NOTIZIE DAL COLLEGIO CONTRIBUTI x...del Collegio IPASVI di Roma Anno XXV - N. 2 - APRILE-GIUGNO 2016...

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N°2 Anno XXV - N. 2 - aprile/giugno 2016 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma EDITORIALE Soffiamo insieme nella vela del cambiamento FOCUS Le iniziative a Roma per la Giornata dell'Infermiere NOTIZIE DAL COLLEGIO Primo convegno regionale degli Infermieri coordinatori CONTRIBUTI L'uso della gomma da masticare per la riduzione dell'ileo post-operatorio

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N°2

Anno XXV - N. 2 - aprile/giugno 2016 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

EDITORIALESoffiamo insiemenella vela del cambiamento

FOCUSLe iniziative a Romaper la Giornata dell'Infermiere

NOTIZIE DAL COLLEGIOPrimo convegno regionaledegli Infermieri coordinatori

CONTRIBUTIL'uso della gomma da masticareper la riduzione dell'ileo post-operatorio

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Organo Ufficiale di Stampadel Collegio IPASVI di RomaAnno XXV - N. 2 - APRILE-GIUGNO 2016Rivista Trimestrale registrata al Tribunale di Roman. 90 del 09/02/1990

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Finito di stampare: luglio 2016

Tiratura: 34.242 copie

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SOMMARIOEDITORIALE

1 Soffiamo insieme nella vela del cambiamentodi Ausilia M.L. Pulimeno

FOCUS3 LE INIZIATIvE PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELL'INFERmIERE

DICONO DI NOI15 Roma vota la sua nuova classe dirigente. Cosa cambia per gli infermieri?

NOTIZIE DALL’ITALIA18 Assemblea nazionale elettiva di Cives. maurizio Fiorda nuovo vicepresidente20 Infermieri delle Forze Armate e della Polizia a confronto con l'Ipasvi21 Partita la campagna #professioneinfermiere

NOTIZIE DALLA REGIONE22 Donazione di sangue, con l'estate torna l'emergenza in tutto il Lazio23 Tor vergata premia la tesi migliore in Infermieristica della sede di Ostia

NOTIZIE DAL COLLEGIO24 Primo convegno regionale degli infermieri coordinatori26 miglioramento della pratica clinica

Il Cecri e il corso di formazione della Joanna Briggs Collaboration

CONTRIBUTI27 Le modifiche degli stili di vita possono contribuire al trattamento

dell’incontinenza urinaria nella popolazione adulta?di Lucia Mauro, Stefano Casciato, Angela Peghetti, Maria Matarese

31 L’uso della gomma da masticare per la riduzione dell’ileo post-operatorio:sfide ed opportunità nell’applicazione di interventi evidence basedUno studio di casodi Raffaela Di Maio, Natascia Mazzitelli

34 Il ruolo dell’infermiere nel trattamento dei pazienti psichiatrici autori di reatodi Ione Moriconi, Federica Marra, Carlo Turci

41 Utilizzo e diffusione delle nuove tecnologie mobili per ridurre l’obesitàdi Marco Di Muzio, Cecilia Anastasia Esposito, Roberto Boggi,Massimo Napoli, Adelaide Landi, Concettina Maria Larcinese

47 Interventi non farmacologici nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da morbo di AlzheimerComparazione della Pet Therapy con la Terapia della Reminescenza di Chkairi Mohamm

53 Il ruolo dell'infermiere come educatore terapeutico nelmiglioramento della qualità di vita del paziente con microinfusore di Alice Di Luigi

56 Competenze psicorelazionali nel contesto domiciliaree nei contesti organizzativi di Teresa De Paola, Calogera Tavormina

LETTO PER VOI60 Il rifiuto della sofferenza inutile:

il primo libro italiano sull'assistenza in cure palliative61 Le ferite croniche e le diverse terapie di cura

L’AVVOCATO DICE62 L'obbligo di pagamento della tassa di iscrizione all'Albo

anche per i pubblici dipendenti

64 LA VIGNETTA DEL MESE

Associato all’UnioneStampa Periodica Italiana

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E D I T O R I A L E

Soffiamo insieme nellavela del cambiamentodi Ausilia M.L. Pulimeno

La nostra storia lo dimostra: abbiamo lo sguardo rivolto al fu-turo, ma non dimentichiamo i problemi di oggi. Perciò, comesempre, siamo pronti a fare la nostra parte fino in fondo, ge-nerosamente, con tutta la determinazione di cui gli infermierisono capaci. Chiediamo solo le condizioni per procedere, perlasciarci alle spalle le criticità di un sistema troppo lontano dalleesigenze dei cittadini e degli stessi operatori.

La partita è aperta e il momento è decisivo. In gioco c’è la te-nuta del Servizio Sanitario Regionale o la sua disgregazione. Isegnali incoraggianti non mancano, ma neppure le resistenzeal cambiamento. Lo sapevamo, le abbiamo previste e denun-ciate per tempo, rimanendo a lungo inascoltati. Ora però chegli effetti di questa emergenza sono evidenti a tutti, bisognaimbracciare a piene mani il coraggio e cambiare registro. Ora omai più.

L’obiettivo strategico di una vera e profonda riforma del si-stema sanitario è a portata di mano. Serve uno scatto. Per anninella nostra Regione la spending review sanitaria ha prodottoeffetti pesanti sui servizi e sul personale. Il perdurante bloccodel turnover ha aperto voragini paurose negli organici, ha svilitomolti servizi, umiliato i pochi professionisti rimasti, ridotto laqualità delle prestazioni, reso difficile l’accesso alle cure.

Un processo malgestito, molto concentrato sui tagli e pocosugli sprechi, che ha finito per scoraggiare i cittadini allontanan-doli dalla sanità pubblica. Così, come sottolineano tutti i datistatistici di quest’anno, chi ha soldi si rivolge al privato e chinon ce li ha rinuncia alle cure. Indicativo e drammatico, in que-sto senso, è il dato che per la prima volta dal dopoguerra regi-stra una riduzione dell’aspettativa di vita perché ci si cura menoe peggio. È un regresso antistorico che una professione comela nostra, protesa verso il futuro e aperta al cambiamento, nonpuò tollerare.

Per questo battiamo i pugni con forza e con grande insistenzasui tavoli della Regione Lazio dove maturano (o si impantanano)le strategie per uscire dalle secche. E qualche risultato final-mente si scorge. L’agognato sblocco del concorso per l’assun-zione di sessanta infermieri all’Azienda Ospedaliera UmbertoI, atteso per nove lunghi anni, è un segnale concreto che sot-tolinea la volontà di cambiare e la possibilità di farlo davvero.

Ci aspettiamo molto da questo concorso e dalla graduatoriache ne scaturirà, dalla quale tutte le Aziende Sanitarie e Ospe-daliere del Lazio potranno attingere. Confidiamo che apra lastrada ad altre selezioni pubbliche da troppo tempo bloccate.Una sanità che è andata avanti finora col freno a mano tirato,creando grosse sacche di disoccupazione e di precariato tra glioperatori, alimentando la “fuga” all’estero di molti professio-nisti amareggiati e disillusi. Un prezzo altissimo come quellopagato dai cittadini alle prese con le difficoltà organizzative direparti e servizi spesso tenuti in vita solo dall’abnegazione edal sacrificio degli infermieri.

Lo ripetiamo costantemente a tutti i nostri interlocutori istitu-zionali: controllo della spesa e qualità dei servizi sono concetticompatibili, anzi collegati e funzionali l’uno all’altro. Occorronoperò scelte precise e razionali. Perciò ben venga la razionalizza-zione delle spese, l'accorpamento di Asl e Dirigenze, ma non adiscapito dell’arruolamento del personale che manca. La prioritàresta l’avvio di tutti i concorsi banditi e di quelli programmati.

Finalmente anche quello per la Dirigenza Infermieristica si stasvolgendo e la Regione Lazio assicura che sarà chiuso entrol’estate. È quanto sollecitiamo da tempo, consapevoli che lariorganizzazione dei servizi assistenziali è urgente ma non puòrealizzarsi senza che le strutture coinvolte abbiano individuatoe messo in condizione di operare i rispettivi dirigenti. Un altromacigno che sbarra la via del cambiamento sta per essere ri-

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mosso. Sappiamo bene, tuttavia, che non basterà.

Insistiamo con tutte le nostre forze affinché si ponga manoconcretamente e senza più indugi a una profonda riorganizza-zione della sanità territoriale per disingolfare gli ospedali e ipronto soccorso attraverso lo sviluppo di modelli assistenzialigià adottati con successo in altri Paesi a sanità avanzata eormai anche in diverse Regioni italiane.

Chiediamo più coraggio alla Regione Lazio e alle singole Azien-de Sanitarie e Ospedaliere della capitale nell’aprirsi ad espe-rienze innovative quanto necessarie per salvare una baracca,quella della sanità pubblica, sempre più in difficoltà. Si può in-vestendo sul territorio, su figure professionali come l’Infermie-re di Famiglia e di Comunità, approntando i servizi delle nuoveCase della Salute secondo le reali esigenze dei cittadini.

Se ben strutturato, lo sviluppo di una rete sanitaria di prossi-mità può davvero invertire la rotta e garantire più salute a tutti.Abbiamo professionisti preparati per gestire questo processo,manca ancora la volontà politica di rompere gli indugi ridimen-sionando qualche storico privilegio di casta. Non per questo ciarrendiamo. La nostra cocciutaggine è ben nota e le conquisteche negli ultimi anni hanno riempito la faretra professionaledegli infermieri stanno lì a dimostrarlo. Ora abbiamo molte

frecce da scoccare e siamo ansiosi di poterlo fare.

Il cambiamento sta dentro la nostra mission, non ci spaventa,come forse accade ad altre categorie professionali, e anzi ciesalta. Tanto che studiamo, approntiamo, sperimentiamo esuggeriamo modelli innovativi, corroborati da risultati ed espe-rienze concrete. Ci sentiamo parte attiva del cambiamento erivendichiamo la nostra parte assumendoci tutte le responsa-bilità del caso. Siamo una professione matura pronta a misu-rarsi con l’innovazione.

La virata politico-amministrativa sancita dalle ultime elezionicomunali della Capitale ci stimola a pensare in positivo nelsegno del cambiamento. Roma ha voglia di voltare pagina eanche i suoi servizi sanitari e i suoi ospedali, affollati di pazientiprovenienti da tutta Italia, non aspettano altro. Confidiamoanche che la Regione prosegua con decisione e speditezzasulla strada del risanamento dei conti e delle assunzioni neces-sarie.

Noi ci siamo, pronti ad impegnarci ancora per una sanità mi-gliore, più equa e accessibile a tutti, solidale e capace di valo-rizzare le sue straordinarie eccellenze. Possiamo scrivereinsieme un capitolo importante per Roma e per tutta la comu-nità. Facciamolo subito.

EDITORIALE

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Le iniziative per la Giornata

internazionale dell'Infermiere

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Una giornata di approfondimentoe confronto con uno sguardo in-ternazionale sulla professione,

sui suoi problemi e sulle sue straordina-rie opportunità.Gli infermieri hanno fatto il punto dellasituazione e lanciato un preciso messag-gio il 10 maggio scorso, a Roma: sonoloro i candidati ideali per guidare il cam-biamento che il sistema sanitario richie-de con assoluta urgenza.L'occasione l'ha offerta il Centro di Ec-cellenza per la Cultura e la Ricerca Infer-mieristica (Cecri) del Collegio Ipasvi diRoma, con la giornata di studio sul tema:“Condurre il cambiamento e avanzare ilsistema salute”a cui hanno preso partealcuni dei più rappresentativi esponentidella professione a livello mondiale.Un confronto internazionale per analiz-zare i fenomeni epocali che attraversanola società e la stessa professione infer-mieristica.All'auditorium “Biagio D'Alba” del Mini-stero della salute, oltre 250 infermierihanno ascoltato la presidente del Colle-gio Ipasvi, Ausilia Pulimeno, e il vicepre-sidente, Stefano Casciato, introdurre ilavori e salutare gli ospiti internazionali.Unanime la sottolineatura della neces-sità di condividere le esperienze fra i variPaesi per migliorare l'assistenza e il si-stema salute nel suo complesso. “Insie-me possiamo incidere sulle scelte di po-litica sanitaria generale e sull'adozione di

nuovi modelli organizzativi”, ha ribaditola presidente Pulimeno. “La nostra sa-nità vive una crisi profonda - le ha fattoeco il vice, Casciato - ma, paradossal-mente, proprio nei momenti di crisi sipossono trovare soluzioni innovative edefficaci”.E su questo piano, gli infermieri dimo-strano di avere molto da dire, con le lorocompetenze, la ricerca, la loro missionprofessionale.Un forte incoraggiamento a perseguirequesta strada è giunto da Julie Fairman,docente di Storia del Nursing al BarbaraBates Center dell'Università della Pen-nsylvania, che ha relazionato sul tema “Ilfuturo del nursing: condurre il cambia-mento per migliorare la salute”. Il puntosulla situazione in Spagna, invece, lo hafatto Raphael LLeget, componente delConsiglio Generale di Infermieristica delPaese iberico, relazionando su: “Gli avan-zamenti della pratica infermieristica inSpagna”.Uno sguardo a lungo raggio sui cambia-menti in atto nella professione lo ha for-nito l'intervento di Franklin Shaffer,direttore generale della Commissioneper le Lauree Infermieristiche negli Usa,sul tema: “Educazione e pratica comemezzi appropriati per assicurare la sicu-rezza dei pazienti. La migrazione degli in-fermieri a livello internazionale”. Il direttore scientifico del Cecri, GennaroRocco, ha chiuso il primo ciclo di rela-

zioni illustrando l'intensa attività di ri-cerca che il Centro di Eccellenza svolgecon un gran numero di progetti ultimati,in corso e le pubblicazioni internazionali.Univoco l'impegno a sostenere nuovimodelli organizzativi per cambiare il 'si-stema salute', garantendo, al contempo,l'universalità delle prestazioni.In questa chiave, si è inserita la discus-sione sulla sanità territoriale e le figureprofessionali adeguate per assicurareuna buona assistenza di prossimità, utilea ridurre le degenze ospedaliere e a con-tenere i costi.La mattinata si è chiusa proprio su que-sto aspetto della professione, con la ta-vola rotonda sul tema: “Il ruolo dell'in-fermiere di Famiglia e di Comunità permigliorare l'applicabilità l'efficacia, la si-curezza e la qualità dell'assistenza ai pa-zienti e i percorsi organizzativi integratiper gestire le condizioni di cronicità”.Moderati dal ricercatore del Cecri, Ales-sandro Stievano, e dal giornalista PaoloRomano, sono intervenuti i relatori dellamattinata: Franklin Shaffer, Julie Fair-man, e Raphael Lleget, insieme alla vi-cepresidente della Federazione nazio-nale Ipasvi, Maria Adele Schirru, alla pre-sidente onoraria del Cecri, Dyanne Af-fonso, alla professoressa Rosaria Alvaro,docente di Nursing all'Università di Ro-ma Tor Vergata, e alla presidente del Col-legio Ipasvi di Roma, Ausilia Pulimeno.Chiaro il segnale lanciato dalla vicepresi-

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Workshop internazionale del Cecri“Condurre il cambiamento

nel sistema salute”

NELL’AMBITO DELLE CELEBRAZIONI PER LA GIORNATA INTERNAZIONALEDELL’INFERMIERE, A ROMA OSPITI STRANIERI E RICERCATORI ITALIANI A

CONFRONTO AL MINISTERO DELLA SALUTE

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dente Schirru: “Gli infermieri di famigliarappresentano una risorsa a cui non sipuò rinunciare. Gli ospedali sono intasatie le risorse vengono spese male. Le so-luzioni le abbiamo indicate molte voltealla politica: serve un investimento sugliinfermieri generalisti ma anche sbloc-care le specializzazioni cliniche degli in-fermieri, tra queste l'infermiere di fami-glia, una figura che deve diventare strut-turale nel processo di cura. Il medico dibase non può farcela da solo. Non vo-gliamo togliergli il lavoro, non vogliamofare diagnosi o impadronirci della prescri-zione terapeutica. Il problema è rispon-dere ai bisogni delle persone rendendo-le responsabili del proprio stato di salutee del trattamento della malattia, accom-pagnando la cronicità con l'educazionealla salute. Serve però una programma-zione in prospettiva, stabilire quali livellidi formazione e di aggiornamento occor-rono e quanti infermieri specialisti”.“Negli Stati Uniti affrontiamo le stessedifficoltà nel passaggio dalle cure peracuti al trattamento territoriale dei pa-zienti - ha sottolineato Franklin Shaffer -.

Il nostro programma di formazione pre-vede la figura dell'infermiere di comu-nità e negli ultimi anni questa specializ-zazione professionale è tornata in auge.Dobbiamo iniziare da una buona forma-zione infermieristica, ma anche all'edu-cazione dei cittadini verso questo nuovoapproccio, dando impulso agli infermieriche oggi sono concentrati soprattuttonegli ospedali e che vogliono lavoraresulla comunità”.Una significativa testimonianza dell'inte-resse che, nel mondo, suscita la figuradell'infermiere di famiglia o di comunitàl'ha portata Julie Fairman: “Un gran nu-mero di studenti che arrivano nelle fa-coltà infermieristiche hanno già unalaurea: tra questi, molti avvocati che sioccupano di sociale - ha spiegato -. Lorovedono l'Infermieristica come un com-pimento del lavoro. Cosa che non esistenell'ambito delle cure per acuti. Oltre lametà dei nostri studenti ha una secondalaurea, spesso in Economia, Religione,Scienze sociali e altre materie. Lorostanno cambiando l'Infermieristica ame-ricana come non è mai accaduto prima

e si battono molto per poter esercitarela professione all'interno della comunità,seguendo da vicino i pazienti, a casa loroo attraverso un centro di assistenza ter-ritoriale. Hanno il compito di capire leesigenze di salute di quella comunità edi elaborare le risposte adeguate”.Come sempre, illuminante il consiglio diDyanne Affonso: “Abbiano bisogno di al-cune linee-guida per segnare i passaggifondamentali di questa evoluzione. Ser-ve un modello semplice che porti l'assi-stenza più vicino ai cittadini, che sappiatrattare pazienti con diverse culture estili di vita. A questo scopo, dobbiamoraccogliere e condividere quanto piùpossibile i nostri dati, stabilire le prioritàdi azione per una specifica comunità edindicare le risorse per realizzarle, stabi-lire quali sono le esigenze della comu-nità, modulare l'intervento a secondadella cultura della comunità da assistere.Molto importante è l'attenzione alle di-versità, perciò occorrono anche compe-tenze linguistiche e geografiche. A co-munità diverse deve corrispondere unapproccio diverso”.

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Ma in Europa c'è ancora molta strada dafare.Lo ha sostenuto con grande schiettezzaRaphael LLeget: “Questo è un tema cheabbiamo molto a cuore, ma i politici nonsono davvero convinti di questo pro-getto. Eppure le cifre parlano chiaro: nel2015, si sono stimati 180 milioni di pa-zienti cronici nel mondo, la mortalità permalattie croniche è di 43 milioni di indi-vidui. Inoltre, il paziente cronico consu-ma tanto delle risorse sanitarie e il 60%dei pazienti cronici non aderisce alle te-rapie creando un sostanzioso spreco dispesa. In Spagna, abbiamo regolamen-tato la figura del'infermiere di famiglianel lontano 1987, ma, nella realtà questoruolo non ci è mai stato riconosciuto daalcun governo. Purtroppo, i politici hannoun orizzonte di pochi anni: tanto, quan-to dura il loro mandato. Invece, gli infer-mieri rappresentano la risorsa giusta peraggiustare il sistema. Numerose espe-rienze dimostrano che, dove l'assistenzaterritoriale è più sviluppata, le cose van-no meglio”.Il peso degli infermieri, nelle scelte stra-

tegiche, è ancora troppo scarso anchenelle università italiane. Lo ha detto achiare note Rosaria Alvaro, rivendicandouna maggiore autonomia: “In Italia ab-biamo 224 sedi formative per infermierima solo 10 hanno un presidente infer-miere. Vuol dire che chi gestisce la for-mazione non sono gli infermieri. Peral-tro, si insegna a lavorare nell'ospedale,molto meno sul territorio. Eppure esi-stono molte esperienze valide in questocampo. Negli ultimi cinque anni, abbia-mo registrato un boom di liberi profes-sionisti, in maggioranza under trenta.Giovani che affrontano il mercato del la-voro e che molto potrebbero fare con lapresa in carico dei pazienti dimessi, conle dimissioni protette, con la prevenzio-ne. Purtroppo, però, non li formiamo ab-bastanza su questo. Così pure nei di-stretti sanitari possiamo e dobbiamoprenderci gli spazi che ci competono,anche in campo gestionale e organizza-tivo”.Da qui, la raccomandazione “etica” chegli infermieri devono fare politica, en-trare nelle stanze dei bottoni e parteci-

pare attivamente alle scelte di politicasanitaria. “Noi le ricette valide ce le ab-biamo: è ora che ci lascino decidere”, haconcluso Alvaro.Nel suo intervento finale, la presidentePulimeno non ha nascosto che vi sianotitubanze e incertezze sull'evoluzionedell'assistenza territoriale all'interno del-la stessa famiglia professionale infer-mieristica: “Sembrerà inverosimile, maesi- stono delle resistenze culturali nellanostra stessa categoria per lo sviluppo el'affermazione della figura dell'infermie-re di famiglia o di comunità - ha rimar-cato -. Formiamo professionisti prontiper l'ospedale ma non per il territorio. Èquesto lo scatto culturale che ancora cimanca e che dovremmo attuare, aven-dolo a portata di mano. Abbiamo chiarele esigenze dei cittadini e sappiamo co-me fare per cambiare il modello di assi-stenza attuale, ma devono lasciarci fare.Per questo, serve un lavoro di squadra:dob- biamo agire uniti, senza divisioni franoi, condividendo le strategie. I risultati,ne sono certa, non tarderanno ad arri-vare”.La mattinata si è chiusa con un'opportu-nità di portata storica per il Cecri e per laricerca infermieristica italiana: l'impegnodegli ospiti internazionali affinché il Con-gresso Mondiale Icn (International Coun-cil of Nurses) del 2017, a Barcellona(dove parteciperanno 15mila infermieri),ospiti una sezione dedicata alle attivitàdel Centro di Eccellenza del Collegio Ipa-svi di Roma.Seconda parte della giornata, invece,completamente dedicata alle esperienzematurate all'interno del Centro di Eccel-lenza.Per l'occasione, infatti, diversi relatorihanno discusso con la platea di infermie-ri di alcuni progetti realizzati grazie al so-stegno dell'organismo “figlio primogeni-to” del Collegio Ipasvi di Roma.“Un momento necessario per tirare lesomme di quanto fatto e di quanto c'èancora da fare - ha detto in apertura il di-rettore del polo per la Formazione dei Ri-cercatori del Cecri, nonché segretaria

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del Collegio Ipasvi di Roma, Maria GraziaProietti -. Un'occasione di arricchimentoper approfondire anche la qualità della ri-cerca, che è finalizzata alla pratica cli-nica. Per venire sempre più incontro alleesigenze degli utenti e di una societàche invecchia sempre di più”.Moderati dalla stessa Proietti e dalla pre-sidente Pulimeno, al microfono, ampiospazio ad una carrellata sugli studi piùavanzati dei Poli della Pratica Clinica edella Ricerca del Cecri, tutti con l'auspi-cio di poterne applicare presto i risultatial maggior numero di pazienti.“La rilevanza della Pratica clinica per lanostra professione è indiscutibile - hacommentato Maria Matarese, che ha re-lazionato su: “Il progetto di accredita-mento del centro di Eccellenza per laCultura e la Ricerca Infermieristica pres-so il Joanna Briggs Institute” -. I risultatiottenuti fino ad ora ci danno la misura diquanto sia efficace la ricerca infermieri-stica e di quanto ci sia necessità di revi-sioni della letteratura. Revisioni che do-vrebbero essere rese fruibili a tutti per ilprossimo anno e che - ci si auspica - sia-no inserite fra le altre del Briggs Institu-te, noto ente di sviluppo con un grossopatrimonio in questo settore, già presen-te in 53 Paesi, ma non in Italia. Per il Ce-cri - ha continuato - entrare a far parte del-la famiglia del Joanna Briggs Institute sa-rebbe un'occasione di maggiore visibilitàinternazionale, oltre che di avanzamentodel sistema-salute verso i pazienti, nostriterminali, portato avanti per mezzo dellaformazione dei nostri infermieri”.Infermieri in continua formazione, comela dottoranda Anna Marchetti a cui è an-dato il compito di aggiornare la platea su:“Un modello per la valutazione del Corecompetence infermieristico nell'esamedi abilitazione professionale”.Tutto, per cercare competenze certifica-te e riconoscibili ovunque in Europa. “Lalibera circolazione dei professionisti nonè avulsa dal discorso della libera profes-sione - ha spiegato -. La necessità di 'fa-re comunità' vale anche nel sapere, nel-le conoscenze acquisite. Il Cecri ha fatto

proprio il progetto Tuning, ovvero un ap-proccio d'istruzione centrato sullo stu-dente. Un progetto da consigliare ancheagli altri Paesi, in modo che le aspettati-ve minime di un infermiere che opera inItalia e all'estero possano essere più omeno le stesse”.Nei test di valutazione degli infermieri,approccio olistico e quello per gestire inmodo appropriato farmaci e terapie nonmancano mai, ma dalla relazione èemersa l'alta difformità fra le sedi chefanno gli esami e la prevalenza della va-lutazione della performance cognitiva enon di quella on the bed (spesso del tut-to assente). “Bisogna 'fare comunità'anche in questo senso - ha sottolineatoMarchetti -. In futuro, la progettazionedella prova pratica dovrà includere l'usodi un manuale condiviso. Ciò, senza maimettere a rischio l'autonomia di ogniateneo”.Dal Polo II del Cecri (Polo della Ricerca),Antonella Mottola e Marco Paturzo, co-ordinati dal professor Ercole Vellone,hanno aggiornato i presenti sui risultatidi un progetto iniziato nel 2009: “Self-care e contributo al self-care nello scom-penso cardiaco: studio con metodo mi-sto sui pazienti e sui caregiver”. E vistoche si tratta di una patologia con unenorme incidenza mondiale, i dati distudi di tale tipo risultano quanto mai ne-cessari per una corretta gestione dellamalattia, specie da parte del malato e dichi lo segue. “I nostri dati sono affida-bili? Sì, se i riscontri, in percentuale,sono superiori all'80% e se vi si sonodedicati almeno tre ricercatori - ha dettola prima -. Cerchiamo di acquisire cono-scenze utili per la pratica clinica, per mi-gliorarla. Abbiamo scoperto che il nostropaziente-tipo over 65, coniugato, con untitolo di studio medio-basso ed un pro-blema di cuore. Non riesce a gestire isintomi della malattia da solo (solo il35% sì e viene seguito da qualcuno).“Questi ultimi - le ha fatto eco Paturzo -si interessano principalmente dell'ade-renza alla terapia, all'eventuale dieta e asvolgere qualche attività o movimento.

Ma non si tratta di dati definitivi. Il nostroobiettivo futuro, infatti, è proprio di in-crementarli, allargando le indagini pro-prio sui caregiver, sul loro contributo infamiglia”.Immacolata Dall'Oglio ha accompagnatola platea all'interno de “L'esperienza esoddisfazione dei genitori in Neonatolo-gia. Risultati di uno studio multicen-trico”. Toccante perchè investe temati-che riguardanti bambini molto piccoli egenitori che: “devono essere considera-ti come risorse preziose - ha spiegatoDall'Oglio -: sono loro a coadiuvare il la-voro dei sanitari. In futuro, bisognerà la-vorare proprio sull'educazione di padri emadri. E, intanto continuare a fare ri-cerca. Importantissima per la pratica cli-nica perché attraverso di essa, si tro-vano le vie per esplicare al massimo lepotenzialità infermieristiche. Ovviamen-te, la soddisfazione e i ringraziamenti de-gli utenti ci fanno lavorare meglio, ma,per farlo, abbiamo soprattutto bisognodi infermieri con competenze avanzateche non dimenticano il lato umano dellaloro mission, camminando accanto ai pa-zienti, e rispettandoli in tutto, anche nel-la provenienza culturale che, oggi, non èun fattore irrilevante”.In conclusione, la relazione di MichelaPiredda su: “Sviluppo e validazione di unquestionario per la valutazione della per-cezione della dipendenza dall'assistenzain pazienti oncologici”. E se è vero chela prima reazione del malato è di nonvoler essere un peso per gli altri, ci si èchiesti com'è possibile garantirne le vo-lontà, magari quando non è più coscien-te: “Le relazioni di cura possono svilup-pare 'dipendenza' - ha spiegato -, manon è necessariamente una cosa nega-tiva. Sviluppare un'assistenza 'ad perso-nam' equivale a prendersi carico del pa-ziente in maniera olistica. Oggi, l'infer-miere ha l'aspetto di un esperto che usaconoscenze e ricerca, non basa il suooperato solo su un sistema di pratichediffuse ed imparate pedissequamente”.

