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NOTIZIE 52 Fondantico E terminata il 14 giugno 2009 presso la Galleria Fondantico di Tiziana Sassoli a Bologna, la mostra antologica Coriolano Vighi, la quale si inserisce nel ciclo delle mostre prevalentemente culturali della galle- ria, anche come riconoscimento, nello speci- fico, a questo paesaggista che ha dato molto alla città di Bologna. E’ disponibile un cata- logo, curato da Eugenio Riccomini, con sche- de di Gianarturo Borsari, e note biografiche di Nicoletta Barberini, dove sono state pub- blicate circa 80 opere. Questa mostra, la prima dedicata a Vighi, ha contribuito ad arricchire in maniera scien- tifica gli studi su questo autore apprezzato in Italia e all’estero nel periodo a cavallo dei due secoli. I dipinti esposti conducevano il visitatore in un viaggio attraverso i paesaggi scelti o immaginati dal pittore per raccontare qualcosa di sé, della propria vita e del suo percorso artistico. Uno sguardo che ci porta ad osservare insieme a lui i territori e gli sce- nari preferiti, tra i quali il mare, che divente- rà quello più amato, sino a renderlo nella sua maturità artistica uno dei più abili pittori di marine, molto apprezzate da quella borghe- sia nascente che sta scoprendo ‘la villeggia- tura al mare’. La pittura paesista di Vighi ha saputo amalgamare con grande maestria il senso poetico e sognante della vita con il culto naturalistico del vero, e il gusto tardo roman- tico, filo conduttore del suo impegno artisti- co, è l’elemento maggiormente fruibile dalle opere della mostra. Scorci fluviali, di campa- gna e scenografie marine, dipinti con grande destrezza e attualità, sono protagonisti asso- luti della mostra, a testimoniare la grande abilità di Vighi di dipingere posti anche solo immaginati, sfruttando la memoria visiva di tutto quello che aveva visto negli anni, nelle riproduzioni di dipinti altrui, soprattutto tedeschi e anche nelle fotografie; traducendo poi la sua opera sulla tela in maniera assolu- tamente naturalistica. E’ noto un aneddoto nel quale si narra che un giorno, a causa del suo accanimento su paesaggi inesistenti, viene portato dai col- leghi a ritrarre finalmente dal vero, durante una gita a Monte Donato nei pressi di Bologna, una parte dei tipici calanchi colli- nari, ed al momento di esporre ognuno il proprio lavoro Vighi mostra una splendida marina. L’aveva dipinta ad occhi chiusi, senza neppure dare un’occhiata a ciò che aveva davanti. La sua formidabile memoria visiva lo sostiene a tal punto che, la genuina e sentita sostanza del ‘vero’ non è contin- gente della sua apparenza, bensì nell’esem- pio liberamente creativo del naturale. Oggi questa mostra alla Galleria Fondantico dedicata a Vighi, in collaborazio- ne con l’Associazione “Bologna per le Arti”, ha restituito nuovo vigore all’attività di que- sto artista, soprattutto per la modernità e la passione con cui ha dipinto la natura nei suoi variegati aspetti. “Coriolano Vighi (Firenze, 1852- Bologna, 1905)”, Fondantico di Tiziana Sassoli, Bologna, Via Castiglione 12 b, dal 14 maggio al 14 giugno 2009; tel e fax 051 265980, [email protected]; www.selart.com/fondantico. Guidi Bruscoli Fabrizio Guidi Bruscoli ha curato il restauro di un tabernacolo del XVIII secolo che racchiude uno stucco precedente raffi- gurante la Madonna del Solletico, sull’angolo di via del Porcellana con Borgognissanti a Firenze. Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella Libero Andreotti, Antonio Maraini, Romano Dazzi. Gli anni di Dedalo – la mostra che fino al 30 giugno era ospitata presso la Galleria Francesca Antonacci - offriva l’opportunità di far rivivere l’appassionato dibattito culturale e artistico di cui fu animatore instancabile, arbitro e, spesse volte, tiranno Ugo Ojetti dalle pagine di Dedalo, la rivista da lui fondata e diretta tra il giugno 1920 e il giugno 1933. Tra loro molto diversi, gli scultori Andreotti e Maraini e il disegnatore Romano Dazzi sono infatti accomunati dall’essere stati sostenuti e colle- zionati dal potente critico. Dei tre, nessuno proviene da un percorso di formazione di tipo accademico. Tra loro la figura di Ugo Ojetti, nato a Roma nel 1871, narratore, gior- nalista, critico d’arte. Ojetti è un convinto sostenitore della necessità di rinnovare l’arte italiana guardan- do al modello della sua grande tradizione. Nel giugno del 1920 pubblica il primo nume- ro di Dedalo, tribuna letteraria di quelle sue teorie così prossime al concetto di “ritorno al mestiere” che a Roma andava in quegli anni elaborando il gruppo di artisti e intellettuali vicini a Valori Plastici, la rivista di Mario Broglio. La sua soluzione autarchica al pro- blema dello svecchiamento dell’arte italiana, fondata sulla supposta supremazia della nostra civiltà rinascimentale, lo pone però anche in linea con le pulsioni nazionaliste del fascismo di Benito Mussolini, che di lì a poco prende il potere. Ojetti diventa in breve uno degli uomini di punta del nuovo regime, onnipresente nelle commissioni di ammissio- ne alle mostre e ai concorsi più importanti, dei quali è in grado di orientare le scelte. Godere della stima e della protezione di Ojetti significa per un artista entrare nel cono di luce che circonda l’arbitro riconosciuto della cultura del tempo: un onore immenso che può però rivelarsi anche un pesantissimo onere. Le opere in mostra documentavano lar- gamente il modo in cui ciascuno dei tre arti- sti reagisce alla fortissima volontà del critico di orientarne le scelte artistiche e, sotto gli occhi del visitatore, prende forma il raccon- to di quattro destini che si intrecciano con sviluppi non sempre prevedibili. LIBERO ANDREOTTI (Pescia 1875 - Firenze 1933) Di modesta estrazione sociale, il toscano Libero Andreotti è un perfetto autodidatta, un talento naturale che scopre la vocazione per la scultura intorno ai trent’anni. Una pas- sione affinata a Parigi, la città che gli decre- ta il successo e dalla quale è costretto ad allontanarsi nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Al suo rientro in patria, Ugo Ojetti è tra i primi ad appassio- narsi al suo lavoro che predilige soggetti femminili dalle forme asciutte e stilizzate. Per volontà del critico, tra i due si instaura un rapporto strettissimo, in cui il Padreterno del Salviatino” dispensa protezione cercando però di influenzare il percorso dell’artista. In particolare, Ojetti tradisce la vena intima e familiare di Andreotti deviandolo verso la scultura monumentale. Chi oggi vede quel pallido esempio della statuaria andreottiana che è il marmoreo Monumento alla Madre Italiana eretto in Santa Croce a Firenze com- prende facilmente il dramma dell’artista, penosamente combattuto tra il desiderio di non deludere le aspettative e le “istruzioni” di Ojetti e l’esigenza di proseguire la sua ricerca verso una scultura sempre più sem- plificata, dalle superfici aspre e corrose, un percorso che lo porta in una direzione lonta- nissima da quella ostinatamente indicata dal suo protettore. La rottura si consuma quando Andreotti, sempre meno entusiasta delle pre- stigiose commissioni procurate dal critico, viene sollevato dall’incarico per la realizza- zione del Monumento ai Caduti di Milano. ANTONIO MARAINI (Roma 1886 - Firenze 1965) Di natura tutta diversa il rapporto tra Ojetti e Antonio Maraini, apprezzato scultore ma anche critico d’arte e animatore, nella sua villa fiorentina di Torre di Sopra, di un famo- so salotto letterario. Maraini è bello, raffina- to, coltissimo, un uomo predisposto al suc- cesso, che infatti arriva in fretta e ne fa uno dei personaggi di spicco del regime, anche più potente di Ojetti. A lui si deve la trasfor- mazione in Ente Autonomo della Biennale di Venezia, di cui è segretario generale dal 1927 al 1942. Ojetti lo ammira, ma anche in que- sto caso si arriva allo scontro, di natura però politica, una polemica che Ojetti fa rientrare quando si rende conto che una prova di Le notizie della Gazzetta Coriolano Vighi, Solitudine

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E terminata il 14 giugno 2009 presso laGalleria Fondantico di Tiziana Sassoli aBologna, la mostra antologica CoriolanoVighi, la quale si inserisce nel ciclo dellemostre prevalentemente culturali della galle-ria, anche come riconoscimento, nello speci-fico, a questo paesaggista che ha dato moltoalla città di Bologna. E’ disponibile un cata-logo, curato da Eugenio Riccomini, con sche-de di Gianarturo Borsari, e note biografichedi Nicoletta Barberini, dove sono state pub-blicate circa 80 opere.

Questa mostra, la prima dedicata a Vighi,ha contribuito ad arricchire in maniera scien-tifica gli studi su questo autore apprezzato inItalia e all’estero nel periodo a cavallo deidue secoli. I dipinti esposti conducevano ilvisitatore in un viaggio attraverso i paesaggiscelti o immaginati dal pittore per raccontarequalcosa di sé, della propria vita e del suopercorso artistico. Uno sguardo che ci portaad osservare insieme a lui i territori e gli sce-nari preferiti, tra i quali il mare, che divente-rà quello più amato, sino a renderlo nella suamaturità artistica uno dei più abili pittori dimarine, molto apprezzate da quella borghe-sia nascente che sta scoprendo ‘la villeggia-tura al mare’.

La pittura paesista di Vighi ha saputoamalgamare con grande maestria il sensopoetico e sognante della vita con il cultonaturalistico del vero, e il gusto tardo roman-tico, filo conduttore del suo impegno artisti-co, è l’elemento maggiormente fruibile dalleopere della mostra. Scorci fluviali, di campa-gna e scenografie marine, dipinti con grandedestrezza e attualità, sono protagonisti asso-luti della mostra, a testimoniare la grandeabilità di Vighi di dipingere posti anche soloimmaginati, sfruttando la memoria visiva ditutto quello che aveva visto negli anni, nelleriproduzioni di dipinti altrui, soprattuttotedeschi e anche nelle fotografie; traducendopoi la sua opera sulla tela in maniera assolu-tamente naturalistica.

E’ noto un aneddoto nel quale si narrache un giorno, a causa del suo accanimentosu paesaggi inesistenti, viene portato dai col-leghi a ritrarre finalmente dal vero, duranteuna gita a Monte Donato nei pressi diBologna, una parte dei tipici calanchi colli-nari, ed al momento di esporre ognuno ilproprio lavoro Vighi mostra una splendidamarina. L’aveva dipinta ad occhi chiusi,

senza neppure dare un’occhiata a ciò cheaveva davanti. La sua formidabile memoriavisiva lo sostiene a tal punto che, la genuinae sentita sostanza del ‘vero’ non è contin-gente della sua apparenza, bensì nell’esem-pio liberamente creativo del naturale.

Oggi questa mostra alla GalleriaFondantico dedicata a Vighi, in collaborazio-ne con l’Associazione “Bologna per le Arti”,ha restituito nuovo vigore all’attività di que-sto artista, soprattutto per la modernità e lapassione con cui ha dipinto la natura neisuoi variegati aspetti.

“Coriolano Vighi (Firenze, 1852- Bologna,1905)”, Fondantico di Tiziana Sassoli,Bologna, Via Castiglione 12 b, dal 14 maggio al14 giugno 2009; tel e fax 051 265980,[email protected]; www.selart.com/fondantico.

Guidi Bruscoli

Fabrizio Guidi Bruscoli ha curato ilrestauro di un tabernacolo del XVIII secoloche racchiude uno stucco precedente raffi-gurante la Madonna del Solletico, sull’angolodi via del Porcellana con Borgognissanti aFirenze.

Francesca Antonaccie Damiano Lapiccirella

Libero Andreotti, Antonio Maraini,Romano Dazzi. Gli anni di Dedalo – lamostra che fino al 30 giugno era ospitatapresso la Galleria Francesca Antonacci -offriva l’opportunità di far riviverel’appassionato dibattito culturale e artisticodi cui fu animatore instancabile, arbitro e,spesse volte, tiranno Ugo Ojetti dalle paginedi Dedalo, la rivista da lui fondata e direttatra il giugno 1920 e il giugno 1933. Tra loromolto diversi, gli scultori Andreotti e Marainie il disegnatore Romano Dazzi sono infattiaccomunati dall’essere stati sostenuti e colle-zionati dal potente critico. Dei tre, nessunoproviene da un percorso di formazione ditipo accademico. Tra loro la figura di UgoOjetti, nato a Roma nel 1871, narratore, gior-nalista, critico d’arte.

Ojetti è un convinto sostenitore dellanecessità di rinnovare l’arte italiana guardan-do al modello della sua grande tradizione.Nel giugno del 1920 pubblica il primo nume-ro di Dedalo, tribuna letteraria di quelle sueteorie così prossime al concetto di “ritorno almestiere” che a Roma andava in quegli annielaborando il gruppo di artisti e intellettualivicini a Valori Plastici, la rivista di MarioBroglio. La sua soluzione autarchica al pro-blema dello svecchiamento dell’arte italiana,fondata sulla supposta supremazia dellanostra civiltà rinascimentale, lo pone peròanche in linea con le pulsioni nazionalistedel fascismo di Benito Mussolini, che di lì apoco prende il potere. Ojetti diventa in breve

uno degli uomini di punta del nuovo regime,onnipresente nelle commissioni di ammissio-ne alle mostre e ai concorsi più importanti,dei quali è in grado di orientare le scelte.

Godere della stima e della protezione diOjetti significa per un artista entrare nel conodi luce che circonda l’arbitro riconosciutodella cultura del tempo: un onore immensoche può però rivelarsi anche un pesantissimoonere.

Le opere in mostra documentavano lar-gamente il modo in cui ciascuno dei tre arti-sti reagisce alla fortissima volontà del criticodi orientarne le scelte artistiche e, sotto gliocchi del visitatore, prende forma il raccon-to di quattro destini che si intrecciano consviluppi non sempre prevedibili.LIBERO ANDREOTTI(Pescia 1875 - Firenze 1933)

Di modesta estrazione sociale, il toscanoLibero Andreotti è un perfetto autodidatta,un talento naturale che scopre la vocazioneper la scultura intorno ai trent’anni. Una pas-sione affinata a Parigi, la città che gli decre-ta il successo e dalla quale è costretto adallontanarsi nel 1914, allo scoppio dellaPrima Guerra Mondiale. Al suo rientro inpatria, Ugo Ojetti è tra i primi ad appassio-narsi al suo lavoro che predilige soggettifemminili dalle forme asciutte e stilizzate. Pervolontà del critico, tra i due si instaura unrapporto strettissimo, in cui il “Padreternodel Salviatino” dispensa protezione cercandoperò di influenzare il percorso dell’artista. Inparticolare, Ojetti tradisce la vena intima efamiliare di Andreotti deviandolo verso lascultura monumentale. Chi oggi vede quelpallido esempio della statuaria andreottianache è il marmoreo Monumento alla MadreItaliana eretto in Santa Croce a Firenze com-prende facilmente il dramma dell’artista,penosamente combattuto tra il desiderio dinon deludere le aspettative e le “istruzioni”di Ojetti e l’esigenza di proseguire la suaricerca verso una scultura sempre più sem-plificata, dalle superfici aspre e corrose, unpercorso che lo porta in una direzione lonta-nissima da quella ostinatamente indicata dalsuo protettore. La rottura si consuma quandoAndreotti, sempre meno entusiasta delle pre-stigiose commissioni procurate dal critico,viene sollevato dall’incarico per la realizza-zione del Monumento ai Caduti di Milano.ANTONIO MARAINI(Roma 1886 - Firenze 1965)

Di natura tutta diversa il rapporto traOjetti e Antonio Maraini, apprezzato scultorema anche critico d’arte e animatore, nella suavilla fiorentina di Torre di Sopra, di un famo-so salotto letterario. Maraini è bello, raffina-to, coltissimo, un uomo predisposto al suc-cesso, che infatti arriva in fretta e ne fa unodei personaggi di spicco del regime, anchepiù potente di Ojetti. A lui si deve la trasfor-mazione in Ente Autonomo della Biennale diVenezia, di cui è segretario generale dal 1927al 1942. Ojetti lo ammira, ma anche in que-sto caso si arriva allo scontro, di natura peròpolitica, una polemica che Ojetti fa rientrarequando si rende conto che una prova di

Le notizie della Gazzetta

Coriolano Vighi, Solitudine

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forza con quell’astro al culmine della carrie-ra lo troverebbe perdente.

Le opere in mostra testimoniavano il feli-ce gemellaggio tra le architetture progettateda Marcello Piacentini e la scultura diAntonio Maraini, artista di talento e patriarcadi una famiglia ancora oggi protagonistadella vita intellettuale italiana grazie ai nomidelle nipoti Dacia e Toni Maraini. ROMANO DAZZI(Roma 1905 - La Lima 1976)

La vicenda artistica e umana di RomanoDazzi - presente in mostra con una corposaselezione di disegni per lo più provenientidalla collezione privata di Ojetti - meritereb-be un lungo racconto.

Nei primi anni della vita Romano, figlio diArturo Dazzi, è un acclamato enfant prodige.Ed anche un giovane bellissimo, dal tempera-mento appassionato, tutto irruenza, senso del-l’avventura e entusiasmo per la vita. Nel 1919,la Galleria d’Arte Bragaglia, una delle più viva-ci della capitale, presenta un’esposizione dicentoquaranta disegni dell’artista, all’epocaquattordicenne. Firma il saggio in catalogoUgo Ojetti, uno dei tanti illustri amici di fami-glia. Il successo della rassegna è sorprenden-te: per l’artista-ragazzino si mobilitano i criticipiù autorevoli che vedono in lui l’emblema diuna nuova generazione maturata anzitempodall’esperienza della guerra.

Scene di combattimento sono d’altronde isoggetti favoriti dal giovane Dazzi, insieme acerti straordinari ritratti di animali selvaggivisti, in realtà, al giardino zoologico. Lo stileaggressivo, il segno velocissimo, l’interesseper la rappresentazione del movimento crea-no un effetto quasi cinematografico.

Intorno al prodigioso talento del ragazzo,Ojetti elabora un progetto: applicare su di luile sue teorie per farne l’artista perfetto. Valea dire un uomo d’ordine, la cui principaledote sia la capacità di comunicare un conte-nuto con chiarezza, imparando a governarel’esuberanza della propria creatività con laforza ordinatrice dello stile. Il ferreo, quoti-diano controllo esercitato dal critico sembraall’inizio avere la meglio sull’irruenza della

sua creatura. Romano si impegna, cerca unadocilità che non possiede, ma la forza deisuoi sogni è destinata a travolgere la medita-ta utopia pedagogica del maestro.

Il pretesto per sganciarsi da quella pesan-te tutela glielo offre, nel 1923, l’invito delgoverno a documentare, con una campagnadi disegni, la spedizione militare italiana inLibia al seguito del maresciallo Graziani. Imesi trascorsi nel deserto lasciano nel suoanimo un segno indelebile. La qualità dellavoro scaturito da quell’esperienza è straor-dinaria, ma non sempre in linea con le indi-cazioni di Ojetti. Il rapporto tra i due stachiaramente volgendo all’epilogo: una rottu-ra amara vissuta dal critico con risentimento.

L’artista ritorna ai motivi peculiari dellasua ispirazione: la resa del movimento, ilnon finito, l’idealizzazione delle forme. Unalinea destinata in Italia a subire una pesantesconfitta. Trionfa invece l’indirizzo teorizzatodal suo pigmalione di un tempo. A Romano,sempre più isolato, resta la consolazione del-l’entusiasmo che gli ambienti americani inItalia riservano al vitalismo (così ‘americano’,appunto) della sua opera.

La mostra presentava:1) tre sculture in bronzo e otto disegni di

Libero Andreotti.Tra le sculture si evidenziavano la

Veneretta del 1916, che risulta a tutti glieffetti un inedito, e la Donna che fugge del1920, un pezzo della personale collezione diOjetti in cui sono evidenti i primi indizi diquel percorso di semplificazione delle formeche porterà al progressivo distacco diAndreotti dal critico.

2) Quattro sculture e sei disegni diAntonio Maraini.

Tra le sculture si segnala L’artista che siappunta la maschera (1922), modello ingesso di una delle tre statue che un tempoornavano il boccascena del Teatro Savoia diFirenze realizzato su progetto di Piacentini.Imponenti i due grandi gessi Amor e Salus del1930. Si tratta dei modelli in gesso a grandez-za naturale di due delle otto figure a bassori-lievo che ornavano il portale del Palazzo dellaCassa Nazionale delle Assicurazioni, realizza-to a Milano nel 1931 su progetto di Piacentinie oggi sede dell’INPS.

3) Una selezione di ventisei disegni diRomano Dazzi in larga parte appartenuti allacollezione privata di Ojetti.

Catalogo a cura di Giovanna Caterina DeFeo e Francesca Antonacci

“Libero Andreotti, Antonio Maraini,Romano Dazzi. Gli anni di Dedalo”, mostraa cura di Francesca Antonacci e DamianoLapiccirella, Galleria Francesca Antonacci,Roma, via Margutta 54; dal 14 maggio al 30giugno 2009. Per informazioni: tel. 0645433036 - 06 45433054;e-mail: [email protected].

Galleria Paolo Antonacci

Dal 14 al 30 di maggio 2009 si è tenutanella galleria di Paolo Antonacci di via delBabuino 141a una mostra dedicata al pittoreAlessandro Poma (1874 – 1960).

A questo artista raffinato ed eclettico ilComune di Roma ha dedicato una retrospet-tiva negli spazi dell’Aranciera di VillaBorghese (giugno-settembre 2007) con gransuccesso di pubblico e di critica e nell’estatedel 2007 una sua mostra è stata allestita aPiano di Sorrento.

Questa di Paolo Antonacci è stata unanuova occasione per ammirare le opere diquesto raffinato artista che per molti anni sog-giornò proprio nella “Casina di Raffaello” nellaVilla Borghese da lui tanto amata e ritratta.

Nella mostra c’erano pastelli, olii, carte,molti dei quali mai esposti prima d’ora, pro-venienti dalle raccolte private degli eredidell’artista. Era anche presentato per la primavolta al pubblico uno straordinario dipinto,insieme ai suoi disegni preparatori, raffigu-rante un Festone sorretto da putti commissio-nato a Poma dall’amico e maestro GiulioAristide Sartorio, del quale è conservata unalettera autografa della commissione per laSala del Lazio alla V Esposizione di Venezia.

Un po’ tutta la sua produzione è statarappresentata: dai luminosi pastelli di VillaBorghese agli studi di “genziane”, dallevedute della costa sorrentina a quelle dimontagna di Courmayeur, due località dovel’artista ha soggiornato a lungo; insieme adalcuni “studi di cigni”, che molto lo avvici-nano all’arte di Duilio Cambellotti.

Arte e storia si intrecciano nella pittura diAlessandro Poma, nella misurata e dinamicaricerca dei tagli compositivi, nella sensibilitàemotiva del colore, nell’uso vibrante della

Libero Andreotti, La Fortuna

Alessandro Poma, La Casina dell’orologio a piazza di Siena

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luce, del pigmento e nel loro utilizzo, orasobrio ora ricco, fino a raggiungere momen-ti di lirica intensità. Poma è un qualificatorappresentante della pittura italiana primadell’avventura futurista, in sintonia di ispira-zione con Giacomo Balla e con tutti quegliartisti che nella finezza della visione e nelsuggestivo uso post-impressionista della lucedenunciarono l’esistenza dell’anima nellecose del mondo.

Alessandro Poma nacque a Biella nel1874, completò gli studi classici a Torino e fre-quentò poi la Facoltà di Giurisprudenza.Diede corso alla sua vocazione di artista nel-l’ambiente piemontese, dominato dalle figuredi spicco di Fontanesi, Delleani, Avondo eReycend. Si trasferì ben presto a Roma nellaprivilegiata residenza della “Casina diRaffaello” a Villa Borghese su invito del prin-cipe Giulio Borghese nel 1898. Dal 1901 feceparte dell’entourage di Giulio Aristide Sartorioed ebbe frequenti contatti con il mondo arti-stico romano coevo. Dipinse soprattutto pae-saggi, in buona parte ispirati a villa Borghese,ma trattò anche i temi di figura, di ritratto, dianimali. Un suo dipinto, Viale a VillaBorghese, fu acquistato dal re VittorioEmanuele III nel 1905; in mostra, oltre a varidocumenti inediti, era esposta la lettera apenna che conferma l’acquisto del quadro.

Partecipò ad importanti esposizioni aRoma, Torino, Milano e Venezia. Smise diesporre nel 1910 pur continuando a lavorarein solitudine, convinto che per poter meglioesprimere il proprio talento, del cui valoreera profondamente consapevole, dovevauscire dai circuiti artistici dell’epoca. La suacostante operosità, sempre rivolta alla ricer-ca coloristica, non si è mai acquietata nelmestiere né ha ceduto alla maniera e lo hasempre sorretto nello schivo e sdegnoso iso-lamento degli ultimi decenni della sua lungavita, fino alla morte avvenuta nel 1960 aCourmayeur.

“Alessandro Poma (187–1960)”, GalleriaPaolo Antonacci, Roma, via del Babuino 141/a,dal 14 al 30 maggio 2009. Per informazioni:tel. 06 32651679; [email protected],www.paoloantonacci.com.

Goffi Carboni

La Goffi Carboni Antiquariato, specializza-ta in arte antica cinese e giapponese, dopouna serie di esposizioni dedicate all’Oriente ealla grafica europea antica (stampe e dise-gni), ha presentato, dal 21 aprile al 16 mag-gio, nella sua galleria in via Margutta 9 aRoma, una mostra di fotografie dell’Ottocentoe primo Novecento provenienti dalle Col-lezioni Simonetti.

Le settanta immagini proposte riguardanosoprattutto personaggi ed eventi del passato,offrendocene una visione in parte inedita.Accanto ai ritratti di Garibaldi, di EleonoraDuse o di Louis Pasteur (per opera di Nadar,uno dei pionieri della fotografia), ci sono letestimonianze di eventi come l’esposizionedelle opere dei Venticinque della CampagnaRomana, alla presenza degli artisti, perl’assegnazione del premio del 1922, lacostruzione del bagno penale diCivitavecchia del 1865 o per una delle primeedizioni della corsa delle Mille Miglia allafine degli anni Venti.

