Notizie Nostre - N. 222 Dicembre 2011

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RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE DEGLI EX ALLIEVI DELL’ISTITUTO “BUZZI” N. 222 DICEMBRE 2011 € 4,00 NotizieNostre INNOVAZIONE E RICERCA Un dossier dedicato a due note aziende pratesi Il racconto dei loro segreti per continuare a rinnovarsi LE NOSTRE STORIE Come nascono i Ceppi di Natale I NOSTRI PROGETTI I luoghi storici della produzione nel pratese: un libro e una mostra che ricordano il grande passato della città BUZZI NEWS Grandi preparativi per la nuova Rivista delle Pagliette

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Rivista dell'associazione degli ex Allievi dell'istituto "Buzzi"

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RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE DEgLI Ex ALLIEVI DELL’ISTITuTO “buZZI”N. 222 DICEMbRE 2011

€ 4,00

NotizieNostre

INNOVAZIONE E RICERCAUn dossier dedicato a due note aziende pratesiIl racconto dei loro segreti per continuare a rinnovarsi

LE NOSTRE STORIECome nascono i Ceppi di Natale

I NOSTRI PROGETTII luoghi storici della produzione nel pratese: un libro e una mostra che ricordano il grande passato della città

BUZZI NEWSGrandi preparativi per la nuova Rivista delle Pagliette

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NotizieNostreSOMMARIOn. 222 dicembre 2011

Innovazione e ricercaUn dossier dedicato a questi grandi temi: due note aziende pratesi, diverse tra loro, ma accomunate dagli stessi intenti di rinnovamento contro la crisi, raccontano le loro esperienze e i loro segreti per continuare a reinventarsi

DOSSIER

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7Intervista a Gianmarco Venturi

8Grandi preparativi per la nuova Rivista

12“Tennico 2011”

14Allegri: il tessuto che cambia colore

17Cangioli: una delle aziende più antiche di Prato

18La storia dei Ceppi di Natale

30I luoghi storici della produzione nel pratese

40 Museo del Tessuto: resoconto di una mostra

44Se anche Prato potesse avere il suo monumento

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Hanno collaborato a questo numeroGiulia Ballerini, Stefano Ballerini, Martina Biagini,

Guido Biancalani, Massimo Casprini,

Giulia Catarzi, Giuseppe Guanci,

Stella Mattioli, Museo del Tessuto

Consiglio Ex AllieviComitato redazionaleGuido Biancalani (Presidente), Carlo

Ponzecchi (Presidente onorario), Emanule

Lucchesi, Mario MorettiMartina Biagini, Alberto

Ciampolini, Giuseppe Bartolini, Alfredo Belli

Stefano Ballerini, Giuseppe Moretti, Elisa Papi, Rodolfo

Nistri, Sandro SardelliMarco Gramigni, Sandro Ciardi, Gabriele VilloresiAndrea Caverni, Simone

Leoni, Franco Miliotti, Franco Baroncelli,

Raffaello Giorgetti, Stefano Panconesi, Loriano Bertini

Società editriceNte srl

Via Bruno Buozzi, 24 50013 Campi Bisenzio (FI)

Tel. [email protected]

StampaNuova Grafica Fiorentina

NotizieNostre

Direttore responsabile

Debora Pellegrinotti

Coordinamento editoriale

Giulia Ballerini

Grafica

Cristiano [email protected]

Fotografie

Luigi Nucci

Rivista dell’AssociazioneEx Allievi del Buzzi

Registrazione Tribunale di Prato n° 4 del 6/5/1996

(precedente registrazione Tribunale di Firenze 1952)

N. 222 DICEMBRE 2011

Professionalità e qualità: armi vincenti

Il nuovo numero di Notizia Nostre esce proprio nel periodo natalizio con tante notizie e curiosità dedicate, come sempre, alla nostra città. Per que-sto abbiamo dedicato un articolo alla storia del ceppo per capire l’origine di questa parola che ha mantenuto fino ai nostri giorni il suo significato. Casprini traccia un quadro storico appassionante e pieno di scoperte che ci rivela aspetti poco noti della nostra rato. Il dossier di questo numero è interamente dedicato al tessile dando risalto a due eccellenze pratesi: la “Trafi” e il gruppo Colle. L’azienda “Trafi”, specializzata nel trattamen-to fantasia di filati, tessuti e capi d’abbigliamento. Un’azienda all’avan-guardia da sempre, che negli anni, ha dimostrato una grande capacità di guardare oltre e di aggiudicarsi il primato di unicità sul mercato. Un classico esempio in cui ricerca ed innovazione si coniugano alla perfezio-ne riuscendo a produrre tessuti di altissima qualità. Il “Gruppo Colle che è riuscito a trasformare tre aziende artigiane in una piccola realtà indu-striale che vanta 140 dipendenti rappresenta è una realtà davvero par-ticolare perchè fra le prime a capire l’importanza di avvicinarsi e investi-re verso le energie rinnovabili. Il “Gruppo Colle nel 2010 ha istituito la Pura Energia con 19 imprenditori pratesi ancora motivati come lo erano stato gli imprenditori del passato. Un messaggio forte quello lanciato da questi imprenditori che credono in quello che fanno, sfidando gli ostacoli, proiettandosi nel futuro. Insomma un numero “in positivo” perchè è così che, nonostante tutto, vogliamo continuare a pensare, con l’obbiettivo di riuscire a migliorare le cose, a creare nuove opportunità di lavoro per i giovani che dovrebbe essere una priorità dei nostri politici. Insomma uno stimolo a non arrendersi e a investire sul futuro. Un augurio di buone feste a tutti voi. Debora Pellegrinotti

Direttore pubblicitàJacopo Nesti

per Nte srlTel. 055.8970557 - fax 055.8970578

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prezzo di copertina € 4,00abbonamento annuale € 15,00 (4 numeri)

PER ABBONAMENTI: Tel. 055.8970557

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Rifinizione tessuti per arredamento, abbigliamento, calzature

Deposito e Magazzino:Via Amalfi, 17/19/31 - Viale Labriola, 189

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Sede Legale:Via Amalfi, 15

Telefono 0574 650883 - 0574 652724Fax 0574 655856

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ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI DEL BUZZI

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Museo e Innovazione: dare un futuro al passato

Ultimamente al Museo del Tessuto di Prato, sono accaduti due eventi a mio avviso molto significativi per quanto riguarda l’innovazione nel campo tessile.Il primo è stata l’interessantissima mostra sui Tessuti del Futuro proveniente da varie parti del mondo fra le quali Istanbul, Shangai e Barcellona che si è fermata nel Museo

della nostra città per circa un mese. In tale mostra erano esposti alcuni esempi di tessuti avve-niristici che, coniugando insieme tecnica e fantasia, trasmettevano curiosità e ammirazione ma soprattutto fiducia nelle potenzialità e creatività dell’industria tessile.Alcuni tessuti erano solamente dei prototipi con la sola funzione di indicare quale poteva essere una nuova strada da percorrere, altri invece erano realtà già in fase di produzione e, cosa più im-portante, molti di questi creati da ditte e centri di ricerca pratesi.Chiaramente questa era una mostra proiettata nel futuro più estremo che prevedeva delle soluzio-ni tecniche al servizio di tessuti usati in settori specifici e che in qualche modo induceva a scordare tutto quello che rappresenta il tessile tradizionale, sia in fatto di performance che di moda.Nella prima settimana di novembre si è svolto poi al Museo un incontro nell’ambito del progetto Texmedin avente come titolo “Patrimonio tessile ed innovazione”.Nazioni a forte tradizione tessile che si affacciano sul Mediterraneo quali Grecia, Spagna, Francia e naturalmente l’Italia, si sono ritrovate per parlare e confrontarsi su come possano evolversi le loro produzioni, e da ciò è scaturito un concetto di innovazione completamente diverso da quello messo in evidenza dalla mostra sui tessuti del futuro. E’ stato spiegato infatti come, unendo il patrimonio europeo di tradizioni e cultura tessile con la tecnica attuale, si possa fare innovazione basandosi su quella creatività unica al mondo che l’ Europa possiede e che proviene dall’antica esperienza delle botteghe artigiane del Medioevo. Pra-ticamente si può innovare ricreando e rielaborando tutto quel patrimonio di tradizioni tessili che i vari paesi europei hanno da sempre. Questo tipo di innovazione è, a mio parere, quello che più ci coinvolge e che più ci tutela, perché se è vero che con una certa facilità si può copiare un prodotto, anche tecnicamente molto avanzato, è invece più difficile far propria quella creatività che si avvale di competenze tradizionali ed ha alla base un patrimonio storico culturale che viene da lontano. Inoltre, questo bagaglio intellettuale deve essere di aiuto per un altro modo di innovare, che è quello di produrre rispettando sempre più l’ambiente, creare prodotti sempre più eco-compatibili o che addirittura migliorino la salute di chi li indossa e soprattutto applicare un’etica nel lavoro che rappresenti quel valore in più da aggiungere alle nostre produzioni. E’ per questo motivo che sono convinto che non ci poteva essere luogo più adatto del Museo del Tessuto per parlare di innovazione, perché è da qui che mostrando il passato possono nascere idee per il futuro ed è dalla sinergia fra musei, centri di ricerca e formazione, che queste idee possono e devono svilupparsi. Guido Biancalani

Guido Biancalani, Presidente Ex Allievi

Tessilnova S.p.A

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Deposito e Magazzino:Via Amalfi, 17/19/31 - Viale Labriola, 189

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Per saper raccontare un territorio

bisogna conoscerlo a fondo. Anzi

bisogna esserci immersi. Come

le donne, anche i paesi e i loro

abitanti, hanno infatti mille sfu-

mature che rifuggono i luoghi co-

muni in cui osservatori distanti li

inquadrano. Perché da lontano le

sfumature non si colgono. Per re-

stituirne tutta la loro ricchezza noi

di Metropoli abbiamo dunque fat-

to una scelta chiara: viverci den-

tro, sposare questi luoghi, come

faremmo appunto con una don-

na. Per poterla raccontare ancora

meglio. Parafrasando il proverbio

«Giornali e buoi dei paesi tuoi». il giornale che fa comunità

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ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI DEL BUZZI

