Novara, 18 settembre 2010 · Come hanno teorizzato Jung e la sua allieva Marie Louise von Franz, la...

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NATI PER LEGGERE Curare con i libri Il ruolo diagnostico terapeutico della lettura. Novara, 18 settembre 2010 Dott. Domenico Careddu Pediatra di famiglia

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NATI PER LEGGERE

Curare con i libri

Il ruolo diagnostico

terapeutico della lettura.

Novara, 18 settembre 2010

Dott. Domenico Careddu

Pediatra di famiglia

Progetto Nati per leggere: definizione

Progetto di sensibilizzazione dell‟opinione

pubblica a favore dei bambini e delle

bambine, del loro diritto ad essere protetti

non solo dalla malattia ma anche dalla

mancanza di adeguate occasioni di

sviluppo affettivo e cognitivo ed a

promozione di uno sviluppo umano quale

la literacy.

Dieci anni di letture…

• Libri consigliati da pediatri, bibliotecari in sinergia con educatori, genitori.

• Avvicinare i bambini di età compresa tra i 6 mesi ed i 6 anni, alla comprensione ed all‟amore per le storie scritte.

• Valorizzare una comunicazione che unisce il linguaggio scritto, quello iconografico e quello verbale .

• Favorire il legame tra genitori e figli, attraverso storie narrate, lette insieme, condividendo momenti di crescita.

Origini

Progetto statunitense Born to read.

Progetto Reach out and read

Migliore capacita di literacy in chi era stato

coinvolto nel progetto.

ROR

• Aumento percentuale del numero dei genitori che leggono ai loro figli.

• Aumento della frequenza delle letture dei genitori ai loro figli.

• Aumento del numero dei giorni in cui un genitore legge un libro al figlio.

• Aumento del numero di libri per bambini che la famiglia ha in casa.

• Aumento percentuale del numero dei bambini per i quali ricevere la lettura di un libro dal genitore è una delle attività preferite.

Il pediatra può utilizzare Nati per

leggere per un approccio

demedicalizzante sia al

bambino, con o senza malattia,

che alla famiglia.

Si realizza, di fatto, un

intervento a sostegno della

genitorialità.

Espressione delle

emozioni

Consapevolezza delle

emozioni

Controllo delle

emozioni

Dalla nascita ai 4

mesi

Pianto

Sorriso

Espressioni facciali di

sofferenza, disgusto,

piacere.

Reagisce alle espressioni

facciali materne

Comportamenti di

autoconsolazione, per

esempio, suzione del pollice,

esecuzione di movimenti del

corpo.

5-6 mesi Espressioni facciali di rabbia Reagisce alle emozioni

espresse sul volto e nella

voce del Caregiver

7-12 mesi Manifesta diffidenza e paura

nei confronti degli

sconosciuti.

Espressioni facciali di

tristezza ( in reazione alla

separazione dalla madre)

Social referencing, ossia fare

riferimento al volto ed alla

voce del Caregiver per

comprendere quale sia

l‟emozione appropriata alla

situazione x

Distogliere/evitare di dirigere

l‟attenzione.

2-3 anni Manifesta vergogna ed

imbarazzo.

Dimostra empatia.

Utilizza termini riguardanti

emozioni

Capacità di decodificare e

denominare correttamente le

emozioni altrui.

Ricerca di informazioni

4-5 anni Esprime emozioni

complesse.

Usa le emozioni nelle

interazioni con gli altri.

Comprensione evoluta delle

cause e delle conseguenze

delle emozioni.

Capacità di

nascondere/modulare le

emozioni e di esprimere

emozioni socialmente

appropriate.

Le principali fasi dello sviluppo emotivo del bambino. Leggere per crescere. Primavera 2009

La lettura ha un triplice scopo: apprendere,

gustare e immagazzinare concetti e sentimenti

in un archivio, dal quale noi in seguito possiamo

attingere. Un aspetto quindi distensivo, ludico,

educativo, ma anche atemporale allo stesso

istante, perché dilata anche il tempo e lo

ingabbia a futuro uso.

I frutti li potremo gustare anche fra molti anni.

Certo, come scrive Pennac "il verbo

leggere, come il verbo sognare e

amare, non sopporta l’imperativo",

quindi non è auspicabile un‟imposizione

che porterebbe ad una lettura come

tortura, ma chi non legge non sa davvero

quello che perde ed è questo che si deve

cercare di comunicare e di far

comprendere.