Tiziana Mercurio

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“In occasione della Giornata in-ternazionale dell’infermierevorrei inviare i miei migliori au-

guri alle oltre 430mila infermieri cheesercitano la professione più vicina diqualsiasi altra ai bisogni di salute degliindividui di ogni età, sesso, confessionireligiosa e nazionalità. Non a caso, Papa Francesco ha solenne-mente affermato che se Dio avesse lesembianze umane avrebbe quelle di in-fermiere, così come l’altrettanto Papapiù amato, Giovanni XXIII è stato infer-miere prima di prendere i voti.Alla vostra Professione in questi anni loStato e le Regioni hanno chiesto tantoin termini di alto impegno ed ottenutotantissimo e molto di più verrà chiestodi misurarsi con le nuove sfide di pro-fonda innovazione nell’organizzazionedel lavoro avviata dall’attuazione dellescelte strategiche del Patto per la Sa-lute.Il primo problema che si pone è quel-lo di ridare la speranza di futuro pro-fessionale nel nostro Paese alle mi-gliaia di giovani laureati degli ultimi an-ni che, se pur formati secondo la pro-grammazione del loro fabbisogno pro-fessionale, o sono ancora in cerca dioccupazione o sono utilizzati in moda-lità improprie, sottopagati con pochidiritti e molti doveri, oppure hannoscelto la strada dell’emigrazione, come i nostri nonni, in altri Stati, dovesono tra i professionisti più apprezzati.Anche se in forme non ancora ade-guate alle attese, le procedure con-corsuali sono state riattivate in moltis-sime Aziende Sanitarie, così come so-

no state avviate procedure di stabilizza-zione per i precari: è un inizio positivo, èun’inversione di tendenza dopo anni diblocco delle assunzioni.La Sanità in Italia sta realizzando un pro-cesso di trasformazione così profondoed esteso che non ha pari in altro com-parto pubblico e dei servizi: dalla riorga-nizzazione della rete ospedaliera, comeluogo solo per le acuzie alla sfida dellacostruzione reale del sistema territorialesanitario e sociosanitario in grado di darerisposte ai nuovi e vecchi bisogni di sa-lute in quadro epidemiologico completa-mente mutato, nel quale prevale lacronicità.A questa sfida della nuova Sanità, allaprofessione infermieristica è richiesta unimpegno da vero coprotagonista rive-stendo un ruolo da primo attore, insie-me ai colleghi medici e delle altre pro-fessioni sanitarie, che non ha precedentinel recente passato: la prevista genera-

lizzazione dell’ospedale per intensità dicura che affida agli infermieri la gestionedei letti, all’ospedale di comunità a ge-stione infermieristica, alla generalizzazio-ne, anche se ancora sperimentale del-l’infermiere di famiglia, all’implementa-zione delle competenze sino all’istituzio-ne dell’infermiere specialista, a iniziaredall’emergenza, ma non solo, sono al-cune delle grandi sfide di innovazione di-scontinua avviate dalla programmazionenazionale e già in via di realizzazione inalcune Regioni.Certamente, per realizzare ciò le Azien-de Sanitarie dovranno mettere in esseretutte le iniziative affinché i laureati infer-mieri possano essere impegnati nellecompetenze proprie della loro professio-ne e non più deprofessionalizzati in quel-le competenze non strettamente sanita-rie che, da oltre 20 anni, Stato e Regionihanno affidato ad altri operatori a iniziaredagli operatori socio-sanitari. Al raggiun-gimento di questi risultati potrà offrireun enorme contributo l’ormai prossimorinnovo contrattuale, dopo anni di mora-toria, se, come mi auguro, la parte pub-blica e la parte sindacale facciano pro-pria la sfida per la quale i rinnovi contrat-tuali diventino funzionali e strumentali aiprocessi di riorganizzazione in atto nelServizio sanitario nazionale favorendo lapartecipazione, la condivisione, la com-partecipazione ed il protagonismo sog-gettivo e propositivo dei professionistidella salute e l’insieme degli operatori,dando vita ad un accordo che per la va-lenza che si vuol attribuire non potrebbeche, usando un’espressione forte maadeguata, lanciare il cuore oltre l’ostaco-

Il sottosegretario De Filippodà gli auguri agli infermieri

IL DOCUMENTO

Il sottosegretario Vito De Filippo

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lo per volare alto ed avere un grande erilevante strategico respiro.In questo quadro, va attuato quanto pre-visto sia dall’articolo 6 della legge 43/06che istituisce la posizione di “professio-nista specialista” che quanto contenutonei decreti istitutivi dei 22 profili profes-sionali ex terzo comma dell’art.6 del dlgs502/92 che già dal l’anno 1994 prevede-vano l’istituzione di aree di formazionecomplementare post diploma.In alcune Regioni ed in molte AziendeSanitarie, per oculata e condivisa sceltaprogrammatoria, il percorso di attribu-zione di ulteriori competenze avanzate especialistiche agli infermieri ed alle altreprofessioni sanitarie è realtà consolidatada anni.Perciò tale percorso virtuoso va valoriz-zato e normato all’interno del nuovo con-tratto nazionale anche al fine di metterein condizione le altre Regioni di attuarlo,prevedendo un adeguato apprezzamen-to anche economico del personale ap-partenente alle professioni che acquisi-sca ulteriori competenze avanzate sullabase delle scelte aziendali e regionali, sedel caso a seguito di percorsi formativicomplementari e protocolli concordaticon le loro rappresentanze e quelle me-diche nonché delle altre professioni in-teressate.È evidente che, con questa soluzionenazionale, verrebbe meno la leggendametropolitana che con le competenzeavanzate e specialistiche si avrebbero21 modelli differenti e soprattutto si rea-lizzerebbero nella sede naturale dellaidentificazione di nuove competenze edella migliore loro collocazione norma-tiva e contrattuale qual è la sede nego-ziale ed attuando così quello che preve-de la nuova direttiva europea sulle com-petenze di infermiere, ostetrica ecc.Concretizzando l’impegno assunto conla Presidente nazionale Ipasvi, BarbaraMangiacavalli, dopo aver ricevuto le de-signazioni della rappresentanza profes-sionale e sindacale, delle Regioni, del-l’Agenas e delle competenti DirezioniGenerali del ministero della Salute sto

per convocare il 25 maggio il Tavolo tec-nico sulla professione infermieristicache riprenda il cammino interrotto con ilprecedente positivo del Comitato Mini-steriale sulle scienze infermieristiche in-sediato dal Ministro Turco e costituiscal’organismo tecnico che permetta al “sa-pere infermieristico” di contribuire allascelte di programmazione sanitaria ed alloro verifica.Nel nostro Paese, così come accade a li-vello internazionale, l'istanza di garantirepercorsi di cura in grado di offrire rispo-ste appropriate ai bisogni emergenti disalute, nel rispetto dei vincoli economiciimposti al Ssn, fa emergere la necessitàdi rimodulare in termini organizzativo -gestionali le attuali modalità di eroga-zione del servizio.In tale, mutato contesto, assume valen-za imprescindibile la valorizzazione dellecompetenze di tutti i professionisti coin-volti in tale ambito; in particolare, si evi-denziano le competenze che la profes-sione infermieristica ha raggiunto in ra-gione sia dei percorsi formativi sia del-l'esperienza maturata e sviluppata nellarealtà quotidiana in coerenza al vigentequadro normativo di riferimento, cosìcome riformato in profondità dall’insie-me delle norme e leggi che hanno attua-to la riforma della professione infermie-ristica.Purtroppo, per alcune di esse, non c’èstata integrale attuazione con effetti e ri-cadute negative nella realtà per i cittadinie per gli stessi operatori.Alcune problematiche che saranno alcentro del Tavolo tecnico per la profes-sione infermieristica e per le quali elabo-rare le relative proposte: linee-guida relativamente all'assisten-

za residenziale: anziani, pazienti psi-chiatrici, rems;

linee-guida relativamente agli standardospedalieri/territoriali di riferimentoper le dotazioni organiche comprensi-ve di linee di indirizzo per la gestionedelle risorse con prescrizioni.

linee di indirizzo per l'appropriato uti-lizzo di risorse umane all'ingresso del

percorso e al termine dello stesso peri professionisti con età maggiore ai 55anni o impegnato in attività ad elevatausura.

linee-guida relativamente agli ambiti dicompetenza avanzata e delle conse-guenti aree di prescrittività infermieri-stica;

linee-guida per la definizione di attivitàdell'operatore socio sanitario (Oss) se-condo quanto previsto dal vigente ac-cordo in materia;

linee di regolamentazione dello svilup-po dell'assistenza infermieristica nel-l'ambito di comunità, cure domiciliari,servizi ambulatoriali e territoriali;.

linee di indirizzo per la regolamentazio-ne, negli ambiti socio assistenziale sa-nitario a regime privato convenzionatoe non, dell'utilizzo e riconoscimentodell'infermiere;

linee-guida per l’attuazione di quantoprevisto dall’art.1, comma 3 della leg-ge 251/00 e cioè “l’attribuzione in tut-te le aziende sanitarie della diretta re-sponsabilità e gestione delle attività diassistenza infermieristica e delle con-nesse funzioni; la revisione dell’orga-nizzazione del lavoro, incentivando mo-delli di assistenza personalizzata”;

definizione/ridefinizione dei percorsi distudio degli infermieri e dei modelliformativi utilizzabili;

sviluppo dell’attività di ricerca infer-mieristica;

elaborazione di proposte per l’indivi-duazione delle competenze degli infer-mieri specialisti in attuazione dell’arti-colo 6 della legge 43/06 nelle aree in-dicate dalla proposta di Accordo Stato-Regioni sulle competenze avanzate especialistiche delle professioni infer-mieristiche.

È certamente una sfida e un impegnonotevole che si richiederà a questo Tavo-lo tecnico ma costituisce un passaggioindispensabile per implementare la ca-pacità ed il potenziale programmatorio eorganizzatorio del Ssn in virtù anche del-le conoscenze e delle idee della profes-sione infermieristica”.

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Una giornata speciale per cele-brare insieme ai cittadini la no-stra professione, la nostra mis-

sione, la nostra passione. Quest’anno,la “Giornata Internazionale dell’Infermie-re”, grazie al Collegio Ipasvi di Roma, èapprodata in una delle piazze più belle efamose del mondo, piazza del Popolo,per rinsaldare il “Patto Infermieri-Cittadi-ni” all’insegna del coinvolgimento e del-la conoscenza reciproca.Il 12 maggio scorso, infatti, è stato alle-stito un gazebo per tutto il giorno, alloscopo di incontrare i romani, le loro fa-

miglie, i turisti che si sono intrattenutiper conoscere la professione e intera-gire con il nutrito gruppo di professioni-sti presenti.Offerta a tutti gratuitamente la misura-zione della pressione e informazioni pre-ziose sulla prevenzione e il trattamentodelle patologie più diffuse.Un'ottima occasione per divulgare infor-mazioni sui corretti stili di vita e sulla pre-venzione sanitaria per contribuire a man-tenere lo stato di salute ed evidenziarecontestualmente le specifiche compe-tenze che l’infermiere può mettere a di-

sposizione per migliorare le condizioni divita della popolazione.Tra le figure istituzionali che hanno testi-moniato la propria presenza: il presi-dente della Regione Lazio, Nicola Zinga-retti, accompagnato dal presidente dellacommissione Politiche sociali e Salutedel Consiglio regionale, Rodolfo Lena.“Le due buone notizie che ho da darvisono queste - ha detto, per l'occasione,Zingaretti -: la prima è che, dopo 16 anni,finalmente c'è il concorso in atto e tuttiavranno il dirigente infermieristico nelleAsl; la seconda è che anche sul fronte

Collegio in piazza il 12 giugnoAl gazebo Zingaretti e Lena

Zingaretti con la presidente Ipasvi Roma Pulimeno Il presidente della commissione Salute Lena

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del lavoro sta cambiando tutto. Siamo an-cora sotto commissariamento, però, il di-savanzo cala in maniera consistente. Eradi circa 800 milioni nel 2013 e sarà di circa250 quello del 2015. Il tavolo di rientro lodovrà certificare, ma sarà comunque unottimo risultato”. Rispetto al quadro sanitario regionale, Zin-garetti ha aggiunto: “Quanto fatto finoraci ha permesso di affrontare il blocco delturnover che, già oggi, non è più del 10%,ma è del 40%. Se manteniamo questotrend, sarà poi del 50%, del 60% e poi al100%. Nel 2013, tutte le assunzioni nelLazio furono circa 70, e a maggio del 2016siamo già arrivati a 460. Nei bandi chestanno uscendo, il personale infermieri-stico sarà più degli altri. La strada è moltolunga però la fase di distruzione è finita,ora siamo nella fase della costruzione. Ilnostro obiettivo è di creare un sistema sa-nitario regionale in cui gli ospedali sonosoltanto una delle offerte messe incampo. Il modello ospedale-centrico nonregge più”, ha concluso.

Il presidente della Regione Zingaretti

Il presidente della commissione Salute Lena I cittadini al gazebo Ipasvi

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Con il patrocinio dell'Enpapi, dellaFederazione Nazionale dei Col-legi Ipasvi e del Barbara Bates

Center for the Study of the History ofNursing at the University of Pennsylva-nia, il Centro di Eccellenza per la Culturae la Ricerca Infermieristica (Cecri) hadato appuntamento, lo scorso 13 mag-gio, a docenti ed esperti del settore peruna giornata di studi dal titolo: “Il ruolodella storia nell’indirizzare le politichedella salute”.La storia del nursing è complessa e, tut-tavia, per molte persone è una storianon ricchissima. Gli eventi storici più comuni sono limitatiagli eventi che segnano un avanza-mento professionale o alla creazione dipercorsi educativi formali o all’introdu-zione di regole e norme ordinistiche. “Non è casuale che certe cose avven-gano in un dato momento storico che ègiusto, e si rivela tale, per indirizzare inavanti le politiche di salute”, ha spiegatoJulie Fairman, docente di Storia del Nur-sing al Barbara Bates Center dell'Univer-sità della Pennsylvania. Durante il suo intervento (“La storia hail suo peso: il ruolo della storia nell’indi-rizzare le politiche della salute”), Fair-man ha sottolineato quanto la sanitàpubblica “per essere alla portata di tuttiha bisogno di politiche adatte, scritte adhoc; politiche che diano risposte effi-cienti. E per farlo, non ci si deve rivolge-re sempre e solo ai medici – ha conti-nuato –: è arrivato il momento di chie-dere anche agli infermieri e di metterein pratica le risposte già date e, per direcosì, 'messe da parte' sin dagli anni '70.Perché i grandi cambiamenti nell'ambito

accademico hanno permesso agli infer-mieri di avere, non solo laurea e dotto-rato, ma anche una competenza semprepiù avanzata, per offrire un'assistenzasempre più di qualità. Dagli anni '80, lacategoria ha cominciato a fare breccianel cuore degli assistiti, al punto che sisono affermati a tal punto da non esserepiù invisibili neppure per i media”. Poi,negli Usa, nel 2010, il noto Report sani-tario dall'Istituto di Medicina rivelò a tuttigli ammodernamenti subiti dalla profes-sione e la diffusione di dati e opinioni diinfermieri sui maggiori network contri-buirono a veicolare più messaggi, tantoda arrivare a far interessare sponsor pri-vati che presero a cuore la questione in-fermieristica, infondendo denaro persponsorizzare progetti di ricerca. “Inqualche caso – ha concluso Julie Fair-man –, perfino i medici ci hanno soste-nuto. Perché una cosa è chiara: per rag-giungere risultati importanti bisogna'fare sistema' e l'infermiere non può, enon deve, sottrarsi più al suo ruolo auto-revole nella rivoluzione sanitaria in atto”. E se lo scopo precipuo della battagliaportata avanti dagli infermieri di questomillennio resta la salute del cittadino, al-lora è innegabile, come ha sottolineatoil vicepresidente Ipasvi Roma e direttoredel Polo della Pratica Clinica del Cecri,Stefano Casciato, che: “Gli infermieriprotagonisti del cambiamento sanitariosi alleano con la gente, stringono pattietici con tutti i protagonisti della storia efanno venir fuori le idee, specie nei mo-menti di crisi. È l'infermiere – ha chio-sato – la figura che, oggi come oggi, puòdavvero cambiare la sanità, perché tieneconto della complessità clinica dei pa-

zienti e della necessità di portare avantiil sistema sanitario tutto, forte della suaformazione avanzata e della sua operati-vità. Operatività che, in un futuro nontroppo prossimo, dovrà incrementarsianche sul territorio”.“Gli infermieri hanno compreso i cam-biamenti in atto – ha detto Gennaro Roc-co, direttore scientifico del Cecri, nelsuo intervento: 'Il ruolo della storia nel-l’indirizzare le politiche della salute in Ita-lia' – anzi li hanno cavalcati. Da italiani, inostri infermieri hanno un passato im-portante impresso nel dna: sono figli diun sistema sanitario solidaristico che,però, negli ultimi anni, si sta sgretolandoe per il quale bisogna, oggi, correre ai ri-pari. In effetti, ed essendo rimasti in po-chi, come possiamo fare noi a non di-ventare un sistema sanitario privato co-me quello americano? Lottando assie-me, ragionando in maniera integrata, an-che nella formazione accademica; cer-cando di imparare dalla storia degli altri,e, possibilmente, dai loro errori. L'infer-miere italiano, ora, è un professionistaconscio del suo ruolo e della sua forma-zione, ma il dibattito resta aperto: tantoè stato fatto, ma tanto ancora c'è dafare”.Le due figure di “Florence Nightingale eCristina Trivulzio di Belgiojoso: tra mitoe realtà” sono state affidate alla disser-tazione di Loreto Lancia, professore as-sociato di Nursing dell'Università del-l’Aquila. Due figure emblematiche per laprofessione infermieristica con tantipunti di contatto. Entrambe ricche, voli-tive, colte e coraggiose: l'una, mandatadal ministro della Guerra inglese, nel1854, a sovrintendere gli ospedali nazio-

All'Enpapi il Cecri dà lezionidi Storia dell'Infermieristica

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nali in Turchia; l'altra, da Mazzini, ad or-ganizzare gli ospedali della Repubblicaromana del 1849. Dalla Guerra di Cri-mea, Florence raccoglie dati e li analizza,creando, in nuce, il nursing moderno ba-sato su prove di efficacia. Nel 1860,fonda la prima scuola per infermiere, an-nessa al Saint Thomas Hospital, che co-stituì il primo centro di formazioneinfermieristica di tipo moderno, la Scuo-la Nightingale, con un percorso forma-tivo delle infermiere, dalle regole ferree.Lancia ha discorso a lungo, e con parte-cipazione, delle maggiori analogie tra ledue: avevano capito l’importanza dei de-terminanti e dei prerequisiti della salutee in particolare l’importanza delle condi-zioni socio-ambientali sullo sviluppo del-la salute individuale e collettiva; non so-no sottostate alla condizione della donnadell’epoca; sono state animate da unforte spirito religioso; e, benché spessomalate, all’atto pratico si sono dimo-strate infaticabili, devote e generose nel-l’assistenza. Inoltre, anche contrastatedagli uomini, hanno scritto moltissimo.

Poi, sul finire dell'intervento, lo spunto diriflessione: “Ma, viste come sono poi an-date le cose, se all'inizio del '900 anchel'Italia avesse aderito al nursing alla ma-niera inglese, oggi si starebbe meglio?”.“Il primo esempio italiano di scuola sumodello Nightingale – ha risposto la pre-sidente del Collegio Ipasvi di Roma, non-ché direttore del Polo per l'Istruzione delCecri, Ausilia Pulimeno – è stato il con-vitto Regina Elena della capitale, istitutolaico in cui si formavano le infermiereprofessionali, una scuola di eccellenza,in cui io stessa mi sono diplomata e cheavrebbe portato il 'modello inglese' an-che altrove, nella penisola”.“Lo studente di Infermieristica – haquindi fatto notare Lancia – ha bene amente che, alle spalle, ha secoli di storiadi accoglienza. Ma forse, fra le nostre la-cune più gravi, più che il non aver ab-bracciato il modello Nightingale, è checontinuiamo a formare professionisti perl'ospedale e non per il territorio e la fa-miglia. Le competenze avanzate devonoandare anche in questa direzione”.

Tanti spunti approfonditi anche durantela tavola rotonda a cui ha partecipato,oltre a Rocco, Pulimeno, Fairman e Lan-cia, Cecilia Sironi, presidente Consocia-zione nazionale Associazioni Infermieri(Cnai) con un accorato intervento sullanecessità di scrivere la Storia del Nur-sing perché “è nella storia che si tro-vano le risposte giuste per affrontaremeglio il futuro”. Una tesi riscontrataanche nella proiezione del filmato deiprimi 50 anni di Storia degli infermieri ita-liani. “Conoscere il passato – ha dettoRocco – significa comprendere meglioquanto verrà. Nel Cecri stiamo inve-stendo parecchio sul tema, cercando dicolmare il gap, dedicando alla storia bentre filoni di ricerca. Confrontarsi e leg-gere criticamente i fatti ci consente dicapire anche la direzione da imboccareoggi, quando, più che mai, bisogna risco-prire la figura dell'infermiere in famigliae nelle scuole per educare anche la po-polazione in tal senso”.“Per la storia che hanno alle spalle, gliinfermieri indirizzano ancora poco le po-litiche della salute – ha aggiunto CeciliaSironi –. Non sono negli organismi deci-sionali, anche se qualcosa si muove. Perprogredire, però, è necessario avere unachiara identità professionale. Gli studentiche iniziano il loro percorso, i professio-nisti sul luogo di lavoro sanno a quale'famiglia' appartengono e perché? Cono-scere la propria storia serve anche adessere orgogliosi di sé e di quanto si stafacendo. Capire le proprie radici per il no-stro percorso di formazione, umana eprofessionale, non è cosa da sottovalu-tare. Non sono solo i grandi nomi a farela storia: essa viene scritta ogni giorno,da quanti fanno bene il loro lavoro. Por-tare più avanti il nursing non significa di-menticare l'Infermieristica di base. Lastoria aiuta a non perdersi, a non confon-dersi”.Parole che trovano conferma nell'orga-nizzazione, per il 2020, a Firenze, di unagiornata di studi storici in occasione del-le celebrazioni per i 200 anni della Ni-ghtingale.

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Il Collegio Ipasvi di Roma ha sviluppatouna propensione nella formazione e su“come ci si sente infermiere”, perché:“l'identità professionale – ha detto lapresidente Pulimeno – va interiorizzataprima dai docenti e poi dai discenti. Iproblemi interni devono passare in se-condo piano, si dovrebbe smettere diautodistruggersi, se vogliamo ottenererisultati più significativi”.Sì, perché l'identità professionale passaanche per la dignità, che, a sua voltapassa da se stessi per arrivare agli altri:Julie Fairman ha ricordato che, negli Sta-tes, da un recente sondaggio, è emersoche gli infermieri sono i professionistipiù rispettati del Paese, per cui: “Non èun caso, se gli sponsor anche privati nonci mancano; se veniamo supportati conimportanti finanziamenti”.Da noi sarebbe lo stesso?Qualche risposta è arrivata più tardi, at-traverso gli interventi moderati dal ricer-catore Cecri Alessandro Stievano, con i“Progetti di ricerca tra il Centro di Eccel-lenza per la Cultura e la Ricerca Infer-mieristica–Ipasvi Roma e il Barbara Ba-tes Center per lo studio della Storia delNursing-University of Pennsylvania”, alcentro dell'apertura dei lavori pomeri-

diani.“Non ci siamo lasciati sfuggire l'occa-sione del giubileo voluto da Papa Fran-cesco – ha spiegato Stievano –. Sarà laprima volta, in Italia, che una ricerca in-fermieristica sarà letta in chiave, diciamocosì, 'sociologica'. Prevediamo grossi af-flussi di fedeli e pellegrini, non ultimiquelli che avranno bisogno del supportodi infermieri volontari che accompagne-ranno quelli malati, i disabili cronici. A lo-ro sarà indirizzato un questionario chepubblicheremo on line sul portale dellaFederazione. Il Collegio Ipasvi di Romaed il Barbara Bates Institute lavorerannoassieme, in futuro, per sviluppare pro-getti comuni, magari anche quello di unarevisione sistematica del ruolo degli entiregolatori nell'affrontare il fenomenodella, cosiddetta, 'migrazione infermieri-stica', visto che, specie negli ultimi treanni, troppi giovani formati nel nostroPaese, hanno poi deciso di andare via”.Intanto, Fairman sarà ospite in Italia, nel2017, per tenere un seminario propriosul Nursing e la Storia legata a questo.In chiusura, doppio intervento storiogra-fico affidato, l'uno ad Alessandro Fabbri,ricercatore all'Università Alma Mater diBologna, con: “La storia del nursing: l’in-

fermieristica italiana nell’età del Risorgi-mento” e l'altro a Fatima Masucci, del-l'Irccs Bambino Gesù di Roma con:“Dall’assistenza all’infanzia all’infermie-ristica pediatrica: immagini e documentidi una professione in continua evolu-zione in Italia e in Europa”. Probabilmente, più che mai, attraversole loro sintesi, si è palesata più chiara-mente la necessità di approfondire e dif-fondere la storiografia del nursing, lanecessità di investire in una materia che,all'apparenza singolare, si riconosce poiestremamente radicata in quella più ge-nerale di un Paese, specie se riferita ataluni periodi o a certe fasce di popola-zione.“La celebrazione della Giornata dell'In-fermiere è un momento importante incui si tirano le somme di quanto fatto eci si prepara al da farsi”, ha detto il pre-sidente onorario del Cecri, Dyanne Af-fonso. “Nuove società equivalgono anuovi saperi, e, con essi, aumenta la ne-cessità di collaborare tra le associazionidi categoria per il bene ultimo: la salutedelle persone. L'infermieristica può ri-spondere alle nuove esigenze sociali ela storia è fondamentale per guidarci ver-so il futuro. Gran parte del mondo infer-mieristico, anche per la congiuntura tem-porale legata alla 'questione migranti',guarda all'Italia, a come scioglierà i suoinodi, come valuterà i bisogni delle per-sone. I politici chiedono un documentosanitario di sintesi che gli faciliti il com-pito di legiferare al riguardo, come ac-cadde in America, nel 2010, con il Re-port. Le partnership del Cecri con le Uni-versità italiane e straniere sono una dellechiavi per il futuro, ma, intanto, bisogne-rà dare più fiducia ai giovani, più ascoltoai 'pionieri' della professione ed unire leforze in virtù di una visione comune; farecampagne pubblicitarie, farsi conosceredi più – ha concluso –. La cultura del nur-sing non è ancora abbastanza solida: ènecessario portare avanti lo 'spirito' del-l'Infermieristica, guardando alla moder-nità, senza dimenticare l'umanità”.

Tiziana Mercurio

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Dopo gli incoraggianti annunci di nuove assunzioni e con-corsi finalmente sbloccati, la primavera 2016 si annun-cia ancora tempestosa per tanti infermieri.

I media registrano così l’addensarsi di nuove nubi sulla sanitàromana, ma pure qualche squarcio di sereno. Note dolenti arri-

vano da una struttura sanitaria d’ec-cellenza come l’Idi. La Repubblica

(10/3/16) annuncia: “Cassa integrazione per duecento all’Idi”.Il servizio spiega: “Duecento dipendenti dell’Idi finiscono incassa integrazione, una scelta vissuta dai più come anticameradei licenziamenti. All'origine del ricorso ci sarebbe il taglio dioltre dieci milioni ai budget del Dermopatico dell'Immacolata edi Villa Paola (1.180 addetti in tutto)”. Non è solo lo storico istituto a soffrire. Lo stesso giorno La Repubblica titola “Fatebenefratelli a rischioesuberi. Incontro coi vertici”. Si legge: “Ennesimo nodo da scio-gliere nella sanità privata accreditata: è stato fissato per oggi unincontro tra sindacati e i vertici del Fatebenefratelli, sull'Isola Ti-berina, per fare un punto sul piano di rientro e iniziare a buttarele basi per il rilancio della struttura. Su tutto, però, si allungal'ombra dei 200 esuberi annunciati nel piano di rientro”.Ombre ma pure qualche luce sul rilancio della sanità romana.

Il Corriere della Sera(12/3/16) scrive: “Ri-

parte l’ospedale Israelitico”. L’articolo spiega: “L’ospedale Israe-litico torna ad offrire i servizi in convenzione con il Sistema sani-tario nazionale. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zinga-retti, ha firmato ieri i primi due decreti per l'accreditamento dellesedi di via Fulda e di via Veronese, riducendo da 126 a 114 iposti letto tra degenza ordinaria e day hospital. Riparte cosi l'at-tività medico-chirurgica dell'ospedale dopo lo stop dovuto allatempesta giudiziaria dello scorso ottobre su un presunto giromilionario di rimborsi per interventi mai eseguiti. Dopo la bato-sta che ha colpito i vertici dell'Israelitico, la Regione aveva so-speso l'autorizzazione sanitaria e revocato l'accreditamento”.Il disagio degli operatori sanitari è forte e diffuso. Si fanno sen-tire anche le ostetriche.

La Repubblica (12/3/16) titola “Par-torire a Roma costa troppo: la de-

nuncia delle ostetriche”. Il servizio riferisce: “«Per la gestazio-ne, la nascita e il puerperio si arriva a pagare fino a 5 mila euro»,denunciano Maria Vicario e Maria Lisa Coluzzi, presidente e se-gretaria della Federazione nazionale dei Collegi delle ostetriche.E se si va dai privati non accreditati con il Servizio sanitario l'im-porto raddoppia. Nella Regione si fa assistere dagli ospedali odalle cliniche in convenzione l’83% delle gestanti, di fronte al-

l’88 della media nazionale”.Intanto, i cittadini e gli operatori sanitari romani assistono al de-grado di un’altra struttura storica.

Il Tempo (15/3/16) lancia l’allarme:“Servono 300 milioni per «curare» il

Forlanini”. Si legge: “La Regione a caccia di quattrini per il For-lanini: «C'è bisogno di un grande investimento pubblico di 250-300 milioni di euro per risistemarlo». Così, la cabina di regiadella sanità laziale ha quantificato il budget per il recupero del-l'ex ospedale, chiuso nel giugno scorso, 81 anni dopo la sua co-struzione. Per sottrarre al progressivo degrado i 125 mila metriquadrati tra la Portuense e piazza Forlanini la Regione chiameràa raccolta «il Comune e i Municipi per dare una nuova missionea questo pezzo di città», ha detto il responsabile della Cabina diregia della sanità, Alessio D'Amato. Per il quale, però, è daescludere un ritorno dell'immobile alla sua funzione sanitaria”.Fa molto discutere il nuovo piano di riordino delle Asl del Lazioe i timori per il mega accorpamento annunciato non mancano. Il Tempo (17/3/16) titola: “Il piano della maxi-Asl che dovrebberivoluzionare l’assistenza sanitaria”. L’articolo spiega: “Si articolain sei distretti sanitari territoriali e due Presidi Ospedalieri: il San-dro Pertini e il Sant’Eugenio/Cto. Sul territorio viene inoltre ge-stita, con proprio personale, l’attività assistenziale per le personeristrette nel Polo Penitenziario Rebibbia. 2.092 i posti letto com-plessivi. Sul fronte della dotazione organica, l'azienda ha assor-bito, al 1 gennaio 2016, 3.774 risorse dalla ex Asl RmB e 4.580risorse dalla ex RmC per un totale di 8.354 unità. In applicazionedelle linee guida regionali, viene applicato un taglio del 5% atutte le unità operative su base territoriale e ospedaliera: da 371a 353. E in bilico sarebbe il futuro dei quasi 300 lavoratori che,tramite le cooperative, facevano riferimento alla ex Asl RmC”.I quotidiani registrano una tregua per gli operatori delle Rsa alleprese con drammatici tagli e riduzioni di personale. Il Tempo(26/3/16) annuncia: “Rsa, raggiunta l`intesa. Salario salvato”. Espiega: “Raggiunto l'accordo tra Regione Lazio, parti datoriali eorganizzazioni sindacali per una nuova regolamentazione delleRsa. La vertenza è iniziata a settembre con la minaccia da partedi Aris e Aiop di tagliare del 50% il salario di 10 mila lavoratoriper poter far fronte alla crisi del settore”.Eppure, nonostante qualche segno di miglioramento, la sanitàlaziale è ancora malata. Lo ribadisce la Corte dei Conti, calcolando il tasso di pendolari-smo sanitario. E la stampa si scatena. Il Tempo (29/3/16) titola“Lazio, troppi ricoveri fuori Regione”. Il quotidiano romano rife-risce del “Rapporto 2016 sul coordinamento della Finanza pub-blica” pubblicato dalla Corte dei Conti e scrive: “Il Lazio svetta

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Roma vota la sua nuova classe dirigenteCosa cambia per gli infermieri?

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sul podio delle peggiori Regioni per «mobilità passiva»: è alterzo posto (dietro Campania e Calabria) con 201 milioni e 575mila euro, per i rimborsi dovuti alle altre Regioni a causa delleprestazioni sanitarie erogate ai residenti laziali. Un «pendolari-smo sanitario» che è quasi quadruplicato negli ultimi 4 anni”.Sui media nazionali torna il solito “tiro al piccione” indiscrimi-nato sulla professione infermieristica, con il caso della presuntainfermiera killer di Piombino, accusata di aver ucciso 13 pazienticon iniezioni letali di eparina. Il caso si smonterà presto e imedia torneranno ad ignorarlo. Intanto, però, un altro po’ di fango mediatico sugli infermieri èstato gettato.

Buone notizie sul fronte dei contisanitari della Regione. La Repub-

blica (5/4/16)annuncia: “Deficit sanitario: rimonta del Lazio, uncaso virtuoso”. Si legge: “Qualcosa è cambiato nel Lazio, e adattestarlo nel corso di un convegno che si è svolto nella sededella giunta regionale il ministro dell'Economia, Pier Carlo Pa-doan, che ha mostrato grande apprezzamento per l'operato del-l'amministrazione locale, partita da una complessa situazione didissesto ereditata dalle amministrazioni precedenti. Il disavanzosanitario, che nel 2006 sfiorava i due miliardi, si è ridotto a 355milioni nel bilancio 2014, una tendenza che continua”.Cala il debito, ma diminuisce ancor di più il personale sanitariotanto da mettere a rischio la sussistenza di molti servizi a Roma

e nella provincia. Il Tempo (6/4/16) ri-lancia l’allarme con il titolo “Poco per-

sonale in corsia: «Sbloccare il turnover»”. Il servizio riferisce:“Negli ultimi 8 anni il sistema sanitario regionale ha perduto9035 tra medici, infermieri, tecnici ed ausiliari. E la «percentualedi autorizzazioni ad assumere in parziale deroga al blocco delturnover non è più in grado di soddisfare l'efficienza delle strut-ture, anche al fine di garantire la corretta erogazione dei Lea»,ha ammesso il sub-commissario per l’attuazione del piano dirientro, Giovanni Bissoni, nel corso dell'audizione resa davantialla Commissione Salute del Consiglio regionale sulle nuovelinee di indirizzo dei programmi operativi del triennio 2016-2018.Bissoni ritiene ora «necessario uno sblocco progressivo del tur-nover, attribuendo, a ciascuna azienda, la programmazione delleassunzioni nell'ambito del budget concordato e degli obiettividi riordino e miglioramento dei servizi, ferma restando la salva-guardia dell'equilibrio economico-finanziario». Che resta l'obiet-tivo dopo «la riduzione del costo personale (-269 milioni nel2014, ossia -9,3% rispetto al 2004) e dell'effetto del blocco delturnover per gli anni 2007-2015 (riduzione di 9.035 unità)»”.Controllare il deficit non basta per tirare un sospiro di sollievo.

La Repubblica (7/4/16) titola: “Re-gione, deficit sotto controllo. Ma

per sei ospedali c'è il rischio commissario”. Si tratta, scrive ilquotidiano, di un “occhio (preoccupato) al disavanzo di sei ospe-dali: i policlinici universitari Umberto I, Sant'Andrea e Tor Ver-gata, le aziende San Camillo e San Giovanni, gli Istituti fisiote-rapici ospitalieri (Regina Elena e San Gallicano), che da soli pre-

sentano un saldo negativo tra entrate e uscite di 660 milioni”.Ospedali romani in difficoltà anche sul fronte igienico.

Leggo Roma (13/4/16) titola “Ospedali,igiene a rischio per lo sciopero della fame”.