DI Martina

Biagini

Erano gli anni ‘80 e ‘90, il quadrilatero della moda era il ful-

cro della Milano da bere e a brillare, in via della Spiga, nello scintillio di un’Italia che fu, c’era anche un ex al-lievo del Buzzi: Gianmarco Venturi, stilista fiorentino diplomato perito tessile. Da più di dieci anni si è riti-rato dal mondo della moda e si occupa di arredamento nel proprio negozio Flair, in viale regina Margherita a Milano. Anche se con qualche linea di febbre, accetta di passare un’ora al telefono per con-cedere quest’intervista e ripercorrere la sua eccezio-nale carriera. Che ricordi ha del Buzzi?Meravigliosi, soprattut-to perché coincidono con la mia gioventù. Il primo giorno di scuola, quando i ragazzi più grandi mi getta-rono nella fontana di piaz-za Ciardi, mia madre, che è sempre stata una don-na battagliera, si arrabbiò moltissimo, voleva proteg-germi. Come mai decise di iscri-versi a questa scuola?Mia madre mi indirizzò verso il Buzzi perché, aven-do una ditta di rappresen-

tanza tessile, conosceva molte persone di Prato che la consigliarono. Com’è passato dal Buzzi al mondo della moda?In realtà non mi ero posto alcun obiettivo. Dopo di-versi esami alla facoltà di Economia e dopo il militare, cominciai a lavorare come vetrinista, poi curai l’imma-gine di alcune collezioni qui a Firenze. In seguito decisi spostarmi a Milano, resta-re in Toscana sarebbe stato limitante. Prima di creare le linee uomo e donna con il mio marchio, ho lavorato per altre aziende. Le è tornato utile il suo diploma di perito tessile? Sì, soprattutto per quel che riguarda la scelta dei ma-teriali. E poi avevo conser-vato alcune conoscenze a Prato che mi permisero di avere tessuti in esclusiva per il mio marchio. Credo che per uno stilista sia im-portante fare una scuola di disegno, ma non una scuo-la di stilismo. È qualcosa che si impara solo sul cam-po. Adesso però è difficile emergere senza un grande gruppo alle spalle. I momenti più belli e quelli più brutti del suo periodo nel mondo della moda. Aprire i propri negozi a Milano, poi a New York e a Tokio sono state enormi

soddisfazioni. Non saprei ricordare dei momenti brutti perché amavo mol-to il mio lavoro. Ciò di cui mi importava davvero era solo il successo delle mie collezioni, non nel senso di essere famoso ma di veder-le apprezzate. Ancora oggi, nel mio negozio di arreda-mento, incontro persone che si ricordano dei miei vestiti e mi fa un enorme piacere. In che rapporti è rima-sto con i suoi colleghi nel mondo della moda?In realtà ho sempre avuto pochissimi rapporti con loro, evitavo gli eventi mondani ed ero concentra-to esclusivamente sul mio lavoro, anche se mi con-sigliavano di gestire pure tutto il resto. Forse è stato un errore.Ha nostalgia di quel mondo?Certo che ce l’ho, mi ha dato grandi soddisfazioni. Nel 2000 però ho deciso di smettere e affidare la gestione dei miei marchi ad altre persone. All’ini-zio l’ho vissuta come una liberazione, sono stato un anno senza far niente. Ma poi ho sentito di nuovo il bisogno di rimettermi in gioco e così, dieci anni fa, ho aperto Flair, in fondo l’arredamento è molto affi-ne alla moda.

GIANMARCO VENTURI RACCONTALA SUA ECCEZIONALE CARRIERAIl famoso stilista fiorentino è stato uno studente

del Buzzi: ecco come dal diploma di perito tessile

sia approdato al mondo della moda e poi all’arredamento

Che cosa sono diventati gli Ex Allievi?

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BUZZI NEWS

DI Gabriele

Villoresi

1947-2012... sessan-tacinque anni sono passati da quando Umberto Primi pen-

sò di realizzare, con i compa-gni di scuola, una Rivista sul modello di quella messa in scena l’anno precedente dagli universitari pisani cui aveva partecipato. La sua idea fu accettata entusiasticamen-te e i vari, Carlo Mencatanti, Giorgio Tozzi Mario Volpicini e il professor Giuseppe Pon-zecchi si imbarcarono nell’im-presa: Umberto convinse Sil-vio Giannini a occuparsi della regia e il maestro Fioravanti delle musiche. Da allora tanti si sono succeduti sul palco o dietro le quinte ma lo spirito è rimasto sempre lo stesso; l’entusiasmo dei ragazzi, l’ani-ma goliardica e l’amore per questa tradizionale Rivista non è mai venuto meno. A volte ritengo che la Rivista sia una specie di cartina tornaso-le della città di Prato: genuina

Grandi preparativi per la nuova Rivista: “Ancora Primi”

la chimica delle emozioni

AusiliAri chimici per l’industriA tessile

A marzo le Pagliette entreranno di nuovo in scena con un nuovo esilarante spettacolo dedicato al maestro Primi. Siamo andati a sbirciare i protagonisti durante le prove

difficoltà che Prato deve su-perare. Ebbene i ragazzi non hanno voluto però arrendersi creando nel 2008 un gruppo che, come i pionieri del ‘47, è legato da un sentimento di amicizia. Altra novità è che per la prima volta veramente è tutto “Made in Buzzi”; dagli autori Lorenzo Belli & Massi-mo Guasti giovani Pagliette appena usciti dall’istituto, ai registi Gabriele Villoresi, Alessio Gori e poi Fabio Gale-otti, all’autore delle musiche Stefano Caprilli, al “costumi-sta-ballerino” Andrea Cioni, sino ai giovanissimi France-sco Marini, Carlo Elmi, Ales-sandro Ricci e Lorenzo Vestri insieme a tutti gli altri ragazzi

Un momento delle prove del balletto:le coreografe sono le uniche donne della compagnia

Uno dei gruppi degli allievi-attori assieme al regista Fabio Galeotti (fotoservizio di Niccolò Cadirni)

e un po’ becera all’inizio, poi sempre più ricca, com’era la nostra città negli anni ‘70 e

‘80. Quindi gli anni più criti-ci sino ad oggi quando anche le Pagliette hanno vissuto le

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la chimica delle emozioni

AusiliAri chimici per l’industriA tessile

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BUZZI NEWS

che collaborano alla Rivista. Anche i balletti sono curati da un’ex-allieva, Rebecca Inno-centi, che insieme alle magi-che Camilla Innocenti e Ma-riangela Superbo sono oramai da anni le uniche donne della compagnia. E’ stato così che sono nate prima “RimBuz-ziamoci” poi “ArraPrato” e lo scorso anno la rivisitazione di “Arraprato 2”, rappresen-tazioni che hanno riempito i teatri Politeama, Metastasio e Fabbricone. Quest’anno per noi è stato ricco di eventi: la fondazione dell’Associazione Club delle Pagliette che si pro-pone, con la collaborazione dell’Associazione Ex-Allievi e del Buzzi stesso, di salva-guardare la nostra storia, la mostra al Cassero, preludio di quello che potrebbe diventare un museo all’interno dell’Isti-tuto (archiviata in internet sul nostro sito “www.clubdel-lepagliette.it” o sul gruppo di Facebook) e infine la carret-tolata che lo scorso anno ha riscosso grande successo. Ma il 2011 rimarrà purtroppo alla storia per la scomparsa del nostro fondatore ed è per questo che la nuova Rivista si intitolerà “Ancora Primi” ed andrà in scena al Teatro Metastasio dal 3 marzo al 9 marzo 2012 (tranne il lunedì e con una replica la domeni-ca). Con questo omaggio ab-biamo voluto ricordare Um-berto e nello stesso tempo ribadire che le Pagliette sono da sempre le prime a portare avanti la tradizione pratese

BUZZI NEWS

aiutando, quanto più possibi-le, tramite beneficenza, varie associazioni a livello cittadi-no. Quest’anno ci sarà inoltre una grossa novità: sul palco tornerà a ballare un gruppo misto per età di vecchie Pa-gliette che si cimenteranno in un reggae che, sono certo, rimarrà nella storia. Vederli tornare a “zampettare” sulle assi del palcoscenico insie-me ai ragazzi sarà un grande passo per riunire le Pagliette di tutti i tempi in una grande famiglia. Un’altra novità di quest’anno saranno i fondali scenici che saranno in par-te progettati dai ragazzi del biennio dell’Istituto con la collaborazione diretta del pre-side Erminio Serniotti e dei professori Giovanni Romeo e Michele Fusillo. Infine vorrei elogiare questi ragazzi che da mesi occupano il loro tempo libero nell’organizzazione e nelle prove dello spettacolo; è un’immagine positiva dei giovani spesso troppo critica-ti e questo rafforza la certez-za che anche questa sarà uno spettacolo degno del nome che porta; ed allora “W le Pa-gliette” e “ANCORA PRIMI”...

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Da sinistra a destra: Simone Leoni - responsabile scenografie; tre pagliette della Presidenza: Mattia Silicato - Si-mone Di Paola - Lorenzo Vestri (Presidente), Gabriele Villoresi - addetto alla produzione . Nelle altre foto le prove per lo spet-tacolo si tengono all’Istituto Buzzi tre volte alla settimana dopocena: un impegno costante e ammirevole da parte di tutti i volontari. La Rivista andrà in scena dal 3 al 9 marzo 2012

Dal 17 dicembre all'8 gennaio, nelle Antiche Stanze di Santa Caterina in via Dolce De'Mazzamuti a Prato, l' Assessorato alla Cultura del Comune di Prato dedica un’ interes-sante mostra allo scultore Dino Bencini. Si tratta di un artista famoso nel mondo per le sue opere, molto caro alle Pagliette del Buzzi perché da quasi 50 anni plasma per il Club i famosi "Buzzini". Oltre alle storiche statuette go-liardiche, simbolo annuale della “Rivista”, saranno in mostra opere di grande valore artistico realizzate dal maesto Bencini, che già nel 2010 aveva realiz-zato una mostra con buon successo di pubblico.

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ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI

Simone Menicacci è un figlio d’arte, anche nipote, se si considera che la sua

famiglia è impiegata nel tessile dai primi del Nove-cento. Non bisogna farsi ingannare dal suo modo di fare pacato, dietro le appa-renze si nasconde un uomo appassionato i cui occhi brillano quando parla del proprio lavoro ma anche un lucido analista dell’attuale condizione del distretto.Da tanti anni è perito tes-sile al lanificio Menchi di Tavola, specializzato in tessuti capospalla di alta qualità in lana, cachemire e soprattutto leader nel set-tore dell’alpaca Suri (la più pregiata). Il suo futuro da tecnico ha cominciato a costruirlo ver-so i 16 anni, quando in 3° Copernico decise di passare al Buzzi, perdendo un anno ma percorrendo finalmen-te le orme di suo padre. Fu con lui che cominciò a lavo-rare, i primi due anni dopo il diploma, presso il lanifi-cio Frati: un vero e proprio tirocinio dal fiocco al tessu-to finito. Suo padre sarà stato con-tento. Immagino di sì ma non me l’ha mai detto, lasciandomi libero di scegliere. Le ma-terie del Buzzi erano più

accattivanti e poi in quegli anni (’80 ndr) il distret-to era in pieno fermento e rappresentava una grande attrattiva per me. E adesso che ne pensa del distretto, suo padre?Ha dedicato una vita al suo lavoro, è andato in pensio-ne a 68 anni e adesso che ne ha 81 è amareggiato e deluso. Io ho un figlio di 16 anni, ha scelto l’indirizzo alberghiero e sono conten-to, è difficile per un giovane trovare un lavoro decoroso in questo settore e poi ho saputo che le specializza-zioni tessili si sono mol-to ridimensionante, sia al Buzzi, che al Sella di Biella e questo mi dispiace molto. Che cosa le ha dato il Buzzi?Un’infarinatura generale, ma soprattutto mi ha fatto assaporare il mondo in cui sarei andato a lavorare. Se la sarebbe mai aspet-tata una crisi del genere e secondo lei da cosa è dipesa?Non ce l’aspettavamo. I fat-tori sono tanti: l’euro forte, le richieste sempre più pres-santi di abbassare il prezzo a scapito della qualità da parte dei confezionisti, il fatto che i cinesi si sono messi a fare il lavoro che noi pratesi non volevano più fare e poi anche un’ec-

cessiva approssimazione nella classe imprenditoriale che non ha saputo trovare un accordo per evitare la guerra al prezzo più basso. Ma questa è solo una mia opinione. Aspetti positivi e negati-vi di fare il tecnico?Tra gli aspetti negativi po-tremmo dire che un lavoro che richiede ben oltre le otto ore, ma va bene così perché i tessuti sono creatu-re che devono essere segui-te passo dopo passo. E poi danno una grande soddi-sfazione: vedere realizzate le proprie idee nei negozi e durante le sfilate. L’azienda in cui lavoro ha creduto in me e insieme abbiamo fatto sì che diventasse leader nel settore dell’alpaca Suri.Quali sono le caratteri-stiche che fanno di un uomo un buon tecnico?Quando cominciai a lavora-re mio padre mi disse “non accettare mai tangenti dai rappresentati, ci vuole il massimo rispetto per il la-voro e per l’azienda” e io ho sempre seguito il suo consiglio. Ci vuole quindi onestà, ma anche umiltà di imparare dato che in questo lavoro non si finisce mai. E poi anche un po’ di geniali-tà, in fondo il tessuto è una materia viva che si plasma tra le tue mani.