Non dimentichiamo poi, che la lettura, accorda spazio a rallentamenti, ripassi e approfondimenti; all'opposto di quanto avviene con le immagini televisive, le quali

rotolano come su di un rullo e si sottraggono rapidamente alla nostra vista, senza lasciare a noi alcuna possibilità di

inseguirle o approfondirle; fanno solo danno, perché sovraccaricano la mente di

tanti flashes inutili, che generano solo stress.

Leggere vuol dire elaborare un testo scritto e coinvolge il possesso di competenze

linguistiche (lessicali, morfologiche, sintattiche) e, cosa da non sottovalutare per un testo di una

certa complessità, i processi di memoria, in particolare la memoria di lavoro, per integrare

le informazioni nuove con le conoscenze già possedute dal soggetto.

Secondo le teorie cognitive più recenti, leggere vuol dire costruire un modello mentale delle

informazioni presenti nel testo, che va continuamente aggiornato durante la lettura

(Carretti, De Beni, Cornoldi, 2007).

Lettera di Federico II di Svevia (1232) ai dottori di Bologna di Federico II di Svevia , lo stupor mundi:

"Per quel generale desiderio di sapere che, per natura, tutti gli uomini hanno, per quel speciale godimento che alcuni ne derivano, fin dalla nostra giovinezza abbiamo sempre cercato la conoscenza, abbiamo sempre amato la bellezza e ne abbiamo sempre, instancabilmente respirato il profumo….

… quel po‟ di tempo che riusciamo a strappare alle occupazioni che ormai ci sono divenute familiari, non sopportiamo di trascorrerlo nell‟ozio, ma lo spendiamo tutto nell’esercizio della lettura, affinché l’intelletto si rinvigorisca nell’acquisizione della scienza, senza la quale la vita dei mortali non può reggersi in maniera degna di uomini liberi, e voltiamo le pagine dei libri e dei volumi, scritti in diversi caratteri e in diverse lingue, che arricchiscono gli armadi in cui si conservano le nostre cose più preziose".

"Chi vive, vive la propria vita;chi

legge vive anche le vite degli altri.

Ma poiché una vita esiste in relazione

con le altre vite, chi non legge non

entra in questa relazione e dunque non

vive nemmeno la propria vita. La perde.

La scrittura registra il lavoro del

mondo."

F. Camon

Come hanno teorizzato Jung e la sua allieva Marie

Louise von Franz, la fiaba è una delle forme

narrative più usate in terapia, perché aderisce

ad uno schema ed è ricca di contenuti archetipici,

(es. in “il gabbiano Jonathan Livingston” ).

Un libro che è importante per noi non deve essere

per forza un capolavoro. Siamo sempre noi a dare

il valore ai libri e per noi può essere uno classico o

qualunque opera che ci aiuta a trovare un

equilibrio. Per capire come agiscono determinate

storie sulla nostra psiche, pensiamo

all’atteggiamento dei bambini di fronte alla

narrazione.

E‟ possibile che la letteratura possa guarire?

Sì. Le parole hanno una funzione

salvifica, per chi le scrive e per chi le

legge (M. Belpoliti) e questo perché per

essere noi stessi veramente dobbiamo

avere noi stessi, possederci, possedere la

storia del nostro vissuto.

Biblioterapia

Termine che sta ad indicare

l‟importanza della lettura come

strumento di crescita personale, di

conoscenza di sé, tanto da essere

usata anche a scopo terapeutico.

Con il termine biblioterapia - scrive la

dott.ssa Rosa Mininno, psicologa e

psicoterapeuta - si intende la terapia

attraverso la lettura come strumento di

promozione e crescita culturale, come

strumento di aiuto, di acquisizione di

conoscenze e promozione di

consapevolezza in situazioni di disagio

psicologico e sociale oltre che come

tecnica psico-educativa e cognitiva in

ambito psicoterapeutico.

La “biblioterapia” è una nuova parola per

un concetto antico. Scondo alcuni Autori, il

significato, vuole alludere a un processo

psicologico che si può attivare in tutte

quelle situazioni in cui siamo esposti a un

racconto, a una storia nella quale

possiamo identificarci. I personaggi di cui

leggiamo le vicende siamo noi, o

vorremmo essere noi, oppure temiamo di

essere stati o di diventare come loro.

I nostri modelli narrativi interiori – quelli che in psicologia vengono chiamati modelli relazionali, schemi cognitivi,

copioni di vita, transfert, o in tanti modi ancora – vengono così rielaborati,

rivissuti, modificati. E, cosa più importante, ci è permesso di provare emozioni che ci riguardano molto da vicino ma che forse avevamo rimosso

perché, grazie al noto meccanismo della proiezione, è più facile provarle se esse

riguardano qualcun altro, non noi.