E racconta della clamorosa protesta: “Dagli stipendi che saltanoal licenziamento il passo è stato breve e decisamente allar-mante. A rischio l’igiene negli ospedali. Prosegue la protesta in-finita degli addetti alle pulizie di grandi ospedali come il Cto, ilSant'Eugenio e il Grassi di Ostia che ora tentano il tutto per tuttocon uno sciopero della fame a oltranza. È la triste vicenda deilavoratori della Ma.ca. Srl”.Nel frattempo, l’infermiera di Piombino finita nel tritacarne me-diatico per le morti sospette in ospedale esce dal carcere etorna libera. Ma, per un caso che si sgonfia, ce ne sono altri chegridano vendetta. Come per l’articolo pubblicato in cronaca di

Roma da Il Messaggero (22/4/16)con il titolo “Presenta tre certifi-

cati medici falsi: infermiere del San Camillo licenziato”. È la so-lita “bufala” che tira in ballo gli infermieri anche quando nonhanno nulla a che vedere con i fatti. L’operatore licenziato nonè affatto un infermiere. Il Collegio Ipasvi di Roma si risente e lapresidente Pulimeno scrive al direttore del quotidiano romano.“Purtroppo - si legge nella lettera - tirare in ballo, senza alcunmotivo, gli infermieri romani in squalificanti episodi di cronacasembra divenuta una malsana quanto incomprensibile abitu-dine, tanto che negli ultimi mesi questo Collegio è dovuto in-tervenire più volte per ristabilire la verità sulle qualifiche profes-sionali di soggetti che nulla hanno a che fare con la professioneinfermieristica”. E ancora: “Le ricordo che gli infermieri romanisono impegnati quotidianamente in una difficilis- sima battagliaper la sopravvivenza di servizi essenziali alla popolazione e checon grande abnegazione, a costo di enormi sacrifici personali,tengono in piedi il servizio sanitario. Dispiace doppiamente, per-ciò, essere denigrati senza che ve ne sia alcun motivo. Un com-portamento che lede la dignità professionale di tutti gliinfermieri e che il Collegio non intende più tollerare riservandosiogni opportuna azione a tutela dell’onorabilità dei suoi iscritti”.

Il Tempo (24/4/16) tira le somme deitagli che si sono abbattuti sul perso-

nale sanitario negli ultimi anni. “ Medici e infermieri: emorragianel Lazio”. “Lo stato di salute precario della sanità laziale, fiac-cato dalla perdita di ben 9.035 operatori negli ultimi 8 anni, fafatica a trovare una sua stabilizzazione - si legge nel servizio -Negli ultimi 10 anni l'organico dei servizi essenziali si è ridottodel 30%, a fronte della perdita di 3.600 posti letto (di cui 2.177nella sola Roma), con una carenza di un migliaio di medici, 3.706infermieri e altre migliaia di figure tra operatori socio-sanitari etecnici di laboratorio. Oltre un terzo (il 35%) degli operatori sa-nitari ha un’età media di 54 anni, innalzata anche dal blocco delturnover che, fino al 2014, ha consentito alla Regione di assu-mere solo il 10% del personale andato in pensione. Da que-st’anno la percentuale è stata incrementata fino al 30% e, dalfebbraio scorso, la Regione ha annunciato 394 nuove assun-

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zioni. Però la nuova trasfusione di camici bianchi non basta adevitare il rischio-collasso”.La stampa torna ad occuparsi di infermieri, una volta tanto peresaltarne il valore e il coraggio. Lo scenario è quello del tragico incendio che ha colpito l’ospe-dale San Camillo il primo maggio scorso, causando la morte diun paziente. I quotidiani non mancano di sottolineare l’inter-vento provvidenziale degli infermieri e dei medici in servizio cheha evitato altre vittime.

Il Corriere della Sera(3/5/16) titola “San

Camillo, inchiesta sui soccorsi”. E riferisce: “Un rogo violento,divampato in pochi istanti, in una stanza con materiali ignifughie con l'impianto antincendio perfettamente funzionante. È gialloal San Camillo sulla morte del paziente moldavo, la Procura inda-ga per omicidio colposo. Inchiesta anche sui soccorsi. Il ministrodella Salute, Beatrice Lorenzin, ha elogiato medici e infermieri:

«Bravissimi»”. Il Messaggero(4/5/16) aggiunge: “San Camillo,

chiude due mesi l’ala del rogo”. E precisa: “Serviranno almenodue mesi per riaprire l’ala del reparto di medicina del San Ca-millo danneggiata dal rogo sviluppatosi nella notte tra sabato edomenica. Per ora i sedici posti letto inutilizzabili sono stati re-cuperati usando quelli del day hospital. I due mesi per i lavoriandranno però conteggiati da quando la procura non riterrà piùnecessario il sequestro disposto per ragioni investigative”.Infermieri romani protagonisti sui media anche per il successodell’iniziativa messa in campo dal Collegio Ipasvi il 12 maggio inoccasione della “Giornata internazionale dell’Infermiere 2016”. Il “Gazebo della salute” allestito in Piazza del Popolo è piaciutosubito al variegato mondo dell’informazione sin dal suo annuncio.

Sul suo sito Quotidianosanità.it (11/5/16) spiega: “Pertutti informazioni sulla salute e misurazione della pres-sione. L’obiettivo è rinsaldare il 'Patto infermieri-cit-

tadini', contribuire a mantenere lo stato di salute della popolazio-ne ed evidenziare le specifiche competenze dell’infermiere”.

Se ne occupa anche l’Ansa (12/5/16), la più impor-tante agenzia di stampa italiana, che rilancia a tutte letestate con un dispaccio le dichiarazioni della presi-

dente Pulimeno: “Controllo della pressione e dell’ossigenazionedel sangue, campagna informativa sui corretti stili di vita e i prin-cipali problemi di salute. Così, il Collegio Ipasvi di Roma celebra,oggi, a Piazza del Popolo, la Giornata internazionale dell’Infer-miere che si festeggia oggi in tutto il mondo mentre iniziativesimili sono in corso in molte altre città italiane. Circa 460mila gliinfermieri nel nostro Paese, di cui ben 32.000 sono iscritti al-l’Albo professionale del Collegio di Roma, il più grande in Italia.Stretti tra precariato e disoccupazione dettati dal blocco del tur-nover nelle regioni sottoposte a piani di rientro, hanno decisooggi di far sentire la propria voce. «Abbiamo deciso di scenderein piazza con professionisti e studenti universitari del corso diLaurea in Infermieristica per essere vicini al cittadino», spiegaLia Pulimeno, presidente del Collegio Ipasvi di Roma e infer-

miera per oltre 40 anni. «Fino a stasera - aggiunge - saremo inpiazza per offrire controlli gratuiti e per spiegare alle personequale è il ruolo dell’infermiere nell'ambito del Servizio sanitarionazionale e per rilanciare l’immagine della nostra professioneancora poco valorizzata nel nostro Paese»”.Agenzie di stampa e giornalisti mobilitati anche per la visita algazebo dell’Ipasvi di alcuni ospiti d’eccezione: il presidente dellaRegione Lazio, Nicola Zingaretti, il presidente della Commis-sione Salute e Politiche Sociali del Consiglio Regionale del Lazio,Rodolfo Lena, il responsabile della cabina di regia per la Sanitàdel Lazio, Alessio D’Amato. Sottoponendosi al mini checkup,Zingaretti sottolineato gli sforzi della Regione per adeguare gliorganici e lo sblocco del concorso per assegnare a ciascuna Aslun dirigente infermieristico. “Quanto fatto finora ci ha permessodi affrontare il blocco del turnover che già oggi non è più del10%, ma è del 40% - ha aggiunto il governatore -. Se mante-niamo questo trend, sarà poi del 50%, del 60% e poi al 100%.Nel 2013 tutte le assunzioni nel Lazio furono circa 70, e a mag-gio del 2016 siamo già arrivati a 460. E nei bandi che stannouscendo, il personale infermieristico sarà più degli altri. Il nostroobiettivo è creare un sistema sanitario regionale in cui gli ospe-dali sono soltanto una delle offerte messe in campo. Il modelloospedale-centrico non regge più”.C’è di più nei piani della Regione: un deciso investimento sullasanità romana.

L’occasione arriva dall’intesa con il Go-verno sulle opere strategiche. Il Tempo

(21/5/16) titola: “Un miliardo e mezzo per il Lazio”. Si legge:“Tra gli interventi più significativi la ristrutturazione di tutti i re-parti maternità del Lazio, il rifacimento dell’intera rete consultori,i lavori al policlinico Umberto I e il nuovo ospedale dei Castelli”. Ora anche i soldi ci sono. Non resta che passare ai fatti. Anche il governo nazionale si dice pronto a fare la sua parte.Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, cerca di spegnere l’al-larme generale per altri possibili tagli. In primo piano c’è il casoOstia. Il Tempo (2/6/16) titola “Il ministro Lorenzin: «Il Cpo nonchiuderà»”. E scrive: “Quelle relative alla chiusura del Cpo e alridimensionamento del Grassi di Ostia sono «voci completa-mente infondate». Ad assicurarlo è il ministro della Salute”. La situazione, però, si fa sempre più difficile e le statistiche trat-

teggiano uno scenario a tinte fosche. IlSole24Ore (9/6/16) pubblica i dati dell’ul-

timo Rapporto Censis titolando “Sanità, 11 milioni rinuncianoalle cure”. Si legge: “Corsa al privato, spesa a 34,5 miliardi, 80euro a testa in più in due anni fa. Undici milioni di italiani (erano9 milioni nel 2012) che rinviano le cure o vi rinunciano del tuttoperché non ce la fanno a pagarsele”.Intanto, Roma va al voto e la campagna elettorale non risparmiala sanità capitolina. I media raccolgono e rilanciano dichiarazionia più non posso di una miriade di candidati, tra impegni, pro-grammi, promesse e veleni. Poi, finalmente parlano le urne: Vir-ginia Raggi diventa sindaco. Una nuova stagione per Roma?Cittadini e operatori sanitari, ora, si aspettano molto.

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Per il triennio 2016-2018, riconfermati Michele Fortuna,Rosaria Capotosto e Claudio Quarta, rispettivamente:presidente, direttore generale e tesoriere.

Tra le new entry, Maurizio Fiorda, consigliere del Collegio Ipasvidi Roma, eletto vicepresidente nazionale Cives onlus, in sosti-tuzione di Giuseppe Occhipinti (Fiorda era già revisore dei conti).Con lui, Elvira Granata, già membro del direttivo nazionale,eletta a nuovo segretario nazionale, nonché, gli ingressi di: Fran-cesca Marfella (Livorno), Elisa Di Tullio (Pescara), Francesco Bar-bero, Guido Amato (Napoli) che passa nel Collegio dei revisoridei conti in cui Gennaro Viscariello (Livorno) è stato sostituitoda Antonio Panebianco (Messina)."Nel 2012 - spiega Maurizio Fiorda - quando mi chiesero di co-stituire ed occuparmi del nucleo provinciale Cives di Roma l'hofatto con serietà e dedizione. Certo, il mondo del volontariatoera nuovo per me, ma vi ho scoperto una dimensione della no-stra professione diversa da quella, diciamo così, istituzionale equesto mi ha sempre più convinto ad impegnarmi nell'associa-zione. Secondo me, è fondamentale che la figura dell'infermieresi faccia conoscere anche al di fuori dell'ospedale, specie in mo-menti particolari come quelli legati alle emergenze, ed ancheper fare educazione sanitaria. Oggi, sono presidente del nucleo

provinciale di Roma e vicepresidente nazionale: cariche che mihanno investito di responsabilità, ma che, al contempo, mi ren-dono orgoglioso. Spero di esserne all'altezza! Per il futuro hogrossi progetti: sicuramente il più importante è quello di far di-ventare il nucleo Cives di Roma tra i più significativi dell'asso-ciazione, e, all'esterno, sia nella protezione civile regionale cheromana. Vorrei essere capace di convincere altri colleghi ad ab-bracciare questo tipo di volontariato: qui, dove un infermierepuò esprimersi con tutta la sua professionalità. Io ci credo,credo nel vero volontariato e credo nei professionisti infermieri",ha concluso il consigliere del Collegio Ipasvi di Roma.All’assemblea, sono intervenuti anche: Barbara Mangiacavalli,presidente della Federazione nazionale Ipasvi; Pierpaolo Pateri,componente del Comitato centrale della Federazione Ipasvi edel Comitato di garanzia nazionale Cives onlus e Salvatore Oc-chipinti, componente del collegio dei Revisori dei conti della Fe-derazione Ipasvi e presidente del collegio nazionale dei Revisoridei conti di Cives onlus.Nonché, in rappresentanza di Enpapi, Laura Bove, componentedel Consiglio di indirizzo generale, portando il saluto di MarioSchiavon, presidente Enpapi, eletto all’assemblea anche nel Co-mitato di garanzia nazionale di Cives, a fianco di Mangiacavalli

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NOTIZIE ITALIA

Assemblea nazionale elettiva di Civesmaurizio Fiorda nuovo vicepresidente

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e Pateri.Nella relazione introduttiva, Michele Fortuna ha sottolineatoquanto sia cresciuta l'associazione negli ultimi anni e quanto sisia investito e si investirà in futuro per consolidare la presenzae l'operatività territoriale dei nuclei, riportando sempre e comun-que l'azione territoriale del singolo nucleo ad un agire sinergico,per rendere ancor più evidente l'unitarietà associativa di Cives.Nella relazione di missione, Rosaria Capotosto, ha tracciato ilpercorso fatto dall'Associazione dal 2010 ad oggi, descrivendoi sei anni di operatività illustrandone le varie tappe e i momentisalienti dell'operatività sulterritorio nazionale e laprogettualità sviluppatache ha permesso a Civesdi essere quello che oggiesprime.La presidente BarbaraMangiacavalli ha moltoapprezzato quanto Civessta realizzando, sottoline-ando i risultati dell'ultimacampagna realizzata ecioè in emergenza e non,“Infermieri sempre incampo”, ponendo l'atten-zione sul fatto di aver tro-vato l'idea di parlare aibambini molto utile peravere risultati più impor-tanti. Inoltre, ha sottoli-neato l'agire nel rispetto

dei principi e dei valori deontologici che contraddistinguonol'azione del professionista infermiere, anche nel contesto delvolontariato, e delle responsabilità alle quali si è sempre assog-gettati. Ciò, plaudendo all'entusiasmo ed alla passione che haavuto sempre modo di riscontrare nei soci volontari Cives nelletante occasioni in cui è stata presente.Approvati anche i bilanci consuntivo 2015 e di previsione 2016. Per l'occasione, si è avviato l’iter per alcune modifiche allo Sta-tuto nazionale per renderlo più attuale e adatto all’operativitàdei Nuclei provinciali di Cives.

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NOTIZIE ITALIA

Un infermiere volontario alla parata del 2 giugnoIn occasione del 2 giugno, l'annuale festa della Repub-blica italiana, Francesco Valente, un infermiere Civesdel nucleo provinciale di Roma, ha sfilato nella parata,a bordo dei mezzi del dipartimento della Protezione ci-vile nazionale.“Il 'nostro' Francesco sfila anche per tutti gli infermieriitaliani nel 70esimo anniversario della Repubblica ita-liana – ha spiegato Rosaria Capotosto, direttore gene-rale nazionale del Cives, che ha coordinato e presoparte a molte di queste occasioni – e lo fa ricordandoproprio l'impegno della nostra professione nelle tantemissioni umanitarie italiane ed estere”. “Una pre-senza che ci ha onorato moltissimo”, le ha fatto ecoMichele Fortuna, presidente nazionale Cives. “Che ciporta col pensiero a Giovanni Senes, presidente delnucleo Cives di Firenze, scomparso ad aprile, che hascelto di fare l'ultimo viaggio con indosso la nostrauniforme e con accanto le medaglie guadagnate sulcampo in missione per lo Stato italiano”.

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Infermieri delle Forze Armate e della Polizia a confronto con l'Ipasvi

“La prima giornata sull’infermieristica delle Forze Ar-mate e della Polizia di Stato vuole essere un mo-mento di attenzione nei confronti degli infermieri

che questa Federazione rappresenta ma soprattutto la volontàdi intraprendere una collaborazione costruttiva finalizzata al mi-glioramento della condizione del professionista infermiere mili-tare e della Polizia - oggi circa quattromila unità -, risorsa irri-nunciabile per le Amministrazioni in cui è inquadrato ma non dimeno per la società civile e per il cittadino in qualsiasi conte-sto”. Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione na-zionale Ipasvi, ha aperto così a Roma il convegno “L'infermieremilitare nelle Forze Armate e di Polizia. Uno sguardo al passato,una riflessione sul presente ed una considerazione sul futuro”,al quale sono intervenuti i rappresentanti delle Forze armate edella Polizia e dei ministeri che a diverso titolo costituiscono iriferimenti di questi professionisti. Un mondo, ha sottolineato Mangiacavalli, che ha un doppioruolo di difesa: quello della salute e quello dei cittadini e dellaloro libertà e che rappresenta un’eccellenza per il nostro Paese,come è emerso dal confronto con altri grandi paesi europei.Le ricadute positive di una riorganizzazione con finalità di innal-zamento della qualità, anche e soprattutto in chiave di integra-zione, riguardano principalmente laformazione professionale on the job,di assoluta necessità, soprattutto perla pluralizzazione delle mansioni e deicontesti operativo-relazionali (assolu-tamente indispensabile per una com-ponente sanitaria, come quella milita-re, impegnata nell'assolvimento dicompiti in costante evoluzione). Questo riguarda non solo le emer-genze, ma anche l'ordinaria ammini-strazione, sia le modalità di tratta-mento sia la strumentazione impie-gata. Il tutto in un contesto caratteriz-zato dall'estrema variabilità delle con-dizioni di salute e da caratteristichesocio-culturali dei destinatari degli inter-venti sanitari che tendono a cambiarepiù rapidamente rispetto al passato. La spinta all'integrazione con il Ssnpotrebbe assolvere un ruolo crucialein tale possibile processo.

A questo riguardo, vanno però adeguatamente considerate ledinamiche che caratterizzano il Ssn. Esigenze anche in questocaso di natura in primo luogo economica hanno determinatonella sanità civile una innovazione che presenta evidenti risvoltiinerenti la cultura organizzativa. Il riferimento va soprattutto alla progressiva diffusione dei con-cetti di accuratezza e appropriatezza, ma soprattutto dell'esi-genza di non applicarli in senso generico, bensì di documen-tarne, quantificarne e, quindi, valutarne (in itinere, attraverso op-portune azioni di monitoraggio, o ex post) l'effettiva o la man-cata applicazione. Alla luce di tale nuovo approccio organizzativo e gestionale delSsn, nel caso di una cooperazione strutturale avanzata (una au-tentica integrazione) sarebbe praticamente inevitabile per lestrutture (e gli operatori) del Sistema sanitario militare l'eroga-zione di servizi anche a pazienti non militari. Tale caratterizza-zione, risulterebbe peraltro perfettamente allineata - come ab-biamo visto - a quella delle organizzazioni sanitarie militari deiprincipali Paesi occidentali e ispirata sia dalla consapevolezzadella strettissima relazione esistente tra volume di attività e qua-lità delle prestazioni (che potrebbe invece essere messa a ri-schio da un impegno operativo troppo votato alla gestione dello

straordinario) sia dalla conoscenzadelle concrete opportunità di attirarerisorse economiche non diretta-mente attribuite al bilancio della Di-fesa. Al di là di quelli di natura economica,i principali benefici saranno quelliformativi, di cui beneficeranno i pro-fessionisti del Sistema sanitario mi-litare. La tavola rotonda è stata inter-rotta per alcuni minuiti da un eventospeciale: i saluti in diretta dei medicie infermieri del contingente italianoin Afghanistan. La presidente e il ri-conoscimento dei partecipanti chehanno a lungo applaudito il collega-mento e i colleghi ha sottolineatoche gli operatori sanitari militari neiluoghi di guerra rappresentano l’or-goglio italiano nei campi dove tutti igiorni vivono in maniera diretta il do-lore, la sofferenza e la morte.

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NOTIZIE ITALIA

Studenti infermieripartecipano a Ballarò

Un gruppo di studenti del III anno del corso di laureain Infermieristica dell'ospedale Camillo Forlanini diRoma hanno preso parte ad una puntata di “Ballarò”,nota trasmissione in onda su Raitre, a cui ha parteci-pato anche il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.

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NOTIZIE ITALIA

Partita la campagna#professioneinfermiere

Partita, il 20 giugno scorso, lacampagna nazionale istituzio-nale di comunicazione #profes-

sioneinfermiere sulla figura dell’infer-miere, voluta dalla Federazione nazio-nale dei collegi Ipasvi per ampliare laconoscenza sulle sue attività e sullaprofessionalità degli infermieri e farein modo che siano confusi il menopossibile con altre figure professio-nali, come spesso accade oggi, asso-ciando le attività che svolgono con ilreale miglioramento dello stato di sa-lute del cittadino.Dal 20 giugno (e fino all’inizio del me-se di luglio) sono andati in onda oltre2.500 spot radio, su oltre 43 emittentinazionali e locali, e la pubblicazione diun annuncio stampa su testate nazio-nali e free press, che prendono spun-to dallo slogan già lanciato il 12 maggio scorso in occasionedella giornata internazionale dell’infermiere: “La salute mi avevaabbandonato. Gli infermieri mai”. Il concetto-chiave alla base della campagna, infatti, è: “L’infer-

miere è colui che si prende cura di te, in ogni momento dellavita in cui la salute ti abbandona. Con competenze e professio-nalità uniche, specifiche, insostituibili”.Accanto agli spot radio e alla carta stampata, a partire da oggi e

fino al mese di novembre, sono pre-viste anche uscite via web, la diffu-sione di brochure sull’attività dell’in-fermiere e di una locandina multi-sog-getto e, nel mese di ottobre, sono inprogramma 1.088 spot televisivi di 20secondi in onda su oltre venti reti tvsu tutto il territorio nazionale.Locandine, infografiche, banner e con-tenuti testuali per i portali e i social net-work, saranno anche gli strumenti didiffusione di una campagna di comu-nicazione su best practice scelte inospedale, sul territorio e per l’emer-genza. Da settembre, sono previstianche spot televisivi.I risultati e gli effetti della campagnasaranno poi illustrati pubblicamente inun evento conclusivo previsto a finenovembre.

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In questi ultimi anni, la RegioneLazio ha operato nel settore tra-sfusionale scelte innovative. È sta-

ta creata una Rete Trasfusionale checopre tutto il territorio regionale. Que-sto sistema è il risultato di un'impor-tante sinergia tra Regione, Aziendesanitarie, Enti locali ed Associazioni diDonatori volontari.In tanti ospedali, la carenza di sanguerappresenta una vera e propria emer-genza, in particolare nel periodo estivo. Per affrontare il proble-ma, è necessario promuovere il più possibile la cultura delladonazione. Donare il sangue è importante ed è gratuito, perché il sangueè necessario e ce n'è sempre più bisogno: con questo gesto,individuale semplice, sicuro e utile si può salvare la vita di per-sone che ne hanno un assoluto bisogno.Può donare chi ha dai 18 ai 65 anni (per il donatore periodico,dai 65 anni fino a 70, la donazione di sangue intero può essereconsentita previa valutazione clinica). Il candidato donatore de-ve essere in buona salute e non avere malattie croniche condanni permanenti. Il peso non deve essere inferiore a 50 Kg, lapressione massima tra 110 e 180 mm, minima tra 60 e 100, lepulsazioni comprese tra 50-100 battiti/min. L'uomo può donarequattro volte all'anno, la donna in età fertile due.Non può donare chi ha comportamenti a rischio, quali: assun-zione di sostanze stupefacenti, alcolismo, rapporti sessuali adalto rischio di trasmissione di malattie infettive, chi è affetto dainfezione da virus Hiv/Aids o portatore di epatite B o C, chi fauso di steroidi o ormoni anabolizzanti.

Alcune condizioni patologiche o comportamentali non sonocompatibili temporaneamente o definitivamente con la dona-zione in quanto dannose per il donatore e/o per il ricevente.Non esistono categorie di persone escluse dalla donazione, manella selezione del donatore sono valutati i comportamenti in-dividuali che possono risultare a rischio.Il donatore si presenta presso un Servizio Trasfusionale oun'Unità di Raccolta, la mattina a digiuno (può prendere solo uncaffè, un tè o un succo di frutta, zuccherati ma senza latte).Compila un questionario con i suoi dati anagrafici e la sua storiaclinica, vengono effettuati la misurazione dell'emoglobina e ilcontrollo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Al termine della valutazione il medico formula il giudizio di ido-neità alla donazione. Il set di prelievo è monouso e la donazioneè di 450 ml di sangue. Il prelievo dura 10-15 minuti ed è sempreassistito da personale sanitario. Il medico rimane sempre a di-sposizione durante l'intero percorso della donazione, anche perrispondere alle domande del donatore. Dopo il prelievo, ven-gono garantiti al donatore un riposo adeguato e un congruo ri-storo. I risultati relativi alle analisi effettuate vengono inviati aldonatore.

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NOTIZIE REGIONE

Donazione di sangue, con l'estatetorna l'emergenza in tutto il Lazio

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Si è svolta il 23 giugno, nella sede dell’azienda Asl Roma3 (ex Rm/D) la cerimonia di premiazione per la Migliortesi di laurea tra quelle elaborate dai neo-Infermieri lau-

reatisi nell’anno accademico 2015/2016 presso l’università degliStudi di Roma Tor Vergata-sede di Ostia, intitolata alla memoriadi Dino e Oddo Petrini, una coppia di imprenditori, pionieri dellitorale romano.Tre i candidati finalisti: Ilaria D’Onofrio, Sara Lazzari e MariaLuisa Semilia. La commissione, guidata dalla presidente del corso di laureaRosaria Alvaro, ha dichiarato vincitrice del premio la neo dotto-ressa Ilaria D’Onofrio.Il progetto di ricerca premiato, dal titolo: “Aiutare chi aiuta: leproblematiche del caregiver con i familiari del paziente affetto

da Alzheimer”, ha come obiettivo quello di evidenziare le criticitàche vivono i care giver della persona affetta da Alzheimer ed ilruolo di supporto che l’infermiere può offrire loro per la gestionedello stress e l’acquisizione di idonee strategie assistenziali.“In questo difficile contesto socio economico, in cui le prospet-tive di crescita appaiono limitate – ha spiegato la professoressaAlvaro – appare importante valorizzare il merito come fattore in-centivante per i futuri infermieri che si rendono disponibili adimpegnarsi per lo sviluppo della professione e dell’intera comu-nità”.Nella stessa mattinata, insieme alla famiglia Petrini e alla diret-trice del CdL, Loriana Lattanzi, alla vincitrice è stata consegnatauna targa celebrativa ed un contributo economico di duemilaeuro.

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NOTIZIE REGIONE

Tor vergata premia la tesi migliore in Infermieristica della sede di Ostia

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Si è svolto a Roma, presso il Centro Congressi Frentani, ilI Convegno regionale sul: “Difficile ruolo dell'infermierecoordinatore nell'attuale Sistema Sanitario: aspetti giuri-

dico-legislativi”. Qui, oltre 120 infermieri coordinatori, provenienti non solo dal-l'hinterland romano, hanno partecipato ai lavori della giornata,dove non sono mancati momenti di confronto e di dibattito trapubblico e relatori.L'attuale quadro economico-sanitario nazionale ed internaziona-le comporta un riassetto delle organizzazioni dei servizi sanitaried una conseguente revisione e rivalutazione delle competenzee responsabilità di tutti i professionisti coinvolti nella salute. L’infermiere coordinatore si pone come figura trasversale, ne-cessaria per garantire efficacia, efficienza ed appropriatezza nel-la gestione di processi sempre più complessi ed integrati. In questo nuovo assetto organizzativo, quest'evento ha avutoquale finalità, quella di affrontare le sfide manageriali offertedalle recenti proposte legislative in ambito sanitario. Analizzare il ruolo dell’infermiere coordinatore, nel contesto sa-nitario moderno; definire le nuove competenze specialisticheavanzate; identificare le strategie per la gestione delle risorse

nei nuovi modelli organizzativi ed assistenziali; approfondire gliaspetti legali inerenti la responsabilità del coordinatore analiz-zando casi giuridici e sentenze, sono stati solo alcuni dei temiaffrontati per l'occasione. Dopo la presentazione dell’Associazione Lic (Laboratorio infer-mieri coordinatori) da parte del presidente, Antonella Luzzi, edi saluti dei rappresentanti delle principali organizzazioni profes-sionali della categoria infermieristica (Federazione nazionale Col-legi Ipasvi, Collegio Ipasvi di Roma ed il Comitato Infermieri Di-rigenti), si è subito dato inizio ai lavori.Nella prima sessione, i relatori, da Gennaro Rocco (direttore delCecri-Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieri-stica) ad Ausilia Pulimeno (presidente Collegio Ipasvi Roma)hanno condotto l’attenzione dei partecipanti sull’attuale ruolodel coordinatore infermieristico, quale promotore di sviluppo dicompetenze avanzate e di garante delle applicazioni delle nor-mative già esistenti, non perdendo mai di vista la necessità digarantire livelli di assistenza infermieristica qualitativamenteadeguati, che, nel panorama europeo ed internazionale, sonocomunque considerati molti alti (punto di orgoglio per il nostroSistema Sanitario Nazionale).

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NOTIZIE COLLEGIO

Primo convegno regionaledegli infermieri coordinatori

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La seconda sessione, invece, è stata la parte del convegno cheha particolarmente caratterizzato la giornata, poiché i parteci-panti hanno avuto l’occasione di avere a disposizione infermieridirigenti di strutture complesse pubbliche e private di Romacome: Carlo Turci (Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’An-drea), Maurizio Zega (Policlinico universitario “Agostino Gemel-li”), Antonella Leto (Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolo-rata) e Raffaella Gualandi (in sostituzione di Daniela Tartaglinidel Policlinico Universitario Campus Biomedico), per confron-tarsi e porre domande sulle possibili strategie organizzative egestionali.La responsabilità professionale e la letture di alcune sentenzehanno infine caratterizzato l’ultima sessione che, grazie alla

semplicità e chiarezza di Francesco Tontini, hanno dato spuntoa momenti di dialogo.Viva partecipazione anche nelle varie sessioni, moderate da: Lo-rena Martini, Nicola Barbato, Gabriella Angeloni, Adriana Pigna-telli, Emanuela Sampieri ed Elisabetta Del Giudice, che hannosaputo non far mai calare l’attenzione.Il presidente della Lic ha, poi, concluso i lavori affermando cheil Laboratorio Infermieri Coordinatori vuole essere una realtàprofessionale presente in varie strutture ospedaliere e territo-riali. Ma ciò è realizzabile solo grazie ad una rete di collegamentofatta da colleghi che vogliono credere nel cambiamento e, so-prattutto, in una realtà operativa che lavora sulle necessità eproblematiche specifiche del posto di lavoro.

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NOTIZIE COLLEGIO

La professoressa Sassoselezionata come Fellow dallaAmerican Academy of Nursing

La American Academy of Nursing ha reso noto di aver selezionato come Fellow 164 infermieri in tutto il mondo. Per l'Italia, l'unica per-sonalità a ricevere il prestigioso riconoscimento il prossimo 22 ottobre a Washington sarà la professoressa Loredana Sasso, dell'uni-versità di Genova. Sasso è anche parte integrante, in qualità di esperto, del Centro di Eccellenza per la Ricerca e la Cultura Infermieristica,nato in seno al Collegio Ipasvi di Roma, dove si occupa di formazione dei ricercatori. I Fellow sono chiamati a contribuire insieme all'Accademia nella trasformazione del sistema sanitario degli Stati Uniti e in particolare laloro competenza è richiesta per:- migliorare la qualità della salute e l'assistenza infermieristica;- promuovere un invecchiamento sano;- ridurre le disparità di salute e le disuguaglianze;- integrare la salute mentale e fisica; - rafforzare il sistema di cura e la salute in generale, a livello nazionale e internazionale.

