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Biblioteca della Valchiavenna SUCCURSALE DI GORDONA Novembre 2012 m o m e n t I d i G o r d o n a

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Biblioteca della Valchiavenna SUCCURSALE DI GORDONA

Novembre 2012

momentI

di Gordona

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Momenti di Gordona | novembre 2012

Biblioteca della Valchiavenna Succursale di Gordona

Realizzazione a cura della Commissione di gestione della Biblioteca di Gordona piazza G. B. Mazzina 5, 23020 Gordona (So) tel. 0343 42899 e-mail: [email protected]@cmvalchiavenna.it

Da alcuni anni il nostro bollettino è consultabile in formato digitale sul sito internet del Comune di Gordona (www.comune.gordona.so.it) nello spa-zio riservato alla vita del paese, alla voce ‘biblio-teca comunale’.

Orari di apertura della biblioteca:

lunedì 14,30 – 19,00martedì 14,00 – 17,30mercoledì 14,30 – 17,00giovedì 14,30 – 17,00venerdì 14,30 – 17,00

In copertina

Disegno di Rachele Gatti “Mulattiera di Cermine”, 3a classificata al concorso “Disegna i tuoi momenti di Gordona”, anno scolastico 2009-2010.

Attività 2011-2012

Corso di decorazioni per l’Avvento

Serata patrono S. Martino con la partecipazione della banda: replica proiezione filmato “Ricordi di un’estate gordonese”, castagnata.

Tombolata di Natale

Calendario “Bon En 2012: Dudes gurdunees, ügn par ogni mees”.

Corso di bricolage per bambini

Giornata della memoria 2012: “La rosa bianca”.

Progetto “Carte d’identità a confronto” rivolto alle classi I, II e III media.

Corso di focaccia in 5 lezioni con serata finale di degustazione

Mostra “Carte d’identità a confronto” allestita in occasione della festa della focaccia

Cinema all’aperto: proiezione di film con contenuti socio-culturali a Cimavilla, Bodengo, Cermine.

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Sommario

4 Dalla Commissione Biblioteca

5 Dalla Bibliotecaria

7 Nuove proposte culturali: il cinema per l’incontro e la formazione

9 Carte d’identità a confronto

11 Du puesii dal Fanada

11 Tre rizèt dal Nicu

12 Düü biglietign de Gurdunees

13 Vucabulari de Gurduna

14 Perché la chiesa sulla collina di Gordona è intitolata a Santa Caterina?

16 Una lettera inviata nel 1625 a Gordona dal capitano grigione Giorgio Jenatsch

20 Cento anni fa la fondazione della latteria di Gordona

22 Sapevate che… “Una olta al gĥieva poocĥ terman, e ades?”

23 L’arciprete don Michele Trussoni. 1962-2012 50° anniversario della morte

24 La Via Crucis del parroco di Gordona

31 Vita nostra

37 Fiorano al Serio, 30 settembre 2012: una giornata da ricordare

38 La Val Bodengo alla sfida del presente

40 Oratorio: la nostra seconda famiglia!

42 Ritorno in Senegal

44 Nel mio paese

45 Gurdunees senza pretees, un anno di soddisfazioni

46 La partecipazione alla VII Giornata mondiale delle famiglie

48 A Gordona “Il cinema incontra la famiglia”

49 Alba, ora ti conosco

50 Una comunità in lutto e attonita… ma che ricerca la speranza

51 Dati anagrafici 2011

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La fine dell’anno è ormai prossima, e con essa si avvicina il tempo dei bilanci. “Momenti di Gordona”, in fondo rappresenta un po’ questo: l’attimo in cui si convogliano i dati, le informazioni, che nel complesso forniscono una sorta di bilancio sociale di un anno di vita di paese. Forse è ambizioso pensare che un modesto notiziario possa assolvere un compito così complesso, ma è proprio sfogliando queste pagine, scorrendo il passato, il presente e il futuro che esse narrano e auspicano che è possibile intravvedere la nostra identità comunitaria.

È attraverso ciò che scegliamo di scrivere, attraverso ciò che andiamo a ricercare tra gli archivi privati, parrocchiali e comunali, attraverso il dato tecnico dell’anagrafe, del prestito librario e l’analisi della tipologia degli utenti della biblioteca, l’esito dei progetti culturali, gli scritti in dialetto e i resoconti delle associazioni, è attraverso ogni singolo appunto e documento che riceviamo per essere pubblicato che possiamo in parte misurare il grado di affezione al paese e come viviamo la nostra cittadinanza.

Nelle ultime edizioni sono aumentati gli articoli riguardanti le ricerche storiche, tra cui i sempre preziosi scritti dialettali che consolidano un pezzo di anima del paese. Tuttavia risulta a volte difficile rilevare il nostro presente, attraverso delle voci disposte a indagare tematiche attuali. Anche “Momenti di Gordona” vive le incertezze di questi tempi di repentine mutazioni. Scrivere, raccontare e raccontarsi è divenuto quasi un atto coraggioso, che richiede impegno e sfida a volersi mettere in gioco.

Abbiamo voluto dedicare l’inserto speciale di questa edizione 2012 all’arciprete don Michele Trussoni, di cui quest’anno ricorre il 50° anniversario della morte. Provengono dall’archivio parrocchiale le pagine che vi proponiamo, che narrano la cronaca dei drammatici eventi dei primi di febbraio del 1945, giorni in cui “per lavare il sangue” di due militi fascisti uccisi in uno scontro con i partigiani, don Michele fu condannato all’esecuzione tramite fucilazione e assolto in extremis. Le fotografie provengono dagli album privati, così come appartiene a una collezione privata la preziosa raccolta di bollettini parrocchiali “Vita nostra”, editi tra il 1936 e il 1943, a cui dedicheremo a partire da quest’anno una particolare sezione.

I momenti di Gordona sono fatti, infine, anche di emozioni... il cuore si gonfia di gioia e commozione per aver vissuto una giornata di raccoglimento e preghiera con le famiglie a pochi metri dal Papa; si rallegra nel condividere con leggerezza qualche serata d’estate sotto le stelle e davanti a un film, si riempie di fiducia nel vedere i nostri ragazzi che si impegnano a far divertire e crescere i nostri bambini nella semplicità dell’oratorio; soffre e piange per le ferite inferte dalle terribili tragedie che inevitabilmente gettano il paese nello sconforto, per questo affidiamo il compito di chiudere il nostro giornalino a una riflessione che è un messaggio di amore e di speranza.

Nell’incertezza generale che tutti noi stiamo vivendo, abbiamo però la consapevolezza che i momenti di Gordona continueranno a essere vissuti... e speriamo anche raccontati.

Dalla Commissione Biblioteca

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Dalla Bibliotecaria

Dal mese di maggio Bianca Polato ha sostituito Rosa Francoli in biblioteca. Un caloroso benvenuto a Bianca e i migliori auguri a Rosa per il suo nuovo incarico.

Dal mese di maggio 2012, è cambiata l’addetta di biblioteca. Rosa Francoli, che saluta tutti i suoi affezionati lettori, è stata chiamata a maggiori incarichi nella Sede Centrale di Chiavenna, ed ora, il lunedì e il martedì, sono presente io, che mi chiamo Bianca Polato, e sono una dipendente della Cooperativa Sociale “La Quercia”, che da anni ha in appalto con la Comunità Montana Valchiavenna e con alcuni Comuni la gestione di diverse succursali (Gordona, Mese, Novate Mezzola, Madesimo e Campodolcino).Sono un’educatrice professionale e in coo-perativa mi occupo dell’area sociale, ma ho effettuato, in diverse occasioni, le sostituzioni delle mie colleghe bibliotecarie e qualche anno fa sono stata incaricata dell’apertura della Bi-blioteca di Gordona il lunedì, nella fascia oraria sperimentale dalle 17,00 alle 19,00. È stato un piacere ritornare in modo continua-tivo in questa piccola ma bella biblioteca e constatare quanto sia, nel frattempo, cresciuto il numero e l’interesse dei lettori, e in particolare osservare la frequentazione costante da parte delle donne e dei bambini. Preziosa anche la collaborazione con le ben coordinate volontarie, grazie alle quali il ser-vizio di prestito è fruibile anche negli altri tre giorni della settimana.Ora alcuni dati significativi che ci vengono forniti dalla Sede Centrale e che dimostrano l’affezione degli abitanti di Gordona alla loro biblioteca: nel 2011, 294 lettori hanno avuto accesso al prestito e 2908 sono stati i volumi

usciti, un ulteriore aumento, pertanto, rispetto ai 2737 prestiti dell’anno precedente.I lettori più assidui sono i bambini/ragazzi (1822 prestiti nel 2011 a fronte dei 1726 del 2010) e questo dato rende merito ai genitori e alle inse-gnanti delle diverse scuole che hanno saputo orientare anche i più “piccoli” alla lettura. In ulteriore aumento anche l’utilizzo del prestito interbibliotecario; 105 sono stati i volumi richie-sti dalla sede di Gordona alle altre biblioteche della provincia; ma occorre dire che, sempre più spesso, ache la nostra Biblioteca è ogget-to di richieste da parte delle succursali e ciò dimostra che, pur essendo una piccola realtà, dispone di un patrimonio librario interessante ed aggiornato.Anche la circolazione di DVD è notevolmente aumentata, grazie all’acquisto di una trentina di nuovi film, e conferma il successo che questa iniziativa sta riscuotendo, sia da parte degli adulti che dei più piccoli.

A marzo 2012 sono stati effettuati ulteriori nuovi acquisti.Ecco le segnalazioni di alcune tra le diverse novità che hanno arricchito il patrimonio librario della nostra biblioteca.

Per adulti:• �Il�quaderno�di�Maya - I. Allende - Feltrinelli• �Il�meglio�di�me - N. Sparks - Frassinelli•��Forte�è�la�donna - C. Pinkola Estes - Frassinelli• Galeotto�fu�il�collier - A. Vitali - Garzanti• �Un�amore�di�marito - S. Casati Modignani - Sper-

ling & Kuffer• La�casa�sopra�i�portici - C. Verdone - Bompiani• Caino - P. Capriolo - Bompiani• Facebook�in�the�rain - P. Mastrocola - Guanda• Fai�bei�sogni - M. Gramellini - Longanesi• �Come�sasso�nella�corrente - M. Corona - Mon-

dadori• �Auschwitz.�Ero�il�numero�220543 - Avey-Broomby

- Newton Compton• La�chiave�di�Sarah - T. De Rosnay - Mondadori• �Fra�le�braccia�del�vento - R. Battaglia - Rizzoli

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Per ragazzi:• �Il�diario�di�una�schiappa:�vita�da�cani�- J. Kinney

- Il castoro• Top�model�per�un�giorno - T. Stilton - Piemme• �Vincent�Van�Gogh�e� i�colori�del�vento - C. Los-

sani - Arka• �Giorgio,�il�drago�geloso - G. De Pennart - Barbalibri• Complotto�di�classe - D. Stanley - De Agostini• Le�prime�parole�di�Spotty - E. Hille - Fabbri• Barbapapà�pizzi�e�merletti�- Taylor-Tison - Nord-

Sud• �Furto�con�fantasma - P. Bat - Piemme• Maledetta�matematica - P. Kyartan - Salani•��Salva�il�mare�con�Valentina - A. Petrosino - Piem-

me•��Il�segreto�di�Clelia - C.M. Russo - Piemme• Un�gatto�non�è�un�cuscino - C. Nostlinger - Piemme

“Leggere ci dà un posto dove andare anche quando dobbiamo rimanere dove siamo” (Mason Cooley)

“I bambini non ricorderanno se la casa era lustra e pulita, ma se leggevi loro le favole” (Betty Hinman)

DVD:• Benvenuti�al�Sud - Luca Miniero• Il�cacciatore�di�aquiloni�- Marc Forster•��Dieci�inverni - Valerio Mieli • Immaturi - Paolo Genovese• Femmine�contro�Maschi - Fausto Brizzi• �Millenium - Serie completa - Daniel Alfredson,

Niels Arden Opley• Qualunquemente - Giulio Manfredonia• Schindler’s�List - Steven Spielberg• La�vita�è�bella - Roberto Benigni• �Matilda�sei�mitica - Danny De Vito• �Kirikù�e�gli�animali�selvaggi�- Benedicte Galup• Mucche�alla�riscossa - Will Finn, John Sanford• Spirit�cavallo�selvaggio - Kelly Asbury, Lorna Cook

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Dal salone della biblioteca ai sagrati delle chiese, una rassegna di film itinerante con tematiche sociali per incentivare l’approfondimento e il dialogo.

Le attività della Biblioteca quest’anno si sono ac-costate spesso al mondo del cinema confidando nella sua potenza narrativa. A partire dal Giorno della Memoria che cade il 27 gennaio, rievoca-zione dell’abbattimento dei cancelli ad Auschwitz, si è pensato di punteggiare il tempo di Gordona di proiezioni che trattassero tematiche a sfondo socio-culturale. La rassegna estiva “Cinema all’aperto” ha realiz-zato un duplice desiderio: creare delle piazze di condivisione di idee e storie promuovendo così la discussione e il confronto, e valorizzare alcu-ni luoghi fisici del paese, adattandoli a speciali platee. A volte cambiare la destinazione d’uso di un luogo significa caricarlo di un fascino sconosciuto, come nel caso della proiezione di Terraferma�(2011), film di Emanuele Crialese dedicato all’immigrazio-ne clandestina nelle aree dell’Italia mediterranea. Le onde del mare di Sicilia che riempivano lo schermo, accompagnate da uno sciabordio ner-voso e costante, creavano un conflitto spiazzante con la vegetazione boschiva di Cimavilla. La stes-sa sensazione era alla base della vicenda umana di Terraferma: in una famiglia siciliana le diverse generazioni si trovano a gestire una situazione di emergenza civile in maniera a dir poco difficoltosa a causa delle loro mentalità contrastanti.Bodengo è stata invece scelta come sede ide-ale per proiettare Il�vento�fa� il�suo�giro�(2005), diretto da Giorgio Diritti, pellicola in cui la vita di un piccolo paese montano sulle alpi occitane affronta l’accoglienza di una famiglia di stranieri. Da spettatori si è assistiti attoniti a un processo di immedesimazione piuttosto inevitabile, a tratti sgradevole, con certi personaggi e caratteri, e

soprattutto con la tendenza a conservare le abi-tudini consolidate, spesso inflessibili nonostante il mutare delle esigenze di socializzazione. Il�vento�fa�il�suo�giro intendeva lanciare una sorta di guanto di sfida a noi stessi in quanto comunità, avviando a un’introspezione.Il film che ha saputo appassionare in maniera più trasversale i gordonesi, coinvolgendo ad alto livello sia adulti che ragazzini è stato Quasi�amici (2011), opera dei francesi Olivier Nakache ed Eric Toledano. Proiettato a Cermine, in una serata stellata riscaldata da coperte variopinte e dal profumo di vin bruleè, Quasi�amici ha introdotto il tema, in genere piuttosto taciuto, della disabilità. Due personalità forti e fiere come il disoccupato Driss e il tetraplegico Philippe convergono in un’amicizia preziosa, basata su un radicato senso di rispetto, dignità e sincera uguaglianza. Una storia quasi unica, che parla di malattia evitando di abbandonarsi al pietismo e generosa di risate. Il tutto dispiegato su un commovente tappeto sonoro di pianoforte.Per quanto riguarda due film in particolare si può tracciare un filo rosso che suggerisce affinità: So-phie�Scholl�–�La�rosa�bianca (Marc Rothemund), proposto il Giorno della Memoria e I�cento�passi�(Marco Tullio Giordana), la cui visione prevista a Santa Caterina è stata inficiata per ben tre ten-tativi da meteo avverso. In entrambi, i protagonisti sono ragazzi molto gio-vani, in lotta contro sistemi di potere opprimenti che sotterrano i principi di democrazia. Osano opporvisi pur di ubbidire alla loro coscienza civile, impiegando sistemi assolutamente nonviolenti, basati sulla propaganda e l’invito a resistere. I ragazzi della Rosa Bianca, tra cui spicca Sophie Scholl, diffondono segretamente dei volantini all’università di Monaco nel 1943, in cui solleci-tano il popolo tedesco a riprendersi da un atteg-giamento passivo che li porterà addirittura a “me-ritare la rovina”. “Non c’è nulla di più indegno per un popolo civile che lasciarsi “governare” senza alcuna opposizione, da una cricca di irresponsa-bili dominati dai propri istinti”. Questo affronto li

Nuove proposte culturali: il cinema per l’incontro e la formazione

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condanna a morte quasi istantaneamente: colti infatti nell’atto di distribuire il sesto volantino, Sophie, il fratello e un terzo membro del gruppo vengono destinati alla ghigliottina passando at-traverso un processo umiliante che non offre loro nemmeno un’opportunità onesta di difesa.Il film di Marco Tullio Giordana I�cento�passi è invece un tributo alla memoria di un giovane siciliano, Giuseppe Impastato detto Peppino, morto 34 anni fa per difendere un analogo amore di giustizia. Peppino Impastato vive a Cinisi, un paese vicino

a Palermo sottomesso a un dominio mafioso colpevole di distruggere ogni bellezza. Ha un’idea precisa: le cose, nello stato in cui sono, non gli piacciono per niente. Serve fare qualcosa per cambiare, e il cambiamento passa attraverso l’informazione alternativa, le discussioni attorno ai cineforum protratti fino a tarda notte, in una parola l’appassionata comunicazione. Insieme con altri ragazzi fonda la coraggiosa Radio Aut, dalle cui frequenze sferra attacchi feroci ai “ca-petti di Cinisi” usando l’arma della derisione. Peppino Impastato sfotteva la mafia: il boss don Tano Badalamenti diventa Tano Seduto, mentre Cinisi è ribattezzata Mafiopoli. “La mafia è una

montagna di merda!” strillava addirittura, con di-sarmante ardimento, il primo titolo del giornalino stampato dal gruppo. L’orientamento della protesta è assolutamente pacifico, rinnega qualsiasi forma di violenza. Si armano di ridicole storpiature, ironia tagliente, con lo scopo di umiliare la criminalità, ridere di essa e non averne paura. Tuttavia erano consapevoli di alimentare una macchina assassina: come af-ferma Salvo Vitale, amico di Peppino Impastato, la satira costituiva per la mafia un “reato di lesa maestà” insopportabile.L’omicidio di Impastato passò all’epoca piuttosto in sordina, perché coincise esattamente con quel 9 maggio 1978 in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro in un’auto abbandonata dalle Brigate Ros-se. Il senso drammatico degli eventi è condensato nei versi dei Modena City Ramblers nel brano I�cento�passi che descrivono quel momento come “la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove maggio settantotto […] l’alba dei funerali di uno stato”. “La testa non l’ha abbassata mai, la teneva sem-pre in alto!” è una delle tante attestazioni espres-se con orgoglio dalla madre di Peppino Impastato Felicia, che l’ha onorato nella strenua denuncia fin dal giorno dei suoi funerali.“Noi dobbiamo ribellarci, prima di non accorger-ci più di niente!”: come Sophie Scholl, anche Peppino Impastato temeva la rassegnazione del popolo. Intravedeva però un ottimo antidoto nell’educazione alla bellezza: “Bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla! La bellezza… è importante la bellezza, da quella scende giù tutto il resto”.La protesta civile energica e perfino allegra dei ragazzi di Cinisi, similmente alla resistenza pro-pagandata dalla Rosa Bianca, è stata più forte delle tragedie patite. Uno dei motivi per cui stan-no attraversando la storia conservando efficacia e vigore è sicuramente la forza del gruppo, la sinergia che si accende tra persone compatte nella condivisione di ideali. Queste idee sono destinate a non perdere un solo soffio di risonan-za e attraverso la memoria tocca a noi nutrirle costantemente e ricavarne promesse di futuro. Lavorare affinché il presente continui a essere intriso del ricordo di questi ragazzi straordinari e… disubbidienti!