La nostra Scuola:

“Tennico 2011”

Così, detto alla pratese: il comitato di redazione degli Ex Allievi

ha deciso di dedicare una pagina ad un tecnico “storico”,

a scelta tra i diplomati del Buzzi. Dopo un breve consulto,

la scelta è ricaduta su Simone Menicacci

Simone Menicacci

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I NOSTRI PROGETTI

DI Giulia

Catarzi

Ha reso gran-de onore a Prato l ’ a z i e n -

da comeanese “R. Allegri & F.lli”, ideatrice del tessuto più all’avanguardia del mo-mento. Sperimentazione, ricerca, innovazione, hanno portato infatti alla creazione della “Quadricromia solare”, un metodo di stampa in gra-do di far cambiare colore al tessuto non appena questo viene esposto alla luce. Suc-

cesso, questo, che ha messo l’azienda in primo piano già a Première Vision di Parigi, dove si è avuto il record de-gli ordini senza richiesta di campionatura da parte del cliente, proprio come acca-deva un tempo. La quadri-cromia solare si può ad ap-plicare a qualsiasi tessuto, sia estivo che invernale, e basta solo una prima occhia-ta per capire l’unicità dell’in-venzione.La “R. Allegri & F.lli”, lanifi-cio e manifattura a maglia, navetta, jersey, rachel, jac-quard di produzione italiana con fibre naturali e sintetiche

UN TESSUTOCHE CAMBIA COLORE Questa la “magica” stoffa della ditta Allegri, frutto di sperimentazione, innovazione e ricerca

Enrico Corona mostra le creazio-ni della sua azien-da: con un inno-vativo metodo di stampa, il colore dei tessuti cambia alla luce del sole. Record di ordini senza richiesta di campionatura a Premiere Vision

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ha infatti una tradizione or-mai sessantennale alle spalle e punta molto sulla ricerca. Il gruppo nasce nel 1952 a Signa dall’intraprendenza e la passione per questo lavo-ro in una famiglia come tan-te, ma che è riuscita a fare sempre gli investimenti giu-sti e a soddisfare ogni tipo di clientela. “La nostra azienda nacque nel 1952, quando, tra tante difficoltà, ma anche con un notevole entusiasmo, mia nonna Maria Borgioli dette il via a questa attività in via della Stazione, a Signa, in una

stanza della sua abitazione”, racconta l’attuale presiden-te ed amministratore della “R. Allegri & F.lli”, Enrico Corona, che oggi gestisce l’azienda insieme al fratello Alberto, responsabile di pro-duzione, e ai cugini Andrea, Adriano e Marco Allegri, ri-spettivamente responsabili di tessitura a maglia, setto-re commerciale, ed ufficio stile. “Il lavoro era condotto allora a livello strettamen-te familiare: insieme a mia nonna, lavoravano infatti il marito, Bruno Allegri, ed i figli Roberto, Franco, Pie-

ro e Silvana. Di quei primi tempi è rimasto nella storia un aneddoto simpatico sul quale si sono poi costrui-te le speranze per il futuro dell’azienda: con l’inespe-rienza più assoluta i miei nonni acquistarono infatti il loro primo macchinario dalle Officine Marchisio di Torino, pur trattandosi in realtà di un brevetto giapponese. Con una serie infinita di cambiali fu quindi ordinato ed acqui-stato l’oggetto, ma quando arrivarono a consegnarlo si accorsero che non poteva passare dal portone di casa,

all’interno della quale i miei nonni svolgevano l’attività lavorativa. Il macchinario fu allora lasciato sul marciapie-de e per poterlo introdurre all’interno dell’abitazione si dovette passare dal giardino, abbattendo prima un muret-to di confine e poi uno sto-rico fico al quale erano tutti molto attaccati. Da allora ri-mase la speranza che i frutti tanto buoni di quell’albero di cui si erano privati fosse-ro dati, da quel momento in poi, dal nuovo macchinario”. Oggi quel primo strumento di lavoro accoglie clienti e

Enrico Corona, ex allievo del Buzzi, gestisce la storica azienda di famiglia a Comeana, assieme al fratello Alberto e i cugini Andrea, Adriano e Marco Allegri (fotoservizio di Niccolò Cadirni)

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I NOSTRI PROGETTI

visitatori all’ingresso dello stabilimento di Comeana in-sieme ad un ramo del famo-so fico, e testimonia la storia di una famiglia che ha inve-stito sulle proprie capacità e che all’insegna della profes-sionalità è riuscita ad arriva-re fino ad oggi con notevole successo. Dalla stanza di casa in cui la famiglia Allegri aveva iniziato la propria at-tività si passò infatti presto all’acquisto dei capannoni in via Gramsci, sempre a Signa, per dare vita ad una vera e propria tessitura a maglia propria, mentre con l’acqui-sto del terreno a Comeana, sul quale sorge ancora oggi la “R. Allegri & F.lli” arriva-rono anche la tintoria e poi la tessitura. Seguì l’introdu-

zione della rifinizione ed in-fine la stamperia tessuti, fio-re all’occhiello dell’attività. Nel corso di oltre mezzo se-colo di attività, insomma, l’azienda comeanese è cre-sciuta a livello esponenzia-le producendo tessuti, tra i tanti, per Roberto Cavalli, Armani, Zara, oltre a confe-zionisti meno noti ma con una diffusione piuttosto am-pia e ad altri più piccoli, sia italiani che stranieri. “Nella nostra azienda si portano avanti tutte le fasi che dal filo permettono di ottenere il tessuto finito - conclude Enrico Corona - avere tutti i reparti al nostro interno è infatti una grande forza ed è questo che ci ha permes-so anche di investire nella ricerca per ottenere la “qua-dricromia solare” all’interno del reparto stamperia. Que-sto traguardo rappresenta il carattere propositivo che da sempre ha contraddistinto la nostra azienda e che an-che nei momenti peggiori della crisi ci ha permesso di rimboccarsi le maniche e guardare avanti”.

La ditta ha al suo interno tutti i reparti necessari alla creazione del tessuto finito: ciò ha permesso di investire nella ricerca per la stamperia

Risalgono addirittura al 1835 le prime notizie relative ad una delle

aziende più antiche di Prato: il “Lanificio Cangioli 1859”, inserito nel registro naziona-le delle imprese storiche di Unioncamere e premiato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo scorso giugno in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. La storia del Lanificio Cangioli in effetti è ultracenteria, ma i due fratelli che oggi sono a capo dell’azienda, Vincenzo e Sa-bina, dimostrano di aver fatto davvero tesoro dell’esperienza accumulata per generazioni e quindi di poter guardare avanti con fiducia grazie alle due linee prodotte: tessuti per abbigliamento e camiceria, entrambi sia per uomo che per donna.Nato nel 1859 con Vincenzo Cangioli come bottega per l’impannazione nella centralis-sima piazza San Francesco, il lanificio fu trasferito nel 1880 in uno stabilimento industriale di Vaiano, dove le acque del fiume Bisenzio contribuivano allo sviluppo dell’azienda in termini di forza motrice. Fu Alceste, figlio di Vincenzo, a costruire, ad inizio ‘900, un nuovo stabilimento in via Po-meria e ad iniziare a rivolgere la propria produzione anche all’estero, soprattutto verso la Germania e l’Inghilterra. Con l’arrivo del primo conflitto mondiale ci si adattò all’eco-nomia di guerra producendo coperte per l’esercito. Il lavoro procederà poi, con gli anni ’20, con Vincenzo II, il quale darà vita ad un nuovo stabilimento a San Martino, in via del Bisenzio, dove sarà trasferita tutta la filatura e la tessitura e sarà allargata la produzione di coperte con una linea di fascia alta. Tessuti per divise e coperte di caser-maggio usciranno dall’azienda

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durante la seconda guerra mondiale, dimostrando an-cora la capacità di adeguarsi ai tempi e guardare avanti, anche quando un colpo di cannone sparato durante la ritirata dei tedeschi forerà la

ciminiera colpendo al cuore l’azienda. Ma anche allora si ripartì, arrivò la quarta genera-zione Cangioli, fu completato lo stabilimento e vennero portate in via del Bisenzio anche tintoria e finissaggio,

tessili, si preferì accompa-gnarsi a dei nuovi soci e così, oltre al “Lanificio Cangioli 1859”, abbiamo la “Manifat-tura Tessile Malaparte Srl” e la rifinizione e tintoria “Penta-Rif Spa””. Questo ha permesso di gestire meglio l’azienda a ciclo completo in un momento difficile, poi tutte le parti sono state riassorbite dal lanificio”. Insomma, un’azienda che ha saputo sempre rispondere alle richieste imposte dalla storia, ma che lo ha sempre fatto all’insegna di tanto successo e professionalità da contare oggi ben 100 dipendenti per guardare avanti sempre all’in-segna della qualità, seppur con la dovuta prudenza.

