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1 NOTTELUCE GABRIELLA PISON

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NOTTELUCE-SILLOGE POETICA DI GABRIELLA PISON

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NOTTELUCE

GABRIELLA PISON

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GABRIELLA PISON

NOTTELUCE silloge poetica

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NotteLuce

Di Gabriella Pison

Prima Edizione on line maggio 2011

©Gabriella Pison

Progetto grafico di copertina: Tullio Pison

Impaginazione e progetto silloge elettronica

©www.caffeletterariolalunaeildrago.org

Tutti i diritti riservati

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al poeta abbandonato.....

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Una rete di sguardi

mantiene unito il mondo

... non lo lascia cadere

Roberto Jaurroz

É oggi : tutto l' ieri andò cadendo

dentro dita di luce e occhi di sogno,

il domani arriverà con verdi passi:

nessuno potrà arrestare il

fiume dell'aurora.

Pablo Neruda

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Prefazione

Dice il poeta genovese Edoardo Laudisi,

che le prefazioni, le introduzioni, i prologhi,

siano da saltare completamente, lui li salta

a pié pari, per entrare subito in medias res,

nel corpus della poesia che è o non è, dice o

non dice, suscita emozioni, sentimenti,

comunica idee, provoca alla bellezza, alla

meraviglia, direttamente, senza nessuna

mediazione, oppure non ci riesce. La

posizione di Edoardo è di una certa

radicalità, talora eccessiva, ma non è

neppure priva di verità. Infatti se la poesia è

di grande qualità i commenti sono per lo

più pleonastici, servono a far guadagnare

qualche euro al critico, vero o presunto che

sia, ahimè per lo più son presunti e terribili

pennivendoli, ma poco più. E se non lo è,

sono solo fumo negli occhi, ben calcolata e

usata menzogna e quindi ancor più inutili,

son persino perniciosi e fuorvianti. A dire la

verità io credo che possano servire nel caso

di un poeta nuovo, di un poeta che per la

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prima volta si affaccia all'incontro con il

pubblico, che prende il coraggio a quattro

mani per denudarsi, per mettere la sua

anima e il suo cuore a disposizione di tutti.

Che verifica, in una parola, i risultati e le

potenzialità vere e presunte della sua arte,

in questo caso un prologo una prefazione

possono essere di una certa qual utilità

all'autore, che così non si sente solo e

indifeso, e al lettore che in questa maniera

viene invogliato, direi subitamente sedotto,

e si fa un'idea generale delle particolarità

dell'opera, o almeno di alcune di esse, che

poi ritroverà nel corso della lettura, meglio

ancora dell'avventura poetica condivisa con

l'autore. Io preferirei, a dire il vero, un

prologo brevissimo, di una essenzialità e

intensità uniche, e provocante, fatto

dall'autore stesso, come ad esempio quelli

irripetibili di Borges. Ma questo, lo so, è

quasi un impossibile. Conosco ancora poco

Gabriella anzi quasi non la conosco, se non

per contatti virtuali, tipici della nostra

epoca, e come voi mi sono appena

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affacciato alla sua poesia.... quindi poco,

molto poco vi potrò dire... nello specifico, di

certo Gabriella è triestina, è una donna

vivace, aperta, piena di desiderio e

passione, nel senso più bello del termine, è

una donna vera e viva, e quindi la sua

poesia, similmente a come accade per Saba,

il grande maestro giuliano della poesia

italiana, a dire il vero ancor poco

conosciuto, non può che essere una poesia

della quotidianità, una poesia, che dalle cose

concrete della vita trae spunto e alimento.

Senza voli pindarici, e artifici letterari, ma

piana e diretta, cercando di andare sempre

al cuore delle cose. Poiché la realtà ha già in

sé la sua poesia e la sua bellezza, dalla

quale Gabriella si lascia sedurre

costantemente e ce la rivela. Se per caso per

la fretta o la disattenzione del nostro

frenetico vivere ci fosse sfuggita o non

l'avessimo notata. Non mi soffermerò come

magari dovrei, a citare i vari passi a

sostegno della mia tesi, ma lascio che il

lettore vada proprio in medias res, secondo il

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suggerimento del Laudisi, e abbracci il

corpus poetico di Gabriella così com'è, e

scopra da solo la verità delle mie parole. Di

certo ve ne sono alcuni alquanto efficaci,

piacevoli, frizzanti, che restano nella mente

e nel cuore, e che mi piacciono assai.

Autentici coupes de teatre, e sorprendenti

carezze liriche, che meritano di essere lette

e godute. Magari nei suoi stessi luoghi, tra

una ciacola in dialetto, un quartino di bianco

e una granceola.

