell’articolo 9 capoverso 2 Accordo con l’UE presuppone inoltre una detenzione diretta di almeno il 25% del capitale (non dei diritti di voto) affinché pagamenti di interessi e canoni dalla figlia verso la madre o viceversa siano esentasse. La stessa regola vale in merito ai pagamenti di interessi e canoni tra società sorelle, secondo cui è necessario che una terza società detenga una partecipazione diretta minima del 25% nel capitale sia della prima sia della seconda società.

In dottrina, alcuni autori sostengono che i pagamenti indiretti di interessi e canoni tra una società e la sua nipote (o viceversa), possano pure godere dei vantaggi previsti dall’articolo 15 capo-verso 2 AFisR[55].

Questa interpretazione è tuttavia frutto di un chiaro errore redazionale presente solo nella versione tedesca dell’AFisR[56]. Il nuovo articolo 9 capoverso 2 Accordo con l’UE risulta quindi leggermente modificato nella versione tedesca nel senso che

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è stato chiaramente precisato che, anche in questa circo-stanza, la partecipazione dev’essere diretta.

Per analogia con l’articolo 3 lettera b direttiva n. 2003/49/CE, le partecipazioni devono comprendere soltanto le società residenti nel territorio dell’UE. Società sorelle di cui una resi-dente nell’UE e l’altra in Svizzera, entrambe detenute da una società holding con sede al di fuori del campo d’applicazione territoriale dell’Accordo con l’UE (per esempio negli Stati Uniti d’America), non possono avvalersi del regime di cui all’articolo 9 capoverso 2 Accordo con l’UE. A ben vedere non tutta la dottrina è unanime su questo punto[57], in quanto il testo dell’Accordo con l’UE non conterrebbe un disposto simile all’articolo 3 lettera b direttiva n. 2003/49/CE che stabilisce chiaramente che solo società svizzere e dell’UE possono beneficiare del trattato.

Si osserva però che le condizioni di applicazione dell’ar-ticolo 9 capoverso 2 Accordo con l’UE sono cumulative ed esaustive, e la terza condizione stabilisce chiaramente che “nessuna delle società ha la residenza ai fini fiscali o nessuna delle stabili organizzazioni è situata in uno Stato terzo sulla base di un accordo in materia di doppia imposizione con tale Stato terzo”. In caso di pagamento di interessi e canoni tra società sorelle detenute da una società holding con sede in uno Stato terzo, la summenzionata condizione non è chiaramente adempiuta; irrilevante il fatto che la società holding non sia direttamente coinvolta nella transazione.

Inoltre, sarebbe difficilmente immaginabile che l’UE abbia voluto coscientemente porre le società svizzere in una situazione di vantaggio rispetto alle omologhe europee, per le quali invece la direttiva specifica chiaramente che è necessaria la residenza di tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella transazione.

12.ConclusioneMolte delle nuove CDI rinegoziate dalla Svizzera dopo il fati-dico 13 marzo 2009, risultano essere più vantaggiose rispetto all’Accordo con l’UE. È comunque importante poter disporre di un accordo quadro multilaterale, soprattutto per le aziende svizzere e ticinesi che intrattengono legami d’affari con Paesi europei non convenzionati o le cui CDI non sono state (ancora) rinegoziate. Detto ciò, rimane un pizzico di rammarico poiché si sarebbe potuto rivedere al ribasso la soglia di detenzione minima del 25%, armonizzandola con la direttiva n. 2011/96/UE. Sarà per la prossima volta!

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[1] Consiglio federale, Rapporto esplicativo del 27 maggio 2015 concernente un Protocollo che modifica l’Accordo sulla fiscalità del risparmio tra la Svizzera e l’UE, pagina 3 (citato: Rapporto espli-cativo Accordo con l’UE), come pure il Messaggio concernente l’approvazione e l’attuazione del Protocollo che modifica l’Accordo sulla fiscalità del risparmio tra la Svizzera e l’UE, n. 15.081, del 25 novembre 2015, in: Foglio federale 2015, pagina 7585, pagina 7597.[2] Rapporto esplicativo Accordo con l’UE, pagina 12.[3] Rapporto esplicativo Accordo con l’UE, pagina 15.[4] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, Quel-lensteuerbefreiung von Dividenden, Zinsen und Lizenzen durch Art. 15 Zinsbesteuerungsabkom-men, ASA 74, pagina 454; cfr. anche la diversa interpretazione tra l’AFC, da una parte e l’Agenzia delle Entrate dall’altra, circa l’applicabilità dell’ar-ticolo 15 AFisR o meno quando destinataria del dividendo è una società holding, d’amministrazio-ne o ausiliaria (cfr. capitolo 8).[5] Oberson Xavier/Hull Howard, Switzerland in International Tax Law, Amsterdam 2011, pagina 95 e seguenti, pagina 312 e seguenti.[6] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 452 e seguenti; Helbing Andreas/Wet-li Roger, Zinsbesteuerungsabkommen Schweiz – EU Art. 15 Zinsbesteuerungsabkommen, ST 79 (2006), pagina 959 e seguenti.[7] Helbing Andreas/Wetli Roger, op. cit., pagina

960 e seguenti; Oberson Xavier/Hull Howard, op. cit., pagina 313; AFC, direttiva del 15 luglio 2005 relativa alla soppressione dell’imposta preventiva sui pagamenti di dividendi tra società di capitali consociate nelle relazioni tra la Svizzera e gli Stati membri dell’Unione europea, cfr. 5.b (citato: Diret-tiva AFC del 15 luglio 2005).[8] Rapporto esplicativo Accordo con l’UE, pagina 17.[9] Richiamato dal Rapporto esplicativo Accordo con l’UE.[10] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 467.[11] AFC del 22 aprile 2002, in: Locher Kurt/Meier Walter/von Siebenthal Rudolf/Kolb Andreas, Dop-pelbesteuerungsabkommen Schweiz-Deutschland, B 10.2 Nr. 29.[12] AFC, promemoria del febbraio 2001 rela-tivo alla determinazione del beneficiario della prestazione dal profilo dell’imposta preventiva, cfr. I (citato: Promemoria AFC 2001); Duss Fabian, Grenzüberschreitende Leistungsbeziehungen im Konzern, IFF Forum für Steuerrecht 2015, pagine 115-116.[13] Promemoria AFC 2001, cfr. II.[14] AFC, Circolare n. 5 del 1. giugno 2004 rela-tiva alle ristrutturazioni (cfr. capitolo 4.1.2.4.2 e 4.2.2.4.2).[15] Lissi Alberto, Steuerfolgen von Gewinnaus- schüttungen schweizerischer Kapitalgesellschaften im internationalen Konzernverhältnis, Zurigo 2007,