Prescrivere un libro aiuta la persona

sofferente a riflettere su di sé, a

confrontarsi, a potenziare le sue capacità

cognitive ed emotive sviluppando risorse

ed abilità empatiche, acquisendo

conoscenze ed elaborando strategie di

gestione del disagio psicologico adeguate

ed efficaci. La lettura e il libro diventano

allora strumenti di promozione della salute

e del benessere personale".

Leggere dunque è un modo importante

per prendersi cura di sé, come scriveva il

grande Borges, poiché ogni libro è un

universo. I libri regalano benessere, sono

una finestra sul mondo e una farmacia

dell’anima. Per qualsiasi disturbo,

carenza, bisogno, i libri curano,

confortano, nutrono.

Molti clinici - continua la dottoressa

Mininno - di diverso orientamento

psicoterapeutico adottano la biblioterapia

come un homework, un „compito a casa‟

e „prescrivono‟ la lettura di un libro

specifico o l‟uso di moduli psico-

educazionali ai propri pazienti in grado di

aiutarli nel percorso terapeutico.

Ma già Diderot nel 1781 scrive di voler

"curare” la bigotta moglie Nanette, la quale

diceva di non voler neppure toccare un

libro che non contenesse qualcosa che

servisse a elevarla spiritualmente,

sottoponendola per alcune settimane a

una dieta di “letteratura amena“.

O il romanziere Proust, nel suo lucido

saggio "Sur la lecture", sottolinea

l’aspetto curativo delle buone letture,

spiegando come, a differenza della

conversazione che svanisce, la lettura

abbia il potere di penetrare nella psiche

del lettore, scuotendolo.

O Dostoevskij ne "L‟idiota" fa dire al signor

Lébedev "ho cominciato a curarla con la

lettura dell’Apocalisse", riferendosi agli

scatti irosi dell‟irrequieta signora Nastasia

Filippovna.

Dunque, aldilà della presenza di patologie

conclamate e vere malattie, è irrinunciabile

credere nell‟uso esistenziale della lettura.

E‟ magico il transfert che si viene a creare

tra autore e lettore, una sorta di complicità

carica di suggestioni e di intensità poiché

l‟universo semantico del libro diventa per il

lettore un rifugio, uno specchio non

deformante, un mondo cui attingere per

articolare maggiormente la formazione del

proprio sé.

Ritorniamo all’atteggiamento dei bambini

di fronte alla narrazione.

I bambini amano ascoltare sempre la stessa

storia, senza varianti: hanno bisogno di

rielaborare gli avvenimenti, in

particolare quelli che generano ansia e

paura, fin quando arrivano a conoscere

la storia fino in fondo, e in qualche

modo a controllarla superando le

paure.

Come tutte le terapie che hanno a che fare

con l‟espressione artistica, il racconto e la

fiaba hanno un potere terapeutico ed

evocativo molto forte.

Ognuno, dunque, può scegliere il libro

che lo aiuterà e in qualche modo, lo farà

suo.

Bettelheim afferma che:

“Il significato della fiaba è diverso per ciascuna

persona, ed è diverso per la stessa persona in momenti

differenti della sua vita. Il bambino trae un significato

diverso della stessa fiaba a seconda dei suoi interessi e

bisogni del momento. Quando gliene viene data

l’occasione, egli ritorna alla stessa storia quando è

pronto a elaborare vecchi significati, o a sostituirli con

significati nuovi”.

Questo vale per i bimbi di tutto il mondo. E‟ come

se, sul piano immaginativo, non vi fossero barriere

linguistiche e culturali, ma solo contenuti, valori e

riferimenti universali.

Si possono valorizzare le diversità, mettere in

evidenza tradizioni e culture, sottolineare

l‟importanza della conoscenza reciproca per un

arricchimento individuale.

Il carattere etiologico delle fiabe

Le fiabe africane spiegano molti aspetti della natura o della vita umana

(malattia, morte, dolore…):

Ogni volta che Owuo chiude quell’occhio muore un uomo,

e, disgraziatamente per noi, lui ammicca e lappola in continuazione.

Spesso il finale è una “spiegazione dell’ordine del mondo” più vicina al mito che

non al lieto fine. Fiaba e mito frequentemente ricorrono allo stesso stile narrativo,

utilizzano una stessa struttura logica e convivono in una relazione di

complementarità. L‟intrecciarsi di generi è frequente nella tradizione africana e

meriterebbe una approfondimento particolare.