Alessandro Prusso

Genova, 22 maggio 2011

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REGATA D’AUTUNNO

Un rosario di barche

sgranate

che ripetono senza fine

nuove Ave Marie,

in una placenta d’acqua:

che tutto sembra contenere

in un eterno e confortevole abbraccio.

Lenta teoria di vele

che va dispiegandosi;

magiche pennellate di colore

sulla distesa

placida e seduttrice.

E poi sole.

Scompare in un attimo.

E poi vento

Come un algido brivido.

La processione si scompone,

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si spalancano bocche d’acqua.

Pater noster Pater noster

Pater noster

Pater noster

Ogni grano si dibatte

impietosamente graffiato da artigli d’aria.

Rande gonfie e tese

si contendono l’altare,

si rincorrono.

Furiose e madide d’acqua.

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ALIANTI

Abbiamo rubato

il volo agli aironi

la derapata al falco.

Costruiamo alianti

perché non sappiamo volare.

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APPARENZE

Vengo da un’ altra terra...

non sono ciò che sembro

le mie vesti non sono ciò che vedete.

Né io sono ciò che appaio.

Altra è la luce:

ebbra di sorrisi mi aspetta oltre il fiume

Gementi le note di questo buio

una geometria pazza

a cui non voglio consegnarmi.

Sappiate che la nostra forza

non è il male

ma la dannazione del bene.

Virtù e tolleranza, badate,

disperse nelle brume turbolente

stanno oltre i nostri confini.

Vi attendono sulle rive

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privati della vostra essenza

della vostra grandezza di piccoli uomini.

Non confondetemi con la speranza.

Nella mia terra

saremo gemme preziose

in osmosi sublime con l’immensità.

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LA ZANZARA

Non danzatrice e non ballerina.

Culex pipiens dal morso tremendo

i tuoi salassi hanno segnato i miei anni

infantili

nelle pinete della Versilia,

sulle dune sabbiose e salmastre dei lidi

adriatici

mentre imperversavano le palline clic-clàc.

I tuoi pomfi malefici

hanno piagato le mie tenere carni

d’adolescente

nelle pigre sere d’estate destinate all'ozio.

Costretta a scalfirmi la pelle

Per non sentire quel tuo dannato bruciore.

Non incanti con le tue movenze.

Il tuo sfarfallio e’ irritante.

Sei un mostro in miniatura

una falsa piccola cosa di proporzioni soavi

che sulla pelle candida leggiadra si posa

e scateni l’orrore, il sangue, il dolore...

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gli aloni pruriginosi<.

In certi momenti della tua vita ti chiamano

ninfa,

ma dei boschi ami solo le foglie morte<

molesta ed eccitata

continui ad attendermi ancora, famelica,

nascosta tra le tamerici, perversa,

sferri l’ultimo attacco, quando sfinita dal

sole

sognando l’ abbraccio di pace del tramonto

ormeggio sul molo nel vecchio villaggio

marino.

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ALESSANDRO NON SEI PIÚ QUA

Ti ricordo arrampicato sul ciliegio,

quello vecchio,

che già da anni figliava poco.

Tu ridevi...

avrei voluto essere una farfalla

per appoggiarmi sulle tue labbra

e gustare l’asprigno di quei piccoli avari

frutti.

Ridevo pur io,

abbracciata alla terra tutta un giallo,

ebbra di ombre e fiori,

di frumento e rosmarino.

Oh amato amico mio,

sentivo già l’alito freddo dell’inverno

che spirava,

sillaba dolorosa da Nord,

e che non ci avrebbe più abbandonati.

Nelle mie retine la tua fotografia,

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il pullover sui fianchi,

la camicia aperta fino a metà,

come goccia di sangue sulla neve.

Piantato come una croce,

croce saresti diventato

e la goccia rossa

l’ultima immagine di te.

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ADRIATICO DEL NORD

Ecco questo mare slavo,

questa costa alta verde e arida

conquistata a tratti dal tufo.

Una croce in cima ad una collina subito

dopo Pirano.

Incrocio barche, segugi del loro sogno,

una strada già percorsa:

stupita da un santuario

che ora sembra un tuffarsi d'azzurro.

Mi accompagnano talora i gabbiani,

galeb come li chiamano qui,

-anime morte di marinai forse-

il loro grido mi accende di dolorose

emozioni.

Altre vie mi hanno condotta qui,

ho visto il mare d’inverno,

povero di tutto,

rabbioso e urlante, mentre oggi tace,

-o sussurra appena-.

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Non ho più cuore

per godere della mitezza di questi luoghi.

O la loro confortante immobilità.