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miglioramento della pratica clinica Il Cecri e il corso di formazione

della Joanna Briggs Collaboration

Il miglioramento della pratica clinica infermie-ristica, così come enfatizzato dalla lettera-tura internazionale, è raggiungibile incorag-

giando i professionisti infermieri a riflettere cri-ticamente sulla loro esperienza e stimolandoliad applicare, ogni giorno, i risultati della ricerca. Varie strategie sono state suggerite per rag-giungere tali obiettivi e la letteratura più recentesi è soffermata a valutare quali di esse sianopiù efficaci per disseminare i risultati della ri-cerca nella pratica clinica ed ottenere i cambia-menti desiderati nel comportamento degli stes-si professionisti sanitari. Una revisione della letteratura della CochraneEffective Practice and Organisation of Care Re-view Group suggerisce che sono maggiormen-te efficaci gli interventi che prevedono il coin-volgimento diretto dei professionisti nei pro-cessi di cambiamento, come, ad esempio, interventi di espertiesterni che incontrano gli infermieri nel loro ambiente di lavoro,incontri con opinion leader locali e seminari interattivi. Per questo motivo, il Polo IV del Centro di Eccellenza per la Cul-tura e la Ricerca Infermieristica (Cecri) ha previsto, già da oltrecinque anni, la formazione di infermieri clinici esperti in Evi-dence Based Practice, i clinical nurse leader, che possano gui-dare il cambiamento della pratica clinica all’interno delle organiz-zazioni sanitarie italiane. Il progetto formativo ha previsto nel 2016 la partecipazione diun gruppo di infermieri esperti al corso di formazione offertodalla Joanna Briggs Collaboration sulla “Formazione per le revi-

sioni sistematiche della letteratura” presso la sede del CollegioIpasvi di Roma. Due esperti internazionali di conduzione di revisioni sistemati-che, Edoardo Aromataris e Raluca Stefcu, membri dello staffdel Jbi dell’Università australiana di Adelaide, sono stati i do-centi che per cinque giorni hanno condiviso la loro esperienzacon 12 infermieri italiani. La partecipazione a tale corso formativo rappresenta il requisitoindispensabile per richiedere l’affiliazione del Cecri, attualmentel’unico centro in Italia, al network del Joanna Briggs Institute,che può vantare oltre 80 centri in oltre 35 Paesi del mondo. Scopo del neonato centro affiliato Cecri-Joanna Briggs Institute

sarà quello di creare una task force di infer-mieri clinici impegnati a implementare l’Evi-dence Based Practice nelle Scienze Infer-mieristiche e nelle politiche della salute.La loro presenza capillare nei contesti clinicipermetterà di individuare i maggiori proble-mi di pratica clinica per promuovere il migliorutilizzo della ricerca scientifica in tali ambitidi sviluppo professionale. Se ciò verrà attuato in maniera sistematica,stabile e in tutti i contesti, l’appropriatezzadelle cure infermieristiche sarà portata ad unlivello di eccellenza a garanzia di sicurezzaper tutti i cittadini.

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Le modifiche degli stili di vita possono contribuire al trattamento dell’incontinenza urinaria nellapopolazione adulta?di Lucia Mauro, Stefano Casciato, Angela Peghetti, Maria Matarese

Revisione critica dell’articolo: Imamura M, Williams K, Wells M, McGrother C, “Lifestyle interventions for the treat-ment of urinary incontinence in adults”. Cochrane Database of Systematic Reviews 2015, Issue 12. Art. No.:CD003505. DOI: 10.1002/14651858.CD003505.pub5.

INTRODUZIONE AL PROBLEmAL'incontinenza urinaria è un problema disalute che comporta un notevole onereper gli individui che ne sono affetti e perla società.Si stima che circa 200 milioni di personenel mondo soffrano di incontinenza uri-naria (Abrams et al., 2005) e secondouno studio britannico ne soffrono il 29%degli uomini e il 34% delle donne conetà superiore a 40 anni (McGrother et al.,2004), con un notevole impatto sulla loroqualità di vita. Spesso, i professionisti sanitari racco-mandano alle persone che soffrono diepisodi di incontinenza dei cambiamentinei loro stili di vita, in quanto rappresen-tano degli interventi a costo relativa-mente contenuto e con limitati effetticollaterali. I consigli che comunemente sono sug-geriti includono: la perdita di peso, i cam-biamenti nella dieta, una regolazione delvolume dei liquidi assunti, una diminu-zione dell’assunzione di caffeina e alcol,l’evitare la stitichezza e lo sforzo nel-l’evacuazione delle feci, lo smettere difumare, una maggiore attività fisica, limi-tare le attività eccessivamente pesantiche aumentano la pressione sul pavi-

mento pelvico come l’attività aerobica oil sollevamento pesi. Sebbene tali raccomandazioni siano am-piamente utilizzate, non sempre è notal’evidenza a loro supporto: per questomotivo, il Cochrane Incontinence Groupha deciso di effettuare una revisione si-stematica della letteratura, proprio alloscopo di identificare l’efficacia delle rac-comandazioni comportamentali che sibasano sullo stile di vita nel trattamentodell’incontinenza urinaria.

vALUTAZIONE CRITICA DELLA REvISIONE SISTEmATICAQuesito di ricerca È dichiarato l’obiettivo specifico?La revisione dichiara in maniera esplicitaed esauriente qual è l’obiettivo: determi-nare l'efficacia degli interventi che si ba-sano sui cambiamenti dello stile di vita,quali la perdita di peso, la modifica delladieta, l’assunzione di liquidi, la riduzionedella caffeina, di bevande gassate e dialcolici, la prevenzione della stitichezza,l’astensione dal fumo e la promozionedella attività fisica, nella gestione dell’in-continenza urinaria nella popolazioneadulta.

Strategia della ricercaSono stati usati metodi completi di ri-cerca per individuare gli studi? È stata fatta una ricerca completa dei da-tabase appropriati e sono state esplo-rate le altre fonti potenzialmente impor-tanti?Sono state consultate le principali ban-che dati, quali il Cochrane Central Regi-ster of Controlled Trials (Central), Medli-ne, ClinicalTrials.gov and Who Ictrp, inperiodi differenti di tempo, per aggior-nare continuamente la ricerca, e l’ultimaricerca è stata svolta nell’ottobre del2014. Una ricerca manuale è stata effettuatasu riviste e atti di convegni, e sulla biblio-grafia degli articoli rilevanti. Non è stataimpostata nessuna restrizione linguistica,né limiti di altro tipo.Criteri di inclusioneCome sono stati selezionati gli studi?Popolazione: sono stati considerati gliadulti con diagnosi di incontinenza urina-ria fatta sulla base della classificazionedel sintomo (incontinenza urinaria dastress-SUI; incontinenza urinaria da ur-genza; incontinenza urinaria mista) omediante l'esame urodinamico (inconti-nenza da stress urodinamica; iperattività

EBP CORNER

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idiopatica del detrusore). A causa del nu-mero esiguo di studi disponibili gli autoridella revisione hanno deciso di includereanche la popolazione con un problemaclinico come le persone con vescica ipe-rattiva (Abrams et al., 2002). La revisione ha escluso gli studi in cui ipartecipanti avevano la vescica iperattivama non presentavano sintomi di incon-tinenza urinaria.Tipo di studi: sono stati inclusi gli studiclinici randomizzati (Rct) o quasi Rct, incui il gruppo sperimentale era sottopo-sto a modifiche dello stile di vita a se-guito di un protocollo standardizzato.Tipi di intervento. Qualsiasi dei seguentiinterventi di stile di vita, da solo o incombinazione, sono stati inclusi: perditadi peso, cambiamento della dieta ali-mentare, quantità o tipo di liquidi assunti,moderare il consumo di alcol, evitare lastitichezza, smettere di fumare, e di es-sere fisicamente più attivi, o limitare l’at-tività fisica intensa. Il gruppo di controllopoteva essere sottoposto ad interventidi tipo fisico, come esercizi per la mu-scolatura del pavimento pelvico e dellavescica, o di tipo farmacologico.Outcome. Gli outcome considerati sonostati quelli suggeriti dall’InternationalContinence Society: sintomi riportati,quantificazione dei sintomi (perdita diurina), osservazione del medico, la qua-lità della vita e misure socio-economiche(Mattiasson et al., 1998). Valutazione critica È stata valutata la validità degli studi?Due revisori, in maniera indipendente,hanno valutato la qualità metodologicadegli studi, utilizzando lo strumento dellaCochrane Risk of bias, che tiene pre-sente i seguenti aspetti: la randomizza-zione; la cecità dei partecipanti, delpersonale e di chi elabora i dati; gli out-come incompleti; e altre fonti di bias.Eventuali divergenze di opinione sullavalutazione metodologica sono state ri-solte tramite confronto tra i revisori.La qualità dell’evidenza per ciascun out-come è stata valutata usando il sistemaGrade (Grading of RecommendationsAssessment, Developmentand Evalua-tion), che identifica quattro livelli di qua-lità di evidenza: “alta”, “moderata”,

“bassa” e “molto bassa”.

Sintesi dei datiCome sono stati aggregati gli studi?È stata effettuata una sintesi quantita-tiva utilizzando un modello a effetti fissiper calcolare gli effetti del trattamentoin tutti gli studi simili con il 95% d’inter-vallo di confidenza. Gli esiti dicotomicisono stati combinati usando il metododel rischio relativo (Rr). Ove possibile, èstata calcolata una differenza delle me-die nei singoli studi: quando possibile, idati degli studi sono stati raggruppati se-condo il tipo di incontinenza. Erano statepreviste analisi stratificate per età, ge-nere, gravità dei sintomi, qualità meto-dologica, ma non si è potuto procederea causa dei dati insufficienti. Infine, nonè stata effettuata nessuna sintesi quan-titativa per gli eventi avversi, perché glistudi inclusi hanno riportato i risultatisugli eventi avversi in modo narrativo enon numerico.Trattamento dei dati mancantiOve possibile, sono stati utilizzati datibasati sull’analisi dell’intention-to-treat,includendo dati sui tassi di abbandono e

sulle ragioni del ritiro dallo studio.Omogeneità degli studi. È valutata l'eterogeneità tra gli studi me-diante l’ispezione visiva dell’intreccio deidati, il test Chi2 per l'eterogeneità e lastatistica I2 (Higgins, 2003) esplorandole potenziali fonti di eterogeneità.

RISULTATILa revisione ha incluso un totale di 11Rct: cinque con braccio parallelo (Brownet al., 2006b; Dowd et al., 1996; Phelanet al., 2012; Subak et al., 2005; Subak etal., 2009), quattro Rct cross-over (Ha-shim et al., 2008; Manonai et al., 2006;Swithinbank et al., 2005; Wells et al.,2011), e uno studio quasi-Rct (Bryant etal., 2002) e un Rct non pubblicato (Milleret al., 2007). Gli studi hanno incluso un totale di 5974partecipanti, prevalentemente di sessofemminile (5954 donne e 20 uomini).L’età media variava da 49 a 58 anni, fattaeccezione per due studi con una popo-lazione con una età media di 62,7 anni(Hashim et al., 2008) e di 70,25 anni

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(Dowd et al., 1996). La dimensione delcampione variava in tutti gli studi. La maggioranza degli studi inclusi avevameno 60 di partecipanti (sette studi), tut-tavia, due studi avevano più di 1000 par-tecipanti e altri due ne avevano più di100 (Brown et al., 2006b; Phelan et al.,2012; Subak et al., 2009; Swithinbanket al., 2005).Quattro studi trattavano della perdita dipeso, uno dell’introito di soia, tre dellamodifica dell’assunzione di liquidi, tredella riduzione della caffeina, uno degliinterventi sugli stili di vita versus inter-venti non sugli stili di vita per la perditadi peso. Non sono stati trovati studi cli-nici randomizzati che hanno indagatocome una riduzione delle bevande gas-sate e zuccherate o bevande dietetiche,o del consumo di alcol, l’evitare la costi-pazione, lo smettere di fumare, il limi-tare gli sforzi fisici, l’aumentare l'attivitàfisica, da soli o in combinazione rispettoad altri interventi o terapie conservativefarmacologiche, abbiano un effetto di-retto sull’incontinenza urinaria.La qualità dei risultati trovati è stata ge-neralmente scarsa, le variabili studiatesono state misurate con differenti me-todi rendendo difficile la loro compara-zione. La meta-analisi è stata effettuata soloper gli interventi relativi alla perdita dipeso, mentre tutti gli altri risultati sonostati riassunti in modo narrativo.Perdita di peso per adulti obesi o in sovrappeso vs altro interventoQuattro studi che hanno coinvolto 4701donne hanno valutato l'effetto dei pro-grammi per la perdita di peso versus unintervento di controllo (Brown et al.,2006; Phelan et al., 2012; Subak et al.,2005; Subak et al., 2009). Tutti e quattrogli studi hanno riportato che le donne as-segnate al gruppo sperimentale, sotto-posto ad un protocollo strutturato di unadieta a ridotto contenuto calorico e rela-tiva attività fisica, hanno avuto una dimi-nuzione statisticamente significativa delpeso corporeo rispetto a quelli del grup-po di controllo. Uno studio di bassa evidenza ha mo-strato che una maggiore quantità di don-ne che avevano seguito il programmaper la perdita di peso presentavano un

miglioramento dei sintomi dell’inconti-nenza a sei mesi (163/214 (76%) vs 49/90 (54%), risk ratio (Rr) 1.40, 95% CI=1.14 to 1.71), e questo effetto era pre-sente anche a 18 mesi (n=291, 75%versus 62%, Rr non stimabile, P =0.02).Un altro studio che ha coinvolto 1296donne ha riportato un'evidenza moltobassa per la riduzione dell’incontinenzaurinaria settimanale in seguito ad un pro-gramma per la perdita di peso che richie-deva una modifica dello stile di vitarispetto ad un programma per la ridu-zione del peso di tipo farmacologico.Cambiamenti nella dieta rispetto a nessun cambiamentoÈ stato identificato solo uno studio cheha valutato l'effetto della dieta sull’incon-tinenza urinaria (Manonai et al., 2006). Gliautori hanno trovato che il cambiamentodi dieta abbia innalzato i livelli sierici didaidzeina e genisteina durante il periododi dieta ricca di soia. I dati hanno indicatoche la percentuale di incontinenza urina-ria da urgenza nelle donne del gruppo dicontrollo era aumentato (n=36, dall’11%al 22%), ma, a causa della limitata qua-lità metodologica dello studio, l’evidenzaricavabile era bassa.Variazione di assunzione di liquidirispetto a nessun trattamento

Sono stati identificati tre studi che han-no esaminato la variazione dell’assunzio-ne dei liquidi (Dowd et al., 1996; Hashimet al., 2008; Swithinbank et al., 2005). Laqualità della vita è migliorata quandol'assunzione di liquidi è stata ridotta indonne con incontinenza da stress uro-di-namica e iperattività idiopatica del detru-sore, ma le donne non hanno riferitonessuna differenza significativa nell’inci-denza di sintomi d’incontinenza urinariasulla loro vita quotidiana, prima e dopo iltrattamento. Per quanto riguarda gli effetti negativi, lariduzione dei liquidi in modo decrescen-te ha comportato effetti collaterali comela stipsi e la sete (Swithinbank et al.,2005). In un altro studio i partecipantihanno riferito sete, mal di testa, stiti-chezza e urina concentrata (Hashim etal., 2008). Il numero di episodi di incon-tinenza giornaliera è diminuito al dimi-nuire dell’assunzione di liquidi ma non èstata trovata nessuna correlazione conl’assunzione o meno della caffeina.Riduzione della caffeina vsl'assunzione di caffeina continuaSono stati identificati tre studi che han-no valutato gli effetti di una riduzionedell'assunzione di caffeina sull’inconti-nenza urinaria (Bryant et al., 2002; Miller

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et al., 2007; Wells et al., 2011). Non è stata evidenziata nessuna diffe-renza significativa negli episodi di incon-tinenza urinaria in relazione alla frequen-za di assunzione di caffeina.

CONCLUSIONI E RACCOmANDAZIONII risultati della revisione vengono rias-sunti?Gli autori riassumono i risultati della re-visione indicando che, sulla base deglistudi disponibili, solo la perdita di pesoin donne obese o moderatamente in so-vrappeso potrebbe essere consideratocome un trattamento iniziale per ridurrel'incontinenza urinaria prima di altri trat-tamenti standard, come ad esempio gliesercizi della muscolatura del pavimentopelvico o la chirurgia, anche se l’evi-denza al riguardo è piuttosto bassa. Per gli altri cambiamenti di stili di vita, le

evidenze sono insufficienti.Sono proposte specifiche direttive pernuove ricerche?Gli autori invitano a condurre Rct rigorosiche abbiano come oggetto i meccanismiper la perdita di peso, come la riduzionedi calorie, specifici prodotti alimentari obevande, nonché il ruolo dell’attività fi-sica, in quanto su di essi esiste una evi-denza anche se di grado basso. Inoltre, la revisione ha identificato unacompleta mancanza di studi randomiz-zati su alcuni interventi sullo stile di vita,come ad esempio l'assunzione di alcool,bevande zuccherate, gassate o dieteti-che, fumare, sforzi fisici, costipazioneclinica o sforzi nell’evacuazione. Gli autori consigliano pure di condurrestudi in cui vengano analizzati singolar-mente gli interventi per i cambiamenti distile di vita e solo dopo vengano combi-nati tra loro i vari interventi.

Le conclusioni sono supportate dai dati?Sulla base dei risultati degli studi inden-tificati, gli autori della revisione conclu-dono che esiste ancora un'evidenza in-sufficiente a sostegno dell’efficacia degliinterventi di cambiamento di stile di vitaper il trattamento dell’incontinenza uri-naria.

AUTORI:Lucia Mauro, infermiera AO San CamilloForlanini, Polo Pratica Clinica del Cecri;Stefano Casciato, coordinatore infermie-ristico, direttore Polo Pratica Clinica delCecri;Angela Peghetti, Governo Clinico e Cen-tro Ebp Sant'Orsola Malpighi, compo-nente Polo Pratica Clinica del Cecri;Maria Matarese, professore associatoScienze Infermieristiche, UniversitàCampus Biomedico di Roma, compo-nente Polo Pratica Clinica del Cecri.

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L’uso della gomma da masticare perla riduzione dell’ileo post-operatorio:sfide ed opportunità nell’applicazione di interventi evidence based

di Raffaela Di Maio, Natascia Mazzitelli

“Affidarsi alla tradizione può risultare deleterioquando l’infermiere si adegua passivamente a modalità di lavoro radicate nel tempo

e non motivate da prove di efficacia, al solo scopo di evitare di pensare, riflettere o assumersi responsabilitàdi prendere decisioni diverse in base alla persona o alla situazione in cui si trova”.

(Cecilia Sironi)

ABSTRACTL’ileo post-operatorio è una delle com-plicanze che si manifesta in una percen-tuale variabile tra il tre e il trentadue percento nei pazienti sottoposti a differentiinterventi chirurgici.Per il suo trattamento numerosi studi direcente pubblicazione suggeriscono l'uti-lizzo della gomma da masticare, a partiredal primo giorno post intervento. La masticazione della gomma, infatti, hal'effetto di attivare la fase cefalica delladigestione, stimolando l'attività intesti-nale propulsiva ed ormonale con effettoanalogo alla assunzione di cibo. La ma-sticazione della gomma potrebbe, quindi,rappresentare un metodo economico edi immediata applicazione nella praticaprofessionale dell'infermiere per ridurrei tempi di recupero della peristalsie age-volare il decorso post-operatorio. ・Non sono stati rilevati studi condottiin Italia;・È stato elaborato un protocollo distudio necessario per condurre unostudio di caso e far conoscere alpersonale infermieristico e ai pazientila nuova strategia evidence based.

INTRODUZIONEL’ileo post-operatorio rappresenta unadelle principali complicanze del periodopost-operatorio e consiste in una tempo-ranea riduzione o paralisi delle funzioni edella motilità intestinale. Clinicamente, ilpaziente manifesta segni e sintomi similia quelli di un'occlusione intestinale di na-tura meccanica, quali nausea, vomito, do-lore e distensione addominali, alvo chiu-so a feci e gas, assenza di borborigmi, maanche intolleranza alla dieta per via oralee disagio per il paziente che spesso con-duce all'insorgenza di un quadro di ansia. Questa condizione di ritardata canalizza-zione non fa altro che prolungare la du-rata del ricovero, ritardare la ripresa del-

l'alimentazione, aumen-

tare la morbilità, il rischio di sviluppo diinfezioni nosocomiali e soprattutto incre-mentare i costi della spesa sanitaria. Da un’attenta analisi e revisione dei prin-cipali risultati riportati nella letteraturascientifica più recente ed accreditata èemerso che l’uso della gomma da masti-care, nell’immediato periodo post-opera-torio, rappresenti un metodo sicuro edefficace per trattare l’ileo post-operato-rio, poiché riduce i tempi di recuperodella peristalsi. Nonostante la comprovata efficacia te-rapeutica, la sua applicazione in ambitoclinico, però, è ancora poco nota; datodeducibile dai numerosi studi presenti inletteratura che non trovano ambientazio-ne nelle strutture italiane. Per poter trasferire i risultati della lettera-tura scientifica nella pratica clinica quoti-

diana è stato elaborato, dunque, unprotocollo di studio necessario

a fornire risposte ai se-guenti quesiti:

1. qual è il motivodella mancata ap-plicazione, in ambi-

to clinico, della gom-

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ma da masticare nonostante sia risul-tata efficace, ben tollerata e autono-mamente gestibile dal paziente?

2. Quali sono i benefici percepiti dai pa-zienti con l’assunzione della gommada masticare?

mATERIALI E mETODIIl percorso empirico è stato realizzatopresso l’Unità Operativa Complessa diOstetricia e Ginecologia del Polo Ospe-daliero di Tivoli dell’Azienda Sanitaria Lo-cale RM/G, nel periodo compreso tra il18 maggio e il 23 settembre 2015. Il disegno di studio adottato è stato di ti-po quali-quantitativo ed esplorativo, coin-volgendo dieci infermieri afferenti al-l’unità operativa presa in esame e 63 pa-zienti maggiorenni sottoposte all'inter-vento di taglio cesareo eseguito sia in re-gime di elezione che di urgenza, sia inanestesia subaracnoidea che generale,includendo anche quelli con precedentiinterventi sull'addome e/o con pregres-sa gravidanza, capaci a masticare la gom-ma e fornire il consenso informato. Per la raccolta dei dati sono stati adottatidue strumenti quali l’intervista semi-strutturata per gli infermieri e il questio-nario di gradimento per le pazienti (que-st’ultimo, preceduto dalla consegna di unopuscolo informativo e gomme da masti-care: “Vigorsol” senza zucchero e quellecommerciali al sapore di frutta nei solicasi di dichiarata intolleranza allo Xilitolo).L’intervista è stata strutturata in diecidomande e preceduta dalla firma delconsenso informato, necessaria per po-ter trattare i dati e poter registrare l’in-tero colloquio su un supporto audio. Il questionario di gradimento è stato or-ganizzato in 20 domande, suddivisibili intre sezioni per raccogliere i dati relativialle caratteristiche socio-demografiche, ibenefici derivanti dalla somministrazionedella gomma da masticare e il gradimen-to delle informazioni contenute nell'opu-scolo. L’opuscolo informativo, redattosia in italiano che in inglese, con immagi-ni di neonati per aumentare la complian-ce delle pazienti e renderne gradevole lalettura, è stato necessario per renderenoto sommariamente alla paziente i ri-sultati degli studi condotti sull'utilizzodella gomma da masticare nel post-ope-

ratorio nonché le modalità di masticazio-ne della gomma (entro tre/sei ore dall'in-tervento, per tre volte al giorno, per al-meno trenta minuti ogni volta) e le con-troindicazioni alla masticazione stessa,qualora vi volesse partecipare allo studio.

RISULTATI E DISCUSSIONIDalle interviste raccolte, trascritte edanalizzate, è emerso che, su un totale didieci infermieri intervistati, nessuno fos-se a conoscenza della possibilità di con-sigliare la gomma dopo l’intervento chi-rurgico per migliorare la peristalsi. Permolti vale ancora la regola tradizionaledel “nulla per bocca” fino alla canalizza-zione a feci e gas come espressione del-la ripresa certa della funzionalità intesti-nale. Questo nuovo intervento, sebbenenon conosciuto dagli infermieri, è statovalutato come “soddisfacente per quel-lo che riferiscono le pazienti” o ancora

“interessante perché ha aumentato la no-stra conoscenza”. Nessuno infermiere,infatti, ha dubitato della sua efficacia: alcontrario, tutti hanno collaborato al pro-getto di ricerca. È proprio con quest’atteggiamento dispontanea collaborazione che gli infer-mieri hanno mostrato apertura e dispo-nibilità al cambiamento, se non all’ag-giornamento delle proprie conoscenze. Tutti gli infermieri sono conformi nel rite-nere che sia proprio una scarsa cono-scenza delle evidenze scientifiche il prin-

cipale motivo della mancata applicazione,in ambito clinico, del suddetto trattamento. L’altro ostacolo dell’evidence based pra-ctice (Ebp) è rappresentato dalla scarsacollaborazione del medico nel trasferirei risultati della ricerca nella pratica clinica.La ricerca infermieristica migliora sì l’as-sistenza al paziente, ma solo se vi è col-laborazione e soprattutto il riconosci-mento, da parte dei medici, dell’impor-tanza dei risultati scientifici conseguiti.Altri ostacoli sono stati riscontrati nellaformazione ricevuta (fra gli intervistati,solo il 13% era in possesso della laureadi I livello), nella mancata conoscenzadella lingua inglese, fondamentale per laconsultazione delle banche dati, nei turnidi lavoro e dal routinario “ciò che escefuori dal routinario diventa complesso, siha paura del cambiamento[…]”. Tutti gli intervistati ritengono che la stra-tegia migliore per incrementare l’Ebpsiano gli Ecm, perché sono visti comeuno strumento di crescita, specie perquella fetta di infermieri che non ha lebasi per fare ricerca e la considerano,non solo come necessaria per fornireun’assistenza di qualità, ma anche perelevare la propria professione. Relativamente alle pazienti, dall’analisidei dati ricavati dal questionario è emer-so che, su un totale di 63 pazienti coin-volti, il 62% è di nazionalità italiana (datodi fondamentale importanza poiché rap-presenta un elemento di diversità rispet-

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to al campione coinvolto negli studi re-visionati, di provenienza asiatica). Tra tutte le domande formulate con ilquestionario, si è ritenuto opportuno se-lezionarne solo tre relative alla modalitàdi masticazione della gomma. Alle pazienti si chiedeva di indicare il mo-mento in cui iniziavano a masticare lagomma: il 61% ha iniziato a farlo già apartire dalle prime ore dopo l’intervento,il 19% dopo sei ore e solo il 10% ha pre-ferito ritardare la masticazione e spo-starla al giorno successivo all’intervento.(Grafico1)

Alla domanda successiva, si andava adindagare sulla frequenza della mastica-zione.Su 63 pazienti, solo il dieci per cento ha ma-sticato in maniera casuale, il 14% per me-no di tre volte al giorno e il 76% per nonmeno di tre volte al giorno. (Grafico 2)

Alla domanda “per quanto tempo hamasticato la gomma ogni volta”, il 13%

ha masticato per un tempo massimo di15 minuti, il 36% per più di 30 minuti epiù della metà, pari al 52%, ha masticatoper 30 minuti, così come era riportatoall’interno dell’opuscolo.

Solo in una percentuale molto bassa lepazienti non hanno rispettato i tempi dimasticazione riportati all’interno dell’opu-scolo: al contrario, più della metà deisoggetti intervistati ha mostrato interes-se e rigore nel rispettare i tempi della ma-sticazione riportati, espressione di un’e-levata compliance al trattamento.Alle pazienti che avrebbero accettato dimasticare la gomma dopo l’intervento sichiedeva di annotare il giorno e l’ora incui avrebbero percepito il primo passag-gio di flato.Confrontando quest’ultimo dato con ilgiorno e l’ora in cui è stato eseguito l’in-tervento, è emerso che le pazienti chehanno iniziato a masticare la gomma su-bito dopo l’intervento per più di 30 minutie per più di tre volte al giorno hanno per-cepito il primo passaggio di flato prima,rispetto alla pazienti che hanno iniziato amasticare la gomma in maniera casuale. Si ritiene opportuno specificare che il ri-sultato così interpretato deriva dalla per-cezione del paziente: il primo passaggiodi flato non è stato rilevato accuratamen-te con l’utilizzo del fonendoscopio, ma èstato semplicemente riferito dalla pazien-te. Poiché la paziente era anche a cono-

scenza dello scopo dello studio, non èda escludere l’ipotesi che abbia potutolasciarsi suggestionare falsando il datoriferito. Rimane un dato certo, però: tut-te le pazienti intervistate hanno dichia-rato di aver gradito la gomma da masti-care e tutte pensano che sia utile per mi-gliorare il bisogno di alimentazione.La possibilità di poter masticare la gom-ma dopo l’intervento, senza temere glieffetti legati al suo utilizzo ha reso piace-vole il decorso post-operatorio e menostressante l’attesa per la ripresa dell’ali-mentazione dopo un prolungato digiuno.In 59 su 63 hanno risposto che masti-cherebbero nuovamente la gomma in unsuccessivo intervento chirurgico.

CONCLUSIONILo studio di caso, benché sommario econdotto in tempi ristretti, sembra con-fermare i dati provenienti dalla lettera-tura scientifica. La gomma da masticarepotrebbe rappresentare un valido inter-vento dalla natura innocua, economica epiacevole da adottare nella pratica clinicaed assistenziale in aggiunta alle curestandard per migliorare il decorso post-operatorio del paziente. Il suddetto studio potrebbe, quindi, esse-re considerato dagli infermieri un “pun-to di partenza” per condurre qualche ul-teriore studio più accurato e con un cam-pione più esteso e in cieco, al fine diconfermare i benefici derivanti dall’attodella masticazione nel post-operatorio.

AUTORI:Raffaela Di Maio, laureata presso l’Uni-versità degli studi di Roma “Tor Ver-gata”;Natascia Mazzitelli, tutor, responsabileUos ASL ROMA/5.

Grafico 1. Risposta all’item “dopo quan-to tempo dall’intervento ha iniziato a ma-sticare”

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Grafico 3. Risposta all’item “Per quantotempo ha masticato la gomma ogni volta”

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BIBLIOGRAFIA

Grafico 2. Risposta all’item: “Con qualefrequenza ha masticato la gomma”

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Il ruolo dell’infermierenel trattamento dei pazientipsichiatrici autori di reatodi Ione Moriconi, Federica Marra, Carlo Turci

ABSTRACTI pazienti psichiatrici autori di reato co-stituiscono una popolazione di pazienti(spesso negletta perché esigua) il cuitrattamento abbraccia sia il bisogno dicura che quello di custodia: un tratta-mento che, in passato, ha subito dellepesanti mancanze, in conseguenza di unconnubio mal equilibrato fra sistema sa-nitario e giuridico. La promulgazione della legge n. 9 del 17febbraio 2012 e del Decreto Legge n. 52del 31 marzo 2014, finalmente, ha san-cito la chiusura degli Ospedali Psichia-trici Giudiziari (Opg), esclusivo luogo dicura, ma soprattutto di reclusione, perquesti pazienti. Attraverso il confronto con altre realtàeuropee, l'articolo esplorerà come il con-cetto di Psichiatria forense stia cam-biando anche al di fuori dei confini na-zionali, ponendo un accento sulla figuradell'infermiere e su come la sua attività,anche all'interno dell'equipe multi-pro-fessionale, possa dare un importantecontributo ad un trattamento olistico deipazienti psichiatrici autori di reato, inun'ottica di “presa in carico” che tengain considerazione i bisogni di cura dell'in-dividuo e ne preservi la qualità della vita.

Parole-chiave: Opg; Rems; pazienti psi-chiatrici autori di reato; mentally ill offen-ders; riforma medicina penitenziaria;forensic unit long-stay; team multidisci-plinare; infermiere psichiatrico forense;bioetica; sicurezza; assistenza olistica;fattori di rischio; fattori protettivi; qualitàdella vita forense.