pagina 222 e seguenti; Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 473.[16] AFC del 22 aprile 2002, in: Locher Kurt/Meier Walter/von Siebenthal Rudolf/Kolb Andreas, op. cit., B 10.2 Nr. 29; Duss Fabian, op. cit., pagina 116.[17] Direttiva AFC del 15 luglio 2005; cfr. capitolo 3.[18] ASA 79, pagina 855 e seguenti, pagina 859; altra opinione Gamboni Matteo, Imposta preven-tiva: form over substance!, NF 1/2015, pagina 6 e riferimenti citati.[19] Attualmente questa procedura è possibile in base all’articolo 15 AFisR, avvalendosi del modulo 70.[20] Sentenza TF n. 2C_176/2012 del 18 ottobre 2012, consid. 5.4.2.[21] Per un elenco esaustivo si può consultare l’Al-legato 1, parte A della direttiva n. 2011/96/UE.[22] Direttiva AFC del 15 luglio 2005, cfr. 4.[23] Direttiva AFC del 15 luglio 2005, cfr. 5.b.[24] Sentenza TAF n. A-4951/2012 del 20 febbraio 2014, consid. 4.4.3.[25] Sentenza TAF n. A-4689/2013 del 25 giugno 2014, consid. 5.3.[26] Oberson Xavier/Hull Howard, op. cit., pagina 320.[27] Baumgartner Beat, Das Konzept des bene-ficial owner im internationalen Steuerrecht der Schweiz, Zurigo/Basilea/Ginevra 2010, pagina 279 e seguenti, pagina 304; vedi anche Hochreutener Hans Peter, Die Eidgenössischen Stempelabga-ben und die Verrechnungssteuer, Berna/Friborgo 2013, nm. 1636 e seguenti; Oesterhelt Stefan/

44 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

Winzap Maurus, op. cit., pagina 460; Direttiva AFC del 15 luglio 2005, cfr. 10.a.[28] Oberson Xavier/Hull Howard, op. cit., pagina 133; Ryser Walter, Rapports de trust et conventions préventives de la double imposition, in: Höhn Ernst/Vallender Klaus A. (a cura di), Steuerrecht, Ausge-wählte Probleme am Ende des 20. Jahrhunderts, Festschrift zum 65. Geburtstage von Ernst Höhn, Berna/Stoccarda/Vienna 1995, pagina 357, N 11.[29] GAAC 65.86, consid. 7.b.aaa.[30] Sentenza TAF n. A-4951/2012 del 20 febbraio 2014, consid. 3.4.4.[31] Sentenza TAF n. A-1246/2011 del 23 luglio 2012, consid. 4.3.2.[32] Sentenza TAF n. A-4951/2012 del 20 febbraio 2014, consid. 4.3.[33] Sentenza TAF n. A-4951/2012 del 20 febbraio 2014, consid. 4.4.2; Sentenza TAF n. A-633/2010 del 25 agosto 2010, fatti iniziali B.[34] Non in tutti i Paesi dell’UE esistono delle “thin capitalisation rules”.[35] Sentenza TAF n. A-4689/2013 del 25 giugno 2014, consid. 8.4.2.[36] Sentenza TAF n. A-4951/2012 del 20 febbraio 2014, consid. 4.4.2.[37] Sentenza TAF n. A-4689/2013 del 25 giugno 2014, consid. 7.3.[38] Cfr.: https://www.pwc.ch/news/en/16734/eu- tax-developments-amendment-eu-parent-

subsidiary-directive-introduction-anti-abuse- c lause-genera l-ant i-avoidance-rule-gaar [20.05.2016].[39] Cfr.: https://www.estv.admin.ch/estv/fr/home/ internat ionales-steuerrecht/themen/dba-missbrauch/faq.html [20.05.2016].[40] Cfr.: https://www.estv.admin.ch/estv/fr/home/ internat ionales-steuerrecht/themen/dba-missbrauch/faq.html [20.05.2016]. Alla sezione FAQ, l’AFC precisa che è sufficiente rimettere il formulario generale R-Mb circ. 1999 riferito al DCF 1962, piuttosto che il formulario “ad hoc” che fa specifico riferimento alla norma antiabuso con-tenuta nella CDI.[41] Helbing Andreas/Wetli Roger, op. cit., pagina 963.[42] Oberson Xavier/Hull Howard, op. cit., pagina 321.[43] “Fatta salva l’applicazione delle disposizioni […] al fine della prevenzione […] degli abusi, sulla base […] di accordi internazionali”.[44] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 462.[45] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 472.[46] Direttiva AFC del 15 luglio 2005, cfr. 8.[47] Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 93 del 10 maggio 2007.[48] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 484 e seguente; Lissi Alberto, op. cit., pagina 261 e seguenti; AFC, Circolare n. 6 del 22

dicembre 2004, cifra 5; AFC, Circolare n. 10 del 15 luglio 2005.[49] ASA 80, pagina 859; altra opinione Brülisauer Peter, 30-Tage-Frist zur Anwendung des Melde-verfahren, ST 2011, pagina 1043.[50] AFC, Circolare n. 10 del 15 luglio 2005, cifra 2.a.[51] Sentenza TF n. 2C_756/2010 del 19 gennaio 2011 = ASA 79, pagina 855; cfr. anche DTF 138 II 536, consid. 6.[52] Oberson Xavier/Hull Howard, op. cit., pagina 325.[53] Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 93 del 10 maggio 2007.[54] Commissione Tributaria Provinciale di Milano 6728/44/2015 del 24 luglio 2015.[55] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 492.[56] Helbing Andreas/Wetli Roger, op. cit., pagina 968.[57] Oesterhelt Stefan/Winzap Maurus, op. cit., pagina 495 e seguenti.

45Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzeroQuesta amnistia fiscale cantonalenon s’ha da fare!

Sentenza del Tribunale federale, del 30 marzo 2015, DTF 141 I 78 (pagine 78-96)

Articoli 8 capoverso 1, 127 capoverso 2 e 129 capoverso 2 Cost.; articoli 53 capoverso 1, 56 capoverso 1bis e 57b capoverso 1 LAID; aliquote attenuate nella misura del 70% in caso di autodenuncia esente da pena sulla base degli articoli 309e e 314e LT (amnistia fiscale cantonale); contrarietà alle norme previste in materia dal-la LAID; impossibilità di giustificare l’adozione di queste aliquote con la sovranità fiscale dei Cantoni; contrarietà al principio della parità di trattamento e al principio dell’imposizione secondo la capacità contributiva; impossibilità di giustificare la violazione di queste norme in base a obiettivi di natura politico-finanziaria di carattere generale

1.Le disposizioni riguardanti l’amnistia fiscale cantonale impugnate davanti all’Alta CorteIl 25 novembre 2013 il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha deciso l’introduzione nelle disposizioni transitorie della Legge tributaria ticinese (di seguito LT) degli articoli 309e e 314e LT che prevedono, sia per le persone fisiche, sia per le persone giu-ridiche, delle aliquote attenuate in caso di autodenuncia esente da pena. Le aliquote applicate al ricupero dell’imposta non incassata ai sensi dell’articolo 236 capoverso 1 LT in relazione alle autodenunce esenti da pena presentate dal 1. gennaio dell’entrata in vigore al 31 dicembre dell’anno successivo all’en-trata in vigore, sono ridotte del 70%. Sugli elementi già tassati la riduzione è applicata sull’aumento dell’aliquota marginale.

L’amnistia fiscale cantonale, contro la quale è stato lanciato un referendum, è stata in seguito accolta in votazione popolare e le norme di applicazione sono state pubblicate sul Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 4 luglio 2014. L’atto normativo cantonale è stato oggetto di due ricorsi in materia di diritto pubblico davanti al Tribunale federale.