Spesso le fiabe hanno la funzione pratica di spiegare il mondo e i processi

naturali, di comunicare le saggezze esistenziali, i divieti, i comportamenti e i

valori etici fondamentali. Questo indica anche l’alto livello culturale delle

singole tribù, basato su criteri etici e filosofici fondamentali, nell’impegno

collettivo per mantenere la propria identità culturale.

La fiaba, un linguaggio

universale

Perché per un bambino il racconto di una fiaba è così importante? Perché per lui significa entrare con

l‟immaginazione in un mondo fantastico. Ogni bambino porta dentro di sé un universo magico,

dove tutto è possibile.La fiaba permette ai bambini di esprimere la propria vita interiore, le proprie emozioni, i propri sentimenti,

le proprie fantasie. Come afferma Bruno Bettelheim nel saggio “Il mondo incantato”,

attraverso l‟identificazione con l‟eroe che supera la prova narrata dalla fiaba, il bambino viene

rassicurato sulle sue possibilità di crescita umana.

La fiaba suggerisce che le prove imposte

dalla vita verranno superate con aiuti

provvidenziali, che i piccoli cresceranno e

diventeranno autonomi sviluppando le

parti migliori di sé (è questo il significato

simbolico del “diventare re”). Spesso i

bambini in situazioni di disagio, ascoltando

la fiaba e identificandosi con i personaggi,

rielaborano le loro esperienze personali

trovando rassicurazioni sul proprio vissuto.

“Signori bambini”Daniel Pennac

Signori bambini, se fossi in voi, la prima cosa

che chiederei alla maestra entrando in classe al

mattino, sarebbe: “maestra, per favore,

raccontaci una storia”.

Non c‟è modo migliore per cominciare una

giornata di lavoro. E, al termine della giornata,

l‟altra cosa che chiederei all‟adulto che mi sta

accanto, sarebbe: “ Per favore, raccontami una

storia”. Non c‟è modo migliore per scivolare tra

le pieghe della notte.

Più avanti, quando sarete

grandi, le leggerete ad altri

bambini, quelle storie. Da che

mondo è mondo e da quando i

bambini crescono, tutte queste

storie scritte e lette hanno un

nome molto bello: letteratura.

“La stimolazione e il senso di

protezione che genera nel bambino

il sentirsi accanto un adulto che

racconta storie già dal primo anno

di vita e condivide il piacere del

racconto è impareggiabile.”

http//www.natiperleggere.it

Il ruolo terapeutico della narrazione e delle

letture

• Nell‟esperienza di malattia del bambino e del prendersi cura di lui, un ruolo di riconosciuta e crescente importanza è attribuito alla narrazione e alla lettura ad alta voce come fonti di tranquillizzazione e, nel caso di malattie croniche, di generazione di speranze nel futuro.

• Lettura come contributo al recupero della salute.

The role of health literacy and written medicine information in

nonsteroidal antiinflammatory drug risk awareness.

Miller MJ, Schmitt MR, Allison JJ, Cobaugh DJ, Ray MN, Saag KG.

• BACKGROUND: Despite widespread use of prescription nonsteroidal antiinflammatory drugs (NSAIDs), patients are commonly unaware of their risks. Pharmacies regularly distribute written medicine information (WMI) describing the risks and benefits of NSAID therapy at the time of dispensing.

• OBJECTIVE: To clarify the relationship among common sociodemographic factors, education, health literacy, reading of WMI routinely distributed at pharmacies, and NSAID risk awareness.

• METHODS: Generalized linear latent and mixed models (GLLAMM) ordered logistic regression and confirmatory path analysis were used to evaluate multivariable relationships in a cross-sectional dataset of 382 patients in the second phase of the Alabama NSAID Patient Safety Study.

• RESULTS: The majority of the analytical sample was female (72.0%) with 38.7% African American, 38.1% age 65 years or older, and 43.3% reporting at least some college education. Health literacy was positively associated with reading of WMI (p = 0.001) and NSAID risk awareness (p = 0.025), while age was negatively associated with reading WMI (p = 0.001) and NSAID risk awareness (p = 0.005). Medicaid/uninsured status was negatively associated with risk awareness (p = 0.013). Reading of WMI was not associated with NSAID risk awareness (p = 0.659). The final path model demonstrated excellent fit.

• CONCLUSIONS: The lack of relationship between reading of WMI and NSAID risk awareness questions the current strategy of distribution of patient-targeted print education materials at pharmacies. To maximize limited resources, future research should identify more effective strategies to deliver risk information to patients and ensure its retention, especially in high-risk groups such as the elderly, the indigent, and those with inadequate health literacy.