LANIFICIO CANGIOLIUna delle aziendepiù antiche di Prato

Quando la tradizione va al passo coi tempi

la produzione si ampliò e alle forniture militari si aggiunse anche una divisione tessuti e coperte. Tessuti per cappotti civili e forniture militari saran-no invece le uniche specialità dell’azienda a partire dagli anni ’70. Con l’arrivo degli anni ’80 l’attività viene poi completamente verticalizzata e scissa in 4 aziende, di cui tre di produzione ed una commerciale. “L’obiettivo di questa divisione era quello di rendere il lanificio più snello e flessibile- spiega Vincen-zo Cangioli, oggi dirigente dell’azienda insieme alla sorel-la Sabina- quando infatti ven-ne a mancare mio zio Duccio Cangioli, che gestiva le attività

I fratelli Sabina e Vincenzo Cangioli, eredi di una lunga tradi-zione tessile di famiglia; la ditta è stata premiata dal Presidente Napolitano per i 150 anni dell’Unità d’Italia

(fotoservizio di Niccolò Cadirni)

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LE NOSTRE STORIE

DI Massimo

Casprini

Alla fine del Tre-cento Franco Sacchetti rac-conta in una

sua novella che un prete, raccogliendo i denari offerti da un fedele, gli dice: “No-stro Signore ti renderà cen-to per uno; ed Egli li riceve, come tu vedi, perché tutti li do a lui, mettendoli in quel ceppo”. E metteva li denari in uno ceppo che era appié d’un Crocifisso.Potremo chiederci: «Ma cos’era il ceppo?»Il ceppo era la base di un tronco d’albero vuoto, nor-malmente di castagno, nel quale, per mezzo di una fessura praticata su un co-perchio dello stesso legno, si mettevano le offerte e le elemosine, come in un salva-danaio. In seguito il grosso ciocco fu sostituito con delle cassette alle quali però, per tradizione, rimase lo stesso nome.Con il termine ceppo s’inti-tolarono Compagnie, Con-fraternite, Spedali e Istituti di Beneficenza. Sembra che una prima associazione di carità si costituisse già nel X secolo scegliendo come sim-bolo proprio un ceppo con una croce piantata sopra. Ma è data certa il 14 marzo 1283 nella quale un certo messer Monte di Turingo Pugliesi fondò a Prato il “Ceppo dei

Poveri”. Giunto alla fine della sua vita durante la quale aveva accumulato grandi ricchezze con la mercanzia ma anche con l’usura, questo signore pensò di salvarsi l’anima do-nando tutti i suoi beni con il preciso scopo di aiutare i bi-sognosi: malati, partorienti e carcerati ma soprattutto i “poveri vergognosi”. Questi ultimi erano coloro che, nati di buona famiglia e dopo es-sere vissuti nell’agiatezza, erano caduti in disgrazia a causa di sfortunati affari o lotte politiche i quali, per pudore, non chiedevano ele-mosine pubblicamente per non mostrare il loro stato di indigenza. Molti anni più tardi a Firenze verrà costi-tuita la Congregazione dei Buonomini di San Martino

che raccoglievano le elemo-sine, non più nei ceppi ma in delle buchette praticate nel muro del loro oratorio e quando c’era scarsità d’offer-te accendevano una candela sopra il portone per indicare ai passanti che ‘si era ridotti al lumicino’. La sede del Ceppo del Puglie-si era a Prato in alcuni stabili nell’area alle spalle dell’at-tuale via del Ceppo Vecchio. Nella facciata della costru-zione in angolo con via Santa Chiara si vedono ancora oggi due stemmi in pietra. Uno è completamente rovinato, nell’altro è ancora ben leggi-bile (fino a quando?) lo stem-ma del Ceppo con un monte di tre cime (il ceppo di legno con tre tronconi di rami) che sostiene una croce. Può darsi che il Ceppo dei

Poveri di Prato non sia il più vecchio perché, secondo la tradizione, si ricorda che nel 1277 la Compagnia di San-ta Maria fondò a Pistoia lo “Spedale del Ceppo”, del qua-le però i primi documenti da-tati risalgono al 1286. Quin-di, ci piace credere che quello pratese – almeno finora – sia il più antico storicamen-te accertato. Una leggenda tuttora viva nel pistoiese narra che il nome deriva da un ceppo fiorito miracolo-samente durante l’inverno che, secondo le indicazioni date da un’apparizione della Madonna, avrebbe mostrato ai coniugi Antimo e Bendi-nella il luogo in cui fonda-re l’ospedale. Dal 1515 al 1529 i portici esterni furono arricchiti con splendide illu-strazioni plastiche di terra-cotta smaltata a colori vivaci (noti come ‘fregi robbiani’) fatti da Benedetto e Santi Buglioni e da Giovanni Del-la Robbia che rappresentano varie scene di beneficenza e opere di carità istituzionali dell’ospedale: Dar da bere agli assetati. Vestire gli ignudi. Assistere le vedove e gli orfa-ni. Alloggiare i pellegrini. Vi-sitare i carcerati. Seppellire i morti. Dar da mangiare agli affamati. Assistere gli infer-mi. Sul finire del XIV secolo a Firenze, la Compagnia di San Niccolò – che insieme a San Martino è il santo della carità e della beneficenza – con le elemosine raccolte nei ceppi sparsi in alcune chiese,

Dal Ceppo dei Poverial Ceppo NatalizioViaggio alle origini dei Ceppi

1. Lapide in pietra del XIII secolo con lo stemma del Ceppo Vec-chio in via S. Chiara a Prato

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fondò lo “Spedale del Ceppo dei Santi Jacopo e Filippo” in via delle Torricelle (attuale via Tripoli).I benefattori di questa istitu-zione si unirono attivamen-te alle prediche dei ‘piagno-ni’ savonaroliani suscitando allarme nei Medici i quali pensarono di affidare l’ospe-dale ai Buonomini di San Martino. Questi lo gestirono fino al 1529 quando venne concesso alle monache di San Miniato al Monte fuggi-te per paura degli assedianti spagnoli accampati vicino al monastero. I fondatori furo-no costretti a trasferirsi in via Pandolfini dove costrui-

rono una chiesa e ampi locali utili per l’assistenza di bam-bini con malattie congenite. Dopo quasi cinque secoli, la “Compagnia di San Niccolò del Ceppo” continua ancora oggi la sua opera nella stes-sa via a Firenze. La tragica inondazione dell’Arno del 1557 distrusse quasi com-pletamente l’antico ospeda-le e costrinse le religiose ad andarsene in un convento in via San Gallo dove continua-rono a chiamarsi le monache di San Miniato al Ceppo. Continuiamo il nostro viag-gio alla ricerca dei Ceppi tornando a Prato dove, il 16 agosto 1410, morì Francesco

di Marco Datini - sì, proprio lui: l’inventore della “lette-ra di cambio” – ricchissimo mercante che, non avendo figli, lasciò gran parte del suo immenso patrimonio valutato in centomila fiorini d’oro – palazzi, case, poderi, denari – per aiutare i pove-ri con la costituzione della “Casa del Ceppo dei Poveri” e la cui sede divenne il suo palazzo nel centro della cit-tà. Lo stemma fu la croce su un ceppo con cinque tronco-ni di rami (per significare la maggior ricchezza rispetto a quello già esistente) e con la lettera f di Francesco nel cartiglio centrale. Sul porta-

le d’ingresso fu murata una pietra con la scritta in carat-teri leonini che viene così tradotta: «Ceppo di France-sco di Marco/ mercante per i poveri di Cristo/ del quale il comune di Prato è/ dispen-satore. Lasciato nell’anno/ 1410». Siccome in quel pe-riodo operava ancora l’antico spedale del Pugliesi, questo fu detto il Ceppo Vecchio e quello del Datini fu cono-sciuto come il Ceppo Nuovo.Le rendite e la tutela del patrimonio erano ammini-strate – secondo la volontà del donatore – da quattro uomini de’ migliori e più onesti della terra di Prato

Iscrizione in caratteri leonini sul portale d’ingresso del palazzo Datini. In alto: fregio robbiano allo Spedale del Ceppo di Pistoia. A fianco: Francesco Datini con il simbolo della Casa del Ceppo dei Poveri da lui fondata a Prato nel 1410 (part. Pietro di Miniato, 1415, Palazzo Pretorio, Prato). A destra il Palazzo Datini

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LE NOSTRE STORIE

ma, col passare del tempo, il Comune riuscì ad entrare nella gestione e cominciò ad appropriarsi delle rendite con danno enorme per l’isti-tuzione. Dopo la tremenda devasta-zione avvenuta con il Sacco di Prato del 1512 e le epi-demie di peste del 1523 e del 1526 il duca Cosimo I, nel 1545, decise di riunire il Ceppo Vecchio e il Ceppo Nuovo nell’unica “Pia Casa dei Ceppi” e lo stemma fu la croce su un monte con ben sei cime.Per oltre due secoli i Cep-pi continuarono a assistere le partorienti, a aiutare gli studenti e a distribuire sale, latte e pane ai poveri, tanto che il palazzo Datini fu con-siderato il ‘granaio di Pra-to’. Furono investiti capitali acquistando nuovi poderi e costruendo case anche a Livorno le cui rendite ser-vivano per dotare la mensa vescovile. Fu concesso un notevole contributo per la costruzio-ne del Seminario dove poi sorse il Convitto Cicognini. Ancora oggi, dopo alcuni stravolgimenti amministra-tivi, la Fondazione Casa Pia

de’ Ceppi riesce ad onorare le volontà di Monte Pugliesi e di Francesco Datini. Questa breve analisi dei vari Ceppi dei Poveri – che non si ritiene esaustiva – vuole essere un rispettoso omag-gio alla memoria di tutti gli uomini di buona volontà che

nella storia si sono prodigati per aiutare i bisognosi attra-verso queste istituzioni.

Il Ceppo natalizio Nell’uso comune, in Tosca-na, la festa religiosa del Na-tale era detta Pasqua di Cep-po fino all’Ottocento, poi si

è riconosciuta col semplice nome di Ceppo, cioè il cioc-co d’albero che brucia nel camino la vigilia di Natale. Il tronco d’albero veniva scelto secondo le tradizioni popola-ri più diverse e con particola-ri riti (un ceppo di pino sra-dicato da un temporale; uno

Prima di andare alla messa di mezzanotte, davanti al ceppo ardente e scoppiettan-te i bambini cantavano questa cantilena: Ave, Maria del Ceppo. Angiolo benedetto! Ceppo bello, ceppo caro, non essere tanto avaro, empi bene la tua panza, di regali e di denaro. E ancora: Io son Dicembre vecchiet-to vecchietto, l’ultimo figlio dell’anno che muore, ma quando nasce Gesù benedetto, reco nel mondo la pace e l’amore. Porto col ceppo girando i camini, dei bei regali ai bimbi piccini.

Proverbi: L’è ffesta pe’ cceppo e ppe cceppi-no = è festa a Natale e il giorno dopo. Durare da Ceppo a S. Stefano = campare poco. Ci si rammenterà per Ceppo! = dilun-gare nel tempo. Chi fa il Ceppo a i’ sole, fa la Pasqua a i’ fôco (o l’inverso). Sta lì come un ceppo = immobile. Aver la testa tutta un

ceppo = intormentita dal dolore. Mettere insieme il ceppo e la mannaia = confonde-re cose diverse. Essere come il ceppo del battuto, che le busca sempre = uno che le prende da tutti. Le schegge assomigliano al ceppo = i figli somigliano ai padri. Chi ha dei ceppi, può far delle schegge = chi ha il meglio può fare anche cose minori. È meglio una gallina a Ceppo che un cappone a Pasqua = meglio una piccola cosa oggi che una grande domani. Il cappone a Ceppo, la gallina a Pasqua, il tacco [tacchino] a Carno-vale. Un antico proverbio di difficile interpretazio-ne diceva: Se nevica prima del Ceppo, sette volte sul tetto: forse, considerando che una volta molti tetti in campagna erano di stra-me, significava che un’abbondante nevicata prima di Natale costringeva a salire sul tetto diverse volte per liberarlo dalla neve.