Farò a pezzi questi ricordi.

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ALLORA SAPRAI

Oggi vengo a trovarti

pellegrina di luce

su queste vie.

Ti porto il pernicioso morbo

che avvolge la mia anima

e che non trova rimedio.

La febbre soprannaturale che mi fa profeta

E ti porto notizie grandiose.

Saremo fratelli oltre l’orizzonte

e la buia angoscia sul tuo volto

sarà alba in un luminoso rinascere di

primavera.

Saremo come arcangeli.

Domani quando ogni paura

Sarà colorata d’azzurro.

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La mia sorte, la tua sorte.

Le tue guance brilleranno

di calde lacrime di gioia.

Il mio male sconfitto

come da un arcobaleno.

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ASTROLABIO

Stella cadente.

Come parabola del nostro volo sei ritornato.

Hai riaperto le mie porte tra le sabbie della

memoria,

argillose e attonite.

Appari ora quale ombra che mi rincorre,

zingaro dagli occhi stanchi.

Crepuscolo dorato che sfiori la mia

solitudine,

inquieta e fedele compagna

dei miei giorni plumbei.

L'eco delle brucianti notti stellate

spopolato di sogni,

come frementi grido,

non ha mai taciuto,

Hai scolpito con fragranza di salsedine

ogni desiderio sulla mia carne.

Hai riaperto la mia casa.

Hai frugato tra i pagani tormenti delle mie

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voglie terrene.

Come una antica cometa di sempiterno volo

hai ripreso la rotta di sempre.

Ora non mi appartieni più.

Un cieco coro ammaliante

sull'astrolabio della vita

mi allontana da te...

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BALLATA SEMISERIA PER UN

BUFFONE

All'orecchio destro porta un orecchino

il fischietto appeso al collo,

naso rosso da clown:

è un buffone sa far ridere tutto il giorno.

Sembra felice nell'oscura rotta dell'assurdo

quando al bimbo che piange

strabuzza gli occhi incrociati,

quando sogna un mondo dalle fattezze di

circo

quando riesce a strappare un sorriso

all'aria malata di malinconia.

Il buffone è davvero un po' pazzo

o almeno così si crede,

e a chi s'abbandona nell'alba senza

speranza

offre l'allegro e l'ispirato conforto.

Toglie la maschera solo per Carnevale

e in mezzo al corteo che lo culla festoso

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lacrime amare scorrono sul suo volto ormai

stanco.

Piange ora il buffone

col cuore sbiadito da parole indifese:

levantina tristezza,

la maschera vuota un giorno soltanto.

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CAPOGIRI

Sono cieco in quest’ora di grazia

incerto in questo Nulla

che attinge vivezza alla mia anima

pietrificata.

Sono ricco

lungo questo sentiero che non porta in

alcun luogo

ma vive in me e mi inonda della sua

dolorosa fragranza.

Sono l’ultimo fiato del vento che si è

appena assopito.

Sono una fiaba sospesa

tra i fiumi delle speranze e le nebbie

dell’esistenza,

raccolgo conchiglie che hanno perduto il

mare.

Sono una storia

che ha smarrito il futuro

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e non ha più nulla da raccontare.

Sono musica di effimere note giocose

che non ricordano più

come far ballare qualcuno.

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DECADENZA

Gli anni sono trascorsi.

Hanno aperto nuove rughe.

Ragnatele come marmoreo velo,

l'ineffabile perseo di turbolenti affanni.

Ci hanno dato bellezza

e strepitosi amori.

Ci hanno assordato di sogni.

ci hanno concesso voglie e desideri.

Come Cananei

hanno perpetuato la nostra fatua e insana

natura.

Gli impietosi solchi.

Una bestemmia del creato.

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FIGLI DELLE STELLE

Ora siamo alberi folgorati dalle saette,

siamo un lungo fiume esondato

nelle pianure del dolore

-foglie non nate-.

Ora siamo profetici occhi

illuminati da mimose che danzano.

Siamo ombre e anime grandi

sangue che vive e pulsa e si nutre d’amore.

Siamo alchimie di sogno e di affanni

immacolate estati e rovinosi inverni.

Creature melodiose, stupore e

smarrimento.

Come rondini senza tempo

sussurro di conchiglie vuote

E clangore di battaglia.

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Un regno dentro di noi.

un tabernacolo di sorrisi e di felicità

amputate,

Ora siamo i salmi del cielo.

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HAIKU ALL’ORA DELL’OMBRA

Ho amato la tua via.

Tu hai solo sorriso.

Haiku per te.

Tarassaco in seme

per la primavera

che non fu.

Alito di draghi.