Peppino Impastato davanti alla sede di Radio Aut

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Alcune riflessioni sull’omonima mostra organizzata dalla biblioteca in collaborazione con i ragazzi della scuola media.

Segni particolari: nessuno.È proprio la carenza di tratti distintivi la sensazio-ne che aleggia a una prima analisi della mostra “Carte d’identità a confronto”, organizzata dalla biblioteca lo scorso maggio in occasione della Festa della Focaccia.Ma facciamo un piccolo passo indietro e cerchia-mo di capire qual è stato il punto di partenza.

“Carte d’identità a confronto” si proponeva di essere una mostra fotografica in cui mettere a paragone immagini descrittive dell’età adole-scenziale, dal dopoguerra ai giorni nostri.Questo confronto, che inevitabilmente deforma e ridefinisce nel tempo i tratti e i valori propri dell’età dell’adolescenza, si sarebbe dovuto co-struire partendo dai racconti degli stessi soggetti che la stanno attraversando ora o che l’hanno vissuta in un passato più o meno recente. Come fare per costruire questo confronto e restituirlo in una mostra? Ricorrendo a semplici tecniche di in-dagine quali i racconti di storie di vita e la raccolta di oggetti rilevanti di quell’età, da immortalare in una semplice foto-ricordo accompagnata da una didascalia significativa.Tale tipo di indagine, grazie alla sua natura es-senzialmente concreta e diretta, avrebbe con-sentito di cogliere il vero senso delle esperienze soggettive e collettive di ogni tempo, al di fuori degli schemi convenzionali e delle etichette cui spesso si è soliti ricorrere.Affiancando coppie di immagini, raffiguranti og-getti dell’adolescenza di oggi e di ieri, si sarebbe costruito un percorso descrittivo e di confronto della fanciullezza di ogni tempo, dove la dimen-sione temporale sarebbe stata la chiave di let-tura principale per contestualizzare i soggetti

Carte d’identità a confrontoraffigurati e cogliere, di conseguenza, il senso del racconto stesso.

Questo era il verbo e il complemento oggetto. A tutti noi, partendo dai ragazzi della scuola media ed estendendo successivamente l’invito a chiunque, veniva chiesto di essere il soggetto della frase. È in questo passaggio che si sono persi un po’ di vista gli obiettivi della mostra, pe-raltro molteplici. Il coinvolgimento della scuola, ad esempio, era considerato prioritario per la buona riuscita del progetto, ma, dopo l’entusia-smo iniziale, il riscontro e il supporto, anche in termini logistici, non si può dire che siano stati positivi. Eppure il progetto dimostrava di avere un interessante risvolto didattico: voleva essere un modo di creare nei ragazzi consapevolezza delle loro radici, della storia del loro paese, dei suoi abitanti e del loro tempo, dei valori di una volta, del modo di vivere delle generazioni precedenti. Era, inoltre, uno strumento per farli riflettere su ciò che realmente conta nella loro vita attuale e su ciò che li rappresenta e li identifica, oltre a essere un buon esercizio per plasmare la loro personalità ed esprimersi in maniera creativa. L’impegno richiesto ai ragazzi era quello di im-mortalare in un unico scatto fotografico gli oggetti più importanti e significativi della loro età attuale e di ripetere successivamente questa ricerca e rappresentazione di oggetti dell’adolescenza confrontandosi con una persona oggi adulta o anziana. Sarebbe stato per tutti un modo persi-no divertente di mettersi in gioco e una buona occasione anche per relazionarsi con compae-sani di età differenti su un tema tanto semplice. Occasione che in pochi hanno voluto cogliere, anche nel momento in cui è stato esteso l’invito a una partecipazione spontanea da parte di tutto il paese.

Osservare e indagare il mondo adolescenziale e studiarne i vari aspetti significa assistere al delinearsi della personalità degli individui, se-guirne le dinamiche di socializzazione, ricavarne

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i valori di riferimento, ovvero dipingere una sorta di ritratto collettivo di un’età, di una società e di un’epoca. Estendere questo tipo di ricerca attra-verso la storia consente di giungere a confron-tare le età biologiche con le età storico-sociali, restituendo così un quadro di come l’evoluzione dei tempi stia repentinamente modificando i tratti caratterizzanti di un popolo.Viene allora da pensare che le caratteristiche quali la concretezza, la dignità, l’orgoglio, la vo-glia di fare, la determinazione e l’ubbidienza che sono sempre stati tratti distintivi dei gordonesi, siano ormai solo un ricordo del passato. Per i ragazzi di oggi ciò che conta veramente sembra essere un videogioco, il telefonino, un pallone, il cane, il motorino e la squadra di calcio. Sono rare le eccezioni che sfuggono a questa frivolezza, caratteristica che si evince non solo dagli oggetti in larga misura rappresentati nelle foto esposte alla mostra, ma anche nell’atteggiamento ge-nerale con cui è stato condotto (o non) questo semplice compito.Doveroso, d’altra parte, riconoscere invece l’ele-vata caratura del lavoro di quei pochi che si sono

distinti per la raffinata ricerca di oggetti particolar-mente significativi e per l’apprezzabile creatività espressa nella composizione fotografica. In conclusione, l’ingrediente che forse mancava per la buona riuscita generale della ricetta era la motivazione. È stata data per scontata. Errore. Quella stessa motivazione forse siamo in molti ad averla dimenticata o smarrita, ma è neces-sario riscoprirla dentro di noi se vogliamo che il nostro paese conservi il suo passato, dia un sen-so al suo presente e guardi con fiducia al futuro.

Segni particolari: semplicità.Ripartiamo da qui, dalla consapevolezza che ognuno di noi ha un grande potenziale che può riversare nelle piccole cose, quelle che fanno la vita di tutti i giorni di un paese semplice e stra-ordinario come il nostro. Ripartiamo da noi, dal nostro umile orticello che ognuno di noi può con-tribuire a coltivare. Ripartiamo da oggi, insieme, e dalla voglia di conservare e raccontare questo nostro piccolo grande tesoro che ci unisce sotto il nome di Gordona.

Mostra C. I. a confronto

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Du puesii dal Fanada La forza evocativa del dialetto in queste due stupende poesie scritte dal Fanada.

cure al bambign ‘l eva la mam

A�le nocc e le un poo tèèrte sum cĥilò cui öcc avèèrta remiré la nosa valparché urmai le šcié ‘l Natal.Quanti lüüs cĥie se vì in giircĥie fé ciaer nocc e siir;e ‘l regoort al fé turnéal Natal de tanci egn fé.Ignura se rivèva preparèèpar la noc de denedèè;a lecc sübet dopu scenae levé prešt par la nuenae fé i bravi mateignpar es prunt par al bambign.A la vejiglia, pena prüm da indrumintat,te dueva met fö ‘l piatparché al bambign cui söö regaial savess indue pujiai.Pö de noc n’ agitazioɳ a pü fenì,e la cuntenteza da šcuprìcĥie ‘l bambign l’eva pasèèe quaicoss par tücc l’eva purtèè:aranz, galet e mandarigmcaramèli e quai mentign.Cĥie cuntenteza quii regai!!e cĥie gran fèšta quii Natai!!e mì štanocc vööcĥ regurdamquel bambign e la mi mam. fanada

la cĥiadula

Verda mo, in mez ai rop vec,una cĥiadula tré i legn sut al tec,piena de pulvar cun rut al paleela me dumenda se me regordi de lee. Quanti olt to vedüda a pasé!!sü int al špal de la jent par ütai a purté,te purtèva dumà rop necesèricavez e impilèè cume in tun armèrie sü in ti curnucc, suur ai cavei,se ligĥièva culzee, padèli o sedei.Cĥiadula, un as liss contra la šcĥiena,tacĥièè a ogni špala cun la su palenateštamuni de jent cĥie fac tanta fadigĥiae cume regoort ai te lègĥian ‘na rigĥia.Grazia cĥiadula parché ent in la Val e sü la Piüdèlate me regalèè l’emuzioη püsee bèlacure sia a pasé sü cĥie a vignì in jùsü in la cĥiadula al Vitu ‘l eva scié la serù.

fanada

FurmentignSe ciapa de la farina biencĥia (Se po’ fai e cun quela gielda) e cun acqua se mešcia adasi adasi in un bajlöö fign cĥie al se furma dii grümuign piscian e pö si fè cĥiöös al temp necesèri in tal lacc salèè. (una via de mez tre la meneštra e i gnocĥ)

Pulenta ruštida cun curnet e magnucĥiaŠfetè la pulenta fregia, intant fè chiöös i curnet in acqua salèda, in una padèla met un bel cĥiugié de büteer, fè ruštì la pulenta cun i curnet e una bèla brancĥièda de magnucĥia (mei s’à lè de cĥièvra). (da lecĥias i baff)

La šfracĥietaAsoŋ, quii bei e boŋ dal Doss, šfrachièè cun la furscèla in un bašlöö, cun düü cĥiugié de zücar e par i püsee grent e guluus, un cĥiugié de gràpa. (cĥie marenda...)

Tre rizèt dal NicuRezet di mee regorddi Domenico Biavaschi

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Düü biglietign de Gurdunees Ricordi e nostalgie del passato dentro due nuovi “fuiet de dialet”

O Signur grazia de štu nööf dì.Sum levèda štamatina a pensé cure laurèva la vigna,sempar prešt se andeva in tal fé dìparché ‘l eva frec e i fiöö i evan a lec.Le un regoort cĥie cure gĥie pensi süal me špièès da pudé fal pü.Pena fenii l’invern se invièva a pensé,cura an seva in cal de lüna, par pudée quai bun viit nuelé.La štesa roba, sempar in cal de lüna,se taèva al saleš e cun cĥiüra se li urdenèvapö in l’ivolt se li pujièva bèl al frešcĥ par bri secĥié.Quii mazöö bei cavez de saleš, al saleš e i salešignas gĥié feva la punta cul pudarign pö,par pude druai de fevree o mèèrzse cĥüréva un dì de ümet par pudé fé süinsì al se špelèva bricĥ gnee al canaulgnee al sultèva bricĥ i cò parché al viit agl’evan mulesin.A l’eva un špass: in tun atim se feva sü una trosa o una pergula, senza štracĥias.Par san Giüsèp, se gĥié ureva ve fenii da fesǜ, cavé i fusee,e pö par un poo šté a vedé.La viit la pienjieva, al gèm li se brisevan e i garzöö i cresevan.da quel mument al vegniva al bèl vedé.In prenzipi dal mees de mainš, cun prüdenza šgarzulée pö sübet inzulfregĥié.I öcc i pienjevan ma par la viit al gĥié vureva.pö par un poo pü tucĥié parché al Signuur al dueva lauré.

Al nass l’ügĥia e la fiuriss, dopu quai dì te la capisscĥié la cres a öcc vedent e bei pinciaröö la fé ent.Ignura se invièva a bagné, met a möi al verderampö imbrudé cut al brentalign de la bröda sü in tal špal,o a la sira o a la matina ogni dees dì una bèla šbrufadina.A sant Ana a le šcié al bèl, cure se cĥiüra al penjaduual temp da marüdé a l’eva vignüü.Pö dopu, fign al colt de san Lurenz,as gĥié ureva šté atent,parché, al negroη, in quel mumentin mèz al penjaduu al se feva ent.Ignura švèlt cul zulfrecĥ e verderam par šcascé agl’ültum magagn. A quel puntu niotar, da lauré ‘n eva quasi fenii e‘l bèli üücĥ se vedeva sü in tal viit. A li evan par al pais un urnament;par i vecc sentì jemò al vign suta i denc, par i fiöö i prüm pinciaröö.Se pregĥièva e se šperèva cĥié al štass via la tempèšta,pö finalment la vendembia; se špecièva tücc a so temp.Fèšta grenda in la vigna, l’eva una cagnara sula, grent e piscian,cĥii rideva, cĥii cantèva, cĥii meteva i pinciaröö in šcarzèla,pö atent a quii ju bass töi sü tücc e bricĥ trasai.Cĥiè bèi temp quii mument...cĥiè regort da purté intal cĥiöör...quanci patèr in la vigna le štac dic!!!quanci miracui dal Signuur se vedüü!!de na viit cĥié pareva secĥiafign al vign par dì la mesa.Mì ringrazi par al paséécĥié a viif al me imparèè.� smart

Lé vignèè

Levi, me lèvi e trèècĥ ent i culzoηsü int al taul un poo de pulentalé la culazioɳ!Brìsi la porta, int al ciel l’ültuma štèla la me fé da šcorta.Al galin li pišpulan lé int al puleele urmai di, li vöran es mulèè.Me invii int al bušcĥ cun scié ‘l segĥürignDunadiif le daloinš, püsee emò ‘l Mont di CatignTaii quai pient pö gĥie posi ent,mengi un bucoη e bevi ’l vign,cume “integraduu” ai mign dacc dre ’n mandarign.An bati a tèra emò un paer,pö tüt an bot al me pèèr menu ciaertööcĥ jù la cureja e al fulscign:

zopel sut a la föia cunt al segĥiürign!A Dunadiif un gicul cuntent,al libera ’l corp e püsee emò la ment.Lajù verügn le sentüü, verügn de la mi jentcume te se bèla Gurduna! La püsee bèla in la mi ment.Intant cĥie camini ‘l invia a fé šcĥiüürecu, le quasi sciè l’ura dal štrii e’l pagĥiüür.Rivi a cĥié cĥie sum štracĥ e cuntentint al figulèè al šciupeta la legna e ‘l surment.Al bui l’acqua e quaicoss as farénegĥiügn varé fèm fign al dì dré.E dopu tüt štu “štreching, fitness e frecc”l’ültum esercizi le mei fal le int al lecc. E.�B.

la paleštra de ‘na oltaRinnoviamo l’invito ad annotare su ‘bigliettini’ scrivendo in dialetto modi di dire, pensieri, canti, filastrocche, preghiere ecc., e di farli pervenire alla biblioteca.

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Segnaliamo che grazie ad un meticoloso lavoro in fase di completamento Ferruccio De Agostini ha realizzato il suo ‘vucabulari’, una raccolta di vocaboli, proverbi, filastroc-che, preghiere, modi di dire ecc. in dialetto gordonese. Ne riportiamo alcuni brani.

“Al boŋ dì sel vì dala matina” e “Ala�sira�leoŋ,�ala�matina�pultroŋ” e si comincia la giorna-ta, al lavoro e a scuola. “Al�dun�al�lavatori�li�andevan�a�lavé,�li�purtevan�a�c(h)iè�i�rai�net�e�tanti�nuité”�e per gli uomini “Al�paŋ�dal�padroŋ�le�su�set�crušt”.

Per i più piccini “a� l’asilu�al�pašt�de�mešdì� ‘l�eva�sempar�cumpegn:�meneštra�de� lacc’�de�penagia.�I�fiöo�i�portevan�al�ceštign�cun�ğiù�un�quai�toc(h)’�de�füg(h)iascia�o�pulenta�fregia�e�magari�un�zic(h)�de�mag(ɳ)iùc(h)ia�o�salam�da�mangiac(h)�a�pröof�parchè�dumà�de�meneštra�de� lacc’�de�penagia� l’é�mai� ingrasèe�neg(h)iügn”.�Per i più grandicelli “as�po’�brì�dì�de�cèrt�c(h)ié� ‘na�ólta�ai�se�špachèvan� la�šc(h)iena�a�purtè� libar.�Tüt�quel�c(h)ié� ‘l�eva�necesèri�da�savé�al�g(h)ie�števa�ent� in� t’un� libar�sul��c(h)ié� ‘l�se� intitulèva�“Il�mio�sapere”.�Per tutti c’era poi una poco piacevole merendina…“A�mèza�matina�al�pasèva�la�maeštra�a�dè�fö�un�c(h)iügè�de�öli�de�merlüzz,�‘na�buntè!�Ai�disevan�c(h)ié�al�rinfurzèva�i�oss.�Al�c(h)iügè�al�pasèva�de�‘na�buc(h)ia� in� l’otra�senza�mai� laval.�Par�furtüna�‘na�ólta�‘i�eva�brì�šc(h)ivius�cume�al�dì�de�inc(h)iö”.

A mezzogiorno si torna a casa per il pranzo:

“-�Mi�o�fem-�Maia�al�rèm-�Al�rèm�l’è�fat-�Maia�‘l�rat-�Al�rat�al�špüza-�Maela�tüta-�Tüta�‘l�è�trop-�Maien�fign�c(h)e�te�ne�abot”.

Nel pomeriggio si torna al lavoro, ma per chi non riesce a causa del mal di schiena, c’è subito un efficace rimedio dell’Albino di Griis: “Se�da�fé�un�impach�cun�la�pèl�dal�šcagnèl�de�un�èsan�c(h)ie�l’abia�almenu�trènt�ègn�e�c(h)ie�l’abia�mai�ciapèe�una�bac(h)ieteda.�Se�met�a�moi�la�pèl�intun�litar�de�acqua�de�öoc�de�prèvet,�ciapèda�cure�ai�metan�via�i�poar�mort.�Mete-la�sü� in� la�šc(h)iena�e�par�guarì�püsee�švelt,��lag(h)iias�andé� indré�cume�vignì�dal�ciel�sü�intun�terman” e buona fortuna!