CANTILENE E PROVERBI SUL CEPPO

Stemma del Ceppo di Francesco Datini riconoscibile dalla lettera f nel cartiglio centrale (Archivio Fondazione Casa Pia dei Ceppi, Pra-to). A sinistra: stemma dei Ceppi pratesi riuniti (il Vecchio e il Nuovo) (Archivio Fondazione Casa Pia dei Ceppi, Prato)

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di una quercia mai potata; un nodoso ceppo d’olivo con una ghirlanda di mele rosse; un tronco spennellato con acqua benedetta o con latte e miele; un ciocco ricoperto d’edera). Si metteva a bru-ciare nel camino la vigilia di Natale molto grosso e di legno compatto per farlo du-rare fino al giorno seguente e il nonno ci spruzzava del vino con la bocca. Erano riti pagani tramandati di generazione in generazione e tutti credevano che fos-sero di buon augurio per la prosperità della casa e del-la famiglia. Al mattino, il capofamiglia raccoglieva la cenere che conservava in un recipiente per curare i do-lori artritici, le bruciature e le ferite oppure la sparge-va sui campi come augurio di buon raccolto e contro le calamità. La sacralità del fuoco generato dal ceppo era legata soprattutto alla neces-sità di scaldarsi e di illumina-re la casa, ma aveva anche il significato simbolico della riacquistata forza del sole, celebrata fin dall’antichità il 25 dicembre in coincidenza con il solstizio d’inverno.Nelle famiglie più abbienti la partecipazione dei bambini a questo rito trasformava la serata in una festa. Entrava-no nella stanza con gli occhi bendati, si avvicinavano al

camino e battevano con le molle e la paletta sul cep-po recitando la canzoncina Avemaria del Ceppo (v. nel box). Dopo, gli veniva tolta la benda e avevano la sorpre-sa di vedere una piramide di legno addobbata con frasche sempreverdi a diversi pia-ni sui quali erano disposti i doni natalizi. Fu così che il nome di ceppo passò an-che a quell’insieme di vassoi sovrapposti pieni di dolci e giocattoli. Sotto la loggia del Porcellino a Firenze si è tenu-to per tantissimi anni il Mer-cato dei Ceppi dove si ven-

devano queste piramidi fatte di legno o di canne variamente ornate con carta colorata; poi, a fine Ottocento, que-sti trofei sono stati sostituiti dagli al-beri di Natale. Nel-le case più povere, il babbo vuotava un grosso tron-co d’albero e ci n a s c o n d e v a fichi secchi, ca-stagne e qual-che caramella. I bambini bat-tevano il ceppo

con la paletta e – miracolosa-mente! – uscivano questi pic-coli doni del Signore. Quindi, anche tutti i regali natalizi si chiamarono ‘il Ceppo’. In effetti si portava il Ceppo a parenti, amici e al padrone e il dono era spesso costituito da semplici dolci di farina fatti in casa o da un cappo-

ne, il cibo tipico del pran-zo natalizio toscano. È a questo punto che, senza stabilire quale sia la più antica, si potrebbe in-trecciare la tradizio-ne del Ceppo nata-lizio con quella dei Ceppi dei Poveri

in quanto hanno la stessa origi-ne: la consue-tudine di fare regali e offer-te attraver-so ‘il ceppo’, nelle case come nel-le chiese e negli Spe-

dali del me-dioevo.

Folto gruppo di madri di fronte al palazzo Datini a

Prato in attesa di ricevere il latte per i loro neonati

(foto d’inizio Novecento). Sotto il Ceppo natalizio a piramide in una famiglia

molto ricca del Settecento (bulino acquerellato, Giu-

seppe Piattoli, 1790). In basso il Ceppo natalizio

precursore dell’albero di Natale

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La Trafi è una ditta specia-lizzata e all’avanguardia nel trattamento fantasia di filati e tessuti: ha inserito le macchine agugliatrici nel settore moda

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dossier

DI Giulia

Catarzi

È un laboratorio dove predomi-nano i colori, l’innovazione, la ricerca e la voglia di con-

traddistinguersi sempre con idee mai viste prima la “Tra-fi” di via del Molinuzzo, sem-pre in grado di stupire anche i clienti più esigenti. Specia-lizzata nel trattamento fan-tasia di filati, tessuti e capi d’abbigliamento, l’azienda nasce nel 1982 dall’intra-prendenza di Daniele Luconi, la stessa intraprendenza che avrebbe influenzato tutta la storia a venire. Proprio a lui,

infatti, impegnato allora nel settore delle automazioni per tintorie, si presentò la famosa “occasione giusta”, e, colta al volo, permise di dar vita a quella che è oggi una vera attività all’avanguardia per il settore.“La filosofia della nostra azienda è caratterizzata da un “pensiero laterale” che ci permette di non vedere mai le cose in un solo modo- spiega Fabio Giusti, oggi nel-la società insieme a Luconi e a Martano Simone - parteci-piamo ad esempio alla fiera ITMA, ma per formare le nostre idee siamo presenti anche a quelle organizzate per i carrozzieri, o a quella sulla comunicazione visi-

INNOVAZIONE E RICERCAQuesti i temi del nostro dossier: la Ditta Trafi e Il Gruppo Colledi Prato sono due notevoli esempi per la città

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dossier

va, per vedere oltre il solo mondo del filato e amplia-re le nostre prospettive. E’ stata la nostra azienda, per esempio, ad inserire le mac-chine agugliatrici nel setto-re moda: queste hanno mi-gliaia di aghi con una lama triangolare fatta di piccoli denti che, sovrapposto un tessuto su un altro, trasci-nano piccoli gruppi di fibre dal primo al secondo fino ad unirli in un unico pro-dotto”. Questi macchinari prima venivano infatti usati soltanto per i feltri, ma da quando l’azienda acquistò la prima agugliatrice la tec-nica si è sviluppata su tanti nuovi tessuti fino a dar vita a prodotti fatti di solo filo, senza trama, ordito, né pun-ti a maglia. La Trafi si è sem-pre caratterizzata per quella marcia in più, per quella ca-pacità di guardare oltre che si può scorgere sin dai primi

momenti della sua storia, ed è proprio quella qualità che permette oggi all’azienda di rendersi ancora unica sul mercato.“Trovandosi al famoso “Fab-bricone” di Prato, Daniele si accorse dell’esistenza di una stanzina nella quale le persone che entravano era-no solite chiudersi la porta a chiave alle spalle per poi fare lo stesso alla loro usci-ta”, racconta ancora Giusti. “Una volta di queste capitò però che la porta venisse dimenticata aperta, così lui, incuriosito, entrò, e scorse il segreto dello stabilimento: un macchinario di grande portata. Venuti a conoscen-za del suo ingresso non au-torizzato, e quindi della sua scoperta, dal Fabbricone chiesero a quel punto se fos-se stato in grado di riparare quella macchina, ma lui non si limitò a quello: ne com-

prese il funzionamento e dette vita ad un oggetto si-mile, che segnò l’inizio della storia della nostra azienda, chiamata allora “Tra Fil”, da “trattamento filati”, e con sede in un piccolo capanno-ne a Campi Bisenzio”. Con il trasferimento dello stabilimento nel Macrolotto, avvenuto nel 1985, l’iniziale produzione di filati con colo-ri diversi tratto dopo tratto, fu subito affiancata da al-cune novità: nella neonata realtà tessile si studiarono infatti nuove tecniche, fino ad evolvere verso la stampa su tessuti. Fu nel 1994 che il titolare della “Tra Fil” av-vertì dunque la necessità di ampliare la propria società, e con l’ingresso di Fabio Giu-sti Martano Simone si iniziò a parlare di “Trafi”, il nome attuale che fa tutt’oggi capo all’azienda.“Dal mio arrivo in azienda-

Fabio Giusti gestisce la società assieme a Da-niele Luconi e Martano Simone. La filosofia dell’azienda è una visione laterale che non guarda mai le cose da un unico punto di vista

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INNOVAZIONE

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racconta Giusti- abbiamo puntato molto allo sviluppo di nuove tecniche e nuovi prodotti ed è proprio per la nostra grande capacità di innovazione che siamo da sempre molto conosciuti. In base allo stato dell’arte inventiamo continuamen-te, facciamo tinture in mil-le modi diversi e quello che non scarseggia mai nella no-stra azienda sono proprio le idee: il problema è piuttosto realizzarle tutte”.Alla “Trafi” in effetti si sono stabilite proprio le siner-gie giuste e mentre Daniele Luconi si occupa del settore meccanico, Maltano Simo-ne è addetto ai macchinari e Fabio Giusti si concentra sull’aspetto chimico della produzione e della program-mazione, studiando in casa la realizzazione di nuovi software che garantiscono all’azienda notevoli vantag-gi e modificando a secondo delle necessità i macchinari all’interno della propria of-ficina per soddisfare le esi-genze di fabbricazione che ogni prodotto presenta.Insomma, la voglia di guar-dare il mondo da una pro-spettiva diversa e di creare cose innovative ha da sem-pre contraddistinto la “Tra-fi” e continua a farlo ancora oggi. Uno dei filoni di studio attuale dell’azienda è quello della lana, che, se sottopo-sta ad un’azione meccanica a temperatura, ha la carat-teristica di diventare com-patta: è a partire da questo che nello stabilimento di via del Molinuzzo si sono creati non solo nuovi tessuti, ma anche oggetti di design ade-rendo al progetto “Rethin-king the Product” proposto dalla Camera di Commercio di Prato.

“Attualmente stiamo anche collaborando con un’azien-da farmaceutica per la tra-sformazione di un materiale volto alla ricrescita cellulare e fatto di un tessuto non tes-suto con nanofibre che, una volta portata a termine la ricerca, dovrebbe essere leg-gerissimo e molto più effica-ce del tradizionale- racconta Giusti a proposito dei pro-getti nei quali è impegnata la “Trafi”- inoltre abbiamo diverse collaborazioni con varie concerie e stiamo an-che studiando l’applicazione di nanoparticelle in biossido di titanio su vari materiali per la realizzazione di tessuti che, una volta investiti dalla luce, possono diminuire gli inquinanti presenti nell’at-mosfera. La nostra azienda fa tre o quattro brevetti l’an-no ed è la voglia di distin-guersi che da sempre ci ca-ratterizza che ci permette di lavorare con i più importanti nomi della moda, con tanti lanifici importanti pratesi e molte aziende del nord. Solo il 15% della nostra produzio-ne viene esportato, infatti, e questo si concentra per la maggior parte in Germania, Francia e Belgio, dove lavo-riamo molto per il settore arredamento”.Ricerca ed innovazione co-stanti, insomma, ma sempre all’insegna di un’alta qualità: è stato questo il segreto del-la “Trafi”, un’azienda che ha la forma di una grande squa-dra, aperta ai giovani del Po-litecnico di Milano, del Poli-moda di Firenze, di diverse Università francesi, e a tutte le idee dei suoi dipendenti. Perché l’unione fa la forza, si sa, e se le idee hanno la por-tata di quelle avute finora dubbi sul futuro non posso-no davvero essercene.

L’azienda sta molto studiando sulla lana, che sottoposta ad un’azione meccanica a temperatura, diventa compatta. L’obbiet-tivo è lo sviluppo di nuove tecniche e nuovi prodotti; la grande capacità di innovazione ed invenzione è ciò che ha reso famosa la Trafi (fotoservizio di Niccolò Cadirni)

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dossier

DI Stella

Mattioli

Il Gruppo Colle si è distinto negli ul-timi anni come una delle aziende

pratesi di maggior succes-so. La ricetta vincente è stata l’unione di più forze, e la continua ricerca del progresso, così come ci ha spiegato Roberto Gualtieri, titolare dell’azienda, insie-me a Riccardo Matteini e Luca Rindi. “Per prima cosa – racconta Gualtieri – nel 2004 abbiamo trasformato tre aziende artigiane in una piccola realtà industriale. Non abbiamo cambiato solo professione, ma anche atti-tudine: facendo un’opera-zione di questo tipo, infatti, l’attività industriale è fatta a base di deleghe. Con 140 dipendenti abbiamo messo su un’attività di artigianato con mentalità da piccola im-presa”.