Una parte consistente della mostra eraoccupata da immagini di persone in masche-ra, che dimostrano come fosse grande il pia-cere per il travestimento, in un’epoca in cuil’abito era strettamente codificato. Tra questetroviamo il pittore e antiquario AttilioSimonetti, mio trisavolo, raffigurato nel 1880negli abiti seicenteschi del Gran Conestabiledel Principe di Corcumello, una serie di foto-grafie del Carnevale Romano del 1897 e alcu-ni tableau vivant (quadri plastici) a soggettostorico datati 1912. Poi ci sono curiosità comeuna veduta di Piazza di Spagna a Roma conun’affettuosa dedica dell’autore Mario Rutelliad una mia antenata e una fotografia acque-rellata, opera del pittore spagnolo TomasMoragas y Torras, firmata e datata 1874.

La mostra ci ha restituito l’immagine di unperiodo storico che ci appare meno austerodi quello che potremmo pensare, in cui,accanto alle celebrazioni e all’ufficialità, com-pare spesso uno spirito scherzoso e goliardi-co. E documenta il passato della nostra fami-glia di antiquari e artisti romani, che vantauna tradizione di quasi duecento anni.

Mostra a cura dell’Arch. Giovanni Carboni

“Fotografie dell’Ottocento e Primo Novecen-to”, Goffi Carboni Antiquariato, via Margutta 9,Roma; dal 21 aprile al 16 maggio 2009. Perinformazioni; tel. e fax 06 3227184,[email protected], www.gofficarboni.com.

La Camera dei Deputati apre leporte al convegno su tecnologiae patrimonio culturale

Francesco Sensi, Consigliere dell’AAI enostro delegato presso la Cinoa, ha parteci-pato ad un convegno tenutosi a Roma, mar-tedì 5 maggio 2009 dal titolo Il ruolo della tec-nologia nella salvaguardia e valorizzazionedel patrimonio storico artistico italiano.

Sono intervenuti nella discussione fra glialtri il Ministro Sandro Bondi, i ProfessoriClaudio Strinati e Antonio Paolucci, ilGenerale Giovanni Nistri, il GeneraleRoberto Conforti e Sara Penco, restauratricee ideatrice del “Metodo Penco”.

Francesco Sensi è brillantemente interve-nuto sviluppando il tema Sistemi digitalizza-

ti per l’arte: le problematiche degli antiquaritra cultura e mercato, tra passato e presente.L’intervento è stato accolto con molto inte-resse da parte del numeroso e qualificatopubblico.

“Il ruolo della tecnologia nella salvaguar-dia e valorizzazione del patrimonio storicoartistico italiano”, convegno a Roma,Camera dei Deputati, Sala delle Colonne diPalazzo Marini, 5 maggio 2009.

Carlo Virgilio

Ancora una volta, rispettando la scadenzabiennale, è tornata a Roma, nello spazio divia della Lupa 10, fino al 12 giugno 2009, lamostra dal titolo: Quadreria 2009. Dalla biz-zarria al canone: dipinti tra Seicento eOttocento.

Si trattava di una raccolta composita dicirca quaranta dipinti, tutti legati assieme dalfilo sottile della qualità e della rarità e che,tra la fine del XVII secolo con un Erode nelgusto dell’Arcimboldo fino alle Tigri inagguato di G.A.Sartorio, documentano circatre secoli di bella pittura, dall’estrosità baroc-ca ai canoni rappresentativi neoclassici eromantici.

Anche se in qualche caso realizzati fuorid’Italia, come un ritratto femminile del fran-cese J.B. Soyer, il bozzetto di G. Bouchet perl’Augusto e Cinna conservato a Versailles, la

Bambina con vaso, Nord Africa, 1870 circa

Aleksandr Andreevič Ivanov, attribuito a,Ritratto di uomo barbuto

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ricostruzione ideale del Tempio di Aphaia aEgina con il famoso frontone restaurato aRoma da B. Thorvaldsen per Ludovico diBaviera di J. Lang, i numerosi dipinti stranie-ri presentati testimoniano il prolungato efecondo rapporto degli artisti esteri conl’Italia e la sua tradizione. È il casodell’Alcibiade del precursore neoclassicoJ.de Parme (1774), del Ritratto di fanciullocon il cerchio di J. Sablet (1798), o dell’ana-creontico Amore con Bacco e Batillo dell’al-lievo di Mengs F. Rehberg, eseguito a Romanel 1795 o del Ritratto virile del grande russoA.A. Ivanov (1856).

Tra i pittori italiani, le opere in mostraerano in grado di illustrare in termini rap-presentativi i diversi generi della pittura traSette e Ottocento, da quella “ideale” e stori-ca – le grandi tempere neoclassiche di G.B.Dell’Era (Trionfo antico e Naumachia), leParche di F. Giani, la Medea di P. Benvenuti,i pendant con Gesù al Tempio del napoleta-no P. Albertis, o i romantici Martiri cristianidi D. Morelli, Otello di P.M. Molmenti eMichelangelo di A.M. Gilli – alla scenografiateatrale (A. Sanquirico per le Vestali, 1818,alla Scala), al “genere” (Visita all’eremo delrarissimo messinese L. Subba), a quella ani-malistica (il Lupo del pittore di corte par-mense G. Baldrighi), al ritratto. In quest’ulti-mo campo è il capolavoro di M. De Boni,maestro di pittura di Canova, il Ritratto delprincipe Abbondio Rezzonico, senatore diRoma. Alcune vedute erano invece esposte adocumentare il passaggio dal paesaggio clas-sico alla pittura dal vero (A. Nava, Veduta diVilla Cagnola a Inverigo). Appartiene all’in-consueta categoria del dipinto “di traduzio-ne” il Monumento Barbarigo, smembrato aVenezia in età napoleonica, rappresentato daG. Borsato.

Tra le opere eseguite a Roma un prezio-so nucleo di bozzetti, di V. Camuccini(Nozze di Amore e Psiche), F. Podesti (Baccoe Arianna), F. Coghetti (Alessandro difendeil padre in battaglia) e L. Fioroni (Cleopatrae Marc’Antonio), è legato alle straordinarieimprese decorative avviate dalla famigliaTorlonia nel palazzo di città e presso la Villasulla via Nomentana, le più impegnative delsecolo, confrontabili solo con il mecenati-smo principesco dei secoli precedenti.

Le opere, finora quasi tutte inedite, sonostate pubblicate in un catalogo affidato aspecialisti dei diversi artisti e ambiti e curatoda G. Capitelli, fine specialista dell’Ottocentoromano oltre che docente di pittura fiam-minga e olandese, e che perciò, come da tra-dizione della Galleria, potrà costituire unutile strumento di approfondimento per gliappassionati come per gli studiosi.

“Quadreria 2009. Dalla bizzarria alcanone: dipinti tra Seicento e Ottocento”,Carlo Virgilio Galleria d’Arte, Roma, Viadella Lupa 10. Per informazioni: tel. 066871093; www.carlovirgilio.it.

MOD’A - Mostra Mercatod’Antiquariato

Una proposta controcorrente, che scom-mette ancora sull’antiquariato e sulla possi-bilità che una bella fiera d’antiquariato sia,forse oggi più di ieri, utile a tutti: al pubbli-

co ed agli operatori.La scommessa la lancia la neonata

Associazione Veneta Antiquari e Mercantid’Arte presieduta da Barbara Cesaro che, perl’occasione, ha trovato un partner moltointeressato nella Fiera di Vicenza che mette-rà a disposizione il più centrale e scenogra-fico dei suoi ampi padiglioni. Ad essere ospi-tati saranno una settantina di antiquari., ilmeglio dell’offerta veneta che, nel settore,non è seconda a nessuno; tra i quali alcunidei più qualificati associati AAI: MaurizioBelluco, Barbara Cesaro, Luciano Franchi.

L’antiquariato sembra cancellato dalle rivi-ste di interior design? Sembra non fare piùtendenza? Gli antiquari veneti non ne sonoper nulla convinti e lo affermano sin dal tito-lo della loro proposta: MOD’A che certo staper Mostra Mercato d’Antiquariato ma cheriecheggia, e non è un caso, l’attualità del belmobile o del gran bel quadro.

In controtendenza MOD’A lo è anche per-ché ha deciso di limitare al massimo la filieratra cliente e venditore, annullando ogni inter-mediazione (ed i relativi costi) di agenziespecializzate. Ad organizzare e gestireMOD’A è direttamente, infatti, l’AssociazioneVeneta Antiquari e Mercanti d’Arte, avvalen-dosi solo, a tutela assoluta del cliente, dialcuni “garanti” di qualità, in modo da pro-porre opere sicuramente certificate, cheabbiano superato il vaglio di esperti esterni diqualità riconosciuta.

Precisa anche la scelta di una mostra intel-ligentemente slow: la durata di 9 giorni, com-presi due fine settimana e un ponte, è statavoluta proprio per consentire al visitatore disoffermarsi sulle proposte, ritornarci, riflettere.

Alcune anticipazioni sui contenuti dellamostra tenendo presenti le linee guida che gliaderenti all’Associazione si sono dati, fare diVicenza una vetrina di livello nazionale pro-ponendo il meglio e presentandolo con gusto,cercando di differenziare le tipologie, purall’interno delle singole specializzazioni. Glioggetti privilegiati saranno ovviamente veneti,ciò non esclude una varietà che spazia in tuttigli stili e le epoche; si potranno ammirareargenti, gioielli, tappeti antichi, arredi, dipinti,vetri e oggetti da collezione in genere.

L’obiettivo di MOD’A non è infatti quellodi rivolgersi al solo Nord-Est del Paese ma dimostrare le eccellenze degli antiquari di que-sta parte del Paese (e dei loro ospiti, datoche l’invito è stato esteso ad una ristrettissi-ma selezione di antiquari anche di altreregioni italiane) agli appassionati di tuttal’Italia e dell’area mitteleuropea che possonooggi, grazie al nuovo Passante di Mestre, rag-giungere Vicenza in pochissimo tempo e cheoggi hanno interesse e capacità di spesa.

In un aspetto, MOD’A ha voluto seguirela tradizione: nell’offrire al pubblico anche

una mostra “culturale” che nulla ha a chevedere con il mercato. La scelta, molto giu-stamente, è caduta sulle opere del GrandTour a Venezia e nei territori dellaDominante. La mostra presenterà una spetta-colare sequenza di olii, disegni, acquerellima anche incisioni che avevano la funzionedi trasporre e riproporre in case lontane lamagia di Venezia, dei piccoli centri veneti,delle celebri ville del Palladio. Una magiafatta anche di arredi di raffinata eleganza e digrande fantasiosità, da opere d’arte invidiatenel mondo, di complementi d’arredod’autore. Ovvero da tutto ciò che MOD’Aintende riunire e proporre a Vicenza.

“MOD’A”, Vicenza, Fiera di Vicenza, dal30 ottobre all’ 8 novembre 2009.

Master Paintings Week

Ventuno tra le più importanti gallerie lon-dinesi di dipinti hanno unito le loro forzecon due case d’asta per organizzare unnuovo evento a Londra: Master PaintingsWeek, dal 4 al 10 luglio 2009, che coincidecon le aste di dipinti antichi e con MasterDrawings London. Questo ulteriore eventodeve incoraggiare i collezionisti, i curatori etutti gli appassionati d’arte a raggiungereLondra quest’estate. Ciscun gallerista propo-ne una mostra speciale o un particolareevento nel proprio spazio per attirarel’attenzione sul fatto che anche a Londrapossono essere trovati dipinti di livello eimpareggiabili expertise.

Master Paintings Week è stata ideata eproposta da Konrad Bernheimer di P&DColnaghi & Co, Johnny van Haeften, eJonathan Green della Galleria Richard Greene tutti gli altri galleristi che si sono unitiall’evento sono noti per la loro affermatareputazione internazionale. Johnny vanHaeften ha dichiarato che: “I collezionistispesso non sono a conoscenza della vastaconoscenza, oltre all’assortimento di dipinti,che i galleristi possono loro offrire. Il vec-chio clichè dell’antiquario polveroso e lugu-bre è completamente fuori dal tempo evogliamo che le persone sappiano come noi

Maestro di Borgo alla Collina, Adorazionedei pastori; Moretti Fine Art Ltd

Antonio Diziani, Paesaggio con cacciatori

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siamo in realtà facilmente accessibili. Lamaggior parte delle persone pensa che l’arteantica sia cupa e monotona, ma ritengo chemolti di loro possano restare meravigliati dicome essa riesca ad essere vibrante e affa-scinante. Non c’è nessun’altra città comeLondra che abbia una tale concetrazione diopere d’arte ed expertise”.

Le gallerie che prendono parte all’eventosono: Thos. Agnew & Sons, Verner Amell,Charles Beddington, Simon C. Dickinson,Ben Elwes Fine Art, Fergus Hall, DerekJohns, Matthiesen Gallery, John Mitchell FinePaintings, Moretti Fine Art, Philip Mould,Rafael Valls, Robilant & Voena, MichaelTollemache Fine Art, Trafalgar Galleries,William Thuillier, The Weiss Gallery eWhitfield Fine Art. Anche Christie’s eSotheby’s si sono unite alle ventuno gallerie,gallerie che sono sinonimo di garanzia equalità nel mercato dell’arte, riconoscendol’importanza di questa iniziativa.Diversamente da altri settori quest’area delmercato dell’arte non ha subito negli ultimianni selvagge fluttuazioni di prezzi e le tra-dizionali qualità di rarità e provenienza sonosempre fattori chiave nel determinare il pre-stigio e il valore.

Con un tale elenco di nomi rinomati,Master Paintings Week si preannuncia comeuno degli eventi nel mondo dell’arte piùimportanti di quest’estate offrendo ai visita-tori una incredibile selezione di dipinti, prin-cipalmente europei, databili dal XV al XIXsecolo. Tutte le gallerie si trovano nel verocuore di Londra, tra Mayfair e San James’s, adue passi l’una dall’altra

“Master Paintings Week”, dal 4 al 10 luglio2009. Per informazioni: tel. +44 (0) 1359271085, Fax +44 (0) 1359 271934,[email protected], www.suebond.co.uk.

Les Enluminures a Londra

Da Roma al Rinascimento, una mostra diuna collezione privata di trentacinque anelliche vanno dal 300 al 1600, è stata presentata aLondra dalla galleria parigina Les Enluminuresdal 12 al 22 maggio 2009. La collezione com-prendeva straordinari esempi di anelli delperiodo Merovingio, Bizantino, Medievale eRinascimentale e includeva vari tipi di anelli.

La collezione fu formata oltre vent’annifa da Sandra Hindman, ProfessoressaEmerita di Storia dell’Arte alla NorthwesternUniversity di Chicago e proprietaria di LesEnluminures, una galleria presente a Parigie a Chicago specializzata in manoscrittiminiati e opere d’arte del Medioevo e delRinascimento.

Iniziando da una piccola collezione pri-vata francese, la signora ha raccolto unnucleo omogeneo che rappresenta il culmi-

ne nella storia degli anelli dal periodo anti-co fino al tardo Rinascimento.

Uno degli anelli più antichi è un anellonuziale del primo Cristianesimo, circa 500,del tipo che era popolare nell’impero roma-no e bizantino dal IV al VII secolo.

“Roman to Renaissance: a PrivateCollection of Rings”, Londra, Wartski, 14Grafton Street, dal 12 al 22 maggio 2009.

I Della Robbia ad Arezzo

I Della Robbia. Il dialogo tra le Arti nelRinascimento, una mostra senza precedential Arezzo - curata da Giancarlo Gentilini e daDiletta Fornasari - in cui Luca, Andrea e iloro eredi erano i protagonisti di questostraordinario appuntamento espositivo.

Allestita nelle sale del Museo Stataled’Arte Medievale e Moderna di Arezzo lamostra presentava un affascinante viaggionella variegata produzione artistica della bot-tega robbiana.

L’esposizione si proponeva di illustrarel’affascinante percorso della terracotta inve-triata ‘robbiana’ nel Rinascimento, dallemisteriose motivazioni della geniale “inven-zione” di Luca Della Robbia, alla straordina-ria diffusione di questa “arte nuova, utile ebellissima” nella prolifica attività del nipoteAndrea, dei figli di questi (Giovanni, Luca “ilgiovane” e Girolamo, Marco e Francesco) edella bottega concorrenziale dei Buglioni.

Ma gli aspetti eccezionali di questo even-to non sono stati solo questi, la mostra inten-deva affrontare il serrato e fecondo “dialogo”con le “tre arti sorelle”: scultura, pittura earchitettura e con il variegato mondo delle“arti decorative” quali maiolica, porcellana,mosaico, vetro, smalti, oreficeria, tarsia mar-morea e lignea, tessuti, stampe etc.

L’evento proponeva alcuni eccezionali ine-diti, come la sorprendente Annunciazionepolicroma con decorazioni in oro, opera diAndrea e Luca Della Robbia “il giovane”, com-posta da due statue, un tempo in una cappel-la nella chiesa di San Francesco a Barga.

Il percorso espositivo costituito da circa140 opere era scandito in quattro sezioni danuclei tematici e tipologici, tali da esemplifi-care gli aspetti, i significati, le implicazioniartistiche e storiche più peculiari dell’arte‘robbiana’.

Nella mostra si analizzavano il rapportocon l’antico e con la cultura umanistica, ilruolo della committenza in particolare degliordini mendicanti, l’imitazione illusionisticadella natura, dando rilievo anche al ruolo dellaterracotta invetriata nell’arredo domestico.

Era l’esperienza di Luca della Robbia il

punto di partenza del percorso che nelle sueinnovative ‘sculture e pitture invetriate’ sirivela capace di far convergere varie formed’arte - la tradizione della scultura lapideacon la rinata plastica fittile, la pratica del‘disegno’, e quindi nella pittura, con la deco-razione musiva, gli smalti orafi con le raffi-nate porcellane orientali - configurando einaugurando un ‘genere’ autonomo tale darendere le sue immagini davvero ‘eterne eluminose’.

La mostra affrontava per la prima voltaun’ampia ed eloquente selezione di terrecot-te robbiane, riunite accanto ad opere chevengono confrontate sia con sculture e pit-ture sia con richiami all’esperienza architet-tonica e delle arti decorative dei maggioriartisti del tempo - quali Lorenzo Ghiberti,Filippo Brunelleschi, Donatello, Pisanello,Filippo Lippi, Antonio Rossellino, Andrea delVerrocchio, Lorenzo di Credi, PietroPerugino, e ancora Jacopo del Sellaio, Fra’Bartolomeo, Andrea Del Sarto, FrancescoRustici - evidenziando i frequenti scambi chehanno accompagnato in una proficua dina-mica ‘di dare e avere’, l’intera vicenda rob-biana nelle sue varie implicazioni formali,tecniche, culturali, religiose, economiche.

Risultava pertanto suggestivo osservare leMadonne con angeli di un Luca della Robbiaancora legato alla spiritualità del gotico inter-nazionale e alle prese con le sculture in ter-racotta - il bellissimo rilievo ‘a stiacciato’ dalLouvre di Parigi o il medaglione dal Museodi Casa Siviero a Firenze - a confronto con ildisegno della Biblioteca Ambrosiana chePisanello sembra trarre proprio dai lavori diLuca; di pari interesse è il confronto tra laMadonna con il Bambino in trono el’analoga impostazione del dipinto del Lippiprestato dalla Fondazione Cini di Venezia.

“I Della Robbia. Il dialogo tra le Arti nelRinascimento”, Arezzo, Museo Statale d’ArteMedievale e Moderna, dal 21 febbraio al 7giugno 2009. Catalogo: Skira.

Guercino a Bologna

Dopo l’avventura americana (New York,Istituto Italiano di Cultura, 2 febbraio-2marzo 2009), è tornata in patria fino al 30aprile la mostra delle opere del grande mae-stro del barocco Giovanni Francesco Barbieridetto il Guercino.

La mostra aveva caratteristiche davveropeculiari, ed è stata in grado di suscitare, aldi là dell’oceano, curiosità e interesse. Le

Una sala della mostra sui Della Robbia adArezzo

Guercino, Sibilla; Cento, Collezioni d’Artedella Cassa di Risparmio di Cento.

Anello nuziale, Roma, c. 500

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opere, infatti, provenivano quasi tutte daCento, luogo natale dell’artista, e tutte traCento e Bologna sono state dipinte. Si trattadi opere giovanili, in cui l’indiscussa auto-grafia dell’artista come esecutore e inventoresi accompagna con evidenza all’attività diuna sua personale bottega, o scuola, cheegli, già in così giovane età, era stato ingrado di radunare attorno a sé imponendouno stile che è quello suo tipico, dei suoianni d’esordio.

La maggior parte dei dipinti, nessuno deiquali era stato mai esposto fuori d’Europa,era costituita da riquadri a fresco, distaccatiin varie epoche da Casa Pannini, ove ilGuercino operò attorno al 1615. I soggetti,che costituivano il fregio sono tutti di naturacampestre. Essi sono, in parte, derivazioni dascene di caccia assai note tratte da incisionidi Antonio Tempesta; ma il Guercino viaggiunse parecchie scene di sua propriainvenzione, che ritraggono (come avviene invari sui disegni) episodi del lavoro agricolonel cuore della pianura padana. Vi sono, adesempio, episodi relativi alla coltura e allalavorazione della canapa, pratica che alloracostituiva una delle ricchezze dell’agricolturalocale che solo nel corso del secolo passatoè stata quasi del tutto abbandonata. Come sivede, quindi, la mostra offriva spuntid’interesse non solo dal punto di vista este-tico; quale documento della fase iniziale delgrande artista, ma fornisce al visitatoreimmagini inconsuete del lavoro agricolo diquei tempi.

Si è ritenuto altresì, per ragioni di affinitàstilistica e di completezza, di aggiungere agliaffreschi di Casa Pannini alcune tele chedocumentano, come meglio non si potrebbe,l’affacciarsi del Guercino al mondo dell’arte,così come si stava rinnovando ai suoi tempiper opera dei Carracci a Bologna e, in minormisura, dello Scarsellino a Ferrara.

Si iniziava il percorso espositivo conl’affresco con l’immagine della Madonnadella Ghiara, opera supposta come il primolavoro noto del giovanissimo Guercino, percontinuare con Lo sposalizio mistico di SantaCaterina alla presenza di San CarloBorromeo, opera databile attorno al 1614-15,conservato presso la Cassa di Risparmio diCento, nonché con il dipinto da poco ritro-vato e discusso con il cosiddetto RinaldoCorradino che cavalca un mulo, recente-mente assicurato alla Pinacoteca Civica diCento e con un piccolo rame raffigurante unRitratto di giovane ecclesiastico di collezioneprivata centese, sempre databile attorno al1615-17.

La mostra, insomma, che offriva al visita-tore parecchi motivi d’interesse sia artisticoche storico, tracciava un vivido profilo delgiovane artista centese prima che egli, acce-dendo a commissioni di grande importanza,divenga noto ben al di là dei confini dellasua piccola e amatissima patria. Appuntoallo scopo di prefigurare la futura sua splen-dida carriera si era pensato di affiancare,oltre alle opere già dette, le tele con laMadonna del passero, conservata, in deposi-to da Sir Denis Mahon, alla Pinacoteca diBologna e la bellissima Sibilla dellaFondazione Cassa di Risparmio di Cento,quali episodi significativi della sua fase for-mativa e databili entro il 1618-20.

Oltre al catalogo scientifico in italiano einglese, a corredo della mostra, erano pro-posti gli itinerari dei luoghi e delle opere del

Guercino presenti nelle città di Cento eBologna.

La mostra e organizzata dal Comune diBologna ed il Comune di Cento, con ilConsorzio Albergatori di Bologna, l’IstitutoItaliano di Cultura di New York el’Accademia di Belle Arti. Il comitato scienti-fico, formato da vari illustri studiosi, è pre-sieduto da Sir Denis Mahon, massimo esper-to e conoscitore dell’opera del Guercino.

“Guercino. Opere giovanili fra Cento eBologna”, Bologna, Accademia di Belle Arti,fino al 30 aprile 2009.