2.Le persone legittimate a ricorrere davanti all’Alta CorteGiusta l’articolo 89 capoverso 1 lettere b e c della Legge federale sul Tribunale federale (di seguito LTF), è legittimato a ricorrere contro un atto normativo chi ne è particolarmente

toccato in modo attuale o virtuale e ha un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modifica. L’interesse degno di protezione può essere giuridico o di fatto[1]. Il coinvolgimento virtuale presuppone tuttavia che il ricorrente possa, prima o poi, essere concretamente toccato dalla rego-lamentazione impugnata con una probabilità minima[2].

Per prassi, all’impugnazione di una normativa fiscale cantonale sono in via di principio legittimati i contribuenti con domicilio nel Cantone che l’ha emanata[3]; quando l’impugnazione concerne una tariffa, che costituisce un tutt’uno inseparabile, essi hanno il diritto di farne valere l’incostituzionalità anche nel caso i vantaggi che la stessa comporta per altri contribuenti non abbiano su di loro nessuna conseguenza negativa diretta[4].

Come già indica la nota marginale che li accompagna, gli articoli 309e e 314e LT mirano all’applicazione di “aliquote attenuate in caso di autodenuncia esente da pena”, sia nei confronti delle persone fisiche che delle persone giuridiche. D’altra parte, i ricorrenti sono tutti cittadini contribuenti domiciliati nel Cantone Ticino che insorgono per fare valere l’incostitu-zionalità delle nuove tariffe previste. In tale qualità essi sono di conseguenza particolarmente toccati, nel senso sopra descritto, dall’introduzione delle norme impugnate e hanno un interesse degno di protezione al loro annullamento.

3.La violazione del diritto federale superiore quale motivo del ricorsoCon il ricorso in materia di diritto pubblico è possibile tra l’altro lamentare la violazione del diritto federale (articolo 95 lettera a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini[5]. Le esigenze in materia di motivazione previste dall’articolo 42 capoverso 2 LTF e quelle – accresciute – pre-scritte dall’articolo 106 capoverso 2 LTF valgono anche per ricorsi contro atti normativi cantonali[6].

4.Il pluralismo interpretativoNel contesto di un controllo astratto, il Tribunale federale si impone nel contempo un certo riserbo, annullando una disposi-zione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione

Samuele VorpeResponsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI

46 Novità fiscali / n.5 / maggio 2016

conforme al diritto costituzionale o al diritto federale di rango superiore[7]. Per delineare la portata delle norme in questione, ma anche di eventuali disposti di diritto federale il cui rispetto è messo in discussione nel gravame, occorre pertanto proce-dere tenendo conto del loro testo (interpretazione letterale), dei lavori preparatori (interpretazione storica), dello scopo perseguito dal legislatore (interpretazione teleologica), nonché della relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Applicando questi metodi, il Tribunale federale non ne privilegia infatti nessuno in particolare, preferendo ispirarsi a un plurali-smo interpretativo[8].

5.La semplificazione del ricupero d’imposta in caso di suc-cessione e l’introduzione dell’autodenuncia esente da penaDopo avere espressamente scartato l’ipotesi di proporre un’amnistia fiscale generale – sul modello di quella decisa nel 1969, con esenzione da pena e rinuncia al ricupero d’imposta – in data 18 ottobre 2006 il Consiglio federale ha presentato un messaggio concernente la semplificazione del ricupero d’imposta in caso di successione e l’introduzione dell’autode-nuncia esente da pena[9].

Adottata dalle Camere federali il 20 marzo 2008 e posta in vigore il 1. gennaio 2010[10], la modifica legislativa in que-stione si poneva due obiettivi distinti:

◆ da una parte, stimolare gli eredi a ricondurre alla legalità il patrimonio che il defunto ha sottratto al fisco, attraverso un ricupero d’imposta ed il pagamento di interessi di mora limitato ai tre periodi fiscali precedenti l’anno del decesso;

◆ d’altra parte, concedere a persone fisiche e giuridiche che denunciano spontaneamente e per la prima volta una sot-trazione d’imposta la possibilità di regolarizzare la propria posizione nei confronti del fisco, senza incappare in un procedimento penale[11].

La procedura semplificata di ricupero d’imposta in caso di suc-cessione e l’autodenuncia esente da pena sono state ancorate negli articoli 153a, 175 e 181a della Legge federale sull’impo-sta federale diretta (di seguito LIFD), così come negli articoli 53a, 56 e 57a[12] della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito LAID) e si applicano sia all’imposta federale diretta sul reddito delle persone fisiche rispettivamente sull’utile delle persone giuridiche, sia alle imposte sul reddito e sulla sostanza delle persone fisiche rispettivamente sull’utile e sul capitale delle persone giuridiche percepite dai Cantoni e dai Comuni[13].

6.I motivi e la validità di un’amnistia fiscale cantonaleLa modifica legislativa ha di conseguenza comportato un adeguamento delle legislazioni cantonali al quale ha proce-duto anche il legislatore ticinese (articolo 72h LAID)[14]. Poco dopo l’entrata in vigore di detto adeguamento legislativo, il 1. gennaio 2010, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha tuttavia manifestato l’intenzione di porre di nuovo mano alla Legge tributaria. Con Messaggio n. 6328 del 23 febbraio 2010, ha in effetti proposto al Parlamento di completare il regime dell’autodenuncia attraverso l’introduzione di due norme

transitorie volte a ridurre del 70% le aliquote applicate al ricupero d’imposta per tutte le autodenunce esenti da pena presentate tra il 1. gennaio 2010 e il 31 dicembre 2011, con l’intento di promuovere in questo modo “un’amnistia fiscale cantonale”, di cui avrebbero dovuto beneficiare sia le persone fisiche che le persone giuridiche.

Il progetto descritto è stato respinto di misura dal Parlamento ticinese nella seduta del 14 marzo 2012. Successivamente esso è poi però rinato nella forma di un’iniziativa parlamentare elaborata, la quale ha portato alla modifica legislativa che ci occupa: che concerne le imposte su reddito e sostanza rispet-tivamente su utile e capitale percepite da Cantoni e Comuni ma che – secondo quanto indicato nei materiali legislativi riguardanti il primo progetto e confermato in quelli relativi al secondo – si estende anche alle imposte di donazione e successione e all’imposta sugli utili immobiliari.

Riprendendo di fatto la proposta contenuta nel Messaggio governativo n. 6328, la novella legislativa votata dal Gran Consiglio ticinese nella seduta del 25 novembre 2013 ha infatti portato ad affiancare ai disposti concernenti l’autode-nuncia due norme transitorie, che prevedono la riduzione del 70% delle aliquote applicate al ricupero d’imposta per tutte le autodenunce esenti da pena presentate durante un lasso di tempo di due anni dalla loro entrata in vigore ed in relazione a tutte le imposte cantonali citate[15].