Molti sono gli aspetti posi-tivi di questo cambiamen-to, che si sta rivelando vin-cente. Continua a spiegare Roberto Gualtieri: “In que-sto modo abbiamo potuto mettere in ogni posizione dei professionisti, che si oc-cupassero del proprio am-bito in particolare”. Così lo stesso Roberto Gualtieri si occupa della parte tecnica, Luca Rindi di quella finan-ziaria, e Riccardo Matteini della parte commerciale e di rappresentanza. “Abbiamo trovato – conti-nua Roberto Gualtieri – al-tre aree in cui si poteva lavo-rare, delegando ad altri soci e dipendenti. Abbiamo così lavorato sull’efficientamen-to dei processi: si è trattato di una fase importante e difficile, in quanto si passa-va da quattro tintorie a due soltanto”. Il Gruppo Colle si è dunque impegnato sulla formazione di tutti i dipen-denti, facendo sì che la linea dell’azienda fosse condivisa

GRUPPO COLLE

Il FUTURO E’ CREDERENELLE ENERGIE RINNOVABILI

L’azienda pratese svela i segreti del suo successo:l’aver trasformato tre aziende artigiane in una realtàindustriale e continui investimenti sull’efficientamento energetico

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INNOVAZIONE

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Il Gruppo Colle si distin-gue per la posizione di professionisti all’inter-no dell’azienda, che si occupano ciascuno del proprio ambito(fotoservizio di Niccolò Cadirni)

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dossier

da tutti: senza trascura-re l’aspetto della sicurezza che, come afferma sempre Gualtieri, “Non deve essere vista solo come qualcosa di doveroso, ma anche come opportunità”. Da qui alle energie sostenibili, il passo è stato breve. “La più nuo-va delle operazioni fatte – spiega Roberto Gualtieri – è quella dell’efficientamento energetico, principalmente per due motivi. Il primo è che le energie costano, e per risparmiare è dunque ne-cessario consumare meno. Era però necessario riuscire ad avere gli stessi risultati con meno consumi. L’al-tro motivo, non meno im-portante, è quello sociale: è necessario cominciare a capire i danni fatti con le estrazioni delle materie fos-sili”. Ma il percorso di effi-

cientamento messo in atto dal Gruppo Colle in favore delle energie rinnovabili ha avuto delle percentuali di recupero molto alte nei pri-mi anni, poi le percentuali si sono abbassate. “Si trat-ta – continua Gualtieri – di una sfida interessante”. Ed ecco che la prima centrali-na idroelettrica aziendale inizierà a funzionare entro poche settimane. Il Gruppo Colle dispone già di due campi fotovoltaici da un anno e mezzo circa, mentre una pala eolica ver-ticale inizierà a funzionare entro un mese. “Ci siamo resi conto – conti-nua Roberto Gualtieri – che la cosa ci piaceva, e insieme ad altre due persone abbia-mo fondato H2E, parteci-pata dal Gruppo Colle, che sta facendo investimenti

nel campo idroelettrico”. Molti progetti della H2E (specializzatasi in un solo settore) si trovano in Tosca-na, Piemonte e Veneto. “Il fatto è – spiega ancora Ro-berto Gualtieri – che la so-cietà è piccola, e quindi gli investimenti massimi sono relativamente piccoli. Ci ar-rivava anche l’opportunità

però di fare affari più gros-si. Abbiamo così istituito la Pura Energia SPA nel 2010 con altri 19 imprenditori pratesi, che hanno voglia di dimostrare che a Prato l’im-presa ha ancora voglia di rischiare. Con la Pura Ener-gia abbiamo realizzato già due centrali idroelettriche in Emilia e un campo foto-

Roberto Gualtieri èuno dei tre titolari delGruppo Colle, assieme aRiccardo Matteini e LucaRindi.Egli racconta che il periodo di crisi per le tintorie pratesi ha costretto l’azienda a fare nuove scelte, come quella di investire sulle energie rinnovabili La crisi dunque ha rap-presentato anche una nuova opportunità di rinnovamento

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INNOVAZIONE

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voltaico a Piombino. Da qui al 2012 andremo ad investi-re un totale di 30 milioni di euro”. Ma si preannunciano novità anche per il Gruppo Colle, anche se ancora non si conoscono i dettagli. “Il Gruppo Colle – spiega Gualtieri – si trova nel con-testo tessile, che purtrop-po sta soffrendo in modo

forte. Questo ci impone di fare nuove scelte, anche se ancora non sappiamo dire quali saranno. La cri-si ha rappresentato anche un’opportunità, perché ci ha fatto capire alcuni erro-ri”. Si preannuncia però un nuovo periodo di difficoltà: “E allora le banche non sa-ranno più pronte a suppor-

tare, a differenza del 2008” dichiara ancora Roberto Gualtieri. Ad alcuni anni di distanza, è dunque tempo per il Gruppo Colle di tirare le somme: “Il successo più grande di questi primi anni è che siamo ancora qui, in un periodo che ha visto le tintorie pratesi scendere da 30 a 7-8. Quello che dobbia-mo cercare di fare bene è il nostro mestiere di tintori, e impegnarci a fare sempre meglio quello che già sap-piamo fare”, dichiara Gual-tieri. Il Gruppo Colle farà ancora investimenti sull’efficienta-mento, prevedendo grandi investimenti. “A chi dice che le rinnovabili sono un orpello per il Paese, vorrei far vedere tutti i muratori rimasti senza lavoro per la crisi del settore edile, che

ora lavorano in questo set-tore. Chi fa investimenti nel settore delle energie rinno-vabili dovrebbe essere for-temente agevolato. Se ritro-viamo delle professionalità, ci sarebbe tanto da fare nel mondo, anche nelle aree af-famate di energia, come In-dia, Cina e Sudamerica. Mi chiedo come mai – conclude Gualtieri – le turbine nel Bisenzio siano inutilizzate, quando a metà del secolo scorso le aziende avevano le proprie turbine. Sono state fatte delle scelte che ci hanno portato ad essere schiavi del petrolio. L’Italia è sempre stato un Paese di centrali idroelettriche, e adesso tutto è andato in di-suso”. Ma forse altre azien-de seguiranno l’esempio del Gruppo Colle e dei suoi soci fondatori.

L’operazione più in-novativa che ha com-piuto l’azienda è stato l’efficientamento delle energie rinnovabili: così è nata la prima centrale idroelettrica aziendaleIl Gruppo Colle dispone già di due campi fotovol-taici e a breve entrerà in funzione anche una pala eolica verticale: tutte testimonianze di un profondo processo di in-novazione che l’azienda sta portando avanti

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MUSEO DEL TESSUTO

Il libro dell’architet-to Guanci “I luoghi storici della pro-duzione pratese”,

edito da NTE, è un tentativo di sintesi, senza la pretesa di esaustività, della lunga e complessa storia produttiva pratese, soprattutto in rife-rimento al territorio comu-nale.Un lavoro che parte dai nu-

merosi e puntuali studi, che sono stati fino ad oggi rea-lizzati, tentando tuttavia di condensarli, aggiungendo ed integrando con testimonian-ze dirette e, soprattutto, con una voluminosa raccolta ico-nografica raccolta sull’argo-mento, sia già sporadicamen-te pubblicata, che inedita, e che di per sé costituisce un elemento di grande fascino.

Delle oltre 450 foto raccol-te nel volume, una ristretta selezione di 20 immagini, riprodotte in grande forma-to, costituiranno l’oggetto della mostra, che si articolerà lungo lo spazio della “fami-liariazzazione” del Museo del Tessuto.La gestazione di questo lavo-ro si è sviluppata nel corso di diversi anni, durante i quali

sono state incontrate un nu-mero enorme di persone che, a vario titolo ed in varia mi-sura, hanno fornito preziose informazioni e materiali. In-fatti, per certi versi la rico-struzione della storia produt-tiva pratese è stata un’opera collettiva, di cui ogni singo-lo soggetto è depositario di frammenti più o meno ampi, a prescindere dall’impegno

L’architetto Giuseppe Guanci, esperto di archeologia industriale, ha presentato il suo ultimo volume sulla storia delle fabbriche pratesi. Dalle immagini del libro è nata una mostra al Museo del Tessuto

I LUOGHI STORICIDELLA PRODUZIONENEL PRATESE

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A due anni circa dall’altro volume, che aveva affrontato la storia produttiva della Val di Bisenzio, il presente volume di Giuseppe Guanci traccia un quadro della storia industria-le pratese il più completo possibile. La presentazione è avvenuta sabato 10 dicembre presso il Museo del Tessuto di Prato, nell’Aula della Didattica. Oltre all’Autore, era-no presenti il Presidente del Museo del Tessuto Andrea Cavicchi, l’Assessore della Provincia di Prato Edoardo Nesi, il Presidente Nazionale AIPAI Renato Covino, l’editore Fabrizio Nucci. Significativo l’intervento di Nesi: “Il merito di questo libro è proprio quello di convicerci di una grande lezione che ci viene dal passato. Convicerci e rafforzarci”: l’Assessore ha così sottolineato che questo volume - “un grandioso puzzle della storia di Prato” come lo ha definito l’Autore - serve a tramandare la memoria storica della città, per non dimenticare che Prato ha vissuto un’esperienza straordinaria, che è stata un tesoro per l’Italia intera.

di chi, come l’autore, si è as-sunto il piacevole onere di tentarne una pur parziale sintesi.Infatti, affrontare il tema del-la storia produttiva di Prato, è un compito immenso, coin-cidendo in gran parte con la storia stessa della città, in-combenza che tuttavia que-sto lavoro non si prefigge di sostenere, ponendosi invece

come obiettivo, quello di fare una sorta di “affresco” del-le attività produttive, che si sono succedute dal medioevo fino all’immediato dopoguer-ra. “Sicuramente numerose sa-ranno le lacune che si po-tranno riscontrare in questo lavoro, nella consapevolezza che esistano numerose al-tre informazioni e immagini

Officine Bigagli e Baroncelli - interno della fabbrica di via Filicaia - primi del Novecento - (Archivio privato Bigagli)

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MUSEO DEL TESSUTO

Cementificio Marchino, La Querce - forno ruotante in acciaio, prima del suo montaggio nell’alloggiamento realizzato dalla Società Poggi & Gaudenzi - anno 1932 (Archivio privato Pugi)

Regia Scuola Professionale di Tessitura e Tintoria (Istituto Tullio Buzzi), piazza Ciardi - vecchio reparto tessitura - primi del Novecento(C. CALAMAI, L’industria laniera nella Provincia di Firenze)