Andrea Brustolon

“Essendo stato fraudato da troppo ingratosilenzio finora un sì bel nome, e un così distin-to operare” (Leopoldo Cicognara - Storia dellascultura dal suo risorgimento in Italia sino alsecolo XIX, 1824) Belluno, terra di grandi mae-stri, torna al centro dell’attenzione internazio-nale con un altro importante evento espositi-vo, dedicato ad un protagonista assoluto delbarocco veneziano. Il virtuosismo, la ricchez-za d’invenzioni, la perfezione tecnica,l’intensità espressiva di Andrea Brustolon(Belluno 1662 - 1732) geniale scultore e inta-gliatore - definito il “Michelangelo del legno”da Honoré de Balzac e, recentemente,“l’orgoglio di Belluno” dallo studioso JamesDavid Draper - sono proposti al pubblico gra-zie alla prima mostra monografica a lui dedi-cata, che si svolge dal 28 marzo al 12 luglio2009 a Palazzo Crepadona, nel cuore dellacittà dolomitica. Una nutrita antologia delleopere di questo autentico caposcuola – cheuna tradizione ottocentesca riteneva formatosinella bottega veneziana dello scultore FilippoParodi, ipotizzando anche un suo viaggio aRoma a contatto con i fermenti artistici dellacittà Eterna e del Bernini – è giunta dunque aBelluno, per celebrare questo artista i cui risul-tati di altissima qualità stilistico-formale, sianell’arte sacra che in quella profana, stanno alpari delle più significative invenzioni pittori-che e delle sculture marmoree. Anzi è il “pit-toricismo” delle sue sculture che, “nel dialogotra le arti”, esalta e rende irripetibili i lavori del

Brustolon: un dialogo che la mostra mira asottolineare ponendo i lavori di Andrea in rap-porto alle opere di alcuni grandi artisti deltempo - scultori e pittori - che influirono sullasua arte, aprendolo a nuovi e significativi sti-moli: dallo stesso Filippo Parodi, con cui ebbecomunque inevitabili contatti che lo indusseroa nuove soluzioni linguistiche oltre che strut-turali, a Giusto Le Court, Gianlorenzo Berninie Giacomo Piazzetta, per l’opera plastica; daltenebrismo di Antonio Zanchi e LucaGiordano - di cui giungono in mostra dueimportanti tele dagli Uffizi - a Giulio Carpioni,Pietro Liberi o Antonio Balestra per quantoriguarda la pittura, fino a Sebastiano Ricci chenel passaggio tra Sei e Settecento introducenuovi modelli stilistico-formali aprendo unaprofondità di rapporti tra architettura e pitturacui Brustolon guarderà con forte interesse. Delresto Andrea Brustolon è uno scultore chenon si ferma ai modelli estetico-formali codifi-cati o codificabili, e quindi non stupisce cheegli sappia cogliere, di volta in volta, le diver-se novità elaborando tecniche esecutive ericerche formali rispondenti alle sue esigenzed’artista e a quelle espresse da una commit-tenza colta e autorevole: una capacità di spe-rimentare e innovarsi, abbinata ad una mae-stria assoluta nell’intaglio del legno, di cui miraa dar conto la mostra che, curata da AnnaMaria Spiazzi in collaborazione con GiovannaGalasso e organizzata da Villaggio GlobaleInternational, vanta un allestimento originale edi grande effetto firmato dall’architetto MarioBotta. Così nei fornimenti di mobilia che le piùimportanti famiglie veneziane gli commissio-narono - come si può ammirare in alcuni deipreziosi pezzi del fornimento Venier -l’impulso metaforico del barocco trasformadunque seggioloni, portavasi, consolles, inse-rendovi dettagli curiosi, motivi esotici e natu-ralistici, strabilianti intrecci di fiori, foglie e ani-mali, che accompagnano e avvolgono la figu-ra umana con una tecnica di singolare virtuo-sismo, mediando già tra tradizione venezianae influssi parodiani. Nei lavori d’arte sacra,l’aderenza ai modelli iconografici consolidatidalla tradizione non limita l’estro creativo delMaestro, come appare evidente in alcune dellesplendide opere che saranno a PalazzoCrepadona: dalla bellissima Cassa reliquiariodi Santa Teodora, realizzata prima del 1696per la chiesa di San Giacomo a Feltre, al grup-po scultoreo del Calvario da Farra d’Alpago,fino al Tabernacolo della parrocchiale diCortina presentato qui per la prima vola, dopoun complesso e illuminante restauro che haconsentito di sciogliere numerosi nodi critici.Straordinaria anche la presenza in mostra delgruppo scultoreo con il Sacrificio di Isacco,che giunge appositamente da Francoforte, col-locabile tra il 1700 e il 1706, e la grande statuadel San Giuseppe prestata dal Bode Museumdi Berlino, una delle più importanti acquisi-zioni al catalogo d’arte sacra del Brustolon,parte del gruppo posto sull’altare della VillaPagani - Cesa a Caverzano, presso Belluno.Accanto alle sculture e agli arredi in mostra,estremamente significativi nel percorso ancheun gruppo consistente di bozzetti in terracottae terracruda, in gran parte esposti al pubblicoper la prima volta, e lo straordinario corpus didisegni del Museo Civico di Belluno: circa 70fogli che rappresentano un unicum di grandefascino che consentirà di seguire anche il pro-cesso creativo di Brustolon. La mostra -accompagnata da catalogo Skira curato daAnna Maria Spiazzi. Giovanna Galasso e

Andrea Brustolon, Seggiolone; Venezia, Ca’Rezzonico.

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Massimo De Grassi - si chiude in modo spet-tacolare nel grande “cubo” che, progettato daBotta per la grande mostra dedicata a Tiziano,a copertura del cortile della Crepadona, vieneora ripensato e re-inventato dal punto di vistaspaziale. In questo suggestivo spazio architet-tonico, capolavori d’arte sacra e profana ven-gono esposti insieme: angeli e demonis’incontrano. Gli Angeli biaccati della chiesa diSanto Stefano a Belluno e gli straordinariAngeli reggilampada dorati della chiesa deiFrari di Venezia - due varianti di un unicotema iconografico, che testimoniano la versa-tilità dell’artista, la capacità di rinnovarsi e diprovare soluzioni ardite - si mostrano spetta-colari al visitatore insieme agli angeli del grup-po scultoreo proveniente dal Monte di Pietà diBelluno (prestati dalla Fondazione Cariveronae appena restaurati). Dalla staticità degli uni almovimento degli altri, e poi all’effetto illusoriodell’azione nel suo compiersi: in ciò “si invera– come scrive Anna Maria Spiazzi - la moder-nità di Andrea Brustolon, interprete nel suotempo di un’estetica sempre più raffinata eaudace nel creare costruzioni spazio tempora-li in bilico tra realtà e illusione”. Accanto adessi ecco una delle più belle Allegorie Piloni,prestata dalla Fondazione Coin: la monumen-tale e impressionante statua raffigurante Tizio,simbolo del peccato. Dal cielo agli inferi. Mal’unicità di questo evento - frutto di un pro-getto scientifico articolato che ha trovato unprimo importante momento nel convegno sulrestauro della scultura lignea nell’età barocca,tenutosi a Belluno lo scorso gennaio - è datasoprattutto dal contesto in cui s’inserisce: lacittà natale dell’artista e il territorio provincialeche conserva, in particolare, alcuni straordina-ri altari lignei del Maestro, oggetto in questiultimi anni di un complesso programma direstauri che li ha riportati al loro splendore.Belluno e il territorio sono diventati dunqueuna sorta di museo diffuso, grazie agli itinera-ri promossi dalla Provincia di Belluno e curatida Marta Mazza e Anna Maria Spiazzi - accom-pagnati da una guida edita da Skira - cheoffrono al visitatore la possibilità di scoprire,in un incrocio tra suggestioni paesaggistiche ecapolavori d’arte, opere inamovibili come lastraordinaria Assunta di Feltre o quell’Altaredelle Anime della chiesa di San Floriano aPieve di Zoldo che, nel 1684, segnò l’esordiodell’artista nella terra d’origine.

“Andrea Brustolon”, Belluno, PalazzoCrepadona, dal 28 marzo al 12 luglio 2009.Catalogo: Skira.Per informazioni: www.Brustolon.it.

Alla corte del Vanvitelli

Nel monumentale e suggestivo scenariodella Reggia di Caserta il 4 aprile si e inau-gurata la mostra Alla corte di Luigi Vanvitelli,omaggio all’insigne architetto, protagonista e‘sovrano delle arti’, alla Corte dei Borbonedal 1750 al 1773, anno della sua morte. Nel fastosi saloni degli Appartamenti Storicisi snoda il percorso espositivo, tra opereconcesse in prestito e arredi permanentidella Reggia, per sottolineare quella fervida einnovativa temperie culturale che si generòintorno alla figura del celebre architetto.Vanvitelli fu regista e artefice di una visioneunitaria e globale della civiltà figurativa, apartire dalla pittura, settore verso il qualemostrava particolare inclinazione, per essere

stato figlio del celebre autore di “vedute etarchitetture”, nonché pittore egli stesso in etàgiovanile. In mostra oltre sessanta dipinti,dalle lucide visioni di Van Wittel ai numero-si soggetti religiosi e pagani per chiese epalazzi nobiliari napoletani, oltre ai diversitrionfi allegorici della dinastia regnante.Fanno da contrappunto al percorso i ritrattiufficiali di Casa Reale e di personalità emi-nenti dell’aristocrazia napoletana, nonché leimmagini celebrative di un’intensa vita diCorte, dalla partenza di Carlo per la Spagnanel 1759, immortalata da Joli, alle cacce oalle scene più intime e bucoliche di attivitàagricole nei siti reali. Né potevano mancarele sublimi visioni del Vesuvio in eruzione,documentate con estro e partecipazioneemotiva da Bonavia e Volaire. Il percorso si arricchisce di molteplici sugge-stioni da una selezione di sculture, soprattut-to di Giuseppe Sanmartino, ad un articolatosettore dedicato all’arredo e alle arti decora-tive che, proprio grazie all’impulso diVanvitelli, raggiunse un raffinato livello diesecuzione per opera di maestri attivi nellereali manifatture.Un’ampia sezione è dedicata all’architettura,con una scelta di disegni realizzati daVanvitelli stesso e da altri architetti operanti aCorte. Completa il percorso, infine, un nucleodi oggetti, statuine e affreschi provenientidagli scavi vesuviani, documentati, tra l’altro,dalle preziose illustrazioni delle Antichità diErcolano Esposte, testimonianza, non solodella cultura classica del celebre architetto,ma anche dell’importanza rivestita dall’Anticonella formulazione del nuovo gusto imperan-te nelle corti europee. La mostra, curata da Nicola Spinosa, rientranelle proposte culturali del “Viaggio nelleEmozioni” ideato dall’ Assessorato al Turismoe Beni Culturali della Regione Campania.

La mostra, che è aperta fino al 6 luglio, èorganizzata, realizzata e gestita da Scabec,società campana per i Beni Culturali. Il catalogo della mostra è edito da Electa.

“Alla corte di Luigi Vanvitelli. I Borbone e le artialla Reggia di Caserta”, Caserta, Palazzo Reale,dal 4 aprile al 6 luglio 2009. Catalogo: Electa.Per informazioni e prenotazioni: 0823 448084;www.reggiadicaserta.beniculturali.it.

Da Corot ai MacchiaioliNino Costa e il paesaggiodell’anima

Il 19 luglio, presso il Castello Pasquini aCastiglioncello (LI), si inaugura la mostra DaCorot ai Macchiaioli. Nino Costa e il paesag-gio dell’anima, organizzata dal Comune diRosignano Marittimo – Assessorato allaCultura – in collaborazione con la GalleriaNazionale d’Arte Moderna di Roma.

La mostra intende illustrare il percorsocreativo e il ruolo di mediatore culturalesvolti da Nino Costa.

Circa 80 dipinti - molti dei quali espostiper la prima volta in Italia e provenienti dacollezioni sia pubbliche che private - docu-mentano attraverso un confronto diretto gliinflussi e le consonanze che legarono il pit-tore romano con Corot e i paesisti dellaScuola di Barbizon, gli inglesi CharlesColeman, Frederic Leighton, George Masone infine la cerchia degli artisti dellaEtruscan School, fra i quali emerge la figu-ra di George Howard, pittore, amico non-ché mecenate di Costa.

“Da Corot ai Macchiaioli. Nino Costa e ilpaesaggio dell’anima”, Castiglioncello

Nino Costa, La foce dell’Arno; Londra, collezione privata.

Luigi Vanvitelli, Fontana di Venere e Adone; Caserta, Palazzo Reale.

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(Livorno), Castello Pasquini, Piazza dellaVittoria, dal 19 luglio al 1 novembre 2009.Catalogo: Skira. Per informazioni: tel. 0586724395 - 0586 759012.

Morandi. L’arte dell’incisione

Palazzo dei Diamanti ha dedicato la suamostra di primavera alla presentazione del-l’intera straordinaria opera calcografica diGiorgio Morandi. Si tratta delle 138 acque-forti e dell’unica xilografia che l’artista haconsiderato rappresentative della sua arte,dopo averne eliminato un numero probabil-mente assai più ampio che con assoluto rigo-re ha giudicato non meritevole di essere con-servato e divulgato.

Da Dürer a Parmigianino, da Rembrandta Piranesi, da Goya a Picasso, la storia del-l’incisione è un capitolo fondamentale del-l’intera storia dell’arte. È stato così anche perMorandi che trattò l’incisione come ricercaartistica autonoma affrontandola con impe-gno pari a quello dedicato alla pittura, inun’epoca, il secolo scorso, in cui spesso lastampa era considerata un genere minore.Iniziò a dedicarsi all’incisione attorno al1910-11, quasi contemporaneamente alla pit-tura, e continuò a farlo fino a qualche annoprima della sua morte, avvenuta nel 1964. Fuun autodidatta che saggiò, con pazienti ten-tativi e ricerche, i vari procedimenti tecnicifino a quando non si impadronì appieno delmezzo incisorio e delle sue possibilità direstituzione dei volumi, delle forme e dellaluce. Dopo un periodo di intensa sperimen-tazione, che caratterizza soprattutto i primianni Venti, l’acquaforte finì per divenire lasua tecnica prediletta.

Riferendosi a illustri precedenti della sto-ria di questo linguaggio espressivo, qualiParmigianino, Federico Barocci eRembrandt, maestri per altro lontanissimi daisuoi interessi pittorici, Morandi ne indagò afondo le caratteristiche giungendo ad antici-pare, nella bicromia del bianco e nero del-l’opera grafica, effetti di costruzione formalee di vibrazione chiaroscurale che diventaro-no elementi fondamentali di specifiche fasidella sua creazione artistica. In certi momen-ti fu, anzi, l’acquaforte a risultare determi-nante per la sua ricerca pittorica. Dopodecenni di studi che hanno chiarito il contri-buto originale dell’artista nel contesto inter-nazionale dell’arte contemporanea, o nehanno approfondito la poetica in una lucepiù strettamente individuale ed umana o,infine, ne hanno indagato la peculiarità lin-guistica nell’incisione, risultava oggi necessa-

rio procedere ad una sintesi che presentiMorandi incisore nella semplicità della suagrandezza. Lo scopo della mostra – a cura diLuigi Ficacci e organizzata da Ferrara Arte incollaborazione con il MAMbo - Museo d’ArteModerna di Bologna – è stato, pertanto,dimostrare quanto l’incisione sia per luideterminante nel giungere alla trasfigurazio-ne del soggetto in valori di chiaroscuro, eli-minando ogni interesse per una rappresenta-zione realistica, ma conservandosi aderenteal visibile ed evitando l’arbitrarietà dell’astra-zione. Le nature morte con barattoli e botti-glie, i mazzi di fiori disegnati in punta dipenna con una finezza senza pari, le plasti-che conchiglie posate sui tavoli, i paesaggi diaspetto intimo e familiare divenivano, attra-verso variazioni di frequenze di segno,immagini ad un tempo riconoscibili nel lororiferirsi ad una realtà dell’esistenza e dellapercezione, ma anche motivi assoluti dell’e-spressione, le cui ragioni emergono e si con-cludono esclusivamente quali ragioni dellaforma. Lo svolgimento della sua intera pro-duzione calcografica rivelava al pubblico chel’acquaforte è per Morandi la tecnica propriadella meditazione, quella che meglio gli con-sente di cogliere il sentimento dell’esistere.Le opere erano esposte secondo il loro ordi-ne cronologico di esecuzione. Ma, poichéMorandi iniziò a rendere note le sue incisio-ni in tempi differenti, spesso in ritardo rispet-to alle date di effettiva realizzazione, doporadicali revisioni e secondo logiche rivelatri-ci della sua volontà di intervento nella dina-mica dell’arte contemporanea, nel catalogo èstata ricostruita una cronologia delle influen-ze e delle reazioni del contesto artistico e cri-tico conseguente alla diffusione pubblicadelle sue opere. Oltre a due saggi diGiovanni Romano e Luigi Ficacci, il catalogoè stato corredato da schede che per ogniincisione propongono gli estremi di una filo-logia essenziale e l’analisi dell’evoluzionedello stile. Mostra a cura di Luigi Ficacci,organizzata da Ferrara Arte in collaborazionecon il MAMbo – Museo d’Arte Moderna diBologna

“Morandi. L’arte dell’incisione”, Ferrara,Palazzo dei Diamanti, dal 5 aprile al 2 giu-gno 2009. Catalogo: Ferrara Arte Editore.

Restauro a Ferrara

Dal 25 al 28 marzo 2009 il quartiere fieri-stico di Ferrara ha ospitato la XVI edizione diRestauro – Salone dell’Arte del Restauro edella Conservazione dei Beni Culturali edAmbientali, promosso e sostenuto dalleIstituzioni del territorio: Istituto per i BeniArtistici Culturali e Naturali della RegioneEmilia Romagna, con il patrocinio dellaPresidenza del Consiglio dei Ministri, ilMinistero per i Beni e le Attività Culturali, ilMinistero degli Affari esteri. Rinnovato ilsodalizio con il Ministero per i Beni e leAttività Culturali, insieme ai suoi istituti piùprestigiosi, che ha scelto il salone per diffon-dere e promuovere le sue attività, a garanziadell’importanza della manifestazione a livellonazionale ed internazionale, il Salonedell’Arte del Restauro e della Conservazionedei Beni Cuturali ed Ambientali è la prima eunica rassegna in Italia interamente dedicataal Restauro, alla Conservazione e alla Tuteladel patrimonio storico – artistico, architetto-

nico e paesaggistico.Quest’anno inoltre il Salone ha ospitato,

ulteriore conferma della sua importanza,l’assemblea generale dei Soci A.R.I.,Associazione Italiana Restauratori.

Quattro ricche giornate di eventi e appro-fondimenti. Quello di Ferrara è un appunta-mento che prevede convegni e mostre pro-mossi ed accreditati dalle dalle più illustrirealtà nell’ambito del restauro, per dare vitaa riflessioni e dibattiti sulle tematiche piùattuali ed urgenti, per presentare tecnologiee nuovi procedimenti, conoscere i risultatidegli interventi di restauro più importanti einteressanti.

Fra gli interventi di maggior interesse:Le caviglie fragili del David di

MichelangeloÈ stato infatti questo l’argomento trattato

nel convegno a cura del Prof. Bonsanti conla partecipazione di Franca Falletti, Direttricedella Galleria dell’Accademia di Firenze, cheospita il David. Ormai è molto viva la pole-mica intorno al destino del David diMichelangelo e delle “sue fragili caviglie”.Alcune crepe, evidenti dopo il restauro del2004 hanno portato l’ingegnere AntonioBorri, Ordinario di Scienza delle Costruzionia Perugia, a suggerire la collocazione, disotto del basamento ottocentesco, di un iso-latore sismico contro le vibrazioni prodottedal flusso dei visitatori e dal traffico automo-bilistico. L’architetto Fernando di Simonesuggerisce invece una nuova sede, fuori dalcentro urbano. Contraria la Dr.ssa Falletti,secondo la quale l’allarmismo va ridimensio-nato. Le diverse opinioni sono state messe aconfronto.

“ Restauro. Salone dell’Arte del Restauro edella Conservazione dei Beni Culturali eAmbientali”, Ferrara, Quartiere Fieristico diFiere Ferrara, dal 25 al 28 marzo 2009.

Riapre il Museo Bardinia Firenze

Oltre 2000 pezzi fra sculture, dipinti eoggetti di arti applicate, 36 cassoni, 190 cor-nici, 10 camini, 200 dipinti e altrettante scul-ture. Tutti pezzi ricercati, unici, presi in tante

Giorgio Morandi, Natura morta con cin-que oggetti; Bologna, Museo Morandi.

Tino di Camaino, Carità; Firenze, MuseoBardini

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parti d’Italia e del mondo. E’ la collezioneBardini, da aprile perfettamente ricollocatanel ‘suo’ museo, che dopo 10 anni e lunghilavori riapre al pubblico nella sua dimensio-ne originale. Quella delle stanze blu, quel bluvoluto dall’antiquario Stefano Bardini (1854-1922), nelle sue più diverse e speciali tonali-tà. Oggi il museo, la cui collezione fu donatada Bardini al Comune dopo la sua morte, ètornato a splendere ed è stato presentato dal-l’assessore alla cultura Eugenio Giani, dalladirettrice dei musei civici Elena Pianea, ladirettrice del museo Antonella Nesi, dal pre-sidente dell’Ente Cassa Michele Gremigni edai sette Lions club di Firenze che hannocontribuito con trentamila euro al restaurodel Marzocco che dal Museo San Marcodov’era custodito (prima si trovava all’ingres-so di Palazzo Vecchio) ora è visitabile alBardini insieme all’originale del Porcellinoeseguito da Pietro Tacca. “Questo è un gior-no importante per la città - ha detto il sinda-co Leonardo Domenici- che si riappropria diuno spazio di grande valore, uno scrigno diautentici tesori. La riapertura del Bardini eraun obiettivo di questa amministrazione e orafinalmente ce l’abbiamo fatta”. L’attuale alle-stimento segue il progetto originale volutodal suo fondatore che dispose le opere pergenere secondo un canone estetico e sceno-grafico. Una sala a piano terra è dedicataall’esposizione di opere d’arte provenientidalle collezioni comunali ed entrate a farparte del museo dopo la morte di Bardini.Fra gli oggetti più interessanti il Diavolettodel Giambologna. Fra le opere raccolte daBardini ci sono i capolavori come la Carità diTino di Camaino, il San Michele Arcangelo diAntonio del Pollaiolo, La Madonna deiCordai e la Madonna della Mela diDonatello, disegni del Tiepolo, l’Atlante delGuercino e pregevoli arti minori come cera-miche, medaglie, bronzetti, tappeti orientali,strumenti musicali, cassoni rari del quattro-cento. “Il museo Bardini - ha detto l’assessoreGiani- riapre con due simboli della fiorentini-tà, il Porcellino e il Marzocco collocato dal1300 in Palazzo Vecchio e che sottolineanocome dietro la raccolta di opere d’arte etero-genee, originali, di varia provenienza come èla collezione Bardini, vi è il profondo amoreper la città di Firenze che animò sempre nelprivato e nel pubblico il lavoro dell’antiqua-rio”. Secondo l’assessore Giani il Bardini èuna tappa di un percorso che troverà valo-rizzazione e sviluppo con l’apertura previstaentro la primavera 2010 della Torre di sanNiccolò. “Tutto il progetto della Rive Gauche- ha proseguito Giani - non avremmo potutopensarlo se non ci fossimo concentrati inquesti mesi sulla riapertura del museoBardini e sulla possibilità di attrarre curiositàsui bellissimi crocifissi di scuola giottesca esugli altri unici pezzi custoditi in questomuseo”. I lavori curati dalla direzione cultura(Servizio Belle Arti) hanno riguardato la sicu-rezza, l’agibilità, l’impianto elettrico e mecca-nico in varie fasi. E’ stata rifatta tuttal’impermeabilizzazione, il restauro dello sca-lone monumentale, oltre che il piano nobile,il terrazzo, la sale dei bronzi e delle cornici.Oltre alle pareti sono stati recuperati i pavi-menti in cotto e tutti i motivi ornamentalisulle pareti

Museo Bardini, Piazza de’ Mozzi 1,Firenze, dal 3 aprile 2009. Per informazioni:tel 055 2342427.

I marmi vivi di Gian LorenzoBernini

Nella prima metà del Seicento, GianLorenzo Bernini (1598-1680) rinnovò l’ideastessa di busto ritratto. Concepito nelCinquecento soprattutto come ‘state-portrait’con una forte connotazione ufficiale, il ritrat-to scolpito conobbe una straordinaria diffu-sione a Roma della prima metà del Seicento,tramandandoci così le fattezze non solo dipontefici, cardinali e aristocratici, ma anchedi avvocati, scienziati, scrittori e di non pochefigure femminili. Nel giro di poco più di ven-t’anni – dalla metà del secondo decennio delsecolo e la fine degli anni trenta – si passòcosì da immagini severe e compassate, dicarattere ancora schiettamente manierista, afigure che se pure scolpite nel marmo, sem-brano però respirare, vivere e addirittura ‘col-loquiare’ con lo spettatore. Con il busto diCostanza Bonarelli, il Bargello possiede latestimonianza più emozionante e più celebredi questo momento capitale della ritrattisticascultorea: alla quale, nonostante l’attuale, cre-scente interesse nei confronti del Bernini edella civiltà figurativa barocca, non era statafinora dedicata in Italia nessuna rassegnaespositiva specifica.

Alcuni di questi busti sono stati riuniti inAmerica lo scorso anno, in occasione dellamostra Bernini and the Birth of BaroquePortrait Sculpture, organizzata congiunta-mente dal J.Paul Getty Museum di LosAngeles e della National Gallery of Canadadi Ottawa, e questo ha dato lo spunto perun’edizione italiana di questo evento, sebbe-ne più puntualmente focalizzata sui ritrattigiovanili del Bernini, databili entro il 1640.

La mostra che si tiene dunque al Bargello– che ha eccezionalmente prestato CostanzaBonarelli alla rassegne americane – è pro-mossa dal Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali con la Soprintendenza Speciale peril Patrimonio Storico, Artistico edEtnoantropologico e per il Polo Musealedella città Firenze, dal Museo Nazionale delBargello, da “Firenze Musei” e dall’EnteCassa di Risparmio di Firenze, con la cura diBeatrice Paolozzi Strozzi, direttore delMuseo, e di Andrea Bacchi, TomasoMantanari e Dimitrios Zikos.

Rispetto alla mostra tenuta a Los Angeles(agosto-ottobre 2008) e ad Ottawa (novembre2008 – Marzo 2009) per l’esposizione fiorenti-na sono state operate scelte mirate e alcunesignificative aggiunte. Se infatti per il pubbli-co americano è stato necessario fornire unquadro di contesto molto ampio, attraversonumerosi dipinti e disegni, in Italia, dove allastagione barocca sono state dedicate negliultimi anni molte ed importanti rassegne,monografiche e non (recentissima la mostraromana su Bernini pittore), si è pensato diconcentrare l’attenzione sui ritratti scolpiti,accompagnandoli con un nucleo sceltissimodi dipinti, di grande forza evocativa: tutteopere dei massimi pittori contemporanei a cuiGian Lorenzo ha soprattutto guardato(Rubens, Annibale Carracci, Anthony vanDick, Diego Velasquez, Simon Vouet, Valentinde Boulogne...), a diretto confronto anchecon alcuni dipinti del Bernini stesso.

Come già detto, la mostra fiorentina inten-de mettere in luce, all’interno della lunghissi-ma parabola artistica berniniana, la fase piùsignificativa per quanto riguarda la produzio-ne ritrattistica, ovvero gli anni giovanili, finoalla fine del quarto decennio: l’arco di tempoin cui, tra l’altro, al magistero berniniano siaffianca quello, per molti aspetti ancoramisconosciuto, di Giuliano Finelli, allievo ed“aiuto” di Gian Lorenzo, presente in mostracon alcuni dei suoi più superbi ritratti. È cosìattentamente analizzato proprio il momentofondante della fortuna del ritratto scolpitonella civiltà del Seicento.

La mostra si articola in due sezioni, corri-spondenti alle due sale del Museo Nazionaledel Bargello che ospitano l’esposizione.

“I marmi vivi. Gian Lorenzo Bernini e lanascita del ritratto Barocco”, Firenze, MuseoNazionale del Bargello, dal 3 aprile al 12luglio 2009. Catalogo: Giunti Editore. Perinformazioni: tel 055 2654321.