Quando uno riposa

il fuoco fa paura.

La vita balla.

Magia in nota d’acqua.

Musica di luna.

Storie antiche.

Nel paniere del dolore

Trucioli di me.

Farfalla nel blu.

Irreale, quasi sogno.

Esilio d’estate.

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LEGGENDA DI NORD EST

Le donne del grano saraceno

sibille impietrite

di primordiali fantasie

e di profetici inganni.

Sul plumbeo deserto di roccia

catartiche sfingi nell’immobilità della

falesia.

Rammentano all’infinito

la misteriosa, oscura avventura che

profuma ancora:

sangue e muschio.

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MAGIA DEL FUOCO

Lapilli incandescenti

schiamazzano nel camino di casa,

rosse pennellate

si specchiano sulle pareti.

É la malinconia dell’autunno,

è il primo calore che cerco.

Bagliori di velluto narrano la sera.

Avventure,

frementi farfalle di fiamma

mentre ascolto storie di lupi,

nevi immacolate e fameliche fauci

selvagge e seducenti.

Nella voce del vento il loro urlare alla luna.

Le chiacchiere all’ombra del fuoco,

dalla pipa s'involano nuvole di tabacco

invecchiato.

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Penso alle abetaie frondose dell’estate,

ai chicchi succulenti che ci hanno regalato

in sere come queste,

intristite dalla sottile morte dei giorni

assolati appena trascorsi,

un’ala d’agosto che dolcemente mi

accarezza.

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MARCINELLE

I morti non tacciono.

Polsi inanimati nel brillare delle stelle,

l’eco spettrale

di ciò che avete vissuto

come nero mantello

di una sciagura

annunciata.

Bianche nella notte le vostre carni lacerate

Antico il vostro mestiere come quello di

vostro padre.

In fondo ai vostri occhi vuoti

Il rombo del fuoco di oggi,

ma già da sempre l’aria malata

vi carezzava le tempie

vi marciva il respiro.

L’agnello sacrificale

Sarà dunque solo

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sangue nel vento?

Le vostre voci,

irrimediabilmente perdute,

parleranno per sempre.

Solo un profetico monito.

I morti non tacciono.

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MARINAIO

Ho un luogo nell’anima dove sedermi

e riposare aspettando

che la vela maestra incroci la tua rotta.

Vecchio furfante, marinaio d’altra leggenda.

Si son spenti i fragori delle mie battaglie

assetate di vento di grecale.

Il mare ora non parla e non risponde

e il mio cuore ha distrutto i vecchi diari

che tu tenevi tanto cari

accanto al cuscino dove t’addormentavi

quando io cantavo le canzoni d’amore per

te:

sciocco pirata allergico al rum.

In questa rada di brezza serena

avresti potuto tuffarti

facendo volare gli schizzi dell’acqua fino al

cielo,

ma ora tu corri incontro ai marosi

per ubriacarti della salsedine dell’onda.

Mi siedo e riposo, all’ombra della mia

anima.

Sono rimasta sola a ballare.

Di te solo il profumo della tempesta.

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MIRMIDONI

Gli dei vi hanno chiamati a tagliare le

vostre catene

un premio leggendario quando l'eco della

guerra

si sarà allontanato.

Riflessi di rame schinieri dorati.

Bagliori di fiamma

e la carne sembra essenziale

e i vostri cuori tremeranno

o faranno tremare oltre il delirio e la paura?

Più crudele la morte

o i draghi della lotta soffocati dall'accidia?

Lo smarrimento che v'accompagna

forse l'inganno per un nemico poco accorto

o un padrone perfettamente illuso?

Zoccoli infuriati

solleveranno la polvere nella terra:

la vostra vittoria

o la vostra debolezza?

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CONTROANIMA

Mia anima specchiata.

In te l’icona inquieta di ciò che sono svela

nuove verità.

In te vedo riflettersi l’armoniosa mia luce

E come tralcio ingannevole di vite

ti rassicuro

ad ancorare la tua terrena voluttà-

Mia anima specchiata.

In te il ribaldo fluire

della mia leggerezza bambina.

In te,

ove affonda

l’autunnale solitudine

del tuo peregrinare sulla mia via.

In me solo l'ombra

della tua ciclopica cecità-

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OLTRE IL DESIDERIO

Il filo nero della tenebra

oltre il desiderio,

una feluca che attraversa le ombre

inquietante e nebbioso

mi promette un ricordo oltre ogni

promessa.

Alle prime luci del mattino

salperemo mari inaspettati,

una dolcezza nuova

una felicità timorosa

traccerà' il nostro orizzonte.

Sarai la mia brezza perduta.

Il mio amore ritrovato.