Come il Consiglio di Stato ticinese, nel suo originario messag-gio, anche gli iniziativisti e i relatori di maggioranza ritengono per altro espressamente che il progetto di “amnistia fiscale can-tonale” – presentato per ottenere un immediato aumento del gettito fiscale, fornire una risposta alle intenzioni del Consiglio federale di allentare il segreto bancario anche per i contri-buenti svizzeri e favorire un ritorno di capitali nelle banche ticinesi e svizzere, promuovendone l’attività – sia compatibile con la LAID, in quanto non interviene sui periodi di recupero d’imposta, ma agisce sulle aliquote, ovvero su una materia di competenza esclusiva dei Cantoni (articolo 129 capoverso 2 della Costituzione federale [di seguito Cost.]).

Parallelamente, rilevano che – nonostante “la soluzione migliore” sarebbe stata quella di un’amnistia fiscale generale, mediante l’inserimento di un’apposita norma transitoria nella Costituzione federale, come invano richiesto dal Gran Consiglio ticinese con iniziativa cantonale del 9 ottobre 2002

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all’attenzione dell’Assemblea federale[16] – il tempo trascorso dall’ultima misura decretata dalla Confederazione in tal senso (1969), la “tassa d’amnistia” comunque prelevata da chi intende beneficiare “dell’amnistia fiscale cantonale” (30% delle imposte sottratte), così come la creazione di un “fondo cantonale per favorire il lavoro”, alimentato (fino a un massimo di 20 milioni di franchi) dai proventi dei recuperi d’imposta incassati nel periodo di validità delle norme in questione, legittimino l’ado-zione della misura proposta.

7.Le critiche “giuridiche” dei ricorrenti alla misura di condono cantonaleDa un lato, i ricorrenti denunciano la lesione del principio della preminenza del diritto federale (articolo 49 Cost.), ponendo in discussione la compatibilità dei disposti impugnati con quelli della LAID votati dall’Assemblea federale il 20 marzo 2008, rispettivamente negando che il legislatore ticinese possa richiamarsi alle competenze riconosciutegli dalla Costituzione federale in materia di tariffe e aliquote fiscali (articolo 129 capoverso 2 Cost.).

Dall’altro, fanno valere un illecito effetto retroattivo delle norme votate (articolo 5 capoverso 1 Cost.), e lamentano la loro contrarietà sia al principio dell’uguaglianza giuridica (articolo 8 capoverso 1 Cost.), sia a quelli della generalità, dell’uniformità e dell’imposizione secondo la capacità eco-nomica (articolo 127 capoverso 2 Cost.), senza che vi siano sufficienti motivi per giustificare simili violazioni.

8.Il testo letterale che regola l’autodenuncia esente da pena non consente ulteriori misure di condonoFormulando la prima serie di critiche menzionata, i ricorrenti si appellano innanzitutto al chiaro testo di legge che regola l’autodenuncia esente da pena rispettivamente alla volontà del legislatore federale di non legare l’autodenuncia esente da pena a nessun tipo di sconto in materia di ricupero d’imposta. Interpretate le norme in questione, facendo capo ai metodi usuali (cfr. capitolo 3), occorre condividere tale opinione.

I disposti della LAID che regolano la fattispecie dell’autode-nuncia esente da pena (articolo 56 capoverso 1bis LAID, per le persone fisiche; articolo 57b capoverso 1 LAID per le persone giuridiche), prevedono che quando il contribuente denun-cia spontaneamente e per la prima volta una sottrazione

d’imposta si prescinde dall’aprire un procedimento penale (autodenuncia esente da pena), a condizione che:

◆ la sottrazione d’imposta non sia nota ad alcuna autorità fiscale;

◆ il contribuente aiuti senza riserve l’amministrazione a determinare gli elementi della sostanza e del reddito sot-tratti rispettivamente l’ammontare dell’imposta sottratta; e

◆ si adoperi seriamente per pagare l’imposta dovuta.

Oggetto di un testo privo di ambiguità anche nelle versioni in tedesco e in francese, gli articoli 56 capoverso 1bis e 57b capoverso 1 LAID non fanno per contro menzione di nessuna conseguenza favorevole all’autodenunciante in materia di ricupero imposta, ponendo piuttosto quale condizione al riconoscimento dell’esenzione dalla pena che lo stesso “si adoperi seriamente per pagare l’imposta dovuta” (nella versione in tedesco: wenn die steuerpflichtige Person sich “ernstlich um die Bezahlung der geschuldeten Nachsteuer bemüht”; nella versione in francese: lorsque le contribuable “s’efforce d’acquitter le rappel d’impôt dû”).

Conseguenze in tal senso non sono inoltre ravvisabili nei materiali legislativi e segnatamente nel messaggio del 18 ottobre 2006[17], sulla base del quale l’Assemblea federale ha adottato gli articoli 56 capoverso 1bis e 57b capoverso 1 LAID senza modifica, o nei verbali dei dibattiti parlamentari. Al contrario. Presentando il nuovo disciplinamento proposto, e segnatamente l’autodenuncia esente da pena, il Consiglio federale sottolinea infatti a chiare lettere che: “per quanto riguarda l’autodenuncia esente da pena, il ricupero d’imposta resta interamente dovuto”[18]; “il contribuente rimane comunque tenuto a pagare il ricupero d’imposta come pure gli interessi di mora”[19]; “l’ imposta non versata e gli interessi di mora sono percepiti per i dieci anni precedenti”[20]. Parallelamente, la limitazione delle conse-guenze della novella legislativa alla sola esenzione dalla pena è oggetto di un’evidente sottolineatura anche negli interventi dei rappresentanti delle Commissioni dell’economia e dei tributi, che hanno proposto l’entrata in materia sul progetto in Consiglio degli Stati[21] e in Consiglio nazionale[22].

La precisa opzione di cui è stato appena dato conto trova infine altre conferme:

◆ una prima, nel fatto che l’articolo 53 LAID, che ha finora regolato il ricupero d’imposta, ha subìto modifiche per quanto riguarda la sua nota marginale (mutata in “ricupero ordinario d’imposta”, al fine di sottolineare la distinzione dalla “procedura semplificata di ricupero d’imposta per gli eredi”, previ-sta oggi dall’articolo 53a LAID), non però nella sua sostanza e continua pertanto a prescrivere che, quando fatti o mezzi di prova sconosciuti in precedenza permettono di stabilire che la tassazione è stata indebitamente omessa o che la tassazione cresciuta in giudicato è incompleta, “l’autorità fiscale procede al recupero dell’imposta non incassata, compresi gli interessi”;

◆ una seconda, nell’esplicita volontà da cui è nata la modifica legislativa stessa, cioè quella di scartare la via dell’am-nistia fiscale generale – sul modello deciso nel 1969, con

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esenzione da pena e rinuncia al ricupero d’imposta – optando per misure che suscitavano preoccupazioni etiche minori[23];

◆ una terza, ancorché indiretta, nella dottrina menzionata e nelle indicazioni della Conferenza svizzera delle imposte[24].

Verificata la portata degli articoli 56 capoverso 1bis e 57b capo-verso 1 LAID, condivisa dev’essere però anche la conseguenza che i ricorrenti ne traggono: ovvero che davanti alle chiare norme della LAID in materia di autodenuncia esente da pena e di ricupero d’imposta, che restano direttamente applicabili laddove il diritto cantonale risulti loro contrario (articolo 72i capoverso 2 LAID), il Cantone Ticino non possa giustificare l’introduzione degli articoli 309e e 314e LT nemmeno attraverso il richiamo all’articolo 129 capoverso 2 Cost.