Ferdinando I de’ Medicia Firenze

Nel 2009 ricorre il quarto centenario dellamorte di Ferdinando I de’ Medici (1549 –1609), e la Soprintendenza Speciale per ilPolo Museale Fiorentino con l’Opificio dellePietre Dure, l’Ente Cassa di Risparmio diFirenze e Firenze Musei hanno voluto cele-brarlo con una mostra nel Museo delleCappelle Medicee, dove resta a memoria dellasua volontà di magnificenza la Cappella deiPrincipi, prezioso mausoleo della dinastiainteramente rivestito di marmi e pietre dure.

Nato nel 1549, secondogenito di Cosimo I,Ferdinando aveva intrapreso la carriera eccle-siastica e conduceva una lussuosa vita da car-dinale a Roma quando, nel 1587, l’improvvisamorte del fratello Francesco I, con la secondamoglie Bianca Cappello, lo costrinse a suc-cedergli sul trono granducale di Toscana.Ferdinando dovette allora rinunciare alla pre-cedente carriera e iniziare una nuova vita chegli impose doveri con priorità assoluta: ilgoverno dello stato e la garanzia della conti-nuità dinastica. Dal 1588 Ferdinando avevapensato ad un legame che lo avvicinasse altrono di Francia e che gli permettesse di man-tenere una linea filospagnola. La scelta dellasposa cadde sulla giovane Cristina di Lorena,

Gian Lorenzo Bernini, Thomas Baker;Londra, Victoria & Albert Museum

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gradita anche alla corona iberica perché pro-veniente da una famiglia imparentata agliultracattolici Guisa, alleati di Filippo II diSpagna nelle lotte di religione. Le nozze sicelebrarono a Firenze nel 1589.

Proprio le nozze, a cui è dedicataun’intera sezione, è il primo argomento chetratta la mostra. Qui si racconta e si docu-menta come Firenze per l’occasione fossestata trasformata da fastosi apparati effimeri,ovvero grandi scenografie cittadine con ele-menti plastici e tele dipinte dalle dimensio-ni inconsute per grandezza dove si raccon-tavano la storia e le glorie della città e deisignori di Toscana legati alla Francia fin daitempi di Carlo Magno. A realizzare tutto ciòfurono impiegate squadre di manifattori eartisti, coordinate da alcuni gentiluomini eletterati di corte, anche se tali apparati eranoun arredo destinato a una vita molto breve,legato cioè alle poche settimane della ceri-monia nuziale. Fortunatamente alcune diqueste tele sono state conservate e oggiritrovate da Monica Bietti, curatrice assiemead Annamaria Giusti della mostra, nei depo-siti dei musei Fiorentini. Ignorate per secoli,sacrificate da strappi e piegature, le lorocondizioni hanno richiesto un accuratorestauro che ha restituito loro leggibilità egodibilità. “Quadri grandi” commenta laSoprintendente Cristina Acidini “che riemer-gono inattesi dal passato mostrandoci leteste coronate d’Europa, cortei, sbarchi diprincipesse in un’atmosfera di allegorismofastoso: oltre 60 metri quadri di pittura ine-dita del 1589. Quadri belli, di buon disegnoe di bel colore, perchè Alessandro Allori e idotati Manieristi della sua generazione nonsapevano dipingere “male” neanche quandoera lecito tirare via. Un tripudio di gloriafranco - fiorentina, dove appare graziosaperfino la giovane Caterina de’ Medici”.

Il secondo argomento della mostra mettein luce l’altro evento emblematico del gran-ducato di Ferdinando, anch’esso come lenozze legato all’affermazione dinastica e allasfida alla morte, ovvero le opere di edifica-zione del Mausoleo di famiglia e in partico-lare dell’altare. Nel progetto promosso daFerdinando I sarebbe dovuto risultare unrisplendente e coloratissimo altare in pietredure culminante in un ciborio di pregio fia-besco. Nei musei fiorentino sono ancora

conservati elementi stupendi che facevanoparte di tale progetto, figure e colonne maimesse in opera, proposti oggi in mostra.L’opera infatti non fu mai portata a compi-mento. Altre proposte di gusto neoclassico,ampiamente documentate in mostra, furonofatte elaborare in seguito dai Lorena, succes-sori dei Medici sul trono di Toscana alla metàdel Settecento, ma anche queste non furonorealizzati. L’altare oggi visibile è infatti fruttodi un montaggio del secolo scorso che dove-va essere provvisorio e incorpora in unastruttura di legno pannelli e rilievi in pietredure eseguiti dalla Galleria dei Lavori pressogli Uffizi (poi trasferita nell’attuale Opificiodella Pietre Dure) per vari progetti propostinel corso del tempo. “Una pastiche in sostan-za” dice Cristina Acidini, “e per giunta pove-ro, che a ben guardare è in contrasto con ilsontuoso intorno e con le intenzioni grandu-cali. Si riuscirà mai a migliorarlo? Non man-cano legittime perplessità, ma si potrà pursempre avviare un confronto internazionaletramite un concorso d’idee che accolga lasfida di progettare, oggi, un arredo sacro dimateriali preziosi così problematici e insiemisuggestivi”.

“Ferdinando I de’ Medici. 1549-1609.Maiestate tantum”, Firenze, Museo delleCappelle Medicee, Cappella dei Principi, dal2 maggio al 1 novembre 2009. Catalogo:Sillabe. Per informazioni: 055 290383;www.unannoadarte.it/ferdinandomedici.

Terminato il restauro dellaPala di San Zeno

E’ terminato il restauro della monumenta-le pala di San Zeno del Mantegna, capolavo-ro del Rinascimento. L’opera è stata ricollo-cata sull’altare della Basilica di San Zeno aVerona il 21 maggio 2009, in occasione dellafesta del Santo patrono, a due anni dall’ini-zio del restauro e a 550 anni dalla sua rea-lizzazione. La pala fu infatti commissionatadall’abate Gregorio Correr al Mantegna nel1457 e consegnato all’abbazia benedettinanell’estate del 1459. In via eccezionale, peralcuni giorni, l’opera è stata visibile al pub-blico nei Laboratori della Fortezza da Bassoa Firenze, grazie all’Associazione CulturaleAmici dell’Opificio, prima di essere rimonta-to e trasportata a Verona.

Il restauro è stato eseguito dall’Opificiodelle Pietre Dure di Firenze su incarico dellaSoprintendenza per i Beni Storici, Artistici edEtnoantropologici per le province di VeronaRovigo e Vicenza, del Comune di Verona edel Museo di Castelvecchio, in tempi vera-mente eccezionali, così come auspicato daglistessi enti committenti, vista l’importanzadell’opera e il profondo significato che rive-ste per la città di Verona.

L’assenza temporanea della pala dallachiesa, ha inoltre permesso alla Fabbriceria,con il sostegno della Banca Popolare diVerona, il restauro dell’abside della Basilica(edificata a partire dal 1386), finalizzato adaccogliere al meglio il trittico del Mantegna.

L’intervento sulla pala del Mantegna, giun-to alla sua conclusione, fa parte di un pro-getto generale di conservazione iniziato nel2006, in occasione della mostra Mantegna e leArti a Verona 1450-1500, quando all’Opificiodelle Pietre Dure di Firenze fu chiesto di effet-tuare una verifica sullo stato di conservazionedella pala, per valutare la possibilità di smon-tare ed esporre l’opera. Dopo che l’Opificioebbe eseguito una vasta campagna di indagi-ni, l’opera fu sottoposta a un primo interven-to di manutenzione in collaborazione con ilLaboratorio di Restauro della Soprintendenzaai BSAE di Verona, che ne permisel’esposizione. Finita la mostra, il Comune diVerona ha destinato una parte significativa deiricavi a sostenere il progetto di restauro e lasuccessiva pubblicazione dei risultati. Così afebbraio 2007 la pala di San Zeno, vistol’impossibilità di allestire un laboratorio nellaBasilica per motivi di culto, è stata trasportatanei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure aFirenze, dove è iniziata la seconda fase del-l’intervento.

Il restauro della Pala di San Zeno si è resonecessario perché l’opera presentava seriproblemi conservativi, sia sulla superficiepittorica che sul supporto ligneo e sulla cor-nice, questi ultimi mai trattate prima d’ora.Problemi dovuti essenzialmente a tre fattori:il naturale invecchiamento dell’opera in rap-porto alle condizioni ambientali, i preceden-ti restauri e l’errato rimontaggio della struttu-ra, conseguente ai numerosi spostamentidella pala nel corso dei secoli.

Per meglio eseguire l’intervento, realizza-to da tre gruppi di restauratori dei Settori deiDipinti Mobili e di Sculture ed arredi ligneidell’Opificio con il contributo del settore diClimatologia e Conservazione e del settore

Scipione Pulzone, Ritratto di FerdinandoI de’ Medici; Firenze, Galleria degli Uffizi

Andrea Mantegna, Pala di San Zeno; Verona, San Zeno

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di Restauro della Carta, la pala è stata suddi-visa in 14 parti: tre tavole dipinte, tre scenedella predella inframmezzate da paraste inta-gliate, la struttura lignea della predella, unarchitrave, il frontone diviso in due, le quat-tro semicolonne.

Dopo la disinfestazione, è stata condottaun’approfondita campagna di indagini dia-gnostiche per meglio conoscere la tecnica ele cause del degrado. In seguito, il restaurosi è concentrato nel risanare la strutturalignea, pesantemente alterata dal precedenteintervento di Mauro Pellicioli nel 1934-35.Mentre i vari elementi della splendida corni-ce rinascimentale, progettata dallo stessoMantegna, danneggiati da rifacimenti e ridi-pinture, sono stati oggetto di un ampio inter-vento volto a valorizzare sia l’elegante inta-glio sia la raffinata doratura, purtroppo cadu-ta e alterata in numerose zone.

Infine si è provveduto alla pulitura dellasuperficie pittorica delle tre tavole, eseguitasecondo il principio del “graduale e minimointervento” che ha permesso il recupero deivalori cromatici, restituendo alle forme e aicolori quella nitidezza che è propria delMantegna. Le lacune, stuccate, sono statereintegrate con il sistema della selezione cro-matica. Sia la Soprintendenza che la direzio-ne del Museo di Castelvecchio hanno segui-to da vicino e con costante attenzione tuttele fasi dei lavori.

L’ultima parte dell’intervento riguardavala ricollocazione dell’opera nella sua sedeoriginale. La pala sarà, infatti, dotata di unastruttura posteriore, in grado di accrescere lastabilità del dipinto rispetto alle variazioniclimatiche, monitorate costantemente dallaSoprintendenza. I risultati scientifici delrestauro saranno pubblicati in un volumedella collana Edifir, a cura di Marco Ciatti ePaola Marini, in uscita a gennaio 2010.

La monumentale Pala di San Zeno (cm480 x 450) è l’ultima opera dipinta daMantegna a Padova prima del suo trasferi-mento a Mantova. Se fondamentale fu, nellaconcezione dell’opera, la diretta conoscenzadel lavoro di Donatello a Padova e la culturaarcheologica, l’opera rappresenta il momentodi maggiore vicinanza con Giovanni Bellini,di cui Andrea nel 1453 aveva sposato la sorel-la Nicolosia. Selezionata da Napoleone per ilMuseo del Louvre, la Pala di San Zeno arrivòa Parigi nel 1798. Nel 1806 i due scompartiesterni della predella, raffiguranti la Preghieranell’orto e la Resurrezione furono inviati alMusée des Beaux-Arts di Tours (dove ancorasi trovano), in ‘cambio’ di due importantissi-me tele dell’artista: il Parnaso e Minerva cac-cia i vizi dal giardino delle Virtù, provenientidallo studiolo mantovano di Isabella d’EsteGonzaga. L’elemento centrale con laCrocifissione rimase invece al Louvre. La palafu restituita a Verona nel 1815 priva della pre-della, sostituita da copie di Paolino Caliari.

Pietro Benvenuti

Pietro Benvenuti (Arezzo 1769 - Firenze1844) è il massimo protagonista dell’artetoscana negli anni che segnano il passaggiodal neoclassicismo al romanticismo. Allievodell’Accademia delle Belle Arti di Firenze,completa la formazione a Roma dove dipin-ge i primi importanti saggi: la Giuditta per ilDuomo di Arezzo e il Martirio del Beato

Signoretto Alliata per quello di Pisa. ElisaBaciocchi (che dal fratello NapoleoneBonaparte ricevette il principato di Lucca ePiombino, poi il governo dell’interaToscana) nomina Benvenuti pittore di cortee nel 1807 lo chiama a dirigere l’Accademiadi Firenze, carica mantenuta fino alla morte.Alla parentesi napoleonica risalgono alcunemonumentali composizioni (La morte diPriamo, Il giuramento dei Sassoni, Elisa e gliartisti), che preludono alle grandi impresedecorative previste per l’ammodernamentodi Palazzo Pitti, in particolare la Sala diErcole (nell’ala oggi della Galleria Palatina),terminata durante la Restaurazione.Benvenuti è anche uno straordinario ritratti-sta. In Toscana rappresenta lo stile afferma-tosi in ambito mitteleuropeo, sia nella messaa fuoco del carattere dei personaggi, sia nel-l’ambientazione. La sua vocazione classicisti-ca si esprime compiutamente nella composi-zione di temi mitologici, che il pittore pre-para con mirabili disegni, aventi spesso valo-re di opera autonoma. Leopoldo II di Lorenagli affida l’incarico di completare le decora-zioni della cupola della Cappella dei Principinella Basilica di San Lorenzo. La mostra, ter-minata il 21 giugno, a cura di Carlo Sisi eLiletta Fornasari, illustrava dunque la storiaartistica di Benvenuti, ne esponeva le operepiù significative e le metteva a confronto conquelle dei suoi primi maestri e degli artistiitaliani e stranieri (da Giani a Sabatelli aThorvaldsen) incontrati a Roma nella eccen-trica e sperimentale Accademia dei Pensieri.La Sala Bianca della Galleria d’Arte Modernaera riservata all’esposizione dei dipinti deglianni napoleonici (in particolare ritratti e temimitologici). L’allestimento ruotava intorno algrande quadro di Pirro, presentato per laprima volta al pubblico dopo un lungo ecomplesso restauro che ne ha rivelato lecomponenti stilistiche ricavate dallo studio diDavid e di Canova. L’itinerario della mostraincludeva anche la Sala di Ercole e termina-va con una sezione dedicata ai dipinti deglianni della Restaurazione, di genere per lopiù storico-letterario con inflessioni di gustotroubadour. Il particolare interesse di questeopere emergeva dal confronto con alcunidipinti, di esplicita adesione romantica, dei

contemporanei Luigi Sabatelli e GiuseppeBezzuoli. Sono la prova che Benvenuti, mae-stro classicista, seppe almeno in parte condi-videre le istanze di veridicità avanzate dallasuccessiva generazione dei ‘moderni’,soprattutto dai Macchiaioli.

“Pittore imperiale Pietro Benvenuti allacorte di Napoleone e dei Lorena”, Firenze,Palazzo Pitti, Galleria Palatina e Galleriad’Arte Moderna, fino al 21 giugno 2009.

Galileo

Non solo nella storia della scienza, e del-l’astronomia in particolare, ma nella storiadella cultura a livello planetario GalileoGalilei è la figura cardine su cui ruota il mil-lenario rapporto dell’uomo con la realtà chelo circonda. La sua intuizione di puntare ilcannocchiale verso il cielo marca infatti unanetta cesura tra due epoche dominate daconcezioni dell’universo opposte, aprendo lastrada alla scienza moderna.

Le prime scoperte celesti di Galileo risal-gono esattamente a 400 anni fa e in questo2009 che le Nazioni Unite dedicano alla ricor-renza (Anno Internazionale dell’Astro-nomia, www.astronomy2009.it), Firenzerende omaggio all’epopea umana e intellet-tuale di uno dei suoi figli più geniali con unamostra ricca e spettacolare a Palazzo Strozzi(Galileo. Immagini dell’universo dall’antichi-tà al telescopio, 13 marzo – 30 agosto 2009,www.palazzostrozzi.org, catalogo Giunti). E’l’appuntamento principe nel carnet delComitato Nazionale per le CelebrazioniGalileiane, consacrato anche dall’AltoPatronato della Presidenza della Repubblica.

Il progetto, eventi collaterali compresi, èstato presentato dagli enti e dagli studiosiche hanno dato vita all’iniziativa: l’ideatore ecuratore Paolo Galluzzi, direttore dell’Istitutoe Museo di Storia della Scienza, il soprinten-dente al Polo Museale Fiorentino CristinaAcidini quale presidente del comitato scien-tifico, e il vicepresidente Michele Gremigniper l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, pro-motore e organizzatore della mostra insiemeal Ministero dei Beni Culturali, la Fondazione

Pietro Benvenuti, Ritratto di MariaTeresa di Toscana; Torino, Castello diRacconigi

Atlante Fanese; Napoli, MuseoArcheologico Nazionale

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Palazzo Strozzi (che cura anche la realizza-zione), la Regione Toscana e lo stessoComitato per le Celebrazioni Galileiane, rap-presentati rispettivamente dal direttore JamesBradburne, dall’assessore alla Cultura PaoloCocchi e dal presidente Edoardo Vesentini.Con Galileo l’Ente Cassa di Risparmio festeg-gia, peraltro, anche i 180 anni di attività.

Il viaggio nel tempo e nello spazio chel’esposizione propone inizia con le visionimistiche e poetiche dell’antico Egitto e dellaMesopotamia; prosegue con le cosmogoniegreche caratterizzate dalle geniali sfere omo-centriche di Eudosso, attraversa le architettu-re planetarie di Tolomeo e dell’astronomiaaraba, rievoca le rielaborazioni cristiane eapproda alle tesi eliocentriche di Copernicoche ispirarono Galileo e Keplero, gli studio-si che offrirono un contributo determinanteall’affermazione definitiva, con Newton,della nuova concezione dell’Universo.

Arricchito da applicazioni multimediali esuggestivi filmati divulgativi, questo percorsoè illustrato da reperti archeologici, strumentiscientifici di eccezionale bellezza e ingegno-sità, atlanti celesti, disegni, dipinti (spettaco-lari affreschi pompeiani inediti, oltre aBotticelli, Rubens, Guercino, ecc.), sculture,preziosi codici miniati e straordinari modellicosmologici funzionanti realizzati per la cir-costanza. Tra gli oggetti più spettacolari ilmonumentale arazzo astronomico di Toledo,l’Atlante Farnese, il misterioso dipinto LinderGallery Interior esposto per la prima volta, e,ovviamente, il solo cannocchiale di Galileoesistente (lo conserva a Firenze il Museo diStoria della Scienza).

La mostra si addentra anche nell’universodelle paure e speranze del genere umano,descrivendo i rapporti tra astronomia e astro-logia, le relazioni che l’immaginazione dasempre suggerisce tra le configurazioni degliastri, da un lato, e il potere, la musica, lamedicina, la formazione del carattere e delleinclinazioni, fino al fascino straordinario chela cosmologia ha esercitato sull’architettura (lecupole) e sull’arte, dall’altro. Emblematico ilcaso di Albrecht Dürer e, più in generale, ilrapporto tra malinconia e pianeta Saturno.

La sezione dedicata a Galileo e all’inven-zione del telescopio presenta invece, con idettagli delle sue scoperte, attestati documen-ti e disegni autografi, l’unico cannocchiale ori-ginale esistente. Gli strumenti multimediali egli exhibits interattivi che lo affiancano nefanno capire struttura e funzionamento. Lasezione su Galileo propone ancheun’eccezionale rassegna completa della pro-gressiva definizione del volto della Luna avve-nuta in pochi decenni, a partire dai primi dise-gni realizzati da Galileo grazie al telescopio.Uno spettacolare DVD propone suggestivesimulazioni dei principali sistemi del mondo eillustra i più importanti strumenti scientificiesposti e il loro funzionamento.

Dai siti www.palazzostrozzi.org ewww.portaleragazzi.it si accede, tra l’altro, agliapprofondimenti e ai programmi per le scuo-le, insegnanti e ragazzi ai quali è dedicatoanche un gioco interattivo su Galileo.Informazioni preziose si trovano anche sul sitodell’Istituto e Museo di Storia della Scienzahttp://brunelleschi.imss.fi.it/portalegalileo/indice.html).

Alle scuole, ai ragazzi e alle famiglie riser-vano ampio spazio le molte iniziative collate-rali previste dalla Fondazione Strozzi. Uncelebre scrittore per l’infanzia, il ceco Peter

Sis, ha curato nella mostra le speciali didasca-lie per i più piccoli: è stato editato in italianoThe Starry Messenger, un suo best seller astro-nautico del 1997. Oltre ai laboratori e alleDomeniche viola organizzate con laFiorentina, i bambini trovano nella Valigia diGalileo tanti divertenti gadget per giocareall’astronomo. Tra cicli di film e conferenzespaziali, è inoltre allo studio un progetto dicollaborazione con l’ESA, l’agenzia spazialeeuropea, che prevede tra l’altro l’istallazionea Palazzo Strozzi di grandi schermi a coman-do tattile dove saranno proiettate immaginiin alta definizione di stelle, pianeti, galassie,nebulose e altri corpi celesti.

“Galileo. Immagini dell’universo dall’an-tichità al telescopio”, Firenze, PalazzoStrozzi, dal 13 marzo al 30 agosto 2009.Catalogo: Giunti. Per informazioni: tel. 0552469600; www. palazzostrozzi.org.

Il Fasto e la Ragione

Con l’estinguersi della dinastia medicea(1743), Firenze non perse il suo prestigio dicapitale della cultura e delle arti grazie alsuccessivo governo dei Lorena, che conferìalla città il profilo internazionale richiestodalla politica dell’Illuminismo.

La mostra a cura di Carlo Sisi e RiccardoSpinelli, è la prima panoramica complessivadei principali avvenimenti artistici delSettecento a Firenze.

Si tratta di 120 tra dipinti, sculture, ogget-ti e arredi delle grandi decorazioni pubblichee private, opere che ripercorrono l’interosecolo registrando in chiave spettacolare leoscillazioni del gusto dal tardo barocco alneoclassicismo.

L’esposizione inizia dalle committenze diCosimo III e del Principe Ferdinando de’Medici che aprono la città ad artisti forestie-ri come Sebastiano Ricci e Giuseppe MariaCrespi. Favoriscono la scultura (con perso-nalità come Giovan Battista Foggini e

Massimiliano Soldani Benzi) e sviluppano lemanifatture degli arazzi e delle pietre dure.

In questo contesto, le famiglie dell’aristo-crazia fiorentina svolgono un ruolo di gran-de evidenza: i Gerini per la diffusione delvedutismo, i Ginori per la celebre manifat-tura delle porcellane di Doccia, i Corsini perla loro costante relazione con la Roma pon-tificia.

Tutti episodi che contribuiscono definirel’immagine di una città vitale e aggiornata,crocevia di molte esperienze e laboratorio dioriginali produzioni artistiche.

Estinti i Medici, Pietro Leopoldo diLorena trasferisce in Toscana la versioneeuropea del rococò e neoclassicismo, e lospirito riformista imposto dalle teorie illumi-nate anche nelle arti figurative. A Firenze siforma così una élite di committenti fra cuispiccano i residenti stranieri (ad esempiol’inglese Horace Mann).

Anche grazie a loro, Firenze divienetappa obbligata del grand tour.

Gli artisti toscani ne ricevono vantaggi,soprattutto i moderni vedutisti (tra gli altril’inglese naturalizzato Thomas Patch eGiuseppe Zocchi).

I Viaggiatori stranieri preferiscono ilrepertorio delle galanterie e delle vedute tra-dotte in pietre dure dal rinnovato Opificiodei Siriès.

Il granduca si dimostra protettore dellearti. Riforma gli statuti dell’Accademia, in cuioperano artisti di notevole livello comePietro Pedroni, Innocenzo Spinazzi,Francesco Carradori.

Dà impulso ai cantieri delle residenzegranducali – prime fra tutte la reggia diPalazzo Pitti e la villa di Poggio Imperiale –e incentiva lo studio dell’antico trasferendoda Roma a Firenze lo spettacolare grupposcultoreo della Niobe.

In questo clima di fervore civico e cultu-rale giungono a Firenze i francesi François-Xavier Fabre, Bènigne Gagnereaux, LuisGauffier e Jean-Baptiste Desmarais cacciatidalla Roma pontificia dopo l’uccisione deldiplomatico Nicolas de Basseville.

Massimiliano Soldani Benzi, Allegoria dell’inverno; Monaco, Bayerisches Nationalmuseum

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Essi portano in città la versione interna-zionale del neoclassicismo, contribuendoalla “riforma”del ritratto, della veduta, delquadro di storia alla vigilia dell’insediamentodella corte napoleonica (1799).

“Il Fasto e la Ragione. Arte del Settecento aFirenze” , Firenze, Galleria degli Uffizi, dal 30maggio al 30 settembre 2009. Catalogo: GiuntiEditore. Per informazioni: tel. 055 2654321;www.unannoadarte.it/fastoeragione.

Michele Gremigni nuovoPresidente dell’Ente Cassa

Nei primi mesi dell’anno, l’AvvocatoEdoardo Speranza ha lasciato l’incarico diPresidente dell’Ente Cassa di Risparmio diFirenze. La cultura toscana, nel periodo delsuo mandato, gli deve molto, perché non c’èstata attività nel mondo dell’arte pubblico oprivato che non sia stato stimolata e aiutatadall’Istituto da lui rappresentato. Si direbbeche la missione del Presidente Speranza,oltre a quella pertinente al suo ruolo di finan-ziere, abbia rivelato la grande attenzioneverso l’arte. La Biennale Fiorentina, finodagli anni della fondazione, ha avutonell’Istituto di via Bufalini quei sostegni chel’hanno aiutata a diventare una delle grandimanifestazioni del settore nel mondo. Il suoaiuto costante ha consentito di programmareavvenimenti che hanno esaltato la qualitàdella mostra. A lui dunque la nostra più gran-de riconoscenza, con la certezza di rivederlopresto in visita nelle sale di Palazzo Corsiniper questo cinquantesimo anniversario.

Al nuovo Presidente Michele Gremigni,che raccoglie un’eredità fatta di interventicostanti nel mondo dell’arte conl’acquisizione di una formidabile collezione diopere d’arte che gli ultimi Presidenti hannofortemente arricchito, auguriamo di incremen-tare le raccolte con quella sagacia che hadistinto i suoi predecessori anche perché èstato nel corso degli ultimi anni loro impor-tante e decisivo protagonista delle scelte.