INTRODUZIONEProbabilmente, buona parte della socie-tà avrà sentito parlare anche superficial-mente di Opg o dei pazienti psichiatriciautori di reato, specie nel clima di rifor-ma che sta affrontando il nostro Paese,da vari anni. Riforma iniziata in rispostaall'esigenza di chiudere definitivamentele porte di queste strutture. Certo, sitratta di una questione spinosa, lasciataper lunghi anni, nell'ombra, forse perchédi scarso interesse politico, poiché coin-volge una piccolissima parte di popola-zione (in Italia solo 1015). Anche la so-cietà, conseguentemente, argina la que-stione, perché la teme e ne diffida. Per questi, ed altri motivi, si è preferitoignorare a lungo la realtà degli Opg e leflebili voci di denuncia di chi viveva rele-gato in quel mondo. Questo articolo nasce dall'intenzione diparlare dei pazienti psichiatrici autori direato, accennando a come i loro dirittivengano tutelati a livello internazionalee a come l'Europa stessa abbia abbrac-ciato, di recente, il trattamento di questepersone, entrando nella situazione ita-liana attraverso un breve excursus sto-rico che interessa la chiusura degli Opga favore dell'apertura delle innovativestrutture Rems, per poi focalizzare l'at-tenzione sull'infermiere coinvolto in uncontesto di cura dedicato ai pazienti psi-chiatrici autori di reato, su quali siano leprincipali difficoltà percepite e su comela sanità psichiatrica forense stia svol-tando verso una presa in carico non piùesclusivamente incentrata sull'efficaciadei sistemi di sicurezza, ma volta a rico-

noscere il paziente nella sua totalità (an-che qui, presentando alcune delle inno-vazioni riscontrate in letteratura che con-fermano lo sviluppo di quest'ottica piùolistica e umanistica in Psichiatria fo-rense).

mATERIALI E mETODIAbbiamo strutturato l'articolo seguendo,anzitutto, il processo di riforma della Psi-chiatria forense italiana, avvalendoci del-la ricerca dei Decreti e delle Leggi chehanno diretto il percorso.In secondo luogo si è fatto riferimentoai documenti internazionalmente ricono-sciuti per la tutela della salute e dei dirittidelle persone con sofferenza mentaleed a pubblicazioni di enti, nazionali e non.Terzo, la ricerca si è aperta attraversonumerosi articoli, per la maggior partederivanti da banche dati internazionali.I limiti dell'OpgL'inadeguatezza dei sei Opg presenti sulterritorio nazionale ad accogliere la par-ticolare categoria di persone per i qualierano stati ideati è stata ribadita anchedalla denuncia ricevuta da parte del Cpt(Comitato europeo per la Prevenzionedella tortura e delle pene o Trattamentiinumani e degradanti), un organo che hala facoltà di visitare carceri, centri di de-tenzione minorile, commissariati di poli-zia, istituti psichiatrici ecc, che, nel set-tembre del 2008, andando a verificare lecondizioni di vita dell'Opg di Aversa, mi-se in evidenza le scadenti condizioni del-la struttura e la necessità di migliorare ilregime quotidiano di degenza dei pa-zienti, oltre che a denunciare il fenome-

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no degli “ergastoli bianchi”, cioè i sog-getti che avevano espletato la loro misu-ra di sicurezza, ma continuavano a per-manere negli ospedali per il mancato re-perimento di un'idonea collocazioneesterna. Anche nel 2011, a seguito diun'inchiesta sull'efficacia e efficienza delSsn, la Commissione parlamentare haportato alla luce la gravità delle condi-zioni di vita e di cura all'interno degli Opg,giudicate: “incompatibili con le disposi-zioni costituzionali in materia di dirittoalla salute, libertà individuale e umanitàdel trattamento, nonché con la disciplinadi livello primario e secondario relativaalla sanità penitenziaria”. A parere dellaCommissione, le caratteristiche di que-ste strutture erano ricollegabili sia alleprigioni che ai manicomi. Infatti, in essele persone venivano internate con criteriminimi di selezione fra intensità di sicu-rezza, di cura, di riabilitazione, oltre chein condizioni precarie di sovraffollamen-to. I pazienti vivevano dietro le sbarre,spesso a centinaia di chilometri da casa,rigidamente subordinati ai ritmi dellestrutture dettati principalmente da per-sonale penitenziario, in cui scarsamentecompariva, o meglio agiva attivamente,personale sanitario, non rispondendodunque neppure di lontano ai bisogni dicura di queste persone. Ricordiamo cheesse, sebbene abbiano violato la legge,sono prima di tutto persone sofferenti dipatologia psichiatrica, il cui atteggiamen-to violento, nella maggior parte dei casi,non deriva dalla malattia mentale in sé,ma da innumerevoli mediatori: l'Ameri-can Psychological Association ha pubbli-cato, nel 2014, i risultati di uno studioche ha analizzato 429 reati che vede-vano la responsabilità di 143 personecon patologia psichiatrica, evidenziandocome, solo il 7,5% di queste azioni era-no direttamente causate dai sintomi del-la malattia mentale, mentre il restantedei reati era legato a condizioni come lapovertà, la disoccupazione, la mancanzadi un tetto, l'abuso di sostanze. Del re-sto, anche i dati riportati dal rapporto del-l'Istituto superiore di Sanità nel 2013, aseguito di una ricerca conoscitiva dei pa-zienti psichiatrici autori di reato in Italia,ha dimostrato come l'eventualità che ilreato commesso sia la prima manifesta-

zione di un disturbo psichiatrico è pocofrequente e come ben il 75% dei pazien-ti aveva effettuato precedenti trattamen-ti per un disturbo mentale(1). Com'è tutelato da testi appositamentecreati (quali quelli decretati nel 1983 dalComitato dei Ministri del Consiglio Euro-peo, nel 1991 dall'Assemblea generaledelle Nazioni Unite e nel 2000 dal Con-siglio Europeo), sono diritti irrinunciabilianche di queste persone quello a: “nonessere discriminati, a ricevere cure per-sonalizzate quanto più possibile vicinenell'ambiente familiare, in una misurache non leda l'integrità e la dignità delpaziente e soprattutto quello di essereprotetti dallo Stato”.Pare chiaro come nessuno di questiprincipi era stato rispettato all'internodegli Opg. Eppure, proprio questi sonostati l'esclusivo luogo di “cura” per i pa-zienti fino al 2003, a seguito della Sen-tenza della Corte costituzionale n. 253del luglio 2003, che ha definito illegit-timo l'articolo 222 del Codice Penale cheregolamentava tale intervento. La nascita delle RemsSuccessivamente a questo provvedi-mento, si può considerare ufficialmente

“aperta” la questione di superamento de-gli Opg che, tra decreti, leggi e proroghesi è delineato come un percorso lento efarraginoso, lungo il quale i cambiamentiintrodotti sulla carta hanno raramenteavuto un riscontro sul campo pratico. Eanche oggi, la questione non può dirsidefinitivamente risolta. Alla base di questo percorso di riformarisiede il principio di riconoscere, final-mente, l'individualità del singolo all'in-terno di questo gruppo (seppur esiguo)e, in secondo luogo, dalla volontà di farprevalere l'interesse del diritto alla sa-lute di queste persone, individuando unarisposta appropriata ai bisogni specificidel paziente, distinguendo fra livelli di in-tensità riabilitativa e assistenziale, se-condo un'ottica più vicina a quella euro-pea, in cui si riconoscono, ad esempio,strutture definite: forensic unit, suddi-vise per “gradiente di sicurezza” in: low,medium e high.Secondo le caratteristiche proprie delSsn, anche qui, gli interventi indirizzati alsuperamento degli Opg sono ricollega-

bili a criteri di regionalizzazione e sanita-rizzazione. Per esempio, il Decreto del Presidentedel Consiglio dei ministri 1 aprile 2008ha sancito un programma per cui ogniregione che ospitava un Opg avrebbedovuto collaborare con il Dipartimento diSalute mentale per definire un program-ma operativo finalizzato alla dimissionedegli internati che avevano concluso lamisura di sicurezza, attraverso interventiterapeutici e riabilitativi che potevano an-che avvalersi dell'affidamento ai servizipsichiatrici e sociali territoriali, quantopiù vicini alla realtà di provenienza delsoggetto interessato. Inoltre, la legge n. 9 del 17 febbraio2012, riprendendo il criterio di territoria-lizzazione proprio del Decreto sopra ci-tato, affidava ad ogni Regione l'incaricodi presentare programmi per il supera-mento degli Opg, contenenti la descri-zione del progetto, la valutazione e lemodalità di reperimento delle risorseumane necessarie oltre che l'esposizio-ne di indicatori sull'aspetto strutturale esull'attivazione e la conduzione dei pro-grammi terapeutici riabilitativi individuali. Per ultimo, il Decreto Legge n. 52 del 31marzo 2014 ha introdotto l'onere, perogni Regione, di organizzare progetti te-rapeutici riabilitativi non solo per la cate-goria dei pazienti dimissibili, ma ancheper tutti gli utenti degli Opg (interventofinalizzato ad evitare il rischio della per-petuazione del fenomeno degli “erga-stoli bianchi” prima citati).A cambiare l'assetto del panorama trat-tamentale dei pazienti psichiatrici autoridi reato è stata l'introduzione delle co-siddette Rems (Residenze per l'esecu-zione delle misure di sicurezza), struttu-re a carattere ricettivo gestite esclusiva-mente da personale sanitario, riservati aquei pazienti non dimissibili dagli Opg.Secondo la legge n. 9 del 2012 ne sonopreviste due tipologie: una di valutazionee stabilizzazione (in cui si pone la diagno-si e si imposta il programma di cura) euna di mantenimento a vocazione riabi-litativa e psicosociale. Un'iniziativa comunitaria:nasce il progetto Cost Alla luce di questi cambiamenti, risultautile un confronto con la realtà europea,

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che, nel complesso, puòdefinirsi molto più avanzatadell'Italia, sebbene nume-rosi fonti evidenzino una so-stanziale povertà in lettera-tura scientifica concernenteil trattamento dei pazientipsichiatrici autori di reato e,in particolare, una mancan-za di interventi evidence ba-sed da adottare all'internodelle strutture psichiatricheforensi, dal momento che lapratica, in questi contesti, sistruttura principalmente sucompetenze che si sonorafforzate negli anni con lapratica.L'Europa, recentemente, hapreso atto di questo limite,avviando, nel 2014, un pro-getto Cost is 1302 (Euro-pean Cooperation in the field of Scien-tific and Technical Reasearch), un net-work che vede la collaborazione di 19Paesi dell'Unione Europea a cui collabo-rano ricercatori e professionisti sanitari,con l'obiettivo di favorire il confronto e laconoscenza di esperienze cliniche nel-l'ambito del contesto di cura psichiatricoforense a lungo termine, al fine di indivi-dualizzare le migliori pratiche da adottarebasate sull'evidenza e sul rapporto co-sto-efficacia. La ricerca si apre a tre filoni:il primo vuole conoscere la popolazionedei pazienti psichiatrici autori di reato.Nello specifico, andando ad individuarele caratteristiche psicopatologiche rela-tive alla storia clinica, al reato indice, alrischio di comportamento violento ecc.che determinano la permanenza a lungotermine nelle strutture forensi psichiatri-che; il secondo si concentra sui fattori esterniche possono contribuire a ridurre il feno-meno del long stay, interessandosi siaall'analisi del contesto giuridico delloStato preso in considerazione che delcontesto organizzativo dei servizi psi-chiatrici forensi, oltre che ad una revisio-ne degli interventi considerati validi nelfavorire il recupero dei pazienti e quindiil loro rientro in comunità; il terzo viene incontro alla conoscenza

dei bisogni di cura dei pazienti e della va-lutazione soggettiva della qualità di vitanelle strutture psichiatrico forensi, apren-do un campo che finora è sempre statosottovalutato per questi pazienti.Ogni filone è dispiegato da un gruppo dilavoro che risolve le implicazioni teori-che, metodologiche ed empiriche nelcuore di queste aree. In ognuno di essicollaborano ricercatori e professionistiche vengono da diverse professioni e di-versi Stati.Anche l'Italia ha preso parte di questoprogetto, avendo un rappresentante inciascuno dei tre gruppi di lavoro dellaCost Action, con l'auspicio che il patri-monio di conoscenze e competenze de-rivate dal network possa contribuirepositivamente all'importante percorso diriforma che il nostro Paese sta attraver-sando, con la diffusione di iniziative for-mative e di buone pratiche (12). Con l'introduzione delle Rems, infatti, siè aperta una nuova frontiera per la sanitànazionale: la sfida è quella di garantireassistenza sanitaria, attuare il percorsoterapeutico individuale prestabilito, in ri-sposta al soddisfacimento dei bisogni dicura specifici per ogni paziente, rispet-tando al contempo l'attuazione della mi-sura di sicurezza. Di pari passo, è necessario puntare an-che ad un inserimento positivo dellastruttura residenziale nella comunità lo-

cale: il rischio a sottovalutare questoaspetto sarebbe quello di rafforzare i giàforti allarmismi di chi sente minata la si-curezza della società (atteggiamento in-fluenzato dalla disinformazione, dall'igno-ranza, dalla paura e dalle rappresenta-zioni sensazionaliste dei media). Una presa in carico multidisciplinareCome sancito dalla legge 9/12, così co-me nei contesti psichiatrici riabilitativieuropei, istituzionali e non, la presa incarico dei pazienti psichiatrici autori direato è nelle mani di un team multidisci-plinare, in cui si riconoscono le figureprofessionali di medici, psichiatri, infer-mieri, terapisti della riabilitazione psichia-trica e operatori socio-sanitari.Quella dei pazienti psichiatrici autori direato, infatti, è una popolazione dalle ca-ratteristiche eterogenee, con una seriedi problematiche relative all'area psicolo-gica, alla cura di sé, alla gestione del-l'ambiente, alla competenza relazionale,alle abilità sociali.Tutto, influenzato da situazioni di co-morbilità, come storie di dipendenza, euna difficoltà ad aderire agli interventi te-rapeutici (12). Per l'attuazione di un proficuo processoriabilitativo è fondamentale, quindi, adot-tare un approccio multidisciplinare che,avvalendosi di un'ampia base teorica chenasce dalle conoscenze e dalle compe-tenze proprie di ogni professione, otti-

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mizzi il processo dinamico della valuta-zione, formulazione, attuazione e valuta-zione del trattamento e dell'assistenza(14).Il ruolo e i limiti dell'infermiereAnche l'infermiere ricopre un ruolo fon-damentale all'interno dell'equipe multi-disciplinare: eroga assistenza infermie-ristica e si interfaccia con il sistema giu-diziario penale e quello della salute men-tale (14).In Italia, i decreti fanno riferimento allafigura del “semplice” infermiere profes-sionale, appositamente formato secon-do programmi organizzati da ogniRegione anche attraverso il supporto delDap (Dipartimento dell'AmministrazionePenitenziaria), mentre nella letteraturainternazionale si riconoscono infermieriche seguono un percorso specifico perpoter operare in questi contesti, specia-lizzandosi come infermiere psichiatriciforensi. L'enorme contributo che può dare unprofessionista della salute qual è l'infer-miere, però, qui è minato dalla difficile,delicata e immatura realtà delle Rems.Le difficoltà maggiormente percepitepossono essere ricondotte a due princi-pali scogli: lo stigma e la dicotomia cu-stodia/cura.Naturalmente, l'essere umano, per sod-disfare il suo bisogno di sicurezza, è por-tato a farsi un'idea di un individuo ancorprima di conoscerlo, talvolta, pre-giudi-candolo, influenzato da alcuni loro attri-buti o da etichettature per cui sono co-nosciuti.Anche nei contesti sanitari, vi è una cre-scente evidenza che le etichette pos-sano notevolmente influenzare la piani-ficazione dell'assistenza o l'applicazionedegli interventi e, sebbene nel mondodella salute mentale è facile che si utiliz-zino etichette diagnostiche come malat-tia mentale, psicopatia e disordini dellapersonalità, è forse quella di “pericolo-sità” che ha più influenza nella praticaprofessionale, rafforzata dall'evidenzache, per quanti strumenti esistano, rima-ne un concetto nebuloso difficile da pre-dire (17). Ma un infermiere, professionalmentecompetente e bioeticamente corretto,dimostra rispetto per l'umanità del pa-

ziente, indipendentemente dal suo pas-sato. Un concetto regolamentato anchenell'art. 4 del Codice Deontologico, percui l'infermiere deve agire secondo:

“principi di equità e giustizia”, e nell'art. 5,secondo il quale: “il rispetto dei dirittifondamentali dell'uomo e dei principietici della professione è condizione es-senziale per poter prestare assistenza”.È importante, dunque, per un infermiereessere consapevole dei limiti e degli ef-fetti che lo stigma e la discriminazioneesercitano su di sé e sul paziente, maanche all'interno del team lavorativo e insocietà (14). Un altro, grande limite per l'attuazionedel processo assistenziale infermieri-stico è collegato al duplice aspetto checontraddistingue il ruolo dell'infermierein un contesto residenziale forense: daun lato, un dovere di assistenza, dall'al-tro, quello di custodia.Ricordiamo come la legge 81/14 abbiadisciplinato il passaggio della custodiadal Dap al Dipartimento di salute men-tale, affidando, conseguentemente, lemisure di sicurezza all'interno delleRems totalmente a carico del personalesanitario.Anche nelle strutture psichiatriche fo-rensi al di fuori del confini nazionali esi-ste questa dicotomia custodia/cura, mo-tivo per cui è difficile, per un infermiere,riconoscersi nella propria figura profes-sionale: secondo il profilo professionale,ha l'obbligo di prendersi cura dell'assi-stito, non di custodirlo e di vigilarlo, im-ponendo limiti sulla sua libertà. Secondoqueste condizioni diventa ancora più im-portante e difficile per l'infermiere fareun buon uso delle proprie capacità per-sonali e interpersonali; infatti, pur man-tenendo un atteggiamento di vigilanza,deve riuscire ad integrare questi requisitidi sicurezza con gli interventi clinici pre-visti dal piano terapeutico, e ciò ha biso-gno di una costante valutazione dei pro-cessi organizzativi e del rapporto infer-miere-paziente (14). Certamente, l'efficacia dei sistemi di si-curezza è una delle prime grandi que-stioni della pratica professionale infer-mieristica all'interno di un'unita in cui ri-siedano soggetti psichiatrici autori di rea-to. I comportamenti aggressivi da parte

dei pazienti nelle unità forensi compro-mettono seriamente la salute e il benes-sere sia dello staff che degli utenti, han-no inoltre un impatto molto negativo sul-l'atmosfera dell'unita. Conseguentemen-te, la maggior parte delle ricerche sulcampo si focalizzano sulla valutazionedel rischio e sul managment di situazioniviolente: gli stessi infermieri hanno dato,nel tempo, un considerevole contributoallo sviluppo di strumenti basati sull'evi-denza per guidare la valutazione del ri-schio di comportamento aggressivo. Molti autori sottolineano, però, come ilfocalizzarsi troppo sull'identificazione deifattori di rischio possa danneggiare losviluppo della relazione terapeutica chegiace nel cuore della pratica infermieri-stica, anche perché le stesse misure,quando eccessivamente restrittive, po-trebbero scatenare un comportamentoaggressivo, qualora il paziente vi rea-gisse negativamente.I cambiamenti sul piano internazionaleNegli ultimi anni invece, l'Infermieristicapsichiatrica forense sembra trovarsi adun punto di svolta (18), sensibilizzata daun'incrementata presa di coscienza cul-turale del settore, come lo dimostra lanascita del progetto Cost in Europa nel2014.La letteratura mette in luce dei cambia-menti che stanno interessando l'Infer-mieristica psichiatrica forense europea:i professionisti della salute si stannospostando da una “vecchia”, preceden-temente accettata pratica basata su unacultura prettamente di custodia ad una

“nuova” prospettiva umanistica e inter-personale (18). La nuova Infermieristica forense si basasu principi di interventi terapeutici e diriabilitazione e provvede a fornire un'as-sistenza individualizzata, centrata sul pa-ziente, sulla promozione della salute, inun ottica molto più olistica rispetto alvecchio modello.Quest'ottica olistica della “presa in ca-rico” del paziente ha interessato anchela formulazione delle scale di valutazionedel rischio di comportamento violento.I principali strumenti di valutazione tut-tora utilizzati sono focalizzati esclusiva-mente sull'individuare i fattori di rischio,ponendo poca, o nessuna, considerazio-

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ne sui punti di forza o sui fattori protettivi.I punti di forza sono dei beni a disposi-zione di un individuo (come la famiglia disupporto, la presenza di un hobby, di uncredo), che diventano fattori protettivinel momento in cui esso riesce a utiliz-zarli per ridurre o per gestire il suo ri-schio di violenza.Alcune ricerche (39,40) hanno eviden-ziato come l'inclusione dei fattori protet-tivi nella valutazione del rischio incre-menti l'accuratezza nel prevedere la re-cidività nella violenza. In altre parole, laricomparsa di un comportamento vio-lento è più facile da predire se, nella va-lutazione del rischio, si includono i fattoriprotettivi. Inoltre, il rafforzamento deifattori protettivi lungo il percorso tera-peutico è associato ad una riduzione del-la possibilità di una recidiva nel compor-tamento violento anche dopo il tratta-mento. Il contributo che potrebbe dare l'infer-miere sarebbe quello di approfondire an-ch'egli la presenza di questi punti lungotutto il percorso terapeutico, aiutandoanche con interventi specifici mirati alloro rafforzamento, in maniera coesacon l'attività dell'intero staff. Uno strumento mirato all'inclusione deifattori protettivi è lo Start (Short-termAssessment of Risk and Treatability),ampiamente utilizzato a livello interna-zionale, ben diverso da quello più cono-sciuto in Italia: Simply Triage and RapidTreatment. Sviluppato in Canada da un team che in-cludeva anche un infermiere psichiatrico,è costituito da 20 elementi dinamici edè da ripetere ogni 90 giorni da un teammultidisciplinare, in maniera che ogniprofessionista contribuisca alla valuta-zione con la sua conoscenza specifica(26). Per ciascuna voce, il valutatore de-ve attribuire un valore su una scala di trepunti, dove 1 indica la presenza del “fat-tore di rischio”, 2 quella parziale e 0 lanon presenza. Inoltre, include istruzioniper fare considerazioni speciali riguardole voci che sono particolarmente rile-vanti per il singolo paziente: si può indi-care, cioè, se ciascuna voce rappresentauna “forza” per il paziente e, dopo ilcompletamento, ciascun paziente avràun punteggio da 0 a 40 per i “fattori di

rischio” e da 0 a 40 per i “punti di forza”(23, 27). Uno strumento flessibile poichépermette l'aggiunta di fattori di rischiospecifici per il paziente oltre ai 20 inclusinello schema; molto vicino al concettodi pratica centrata sulla persona e rivoltaal recupero, ma, ovviamente, da non uti-lizzare come unico strumento di valuta-zione: va inteso come base su cui porreun giudizio clinico (26). Un altro strumento ideato per aumen-tare l'accuratezza e la completezza dellavalutazione del rischio e il Saprof (Struc-tured Assessment of Protective Factorsfor Violent Risk); progettato in Olandaper essere utilizzato, in combinazionecon altri strumenti di valutazione, comel’HCR-20 (Guida per la valutazione del ri-schio di comportamento violento) ol’SVR-20 (Manuale per la valutazione delrischio di violenza sessuale) durante tut-to il percorso terapeutico, per valutare iprogressi del paziente, ma anche peraiutare a pianificare il piano assistenzialee il trattamento, identificare gli obiettivi,facilitare la comunicazione del rischio(24).Il Saprof è costituito da 17 fattori protet-tivi organizzati in tre scale: cinque fattoriinterni (es. empatia, coping e autocon-trollo), sette fattori motivazionali (es. la-voro, attività nel tempo libero, obiettividi vita) e cinque fattori esterni (es. retesociale, ambiente di vita, controllo ester-no).Questi fattori sono valutabili con un pun-teggio da 0 a 2, dove il punteggio piùalto indica la presenza del “fattore pro-tettivo”. Inoltre, si possono marcare levoci più importanti per il soggetto, evi-denziandole come “fattori-chiave”(cheprocurano una protezione vitale) o “fat-tori obiettivo”(elementi che risultano piùimportanti da raggiungere come obiettivinel futuro prossimo). Dopo di ciò, vieneeffettuato un “Giudizio di protezione fi-nale” su una scala di cinque punti con ilquale si definisce il livello di protezioneesistente per il paziente nel contesto incui e stato valutato (basso-alto). Infine, irisultati derivanti dal Saprof e quelli dal-l'altro strumento di valutazione del ri-schio cui è stato integrato vengono as-sociati, ottenendo un giudizio finale di ri-schio di comportamento violento nel fu-

turo (25). La qualità della vita Un altro cambiamento, anche culturalese vogliamo, nel trattamento dei pazientipsichiatrici autori di reato è il riconosci-mento dell'importanza che può avere ilpunto di vista dei pazienti, per troppotempo ignorato in Psichiatria, a causadel pregiudizio secondo cui: “i malati dimente non sono in grado di giudicare lecure che ricevono” (9). In tempi recenti, invece, è aumentata laconsapevolezza secondo cui le opinionidei pazienti sono estremamente utili percogliere proprio quegli aspetti dell’inte-razione fra utenti e servizi che normal-mente sfuggono all’osservazione deglioperatori e che hanno un ruolo d’enor-me rilevanza nel determinare lo stiled’interazione con il servizio e l’efficaciadei progetti terapeutici (9). L'opinione deipazienti ospitati è necessaria per valu-tare un altro importante indicatore, enor-memente utilizzato in psichiatria per lavalutazione dell'efficacia dei trattamenti,ovviamente sottovalutato in Psichiatriaforense (28): la qualità della vita. Per qualità di vita (Qol) si intende: “ungenerale senso di benessere e soddisfa-zione vissuta da persone sotto le loro at-tuali condizioni di vita”. Questo aspettoè necessario da tutelare, non come con-cessione ma come mezzo per tutelarela dignità propria di ogni essere umano. Inoltre, alcune ricerche evidenziano co-me gli indicatori soggettivi della valuta-zione della qualità della vita siano asso-ciati alla recidiva criminale: pazienti sod-disfatti delle loro vite hanno meno pro-babilità di commettere atti violenti. E poi,la soddisfazione della propria salute è unvalore ancora più predittivo di un com-portamento violento, dal momento chei pazienti insoddisfatti hanno la probabi-lità di commettere reati sei volte mag-giore rispetto ai pazienti soddisfatti.La qualità della vita è un concetto multi-dimensionale che comprende sia fattorioggettivi che soggettivi; esso è enorme-mente utilizzato per valutare i risultatidei trattamenti e l'assistenza nella psi-chiatria generica e, nonostante la sua ri-levanza clinica e scientifica rimane raranella Psichiatria forense e sono statecondotte poche ricerche a proposito (28).

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L'inadeguatezza degli strumenti già esi-stenti rispetto a un contesto psichiatricoforense (28) è stata la motivazione percreare una scala di misurazione più adat-ta, la FQL (The Forensic inpatient Qualityof Life Questionnaire), psicometrical-mente valida (28), costituita da 114 vocisoggettive e 17 oggettive. Gli elementisoggettivi coprono la valutazione di 15domini: attività, libertà, residenza, nutri-zione, igiene, salute, sessualità, relazionisociali, altri residenti, staff quotidiano,affetti, autonomia, auto realizzazione, fi-nanze e religione. Dal momento che i pazienti sono co-stretti a risiedere in una struttura a lungotermine, la scala contiene una voce an-che riguardo l'accettazione della perma-nenza. Le voci sono valutabili su una Scala ana-logico visiva (Vas) di 100mm, dove ognipaziente indica il livello di accordo ri-spetto a ciascuna voce: 0 indica “disac-cordo totale”, 100 “il completo accor-do”. Questa scala è ampiamente utiliz-zata in Olanda, dove, nelle strutture fo-rensi a lungo termine, ciascun membrodello staff infermieristico viene asse-gnato ad uno specifico paziente (casemanager). Qui, oltre ad essere utilizzatoil questionario dal 2003, se n'è formulatauna versione proxy rivolta allo staff infer-

mieristico, che contiene le stesse do-mande ma riformulate, alle quali ogni in-fermiere risponde nella maniera in cuipensa che risponderebbe il paziente as-segnatogli (30).

DISCUSSIONEDall'analisi proposta si percepisce unacomunanza nel clima di riforma nel cam-po della Psichiatria forense, sia sul pianonazionale che non. Se, da una parte, l'Italia sta vivendo unariforma della sanità penitenziaria, rego-lamentata da vari Decreti e Leggi, dall'al-tra, anche l'Europa sta rivalutando il con-cetto di trattamento dei pazienti psichia-trici autori di reato, pur non alterando lestrutture adibite allo scopo.

CONCLUSIONIAppare evidente, però, come l'infermie-re professionale italiano debba sapersiintegrare in questo processo di riforma,come, tra l'altro, espresso in un articoloda un infermiere: si tratta di riuscire adoperare nel rispetto del proprio profiloprofessionale anche in questo nuovo edifficile contesto, conciliando nuove re-sponsabilità pur continuando a seguire iprincipi dettati dal nostro Codice Deon-tologico. Una sfida che fa paura e confonde, spe-

cie in una situazione quale quella ita-liana, in cui la riforma è ancora in fase dimaturazione: il rischio, per l'infermiereoperante nelle Rems, sarebbe quello diritrovarsi in una condizione di subalter-nità nei confronti di altre professioni, ri-ducendo il proprio ruolo a quello di cu-stode, tipico del periodo pre-Basaglia. Eppure, considerata l'evoluzione e i nuo-vi traguardi che la figura professionaledell'infermiere ha vissuto e sta conti-nuando a vivere, questi cambiamenti po-trebbero essere una rinnovata occasio-ne per ampliare i confini della nostra pro-fessione, avvalendosi anche del con-fronto con le realtà internazionali e dellaletteratura scientifica, in maniera tale dariuscire a riconoscersi come veri profes-sionisti della salute anche in questo nuo-vo mondo.

AUTORI: Ione Moriconi, laurea magistrale pressoUniversità Sapienza di Roma, P.O. Re-sponsabile Assistenza InfermieristicaDsm Asl RM/A, docente a contrattopresso il CdL triennale in InfermieristicaUniversità Sapienza di Roma can C e J;Federica Marra, laureata presso l’Univer-sità Sapienza di Roma can C;Carlo Turci, dirigente infermieristicoOspedale Sant’Andrea.

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Progetto OPG-ISS. Valutazione dei pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) finalizzata a proposte di modifiche degli assetti orga-nizzativi e di processo, documento scaricabile all'indirizzo www.ristretti.it/commenti/2015/maggio/pdf10/progetto_opg.pdf [ultimo accesso 10/09/15h. 10:52].Nasso M, Custodire o curare? Una scelta di diritto: la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e la presa in carico del paziente giudiziario. Tesi dilaurea magistrale in diritto penitenziario, anno 2013-2014, scaricabile dal sito http://www.ristretti.it/, ultima data di accesso 3/10/15 h.10.14. 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Utilizzo e diffusionedelle nuove tecnologie mobili per ridurre l’obesità

di Marco Di Muzio, Cecilia Anastasia Esposito, Roberto Boggi, Massimo Napoli, Adelaide Landi,

Concettina Maria Larcinese

ABSTRACTQuesto studio nasce per evidenziarenuove strategie capaci di contrastarel’obesità. In molti si evidenza che il consumo dicibo in eccesso e la diffusione di stili divita sedentari aumentano il rischio diobesità. Utilizzando i dati del progetto Passi (Pro-gressi nelle Aziende Sanitarie per la Sa-lute in Italia) della Asl Roma A, la revisio-ne ha evidenziato il ruolo delle nuovetecnologie per prevenire l’obesità e fa-vorire stili alimentari corretti.La metodologia usata è una ricerca bi-bliografica e revisione della letteraturasulle banche dati che affrontano il pro-blema obesità ed educazione alla salute;quindi, l'analisi dei dati emersi sia dallaletteratura scientifica che dal progettoPassi della Asl Roma A. I dati del progetto Passi della Asl RomaA evidenziano come i giovani obesi (18-34 anni) hanno maggiore probabilità didiventare degli adulti obesi (50-69 anni)e come i problemi economici abbiano unimpatto negativo sulla salute alimentare. La letteratura internazionale evidenziacome le tecnologie mobili possano aiu-tare al controllo del peso e all'educa-zione alimentare.Oggi, i professionisti sanitari, grazie allenuove tecnologie, possono interveniresui problemi alimentari della popolazione

“sana”. Cellulari, smartphone e tablet sono di-spositivi portatili in grado di connettere

ogni persona ovunque si trovi, permet-tendo, con pochi gesti, di utilizzare appli-cazioni che possono contribuire sia al-l'educazione alla salute che a quella ali-mentare.

Parole-chiave: telefoni cellulari, compor-tamenti verso la salute, promozionedella salute, obesità, sms, messaggi ditesto, perdita di peso.