Un disegno inebriante

come una vita che rimbalza

tra i sipari delle memorie,

oltre le ninfe filigranate dei desideri.

Oltre il mare nero del Nulla,

tra palpiti impauriti,

lontani dagli umori spenti

e le seducenti malie dell'esistenza,

saremo vento

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e vento di Maestro,

in un abbraccio benedetto

nel buio che non ha fine.

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DIVINA CREATURA

Ti ho vista Donna curva sui campi

Tra le sfide di cielo e terra.

Ti ho vista nella notte,

vulnerabile e determinata

tra le sarcastiche risa

dei tuoi compagni di lavoro.

Ti ho vista quando non avevi ancora

un’anima,

strega o vittima dell’obbedienza.

Ti ho vista china per ore:

le ginocchia sanguinanti

senza lacrime ne’ sorrisi.

E ti consumavi le mani

alla fioca luce della sera

a tessere e cucire.

Ti vedo ora Donna

nella mente e nel cuore il ricordo

di ciò che è stato....

Per non scordarlo mai.

La freschezza delle tue carezze

-madre moglie compagna sorella-

siano grido liberato, ora.

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La tua fatica, le tue pene,

la tua solitudine ripagata da un sorriso di

bimbo,

dal bacio di un amante,

nel vuoto abbraccio dei sogni perduti

o nelle scintille del successo,

benedicano questa via,

perché il Vento della Storia

ti avvicini un poco di più al cielo<

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RITORNO IN SICILA

Tornerò nel mese di giugno

quando le onde scintillanti sulla riva

si faranno vicine

per regalarmi l’incanto

d' i interminabile freschezza d’acqua

e la malinconia si distrarrà

in uno strepito di piccoli ricordi.

Contemplerò le case arroccate sulla collina

come santuari specchiati nel blù

tra la timidezza delle agavi non ancora

sbocciate,

in un impensabile gioco di colori

in questo lembo di terra

in questo fragore di mare.

Camminerò,

camminerò nel tempio di alabastro

che racchiude il tramonto e l’alba;

nel profumo leggendario

dei limoni e dei cedri,

dei petali di rosa,

-piccole ali galle nel sole-.

Indosserò ancora una volta

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quell’abito giallo e viola e verde

(ricordi? quant’ero bella per te

nelle nostre notti interminabili

in cui danzavamo al ritmo della marea…)

e sarò vento tra le conchiglie,

uno stelo di fiore

nel nostro tempo corroso dalla nostalgia.

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RICORDANDO MARSIGLIA

Qui piove.

Non smette mai

oltre la cortina sbiadita delle vecchie cose.

Sogno di una nave che parte,

mentre grigie nuvole ne preannunciano la

partenza.

Sarò lontano domani

a crogiolarmi del tuo amore

dove spioverà

dove saremmo asciutti

e non più tormentati dalla rabbia di

quest’acqua.

Oltre il destino che ci ha resi prigionieri

sirene da nebbia tra marcire d’ alghe

tracciano il vuoto della tua assenza.

Mi imbarco.

Passeggera di uno strano viaggio

per ascoltare dalle tue parole

la voce della tua giovinezza,

per ripercorrere i tratti del tuo caro volto.

Ma la pioggia continua a imputridire tra le

onde,

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e il Gran Pavese,

issato per te,

giace come un cane sul ponte.

Il fumo dei camini è spento.

La nave non parte più.

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CALIFORNIA

A Malibù le onde si rincorrevano

e i pellicani si tuffavano con schizzi

salmastri

che catturavano l'obiettivo

la sabbia si sollevava in mulinelli fatati

l'orizzonte appariva sfumato

percorso da piccole nubi in rapida

sequenza.

Era come un film:

i ragazzi col surf biondi , belli e muscolosi

e con la pelle dorata aspettavano l'attimo

fatale

e intanto come languide pantere si facevano

accarezzare dal sole.

Un cerchio luminoso trafiggeva ogni goccia

d'acqua

facendola brillare senza posa;

e le orme dei cani sul bagnasciuga

corone d' alghe come mitiche chiome stese

tra gli scogli.

Un pontile di legno.

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Grida di gabbiani chiamati dalla recente

pesca.

Proprio come nei film,

e ne avevo veduti a centinaia,

ma io ero là...

e i profumi mi penetravano

il vento salmodiava canzoni solo per me.

La decappottabile gialla ora mi aspettava:

morbida e aggressiva. E mi portava lontano.

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CUORE DI PIETRA

Oltre questa feroce geometria

incorruttibile

incomincio ogni giorno

a plasmare l'orizzonte

dandogli dignità rotonde.