Secondo giurisprudenza e dottrina relative all’articolo 53 capoverso 1 LAID – che il legislatore federale non ha modifi-cato – e all’articolo 151 capoverso 1 LIFD – che è anche lecito richiamare applicando il primo[25] – il ricupero d’imposta non rappresenta infatti una pretesa di natura differente dal credito d’imposta primitivo, bensì la percezione a posteriori di imposte che non sono state a torto riscosse nel quadro della procedura di tassazione originaria[26].

Proprio perché concerne l’obbligo fiscale primitivo che non si è ancora estinto, e ha per oggetto l’imposta che a torto non è stata ancora percepita, anche l’importo “interamente dovuto” a titolo di recupero giusta gli articoli 56 capoverso 1bis e 57b capoverso 1 LAID in relazione con l’articolo 53 capoverso 1 LAID, rimasto immutato, non può di conseguenza che coincidere con quello ancora mancante, al quale vanno ad aggiungersi gli interessi maturati a far tempo dalla scadenza dell’imposta stessa[27].

Per quanto tese a denunciare la contrarietà alla LAID della novella legislativa impugnata – per altro paventata anche dal Consiglio di Stato ticinese fin dalla presentazione del primo progetto di “amnistia fiscale cantonale”[28] – le critiche contenute nel gravame dei ricorrenti sono pertanto da condividere. Come rilevato, il quadro normativo descritto non concede in effetti spazio per l’applicazione di aliquote attenuate e quindi differenti da quelle originariamente stabilite.

9.La prima critica “giuridica” dei ricorrenti dev’essere accoltaConstatata l’incompatibilità con gli articoli 56 capoverso 1bis e 57b capoverso 1 LAID in relazione con l’articolo 53 capoverso 1 LAID dell’introduzione di un’aliquota attenuata in materia di autodenuncia esente da pena, la richiesta dei ricorrenti di annullare gli articoli 309e e 314e LT dev’essere quindi accolta.

Se infatti è vero che detti disposti non trovano applicazione solo alle imposte armonizzate, ma parimenti alle imposte non armonizzate quali quelle di successione e di donazione, è altret-tanto vero che il testo degli articoli 309e e 314e LT non accenna a nessun tipo di distinzione tra imposte, fa espresso riferimento alla procedura di autodenuncia esente da pena e agli articoli 258 capoverso 3 e 265a capoverso 1 LT – introdotti nella Legge tributaria per conformarla alla LAID – e non può così che essere annullato nel suo insieme.

Simile procedere non appare del resto nemmeno in contrasto con il volere del Consiglio di Stato e del legislatore ticinesi. Al contrario.

Al riguardo occorre in effetti rilevare che, nelle risposte ai ricorsi, in cui viene presa posizione in merito all’incompatibilità con la LAID delle modifiche proposte, l’argomento di una pos-sibile limitazione del progetto di “amnistia fiscale cantonale” alle imposte che sfuggono all’applicazione delle norme federali di armonizzazione non è oggetto di nessun rilievo specifico. Ragioni in tal senso non risultano inoltre dai materiali legislativi, da cui emerge piuttosto che l’estensione del provvedimento ad imposte non armonizzate quali le imposte di donazione e successione era inteso come uno sgravio “supplementare” e quindi aggiuntivo a quello principale, concernente le imposte su reddito e sostanza, rispettivamente su utile e capitale[29]. Un’ulteriore conferma dell’impostazione descritta è data infine sia dal Decreto legislativo del 25 novembre 2013 concernente l’istituzione di un Fondo cantonale per favorire il lavoro, che indica come l’istituzione dello stesso sia subordinata “all’entrata in vigore dell’amnistia fiscale prevista dall’iniziativa parlamentare elaborata del 28 maggio 2013 «Per un rilancio dell’amnistia fiscale cantonale»”, sia dalla decisione del Consiglio di Stato del Cantone Ticino di condizionare l’entrata in vigore degli articoli 309e e 314e LT al fatto che eventuali ricorsi interposti davanti al Tribunale federale siano stati (integralmente) respinti.

10.Il principio della parità di trattamento nell’ordinamento fiscale svizzeroSia come sia, dev’essere ad ogni modo osservato che l’an-nullamento degli articoli 309e e 314e LT nel loro complesso si impone anche per un altro motivo. In effetti, le norme in questione non resistono nemmeno alle ulteriori critiche dei ricorrenti e segnatamente a quelle con cui viene fatta valere la violazione dei princìpi dell’uguaglianza giuridica (articolo 8 capoverso 1 Cost.), della generalità, dell’uniformità e dell’imposizione secondo la capacità economica (articolo 127 capoverso 2 Cost.), senza che vi siano sufficienti motivi per giustificare simili lesioni.

L’articolo 8 capoverso 1 Cost. sancisce il principio dell’ugua-glianza davanti alla legge. Per giurisprudenza e dottrina, un atto normativo viola questo principio quando, tra casi simili, fa distinzioni che nessun ragionevole motivo in relazione alla

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situazione da regolare giustifica di fare o sottopone ad un regime identico situazioni che presentano tra loro differenze rilevanti e di natura tale da rendere necessario un tratta-mento diverso[30].

In ambito fiscale, l’articolo 8 capoverso 1 Cost. è con-cretizzato dai princìpi della generalità e dell’uniformità dell’imposizione, così come dal principio dell’imposizione secondo la capacità economica (articolo 127 capoverso 2 Cost.)[31]. Si tratta di princìpi impositivi originariamente dedotti dall’articolo 4 della Costituzione federale del 29 maggio 1874 (di seguito vCost.), che sono stati poi esplicita-mente inclusi nella Costituzione federale accolta in votazione dal Popolo svizzero e dai Cantoni il 18 aprile 1999[32].

Il principio della generalità dell’imposizione richiede che tutte le persone e tutti i gruppi di persone siano imposti secondo la medesima regolamentazione giuridica. Esso vieta l’esonero di certe persone o gruppi di persone dal pagamento di un’imposta senza motivi oggettivi, in quanto gli oneri finanziari della collettività, che risultano dai compiti pubblici di carattere generale, vanno sostenuti dall’insieme dei cittadini[33].

Per i princìpi dell’uniformità dell’imposizione e dell’imposi-zione secondo la capacità economica, i contribuenti che si trovano nella stessa situazione economica devono invece sopportare un carico fiscale simile, in base alla loro capacità; quando le situazioni di fatto sono differenti, anche il carico fiscale deve tenerne conto. Nel contempo, il carico fiscale dev’essere proporzionato al substrato economico a disposi-zione del singolo, il quale deve essere chiamato a contribuire alla copertura delle spese pubbliche tenuto conto della sua situazione personale e in proporzione ai suoi mezzi[34].

Il principio dell’imposizione secondo la capacità economica trova uno dei suoi fondamenti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789[35]. Il Tribunale federale ha espressamente dedotto tale principio dall’articolo 4 vCost. a partire dal 1973[36]. In precedenza, un diritto indi-viduale in tal senso era però da esso già stato riconosciuto sulla base di disposizioni costituzionali cantonali[37]. In dottrina vi è oggi ampio consenso nel riconoscere che quello dell’imposizione secondo la capacità economica costituisce un principio di importanza basilare, parte della coscienza giuridica comune[38].