I ragazzi si ritrovavano a giocare a “cur�cur�ganivèl”�o a “baign”.

E la sera ci si ritrova attorno alla tavola, davanti a una “menestra�maridèda”.

Poi si recita un’orazione “in�tut�al�c(h)iè,�dopu�scena,�se�diseva�al�Rusèri.�Dopu�tüt�agl’Aimarii�e�i�Mišteri�as�g(h)ié�tac(h)ièva�lé�vari�urazióŋ�particular�a�segonda�dal�sitüazióŋ�de� la� fa-miglia.�Par�esempi�sü�inti�alp�se�preg(h)ièva:�“Sant�Antuni�c(h)i’al�ne�c(h)iüria�ğént�e�béšc”;�“Santa�Barbara�e�San�Simóŋ�c(h)i’ai�ne�c(h)iürian�de�la�saeta�e�dal�tróŋ”�e una “preghiera�vegia”.

E finalmente “Bunanoc’�sunaduu”!

Grazie a Ferruccio per la gentile concessone e … “a�bon�vedes”.

Vucabulari de Gurduna

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Fu costruita alla metà del Trecento, dove già sorgevano i resti di un antico castello.

di Cristian Copes

Il 25 novembre ricorre la festa di Santa Caterina e in Valchiavenna l’unica chiesa dedicata alla santa sorge sulla collina di Gordona. Fu costruita alla metà del XIV secolo per iniziativa del vescovo di Como Bonifacio Boccabadati, più noto come Bonifacio da Modena, sua città natale. Lo ricorda l’iscrizione gotica della lapide in marmo bianco di

Musso murata sulla facciata, scolpita tra la mitra vescovile e il suo stemma a scacchi: “† Bonifacius ep[iscopu]s cum[anus] fecit fieri hoc castrum et ecl[es]iam S[an]ct[e] K[a]teline”.A capo della diocesi comasca dal 1340 al 1352, dopo essere stato vescovo di Modena, sulla col-lina egli fece ricostruire il castello, che già vi sorgeva nel 1262. Come riporta il suo sarcofago custodito nel duomo di Como, Bonifacio fu pro-fessore in diritto civile e canonico e, almeno a partire dal 1326, insegnò all’Università di Padova, dove nel biennio 1332-33 fu vicario del vescovo.Quanto a santa Caterina di Alessandria, visse tra il terzo e il quarto secolo in Egitto e fu martirizzata con la ruota durante le persecuzioni dell’impera-tore Massenzio. Oltre che protettrice di oratori, filosofi, notai, sarte, modiste, carradori e balie, la santa è patrona dei giuristi e, quindi, anche delle università. Ciò perché Caterina si difese da sola nel processo intentatogli dagli idolatri prima di essere martirizzata.Fu dunque per aver insegnato a Padova che Bonifacio da Modena decise di dedicare la chie-sa sulla collina di Gordona a Santa Caterina. Particolare la sua devozione alla santa, che volle dipinta nella chiesa da lui fatta costruire a Castel San Pietro in Ticino, allora in diocesi di Como. A Caterina, con altre sante, intitolò pure l’altare nella chiesa di San Gerolamo a Como, da lui commissionata. Alla stessa Caterina dedicò nel 1350 una cappellania a Padova nella chiesa di Sant’Andrea, conferendo il diritto di eleggerne il titolare ai rettori e agli studenti in legge di quella università. Nel 1383 il castello sulla collina a Gordona era diroccato e nel 1519 la sua torre apparteneva a Nicolò Peverelli, il cui figlio Maffeo nel 1542 la vendette a Francesco Pestalozzi Porettino. Allo stato di rudere, la fortificazione fu nuovamente ricostruita alla fine del Cinquecento a spese di

Perché la chiesa sulla collina di Gordona è intitolata a Santa Caterina?

La chiesa di Santa Caterina costruita alla metà del XIV secolo sulla collina di Gordona.

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Antonio Pestalozzi, nipote di Francesco. Passata al fratello Pietro Martire, fu venduta nel 1606 a Peverello de Peverelli che, a sua volta, in cambio di 3.600 scudi, la cedette a Stefano Pergamaschi. Acquistata dopo una lunga controversia nel 1611 dal comune, l’anno successivo passò alla par-rocchia di San Martino. Descrivendo Gordona, nel 1616 lo storico Giovanni Guler sottolineò che sulla collina sorgeva “una chiesuola ed un piccolo castello”.A seguito dell’insurrezione valtellinese, il 19 ot-tobre 1620 la fortificazione fu occupata dalla milizia della Repubblica delle Tre Leghe e, due anni dopo, dagli Spagnoli, i quali, non potendo mantenervi un presidio fisso, la smantellarono. Nel XIV secolo in Valchiavenna le chiese non fu-rono costruite in stile gotico, ma ancora seguendo i dettami del Romanico. Ciò vale anche per la chiesa di Santa Caterina che, come testimonia-no due date graffite all’interno, fu restaurata tra il 1584 e l’anno successivo. Profanata nel 1626 dai soldati spagnoli, fu sistemata e ribenedetta il 25 novembre 1665. Una ventina di anni dopo gli emigranti gordonesi a Napoli donarono alla chiesa un calice di argento. Tra il 1708 e il 1712 fu costruita la sacrestia e una nuova abside, coperta da una volta a crociera. All’ampliamento lavorarono alcuni mastri ticinesi, il muratore bregagliotto Giovan Battista Scartaz-zini di Bondo e il fabbro chiavennasco Giovan Battista Triaca. Altri lavori sono documentati nel 1742, mentre nel 1780 si collocò un tabernacolo in legno dipinto e, sette anni più tardi, il mastro Giacomo Filippo Martinoia di Cevio in Vallemag-gia sistemò la volta dell’aula – non più esistente – e le pareti, affrescate dal pittore comasco Filip-po Fiori, che lavorò pure nella collegiata di San Lorenzo a Chiavenna. A Gordona la pala dell’altare della chiesa di Santa Caterina fu dipinta nel 1786 e raffigura la Ma-donna con il Bambino circondata da angeli e, inginocchiati, Santa Caterina di Alessandria e San Gregorio taumaturgo. In una nicchia laterale era la statua lignea dell’Addolorata, oggi custodita nella parrocchiale, mentre a destra dell’ingresso è un’acquasantiera settecentesca in pietra ollàre. I battenti della porta d’entrata furono realizzati nel 1797 dal falegname Giovanni Valsecchi. La chiesa venne restaurata nel 1889 e alla fine del 1974, quando fu ripristinata la lunetta sopra

la porta e abbassata la lapide trecentesca che copriva l’originaria apertura a occhio. Furono pure riaperte la porta e le monofore nei fronti laterali. Infine fu rifatto il tetto a due falde rivestito in piode e sistemato il campaniletto a vela.Il sentiero che sale fino alla chiesa è costella-to dalle quattordici cappelle della Via Crucis, erette nel 1754 a spese di privati, tra cui cinque sacerdoti, e benedette il giorno di San Martino. Gli affreschi con le scene della Passione furono rifatti nel 1925 da Jane Bonalini di Delebio, na-tiva di Buenos Aires, e sono stati recentemente restaurati, assieme alle cappelle. Sulla collina, il cui versante esposto a sud era coltivato a vite, sorge anche un roccolo, di cui rimane uno dei castagni che delimitavano il cerchio antistante l’edificio. A lato dell’ampio sagrato della chiesa è una croce in ferro, posta nel 1935 in sostituzione di una in legno che era stata collocata e benedet-ta 35 anni prima.

Il portale di accesso all’ex vigneto sulla collina dove sorge la chiesa.

La lapide trecentesca in marmo bianco di Musso murata sulla facciata della chiesa con, a destra, lo stemma a scacchi del vescovo di Como Bonifacio da Modena.

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Divenuto primo ministro del governo francese, al principio degli anni venti del Seicento l’astuto cardinale Richelieu si premurò di dare nuovo impulso all’alleanza tra la Francia di re Luigi XIII di Borbone, il duca di Savoia e la Repub-blica di Venezia. Nacque così, il 17 febbraio 1623 a Parigi, la Lega di Avignone, dal nome della città dove ebbero inizio le trattative. Tra le sue priorità, essa avrebbe dovuto contrastare l’ascesa economica della Spagna, scacciando dalla Valtellina e Valchiavenna gli Spagnoli e restituendo le due vallate ai Grigioni, che nel 1512 le avevano conquistate. Come emerge dagli studi del prof. Sandro Mas-sera pubblicati dal Centro di studi storici valchia-vennaschi, il 9 ottobre 1624 Richelieu ordinò al marchese di Coeuvres Francesco Annibale d’Estrées di penetrare nella Rezia e allontanare

Una lettera inviata nel 1625 a Gordona dal capitano grigione Giorgio Jenatsch La Valchiavenna crocevia d’Europa al centro dei conflitti franco-spagnoli

di Cristian Copes

i Tirolesi, alleati del re di Spagna Filippo IV di Asburgo. Due mesi dopo la Lega di Avignone occupò i terzieri valtellinesi, strappando Bormio agli Spagnoli il 18 gennaio 1625. Con l’appoggio del reggimento del colonnello Rodolfo Schauen-stein e delle quattro compagnie di fanti guidate dal tenente colonnello Ulisse Salis Marschlins, il 10 marzo i soldati comandati dal maresciallo di campo e signore di Haraucourt Giacomo de Longueval occuparono la rocca di Chiavenna, costringendo alla resa il debole presidio delle truppe pontificie, che si erano insediate come forza neutrale nel tentativo di ristabilire la pace tra Francia e Spagna.Il 1° aprile i Francesi conquistarono pure il ca-stello all’imbocco della val Codera. Poco dopo

Triplo ritratto del cardinale Richelieu (1585-1642) dipinto intorno al 1640 da Philippe de Champaigne (Londra, National Gallery).

A destra:Giorgio Jenatsch (1596 ca.-1639), olio su tela del 1636 (Coira, Museo retico).

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Francesco Valegio, Disegno del lago di Chiavenna coi posti ultimamente fortificati e posti in difesa - 1625, incisione in rame (Milano, Civica raccolta delle stampe Achille Bertarelli).

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giunsero a Verceia da Venezia 24 carpentieri navali a capo del maestro d’ascia Gramolin, tra i più esperti costruttori dell’arsenale della Serenissima. Costoro avrebbero dovuto costru-ire delle barche per intercettare i rifornimenti provenienti dal Lario per la milizia spagnola, comandata dal conte milanese Giovanni Ser-belloni, che aveva abbandonato Campo e si era trincerata nel forte alla Riva di Mezzòla. Tra il 9 e il 10 aprile sbarcarono a Novate e alla Riva ben 1600 uomini agli ordini del barone

Francesco Magni, braccio destro del barone Goffredo Enrico di Pappenheim, condottiero bavarese al servizio degli Spagnoli immortalato nella pala d’altare della chiesa di San Fedele a Verceia. Preoccupato del gran numero di soldati, Giorgio Jenatsch, capitano di una compagnia del reg-gimento grigione del colonnello Rodolfo Salis, scrisse al Salis Marschlins, che nel frattempo si era stabilito con i propri fanti a Gordona, chiedendo di inviargli una trentina di uomini, le

munizioni e i viveri necessari per unirsi alle altre forze alleate dei Francesi e sorvegliare il porto di Verceia: “li Signori a Vercelli [Verceia] consiglia-no in ogni modo che si conserva questo porto”.Alla testa di 400 moschettieri l’11 aprile Je-natsch, passando da Paiedo di Samòlaco, scese a Pescedo sul versante lariano, dove sorprese una postazione di guardie spagnole. Quattro giorni dopo un contingente veneto di 2000 fanti e 200 cavalieri e il reggimento di Normandia giunsero in Valchiavenna per dare man forte ai Francesi. Esclusi i reparti schierati a difesa del borgo chiavennasco e della Valtellina, il Coeuvres poteva contare su ben 8700 fanti e 520 cavalieri, contro i 5800 fanti e 400 cavalieri del Serbelloni. Ciò indusse l’ambasciatore della Repubblica di Venezia Alvise Vallaresso a solle-citare il marchese e il maresciallo Vaubecourt a sferrare un attacco contro Novate e la Riva, ma i due comandanti tentennarono, intimoriti dalle fortezze alla Riva e, a difesa di quest’ultima, nella sovrastante località Montagnola. Come se non bastasse, i due temevano pure le bordate che avrebbero rischiato di ricevere dai cannoni dislocati sul monte Berlinghera. L’assalto si sarebbe dovuto effettuare contem-poraneamente il 31 maggio: da nord, tramite le truppe dell’Haraucourt scese da Chiavenna; da sud-est, in corrispondenza di Novate, grazie a due grossi cannoni provenienti da Bergamo e collocati nei prati del Cantone e, contro la fortifi-cazione della Montagnola, da monte avrebbero tentato di sorprendere il presidio i fanti monta-nari del capitano Giacomo Ruinelli, oriundo di Soglio. Inaspettatamente la battaglia scoppiò il giorno prima, lungo il torrente che scende dalla val Codera e, dopo aspri combattimenti durati 13 ore, prevalsero gli Spagnoli. Con l’arrivo dell’estate, complice la calura e le febbri malariche di quella zona paludosa, ci fu una tregua. I conflitti ripresero solo a fine set-tembre, quando l’iniziativa era ormai passata interamente nelle mani degli Spagnoli, guida-ti dal colonnello Pappenheim, subentrato al Serbelloni. Egli riuscì a scacciare dalla bassa Valchiavenna i Francesi e, a seguito del tratta-to di Monzòn, si pose fine alla prima guerra di Valtellina e Valchiavenna. In Aragona il patto fu

Ulisse Salis Marschlins (1594-1674), olio su tela dipinto verso la fine del Seicento (Coira, Museo retico).

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sottoscritto il 5 marzo 1626, ma più che di una pace definitiva si trattò di una tregua. Infatti, i conflitti si riaccesero nel 1635, al tempo della spedizione del duca di Rohan, che affidò la rocca di Chiavenna al Salis Marschlins. I soldati di quest’ultimo dalla fortificazione che domina il borgo chiavennasco, e grazie alle segnalazioni provenienti dalla torre di Segname, controllaro-

no il forte alla Riva di Mezzòla e le mosse del nemico nel Piano di Chiavenna, teatro fino al 1639 di strategie militari e interminabili battaglie.

* La lettera, segnalatami da Gianni Zatta di Chiavenna, è conservata nel fondo Salis�Marschlins presso l’Archivio di Stato dei Grigioni ed è stata pubblicata nel libro di Alexander Pfister, Jörg�Jenatsch.�Briefe�(1614-1639), Terra Grischuna Buchverlag, Chur 1983, pp. 91 e 92.

Carta seicentesca della Valchiavenna con al centro Gordona e, in basso a sinistra, l’antica torre di Segname (Venezia, Archivio di Stato).

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Fu fondata il 24 marzo del 1912, anno in cui aderirono cento soci.

di Cristian Copes

Tuttora attiva, la Latteria sociale di Gordona fu fon-data il 24 marzo 1912, millesimo scolpito al centro dell’architrave in granito Sanfedelino di una delle porte della sede. Era stato l’avvocato e filosofo Giovan Battista Bia-vaschi, originario di Gordona e segretario propa-gandista della direzione diocesana di Udine, a pro-porre nel gennaio del 1910 ai Gordonesi l’istituzione

di una latteria e, sempre su sua proposta, in paese nacque anche la Società di mutuo soccorso per migliorare le condizioni economiche dell’agricoltura.Nell’anno di fondazione aderirono alla latteria ben cento soci che versarono 25 lire come quota di ammissione e, nel rispetto dello statuto, erano tutti domiciliati a Gordona. A ciascuno di loro fu dato un numero identificativo e, oltre a diversi contadini, c’erano pure persone che normalmente svolgevano un’altra professione. Tra questi il calzolaio Giovanni Dell’Anna, l’oste Antonio Balatti, l’esattore Bernar-dino Biavaschi, il commerciante in legnami Giovan Battista Biavaschi, il geometra Agostino Tabacchi e il mugnaio Giacomo Guglielmana. Nel 1913 entrarono altri 82 soci e fu ampliata la sede, mentre l’8 luglio del 1914, anno in cui in pae-se arrivò la corrente elettrica, la latteria ricevette un prestigioso riconoscimento dal Ministero dell’agri-coltura. Alla metà del Novecento del burro della latteria di Gordona fu donato a Pio XII e i soci erano quasi trecento, alcuni dei quali erano subentrati nel corso degli anni a quelli vecchi, ereditandone il ri-spettivo numero. Tra costoro sessant’anni fa Matteo Biavaschi del ramo dei Burelöö rilevò la quota di Martino Biavaschi e del suddetto filosofo. Essi, a loro volta, erano subentrati al padre Lino, figlio di

Cento anni fa la fondazione della latteria di Gordona

La sede della Latteria sociale di Gordona.

Bestiame sceso dagli alpeggi lungo la pista ciclabile che costeggia l’area industrialedi Gordonail 16 settembre 2012.