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UN’ISOLA INCANTATA DELLA

DALMAZIA

Cespugli e vento,

pietra bianca scolpita dalle stagioni.

Pare ti abbracci tra mare e cielo,

lacerata in questo spazio azzurro e

abbagliante,

che non trova pace.

Bora impetuosa e maldestra che solleva le

onde

e s'infuria nelle cale aspre e solitarie.

Un gridare rabbioso e malinconico di

gabbiani,

eterne anime del mare,

che parla di storie senza tempo e senza

memoria.

Oggi e per sempre

l'inesauribile turchese di questo cielo

ammalia il viaggiatore

e lo cattura

nell'odorosa fragranza del pino e della

salvia,

nell'acre profumo della salsedine.

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E' sera.

La risacca lambisce gli scogli di madreperla,

un cormorano si tuffa giocoso in queste

acque

di drammatica e indicibile bellezza

e in quest'incanto

sono sirena dagli dei benedetta.

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SHARAZAD

“Se la morte c’è

sempre, è la seconda.

La

libertà sempre è la prima”

Ghiannis Ritsos

Sono al centro della Notte.

Le parole che affondano nel palazzo di

marmo e diamanti.

Musica e note d’ombra nel mio canto

prigioniero.

Un serto di perle mi cinge il braccio

per questa e mille altre interminabili sere

intreccio ghirlande e fiabe da piccola fata.

Nutro la tristezza e l’arroganza del mio

padrone,

mentre i merli fischiano nelle gabbiette

dorate

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E l’acqua sgorga dalle fontanelle dipinte

d’arabeschi.

Il tempo scorre ignaro

nel profumo di gelsomini e mandorle

caramellate,

nel chiarore nebbioso della luna

nella solitudine delle nostre ali recise.

Storie infinite come cabale maledette

perché il tempo esorcizzi la sua effimera

vita.

Infine il silenzio.

L’ultima notte si è consumata.

Nell’incanto della mia voce senza catene

l’alba salmodia rara felicità.

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ZINGARA

Quand’ero zingara

ridevo

delle vostre mani

dei vostri futuri da due soldi

della mia carne che si sprecava

e i vostri denti

affondavano nel mio sangue.

Nelle sue nebbie

si nutrivano

di una falsa verità.

Oggi che sono demonio

la landa minacciosa

dell’inverno terreno

non fa più ridere.

Le vostre pagane voglie

consumano l’esistenza

ne succhiano il nettare.

Brandelli di uomini

dalle lacrime facili.

Il mio fuoco il vostro delirio.

La vostra vanità specchiata

nel mio ringhioso abbraccio.

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IL VASCELLO FANTASMA

E' morto il plenilunio

e anche oggi

tintinna tra le sartie

l'ombra perduta

delle ali dei gabbiani

e i velacci si abbandonano

come spoglie

di amante abbandonata.

Sono stanca di questo viaggio

di queste tele di ragno

cresciute tra le mie emozioni.

L'onda si fa stanca

la penombra del destino

appare immobile

suono di corno da nebbia

nel latrato della marea.

Sfacciata mi inganno,

il veliero fantasma

con il suo fasciame

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eternamente morente

non saprà nascondere

l'asfissia della mia carne.

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EL ALAMEIN

Mancavano giorni all'ora

ma l'attesa vibrava nel silenzio

scandito solo dai respiri

dai ritmi lenti del passo.

Il cielo sepolto dall'arroganza del sole.

Gocce di sudore

scorrevano nelle pieghe della carne

gli ultimi istanti di giorni terreni

coagulati

in una insonnia di sabbia infinita.

Non c'è voce per la preghiera.

Solo polvere e presagio di morte.

Neppure un Ave e un Gloria

forse uno sguardo

impotente verso casa.

Nel vento speranza di vittoria

nel sangue l'orgoglio della battaglia.

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L'onore non è:

ne' comodo ne' facile,

ma arde,

come scintilla vitale.

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LA CASBAH DI RABAT

I vecchi camminano

nella casbah di Rabat:

non guardano negli occhi;

i cani uggiolano tra la spazzatura,

case scavate nell'argilla

sospese tra il salmastro

e l'acqua dolce del fiume.

Terrazzi bianchi e azzurri,

gazzelle nell'oscurità

offrono mandorle caramellate.

Un portale moresco

lusinga il viaggiatore sorprendendolo

con la sua rara bellezza,

vesti bianche a un tempo

ad una ad una sbucano

nelle vie dove la sera brucia l'olio

per infinite frittelle d'aglio e cipolla

mille colori

nettari profumati

di cardamomo e harissa:

spezie inerpicate sui muri

in questa filigrana di malíe

in questa alchimia senza tempo.