INTRODUZIONELa prevenzione risulta essere un espe-diente insostituibile per contrastare lepatologie cronico-degenerative (1), che,oggi, rappresentano un'importante cau-sa di mortalità, morbidità e disabilità neiPaesi ad elevata aspettativa di vita (2). Le malattie croniche rappresentano un’e-mergenza sociale ed economica tracosti sanitari diretti, relativi alle cure e in-diretti, riguardanti la compromissionedella produttività e della qualità di vita (3). Lo studio dei fattori eziologici alla basedelle patologie cronico-degenerative per-mette di mettere in atto interventi per ri-durre la loro incidenza e i relativi costi. I fattori di rischio sono suddivisi in “clas-sici” ed “emergenti” secondo l’epoca diidentificazione; “modificabili” e “nonmodificabili” per la possibilità di interve-nirvi. I fattori modificabili sono: alimentazione,attività fisica, fumo, obesità, ipertensio-ne, diabete, dislipidemia. Questi sonocorrelati all’insorgenza delle malattie car-diovascolari, tumori, disturbi respiratori

cronici ed eventi cerebrovascolari. I fattori di rischio modificabili sono, prin-cipalmente, conseguenze di comporta-menti errati, abitudini tipiche dei Paesiindustrializzati; agire su di esse significa,quindi, modificare gli stili di vita (4). Per pianificare interventi che agiscanosui fattori di rischio individuali bisognaidentificare dapprima la loro distribu-zione. Nasce così un sistema di “sorveglianzadella salute”: Progressi nelle AziendeSanitarie per la Salute in Italia (Passi) alloscopo di tener d'occhio la popolazioneadulta in modo continuo, con la possibi-lità di reperire dati che possano essereconfrontati in ambito territoriale nazio-nale e in ambito temporale, per monito-rare eventuali progressi acquisiti, oppureinsufficienze e carenze di programmi diprevenzione già in atto. Passi permettedi confrontare le abitudini di vita che in-fluiscono sulla salute e gli effetti degli in-terventi di prevenzione (5). L’infermiere svolge un ruolo primario nelprogetto Passi, collaborando nella valu-tazione della diffusione dei fattori di ri-schio in modo diretto, somministrandoquestionari per via telefonica agli utentie collaborando all’individuazione di stra-tegie ed interventi di educazione e sen-sibilizzazione del cittadino. La breve revisione del presente lavorofocalizza l'attenzione sullo stato nutrizio-nale, in occasione anche della recenteesposizione universale di Milano 2015che ha avuto come tema centrale pro-

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prio la nutrizione.Per obesità si intende: “la condizione cli-nica identificata da un eccesso di tes-suto adiposo”. Vari studi epidemiologici indicano che lamorbilità e la mortalità per tutte le cause,metaboliche e cardiovascolari, inizianoad aumentare (anche se lentamente)quando il Bmi (Body Mass Index) è su-periore a 25, suggerendo la necessità dirivedere i limiti utilizzati per la definizionedi obesità (6). L’obesità rappresenta uno dei principaliproblemi di salute pubblica a livello mon-diale per la sua prevalenza in costante epreoccupante aumento, soprattutto neiPaesi ad economia emergente. In totale, il sovrappeso e l’obesità rap-presentano il quinto fattore di rischio permortalità globale e i decessi attribuibiliall’obesità sono almeno 2,8 milioni/annonel mondo (7).L’obesità, in particolare quella centrale,è il motore principale di un gruppo di al-terazioni note come sindromi metaboli-che (caratterizzata da adiposità centraleo intra-addominale, iperinsulinemia, in-tolleranza al glucosio, ipertensione, ipe-trigliceridemia e bassi livelli di coleste-rolo HDL).Nelle persone obese si riscontra una ri-dotta distensibilità della gabbia toracica,aumento del lavoro respiratorio, aumen-to della ventilazione a causa dell’aumen-

to del metabolismo basale, riduzionedella capacità polmonare con ridotta ca-pacità funzionale residua (8). E sia nel-l’uomo che nella donna ci sono evidentiripercussioni sulla sfera riproduttiva.L’ipogonadismo maschile è associato adun eccesso di tessuto adiposo. Vi è unariduzione di testosterone e sex hormon–binding protein, con un importante incre-mento dei livelli di estrogeni, con possi-bile ginecomastia (6).A livello epatico, conseguenza comune diuno stato di obesità, è l’accumulo di lipi-di, denominato “steatosi epatica” (Nafld),che può poi evolvere verso una steato-epatite non alcolica (Nash).Ci sono evidenze forti riguardo l’associa-zione tra obesità e malattia da reflussogastroesofageo (anche per l’associazio-ne con l’ernia iatale) con esofagite e/oesofago di Barrett, così come tra obesitàe calcolosi biliare (8). Diversi studi epidemiologici hanno chia-ramente illustrato come le malattie inmaggior aumento e più caratteristichedel terzo millennio siano quelle psichia-triche e quelle correlate ad un'alimenta-zione errata. Si pensa, quindi, che obesità e depres-sione siano correlate. Ciò sembra essere certo soprattutto inetà adolescenziale, secondo quanto af-fermano diversi studi, tra cui uno dei piùsignificativi è stato condotto dai ricerca-

tori della Rutgers University-Camdendegli Stati Uniti (9).Lo studio, pubblicato sulla rivista Inter-national Journal of Obesity, ha analizzatola natura di questa associazione, cercan-do di identificarne le modalità di funzio-namento. Il disturbo depressivo maggiore e l’obe-sità sono stati valutati su tre diverse fa-sce di età: prima adolescenza (fino ai 14anni), tarda adolescenza (tra i 14 e 20) eprima età adulta (età 20-24). Attraversoun’intervista strutturata, e misurazioni dipeso e altezza, è stato verificato come,in particolare per le ragazze, l’adolescen-za sia un periodo ad alto rischio per losviluppo contemporaneo di obesità e de-pressione. Cause di tali disturbi sono: il peggiora-mento della qualità della vita, coinvol-gente qualsiasi aspetto, anche il più ba-nale; l’incapacità di perdere peso; le in-soddisfazioni sociali e sessuali; l’esserelontani dagli stereotipi di bellezza e nor-malità; l’emarginazione.Circa il 4% delle neoplasie maligne negliuomini e il 7% nelle donne è associato al-l'obesità (10), alla produzione di adipochi-ne infiammatorie che causano uno statodi infiammazione cronica predisponentealla patologia tumorale. Anche l’iperpro-duzione ormonale nel tessuto adiposo, egli stimoli iperproliferativi paracrini sem-brano avere alcuni acidi grassi (8).

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Nell’uomo è stato dimostrato l’incre-mento del rischio per tumore dell’eso-fago, del colon-retto, del pancreas, delfegato e della prostata.Nella donna vi è una maggiore mortalitàper cancro della mammella, delle vie bi-liari, dell’endometrio, della cervice e del-l’ovaio.Interventi mirati risultano fondamentaliper interrompere la catena degenerativae sensibilizzare i cittadini nel condurreuno stile di vita sano.I progressi nella tecnologia della telefo-nia mobile hanno reso auspicabili per lapromozione della salute e della preven-zione delle malattie, incluse quelle car-diovascolari, metodi completamentenuovi (11). Molteplici studi hanno riportato i vantag-gi di utilizzare la tecnologia per miglioraregli interventi per perdere peso. In parti-colare, è riportato che l'uso della tecno-logia (siti web ed e-mail) è facilmenteintegrabile nella vita dei partecipanti epermette una migliore flessibilità ai me-dici e altri operatori sanitari nel fornireconsulenza e assistenza ai pazienti (12). Nel complesso, lo scopo di questa breverevisione narrativa della letteratura è dievidenziare le migliori strategie per sol-lecitare una buona alimentazione.Attraverso la presente revisione è stataanalizzata la possibilità dell’efficacia diinterventi di prevenzione sull’obesità at-tuati tramite l’utilizzo di smartphone, ta-blet e telefonia mobile. Lo scopo è di-mostrare che c’è una correlazione traperdita di peso corporeo e utilizzo dismartphone e/o telefonia mobile. Lo scopo dell’utilizzo dei dati del proget-to Passi è documentare l’impatto dellecondizioni di obesità e sovrappeso inuna popolazione di riferimento, per sot-tolineare l'utilità di interventi mirati in taliambiti.È stata richiesta l’autorizzazione all’uti-lizzo dei dati del progetto Passi della AslRoma A.

mATERIALI E mETODI Studio retrospettivo dei dati riguardantilo stato nutrizionale, raccolti dal progettoPassi all’interno dell’Asl Roma A e breverevisione narrativa della letteratura scien-tifica nazionale e internazionale.

La popolazione oggetto degli studi Passiè quella tra i 18-69 anni, iscritta all’ana-grafe delle varie Asl costantemente ag-giornate.Per la selezione del campione è statoscelto un campionamento stratificato ela popolazione è stata suddivisa in baseall’età e al sesso. Le fasce d’età sonostate 18-34, 35-49, 50-69. Questo studio prevede che ci sia una di-mensione minima del campione (25 uni-tà per Asl), per garantire una significativi-tà statistica.Le interviste sono state raccolte nei di-versi mesi dell’anno, ad eccezione di lu-glio e agosto che sono considerati comeunica mensilità, per un totale di circa 275intervistati l’anno. Per raggiungere la di-mensione minima del campione sonopreviste precise modalità di sostituzionedelle persone non eleggibili o irreperibilio che non desiderano partecipare all’in-dagine.Le interviste vengono effettuate telefo-nicamente, da personale specificamenteformato, utilizzando un questionario, stan-dardizzato per evitare discrepanze nellerisposte tra le diverse Asl e validato, ov-vero è dimostrata la loro utilità da unpunto di vista scientifico. I questionari in-dagano degli aspetti relativi allo stato disalute, alle abitudini di vita della popola-zione, la loro adesione ai programmi discreening già attuati dal Ssn, la carta delrischio cardiovascolare, l’adesione ai pro-grammi di vaccinazione, s’indaga inoltresu altri possibili fattori di rischio per pa-tologie intese anche in senso traumatico(es. sicurezza stradale, sicurezza dome-stica).I dati vengono raccolti senza l’effettua-zione di misure dirette da parte deglioperatori sanitari, non vengono cioè mi-surati dall’intervistatore che si deve limi-tare a basarsi sulla risposta del soggetto.È possibile che vi sia un margine di er-rore legato alla riluttanza ad ammetteredeterminate situazioni da parte degli in-tervistati. I dati raccolti vengono trasferiti in formaanonima, in modo da aiutare il soggettoad aprirsi riguardo le proprie abitudini, evengono raccolti in un unico archivio na-zionale tramite una connessione internetprotetta.

La rilevazione dei dati è partita nell’aprile2007 nella regione Lazio, seguita poi daaltre regioni. Dal 2009, la sorveglianza èattiva in tutte le 21 Regioni o Provinceautonome italiane. In base ai dati delprogetto Passi all’interno dell’Asl RomaA è stata effettuata una ricerca della let-teratura nelle banche dati.Da Pubmed è stato selezionato l’RcT diAllen et al. sull’efficacia dell’utilizzo dinuove tecnologie per interventi di pre-venzione primaria (13).Le banche dati utilizzate sono state: Ci-nahl, PubMed, Embase, Medline, e Psy-cInfo. In questi database, sono stati ana-lizzati gli studi condotti tra gennaio 2005e agosto 2015. La ricerca è stata limitataa pubblicazioni in lingua inglese.Sono state utilizzate le seguenti parole-chiave e termini MeSH: coronarica o car-diache o cardiovascolare “and” smart-phone o telefono cellulare o un telefonocellulare “and” promozione della saluteo comportamento di salute. Ci si è limitati a disegni di studio quasisperimentali e studi randomizzati con-trollati. Un totale di 223 abstract sono stati esa-minati per determinare se sono stati ri-spettati i criteri di inclusione ed esclu-sione. Dei 223, si è riscontrato che 36hanno bisogno di un ulteriore riesame.Degli articoli reperiti, sette sono stati se-lezionati. Le principali cause di esclusione sonostate: articoli che trattavano fattori di-versi dalla perdita di peso o attività fisica;articoli che trattavano della gestione diun processo patologico (insufficienza car-diaca e diabete) anziché prevenzione; ar-ticoli che non utilizzavano le tecnologiemobili per la gestione dell’obesità.

RISULTATIDall’analisi dei dati del progetto Passidella Asl Roma A è stato possibile iden-tificare i fattori responsabili dell’aumentoponderale di un campione di cittadini re-sidenti presso l’Asl Roma A nel periodo2009-2012.Il campione è rappresentato da 1067 cit-tadini della Asl Roma A reclutato neglianni 2009-2012 e dalla Figura 1 è possi-bile osservare come il campione è distri-buito abbastanza equamente negli anni.

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(Figura 1)Lo stato nutrizionale del campione è ca-ratterizzato dal 60,54% normopeso, il4,97% è risultato sottopeso, ben il 34,5%del campione risulta obeso/sovrappeso.(Figura 2)I dati dimostrano che il problema dellanon corretta alimentazione è presentenel circa 35% della popolazione del ter-ritorio della Asl Roma A.Si evidenzia come nei Paesi sviluppati,dove la disponibilità alimentare è in ec-cedenza, le patologie che hanno comeconcausa un’errata alimentazione (inparticolare, le patologie cronico degene-rative come le patologie cardiovascolarie il cancro) sono le più comuni cause dimorte precoce e, sulla base delle attualiproiezioni, sembrano destinate a diven-tare il problema sanitario più grave inquasi tutti i Paesi del mondo (15).Parte fondamentale di una vita sana è,quindi, una corretta alimentazione as-sieme ad un adeguato stile di vita.Dall’analisi della letteratura, sono statiselezionati solo due studi che hannocoinvolto partecipanti più giovani di 18anni e solo uno che ha considerato unapopolazione pediatrica. Nessuno degli studi riportati aveva in-cluso partecipanti di età superiore ai 65anni. L’86% degli stessi ha incluso siagli uomini che donne, anche se solo unostudio ha riportato i risultati divisi persesso. La maggioranza (57%) degli studi è statacondotta al di fuori degli Stati Uniti. Un intervento di messaggistica testualeè stato attuato in cinque dei sette studi,(12; 17; 18; 19; 20) con i rimanenti duestudi di attuazione che li sostituivano conun’applicazione per smartphone (21; 22).Questi due studi hanno esaminato gli ef-fetti di un’applicazione per smartphonevalutandola come intervento singolo.Tre degli studi esaminavano gli sms co-me intervento primario, ma supportatida una corretta istruzione, in persone nor-mopeso. Invece, gli altri due hanno esa-minato gli effetti dei messaggi di testoall’interno di un intervento più ampio ederano associati ad un determinato pro-gramma di gestione del peso.Tutti gli studi misuravano la soddisfazio-ne dei pazienti o l’accettazione degli in-

terventi, insieme ad altri parametri.Gli outcomes più frequentemente misu-rati sono stati: il cambiamento di peso(57%); l'attività fisica (43%); la variazio-ne dell'indice di Bmi (29%); la variazionedella circonferenza della vita (29%); l'ali-mentazione o dieta aderenza (29%); lavariazione della massa grassa (14%);l'assunzione di bevanda dolcificata conzucchero (14%) e il tempo dello scher-mo (14%).Dei sette studi, cinque hanno riportatorisultati statisticamente significativi in al-meno un outcome.La durata degli studi variava da quattrosettimane a un anno. Solo due studi han-no avuto un periodo più lungo di follow-up.Gli studi sui messaggi di testo varianocon la frequenza di messaggi di testo in-viati durante il periodo di intervento. Il mi-nimo è stato uno a settimana, il mas-simo di una quantità illimitata, che ogni

partecipante poteva ricevere al giorno. Due studi sono stati guidati dal parteci-pante (cioè, il partecipante ha inviato unmessaggio e poi ha ricevuto un rispostaimmediata); altri non hanno permesso aipartecipanti di inviare messaggi. Nessuna relazione è stata osservata traquantità di messaggi di testo ricevuti eil cambiamento nei risultati. Tuttavia, in entrambi gli studi partecipan-te-guidati sono stati riportati risultati sta-tisticamente significativi in almeno unoutcome. I due studi che hanno esaminato i mes-saggi di testo come parte supplemen-tare di un più grande intervento (pro-gramma di perdita di peso) ha riportatorisultati significativi per il peso, Bmi e lacirconferenza addominale evidenziandol’importanza dei messaggi di testo peraiutare la perdita di peso.I tre studi che hanno esaminato i mes-

Figura 1. Descrizione del campione negli anni (Fonte: Pass-Asl Roma A)

Figura 2. Stato nutrizionale del campione negli anni (Fonte: Pass-Asl Roma A)

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saggi di testo come intervento primario,con l’aggiunta di altri elementi (istruzio-ne, incontri di gruppo, ecc.) hanno pro-dotto un outcome significativo in relazio-ne alla perdita di peso. Tutti gli studi hanno misurato la soddi-sfazione degli utenti e l’accettabilità le-gate all’intervento o programma. Due hanno esaminato le differenze disoddisfazione degli utenti tra i program-mi: nessuno studio aveva differenze si-gnificative nel gruppo di telefonia mobilecontro altri gruppi (ad esempio utilizzo digiornali o siti internet). Cinque studi hanno valutato il grado disoddisfazione in termini di percentuali dipartecipanti che raccomandavano gli in-terventi ad amici e parenti per aiutarli araggiungere obiettivi di peso. Questi cin-que studi hanno riportato che oltre il50% dei partecipanti sono stati soddi-sfatti dell’intervento di 1 o più di questecategorie. Due studi hanno esaminato l'uso di unapplicazione per smartphone.Le app, in entrambi i casi, avevano la ca-pacità di registrare apporto calorico gior-naliero, consumo calorico, livelli eserci-zio quotidiano e di dimostrare i risultatiquotidiani. Tra le molte app disponibili, per questolavoro è stata considerata l’applicazioneSmartDiet che ha la capacità di fornire aipartecipanti una dieta sottoforma di gio-co e di costruire un avatar il cui aspettosi modifica con il peso del paziente. L’altra interfaccia smartphone riesce asegnalare come i membri del team sta-vano agendo, a visualizzare risultati dellasquadra avversaria, inviare messaggi epromemoria, e questionari di risposta. La SmartDiet app ha prodotto nei parte-cipanti diminuzioni significative in massagrassa, peso e Bmi.

CONCLUSIONINel 2015, si sono svolte alcune impor-tanti iniziative che hanno evidenziato ilruolo dell’infermiere nella promozionedella salute e nel rispetto di stili di vitasani.La Consociazione nazionale Associazio-ne Infermieri (Cnai), le associazioni ade-renti al Gruppo permanente delleAssociazioni Infermieristiche nazionali

(Gpain), i Collegi Ipasvi della RegioneLombardia, con il sostegno del ComitatoExpo Village 2015, si sono fatti promo-tori di varie iniziative con il logo di Nur-ses4expo (14).Anche il Centro di Eccellenza per la Cul-tura e la Ricerca Infermieristica (Cecri)ha organizzato, a Roma, il IV Workshopinternazionale dedicato al tema della sa-lute alimentare, in linea con gli obiettividell’Expo 2015 di Milano. Il workshop, patrocinato dalla Federazio-ne nazionale dei Collegi Ipasvi, è stato in-serito nel programma Nurses4expo (14).Il ruolo degli infermieri, come quello dimolti professionisti della salute, è fonda-mentale per promuovere la salute e pre-venire, così, le grandi malattie sociali del-la nostra epoca, dall’obesità alle patolo-gie cardiovascolari, dai tumori alle epide-mie più diffuse.Promuovere la ricerca in campo medicoed infermieristico, educando ad una cor-retta alimentazione per favorire nuovistili di vita, significa, quindi, migliorare lavita di milioni di persone per affrontarele difficoltà quotidiane e per vivere unavita di qualità.Il progetto Passi evidenzia il problemadel peso corporeo (obesità) e le fonti bi-bliografiche ci suggeriscono che le nuo-ve tecnologie forniscono un supporto siaal controllo del peso che sulla correttaalimentazione da seguire.Questa breve revisione narrativa dellaletteratura rivela che i messaggi di testoo le app per smartphone hanno un im-patto positivo dei partecipanti e possonoprodurre effetti migliorativi sulla riduzio-ne del peso, circonferenza della vita cosìcome una riduzione del Bmi, della mas-sa grassa, aumento dell'attività fisica, di-minuzione dell’assunzione di bevandezuccherate, e incoraggiare abitudini ali-mentari più sane.Dei quattro studi che hanno misuratocome outcomes la variazione del pesocorporeo, tutti hanno riportato una riduzio-ne statisticamente significativa di pesonei soggetti delle ricerche. Inoltre, tutti glistudi che hanno misurato girovita e Bmihanno dimostrato risultati significativi. Pertanto, i risultati mostrano che il peso,girovita e Bmi possono essere gli outco-mes su cui dovrebbero focalizzarsi i pro-

grammi o gli interventi che utilizzanoquesto tipo di tecnologia. Dalla letteratura da noi consultata ancoranon è chiaro se interventi tecnologici,che agiscono da soli, siano più efficacidi interventi combinati con altri strumen-ti per il cambiamento dei comportamentifinalizzati al miglioramento della salute,come, ad esempio, attività di formazioneo sessioni di gruppo. Tuttavia, sembra che gli interventi dimessaggistica di testo sono efficaci sesupportati da altri metodi o sono incor-porati in un programma già esistente.Non ci sono prove che suggeriscano chei messaggi di testo siano efficaci comeintervento autonomo. In aggiunta, la generalizzazione dei risul-tati degli studi è limitata a causa di cam-pioni di piccole dimensioni, campioniomogenei, mancanza di risultati separatiper maschi e femmine, e sotto rappre-sentazione delle minoranze etniche.Solo uno studio ha riportato un calcolodella potenza per determinare l’oppor-tuna dimensione del campione; quindi,si deve usare cautela quando si interpre-tano i risultati statistici di questi studi. Molti studi non hanno menzionato l'affi-dabilità e la validità degli strumenti han-no usato per misurare i risultati. Un altro fattore importante da conside-rare è la forza delle evidenze risultanti datali studi. Non tutti gli studi sono statitrial randomizzati controllati (RcT’s), in-troducendo potenziali pregiudizi, com-presi bias di selezione del campione ebias di strumenti. Quelli, invece, rando-mizzati controllati avevano limitazioniche dovrebbero essere tenute in consi-derazione nell’esaminare i risultati.Ad esempio, gli studi condotti da Patricket al. (18) e Shapiro et al. (20) avevanoaltri fattori incorporati nel progetto del-l’intervento, oltre alla tecnologia in re-censione in questo articolo. Questi altri fattori comprendevano visitedi persona, chiamate da un operatore sa-nitario, e mailing. Pertanto, non è possi-bile stabilire quale parte dell'intervento hapermesso di conseguire i risultati finali.Va, inoltre, considerato che ci sono ele-vate differenze nelle caratteristiche deipartecipanti che sono stati seguiti neglistudi.

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Sebbene studi randomizzati controllatiforniscano le migliori evidenze scientifi-che da cui trarre conclusioni, i limiti diogni studio vanno considerati. La maggior parte dei trials ha dimostratoun impatto positivo dei messaggi ditesto o app per smartphone come inter-venti per la riduzione dei fattori di rischiocardiovascolare, tra cui l’inattività fisicae sovrappeso/obesità.Questi studi sottolineano come la diffu-sione di interventi preventivi attraversol’utilizzo di tecnologie mobili possa aiu-tare gli operatori sanitari ad avvicinarsimaggiormente all’utente e aiutare que-

st’ultimo a condurre uno stile di vita sa-no che permetta di ridurre l’insorgenzadi malattie espressamente correlate adun’alimentazione scorretta.

AUTORI:Marco Di Muzio, docente di DisciplineInfermieristiche; direttore didattico, CdLMagistrale in Scienze Infermieristicheed Ostetriche, Dipartimento di SanitàPubblica e Malattie Infettive, UniversitàLa Sapienza, Roma;Cecilia Anastasia Esposito, laureata inInfermieristica presso Università La Sa-pienza, Roma;

Roberto Boggi, coordinatore Passi ePassi d’Argento, Asl Roma 1;Massimo Napoli, vice-coordinatorePassi, Asl Roma 1;Adelaide Landi, vice-coordinatore Passid’Argento, Asl Roma 1;Concettina Maria Larcinese, direttore di-dattico, CdL in Infermieristica “J” – AslRoma 1, facoltà di Farmacia e Medicina,Università La Sapienza, Roma.

Gli autori ringraziano il Dipartimento diprevenzione della Asl Roma A che hapermesso di collaborare al progettoPassi.

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BIBLIOGRAFIA

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Interventi non farmacologici nelmiglioramento della qualità di vita deipazienti affetti da morbo di Alzheimer

di Chkairi Mohammed

ABSTRACTQuello della gestione dei sintomi com-portamentali e del miglioramento dellamemoria nei pazienti affetti da Alzhei-mer, rappresenta uno dei temi maggior-mente discussi e affrontati nella lettera-tura, sia per l’incidenza del disturbo cheper le conseguenze negative a livello in-dividuale e interpersonale.Visto il crescente numero di pazienti af-fetti da demenza e vista la mole di effetticollaterali che i farmaci utilizzati per il trat-tamento dei Bpsd (Bheavioural and Psy-chological Symptomps of Dementia) pos-sono determinare, vi è stata, negli ultimianni, una crescente richiesta di interven-ti alternativi ai trattamenti farmacologici. Diverse le terapie complementari utiliz-zate: la Rot (Reality Orientation Therapy),la Music Therapy, l’Occupational Thera-py, la Reminiscence Therapy e la PetTherapy. È proprio su queste ultime dueche si è focalizzata la nostra attenzione,per verificarne l’efficacia nel controllodei sintomi comportamentali e nel mi-glioramento della memoria. Da una ricerca condotta sulle banchedati di Cinhal, Scopus, Pubmed e Co-chrane, sono emersi articoli riguardantil’impiego della Reminiscence Therapy edella Pet Therapy nella gestione dei ma-lati di Alzhemier. La ricerca ha prodottoun totale di 277 articoli, di cui 87 reperitisu PubMed, 189 da Scopus e 1 da Co-

chrane Library.

Parole-chiave: Alzheimer disease, PetsTherapy, Reminiscence Therapy, Qua-lity of Life, Behavioural symptoms.

INTRODUZIONEOggi, una delle conseguenze di unamaggiore longevità della popolazionemondiale è l’aumento dell’incidenza delMorbo di Alzheimer. Si stima che nel mondo circa 36 milionidi persone siano affette da demenza edentro il 2030 si arriverà a contarne circa66 milioni (Lazar, A., Thompson, H., & De-miris, G., 2013): per questo motivo l’Al-zheimer viene definito una vera e propria

“epidemia del Ventunesimo Secolo”. La malattia, o Morbo di Alzheimer, è unapatologia neurodegenerativa che colpi-sce le cellule del cervello causandone illento e progressivo disfacimento. Recenti studi ne associano l’eziologiaalla presenza, nell’encefalo, di placcheamiloidi e ammassi neurofibrillari, ma

non è ancora chiara la causa primaria.Fino a qualche anno fa, il Morbo di Al-zheimer era conosciuto anche con il no-me di “demenza pre-senile”, poiché lafascia di età della popolazione colpita siaggirava intorno ai 65 anni. Oggi, però,sono sempre meno rari i casi di pazientidi età compresa tra i 50 e i 60 anni, tantoda essere considerata una patologia “adesordio precoce”. Progressivamente invalidante, l’Alzhei-mer segue un decorso clinico proprioper ogni paziente, manifestandosi, nellamaggior parte dei casi, con perdita dellamemoria a breve termine, disturbi del-l’umore e afasia.Lievi in un primo momento, i sintomi sifanno, man mano, più evidenti conl’avanzare della malattia, fino a quando ildeclino cognitivo, il disorientamentospazio temporale, i disturbi comporta-mentali e l’incapacità del self-care arri-vano ad interferire con le normali attivitàquotidiane e con le relazioni sociali: perquesto, l’Alzheimer vie-ne considerato,a tutti gli effetti, una patologia terminale(Nordgren, L. & Engström, G.,2014b). Sia per l’importanza concettuale e clinicache per l’elevata incidenza, i sintomi com-portamentali rappresentano un aspettodell'Alzheimer che non può essere igno-rato, ma che, al contrario, deve esseretenuto nella massima considerazione,necessitando di un attento monitoraggio

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e di interventi mirati che si proponganodi assicurare ai malati una qualità di vitaaccettabile in ogni stadio della malattia.In questo ambito, pertanto, si fanno stra-da le terapie complementari che, affian-cate alla tradizionale terapia farmacolo-gica, rappresentano uno strumento effi-cace nel combattere questo disturbo. Leterapie farmacologiche oggi disponibilinon sono però risolutive; i trattamentiutilizzati offrono piccoli benefici e pos-sono solo parzialmente rallentare il de-corso della patologia: antidepressivi, sta-bilizzatori dell'umore, ansiolitici, antipsi-cotici o gli inibitori della colinesterasi so-no i farmaci più utilizzati in questi campo,i quali, tuttavia, possono arrecare seri ef-fetti collaterali. Per questo motivo, negliultimi anni, stiamo assistendo ad un cre-scente interesse per gli interventi nonfarmacologici - o “terapie complementa-ri” - che agiscono sulla sfera cognitiva,relazionale ed emotiva dei pazienti neiquali le funzioni sensoriali non sono si-gnificativamente compromesse e la me-moria remota è ancora parzialmenteconservata (Maji, Gutzmann, Heinz,Lang & Rapp, 2013). Terapie come la Rot, la Memory Training,la Music Therapy, l’Occupational The-rapy, la Reminiscence Therapy e la PetTherapy si pongono come obiettivoquello di ridurre il grado di disabilità, mi-gliorare la qualità di vita e potenziare leresidue funzioni intellettive. La Reminiscence Therapy è uno dei piùpopolari interventi psicosociali per lacura della demenza e consiste nel par-lare di attività, eventi ed esperienze pas-sate servendosi dell’ausilio di fotografieo oggetti familiari, allo scopo di stimo-lare la rievocazione di ricordi.Può prevedere incontri di gruppo o se-dute individuali, a cadenza settimanale,durante le quali la persona è guidata cro-nologicamente nel rivivere esperienzepassate (Lazar, A., Thompson, H., & De-miris,G., 2014). Per Pet Therapy si intende, invece, unaterapia complementare che si servedegli animali per migliorare lo stato emo-tivo dei pazienti in numerosi ambiti assi-stenziali. Condotta da professionisti in possessodi un’adeguata certificazione, essa con-

sta di tre interventi distinti: “Animal-As-sisted Activities” (Aaa); “Animal-Assi-sted Therapy” (Aat) e “Animal AssistedInterventions” (Aai): le tre azioni posso-no rivolgersi ad un singolo paziente op-pure ad un piccolo gruppo e prevedonoil contatto fisico con l’animale che siesplica portandolo a passeggio, giocan-doci e accudendolo. La Pet Therapy sifonda sulla capacità dell’animale di agiresui sintomi fisici, comportamentali e psi-cologici (Bpsd) del paziente: in particola-re, nei pazienti affetti da demenza, agi-scono riducendo stati di ansia, aggressi-vità e agitazione (Swall, A., Ebbeskog, B.,Lundh Hagelin, C., & Fagerberg I., 2015).Numerose sono le specie di animali uti-lizzate in questa pratica: i cavalli, anchea supporto dei bambini down, ma anchegli uccelli, i pesci, i gatti, i delfini. Tuttavia, sono i cani gli animali più fre-quentemente utilizzati, sia per il loro ca-rattere socievole che li rende più gesti-bili, sia per il legame che, da secoli, livede accanto all’uomo (Dimitrijević,2009). Questa ricerca si è focalizzata sulla com-parazione di questi ultimi due interventi(Reminiscence Therapy e Pet Therapy),con il proposito di individuarne l’efficacianel miglioramento e nel controllo dei sin-tomi comportamentali e nella memoriadei pazienti affetti da Morbo di Alzhei-mer.

mATERIALI E mETODILa prima tappa del nostro studio è stata

l’identificazione delle facet analysis sullabase del Pico, che ha consentito di defi-nire la popolazione presa in esame, le ti-pologie di intervento e l’outcome.(Tabella I) La ricerca è stata condotta sulle banchedati di Medline, Scopus, Cinahl e Cho-crane Library.I termini utilizzati per la costruzione dellastringa di ricerca sono stati: “Alzheimerdisease” [MeSH]; “Dementia” [Mesh];

“Alzheimer's Disease”; “Alzheimer Syn-dro- me”; “Animal Assisted Therapy”[Me- sh]; “Animal-Assisted Therapy”;

“Animal-assisted intervention”; “PetsTherap*”; “Reminiscence Therapy”;

“Qua- lity of Life” [Mesh]”; “Behaviouralsymptoms” e “Memories”, correlati permez- zo degli operatori booleani: “or” e

“and”.L’unico limite imposto alla ricerca è sta-to la data dei documenti presi in esame:non antecedenti al 1 gennaio 2004, perconsiderare pubblicazioni non più vec-chie di dieci anni. I criteri di inclusioneed esclusione sono visionabili nella Ta-bella II.

RISULTATILa ricerca ha prodotto un totale di 277articoli, di cui 87 reperiti su PubMed,189 da Scopus e uno da Cochrane Li-brary. La ricerca su Cinahl non ha pro-dotto risultati significativi: 10 articoli nonrispondenti ai criteri di inclusione; non èstato inoltre possibile reperire il full textdell’articolo rinvenuto su Cochrane. La

Pazienti affetti da Morbodi Alzheimer

Miglioramento e controllodei sintomi comportamentalie della memoria

Pet Therapy ReminiscenceTherapy

P OI C

Tabella I. Metodo Pico

C.E. 1 = popolazione affetta da demenzasecondaria a danni cerebrovascolari.

C.I. 1 = pazienti affetti da Morbo di Alzheimer eda forme di demenza lieve, moderata e severa.

C.E. 2 = popolazione affetta da patologiepsichiatriche.