Canova a Forlì

Gli addetti ai lavori probabilmente losanno, il pubblico verosimilmente no. Non ènoto che Forlì, e con Forlì le Romagne, furo-no luoghi fondamentali per Canova e, ingenerale, per il neoclassico in pittura e scul-tura. Una grande (e l’aggettivo, una voltatanto, è del tutto appropriato) rassegna ne hadato conto al San Domenico, fino al giugno2009. Si tratta della mostra Canova. L’idealeclassico tra scultura e pittura promossa dallaFondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, cura-ta da Antonio Paolucci, Fernando Mazzocca eSergéj Androsov e con l’allestimento diWilmotte e Alessandro Lucchi. Canova.L’ideale classico tra scultura e pittura si confi-gura come la più impegnativa e completaesposizione sino ad oggi dedicata al maestroveneto, dopo quella di Venezia del 1992. AForlì si potevano ammirare 160 opere.Attraverso una serie di capolavori esemplari,l’esposizione forlivese ripercorreva l’interacarriera del “moderno Fidia”, ponendo per laprima volta a confronto le sue opere (marmi,

gessi, bassorilievi, bozzetti, dipinti e disegni),oltre che con i modelli antichi cui si è ispira-to, anche con i dipinti di artisti a lui contem-poranei con i quali si è confrontato. DaCanova al grande neoclassicismo internazio-nale, con un focus di partenza – Forlì - benlocalizzato ma non locale. Una mostra chespaziava dalla scultura alla pittura, proponen-do anche alcuni, altissimi confronti conRaffaello e Tiziano, e altri capolavori di quel“classico” che fu fonte di ispirazione per moltiartisti tra l’ultimo Settecento e il primoOttocento. Per Forlì, Canova creò tre capola-vori. Innanzitutto una versione di Ebe, unadelle sue opere più popolari, realizzata tra il1816 e il 1817 per la contessa VeronicaGuarini. A precedere Ebe, nel 1814, fu laDanzatrice col dito al mento, destinata al ban-chiere Domenico Manzoni e andata dispersadopo la morte del proprietario in un atrocefatto di sangue, il cui mistero rimane ancorainsoluto. La vicenda verrà sublimata dallostesso Canova nella bellissima Stele funerariadi Domenico Manzoni ancora conservatanella chiesa della Santissima Trinità. Il con-fronto tra le due diverse versioni di Ebe, quel-la di Forlì e quella dove la figura è rappre-sentata su una nuvola, appartenutaall’Imperatrice Giuseppina moglie diNapoleone, evidenzia come il grande sculto-re seppe trasporre nel marmo l’audace moti-vo della figura in volo. Per capire la nascita diquesto capolavoro, la prima e la seconda Ebeerano collocate, scenograficamente, insequenza con due capolavori della sculturaantica: L’Arianna con la pantera, allora agliUffizi e oggi al Museo Archeologico diFirenze, e la straordinaria Danzatrice diTivoli, opera ellenistica cui Canova si è ispira-to. E ancora, in un accostamento mozzafiato,con il Mercurio volante di Giambologna, ilcapolavoro assoluto dello sculture cinquecen-tesco. Alle pareti le diverse rappresentazionidipinte di Ebe, un tema prediletto dai mag-giori pittori neoclassici stranieri (Reynolds,Romney, West, Hamilton, Vigée Le Brun) eitaliani (Lampi, Pellegrini, Landi), creavano unfantastico gioco di rimandi tra la pittura e la

scultura, in un esaltante gara fra la due arti incui proprio la scultura, grazie al genio diCanova, risulta vittoriosa. Canova associava labellezza eterna di Ebe, simbolo di una giovi-nezza ancora incontaminata, a quelle di altredivinità come Amore e Psiche, capolavoropresente nella sezione successiva, accanto adaltri suoi capolavori opportunamente con-frontati con le creazioni di pittori come Giani,Landi, Angelica Kauffmann, Hayez che sisono cimentati sugli stessi temi, negli stessianni. Ancora la raffigurazione dinamica dellafigura che si muove nello spazio era il motivodominante della sezione dedicata allaDanzatrice, anch’essa appartenutaall’Imperatrice Giuseppina e ora all’ Ermitage,confrontata con le magnifiche Danzatrici diHayez e soprattutto con le figure danzantipresenti nelle grandi tempere, capolavoriassoluti di Canova pittore, che finalmenterestaurate rivelano per la prima volta non solola loro commovente bellezza ma i segretidella loro tecnica davvero unica. Dopo questaampia sezione dedicata alla musica e alladanza, dove compariva anche la celebreTersicore, la statua in movimento di Orfeo,concessa dall’Ermitage, ci introduceva allastraordinaria sezione dedicata allo “Scultorefilosofo”. Ad essere qui indagato era il Canovache ha saputo confrontarsi con il tema meta-fisico della morte, come nelle stele funerariein marmo, ispirate a quelle attiche, messe aconfronto con analoghe rappresentazioni inpittura e con i drammatici bassorilievi sulleultime ore di Socrate. La grandezza diCanova, già in vita celebrato come il più gran-de scultore di tutti i tempi per avere riportatonel mondo la perfezione della scultura greca,era testimoniata da prestiti assolutamenteeccezionali. Come i due colossali Pugilatoridei Musei Vaticani, ispirati ai due Dioscuri delQuirinale, su cui il giovane Canova si arram-picò tante volte per studiarli. O come laVenere Italica di Palazzo Pitti, la dea moder-na tanto amata da Foscolo che la ritenevasuperiore a quella antica dei Medici. O anco-ra la Maddalena, capolavoro per il qualeCanova trovò ispirazione in Tiziano.Questo ultimo capolavoro sarà consideratodai romantici la sua opera più bella e per que-sto divenne motivo di ispirazione per Hayezla cui Maddalena, che sarà accostata a quelladi Tiziano e Canova, rivela nella sua sconvol-gente sensualità come, non uno scultore, mail celebre pittore del Bacio possa considerarsivero erede di Antonio Canova.

“Canova. L’ideale classico tra scultura epittura”, Forlì, Musei San Domenico, dal 25 gennaio al 21 giugno 2009.

Raffaello restaurato a Brera

Nell’ambito delle celebrazioni del bicen-tenario, Brera presenta uno dei suoi capola-vori, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello,a restauro ultimato, ricollocato nel percorsodi visita della Pinacoteca.

La tavola, celeberrima icona dellaPinacoteca, insieme al Cristo morto diMantegna, al Bacio di Hayez e alla Pala diMontefeltro di Piero della Francesca, era statadipinta nel 1504 per la chiesa francescana diCittà di Castello e donata a Giuseppe Lechi,generale dell’armata francese, dalla cittadi-

Canova, La danzatrice; San Pietroburgo,Ermitage

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nanza esultante per i rivolgimenti napoleoni-ci nel 1798.

Acquistata nel 1803 da GiacomoSannazzari e donata l’anno successivoall’Ospedale Maggiore di Milano, fu poiacquistata da Eugenio di Beauharnais e desti-nata con decreto vicereale alla Pinacoteca,grazie anche all’interessamento di GiuseppeBossi, allora segretario dell’Accademia diBelle Arti.

Diversi sono stati i restauri a cui la pala èstata sottoposta nel tempo: il primo, forserisalente al Settecento, è noto solo attraversola descrizione che ne fa nel 1858 il pittore erestauratore Giuseppe Molteni, incaricato dieseguire in quello stesso anno un ormai indi-spensabile intervento sia sul supporto chesulla superficie pittorica, documentato dauna dettagliatissima relazione.

Un nuovo restauro venne affidato aMauro Pelliccioli nel 1958, quando il dipintofu aggredito a martellate da un visitatore checolpì il gomito e il ventre della Vergine.

L’intervento di Pelliccioli si limitò allastuccatura e all’integrazione dei danni pro-curati dallo sfregio vandalico.

A partire dagli anni ottanta sono stateeseguite indagini non invasive, radiografie eriflettografie che hanno consentito di appro-fondire la conoscenza dell’opera e del suostato di conservazione.

A centocinquanta anni dal restauro diMolteni, l’immagine dello Sposalizio era ormaitroppo offuscata dall’alterazione dei materialisuperficiali ed era perciò venuto il momentoper un nuovo intervento che è stato affidatoai restauratori della Soprintendenza, PaolaBorghese, Andrea Carini e Sara Scatragli conla direzione di Matteo Ceriana ed EmanuelaDaffra, e che viene presentato in occasionedelle celebrazioni per il bicentenario dell’a-pertura della Pinacoteca.

Obiettivo è stato quindi quello di restitui-re leggibilità alla cromia del dipinto offusca-ta dalle vernici ossidate, dalle patinaturelocalizzate e dai ritocchi alterati e di consoli-dare alcuni sollevamenti della pellicola pitto-rica. In fase preliminare è stata eseguitaun’accurata campagna di indagini diagnosti-

che volta al riconoscimento della tecnicaesecutiva e degli interventi precedenti; que-sta campagna è stata realizzata sia dalLaboratorio Fotoradiografico interno sia daimaggiori istituti di ricerca nazionali, qualil’Università degli Studi di Milano, l’ENEA diRoma e Università degli Studi di Bergamo.

Lo staff interno dei restauratori ha lavora-to e lavora tuttora nel box trasparente mon-tato nella sala XVIII, che ospita i restauri digrandi dimensioni o di particolare rilievo,rendendo così le attività del laboratorio,costruito grazie a un intervento di PirelliS.p.a., parte integrante dei percorsi didattico-espositivi del museo.

Le fasi dell’intervento possono essere appro-fondite attraverso i materiali che sono raccolti nelsito della Pinacoteca (www.brera.beniculturali.it)alle pagine che attivate per permettere di segui-re il procedere dei lavori in tempo reale.

Nella stessa sala XXIV una videoproiezio-ne, illustra la storia del dipinto, i risultati delleindagini diagnostiche e le fasi salienti dei lavo-ri compiuti.

La cornice dello Sposalizio della Verginedi Raffaello

Quanti visitatori hanno concentrato lapropria attenzione, anche se solo per pochiminuti, sulla cornice del celebre Sposaliziodella Vergine di Raffaello?

Quanti si sono accorti della sua raffinatis-sima decorazione, in puro stile neoclassico,frutto di una straordinaria abilità tecnica e diuna grande invenzione decorativa?

Eppure il repertorio ornamentale costitui-to da racemi, fiori, vasi, erme, cammei ovalie tondi, animali dalle forme fantastiche, cestie acanti sembra rimandare alla migliore tra-dizione dei più raffinati virtuosismi ancorasettecenteschi: gli arredi per il Palazzo Realedi Torino, gli stucchi della Sala di Niobe agliUffizi, i lavori per la Villa Reale di Monza.

Quando e da chi fosse stata commissio-nata la preziosa incorniciatura, resta ancoraun quesito da risolvere, anche se nel catalo-go dedicato al restauro dello Sposalizio dellaVergine, Matteo Ceriana ne ha in parte rico-struito le vicende, e proposto – sia pur pru-dentemente – un’attribuzione.

Non sappiamo con quale cornice il dipin-to di Raffaello sia arrivato a Brera nel 1805.Forse non ne ebbe nessuna nei pochi anni incui lo Sposalizio della Vergine è rimasto diproprietà della famiglia Lechi, dopo che erastato prelevato dalla chiesa francescana diCittà di Castello; qui esso era collocato sul-l’altare di San Giuseppe, nel XVIII secolocompletato da una complessa soasa in stuc-co e marmo.

Al momento dell’acquisto dunquel’importante tavola doveva essere priva diuna degna incorniciatura, che molto proba-bilmente fu subito messa in cantiere e sivolle realizzare più ricca delle semplici,lineari cornici dorate che si stavano nel frat-tempo approntando per gli altri dipinti dellaPinacoteca.

L’elaborata cornice, ora recuperata dopoun lungo e complicato intervento di restau-ro, è infatti un esempio veramente cospicuodi ornato neoclassico e l’unica tra quelle delmuseo a riflettere questo gusto. Il riccorepertorio ornamentale, di grande invenzio-ne decorativa, e la straordinaria qualità tec-nica del manufatto sembrano rimandare allamigliore produzione di Giocondo Albertolli,decoratore e architetto, nonché docente diornato all’Accademia di Belle Arti di Brera

proprio in quegli anni.Quando Giuseppe Molteni affrontò a

metà Ottocento il restauro della preziosatavola avrebbe voluto valorizzare il dipintocon una in cattive condizioni conservative.Ma il progetto non ebbe seguito.

La cornice, caratterizzata da decori ese-guiti a pastiglia, per circa un anno è stataaffidata alle cure di Patrizia Fumagalli con lacollaborazione di Antonella Ortelli, LucaQuartana e Fabio Frezzato, che dopo le pre-ventive analisi, i rilievi e le mappature deirifacimenti e delle dorature, hanno procedu-to al restauro vero e proprio sotto la direzio-ne di Matteo Ceriana e di Emanuela Daffra.

Il restauro è stato possibile grazie ad uncontributo Pirelli e alla generosità dei fami-liari e di un gruppo di amici di Corso Bovio.Catalogo Electa

“Raffaello, Lo sposalizio della Vergine.Presentazione del restauro”, Milano,Pinacoteca di Brera, Sala XXIV, dal 19marzo 2009. Catalogo: Electa. Per informa-zioni: tel. 02 72263219 – 262 – 204;www.brera.beniculturali.it.

La Sala dei Paesaggialla Pinacoteca di Brera

Terzo appuntamento del bicentenariodella Pinacoteca è la mostra dedicata allaSala dei Paesaggi. Grazie all’impegno diIsabella Marelli è stato possibile ricostruirescientificamente, e in modo concreto,l’allestimento descritto nella Guida alle Saledella Pinacoteca di Brera data alle stampenel 1822.

Le ragioni che avevano portato al sua rea-lizzazione, già iniziata nel 1817, vanno ricer-cate nel progetto dell’Accademia di istituireuna scuola di paesaggio, necessità partico-larmente sentita per un genere pittorico digrande successo tra i collezionisti. La catte-dra di paesaggio fu assegnata solo nel 1838a Giuseppe Bisi. La rassegna di dipinti - rial-lestita al centro della sala XV dellaPinacoteca – illustrava la rilevante trasforma-zione avvenuta nel genere del paesaggio neiprimi decenni del XIX secolo: dalle vedutescenografiche e di fantasia di Bernardino(1707-1794) e Gaspare Galliari (1760-1818),ai paesaggi classici e neoseicenteschi nellevarie declinazioni di Luigi Basiletti (1780-1859), Gaetano Burcher (1781-1829) RosaMezzera (1780-1826) e Gaetano Tambroni(1810-1841), concepiti per soddisfare lerichieste di committenti aristocratici, gustodal quale non si discosta anche l’opera delgiovane Ambrogio Nava (1791-1862), desti-nato a diventare affermato architetto e presi-dente dell’Accademia dal 1850 al 1859; inparticolare la tela del francese Henri Fradelle(1778-1865) è rappresentativa di un nuovogusto troubadour, che avrà in Milano unseguace significativo come GiovanniMigliara. Il nucleo più cospicuo è rappresen-tato dalle vedute lombarde realizzate dalcelebre paesaggista Marco Gozzi (1759-1839), a riscontro di una pensione annuaottenuta fino alla sua scomparsa. I dipinti,inizialmente commissionati dal viceréEugenio di Beauharnais e successivamentedal Presidente dell’Accademia, hanno pertema luoghi legati alle vicende militari del-

Raffaello, Sposalizio della Vergine;Milano, Pinacoteca di Brera

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l’epoca e alla presenza francese inLombardia, oppure scorci lombardi di parti-colare interesse paesaggistico e pittoresco:soprattutto la produzione di Marco Gozzisancisce l’abbandono del paesaggio arcadicoper rivolgersi al rilevamento dal vero, dichiara ispirazione cartografica.

Accanto ai paesaggi erano esposte anchedue opere di Andrea Appiani (Giove incoro-nato dalle Ore e Apollo), rievocato qualenume tutelare dell’Accademia e della suaPinacoteca. La sistemazione dei dipinti nellasala originaria, pur con alcune sostituzioni,venne mantenuta per tutto il XIX secolo;d’altra parte i dipinti di Marco Gozzi e ilGiove incoronato dalle Ore di AndreaAppiani, conosciuto anche come Olimpo,furono a lungo proposti come modelli di stu-dio agli studenti dell’Accademia, come docu-mentano le numerose copie esposte alle ras-segne braidensi. Con la separazione dellaPinacoteca dall’Accademia la collezione deipaesaggi venne ripartita tra i due Istitutigiungendo anche alla divisione di opere inorigine in pendant. Nel 1902, a seguito delriallestimento della Pinacoteca di Brera, leopere dell’Ottocento vennero assegnate indeposito al Comune di Milano, per allestire ilMuseo del Castello Sforzesco, e poco dopotrasferite nella Galleria d’Arte Moderna,costituita presso la Villa Reale; negli annisessanta infine alcune tele furono concessein deposito temporaneo ad Uffici esterni,quali il Palazzo di Giustizia o l’Intendenza diFinanza. Per la ricomposizione di quell’insie-me originario ormai smembrato, ci si è avval-si della consultazione di documenti originaliconservati presso l’Archivio di Stato diMilano e l’Archivio dell’Accademia di Brera.La mostra è stata resa possibile anche grazieal prestito di dipinti di proprietàdell’Accademia di Brera; il catalogo, a cura diIsabella Marelli, reca inoltre un saggio diChiara Nenci sulla pittura di paesaggio aBrera tra didattica e esposizioni.“La Sala dei Paesaggi. 1817-1822”, Milano,

Pinacoteca di Brera, Sala XV, dal 7 aprile al2 giugno 2009.

Emozioni in terracotta

Una mostra importante e lungamentepensata e attesa, la prima dedicata ai plasti-catori modenesi Guido Mazzoni (1450 ca.-1518) e Antonio Begarelli (1499 ca.-1565), trai massimi interpreti della scultura in terracot-ta del pieno Rinascimento padano, portato-ri di un linguaggio che incarna in modo ori-ginale i due aspetti peculiari della culturafigurativa rinascimentale, quello più realisti-

co nell’arte di Mazzoni e quello più classicoe misurato nelle opere di Begarelli.

Mazzoni, attivo soprattutto nell’ultimoquarto del Quattrocento, sceglie per i suoiCompianti un’arte fortemente realistica,quasi a voler perpetuare credibilmente leforme effimere della religiosità popolare,come espresse anche nelle RappresentazioniSacre e in quelle Teatrali. Di qui le coloritu-re delle sue figure, ad imitazione del vero.Begarelli, artista cinquecentesco, le dipinge-va invece di bianco, per assimilarle almarmo, materiale più nobile della terracotta;ma anche per qualificarle come statue e noncome persone, al fine di renderle universali.

Promossa dal Comune di Modena - MuseoCivico d’Arte, dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Modena e dalla Soprintendenzaper i Beni storici artistici ed etnoantropologi-ci di Modena e Reggio Emilia, la mostra, cura-ta da Giorgio Bonsanti (Professore ordinariodi Storia e tecnica del restauro all’Università diFirenze e Coordinatore scientifico del CentroEuropeo di Ricerche sul Restauro) eFrancesca Piccinini (Direttrice del MuseoCivico d’Arte di Modena), celebrava la gran-dezza assoluta di questi due artisti colti e raf-finati, la cui fama si estese fin dal Cinquecentoal di là del ristretto ambito locale, superandoanche i confini della penisola italiana.

La materia delle loro figure è la terracotta,così tipica nella tradizione emiliana perl’indisponibilità di marmi o pietre adatte, e alcontrario la facile reperibilità dell’argilla. Diquesta tecnica, Mazzoni e Begarelli sono forsei due massimi esponenti nella tradizione arti-stica italiana. Insufficientemente conosciutianche fra gli “addetti ai lavori”, mentre in vitaavevano incontrato ampio consenso, i dueattendevano un’esposizione che li ripropo-nesse al pubblico e li gratificasse dell’ammira-zione che meritano. Si tratta indubbiamente didue fra i massimi scultori dell’intera storia del-l’arte, anche se si espressero unicamente nellascultura di formatura (“per via di porre”) enon per intaglio (“per via di tòrre”, di toglie-re, come nel marmo o la pietra).

Guido Mazzoni, Compianto sul Cristo morto; Busseto, Chiesa di Santa Maria degli Angeli

Henry Jean-Baptiste Fradelle, Cortile dell’Ospedale militare di Sant’Ambrogio; Milano,Accademia di Belle Arti di Brera

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La rassegna illustrava l’attività di GuidoMazzoni e Antonio Begarelli, che si distendelungo quasi un secolo, all’incirca tra il 1470e il 1560, e incarna quelli che si potrebberodefinire i due volti del Rinascimento, quellorealistico e declamatorio e l’altro più classi-co e idealizzante, e il contesto che li ha vistioperare, ribadendo l’importanza della loroproduzione nell’ambito della scultura pada-na e in un più ampio panorama artistico, inparallelo alle più note vicende pittoriche escultoree segnate da protagonisti qualiErcole de’ Roberti, Giovanni Bellini, Nicolòdell’Arca, Alfonso Lombardi, Correggio eRaffaello.

Con Emozioni in terracotta. GuidoMazzoni e Antonio Begarelli. Sculture delRinascimento emiliano si intendeva appro-fondire in tutti i suoi aspetti l’intensa attivitàdei due scultori modenesi. La mostra al ForoBoario raccoglieva una sessantina di opere,in prevalenza scultoree, cui si affiancanoalcuni dipinti e opere grafiche, accuratamen-te selezionati, al fine di ricostruire sintetica-mente il contesto all’interno del quale sisitua l’attività dei due plasticatori. La mostraera arricchita da un itinerario in città e sulterritorio, che prevedeva la visita dellaGalleria Estense e del Museo Civico, dove siconservano opere che non si è ritenuto pru-dente spostare dalla loro collocazione abi-tuale e delle chiese del centro storico cittadi-no in cui ancora si custodiscono gruppi scul-torei di Mazzoni e Begarelli (Sant’Agostino,San Giovanni, San Francesco, il Duomo, SanDomenico e San Pietro), oltre a suggerire unitinerario ideale che arriva a Ferrara e aParma.

Un itinerario reso ancora più suggestivoda una nuova illuminazione delle opere che,avvalendosi di particolari tecnologie di avan-guardia, ne esalta le qualità plastiche, espres-sive e liturgiche grazie alla possibile sceltatra diverse opzioni.

Questa esposizione è stata origine di unaserie di scoperte, alcune d’interesse vera-mente straordinario, e presenta una notevo-le quantità di opere inedite o poco cono-sciute. Tra queste figuravano, tra l’altro, iframmenti del Monumento Belleardi delBegarelli, rinvenuti nel 2007 in occasionedelle operazione di restauro della Chiesa diSan Francesco.

“Guido Mazzoni e Antonio Begarellifurono protagonisti indiscussi della sculturadel Rinascimento – nota la curatrice dellamostra Francesca Piccinini -, accostati inpassato in virtù delle comuni origini, dell’u-tilizzo pressoché esclusivo della terracotta,ritenuta una tecnica tipicamente modenesee di un presunto, ma infondato rapporto didiscepolato, dedotto dalla comune apparte-nenza a quella stagione rinascimentale chein tutta la penisola si è manifestata come ilmomento forse più alto e originale della sto-ria dell’arte italiana, declinandosi tuttavia inmolteplici e feconde variabili geografiche etemporali, queste ultime particolarmentesignificative nel caso nostro. Mazzoni eBegarelli distano infatti tra loro cronologica-mente una cinquantina di anni appena,essendo nato presumibilmente il primointorno al 1450 e il secondo al 1500, maesprimono attraverso la loro produzioneartistica modi di pensare, idee e convinzioniappartenenti a due stagioni profondamentediverse”.

In occasione della mostra è stato pubbli-

cato un catalogo edito da Franco CosimoPanini Editore.

“Emozioni in terracotta Guido Mazzoni eAntonio Begarelli. Sculture del Rinascimentoemiliano”, Modena, Foro Boario, dal 21marzo al 7 giugno 2009. Catalogo: PaniniEditore.

Gemito a Napoli

Al Museo Pignatelli dal 29 marzo, lamostra dedicata a Vincenzo Gemito, uno deiprotagonisti della scultura europea traOttocento e Novecento, attivo a Napoli tra il1868 e il 1929, anno della sua scomparsa. Sono esposte oltre duecento opere: dalle ter-recotte giovanili, di prodigiosa precocità,fino ai superbi bronzi della maturità; sono,inoltre, presentati circa ottanta tra i disegnipiù significativi dell’artista, realizzati apenna, matita, carboncino, seppia, acquerel-lo. Le opere provengono da raccolte pubbli-che e private, italiane e straniere.

Le esposizioni dedicate a Gemito sonostate rarissime: degne di rilievo quella del1953 al Palazzo Reale di Napoli e la selezio-ne presentata a Spoleto, nel 1989, nell’ambi-to del Festival dei Due Mondi. Presentare,quindi, a distanza di anni, una rassegnaampia e articolata della produzione diGemito, costituisce senz’altro un’occasioneunica per riscoprire e far conoscere un gran-de esponente delle arti e della civiltà aNapoli tra Otto e Novecento, documentandoanche aspetti poco noti della sua attività,come le piccole sculture cesellate, con osses-siva precisione, in metalli preziosi, secondometodi sperimentali di grande modernità,ma al tempo stesso eredi di una lunga e for-tunata tradizione locale, che affondava le sueradici fin in età ellenistico-romana.