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LA VIA DELLA VITA

Desiderio inquieto.

Ho scelto la via delle mareggiate

dei fiumi ubriachi d’acqua

delle madri sterili

d dei misteri immortali di canti di

pipistrelli.

Rituale inadeguato per strappare un’ora un

minuto.

Al gomitolo di Atropo che mi ferisce le

mani

e che rende incandescenti le mie voglie

pagane.

Pomeriggio di assolata malinconia

mi dissanguo nell’atollo della paura di

vivere

e se anche ho amato i giorni

e le stagioni acquose

e le sete ricamate

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la mia Polinesia inganna

e mi chiama per nome

e ogni sillaba come vetro incandescente

strappa la bocca, uccide la baldanza.

Il guardiano dei sogni

mescola i semi delle carte da gioco.

Appare la luna.

Mangia la mia vita incompiuta.

65

IL FANTASMA DEL TEMPO

Lo spettro del Tempo scandisce i miei passi

e muto m'accompagna nell'impietosa notte

delle stagioni sfumate.

Gli anni sono trascorsi,

hanno scavato nuove rughe

come marmoreo velo,

ineffabile peso dei turbolenti affanni.

Gli Dei hanno concesso bellezza e amori

strepitosi,

brame e desideri assordanti come albe

funamboliche.

Ora, come mantello di nebbia lunare

il fantasma delle primavere lontane

occulta la mia ombra al sortilegio del

presente.

Ragnatele si rincorrono

come solchi impietosi sul mio volto.

66

Livido come una babele sacrilega

domani il freddo artiglio di un altr'anno

si poserà ancora sul mio collo

e l'eterno mio nemico si nutrirà delle mia

tenera carne

e del mio cuore palpitante.

Un passo in meno mi avvicinerà alla nuda

terra

lungo la crudele strada dell'infinito.

67

ALBATROS ZOPPO

Ora lo sai:

solo frammenti d'oro

nelle mie ferite

alla mia festa

d'inverno.

Dovevo capire

che era il giorno sbagliato....

hai raccolto le mie veglie

e le hai arrotolate:

tu l'escluso,

tu l'ossimoro distratto,

non chiedermi altro sole

lo trasformeresti in sale

per rendere ancor più intraducibile

quest'agonia.

Vento riprenditi le ceneri

di questo albatros zoppo,

doveva capire che non era giornata.

68

DISARMONIA

Il vecchio ponte di pietra

tra le due sponde

voleva soffocare

le grida di chi si tuffò.

Ora è là.

Ricoperto di muschi e licheni.

Senza rimorso .

69

LA VALLE DI SREBRENICA

Il tramonto intorpidisce gli occhi

delle donne di Srebrenica,

come un letale mantello che toglie il

respiro.

Tra filo spinato e relitti rugginosi

tra fiori di mimosa e voli di rondini:

(perché anche qua è arrivata la primavera)

i corpi senza vita

in attesa di altri senza nome,

ulcerata la memoria di un massacro

annunciato

da bestie armate dei freddi coltelli dell'odio.

Una ferita purulenta,

gangrena resa incurabile,

mercimonio della vostra vulnerabilità

spietata l'assenza di chi vi ha abbandonati.

Le donne della valle di Srebrenica sono

vestite in nero

le palpebre pesanti,

70

anche se ora il sole brilla nel cielo

ricordi muti nel profondo affanno.

Con i loro morti

È morta (ancora una volta) la giustizia sulla

terra.

71

DRAGONI

Cornamuse, danze arcane, fumo

come fosse un sipario...

l'eco della battaglia nelle ossa,

nell'esultanza di forze pagane

nel fuoco della carne lacerata.

Fermento...

carica di dragoni

orme nel fango,

cavalli e rosse criniere,

domani non saremo più.

Forse dalle bocche serrate

un grido di sangue.

La musica permea l'aria

nelle torri d'avorio

del coraggio.

fantasmi o nodo di vivi

naufraghi nel mare delle certezze?

72

JONNY HOLIDAY QUE JE T’AIME

Per quelle notti infedeli...

dove solo la memoria ritrova il filo del

tempo

per le torri della nostra vanità

chiudiamo gli occhi e

ripercorriamo la maledizione della tua

giovinezza

per l'amore dei nostri giorni

macerati

sciolto il silenzio in mille silenzi

fantasma antico ti specchi nelle mie trecce

langui come burrasca alata

nei manoscritti l'eco di altri giorni

e altre notti, uguali, infinite

solitarie e rabbiose:

per i tuoi occhi

per le tue labbra

per la bella addormentata del

futuro

per la goccia di vita

che svernava nella tua preghiera.