C.I. 2 = Pet Therapy e Reminiscence Therapycombinate con l’utilizzo di farmaci;

C.E.3 = Pet Therapy e ReminiscenceTherapy impiegate in concomitanza conaltre terapie complementari C.E. 4 = articoli non attinenti con l’outcomestabilito nella domanda di ricerca

CRITERI DI ESCLUSIONE

Tabella II. Criteri di inclusione ed esclusione

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ricerca si è, dunque, limitata all’analisidei soli documenti reperiti su Pubmed eScopus. Una prima scrematura è stataeseguita sulla base del solo titolo: 84 ar-ticoli, poi, sono stati selezionati in baseall’abstract e dei 30 rimanenti è stata ef-fettuata un’ulteriore selezione dopo lalettura del testo. Gli articoli presi in con-siderazione ai fini della ricerca sono statiun totale di 18: nove sulla Pet Therapy(di cui cinque Rct, uno studio prospet-tico e tre revisioni della letteratura); novearticoli riguardanti la Reminiscence The-rapy (di cui sei Rct, due studi-pilota euna revisione della letteratura). Tutti i documenti hanno offerto un qua-dro generale della Reminiscence The-rapy e della Pet Therapy e delle rispet-tive applicazioni, per poi focalizzarsi sugliinterventi specifici e sui risultati ottenuti.(Tabella III e IV)

DISCUSSIONECome già accennato, tra i sintomi più co-muni della Malattia di Alzhemier, oltrealla perdita della memoria, vengono an-noverati i Bpsd, ovvero dei sintomi com-portamentali e psicologici che si caratte-rizzano per depressione e stati di ango-scia, ansia e aggressività.Tradizionalmente trattati con farmaci an-tidepressivi, ansiolitici o stabilizzatoridell’umore, soprattutto per l’elevato nu-mero di effetti collaterali, negli ultimianni, per la cura di questi, stanno pren-dendo piede terapie complementari chevanno ad affiancare, se non a sostituire,la terapia tradizionale. Lo scopo della nostra ricerca, è stato diverificare l’efficacia di due terapie nonfarmacologiche - la Reminiscence The-rapy e la Pet Therapy -, nel controllo enel miglioramento della memoria e deisintomi comportamentali: dall’analisi deidocumenti, si è visto che, in realtà, cia-scuno di questi interventi si focalizza suun aspetto specifico della malattia. La Reminiscence Therapy sembra avererisultati efficaci nel recupero e nel con-trollo della memoria a lungo termine. Trai tanti, lo studio di Pöllänen S.H. & Hirsi-mäki, R.M (2014), condotto utilizzandooggetti di uso quotidiano familiari ai pa-zienti, dimostra come questi si siano ri-velati dei trigger utili nella rievocazione

di ricordi passati.Ancora, De Vreese (2012) documental’efficacia di questa terapia nel migliora-mento di competenze e abilità residue,agendo soprattutto sulla memoria esulla comunicazione verbale. Un ulteriore studio dimostra come ope-ratori sanitari, adeguatamente formati,siano in grado di migliorare la qualità divita dei pazienti includendo la Rt nellenormali attività di cura (O’Shea, et al.2014). Il progresso scientifico, inoltre, haconsentito alla Rt di avvalersi di stru-menti teconologici all’avanguardia, utilisia agli operatori, per la pianificazionedegli interventi e la documentazione el’analisi dei dati, sia ai pazienti, poichèconsente loro di interagire con personelontane attraverso l’utilizzo di fotocame-re, video, registrazioni audio e interfacciamultimediali (Lazar, A., Thompson, H. &Demiris, G, 2013). Al contrario, l’unico studio in cui la PetTherapy sembra aver apportato beneficicognitivi, è stato quello condotto da Swallet al. (2015), dal quale è emerso che lacompagnia dei cani è riuscita a stimolarela rievocazione di ricordi, legati soprat-tutto al contatto con gli animali, nel pe-riodo dell’infanzia, in cinque pazienti re-sidenti in una casa di cura svedese. L'idea di affiancare alla tradizionale tera-pia farmacologica la vicinanza di cani oaltri animali con il ruolo di “mediatori emo-zionali” risale al 1960, e ne fu artefice lopsichiatra Boris Levinson, che, per pri-mo, intuì gli effetti benefici degli animalida compagnia sul comportamento deisuoi pazienti. Oggi, questa pratica ha per-so quasi del tutto la sua connotazione

“sperimentale” e, come dimostrano i trearticoli sui nove reperiti, la Svezia risultaessere il Paese più all’avanguardia daquesto punto di vista, essendo il primo adaver introdotto scuole specifiche di for-mazione per istruttori Dai (Dog-AssistedIntervention) (Nordgren et al., 2014b).La Pet Therapy poggia i suoi fondamentisulla straordinaria capacità naturale chehanno gli animali di stimolare amore e si-curezza in chi ha il privilegio di averli ac-canto, sentimenti preziosi per migliorarela qualità dell’umore nei pazienti afflittida disagio psicologico. In entrambi gli studi condotti in Svezia,

la sintomatologia comportamentale ri-sultava essere significativamente miglio-rata, e i pazienti si mostravano più calmie sereni dopo l’incontro con i cani (Swallet al., 2015; Nordgren et al. 2014a).Ancora, lo studio caso-controllo che haconfrontato gli esiti del classico tratta-mento farmacologico con la terapia com-binata con Aat, in pazienti con demenzain stadio avanzato, ha dimostrato l’ot-tima capacità di questa nel controllarestati di agitazione e aggressività (Majić etal., 2013). I cani utilizzati possiedono una certifica-zione riconosciuta da società accreditateche ne attesti la buona salute e il tem-peramento mansueto. Prima di essereintrodotti nei reparti, vengono sottopostia rigidi controlli veterinari e ad un adde-stramento particolare da parte di com-portamentisti animali, che insegnanoloro la condotta adeguata all’ambientenosocomiale e il modo in cui approcciarecon determinati pazienti (Nordgren et al.2014b; Mosello E. et al., 2011). Nonostante ciò, nella sua affermazionecome terapia complementare, la PetTherapy incontra non poche difficoltà:paura da parte dei pazienti e opposizionida parte del personale sanitario, preoc-cupato per la possibile trasmissione diinfezioni o malattie e per l’intralcio alleattività lavorative. Per questi motivi, da un punto di vistapratico, la Reminiscence risulta di piùsemplice attuazione. Va detto, però, che, nonostante i risultatipositivi riscontrati i tutti gli studi, nellamaggior parte di questi, il campionepreso in analisi era costituito da un nu-mero esiguo di pazienti, troppo piccoloper poter estendere i risultati ad una po-polazione più ampia.Inoltre, per stessa ammissione degli au-tori, in quasi tutti gli studi manca un fol-low up a lungo termine: i controlli si so-no limitati al periodo immediatamentesuccessivo all’intervento o per un pe-riodo massimo di un anno, termine oltreil quale non si conoscono i benefici pro-dotti dalle terapie. Nonostante ciò, sia la Reminiscence chela Pet Therapy si sono dimostrate ausilivalidi e graditi ai pazienti nel migliorarnele loro condizioni.

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Tabella III. Reminiscence Therapy - Dati estratti dagli studi

I.Serrani A. Ser-rani A. Serrani A.(2015)

AUTORE/IANNO

A reminiscence pro-gram intervention toimprove the quality oflife of long-term careresidents with Alzhei-mer's disease: a rando-mized controlled trial.

TITOLO

RCT

METODO-LOGIA DIRICERCA

135 pazienti Gruppo di controlloattivo n = 45;gruppo di controllopassivo = 45;gruppo di interventon = 45

CAMPIONE

Pazienti valutati al basale(T0), 12 settimane (T1), e seimesi (T2) dopo l'intervento

TRATTAMENTO/FOLLOW UP

The SocialEngagement Scale (SES) eSelf Riferito qualità della vitaScale (SRQoL)

STRUMENTIDI RACCOLTA

DATI Il test di Wilcoxon ha evidenziatodifferenze significative nel gruppo diintervento tra il T2 e T0, e tra T1 eT0 in SES, e c'erano differenze si-gnificative tra T0 e T1 (effetto inter-vento size = 0,267) e T1 e T2(intervento effect size = 0.450 ) nelSRQoL. I punteggi di regressione lo-gistica univariata ha mostrato che ipredittori di variazione del SRQoLsono stati associati con un minornumero di sintomi di ansia basale eipunteggi di depressione più bassi.

III. Wu, L.F...Koo, M... , (2014)

Randomized controlledtrial of a six-week spiri-tual reminiscence inter-vention on hope, lifesatisfaction, and spiri-tual wellbeing in elderlywith mild and moderatedementia.

RCT 103 pazienti affetti dademenza lieve e mo-derata reclutati in uncentro medico di Taiwan Randomizzazione ca-suale Gruppo di studio(n = 53); gruppo di con-trollo (n = 50)

Follow up eseguito primadell’intervento e dopo 6 set-timane

Herth HopeIndex, Life Sati-sfaction Scale,

“Spirituality Indexof Well-Being”.

Il benessere e lo stato emotivo deipazienti risulta essere notevolmentemigliorato dopo l’intervento di remi-niscenza spirituale.

IV. Sok, S.R... 2015

Effects of individualreminiscence therapyfor older women livingalone.

RCT Studio quasi sperimen-tale con disegno di stu-dio pretest post-test78 pazienti soli in casareclutati attraverso uncampionamento diconvenienza. Sesso:donne; Età media: 65anni; Gruppo di studio(n = 40); Gruppo dicontrollo (n= 38)

Sedute individuali della du-rata di un’ora concadenza settimanale, per 4settimane.

Valutazione dellademenza attra-verso il MiniMental StateExamination

Nel gruppo di intervento sono statirilevati dei miglioramenti nella me-moria a breve termine e nella qua-lità di vita.

II. Lancioni, G.E.,Singh, N.N.,O'-Reilly M. F., Siga-foos, J., D'Amico,F., Ferlisi, G., De-nitto, F., De Van-na, F., Belardinelli,M.O. (2010)

Patients with moderateAlzheimer's disease en-gage in verbal remini-scence with thesupport of a compute-raided program: a pilotstudy.

Studio pilota 16 pazienti

Gruppo diintervento (n=10);gruppo di controllo (n=6)

Con sei pazienti è stata uti-lizzata la versione del soft-ware tradizionale, il gruppodi 10 ha invece usufruito diuna versione modificata checonsente di interagire conl’operatore

La valutazione èstata effettuataper mezzo di unsoftware

In 15 pazienti è stato evidenziato unmiglioramento delle capacità verbalie cognitive

RISULTATI

V. Pöllänen S.H.,& Hirsimäki, R.M., (2014)

Crafts as memory trig-gers in reminiscence: acase study of olderwomen with dementia.

RCT 3 pazienti residenti incase di cura affetti da Alzheimer con diffi-coltà di comunica-zione Sesso: donne Range età: 84 - 87anni

I familiari sono stati intervi-stati per raccogliere informa-zioni sulla vita passata deipazienti. Sulla base dei rac-conti sono stati pianificati itemi degli incontri e sceltideterminati oggetti che fun-gessero da “trigger” per sti-molare dei ricordi.Tre sessioni della durata di55-56 minuti ciascuna.Sessione 1 (8 trigger)Sessione 2 (13 trigger)Sessione 3 (33 trigger) Follow up a 12 mesi

Realizzazione divideo attraversoi quali è statapossibile l’acqui-sizione diespressioni ver-bali e non

L'uso di oggetti di uso quotidianonel passato sono utili per richiamarealla memoria ricordi lontani.

VI. O’Shea, E., Devane, D., Cooney, A., Casey, D., Jordan, F., Hun-ter, A., Murphy, E., Newell, J., Con-nolly, S., andMurphy, K.,(2014)

The impact of remini-scence on the quality oflife of residents withdementia in long-staycare

RCT 304 soggetti con Al-zheimer residenti instrutture per lungo de-genti Gruppo di intervento (n= 153) Gruppo di controllo (n= 151)

Durata intervento: dal 2010al 2011. Operatori sanitari,adeguatamente formati daattraverso un corso di De-mentia Education Program-me Incorporante Remiiscen-ce, hanno incluso la terapiadella reminiscenza durantel’escione delle normali atti-vità assistenziali. Follow up a18 e 22 settimane. Non sonostati indagati gli effetti alungo termine.

Quality of LifeAlzheimer’s Di-sease Instru-ment.

Gli interventi eseguiti da personalesanitario adeguatamente formatodeterminano significativi migliora-menti nella qualità di vita dei pa-zienti.

VII. Van BogaertP., Van Grinsven, R., Tolson, D.,Wouters, K., Engelborghs, S.& Van der Mus-sele, S.(2013)

Effects of SolCos mo-delbased individual re-miniscence on olderadults with mild to mo-derate dementia due toAlzheimer disease: apilot study.

StudioPilota

82 pazienti

Gruppo di intervento (n=41); Gruppo di controllo (n= 41)

6 – 8 sessioni per un perquattro settimane

Mini MentalStateExamination(MMSE); Geriatric Depres-sion Scale (GDS)

Miglioramento dei sintomi depres-sivi e cognitivi

VIII.Lazar, A., Thompson, H., & Demiris , G., (2013)

A systematic review ofthe use of technologyfor reminiscence the-rapy.

Revisionedella lette-ratura

308 studi presi inesame: dal 1996 al 2013

Negli studi analizzati gli inter-venti prevedevano l’uso difotografie o oggetti familiariper stimolare il recupero di ri-cordi

ACM Guide toComputing Lite-rature (gen. 1954- sett. 2013); Pub-Med (gen. 1996 -sett. 2013); Psyc-Info (gen. 1998 -sett. 2013)

La maggior parte degli studi sugge-riscono l’importanza dell’impiegodella tecnologia durante la remini-scence therapy: i pazienti possonobeneficiare di registrazioni audio,video e interfaccia multimediali.

IX. De Vreese, L.P.,Mantesso, U., DeBastiani, E., We-ger, E., Marango-ni, A.C. & Gomie-ro, T. (2012)

“Non pharmacologicalIntervention Procedureson cognition and beha-vior in older adults withintellectual disabilities:A 3year Follow-up Study“.

RCT 14 pazienti Durata dello studio: 3 anni Nel gruppo di intervento il program-ma di Reminiscenza ha determinatoun miglioramento del comporta-mento e delle abilità residue.

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I. Swall A. , Ebbe-skog B,Lundh Hage-lin C... & Fagerberg I (2014)

AUTORE/IANNO

Can therapy dogsevoke awareness ofone's past and pre-sent life in personswith Alzheimer'sdisease?

TITOLO

Studio osservazio-nale

METODO-LOGIA DIRICERCA

5 pazienti residenti in casa dicura svedese con AD ad uno sta-dio mediograve (MMSE = 1-17p).Range di età: 89-95 anni. Sesso:4 donne e 1 uomo. Criteri di in-clusione: diagnosi di AD, assenzadi precedenti visite di animali;Criteri di esclusione: reazioni ne-gative al contatto con il cane

CAMPIONE

Incontri con i cani effettuatiuna volta a settimana per 10settimane. Video visionati ed analizzati altermine di ogni sessione.

TRATTAMENTO/FOLLOW UP

Realizzazione di video attra-verso i quali èstata possibilel’acquisizione diespressioniverbali e non

STRUMENTIDI RACCOLTA

DATI I pazienti si sono mostratipiù sereni e calmi dopol’incontro con gli animali. Ilcontatto ha stimolato la rie-vocazione di ricordi legatial periodo dell’infanzia.

III. MajićT.,GutzmannH..., Heinz A,Lang U.E. & Rapp M.A.(2013)

Animal-assisted the-rapy and agitationand depression innursing home resi-dents with demen-tia: matchedcasecontrol trial.

Studio casocontrollo

65 pazienti reclutati in 8 case dicura.Gruppo di intervento: 30;gruppo di controllo 35 Età media: 82 anni Sesso: 47 uomini, 18 donne

Trattamento con terapia farma-cologica e AAT comparata alsolo uso di farmaci (antipsico-tici, benzodiazepine, antidepres-sivi) per 10 settimane. Valuta-zione eseguita quattro setima-ne prima dello studio e dopo ilcompletamento di questo

Demenza Mood AssessmentScale e Cohen-Mansfield Agitation Inven-tory

Nel gruppo di controllo iBPSD sono aumentati, ri-spetto al gruppo di studioper cui sono rimasti inva-riati: aggressività: p <0,05;depressione p <0.001.

II. NordgrenL.... & EngströmG... (2014b)

Effects of dogassi-sted interven tion onbehavioural and psy-chological symptoms of dementia

Studio quasisperimen-tale condisegno distudiopre-test /post-test

Campionamento mirato condot-to da marzo 2011 ad agosto 201233 pazienti residenti in 8 case dicura svedesi affetti da demenzadi grado moderatamente grave(MMSE 10-14) e severa (MMSE<10); Gruppo di intervento: 20,gruppo di controllo 13; Range dietà: gruppo di intervento: 63-91anni; gruppo di controllo: 71- 94anni. Sesso: gruppo di interven-to: 8 uomini, 12 donne; gruppodi controllo: 3 uomini, 10 donne;

Trattamento eseguito sullabase di un protocollo indivi-duale creato in base alle esi-genze dei singoli artecipanti:camminare, giocare, accarez-zare, spazzolare l’animale.Ogni protocollo ha previsto 10sedute della durata di 45 - 60minuti ciascuna. I dati sonostati raccolti in tre momenti: almomento basale, al termine diogni sessione, 3 mesi dopo iltermine dell’intevento;

Cohen-Mansfield Agitation (CMAI)e il Multi-Dimen-sional DementiaAssessment Scale (MDDAS);

Punteggi della CMAI ) edella (MDDAS) risultano di-minuiti rispetto al gruppo dicontrollo, in cui invecesono rimasti invariati(CMAI da 18,5 a 15.3;MDDAS da 15,3 e 13,5)

RISULTATI

V. Moretti, F., De Ronchi, D., Bernabei, V., Marchetti, L., Ferrari, B., Forlani, C., Negretti, F., Sacchetti, C.& Atti A. (2009)

Pet therapy in el-derly patients withmental illness

Studio quasisperimen-tale

21 pazienti affetti da demenza re-sidenti in una casa di cura di Bo-logna. Gruppo di intervento: 10;gruppo di controllo 11. Età media84 anni. Sesso: gruppo di inter-vento: 9 donne, 1 uomo; gruppodi controllo: 11 donne; Criteri diinclusione: età >65 anni; istitu-ziona- lizzazione per un periodo dialmeno 2 mesi; affetti da Alzhei-mer, demenza, disturbi dell’umo-re; Criteri di esclusione: impossi-bilità di interagire con il personaleper deficit fisici (sordo, cieco)

Pet Therapy effettuata unavolta a settimana per 6 setti-mane. Ogni incontro, della du-rata di 90 minuti, prevedeva ilcontatto dei cani con gli appar-tenenti al grup-po di inter-vento: alle donne facentiparte del gruppo di control- loera consentito vedere gli ani-mali, ma non interagire conloro. Dati raccolti prima dell’in-tervento (T0) e al terminedelle sei settimane (T1)

La valutazione deidati è stata effet-tuata per mezzodel MMSE e della Geriatric Depres-sion Scale – GDS,insieme con unquestionario sullapercezione dellaqualità di vita.

Riduzione del 50% dei sin-tomi depressivi a sei setti-mane dall’AAT;Miglioramento della qualitàdi vita riferito dalla maggiorparte dei partecipanti

VI. Mossello,E., Ridolfi, AMello, A., Lo-renzini, G., Mugnai, F., Piccini, C., Barone, D., Peruzzi, A., Masotti, G. &Marchionni N.(2011)

Animal-assisted ac-tivity and emotionalstatus of patientswith Alzheimer’s di-sease in day care

Studioesplorativonon rando-mizzato

10 pazienti con deficit cognitivograve Range di età: 69 – 85 anni Sesso: 4 femmine; 6 maschi

Terapia eseguita due settima-ne con cani di pelouche CA etre settimane con AAA. Ognisessione della durata d 100minuti tre volte alla settimana,dalle ore 10 alle ore 12 circa.Ogni sessione, guidata dallostesso operatore, prevedeva ilcontatto con il pelouche o nu-trire, spazzolare, portare aspasso l’animale. Dati raccoltidurante ogni sessione

Valutazione cogni-tiva eseguita al ba-sale e al terminedi ogni sessionemediante: CSDD,BPSD, NPI, CMAI,OERS, ABMI

I pazienti hanno tratto bene-ficio dal contatto tattile conl’animale: i punteggi dellacognizione e NPI sono rima-sti invariati ; l’ansia è dimi-nuita (CA 3.1 2.3, AAA 1.52.7, p= 0,04) così come latristezza diminuita (p=0,002);Piacere e vigilanza aumen-tati: (p= 0.016) e (p = 0.003)tre ore (p = 0,002 ). Attivitàmotoria aumentata signifi-cativamente durante AAA.

VII. Filan, SL., & Llewellyn, RH. (2006)

Animal-assisted the-rapy for dementia: areview of the litera-ture

Revisionedella lettera-tura

13 articoli esaminati L’AAAT può essere eseguitain gruppo o individualmente eprevede l’utilizzo di animali do-mestici.

Medline, Psy-chInfo e CINAHLbanche dati (1960-2005)

La letteratura corrente sug-gerisce che l’AAT con i caniha un effetto calmante e disocializzazione, tuttavia i be-nefici a lungo termine deb-bono ancora essere indagati.

VIII. Bernabei, V., De Ronchi, D. & La Ferla, T. (2013)

AnimalAssisted Inter-ventions for elderlypatients affeccted bydementia or psychia-tric disorders: a review

Revisionedella lettera-tura

18 articoli esaminati Pubmed, PsycInfo,Embase, NationalLibrary of Medi-cine & National Institutes of Healt

La AAt determina postivi suiBPSD, la cui durata, tuttavia,è ancora sconosciuta.

IX. DimitrijevićI. (2009)

Animal-assisted the-rapy – a new trendin the treatment ofchildren and addults

Revisionedella lettera-tura

24 articoli: dal 1988 al 2006 L’AAT induce cambiamentipositivi non solo sull’umoredel paziente, migliorandonela concentrazione, l’ansia ela solitudine, ma incideanche sulle abilità motorie

IV. Nordgren L., & En-gström G. (2014a)

AnimalAssisted In-tervention in De-mentia: Effects on Qualityof Life

Studio pilotacon disegnodi studiopre-test /post-test

Campionamento da marzo 2011a ottobre 2011. 20 pazienti affet-ti da demenza residenti in 4 casedi cura svedesi. MMSE: tre par-tecipanti demenza di grado lieve(range 21-26), sette demenzamoderata (range 12-17), 10 de-menza grave (range 0-9); Rangedi età: 58-88 anni; Sesso: 12donne, 8 uomini; Post-testcondotto su 9 pazienti: 4 parteci-panti deceduti prima del comple-tamento dello studio, 4 trasferitiin altre case di cura, 3 questio-nari non sono stati compilati dalpersonale infermieristico.

10 incontri effettuati una odue volte la settimana, delladurata di 45-60 minuti cia-scuno

Raccolta dati eseguita primadello studio e al termine diesso.

Comportamenti estati emotivi deipazienti valutatinel pre-test e nelpost-test da partedel personale in-fermieristico attra-verso il QUALID: questionario pro-gettato per la valu-tazione deipazienti istituzio-nalizzati con de-menza in faseavanzata

Una settimana dopo il ter-mine dello studio, il QoLdei partecipanti risultavamigliorato (QUALID: p = 0.35)

Tabella IV. Pet Therapy - Dati estratti dagli studi51

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CONCLUSIONIStando a quanto emerso dal vaglio deidocumenti, si può concludere che sia laReminiscence che la Pet Therapy rap-presentano promettenti alternative perla gestione dei Bpsd.Tuttavia, gli studi in merito all’efficacia diquesti interventi risultano essere ancoratroppo pochi e condotti su campionitroppo limitati. I motivi sono forse da ri-cercare nello scetticismo che, ogni volta,manifestano non solo i pazienti, ma gli

stessi operatori sanitari, ancora oggitroppo legati ad una visone “farmacolo-gica” delle cure. Sarebbe bene, invece,aprirsi a nuovi orizzonti e consentire allaricerca di spaziare su altre vie oltre aquella farmacologica: gli interventi alter-nativi andrebbero incentivati, non soloperché meno dispendiosi, ma soprat-tutto perché privi di effetti collaterali, evi-tando così l’abuso di farmaci psicoticispesso fin troppo utilizzati.

AUTORE:Chkairi Mohammed, infermiere e coor-dinatore infermieristico in una clinica pri-vata di Roma; master in “Coordinamen-to in management infermieristico”; stu-dente magistrale in Scienze Infermieri-stiche ed Ostetriche, Università di TorVergata, Roma.

BIBLIOGRAFIA

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Il ruolo dell'infermiere comeeducatore terapeutico nelmiglioramento della qualità di vita del paziente con microinfusoredi Alice Di Luigi

ABSTRACTEsistono diversi approcci educazionali alpaziente diabetico e, più in generale, allepatologie croniche, ma il Disease Mana-gement è sicuramente il sistema più ef-ficace. Si tratta di un approccio sistemi-co, basato sull'evidenza, che prevede ilcoinvolgimento di tutti gli operatori sani-tari per la presa in carico dei bisognicomplessi del paziente, non solo dei bi-sogni di tipo clinico e/o diagnostico-assi-stenziale, ma anche di quelli relativi alconcetto di “qualità di vita”, secondo lelinee di salute globale indicate dall'Oms. Quest'approccio si basa su un insieme diinterventi rivolti al paziente che lo porti-no alla conoscenza della propria malattia. È stato condotto uno studio prospettico(della durata di 10 mesi), su un campio-ne di 25 pazienti: 48% donne e 52% uo-mini, con diabete mellito Tipo 1 e porta-tori di microinfusore. Lo scopo è stato di valutare, tramite unapposito questionario e parametri clinici,il miglioramento della qualità di vita e delcompenso metabolico grazie agli inter-venti di educazione terapeutica.I parametri utilizzati sono stati valutati intre tempi per osservarne l'evoluzione. I grafici ricavati mostrano un migliora-mento dei parametri presi in esame, ri-spetto i valori del baseline.

Parole-chiave: educazione terapeutica;qualità di vita; microinfusore; diabetemellito Tipo 1; infermiere educatore.

INTRODUZIONEIl diabete è una malattia cronica caratte-rizzata dall'aumento della concentrazio-ne di glucosio nel sangue, causata da undifetto assoluto o relativo di insulina. Inparticolare, il diabete mellito Tipo 1 è unacondizione che si manifesta con una sop-pressa, o fortemente ridotta, produzionedi insulina, a causa di una distruzione del-le cellule β da parte del sistema immu-nitario. Si tratta di una condizione irrever-sibile, pertanto, il paziente al quale vienediagnosticato, deve necessariamenteassumere dosi di insulina esogena. Gli interventi rivolti alla gestione del dia-bete sono sia farmacologici che educativi. Secondo l'Oms, l'educazione terapeu-tica è: “un aiuto ai pazienti ad acquisiree conservare le competenze necessarieper gestire al meglio la loro vita di malaticronici”. Un processo continuo, centratosul paziente e basato su un ascolto atti-vo e una comunicazione tra pari. Essendo il diabete una condizione che siinserisce nella vita della persona travol-gendola nella sua totalità, l'infermiere haun ruolo molto importante, poiché è coluiche è capace di instaurare, con il pazien-te, una relazione empatica e fiduciaria. L'aspetto educazionale dell'assistenzainfermieristica è di fondamentale impor-tanza, tanto che viene introdotto già dal-le prime teoriche del nursing. Dorotea Orem, nella sua teoria del self-care, afferma che l'infermiere deve utiliz-zare il proprio sapere non solo per com-

pensare totalmente il paziente, ma percondividerlo, aumentando, in questo mo-do, la conoscenza riguardo la malattia, lagestione della stessa e la qualità di vita.

mATERIALI E mETODI Per questo studio, è stata condotta unaricerca prospettica attraverso cui si è evi-denziato un miglioramento dei parametripresi in esame. Il campione di indaginecomprende 25 pazienti affetti da diabetemellito Tipo 1 e portatori di microinfu-sore: 48% donne e 52% uomini, di etàmedia di 48 anni. Sono stati esclusi dallostudio pazienti pediatrici, donne in gravi-danza e pazienti in trattamento con inie-zioni multiple giornaliere.Lo studio ha avuto una durata di 10 mesie si è svolto presso l'ospedale ReginaApostolorum di Albano Laziale, nel re-parto di Endocrinologia.I parametri presi in esame sono stati:BMI, HbA1c, Colesterolo e trigliceridi e

“qualità di vita”. (Tabella 1) Quest'ultima è stata valutata tramite

Tabella 1

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l'utilizzo del questionario SF-36 che com-prende diversi domini di salute: funzionefisica, limitazioni dovute alla salute fisicae psichica, dolore, stato di salute gene-rale, vitalità, attività sociale, benessereemotivo. L'utilizzo di questo questionariopermette una valutazione globale dellostato di salute. Il questionario è compo-sto di 36 domande alle quali è assegnatoun punteggio minimo di zero (0) e mas-simo di cento (100). Lo studio ha avuto come obiettivo quellodi valutare il miglioramento dei dati presiin esame tramite la partecipazione deipazienti ad incontri educativi organizzati,pianificati e svolti da personale infermie-ristico in collaborazione con medici dia-betologi. Gli interventi educativi hanno avuto co-me oggetto argomenti quali: alimenta-zione, terapia insulinica, boli correttivi evita quotidiana. I dati di laboratorio come Emoglobina gli-cata, colesterolo e trigliceridi sono stativalutati in tre tempi durante lo studio at-traverso esami ematici effettuati duranteil follow-up.I parametri antropometrici, Bmi, altezzae peso sono stati valutati tramite l'utilizzodi statimetro e bilancia, durante gli incon-tri ambulatoriali.

RISULTATII dati emersi dal questionario e dagli esa-mi di laboratorio sono stati trattati man-tenendo l'anonimato e valutando l'esitodell'intervento grazie ai risultati estrattied analizzati tramite l'aiuto dei grafici.Dall'analisi dei dati:qualità di vita: dai questionari compilatidai pazienti partecipanti allo studio, èemerso un miglioramento della qualitàdi vita grazie ad un aumento delle cono-scenze e all'a-cquisizione di maggiore si-curezza ed autonomia nella gestione deldiabete. Dopo gli interventi educativi, la qualità divita è aumentata del 10%, rispetto alprecedente punteggio. (Grafico 1)Dati antropometrici: iBMI ha ottenutouna riduzione dell'1,44% rispetto ai valoriiniziali ed il 56% dei partecipanti ha rag-giunto valori rientranti nella categoria

“normopeso”. (Grafico 2)Dati di laboratorio: l'emoglobina glicata,

Grafico 1

Grafico 2

Grafico 3

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in media, ha subito un miglioramentodello 0,8%, rispetto il valore basale rile-vato all'inizio dello studio. I pazienti rien-tranti nei target di normalità al terminedella ricerca sono il 36%, in confrontoall'8% iniziale. (Grafico 3)Il colesterolo ha raggiunto una riduzionepercentuale del 13,5%. Al termine dellostudio risulta che l'84% dei partecipantirientra nei valori target del colesterolo.(Grafico 4)I valori dei trigliceridi hanno subito unadiminuzione del 25,3% rispetto i valoridel baseline. (Grafico 5)

CONCLUSIONISulla base di ciò che è emerso dall'ela-borazione dei dati, si può constatare l'im-portanza della educazione terapeuticanel trattamento dei pazienti cronici. Leinformazioni e la formazione trasmes-seal paziente hanno reso il paziente sem-pre meno “malato” e sempre più unapersona, anche se con qualche disagio. I risultati raggiunti sono: ・ soddisfacente miglioramento dellaqualità di vita;・ una buona riduzione di HbA1c, cole-sterolo e trigliceridi;・ riduzione del peso corporeo e rispet-tivo BMI.A tutto ciò consegue una riduzione deiricoveri ospedalieri e dei rispettivi costi,della richiesta di assistenza professio-nale (visto l'aumento dell'autonomia delpaziente) e la riduzione delle complican-ze e scompensi metabolici.L'educazione si è, quindi, dimostrata ilcardine del trattamento e l'assistenzadei pazienti cronici: importante per il pa-

ziente perché aumenta la propria re-sponsabilità e l'indipendenza (rendendo-lo parte attiva del percorso di cura) e fon-damentale per la sanità perché riduce icosti e le spese, le ospedalizzazioni e la

richiesta di assistenza specialistica.

AUTORE:Alice Di Luigi, infermiera presso Croy-don University Hospital, London, UK.

The World Health Report, Conquering Suffering, Enriching Humanity. WHO, 1997.Therapeutic Patient Education, Continuing Education Programmes for Healthcare providers in the field of Prevention of chronic disease. WHO, 1998.D.M. 14 Settembre 1994 n.739, Profilo professionale dell'infermiere.American Diabetes Association, Executive summary: Standards of medical care in diabetes 2014. Diabetes Care, vol. XXXVII, supplement I. January 2014.Nathan D.M, Davidson M.B, Heine R.J, Henry R.R, Pratley R, Zinman B, Impaired fasting glucose and impaired glucose tolerance. Implications forcare. Diabetes Care, vol XXX, n. 3. March 2007.Abbreviated Report of a Who Consultation, Use of glycated haemoglobin (HbA1c) in the diagnosis of diabetes mellitus. 2011.Gruppo di studio ADI-AMD-SID, Nutrizione e diabete. Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014. 2013-2014.Diabetes control and complications trial (Dcct), Results of feasibility study. Diabetes care, vol X n.I. January-february, 1987.Epidemiology of diabetes interventions and complications (Edic), Design, implementation, and preliminary results of a long-term follow-up of the dia-betes control and complications trial cohort.Dcct and Edic, The diabetes control and complications Trial and Follow-up Study. Nih Publication N. 08–3874. May 2008.