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momentIdi Gordona

I PRIMI ceNtO SOcI DeLLA LAtteRIA DI GORDONA

1 Bernardo Dolzadelli 2 Giovan Battista Biavaschi di Giampé 3 Innocente Biavaschi 4 Bernardino Dell’Anna 5 Amadio Giampedraglia 6 Antonio Gianoli 7 Giovanni Dell’Anna 8 Pietro Biavaschi di Linöö 9 Domenico Lombardini 10 Facondo Biavaschi 11 Giacomo Tabacchi 12 Giovan Pietro Fogliada di Fuiadign 13 Bernardo Battistessa 14 Costante Fogliada figlio di Domenico 15 Domenico Fogliada 16 Battista Dell’Anna 17 Giuseppe Tabacchini 18 Antonio Dell’Anna figlio di Guglielmo 19 Rocco Giampedraglia 20 Giovan Pietro Capelli di Poo 21 Gaspare Dell’Anna 22 Bernardino Biavaschi detto Dino 23 Pietro Capelli di Poo 24 Battista Battistessa figlio di Bernardo 25 Pietro Dell’Anna 26 Costante Fogliada figlio di Giovan Pietro 27 Giovanni Biavaschi di Giampea 28 Battista Battistessa figlio di Domenico 29 Antonio Bara 30 Battista Balatti 31 Antonio Balatti figlio di Battista 32 Ambrogio Gatti 33 Bernardino Biavaschi 34 Giovanni Biavaschi figlio di Giovan Pietro 35 Antonio Pedretti 36 Pietro Vostacchi 37 Battista Biavaschi di Burelöö 38 Francesco Battistessa di Fiulign 39 Agostino Tabacchi 40 Bernardo Pedretti di Rusign 41 Teresa Battistessa 42 Martino Sposetti 43 Domenico Tabacchini figlio di Bernardo 44 Giovan Battista Tabacchi figlio di Costante 45 Antonio Capelli detto Barlam 46 Giovanni Evaristo Battistessa 47 Domenico Guglielmana di Mucc 48 Giovan Battista Dolzadelli 49 Guglielmo De Agostini detto Fanadino 50 Ambrogio Biavaschi

51 Giacomo Guglielmana 52 Giovan Pietro Biavaschi detto Varesino 53 Agostino Bini 54 Antonio Dell’Anna figlio di Andrea 55 Martino Dolzadelli 56 Tranquillo Tavasci 57 Pietro Battistessa detto Dunaroŋ 58 Gaudenzio Battistessa 59 Giovan Donato Tavasci di Šcavil 60 Umberto Battistessa 61 Guglielmo Mazzina 62 Celestino Battistessa 63 Giovanni Battistessa 64 Pasquale Gatti 65 Giovanni Dolzadelli di Ghirlanzoŋ 66 Samuele Dell’Anna 67 Giovan Battista Battistessa 68 Giovanni De Giambattista 69 Giovanni Garzelli 70 Antonio Capelli di Poo 71 Angiolina Capelli 72 Caterina Tantini di Villa di Chiavenna 73 Innocente Tabacchi 74 Giovan Battista Tabacchi figlio di Battista 75 Salvatore Tavasci 76 Lino Biavaschi 77 Cristoforo Brocchi 78 Antonio Mazzina 79 Antonio Battistessa 80 Costante Tabacchi di Bedina 81 Giovan Battista Biavaschi detto Pergolino 82 Martino Colori 83 Pietro Biavaschi 84 Giacomo Braga 85 Domenico Dell’Anna 86 Giovanni Biavaschi figlio di Bernardo 87 Michele Balatti 88 Giovanni Balatti 89 Giovanni Mazzina di Muntanei 90 Guglielmo Balatti 91 Giovan Battista Balatti 92 Antonio Balatti figlio di Antonio 93 Francesco Bini 94 Battista Guglielmana 95 Antonio Mazzina 96 Bernardino Capelli 97 Battista De Giambattista 98 Domenico Tabacchini figlio di Domenico 99 Battista Battistessa figlio di Giovanni 100 Battista Tabacchi

Martino e Maria Guglielmana, nata a Bedolina al principio dell’estate del 1811. Come ricordano don Siro Tabacchi e il maestro Amleto Del Giorgio, oltre che in val Bodengo molti Gordonesi avevano i propri pascoli in val San Gia-

como e, in particolare, sugli Andossi, a Montespluga e nel fondovalle di Madesimo. Qui, ancora oggi, si snoda un suggestivo sentiero delimitato da muretti in pietra a secco, percorso nel corso dei secoli da pastori, boscaioli ed escursionisti.

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

Essendo interessato alla storia locale, sfogliando delle pubblicazioni del settore, ho trovato dei passaggi chiarificatori sulla divisione del nostro terreno produttivo così fortemente frazionato.Può essere interessante sapere che dal 1512 al 17971 su tutto il territorio del Grigione era in atto il latifondismo.Il catasto riportava cinque suddivisioni: Forestie-ro, Grigione, Cattolico, Protestante e Comunale. All’inizio del 1800 la Chiesa possedeva 1/3 della proprietà terriera, grazie a ingenti lasciti, che affittava al miglior offerente. I Grigioni erano padroni delle terre più redditizie coltivate a vite. Il vino veniva commercializzato verso la Svizze-ra, dando ai proprietari un consistente reddito monetario e permettendo loro un alto tenore di vita. I Comuni possedevano invece parte dei boschi, pascoli e terreni paludosi utilizzati dai migliori offerenti.Nel 1839 sotto il dominio Austro Ungarico, un decreto governativo obbligò i Comuni locali obe-rati da debiti a vendere le proprietà, “cederle a livello” oppure cederle a consorzi di proprietari. I debiti erano causati da eventi calamitosi quali: disboscamenti incontrollati, voghe per il trasporto del legname, utilizzo improprio dei torrenti con conseguenti inondazioni disastrose. Nel 1862 un’ulteriore legge sui beni incolti e fo-restali, obbliga la Chiesa e il Comune a vendere i propri beni. Attorno al 1850 la coltivazione della vite era prerogativa di pochi latifondisti dei Gri-gioni e il reddito da vino che ne ricavavano era 1/3 di tutto quanto veniva prodotto nella provincia di Sondrio. Purtroppo per detti proprietari, a cau-sa della crittogama (malattia della vite), la pro-duzione di uva diminuì del 96%2 costringendoli a cedere i propri terreni a contadini non abbienti

spezzettando in piccole parti le grosse proprietà. In seguito le famiglie numerose, hanno contri-buito ad un’ulteriore suddivisione dei terreni3.

A chi può essere interessato ad approfondire la parziale sintesi qui sopra affrontata, con-siglio di passare in Biblioteca comunale per consultare i vari volumi a disposizione che trattano questo argomento.

Vorrei approfittare di questi cenni storici per mettere in evidenza la situazione del nostro territorio boschivo che, dato lo spezzettamento della proprietà, rischia di diventare non solo improduttivo ma anche pericoloso.In particolare ci sarebbe molto da approfondire in merito alla situazione del nostro territorio, a partire dalle zone boschive, ex vigneti, consor-zio forestale, aziende forestali, fino a possibili termovalorizzatori, opportunità di occupazione, salvaguardia dl territorio ecc.Ritengo che non ci sia sufficiente spazio in que-sta sede per affrontare queste problematiche. Tuttavia auspico che qualche amministrazione pubblica come il Comune, il Consorzio Monta-no, la Biblioteca o altro ente trovi interessante approfondire questo argomento.Potrebbe trattarsi, per il nostro territorio incolto, di una svolta epocale, come ne abbiamo già viste in passato.

1 E. Rullani, L’economia�della�provincia�di�Sondrio�dal�1871�al�1971,�Banca Popolare di Sondrio, 1973, Mevio Washing-ton, Sondrio.

2 Stefano Jacini, Sulle�condizioni�economiche�della�provincia�di�Sondrio,�Banca Popolare di Sondrio, 1963, Stefanoni, Lecco.

3 Atti di Archivio Comunale.

Sapevate che… “Una olta al gĥieva poocĥ terman, e ades?”Curiosità locali: dai latifondi ai piccoli appezzamenti.

di E. D.

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Ottobre 2012

momentIdi GordonaSPECIALE

L’arcipretedon Michele Trussoni

1962-201250º anniversario della morte

Don�Michele�Trussoni�nacque�il�3�dicembre�

del�1900�negli�USA�da�genitori�di�Campodol-

cino�e�rientrò�in�Italia�ancora�piccolo.�Inter-

ruppe�gli�studi� in�seminario�per�rispondere�

alla�chiamata�per� il�servizio�militare�nella�

guerra�del�1915/1918.�

Ordinato�sacerdote�nel�1924,�fu�parroco�di�

Aprica�sino�al�1930�e�poi�dal�1930�al�1962,�

Arciprete�di�Gordona.�

“Trentotto�anni�di�sacerdozio,�di�cui�32�a�

Gordona,�con�una� fecondità�straordinaria�

riversata�sulla�popolazione�a� lui�affidata”�

(dal�ricordo�pubblicato�sul�settimanale�della�

diocesi�di�Como�l’11�novembre�2000�per� i�

100�anni�dalla�nascita).

La� lettera�pubblicata�da�“Momenti�di�Gor-

dona”,�ben�sintetizza� il�suo�operato�nella�

nostra�comunità�che�lo�ha�ricordato�con�l’in-

titolazione�di�una�via;�quella�di�collegamento�

tra�il�centro�di�Gordona�(ove�hanno�sede�la�

Chiesa�parrocchiale�e�il�Municipio)�e�la�“fra-

zione”�(ora�non�più)�di�Coloredo�proprio�dove�

50�anni�fa,�il�26�luglio�del�1962,�davanti�alla�

chiesa�di�S.�Anna�concluse�il�suo�apostolato.

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

In paese vi era una squadra di militi confinari

con a capo un tenente, eiusem furfuris (allora)

delle Brigate Nere. Soltanto che quelli erano di

stanza e stabili; queste erano di rinforzo e mo-

bili: stavano accasermati nella casa De Giam-

battista vicino al Palazzo Scolastico. I tedeschi

invece, dal Natale 1943 erano a Mondadizza.

Il tenente, certo Marsiconovo da Marsicovetere

(o viceversa, è il cognome e la località d’origine)

venne a sapere del convegno a Monte Orlo tra

il maggiore Cincera ed i capi partigiani e si la-

mentò con me, perché in paese che comanda

(diceva, ma effettivamente erano i tedeschi, da

uno dei quali una sera lui stesso aveva ricevu-

to una pedata) sono io. “Io sono un civile, rispo-

si, e per me Cincera è il capo del Comune

(Commissario Prefettizio p. p. di Podestà), è

per questo che mi sono rivolto a lui, per evitare

rappresaglie e delitti ecc.”. Pronunciò oscure

minacce, più chiaramente le ripeté a mio riguar-

do in Municipio davanti agli impiegati. Il 3 feb-

braio mi si fece ritirare la radio da due militi.

Brutto segno! L’1-2-3 febbraio alla sera si face-

va un triduo per i giovani in S. Martino, in pre-

parazione alla festa tradizionale di S. Giovanni

Bosco e S. Luigi. Dal 4 vi assisteva d. Guerino

e predicavo io. Teneva un periodo di quiete e

se ne approfittava quindi, perché di giorno pa-

recchi lavoravano la legna sui boschi. La sera

del 3, sabato, tanti giovani si erano confessati,

gli altri avrebbero approfittato di mattino. Erano

andati via tutti tranquilli da oltre un’ora e mezza

quando verso le 9 si sentì una lacerante scari-

ca di mitra che fece sussultare tutti in paese.

Dopo un silenzio di pochi istanti altre scariche

di mitra, di bombe a mano, di mitraglia pesante

su verso il centro in direzione delle scuole e

della caserma dei militi. Tremavano i vetri delle

case e anche le mura. Qualche istante di so-

spensione e poi ripresa della sparatoria. Impos-

sibile muoversi stante il coprifuoco. Nei momen-

ti di quiete non si sentiva un grido, una voce,

poi riprendeva rabbiosamente la sparatoria e

passavano le 10 di notte, le 11 e continuava

ancora a mezzanotte. In casa parrocchiale in

alto il pittore Carlo Morgari e la signora terro-

rizzati avevano rimosso i letti dalle finestre. Io,

la mamma, la sorella, dapprima in cucina a

pregare e poi su in mia stanza ad attendere

l’alba. Più volte mi ero messo gli scarponi con

l’intenzione di raggiungere il cimitero e poi a

Gasparoni e Cimavilla interessarmi di cosa era

avvenuto e nel caso di pericolo (date le espli-

cite minacce) prendere la montagna come ero

certo che l’avevano presa (come succedeva

sempre quando capitava qualcosa di grave in

paese) gran parte degli uomini e dei giovani.

Ma poi se fossero venuti e non mi avessero

trovato? Cosa sarebbe stato della mamma e

della sorella? Soprattutto cosa avrebbero fatto

dei miei 30 giovani scesi dal monte di cui do-

vevo rispondere? Che terribili ore per tutti! Ver-

so la una di domenica 4 uno scalpiccio compat-

to lungo l’acciottolato dell’orto, un richiamo, un

La Via Crucis del parroco di GordonaDall’archivio�parrocchiale�il�ricordo�drammatico�della�resistenza�attraverso�il�racconto�autobiografico�di�don�Michele�Trussoni�percosso�da�una�squadriglia�di�Brigate�Nere�nel�febbraio�1945�in�seguito�ad�uno�scontro�con�i�partigiani�in�cui�persero�la�vita�due�militi�fascisti.

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

GORDONA 1948 - Elezioni politiche

BEDOLINA 24 agosto 1941 – Don Michele Trussoni con un gruppo di uomini BODENGO 1935 - Da sinistra: Tavasci Salvatore (dal Salvatuur), Biavaschi Isidoro (di Dunarign), Don Michele Trussoni, Don Battista Tavasci, Battistessa Aldo (di Sciambarlaŋ), Dell’Anna Pietro (di Camenign), De Agostini Giovanni (dal Bertu).

GORDONA 14 gennaio 1940 – Ventennio G.F. di A.C.

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Chiesa di S. Anna a Coloredo(foto Mario Auriti)

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

BEDOLINA�1937In piedi da sinistra: Battistessa�Aldo�(di�Sciambarlaŋ),�due�sacerdoti�non�identificati,�Don�Michele�Trussoni,�De�Agostini�Giovanni�(dal�Bèrtu),�Don�Battista�Tavasci,�Guglielmana�Giovanni�(di�Štrepa).Seduti da sinistra:�Bini�Agostino�(di�Carulina),�Pedretti�Giovanni�(di�Rusign),�Dell’Anna�Giov.�Battista�(di�Manecĥ),�non�riconosciuto.

BEDOLINA�1941:�Don�Michele�Trussoni�con�il�prevosto�coadiutore�Don�Guerino�Bernasconi.

ROMA�1950�-�GIUBILEODa sinistra a destra 1° fila in alto: Don�Michele�Trussoni,�Biavaschi�Albino�(di�Burelöö),�Tabacchi��Battista�(di�Tabacĥ),�Tavasci�Bambino�(di�Iacuminea),�Battistessa�Evaristo�(Varištu),�Bini�Agostino�(di�Carulina),�Tavasci�Giovanni�(dal�Šcavill),�Fallini�Attilio�di�S.Cassiano.2° fila:�Capelli�Giacomo�(di�Barlam),�De�Agostini�Silvia�(dal�Migliu),�Tavasci�Giuseppina�(di�Gavei),�Battistessa�Irma�(dal�Claüdign),�Sposetti�Maddalena�(di�Špuset),�Battistessa�Edvige�(di�Urganišt),�Dell’Anna�Anna�(di�Penign),�Battistessa�Abbondina�(di�Menöla),�Balatti�Ersilia�(di�Pecadaia),�Pedretti�Giovanni�(di�Rusign),�Tavasci�Lorenzo�(di�Natai).3° fila: Dell’Anna�Anelia�(di�Camenign),�Dell’Anna�Virginia�(de�la�Gulpata),�3�ragazze�di�Novate,�Morelli�Albina�(di�Murei),�Balatti�Ersilia�(di�Bagot).

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

vocio confuso, colpi massicci al portone d’en-

trata in canonica, uno schianto… Gridai: “ven-

go!” E scesi a pianterreno e mi si fecero incon-

tro sulle scale una dozzina d’armati. “Come,

vestito?” “Ma chi volete mai che non sia vesti-

to degli adulti in paese? Cosa è successo?”

“Venga a vedere, qualcuno lo deve pagare quel

sangue!” Erano scese anche la mamma e la

sorella piangenti, supplicanti. La mamma ac-

cese la luce esterna, seppi poi che fu la mia

prima salvezza. Presi la borsa dell’olio santo e

mi precipitai giù per l’orto e loro i soldati dietro

e di fianco. Quando passai vicino alla casa del

Coadiutore gridai “don Guerino!”, nella mia

intenzione era di farmi dare un’assoluzione.

“Silenzio!” ed uno mi diede un colpo col calcio

del fucile. Si arrivò in caserma, a piano terra vi

erano due militi morti: Marchio Giuseppe di 35

anni da Petrona (Catanzaro) e Gusmini Ange-

lo, di 24 anni da Vertova (Bergamo). Li toccai

sulla fronte, erano gelidi, nulla da fare. Impartii

ai cadaveri una benedizione. Mi trascinarono

sopra all’ultimo piano e là vi era il tenente Mar-

sicovetere ed un capitano Piazzi che era arri-

vato poco prima in rinforzo con una squadra di

Brigate Nere, che erano quelli che mi avevano

prelevato. “Ma tenente, dissi, perché ha lascia-

to andar fuori di notte i suoi ragazzi? Gliel’ave-

vo detto che è troppo pericoloso perché di

notte scendono quelli lassù.” Incominciò subito

un interrogatorio da parte del capitano Piazzi.

Vidi dalle prime battute dove si voleva arrivare:

la colpa della strage (vi dovevano essere in

caserma anche 2 militi leggermente feriti nello

scontro) era dei miei giovani scesi dal monte

ed io il mandante. “Ma le pare che io dia ordine

di uccidere? E soprattutto il povero Giuseppe

che anche ieri ritirandomi la radio per ordine

del tenente era scoppiato a piangere?” Tene-

vamo le buone relazioni: col Marchio Giuseppe

e con altri ecc. e che avevo salvato qualche

giorno prima il (…) ecc. dicevo “Parlate di mitra

e io vi assicuro che i miei giovani non ne hanno,

non posso invece giurare che non abbiano

consegnato qualche fucile da caccia. Ma se

mitra, allora sono quelli lassù che sono scesi

oppure una squadra di passaggio dal lago a

Bodengo o viceversa”. Continuò l’interrogatorio

interrotto da pugni e schiaffi che mi dava il

capitano Piazzi ogni volta che rispondevo alle

accuse e agli insulti. “Quel porco di un Papa!

D’un Schuster! Tutti uguali voi preti, uno solo.

Parli! Parli!” E se parlavo erano colpi. Dei mili-

ti andavano e venivano e insultavano. Verso le

4 sento un scalpicciare giù per le scale e poi si

apre la porta ed ecco un secondo capitano

Maggi (Maggio? Giuseppe?) con una nuova

squadra. “Vigliacchi! Non l’avete ucciso questo

pretaccio? Io ne ho già uccisi tre in Jugoslavia

e questo è il quarto!” Ed i suoi militi a gara: “A

me capitano l’onore, che sono delle terre inva-

se!” Un altro: “A me capitano che ho avuto un

fratello assassinato dai partigiani!” Ed il capita-

no , coraggiosamente, diede di piglio a una

sedia e me la scaraventò sulla testa. Mi riparai

con un braccio dal peggio e cominciò una tem-

pesta di pugni e randellate col calcio del mitra.

