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#17APRILEVOTASI

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#17APRILEVOTASI

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• Si vota domenica 17 aprile, dalle 7 alle 23, in tutti i Comuni d’Italia

• Occorrono:

carta d’identità

tessera elettorale

• Il referendum sarà valido se voteranno la metà più uno degli elettori italiani

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“Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione

di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine.

Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già

rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli

hanno la durata della vita utile del giacimento“

Che cosa significa il quesito?

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Un po’ di storia per capire...

•In Italia gli idrocarburi vengono

estratti da società private che hanno

una concessione per sfruttare i

giacimenti, in genere per 30 anni

(più al massimo 20 di proroga)

•Nel 2013 il governo Monti approva

la “Strategia Energetica Nazionale”,

che prevede il raddoppio della

produzione nazionale di gas

naturale e di petrolio

• Nel 2014 il governo Renzi, con il

decreto “Sblocca Italia”,modifica la

legislazione sulle trivellazioni

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• Il decreto esclude le Regioni

dalle procedure per

autorizzare la ricerca e

l’estrazione di idrocarburi (in

mare e in terraferma) e le

affida ai ministeri

• Si dà così nuovo impulso

alle attività petrolifere, in

particolare a quelle in mare

(vedi figura).

(immagine tratta da “il Mare”- numero

speciale del bollettino ufficiale degli

idrocarburi e delle georisorse –

ed.DgRME- MISE - marzo 2015)

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Nell’estate del 2015 si moltiplicano le iniziative contro le

trivellazioni: manifestazioni, ricorsi al TAR e una raccolta firme

per alcuni referendum sul tema, che però fallisce

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• Tra i progetti più contestati c’è il sito “Ombrina Mare” (della

società inglese Rockhopper), situato a soli 6 km dalla costa

abruzzese: prevede la realizzazione di una piattaforma, 4-6

pozzi di estrazione, gasdotti, oleodotti e una nave-serbatoio

(lunga 320 metri) ancorata a 10 km dalla costa, dove

avverrebbero le prime fasi della raffinazione.

• Dopo molte proteste il permesso di ricerca viene sospeso dal

governo fino alla fine del 2016, ma la Rockhopper presenta

ricorso al TAR

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• Nel settembre 2015 nove regioni (Liguria, Veneto, Marche,

Molise, Sardegna, Campania, Calabria, Basilicata,Puglia)

presentano sei referendum sul tema delle trivellazioni: uno

riguarda quelle marine

• Lo scopo del referendum è vietare tutte le nuove trivellazioni

entro le 12 miglia marine (22 km) dalla costa: in questa parte

di mare resterebbero attive solo le piattaforme già in funzione

• Gli altri quesiti riguardano la disciplina “semplificata” introdotta

dallo “Sblocca Italia” per il rilascio delle concessioni in

terraferma e in mare (http://www.notriv.com/2015/10/17/verso-il-

referendum-focus-sintetico-sui-quesiti-referendari-no-triv/)

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“(…) Il divieto (di trivellazioni ndr) è altresì stabilito nelle zone di mare

poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro

costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e

costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata

di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di

salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di

manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla

sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonché le operazioni

finali di ripristino ambientale.” (art.6 comma 17 dlgs 152/2006 “codice

dell’ambiente”)

• I referendum vengono ammessi dalla Cassazione: per evitarli,

nel dicembre 2015 il governo Renzi modifica il “Codice

dell’Ambiente” e lo “Sblocca Italia”

• In particolare il governo vieta le nuove trivellazioni entro le 12

miglia, ma prolunga la durata delle concessioni di ricerca ed

estrazione già attive: anziché scadere dopo 30 anni, esse

saranno valide fino all’esaurimento del giacimento

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• A causa delle modifiche introdotte dal governo, 5 referendum su

6 vengono dichiarati inammissibili dalla Cassazione (in quanto

“superati” dalla nuova normativa).

• Solo il quesito sulle trivellazioni marine “sopravvive” e viene

“aggiornato”: ora si vuole cancellare la proroga “per la durata di

vita utile del giacimento” delle concessioni già attive

• Dunque:

Se vince il SI, allo scadere delle concessioni oggi vigenti si

fermeranno per sempre tutte le attività di ricerca ed estrazione di

gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalla costa.

Se vince il NO, esse potranno continuare fino all’esaurimento dei

giacimenti

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Quali e quante piattaforme sono

interessate dal referendum?

• NB: il referendum non riguarda

le concessioni in terraferma né

quelle in mare oltre le 12

miglia, che non sono vietate e

hanno durata di 30 anni (6 per la

ricerca)

• Le concessioni di estrazione

entro le 12 miglia che

cesserebbero per sempre alla

loro scadenza prevista sono 35,

di cui solo 26 sono produttive,

con 79 piattaforme e 463 pozzi .

In più vi sono 9 permessi di

ricerca, ma al momento sono stati

quasi tutti sospesi

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Che cosa e quanto producono?

• Dei 26 siti produttivi che si trovano entro le 12 miglia ben 21 estraggono gas naturale, 4 estraggono petrolio e una estrae sia gas che petrolio

• Essi producono il 27% del gas e il 9% del greggio estratti ogni anno in Italia

• Tali quantità coprono appena il 3% dei consumi nazionali annuali di gas e meno dell’1% di quelli di petrolio

• La produzione di queste piattaforme ha raggiunto il suo massimo negli anni ‘90 e da allora sta diminuendo (oggi si estraggono 10 volte meno gas e 4 volte meno petrolio)

• Tutto il gas presente sotto i fondali dei mari italiani basterebbe a coprire i nostri attuali consumi per soli 6 mesi, tutto il petrolio per sole 7 settimane

(fonte: dossier Legambiente “Referendum 17 aprile”)

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Quando dovranno chiudere?

• Delle 26 concessioni, 9 scadranno entro il 2020, 13 tra il 2020 e

il 2025, 4 nel 2027

• Sono in scadenza ravvicinata alcune concessioni per il gas

presenti nella zona di Rimini, quella di Crotone (che è la più

produttiva: più di 500 milioni di mc di gas all’anno), mentre

quelle di Ravenna scadranno tutte nel 2027

• In caso di vittoria del SI, entro il 2020 chiuderanno le

piattaforme produttrici di petrolio di San Benedetto, Termoli e

Gela; nel 2022 si fermerà anche l’ultima, situata a Pozzallo

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Un referendum bluff?

• In effetti, il governo ha già vietato le nuove trivellazioni a dicembre 2015

• Tuttavia la vittoria del SI è importante per stabilire in modo chiaro la volontà popolare che le attività di estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine cessino “il prima possibile”: si potrà così impedire al governo di autorizzarne di nuove in seguito (“L’obiettivo del referendum è chiaro e mira a far sì che il divieto di estrazione entro le 12 miglia marine sia assoluto. Come la Corte costituzionale ha più volte precisato, il Parlamento non può successivamente modificare il risultato che si è avuto con il referendum, altrimenti lederebbe la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria” -

http://www.act-agire.it/index.php/i-blog-act/288-tutto-quello-che-c-e-da-sapere-sul-referendum-no-triv-del-17-aprile)

???

• Per i sostenitori del NO il referendum è

ingannevole, perché non riguarda le nuove

trivellazioni ma solo la durata delle concessioni

già vigenti

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Le ragioni del SI

• La ragione principale per votare SI è affermare con chiarezza che

le attività di estrazione di gas e petrolio nel mare più vicino

alla costa (entro i 22 km) devono cessare il prima possibile (e

quindi non se ne devono avviare altre…)

• Alla Conferenza di Parigi sul Cambiamento Climatico (COP21,

dicembre 2015) l’Italia si è impegnata, insieme ad altri 195 Paesi,

a ridurre le emissioni di gas serra, causate al 70% dal consumo

di combustibili fossili (http://www.glistatigenerali.com/clima_energia-

economia-reale/anche-i-petrolieri-lo-dicono-chiaro-lasciamo-i-combustibili-

fossili-sotto-terra/)

• Peraltro, prolungare le concessioni vigenti fino all’esaurimento

dei giacimenti significa favorire le attuali società concessionarie, il

che è contrario alla normativa europea sulla concorrenza (e

potrebbe causare una procedura di infrazione: http://www.rinnovabili.it/ambiente/idrocarburi-in-mare-lavoro-333/)

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Le obiezioni del NO… e qualche risposta:

• Il gas e il petrolio non sono “nostri”: sono proprietà delle società multinazionali che li estraggono e li vendono a prezzi di mercato;

• Le quantità di gas e petrolio estratte ogni anno in mare entro le 12 miglia coprono una parte minima dei nostri consumi (3% e 1% rispettivamente): rinunciarvi da qui al 2027 non dovrebbe essere un problema (anche perché negli ultimi 10 anni il consumo nazionale di gas è diminuito del 22% circa, quello di petrolio del 33%)

• Le riserve stimate di gas e petrolio contenute sotto (tutti) i fondali dei mari italiani sono modeste: con i consumi attuali ci basterebbero per (rispettivamente) 6 mesi e 7 settimane appena… niente autosufficienza energetica, quindi!

“non possiamo lasciare lì il gas e il petrolio che ci sono

nel nostro sottosuolo marino e poi importarli”:

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• Le società concessionarie non versano allo Stato le royalties

relative alle prime 50mila tonnellate di petrolio e ai primi 80

milioni di metri cubi di gas estratti in mare; poi versano il 7% dei

ricavi per il petrolio e il 10% per il gas (sono le royalties più

basse al mondo, che vanno dal 25% della Guinea all’80% di

Russia e Norvegia).

• Nel 2015 le royalties per tutto il petrolio e il gas estratti (in terra e

in mare) ha fruttato allo Stato circa 340 milioni di euro (cioè la

cifra spesa scegliendo di non accorpare il referendum alle

amministrative). A ciò si aggiunge una tassazione intorno al 40%

sugli utili (è impossibile però trovarne una stima quantitativa) (http://www.eni.com/eni-basilicata/territorio/gettito-delle-royalty/focus-nomisma-

fiscalita/b_focus-nomisma-fiscalita.shtml)

“chiudere le piattaforme sarebbe

un danno economico grave per

l’Italia”

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• La chiusura delle piattaforme avverrà progressivamente dal

2017 al 2027, dunque non ci saranno choc occupazionali immediati; le attività oltre le 12 miglia continueranno come prima

• In realtà le multinazionali stanno disinvestendo dal settore idrocarburi perché, con il crollo del prezzo del petrolio e la transizione alle energie rinnovabili, cercare ed estrarre gas e petrolio sta divenendo antieconomico; (http://www.financialounge.com/azienda/financialounge/news/un-fiume-di-dollari-fugge-dal-petrolio-e-va-sulle-rinnovabili/)

• La situazione più critica è quella di Ravenna (si parla di 6mila lavoratori), ma il sito chiuderà tra 10 anni (nel 2027) (http://www.agi.it/economia/energia/2016/03/10/news/rem_2016_investimenti_e_lavoro_solo_se_industria_energetica_unita-599310/)

“con il si al referendum si

perderebbero moltissimi posti di

lavoro”

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Una nuova politica energetica per

l’Italia e per il mondo

Per centrare l’obiettivo del COP21

(Conferenza di Parigi sul

Cambiamento Climatico) di

mantenere il riscaldamento

globale dovuto all’effetto serra

entro i 2°C, dovremo rinunciare

ad estrarre una parte

importante delle riserve di

combustibili fossili già note e

recuperabili: l’82% del carbone, il

49% del gas naturale e il 33% del

petrolio (http://marcoboschini.it/2016/03/14/trivelle-e-

informazione/)

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• Il crollo del prezzo del petrolio e il “climate change” hanno

convinto molti investitori a spostarsi dal settore idrocarburi a

quello delle energie rinnovabili e molti Paesi a rinunciare a

nuove trivellazioni

• in Italia, Shell e Petroceltic hanno recentemente rinunciato ai

permessi di ricerca nei mari pugliesi

• Il referendum può essere l’occasione per dare il via a una

nuova strategia energetica nazionale, puntata su risparmio,

efficienza e sulle energie rinnovabili

• Le rinnovabili generano più posti di lavoro rispetto alle

energie fossili (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/13/energie-rinnovabili-

dieci-volte-piu-posti-di-lavoro-delle-fossili/1271363/)

• Rinunciando alle piattaforme e alle trivelle

proteggeremo il nostro mare e il nostro

paesaggio, la nostra pesca e il nostro turismo

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“Numerosi studi scientifici indicano

che la maggior parte del

riscaldamento globale degli ultimi

decenni è dovuta alla grande

concentrazione di gas serra (anidride

carbonica, metano, ossido di azoto ed

altri) emessi soprattutto a causa

dell’attività umana.(…) Ciò viene

potenziato specialmente dal modello

di sviluppo basato sull’uso intensivo

di combustibili fossili, che sta al

centro del sistema energetico

mondiale (…) Perciò è diventato

urgente e impellente lo sviluppo di

politiche affinché nei prossimi anni

l’emissione di anidride carbonica e di

altri gas altamente inquinanti si riduca

drasticamente, ad esempio,

sostituendo i combustibili fossili e

sviluppando fonti di energia

rinnovabili” (Papa Francesco,

Enciclica “Laudato si’”)