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sfuggite a questa disamina, e che a buon diritto avrebbe-ro potuto far parte di questa indagine” spiega Giuseppe Guanci. Il tipo di approccio perseguito è stato prevalen-temente di carattere storico, relativo soprattutto alla fase “pionieristica” dell’industria pratese, salvo sporadiche incursioni nella sua fase più antica, quando è servito per stabilire nessi di continuità, limitando generalmente l’am-bito della ricerca, alla stadio di creazione di quelle azien-de, nate nella prima metà del Novecento, salvo alcune rare importanti eccezioni. In ogni caso l’analisi dei prin-cipali, o più curiosi, episodi produttivi è preceduta da una serie di valutazioni di carattere generale su come l’industria, principalmente tessile, si sia sviluppata in questo territorio, e soprat-tutto quali siano stati i fatto-ri che l’hanno determinata, o come altri ancora abbiano

con essa interagito. Vale, infatti, la pena evidenziare, come ogni attività produttiva sia essenzialmente tributaria di tre fondamentali elementi, ovvero, la materia prima, la rete infrastrutturale e l’ener-gia, senza delle quali essa non avrebbe mai potuto svi-lupparsi. L’altro aspetto interessante da osservare è come l’indu-stria interagisca e contribu-isca a trasformare, sia l’as-setto territoriale che quello sociale e come, anche quando esista essenzialmente una mono-produzione simile a quella pratese, si creino tutta un’altra serie di attività che ne fanno da complemento e supporto; basti pensare all’industria meccanica, quel-la chimica e quella delle co-struzioni con il suo indotto che, seppur marginalmente, sono state affrontate in que-sta indagine. Quindi, pur con tutti i limiti evidenziati, que-sto lavoro ci rivela un quadro

affascinante di questa città, che ha fatto, soprattutto in passato, della sua vocazio-ne imprenditoriale, un suo elemento di peculiarità. Tut-tavia esso non vuole essere un’operazione di malinco-nica nostalgia ma, soprat-tutto in un momento come questo, ove sembra smarrita ogni certezza, e forse un po’ d’orgoglio di appartenenza, aspira a divenire uno stimo-lo a ricordare quanto è stata grande questa città, e colo-ro che l’hanno costruita, e quanto a buon diritto essa possa tornare ad esserlo.Dalle affascinanti immagi-ni del libro, per la maggior parte inedite, che rievocano i suggestivi scenari dei luoghi del lavoro pratese, è nata la mostra fotografica organiz-zata da Metropoli, in colla-borazione con la Fondazione Museo del Tessuto di Prato. L’inaugurazione si è svolta a seguito della presentazio-ne del volume, nello stesso

giorno, sabato 10 dicembre, presso il Museo del Tessuto: la selezione delle foto tratte dal libro di Giuseppe Guanci non poteva che avere come cornice un’ antica fabbrica pratese, come la Campolmi, luogo storico della produzio-ne e gioiello di archeologia industriale tessile mirabil-mente restaurato - che da polo produttivo del tessuto ha assunto la nuova funzione di polo di produzione cultu-rale tessile e non solo. La mo-stra fotografica sarà visitabile fino al 29 gennaio 2012.

Orario di apertura:lunedì-mercoledì-giovedì-ve-nerdì: 10-15;sabato: 10-19; domenica: 15-19; martedì chiuso; visite guidate gratuite ogni domenica ore 16.30. Museo del Tessuto, Via Santa Chiara, 24 Prato; www.museodeltessuto.ittel. 0574-611503

Steareria e saponificio Borsini, via Ferrucci - locale fabbricazione candele stea-riche - primi del Novecento - (Archivio pri-vato Borsini)

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MUSEO DEL TESSUTO

Nell’ambito delle attività svolte da TEXMEDIN per la promozione

dell’innovazione di design attraverso la valorizzazio-ne della memoria storica dei settori tessile e moda, è stata organizzata la mostra itinerante di ambito euro-peo “Patrimonio tessile e innovazione: Percorsi creativi nel design Medi-terraneo”.L’esposizione, aperta al Mu-seo del Tessuto dall’ 8 no-vembre al 4 dicembre 2011, ha presentato al pubblico i prototipi ispirati al patri-monio tessile europeo (abiti, tessuti e accessori) realizzati da 54 giovani designer nel corso dello svolgimento de-gli Inspiring Lab, percorsi di alta formazione e coaching organizzati organizzati in ognuno dei territori partner da novembre 2010 a marzo 2011.Quella dell’ Inspiring Lab è stata un’esperienza comple-tamente nuova sia in rela-zione ai progetti europei sia nel campo della formazione specializzata. Attraverso la formazione teorica e pratica dei moduli programmati, gli Inspiring Labs hanno dimo-strato di essere in grado di aiutare gli studenti e i giova-ni fashion designer ad entra-re fattivamente in contatto con il mondo della produzio-ne tessile e abbigliamento, passaggio che spesso risulta debole nei tradizionali cor-si di formazione nel settore tessile e moda esistenti. In Mostra sono stati esposti circa 40 tra abiti e accessori provenienti da Spagna, Gre-cia, Francia e Italia (Carpi e Prato) a partire dai capi realizzati dai vincitori del TEXMEDIN Design Chal-lenge, concorso europea or-ganizzato per la selezione dei partecipanti alle attività degli Inspiring Lab e che ha

PATRIMONIO TESSILE E INNOVAZIONE

Percorsi creativinel design mediterraneo

Sono stati questi i temi dell’ultima mostra

organizzata al Museo del Tessuto nell’ambito

del Progetto Europeo Texmedin

In mostra circa 40 abiti e acces-sori provenienti da Spagna, Gre-cia, Francia e Italia, realizzati da 54 giovani designer

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premiato i migliori risultati con cinque premi di catego-ria (Eccellenza, Innovazione, Valorizzazione del Patrimo-nio, Produzione e Menzione Speciale).Attraverso la presentazione di questi risultati la mostra ha inteso illustrare come sia possibile realizzare percorsi di aggiornamento e suppor-to allo sviluppo di conoscen-ze acquisite in cui musei e centri di documentazione sul tessile e sulla moda (de-positari della memoria e del patrimonio) possono svolge-re un ruolo di primo piano offrendo stimoli e possibilità di confronto tra giovani cre-ativi di provenienza e for-mazione diversa.Da settembre 2011 a genna-io 2012 i 54 prototipi stanno

viaggiando attraverso i quat-tro paesi partner del Pro-getto TEXMEDIN (Spagna, Grecia, Italia e Francia) pre-sentando una vivace vetrina europea di giovani promesse del tessile che ha già toccato Terrassa, Valencia, Atene, Lione e Prato e che sarà vi-

sitabile a Carpi fino a metà gennaio 2012. Un’idea del potenziale inte-resse per la mostra da parte del grande pubblico e addetti ai lavori è stato dimostrato dall’esperienza della settima-na della moda di Atene per la prossima primavera, dove l’Hellenic Clothing Indust-ry Association ha presenta-to i prototipi dell’Inspiring Lab greco con una sfilata di moda. In quell’occasione i giovani designer greci han-no mostrato i loro prototipi a circa 500 visitatori dello spazio espositivo riservato al Texmedin Design Challen-ge e ai circa 350 ospiti della sfilata di moda - per lo più rappresentanti della stam-pa, dell’industri della moda e scuole di settore.

Museo del Tessuto Via Santa Chiara 24 Pratowww.museodeltessuto.itTel. 0574-611503facebook.com/[email protected] di apertura:Lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 10-15;sabato 10-19; domenica 15-19

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I NOSTRI PROGETTI

Se anche Prato potesse avereil suo monumento identificativo…

DI Giulia

Ballerini

Già nello scor-so numero di Notizie

Nostre, Roberto Toccafon-di, bibliofilo pratese, aveva rilanciato l’idea di realizza-re a Prato un monumento al cenciaiolo, formando un “Comitato per il cenciaiolo” che potesse raccogliere, con un impegno ed uno sforzo collettivo, delle sottoscrizio-ni per finanziare il progetto. L’Associazione Ex Allievi ha accettato di agire in prima li-nea perché anche Prato pos-sa avere il suo monumento. “Nella piazza centrale di Grassina è collocato il Mo-numento alla Lavandaia. Perché anche Prato non potrebbe avere un suo mo-numento identificativo? E’ possibile che non si riesca-no a trovare i fondi per un progetto del genere?” Così Guido Biancalani spiega con entusiasmo la sua adesione, come Presidente dell’Asso-ciazione Ex Allievi, all’idea che Roberto Toccafondi ave-va lanciato sullo scorso nu-mero di “Notizie Nostre”. Quando parla di “identifica-tivo”, si riferisce alla figura che ha caratterizzato la tra-dizione tessile di questa cit-tà: il cenciaiolo, appunto. Questa volta spetterebbe a Prato avere un suo simbolo, agli occhi di tutta la popola-zione, memore dell’orgoglio cittadino per un’attività, che partendo da poveri cenci, ha conquistato mercati inter-nazionali.Gli Ex Allievi hanno accetta-to di buon grado la proposta

del Presidente dell’Associa-zione Culturale “L’Asterisco”, Roberto Toccafondi, il quale è stato invitato ad una delle ultime riunioni di Consiglio, in cui il gruppo ha affronta-to gli aspetti più prettamen-te logistici della questione. Le probabili difficoltà po-trebbero essere quello legate ai permessi che vincolano il posizionamento del monu-mento. Anche lo spazio di fronte alla fabbrica Calamai è stato messo in discussio-ne, in attesa di trovarne uno con una visibilità più ampia. Inoltre, è stato proposto che per ciascuna sottoscrizione venga dato una copia del modellino con il cenciaiolo a lavoro, realizzato dall’artista Piero Caverni; Roberto Toc-cafondi, da parte sua, si im-pegnerà a contattare la Fon-deria “Il Cesello”, per sentire se fosse possibile avere un abbattimento dei prezzi dei modellini del Cenciaiolo, salendo di numero, per una fornitura di circa quaranta pezzi).Insomma, a dispetto della crisi economica che fa va-cillare il primato di distret-to industriale per Prato, si vorrebbe immortalare que-sta icona della produttività pratese, non tanto come ricordo malinconico di un passato ormai da storiciz-zare, ma come promemoria identificativo di quella ope-rosità che ha sempre con-traddistinto la città. Il monumento al cenciaiolo sarebbe l’esaltazione della più genuina anima impren-ditoriale pratese, attraverso la figura di colui che da sva-riati pezzi di tessuto, ricono-sciuti al tatto, sa distinguere

le diverse fibre, smistarle e av-viarle alla rige-nerazione. Un vero e pro-prio modello ante-litteram di riciclaggio che, grazie al tessuto r igenerato, ha fatto la fortuna di Prato e del suo distretto industriale. In un epoca di secur green non va sottovalutata l’importan-za svolta dal recupero degli stracci nell’alleggerimento dell’impatto ambientale, se rapportata allo smaltimento degli stessi stracci come ri-fiuti speciali da destinarsi a discariche o a termovaloriz-zatori. Non possiamo non pensare alla riconsiderazio-ne del valore di questi mate-riali di scarto, che favorisca-no la lotta all’inquinamento e l’abbassamento della CO2, obiettivo della “Cardato Re-generated CO2 neutral” so-stenuta in questi anni dalla Camera di Commercio di Prato assieme a molte azien-de cittadine. La cernita, cioè la selezione degli stracci, è ancora con-dotta a mano come 150 anni fa. I cernitori attualmente ri-masti sono circa una trenti-na e sono tutti anziani. I gio-vani pratesi non prendono in considerazione la possibi-lità di apprendere il relativo mestiere che è tuttora fati-coso, scomodo, poco pulito. Dunque, se lo meriterebbe proprio un monumento tut-te quelle persone che sono state sedute anche 14 ore al giorno nella classica posizio-

ne “a guanciale”. Il cenciaiolo sicuramente fa parte della cultura pratese ed era già stato celebrato a livello teatrale con alcune rappresentazioni a cura del Kulturificio, tra cui “Strac-ci”. Nel 2009, “La Banda Gastrica”, noto gruppo d’in-trattenimento pratese orga-nizzatore di serate e prota-gonisti della Radio della Val Bisenzio (Radio Insieme), avevano lanciato l’idea di un concorso, aperto ad artisti e cittadini, per la realizzazio-ne di un bozzetto, da cui si sarebbe tratta un’opera scul-torea, dedicata ad uno dei principali personaggi della vita sociale di Prato: il cen-ciaiolo. Una volta sottoposta agli amministratori della città la proposta di realizzare il monumento, con relativa richiesta di aiuti, il proget-to è poi caduto nel nulla a causa della solita mancanza di fondi; oggi si ritorna a parlare del “Monumento al Cenciaiolo” per volontà di Roberto Toccafondi, che ha ripreso l’idea sviluppandola con ulteriori passi avanti, e per l’impegno della Associa-zione Ex Allievi. Speriamo che questa volta il monu-mento non rimanga solo un progetto.