L’articolo 127 Cost. non è incluso nel capitolo che è dedicato ai diritti fondamentali (articoli 7 e seguenti Cost.), bensì in quello che ha per oggetto l’ordinamento finanziario della Confederazione (articoli 126 e seguenti Cost.). Questa norma concerne quindi in primo luogo le imposte prelevate dalla Confederazione. Come detto, i princìpi impositivi in essa contenuti sono stati tuttavia concepiti e vengono intesi quale concretizzazione del principio della parità di trattamento (articolo 8 Cost.), che permea in quanto tale l’intero ordinamento giuridico svizzero[39]. Di conseguenza, gli stessi vincolano anche il legislatore cantonale, il quale ne deve tenere conto nell’ambito della regolamentazione del proprio ordinamento fiscale[40].

11.Anche la seconda critica “giuridica” dei ricorrenti dev’es-sere accoltaNella fattispecie, gli articoli 309e e 314e LT mirano a una ridu-zione del 70% delle aliquote applicate al recupero d’imposta per tutte le autodenunce esenti da pena presentate durante un periodo di due anni dalla loro entrata in vigore. Come tali, essi comportano delle chiare violazioni sia dell’articolo 8 capoverso 1 che dell’articolo 127 capoverso 2 Cost.

Gli articoli 309e e 314e LT esonerano gli autodenuncianti dal pagamento del 70% delle imposte originariamente dovute ed entrano pertanto in collisione con il principio della gene-ralità dell’imposizione, poiché prevedono per chi ha sottratto imposte al fisco un trattamento diverso e decisamente più favorevole di quello riservato a chi, contribuente come il primo, in questa categoria di persone non rientra.

Nel contempo, essi contrastano con i princìpi dell’uniformità dell’imposizione e dell’imposizione secondo la capacità eco-nomica, secondo i quali i contribuenti nella stessa situazione economica devono sopportare un carico fiscale simile, in base alla loro capacità, e situazioni di fatto differenti devono essere considerate in maniera diversa anche dal punto di vista del carico fiscale.

Contribuenti che hanno correttamente dichiarato i propri ele-menti imponibili, pagando il 100% di quanto dovuto, si vedono infatti trattati differentemente da contribuenti che – nella stessa identica situazione – non hanno dichiarato nulla e pro-cedono alla loro dichiarazione solo in sede di autodenuncia. Oltre che condurre a un trattamento decisamente diverso di contribuenti con una capacità economica esattamente iden-tica (violazione della cosiddetta equità fiscale orizzontale), le norme in questione comportano poi ingiustificate disparità di trattamento tra contribuenti con capacità economica differente (violazione della cosiddetta equità fiscale verticale). Come pertinentemente indicato nei ricorsi, l’applicazione degli articoli 309e e 314e LT ha in effetti conseguenze anche in tal senso e non è in particolare nemmeno da escludere che – tenuto conto della riduzione introdotta – contribuenti che hanno dichiarato correttamente i propri elementi impo-nibili si trovino a dovere pagare importi addirittura più alti di contribuenti che, con elementi imponibili maggiori, hanno omesso di dichiararne l’esistenza e vi provvedono solo in sede di autodenuncia.

12.Si può giustificare con un obiettivo extra-fiscale una deroga al principio della parità di trattamento?La violazione dell’articolo 8 capoverso 1 e dell’articolo 127 capoverso 2 Cost. che è stata appena riscontrata non può nel contempo trovare una legittimazione neanche negli obiettivi perseguiti dal legislatore cantonale: che pure occorre consi-derare in costellazioni come quella in esame[41].

Per le imposte armonizzate, la constatazione che gli articoli 309e e 314e LT ledono l’articolo 8 capoverso 1 e l’articolo 127 capoverso 2 Cost. si aggiunge infatti all’accertamento dell’incompatibilità dell’introduzione di aliquote attenuate

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in materia di autodenuncia esente da pena con la LAID, motivo per cui non vi è – a priori – nessuno spazio per verificare se una simile violazione possa in qualche modo giustificarsi in considerazione degli obiettivi perseguiti dal legislatore ticinese.

Nel contempo, visto che gli argomenti e i dati addotti a sostegno della promozione dell’autodenuncia riguardano il progetto di “amnistia fiscale” nel suo complesso, e non ciò che ne resta dopo avere constatato che la sua parte principale è irrealizzabile, poiché contraria alla LAID, vana è però anche la ricerca di ragioni specifiche, a sostegno di una sua messa in atto limitata alle sole imposte non armonizzate.

A titolo completivo va in ogni caso osservato che la giuri-sprudenza ammette limitazioni al principio della parità di trattamento in materia fiscale riconducibili al perseguimento di obiettivi sociopolitici rispettivamente di promozione economica solo in maniera restrittiva. Come già indicato dal Tribunale federale, tanto più la limitazione è importante, quanto più occorre essere esigenti nel valutare gli interessi pubblici perseguiti. Anche nel caso gli obiettivi del legisla-tore siano ben definiti ed il loro perseguimento sia motivato da un interesse pubblico chiaro, le restrizioni che esso com-porta vengono inoltre tollerate solo se restano entro certi limiti e se sono circoscritte ad ambiti puntuali, non invece quando concernono una tariffa di carattere generale, da cui dipende l’imposizione di tutti i contribuenti[42].

Così stando le cose, quand’anche l’introduzione di aliquote attenuate in materia di autodenuncia esente da pena non fosse contraria alla LAID o si potesse fare astrazione dal fatto che le ragioni addotte a sostegno della stessa riguar-dano solo il progetto di “amnistia fiscale cantonale” nel suo complesso, l’assenza di una giustificazione alla violazione degli articoli 8 capoverso 1 e 127 capoverso 2 Cost. non potrebbe che essere confermata.

Pure nel caso concreto, la lesione degli articoli 8 capoverso 1 e 127 capoverso 2 Cost. – riscontrata in precedenza e motivata in primo luogo dalla volontà di aumentare il gettito fiscale – non comporta infatti conseguenze solo puntuali, ma si ripercuote in maniera incisiva sull’applicazione di intere tariffe, implica un trattamento manifestamente di favore per chi ha sottratto imposte al fisco e già beneficia dell’esenzione da pena, e non può quindi essere tollerata.

13.Il tempo trascorso dall’ultima amnistia fiscale generale non costituisce un motivo plausibilePoiché i materiali legislativi vi fanno a più riprese rinvio – per sottolineare il tempo trascorso dall’ultimo provvedimento di amnistia fiscale e il carattere eccezionale della misura propo-sta con gli articoli 309e e 314e LT – va infine aggiunto che l’amnistia fiscale generale messa in atto nel 1969, concernente le imposte federali, cantonali e comunali, non può costituire un precedente cui potersi automaticamente richiamare.

Se infatti è vero che, anche in quel frangente, il legislatore accompagnò all’esenzione da pena la rinuncia al ricupero

d’imposta, e che in tal caso la rinuncia fu di principio addi-rittura totale, è indispensabile sottolineare che sia l’esenzione da pena che la rinuncia totale al ricupero d’imposta erano previste dalla legge federale del 15 marzo 1968 concernente l’esecuzione dell’amnistia fiscale generale per il 1. gennaio 1969[43] adottata dopo l’introduzione nella Costituzione federale di una norma transitoria appositamente votata da popolo e Cantoni[44].