Nella mostra al Museo Pignatelli è presen-tata, inoltre, un’ampia selezione di opere–sculture e disegni – appartenenti alla celebreraccolta di Achille Minozzi, che, in stretti rap-porti con l’artista, realizzò, con passione ecompetenza, tra fine Ottocento e iniziNovecento. La collocazione delle operesecondo criteri sia cronologici che tipologiciconsente un percorso che documenta l’intero

itinerario artistico di Gemito, evidenziando,tra l’altro, affinità e diversità che caratterizza-no la sua produzione grafica da quella plasti-ca. Nel percorso della mostra sono esposteanche opere di pittori e scultori che con luicondivisero esperienze umane e artistiche.Infatti, nel complesso panorama dell’artedell’Ottocento, tra istanze realistiche e tensio-ni simboliste, Gemito - che visse a Parigi tra il1877 e il 1880 - pur mantenendo una forteautonomia, intrattenne costanti relazioni con imaggiori protagonisti del tempo, da Boldini aRodin. La mostra, che si apre con due saledestinate a documentare gli importanti nucleicollezionistici Minozzi e Consolazio, proseguepoi con un allestimento concepito per sezio-ni tematiche dedicate ai soggetti più frequen-temente ricorrenti nella sua produzione: fan-ciulli ripresi dal vero, pescatori e acquaiolirappresentanti un’umanità atemporale chel’artista propone senza alcun intento polemi-co o di denuncia sociale, ritratti e autoritratti,meduse e sibille, nonché grandi personaggistorici, quali Alessandro Magno e Carlo V.Tutti protagonisti della personale ricerca sul-l’uomo che Gemito affronta con intensosenso etico, perseguendo l’essenza dellaforma fissata nel gesto e nell’attimo.Particolare attenzione è riservata alla riccaproduzione grafica, con una selezione di circaottanta disegni, in parte inediti, realizzati apenna, a matita, a carboncino, a seppia e adacquerello. Alcuni sono studi o schizzi per lesculture, altri sono concepiti come vere e pro-prie espressioni autonome. Al piano terradella villa trovano posto altre opere: il cen-trotavola realizzato per Umberto I è espostonella Sala da Pranzo; il Narciso eseguito per iPignatelli è nel Fumoir; la grande scultura raf-figurante Oscar du Mesnil, proveniente dalMuseo di Philadelphia, è nella Sala da Ballo.Qui una interessante sezione documentaria efotografica testimonia la vita di Gemito, i luo-ghi e le persone a lui cari, gli amici e i com-mittenti che lo sostennero nei momenti piùdrammatici della sua esistenza.

“Vincenzo Gemito”, Napoli, MuseoPignatelli, dal 28 marzo al 5 luglio 2009.Catalogo: Electa.

Capolavori del Museum ofFine Arts di Boston a Rimini

Un appuntamento imperdibile, perchènon altra volta riproducibile. Sessantacinquecapolavori della pittura europea dalCinquecento al Novecento provenienti dauno dei maggiori musei del mondo, ilMuseum of Fine Arts di Boston.

Occasione che mai più si verificherà, dalmomento che l’istituzione americana ha inatto una parziale chiusura delle sale che por-terà, nell’autunno 2010, all’inaugurazionedella nuova, immensa sala progettata daNorman Foster. Tale iniziativa condurrà poi,come sempre accade in questi casi, a un suc-cessivo blocco dei prestiti. Pertanto Rimini sicandida ad essere il luogo, non solo in Italiama in Europa, che rappresenterà nei prossimimesi Boston e il suo museo straordinario. Ilgrande racconto della pittura. Singolarmentevicine le dichiarazioni del direttore del Museoamericano, Malcolm Rogers e del direttore diLinea d’ombra libri, nonchè curatore di que-sta mostra, Marco Goldin: l’arte è per tutti.

Vincenzo Gemito, Autoritratto; Napoli,Museo Pignatelli, Collezione Intesa SanPaolo

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Nella comune convinzione che non si debba-no innalzare ostacoli né barriere davanti aicapolavori d’ogni tempo. E che questi capola-vori possano essere amati veramente da tutti.

La mostra di Rimini, che pur ripercorremolte importanti scuole nazionali in Europa,sarà allestita da Marco Goldin secondo un’ideadi continui e significativi accostamenti, artico-lati in sei sezioni: Il sentimento religioso, Lanobiltà del ritratto, L’intimità del ritratto,Nature morte, Interni, Il nuovo paesaggio.

“Da Rembrandt a Gauguin a Picasso.L’incanto della pittura. Capolavori dalMuseum of Fine Arts di Boston”, Rimini, CastelSismondo, dal 10 ottobre 2009 al 14 marzo2010. Per informazioni: tel. 0422 429999;www.lineadombra.it.

Vespasiano e i Flavi

La Soprintendenza speciale per i Beniarcheologici di Roma ricorda con una gran-de mostra la nascita dell’imperatoreVespasiano avvenuta 2000 anni fa. Il 2009 èperciò una data importante per la storia diRoma e dell’Impero, occasione per una sta-gione di iniziative culturali di grande rilievoproposte dal Comitato Nazionale per leCelebrazioni del Bimillenario, e varate dalMinistero per i Beni e le Attività Culturali.Tito Flavio Vespasiano nacque a Falacrinaein Sabina, un vicus del territorio di Rieti,esattamente il 17 novembre del 9 d.C. Lamostra Divus Vespasianus. Il bimillenario deiFlavi, curata da Filippo Coarelli in collabora-zione con la Soprintendenza speciale per ibeni archeologici di Roma e con Electa, restaaperta al pubblico dal 27 marzo 2009 fino al10 gennaio 2010.

Racconta le gesta della dinastia Flavia: diVespasiano (69-79), del primogenito Tito(79-81) e del figlio minore Domiziano (81-96). La mostra comincia al Colosseo, perproseguire lungo un percorso che tocca imonumenti flavi nell’area del Foro e delPalatino con altri due punti espositivi: laCuria (Foro romano) e il criptoportico nero-niano (Palatino). Nel mese di aprile, durantela settimana dei Beni Culturali, si è inaugu-rata un’ulteriore sezione sul Campidoglio,nei Musei Capitolini, a Palazzo Nuovo, sem-

pre a cura di Filippo Coarelli e in collabora-zione con la Sovrintendenza ai Beni Culturalidel Comune di Roma. Dopo una lunga eonorata carriera al servizio degli imperatorigiulio-claudii nell’ambito dell’amministrazio-ne provinciale e dell’esercito, al momentodella morte di Nerone - avvenuta nel 68 d.C.- Vespasiano si trova in Medio Oriente alcomando dell’esercito incaricato di reprime-re la grande rivolta giudaica, iniziata nel 66d.C. La scomparsa violenta in un solo anno,il 69 d.C., degli imperatori Galba e Otone, el’eliminazione di un terzo, Vitellio, da partedello stesso Vespasiano, gli aprono la via delpotere. Viene acclamato imperatore dall’e-sercito, ad Alessandria, e nel 70 si insedia aRoma. Si trattò di un evento traumatico e deltutto imprevisto, poiché alla dinastia giulio-claudia, appartenente alla più alta nobiltàrepubblicana, si sostituiva una famigliamodestissima, di origini sabine, priva di tra-dizioni aristocratiche, segnando una rotturadefinitiva con la gestione monopolistica delpotere da parte dell’aristocrazia senatoria diRoma. In effetti Vespasiano, ricordato comeuomo semplice e dotato di un notevolesenso dell’umorismo, proveniva da una sco-nosciuta famiglia del ceto equestre ed eraquello che oggi si definirebbe un self mademan.Quando arrivò alla massima carica delloStato aveva già 60 anni. Svetonio, principalefonte storica con il suo De Vita Caesari,riporta che Vespasiano trovò le finanze stata-li in una situazione drammatica. L’ammancoalle casse imperiali ammontava a 40milionidi sesterzi.

A ciò si aggiungeva la debolezza dellapotenza militare dell’Impero, sottoposto anumerose guerre civili.Quest’ultimo proble-ma venne risolto instaurando una ferreadisciplina nell’esercito. Nel campo dellefinanze non solo impose un drastico taglioalle spese di corte, ma introdusse anchenuove imposte. La politica finanziaria diVespasiano permise di appianare il debitopubblico e consentì anche degli importantiinvestimenti in lavori pubblici che cambiaro-no il volto della capitale. Vespasiano muorenell’estate del 79 d.C..

Gli succede suo figlio Tito che, comun-

que, aveva affiancato il padre nell’eserciziodel potere. L’idea centrale della mostra èl’immagine di Vespasiano, la novità della suafigura di homo novus, non aristocratico, nelruolo di imperatore, e la politica popolare einnovativa che esercitò a Roma e nelle pro-vince dell’Impero. I primi progetti del suogoverno presero le mosse dalla restituzionealla città degli spazi che arbitrariamenteNerone aveva “privatizzato” e incluso nellapropria reggia, tra questi la valle tra Oppio,Celio e Palatino che Vespasiano trasformònel luogo più celebre della romanità: ilColosseo. Al posto del lago artificiale chefaceva parte dell’estesa Domus Aurea diNerone,Vespasiano avvia la costruzionedell’Amphitheatrum Flavium destinato aipopolari spettacoli dei gladiatori e facostruire una monumentale fontana, la MetaSudante. È solo nell’80 d.C. che il figlio Tito,ormai imperatore, inaugura il Colosseo ter-minato, però, dal fratello Domiziano.La mostra si apre con il ritratto diVespasiano proveniente dalla Ny CarlsbergGlyptoteck di Copenaghen che “corrispondecon piena evidenza alla descrizione che delsuo fisico abbiamo dagli storici delle sueimprese militari: un vecchio militare di ori-gine plebea, dall’aspetto e nel modo di com-portarsi.

Invece nel ritratto del Museo NazionaleRomano (in Palazzo Massimo e in mostra) civiene presentato il princeps dall’aspettodistinto, intellettuale e vagamente ricordantequalche sovrano ellenistico” (da RanuccioBianchi Bandinelli, Roma, l’arte romana nelcentro del potere). Seguono i ritratti dei com-ponenti della dinastia flavia. Nell’area deiFori imperiali, e precisamente nel TemplumPacis costruito tra il 71 e il 75 d.C all’indo-mani della guerra giudaica, Vespasiano faesporre al pubblico il bottino della guerragiudaica (ossia il tesoro del Tempio diGerusalemme), e le opere d’arte che Neroneaveva raccolto nella sua dimora, la DomusAurea. In mostra alcuni resti del tempio,come una cornice con protome leonina e ilframmento di un architrave riccamentedecorato.

Il secondo grande tema della mostra èRoma, che conobbe con la dinastia flaviaun’intensa stagione edilizia che ne cambiòradicalmente il volto. I monumenti di epocaFlavia sono illustrati da frammenti di unagrande pianta della città, incisa su lastre dimarmo e in mostra, denominata dagli stu-diosi forma urbis.

Con Vespasiano e soprattutto conl’ultimo principe della dinastia, Domiziano,che affidò i suoi progetti alle audaci solu-zioni dell’architetto Rabirio, raggiungono ilpieno sviluppo la grande architettura di rap-presentanza, ma anche l’urbanistica el’architettura dei quartieri privati e residen-ziali: sorgono così i monumentali complessidel Templum Pacis, del Colosseo, del gran-dioso palazzo dinastico sul Palatino (laDomus Flavia), e ancora il Foro Transitorio,il Tempio di Giove Capitolino (che vienericostruito due volte, la prima da Vespasianoe la seconda da Domiziano), e sorgonoanche - alla luce del disegno di propagandadinastica elaborato da Domiziano - i variedifici destinati al culto della gens Flavia: ilTempio di Vespasiano divinizzato (nelForo), il Divorum (nel Campo Marzio), e ilTemplum Gentis Flaviae (sul Quirinale). Lamostra si sviluppa principalmente nell’am-

Testa di Vespasiano; Copenaghen, NYCarslberg Glyptothek

Paul Gauguin, Paesaggio con due donnebretoni; Boston, Museum of Fine Arts

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bulacro del primo piano del Colosseo, che èal contempo oggetto e sede dell’esposizionee prevede 6 sezioni così articolate: Le origi-ni sabine, La dinastia flavia, La Nuova Roma,La propaganda di Domiziano, I Flavi inItalia, Le città vesuviane, I Flavi e l’Impero.

Il catalogo, edito da Electa, segue la strut-tura della mostra, e arricchisce i contenuticon osservazioni puntuali prodotte dallericerche recenti, proponendo riflessionisu eventi storici come la Guerra Giudaica esu temi più generali come la propaganda,il linguaggio dell’arte e dell’architettura, el’amministrazione flavia.

“Divus Vespasianus. Il bimillenario deiFlavi”, Roma, Colosseo, Curia (Foro Romano),Criptoportico Neroniano (Palatino), dal 27marzo 2009 al 10 gennaio 2010. Catalogo:Electa. Per informazioni: tel. 06 3996770.

Beato Angelico a Roma

Beato Angelico. L’alba del Rinascimento èla più grande mostra monografica in Italia,dopo quella del 1955 in Vaticano e a Firenze,del frate Giovanni da Fiesole al secolo Guidodi Pietro. Una significativa collezione diopere provenienti dai più importanti museiitaliani e stranieri, alcune delle quali per laprima volta esposte al pubblico, che testi-moniano la sua prolifica attività artistica.

Nato nella provincia fiorentina, a Vicchionel Mugello, città natale anche di Giotto,intorno alla fine del XIV secolo, divennefrate entrando nel convento di SanDomenico a Fiesole dei domenicani osser-vanti. Pittore, miniatore e disegnatore, BeatoAngelico, fu un osservante predicatore delneotomismo, corrente filosofico-religiosa cheriprendeva i principi di Tommaso d’Aquino.

La mostra Beato Angelico. L’alba delRinascimento traccia l’intero percorso del-l’artista definito dal Vasari “Angelicus Pictor”,attraverso una selezione curata da Gerardode Simone, Giovanni Morello ed AlessandroZuccari, a partire dalle prime tavole di gustotardo gotico, come la Tebaide e la Madonnadei Cedri, alle opere della maturità come ilParadiso. In mostra sono presenti tavole,tabernacoli, scomparti di pale, tele, disegni eminiature, a conferma del carattere poliedri-co dell’arte del frate domenicano. Molte leopere inedite o mai presentate in mostra,come la predella di Zagabria (che ritrae leStimmate di san Francesco e San Pietro

Martire), ed alcune opere restaurate perquesta occasione, come le tre tavole che rap-presentano il Giudizio finale, l’ Ascensionee la Pentecoste appartenenti alla romanaGalleria Corsini.

La mostra, promossa dal Comune diRoma, Assessorato alle Politiche Culturali edella Comunicazione, Sovraintendenza aiBeni Culturali, Comitato Nazionale per i 550anni della morte del Beato Angelico, ZètemaProgetto Cultura, è aperta al pubblico dall’8aprile al 5 luglio 2009 presso i MuseiCapitolini a Roma.

“Beato Angelico. L’alba delRinascimento”, Roma, Palazzo deiCaffarelli, Musei Capitolini, Piazza delCampidoglio, dall’ 8 aprile al 5 luglio 2009.Per informazioni:tel. 060608.

Giotto e il Trecento

La mostra Giotto e il Trecento. Il piùSovrano Maestro stato in dipintura è rimastaaperta al pubblico dal 6 marzo al 29 giugno2009 presso il Complesso del Vittoriano aRoma. Un’importante rassegna dedicata aduno dei maggiori artisti italiani delMedioevo che influenzò con le sue opere ilmodo di concepire l’arte nel Trecento. Oltre150 opere, provenienti da importanti istitu-zioni museali ed ecclesiastiche sia italianeche straniere, erano in esposizione perripercorrere la vita e la carriera di Giotto, alsecolo Giotto di Bondone (probabilmentediminutivo di Ambrogio o Angiolo diBondone). Nato a Colle di Vespignano intor-no al 1267 (non ci sono certezze né sulluogo né sull’anno di nascita), Giotto si tra-sferì giovane a Firenze dove divenne allievodel Cimabue. In seguito affermò la sua arteun po’ in tutta l’Italia, stabilendosi nelle cittàdi Roma, Padova, Arezzo, Rimini, Assisi eNapoli. Le sue opere rappresentarono unpunto di scolta dell’arte italiana, passandodallo stile artistico bizantino ad uno stile piùrealistico ed innovativo. La rappresentazio-ne tridimensionale dello spazio, il recuperodell’immagine e della figura umana diven-nero grazie a Giotto caratteristiche fonda-mentali rinnovando così l’arte italiana. Lequalità innovative di Giotto furono già com-prese dai suoi contemporanei, come dimo-strano le diverse citazioni nella letteraturafin dai primi decenni del ‘300. La mostra

Giotto e il Trecento. Il più Sovrano Maestrostato in dipintura curata da AlessandroTomei, professore ordinario di Storiadell’Arte Medievale presso l’Università G.D’Annunzio di Chieti-Pescara, in collabora-zione con Claudia Viggiani, offrivaun’attenta analisi della situazione artisticaitaliana tra l’ultimo decennio del XIII secoloe la prima metà del XIV secolo, seguendogli spostamenti di Giotto nella nostraPenisola. La parte principale della mostra èdunque improntata su una dettagliata rico-struzione della sua carriera artistica in riferi-mento alle scuole pittoriche dei luoghi doveGiotto produsse le proprie opere, spessoperdute per sempre ed in altri casi difficil-mente riconducibili alla sua mano, poiché ilmaestro toscano amava circondarsi di unafolta schiera di discepoli ai quali consentivadi partecipare attivamente alla realizzazionedelle opere.

L’influenza di Giotto non si limitò allasola pittura, ma, come veniva testimoniatonell’esposizione capitolina, trovò ampioseguito nel settore delle arti suntuarie (ore-ficerie e manoscritti miniati), all’epoca il piùdiffuso mezzo per la circolazione di temi sti-listici e iconografici. La sezione dedicata allascultura presentava alcune opere di NicolaPisano e Arnolfo di Cambio che testimonia-no l’importanza di questi due artisti per laformazione di Giotto. Erano altresì presentiin questa sezione alcune opere di Giotto sutemi spaziali e di naturalismo già presentinelle opere arnolfiane e in seguito appro-fondite da altri grandissimi maestri, qualiGiovanni Pisano, Tino di Camaino,Giovanni di Balduccio e Andrea Pisano.Ampio spazio era invece riservato alla scuo-la romana, un’occasione importante percomprendere il ruolo che Roma e i suoiantichi monumenti svolsero nella formazio-ne dell’arte di Giotto. Assieme ai capolavorigiotteschi, la mostra raccoglieva le opere dinumerosi illustri artisti quali Cimabue,Giovanni Baronzio, Arnolfo di Cambio,Ambrogio Lorenzetti, aprendo dunqueun’ampia finestra sull’arte italiana deltempo. Collegato alla mostra è l’interessanteprogetto L’altro Giotto, grazie al quale erapossibile ammirare nelle sale del Complessodel Vittoriano le innumerevoli opere che, siaper la loro imponente struttura che perl’estrema fragilità, non sono state trasferitein occasione dell’esposizione, ma ritenutefondamentali per la comprensione dell’artedi Giotto nel Trecento.

“Giotto e il Trecento. Il più SovranoMaestro stato in dipintura”, Roma,Complesso del Vittoriano, Via di San Pietroin Carcere, dal 6 marzo al 29 giugno 2009.Catalogo: Skira.

Hiroshige

Per la prima volta in Italia 200 opere diuno dei più grandi artisti giapponesi di ognitempo. La Fondazione Roma, presieduta dalProf. Avv. Emmanuele Francesco MariaEmanuele organizza a Roma, presso il pro-prio spazio espositivo, il Museo FondazioneRoma (già Museo del Corso) – fino al 13 set-tembre 2009 – la mostra Hiroshige. Il mae-stro della natura.

La mostra, per la prima volta in Italia,Giotto, Polittico con Cristo benedicente e quattro santi; Raleigh, North Carolina,Museum of Art

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presenta 200 opere di Utagawa Hiroshige(1797-1858), uno dei più grandi artisti giap-ponesi di ogni tempo, che ebbe una notevo-le influenza sulla pittura europea e soprattut-to sull’impressionismo e post-impressioni-smo. Imitato da numerosi artisti del XIXsecolo, il caso più celebre resta quello diVincent Van Gogh che si ispirò profonda-mente alla sua tecnica e alle sue tematiche eriprodusse in modo fedele alcune delle sueopere in quadri famosissimi.

Promossa dalla Fondazione Roma in col-laborazione con The Honolulu Academy ofArts e prodotta in collaborazione conArthemisia, la mostra è a cura di Gian CarloCalza, con il coordinamento scientifico diThe International Hokusai Research Centre.E rappresenta un’occasione unica per cono-scere un artista che, per la straordinariacapacità di contemplare ed esprimere lanatura nel suo lato più armonico, anche nelbel mezzo di tempeste di neve o gorghi dimare, ancora oggi veicola il messaggio diuna intensa capacità di ascolto religioso cheaccomuna i sentimenti dell’uomo al respirodel cosmo, avvicinando l’infinitamente pic-colo allo sconfinatamente grande.

“Dopo l’esposizione Capolavori dallaCittà Proibita. Qianlong e la sua corte del2008 – dichiara il Presidente Emanuele - laFondazione Roma ha rivolto ancora unavolta il suo sguardo e la sua attenzione almondo orientale con una mostra dedicata adun pittore considerato uno dei massimi espo-nenti dell’arte ukiyoe (immagini del mondofluttuante) che tra gli inizi del Seicento e lafine dell’Ottocento espresse i gusti e lo stiledella società giapponese proto-modernadelle grandi città, delle classi mercantili eimprenditoriali e della borghesia in genere.Una società della quale Hiroshige è indiscus-so maestro del paesaggio, e, secondo alcuni,addirittura superiore a Hokusai per il suoparticolare approccio religioso alla naturarispecchiante un sottile afflato shintoista”.“La mostra – continua Emanuele – è un ulte-riore tassello del progetto interculturale chela Fondazione Roma porta avanti attraversol’iniziativa propria del suo Museo, che nel2009 celebra i primi dieci anni di attività.

Dieci anni durante i quali la Fondazione hapromosso esposizioni ed eventi collateraliinnovativi, che hanno contribuito sensibil-mente ad arricchire l’offerta culturale dellacittà di Roma”.

La produzione di Hiroshige è essenzial-mente di stampe policrome, il principaleveicolo di diffusione dell’arte del MondoFluttuante con fogli singoli e libri di illustra-zioni di cui si stima ne abbia prodotte oltre4000, oltre alle immagini per 120 libri. Sitratta di un’arte per fruizione diretta, privata,non per esposizione monumentale: nellaquiete della visione domestica, infatti, la suaqualità e creatività potevano arrivare a tra-smettere il senso della grandiosità delle golee fiumi fra vertiginose montagne, di gorghi ecorrenti negli stretti del mare, intere peniso-le estese sotto la luna. Come nei tre celebritrittici, presenti in mostra, realizzati alla vigi-lia della scomparsa di Hiroshige a Edo nel1858 durante un’epidemia di colera.

Divisa in cinque sezioni, la mostra dellaFondazione Roma Museo, Hiroshige. Il mae-stro della natura presenta opere provenientidall’Honolulu Academy of Arts che possiedeforse la più grande raccolta di stampe diHiroshige in Occidente con oltre 3.000 fogliderivanti per la massima parte dal lascito diJames Michener, il celebre romanziere diSayonara e Hawaii oltre a foto della fonda-zione JCII di Tokyo il più importante museogiapponese di strumenti fotografici e uno deipiù grandi di fotografia. Catalogo Skira.

“Hiroshige Il maestro della natura”,Roma, Fondazione Roma Museo, dal 17marzo al 13 settembre 2009. Catalogo: Skira.Per informazioni: tel. 06 916508451;www.hiroshige.it.

Raffaello a Urbino

Urbino non fu solo la città natale diRaffaello, ma determinò in modo significativola sua formazione, restando per tutta la suavita un punto di riferimento essenziale.Partendo da questo presupposto, la grandemostra che si conclude nel Palazzo Ducale diUrbino il 12 luglio intende recuperare e valo-rizzare proprio questa stretta connessione traRaffaello e la sua città natale. Esaminando ilcontesto urbinate, dalla fine degli anni Settantaa tutti gli anni Ottanta del Quattrocento, vienericostruito l’ambito artistico-culturale in cui siformerà il giovane Raffaello e nel quale operail padre, Giovanni Santi, pittore dei duchi e let-terato, che è a capo di una ricca e fiorente bot-tega, oltre che autore della famosa Cronacanella quale esprime importanti giudizi sui pit-tori a lui contemporanei. La mostra, allestitanel Salone del Trono e nelle sale dell’apparta-mento della Duchessa del Palazzo Ducale,sede della Galleria Nazionale delle Marche, sipone l’obiettivo di ricondurre la prima forma-zione di Raffaello alla grande cultura espressadalla corte urbinate e soprattutto all’influenzadel padre, Giovanni Santi e presenta i capola-vori giovanili di Raffaello, 20 dipinti e 19 dise-gni originali, messi in rapporto alla pittura delpadre e di altri pittori vicini alla fase giovaniledella sua formazione ad Urbino, 32 dipinti e10 disegni.Una sezione della mostra è inoltrededicata al rapporto dell’opera di Raffaellocon la più importante produzione del ducatodi Urbino, la maiolica, basata sulle immaginiraffaellesche, di cui sono esposti esemplariantichi. E’ visibile, per la prima volta, un pezzomai esposto, derivato direttamente da un dise-gno originale e non da un’incisione diRaffaello, assieme a numerosi esempi fra i più

Raffaello, Allegoria sogno del cavaliere; Londra, National Gallery

Utagawa Hiroshige, Kameido, Villa del susi-no; Honolulu, Honolulu Academy of Arts

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preziosi di questa produzione. Raffaello nac-que nel 1483 e fu di certo, come ricordano lefonti, un fanciullo prodigio. Ciononostante lastoriografia ha troppo spesso trascurato laconoscenza dei suoi anni giovanili, la cui rico-struzione ci appare oggi come fondamentale.A cominciare dalla mostra di Londra del 2004,la critica sta portando la sua attenzione pro-prio sugli anni giovanili, prendendo in esamel’assunto di questa rassegna, cioè la prevalen-za, nella formazione di Raffaello, del rapportocon il padre, con la sua bottega e soprattuttocon la grande cultura che ha come epicentroil Palazzo Ducale con le sue collezioni d’arte.Raffaello, che è citato nel 1511 a Roma comeallievo del padre Giovanni Santi, non si dis-taccò mai dalla sua città natale che rimase,anche nel periodo maturo della sua carriera, ilcentro dei suoi interessi, anche economici.Baldassar Castiglione, legato strettamente aiMontefeltro, e Bramante, protettore diRaffaello a Roma, sono state figure di riferi-mento per tutta la sua vita. La mostra esaminaquindi le vicende della bottega di GiovanniSanti dopo la sua morte avvenuta nel 1494. Ilgiovane Raffaello nel 1500 eredita la bottegapaterna fino a firmarsi “Magister”, conEvangelista da Piandimeleto, per la commis-sione della pala di S. Agostino a Città diCastello. Le ricerche archivistiche in corsohanno peraltro portato alla luce un numeroincredibile di nuovi documenti, non pubblica-ti da Pungileoni, che mostrano il tessuto arti-stico in cui si forma il giovane Raffaello e glistretti legami, mai recisi, con la sua città nata-le, sia artistici che economici. La presenza diBramante a Urbino, che sarà poi il più validosupporto alla sua carriera romana, la possibileinfluenza di altre personalità presenti nellacittà ducale come Girolamo Genga e TimoteoViti, rendono molto interessante esplorarequesto terreno. Senza trascurare il rapportocon Perugino che la tradizione storiografica,da Vasari in poi, ha messo al centro della suaformazione e che è naturalmente indagato nelpercorso espositivo. La mostra è curata daLorenza Mochi Onori, Soprintendente per iBeni Storici Artistici e Etnoantropologici delleMarche e si avvale di un prestigioso comitatoscientifico, che vede la partecipazione deimaggiori specialisti nella materia, impegnati inalcune delle più importanti collezioni musealidel mondo: Linda Wolk Simon, delMetropolitan di New York, che ha curatorecentemente una mostra sul tema, CarolPlazzotta e Tom Henry della National Gallerydi Londra, curatori della mostra su Raffaellotenutasi a Londra nel 2004, Silvia FerinoPagden, del Kunsthistorisches Museum diVienna, specialista della grafica raffaellesca,Cristina Acidini, Antonio Natali e MarziaFaietti, rispettivamente Soprintendente delPolo Museale fiorentino, Direttore degli Uffizie Direttore del Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi, Giovanna Perini, ordinario diStoria dell’Arte dell’Università degli Studi diUrbino “Carlo Bo”, Antonio Paolucci, e ArnoldNesselrath rispettivamente Direttore e curatoredel Dipartimento di pittura dei Musei Vaticani,oltre ai direttori storici dell’arte dellaSoprintendenza di Urbino. Il catalogo è editoda Electa.