Do children with cochlear implants read or write differently? : Literacy

acquisition after cochlear implantation.

Fiori A, Reichmuth K, Matulat P, Schmidt CM, Am Zehnhoff-Dinnesen A.

• BACKGROUND: Despite the fact that literacy acquisition in hearing impaired children is frequently hampered, reading and writing competences continue not to be regularly evaluated and documented in children fitted with cochlear implants (CI). In this 2-year longitudinal study literacy acquisition in children fitted with CI was investigated.

• PATIENTS AND METHODS: In total, 18 pre- and primary school children fitted with CI who had suffered prelingual deafness were examined. Subjects' ages at CI fitting ranged from 0.9 to 5.9 years; they were raised orally and monolingual German and showed normal intellectual achievement. Familial risk of developing dyslexia was ruled out. To assess subjects' literacy acquisition precursor and partial abilities in reading and writing according to dual route and developmental models were examined three times within 2 years. Precursor abilities included development of vocabulary and phonological awareness. Partial abilities were mastery in sublexical and lexical word processing in reading and writing as well as auditory and visual working memory.

• RESULTS: Subjects showed a broad range in performance regarding vocabulary development as well as literacy. Discrepant results in terms of age equivalent visual and underachievement in auditory working memory as well as good achievement in implicit phonological awareness and weakness in explicit demands on phoneme analysis and manipulation of phonemes can be described. Indications were that subjects tended towards lip reading the instructor's item presentation. Performance in the administered writing test reveals a preference for lexical word processing, whereas sublexical word processing seems to make relatively higher demands on subjects.

• CONCLUSIONS: Easier processing of visual information in partial and precursor abilities are consistent with a tendency to prefer a visual-lexical processing strategy. The presented study stresses the importance of generally assessing reading and writing skills when evaluating language development in children supplied with cochlear implants. Partial and precursor abilities should be included in order to identify any delay in development promptly. Thus, individual qualitative characteristics can be addressed in therapeutic intervention.

• PMID: 20517587 [PubMed - as supplied by publisher]

Speech and language therapy for aphasia following stroke.

Kelly H, Brady MC, Enderby P.

Update of:

Cochrane Database Syst Rev. 2000;(2):CD000425.

• BACKGROUND: Aphasia is an acquired language impairment following brain damage which affects some or all language modalities: expression and understanding of speech, reading and writing. Approximately one-third of people who have a stroke experience aphasia.

• OBJECTIVES: To assess the effectiveness of speech and language therapy (SLT) for aphasia following stroke.

• SEARCH STRATEGY: We searched the Cochrane Stroke Group Trials Register (last searched April 2009), MEDLINE (1966 to April 2009) and CINAHL (1982 to April 2009). In an effort to identify further published, unpublished and ongoing trials we handsearched the International Journal of Language and Communication Disorders, searched reference lists of relevant articles and contacted other researchers and authors.

• SELECTION CRITERIA: Randomised controlled trials comparing SLT versus no SLT, SLT versus social support or stimulation, and one SLT intervention versus another SLT intervention. SLT refers to a formal speech and language therapy intervention that aims to improve language and communication abilities and in turn levels of communicative activity and participation. Social support and stimulation refers to an intervention which provides social support or communication stimulation but does not include targeted therapeutic interventions. Direct comparisons of different SLT interventions refers to SLT interventions that differ in terms of duration, intensity, frequency or method of intervention or in the theoretical basis for the SLT approach.

• DATA COLLECTION AND ANALYSIS: Two review authors independently extracted the data and assessed the quality of included trials. We sought missing data from study investigators if necessary.

• MAIN RESULTS: We included 30 trials (41 paired comparisons) in the review: 14 subcomparisons (1064 participants) compared SLT with no SLT; six subcomparisons (279 participants) compared SLT with social support and stimulation; and 21 subcomparisons (732 participants) compared two approaches to SLT. In general, the trials randomised small numbers of participants across a range of characteristics (age, time since stroke and severity profiles), interventions and outcomes. Suitable statistical data were unavailable for several measures.

• AUTHORS' CONCLUSIONS: This review shows some indication of the effectiveness of SLT for people with aphasia following stroke. We also observed a consistency in the direction of results which favoured intensive SLT over conventional SLT, though significantly more people withdrew from intensive SLT than conventional SLT. SLT facilitated by a therapist-trained and supervised volunteer appears to be as effective as the provision of SLT by a professional. There was insufficient evidence to draw any conclusions in relation to the effectiveness of one SLT approach over another.