14.L’amnistia fiscale cantonale viola la LAID e la Costituzione federale!Detto ciò, va pertanto confermato che norme come gli articoli 309e e 314e LT – che favoriscono ulteriormente chi ha sottratto imposte e già va esente da pena, con una riduzione di quanto dovuto a titolo di ricupero d’imposta – non ledono solo la LAID, ma contrastano anche con il quadro costituzionale vigente: nel quale i princìpi che garantiscono la parità di trattamento in materia fiscale rivestono grande rilievo e non possono quindi essere oggetto di estese ed incisive limitazioni, tanto meno in base a considerazioni di natura politico-finanziaria di carattere generale, che implicano il riconoscimento di nuovi e significa-tivi vantaggi per chi ha sottratto imposte al fisco.

In effetti, come a ragione sottolineato dai ricorrenti, benché venga definito dalle autorità cantonali quale “tassa d’amnistia”, il pagamento del 30% delle imposte sottratte è in realtà solo il risultato del sostanzioso sconto concesso dalle norme in questione.

Con la dottrina, va d’altra parte rilevato che proprio a seguito del presente giudizio – che fa definitiva chiarezza sull’impos-sibilità di beneficiare delle riduzioni previste dagli articoli 309e e 314e LT – anche il Cantone Ticino potrà verosimilmente registrare un (ulteriore) incremento delle autodenunce, quindi approfittare degli aumenti di gettito fiscale che esse com-portano, come avvenuto in altri Cantoni, in cui la possibilità dell’autodenuncia esente da pena ha già registrato un apprez-zabile successo[45].

15.L’amnistia fiscale cantonale dev’essere annullataPer quanto precede, i ricorsi sono accolti. Constatata la loro incompatibilità sia con gli articoli 8 capoverso 1 e 127 capo-verso 2 Cost., sia con la LAID, gli articoli 309e e 314e LT sono annullati.

Elenco delle fonti fotografiche:http://www.1815.ch/site/assets/files/0/01/42/838/steuern.650x0n.jpg [20.05.2016]

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[1] DTF 133 I 286 consid. 2.2.[2] DTF 136 I 17 consid. 2.1; DTF 136 I 49 consid. 2.1; DTF 133 I 286 consid. 2.2.[3] DTF 130 I 174 consid. 1.2; Sentenza TF n. 2C_62/2008 del 25 settembre 2009 consid. 2.1.[4] DTF 133 I 206 consid. 2.1-2.3; Sentenza TF n. 2C_62/2008 del 25 settembre 2009 consid. 2.1.[5] DTF 133 III 446 consid. 3.1.[6] Sentenza TF n. 2C_169/2010 del 17 novembre 2011 consid. 2.1, non pubblicato in DTF 138 II 70.[7] DTF 135 II 243 consid. 2.[8] DTF 136 II 233 consid. 4.1; DTF 134 II 308 con-sid. 5.2; DTF 131 II 562 consid. 3.5 con ulteriori rinvii.[9] Foglio federale 2006, pagina 8079 e seguenti; Gantenbein Affrunti Susanne/Stählin Walo, Steueramnestie in der Schweiz? – Grundsätzliche Überlegungen zu Steueramnestien und aktuel-le gesetzgeberische Vorstösse in der Schweiz, ST 1-2/2004, pagina 112 e seguenti; Meier Alfred, Steueramnestie und amnestieähnliche Massnahmen – Zur Vernehmlassungsvorlage zur Vereinfachung der Nachbesteuerung in Erbfällen und Einführung der straflosen Selbstanzeige mit Wirkung für die direkten Steuern von Bund, Kan-tonen und Gemeinden, IFF Forum für Steuerrecht 2003, pagina 279 e seguenti.[10] Raccolta ufficiale 2008, pagina 4453 e seguenti.[11] Sutter Reto, Die straflose Selbstanzeige im Bereich der direkten Steuern der Schweiz, Berna 2014, pagina 13 e seguenti; Rohner Tobias, Selbstan-zeige bei Steuerhinterziehung und Steuerbetrug, Jusletter 8 aprile 2013; Streuli Marco/Grossmann Vreni, Vereinfachte Nachbesteuerung in Erbfäl-len und straflose Selbstanzeige – Anreize zu mehr Steuerehrlichkeit, ST 9/2008, pagina 711 e seguenti.[12] Corretto successivamente in articolo 57b LAID (cfr. Raccolta ufficiale 2009, pagina 5683).[13] Bernasconi Marco/Ferrari Donatella, Le nuo-ve norme relative alla semplificazione del ricupero d’imposta in caso di successione e all’introduzione dell’autodenuncia esente da pena, RtiD I-2008, pagina 487 e seguenti, pagina 498.[14] Messaggio del Consiglio di Stato n. 6116 del 17 settembre 2008; Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 27 genna-io 2009, pagina 42 e seguenti.[15] Vorpe Samuele, Novità legislative nel cam-po del diritto tributario, RtiD II-2014, pagina 551 e seguenti, capitolo 2.1.[16] Banca dati Curia vista, affare n. 02.308.[17] Foglio federale 2006, pagina 8079.[18] Foglio federale 2006, pagina 8092, n. 1.5.[19] Foglio federale 2006, pagina 8102, n. 2.2.1 in relazione con la pagina 8105, n. 2.2.2.[20] Foglio federale 2006, pagina 8106, n. 3.1.1.[21] Bollettino ufficiale 2007 Consiglio degli Stati, pagina 941.[22] Bollettino ufficiale 2007 Consiglio nazionale, pagina 2012.[23] Foglio federale 2006, pagina 8092, n. 1.5.[24] Steuerinformationen, Die Strafbestimmungen bei den direkten Steuern, ed. agosto 2011, n. 1.4.[25] Sentenza TF n. 2C_104/2008 del 20 giugno 2008 consid. 3.2.