“Raffaello e Urbino”, Urbino, GalleriaNazionale delle Marche, Palazzo Ducale, dal4 aprile al 12 luglio 2000. Catalogo: Electa.Per informazioni: tel. 02 433403;www.raffaellourbino.it.

I cassoni matrimoniali delCourtauld

Nel 1471 Lorenzo di Matteo Morelli, tren-tenne patrizio Fiorentino, si unì in matrimo-nio con Vaggia di Tanai Nerli, discendente diuna ricca famiglia della città.

L’anno successivo egli commissionò unacoppia di cassoni matrimoniali a celebrazio-ne del primo anniversario dell’evento. I cas-soni di Lorenzo Morelli, oggi parte delle col-lezioni della Courtauld Gallery e annoveratitra i più importanti esemplari sopravvissuti dimobilio Rinascimentale, offrono dettagliateinformazioni circa l’arte e la vita nella città diFirenze all’apice della gloria cittadina.

L’istituzione matrimoniale costituiva unodei principi fondamentali intorno ai qualiruotava la società Rinascimentale italiana.Nonostante ciò, il matrimonio dell’epocaaveva poco o nulla in comune con il suoequivalente moderno.

Nella Firenze del XV secolo il matrimonionon era necessariamente incentrato sulla rela-zione amorosa tra due individui o promossoda principi religiosi. Si trattava, piuttosto, di uncontratto legale pattuito tra le famiglie dellacoppia, una sorta di alleanza dinastica definitada principi di ricchezza, potere e prestigio.

La nascita di un eventuale amore tra mari-to e moglie era piacevolmente auspicata seb-bene non considerata come una componen-te essenziale.

Il matrimonio costituiva, inoltre, unaimponente spesa tanto per lo sposo quantoper la famiglia della sposa.

Il marito provvedeva all’acquisto delvestiario, dei gioielli e di stoffe sontuose perla moglie novella, nonché all’allestimento di

una dimora per la coppia all’interno delpalazzo di famiglia.

Parte essenziale del mobilio commissio-nato al momento del matrimonio erano cop-pie di cassapanche, meglio note come “cas-soni”, sontuosamente decorate d’oro e pittu-ra e destinate alla custodia di ricchi abiti e distoffe preziose. I cassoni possono essereannoverati tra i più prestigiosi e costosi pezzidi mobilio per la decorazione di interni deipalazzi Fiorentini.

Amore e Matrimonio nella FirenzeRinascimentale: I Cassoni Matrimoniali delCourtauld alla Courtauld Gallery, SomersetHouse, Londra, dal 12 febbraio al 17 maggio2009, è stata la prima mostra nel Regno Unitodedicata a questi importanti oggetti, soventesottostimati dagli storici dell’arte come pro-dotti d’arte decorativa, i quali offrono unastraordinaria visione dei valori sociali e dellavita familiare condotta tra le mura dei palazzidella Firenze Rinascimentale.

Il fulcro di questa mostra era costituitodai celebrati cassoni Morelli-Nerli, l’unicacoppia di cassoni fiorentini rinascimentalisopravvissuti e ampiamente documentati,completi delle corrispettive spalliere,anch’esse dipinte.

Vaggia Nerli portò con se la considerevo-le dote di 2000 fiorini mentre al marito spet-tarono le spese per la ristrutturazione delladimora che avrebbe ospitato la moglie inBorgo Santa Croce.

Lorenzo registrò il costo considerevoledei lavori in un documento ancora esistenteintitolato “Spese per la venuta a casa di miamoglie”. Egli ordinò la doratura del letto edel lettuccio, per la quale richiese ulterioridecorazioni ad intaglio, e nuovi tendaggiper il letto. Circa due terzi del costo totale

Biagio di Antonio e Jacopo del Sellaio, Un cassone Morelli Nerli con spalliera; Londra,Courtauld Gallery

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(61 fiorini grandi) furono spesi per i duecassoni della Courtauld Gallery, commissio-nati nel 1472.

Dai documenti apprendiamo che i casso-ni, e le relative spalliere, furono realizzatinella bottega di Zanobi di Domenico e chele decorazioni in oro e pittoriche furonoaffidate alla mano degli artisti Biagio diAntonio e Jacopo del Sellaio. Come i suoicontemporanei, Lorenzo posizionò i cassoninella sua camera. Essi probabilmente domi-navano questo luogo relativamente piccolonelle dimensioni ma significativo per la vitafamiliare. In esso marito e moglie avrebberoconcepito la successiva generazione o avreb-bero intrattenuto ospiti importanti e tenutodiscussioni vitali all’andamento familiare.

I cassoni avrebbero fatto da sfondo allosvolgersi della vita della famiglia, ragione perla quale le decorazioni, sapientemente scel-te, offrivano, allo stesso tempo, intratteni-mento e istruzione.

In un’era caratterizzata dalla limitata istru-zione, i pannelli preziosamente dipinti tra-ducevano visivamente eventi capaci di tra-sportare lo spettatore in un nuovo mondoche magicamente combinava passato e pre-sente. Le storie in essi narrate erano estrapo-late dalle fonti culturali familiari, della lette-ratura e la storia greca e romana, del VecchioTestamento e dalle composizioni letterarie diBoccaccio e del Petrarca.

La mostra analizzava inoltre, i soggetti uti-lizzati nella pittura dei cassoni. Essi includonostorie finalizzate all’intrattenimento della cop-pia, come ne L’incontro di Re Salomone e laRegina di Saba dello Scheggia (collezione pri-vata) e, nella maggioranza dei casi, storie dalprofondo significato morale, come testimo-niato dai dipinti di Giovanni Toscani(National Gallery of Scotland e collezione pri-vata), riuniti per la prima volta in oltre 150anni, con storie dal Decameron di Boccaccio.Tra esse ricordiamo la morte di Ambrogiuolo,sottoposto alla tortura delle api per aver fal-samente accusato Ginevra di adulterio. Altrestorie enfatizzano le virtù come il coraggio, lacostanza, l’obbedienza e la prudenza, ideali aiquali i membri delle famiglie patrizie doveva-no aspirare e emulare.

La pittura per i cassoni era spesso finalizza-ta all’esaltazione delle virtù cittadine attraversol’autocelebrazione del popolo fiorentino consi-derato come il legittimo discendente cristianodella Roma Repubblicata. Per questo LorenzoMorelli decise di decorare i suoi cassoni conscene esemplari tratte dalla storia romana.

Il pannello principale del cassone Nerlieffigiato dello stemma familiare della moglie,raffigura la punizione del perfido maestrodella città di Falieri il quale offrì i suoi allie-vi come ostaggi ai Romani. In questo modo,Vaggia Nerli era simbolicamente incoraggia-ta a non emularne l’esempio quanto, piutto-sto, a proteggere i suoi affetti, marito e figli,con devozione.

La sezione finale della mostra si concen-trava sulla storia successiva della coppia dicassoni. Lorenzo Morelli dette i cassoni in ere-dità al figlio e rimasero tra i possedimentifamiliari per più di duecento anni in memoriadi una straordinaria unione matrimoniale.Come molti altri cassoni, nel corso del XIXsecolo essi furono acquistati da collezionistiinteressati a testimonianze storiche proprie“dell’Età dell’Oro” di Lorenzo de’ Medici.

In molti casi essi venivano alterati alloscopo di rispecchiare l’interpretazione della

cultura Rinascimentale propria dell’epoca.Per questo i cassoni non sono soltanto

importanti oggetti rinascimentali ma diven-gono vero e proprio materiale documentarioa testimonianza del modo in cui moda egusto, insieme alle successive interpretazionidell’Italia rinascimentale, siano evoluti nelcorso degli anni.

“Amore e Matrimonio nella FirenzeRinascimentale: I Cassoni Matrimoniali delCourtauld”, Londra, The Courtauld Gallery,dal 12 febbraio al 17 maggio 2009.

Barocco a Londra

Il Barocco fu il primo stile ad avere unsignificativo impatto mondiale. Si diffusedall’Italia e la Francia al resto d’Europa. Poisi estese all’africa, all’Asia, e in CentroAmerica attraverso le colonie, le missioni e ilcommercio di portoghesi, spagnoli, olandesie altri europei.

Gli edifici barocchi erano dinamici edrammatici. Usarono il linguaggio classicoma ne ruppero le ferree regole. Le facciateerano piene di movimento; all’interno, i sof-fitti dipinti sembravano a cielo aperto.

Il Victoria and Albert Museum, il piùgrande museo di arte e design del mondo,situato a Londra, ospita dal 4 aprile al 19luglio 2009 l’esposizione “Baroque 1620-1800: Style in the Age of Magnificence“,mostra che riunisce arte e architettura e tuttala gamma delle arti decorative, dal Balticoallo Sri Lanka.

“Baroque 1620-1800: Style in the Age ofMagnificence“, Londra, Victoria and AlbertMuseum, dal 4 aprile al 19 luglio 2009. Perinformazioni: www.vam.ac.uk/baroque.

Bronzi francesi al Louvre

Il Museo del Louvre ha ospitato un gran-de evento. I maggiori artisti dal XVI al XVIII

secolo - Primaticcio, Goujon, Pilon, Prieur,Le Lorrain, Anguier, Girardon, Puget, Pigalle,Houdon - rappresentavano in questa mostrail bronzo francese.

La mostra è stata co-organizzata dalMetropolitan Museum of Art di New York edal J. Paul Getty Museum di Los Angeles.Questa mostra è rimasta aperta dal 24 otto-bre 2008 fino al 19 gennaio 2009.

“Bronzes Français. De la Renaissance ausiècle des Lumières”, Parigi, Louvre, dal 24ottobre 2008 al 19 gennaio 2009.

Memorie dell’Antico nell’Artedel Novecento

L’arte dell’antichità riflessa nell’arte delNovecento e dei nostri giorni. Pitture e scul-ture che hanno attraversato i secoli (daglietruschi all’età classica, dal Medioevo alRinascimento) a confronto con Picasso eDalì, Modigliani e De Chirico, Soffici eSeverini, Morandi e Carrà, Marino Marini eVangi, Mitoraj e Theimer, Guadagnucci eFranco Angeli. In totale oltre 130 opere, tracui una serie di accostamenti molto signifi-cativi di arti applicate: i vetri di ErcoleBarovier e Carlo Scarpa con gli straordinarireperti del Museo Archeologico Nazionale diNapoli, le ceramiche di Giò Ponti con quel-le dei Musei Archeologici Nazionali diFirenze e Roma, i gioielli del Novecento conalcune meraviglie dell’antichità e con le col-lezioni Medicee di Palazzo Pitti. La mostravuole così dimostrare visivamente, e farcomprendere, la forza innovativa, la caricarivoluzionaria e l’alta capacità espressivadell’arte del XX secolo, contrapposta a unNeoclassicismo storico ormai vuoto di con-tenuti. E’ un ritorno alle origini della nostrastoria alla scoperta di testimonianze esteti-che universali, di significati che non hannomai perduto il valore dell’immanenza nellanostra vita e che concedono quindi la pos-sibilità di un recupero fatto di canoni e dimisure, di moduli, di lezioni capaci di domi-nare anche oggi il nostro esistere quotidia-no. Già presente nelle opere di Picasso diinizio Novecento (la mostra presenta leRepas frugal proveniente dal Victoria andAlbert Museum di Londra), il ritorno alle ori-gini diventò la spinta creativa anche per unagenerazione di artisti italiani. Dopo le espe-rienze dirompenti dei primi anni del secoloCarrà, Severini, Soffici, De Chirico, Morandi,Modigliani scelsero infatti questa strada perricollegarsi alle radici e alle tradizioni (diModigliani, per inciso, l’esposizione esibiràTesta di donna, una pietra calcarea del 1912proveniente dal Metropolitan Museum of Artdi New York). In mostra le opere di ArturoMartini ‘colloquiano’ costantemente con lascultura etrusca, manifestando comunqueuna genuina identificazione con quelleopere dai tratti essenziali e dalle superficiscabre, nell’esempio della Chimera dellaCollezione Alberto della Ragione; mentreMarino Marini, con una grande Pomona inbronzo degli Uffizi, esprime forme compat-

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Sull’arte del XX-XXI secolosi segnalano inoltre leseguenti mostre:

Francesco di Bartolomeo Bordoni,Versatoio; Parigi, Museo del Louvre

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te solide, a tratti arcaiche. Anche gli artististranieri hanno avvertito il fascino del nostropassato: ricordiamo Salvador Dalì, che inopere quali la Nascita dei desideri liquididel 1931-32, prestata alla mostra dal MuseoGuggenheim di Venezia, in un atmosferasurreale cita letteralmente la celebreCorniola con Apollo, Marsia e Olimpoappartenuta a Lorenzo il Magnifico. Lamostra è a cura di Ornella Casazza eRiccardo Gennaioli.

“Memorie dell’antico nell’arte delNovecento”, Firenze, Palazzo Pitti, Museodegli Argenti, dal 14 marzo al 12 luglio2009. Catalogo: Giunti Editore. Per informa-zioni: 055 2654321; www.unannoadarte.it.

Due mostre alla Strozzina

Segnaliamo due eventi alla Strozzina diFirenze.

1) Green Platform - Arte EcologiaSostenibilita’, a cura di Lorenzo Giusti eValentina Gensini intende proporre unariflessione critica articolata che affronti inmaniera interdisciplinare la questioneambientale, intesa nel duplice aspetto di crisidella società termoindustriale fondata sufonti energetiche non rinnovabili e di crisiecologica dovuta all’inquinamento e alpreoccupante surriscaldamento del pianeta.Il problema ecologico non puo’ essere ridot-to ad una questione ambientalista tout court,ma va analizzato e inteso nelle sue moltepli-ci implicazioni filosofiche, psicologiche,

ambientali, economiche e sociali. L’ecologiadiviene in questo modo non solo scienzadella natura, ma scienza dell’interrelazione,del confine, della trasversalità, quale nessofocale del binomio natura-cultura.

La mostra presenta una serie di lavori diartisti internazionali che, sulla scia di espe-rienze pionieristiche sviluppatesi in seno alleavanguardie degli anni Sessanta e Settanta,operano in relazione a tematiche ambientali,ecologiche e di sostenibilità. Diversi approc-ci artistici e modalità di riflessione sonomessi a confronto: dalla presa di coscienzadella condizione critica del quotidiano epragmatico rapporto tra uomo e natura allascelta di pratiche sostenibili che mettono ingioco una nuova idea di sviluppo, fino ad unattivismo creativo che porta avanti una con-creta battaglia ecologica attraverso i linguag-gi dell’arte.

Pensata non solo come un’esposizione macome una composita piattaforma, GreenPlatform si fonda sul tentativo di offrire diver-se tipologie di esperienze aperte al territorio ealle realtà locali: una serie di workshop conartisti ed operatori nel settore delle associa-zioni ambientaliste e ONG, un calendario dilecture con professionisti afferenti a diversisettori e ambiti lavorativi ed un programma divideo e documentari sulle problematicheambientali. Il catalogo della mostra con con-tributi di autori internazionali di diversa for-mazione e cultura (dall’economia all’architet-tura, dalle scienze sociali all’arte pubblica)costituisce un perfetto strumento di riflessionesu una nuova idea di fare arte e di un suopossibile nuovo e -sostenibile- sviluppo.

Artisti: Alterazioni Video, Amy Balkin,Andrea Caretto e Raffaella Spagna, MicheleDantini, Ettore Favini, Futurefarmers, TueGreenfort, Henrik Håkansson, Katie Holten,Dave Hullfish Bailey, Christiane Löhr, DaciaManto, Lucy e Jorge Orta, Julian Rosefeldt,Carlotta Ruggieri, Superflex, NicolaToffolini, Nikola Uzunovski.

2) Inventories of Abstraction di YvesNetzhammer, a cura del Centro di CulturaContemporanea Strozzina. L’artista e’ statoinvitato dalla Fondazione Palazzo Strozzi, acura del CCCS - Centro di CulturaContemporanea Strozzina - per realizzareun’opera che rendesse omaggio alla straor-dinaria architettura rinascimentale fiorentinae che è accolta dal 24 aprile al 12 luglio2009 presso il cortile interno di PalazzoStrozzi. Yves Netzhammer (Sciaffusa, 1970),che ha rappresentato il suo paese allaBiennale di Venezia del 2007, noto per lesue poetiche installazioni in 3D che rifletto-no la condizione umana, ha progettatoun’installazione multimediale di 14,5 x 7,5metri, che segue le proporzioni rinascimen-tali del cortile del Palazzo. L’ambiente e’composto da vari elementi che creano una

sorta di mondo parallelo, in un continuorimando interno-esterno con l’architetturadello storico palazzo fiorentino.L’installazione dà vita a un percorso, unasorta di labirinto scandito da strutture chericordano un recinto, alle cui estremità sitrovano sagome di animali ed elementi divegetazione silvestre. Come anche in altresue opere, l’artista lavora da un lato conun’estrema riduzione delle forme e dall’altrocon una enorme ricchezza delle immagini edelle sequenze di azioni.

Il recinto compone dunque la cornicearchitettonica nella quale il visitatore e’ invi-tato a entrare in un processo di percezionetotale, generato da animazioni create al com-puter tipiche della sua cifra stilistica, e dalleatmosfere sonore di Bernd Schurer, compo-sitore con il quale Netzhammer ha già colla-borato in varie occasioni.

Nuove forme vengono generate le unedalle altre fino a ri-creare una realtà virtuale,prevalentemente simbolica, che suscitariflessioni ed associazioni oniriche nellospettatore, chiamato a costruire un persona-le percorso di movimento, che si fonda sulrapporto fra il vedere e il comprendere. L’iniziativa si inserisce nell’ambito del pro-getto che vede artisti di tutto il mondo, chia-mati a Firenze per presentare al pubblicolavori concepiti appositamente per il cortiledi Palazzo Strozzi, e che e’ stato inauguratonel 2008, con l’Artificial Moon del cineseWang Yu Yang.

“Green Platform - Arte EcologiaSostenibilita”; “ Inventories of Abstraction diYves Netzhammer”, Firenze, Centro diCultura Contemporanea Strozzina – CCCS,Piazza Strozzi, dal 23 aprile al 12 luglio2009 (Green Platform), fino al 19 luglio2009 (Inventories of Abstraction). Per infor-mazioni: tel. 055 2776461.

Vianuovaarte contemporanea

Vianuova arte contemporanea presental’ottava collettiva del ciclo di mostre dal tito-lo La distanza è una finzione a cura diLorenzo Bruni. La collettiva, che è stata inau-gurata il 24 giugno con il titolo Città vertica-li, propone una riflessione sulla fiducia delcostruire tipico del secolo passato e sul con-fine tra oggetto/idea trovata e oggetto/ideacreata. Questa riflessione è permessa daopere di quattro artisti di diverse nazionalitàtra cui Karin Suter (Basilea, 1979. Vive elavora a Rotterdam, Olanda) e Alexandre DaCunha (Rio de Janeiro, Brasile, 1969. Vive elavora a Londra, Inghilterra).

Opere in Situ è il titolo del progetto espo-sitivo che viene presentato in via BorgoOgnisanti 44/46 rosso contemporaneamentealla collettiva a Via Nuova. Opere in Situ pro-pone opere di grandi dimensioni di artistiche hanno fatto parte del ciclo di mostre Ladistanza è una finzione selezionate al fine diriflettere su cosa intendiamo oggi per rap-presentazione. Le opere di Mario Airò, PaoloParisi, Federico Pietrella e di altri si confron-teranno con il nuovo spazio e le tematichedell’ultimo ciclo di mostre a Via Nuova.

Vianuova arte contemporanea apre aFirenze nel maggio del 2005 con un approc-

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Marino Marini, Pomona; Firenze, Galleriadegli Uffizi

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cio inedito per una galleria poiché punta aripensare alle attuali modalità espositive e ariflettere sulla natura del contenitore d’arte esul suo ruolo di mediazione con il pubblico.La distanza e’ una finzione è un ciclo dimostre che parte dalla riflessione sull’ipoteti-ca eredità del moderno (codici, linguaggi,usi attuali, memorie), e su cosa intendiamoadesso per spazio pittorico. Tutte le mostreindagano le modalità che gli artisti usano,dalla fine anni Novanta, per definire narra-zioni e storie intime quanto condivisibili conlo spettatore, il quale è chiamato direttamen-te in causa dallo spazio/sensazione messo inatto dall’opera. Più che mostre a tema saran-no mostre collettive che vogliono materializ-zare un’atmosfera e una sensazione ben pre-cisa in cui ritrovare e stabilire con gesti mini-mi cosa è il mondo e come può manifestar-si in esso il singolo individuo (arti-sta/spettatore).

La prima mostra che ha inaugurato lospazio di Vianuova arte contemporanea èstata Prendendo misure con Ian Kiaer,Didier Courbout e T-Yong Chung. La mostrapuntava a ripensare alla città come spaziofisico e concreto in cui stabilire delle rela-zione con l’altro e non solo come idea,miraggio o spazio funzionale di attraversa-mento. La seconda mostra è stata inveceCoincidenze con Martin Creed, NedkoSolakov, Koo Jeong-A e Jacopo Miliani emirava a creare una condizione di stupore enon solo la sua rappresentazione, tentandopoi di stabilire un rapporto diretto con ilmomento della fruizione dell’opera e dialzare il normale livello di immaginazionedello spettatore rispetto agli oggetti quoti-diani con cui ha sempre a che fare.

La terza mostra dal titolo Piani sospetti,invece, puntava a far riflettere gli artisti invi-tati sul concetto di autoritratto come rico-gnizione sui codici linguistici del gruppoculturale a cui il soggetto appartiene o daiquali proviene. Mark Manders, CarstenNicolai, Mai-thu Perret, Federico Pietrella,Marcello Simeone puntavano a realizzareun ritratto collettivo. La quarta mostra daltitolo Geografie ruotava attorno all’idea delviaggio. Le opere di Rossella Biscotti, PaoloParisi, Cristian Jankowski e Roman Ondakerano storie per immagini che condivideva-no con lo spettatore un viaggio non comefuga ma come incontro di storie e personee idee di luoghi da abitare. La mostraLuoghi per eroi-ognuno è eroi a se stesso conDmitry Gutov, Marco Raparelli, AndréRomao, Matteo Rubbi si interrogava su chioggi possa essere considerato un eroe ten-tando di realizzare un riflessione slegatadalla mentalità per opposti della visione

novecentesca. La collettiva Le parole tra noileggere con Mario Airò, Pawel Althamer,Jason Dodge, Luca Francesconi, GyanPanchal, puntava ad una riflessione su cosaè oggi scultura e sulla possibilità deglioggetti del quotidiano di farsi dispositiviper stimolare nuove storie o raccontarememorie di esperienze. White balance -Fears for tears rock joke con AurélienFroment, Mandla Reuter, MarinellaSenatore, Enrico Vezzi, ruotava attorno all’i-dea di limite/confine da superare e ricrearee sul linguaggio cinematografico dell’idea disospensione.

“Città verticali”, Firenze, Vianuova, Viadel Porcellana 1R, “Opere in situ”, viaBorgo Ognisanti, 44/46 rosso, dal 24 giugnoal 20 ottobre 2009. Per informazioni: tel.055 2396468; 329 8316887, 335 6470394,328 6927778; [email protected];www.vianuova.org.

Accademia Tadini. Quattrocollezionisti a confronto

È stata inaugurata il 1 maggio allaGalleria dell’Accademia di Belle Arti Tadinidi Lovere la mostra Accademia Tadini.Quattro collezionisti a confronto, nata dall’i-nedita collaborazione fra l’importate istitutoloverese, uno tra i più antichi musei lombar-di, aperto nel 1828 dal conte Luigi Tadini, etre galleristi d’arte contemporanea comeClaudia Gian Ferrari, Massimo Minini eLuciano Bilinelli.

La Galleria dell’Accademia Tadini diLovere è tra i più antichi musei dellaLombardia e vanta all’interno della sua colle-zione d’arte antica capolavori di AntonioCanova, Francesco Hayez, Jacopo Bellini, FràGalgario, il Pitocchetto, Francesco Benaglio eParis Bordon.

L’idea di questa mostra prende vita pro-prio dal riconoscimento del valore artisticodelle opere dell’Accademia da parte di trenoti galleristi e collezionisti d’arte, tre “amici”dell’Accademia, originari di Lovere, Darfo ePisogna, che da anni lavorano nel settore

dell’arte moderna e contemporanea e checon la realizzazione di questo evento hannovoluto rendere omaggio alla loro terrad’origine. Claudia Gian Ferrari, MassimoMinini e Lucien Bilinelli hanno propostoall’Accademia Tadini un progetto di allesti-mento inusuale quanto affascinante.