In quel locale erano forse una quindicina di

energumeni e io buttato in un angolo sputavo

i denti. Si decideva la mia sorte: mi avrebbero

condotto sull’angolo della casa del Coadiutore

dove erano stati uccisi i 2 militi e lì una raffica

di mitra per lavare il delitto antecedente. Io ero

condannato a morte e quindi potevo sentire. “4

militi a Novate a prendere e arrestare le sorel-

le di (…) 4 militi a Gasparoni a prendere la

mamma di (…) 4 militi alla latteria a prendere

2 quintali di burro”. Verso le 5 e mezza arrivò

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momentIdi Gordona

anche il commissario tedesco di Chiavenna,

mi conosceva da tempo (v. pag. 491-93), mi

guardò in silenzio. Con lui c’era anche Silvio

Cincera (v. pag. 499), Maggiore delle Brigate

Nere. Dovette confermare che il (…) era vivo

per merito mio, dietro mia insistenza. Si pre-

sero disposizioni per la giornata, per i morti,

per i feriti, per rappresaglie. Tutti erano diven-

tati subalterni, che decideva era il commissario

tedesco che si rivolse a me: “E lei arciprete

oggi dal pulpito dirà che il coprifuoco è antici-

pato alle 6 di sera e posticipato alle 7 di mat-

tina”. Non credo che ci sia stata al mondo

medicina o puntura più salutare. Era la vita per

me! Allontanandosi mi strinse la mano. Con lui

se ne andò Cincera ed altri. Piazzi e Marsico-

vetere testimoniavano. Erano le 6 e mezza ed

ecco un milite: “Don Guerino domanda se può

suonare la prima messa!” Risposi io: “Si, dica

che suoni che devo venire io a dare alla gente

degli avvisi da parte del commissario tedesco”.

Ancora incertezze e ripensamenti in caserma.

Mi decisi: “Suonano, devo andare, come ha

detto il commissario tedesco”. Mi pare che

fecero delle scuse. Sull’angolo della casa del

prevosto una donna mi prese sotto braccio

perché scivolavo sul ghiaccio e mi condusse

fin sul sagrato. Trovai delle ragazze: “Dicono i

giovani se possono venire”, “Sì, si sono sfoga-

ti con me e basta”. (…): “Quelli lassù vogliono

sapere se il (…) ha infierito contro di lei. “Non

l’ho visto. Dì loro che non facciano rappresaglie

perché sono eccitati”. A (…): “Avvisa la mam-

ma di (…), di nascondersi a Coloredo”. A (…)

di Mese impiegata in municipio: “Vai a Novate

ad avvisare le sorelle di (…)” . E celebrai la

messa delle 7 piangendo e distribuendo la

Santa Comunione ai giovani davanti a don

Bosco sempre sorridente. Don Guerino predi-

cava e confessava e piangeva: che brutta

notte aveva passato anche lui! Sapeva però di

non essere bersaglio dell’odio dei fascisti per-

ché c’era il paravento. Ai 2 militi morti, che

furono lasciati sul selciato per un paio d’ore e

che dapprincipio si lamentavano, don Guerino

mi disse di aver impartito dalla finestra della

sua cucina l’assoluzione. Scendere era estre-

mamente pericoloso perché il tenentino impaz-

zito dopo l’aggressione (difatti gli aggressori

erano (…), (…) ecc. che passando di lì si era-

no imbattuti nei militi ed han fatto fuoco, dieci

minuti dopo erano su per la montagna) conti-

nuava a sparare, mitragliare, gettare bombe a

mano temendo un assalto alla caserma. Po-

vere suore che erano domiciliate in palazzo

scolastico! Certo è per quello spavento che

pochi anni dopo Suor Miriam Colombini (di S.

Lorenzo di Sondrio) moriva di tumore maligno.

Avevano le suore di prima mattina sentito il

(…) bussare alla caserma ed entrare. Ma io

non l’ho visto. Giovani e uomini la sera innan-

zi alle prime fucilate (come di solito in simili

circostanze) erano fuggiti ormai tutti verso la

costa del Boggia in attesa del giorno. Avvici-

nandosi al mattino mi domandavano se era il

caso di suonare campane a martello. Guai!

Sarebbe stata la distruzione di Gordona. I

primi che si arrischiarono a governare il bestia-

me al mattino furono presi, condotti in caser-

ma, mi videro in quello stato che ero e furono

rilasciati con me.

Per mio conto in quella notte, ho copiato meglio

la Passione di Cristo e quanto il Maestro pro-

mise agli apostoli: “Quando sarete presi e giu-

dicati non preoccupatevi di quello che dovrete

dire. Lo Spirito del Padre vostro vi suggerirà”.

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momentIdi Gordona

Quello che stiamo per presentarvi è il pri-mo numero del bollettino parrocchiale, ‘Vita Nostra’, pubblicato con cadenza mensile a partire dall’aprile 1936 fino al dicembre 1943, anni in cui a Gordona era parroco don Michele Trussoni e prevosto coadiutore don Battista Tavasci fino al 1940, dal 1940 don Guerino Bernasconi.

La raccolta, appartenente a Lia e Siro Dell’Anna, è mancante di pochi numeri come di seguito specificato: Settembre 1937, No-vembre 1938, Febbraio 1939, Giugno 1940, Giugno-Agosto-Settembre-Novembre 1943. Nel caso in cui qualcuno li avesse conservati e volesse aiutarci a completare la collezione, può informare la biblioteca che provvederà a riprodurne le copie. E’ nostra intenzione, a partire da questo numero di Momenti di Gordona, di riportare ogni anno le parti più significative e curiose di ogni bollettino.

Come indicato nel fronte copertina (ved. pag. prec.), il primo numero porta la data dell’Apri-le 1936, XIV anno dell’era fascista. La tipo-

grafia incaricata della stampa era la Scuola Tipografica S. Giuseppe di Asti (da notare il numero di telefono: 15-86. E’ evidente, alla data della pubblicazione, la presenza di un numero limitato di apparecchi telefonici), ed è questo il motivo per cui nell’ultima pagina di ogni numero (ved. scansione ultima pa-gina del bollettino) veniva sempre riportato l’andamento demografico di Asti e della sua provincia

Vita Nostra riservava le prime pagine alle comunicazioni di ogni singola parrocchia, nel nostro caso quella di San Martino, mentre le pagine successive contenevano alcu-ne rubriche ricorrenti comuni a tutte: Vita missionaria, Pensiero Evangelico, Storia della Chiesa e approfondimenti di carattere religioso.

Riportiamo di seguito alcuni tra gli articoli e i comunicati che abbiamo ritenuto più inte-ressanti, a partire dai costi e le modalità di abbonamento, a seguire la presentazione del parroco e l’approvazione del vescovo.

Vita nostraPresentiamo il bollettino parrocchiale che fu pubblicato mensilmente negli anni tra il 1936 e il 1943, e al quale intendiamo dedicare a partire da questa edizione del nostro giornalino una rubrica fissa.

L’abbonamento�al�bollettino�“VITA�NOSTRA”�decorre�dal�1�Aprile�di�ogni�anno�al�31�Marzo�dell’anno�seguente.

Abbonamento�ordinario�annuo�L.�5Abbonamento�ordinario�semestrale�L.�2,50Abbonamento�sostenitore�L.�10N.�B.�--Si�accettano�offerte�per�il�miglioramento�tipografico.Per�assicurarsi�il�secondo�numero�bisogna�essere�abbonati.

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cOMe È SORtA L’IDeA….Magnifico�passeggio�per�sacerdoti� (e�credo�sia�tradizionale�attraverso�i�secoli�da�quando�esiste�S.�Martino)�è� il�sagrato�della�nostra�parrocchiale.�Al�suono�della�“campana�del�consiglio”�nello�stesso�luogo�si�adunava�il�popolo�per�scegliere�i�maggio-renti�e�per� le�decisioni�più�gravi,� liete�o�tristi,�che�riguardavano�l’intera�comunità.Attualmente�vi�sono�le�aule�municipali�che�servono�allo�scopo�e�sul�sagrato�vi� rimangono� i�preti�che�(si�dice)�son�sempre� i�più� tenaci�a�conservare� le�posizioni.�Oggi�come�ieri.Vi�si�recita�insieme�l’Ufficio�Divino,�il�Santo�Rosario,�le�proprie�riviste;�vi�si�parla�di�Amba�Alagi�e�di�Gine-vra;�si�esamina�crudamente�il�proprio�operato�e�si�discutono�i�mezzi�migliori�per�rendere�più�efficace�e�fruttuoso�il�proprio�ministero.Oggi�come�ieri.�Solo�che�ieri�erano�parecchi�sacer-doti,�sei,�sette….,�ogni�decennio�del�‘700�regalava�alla�Parrocchia�una�nuova�cura�d’anime�e�per�poco�che�fosse�continuato� il�secolo,� i�nostri�benemeriti�emigrati�delle� tre�Cassette�di�Napoli�avrebbero�ricopiato�nel� loro�paese�montano� l’intero�collegio�apostolico.�Oggi�invece�sono�due,�che�devono�as-sommare�in�sé�tutte�le�preoccupazioni�dei�sacerdoti�di�allora,�accresciute�sotto�un�certo�aspetto�dalle�nuove�forme�di�apostolato�laico.I�giovani�hanno�dal�torrente�montano�la�veemenza�e� la� limpidezza�delle�acque�e�quindi� la�genialità�delle�idee.�Gente�che�non�ascolta�il�Sacerdote�dal�pulpito�non�mancano�in�tutti�i�climi,�e�tra�gli�ascol-tatori�quanti�simili�al�terreno�di�strada�dove�cade�la�semente�evangelica,�che�può�far�frutto.�Constata-zione�amara�di�ogni�sacerdote�ed�anche�dei�due�che�passeggiano�lungo�il�sagrato.�Ed�ecco�l’idea!...�Dove�non�arriva�l’eco�della�voce�o�dove�l’eco�non�risponde�o�risponde�insuffi-cientemente,�vi�arrivi�la�parola�stampata,�l’avranno�tra�le�mani,�la�leggeranno�una�volta,�forse�due…�e�poi,�sono�cose�proprie�uscite�dalla�stamperia�par-rocchiale,�ed�allora�non�è�bello�buttarlo�sul� fuoco�come�un�qualsiasi�foglio.�La�metteranno�nell’�arca�capace,�e�dopo�un�anno,�dieci�anni,�cinquant’�anni,�gli�stessi�ed�altri� la� riprenderanno� tra� le�mani…,�come�se�fosse�nuova.*�L’idea�era�buona�e�,�meditata�lungamente,�fu�trovata�anche�migliore,�ed�ora�eccola�attuata�in�questo�modesto�bollettino�parrocchiale,�che�vi�sarà�tanto�caro.“VITA�NOSTRA”�darà� la�viva�storia� religiosa�del�

nostro�popolo,�elencherà�le�culle�e�le�bare,�gli�av-venimenti� tristi�e� lieti,�vi� troverete�una�parola�di�sprone�al�bene,�di�consolazione�nelle�afflizioni,�di�partecipazione�alle�gioie�più�intime.�I�giovani�vi�si�affezioneranno�come�ad�un�coetaneo�ideale,�i�vec-chi�rimpiangeranno�di�poter�partecipare�per�minor�tempo�a�questo�ravvivarsi�della�famiglia�parrocchiale�attorno�alla�storica�torre�del�loro�bel�S.�Martino.Per� tutto�questo,�come�ad�un�figlio�carissimo,�al�bollettino�che�si�presenta�la�prima�volta,�benedetto�dal�Pastore�della�Diocesi,�l’augurio�più�fervido:�vivat,�floreat,�crescat.�Viva�di�vita�florida�e�faccia�frutto.�E�con�l’aiuto�di�Dio�ne�darà�certamente!�

*Leggendola oggi appare come una profezia!

L’ALtA APPROVAZIONe DI MONS. VeScOVOVescovado�di�Como�21�Marzo�1936

M.�R.�Sig.�ArcipreteColla�prossima�Pasqua�avremo�dunque�il�Bollettino�della�Parrocchia�di�Gordona.�Sarà�esso�la�voce�della�Chiesa-madre,�che�trepida�sui�figli�suoi.�Specialmente�se�dispersi�nelle�valli�e�sui�monti,�in�mezzo�a�tanti�pericoli,�e�privi�di�quella�assistenza�spirituale,�di�quei� tesori�divini.�Di�cui�dispone�la�chiesa�di�una�parrocchia�per�tutti�i�suoi�fedeli.�Specchio�della�vita�cristiana�della�parrocchia� in�tutte� le�sue�molteplici�attività,�cronistoria�degli�avvenimenti�che�interessano�specialmente� l’anima�religiosa�del�popolo,�il�Bollettino�sarà� l’amico,� il�confidente�delle� famiglie�di�Gordona,�ne� interpreterà� il�cuore�nelle�ore� liete�e�nelle�ore�tristi,�di�cui�è� interessata� la�nostra�breve�esistenza�quaggiù.�Non�solo,�ma�il�nuovo�Bollettino�sarà�l’eco�anche�della�parola�del�Vescovo,�che�porta�sulle�spalle�le�maggiori�responsabilità�delle�anime�della�Diocesi.Esca�dunque�“VITA�NOSTRA”�come�il�buon�seminatore�della�parabola,�a�seminare�e�trovi�in�tutti�i�cuori�il�terreno�buono�che�accolga� la�divina�semente,� la�conservi�e� la�faccia�fruttificare;�entri�in�tutte�le�famiglie,�salga�sui�monti,�raggiunga�ogni�casolare�dalla�Valle�di�Bodengo�a�Monte�Spluga,�ovunque�si�trovino�i�parrocchiani�di�Gordona�,�e�a�tutti�rechi�il�dono�della�sua�buona�parola;�è�il�voto�del�mio�cuore,�che�benedice�Redattori�e� lettori�del�nuovo�Bollettino.Con�ossequio�

Dev.mo��ALESSANDRO�MACCHI�Vescovo�di�Como��

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Ogni trimestre venivano forniti i dati demografici aggiornati, con le seguenti modalità:

AL SACRO FONTE per indicare i nati,ALL’ALTARE per indicare i matrimoni, ALLA TOMBA per i morti, il cui elenco si concludeva con “Pie Jesu Domine, dona eis requiem”

Nella rubrica fissa denominata DIARIO SAcRO si dava informazione di tutti gli appuntamenti religiosi del mese corrente e di quello successivo: orari delle messe, benedizioni particolari, processioni, pelle-grinaggi, confessioni. In questo numero i mesi interessati erano aprile e maggio, per questo troviamo tra gli avvisi di maggio il seguente “Con la prima Domenica di Maggio si darà il servizio religioso agli alpigiani di Bodengo”; a partire da questa data il prevosto risiedeva stabilmente a Bodengo fino all’8 di Settembre, giorno in cui, dopo aver celebrato messa al mattino presto, si recava a Cermine per la festa della Natività di B. Maria Vergine per poi far ritorno a Gordona.

Le processioni erano frequenti e le messe venivano celebrate in tutte le chiese incluse Santa Caterina e Sant’Orsola alla Cesura. La prima messa veniva celebrata alle 5.30 del mattino.

Rovistando in archivioEcco�altra�rubrica�di�“VITA�NOSTRA”,�che,�certo,�sarà�molto�accetta�agli�abbonati�ed�assai�adatta�agli�scopi�del�Bollettino.�Sarà�veramente�“vita�nostra”�(passata�forse�di�qualche�seco-lo)�ma�non�conta,�se�è�vero�che�la�storia�è�maestra�della�vita.�Qui�si�ricorderà�a�spizzico�un�po’�degli�avvenimenti�passati�del�nostro�paese,�delle�nostre�Chiese,�delle�nostre�istituzioni,�basandosi�su�documenti�inoppugnabili.Tutti�ne�saranno�lieti,�restando�talora�meravigliati,�talora�commossi;�e�vi�si�troverà�argomento�per�alcuni�di�rettificare�delle�idee,�per�molti�di�imitazione,�per�tutti�di�ammirazione.E�per�cominciare,�ecco�alcuni�periodi�con�cui� l’Ill.mo�Arciprete�di�Gordona,�D.�Gioan�Bat-tista�Pestalozzi,�Protonotario�Apostolico�e�Commissario�Apostolico�del�Nunzio�di�Lucerna,�comincia�il�suo�aureo�libro�de�“li�diritti�della�Chiesa�Colleggiata�di�S.�Martino”.�Serviranno�ad�orientare,�nel�proprio�paese,�quei�Gordonesi�(emigrati�o�no),�i�quali�non�se�ne�ricordassero�più�l’ubicazione�…

“GORDONA, una delle comunità del contado di Chiavenna, siccome giace nel più ameno, ampio, fruggifero seno di tutta la valle, così credersi deve la prima abitazione delle genti portatesi a domi-ciliare tra questi monti, servendomi a ciò asserire di fondamento non solamente la bella sua positura e buon terreno, ma ancora l’antichità dell’ora distrutto castello chiamato di S. Caterina della Torre noncupata del Pamperduto sopra Segname, dei quali non mi fu fattibile il divisarne la culla, ed indi-viduarne la loro origine con soddezza. Concorrono a giustificare questo mio sentimento le vestigia delle fabbriche più vecchie, che pure si scorgono all’intorno e molto più delle ben proprie strade per servizio anche delle merci, che per Gor-dona transitavano addrizzate al viaggio sì della Forcola, come di Spluga, rimanendovi in più luoga la testimonianza delle vie pubbliche andate in disuso e dei ponti di Segname e Postaiolo.In Gordona sempre uno dei luoghi più popolati e doviziosi di tutta la giurisdizione fuori di Chiavenna, cosicché poté meritarsi regolarmente il titolo di Borgo come lo dimostrano i Rogiti dell’allora Notaio Sr. Vincenzo Pino sotto lì 4 Agosto 1627.La vaghezza e la fecondità del territorio di Gordona ha potuto alletare molti gentiluomini di Chiavenna a procacciarsi in esso effetti e quivi formarsi la villeggiatura perfin anticamente come le famiglie Pesta-lozzi e Selder alla Cesura, Pestalozzi de’Luna alla Torre, Lumaga successa a Peverelli in Mondadizza, Giani ne’Scogli, ed ora pure serve di armeno passeggio nelle Ferie autunnali alli Chiavennaschi…” ��(continua�sul�prossimo�numero)

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(segue�dal�primo�numero)Da�“VITA�NOSTRA”�maggio�1936

“….Per si ad immemorabili segue nel giorno di S. Martino la Fiera del bestiame e di altre poche mercicon gran concorso de’ contadini ed anche di non pochi foresti.Il terreno di Gordona porta fieno, uve, segale, miglio, panigo, fromento, castagne e quanto di frutto può dare la più bella parte dell’ Italia, godendo dell’ avvantaggio di molti belli e fecondi Monti ed Alpi massimo alla volta di Menarola e nella valle di Bodengo.Per Gordona scorrono il Fiume Mera, Boggia, Crezza, e che altre volte servivano di amenità, commodo, utilità, ed ora riescono di pregiudizio, danno ed esterminio colle frequenti loro stravaganti diramazioni, variazioni e sobissamenti ed appena lasciano luogo immune da timori. …”

Benedetta�brezza!�Ha�cambiato�il�pelo�ma�non�il�vizio.

Reparto Militare Un�posto�per�i�nostri�soldati�era�necessario.�L’ideale�che�servono,�il�sacrificio�che�compiono�li�fanno�degni�del�nostro�interessamento�particolare.Qui�le�famiglie�troveranno�un�eco�della�vita�dei�loro�cari�lontani;�qui�potranno�pure�comparire�i�pensieri�belli,�i�propositi�forti�(e�non�sono�pochi,�anche�se�linguisticamente�alle�volte�scor-retti)� i�saluti�accorati�anche,�che�i�nostri�soldati�scrivono,�perché�le�parole�accompagnate�dal�sacrificio�valgono�assai�più�delle�sole�parole�se�pur�smaglianti.�Si�invitano�anche�tutti�a�comunicare�qualsiasi�notizia�potesse�interessare�al�riguardo.�Si�pubblicano�pure�fotografie�mandate�dai�soldati�dall’A.�O.Intanto�diamo�l’elenco�e�gli�indirizzi�dei�nostri�militari�in�Africa:

seguiva�elenco�e�indirizzo�di�3�soldati�e�di�6�C.�N.

IL DIGIUNO FRA I tURcHIPer�tutto�l’intero�mese�di�Ramadan,�che�è�il�nono�mese�dell’anno,�i�maomettani�debbono�digiunare�assai�strettamente:�in�ogni�giorno�di�quel�mese,�dal�primo�rompere�dell’alba,�fino�al�tramonto�del�sole,�annunziato�da�un�colpo�di�cannone,�non�debbono�prendere�assoluta-mente�nulla�in�bocca,�e�non�possono�mangiare,�né�bere,�né�fumare.�Quando�si�pensi�che�il�mese�del�Ramadan�è�laggiù�forse�il�più�caldo�dell’anno�(settembre)�si�comprende�quanto�possa�essere�duro�questo�precetto.�I�ricchi,�è�vero,�sogliono�in�questo�mese�passare�l’intero�mese�dormendo�o�sonnecchiando�sui�loro�divani;�ma�i�poveri�che�debbono�guadagnarsi�il�pane�lavorando�da�mane�a�sera,�soffrono�terribilmente�questo�digiuno.�Eppure�ogni�turco�lo�osserva�scrupolosamente�e�non�pensa�affatto�a�lagnarsene.�Quelli�che�si�lagnano�del�digiuno�sono�i�cristiani.

Riportiamo una riflessione che inserita in un contesto attuale potrebbe essere ritenuta provocatoria, ma ciò che ne emerge in realtà, in questa comparazione di precetti tra due religioni, cristiana e islamica, è il rispetto per ciò che ha più valore, pur se non ci appartiene.

A chiusura di questo primo numero di Vita Nostra trovate nella pagina seguente la scansione dell’ul-tima pagina del bollettino: in essa è contenuta una curiosa teoria sul perché del calo dei matrimoni. Ricordiamo che l’appuntamento con i prossimi numeri di questo bollettino parrocchiale è rimandato al prossimo anno.

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La banda di Fiorano al Serio ha ospitato la banda di Gordona per un gemellaggio all’insegna della musica e dell’amicizia.

È accaduto durante la nostra esibizione ad una manifestazione nel centro di Milano qualche mese fa che il nostro Presidente ha ricevuto l’invito da un conoscente per partecipare ad un gemellaggio con la Banda di Fiorano al Serio il 30 Settembre.L’idea è stata subito accolta da tutti i bandisti…ed eccoci qui a raccontare la bellissima giornata, trascorsa all’insegna di tanta musica, allegria e nuove amicizie.Siamo stati accolti all’ingresso del paese dal loro Sindaco, che ci ha accompagnato all’Oratorio, dove a suon di musica ci stava aspettando la Banda di Fiorano. Dopo i saluti e le presentazioni, ci hanno guidato all’interno del cortile dell’Orato-rio, dove abbiamo suonato qualche brano e poi aperto il corteo diretto in Piazza San Giorgio, seguiti dalla Banda di Fiorano.Alle 10,30 è iniziata la messa allietata dalle voci del coro parrocchiale “Venerdì Note” e dalla mu-sica di qualche bandista di Fiorano e della nostra maestra Silvia. La musica è stato l’argomento principale della celebrazione, così ha detto infatti Don Gimmi durante l’omelia: “…ogni strumento musicale suona la sua parte, collaborando alla riuscita della melodia, allo stesso modo nella comunità ognuno può dare il suo contributo per una collaborazione armoniosa!...”. Al termine della messa, abbiamo suonato insieme in piazza….è stato bello sentire il loro maestro dire: “…mischiatevi tutti, voglio vedere una divi-sa rossa ed una blu...!”. Abbiamo poi terminato l’esibizione in piazza una banda di fronte all’altra eseguendo qualche marcia a turno. Ancora in corteo, ci siamo diretti in Oratorio, per poi recarci al ristorante dove abbiamo pranzato tutti insieme, bandisti, maestri, don Gimmi, autorità ed ac-

Fiorano al Serio, 30 settembre 2012: una giornata da ricordare

compagnatori. Non sono di certo mancate allegre risate e cantate!! Per le 16,00 sia-mo tornati all’Oratorio, dove abbiamo tenuto il nostro con-certo, proponendo dei brani colonne sonore di film a tut-ti conosciuti, e proprio per questo la nostra esibizione è stata tanto apprezzata. Al termine, i nostri “nuovi ami-ci”, ci hanno offerto un piace-vole rinfresco, allietato dalle nostre note, dai canti e dai balli che abbiamo improvvisato. La giornata si è conclusa alle 18,30 circa, quando con un po’ di nostalgia nel cuore, siamo saliti sul nostro pullman per far ritorno a casa. È stata una giornata unica, indimenticabile, ricca di tanta musica, ma anche di allegria ed entu-siasmo e soprattutto da questa giornata è nata una nuova amicizia tra noi e i bandisti di Fiorano. Siamo certi che il nostro affiatamento sarà una cosa che continuerà nel tempo… non potevamo infatti concludere la giornata senza prima invitare la Banda di Fiorano a Gordona, per la prossima primavera.

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La costituzione del Consorzio Valle Bodengo nel maggio 1968 avviene nel pieno di quel lungo pe-riodo del ’900 nel quale in tutte le Alpi si assiste al progressivo abbandono delle “terre alte”, con la progressiva discesa a valle della quasi totalità delle popolazioni sino a quel momento insediate per secoli in contrade, alpeggi e maggenghi orga-nizzati secondi i ritmi e i costumi di un’economia eminentemente agricola a base famigliare. Certo, quando il Martign di Burign faceva tenace e con-vincente opera di proselitismo alla causa consor-tile presso i più o meno malleabili rappresentanti delle tante Alpi e Valli che confluiranno nel futuro consorzio, il destino sociale ed economico della valle non sembrava ancora definitivamente se-gnato dall’irresistibile attrazione del fondovalle industrializzato o dell’“eldorado” elvetico. Fatto è che nel corso dei suoi oltre quarant’anni di at-

tività, il consorzio ha contribuito ad ammorbidire un passaggio epocale che altrove è stato vissuto in modo assai più traumatico, con il totale e de-finitivo abbandono degli alpeggi e la fine di una civiltà che aveva plasmato per secoli il paesaggio vallivo. In fondo anche se oggi non c’è più una sola famiglia che risieda in alpe o che dall’alpe ricavi il proprio reddito principale, il legame con la Valle Bodengo o con la Val Pilotera, resta molto significativo nella comunità gordonese. E ciò, appunto, anche grazie al consorzio che, sia per le opere realizzate (la strada in primis, ma anche la presa in carico di circostanze eccezionali come nel periodo delle alluvioni degli anni ’80 sotto la gestione di Stellio Galan), sia per la capacità di rappresentare un luogo nel quale le generazioni si susseguono nel prendersi carico di una storia che continua nonostante i profondi cambiamenti

Come�Direttivo�del�Consorzio�Valle�Bodengo,�consapevoli�della�necessità�di�adeguare,�dopo�oltre�quarant’anni,� lo�statuto�consortile�alle�mutate�esigenze�di�utilizzo�della�nostra�valle,�abbiamo�chiesto�ad�Albino�Gusmeroli�-�che�per�passione�e�professione�studia�i�cambiamenti�in�atto�nelle�nostre�comunità�-�una�riflessione�sull’evoluzione�della�montagna�(le�così�dette�“terre�alte”)�in�generale�e�della�nostra�in�particolare.Lo�scopo�è�quello�di�favorire�nella�nostra�comunità,�anche�grazie�al�giornalino�della�biblioteca�“Momenti�di�Gordona”,�l’avvio�di�un�costruttivo�dibattito�che�favorisca,�nel�breve�periodo,�quel�necessario�adeguamento�statutario�così�da�essere�in�grado�di�rappresentare�al�meglio�le�varie�esigenze�che�abbiamo�-�per�il�recente�mandato�ricevuto�-�l’onere�e�l’onore�di�rappresentare.

Il Direttivo del consorzio Valle Bodengo

La Val Bodengo alla sfida del presente

Il Consorzio Valle Bodengo tra passato presente e futuro: dalle necessità che ne imposero la sua costituzione alle scelte odierne

di Albino Gusmeroli Ricercatore sociale presso Consorzio AASTER

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portati dal tempo, mantiene una funzione impor-tante nel rinnovare il senso del legame con la ter-ra degli avi che i gordonesi hanno ereditato. Oggi tuttavia non si tratta soltanto di mantenere quel legame affettivo e valoriale con un passato di co-mune fame e fatica. Questo è importante per non perdere la nostra ombra nell’andare per il mondo (così come fecero gli emigrati), tuttavia è impor-tante saper e voler confrontare quell’eredità con il presente, altrimenti quel passato è solo una bella cartolina carica di sentimenti e ricordi del tempo che fu. A quasi mezzo secolo dalla fondazione il contesto nel quale il consorzio si trova ad agire è profondamente mutato. La montagna non è più il luogo dal quale si strappava di che (sopra)vivere nell’epoca della civiltà agro-silvo-pastorale, ma non è più neanche il luogo dell’inselvatichimen-to senza ritorno della stagione del deflusso alla ricerca di un minimo di benessere materiale nel fondovalle. Oggi la montagna è molto di più e molto di meno. Dalla valle e dai suoi alpeggi non dipende più l’esistenza materiale di nessuno, ma sentiamo che quei mondi sono ancora in grado di dirci qualcosa di utile per ispirare le scelte del presente. Traducendo questo cambiamento all’in-terno del delicato meccanismo di funzionamento del consorzio, ciò significa, ad esempio, prendere atto del fatto che mentre nel suo primo periodo di vita la funzione più importante del consorzio è stata la conciliazione di interessi economici che influivano sulla qualità della vita quotidiana dell’agricoltore di montagna, oggi quella sfera di interessi si è nettamente ridotta. Oggi alla dimensione degli interessi si affiancano molte-plici fattori di tipo culturale legati alle modalità di “accesso e fruizione” della Valle. In altre parole ognuno di noi “ha in testa” una propria idea di ciò che “deve o dovrebbe essere” la Valle, laddove un tempo questo “dovere essere” costituiva un aspetto ben chiaro e condiviso a tutti gli abitanti (una specie di patto non scritto). Così per quanti i conflitti potessero essere aspri, i capifamiglia condividevano uno stesso metro di giudizio e sa-pevano che un accordo era alla fine necessario, poiché ne andava della qualità della loro vita in alpe (non solo di quella economica, ma anche in termini di prestigio sociale, credibilità personale, etc.). Oggi che il consorzio non rappresenta più

lo specchio di una comunità di interessi tenuta insieme da quello strano collante fatto di una reciprocità al tempo stesso gratuita e obbligata, l’appartenenza e la partecipazione alla sua vita dipendono da una scelta individuale reversibile, al centro della quale gli interessi si mescolano con la visione della valle che ognuno si è fatto… vivendo altrove. In questo contesto il rischio è che gli interessi si trasformino facilmente in un gioco di veti, poiché nessuno (o comunque un’estrema minoranza) si trova nella condizione di dover a tutti i costi trovare un accordo per ottenere un vantaggio individuale di vitale importanza per la propria sopravvivenza in alpe. Ma pensare di tornare indietro a ciò che fu non appare la scelta migliore. Meglio forse assumersi il rischio abbracciare consapevolmente la diversità del nostro tempo che, nel microcosmo della Valle, si riflette in tanti modi di pensare e praticare la Valle. C’è chi la pratica come da tradizione di famiglia, chi la considera territorio di caccia, chi la guarda sotto il profilo turistico, chi sotto quello del potenziale delle sue risorse energetiche (idro-elettrico, biomassa, etc.), chi sotto il profilo della sua stabilità idrogeologica, chi sotto il profilo della preservazione della biodiversità o, ancora, della preservazione antropica, e così via. Fare sintesi di tutte queste visioni è una sfida che va ben oltre i confini del consorzio, ma esso intende essere un laboratorio in questo senso. Per fare ciò occorre però attrezzarsi non solo sotto il profilo della solidità dei principi, ma anche dal punto di vista delle competenze legali, tecniche, organizzative, poiché i saperi che ereditiamo dalla tradizione in questo senso non sono più sufficienti ad atten-dere alle sfide del presente: allo stesso tempo, abbiamo la possibilità di attingere a tanti esempi positivi in altre parti delle Alpi. Per questo, prima o poi, ci si dovrà assumere l’onere di metter mano con intelligenza e chiarezza di intenti ad uno Statuto che, per quanto vitale nella sua filosofia di fondo, necessita di essere adeguato ad un contesto profondamente cambiato, al quale non occorre né prostrarsi supinamente, né opporre un rifiuto a priori. Per il Consorzio Valle Bodengo è tempo di entrare nell’età matura. Speriamo che sia all’altezza della sfida del presente, così come lo furono a suo tempo i fondatori.

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Il significato e il valore di crescere in oratorio: impegno, condivisione, collaborazione, confronto, comprensione e crescita.

di Stefania Tavasci

Apro un vocabolario e cerco la parola “oratorio”. Beh, cosa trovo scritto - leggo: “è un locale desti-nato alla preghiera; insieme di locali attigui alla chiesa parrocchiale, che vengono adibiti alla ri-creazione e all’assistenza religiosa dei giovani”. Niente da obiettare, tutto quello che è scritto è vero, ma nel nostro Oratorio di Gordona c’è molto di più… Ricordo quando eravamo piccoli e aspettavamo i pomeriggi e le domeniche per incontrarci a giocare con gli amici, cantare, pregare, semplicemente divertirsi. Oggi purtrop-po il concetto di divertimento, nei giovani, sta diventando sempre più un qualcosa utopistico, non si accontentano più di niente; forse tutto questo è colpa della società in cui si vive oggi,

una società materialista che non trasmette più a questi ragazzi i valori veri di una vita semplice e felice, la famiglia, le amicizie sane, sembra-no scomparse nel nulla e si sentono sempre più disgrazie di ragazzini che, per divertirsi, si spingono ai limiti dell’impossibile danneggiando i luoghi dove vivono e loro stessi.Hanno la credenza che ora se non ti dai a qual-che vizio non sei nessuno e non potrai mai es-sere considerato un “grande” del gruppo. Non esiste, dove stiamo finendo!Ancora peggio quelli che hanno da ridire sugli oratori in generale, forse se ci mettessero piede qualche volta vedrebbero che non è solo un luogo di preghiera, un luogo legato alla chiesa, ma vedrebbero e si renderebbero conto che l’oratorio è FAMIGLIA!Credo che possiamo ritenerci fortunati di esse-re cresciuti nel nostro oratorio di Gordona, nel nostro piccolo, i grandi di una volta ci hanno indirizzato a essere quello che siamo oggi, e noi a nostra volta cerchiamo di fare lo stesso con le nuove generazioni. Tenere dei ragazzi in un luogo così importante non è per niente facile, altri svaghi superflui tendono a sviarli da quello che potrebbero trovare in questo luo-go: accoglienza, sincerità, voglia di crescere insieme. Ringrazio chi ai tempi c’è stato e ci ha trasmesso la passione e la forza di portare avanti questo progetto, perché un oratorio può essere in qualsiasi palazzo; quello che lo rende speciale è chi ci sta dentro e che collabora per costruire qualcosa di buono. Ormai è da anni che noi giovani ci siamo messi d’impegno nel proseguire questo percorso, per esempio i nostri spettacoli non sono fatti tanto per fare, dietro c’è un lavoro di collaborazione immenso. Se qualcuno dovesse chiedermi cos’è un oratorio, non aprirei un vocabolario, direi semplicemente che è una seconda famiglia, un punto d’appog-

Oratorio: la nostra seconda famiglia!