BIBLIOGRAFIA

Grafico 4

Grafico 5

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Competenze psicorelazionalinel contesto domiciliare e nei contesti organizzatividi Teresa De Paola, Calogera Tavormina

La continuità della cura e dell’assistenzadeve essere garantita in tutti i percorsiche i pazienti gravi e complessi devonoaffrontare quotidianamente e che risul-tano sempre più frammentati a causadelle competenze multidisciplinari oggiesistenti (Gobbi P., 2011). Il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013indica la continuità delle cure come mo-dello assistenziale indispensabile al Si-stema Sanitario Nazionale (Ssn) ed è unodei numerosi principi sostenuti dal WorldHealth Organization (Who) nei diversi do-cumenti sullo sviluppo dell’AssistenzaSanitaria Primaria (Asp) e della sua inte-grazione con l’assistenza ospedaliera. Nella continuità di cura e assistenza so-no inclusi aspetti organizzativi, clinico-as-sistenziali e relazionali che devono farparte del “bagaglio professionale” deglioperatori sanitari e socio-assistenziali(Iandolo C., 1989). Si tratta di competenze relative all’ap-proccio bio-psico-sociale del lavorod’equipe e della partecipazione al pro-cesso di cura dei pazienti e della loro fa-miglia, aspetti, da molti anni, indicati dalWho per affrontare i bisogni multidimen-sionali di salute dei pazienti gravi e com-plessi.Lo sviluppo di queste competenze ri-chiede una formazione secondo il mo-dello “Long Life Learning” (pre e post-laurea, continua) i cui risultati possonoessere ottenuti a breve (eventi Ecm),medio e lungo termine.Nella continuità di cura riveste un ruolofondamentale l’assistenza domiciliareovvero, secondo la definizione data dal

ministero della Salute: “un servizio com-preso nei Livelli Essenziali di Assistenza(Lea) in grado di garantire una adeguatacontinuità di risposta sul territorio ai bi-sogni di salute, anche complessi, dellepersone non autosufficienti, anche an-ziane, e dei disabili ai fini della gestionedella cronicità e della prevenzione delladisabilità” (DPCM, 2001). L’Assistenza Domiciliare (Ad) è un mo-dello di Assistenza Sanitaria Primaria(Asp), ampiamente sviluppata dal Whoed indicata come “strategia appropriataa rispondere ai bisogni primari della po-polazione ad un costo sostenibile per ilSsn”. Il primo momento, sicuramente il più im-portante, è la visita domiciliare, ovveroun intervento articolato e complesso,nel quale possono confluire aspetti di-versi, all’interno di un’eleggibilità diagno-stica che vede preferenziale l’interventorivolto a pazienti affetti da disturbo psi-chiatrico grave. La malattia psichiatricagrave e/o cronica si associa a disagi in-dicativi per la salute e di lunga durata,comporta inoltre problemi sociali, nonsolo per il paziente ma anche per tuttala famiglia (Florenzano F, 2003). Nel pia-no di cura deve essere prevista l’eroga-zione di supporto, di informazione e diconsulenza a coloro che assistono diret-tamente il paziente, i cosiddetti caregi-ver (Gobbi P, 2011).Dall’analisi della letteratura si evidenzial’efficacia delle prestazioni a domicilio ef-fettuate da operatori con giusta forma-zione teorica ed esperienziale, che hauna ricaduta positiva sull’andamento

della malattia, sulla qualità di vita del-l’utente e della sua famiglia. In particolare, l’efficacia avviene attra-verso la costruzione di un progetto tera-peutico personalizzato (Pti) e l’utilizzo diappositi strumenti di valutazione (ad es.Scala HoNOS, Stay 1-2, PWB). L'assistenza domiciliare è comprensivadi diverse tipologie e livelli di assistenza,diversificati in base:alla loro maggiore o minore intensità as-sistenziale;al numero e alla specifica competenzaprofessionale degli operatori coinvolti;al profilo della persona a cui si rivolgono;alla modalità di lavoro degli operatori;al livello operativo territoriale e integratocoinvolto.Nel trattare utenti con disagio psichico,l'ascolto e il supporto relazionale sonofondamentali per instaurare un’attività diaiuto che si affianchi anche ad una curafarmacologica preesistente. Fornendo un intervento di elevata com-plessità, l’operatore dovrà rispondereadeguatamente ai bisogni assistenzialipeculiari e specifici dell’utenza, in auto-nomia e/o collaborazione con le altre fi-gure coinvolte, in stretto raccordo con lapropria equipe multidisciplinare.L'operatore, molto spesso, si trova a di-retto contatto con la malattia e con i pro-blemi dell’utente, senza nessun filtro,poiché è la relazione il vero tramite perstabilire e far durare il rapporto opera-tore/utente, che permette di parteci-pare, in modo empatico, al processointerattivo con la mente del paziente edi suoi vissuti affettivi ed emotivi.

L’ESPERIENZA

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La Peplau (1994) identifica quattro fasinel rapporto infermiere-paziente, ognu-na delle quali segna un’evoluzione nellarelazione infermiere-paziente. Sono:Orientamentoidentificazionesfruttamentorisoluzione.Mentre le prime due fasi - orientamentoed identificazione - sono mirate alla co-noscenza, all’individuazione e alla com-prensione del problema di salute del pa-ziente, le ultime due impegnano e coin-volgono l’infermiere nell’affrontarlo e ri-solverlo (Vellone E., Piras G., 1997). Per evitare il rischio che il coinvolgimen-to divenga eccessivo o deleterio e che ilpersonale possa incorrere nella sindro-me da burn out (Favretto G., Albertini C.G., Sartori R. et all., 2009) è necessarioche l'operatore non lavori in solitudine,ma sia affiancato dalla propria equipecon cui coordinare e valutare il processodi cura. Questo è tanto più importante quandosi parla di assistenza domiciliare a pa-zienti con disagi psichici: la vicinanza ela costruzione della relazione, mettonol’operatore a dura prova, perché sono ri-chieste delle competenze relazionaliestremamente sofisticate basate suflessibilità e professionalità, tenendoconto che deve svolgere la sua attivitàin un ambiente estraneo e, a volte, ostilee che deve effettuare un intervento al-l'interno della sfera personale e delle di-namiche familiari. Si tratta di una situa-zione fortemente ansiogena che può ge-nerare nell'operatore reazioni di difesa,disimpegno o evitamento, oppure com-portamenti aggressivi, atteggiamenti in-trusivi e sanzionatori (Favretto G., Alber-tini C. G., Sartori R. et all., 2009). In molti casi, egli rimane invischiato nel-le dinamiche del sistema familiare e ciòrischia di compromettere il suo interven-to. Nell’Ad è importante considerare nonsoltanto l’entità dei disagi dell’utente edei suoi familiari, ma focalizzare l’atten-zione sulle difficoltà psicologiche a cuil’operatore va incontro nello svolgimen-to della sua attività lavorativa, caratteriz-zata da una tensione emozionale dovutaal continuo contatto con persone chehanno problemi o motivi di sofferenza.

La letteratura ha evidenziato, infatti, chela qualità della comunicazione e della re-lazione fra personale sanitario e pazienteha un impatto rilevante sulla soddisfazio-ne del paziente e sulla sua aderenza alProgetto Terapeutico Individuale (Pti). L’approccio comunicativo centrato sulpaziente è un importante strumento delsistema di cura, poiché favorisce il con-seguimento degli obiettivi terapeutici egarantisce la soddisfazione del pazientee dei familiari rispetto alla qualità dell’as-sistenza.Un “approccio terapeutico completo”implica che, tra personale curante e pa-ziente, si stabilisca una vera e propria al-leanza terapeutica (Lingiardi V., 2002). Lanon compliance (mancata adesione delpaziente alle prescrizioni/indicazioni daparte del terapeuta) costituisce un indi-catore di problematicità nella relazionetra operatore/paziente, producendo, nelpaziente, inefficacia delle cure e nel per-sonale sanitario maggior dispendio ditempo, risorse ed energie, minore grati-ficazione professionale, demotivazioneche generano un aumento dei costi a ca-rico della collettività e risultati meno at-tendibili per la ricerca scientifica. Al fine di migliorare la compliance del pa-ziente al trattamento non basta, quindi,una prescrizione al trattamento ben im-postata: è necessario che l’operatoreabbia capacità di ascolto attivo, atteggia-mento non autoritario, considerazione,attenzione, rispetto per le opinioni, i bi-sogni e le aspettative del paziente. Il rapporto operatore/utente, insieme al-le competenze diagnostiche e terapeu-tiche, concorre a determinare un’otti-mizzazione dell’efficacia e dell’efficienzadell’intervento, in termini di risposta cli-nica e soddisfazione del paziente, con ilminore dispendio di tempo e di energieda parte del terapeuta. L’ascolto, la di-sponibilità, il “come esserci”, fisicamen-te e psicologicamente (Bolognini S.,2002), ne rappresentano la cornice al cuiinterno troviamo:l’empatia e l’identificazione con il pa-ziente;l’apertura e la flessibilità; la capacità di operare scelte difficili; il saper rassicurare e contenere le paure.Empatia: ascoltare il punto di vista del-

l’interlocutore in modo non critico o va-lutativo. La posizione mentale “empatica” devevenire sia dall’operatore che dal pazien-te. Per il secondo, è importante l’atteg-giamento empatico di chi lo cura, perchésentirsi compreso lo aiuta a gestire me-glio stati d’animo quali spavento e con-fusione generati dalla patologia. Perl’operatore è essenziale, perché lo aiutaa comprendere meglio il paziente ed isuoi problemi, ansie e vissuti (Rubino G,Barker C, Roth T & Fearon P, 2000).Controllo: rappresenta un sottile e po-tente fattore di comunicazione. Attraver-so la comunicazione le due persone chesono in rapporto possono verificare chiè in “controllo”, cioè chi è più capace diinfluenzare la relazione in una certa si-tuazione. Superata la tradizionale struttu-ra autocratica, attraverso i progressi av-venuti in ambito comunicativo si sonoaperti ampi spazi alla partecipazione delpaziente e della famiglia al progetto te-rapeutico. Molti studiosi affermano chei pazienti non hanno bisogno di control-lare in maniera effettiva, ma hanno la ne-cessità di sentire che la loro condizionesia controllata, la patologia gestita equello che li circonda non sia caotico maordinato.Apertura: un processo attraverso cui unindividuo comunica le sue sensazioni,sentimenti, necessità. L’apertura nei con-fronti dell’altro provoca una sorta di libe-razione dalle tensioni emozionali ed an-sie spesso legate alla patologia e deter-mina un abbassamento del livello emo-zionale che permette al paziente una mi-gliore soluzione dei problemi ed una va-lutazione meno ansiosa della propria si-tuazione clinica. L’apertura non è maispontanea e non avviene con facilità maè strettamente correlata allo stato d’ani-mo e alla predisposizione dell’interlocu-tore. Proprio per questo, è necessario sta-bilire un contesto di empatia, di ascoltoe di sincero interesse (Lingiardi V., 2002).Sentirsi parte di un gruppo di lavoro per-mette di sollevare il singolo operatoredal senso di solitudine e di modulare l’in-tensità delle angosce e delle emozioniprovocate in lui dal paziente (Carozza P.,2014). Il sentimento di introiezione di farparte di un’equipe di lavoro vitale per-

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mette al singolo operatore di sopportaremeglio le tensioni emotive ed è il gruppostesso che si offre al paziente come unaspecie di prisma su cui può proiettare letensioni impulsive e dirompenti che ven-gono così infrante e diluite. Olivenstein(2001) chiama questo momento di grup-po “tutti sul ponte”. Il riconoscimentodel paziente nella sua dignità di persona(Iandolo C., 1979) è un altro punto cru-ciale nel processo di comunicazione.Questi pazienti sono assolutamente di-sabituati a sentirsi considerati come per-sone degne di rispetto e a trattarsi inquanto tali. Al contempo, hanno svilup-pato una sensibilità estrema per qual-siasi forma di disconferma nei loro con-fronti verbale o non verbale (SantiroccoE., 2005). Le conferme, il riconoscimen-to permette loro di affermare: “io esi-sto” e questa è la base, il punto di par-tenza per conquistare la fiducia di un pa-ziente. Quella che ha una valenza impor-tantissima in ambito sanitario e, a mag-gior ragione, in un contesto così pecu-liare dato che il paziente si sente parti-colarmente inerme, vulnerabile e biso-gnoso di supporto (Manciocchi R., PieriP. F., Ruberto A., 2015). Una volta acqui-sita la sua fiducia (talvolta, possono es-sere necessari mesi di lavoro), è possi-bile che si crei un rapporto di supportoreciproco che riduce al minimo la comu-nicazione difensiva o chiusa. Ovviamen-te, ascoltare l’altro, giungere insieme aduna scelta, non può voler dire rinunciarealle proprie funzioni di leadership. Lacompetenza emotivo-relazionale è unostrumento di lavoro che si acquisiscecon esperienza e formazione.L’insoddisfazione, la frustrazione, la sen-sazione di non essere capiti e di non ca-pire, il senso d’impotenza, i momenti incui ci si chiede: “ma cosa posso farecon uno così?”.In queste situazioni saper gestire le pro-prie emozioni e applicare le proprie abi-lità comunicative, può essere importan-te sia per il paziente, che ha maggioripossibilità di ricevere aiuto sia lo stessooperatore, per il suo benessere mentalee emotivo.L’area relazionale è quella che più di ognialtra contribuisce a definire “il clima”,“l’aria che si respira” in un determinato

contesto lavorativo (Borgogni L, PetittaL, 2003; Consiglio C, 2007) Permea ognifase - formale e informale - della vita del-le organizzazioni favorendo o meno at-teggiamenti collaborativi e responsabilitra gli operatori (Barone M, Fontana A,2005).Occuparsi dell’area relazionale significaoccuparsi di prevenzione del malesseresoggettivo ed organizzativo, prevenireespressioni di disagio, impedire males-seri che trovano spesso nella somatizza-zione l’espressione più evidente. Quellarelazionale è l’area del cuore, dei desi-deri, dei valori, delle percezioni, dellemotivazioni, dei timori di ognuno, ma an-che l’area che fa pensare al vero benes-sere.Ecco perchè la nostra salute, il nostrobenessere sono così strettamente con-nessi al contesto relazionale.La quantità e la qualità delle nostre rela-zioni con gli altri sono tra i fattori che piùincidono, in maniera positiva o negativa,sulla qualità della vita poiché influenzanola formazione e la continua trasformazio-ne della nostra identità e individualità, de-terminano il grado di soddisfazione o in-soddisfazione nella nostra vita privata ne-gli affetti, nelle amicizie e in famiglia, si ri-flettono sulla gratificazione o frustrazio-ne che otteniamo sul lavoro ed infine so-no alla base di tutte le principali sfere delnostro vivere sociale (Borgogni L, PetittaL, 2003; Buccioni I, Cheli E, 2006). L’abilità comunicativo-relazionale non èuna competenza innata e, a tal riguardo,svolge un ruolo rilevante la qualità dellacomunicazione (Watzlawick P, BeavinJ.H., Jackson D.D., 1971), delle relazioniinterpersonali e di gruppo che l’opera-tore intrattiene sul luogo di lavoro concolleghi, collaboratori e superiori, non-ché con soggetti esterni al contesto or-ganizzativo in senso stretto (familiari,amministratori di sostegno, volontari,ecc…) (Florenzano F, 2003).Un’organizzazione sanitaria è una “strut-tura vivente” fatta, da un lato, di beni ecompetenze tecniche e, dall’altro, da per-sone, esseri umani in continua interazio-ne tra loro (Buccioni I., Cheli E., 2006).Quest'interazione, soprattutto tra le per-sone, crea trasformazione, evoluzione edà senso all’organizzazione stessa di po-

ter esistere. Appare, dunque, fondamentale promuo-vere iniziative e strategie volte al miglio-ramento della comunicazione e delle re-lazioni interpersonali e di gruppo sui luo-ghi di lavoro (Buccioni I., Cheli E., 2005),attraverso una riduzione dei fattori di ri-schio abbinata a buone prassi comunica-tive e a miglioramenti di tipo organizza-tivo. Ciò significa prevenire, ridurre l’ac-cumulo di stress, che è il frutto di intera-zione di componenti individuali e orga-nizzative, il pericolo di burn out e le con-seguenze estreme della disfunzione re-lazionale che minano anche il buon fun-zionamento dell’organizzazione stessa(mobbing) (Aa.Vv., 2010).Secondo la Presidenza del Consiglio deiMinistri: “il lavoro non può e non deveessere causa di disagio e di malesserepsicosociale da parte dei lavoratori,bensì un’occasione di valorizzazione e disviluppo della personalità umana” (De-creto 21 luglio 2000, n.278). Le sofferenze psichiche gravi mobilita-no, nei pazienti, richieste emotive prima-rie e regressive, evocando nei curantisentimenti molto profondi che vanno dadesideri di salvezza onnipotente a senti-menti di ostilità, insofferenza, angoscepersecutorie e aggressività. Il “mestiere di curare” (Santirocco E.,2005), non può prescindere dalla rela-zione tra persone. Infatti, la relazioneprofessionale è: “una relazione profon-damente umana tra una persona chechiede aiuto ed un’altra che fa di tuttoper darglielo” (Iandolo, 1986) e non sipuò eludere lo squilibrio, il disorientantesul piano emotivo, che essa comporta. Per vivere e lavorare sufficientementebene, provvedendo alla cura degli altrioccorre che le: “figure della scena dellacura” (Manciocchi R., Pieri P. F., RubertoA., 2015) abbiano prima di tutto cura dise stessi. È necessario, quindi, che l’operatore siastato appositamente formato per ricono-scere e gestire tutte quelle sollecitazioniemozionali ambivalenti che inevitabil-mente emergono nel contatto, a voltefrustrante, con la sofferenza dell’altro,mettendolo in grado di gestire questisentimenti e di non esserne a sua voltatravolto (Iandolo C., 1979).

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Per i curanti, la necessità di creare dellesolide relazioni umane nasce dai co-stanti rapporti che il loro lavoro li obbligaad intrattenere non solo con i pazienti ele loro famiglie (Iandolo C., 1989), maanche con tutte le altre figure, professio-nali e non, che gravitano loro intorno.Lavorare con pazienti gravi, portatori dimolteplici bisogni, comporta il contem-poraneo intervento di più figure profes-sionali (psichiatri, infermieri, psicologi,assistenti sociali, TRP, MMG, ecc...) e dipersone (familiari, volontari, ecc…) nel-l’assistenza dello stesso paziente (Man-

ciocchi R., Pieri P. F., Ruberto A., 2015).La malattia diviene, pertanto, semprepiù, un luogo d’incontro tra persone(Marcolongo R., Rigoli A., 1999). Una buona comunicazione riduce stressed incomprensioni, creando condizionidi maggiore armonia e coordinamentotra coloro che prestano assistenza.Una comunicazione empatica, aperta echiara (Bolognini S., 2010), oltre ad es-sere un tramite di informazioni cliniche,diviene anche un prezioso strumento dicollaborazione tra curanti e tra gli stessied i pazienti. Lavorare in equipe significa

collaborare, spartire speranza, impegno,difficoltà, problemi, preoccupazioni,obiettivi e progetti (Carozza P, 2014). Ciòpone il problema del linguaggio e delcontenuto del messaggio, della forma edelle modalità di comunicazione (Watzla-wick P, Beavin J.H., Jackson D.D., 1971).

AUTORI:Teresa De Paola, docente CdL in Infer-mieristica e Trp-P.O.Dsm ex Asl RM/A;Calogera Tavormina, docente CdL in In-fermieristica e Trp; infermiera pressoCad ex Asl RM/A.

BIBLIOGRAFIA

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Il rifiuto della sofferenza inutile:il primo libro italiano sull'assistenza in cure palliative

LETTO VOI

Questo è il primo libro ita-liano, scritto da autori ita-liani, in prevalenza infer-

mieri, sull’assistenza in cure pal-liative, sul nursing in cure palliati-ve, costruito in base alle corecompetence dell'infermiere disettore per rispondere ad un'ef-fettiva necessità di formazioneper tutti gli infermieri che si tro-vino ad assistere ammalati e fami-liari nelle fasi avanzate di malattia. Il volume curato da Cesarina Pran-di illustra i principali capitoli del-l’assistenza specialistica dedicataai malati in fase avanzata e termi-nale, in sintonia con le compe-tenze costitutive del Core curricu-lum dell’infermiere di Cure pallia-tive pubblicato dalla Sicp nel 2013.Gli autori, a partire dalle evidenzeintegrate con l'esperienza, hannoillustrato la metodologia di valuta-zione dei bisogni, la valutazione egestione dei sintomi, il nursingspecifico, le molteplici implicazionidegli aspetti comunicativi e relazionali della cura, il lutto, gli stru-menti per affrontare in maniera olistica i bisogni fisici, sociali,spirituali e psicologici del malato e della famiglia, la qualità dellecure, la sedazione terminale/palliativa, i setting di cura, le curepalliative pediatriche e molti altri temi rilevanti. Il libro è mirato a soddisfare i bisogni conoscitivi dei professio-nisti che già lavorano in cure palliative ma anche di infermieriche lavorano in altri settori oltre che di infermieri in fase di for-mazione o di formatori.Per questo motivo, sono state delineate competenze di base eavanzate per orientare il lettore/studioso nel proprio percorso diapprendimento e nel fronteggiare la complessità di queste si-

tuazioni assistenziali ineluttabili. Diviso in sei sezioni (ognuna si ba-sa sulle competenze del core cur-riculum, e all'interno di ognuna so-no stati declinati obiettivi di appren-dimento che permettono al lettoredi disporre di una cartina di torna-sole rispetto alla struttura del con-tenuto) ogni capitolo è organizzatoin modo da facilitare la lettura erendere il testo fruibile a diversi li-velli: box a colori mettono in evi-denza gli obiettivi di apprendimen-to e i concetti principali e invitanoa una elaborazione personale deicontenuti. Casi clinici proposti sotto forma distorie concludono le sezioni comespunti di approfondimento.A partire dai “Bisogni dei malati ela pratica infermieristica” e fino agli“Aspetti metodologici ed organiz-zativi”, passando per “L'approccioolistico e “La qualità delle cure”, illavoro gode di numerosi contributidi esperti e della presentazione

della presidente nazionale del Collegi Ipasvi: “Le cure palliative– scrive in apertura Barbara Mangiacavalli – oltre che un modellosanitario che muove verso la ricomposizione della frammenta-zione conseguente all'iperspecializzazione, adottando il para-digma bio-psico-sociale e spirituale, ne rappresentano ancheuno di implementazione delle stesse competenze infermieristi-che”.

Cesarina PrandiInfermieristica in cure palliative

Edra edizioni, 2015, pp.336 (39,00 euro)

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Le ferite cronichee le diverse terapie di cura

LETTO VOI

Le ferite croniche sono se-gnali di situazioni clinichemolto diverse e le strategie

terapeutiche implicano, appunto,diversi livelli di competenza e dispecializzazione.Questo volume prevede una pri-ma parte, schematica ed essen-ziale, di orientamento diagnostico,con cenni alla fisiopatologia dellelesioni e sulle cause sistemiche(diabete, patologie autoimmuni,scompensi cardiocircolatori etc).E i capitoli centrali, dedicati al trat-tamento: gestione delle concause(l’infezione ed i relativi sintomi: ca-lore, rossore, dolore), le diversemodalità di preparazione del “fon-do“ della ferita (la rimozione deltessuto morto per facilitare la gua-rigione) e la terapia (le medicazioniavanzate e biottive).Il testo di Scalise, diviso in quattrocapitoli, più un appendice ed un in-dice analitico, prende in esametutta la varietà delle situazioni cli-niche che si possono incontrare nell'attività di cura e tratta-mento delle ulcere cutanee e fornisce, in modo moderno, attra-verso algoritmi e protocolli di gestione, il corretto approccio aiquadri clinici più diversi.Quivi, sono analizzati i quadri d'insorgenza e sviluppo delle classiprincipali di ulcere cutanee e le linee di gestione per sintomo

dell'ulcera; ma ampio spazio è de-dicato anche alle metodiche princi-pali e ai “trucchi” per la prepara-zione del fondo della ferita, non-ché all'analisi specifica e ragionatadelle tecniche sia di base cheavanzate.Attraverso numerose foto e tabel-le, è possibile venire a conoscenzadei passaggi fondamentali e - spe-cialistici - per ottenere risultati ra-pidi e duraturi nella riparazione tis-sutale.Di grande utilità pratica i box con iconcetti-chiave e l'appendice conl'analisi dei costi e gli errori da evi-tare; in base all'evidenza scienti-fica sono analizzati poure vantaggie svantaggi dei diversi metodi dicura, inclusi i devices e le medica-zioni più aggiornate presenti sulmercato.Alessandro Scalise, l'autore, è ri-cercatore, responsabile centro diriferimento regionale ferite diffici-li-Azienda ospedali Riuniti di Anco-

na e l’Università Politecnica delle Marche.

Alessandro ScaliseLesioni cutanee croniche. Gestione e trattamento

Edra editore, 2015, 220 pagg (34 euro)

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L'obbligo di pagamento della tassa diiscrizione all'Albo anche per i pubblici dipendenti

L’AVVOCATO

Aseguito della pubblicazione della sentenza n.7776/2015emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione la-voro, continuano a pervenire numerose istanze, da

parte di infermieri pubblici dipendenti, volte ad ottenere l'eso-nero dal pagamento della tassa di iscrizione annuale all’albo, ov-vero di ottenerne il rimborso direttamente dal Collegio di appar-tenenza.Si coglie l’occasione del presente articolo per fare chiarezzasull’argomento.

Com'è noto, l’art.2, comma 3, l. n.43/2006 ha esteso l’obbligodi iscrizione all’albo a tutti i professionisti infermieri, laddove hastabilito espressamente che: “L’iscrizione all’albo professionaleè obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata

al conseguimento del titolo universitario abilitante di cui al com-ma 1, salvaguardando comunque il valore abilitante dei titoli giàriconosciuti come tali alla data di entrata in vigore della presentelegge”.La vigente normativa in materia è, dunque, chiara ed univocanel prescrivere che l'iscrizione al Collegio Ipasvi costituisce unpresupposto indispensabile per l'esercizio della professione in-fermieristica sia per i liberi professionisti che per i lavoratori di-pendenti, anche del pubblico impiego. È bene chiarire che, con la sentenza sopra indicata, n.7776/2015, molto spesso invocata a fondamento della predette pre-tese, la Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha ricono-sciuto il diritto non degli infermieri, bensì degli avvocati dipen-denti di Enti pubblici in regime di esclusività, iscritti in “elenchi

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L’AVVOCATO

speciali” dei rispettivi albi professionali, adottenere da parte del datore di lavoro (nellafattispecie in esame, l’Inps) il rimborso del-la quota di iscrizione annuale corrispostaall’Ordine professionale di appartenenza.Ebbene, ribadendo le argomentazioni delTribunale di primo grado e dalla Corte diAppello di Napoli, la Suprema Corte di Cas-sazione, ha respinto il ricorso proposto dal-l’Inps, facendo proprie le argomentazionisvolte sul punto dal Consiglio di Stato nelparere del 15 marzo 2011, in base alle qua-li: “quando sussiste il vincolo di esclusivi-tà, l’iscrizione all’albo è funzionale allo svol-gimento di un’attività professionale svoltanell’ambito di una prestazione di lavoro di-pendente”.Di talché: “la relativa tassa rientra tra i co-sti per lo svolgimento di detta attività, chedovrebbero, in via normale, al di fuori deicasi in cui è permesso svolgere altre atti-vità lavorative, gravare sull’Ente che bene-ficia in via esclusiva dei risultati di dettaattività”.Sulla base di tali argomentazioni ed in applicazione delle normerelative al contratto di mandato, i Giudici di legittimità hannoquindi enunciato il seguente principio di diritto: “Il pagamentodella tassa annuale di iscrizione all’Elenco speciale annesso al-l’Albo degli avvocati, per l’esercizio della professione forensenell’interesse esclusivo dell’Ente datore di lavoro, rientra tra icosti per lo svolgimento di detta attività, che, in via normale,devono gravare sull’Ente stesso. Quindi, se tale pagamentoviene anticipato dall’avvocato-dipendente, deve essere rimbor-sato dall’Ente medesimo, in base al principio generale applica-bile anche nell’esecuzione del contratto di mandato, ai sensidell’art. 1719 c.c., secondo cui il mandante è obbligato a tenereindenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale chequesti abbia subito in conseguenza dell’incarico, fornendogli imezzi patrimoniali necessari”.La Suprema Corte è stata, pertanto, chiarissima nel configurareun diritto al rimborso (e non all’esonero dal relativo pagamento)in favore dei soli avvocati dipendenti, stabilendo che gli stessipossano ottenere dal proprio datore di lavoro la rifusione diquanto esborsato, a titolo di contributo di iscrizione all’albo diappartenenza, per il periodo in cui si è lavorato alle dipendenzedi un Ente Pubblico, in regime di esclusività, con inserimentonel ruolo professionale legale. È di tutta evidenza come, in ogni caso, in nessun passaggio

della pronuncia sia prevista la possibilità, per i predetti profes-sionisti, di rivolgersi direttamente all’Ordine o al Collegio pro-fessionale cui si è iscritti, al fine di domandare la restituzionedel rimborso in questione, ovvero di ottenere addirittura l’eso-nero dal pagamento del relativo contributo annuale.Per tutte tali ragioni, prive di fondamento risultano le richiesteche, viceversa, seguitano ad essere inoltrate al Collegio nei sud-detti termini.Ciò, in quanto, lo si ribadisce, nella decisione analizzata la Cas-sazione ha preso specifica posizione sulla condizione riguar-dante i soli avvocati dipendenti di un Istituto pubblico iscritti inelenchi speciali (nei confronti dei quali la sentenza trova direttaapplicazione) mentre non vi è, ad oggi, alcuna norma o pronun-cia giurisprudenziale che abbia disposto il medesimo dirittoanche nei confronti dei professionisti infermieri.Ad ogni modo , laddove in futuro, in applicazione dei suespostiprincipi, dovesse essere accertato giudizialmente il diritto al rim-borso anche nei confronti degli infermieri dipendenti pubblici,è bene chiarire come qualsivoglia richiesta in tal senso an-drebbe comunque inoltrata all’Ente/Azienda ospedaliera pressocui si presta servizio, ma non di certo al Collegio di apparte-nenza.

Avv. Nicoletta Galli

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LA VIGNETTA MESE

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FIGURE E TABELLELe figure e le tabelle devono essere scelte secondo criteri di chiarezza e semplicità; saranno numerate progressivamente in cifre arabee saranno accompagnante da brevi ma esaurienti didascalie. Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione d’inserimento.Diagrammi e illustrazioni dovranno essere sottoposti alla redazione in veste grafica accurata, tale da permetterne la riproduzionesenza modificazioni.

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L’acronimo è un genere particolare di abbreviazione. La prima volta che si incontra un acronimo in un testo è sempre necessario citareper esteso tutti i termini della locuzione, facendoli seguire dall’acronimo tra parentesi - ad es. Associazione Raffredati d’Italia (Ari).Evidentemente, ciò non vale per sigle oramai entrate nell’uso comune, come tv, Usa, Aids, Fiat, Cgil, Ecm. Gli acronimi non conter-ranno mai punti – ad es. Usa e non U.S.A.

DATE E NUMERILe date vanno sempre scritte per esteso, per evitare incomprensioni nella lettura. Ad es. lunedì 28 luglio 2006 e 1° gennaio (non Igennaio o 1 gennaio). I giorni e i mesi hanno sempre la prima lettera minuscola.I numeri da uno a dieci vanno scritti in lettere (tranne che nelle date!). Per tutti gli altri, l’importante è separare sempre con un puntoi gruppi di tre cifre. Per le grosse cifre “tonde”, usare “mila”, “milioni” e “miliardi” invece di “000”, “000.000”, “000.000.000”.

PAROLE STRANIERELe parole straniere vanno sempre indicate in corsivo, soprattutto se non sono ancora entrate nell’uso comune italiano. Se si decidedi usare un termine straniero, è bene ricordare che non si declina mai (ad es. i computer e non i computers).

MODALITÀ E TERMINI PER L’INVIO DEI LAVORIGli autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numero contenente il loro articolo, devono farne richiesta esplici-ta al momento dell’invio del testo.Tutto il materiale (una copia in formato elettronico, una copia in formato cartaceo) deve essere spedito o recapitato al Collegio Ipasvidi Roma, viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

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