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TECNOLOGIA

DAykEMinventato un nuovo processo chimico per le aziende pratesi

Funz Tex: questo è il nome di un nuovo processo chimico spe-rimentato e messo a punto dalla Daykem, che potrà giungere in aiuto delle aziende tessili pratesi. Il Funz Tex infatti non è

nient’altro che un processo chimico che ha la particolarità di offrire dei miglioramenti nella fase di tintura dei tessuti, quali il risparmio delle energie, una diminuzione del peeling su lana e su materie cel-lulose. “Abbiamo cominciato - ci ha spiegato Beatrice Sanpaoli, che si è oc-cupata di curare il progetto – con l’idea di trovare un processo più funzionale per ogni tessuto, con l’intento di utilizzare meno acqua e meno energie”. Il prototipo del Funz Tex è stato raggiunto dopo esperimenti du-ranti mesi, ed è stato fatto provare anche ad alcuni clienti della Day-kem. Dopo accurate sperimentazioni, si è dunque arrivati al risul-tato finale, che potrebbe rivelarsi di estrema utilità per le aziende pratesi che desiderano rinnovarsi acquisendo una “marcia in più”. Il risultato garantito dal sistema Funz Tex viene raggiunto grazie a una miscela di enzimi che viene applicata a freddo sui tessuti. La stoffa viene quindi lasciata riposare per una notte prima di esse-re lavata a freddo. La Daykem si occupa proprio di questo tipo di lavoro: l’azienda si è infatti specializzata nelle attività di ricerca e sviluppo, finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti chimici e nuovi processi, da utilizzare nella lavorazione dei tessuti. La storia della Daykem risale al 1958: da allora l’azienda produce ausiliari per l’industria tessile. In realtà, il nome dell’azienda era all’inizio Kemoil, e si occupava soprattutto di produrre oleanti per la filatura cardata. Ma i tempi cambiano, e rimaere al passo coi tempi significa rimanere sempre presenti sul mercato. Così, la Kemoil si è evoluta in Daykem, adat-tando la propria attività alle trasformazioni del mercato. La Daykem ha così realizzato nel corso degli anni numerosi pro-cedimenti per l’utilizzo da parte di aziende tessili, sempre con un occhio di riguardo per la ricerca: fra le altre cose, sono stati rea-lizzati un processo chimico per la tintura di tessuti in sughero, un procedimento che conferisce una mano serica su tessuti in misto lana, e altri ancora; riguardanti pelli tessili e tintura in corda. Pro-prio grazie a queste attività di ricerca, la Daykem ha attrezzato il proprio laboratorio interno di ricerca e analisi, dotato di apparec-chiature all’avanguardia (fra le quali un valutatore crockmeter, un perspirometro, una stufa per asciugatura a termo fisso, bilance di precisione, piastre climatizzate, sistema di tintura in glicol e altre apparecchiature ancora). In un periodo in cui il settore tessile pratese è alla ricerca di un nuovo inizio, forse la rinascita può essere rappresentata proprio da scoperte e da nuovi utilizzi di tecniche che già si hanno, come sta facendo la Daykem. Nel prossimo numero di “Notizie Nostre” illustreremo nel dettaglio il progetto Funz Tex, con l’ausilio dei curatori del progetto, che lo hanno ideato, sviluppato e seguito in ogni sua parte. Il progetto “Funz Tex” è solo l’ultimo dei progetti messi a punto dalla Daykem: da adesso l’attività dell’azienda ripartirà alla ricerca di nuove idee da sviluppare. Stella Mattioli

NOSTRECONOMIA

di Stefano Ballerini

Dottore Commercialista

AUTO IN USO AI SOCISe le auto non sono utilizzate esclusivamente per l’attività aziendale, deve essere inviata, entro il prossimo 2 aprile 2012, la comunica-zione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle auto «concesse in godimento» ai soci, ai «familiari dell’imprenditore» o «ai soci o familiari di altra società appartenente al medesimo grup-po».Nel caso di un eventuale controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, questa circo-stanza può essere provata anche con accordi, lettere, contratti d’uso o di comodato tra la società e il socio, che regolano l’utilizzo esclusi-vamente aziendale del bene. Questi documenti possono prevedere che quest’ultimo, ad esem-pio l’auto, debba essere riconsegnata all’impre-sa, al termine di ogni giornata lavorativa.Si è esonerati dalla comunicazione del prossimo 2 aprile, solo se l’utilizzo non personale, ma solo aziendale, sussiste dal 1° gennaio 2011. È consigliabile, quindi, che il documento che regola l’utilizzo del bene, per motivi esclusiva-mente aziendali, abbia data certa precedente al 1° gennaio 2011. Prima di questa data, quindi, l’accordo doveva essere registrato presso l’Uffi-cio di Registro o quanto meno timbrato presso un Ufficio Postale.

CONCORDATO PREVENTIVO OMOGABILE SE C’E’ VERSAMENTO INTEGRALE DELL’IVAIn materia di concordato preventivo è stata introdotta la precisazione secondo la quale con riguardo all’IVA, e anche alle ritenute previden-ziali effettuate e non versate non è possibile pervenire a formulare una proposta di concor-dato preventivo se non sono integralmente pagate, precludendo così la possibilità che venga proposto uno stralcio come è avvenuto in qualche caso fino ad oggi.

FATTURAZIONE ELETTRONICAEntro il 31 dicembre 2012, gli Stati membri U.E. dovranno adottare le discipline interne di recepimento della Direttiva 2010/45, con cui sono state dettate modifiche alla disciplina I.V.A. dirette a raggiungere una completa parificazio-ne tra fattura cartacea e fattura elettronica.Dal 1° gennaio 2013, le nuove disposizioni diverranno operative.

Stefano BalleriniDottore Commercialista

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Page 40: Notizie Nostre - N. 222 Dicembre 2011

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Page 41: Notizie Nostre - N. 222 Dicembre 2011

NotizieNostre DICEMBRE201140

MOSTRE

DI Giulia Ballerini

Venerdì 16 dicem-bre, nella sede di «Libri di Toscana» (adiacente alla Re-

dazione di “Metropoli” - via Buozzi 20, Campi Bisenzio, Firenze), Carlo e Gabriele Niccolai hanno presentato la mostra “Leonardo da Vinci: una passione e i suoi segreti”, composta da sette modelli di cui alcuni di costruzione ine-dita. L’iniziativa di Libri di Toscana è stata organizzata grazie alla collaborazione con il celebre Museo delle “Mac-chine di Leonardo da Vinci” in via Cavour a Firenze, con il patrocinio del Comune di Campi Bisenzio e della CNA Firenze - Area della Piana.Le macchine, ricostruite con attenta osservazione dei co-dici, rivelano dei segreti che solo attraverso lo studio e l’assemblamento manuale dei componenti meccanici si potevano notare. Lo studio è stato eseguito anche grazie a moderne tecnologie virtuali e ai lavori dell’architetto Mir-ko Marini che hanno aiutato la ricerca, spesso complessa, di elementi meccanici.Alcuni dei modelli sono in-terattivi, facilitando così un facile apprendimento mec-canico dei modelli vinciani a un pubblico di tutte le età.Le macchine esposte a Campi Bisenzio sono la vite aerea, la trivella per forare marmi, il robot tamburellatore, la catapulta, doppi ingranag-gi meccanici, la macchina di Erodoto e la gru girevole usata da Filippo Brunelleschi per la costruzione della cu-

pola del Duomo di Firenze.L’incredibile Collezione Nic-colai nasce da una passione giovanile di Carlo Niccolai per la meccanica il quale, frequentando la scuola Le-onardo da Vinci di Firenze, ha avuto occasione di restau-rare, assieme ai professori responsabili, la collezione interna di macchine vin-ciane. Da allora, anno dopo anno, modello dopo modello è nata la più grande collezio-ne (PRIVATA) di macchine di Leonardo da Vinci a livello mondiale. Nel corso degli anni la Collezione è cresciuta così tanto da superare i vari musei del mondo, fino ad arrivare a più di 170 modelli costruiti singolarmente, uti-lizzando materiali dell’epo-ca: legno, metallo, corde e stoffe. E tante scoperte ine-dite che solo con la prova pratica e meccanica possono essere verificate. Carlo Nic-colai, seguendo le tradizioni dell’artigiano fiorentino, ha trasmesso la passione ai fi-gli e ai nipoti, i quali, grazie anche alla conoscenza delle nuove tecnologie, hanno po-tuto ampliare la collezione e

realizzare oltre cento esposi-zioni in tutto il mondo negli ultimi dieci anni. La fedele ricostruzione dei modelli è stata apprezzata dal profes-sor Carlo Pedretti, Direttore del Centro “Armand Ham-mer” di Studi su Leonardo presso L’università della California a Los Angeles e della sua Sede Europea pres-so l’Università di Urbino. Il supporto culturale del Pro-fessor Pedretti nella colla-borazione in questi anni è stato prezioso per il riconoscimento internaziona-le e il perfe-zionamento dei modelli r iprodotti . Negli ulti-mi anni si è af f iancato allo studio di ricerca una vera e propria equipe for-mata da studiosi s t o r i c i , ingegne-ri, architet-ti e artigiani,

che hanno contribuito a per-fezionare la ricerca storica e quella scientifica.

16 dicembre 201130 gennaio 2012Libri di Toscana, Via Buozzi 20 Campi Bisenzio (FI)Orari di aperturadella mostra:tutti i pomeriggidalle ore 16.30 alle ore 19.30sabato mattinadalle 10.30 alle 12.30La mostra sarà visitabileanche in occasionedi eventi.Info: Redazione Metropolitel. 055 8970509http://leonardodavincithese-crets.blogspot.com/www.macchinedileonardo.comwww.niccolaiteknoart.com

LEONARDO DA VINCI A CAMPI BISENZIO Una mostra sulle macchine del grande Genioricostruisce i modelli delle sue invenzioni

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