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gio. Nei mesi di preparazione degli spettacoli i ragazzi imparano a conoscersi e, come in tutte le famiglie, a volte ci sono divergenze, ma il legame che si crea è talmente intenso che si fa subito la pace, perché non si pensa a se stessi, si impara a condividere gioie e dolori, le prime delusioni, i primi amori, i primi problemi dell’ado-lescenza. Molti ragazzi non hanno fratelli con cui confidarsi o hanno paura a farlo, nel nostro oratorio invece ci si aiuta, si impara ad ascoltare, capire e aiutare, se si può, chi è in difficoltà. Chi non lo vive non può sapere, né giudicare, quanto sia difficile mantenere un equilibrio, non perdere di vista nessuno e far sentire tutti importanti. Ho sentito molti dire: “Beh ma ora siamo grandi cosa veniamo a fare”, beh questa è la classica frase che viene detta quando si ha paura del giudizio esterno, di chi non comprende l’impe-gno e il valore di questo luogo, che per fortuna abbiamo e dobbiamo continuare a preservare. Noi che ora siamo cresciuti abbiamo passato la fase della paura, è normale, non tutti possono capire quanto vale per noi tutto questo. Le sere fino a tardi nel preparare coreografie, scenette, canti, scenografie, vorrei far capire che non è tempo perso, è tempo che i ragazzi guadagnano per godersi quel poco di buono che ci è rimasto, continuare a coltivare le amicizie, accontentarsi di semplici cose, crescere noi stessi per far crescere i più piccoli, che ogni anno sono per fortuna sempre più motivati e contenti di diver-tirsi e far divertire le famiglie. Il nostro spettacolo è un momento per ognuno di noi per realizzare un piccolo sogno, sentirsi importanti davanti a chi ti vuole bene anche per un minuto, sentire gli applausi, vedere che qualcuno crede in noi è la cosa più bella che un bambino possa ricevere, il sorriso di mamma e papà, dimostrare ai genitori che si sta crescendo e siamo capaci d costruire qualcosa di bello e divertente, ma soprattutto qualcosa che viene dal cuore! Chi ha visto lo spettacolo credo che tutto questo l’abbia recepi-to o comunque lo spero. Chi ci ha criticato ci ha reso più forti, non molliamo, perché sappiamo quanto i bambini ci tengono, meglio averli in un oratorio che a casa con videogiochi che creano

realtà fasulle, meglio una partita a calcio con gli amici. Tutto questo serve per farli crescere bene, per non farli sentire soli. Ricordo la sera dopo l’ultima replica dello spettacolo avevo il cellulare infiammato di messaggi e tutti inizia-vano con un GRAZIE! Questa è la parola che ci fa andare avanti, essere ringraziati dai ragazzi e dai bimbi ti riempie il cuore perché c’è sincerità in quegli occhi mentre te lo dicono. Quest’anno mi sono accorta di quanto siamo importanti, chi fa l’oratorio ha il compito di guidare chi ci entra, guidarli nel bene, nella semplicità dei valori che ci hanno insegnato a catechismo e in chiesa. È giusto far preservare ai bambini questo spirito di magia, di sorprendersi per le piccole cose, di stare uniti e costruire a ogni passo se stes-si, perché ogni attimo passato lì dentro è un momento di crescita dove realizzi ciò che sei, senza le cose che hai attorno, solo basandoti su quello che sei e vorresti diventare: delle brave persone. Le persone forse non capiranno mai quanto significa per noi un oratorio, ma tutti quelli che leggeranno questo breve scritto, sono sicura che un’emozione forte li attraverserà fino al cuore perché è lì dove noi siamo l’uno per l’altro, siamo tutti uniti da un legame invisibile che anche con gli anni non si spezza ma se mai si fortifica. E ora credo sia il momento di dire GRAZIE a chi da anni ha reso tutto questo possibile, grazie a chi crede in noi, grazie a tutti i bambini e ragazzi che vogliono preservare la nostra grande FAMIGLIA!

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Abbiamo chiesto a Gemma ed Enrico, di nuovo in partenza per l’Africa, di renderci partecipi della loro esperienza. Purtroppo lo spazio è breve e le cose che avrebbero da raccontare sono molte.

di Gemma ed Enrico Tavasci

Carissimi Gordonesi, grazie per l’invito della Bi-blioteca di parteciparvi le nostre esperienze.

Il 27 ottobre ritorniamo in Africa un po’ preoccupati per ragioni di casa nostra: gli anni avanzano, i nipotini reclamano e ricattano i nonni, (è appena

arrivata Ludovica, la quarta nipotina) e per il coin-volgimento sempre più impegnativo richiestoci dalla Comunità Rurale di Yene, in Senegal, dove ritorneremo per il terzo anno. Non è facile parlare di povertà africane, nel mez-zo di una crisi nostrana sempre più profonda, erroneamente attribuita più all’economia che alla carenza di politica e di equità, ma si deve. Tutti insieme, senza alibi fin qui frapposti da secoli di colonialismi e neocolonialismi, riusciremo a rab-berciare questo vitale nido dell’universo. Da fare ce n’è per tutti: per noi due, in primis. Ritornere-mo in Senegal (la salute ce ne permette ancora l’opportunità) dove innanzitutto ci reclamano i bambini ed in particolare quelli meno abbienti (tra i poveri ci sono sempre i più poveri) che, pur non frequentando la scuola primaria, necessitano di istruzione, indispensabile per riuscire a decifrare il loro futuro. Dentro lo steccato dell’ignoranza sono

Ritorno in Senegal

Senegal, marzo 2012: con i bambini del villaggio di Kelle nel Centro “Giovanni Quadroni”.

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purtroppo ancora ammassati miliardi di moderni schiavi, molti, troppi in Africa. Da noi si fatica a soddisfare le richieste dei vari IPhone, mentre in Senegal i ragazzi ci chiedono un semplice qua-derno, una matita… Collaboreremo ancora con l’Associazione “I Bam-bini di Ornella” di Como che da sei anni, si im-pegna nella promozione umana di centinaia di bambini, seguiti da educatori indigeni nel centro “Giovanni Quadroni” di Kelle, realizzato dallo SPI della CGIL (www.ibambinidiornella.org). L’associazione offre assistenza alimentare e sa-nitaria anche ai Talibés: i bambini da 4 a 16 anni affidati per sempre dalle famiglie lontane ai Ma-rabouts, maestri del Corano che, con il pretesto di insegnare loro le sura, li sfruttano fisicamente e psicologicamente li annientano. In Senegal ve ne sono 250.000, trattati come schiavi, in grave violazione dei Diritti Internazionali dei bambini. Contro la potente casta dei Marabouts, però, il go-verno non può fare nulla e lo scandalo continua…Quest’anno realizzeremo nel villaggio una scuola materna, voluta e finanziata dall’Associazione ‘L’Alveare’ di Olgiate Comasco (www.associa-zionealveare.it) che vuole trasferire il proprio im-pegno per le persone diversamente abili anche in terre africane, come aveva desiderato il suo fondatore Felice Albonico, deceduto nell’ottobre 2010. Saremo impegnati a controllare di persona i lavori per garantire in loco che vengano spesi bene i soldi dei donatori ed avviare successiva-mente la gestione della scuola con personale locale. C’è un po’ Gordona in quel che facciamo: in primavera abbiamo finanziato e realizzato un piccolo ponte calcolato con la collaborazione tecnica di un nostro nipote.Continueremo con la corrispondenza epistolare tra la Scuola Media di Valmorea (dove Gemma ha lavorato per trent’anni cercando di aprire sempre alla mondialità, con progetti e gemellaggi con il Sud del mondo) e le ultime classi della Scuola primaria di Kelle. L’anno scorso abbiamo avuto la grazia di intercet-tare i bisogni e le richieste di una piccola comunità cristiana a 10 Km più a Sud che ci ha convinto a sostenere i loro progetti di edilizia scolastica. Ci aspettano i Padri di Saint Jean che operano da 25 anni in una parrocchia sotto il campanile del Santuario di Notre Dame di Popenguine, un

tempo visitata anche da Giovanni Paolo II. Con questa Comunità cristiana continueremo il nostro impegno anche nella catechesi.A Kelle come a Popenguine, tutte le iniziativa educative e di carattere sociale sono nelle mani di responsabili locali, che, piano, piano, faticosa-mente e con tempi e modalità africane, si mettono sulla strada di una promozione umana integrale a favore di popolazioni che hanno sempre vissuto di elemosine e di promesse disattese dell’ Europa. Noi camminiamo loro vicini, certi che lo sviluppo debba passare necessariamente attraverso loro coscientizzazioni, sperimentazioni e responsabi-lizzazioni. Tentiamo con loro un sano métissage culturale, quasi biologi-co, capace di levigare l’orgoglio e l’arroganza delle nostre differenze spesso pretestuose, per scoprire la ricchez-za dell’incontro e lo stupore per le piccole - grandi cose che la vita ci regala ogni giorno. Più che testimoniare, cerchiamo di essere te-stimoni, nutrendoci di pazienza e di speranza e imparando che “la�ric-chezza�di�una�persona�si�misura�dal�numero�delle�cose�di�cui�può�fare�a�meno”.Siamo convinti di non riuscire a cambiare l’Africa, ma certi che l’Africa sta cambiando noi e che la soluzione dei problemi del terzo mondo (le cui povertà sono ormai annidate anche tra le nostre civiltà, beneficiate lungo secoli da certezze poli-tiche e da sicurezze economiche) debba essere promossa da quei popoli: “Salvare�l’Africa�con�gli�africani” insisteva già con lungimiranza S. Daniele Comboni. Sull’esempio di migliaia di esperienze in atto nel mondo, serbiamo nei nostri cuori, ormai vissuti e contagiati dal mal d’Africa, di fare da apripista in questo puntino d’Africa per continuare con altri laici (i Missionari hanno dato abbondantemente ed ora sembrano sotto organico…) a testimoniare di persona i valori umani e cristiani sui cammini di speranza percorsi dal Popolo di Dio di cui noi tutti ci onoriamo di fare parte.

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Nel mio paeseDal Centro Diurno

Nel mio paese c’è un centro specialeNon è turistico e non è commercialeFrequentato da mamme, nonne, sorelleChe se non le controlli ne fanno di belle!

I pomeriggi alle carte possono giocareInsieme alle amiche anche chiacchierareE poi tutte insieme il tè sorseggiareTrascorrono ore con tanta allegria

È un vero piacere stare in loro compagniaAl Centro spesso narrano il passatoA tratti con un sorriso o un magone velatoMa anche se la vita talvolta ha portato loro dolore

Non si sono mai stancate di regalare amoreE quando qualcuno piange e disperaLe stanno vicine con una preghieraEcco son loro le nostre maestre di vitaChe tanto ci han dato ma non è ancora finita

Non solo in passato ma tanto in futuroSaranno per noi un esempio sicuroE se mi chiedete che cosa io voglioRispondo sicura “provare sempre questo orgoglio”.

Un�grazie�particolare�ad�altrettante�donne�“speciali”�che�fanno�si�che�tutto�questo�sia�possibile,�togliendo�tempo�ed�energie�alle�loro�famiglie�per�dedicarlo�alla�comunità�intera�di�Gordona,�le�nostre�volontarie.Grazie�di�cuore�(Diu�van�rendarè�meret)

Una�figlia�grata

Cos’è La Vita Cos’èlavita?

unsusseguirsidigiorni,mesi,anni

inquestomondofattopertutti,

cisonomomentibelliebrutti

C’èchièricco,chièfelice,chièpoveroesenzaamici.

Gentechevuolelapace,altrilaguerra.

terremotiimprovvisichesquarcianolaterra.

C’èchisistruggedietrolesbarre.

Tristeèilsorrisodeicarcerati

contandogliannichesonopassati.

Adunadonnadall’etàsfiorita,chieseroundì:

“cos’èlavita?”

Unoscillardinoia,fratristezzaegioia.

Quandoperderaiilsensodellavita,

questovuoledire

“chepertee’finita!”

AgneseElisabettaTavasci(Ines)

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Le tappe più significative di questo ultimo anno all’insegna del canto popolare

di Leda Biavaschi

Il “Coro Gurdunees senza pretees” è grato alla Bi-blioteca di Gordona per l’ospitalità che ci offre sul suo giornalino, dandoci l’opportunità di far conoscere a tutti i suoi lettori la nostra attività.Anche quest’anno abbiamo, con tanta soddisfazione, lavorato intensamente, cercando di venire incontro a tutte le richieste che ci sono pervenute dalle diverse realtà sociali, in provincia e fuori; case di riposo, feste degli anziani, feste popolari e dalla nostra preziosa Scuola Materna. L’accoglienza festosa che ci viene di volta in volta riservata, così come la gioia ed il coinvolgimento del nostro pubblico ci appagano pie-namente, anzi direi di più, ci “gasano”, ci danno una benzina super che più verde non si può. (Diciamo verde perché, tra le tante positività che ha il canto, necessita anche di una respirazione profonda che massaggia ed ossigena gli organi interni!). Siamo diventati amici dei tanti ospiti, personale e volontari delle nostre Case di riposo, incontrando anche gli ospiti Gordonesi, in questo caso con tanta emozione e nostalgia da entrambe le parti. Siamo

stati invitati dalla comunità di Samolaco nella loro festa di Paiedo, per molti di noi è stata la prima volta che ci si recava in questo antico nucleo ben conser-vato, abbiamo incontrato gente generosa ed ospitale, insieme abbiamo trascorso una bellissima giornata su questo terrazzo che si affaccia sulla Valchiavenna. Siamo stati anche a San Sisto (sopra Starleggia) per l’inaugurazione della Torre Civica. Anche qui abbiamo scoperto una valle bella, quanto la sua gente cordiale e generosa. Abbiamo potuto godere della bellezza del suo paesaggio; San Sisto è raccolta quasi in un grande abbraccio dal Pizzo Quadro e di fronte ha la maestosità del Pizzo Stella e la valle Spluga. Siamo stati onorati di accompagnare la S. Messa con canti li-turgici e poi via via la giornata coi nostri canti popolari, lasciando San Sisto a tarda sera, con la Torre civica illuminata che svettava sulla Valle. Molta soddisfazio-ne abbiamo avuto anche dalla serata organizzata a Gordona in favore dell’“Associazione Cistinosi”, dove la nostra gente ha dimostrato interesse, sensibilità, cuore e concretezza. Un grazie particolare a Mara Mazzina, Presidente dell’Associazione, che ha con-diviso con noi la sua esperienza, dandoci prova di tenacia e speranza.Grazie a tutti coloro che ci sostengono e ci aiutano. Accogliamo con gioia nuovi coristi, noi ci troviamo sempre il lunedì pomeriggio per le prove al Centro Diurno di Gordona.

GURDUNeeS SeNzA PReTeeS, un anno di soddisfazioni

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Al Campo Volo di Bresso l’incontro emozionante delle famiglie con Benedetto XVI

Alcune famiglie che hanno partecipato

È bastato un po’ di coraggio, qualcuno che pren-desse l’iniziativa ed ecco che alle 5 del mattino di domenica 3 giugno un pullman parte da Chia-venna, si ferma a Gordona per occupare gli ultimi posti disponibili, e completo si avvia verso il Parco Nord di Milano, al Campo Volo di Bresso, dove alle 10,30 è prevista la celebrazione Eucaristica di Papa Benedetto XVI. Alla levataccia non si sottrag-gono i bambini, i più piccoli già i giorni precedenti non nascondevano l’ansia per l’attesa di “andare a vedere il Papa”.

LO SBARcO Prima di giungere al punto di arrivo del pullman, c’è stata data la possibilità di intuire quanta gente ci fosse passando, quando ancora non erano le sette del mattino, a fianco dell’ingresso del Parco da cui avremmo dovuto entrare anche noi. Un ser-pentone di persone senza soluzione di continuità si riversava nel verde delle piante che limitano il parco che, non conoscendone le dimensioni, scomparendo sembrava andassero a riempire chissà quale voragine.La tentazione di tutti è stata di fermare il pullman per farci scaricare lì, così da poter guadagnare posti migliori e soprattutto evitare i tre chilometri a piedi che ci erano stati promessi. Ma è bastato guardare fuori dal finestrino e vedere lo schiera-mento delle forze dell’ordine e dei volontari, che avevano bloccato tutte le vie nella zona, per farci tenere dentro di noi quel desiderio e rassegnarci a farci condurre a Sesto Marelli dove è stato fissato dall’organizzazione il nostro sbarco.

IL cAMMINO Il percorso a piedi che ci ha condotto al Parco non è stato il più breve, ma nelle scelte organizzative ha sicuramente pesato la necessità di diluire il più possibile la massa di persone che giungeva per la celebrazione. Emozionante percorrere le vie della periferia milanese con altre famiglie giunte da località diverse, con famiglie affacciate ai balconi di casa (alcune ancora in pigiama), probabilmente

La partecipazione alla VII Giornata mondiale delle famiglie

svegliate dal vociare inusuale per una mattina domenicale, oppure sorprese all’alba dal suono di una banda che in un punto del percorso accoglieva i pellegrini, stimolando, ammesso che ce ne fosse stato ancora bisogno, la ripresa dei sensi. Quando alla fine, dopo circa un’ora di cammino, abbiamo fatto il nostro ingresso sulla spianata del Campo Volo di Bresso, le sensazioni avute durante il pas-saggio del nostro pullman davanti all’ingresso del Parco, si sono materializzate nella folla che ormai occupava più della metà del Campo. L’altare era davanti a noi a forse un chilometro e per quanto grandi le sue dimensioni ci erano restituite senza particolari entusiasmi, forse un po’ delusi di non riuscirne a cogliere la reale consistenza. Trascinati e imbucati nel settore 32, all’inizio abbiamo tentato di studiare strategie alternative per poter giungere più vicini a quel palco ma poi, sopraffatti dall’afflus-so, ci siamo dati consapevoli che sarebbe stato molto meglio a quel punto mantenere le posizioni. Così, formando un cerchio tra di noi, ci siamo presi lo spazio vitale per prepararci ad assistere con i bambini alla Santa Messa.

IL PAPA Poco dopo le 9,30 il maxi schermo di fronte a noi trasmette l’immagine del Papa che a bordo della “papamobile” inizia a percorrere il viale che dal palco discende attraversando nel mezzo l’intera spianata. Chi li ha prende sulle spalle i propri figli e chi non li ha si offre ad alzare i bambini che non trovano libere le spalle dei propri genitori. Con un occhio allo schermo si cerca di leggere il punto in cui si trova il Papa prendendo come riferimenti bandiere e striscioni che nel frattempo si sono alzati. Anche noi abbiamo il nostro (pensato e rea-lizzato dalle famiglie di Gordona): “SI FAMILY… SI PARTY!”, firmato Valchiavenna con un cuore e le impronte di mani che, nelle dimensioni, richiamano i componenti di una famiglia. Quando finalmente il Papa passa nel punto più vicino a noi, ci separano una cinquantina di metri colmi di persone festanti che ci negano qualsiasi visuale. Riusciamo solo a trasmettere ai bimbi sulle nostre spalle l’idea che dove c’è quel tetto bianco che taglia la folla, lì c’è il Papa, ed è già un’emozione.