[26] Sentenze TF n. 2C_999/2014 del 15 gennaio 2015 consid. 6; n. 2C_277/2008 del 26 settembre 2008 consid. 5.3 e n. 2C_104/2008 del 20 giugno 2008 consid. 3.3; tutte con rinvio alla DTF 121 II 257 consid. 4b; Richner Felix/Frei Walter/Kaufmann Stefan/Meuter Hans Ulrich, Handkommentar zum DBG, 2a ed., Zurigo 2009, N 3-5 e 39 ad Art. 151 LIFD; Zweifel Martin/Casanova Hugo, Schweizeri-sches Steuerverfahrensrecht, Zurigo 2008, pagina 357 e seguenti; Vallender Klaus A., in: Zweifel Mar-tin/Athanas Peter (a cura di), Bundesgesetz über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden, 2a ed., Basilea 2002, N 1 e seguenti ad Art. 53 LAID; Rivier Jean-Marc, Droit fiscal suisse, L’imposition du revenu et de la fortune, 2a ed., Neu-châtel 1998, pagina 206 e seguenti.[27] DTF 121 II 257 consid. 4c; DTF 98 Ia 22 consid. 2; Reich Markus, Steuerrecht, 2a ed., Zurigo 2012, N 126 e seguenti ad § 26; Casanova Hugo, in: Yer-sin Danielle/Noël Yves (a cura di), Commentaire romand, Impôt fédéral direct, Basilea 2008, N 1-4 ad Art. 151 LIFD; Vallender Klaus A./Looser Mar-tin E., in: Zweifel Martin/Athanas Peter (a cura di), Bundesgesetz über die direkte Bundessteuer, 2a ed., Basilea 2008, N 1-3 e 17 ad Art. 151 LIFD.[28] Citato Messaggio n. 6328 del 23 febbraio 2010, n. 9.[29] Citato Messaggio n. 6328 del 23 febbraio 2010, n. 4.2.[30] DTF 136 II 120 consid. 3.3.2; DTF 136 I 1 con-sid. 4.1; DTF 133 I 249 consid. 3.3; Schweizer Rainer J., in: Die Schweizerische Bundesverfassung, St. Gal-ler Kommentar, 3a ed., Zurigo 2014, N 38 e seguenti ad Art. 8 Cost.; Kiener Regina/Kälin Walter, Grun-drechte, 2a ed., Berna 2013, pagina 418 e seguenti; Biaggini Giovanni, BV Kommentar, Zurigo 2007, N 10 e seguenti ad Art. 8 Cost.[31] Klett Kathrin, Der Gleichheitssatz im Steuer-recht, ZSR 111/1992 II, pagina 1 e seguenti, pagina 58 e seguenti; Yersin Danielle, L’égalité de traite-ment en droit fiscal, RDS 111/1992 II, pagina 145 e seguenti, pagina 164 e seguenti.[32] DTF 133 I 206 consid. 6.1; Vallender Klaus A./Wiederkehr René, in: Die Schweizerische Bun-desverfassung, St. Galler Kommentar, 3a ed., Zurigo 2014, N 3 ad Art. 127 Cost.[33] DTF 133 I 206 consid. 6.1; DTF 132 I 153 con-sid. 3.1; DTF 114 Ia 321 consid. 3b; Höhn Ernst/Waldburger Robert, vol. I, 9a ed., Berna 2001, N 71 ad § 4; Morandi Sandra, Die Begrenzung der Steuer-last durch verfassungsrechtliche Bindungen des schweizerischen Steuergesetzgebers, Diss. San Gal-lo, Bamberg 1997, pagina 125 e seguenti.[34] DTF 140 II 157 consid. 7.1 con ulteriori rin-vii; Sentenza TF n. 2C_300/2009 del 23 settembre 2009 consid. 5.1, nel quale viene indicato come le imposte sulle successioni e sulle donazioni con-cretizzino anch’esse il principio dell’imposizione secondo la capacità economica; Klett Kathrin, op. cit., pagina 92 e seguenti; Yersin Danielle, op. cit., pagina 169 e seguenti.[35] Tipke Klaus, Die Steuerrechtsordnung, vol. I, 2a ed., Colonia 2000, pagina 488 e seguenti.[36] DTF 133 I 206 consid. 7.1; DTF 99 Ia 638 con-sid. 9; Klett Kathrin, op. cit., pagina 92 e seguente.[37] Sentenza TF n. 2P.78/1995 del 24 mag-

gio 1996 = StR 51/1996 pagina 436 consid. 2c/aa; Reich Markus, Das Leistungsfähigkeitsprinzip im Einkommenssteuerrecht, ASA 53, pagina 5 e seguenti, pagina 16 e seguente.[38] Reich Markus, Der Grundsatz der Besteue-rung nach der wirtschaftlichen Leistungsfähigkeit – eine Illusion?, in: Beusch Michael/Mäusli-Allen-spach Peter (a cura di), Liber amicorum für Martin Zweifel, Basilea 2013, pagina 3 e seguenti; Höhn Ernst/Waldburger Robert, op. cit., N 76 e seguen-te ad § 4; Tipke Klaus, op. cit., pagina 484; Morandi Sandra, op. cit., pagina 133; Senn Silvia Maria, Die verfassungsrechtliche Verankerung von anerkann-ten Besteuerungsgrundsätzen, Zurigo 1999, pagina 191 e seguenti.[39] DTF 133 I 206 consid. 6.2; Reich Markus, Von der normativen Leistungsfähigkeit der verfas-sungsrechtlichen Steuererhebungsprinzipien, in: Steuerrecht im Rechtsstaat, Festschrift für Fran-cis Cagianut, Berna 1990, pagina 107 e seguenti; Morandi Sandra, op. cit., pagina 124.[40] DTF 134 I 248 consid. 2.[41] DTF 136 I 1 consid. 4.3.2; DTF 136 II 120 con-sid. 3.3.2; DTF 133 I 206 consid. 11; Oesch Matthias, Differenzierung und Typisierung – Zur Dogmatik der Rechtsgleichheit in der Rechtsetzung, Berna 2008, pagina 399 e seguenti; Schweizer Rainer J., in: Die Schweizerische Bundesverfassung, St. Galler Kommentar, 3a ed., Zurigo 2014, N 40 ad Art. 8 Cost.; Müller Jörg Paul/Schefer Markus, Grundrechte in der Schweiz, 4a ed., Berna 2008, pagina 661 e seguenti; Martenet Vincent, Géométrie de l’égalité, Zurigo 2003, pagina 189 e seguenti; Rhinow René A./Schefer Markus, Schwei-zerisches Verfassungsrecht, 2a ed., Basilea 2009, nm. 1849; Rütsche Bernhard, Die Rechtsglei-chheit in Bewegung: Dogmatische Fortbildung von Art. 8 Abs. 1 BV, AJP/PJA 9/2013, pagina 1321 e seguenti; Wiederkehr René, Rechtfertigung von Ungleichbehandlungen: Gilt Art. 36 BV auch bei der Einschränkung der Rechtsgleichheit?, AJP/PJA 4/2008, pagina 394 e seguenti, pagina 399 e seguenti.[42] DTF 133 I 206 consid. 11.1-11.3.[43] Raccolta ufficiale 1968, pagina 965.[44] Raccolta ufficiale 1968, pagina 421; Aubert Jean-François/Mahon Pascal, Petit commentai-re de la Constitution fédérale de la Confédération suisse du 18 avril 1999, Zurigo 2003, N 35 ad pagina 1312; Banderet Fritz, Rechtsfragen auf dem Gebiete der Eidgenössischen Steueramnestie 1969, ASA 37, pagina 6 e seguenti; Lurà Filippo, L’amnistia fiscale, RDAT II-2003, pagina 483 e seguenti, pagina 487 e seguente; Pache C.D., Quelques considérations sur l’amnistie fiscale générale au 1er janvier 1969, RDAF 1969, pagina 1 e seguenti, pagina 6 e seguenti; Weidmann Heinz, Die allgemeine Steueramnestie 1969, Berna 1969, pagina 13.[45] Vorpe Samuele, Fino a quando durerà la doccia scozzese legata all’amnistia fiscale cantonale?, NF 7/2013, pagina 5 e seguenti; Comunicato stampa del 6 gennaio 2015 della Direzione delle finanze del Cantone Zurigo.

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