73

Il candelabro della nostra mutevolezza

manda bagliori sulle pareti.

Sull'ottomana giace la mia anima.

Un secolo che sembrava pioggia.

Mai più l'ebbrezza come miele

del nostro amore finito.

Per la chiave di sol che non ha

aperto alcuna porta.

74

UNA CANZONE D'AMORE

Respirarti non mi basta.

Quando scruto le stelle e osservo l’ignoto.

Il buio incendio

che devasta l'anima e gli occhi,

strangolando la coppa vuota

che hai lasciata,

come per incanto.

Tramuta il gocciolare tarlato del tuo ricordo

in bagliori di perle.

E ti respiro

senza fine

senza fiato.

75

IL TRENO VA…

Ti troverò là, al limitare della pensilina

in una panca che attende la fine dell’estate:

la valigia tra le gambe,

un filo di fumo dalla tua bocca

che si incrocia con l’odore acre

delle rotaie surriscaldate.

Un’attesa come uno strepito di piccoli

ricordi

dove il vocio degli altri viaggiatori corrode

la nostalgia,

l’altoparlante che gracchia di destinazioni

inutili,

la tua che sembra non svelarsi mai

nell’aria fosca di pomeriggio inoltrato.

I facchini in gran fretta

rossi in volto come cavalli attempati,

sfiniti dall’ultima corsa,

afferrano bagagli di gente sconosciuta.

Destini che per un attimo si incrociano.

Poi una voce annuncia

che il tuo treno è in partenza al binario

numero sei.

76

La tua panchina diventa vuota.

Una cicca per terra.

Fumata fino al filtro con avidità

dalla tua bocca annoiata.

Neppure le carezze dei nostri sogni

prolungheranno all’infinito il tuo

allontanarsi.

E dietro un finestrino

già sorridi al tuo vicino di viaggio.

77

Gabriella PISON è nata a Trieste, dove vive in un grande e vecchio appartamento nel cuore della città. Esercita la professione di medico, ma fin dall’adolescenza è affascinata dalla magia della poesia, quale mezzo espressivo dell’esperienza esistenziale e della sua ricerca interiore. Il primo impatto con il pubblico avviene in occasione di trasmissioni radiofoniche della RAI cittadina, ancora durante gli anni del Liceo; da allora, seppure coinvolta da interessi ed impegni di diversa natura, ha sempre tenuto viva questa passione, scrivendo sia poesie che racconti brevi… e durante i mesi estivi gode del silenzio del mare, a bordo della sua piccola barca a vela e la ’‘riesce a sognare, a creare la sua ”isola che non c’è”. Per conoscere meglio l’autrice puoi visitare la sua pagina http://lalunaeildragoautori.weebly.com/gabriella-pison.html

78

Sommario Regata d’autunno .................................................................... 11

Alianti ........................................................................................ 13

Apparenze ................................................................................. 14

La zanzara .................................................................................. 16

Alessandro non sei più qua ...................................................... 18

Adriatico del Nord .................................................................... 20

Allora saprai ............................................................................. 22

Astrolabio ................................................................................. 24

Ballata semiseria per un buffone ............................................. 26

Capogiri ..................................................................................... 28

Decadenza ................................................................................. 30

Figli delle Stelle ........................................................................ 31

Haiku all’ora dell’ombra ........................................................... 33

Leggenda di Nord-Est ............................................................... 34

Magie del Fuoco ....................................................................... 35

Marcinelle ................................................................................. 37

Marinaio ................................................................................... 39

Mirmidoni ................................................................................. 40

Controanima ............................................................................. 41

Oltre il desiderio ....................................................................... 42

Divina creatura ......................................................................... 44

Ritorno in Sicilia ....................................................................... 46

Ricordando Marsiglia ............................................................... 48

California ................................................................................... 50

79

Cuore di pietra ......................................................................... 52

Un’isola incantata della Dalmazia ........................................... 53

Sharazad ................................................................................... 55

Zingara ...................................................................................... 57

Il vascello fantasma .................................................................. 58

El Alamein ................................................................................. 60

La Casbah di Rabat ................................................................... 62

La via della vita ......................................................................... 63

Il fantasma del tempo .............................................................. 65

Albatros zoppo .......................................................................... 67

Disarmonia ................................................................................ 68

La valle di Srebrenica ................................................................ 69

Dragoni ..................................................................................... 71

Jonny Holiday que je t’aime ..................................................... 72

Una canzone d’amore .............................................................. 74

Il treno va .................................................................................. 75

Biografia autrice ....................................................................... 77

80

NOTTELUCE