LA MeSSA Quando inizia la celebrazione, la confusione vis-suta nel mantenere gli spazi conquistati improvvi-samente svanisce. Seduti sull’erba ci scopriamo a

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condividere nel silenzio l‘evento. Intorno a noi, le persone da cui cinque minuti prima quasi ci difen-devamo, appaiono ora nell’autentica dimensione: un infinita moltitudine di famiglie che si estende oltre i confini del Campo Volo di Bresso, fino ad occupare la collinetta che fa da cornice. Nulla più si sente se non la voce del Papa che con l’atto penitenziale avvia il Rito.Nell’omelia il Santo Padre parte dalla famiglia come espressione della Santissima Trinità che nell’unione tra uomo e donna, creati a Sua imma-gine e somiglianza (Gen. 1,27-28), sono testimoni dell’amore vissuto. Vivendo con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche il dono di essere l’uno per l’altro, valorizzandosi reciprocamente e realizzando una comunione di amore e di vita. L’esortazione del Papa agli sposi è nel vivere il matrimonio con la consapevolezza di essersi donati la vita intera. Che l’amore è fecondo perché in esso si realizza il bene l’uno dell’altro, sperimentando la gioia del ricevere e del dare. Il vissuto familiare è la prima insostituibile scuola delle virtù sociali, come il rispetto delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la cooperazione. L’impegno degli sposi è di avere cura dei figli, trasmettendo loro, con serenità e fiducia, le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità. Ma ha anche richiamato i figli, a mante-nere sempre un profondo affetto e una premurosa cura verso i genitori, ed esortandoli a cogliere l’opportunità di crescere nell’amore attraverso le relazioni tra fratelli e sorelle. Rivolgendosi di nuovo agli sposi, il Papa ha riconosciuto che la vocazione matrimoniale non è facile da vivere, specialmente oggi, ma ha voluto sottolineare che quella dell’amore è una realtà meraviglio-sa, è l’unica forza che può trasformare il mondo. Con coraggio vanno percorse le vie per crescere nell’amore: mantenere un costante rapporto con Dio e partecipare alla vita ecclesiale, coltivare il dialogo, rispettare il punto di vista dell’altro, essere pronti al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare e chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali conflitti, con-cordare gli orientamenti educativi, essere aperti alle altre famiglie, attenti ai poveri, responsabili nella società civile. Un incoraggiamento particolare Benedetto XVI l’ha rivolto ai separati e a tutte le esperienze matrimoniali segnate dal fallimento. A loro ha chiesto di rimanere uniti alle proprie comu-nità e nello stesso tempo ha responsabilizzato le diocesi affinché si realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza.

LA FeStA Un richiamo importante è stato fatto anche al mondo economico in cui spesso prevale una con-cezione utilitaristica del lavoro, della produzione e del mercato. Il progetto di Dio, ha continuato il Papa, e la stessa esperienza mostrano, però, che

non è la logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico, al bene della famiglia e ad edificare una società più giusta, perché porta con sé concorrenza esasperata, forti disuguaglianze, degrado dell’ambiente, corsa ai consumi, disagio nelle famiglie. Anzi, la mentalità utilitaristica tende ad estendersi anche alle relazioni interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie e minando la solidità sociale.Inoltre, prendendo spunto da Gen. 2,2-3, il giorno del riposo di Dio, il Papa, ha ribadito il valore della festa. Ricordando che per i cristiani la domenica è il giorno dell’uomo e dei suoi valori: convivialità, amicizia, solidarietà, cultura, contatto con la natu-ra, gioco, sport. E’ il giorno della famiglia, nel quale vivere insieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione alla Santa Messa.Famiglia, lavoro, festa: tre doni di Dio, tre dimen-sioni della nostra esistenza che devono trovare un armonico equilibrio. Ha concluso il Papa: armoniz-zare i tempi del lavoro e le esigenze della famiglia, la professione e la maternità, il lavoro e la festa, è importante per costruire società dal volto umano. In questo occorre privilegiare sempre la logica dell’essere rispetto a quella dell’avere: la prima costruisce, la seconda finisce per distruggere.Il momento di silenzio che è seguito alle parole del Papa è sembrato a tutti surreale. Neppure nelle nostre chiese si potrebbe immaginare una tale assenza di qualsiasi rumore, eppure un milione di fedeli, tra cui tantissimi bambini, riempiva quella immensa chiesa a cielo aperto.

IL RIeNtRO Finita la celebrazione con la benedizione Urbi et Orbi, i ringraziamenti e i saluti accompagnati dall’entusiasmo dei partecipanti, dopo aver pran-zato al sacco, siamo ritornati al pullman per far rientro in Valle. Non abbiamo avuto la possibilità di avvicinarci al Papa, si può dire che ci è stato concesso di percepire la consistenza della sua presenza, ma ciò che abbiamo certamente vissu-to è una giornata condivisa con tante famiglie in cammino con noi, non siamo soli!Un ultima nota. La mattina siamo saliti sul pul-lman mentre qualche goccia di pioggia iniziava a scendere. A Milano, mentre ci arrivavano notizie che a casa stava piovendo, ci è stato regalato un cielo nuvoloso senz’acqua, il sole è rimasto sopra le nubi e l’aria solo in qualche momento si è fatta leggermente afosa, facendoci immaginare cosa si sarebbe dovuto sopportare in caso di cielo sereno. Al ritorno, siamo scesi dal pullman senza dover aprire gli ombrelli e una volta giunti dentro casa ha iniziato a piovere senza più smettere… Nessuno può negare che sia un “segno” del cielo, ciascuno è libero di scegliere di quale “cielo”!Prossimo appuntamento con la giornata mondiale delle famiglie: Philadelphia 2015.

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Una rassegna cinematografica organizzata dalla Parrocchia di Gordona e aperta a tutto il Vicariato per favorire una riflessione sui temi della famiglia, della festa e del lavoro.

Gli organizzatori

Dall’11 febbraio al 28 aprile, presso il salone dell’oratorio di Gordona si è tenuta una rasse-gna cinematografica organizzata dalla Parroc-

chia di Gordona e aperta a tutto il Vicariato, dove si è offerta la possibilità di vedere alcuni tra i film proposti nell’ambito del VII Incontro Mondiale delle Famiglie (tenutasi a Milano dal 30 maggio al 3 giugno) per favorire una riflessione sul tema: famiglia, festa e lavoro.Il sabato, con una caden-za quindicinale, si è vissu-to un momento di incon-tro piacevole tra famiglie condividendo, attraverso il cinema, delle riflessioni su temi importanti presen-

tati, a volte, con ironia.Con il titolo “il cinema incontra la famiglia” la rassegna ha proposto, i seguenti film:

“IO SONO cON te” - regia G. Chiesa“AMeRIcAN LIFe” - regia S. Mendes“LA PRIMA SteLLA” - regia L. Jean-Baptiste“LA NOStRA VItA” - regia D. Luchetti“ANOtHeR yeAR” - regia M. Leigh“tHe tRee OF LIFe” - regia T. Malick

A Gordona “il cinema incontra la famiglia”

La scelta di proporre la partecipazione all’intera famiglia si è potuta realizzare iniziando le proie-zioni alle ore 19,00 ed inserendo nell’intervallo un buffet, preparato con il contributo di ciascuno dei presenti che ha portato da casa proprie specialità, favorendo un clima conviviale. Anche i bambini hanno trovato accoglienza grazie ad un program-ma pensato per loro: con un po’ di animazione e la visione di un film si sono entusiasmati alla partecipazione di queste serate.Ognuno, sentendosi a proprio agio, ha potuto esprimersi liberamente nel breve dibattito finale che seguiva la proiezione. Gli interventi sono sempre stati motivo di approfondimento e lo scambio interpersonale ha segnalato l’importan-za e l’esigenza di avere occasioni in cui discutere su argomenti che, per quanto sentiamo vicini, spesso facciamo fatica ad affrontare nonostante incidono profondamente sul nostro quotidiano. Senza sforare sull’orario delle 22,00 le serate si concludevano con la collaborazione di tutti nel riordino e pulizia del salone, regalando un’ altro momento di familiarità.La partecipazione non è stata da grandi numeri, ma ha confortato il crescendo dei partecipanti. Da tutti poi è nato l’appello di rinnovare l’appunta-mento con cadenza mensile nel prossimo futuro, riproponendo la partecipazione a famiglie, single, fidanzati, credenti e non… in questo assicuriamo l’impegno pensando ad una nuova edizione, con la disponibilità di Don Enea che ha creduto in questa iniziativa al di là di qualsiasi ritorno.Come famiglie, per questa proposta e per altre che si potrebbero organizzare, ci piacerebbe in-contrare i giovani e tutti coloro che, a prescindere dall’appartenenza a gruppi ed associazioni, cre-dono che i diversi percorsi si possano incrociare, trovando un sostegno reciproco nelle differenti iniziative, senza per questo pregiudicare il cam-mino e le autonomie di ciascuno, ma favorendo una collaborazione che ci saldi nell’appartenenza ad un’unica comunità.

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L’esperienza di un familiare di un malato di demenza cerebrale.

di M. B.

Circa tre anni fa mi ritrovai a scrivere, a conclu-sione di un corso per ausiliari socio assistenziali, una tesina su una delle malattie più ricorrenti che colpiscono le persone in età avanzata. Scelsi il tema della demenza, con tutte le sue sfaccetta-ture, considerando i casi con i quali mi dovevo confrontare in ambito lavorativo. Certo non immaginavo che questo potesse un giorno riguardarmi da vicino, e che la mia pre-parazione ‘tecnica’ non si sarebbe rivelata ade-guata nell’affrontare la malattia di un mio caro. La parte più difficile, l’ostacolo imprevisto, con cui mi sono dovuta confrontare è stata la mia reticenza a voler riconoscere ed accettare di dovermi rapportare in maniera nuova con una persona verso la quale nutrivo stima e fiducia oltre all’affetto e che mi aiutava nella gestione quotidiana della famiglia. C’è un tempo che passa tra l’inizio della malattia e la sua diagnosi ed è nell’arco di questo periodo che si rompono quegli equilibri consolidati negli anni di convivenza e si cominciano a nutrire sentimenti negativi: impazienza, diffidenza, so-spetto, disorientamento. Le routine più semplici e scontate non esistono più.Mi sono trovata per forza maggiore a dovermi riorganizzare le giornate, rinunciando a tutte quelle attività extralavorative che mi davano gioia e soddisfazione. Lo scorso anno avevo intuito che qualcosa di strano si manifestava in maniera impercettibile nel comportamento di colei che per semplicità chiamerò Alba, come l’inizio di un nuovo giorno. Se uno soffre il mal di denti va dal dentista e nessuno giudica questo, se hai dei malesseri vai dal medico di base che ti prescrive le cure, ma quando si avvertono ansia e disperazione

incontrollabili ci si nasconde invece di chiede-re aiuto. La parola ‘psichiatra’ produce ancora paura e pregiudizio! Ci sono voluti nove mesi per potermi convince-re, e poi gli altri miei familiari, che il problema c’era e da questo punto dovevamo ripartire. Non so perchè ci sia voluto tutto questo tempo per comprendere, ma a volte temo sia stato il non volere accettare per non dover ammettere di aver bisogno di aiuto.Oggi posso dire che è solo rivolgendosi a chi conosce queste problematiche che si possono affrontare in maniera adeguata, e con i dovuti supporti che le strutture asl e le cooperative sociali sono in grado di fornire, le malattie de-generative della terza età. Il medico geriatria ci ha accolto con estrema professionalità e compe-tenza, per me e i miei familiari è stato importante poter essere ascoltati. Ora posso prendermi cura di Alba in maniera nuova, con la tenerezza e con tutte le premure che la sua nuova condizione richiede.Riceviamo molte visite e telefonate e grazie a questa solidarietà non ci sentiamo mai soli. La comunità è presente con il suo prezioso soste-gno morale!

In� Italia� i�soggetti�con�demenza�sono�circa�600-800�mila�e�rappresentano�il�50�per�cen-to�degli�ospiti�delle�Residenze�Sanitarie�per�Anziani� (la�demenza�è�qui� la�prima�causa�di� istituzionalizzazione).�Nel�nostro�stato� la�demenza�senile�è� in�continuo�aumento�e�secondo�uno�studio�del�Consiglio�Nazionale�delle�Ricerche�pubblicato�sul�Journal�of�the�American�Geriatrics�Society�ogni�anno�si�riscontrano�150�mila�nuovi�casi;� tra�questi�80�mila�sono�affetti�da�Morbo�di�Alzheimer�e�40�mila�da�demenza�vascolare.�Si�suppone�l’emergere�di�200�mila�nuovi�casi�entro�il�2020�in�mancanza�di�interventi�significativi.�

Chi fosse interessato alla mia ricerca può richie-derne una copia in visione tramite la biblioteca.

Alba, ora ti conosco

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

Tutte le nostre famiglie hanno una particolare considerazione dei figli, li considerano i loro autentici Tesori più preziosi; la vera ricchezza che dà senso alla loro vita. Sanno che per i figli si fa qualsiasi sacrificio, anche il più difficile: la vita.È un valore radicato profondamente nell’esperienza umana delle nostre famiglie al punto che diventa il cardine della vita dei genitori. Tutto ruota sull’impegno di dare ai figli una vita umana dignitosa e se possibile serena.È questo il motivo per cui ogni famiglia riceve un colpo al cuore quando un figlio perde la vita. Si rimane attoniti, storditi, muti, incapaci di credere che ciò sia avvenuto. Scende il silenzio su tutto il paese. Le campane che di solito annunciano speranza diventano, in queste occasioni, suono lento, cupo, grave. Una famiglia diventa il centro delle nostre preoccupazioni, del nostro affetto, del nostro essere vicini. C’è uno sforzo, soprattutto per le famiglie già toccate da tali eventi, a essere vicini, a cercare le parole che non possono guarire la ferita causata dalla grave perdita del figlio.Nasce in ciascuno una particolare stima nei confronti di quei genitori che ogni giorno ve-diamo fare visita al loro figlio nel luogo della speranza e che vivono in mezzo a noi con grande dignità umana ma con un peso che il tempo non cancellerà mai. E scaturisce dal cuore attenzione per loro e preghiere perché il Signore e la Madonna (che sa cosa vuol

dire perdere un figlio) dia a loro la speranza e la forza di trovare le ragioni per continuare ad avere fiducia in se stessi, nella vita, nel futuro e nella vita eterna alla quale tutti sia-mo chiamati. Sono questi i momenti che ci svelano da una parte la nostra situazione di fragilità, ma dall’altra la forza e la speranza che nasce dall’amore vero. GRAZIE a quei genitori che continuano ad amare e che non si sentono sconfitti da una grave perdita del figlio, ma coltivano la loro speranza di incon-trarli, vittoriosi e gioiosi, nella gioia promessa dal Signore. Dove tutti saremo riuniti insieme per partecipare alla gioia eterna, nell’amore che nulla potrà mai distruggere per sempre.

In memoria dei nostri giovani Fedele e Alessandro.

Una comunità in lutto e attonita... ma che ricerca la speranza

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Novembre 2012

momentIdi Gordona

Laura Micheroli e Gionny MazzinaChiavenna�19.02.2011

Lisa Masetti e Isaia Dell’AnnaColico�30.04.2011

Luana Capelli e Mattia Del GrossoGordona�07.05.2011

Marleni Gianatti e Cristian Tavasci21.05.2011

Federica Battistessa e Claudio FerraroGordona�10.06.2011

Federica Vallarelli e Giovanni BonafèGordona�27.08.2011

Jessica Curti e Matteo Battistessa Gordona�17.09.2011

Alice Ravo ed Emanuele Del GrossoGordona�24.09.2011

Chetj Callegari e Maurizio BennardoGordona�01.10.2011

Sabrina Gadeschi e Luca Simone LopomoGordona�01.10.2011

Luigina Balatti14.04.1955�–�05.01.2011

Edvige Fogliada20.10.1917�–�27.01.2011

Pietro Da Ponte26.09.1937�–�19.04.2011

Agnese Elisa Tavasci02.07.1938�–�21.04.2011

Maria Ada Pedretti10.07.1951�–�24.05.2011

Ugo Tabacchi04.06.1933�–�01.07.2011

Simone Scaramellini12.07.2011�–�13.07.2011

Cleofe Tabacchini01.05.1927�–�15.07.2011

Giovannina Cifelli17.08.1931�–�15.08.2011

Bruno Tavasci04.03.1954�–�03.09.2011

Angela Battistessa 16.10.1916�–�01.11.2011

Dati anagrafici 2011

Pietro Gatti18.01.2011Luca Burbello21.02.2011Vittorio Fogliada06.03.2011Alice Capelli20.03.2011Matilde Gelmi18.04.2011Cecilia Ferrè19.04.2011Francesco Tabacchi28.04.2011Marcello De Stefani07.05.2011Filippo Fogliada10.05.2011Lorenzo De Agostini04.06.2011Federico De Giambattista19.06.2011Caterina Pedrana19.06.2011Ian Guinzani21.07.2011Lara Moraschinelli25.07.2011Vanessa Cicolari02.08.2011Ilaria Guglielmana 08.08.2011Christian Mazzina13.08.2011Enea Gelmi06.10.2011Marta Mastai18.10.2011Alida Tavasci12.11.2011Eleonora Tavasci17.11.2011Gioele Pasini24.12.2011Matteo Pasini24.12.2011Sebastiano Pedroni29.12.2011

Matrimoni

Morti

Nati

Popolazione

Popolazione a inizio 2011: 905 maschi + 936 femmine

totale 1841 (736 famiglie)

Differenza tra nati e morti nel 2011: 14 (11 maschi e 3 femmine)

Differenza tra immigrati ed emigrati: 22 (6 maschi e 16 femmine)

Incremento: 36 (17 maschi e 19 femmine)

Popolazione a fine 2011: 922 maschi + 955 femmine

totale 1877 (748 famiglie)

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MOMeNtI DI GORDONAringrazia�per�il�sostegno

GRAFICA E STAMPALItO POLARIS - SONDRIO

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