Nell’occasione di questa mostra, alcunedelle opere provenienti dalle rispettive colle-zioni dei tre galleristi (con aggiunte dellacollezione di Grazia Gian Ferrari), sarannoinserite nell’attuale percorso musealedell’Accademia e messe a confronto con icapolavori classici abitualmente ospitati nellesale della Galleria, nel segno di un dialogofra arte antica e modernità.

L’accostamento di epoche e stili diversi,di capolavori antichi e contemporanei, hadato vita a una mostra di eccezionale impor-tanza, che ha il pregio innanzitutto di pro-porre al pubblico la visione di opere prove-nienti da quattro straordinarie collezioni, maanche di valorizzare un museo straordinariocome quello dell’Accademia loverese.

Opere di: Carla Accardi, Vanessa Beecroft,Alighiero Boetti, Carlo Carrà, Lucio Fontana,Piero Gilardi, Balthasar Klossowski, SolLeWitt, Piero Marussig, Giorgio Morandi,Luigi Ontani, Giulio Paolini, Francis Picabia,Alberto Savinio, Ulrich Ruckriem, Salvo,Cheri Samba, Mario Sironi, Ben Vautier, GinoRossi, Arturo Martini, Bodo... accanto a capo-lavori dell’Accademia di Antonio Canova,Francesco Hayez, Jacopo Bellini, Fra’Galgario, il Pitocchetto, Francesco Benaglio eParis Bordon.

“Accademia Tadini. Quattro collezionisti aconfronto”, Lovere (Bergamo), Accademia diBelle Arti Tadini, Palazzo dell’Accademia, viaTadini 40; dal 2 maggio al 4 ottobre 2009. Perinformazioni: tel. 035 962780;[email protected];www.accademiatadini.it.

Cagnaccio di San Pietro

Una delle più interessanti attività dello sto-rico dell’arte - scrive Claudia Gian Ferrari neltesto del catalogo che accompagna la mostra- è quella di poter rintracciare opere conside-rate perse o addirittura distrutte dagli eventi odalla storia delle famiglie. E certamente quan-do, grazie alla comunicazione orizzontale diinternet, si è contattati dall’altra parte delglobo con la proposta di una di queste opere,perchè Google sputa fuori il proprio nomecome studioso dell’artista, ci si sente in ungiorno fortunato.

Questo è quanto accaduto con il dipintoPrimo denaro del 1928, attorno al quale oggisi presenta una piccola selezione di opere diCagnaccio di San Pietro: si tratta di un’operastraordinaria, conosciuta per essere stata pub-blicata all’epoca della sua realizzazione, madella quale si erano perdute le tracce.

Singolare figura d’artista Cagnaccio, e permolti versi anche straordinaria, che conducecon sicurezza e orgoglio la sua avventura pit-torica all’interno di un alveo culturale che sipropone il recupero del classico, ma anchecon precise e opposte posizioni, rispondendoprima di tutto a un personale assunto etico, eal rispetto per la propria storia personale, chelo fanno attento ai temi popolari e al mondodei diseredati.

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Alexandre da Cunha, Resize, scatboardusati e materiali vari

Francis Picabia, Pierrot; CollezioneLucien Bilinelli

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Il suo realismo spesso duro e spietato, havalenze psicologiche, che lo caratterizzano inmodo del tutto singolare rispetto al contestocontemporaneo, e che trova le proprie ascen-denze nel linearismo esasperato della pitturaanticlassica di Bartolomeo Vivarini o di CarloCrivelli.

Catalogo in galleria edito da Charta con unsaggio critico di Flavio Fergonzi. La mostra èrimasta aperta fino all’8 maggio 2009.

“Cagnaccio di San Pietro. Un quadroritrovato”, Claudia Gian Ferrari StudioConsulenza per il ‘900 italiano, Milano, viaFilippo Corridoni, 41, fino all’8 maggio 2009.Per informazioni: tel. 02 86451499 - 0276018113, fax 02 860600, [email protected] ,www.claudiagianferrari.it.

Futurismo.Avanguardia-Avanguardie

Il 24 febbraio 2009, a cento anni dallapubblicazione dell’appassionato e travol-gente Manifesto del Futurismo di FilippoTommaso Marinetti si inaugurava a Roma,alle Scuderie del Quirinale, la mostraFuturismo. Avanguardia-Avanguardie acura di Didier Ottinger. Curata in collabora-zione con il Centre Georges Pompidou diParigi e la Tate Modern di Londra, la mostrariaffermava il ruolo primario del Futurismonel complesso disegno del lessico artisticodelle prime avanguardie ed è allestita, primaa Parigi (ottobre 2008 - gennaio 2009), poi aRoma (fino al 24 maggio) e, per finire, aLondra (giugno - settembre 2009).

A sottolineare la collaborazione tra le treprestigiose istituzioni, ogni sede ha declina-to il comune progetto iniziale secondo ilsegno della propria ottica, evidenziando lapartecipazione a quella idea fondante ecomune di rinnovamento e tensione verso ilfuturo che il futurismo ha significato.La sede di Roma, in particolare, pur mante-nendo la traccia del progetto francese inizia-le, teso a ricostruire la celeberrima mostra

futurista del 1912 alla galleria Bernheim-Jeune di Parigi, ha spostato l’accento sullastraordinaria trama di corrispondenze eopposizioni, analogie e contrasti, affinità edissonanze che, all’inizio del secolo scorso,marcarono quello che ancora oggi appare trai più interessanti ed estesi dibattiti dellamodernità. In un percorso emozionante edeccezionale per la rarità dei prestiti accorda-ti dai principali musei e collezioni interna-zionali, erano esposti i più importanti capo-lavori futuristi insieme alle opere chiave deigrandi maestri del Novecento comeBoccioni, Carrà, Severini, Balla, Picasso,Duchamp, Braque, Léger, i Delaunay,Larionov, Gonèarova, Kupka, Russolo,Villon, Del Marle, Epstein, Gleizes, Popova,Soffici, Malevic, Ekster, Bomberg, Picabia,Metzinger, Macdonald-Wright... Alle Scuderiedel Quirinale, per la prima volta, il percorsoespositivo metteva in parallelo gli apportistilistici e filosofici di futurismo e cubismoverso la genesi del cubo-futurismo russo, delvorticismo inglese, del sincromismo america-no, sottolineando il basilare contributo del-l’avanguardia italiana con la geniale intuizio-ne marinettiana di una nuova sintesi tra spa-zio e tempo.

Il movimento futurista, celebrato nella suaessenza, rimane, infatti, la spinta primitivacapace di attrarre e sedurre intere generazio-ni contemporanee per l’impulso vitale che fil-tra dalle seduttive visioni multicolori, fram-mentate nell’esplosione di un’inestinguibileenergia propagatrice.

L’originalità e la forza di innovazione diquelle avanguardie rimangono ancora oggi,a cent’anni di distanza intatte e vitali e alleScuderie del Quirinale il pubblico potevaprovare l’emozione di un incontro irripetibi-le con opere famosissime, all’epoca conside-rate di totale rottura e oggi diventate i gran-di ‘classici’ del Novecento internazionale.Opere imperdibili come La risata diUmberto Boccioni o I funerali dell’anarchi-co Galli dal Museum of Modern Art di NewYork, Le grand nu di Georges Braque o Lafemme assise dans un fauteuil di PabloPicasso dal Centre Pompidou, La stazione di

Milano di Carlo Carrà o la Le voci della miastanza di Gino Severini dalla Staatsgalerie diStuttgart o dalla Pinacoteca di Monaco iVolumi orizzontali di Umberto Boccioniaccanto a opere insolite e rare da più di 30musei e collezioni internazionali per cono-scere, apprezzare, rivivere e ripensare ungrande momento di svolta della nostra storiadell’arte.

Un ampio catalogo, per le edizioni 5Continents Editions / Centre Pompidou contri-buiva alla mostra attraverso saggi e documenti.

”Futurismo. Avanguardia-Avanguardie”,Roma, Scuderie del Quirinale, dal 12 feb-braio al 24 maggio 2009.

Il Déco nuovo protagonistaa Palazzo Roverella

Fino al 28 giugno 2009 Palazzo Roverellaha riproposto il suo annuale appuntamentocon le grandi esposizioni d’arte. Il filone era,ancora una volta, quello dell’arte in Italia trafine Ottocento e primi decenni del Novecento.

Dopo aver, con successo, indagato glianni della Belle Epoque (1880 – 1915), è lavolta del Déco, un termine che indica unostile, un gusto che segnò nelle diverse arti ilperiodo compreso tra i due conflitti mondia-li. Déco esprime la ricerca di una modernitàche intendeva superare la mera funzionalitàdelle forme aggiungendo ad esse eleganza epersuasività.

La mostra, promossa dalla FondazioneCassa di Risparmio di Padova e Rovigo conAccademia dei Concordi e Comune, eracurata da Dario Matteoni e FrancescaCagianelli. Direzione della mostra: AlessiaVedova. Il termine Art Déco o più breve-mente Déco fu coniato negli anni Sessantacome ricapitolazione critica condotta daglistorici di uno stile o, più correttamente pos-siamo dire di un gusto che aveva segnatonelle diverse arti il periodo compreso tra idue conflitti mondiali. Come sovente accadeper la storia dell’arte fu il riconoscimento a-posteriori di temi e di formule figurativericonducibili ad un comune denominatore.

E’ possibile definire il Déco come manife-stazione di un gusto non fondato su precise

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Cagnaccio di San Pietro, Primo denaro

Mario Cavaglieri, Giulietta en coulottede cheval; collezione privata

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teorizzazioni - in questo si è voluto vedere ladiscontinuità con l’Art Nouveau - ma assaidiffuso in tutte le manifestazioni artisticherivolte, come si diceva, alla ricerca di unamodernità che intendeva superare la merafunzionalità delle forme aggiungendo adesse eleganza e persuasività. Possiamo quin-di accettare il termine Déco come sinonimodi un’idea di moderno, non di modernista.L’Art Déco, affermatasi negli anni Venti eTrenta e caratterizzata da numerose sfaccet-tature, si ispira alle geometrie dell’universodella macchina, alle forme prismatiche dellecostruzioni metropolitane e a modelli di unaclassicità altrettanto persuasiva nei propricanoni di eleganza. Il termine Art Déco erafacilmente passato dal ristretto mondo deglispecialisti al largo pubblico che rapidamentesi è impadronito di questa etichetta evocati-va di una moda.

Fino ad oggi il tema dell’Art Déco inda-gato è presentato al grande pubblico preva-lentemente per gli aspetti connessi alle artidecorative, agli interni e all’architettura. Solodi recente si è cercato di verificare anchenelle altri arti le possibili consonanze con ilgusto déco.

L’intento della mostra del PalazzoRoverella di Rovigo intendeva offrire al pub-blico un possibile filo di lettura con unosguardo che privilegiava la produzione pitto-rica (senza tralasciare la scultura cui è dedi-cata una sezione) nell’assunto che un filo dicoerenza percorra tali ricerche proprio nelriferirsi alla comune problematica delladecorazione e della modernità. La criticaaveva potuto cogliere un possibile avviodella stagione dell’Art Déco nell’ExpositionInternationale Arts Décoratifs et Industrielsdes Modernes che si era tenuta a Parigi nel1925, sottolineando, quindi, un primato dellaFrancia.

Anche l’Italia partecipa con una posizio-ne affatto originale all’affermarsi di talegusto: non possiamo dimenticare che a par-tire dal 1923 si tengono a Monza mostrebiennali di arti decorative seppure ancoralegate all’idea di un artigianato regionale. Lamostra articolata in undici sezioni intendevadocumentare lo svolgersi in Italia di questatemperie artistica che dal decorativismoderivato ancora dall’esperienza liberty diGalileo Chini di Umberto Brunellechi o diDuilio Cambellotti passa ad utilizzare le ideeformali del Futurismo come dimostrano leopere di Giacomo Balla, di FortunatoDepero, di Diulgheroff, Fillia.

E’ quindi vero che nel Déco in Italia pos-siamo trovare ad un tempo sollecitazioniclassiciste e rappresentazioni del mondomeccanico, attenzione alla sinuosità offertadai ritmi della danza e ancora la modella-zione plastica degli sports. Rientrano, quindia pieno titolo in una declinazione di questogusto anche le opere di Mario Sironi, AchilleFuni, Ubaldo Oppi, Gino Severini, FeliceCasorati.

La mostra intendeva poi documentarealcuni aspetti esemplari connessi alle artidecorative al fine proprio di offrire le possi-bili sfaccettature con le quali il gusto déco sipresenta in Italia: così accanto alla cartello-nistica si è voluto in particolare presentare laproduzione che l’architetto milanese GiòPonti realizza per l’industria ceramicaRichard Ginori, produzione significativamen-te premiata all’Esposizione di Parigi del 1925e ancora l’attività di Vittorio Zecchin in bili-

co tra decorazione pittorica e raffinate pro-duzioni vetrarie.

“Déco. Arte in Italia 1919–1939”, Rovigo,Palazzo Roverella, dal 31 gennaio al 28 giu-gno 2009. Catalogo: Silvana Editoriale.

Cagli a Umbertide

Fino al 1 novembre 2009 presso la Rocca- Centro per l’Arte Contemporanea - diUmbertide (Perugia), si tiene la mostra Cagli.Disegni 1931 - 1976.

La mostra, curata dal professor GilbertoGanzer, Direttore del Museo Civico d’ArteModerna di Pordenone, presenta un percor-so di oltre cento opere, provenienti da pre-stigiose collezioni.

L’operazione non ha solo un compito“estetico”, ma anche di divulgazione di que-sta tecnica espressiva raffinata che continuaa dar mano a un catalogo promossodall’Archivio Corrado Cagli, che opera gene-rosamente per ricostruire al meglio l’operadel maestro marchigiano.

L’ambito cronologico entro il quale il cor-pus dei disegni si dispiega, è anche il centrodi un dibattito teorico e della “pratica” nellesue variazioni semantiche, al momento assaivivo e che sa generare anche oggi riflessionioriginali.

Una figura come Cagli, artista desiderosodi esperienze e nuovi confronti, declina nelsuo “viaggio” le diverse elaborazioni del suosentire; si propone così un excursus di unacomplessa cronologia, sia di recuperi “classi-ci”, che sono vere e proprie stratigrafie cul-turali, sia di aggressivi incontri come le

opere dagli anni Quaranta; in queste ultimela poetica dell’artista incanalata come “poeti-ca morale”, raggiunge un’astrazione otticache pare quasi esercitazione scientifica conun segno secco e scalfito.

Puntigliose restano le modalità esecutivesempre aggiornate e sempre pregne di quel-la perizia tecnica, ben acquisita, che lo gui-derà in tutto il suo percorso.

Ben distante dai molti “mestieranti” aper-ti a ogni possibile “divenire”, i suoi disegnisono riflessioni sempre “pregiate”, dovel’umano e il divino sanciscono il verbo ine-ludibile di una poetica che è guidata da unsaldo filo culturale.

Ritrascrizioni visive di un percorso che èa volte onirismo declinato in chiave di pri-mitivismo astorico.

Alterità inventive che posseggono unestro descrittivo a volte quasi pittorico comenei lavori per il teatro, quando non sono unmessaggio per una lettura spesa tra verbume imago.

Non pochi sono i capolavori che si enu-mererano nella rassegna dove si può legge-re una pagina del Novecento non solo italia-no ma proiettato in un inedito universo tratradizione formativa e innovazione.

Un piano creativo che rimarca un coagu-lo di energie di cui è lecito immaginare i sor-prendenti risultati.

Per l’occasione è stao pubblicato un cata-logo edito dallo Stabilimento PoligraficoFiorentino.

“Cagli. Disegni 1931 - 1976”, Umbertide(PG), Rocca, Centro per l’Arte Contemporanea,Piazza Fortebraccio, dal 5 aprile al 1 novem-bre 2009. Per informazioni: tel. 075 9413691-9419269; www.comune.umbertide.pg.it.

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Corrado Cagli, Giuditta e Oloferne; Roma, collezione Luigi De Laurentis

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Biennale 53 e Archeovertigoa Venezia

È aperta dal 7 giugno al 22 novembre2009 la 53 Biennale, l’EsposizioneInternazionale d’Arte dal titolo Fare Mondi// Making Worlds diretta da DanielBirnbaum e organizzata dalla Biennale diVenezia presieduta da Paolo Baratta, aiGiardini, all’Arsenale e in vari luoghi diVenezia.

Il Direttore della 53 Esposizione, DanielBirnbaum, è dal 2001 Rettore dellaStaedelschule di Francoforte sul Meno(Germania) e del suo spazio espositivoPortikus, accademia che concilia l’insegna-mento dell’arte contemporanea con la spe-rimentazione e la ricerca creativa.

Fare Mondi // Making Worlds collega inun’unica mostra le sedi espositive del rin-novato Palazzo delle Esposizioni dellaBiennale (Giardini) e dell’Arsenale, e riuni-sce – inclusi i collettivi – più di 90 artisti datutto il mondo, con nuove opere di tutti ilinguaggi.

La Biennale annuncia – in occasionedella 53. Esposizione – importanti migliora-menti strutturali che riguardano i suoi sitiall’Arsenale, ai Giardini, a Venezia.

Ai Giardini, lo storico Padiglione Italiaha assunto la denominazione di Palazzodelle Esposizioni della Biennale.

È stata così sottolineata la sua riqualifi-cazione e la sua nuova natura multiforme,che vedrà operare questa struttura tuttol’anno al servizio delle grandi mostre maanche del pubblico.

Al Palazzo delle Esposizioni, in unanuova ala ristrutturata è infatti riaperta alpubblico dopo 10 anni la bibliotecadell’Archivio Storico delle Arti Contempora-nee (ASAC), con l’archivio documentale,libri, cataloghi, periodici consultabili in saledi lettura per i ricercatori e per i visitatoridelle mostre.

Questa struttura polifunzionale e versa-tile, è così destinata a essere fulcro di atti-vità permanenti e punto di riferimento pergli altri Padiglioni ai Giardini, anche conaree destinate a bookshop e all’attivitàEducational.

A Venezia, infine, apre completamenterinnovata (in concomitanza con la 53.Esposizione) la sede storica della Biennale,Ca’ Giustinian (a San Marco), che è una“casa aperta” alla cittadinanza.

Venerdì 5 giugno 2009 si è inaugurata aVenezia nel Complesso Monumentale diSanta Maria Gloriosa dei Frari, sededell’Archivio di Stato, Archeovertigo, lamostra che raccoglie le opere più significa-tive di Cristiano e Patrizio Alviti, due fratel-li, due giovani artisti romani completamen-te autodidatti, che svolgono una ricercaindipendente, svincolata dalle tendenze,dalle mode, dal mercato.

La mostra, evento collaterale dellaBiennale di Venezia, 53.

Esposizione Internazionale d’Arte,curata da Philippe Daverio, presenta inanteprima a Venezia i Giganti di CristianoAlviti. Cortecce di tronchi umani, di gigan-ti, esseri mitici vissuti nella fantasia delleorigini della nostra storia, consumati dallanatura e dal tempo, lacerati da cicatriciaperte da frane della coscienza.

Figure vibranti anche se incatenate allaterra, pesanti ma sottili, ormai immortaliperché cristallizzate nel bronzo, ma esau-ste, pronte a combattere per non rimanerepiù in vita. Corrose quindi dal fuoco dellafusione, come da un incessante impulsovitale, creativo e struggente al contempo,che assorbe il passato e preme verso ilfuturo.

Accanto ad essi Patrizio Alviti mette inscena la pelle delle donne: il ferro ricoper-to di cemento freddo e inerme, sul qualesono adagiate sinuose morbidezze femmi-nili, sfregiate e corrotte nella loro perfezio-ne formale, per evocare luci ed ombre del-l’animo umano, in un eterno inquieto oscil-lare fra i due opposti.

Le colature d’acido intaccano la loropurezza estetica rivelandone la parte oscu-ra, l’imperfezione, la macchia, nella qualel’osservatore è invitato ad immergersi perricercare la profondità dell’essere umano,la sua vera bellezza, la sua spiritualità, cheva al di là dell’apparenza e scioglie i limitidella materia.

In occasione della mostra è stato pub-blicato un catalogo (ed. Marsilio) con testiintroduttivi di Maurizio Fallace, DirettoreGenerale per i Beni Librari gli IstitutiCulturali ed il Diritto d’Autore, RaffaeleSantoro, Direttore dell’ Archivio di Stato diVenezia, Maria Letizia Sebastiani, Direttoredella Biblioteca Nazionale Marciana e sag-gio critico del curatore, Philippe Daverio.

“Biennale d’Arte 53”, Venezia, Arsenalee Giardini, dal 7 giugno al 22 novembre2009. Catalogo: Marsilio. Per informazio-ni: www.labiennale.org.

“Archeovertigo. Opere di Cristiano ePatrizio Alviti”, Venezia, Complesso monu-mentale Gloriosa Santa Maria dei Frari,dal 6 giugno al 9 agosto 2009. Catalogo:Marsilio. Per informazioni: tel. 0415222281; www.archiviodistatovenezia.it.

Matisse alla ThyssenBornemisza

Quest’estate il Museo ThyssenBornemisza presenta la mostra Matisse:1917-1941, che comprende una sintesi del-l’opera dell’artista durante il periodo centra-le della sua carriera.

Il curatore della mostra ha selezionatocirca 80 dipinti, sculture e disegni, molti deiquali mai esposti prima in Spagna, prestatida circa cinquanta musei e collezioni in tuttoil mondo.

Matisse: 1917-1941 si propone lo scopodi analizzare l’opera di Matisse in un perio-do diverso rispetto a quello solitamente stu-diato dagli studiosi, cioè l’inizio e la finedella sua carriera.

Si propone di fornire la chiave di letturaper questo periodo alla luce del clima arti-stico nel quale l’artista stava lavorando.

Segnato dall’ombra della I GuerraMondiale e dai presagi della II Guerra, perl’arte moderna questo fu un periodo di rapi-da ascesa e crescente accettazione da partedel pubblico.

Insieme con Picasso, Matisse occupò unruolo centrale in questo fiorente periodo efu precisamente per raggiungere questo tra-guardo che egli decise di lasciare Parigi, iso-larsi a Nizza e immergersi in un sistematicoprocesso di ricerca delle caratteristiche dellanuova pittura.

“Matisse: 1917-1941”, Madrid, Museo ThyssenBornemisza, dal 9 giugno al 20 settembre 2009.Per informazioni: www.museothyssen.org.

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Matisse, Due odalische; Stoccolma,Museo d’Arte Moderna

Cristiano Alviti, Vertigo - uomo vela

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Invitiamo gli editori e gli uffici stampa a far pervenire i testi presso l’Associazione Antiquari (via del Parione, 11 - 50123Firenze) entro aprile per il numero di giugno e entro settembre per l’edizione di dicembre della “Gazzetta Antiquaria”

Fabrizio Corrado - Paolo SanMartino, Scherzi d’artista, Torino,Celid, 2008.

Beatrice Buscaroli, Atelier Dante.La commedia e i suoi artisti,Genova-Milano, Casa EditriceMarietti S.p.A., 2008.

Attorno al Cavallini. Frammentidel gotico a Roma nei MuseiVaticani, a cura di TommasoStrinati con testi di AntonioPaolucci, Tommaso Strinati, SerenaRomano, Maurizio De Luca,Milano, Skira, 2008.

Vittorio Sgarbi, Correggio, Par-migianino, Anselmi nella chiesa diSan Giovanni Evangelista a Parma,Ricerche e restauri MarcelloCastrichini, Milano, Skira, 2008.

Il Palazzo dei Trecento a Treviso.Storia, arte, conservazione, a curadi Gabriella Delfini e FabioNassuato, Milano, Skira, 2008.

I Della Robbia. Il dialogo tra le Artidel Rinascimento, catalogo dellamostra a cura di Giancarlo Gentilini,con la collaborazione di LilettaFornasari, Milano, Skira, 2008.

Maestri, insegnamenti e libri nellastoria a Perugia. Contributi per la

storia dell’Università 1308-2008, acura di Carla Frova, FerdinandoTreggiari, Maria AlessandraPanzanelli Fratoni, Milano, Skira,2008.

Luca Leoncini, Museo di PalazzoReale. Genova. I Dipinti delGrande Appartamento Reale.Catalogo generale. Volume primo,Milano, Skira, 2008.

Caravaggio a Milano. LaConversione di Saulo, catalogodella mostra a cura di ValeriaMerlini e Daniela Storti, Milano,Skira, 2008.

Santa Maria della Steccata aParma. Da chiesa “civica” a basili-ca magistrale dell’Ordine costanti-niano, a cura di Bruno Adorni,Milano, Skira, 2008.

Con gli occhi di... Bardini, Horne,Stibbert, a cura di Simona DiMarco, Elisabetta Nardinocchi,Antonella Nesi, Firenze,Mandragora, 2009.

La chiesa di Santa Felicita aFirenze, Firenze, Mandragora, 2009.

La basilica di Santa Maria delleCarceri a Prato, di ClaudioCerretelli, Firenze, Mandragora,2009.

Giotto e il Trecento. “Il più SovranoMaestro stato in dipintura” a curadi Alessandro Tomei, in collabora-zione con Claudia Viggiani, Milano,Skira, 2009.

Gian Carlo Calza, Hiroshige. Ilmaestro della natura, catalogodella mostra, Milano, Skira, 2009.

Beato Angelico. L’alba delRinascimento, catalogo dellamostra a cura di AlessandroZuccari, Giovanni Morello,Gerardo de Simone, Milano, Skira,2009.

Andrea Brustolon 1662-1732. IlMichelangelo del legno, a cura diAnna Maria Spiazzi, Massimo DeGrassi, Giovanna Galasso, Milano,Skira, 2009.

Andrea Brustolon e la sua bottega.Itinerari in provincia di Belluno,catalogo della mostra a cura diAnna Maria Spiazzi e Marta Mazza,Milano, Skira, 2009.

Pieni & Vuoti. Interni di case stori-che ticinesi, fotografate da RobertoPellegrini, a cura di M. AgliatiRuggia e G. Foletti con un testo cri-tico di A. Mariotti, Locarno,Armando Dadò Editore, 2009.

Alla redazione della “Gazzetta Antiquaria” sono pervenuti i volumi, che di seguitosegnaliamo ai nostri associati come pubblicazioni di particolare interesse: